La macchina infernale

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Tre atti

di Jean Cocteau

Traduzione di Marisa Zini

Giulio Einaudi Editore - Torino - 1989

...a tal punto che non concepisco (sarebbe forse il mio cervello uno specchio stregato?) un tipo di bellezza in cui non vi sia infelicità.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Più d'una volta ho tentato come tutti i miei amici, di rinchiudermi in un sistema per potervi predicare a mio agio. Ma un sistema è una specie di dannazione... Sono ritornato a cercare rifugio nell'impeccabile ingenuità; li la

mia coscienza fi-losofica ha trovato la quiete.

CHARLES BAUDELAIRE

Gli dei esistono: è il diavolo.

J. C.

Personaggi

Edipo

Anubi

Tiresia

Creonte

Lo spettro di Laio

Il soldato giovane

Il soldato

Il capo

Il messaggero di Corinto

Il pastore di Laio

Un ragazzetto del popolo

La voce

Giocasta

La Sfinge

La matrona

Antigone

Una ragazzetta del popolo

DEDICA

a Marie-Laure e a Charles de Noailles

Ho ripetuto spesso che una cosa non poteva ad un tempo «essere» e «sembrare». Questo credo perde di esattezza quan­do si tratta del teatro, specie di sortilegio piuttosto ambiguo in cui il «sembrare» regna come il trompe-l'oeil sui soffitti italiani. Orbene, nessuno al mondo ne sfrutta meglio le risorse di Christian Bérard, quando al realismo e alle stilizzazioni oppone quel senso della verità in sé, di una verità che disprezza la realtà, metodo inimitabile che come unico obiettivo si propone di fare centro a ogni colpo.

Dapprima gli composi una dedica riconoscente, però, tutto sommato, non è forse logico unirci per dedicare insieme una collaborazione così profonda a Marie-Laure e a Charles de Noailles, singolare coppia di artisti, i quali possiedono l'estro nella sua forma più rara, e cioè l'estro del cuore.

LA VOCE

«Egli ucciderà suo padre. Sposerà sua madre».

Per sventare questo oracolo di Apollo, Giocasta, regina di Tebe, abbandona il figlio sulla montagna con i piedi forati e legati. Un pastore corinzio trova l'infante e lo porta a Polibo. Polibo e Merope, re e regina di Corinto, si dolevano del loro sterile letto. Il bambino, rispettato dagli orsi e dalle lupe, Edipo, ossia Piedi forati, è per loro piovuto dal cielo; lo adottano.

Cresciuto, Edipo interroga l'oracolo di Delfi.

Il dio parla: «Tu ammazzerai tuo padre, e sposerai tua ma­dre». Bisogna dunque fuggire Polibo e Merope. La paura del parricidio e dell'incesto lo butta verso il suo destino. Una sera, durante il viaggio, all'incrocio delle strade di Delfi e di Daulia, egli incontra una scorta. Viene urtato da un cavallo; scoppia una contesa; un servo lo minaccia; egli reagisce con una bastonata. Il colpo mal diretto ammazza il signore. Il vecchio ucciso è Laio, re di Tebe. Ed ecco il parricidio.

La scorta che teme un'imboscata ha preso il largo. Edipo nulla sospetta; passa oltre; d'altronde è giovane, entusiasta, dimentica in fretta l'incidente.

In una delle soste, apprende il flagello della Sfinge. La Sfin­ge, «la Fanciulla alata», «la Cagna canora», decima la gio­ventù tebana. Il mostro propone un indovinello e uccide coloro che non lo risolvono. La regina Giocasta, vedova di Laio, offre la corona e la mano al vincitore della Sfinge. Con lo stesso impeto del giovane Sigfrido, Edipo s'affretta, divorato dalla curiosità e dall'ambizione. Avviene l'incon­tro; di quale natura è tale incontro? Mistero. Comunque sia, il giovane Edipo entra vincitore in Tebe e sposa la regina.

Ed ecco l'incesto.                                              

Ma perché gli dei possano divertirsi a dovere, la loro vittima deve precipitare dall'alto. Trascorrono lunghi anni di pro­sperità. Due figlie, due figli complicano le mostruose nozze. Il popolo ama il suo re; ma scoppia la peste. Gli dei accusano un criminale anonimo di inquinare il paese e ne esigono la cacciata. Di ricerca in ricerca, quasi inebriato dalla sventura, Edipo giunge appiè del muro. La trappola si chiude. La luce è fatta. Con la sua rossa sciarpa Giocasta s'impicca. Con lo spillone d'oro della donna impiccata, Edipo si toglie gli oc­chi.

Contempla, o spettatore, «rimontato completamente» in modo che il congegno si snodi adagio durante il corso d'una vita umana, uno degli ordigni più perfetti costruiti dagli dei infernali per l'annientamento matematico di un mortale.

ATTO PRIMO 1

Lo spettro

Un cammino di ronda sui bastioni di Tebe. Alte mura. Notte tempestosa. Lampi di calore. Si odono il tam-tam e le musiche del rione popolare.

il soldato giovane    Si divertono!

il soldato    Ci provano.

il soldato giovane    Be', dopo tutto, ballano tutta la notte.

il soldato    Non possono dormire, e allora, ballano.

il soldato giovane Fa lo stesso, si sbronzano e fanno l'a­more e passano la notte nei locali, mentre io vado su e giù con te. Non ne posso più, ecco; non ne posso più! non ne posso più! Semplice e chiaro: non ne posso più!

il soldato    Diserta.

il soldato giovane No e no. Ho deciso; m'iscrivo per an­dare dalla Sfinge.

il soldato    A fare cosa?

il soldato giovane Come a far cosa? Ma per fare qualcosa. Per finirla con questo snervamento, con questa spaventosa inerzia.

il soldato    E la fifa?

il soldato giovane  Che fifa?

il soldato La fifa... diamine, la fifa! Ne ho veduti di più furbi di te e di più in gamba che ce l'avevano. A meno che il signorino voglia vincere la Sfinge e guadagnarsi il premio.

il soldato giovane E perché no, dopo tutto? L'unico scampato dalla Sfinge è diventato scemo, sia pure; ma se le sue scempiaggini fossero vere. Supponi che si tratti d'un indovinello; supponi che io l'indovini. Supponi...

il soldato Ma, mio povero piccolo scimunito, ti rendi conto che centinaia di tipi in gamba che hanno frequentato gli stadi e le scuole, e compagnia bella, ci hanno lasciato la pelle, e vorresti, tu, tu povero soldatino semplice...

il soldato giovane Ci andrò! ci andrò, perché non posso più contare le pietre di questo muro e sentire questa musi­ca, e vedere il tuo brutto muso, e... (Pesta i piedi).

il soldato Bravo, eroe! mi aspettavo questa crisi di nervi; la trovo più simpatica. Su, su... non piangiamo più... cal­miamoci... via... via...

il soldato giovane  Ti odio!

Il soldato batte con la lancia contro il muro dietro al giovane. Questi si ferma di botto.

il soldato Cos'hai?                                                                        

il soldato giovane    Non hai udito?                                 

il soldato    No... Dove?                                                   

il soldato giovane    Ah!... mi pareva... Avevo creduto...

il soldato    Sei pallido... cos'hai? Svieni?

il soldato giovane Che stupidaggine... m'era parso di sentire un colpo. Credevo che fosse lui.                            

il soldato    La Sfinge?                                                      

il soldato giovane    No, lui, lo spettro, il fantasma!

il soldato Il fantasma? il nostro caro fantasma di Laio? Ma diamine! è questo che ti mette sossopra le budella?

il soldato giovane    Perdonami.

il soldato Perdonarti, povero pivello? non sei mica matto! E poi, è probabilissimo che il fantasma non compaia più dopo la faccenda di ieri. E uno. Secondo: di cosa vuoi che ti scusi? Siamo sinceri. Quel fantasma non ci ha fatto paura. Sì... forse la prima volta... ma poi...? era un buon diavolo il fantasma, quasi un camerata, una distrazione. Dunque, se l'idea del fantasma ti fa saltare per aria, è perché sei coi nervi a pezzi, come me, come tutti, ricco o povero a Tebe, salvo alcuni capoccioni profittatori. La guerra non è poi tanto spassosa, ma credi che sia uno sport battersi contro un nemico che non si conosce. Cominciamo ad averne una piena di oracoli, di vittime gioiose e di madri ammirevoli. Credi che ti prenderei in giro come sto facendo se non avessi i nervi a pezzi, e tu credi che avresti le crisi di pianto e credi che quelli si sbronzerebbero e ballerebbero laggiù! Dormi­rebbero tra due guanciali e noi aspetteremmo il nostro ami­co fantasma giocando a dadi.

il soldato giovane   Di' un po'...

il soldato  Be'?...

il soldato giovane    Come credi che sia... la Sfinge?

il soldato Ma lascia in pace la Sfinge; se io sapessi com'è, non sarei con te, di guardia, stanotte.

il soldato giovane Ce n'è che affermano che non sia più grossa di una lepre, che sia timida, e abbia una testolina di donna. Io credo che abbia una testa e un seno da donna e vada a letto con i giovanotti.

il soldato    Suvvia! sta' calmo, e non pensarci più.

il soldato giovane Forse non chiede nulla, non vi tocca neppure; la si incontra, la si guarda, e si muore d'amore.

il soldato Non ti mancava che d'innamorarti del flagello pubblico. D'altronde il flagello pubblico... tra di noi, vuoi sapere la mia opinione sul flagello pubblico ?... è un vampi­ro! un semplice vampiro! Un poveraccio che si nasconde, che la polizia non riesce ad acciuffare.

il soldato giovane    Un vampiro con la testa di donna?

il soldato Oh, che ingenuo... no, no! Un vecchio vampiro, uno vero! con barba e due baffoni, e la pancia, e vi succhia il sangue, ed ecco perché alle famiglie riportano dei macachi tutti con la stessa ferita, allo stesso punto: al collo! E adesso, vai là a vedere, se ne hai voglia.

il soldato giovane  Tu dici che...

il soldato    Dico che... dico... Attento... il capo.

Si alzano e si mettono sull'attenti. Il capo entra; incrocia le braccia.

il capo      Riposo! Allora... miei bravi... è qui che si vedono dei fantasmi?

il soldato  Capo...

il capo      Tacete! Parlerete quando v'interrogherò. Chi di voi due ha osato...

il soldato giovane   Io, capo.

il capo      Accidenti! A chi la parola? Tacete sì o no? Io chiedo: chi di voi due ha osato fare giungere in alto loco un rapporto riguardante il servizio, senza passare per la via gerarchica; scavalcando me? Rispondete.

il soldato    Capo, la colpa non è sua, sapeva...

il capo       Sei tu o lui?

il soldato giovane    Siamo noi due, ma sono io che...

il capo      Silenzio! Chiedo come il gran sacerdote sia venuto a conoscenza di quel che avviene la notte a questo posto di guardia, quando io ne sono all'oscuro!

il soldato giovane È colpa mia, capo, colpa mia. Il mio compagno non voleva dire niente: ma io ho creduto che bi­sognasse parlare, e poiché la faccenda non riguardava il ser­vizio;... insomma... ho raccontato tutto a suo zio; perché la moglie di suo zio è la sorella d'una guardarobiera della re­gina, e il cognato è al tempio di Tiresia.

il soldato  Per questo, capo, ho detto che era colpa mia.

il capo      Basta! Non rompetemi i timpani. Allora... questa storia non riguarda il servizio. Benone, benone! E... questa famosa storia che non riguarda il servizio è una storia di spettri, a quanto pare?

il soldato giovane  Sì, capo.

il capo      Uno spettro vi è apparso in una notte di guardia, e vi ha detto... ma insomma, cosa vi ha detto questo spettro?

il soldato giovane Ci ha detto, capo, di essere del re Laio, che aveva già tentato parecchie volte di appari­re dopo il suo assassinio, e ci supplicava di avvertire, al più presto, con qualsiasi mezzo, la regina Giocasta e Tiresia.

il capo      Al più presto! Ma guarda un po'! Che fantasma gen­tile! E... non gli avete chiesto, per esempio, che cosa vi va­leva l'onore della sua visita e perché non appariva diretta­mente alla regina o a Tiresia?

il soldato Sì, capo, io gliel'ho domandato. Ci ha risposto che non era libero di manifestarsi dovunque, e le mura erano il luogo più adatto alle apparizioni di quelli morti di morte violenta, per via delle fogne.                                           

il capo      Delle fogne?

il soldato     Sì, capo, ha detto delle fogne, per via dei vapori che si formano soltanto là.

il capo      Perbacco! Ecco uno spettro dei più dotti, e che non nasconde il suo sapere. E vi ha spaventato molto? E a cosa rassomigliava? Che faccia aveva? Com'era vestito? Dove stava, che lingua parlava? Le sue visite sono lunghe o brevi? L'avete veduto parecchie volte? Benché questa storia non riguardi il servizio, sarei curioso, lo confesso, di sentire dalla vostra bocca qualche particolare sulle abitudini degli spet­tri.

il soldato giovane La prima notte, capo, abbiamo avuto paura, lo confesso. Devo dirvi che fece un'apparizione ra­pidissima, come una lampada che si accende, là nello spes­sore del muro.

il soldato    L'abbiamo veduto insieme.

il soldato giovane La faccia e il corpo si distinguevano a stento; soprattutto si vedeva la bocca quand'era aperta, e un ciuffo di barba bianca, e una grossa macchia rossa, d'un rosso vivo, vicino all'orecchio destro. Si esprimeva con dif­ficoltà e non riusciva a cucire le frasi una con l'altra. Ma, in­terrogate anche il mio compagno, capo: fu lui a spiegarmi perché il poveretto non riusciva a cavarsela.

il soldato Be', capo, non è poi un indovinello! Spendeva tutta l'energia per apparire, cioè per lasciare la sua nuova forma e ripigliare quella antica che ci permette di vederlo. Prova si è che ogni volta che parlava un po' meno peggio, spariva, diventava trasparente, e si vedeva 3 muro attraverso.

il soldato giovane E appena parlava male, lo si vedeva benissimo; e male invece appena parlava bene, e ricomin­ciava sempre la stessa solfa: «La regina Giocasta. Bisogna... bisogna... la regina... la regina... la regina Giocasta... bisogna avvertire la regina... bisogna avvertire la regina Giocasta... Vi prego, signori, vi prego, io, io... signori, io vi... bisogna... bisogna... vi prego, signori, di avvertire... vi prego... la regi­na... la regina Giocasta... di avvertire la regina Giocasta... di avvertire... signori, di avvertire... signori... signori» Pro­prio così faceva.

il soldato E si vedeva che aveva timore di sparire prima di avere pronunziato tutte le parole fino alla fine.

il soldato giovane E di', senti un po', ricordi: ogni volta la stessa storia; la macchia rossa via per ultima; la si sarebbe detta un fanale sul muro, capo.

il soldato E tutto quel che raccontiamo, è affare d'un mi­nuto.

il soldato giovane Cinque volte è apparso nel medesimo posto, tutte le notti, un po' prima dell'alba.

il soldato Soltanto la notte scorsa, dopo una seduta diversa dalle altre... insomma, per farla breve, ci siamo un po' ac­capigliati, e il mio collega ha deciso di dire tutto a casa.

il capo      Guarda un po', e in cosa consisteva questa «seduta» diversa dalle altre che, se non sbaglio, ha provocato un liti­gio tra voi...

il soldato Be', capo; esser di guardia, lo sapete, non è tanto spassoso.

il soldato giovane    Il fantasma, quasi, lo aspettavamo.

il soldato    Scommettevamo, dicevamo...

il soldato giovane    Verrà...

il soldato    Non verrà...

il soldato giovane    Verrà...

il soldato Non verrà... e sì, è buffo a dirsi, ma vederlo, ri­confortava.

il soldato giovane    Era, come dire, un'abitudine.

il soldato Si finiva per credere di vederlo quando non lo si vedeva. Dicevamo: muove; il muro s'illumina. Non vedi niente? No. Ma sì. Ecco, ecco, ti dico... il muro non è come sempre, su, guarda, guarda!

il soldato giovane E guardavamo, ci consumavamo gli occhi, non osavamo più muoverci.

il soldato    Spiavamo la minima differenza.

il soldato giovane E poi, quando era lì, tiravamo il fiato e non avevamo più niente paura.

il soldato L'altra notte, stavamo spiando fino a cavarci gli occhi e pensavamo che non si sarebbe fatto vedere, quand'eccolo che arriva alla chetichella... non in fretta, come le prime notti, e una volta visibile, cambia frasario, e ci rac­conta alla meno peggio che è capitata una cosa atroce, una cosa della morte, una cosa che non può spiegare ai vivi. Parlava di posti dove può andare, e di posti dove non può andare, e che si era recato dove non doveva e che sapeva un segreto che non doveva sapere, e che l'avrebbero scoperto e punito, e che poi gli proibirebbero di comparire, e che non potrebbe mai più mostrarsi. (Voce solenne) «Morrò la mia ultima morte; - diceva, - e sarà finito, finito. Vedete, signori, non c'è più un minuto da perdere. Correte, avver­tite la regina! Cercate Tiresia, signori! Signori! abbiate pie­tà...» E supplicava, e spuntava l'alba. E lui lì.

il soldato giovane D'un tratto abbiamo creduto che im­pazzisse.

il soldato Con frasi scucite, ci ha spiegato che ha abban­donato il suo posto... che non sa più scomparire, che è per­duto. Noi lo vedevamo sì fare gli stessi maneggi per diven­tare invisibile come per restare visibile, ma non ci riusciva. Ed eccolo che ci chiede di insolentirlo, perché dice che in­solentire i fantasmi è il modo di farli allontanare. La stupi­dità era che noi non osavamo, e più lui ripeteva: «Su, su, giovanotti, insultatemi! Urlate, non abbiate soggezione... avanti! » e più restavamo lì come scemi.

il soldato giovane    E meno sapevamo cosa dire...

il soldato Proprio così! eppure non è una colpa sbraitare contro i superiori.

il capo      Troppo gentili, i signori! troppo gentili; grazie per i superiori...

il soldato Oh! capo! non intendevo dire questo... volevo dire... alludevo ai principi, alle teste coronate, ai ministri, al governo, ma si, al potere! anzi avevamo chiacchierato so­vente delle ingiustizie... Ma il re era un fantasma cosi buon diavolo, il povero re Laio, che le parolacce non ci uscivano di bocca. E lui ci incitava, e noi a farfugliare; ma su, dài, dài, vecchia vacca! ma insomma, erano fiorellini.

il soldato giovane  Perché dovete sapere, capo; vecchia vacca, tra soldati, è un nomignolo amichevole.

il capo      Meglio saperlo prima.

il soldato Ma su, dài, dài... testa di... specie di... Povero fantasma! Restava sospeso tra la vita e la morte, e crepava di paura per via dei galli e del sole. Poi, tutto in un momento, abbiamo veduto il muro ridiventare il muro, spegnersi la macchia rossa. Eravamo morti di fatica.

il soldato giovane Dopo quella notte decisi di parlare a suo zio, visto che lui non voleva farlo.

il capo      Non mi sembra molto preciso, il vostro fantasma.

il soldato    Oh! capo, può darsi che non compaia mai più.

il capo      Io gli do soggezione.

il soldato    No, capo. Ma dopo la storia di ieri...

il capo      Da tutto quel che mi avete raccontato il vostro fan­tasma è un modello di buona educazione. Ma comparirà, sono sicuro; prima di tutto la buona educazione dei re è la puntualità e la buona educazione degli spettri, secondo la vostra ingegnosa teoria, consiste nell'assumere forma umana.

il soldato Può darsi, capo, ma può anche darsi che presso gli spettri non esistano più re e che si possa confondere un secolo con un minuto. In tal caso se il fantasma comparisse fra mille anni invece di stasera...

il capo      Mi sembrate ben cocciuto, vecchio mio; e la pazienza ha i suoi limiti. Vi dico che questo fantasma comparirà; vi dico che la mia presenza lo disturba e vi dico che nessuno non addetto al servizio deve passare sul cammino di ronda.

il soldato     Sì, capo.

il capo      (sbottando) Dunque, fantasma o non fantasma, vi ordino di vietare il passaggio al primo che si presenti qui senza la parola d'ordine, intesi?

il soldato    Sì, capo!

il capo      E non dimenticate la ronda. Filate. (I due soldati s'irrigidiscono sull'attenti. Il capo, con finta uscita) E non cercate di fare il furbo! Io vi tengo d'occhio. (Se ne va).

Lunga pausa.

il soldato    Bel risultato.

il soldato giovane    Ha creduto che volessimo fregarlo.

il soldato Ma no, cocco, ha creduto che ci fregassimo noialtri.

il soldato giovane    Noialtri?

il soldato Ma sì, cocco. So molte cose da mio zio, io... La regina, si, è simpatica, ma in fondo non è amata; la trovano un po'... (Si picchia la fronte) Dicono che è stravagante, che ha un accento straniero, che si lascia dominare da Tiresia. È lui che consiglia alla regina tutto ciò che può farle torto. Fate questo, fate quello... lei gli racconta i sogni, gli chiede se bisogna alzarsi con il piede sinistro o con il destro; e lui la mena per il naso e lecca gli stivali al fratello e complotta con lui contro la sorella. Brutta roba, tutto questo. Scom­metterei che il capo ha creduto che il fantasma fosse della stessa pasta della Sfinge. Un giochetto dei preti per attirare Giocasta e farle credere quello che vogliono farle credere.

il soldato giovane    Sul serio?

il soldato Ti sbalordisce? Pure è cosi... (Sottovoce) E io, io che ti parlo, ci credo al fantasma, ma proprio perché io ci credo e loro no, ti consiglio di startene quieto. Ne hai già combinate di belle. Guardami un po' 'sto rapporto: «Ha dimostrato un'intelligenza molto al di sopra del suo grado»...

il soldato giovane    Però, se il nostro re...

il soldato Il nostro re!... il nostro re... un momento... Un re morto non è un re vivo. La prova: se il re Laio fosse vivo, eh!, detta tra noi, se la sbrigherebbe da solo e non verrebbe a cercare te per fargli le commissioni in città.

Si allontanano da sinistra lungo il cammino di ronda.

la voce di giocasta (in fondo alle scale. Ha un timbro marcato; il timbro internazionale dei « reali») Ancora una scala, ese­cro le scale! Perché tutte queste scale? Non ci si vede nien­te. Dove siamo?

la voce di tiresia Ma, signora, lo sapete quello che penso di questa scappata, e non sono io...

la voce di giocasta Tacete, Zizi. Aprite la bocca solo per dire sciocchezze. È proprio il momento di fare la morale.

la voce di tiresia Bisognava prendere un'altra guida. So­no quasi cieco.

la voce di giocasta A cosa serve essere indovino, mi chie­do! Non sapete neppure dove si trovano le scale. Mi rom­però una gamba! Sarà colpa vostra, Zizi, colpa vostra, come sempre.

tiresia      I miei occhi di carne si spengono a pro' di un occhio interiore, di un occhio che rende ben altri servigi che quello di contare gli scalini.

giocasta    Eccolo offeso per il suo occhio! su, su; vi vogliamo bene Zizi; ma le scale mi fanno ammattire. Bisognava venire, Zizi, bisognava venire.

tiresia      Signora...

giocasta   Non siate cocciuto. Non pensavo che ci fossero questi maledetti gradini; salirò all'indietro; voi mi sosterrete, non abbiate paura. Vi guido io. Ma se guardassi gli scalini, cadrei. Prendetemi le mani. Andiamo! (Compaiono). Su... su... su... quattro, cinque, sei, sette...

(Giocasta arriva sulla piattaforma e si dirige a sinistra).

Tiresia le pesta l'orlo della sciarpa; grido di Giocasta.

tiresia      Che avete?

giocasta    Il vostro piede, Zizi; mi pestate la sciarpa.

tiresia      Scusatemi...

giocasta   Daccapo! si rioffende! Ma non ce l'ho con te... ce l'ho con la sciarpa! sono circondata da oggetti che mi odia­no! tutto il giorno questa sciarpa mi strozza: un momento s'impiglia nei rami, un altro momento s'attorciglia al mozzo d'un carro, oppure tu ci cammini sopra. È fatto apposta: e io la temo, non oso separarmene. È terribile, terribile, mi ucciderà!

tiresia      Ecco in che stato avete i nervi.

giocasta   E io mi chiedo, a cosa serve il tuo terzo occhio? Hai trovato la Sfinge? hai trovato gli assassini di Laio? hai placato il popolo? Mi mettono le guardie alla porta e mi la­sciano con oggetti che mi odiano e vogliono la mia morte!

tiresia      Per una diceria qualunque...

giocasta   Le cose io le sento: io le sento meglio di tutti voi! (Accenna al ventre) Le sento qui. Si è fatto tutto il possibile per scoprire gli assassini di Laio?

tiresia      La signora sa bene che la Sfinge rendeva impossibili le ricerche.

giocasta   Ebbene, io me n'infischio delle vostre budella da pollastri... sento qui... che Laio soffre e vuole lamentarsi. Ho deciso di chiarire questa faccenda e di ascoltare io stessa quella giovane guardia; e la sentirò. Sono la vostra regina, Tiresia, non dimenticatelo.

tiresia      Pecorella mia, bisogna capire un povero cieco che ti adora, che vigila su di te e vorrebbe che tu dormissi nella tua camera invece di rincorrere un'ombra in una notte tem­pestosa, sulle mura.

giocasta   (misteriosa)    Io non dormo.

tiresia      Non dormite?

giocasta   No, Zizi, non dormo. La Sfinge, l'assassinio di Laio, mi hanno stremato i nervi; avevi ragione di dirmelo. Non dormo più ed è meglio, perché se mi addormento un attimo, faccio un sogno, uno solo, e poi sto male tutto il giorno.

tiresia      Non è forse il mio mestiere interpretare i sogni?

giocasta   Il luogo del sogno rassomiglia vagamente a questa piattaforma; ecco, te lo racconto. Sono in piedi, di notte; cullo una specie di poppante; a un tratto questi diventa una pasta vischiosa che mi scivola tra le dita; io urlo e tento di buttarla via; ma... Zizi... se sapessi, è una cosa immonda; quella roba, la pasta, mi rimane incollata addosso e quando mi credo libera, torna a tutta velocità e mi schiaffeggia il viso. E quella pasta è viva; ha come una bocca che s'incolla sulla mia; e s'insinua dappertutto; mi cerca il ventre, le co­sce. Quale orrore!

tiresia      Calmatevi.

giocasta   Non voglio più dormire, Zizi... non voglio più dormire. Senti la musica. Dov'è? Anche quelli non dormo­no: sono fortunati con quella musica. Hanno paura, Zizi... hanno ragione. Forse sogneranno cose spaventose e non vogliono dormire. E difatti, perché questa musica? Perché si permette questa musica? Ce l'ho io la musica per impe­dirmi di dormire? Non sapevo che quei locali restassero aperti tutta la notte. Perché un simile scandalo, Zizi? Creonte deve dare degli ordini! Bisogna impedirla questa musica! Un tale scandalo deve cessare immediatamente.

tiresia      Signora, vi scongiuro di calmarvi e di tornare indie­tro. L'insonnia vi mette fuori di voi. Abbiamo permesso le musiche affinché il popolo non si perda d'animo, per te­nergli su il morale. Ci sarebbero dei misfatti... e anche peg­gio, se non si ballasse nel quartiere popolare.

giocasta    Ballo forse, io?

tiresia    Non è lo stesso. Voi portate il lutto di Laio.

giocasta   E tutti sono in lutto, Zizi. Tutti, tutti, tutti! e loro ballano, e io no. È troppo ingiusto... voglio...                   

tiresia      Viene qualcuno, signora.

giocasta    Zizi, io tremo, sono uscita con tutti i gioielli.

tiresia      Non abbiate timore. Sul cammino di ronda non s'incontrano dei malintenzionati. È certo una pattuglia.

giocasta    Forse il soldato che cerco?

tiresia      Non muovetevi; lo sapremo subito.

Entrano i soldati e scorgono Giocasta e Tiresia.

il soldato giovane    Non muoverti; pare che ci sia gente.

il soldato Di dove sbucano? (Forte) Chi va là?

tiresia      (alla regina) Avremo delle noie... (Forte) Sentite, ra­gazzi...

il soldato giovane    Conoscete la parola d'ordine?

tiresia      Vedete, signora, che bisognava farsi dare la parola d'ordine; ci trascinate in una storia impossibile.               

giocasta   La parola? e perché la parola? Quale parola? Siete ridicolo, Zizi. Gli parlerò io.

tiresia      Signora, ve ne supplico. C'è una consegna. Può dar­si che queste guardie non vi conoscano e non mi credano; è pericolosissimo.                                                         

giocasta   Come siete romanzesco! vedete drammi dapper­tutto.

il soldato Confabulano. Forse vogliono assalirci.

tiresia      (ai soldati) Non avete nulla da temere : sono vecchio e quasi cieco. Lasciate che vi spieghi la mia presenza sulle mura, e quella della persona che mi accompagna.

il soldato Niente chiacchiere; vogliamo la parola d'ordine.

tiresia      Un momento, un momento. Sentite, ragazzi: avete già veduto delle monete d'oro?

il soldato Tentativo di corruzione.                                

Si allontana verso sinistra per guardare il cammino di ronda lasciando il soldato giovane faccia a faccia con Tiresia.

tiresia      V'ingannate. Volevo dire: avete già veduto l'effige della regina su una moneta d'oro?

                                                               41

il soldato giovane  Sì!

tiresia      (si ritrae e addita la regina che conta le stelle, di profilo) E... non riconoscete...

il soldato giovane Non vedo il nesso che cercate di sta­bilire tra la regina che è giovanissima, e questa matrona.

la regina    Che dice?

tiresia      Dice che trova la signora molto giovane per essere la regina...

la regina   È divertente!

tiresia      (al soldato)    Chiamatemi il capo.

il soldato Inutile: ho ordini precisi. Filate e subito!

tiresia      Sentirete parlare di me.

la regina   Zizi, che c'è ancora? che dice?

Entra il capo.

il capo      Cosa c'è?

il soldato giovane    Capo! ecco due individui che circolano senza parola d'ordine.

il capo      (avanzando verso Tiresia)    Chi siete? (D'un tratto lo riconosce) Monsignore! (S'inchina) Tutte le mie scuse.

tiresia      Uff! grazie, capitano: ho creduto che questo giovane c'infilzasse.

il capo      Monsignore! Mi perdonerete? (Al soldato giovane) Imbecille! Lasciaci.

Il soldato giovane raggiunge il compagno all'estrema sinistra.

il soldato (al giovane)    Un bel granchio!

tiresia      Non rimproveratelo. Ubbidiva alla consegna.

il capo      Una simile visita... e qui! Che posso fare per Vossignoria?

tiresia      (scoprendo Giocasta)    Sua Maestà...

il capo      (s'impettisce, s'inchina a rispettosa distanza)    Signora!...

giocasta   Nessuna etichetta! Vorrei sapere qual è la guardia che ha veduto il fantasma.

il capo      È quel goffo d'un ragazzo che si permetteva di mal­trattare il signor Tiresia, e se la signora...

giocasta   Vedi Zizi, che fortuna! ho avuto ragione a venire... (Al capo) Ditegli di avvicinarsi.

il capo      (a Tiresia) Monsignore. Non so se la regina si rende conto che il giovanotto si spiegherebbe meglio tramite il suo capo; e che se parla solo, Sua Maestà arrischia...

giocasta        Che altro c'è, Zizi?

tiresia      Il capo mi faceva notare, signora, che lui conosce i suoi uomini e che potrebbe in certo qual modo servire da interprete.

giocasta   Via il capo. Ha la lingua o no, il ragazzo? Si avvi­cini.

tiresia      (al capo a bassa voce) Non insistete, la regina è molto nervosa...

il capo      Bene... (Va vicino ai soldati; rivolto al giovane) La re­gina vuole parlarti. E bada alla lingua. Ti restituirò la pari­glia, giovanotto.

giocasta    Avvicinatevi!

il capo      (dà uno spintone al soldato) Avanti! Muoviti, sciocco, avvicinati; non ti mangeranno. Scusatelo, Maestà. I nostri bravi non hanno l'abitudine delle corti.

giocasta   (a Tiresia)    Pregatelo di lasciarci soli con il soldato.

tiresia      Ma, signora...                                                        

giocasta   Nessun «ma signora»... Se quel capitano si ferma un minuto di più, gli do un calcio.                                     

tiresia      Sentite, capo. (Lo trae un po' in disparte) La regina vuole rimanere sola con la guardia che ha veduto quella  cosa: ha i suoi capricci; si farebbe cattiva opinione di voi,  e io non ci potrei fare nulla.

il capo      Benissimo. Vi lascio... Se restassi, sarebbe... ma in­somma non tocca a me darvi consigli, monsignore... Ma, detto fra noi, diffidate di quella storia del fantasma. (Saluta) Monsignore... (Lungo saluto alla regina. Passa vicinissimo al soldato) Ehi! la regina vuole restare sola con il tuo camerata.                                                                                

giocasta   Chi è l'altro? ha veduto il fantasma?

il giovane soldato Sì, Maestà, eravamo tutti e due di guar­dia.

giocasta   Che rimanga, allora! Rimanga lì. Se ho bisogno di lui, lo chiamerò. Buonasera, capitano, siete libero.

il capo      (al soldato)   Ne riparleremo! (Esce).

tiresia      (alla regina) Avete offeso mortalmente quel capitano.

giocasta   Tocca a lui stavolta: di solito, ferita a morte è la truppa, mai i capi. (Al soldato giovane) Quanti anni hai?

il soldato giovane    Diciannove.

giocasta   Proprio la sua età! Avrebbe la sua età... È bello! Avvicinati. Ma guarda, Zizi, che muscoli! Vado pazza per le ginocchia: la razza la si vede dalle ginocchia. Gli rassomi-glierebbe... è bello. Zizi, palpa questi bicipiti; sembra ferro...

tiresia      Ahimè, signora, lo sapete... non me n'intendo affatto. Ci vedo pochissimo...

giocasta   Ma palpalo, palpalo. Ha una coscia da cavallo: si tira indietro! Non aver paura... il papalotto è cieco. Dio sa quello che s'immagina, poveretto; è rosso fino alla punta dei capelli; adorabile! ha diciannove anni!

il soldato giovane    Sì, Maestà.

giocasta   (lo imita) Si, Maestà! non è delizioso? ah, miseria! forse non sa neanche di essere bello. (Come si parla a un bambino) E allora, hai veduto il fantasma?

il soldato giovane    Sì, Maestà.

giocasta        Il fantasma del re Laio?

il soldato giovane    Si, Maestà. Il re ci ha detto ch'era il re.

giocasta   Zizi, voi, con i vostri polli e con le vostre stelle, che ne sapete? Senti il piccolo... e cosa diceva il re?

tiresia      (trascinando via la regina) Signora! diffidate, questa gioventù ha la testa calda, è credulona, arrivista... diffidate. Siete certa che il ragazzo abbia veduto , e, am­mettendo che l'abbia veduto, era proprio  del vo­stro consorte?

giocasta   Numi! quanto siete insopportabile: insopporta­bile e guastafeste. Sempre, frenate lo slancio, impedite i mi­racoli con la vostra intelligenza e con la vostra incredulità. Lasciatemi interrogare questo ragazzo da sola, ve ne prego. Predicherete dopo. (Al soldato giovane) Ascolta...

il soldato giovane    Maestà!...

giocasta   (a Tiresia) Lo saprò subito, se ha veduto Laio. (Al soldato giovane) Come parlava?

il soldato giovane Parlava in fretta e molto, Maestà, mol­to, e s'imbrogliava, e non riusciva a dire quello che voleva.

giocasta   È lui, povero caro! Ma perché qui, sulle mura? C'è una puzza!

il soldato giovane Appunto, Maestà... il fantasma diceva che lui poteva mostrarsi solo per via delle paludi e delle esalazioni.

giocasta   Interessante! Tiresia, questo non lo imparerete mai dai vostri volatili. E cosa diceva?

tiresia      Signora, signora, bisognerebbe almeno interrogare con ordine; gli confondete le idee a questo ragazzo.

giocasta   Giusto, Zizi, giustissimo. (Al soldato giovane) Com'era? Come lo vedevate?

il soldato giovane Nel muro, Maestà. Come una specie di statua trasparente. Soprattutto si vede la barba e il buco nero della bocca che parla, e una macchia rossa, sulla tem-pia, una macchia rosso vivo.

giocasta    Esangue!

il soldato giovane    Toh! non ci avevamo pensato.

giocasta   È una ferita! Spaventoso! (Appare Lato). E cosa diceva? Avete capito qualcosa?

il soldato giovane Era difficile, Maestà. Il mio compagno ha notato che faticava molto per mostrarsi e che ogni volta che si sforzava di parlare chiaro, scompariva; allora non sa­peva più come fare.

giocasta        Poveraccio!

lo spettro   Giocasta! Giocasta! Mia moglie Giocasta!

Gli altri non lo vedono, né lo odono durante tutta la scena.

tiresia      (rivolgendosi al soldato) E non avete potuto afferrare nulla di preciso?

lo spettro Giocasta!

il soldato Ma... sì, monsignore; abbiamo capito che voleva avvertirvi d'un pericolo, mettervi in guardia, la regina e voi, ma basta. L'ultima volta ha spiegato che aveva saputo certi segreti che non doveva sapere e che, se lo scoprivano, non potrebbe più comparire.

lo spettro Giocasta! Tiresia! Non mi vedete? Non mi sen­tite?

giocasta    E non diceva nient'altro; non precisava nulla?

il soldato Diamine, Maestà, forse non voleva precisare in nostra presenza. Voleva voi: ecco perché il camerata ha tentato di avvertirvi.

giocasta   Bravi ragazzi! E io sono venuta: lo sapevo; lo sen­tivo! Vedi, Zizi, con i tuoi dubbi. E ditemi, soldatino, dove compariva ? Voglio toccare il posto preciso.

lo spettro Guardami! ascoltami, Giocasta! Guardie, mi avete sempre veduto voi, perché non vedermi? È un sup­plizio. Giocasta, Giocasta!

Durante queste battute, il soldato si è portato sul luogo dove  suole manifestarsi. Lo tocca con la mano.

 il soldato    È qui. (Picchia sul muro) Qui, nel muro.

il soldato giovane    Oppure davanti al muro; non si può esserne proprio sicuri.

giocasta        Ma perché non appare stanotte? credete che possa ancora mostrarsi?

lo spettro Giocasta! Giocasta! Giocasta!

il soldato Purtroppo, signora, non credo, dopo la scena di ieri; temo che sia successo qualche pasticcio e che Vostra Maestà arrivi troppo tardi.

giocasta   Che disgrazia! sempre troppo tardi. Zizi, sono sempre l'ultima a essere informata nel mio regno. Quanto tempo perduto con i vostri polli e i vostri oracoli! Bisognava muoversi in fretta; bisognava indovinare: non sapremo nulla, nulla, nulla! E ci saranno cataclismi, cataclismi spa-ventevoli. E sarà colpa vostra, Zizi, colpa vostra, come sempre.

tiresia      Signora, la regina parla davanti a questi uomini...

giocasta   Sì, parlo davanti a questi uomini! Dovrò pren­dermi soggezione? E il re Laio, il re Laio morto, ha parlato davanti a questi uomini: non ha parlato a voi, Zizi, né a Creonte: non si è mostrato al tempio; si è mostrato sul cam­mino di ronda, a questi uomini, a questo ragazzo di dician­nove anni che è bello e che rassomiglia...

tiresia      Vi scongiuro...

giocasta   È vero, sono nervosa, bisogna capire. I pericoli, la musica, questo odore di putrido... e c'è tem­porale in aria; la spalla mi duole. Soffoco, Zizi, soffoco!

lo spettro Giocasta! Giocasta!

giocasta        Mi pare d'udire il mio nome. Non avete udito nulla?

tiresia      Mia cara: non ne potete più. È l'alba: voi sognate in piedi: e chi sa poi se questa storia del fantasma non derivi dalla fatica di questi giovanotti che vegliano, che si sforzano di non dormire, che vivono in quest'aria paludosa, depri­mente?

lo spettro Giocasta! Per pietà, ascoltami! Guardami! Si­gnori, voi siete buoni; trattenete la regina. Tiresia! Tiresia!

tiresia      (al soldato giovane) Allontanatevi un attimo, vorrei parlare alla regina.

Il soldato giovane raggiunge il compagno.

il soldato Bene, ragazzo mio! Ci siamo! C'è il debole: la regina ti palpeggia.

il soldato giovane  Ma va'...

il soldato La tua fortuna è fatta: non dimenticare i came­rati.

tiresia      ... ascoltate! I galli.  non verrà più: rien­triamo.

giocasta    Hai veduto com'è bello.

tiresia      Non ridestare quelle tristezze, colombella mia. Se tu avessi un figlio...

giocasta   Se io avessi un figlio, sarebbe bello, coraggioso, risolverebbe l'enigma, ucciderebbe la Sfinge. Ritornerebbe vincitore.

tiresia      E voi non avreste marito.

giocasta   Tutti i ragazzini dicono: «Voglio diventare un uomo per sposarmi con mamma». Non è poi tanto stupido, Tiresia. Esiste connubio più dolce, connubio più dolce e più crudele, connubio più orgoglioso di sé, che la coppia di un figlio e di una madre giovane? Ascolta, Zizi, poco fa, quando ho toccato il corpo di quella guardia, sanno gli dei quel ch'egli avrà creduto, poveretto, e io per poco non sono svenuta. Avrebbe diciannove anni, Tiresia, diciannove an­ni! L'età di questo soldato: che ne sappiamo, se Laio non gli è apparso perché gli somiglia.

I galli.

lo spettro Giocasta! Giocasta! Giocasta! Tiresia! Giocasta!

tiresia      (ai soldati)    Ragazzi, pensate che sia utile aspettare ancora?

lo spettro Per pietà!

il soldato     Francamente no, monsignore! I galli cantano: non comparirà più.

lo spettro Signori! di grazia! sono invisibile? Non potete udirmi?

giocasta   Suvvia; sarò obbediente. Ma sono felice di avere interrogato il ragazzo. Devi informarti come si chiama, dove abita. (Si dirige verso la scala) Dimenticavo la scala, Zizi!... Questa musica mi fa star male. Senti, ritorneremo dalla città alta, per i vicoli e visiteremo i locali notturni.

tiresia      Signora, toglietevelo dalla testa!

giocasta   Eccolo che ricomincia! Mi farà diventare pazza! pazza! pazza e idiota! Sono velata, Zizi, come volete che mi riconoscano?

tiresia      Dolcezza mia, l'avete detto voi stessa, siete uscita dal palazzo con tutti i gioielli; la spilla soltanto ha delle perle grosse come ova.

giocasta   Sono una vittima! Gli altri possono ridere, ballare, divertirsi. Credimi, lascerò a casa questa spilla che salta al­l'occhio di tutti. Chiamate la guardia; ditegli che mi aiuti a discendere i gradini; voi ci seguirete.

tiresia      Ma, signora, se il contatto di quel giovanotto vi tur­ba...

giocasta   È giovane, è forte; mi aiuterà, e io non mi romperò il collo. Obbedite almeno una volta alla vostra regina.

tiresia      Suvvia!... non lui... si, tu... aiuta la regina a scendere gli scalini.

il soldato     Be', cocco.

il soldato giovane (s'avvicina)    Sì, monsignore.

lo spettro Giocasta! Giocasta! Giocasta!

giocasta   È timido! e le scale mi detestano. Le scale, i fer­magli, le sciarpe. Sì, sì mi odiano! vogliono la mia morte. (Un grido) Oh!

il soldato giovane    La regina s'è fatta male?

tiresia      Ma no, stupido! È il tuo piede! il tuo piede!

il soldato giovane    Quale piede?

tiresia     Il tuo piede sull'orlo della sciarpa: per poco non strangolavi la regina.

il soldato giovane  O dèi!

giocasta   Zizi, siete oltremodo ridicolo. Povera stella. Ecco, tu lo tratti da assassino perché ha pestato come te la mia sciarpa. Non preoccuparti, ragazzo mio, monsignore è as­surdo. Non perde mai l'occasione di far dispiacere...

tiresia      Ma, signora...

giocasta   Siete voi l'inopportuno. Venite; grazie, giovanotto; scriverai al tempio il tuo nome e indirizzo. Uno, due, tre, quattro... splendido! Lo vedi, Zizi, come scendo bene. Un­dici, dodici... Zizi, venitemi dietro, ci sono ancora due sca­lini. (Al soldato) Grazie: non ho più bisogno di te; aiuta il nonno. (Scompare a destra con Tiresia).

Si odono i galli.

la voce di giocasta    Per colpa vostra, non saprò mai quel che voleva il mio povero Laio.

lo spettro Giocasta!

la voce di tiresia  È tutto così vago.

la voce di giocasta   Come? vago. Che cos'è vago? Siete voi vago con il vostro terzo occhio. Ecco un ragazzo che sa quel che ha veduto, e ha veduto il re; l'avete veduto voi il re?

la voce di tiresia      Ma...

la voce di giocasta L'avete veduto?... no... allora... è straordinario... si direbbe...

Le voci svaniscono.

lo spettro Giocasta! Tiresia! Per pietà...

i due soldati  (si riuniscono e vedono il fantasma)    Oh! il fantasma!

lo spettro Signori, finalmente! sono salvo! Chiamavo, supplicavo...

il soldato C'eravate?

lo spettro Durante tutto il colloqui con la regina e Tiresia. Perché mai ero invisibile?

il soldato giovane   Corro a chiamarli.

                                                               49

il soldato Fermo!

lo spettro Ma come? gli impedite...

il soldato giovane  Lasciami...

il soldato Quando il falegname arriva, la sedia non zoppica più, quando entri dal ciabattino, il sandalo non ti fa più male, quando vai dal medico, non senti più il dolore. Chia­mali! basterà che vengano qui perché  sparisca.

lo spettro Ahimè: questi uomini semplici sanno dunque ciò che i sacerdoti non indovinano?

il giovane Ci andrò.

lo spettro Troppo tardi... fermatevi. È troppo tardi. Sono scoperto. Si avvicinano, stanno per prendermi. Ah, eccoli! Aiuto, aiuto! presto! Riferite alla regina che un giovane si avvicina a Tebe e per nessuna ragione bisogna... No! no! grazia! grazia! Mi hanno preso! Aiuto! È finita! Io... io... grazia... io... io... io...

Lunga pausa. I due soldati, di schiena, fissano a lungo il punto del muro dov'è scomparso.

il soldato Brutt'affare!

il soldato giovane  Già.

il soldato    Queste sono cose più grandi di noi, caro mio.

il soldato giovane Ma quel che è chiaro, è che nonostante sia morto, questo tizio ha voluto ad ogni costo avvertire sua moglie d'un pericolo che la minaccia. Il mio dovere è rag­giungere la regina o il gran sacerdote, e ripetere loro quanto abbiamo appena udito, parola per parola.

il soldato     Vuoi papparti la regina? (Il soldato giovane alza le spalle). E poi... non aveva che da mostrarsi a loro e parlare; erano li. L'abbiamo veduto noi, e loro no, e anzi c'impedi­vano di vederlo; questo è il colmo! Il che prova che i re morti diventano dei privati qualsiasi. Povero Laio! adesso sa com'è facile giungere fino ai grandi della terra.

il soldato giovane  Ma noi?

il soldato Oh! noi! non è cosi complicato prendere con­tatto con gli uomini... carognetta... ma vedi... i capi, le regi­ne, i pontefici... se ne vanno sempre prima che la cosa suc­ceda, oppure arrivano sempre dopo che è successa.

il soldato giovane    Quale cosa?

il soldato E che ne so io... io mi capisco, e questo è l'es­senziale.

il soldato giovane    E tu non andresti ad avvertire la regina?

il soldato Un consiglio: lascia i principi arrangiarsi con i principi, i fantasmi con i fantasmi, e i soldati con i soldati.

Squilli di trombe.

Sipario.


ATTO SECONDO

L'incontro di Edipo e della Sfinge

la voce

Spettatori, dobbiamo immaginare di arretrare nel tempo e di rivivere, altrove, i momenti che abbiamo vissuto insieme. Infatti  di Laio tenta di avvertire Giocasta su di una piattaforma delle mura di Tebe, mentre la Sfinge e Edipo s'incontrano su un'altura che domina la città. Gli stessi squilli di tromba, la stessa luna, le stesse stelle, gli stessi galli.

SCENARIO

Un luogo deserto, su di un'altura che domina Tebe, al chiaro di luna. In primo piano passa la strada di Tebe (da sini­stra a destra); s'intuisce che gira intorno a un'alta pietra incli­nata che parte dalla base della predella e forma il portante di sinistra. Dietro i ruderi di un tempietto, un muro cadente. Nel centro del muro uno zoccolo intatto doveva segnare l'entrata del tempio; porta le tracce d'una chimera: un'ala, una zampa, la groppa.

Colonne distrutte. Per le ombre finali di Anubi e di Nemesi, un disco inciso dagli attori ne declama il dialogo, mentre l'at­trice mima la fanciulla morta dalla testa di sciacallo.

All'alzarsi del sipario, una fanciulla vestita di bianco è se­duta sulle rovine. Sulle sue ginocchia riposa la testa d'uno sciacallo il cui corpo rimane invisibile dietro di lei. Trombe in lontananza.

la sfinge   Ascolta.

lo sciacallo Ascolto.

la sfinge   È l'ultimo squillo, siamo liberi.

Anubi si alza, e si vede che sua era la testa di sciacallo.

lo sciacallo anubi È il primo squillo; ne restano ancora due prima della chiusura delle porte di Tebe.

la sfinge   È l'ultimo, l'ultimo, ne sono certa.

anubi        Ne siete certa perché desiderate la chiusura delle por­te, ma ahimè! La mia consegna mi obbliga a contraddirvi: non siamo liberi. È il primo squillo; aspettiamo.

la sfinge    Forse m'inganno...

anubi        Non v'è ombra di dubbio: v'ingannate.

la sfinge   Anubi!

anubi        Sfinge?

la sfinge   Sono stanca d'uccidere; sono stanca di dare la morte.

anubi        Obbediamo: il mistero ha i suoi misteri. Gli dei pos­siedono i loro dei. Noi abbiamo i nostri: essi i loro. È quel che si chiama l'infinito.

la sfinge   Vedi, Anubi; il secondo squillo non si fa udire; t'ingannavi; andiamo.

anubi        Vorreste che questa notte terminasse senza morti?

la sfinge   Ebbene, sì! Sì! Io tremo, nonostante l'ora, che passi ancora qualcuno.

anubi       Diventate sensibile.

la sfinge  Ciò mi riguarda...

anubi        Non adiratevi.

la sfinge   Perché sempre agire senza scopo, senza termine, senza capire. Cosi, per esempio, Anubi, perché la tua testa di cane? Perché il dio dei morti sotto quel sembiante che gli uomini creduli gli attribuiscono? Perché in Grecia un dio d'Egitto? Perché un dio dalla testa canina?

anubi        Io ammiro ciò che vi ha fatto assumere una figura muliebre quando si trattava di porre dei quesiti.

la sfinge   Questo non è rispondere!

anubi        Risponderò che per mostrarci agli uomini la logica ci costringe ad assumere l'aspetto con il quale essi ci rappre­sentano; altrimenti, non vedrebbero che il vuoto. E ancora: che l'Egitto, la Grecia, la morte, il passato, l'avvenire da noi non hanno significato; che sapete benissimo a quale mansione sia costretta la mia mascella da sciacallo; che i nostri superiori dimostrano la loro saggezza incarnandomi sotto sembianze inumane che m'impediscono di perdere la testa, foss'anche una testa canina; perché io vi ho in custo­dia, e scommetto che se vi avessero dato soltanto un cane da guardia, a quest'ora saremmo a Tebe, io al guinzaglio e voi seduta in mezzo a una schiera di giovanotti.

la sfinge   Sei scemo!

anubi        Sforzatevi di ricordare che quelle vittime che com­muovono la parvenza di fanciulla da voi assunta, non sono altro che zeri cancellati su una lavagna, anche se ognuno di quegli zeri era una bocca spalancata che gridava aiuto.

la sfinge   Può essere; ma qui, i nostri calcoli di dei ci sfug­gono... qui, noi uccidiamo. Qui i morti muoiono. Qui, io uccido!

La Sfinge ha parlato, guardando a terra. Intanto Anubi ha rizzato le orecchie, ha voltato la testa, e se l'è filata in silenzio attraverso i ruderi dove scompare. Quando la Sfinge alza gli occhi, lo cerca e si trova a faccia a faccia con un gruppetto che entra da sinistra, dalla prima quinta e che il fiuto di Anubi aveva avvertito: il gruppo è formato da una matrona tebana e dai suoi due figlioletti, un maschio e una bambina.

Il ragazzetto cammina davanti alla madre, che si trascina la piccola.

la matrona Guarda dove metti i piedi! Cammina! Non vol­tarti indietro! Lascia stare tua sorella! cammina... (Scorge la Sfinge contro la quale il ragazzo incespica) Sta' attento: ti avevo detto di guardare dove cammini! Oh, scusate, signo­ra!... non fa mai attenzione... Non vi ha mica fatto male?

la sfinge   Ma nient'affatto, signora.

la matrona Non mi aspettavo d'incontrare gente sulla mia strada a simili ore.

la sfinge   Sono straniera, giunta a Tebe da poco; ritorno da una parente che abita in campagna e mi ero smarrita.

la matrona       Povera piccola! E dove abita la vostra parente?

la sfinge    ... Press'a poco al dodicesimo miglio.

la matrona Proprio di dove vengo io! Ho fatto colazione in famiglia, da mio fratello; mi ha trattenuta a pranzo, e dopo, chiacchiera che ti chiacchiera, eccomi qua che rien­tro dopo il coprifuoco, con dei marmocchi che dormono in piedi.

la sfinge    Buona notte, signora.

la matrona Buonanotte. (Falsa uscita). E... dite... non at­tardatevi per istrada. So bene che né voi né io abbiamo gran che da temere... ma non sarò tranquilla finché non mi troverò dentro le mura.

la sfinge    Temete i ladri?

la matrona I ladri! Santi numi, che cosa potrebbero pren­dermi? No, no, piccola. Ma di dove sbucate? si vede che non siete della città. Altro che ladri; si tratta della Sfinge!

la sfinge   Ma ci credete proprio davvero, voi, signora, a quella storia?

la matrona Quella storia! Come siete giovane! La gioventù è incredula. Sì, sì, ecco come capitano le disgrazie. Senza parlare della Sfinge, vi cito un caso della mia fami­glia. Mio fratello, sto appunto tornando da casa sua,... (Si siede e abbassa la voce) Aveva sposato una bella donna, alta, bionda, una settentrionale. Una notte, si sveglia e cosa trova? Sua moglie coricata, senza testa e senza visceri. Era un vampiro. Dopo i primi momenti di emozione, mio fratello non ci mette né uno né due, prende un ovo e lo depone sul cuscino al posto della testa della moglie; è il modo d'impe­dire ai vampiri di rientrare nel proprio corpo. A un tratto, sente dei gemiti; erano la testa e le budella spaurite che svolazzavano per la stanza e supplicavano mio fratello di togliere l'uovo. E lui rifiuta, e la testa passa dai lamenti al­l'ira, dall'ira alle lacrime e dalle lacrime alle carezze. A farla breve, quell'imbecille di mio fratello toglie l'uovo e lascia entrare la moglie: adesso sa che sua moglie è un vampiro e i miei figli canzonano lo zio. Affermano che lui inventa il vampiro di sana pianta per nascondere che sua moglie usciva di casa in carne ed ossa e lui la lasciava rientrare, e che è un vigliacco e se ne vergogna. Ma io lo so che mia co­gnata è un vampiro, lo so... E i miei figli arrischiano di spo­sare dei mostri infernali perché si ostinano a essere in-cre-du-li.

E così, la Sfinge, scusate se vi offendo, per non crederci bi­sogna essere voi e i miei figli.

la sfinge   I vostri figli?...

la matrona Non il moccioso che vi si è cacciato tra le gambe. Parlo di un altro di diciassette anni...

la sfinge   Avete parecchi figli?

la matrona Ne avevo quattro: me ne restano tre: sette, se­dici e diciassette anni. E vi assicuro che da quando c'è quella maledetta bestia, la casa è diventata inabitabile.

la sfinge   Litigano i vostri figli?

la matrona Voglio dire, signorina, che è impossibile capir­si. Quello di sedici anni si occupa di politica. La Sfinge, di­ce lui, è un lupo mannaro per ingannare i poveri diavoli; forse c'è stato qualcosa come la vostra Sfinge — è mio figlio che parla - ma adesso quella è morta; è un'arma nelle mani dei preti e una scusa per gli imbrogli della polizia; sgozzano, derubano, spaventano il popolo e buttano tutto addosso alla Sfinge: quella ha le spalle larghe; colpa della Sfinge se si crepa di fame, se i prezzi salgono, se le bande di razziatori infestano le campagne; colpa della Sfinge se niente funziona, se nessuno governa, se si susseguono i fallimenti, se i templi rigurgitano di offerte mentre le madri e le spose perdono il loro appoggio quotidiano, se gli stranieri che spendevano quattrini scappano dalla città; e bisogna vederlo, signorina, salire sul tavolo, sbraitare, gesticolare, pestare i piedi; e de-nunzia i colpevoli, predica la ribellione, incita gli anarchici, grida a squarciagola certi nomi da farci impiccare tutti. E detta fra noi, io che vi parlo,... ecco... signorina, so che la Sfinge esiste... ma ne approfittano: ne approfittano di sicuro. Ci vorrebbe un pugno di ferro, un dittatore!

la sfinge   E... il fratello del vostro giovane dittatore?

la matrona Quello, è tutt'altro genere. Disprezza suo fra­tello, disprezza me, la città, gli dei, disprezza tutto. C'è da chiedersi dove vada a pescare tutto quello che sputa fuori. Dichiara che la Sfinge l'interesserebbe se uccidesse per uc­cidere, ma che la nostra Sfinge è della cricca degli oracoli e che non l'interessa.

la sfinge  E il vostro quarto figlio? Il vostro lutto data...

la matrona L'ho perduto da circa un anno; aveva appena compiuto diciannove anni.

la sfinge   Povera donna... E, di cosa è morto?

la matrona    È morto dalla Sfinge.

la sfinge   (cupa)    Ah...!

la matrona Il mio penultimo ha un bel dire che è stato vit­tima dei maneggi della polizia... No... no... Io non m'inganno. È morto dalla Sfinge. Ah, signorina! Vivessi cent'anni, vedrei sempre la scena. Un mattina (la notte non era rinca­sato), mi pare ch'egli bussi alla porta; apro e vedo le piante dei suoi poveri piedi e poi tutto il corpo, e lontano il suo vi­setto, e alla nuca, ecco proprio qui, una larga ferita dalla quale non sgorgava neppure più il sangue. Me lo riporta­vano su di una lettiga. Allora, signorina, ho fatto: ooh! e sono caduta, così... Disgrazie simili, capirete bene, lasciano il segno. Tutti i miei rallegramenti se non siete di Tebe e se non avete fratelli. Rallegramenti... Il secondo dei suoi fra­telli, l'oratore, vuole vendicarlo. A che scopo? Ma esecra i preti e il mio povero figliolo era nella serie delle offerte.

la sfinge    Delle offerte?

la matrona Ma sì, certo. I primi mesi della Sfinge, manda­vano i soldati a vendicare la balda gioventù che si trovava morta un po' dovunque; e quelli rientravano con le pive nel sacco. La Sfinge rimaneva introvabile. Poi, essendosi sparsa la voce che quella proponeva degli indovinelli, sacrificarono i giovani delle scuole; allora i preti dichiararono che la Sfinge esigeva delle offerte; e per quello scelsero i più giovani, i più deboli, i più belli.

la sfinge  Povera signora!

la matrona Ve lo ripeto, signorina, ci vorrebbe un pugno di ferro. La regina Giocasta è ancora giovane; di lontano, le si darebbero ventinove, trent'anni. Ci vorrebbe un capo piovuto dal cielo, che la sposi, uccida il mostro, punisca i traffici illeciti, metta in gattabuia Creonte e Tiresia, risollevi le finanze, tiri su il morale del popolo, e lo ami e ci salvi, ma si che ci salvi...

il figlio    Mamma!

la matrona   Zitto...

il figlio    Mamma... di', mamma, com'è la Sfinge?

la matrona Non so. (Alla Sfinge) E adesso non vanno a chiederci i nostri ultimi spiccioli per erigere un monumento ai morti della Sfinge? Credete che così ce li rendano.

il figlio    Mamma... com'è la Sfinge?

la sfinge    Poverino! sua sorella dorme. Vieni...

Il bambino s'infila tra le gonne della Sfinge.

la matrona    Non dar noia alla signora.

la sfinge    Lasciatelo... (Gli accarezza la nuca).

il figlio    Di', mamma, è questa signora la Sfinge?

la matrona    Sei troppo sciocco. (Alla Sfinge) Scusatelo, a quell'età non sanno quel che si dicono. (Si alza) Uff! (Prende in braccio la bambina addormentata) Su, andiamo! Avanti, marmaglia!

il figlio     Mamma, la Sfinge è questa signora? Di', mamma, è la Sfinge questa signora? È la Sfinge?

la matrona  Basta! Non essere sciocco! (Alla Sfinge) Buonasera, signorina. Scusatemi se chiacchiero; ero contenta di prendere fiato un momentino... e... state attenta! (Fanfara). Presto. Ecco il secondo avviso: al terzo, resteremmo fuori.

la sfinge    Sbrigatevi; anch'io scappo; mi avete messa in guardia.

la matrona    Credete a me, non saremo tranquilli finché un uomo dal pugno di ferro non ci sbarazzi da questo flagello. (Esce da destra).

la voce del figlio Di', mamma, com'è la Sfinge?... Non era la signora?... e allora com'è?...

la sfinge   (sola)  Un flagello!

anubi        (sbucando dai ruderi) Non ci mancava che quella ma­trona.

la sfinge   Da due giorni sono triste, da due giorni mi trasci­no, augurandomi che questo eccidio finisca.

anubi        Abbiate fiducia, calmatevi.

la sfinge   Senti. Ecco l'augurio che io formulo e le circo­stanze nelle quali mi sarebbe possibile ascendere un'ultima volta sul mio piedestallo. Un giovane salirebbe la collina; io l'amerei; lui non avrebbe timori di sorta: al quesito che gli pongo risponderebbe da pari a pari. Ri-spon-de-reb-be, Anubi, e io cadrei morta.

anubi        Intendiamoci: la vostra forma mortale cadrebbe morta.

la sfinge   Non è sotto quella forma che vorrei vivere per renderlo felice.

anubi        Fa piacere constatare che incarnandosi una grande dea non diventa una donnicciola.

la sfinge   Vedi che avevo ragione e che lo squillo da noi udito era l'ultimo.

anubi        Figlia degli uomini! Non si è mai finito con voi. No e poi no! (Si allontana e sale su una colonna rovesciata). Quell'appello era il secondo; ce ne vuole ancora uno, e sa­rete libera. Oh!

la sfinge   Che hai?

anubi        Cattiva notizia.

la sfinge   Un viandante?

anubi        Un viandante...

la sfinge   (raggiunge Anubi sulla colonna e guarda di traverso, verso sinistra) È impossibile, impossibile. Mi rifiuto d'interrogare quel giovane: inutile, non chiedermelo.

anubi        Ammetto che se voi rassomigliate a una giovane mor­tale, lui rassomiglia molto a un giovane dio.

la sfinge   Quale incedere, Anubi, e che spalle! Si avvicina.

anubi        Io mi nascondo; non dimenticate che siete la Sfinge: io vi sorveglio. Comparirò al minimo segnale.

la sfinge    Anubi, una parola... presto.

anubi       Zitto... eccolo! (Si nasconde).

Edipo entra dal fondo a sinistra. Cammina a testa bassa e sobbalza.

edipo        Oh, scusate!

la sfinge    Vi ho spaventato.

edipo        Cioè... no... ma fantasticavo, ero lontano le mille miglia dal luogo dove ci troviamo, e... ecco, così, di colpo...

la sfinge    Mi avete scambiata per un animale.

edipo        Quasi.

la sfinge    Quasi? Un animale o giù di lì: è la Sfinge.

edipo        Lo confesso.

la sfinge   Confessate di avermi scambiata per la Sfinge. Grazie.

edipo        Mi sono subito reso conto dell'errore.

la sfinge   Troppo gentile. Il fatto si è che per un giovanotto non deve essere spassoso trovarsi bruscamente a naso a naso con lei.

edipo        E per una ragazza?

la sfinge    Non se la prende con le ragazze.

edipo        Perché le ragazze evitano i luoghi che quella frequenta e non hanno l'abitudine, credo, di uscire sole dopo il tra­monto.

la sfinge   Caro signore, occupatevi di quel che vi riguarda e lasciatemi andare per la mia strada.

edipo        Quale strada?

la sfinge   Siete straordinario. Devo rendere conto a un estraneo della meta della mia passeggiata?

edipo        E se io la indovinassi, la vostra meta?                      

la sfinge   Siete molto divertente.

edipo        Quella meta... non sarebbe per caso la curiosità chedivora tutte le giovani donne moderne, la curiosità di sapere com'è fatta la Sfinge? Se ha gli artigli, il becco, le ali? Se ha qualcosa della tigre o dello sparviero?

la sfinge    Via, via...

edipo        La Sfinge è il criminale di moda. Chi l'ha veduta? Nessuno. Si promettono a chi la scoprirà favolose ricompense. I vigliacchi tremano. I giovani muoiono. Ma una fanciulla non potrebbe arrischiarsi nella zona vietata, sfidare le consegne, osare ciò che nessuna persona ragionevole osa, snidare il mostro, sorprenderlo nella tana, vederlo!

la sfinge   Battete una falsa strada, ve lo ripeto. Me ne torno da una parente che sta in campagna, e poiché dimenticavo che esiste una Sfinge e che le vicinanze di Tebe sono mal si­cure, mi riposavo un istante seduta su questi ruderi. Vedete che il vostro conto non torna.

edipo       Peccato! da qualche tempo m'imbatto soltanto in gente insignificante; e speravo un po' d'imprevisto. Scusa­temi.

la sfinge    Buonasera.

edipo       Buonasera. (S'incrociano: ma Edipo si volta) Ebbene, signorina, anche a rischio di rendermi odioso, figuratevi che non riesco a credervi e che la vostra presenza tra questi ruderi m'incuriosisce moltissimo.

la sfinge    Siete straordinario.

edipo       Perché se foste una ragazza come le altre, avreste già messo gambe in spalla.

la sfinge    Siete sempre più comico, ragazzo mio.

edipo       Mi sembrava cosi meraviglioso trovare in una fan­ciulla un emulo degno di me.

la sfinge    Un emulo? Ma allora cercate la Sfinge?

edipo       Se la cerco! Sappiate che da un mese cammino senza riposo, ed ecco perché ho mancato forse alle buone creanze; perché ero talmente eccitato avvicinandomi a Tebe, che avrei gridato il mio entusiasmo a qualsiasi colonna, ed ecco che invece d'una colonna, si rizza sulla mia strada una can­dida fanciulla. E cosi non ho potuto fare a meno di parlarle di ciò che mi sta a cuore e d'imprestarle le mie stesse inten­zioni.

la sfinge   Ma, dite un po', mi sembra che poco fa al vedermi balzar fuori al buio, non eravate tanto all'erta, per uno che desideri battersi con il nemico.

edipo       È vero! Stavo sognando di gloria, e la bestia mi avreb­be colto alla sprovvista. Domani, a Tebe, mi equipaggio e la caccia incomincia.

la sfinge    Amate la gloria?

edipo       Non so se amo la gloria; amo le folle scalpitanti, le trombe, il garrire delle orifiamme, lo sventolare delle palme, il sole, l'oro, la porpora, la felicità, il rischio, insomma la vita!

la sfinge    E questo voi lo chiamate vita?

edipo        E voi?

la sfinge   Io no. Confesso di avere della vita un'idea del tut­to differente.

edipo        E quale?

la sfinge    Amare; essere amata da chi amiamo.

edipo        Io amerò il mio popolo e lui mi amerà.

la sfinge    La pubblica piazza non è un focolare.

edipo       La pubblica piazza non vieta nulla. A Tebe il popolo cerca un uomo; se uccido la Sfinge, l'uomo sarò io. La regina Giocasta è vedova, io la sposerò...

la sfinge    Una donna che potrebbe essere vostra madre!

edipo        L'essenziale è che non lo sia.

la sfinge   Credete che una regina e un popolo si consegni­no al primo venuto?

edipo       Il vincitore della Sfinge sarebbe il primo venuto? Co­nosco il premio: la regina gli è promessa. Non ridete, siate buona... dovete ascoltarmi. Devo provarvi che il mio sogno non è soltanto sogno. Mio padre è re di Corinto; mio padre e mia madre mi diedero alla luce già vecchi, e io vissi in una corte tetra. Troppe moine, troppi agi eccitavano in me non so qual demone di avventure. Incominciavo a languire, a struggermi, quando una sera un ubriaco mi strillò ch'ero un bastardo e che usurpavo il posto d'un figlio legittimo. Ci furono botte e insulti; e l'indomani, nonostante le lacrime di Merope e di Polibo, decisi di visitare i santuari e interro­gare gli dei. Tutti mi risposero con lo stesso oracolo: am­mazzerai tuo padre e sposerai tua madre.

la sfinge  Cosa?

edipo       Sì... sì... sulle prime questo responso toglie il fiato, ma io ho la testa solida. Riflettei sull'assurdità della cosa, diedi agli dei e ai preti la parte che loro spetta, e giunsi a questa conclusione: o l'oracolo nascondeva un significato meno grave che bisognava capire; oppure i preti che comu­nicano di tempio in tempio per mezzo degli uccelli, avevano interesse a porre in bocca agli dei tale responso e ad allontanarmi dal potere. A farla breve, dimenticai presto i miei timori e, lo confesso, approfittai della minaccia di parricidio e d'incesto per fuggire la corte e appagare la mia sete d'i­gnoto.

la sfinge   Tocca a me adesso sentirmi stordita. Chiedo scusa di essermi burlata un tantino di voi: mi perdonate, principe?

edipo       Diamoci la mano. Posso chiedere il vostro nome? Io mi chiamo Edipo; ho diciannove anni.

la sfinge   Che importa! Lasciate stare il mio nome, Edipo! Vi devono piacere i nomi illustri... quello di una ragazzina diciassettenne non v'interesserebbe.

edipo        Siete cattiva.

la sfinge   Adorate la gloria; e tuttavia il modo più sicuro di sventare l'oracolo non sarebbe quello di sposare una donna più giovane di voi?

edipo       Ecco parole che non vi rassomigliano; le parole di una madre di Tebe dove i buoni partiti cominciano a scarseg­giare.

la sfinge   Ecco parole che non vi rassomigliano, pesanti e volgari.

edipo       E allora avrei corso le strade, valicato montagne e tra­versato fiumi per prendere una sposa che diventerà ben presto una Sfinge, peggio di una Sfinge, una Sfinge con mammelle e artigli.

la sfinge   Edipo...

edipo       No! correrò la mia alea. Prendete questa cintura; vi permetterà di giungere a me quando avrò ucciso il mostro.

Gioco scenico.

la sfinge    Avete già ucciso?

edipo       Una volta: mi trovavo al bivio delle strade di Delfi e di Daulia; e camminavo come poco fa. Veniva avanti una carrozza guidata da un vecchio, scortato da quattro servi. Mentre incrociavo il tiro, s'impenna un cavallo che mi urta e mi scaraventa contro un servo; quell'imbecille alza la ma­no su di me; io voglio reagire con il bastone, ma lui si china e io colpisco il vecchio alla tempia: stramazza; i cavalli si im­bizzarriscono e lo trascinano. Io li rincorro; i domestici at­territi scappano e io mi ritrovo solo con il cadavere sanguinante d'un vegliardo e con dei cavalli impastoiati che si ro­tolano annitrendo e fracassandosi le gambe... Era atroce... atroce...

la sfinge   Sì, nevvero... è atroce uccidere...

edipo       Be', non era colpa mia e non ci penso più. Quel che importa è ch'io salti gli ostacoli, che porti i paraocchi, che non m'impietosisca. La mia stella, innanzi tutto.

la sfinge   Allora, addio Edipo. Appartengo al sesso che di­sturba gli eroi. Lasciamoci, credo che non avremmo più molto da dirci.

edipo       Disturbare gli eroi! non fate mica tanti complimenti, voi!

la sfinge    E... se la Sfinge vi uccidesse?

edipo       Se non sbaglio la sua morte dipende da un interroga­torio al quale dovrei rispondere. Se indovino, lei non mi tocca neppure; muore.

la sfinge    E se non indovinate?

edipo       Grazie alla mia infanzia triste, ho fatto studi che mi offrono molti vantaggi sugli scapestrati di Tebe.

la sfinge  Chiacchiere!

edipo       E non credo che il mostro ingenuo si aspetti di tro­varsi a faccia a faccia con l'alunno dei maggiori dotti di Corinto.

la sfinge   Avete una risposta per tutto; purtroppo! perché, Edipo, ve lo confesserò, ho una debolezza: mi piacciono i deboli e avrei desiderato cogliervi in fallo.

edipo        Addio.

La Sfinge fa un passo per slanciarsi ad inseguirlo e si ferma, ma non può resistere a un richiamo. Fino al suo «io! io! », la Sfinge non distoglie più i suoi occhi da quelli di Edipo, muovendo come intorno a quello sguardo immobile, fisso, vasto, senza un battito di palpebre.

la sfinge   Edipo!

edipo        Mi chiamate?

la sfinge   Un'ultima parola. Fino a nuovo ordine, null'altro occupa la vostra mente, null'altro vi fa battere il cuore, null'altro sconvolge la vostra anima tranne la Sfinge?

edipo        Null'altro, fino a nuovo ordine.

la sfinge   E colui... o colei che vi mettesse alla sua presenza... voglio dire che vi aiutasse... voglio dire, che sapesse forse qualcosa, utile a facilitarne l'incontro... si ammanterebbe costui o costei di prestigio, tanto da turbarvi, da commuo­vervi?

edipo        Certamente, ma che intendete?

la sfinge   E se io, io, vi svelassi un segreto, un immenso se­greto?

edipo        Voi scherzate!

la sfinge   Un segreto che vi consenta di entrare in contatto con l'enigma degli enigmi, con la bestia umana, con la cagna canora, come la chiamano, con la Sfinge?

edipo       Come? voi! voi! avrei dunque indovinato e la vostra curiosità avrebbe scoperto... Ma no! sono assurdo. È un'a­stuzia femminile per obbligarmi a tornare indietro.

la sfinge   Buonasera.

edipo        Perdonatemi.

la sfinge    Inutile.

edipo       Sono uno sciocco che si mette in ginocchio e vi sup­plica di perdonarlo.

la sfinge   Siete un presuntuoso che rimpiange di aver per­duto l'occasione e tenta di riacciuffarla.

edipo       Sono un presuntuoso, me ne vergogno. Ma ecco, vi credo, vi ascolto. Ma se mi avete fatto uno scherzo, vi tirerò i capelli e vi pizzicherò a sangue.

la sfinge   Venite. (Lo porta di fronte al piedestallo) Chiudete gli occhi: non barate; contate fino a cinquanta.

edipo       (con gli occhi chiusi)    Badate!

la sfinge   Una volta ciascuno.

Edipo conta; si sente che sta succedendo qualcosa di ecce­zionale. La Sfinge balza attraverso i ruderi, sparisce dietro il muro e riappare incastrata nel basamento praticabile; sembra cioè che vi stia aggrappata, il busto eretto sui gomiti, il capo diritto, mentre invece l'attrice è in piedi, lasciando visibili soltanto il busto, le braccia coperte da guanti macu­lati, le mani che artigliano il bordo; l'ala spezzata dà origine a subitanee ali, immense, pallide, fosforescenti, e i frammenti della statua la completano, la prolungano e sembrano fare parte di lei. Si sente Edipo contare 47,48,49, aspettare un poco e gridare 50. Poi si volta.

edipo        Voi!

la sfinge   (con voce lontana, squillante, gioiosa, terribile) Io! Io! La Sfinge!

edipo        Sogno!

la sfinge   Non sei un sognatore, Edipo. Quello che vuoi, lo vuoi, l'hai voluto. Silenzio. Qui io ordino. Accostati. (Edipo, le braccia penzoloni, come paralizzato, tenta con rabbia di liberarsi). Accostati. (Edipo cade in ginocchio). Poiché le gambe ti fanno cilecca, salta, saltella... È bene che un eroe si renda un tantino ridicolo. Su, muoviti! Sta' tranquillo; non c'è nessuno a guardarti. (Edipo, torcendosi di collera, avanza sulle ginocchio). Bene: alt! E adesso...

edipo       E adesso comincio a capire i vostri metodi e con quali raggiri adescate e sgozzate i viandanti.

la sfinge   ... E adesso ti darò uno spettacolo. Ti mostrerò quel che avverrebbe qui, Edipo, se tu fossi un qualsiasi bel giovanotto di Tebe e non avessi avuto il privilegio di pia­cermi.

edipo       Lo so quel che valgono le vostre cortesie. (Si irrigidisce da capo a piedi. Si vede che lotta contro un sortilegio).

la sfinge   Abbandonati; non tentare d'irrigidirti, di resistere. Abbandonati. Se resisti, renderai soltanto più delicato il mio compito e rischierò di farti male.

edipo        Resisterò! (Chiude gli occhi, volge la testa).

la sfinge   Inutile chiudere gli occhi e voltare la testa. Non è né con il canto né con lo sguardo che io opero. Ma, più abile di un cieco, più rapida della rete dei gladiatori, più sottile della folgore, più rigida d'un cocchiere, più pesante di una vacca, più savia di uno scolaro che suda sui numeri, più attrezzata, più munita di vele, e di ancore, più equili­brata di un vascello, più incorruttibile di un giudice, più vorace degli insetti, più sanguinaria degli uccelli, più not­turna dell'uovo, più ingegnosa dei carnefici d'Asia, più volpina che il cuore, più lesta di una mano che bara, più fa­tale degli astri, più accorta del serpente che umetta la preda di saliva; io secreziono, cavo fuori da me stessa, allento, di­pano, srotolo e arrotolo in tal modo che mi basterà volere quei nodi per farli, e pensarci per tenderli o stenderli; cosi sottile che ti sfugge, cosi duttile che penserai di essere vitti­ma di qualche veleno, così tagliente che una sbadataggine da parte mia ti amputerebbe, cosi teso che un archetto ca­verebbe fuori tra noi un gemito celestiale; tortile come il mare, la colonna, la rosa, muscoloso come la piovra, mac­chinoso come gli scenari del sogno, soprattutto invisibile, invisibile e maestoso come la circolazione del sangue delle statue, un filo che ti allaccia con le volute dei folli arabeschi del miele che cade su altro miele.

edipo        Lasciatemi!

la  sfinge E io parlo, lavoro, dipano, srotolo, calcolo, medi­to, intreccio, vaglio, sferruzzo, intesso, incrocio, passo, ri­passo, annodo, disnodo e riannodo, trattenendo i più pic­coli nodi che dovrò poi scioglierti sotto pena di morte: e serro e disserro, m'inganno, ritorno sui miei passi, esito, correggo, ingarbuglio, disingarbuglio, slaccio, riallaccio, ri­parto; e incastro, agglutino, avvinco, tiro, intralcio, accu­mulo, fino a che tu ti senta dalla punta dei piedi alla radice dei capelli, vestito di tutte le spire d'un solo rettile, il minimo respiro del quale tronchi il tuo e ti renda simile al braccio inerte sul quale si sia addormentato un dormiente.

edipo       (con flebile voce)    Lasciatemi! Grazia...

la sfinge   E tu domanderesti grazia e non dovresti vergo-gnartene, perché non saresti il primo, e ne ho sentiti di più superbi chiamare la madre, e ne ho veduti di più insolenti scoppiare in pianto, e i meno espansivi erano tutto sommato i più deboli perché svenivano per istrada, e mi toccava imi­tare gl'imbalsamatori tra le mani dei quali i morti sono ubriaconi che non sanno neanche più stare diritti.

edipo        Merope... Mamma!

la sfinge   Poi ti ordinerei di avanzare un poco e ti aiuterei facendoti sgranchire le gambe. Così. E t'interrogherei: ti chiederei per esempio: qual è l'animale che al mattino cammina su quattro zampe, al meriggio su due, e la sera su tre? E tu cercheresti, cercheresti: a furia di cercare, la tua mente si fermerebbe su una medaglietta della tua infanzia, oppure ripeteresti un numero, o conteresti le stelle fra queste due colonne distrutte; e io ti riporterei al corrente i svelandoti l'enigma.

Quell'animale è l'uomo che cammina a quattro zampe quando è bambino, su due quando è in pieno vigore, e, quando è vecchio con la terza gamba d'un bastone.

edipo        Troppo idiota!

la sfinge   Tu esclameresti: troppo idiota! Lo dite tutti! E allora siccome questa frase conferma la tua sconfitta, chia­merei Anubi, il mio aiutante. Anubi!

Appare Anubi, le braccia conserte, la testa di profilo, dritto a destra del basamento.                                                 

edipo       Oh! Signora... oh! signora! Oh, no! no! no! no, si­gnora!

la sfinge   E ti farei inginocchiare. Su... Su... cosi... cosi... Buono. E tu curveresti il capo... e l'Anubi si lancerebbe; spalancherebbe le sue mascelle di lupo. (Edipo lancia un urlo). Ho detto: tu curveresti... si lancerebbe... aprirebbe... Non sono sempre stata attenta a esprimermi al condiziona­le? Perché quell'urlo? Perché quella faccia sconvolta dal terrore? Era una dimostrazione, Edipo, soltanto una dimo­strazione. Sei libero.

edipo       Libero! (Muove un braccio, una gamba... si alza, vacilla, si porta la mano al capo).

anubi        Scusa, Sfinge. Quest'uomo non può andarsene senza subire la prova.

la sfinge    Ma...

anubi        Interrogalo...

edipo        Ma...

anubi        Silenzio! Interroga quest'uomo.

Una pausa. Edipo volge la schiena, immobile.

la sfinge   Lo interrogherò... lo interrogherò... Va bene. (Con un ultimo sguardo stupito ad Anubi) Qual è l'animale che al mattino cammina su quattro zampe, al meriggio su due e la sera su tre?

edipo       L'uomo, perbacco! che si trascina a quattro zampe quand'è bambino, cammina con due quando è adulto e, quand'è vecchio, si aiuta con la terza gamba d'un bastone. (La Sfinge rotola sul basamento. Edipo prende la rincorsa, verso destra) Vincitore! (Si slancia ed esce da destra).

La Sfinge s'insinua nella colonna, scompare dietro il muro, ricompare senz'ali.

la sfinge   Edipo! Dov'è? dov'è?

anubi        Via! s'è involato. Corre a perdifiato a proclamare la sua vittoria.

la sfinge   Senza rivolgermi uno sguardo, senza un gesto commosso, senza un cenno di gratitudine.

anubi        Vi aspettavate un altro atteggiamento?

la sfinge  Imbecille! Dunque non ha capito nulla.

anubi        Nulla.

la sfinge   Dài, dài, Anubi... to', to', guarda, corri, mordilo, Anubi, mordilo.

anubi        Tutto ricomincia: rieccovi donna, e rieccomi cane.

la sfinge   Scusa: perdo la testa, sono pazza: le mani mi tre­mano. Ho la febbre, vorrei raggiungerlo d'un balzo, spu­targli in faccia, graffiarlo, sfigurarlo, calpestarlo, castrarlo, scuoiarlo vivo!

anubi        Vi ritrovo.

la sfinge    Aiutami! Vendicami! Non startene immobile.

anubi        Quell'uomo lo odiate veramente?

la sfinge   Lo detesto.

anubi        Se gli capitasse il peggio, il peggio vi sembrerebbe an­cora troppo dolce?

la sfinge    Troppo dolce.

anubi        (addita la veste della Sfinge) Guardate le pieghe di questa stoffa: schiacciatele le une contro le altre. E adesso, se trapassate il tutto con uno spillo e poi lo togliete, se li­sciate la stoffa fino a far sparire ogni traccia delle pieghe di prima, pensate che un campagnolo sempliciotto possa cre­dere che gl'innumerevoli fori che si ripetono a intervalli re­golari risultino da un'unica trafittura?

la sfinge  Certamente no.

anubi        Il tempo degli uomini è eternità ripiegata. Per noi non esiste. Dalla sua nascita alla sua morte la vita di Edipo si dispiega sotto i miei occhi piatta, nel susseguirsi degli episodi.

la sfinge   Parla, parla, Anubi, io brucio. Che vedi?

anubi        Anni or sono Giocasta e Laio ebbero un figlio. L'ora­colo avendo annunciato che il fanciullo diverrebbe un fla­gello...

la sfinge   Un flagello!

anubi        Un mostro, una bestia immonda...

la sfinge   Più presto, più presto!

anubi        Giocasta lo fasciò stretto e lo mandò sulla montagna a perdersi. Un pastore di Polibo lo trova, lo prende, e poiché Merope e Polibo si affliggevano per il loro sterile letto...

la sfinge    Tremo di gioia.

anubi        Lo adottano. Edipo, figlio di Laio, ha ucciso Laio al crocicchio delle tre strade.

la sfinge    Il vegliardo!

anubi        Figlio di Giocasta, sposerà Giocasta.

la sfinge   E io che gli dicevo: potrebbe essere vostra madre; e lui rispondeva: l'essenziale è che non lo sia. Anubi! Anubi! È troppo bello, troppo bello.

anubi        Avrà due figli che si scanneranno a vicenda, due figlie, una delle quali s'impiccherà. Giocasta s'impiccherà...

la sfinge   Fermati! che potrei sperare di più? Pensa, Anubi: le nozze di Edipo e di Giocasta! Le nozze del figlio e della madre... E lo saprà presto?

anubi        Abbastanza presto.

la sfinge   Quale momento! L'assaporo in anticipo con de­lizia. Ahimè! vorrei esserci.

anubi        Ci sarete.

la sfinge    È possibile?

anubi        È venuto il momento in cui giudico necessario ricor­darvi chi siete e quale risibile distanza vi separi da quella piccola forma che mi ascolta. Voi che avete assunto la parte della Sfinge! Voi la dea delle dee! Voi la grande fra le grandi! Voi l'implacabile! Voi la Vendetta! Voi Nemesi! (Si pro­sterna)                                                                         

la sfinge   Nemesi... (Volge la schiena alla sala e rimane a lungo rigida, le braccia incrociate. D'un tratto si scuote dal­l'ipnosi e si precipita verso il fondo) Ancora una volta, se è visibile, voglio saziare il mio odio, voglio vederlo correre da una trappola all'altra come un topo dissennato.

anubi        È il grido della dea che si ridesta o della donna gelosa?

la sfinge Della dea, Anubi, della dea. I nostri dei mi hanno assegnato la parte della Sfinge, saprò esserne degna.

anubi        Finalmente!

La Sfinge domina la pianura, si china, scruta. D'improvviso si volta. Sono svanite fin le minime tracce della furia gran­diosa che l'avevano trasfigurata poco fa.

la sfinge   Cane! mi avevi mentito.

anubi        Io?

la sfinge   Sì tu! bugiardo! bugiardo! Guarda la via. Edipo è tornato indietro, corre, vola, mi ama, ha capito!

anubi        Sapete benissimo, signora, quel che vale il suo trionfo e perché la Sfinge non è morta.

la sfinge   Guardalo che balza di masso in masso come il cuore mi balza in seno.

anubi        Convinto del suo trionfo e della vostra morte, il gio­vane farfallone s'è accorto che nella fretta ha dimenticato l'essenziale.

la sfinge   Miserabile! Vuoi dire che viene a prendermi morta.

anubi        Non voi, mia piccola furia, la Sfinge; crede di avere ucciso la Sfinge; deve dimostrarlo. Tebe non si accontente­rebbe di una storiella di caccia.

la sfinge   Tu menti: io gli dirò tutto! Lo avvertirò! Lo sal­verò! Lo stornerò da Giocasta, da questa città maledetta...

anubi       State attenta.

la sfinge  Parlerò.

anubi        Entra: lasciatelo parlare prima.

Edipo ansante entra dal proscenio a destra. Vede la Sfinge e Anubi, in piedi, fianco a fianco.

edipo       (salutando)    Sono felice, signora, di vedere come gli immortali godano buona salute dopo la morte.

la sfinge  Che cosa tornate a fare in questi luoghi?

edipo        A prendere ciò che mi è dovuto.

Moto di collera di Anubi verso Edipo che indietreggia.

la sfinge   Anubi! (Con un gesto gli ordina di lasciarla sola. Anubi si trae in disparte dietro i ruderi. A Edipo) L'avrete. Restate dove siete. Il vinto è una donna: chiede al vincitore un'ultima grazia.

edipo       Scusatemi se sto sul chi vive. Mi avete insegnato a dif­fidare delle vostre astuzie femminili.

la sfinge   Ero la Sfinge! No, Edipo... Riporterete la mia spoglia a Tebe e l'avvenire vi ricompenserà... secondo i vo­stri meriti. No... Vi chiedo soltanto di lasciarmi sparire die­tro questo muro per liberarmi da un corpo in cui, lo con­fesso, da qualche minuto mi trovo un po' allo stretto.

edipo       E sia! Ma sbrigatevi. L'ultima fanfara... (Si odono le trombe). Ecco, ne parlo e sta suonando. Non dovrei tardare.

la sfinge   (nascosta) Tebe non lascerà fuori della porta un eroe.

la voce di anubi (dietro ai ruderi) Sbrigatevi. Sbrigatevi... signora. Si direbbe che inventiate dei pretesti e che tiriate in lungo apposta.

la sfinge   (nascosta) Sono la prima, Dio dei morti, che tu debba tirare per il lembo della veste?

edipo        Prendete tempo, Sfinge.

la sfinge   (nascosta) Accusatene la vostra buona sorte, Edi­po. La mia fretta vi avrebbe giocato un brutto tiro. Perché una grave difficoltà si presenta. Se portate a Tebe il cadavere d'una fanciulla, invece del mostro che tutti aspettano, la fol­la vi lapiderà.

edipo       Verissimo! Le donne sono fantastiche; pensano a tutto.

la sfinge   (nascosta) Mi chiamano: la vergine dagli artigli... La cagna canora... Vogliono riconoscere i miei denti. Non preoccupatevi. Anubi! Cane fedele! Senti, poiché le nostre figure non sono che ombre, mi occorre la tua testa di sciacallo.

edipo        Benissimo!

anubi        (nascosto)    Fate pure come vi aggrada purché finisca questa commedia vergognosa e possiate tornare a voi stessa.

la sfinge   (nascosta)    Non ci metterò molto.

edipo        Conto fino a cinquanta come prima. È la mia rivincita.

anubi        (nascosto)    Signora, signora, che aspettata ancora?

la sfinge   Eccomi brutta, Anubi. Sono un mostro... Povero marmocchio... se lo spavento...

anubi        Non vi vedrà neppure, state tranquilla.

la sfinge    È forse cieco?

anubi        Molti uomini nascono ciechi e non se ne accorgono fino a quando una verità vera gli strappa gli occhi.

edipo        Cinquanta!

anubi        (nascosto)    Andate... andate...

la sfinge   (nascosta)    Addio Sfinge!

Da dietro il muro si vede uscire barcollante la fanciulla dalla testa di sciacallo. Agita le braccia in aria e cade.

edipo       Era ora! (Si precipita senza neanche guardare, solleva il corpo e si pianta sul proscenio a sinistra. Porta il corpo a brac­cia tese di fronte a sé) Non così! Rassomiglierei a quel trageda corinzio che vidi nella parte d'un re portare il corpo di suo figlio. La posa era enfatica e non commuoveva nessuno. (Si sforza di tenere il corpo sotto il braccio sinistro; dietro i ruderi, sul monticello, appaiono due forme gigantesche coperte di veli iridati: gli dei). No; sarei ridicolo. Sembrerei un caccia­tore che rientra scornato dopo avere ucciso il proprio cane.

anubi        (la figura di destra) Perché gli ultimi miasmi umani abbandonino il vostro corpo di dea, certo sarebbe bene che questo Edipo vi disinfettasse assegnandosi per lo meno il titolo di semidio.

nemesi      (la figura di sinistra)    È così giovane...

edipo        Ercole! Ercole si buttò il leone sulla spalla!... (Si carica il corpo sulla spalla) Sì, sulla spalla! sulla spalla! Come un semidio!

anubi        (velato)    È for-mi-dabile.

edipo       (s'avvia verso destra, fermandosi ogni due passi per espri­mere i suoi voti di grazia)    Ho ucciso la bestia immonda.

nemesi      (velata)    Anubi... Mi sento male.

anubi       Dobbiamo andare.

edipo        Ho salvato la città.

anubi        Suvvia, signora, venite, venite.

edipo        Sposerò la regina Giocasta!

nemesi      (velata)    Poveri, poveri, poveri uomini... Non ne posso più, Anubi... Soffoco. Lasciamo la terra.

edipo        Sarò re!

Un rumore avvolge le due grandi figure. I veli volteggiano loro intorno. Sorge l'alba: si odono i galli.

Sipario.


ATTO TERZO

La notte nuziale

la voce

Fin dall'alba si susseguono i festeggiamenti dell'incorona­zione e delle nozze. La folla acclama un'ultima volta la regina e il vincitore della Sfinge.

Ognuno rientra alla propria casa. Sulla piazzetta del palazzo reale non si ode più che il chioccolare di una fontana. Edipo e Giocasta si trovano finalmente soli nella camera nuziale. Cascano dal sonno, e, nonostante il destino alluda loro cor­tesemente qualcosa, il sonno gl'impedirà di vedere la trap­pola che si chiude su di loro per sempre.

La predella rappresenta la camera di Giocasta, rossa come una piccola macelleria tra le architetture della città. Un largo letto coperto di bianche pellicce: appiedi del letto una pelle di fiera; a sinistra del letto, una culla. Sul proscenio a sinistra una finestrella con grata guarda su una piazza di Tebe. Sul proscenio a destra uno specchio mobile dell'altezza di un uomo. Edipo e Giocasta portano gli abiti dell'incoronazione; fin dall'alzarsi del sipario si muovono come presi nel rallentatore d'una fatica mortale.

giocasta   Uff! Sono morta! tu sei talmente attivo! Temo che questa camera diventi per te una gabbia, una prigione.

edipo       Mio diletto amore! Una camera di donna! Una ca­mera che olezza, la tua camera! Dopo questa giornata sfi­brante, dopo i cortei, il cerimoniale, la folla che continuava ancora ad acclamarci sotto le nostre finestre...

giocasta    Non ad acclamare noi... ad acclamare te.

edipo        Fa lo stesso.

giocasta   Bisogna essere sincero, piccolo vincitore: quelli mi esecrano; i miei vestiti dànno loro ai nervi, e così pure il mio accento, e i miei occhi bistrati e le mie labbra tinte e la mia vivacità, tutto lo irrita.

edipo       Creonte li esaspera! Creonte, l'arido, il duro, il disu­mano. Rialzerò il tuo prestigio. Ah! Giocasta che bel pro­gramma!

giocasta    Era ora che tu venissi, non ne posso più.

edipo       La tua camera, una prigione! la tua camera... e il nostro letto.

giocasta   Vuoi che tolga la culla? dalla morte del bambino, mi era necessaria averla accanto, non potevo dormire... ero troppo sola... Ma adesso...

edipo       (con voce inceppata)    Ma adesso...

giocasta    Che dici?

edipo       Dico... dico... che è lui... lui... il cane... cioè... il cane che rifiuta... il cane... il cane fontana... (La testa gli ciondola).

giocasta    Edipo! Edipo!

edipo       (risvegliato di soprassalto)    Eh?

giocasta    Ti addormentavi!

edipo        Io? niente affatto.

giocasta   Sì: mi parlavi di cane, di cane che rifiuta, di cane fontana; e io ti ascoltavo. (Ride e lei stessa sembra perder­si nel vago).

edipo        È assurdo.

giocasta   Ti chiedo se vuoi che tolga la culla, se ti infastidi­sce.

edipo       Sono un marmocchio per temere questo grazioso fan­tasma di mussola? Anzi sarà la culla della mia fortuna. La mia fortuna crescerà qui accanto al nostro amore, fino a che serva al nostro primo figlio. Allora!...

giocasta   Mio povero adorato... non ne puoi più dalla stan­chezza, e noi ce ne stiamo qui... in piedi (stessa mimica di Edipo), in piedi su questo muro...

edipo        Che muro?

giocasta   Il muro di ronda. (Sobbalza) Un muro... Eh? Io... io... (Smarrita) Che c'è?

edipo       (ridendo) Be', adesso sei tu che sogni. Dormiamo in piedi, povera cara.

giocasta    Ho dormito? ho parlato?

edipo       Io ti parlo di cane fontana, e tu di muro di ronda: ecco la nostra notte di nozze. Senti, Giocasta, ti supplico (mi senti?), se mi succede di addormentarmi di nuovo, ti supplico di svegliarmi, di scuotermi, e se tu ti addormenti, io farò lo stesso. Questa notte unica non deve affondare nel sonno: sarebbe troppo triste.

giocasta    Mio folle adorato, perché? abbiamo tutta la vita.

edipo        Può darsi, ma non voglio che il sonno mi sciupi 0 mi­racolo di passare questa notte di festa profondamente solo con te. Togliamoci questi paludamenti così grevi e poiché non aspettiamo nessuno...

giocasta    Senti, mio carissimo, ora ti arrabbierai...

edipo       Giocasta! non dirmi che c'è ancora in programma qualcosa d'ufficiale.

giocasta   Mentre le mie donne mi pettinano, l'etichetta vuole che tu riceva una visita.

edipo        Una visita! A queste ore!

giocasta   Una visita... una visita... una visita puramente for­male.

edipo        In questa stanza?

giocasta    Sì, in questa stanza.

edipo        E di chi?

giocasta    Non arrabbiarti. Di Tiresia.

edipo        Tiresia? Non voglio!

giocasta    Senti...

edipo       È il colmo! Tiresia nella parte della famiglia che pro­diga le ultime raccomandazioni. Lasciami ridere e rifiutare la visita di Tiresia.

giocasta   Pazzerello, te lo chiedo io. È vecchia usanza di Tebe che il sacerdote consacri in certo qual modo l'unione dei sovrani. E poi Tiresia è il nostro vecchio zio, il nostro cane da guardia. Gli voglio un gran bene, Edipo; e Laio l'a­dorava: è quasi cieco. Sarebbe impolitico offenderlo e met­terlo contro il nostro amore.

edipo        Comunque... in piena notte...

giocasta   Fallo. Fallo per noi e per l'avvenire. È essenziale. Vedilo cinque minuti, ma vedilo, ascoltalo. Te lo chiedo per favore. (Lo bacia).

edipo        Ti avverto che non lo lascerò sedere.

giocasta Ti amo. (Lungo bacio). Farò in fretta. (All'uscita da sinistra) Lo faccio avvisare che il campo è libero. Pazien­za: fallo per me. Pensa a me. (Esce).

Edipo, rimasto solo, si contempla nello specchio e assume varie pose. Tiresia entra da destra senza essere udito. Edipo lo vede in mezzo alla camera e si volta di netto.

edipo        Vi ascolto.

tiresia      Un momento, monsignore, chi vi ha detto che vi ri­serbi un sermone?

edipo        Nessuno, Tiresia, nessuno. Soltanto, non suppongo che vi sia piacevole far la parte del guastafeste. Certo vi aspettate che io finga di avere accolto i vostri consigli. M'inchinerò, voi mi benedirete e ci scambieremo l'abbrac­cio. Il nostro sforzo avrà il suo conto come pure le usanze. Ho indovinato?

tiresia      Forse è esatto che alla base di questo passo ci sia una specie di costume, ma per ciò occorrerebbe un matri­monio regale con tutto quel che comporta di dinastico, di meccanico e, lo ammetto, di fastidioso. No, monsignore. Gli eventi imprevedibili ci mettono di fronte a problemi e a doveri nuovi. E converrete che la vostra consacrazione, il vostro matrimonio, si presentino sotto una forma difficile a classificarsi, inadatta a entrare in un codice.

edipo       Non si saprebbe dire con maggiore garbo che io casco sulla testa di Tebe come una tegola cade da un tetto.

tiresia      Monsignore!

edipo       Sappiate che tutto ciò che si classifica puzza di morte. Bisogna declassificarsi, Tiresia, uscire dalle file: è il con­trassegno dei capolavori e degli eroi. Un irregolare, ecco ciò che stupisce e che regna.

tiresia      Sia pure: e allora ammettete che assumendo una par­te che esce dal protocollo, io a mia volta mi ponga fuori del­la regola.

edipo        Al sodo, Tiresia, al sodo.

tiresia      Ci vengo e parlerò con la massima franchezza. Monsignore, i presagi vi sono funesti, molto funesti! Dovevo mettervi in guardia.

edipo       Perbacco! me l'aspettavo. Mi avrebbe stupito il con­trario. Non è la prima volta che gli oracoli mi si accaniscono contro e che la mia audacia li elude.

tiresia      Credete che si possa sventarli?

edipo       Io ne sono la prova. E anche se il mio matrimonio di­sturba gli dei, che ne fate voi delle promesse, della libera­zione, della morte della Sfinge! e perché gli dei mi hanno spinto fino a questa stanza, se tali nozze sono loro sgradite?

tiresia      Avete la pretesa di risolvere in un attimo il problema del libero arbitrio? Ahi! ahi! il potere vi dà alla testa!

edipo        Il potere vi sfugge.

tiresia      Badate! voi parlate al pontefice.

edipo       Badate, pontefice. Devo farvi ricordare che parlate al vostro re?

tiresia    Al marito della regina, monsignore.

edipo       Or ora Giocasta mi ha dichiarato che il suo potere pas­sava assoluto in mano mia. Ditelo al vostro padrone.

tiresia    Io non servo che gli dei.

edipo       Bene, se preferite tale formula, a colui che spia il vostro ritorno.

tiresia      Gioventù bollente! mi avete capito male.

edipo       Ho capito benissimo che un avventuriero vi disturba. Certo sperate ch'io abbia trovata la Sfinge morta sulla mia strada; il vero vincitore me l'avrà venduta come a quei cac­ciatori che comperano la lepre dal bracconiere. E se ho pa­gato le spoglie, che cosa scoprirete in fin dei conti come vincitore della Sfinge? Ciò che vi minacciava a ogni istante e toglieva il sonno a Creonte: un soldatino semplice che la folla porterebbe in trionfo e chiederebbe il saldo del conto... (grida) il saldo del conto!

tiresia      Non oserebbe.

edipo       Finalmente! Ve l'ho tirato fuori. Eccola la chiave della farsa: eccole le vostre belle promesse. Ecco su che cosa con­tavate.

tiresia      La regina è per me più di mia figlia; devo sorvegliarla e difenderla. È debole, credula, romantica...

edipo        Davvero, l'ingiuriate.

tiresia      Io l'amo.

edipo        Ormai lei non ha bisogno che del mio amore.

tiresia      Proprio a riguardo di quest'amore, Edipo, esigo una spiegazione; amate la regina?

edipo        Con tutta l'anima.

tiresia      Voglio dire: desiderate prenderla fra le braccia?

edipo        Soprattutto desidero che lei mi prenda nelle sue.

tiresia      Vi sono grato di questa sfumatura. Siete giovane, Edipo, molto giovane. Giocasta potrebbe essere vostra ma­dre. So, so; voi mi risponderete...

edipo       Vi risponderò che ho sempre sognato un amore sif­fatto, un amore quasi materno.

tiresia      Edipo, non state confondendo la gloria e l'amore? Amereste Giocasta se non regnasse?

edipo       Domanda stupida e ripetuta mille volte. Giocasta mi amerebbe se fossi vecchio, brutto, se non sbucassi dall'i­gnoto? Credete che non ci si possa buscare il mal d'amore toccando l'oro e la porpora? I privilegi di cui parlate non sono la sostanza stessa di Giocasta e aggrovigliati così stret­tamente ai suoi organi da non poterli disunire. Da sempre ci apparteniamo l'un l'altra. Il suo ventre cela tutte le pieghe e le sinuosità di un mantello di porpora molto più regale di quello ch'ella si aggancia sulle spalle. Io l'amo, l'adoro, Ti­resia; vicino a lei mi sembra di occupare finalmente il mio vero posto. È la mia donna, la mia regina. La posseggo, la tengo, la ritrovo, e né con le preghiere né con le minacce, otterrete che io obbedisca a ordini venuti non so di dove.

tiresia      Riflettete ancora, Edipo. I presagi e la mia saggezza mi fanno temere ogni cosa da queste nozze assurde; riflet­tete.

edipo        Sarebbe un po' tardi.

tiresia      Avete l'esperienza delle donne?

edipo       Neanche l'ombra. E anzi voglio farvi strabiliare e co­prirmi di ridicolo davanti a voi: sono vergine!

tiresia      Voi!

edipo       Il pontefice d'una capitale si stupisce che un giovane contadino riponga il suo orgoglio nel serbarsi puro per una offerta unica; avreste preferito per la regina un principe degenerato, una marionetta di cui Creonte e i preti potes­sero tirare i fili.

tiresia      È troppo!

edipo        Ancora una volta, vi comando...

tiresia      Comando? L'orgoglio vi fa impazzire.

edipo       Non fatemi andare in collera: io sono al limite della pazienza, irascibile, capace di qualsiasi gesto impulsivo.

tiresia      Orgoglioso... Debole e orgoglioso.

edipo       L'avrete voluto. (Si slancia su Tiresia, lo prende per il collo).

tiresia      Lasciatemi... non vi vergognate ?...

edipo       Temete che sulla vostra faccia, lì, lì, vicinissimo e nei vostri occhi di cieco, io legga la verità vera della vostra con­dotta.

tiresia      Assassino! Sacrilego!

edipo       Assassino! dovrei esserlo... dovrò certo pentirmi un giorno d'un rispetto assurdo, e se osassi... Oh! oh! ma! Dei! qui... qui... nei suoi occhi di cieco, non sapevo che fosse possibile.

tiresia      Lasciatemi! Bruto!

edipo       L'avvenire! il mio avvenire, come in un globo di cri­stallo.

tiresia      Vi pentirete...

edipo       Vedo, vedo... hai mentito, indovino! Sposerò Giocasta... una vita felice, ricca, prospera, due figli... delle figlie... e Giocasta sempre bella, sempre uguale, un'amante, una madre in un palazzo di felicità... Vedo male, vedo male, vo­glio vedere! È colpa tua, indovino... Voglio vedere! (Lo scuote).

tiresia      Maledetto!

edipo       (tirandosi indietro bruscamente, abbandona la stretta e si porta le mani agli occhi) Ahi! bestia immonda! sono cieco. Mi ha buttato del pepe. Giocasta! aiuto! aiuto!

tiresia      Non ho buttato nulla: lo giuro. Siete punito del sa­crilegio.

edipo       (si rotola per terra)    Tu menti!

tiresia      Avete voluto leggere per forza ciò che racchiudono le mie pupille malate, ciò che io stesso non decifrai ancora, e siete punito.

edipo        Dell'acqua, dell'acqua, in fretta, brucio...

tiresia      (gl'impone le mani sul volto) Suvvia: state calmo... vi perdono; siete nervoso. Ma su, calmatevi. Ci vedrete, ve lo giuro: certo siete giunto a un punto che gli dei vogliono serbare oscuro oppure vi puniscono della vostra insolenza.

edipo        Ci vedo un pochino... mi sembra.

tiresia      Soffrite?

edipo       Meno... il dolore si calma. Ah!... era come fuoco, co­me pepe rosso, erano migliaia di spilli, una zampa di gatto che mi frugasse l'occhio. Grazie...

tiresia      Ci vedete?

edipo       Male, ma ci vedo, ci vedo. Uff! ho proprio creduto di diventare cieco; credevo fosse uno dei vostri scherzi; d'al­tronde me l'ero meritato.

tiresia      È comodo credere ai prodigi quando questi ci servono, e quando ci disturbano non crederci più, e dire che è un trucco dell'indovino.

edipo       Perdonatemi. Sono impulsivo di carattere, vendicati­vo. Amo Giocasta: l'aspettavo, mi spazientivo, e questo fe­nomeno ignoto, tutte quelle immagini del futuro nelle vostre pupille mi affascinavano, mi scombussolavano; ero ubriaco.

tiresia      Ci vedete chiaro? È uno quasi cieco che ve lo chiede.

edipo       Benissimo, e non soffro più. Davvero, mi vergogno del mio contegno verso un invalido, e sacerdote. Volete ac­cettare le mie scuse?

tiresia      Parlavo soltanto per il bene di Giocasta e per il vo­stro.

edipo       Tiresia, vi debbo in certo qual modo la rivincita, una confessione che mi pesa e che mi ero ripromesso di non svelare ad alcuno.

tiresia      Una confessione?

edipo       Durante la cerimonia dell'incoronazione ho notato cenni d'intesa tra voi e Creonte. Non negatelo. Ecco: desi­deravo tenere segreta la mia identità; ci rinunzio. Aprite le orecchie, Tiresia. Non sono un vagabondo. Vengo da Corinto; sono l'unico figlio del re Polibo e della regina Merope. Un ignoto non profanerà questo letto; sono re e figlio di re.

tiresia      Monsignore. (S'inchina) Era così facile dissipare con una frase il disagio del vostro incognito. La mia nipotina sarà così contenta...

edipo       Piano! Vi chiedo per favore di serbarmi almeno que­st'ultima notte. Giocasta ama ancora in me il vagabondo piovuto dal cielo, il giovane emerso dall'ombra. Domani, purtroppo, si farà in fretta a dissipare questo miraggio. Nel frattempo vorrei che la regina mi diventasse tanto sotto­messa da apprendere senza ripugnanza che Edipo non è un principe che viene dalla luna, ma un povero principe e nient'altro.

Vi auguro la buonanotte, Tiresia. Giocasta non tarderà. Muoio di fatica... e vogliamo restare soli noi due. È il nostro desiderio.

tiresia      Monsignore, scusatemi. (Edipo gli accenna con la mano. Uscendo da destra Tiresia si ferma) Ancora una parola.

edipo       (altezzoso)    Che c'è?

tiresia      Perdonate la mia sfrontatezza. Stasera, dopo la chiusura del tempio, una bella fanciulla entrò nell'oratorio dove lavoro, e senza scusarsi, mi tese questa cintura dicendo: «Consegnatela al signor Edipo e ripetetegli testualmente questa frase: Prendete questa cintura; vi permetterà di ve­nire fino a me quando avrò ucciso la fiera». Avevo appena intascato la cintura che la fanciulla scoppiò a ridere e di­sparve senza ch'io potessi capire di dove.

edipo       (gli strappa la cintura) Ed era la vostra ultima carta; già architettavate tutto un piano per perdermi nella mente e nel cuore della regina. Che so? Un'antecedente promessa di matrimonio... una giovanetta che si vendica... Lo scan­dalo del tempio... l'oggetto rivelatore...

tiresia      Sbrigo una commissione; ecco tutto.

edipo       Calcolo sbagliato; cattiva politica. Andate... portate svelto queste cattive notizie al principe Creonte. (Tiresia resta sulla soglia). Contava di impaurirmi! E sono io che in­vece vi faccio paura, Tiresia, io che vi atterrisco. Ve lo vedo scritto in faccia a lettere cubitali. Il ragazzo non era così fa­cile da spaventare. Dite un po' che è il ragazzo che vi spa­venta, nonno? Confessatelo, nonno! confessate che vi at­terrisco! Ma su, confessate che vi metto paura! (Edipo è bocconi sulla pelle ferina).

Tiresia, in piedi, come statua di bronzo. Una pausa. Il tuono.

tiresia      Sì, molta paura. (Esce all'indietro: si ode la sua voce vaticinante) Edipo! Edipo! ascoltatemi. Voi inseguite una gloria classica. Un'altra ne esiste: la gloria oscura. È l'ulti­mo appiglio dell'orgoglioso che si ostina contro gli astri.

Edipo rimasto lì contempla la cintura. Quando entra Giocasta in abbigliamento notturno, nasconde in fretta la cin­tura sotto la pelle ferina.

giocasta   Ebbene? Che ha detto il babau? ti avrà tormentato chissà quanto.

edipo        Sì... no...

giocasta   È un mostro; ti avrà dimostrato ch'eri troppo gio­vane per me.

edipo        Sei bella, Giocasta!

giocasta    ... che ero vecchia.

edipo       Piuttosto mi ha fatto capire che io amavo le tue perle, il tuo diadema.

giocasta   Sempre sciupare tutto! rovinare tutto! fare del male!

edipo       Sta' tranquilla! non è riuscito a spaventarmi: anzi so­no io che gli faccio paura. Lo ha ammesso.

giocasta    Bene, amor mio! Tu, le mie perle, il mio diadema.

edipo       Sono felice di rivederti senza fasto alcuno, senza gioiel­li, senza le tue insegne, semplice, candida, giovane, bella, nella nostra camera d'amore.

giocasta    Giovane, Edipo... Bugie... no, non si deve.

edipo        Ancora...

giocasta    Non sgridarmi...

edipo       Sì, ti sgrido. Ti sgrido, perché una donna come te do­vrebbe essere superiore a simili sciocchezze. Una faccia da ragazzina, è la noia d'una pagina bianca dove i miei occhi non possono leggere nulla di conturbante; la tua faccia, in­vece! Mi occorrono le cicatrici, i tatuaggi del destino, una bellezza scaturita dalle tempeste. Tu temi la ruga, Gioca­sta! Che valore avrebbe uno sguardo, un sorriso da ochetta in confronto al tuo viso sorprendente, sacro; schiaffeggiato dalla sorte, segnato dal carnefice, e tenero, tenero e... (Si avvede che Giocasta piange) Giocasta, bimba mia, tu piangi! Ma che hai?... su, via. Che ho fatto? Giocasta!...

giocasta    Sono dunque così vecchia... così vecchia?

edipo        Insensata! amore! sei tu che ti accanisci...

giocasta   Le donne dicono queste cose per essere contrad­dette; sperano sempre che non sia vero.

edipo       Giocasta mia!... E io stupido! Che orso screanzato... mia cara... calmati, baciami... volevo dire...

giocasta    Lascia stare... Sono ridicola. (Si asciuga gli occhi).

edipo        Colpa mia.

giocasta   Non è colpa tua... ecco... il nero m'è andato nell'occhio, adesso. (Edipo la vezzeggia). È finito.

edipo       Su, presto, un sorriso. (Leggero brontolio di tuono). Ascolta...

giocasta    Sono nervosa per via del temporale.

edipo        Il cielo è cosi stellato, cosi limpido.

giocasta   Sì, ma c'è temporale in giro. Quando la fontana mormora cosi come un silenzio, e la spalla mi duole, c'è il temporale e ci sono lampi di calore. (S'appoggia alla fine­strella).

Lampeggia.

edipo        Vieni, vieni presto...

giocasta    Edipo!... vieni un attimo.

edipo        Che c'è?

giocasta   La sentinella... guarda, affacciati: sulla panca, a destra, dorme. Non ti sembra bello, quel ragazzo, con la bocca aperta?

edipo       Gl'insegnerò io a dormire gettandogli dell'acqua in quella sua bocca aperta!

giocasta    Edipo!

edipo        Non si dorme quando si custodisce la propria regina.

giocasta   La Sfinge è morta e tu vivi. Che quello dorma in pace! Che tutta la città dorma in pace! Che dormano tutti!

edipo        È fortunata questa sentinella.

giocasta   Edipo! Edipo! vorrei ingelosirti, ma non è ques­to... quella giovane guardia...

edipo        Cos'ha di tanto speciale quella giovane guardia?

giocasta   Durante la notte famosa, la notte della Sfinge, mentre tu incontravi la fiera, io avevo fatto una scappata sulle mura con Tiresia. M'era stato riferito che un soldato aveva veduto  di Laio, e che Laio mi chiamava, voleva avvertirmi d'un pericolo che mi minaccia. Ebbene... il soldato era proprio questa sentinella che ci custodisce!

edipo       Che ci custodisce!... d'altronde... ma che dorma in pace, buona Giocasta! Ti saprò ben proteggere da solo. Naturalmente neppure l'ombra del di Laio.

giocasta   Neppure l'ombra, purtroppo... Poveretto! Gli palpavo le spalle, le gambe, dicevo a Zizi «tocca, tocca», ero sconvolta... perché ti rassomigliava. Ed è vero, che ti rassomiglia, Edipo.

edipo       Tu dici: questa guardia ti rassomigliava. Ma, Giocasta, se non mi conoscevi neppure; era impossibile che tu sapessi, che tu indovinassi...

giocasta   Già, è vero. Certo ho voluto dire che mio figlio avrebbe press'a poco la sua età. (Pausa). Si... mi confondo. Soltanto ora questa rassomiglianza mi salta agli occhi. (Vuole liberarsi da quel disagio) Sei buono, sei bello, ti amo. (Dopo un istante) Edipo!

edipo        Mia dea?

giocasta   A Creonte, a Zizi, a tutti, trovo giusto che tu rifiuti di raccontare la tua vittoria (gli cinge il collo con le braccia) ma a me... a me!

edipo       (liberandosi) Avevo la tua promessa... E senza quel ragazzo...

giocasta   La Giocasta di ieri è la tua Giocasta di ora? Non ho il diritto di condividere i tuoi ricordi senza che nessun altro lo sospetti.

edipo        Certamente.

giocasta   E ricordati, tu ripetevi: no, no, Giocasta, più tardi, più tardi quando saremo nella nostra camera d'amore. Eb­bene, non ci siamo forse nella nostra camera d'amore?

edipo       Testarda! maga! ottiene sempre quello che vuole. Suv­via non muoverti... comincio.

giocasta   Oh! Edipo! Edipo! Che gioia! Che gioia! Non mi muovo. (Si sdraia, chiude gli occhi e se ne sta immobile).

edipo       (mente, inventa, esita, accompagnato dal rumoreggiare del temporale) Ecco, mi stavo avvicinando a Tebe: segui­vo il sentiero da capre che costeggia la collina, a sud della cit­tà. Pensavo all'avvenire, a te, che immaginavo meno bella di quanto tu non sia in realtà, ma molto bella, molto dipinta e seduta su un trono al centro di un gruppo di dame d'onore. Ammettiamo che la uccida, pensavo, Edipo ardirebbe ac­cettare la ricompensa promessa? Oserebbe accostarsi alla regina?... E camminavo, e mi torturavo e ad un tratto mi fermai. Il cuore mi balzava in petto. Avevo udito come un canto; la voce che cantava non era di questo mondo. Era la Sfinge? La mia bisaccia conteneva un coltello. Lo infilai sotto la tunica e strisciai.

Hai presente, sulla collina, i ruderi di un tempietto con un basamento e il dorso d'una chimera? (Pausa). Giocasta... Giocasta... Dormi?

giocasta   (destatasi di soprassalto)    Eh? Edipo...

edipo        Dormivi.

giocasta        Ma no.

edipo       Ma sì! Ecco lì una bimba capricciosa che vuole sen­tirsi raccontare delle favole e si addormenta invece di ascoltarle.

giocasta   Ho sentito tutto; sbagli. Parlavi d'un sentiero da capre.

edipo        Era ormai distante il sentiero da capre.

giocasta    Amore, non t'arrabbiare. Ce l'hai con me?

edipo        Io?

giocasta   Sì! te la sei presa ed è giusto. Sciocca che sono! Ecco gli scherzi dell'età.

edipo       Non rattristarti. Ricomincerò il racconto, te lo giuro, ma tu ed io dobbiamo sdraiarci fianco a fianco e dormire un poco. Poi, saremo fuori da questa vischiosità e da questa lotta contro il sonno che sciupa tutto. Il primo che si desta sveglierà l'altro. Promesso?

giocasta   Promesso. Le povere regine sanno dormire, se­dute, un istante, fra due udienze. Però dammi la mano. Sono troppo vecchia; Tiresia aveva ragione.

edipo       Forse per Tebe dove le ragazzine sono nubili a tredici anni. E io allora? Sono un vecchio? La testa mi ciondola; è il mento che mi sveglia quando batte contro il petto.

giocasta   Per te, è diverso! è il nano sabbiolino come dicono i bambini. Ma io? Mi stavi cominciando finalmente la più bella storia del mondo e io sonnecchio come una nonna vi­cino al fuoco. E tu mi punirai non ricominciando più, tro­vando qualche scusa... Ho parlato?

edipo       Parlato? No, no. Ti credevo attenta. Cattiva! Hai dei segreti che temi di svelarmi durante il sonno?

giocasta   Temevo soltanto quelle frasi insensate che ci ca­pita di pronunziare da addormentati.

edipo       Riposavi, buona come un'immagine; a fra poco, mia piccola regina.

giocasta    A fra poco, mio re, amore mio.

La mano nella mano, l'uno accanto all'altra, chiudono gli occhi e cadono nel sonno schiacciante di coloro che lottano contro il sonno. Una pausa. La fontana chioccola. Tuono leggero. Ad un tratto l'illuminazione diventa una luce di sogno. È il sogno di Edipo. La pelle ferina si solleva; e in­cappella Anubi che si rizza e tende la cintura. Edipo si agita, si volta.

anubi        (con voce lenta e beffarda) Grazie alla mia infanzia tri­ste, ho fatto studi che mi offrono molti vantaggi sugli sca­pestrati di Tebe, e non credo che il mostro ingenuo si aspetti di trovarsi a faccia a faccia con l'alunno dei maggiori dotti di Corinto. Ma se mi avete fatto uno scherzo, vi tirerò i capelli. (Fino all'urlo) Vi tirerò i capelli, vi tirerò i capelli, vi tirerò i capelli, vi pizzicherò a sangue... vi pizzicherò a sangue...

giocasta   (sogna) No, non quella pasta, quella pasta immon­da...

edipo       (con voce sorda, lontana)  Conto fino a cinquanta: uno, due, tre, quattro, otto, sette, nove, dieci, dieci, undici, quattordici, cinque, due, quattro, sette, quindici, quindici, quindici, quindici, tre, quattro...

anubi        E l'Anubi si lancerebbe, aprirebbe le sue mascelle di lupo! (Sviene sotto la predella).

La pelle ferina riprende il suo aspetto normale.

edipo        Aiuto! Soccorso, soccorso! a me! Venite tutti! a me!

giocasta    Eh! Che c'è? Edipo! mio diletto! Dormivo come un masso! Svegliati! (Lo scuote).

edipo       (smaniando e parlando alla Sfinge)  Oh! signora... si­gnora, signora! Grazia, signora! No! No! no! No, signora!

giocasta   Piccolo mio, non angosciarmi. È un sogno. Sono io, io Giocasta, tua moglie Giocasta.

edipo        No, no. (Si sveglia). Dov'ero? Orrore! Giocasta, sei tu... quale incubo, quale orribile incubo.

giocasta    Su, su, è finita, sei nella nostra camera, nelle mie braccia...

edipo        Non hai veduto nulla? ma già, che scemo, era quella pelle... Uff! ho parlato? di cosa ho parlato?

giocasta    Eri tu stavolta! Gridavi: signora! No, no, signora! No, signora! Grazia, signora! Chi era quella donna cattiva?

edipo        Non mi ricordo. Che notte!

giocasta   E io? Le tue grida mi hanno liberata da un incubo spaventoso. Guarda! Sei fradicio, tutto sudato. Colpa mia. Ho lasciato che ti addormentassi con questi paludamenti pesanti, con queste collane d'oro, e fibbie e con i sandali che ti segano le caviglie... (Lo solleva, Edipo ricade). Su! che bamboccione! non si può lasciarti così bagnato. Non farti pesante, aiutami... (Lo solleva, gli toglie la tunica e lo strofina),

edipo       (ancora smarrito)    Sì, mammina cara...

giocasta   (lo imita) Sì, mammina cara... bambino! adesso, mi prende per sua madre.

edipo       (ora desto) Oh, perdono, Giocasta, amor mio, sono insensato. Vedi, sono mezzo addormentato, confondo tutto. Ero lontano le mille miglia, vicino a mia madre, che trova sempre che ho troppo freddo o troppo caldo. Non ti di­spiace mica?

giocasta   Quant'è sciocco! Lasciati fare e dormi. Continua a scusarsi, a chiedere perdono. Che ragazzo beneducato, veramente! Dev'essere stato coccolato da una mamma buo­nissima, troppo buona, e poi l'abbandona, ecco. Ma non ho da dolermene, e io l'amo con tutto il mio cuore d'aman­te la mamma che ti ha vezzeggiato, ti ha custodito, ti ha al­levato per me, per noi.

edipo        Sei buona.

giocasta   Figurati! I tuoi sandali; tira su la gamba sinistra (gli toglie il sandalo) e la destra. (Stesso gesto. D'un tratto lancia un grido terribile).

edipo        Ti sei fatta male?

giocasta   No... no... (Indietreggia, guarda i piedi di Edipo, come una demente).

edipo       Ah! le mie cicatrici... non le credevo cosi brutte. Mia povera cara, hai avuto paura?

giocasta   Quei fori... donde vengono?... testimoniano ferite gravissime...

edipo       Ferite di caccia, pare. Ero nei boschi, in braccio alla nutrice. Improvviso, un cinghiale sbuca da un folto e le si avventa. Quella ha perso la testa, mi molla. Sono caduto e un taglialegna ha ucciso la fiera mentre mi trapassava a colpi di zanne... È vero! Ma è pallida come una morta! Amore, amore! avrei dovuto avvertirti; ci sono talmente abituato, a questi buchi orrendi. Non ti sapevo più sensibile.

giocasta    Non è nulla...

edipo       La stanchezza, la sonnolenza ci mettono in questo stato di vago terrore... tu venivi fuori da un brutto sogno...

giocasta   No... Edipo, no. In realtà queste cicatrici mi ri­cordano qualcosa che tento sempre di dimenticare.

edipo        Non sono fortunato.

giocasta   Tu non potevi saperlo. Si tratta di una donna, del­la mia sorella di latte, la mia cucitrice. Alla mia stessa età, a diciott'anni, era incinta. Venerava suo marito nonostante la forte differenza d'età e voleva un figlio. Ma gli oracoli predissero al fanciullo un futuro talmente atroce, che dopo aver partorito un figlio, ella non ebbe più il coraggio di la­sciarlo in vita.

edipo        Cosa?

giocasta   Aspetta... Renditi conto della forza che deve avere una sciagurata per sopprimere la vita della sua vita... il figlio del suo ventre, il suo ideale sulla terra, l'amore dei suoi amori.

edipo        E che cosa fece quella... signora?

giocasta   Con la morte nel cuore, forò i piedi del neonato, li legò, lo portò di nascosto su di una montagna, abbando­nandolo alle lupe e agli orsi. (Si cela il volto).

edipo        E il marito?

giocasta   Tutti credettero che il bambino fosse morto di morte naturale e che la madre l'avesse sotterrato con le sue stesse mani.

edipo        E... questa donna... esiste?

giocasta    È morta.

edipo       Tanto meglio per lei, perché il mio primo esempio di sovranità regia sarebbe stato d'infliggerle pubblicamente i peggiori supplizi, e poi, di farla mettere a morte.

giocasta   Gli oracoli erano tassativi. E di fronte a quelli una donna si trova cosi sprovveduta, così debole.

edipo       Uccidere! (Si ricorda di Laio) Non è indegno uccidere quando siamo travolti dall'istinto della difesa, quando s'in­tromette la mala sorte; ma uccidere freddamente, vilmente, la carne della propria carne, spezzare la catena... barare al gioco!

giocasta   Edipo! parliamo d'altro... il tuo piccolo viso fu­rente mi fa troppo male.

edipo       Parliamo d'altro. Arrischierei di amarti meno se tu tentassi di difendere quella maledetta cagna.

giocasta   Sei un uomo, amor mio, un uomo libero e un ca­po! Cerca di metterti nei panni d'una ragazzetta, credula nei presagi, e per di più, gravida, sfiancata, nauseata, segre­gata in camera, spaventata dai preti...

edipo       Una cucitrice! è la sola giustificazione. L'avresti fatto tu?

giocasta   (con un gesto)    No, di certo.

edipo       E non credere che lottare contro gli oracoli esiga una fermezza da Ercole. Potrei vantarmi, darmi arie di uomo eccezionale; mentirei. Sappi che per sventare l'oracolo, dovetti volgere le spalle alla mia famiglia, ai miei atavismi, al mio paese. Ebbene, più mi allontanavo dalla mia città e m'accostavo alla tua, più mi pareva di tornare a casa mia.

giocasta   Edipo! Edipo! Quella piccola bocca che parla, che parla, quella lingua che si agita, quelle sopracciglia che si corrugano, quei grandi occhi che lampeggiano... Le so­pracciglia non possono spianarsi un poco, e gli occhi chiu­dersi pian piano, Edipo, e la bocca servire a carezze più dolci della parola.

edipo       Te lo ripeto, sono un orso, un brutto orso! Uno sgar­batone.

giocasta   Sei un fanciullo.

edipo        No, non lo sono.

giocasta    Eccolo che ricomincia! Suvvia, sii buono.

edipo       Hai ragione; sono impossibile. Calma questa bocca ciarliera con la tua bocca, questi occhi febbrili con le tue dita.

giocasta   Permetti: chiudo l'imposta dell'inferriata; non mi piace saperla aperta di notte.

edipo        Ci vado io.

giocasta   Rimani sdraiato... mi darò anche una guardatina allo specchio. Volete abbracciare una strega? Dopo tante emozioni sanno gli dei come devo essere conciata. Non in­timidirmi; non mi guardare. Voltatevi, Edipo.

edipo       Mi volto. (Si sdraia sul letto di traverso, appoggiando la testa sul bordo della culla) Ecco, così, chiudo gli occhi; non esisto più.

giocasta   (si dirige alla finestra. A Edipo) Il soldatino dorme sempre, mezzo nudo... e non fa caldo... poverino! (Si dirige allo specchio; d'improvviso si ferma, l'orecchio teso alla piaz­za).

Un ubriaco parla forte inframmezzando le sue elucubra­zioni di lunghe pause.

voce dell'ubriaco La politica... la po-li-ti-ca! se non è una iella. Parlatemi di politica... Oh! guarda, un morto... Ah no, scusate: è un soldato che dorme... sull'attenti; attenti... per l'esercito addormentato. (Silenzio. Giocasta, in punta di pie­di, cerca di guardare fuori). La politica... (Lunga pausa). È una vergogna... una vergogna...

giocasta    Edipo, amor mio.

edipo       (addormentato)    Eh!

giocasta   Edipo, Edipo! c'è un ubriaco e la sentinella non lo sente. Odio gli ubriachi; vorrei che lo cacciassero via, far svegliare il soldato. Edipo, Edipo! Te ne supplico! (Lo scuote).

edipo       Io dipano, srotolo, calcolo, medito, intreccio, vaglio, sferruzzo, intesso, incrocio...

giocasta   Cosa brontola? Come dorme! Potrei morire e lui non se n'accorgerebbe neppure.

l'ubriaco   La politica! (Canta; fin dalle prime parole, Giocasta lascia andare Edipo, gli rimette adagio la testa sull'orlo della culla e avanza in mezzo alla stanza. Sta in ascolto).

Che pretendete, signora,

Che pretendete, signora,

Vostro marito è un giovincello

è un giovincello per voi... Uh!...

Eccetera...

giocasta    Oh! che mostri!

l'ubriaco

Che pretendete, signora

con questo sposalizio?

(Durante quel che segue, Giocasta, sconvolta, si dirige in punta di piedi alla finestra. Poi risale verso il letto, e curva su Edipo, ne osserva i tratti, pur guardando di tanto in tanto verso la finestra dove la voce dell'ubriaco s'alterna con il brusio della fontana  e con i galli; essa culla il sonno di Edipo dondolando piano la culla). Se fossi io la politica... direi alla regina: Signora:... un pivello non vi si confà... prendete un marito serio, sobrio, solido... un marito come me...

la voce della sentinella (si sente che si è appena svegliata; e via via si rifà baldanzosa)    Circolate!

voce dell'ubriaco    Saluto all'esercito che si è svegliato!

la sentinella Circolate! e in fretta!

l'ubriaco  Potreste essere educato...

Fin dall'entrata in scena della voce della sentinella, Giocasta ha abbandonato la culla, dopo avere isolato il capo di Edipo con i veli.

la sentinella    Volete che vi ficchi dentro?

l'ubriaco  Sempre la politica. Se non è peccato! Che pretendete, signora...

la sentinella    Via, via di qui! Sgombrate.

l'ubriaco   Sgombro, sgombro, ma un po' d'educazione.

(Durante queste battute Giocasta s'accosta alla psiche, ma il chiaro di luna e l'alba proiettano una luce in senso contrario e perciò ella non può vedersi. Allora afferra la psiche per i supporti e la scosta dal muro. Lo specchio vero e proprio ri­marrà fisso allo scenario e Giocasta trascina soltanto la cor­nice; intanto in cerca della luce, lancia occhiate in direzione di Edipo addormentato. Trasporta cautamente il mobile fino al proscenio dov'è la buca del suggeritore, in modo che il pubblico diventa lo specchio e Giocasta si contempla, visibile a tutti. L'ubriaco, lontanissimo)

Vostro marito è un giovincello

È un giovincello per voi... Uh...

Devono sentirsi i passi della sentinella; gli squilli della sve­glia, i galli, come un ronfo prodotto dal giovanile e ritmato respiro di Edipo. Giocasta, il volto contro lo specchio vuoto con le palme delle mani si stira le guance.

Sipario.


ATTO QUARTO

Edipo re (diciassette anni dopo)

la voce

Diciassette anni sono passati in fretta. La grande peste di Tebe sembra la prima sconfitta a quella famosa fortuna di Edipo, perché gli dei, onde funzionasse la loro macchina infernale, vollero che tutte le sventure apparissero nella ve­ste di fortuna benigna; dopo la falsa felicità, il re conoscerà l'infelicità vera, la vera consacrazione, che di questo re da tarocchi fra le mani delle divinità crudeli, fa finalmente un uomo.

La predella, sgombra dalla camera i cui drappeggi rossi si librano verso le volte, sembra circondata da muri che vanno innalzandosi. Finisce col rappresentare il fondo di un cor­tile. Una loggetta aerea mette in corrispondenza la camera di Giocasta con questo cortile; vi si accede da una porta aperta in basso, nel mezzo. Chiarore da pestilenza. All'alzarsi del sipario, Edipo con una barbetta, invecchiato, si tiene ritto accanto alla porta. Tiresia e Creonte a destra e a sinistra del cortile. In secondo piano, a destra, un giovane con il ginocchio a terra: il messaggero di Corinto.

edipo        In che cosa sono ancora scandaloso, Tiresia?

tiresia      Come al solito esagerate i termini. Secondo me, e lo ripeto, conviene forse apprendere la morte d'un padre con minor letizia.

edipo       Davvero? (Al messaggero) Non temere, ragazzo. Rac­conta. Di che cosa è morto Polibo? Merope è molto, molto addolorata?

il messaggero Signore Edipo, il re Polibo è morto di vec­chiezza e... la regina sua moglie è quasi incosciente. L'età le impedisce perfino di rendersi veramente conto della sua disgrazia.

edipo       (facendosi portavoce con la mano)    Giocasta! Giocasta!

Appare Giocasta sulla loggetta; scosta la tenda. Ha la sciarpa rossa.

giocasta    Che c'è?

edipo        Sei pallida; non ti senti bene?

giocasta    La peste, il caldo, le visite agli ospedali, tutto ciò mi esaurisce, devo dirlo. Mi riposavo sul letto.

edipo       Questo messaggero ci reca una grande notizia che meritava che ti disturbassi.

giocasta   (meravigliata)    Una buona notiza?...

edipo       Tiresia mi biasima di trovarla buona: mio padre è morto.

giocasta        Edipo!

edipo       L'oracolo mi aveva predetto che sarei stato il suo as­sassino e sposo di mia madre. Povera Merope! è ormai così vecchia e mio padre Polibo muore della sua giusta morte.

giocasta   La morte di un padre non è mai cosa lieta ch'io mi sappia.

edipo       Aborro la finzione e le lacrime convenzionali. Per es­sere sincero, lasciai padre e madre troppo giovane e il mio cuore si è staccato da loro.

il messaggero    Signore Edipo, se osassi...

edipo        Si deve osare, ragazzo mio.

il messaggero La vostra indifferenza, non è indifferenza: posso spiegarvela.

edipo        Ecco una novità.

il messaggero Avrei dovuto cominciare dalla fine; sul letto di morte, il re di Corinto m'incaricò di informarvi che voi eravate soltanto il suo figliolo adottivo.

edipo        Cosa?

il messaggero Mio padre, un pastore di Polibo, vi trovò molti anni or sono, su una collina, esposto alle belve. Era povero; portò il trovatello alla regina che si disperava di non avere figli. Perciò ebbi l'onore di questa straordinaria missione alla corte di Tebe.

tiresia      Questo giovane dev'essere sfinito dalla corsa, e ha traversato la nostra città piena d'infetti miasmi; meglio sa­rebbe che si ristorasse, si riposasse; dopo di che potreste interrogarlo.

edipo       Volete che il supplizio duri, Tiresia; credete che il mio universo crolli. Mi conoscete male; non rallegratevi troppo presto. Forse sono lieto, io, d'essere un figlio del caso.

tiresia      Vi mettevo in guardia contro la vostra infausta abi­tudine d'interrogare, di sapere, di capire tutto.

edipo       Perdinci! che sia figlio delle muse o di un vagabon­do, interrogherò senza paura; saprò le cose.

giocasta   Edipo, amor mio, lui ha ragione. Tu ti esalti... ti esalti... credi tutto quel che ti raccontano e poi...

edipo        Ma, è proprio il colmo! Accolgo senza fiatare i più duri colpi e tutti congiurano perché io non vada oltre e non cerchi di conoscere le mie origini.

giocasta   Nessuno congiura... mio caro... ma ti conosco...

edipo        T'inganni, Giocasta. Non mi si conosce più, né tu, né io, né nessuno... (Al messaggero) Non tremare, ragazzo. Parla! parla ancora.

il messaggero  Non so altro, signore Edipo, tranne che mio padre vi slegò mezzo morto, appeso per i piedi piagati a un breve ramo.

edipo        Eccole dunque queste belle cicatrici.

giocasta   Edipo, Edipo... vieni su... si direbbe che tu ti compiaccia a frugare nelle tue piaghe con un coltello.

edipo        Eccole le mie fasce... La mia storia di caccia... falsa come tante altre. Ebbene, perché no; può darsi ch'io sia nato da un dio silvestre e da una driade e allattato dalle lupe. Non rallegratevi presto, Tiresia.

tiresia      Siete ingiusto...

edipo        D'altronde, non uccisi Polibo, ma... ora ci penso... uccisi un uomo.

giocasta   Tu?

edipo       Io! Oh! rassicuratevi, fu accidentale, semplice disgra­zia. Sì, uccisi, o indovino, ma il parricidio, bisogna rinun­ciarvi d'ufficio. Durante una rissa con alcuni servi, uccisi un vecchio viaggiatore, al crocicchio di Daulia e di Delfi.

giocasta   Al crocicchio di Daulia e di Delfi... (Sparisce, co­me ci si annega).

edipo       Ecco di che costruire una catastrofe coi fiocchi. Quel viaggiatore doveva essere mio padre. «Cielo, mio padre!» Ma l'incesto sarà meno comodo, signori. Che ne pensi, Giocasta?... (Si volta e vede che questa non c'è più) Perfetto! Diciassette anni di felicità, di regno senza macchia, due figli, due figlie, e basta che quella nobildonna venga a sapere ch'io sono l'ignoto (che sulle prime essa amò) per volgermi le spalle. Ma che faccia il broncio, che lo faccia! Rimarrò dunque solo con il mio destino.

creonte    Tua moglie è malata, Edipo. La peste ci abbatte tutti quanti. Gli dei puniscono la città e vogliono una vittima. Un mostro si cela fra noi; essi esigono che lo si scopra e che venga scacciato. Ogni giorno la polizia fa cilecca e i cadaveri ingombrano le vie. Ti rendi conto degli sforzi che esigi da Giocasta? Ti rendi conto che tu sei un uomo e che lei è una donna, una donna d'età, una madre preoccupata del contagio? Prima di rimproverare a Giocasta un gesto di malumore, potresti trovarle delle attenuanti.

edipo       Capisco dove vuoi arrivare, cognato. La vittima ideale, il mostro che si nasconde... Di coincidenza in coincidenza... sarebbe un bel lavorino, con l'aiuto dei preti e della polizia, riuscire a imbrogliare il popolo tebano fino a lasciargli cre­dere che si tratta di me.

creonte    Siete insensato!

edipo       Vi credo capace del peggio, amico mio. Ma Giocasta è diversa... Il suo atteggiamento mi stupisce. (Chiama) Giocasta! Giocasta! Dove sei?

tiresia      Pareva che i nervi non le reggessero più; si riposa... lasciatela tranquilla.

edipo        Voglio... (S'accosta al giovane) Al fatto... al fatto...

il messaggero    Monsignore!

edipo       I piedi forati... legati... sulla montagna... Come mai non ho intuito subito!... E io che mi chiedevo perché Giocasta... È duro rinunziare agli enigmi... Signori, non ero il figlio di una driade. Vi presento il figlio d'una cucitrice, un figlio del popolo, un prodotto di casa vostra.

creonte    Cos'è questa favola?

edipo       Povera, povera Giocasta! Senza saperlo le dissi una volta quel che pensavo di mia madre... ora capisco tutto. Dev'essere atterrita, disperata. Bene... aspettatemi. Devo interrogarla ad ogni costo; che nulla resti oscuro, che questa triste farsa finisca. (Esce dalla porta di centro).

Immediatamente Creonte si affretta verso il messo, lo tra­scina via e lo fa sparire da sinistra.

creonte    È pazzo! Che razza di storia è mai questa?

tiresia      Non muoverti. Una bufera giunge dal fondo dei se­coli. La folgore prende di mira quest'uomo e vi prego, Creonte, di lasciare che la folgore segua i propri capricci, di aspettare immobile, di non intromettervi in nulla.

Si scorge d'improvviso Edipo sulla loggetta, sradicato, stra­volto, appoggiato con una mano al muro.

edipo        Me l'avete uccisa...

creonte    Uccisa?

edipo        Me l'avete uccisa... È là... Impiccata... appesa alla sua sciarpa... È morta... signori, è morta... è finita... finita.

creonte    Morta! Salgo...

tiresia      Restate... Ve lo comanda il sacerdote. È inumano, lo so. Ma il cerchio si chiude; dobbiamo tacere; rimanete lì.

creonte    Non impedirete a un fratello...

tiresia      Lo impedirò! Lasciate in pace la leggenda. Non in­tromettetevi.

edipo       (sulla porta) Me l'avete uccisa... lei era romantica... debole... malata... Mi avete spinto a dire ch'io ero un assas­sino... Chi ho assassinato, signori, ve lo domando?... per errore, per semplice sbadataggine... un vecchio sulla stra­da... uno sconosciuto.

tiresia      Edipo: aveva assassinato per errore il marito di Giocasta, il re Laio.

edipo       Miserabili!... gli occhi mi si aprono! Il vostro com­plotto continua... era peggiore di quanto immaginassi... avete insinuato alla mia povera Giocasta ch'io ero l'assassino di Laio... che avevo ucciso il re per renderla libera, per di­ventare suo sposo.

tiresia      Avete assassinato il marito di Giocasta, Edipo, il re Laio. Lo sapevo da lunga pezza e voi mentite: né a voi, né a lei, né a Creonte, né ad anima viva io lo dissi mai. Ecco in che modo ricambiate il mio silenzio.

edipo        Laio!... allora ecco... il figlio di Laio e della cucitrice! Il figlio della sorella di latte di Giocasta e di Laio.

tiresia      (a Creonte)    Se volete agire, spicciatevi; non tardate. La durezza stessa ha i suoi limiti.

creonte    Edipo, mia sorella è morta per colpa vostra. Io ta­cevo soltanto per risparmiare Giocasta. Mi sembra inutile prolungare oltre misura le false tenebre, l'epilogo di un abietto dramma di cui io ho finito con lo scoprire l'in­trigo.

edipo        L'intrigo?...

creonte    I segreti più reconditi finiscono per rivelarsi a colui che li indaga. L'uomo integro che giura il silenzio, parla a sua moglie, la quale parla all'amica intima, e così via. (Di sbieco) Entra, pastore.

Si presenta un vecchio pastore tremante.

edipo        Chi è costui?

creonte    L'uomo che ti portò ferito e legato sulla montagna secondo gli ordini di tua madre. Ch'egli ora confessi.

il pastore Parlare equivaleva per me alla morte. Principi, perché non sono io morto per non vivere questo momento?

edipo        Di chi sono figlio, brav'uomo? Colpisci, colpisci in fretta.

il pastore Ahimè!

edipo        Sono vicino a qualcosa impossibile a udirsi.

il pastore E io... a una cosa impossibile a dirsi.

creonte    Bisogna dirla; lo voglio.

il pastore Sei il figlio di Giocasta, tua moglie, e di Laio da te ucciso al crocicchio di tre strade. Incesto e parricidio; che gli dei ti perdonino.

edipo        Ho ucciso chi non doveva essere ucciso: ho sposato colei che non doveva essere sposata; ho perpetuato ciò che non doveva essere perpetuato. Luce è fatta... (Esce).

creonte    (allontana il pastore)    Di quale cucitrice, di quale sorella di latte parlava?

tiresia      Le donne non possono stare zitte; Giocasta avrà messo il suo misfatto in conto di qualcuna delle sue serve per tastare il terreno. (Gli stringe il braccio e sta in ascolto a testa china). Sinistri rumori.

La piccola Antigone, con i capelli sciolti, appare alla log­getta.

antigone   Zio! Tiresia! Salite; presto, presto! È orribile! Ho sentito gridare nella camera; mammina non muove più, è caduta lunga tirata, e babbo si rotola su di lei e si dà dei colpi negli occhi con lo spillone d'oro della mamma. C'è del sangue dappertutto. Ho paura! Ho troppa paura! sali­te... salite in fretta... (Rientra).

creonte        Stavolta, nessuno m'impedirà...

tiresia      Sì, ve l'impedirò. Ve lo sto dicendo, Creonte; sta per ultimarsi un capolavoro di mostruosità; non una parola, non un gesto. Sarebbe sconveniente stendervi foss'anche un'ombra di noi.

creonte    È pura follia!

tiresia      È la vera saggezza... dovete ammettere...

creonte    Impossibile... d'altronde il potere ricade nelle mie mani. (Si divincola e sta per muoversi, ma in quel momento la porta di apre).

Appare Edipo cieco con Antigone aggrappata alla sua veste.

tiresia      Alt!

creonte    Io impazzisco. Perché, perché ha fatto questo? Me­glio valeva la morte.

tiresia      Il suo orgoglio non lo inganna. Volle essere il più fe­lice degli uomini, adesso vuole essere il più infelice.

edipo       Ch'io sia cacciato, massacrato, lapidato, che sia ab­battuta la bestia immonda.

antigone   Padre!

edipo       Lasciami... non toccare le mie mani, non avvicinarti a me.

tiresia      Antigone! Il mio bastone di augure. Offriglielo da parte mia: gli porterà fortuna.

antigone   (bacia la mano di Tiresia e porta il bastone a Edi­po)  Tiresia ti offre il suo bastone.

edipo       Egli è lì?... accetto, Tiresia... accetto... Ricordate; diciott'anni or sono, vidi nei vostri occhi che sarei diventato cieco e non seppi comprendere. Ci vedo chiaro, Tiresia, ma soffro... ho male... La giornata sarà dura.

creonte    Non si può lasciargli traversare la città, sarebbe uno scandalo spaventevole.

tiresia      (piano) Una città appestata? E poi, ecco, vedevano il re che Edipo voleva essere; non vedranno quello che egli è.

creonte    Volete dire che diverrà invisibile perché è cieco.

tiresia      Press'a poco.

creonte    Ebbene, ne ho abbastanza dei vostri indovinelli e dei vostri simboli. Ho la testa sul collo, io, e i piedi per terra. Vado a dare gli ordini.

tiresia      La vostra polizia funziona bene, Creonte; ma dove quest'uomo si trova non avrebbe il minimo potere.

creonte      Io...

Tiresia l'afferra per il braccio e gli tappa la bocca con la ma­no... Perché Giocasta appare sulla porta. Giocasta morta, bianca, bella, gli occhi chiusi; la lunga sciarpa avvolta in­torno al collo.

edipo        Giocasta! Tu! Tu viva!

giocasta   No, Edipo; sono morta; tu mi vedi perché sei cieco, gli altri non possono più vedermi.

edipo        Tiresia è cieco...

giocasta   Forse lui mi vede un poco... ma mi vuol bene, non dirà niente.

edipo        Donna! non toccarmi...

giocasta   Tua moglie è morta impiccata, Edipo. Sono tua madre. È tua madre che viene in tuo aiuto... Come faresti soltanto per scendere questa scala, povero piccolo?

edipo        Mia madre!

giocasta   Sì, figlio mio, piccolo mio... le cose che qui sem­brano abominevoli agli umani, se tu sapessi, dal luogo dove io abito, se sapessi come sono insignificanti.

edipo        Sono ancora sulla terra.

giocasta        Appena appena...

creonte    Parla con i fantasmi, delira, ha la febbre, non per­metterò alla bambina...

tiresia      Sono ben custoditi.

creonte    Antigone! Antigone! ti chiamo...

antigone   Non voglio restare con lo zio! Non voglio, non voglio rimanere a casa. Babbo, babbino, non abbandonar­mi! Io ti condurrò, ti guiderò...

creonte    Natura ingrata.

edipo       Impossibile, Antigone. Devi essere buona... non pos­so portarti con me...

antigone   Sì, sì.

edipo        Abbandoneresti Ismene?

antigone   Lei deve restare con Eteocle e Polinice. Portami con te, te ne supplico! te ne supplico! Non lasciarmi sola! Non lasciarmi dallo zio! Non lasciarmi a casa.

giocasta   La bimba è così orgogliosa. Lei s'immagina di es­sere la tua guida; bisogna lasciarglielo credere. Portala con te. M'incarico io di tutto.

edipo        Oh!... (Si porta la mano al capo).

giocasta        Hai male?

edipo        Sì, alla testa, alla nuca e alle braccia... è tremendo.

giocasta    Ti medicherò alla fontana.

edipo       (con abbandono)    Madre...

giocasta   Pensa! quell'antipatica sciarpa e quell'odiosa spil­la! Quante volte l'avevo predetto!

creonte    È im-pos-si-bi-le: non permetterò a un folle di an­darsene libero con Antigone. Ho il dovere...

tiresia      Il dovere! Essi non ti appartengono più : non dipen­dono più dal tuo potere.

creonte    E a chi mai apparterrebbero?

tiresia      Al popolo, ai poeti, ai cuori puri.

giocasta   In cammino! Afferra ben stretta la mia veste... non aver paura...

Si avviano.

antigone    Vieni, papalino... andiamo presto...

edipo        Dove cominciano i gradini?

giocasta e antigone    C'è ancora tutta la piattaforma...

(Scompaiono... Si odono parlare all'unisono)

Attento... conta i gradini... uno, due, tre, quattro, cinque...

creonte    E ammettendo che escano dalla città, chi penserà a loro, chi li ospiterà?...

tiresia      La gloria.

creonte    Dite piuttosto il disonore, l'infamia...

tiresia      Chi sa?

Sipario.

Saint-Mandrier, 1952.


1   I quattro scenari saranno fissati su una piccola predella al centro della scena, cir­condata da tele notturne. La predella cambierà di inclinazione secondo l'esigenza delle prospettive. Oltre alle luci particolari, i quattro atti sono immersi nella luce livida e favo­losa del mercurio.