La maestrina

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La Maestrinadi Dario Niccodemi

ATTO PRIMO

     Una stanzetta umile e bianca come una cella, una piena di luce, ridente di sole, intima, cordialissima. Molti fiori di campo o freschi e vivaci sparsi dappertutto da una mano delicata. Nel mezzo della parete di fondo, una finestra assai larga, le cui tendine sono raccolte e strette in mezzo da nastri celesti. Porta a destra e a sinistra. Tra la porta e la finestra di destra, in fondo, un povero lettuccio di ferro, ma lindo, azzimato di nastri e pizzi. Presso al letto un mobilino sul quale ci sono dei libri e dei fiori. Al muro, sopra il letto, una Madonnina inghirlandata di fiori freschi. Il letto è circondato da un paravento che lo nasconde e lo isola dal resto della stanza. Tra la finestra e la porta di sinistra, sempre in fondo, una minuscola biblioteca piena di libri, ordinatissima.

Nell’angolo estremo di sinistra un attaccapanni. Sempre a sinistra, in primo piano, una scrivania e una poltroncina. In mezzo alla stanza un tavolino rotondo e un’altra sedia. Tutti i mobili sono di abete dei più semplici e moderni.

     La scena è vuota. Si ode, assai lontano, un violino sul quale si suona, male, l’aria della Musica Proibita. Dopo un momento la porta di sinistra si apre ed entra Maria.           

MARIA - ( rassomiglia molto alla sua camera. E’ modesta ed elegante, semplice e ridente, chiara e fresca . Seguendo sommessamente il suono del violino, va da una parte all’altra della stanza e prende sui mobili e nei cassetti, quanto le occorre per apparecchiare la tavola. Ne cura ogni particolare con vero compiacimento. Di tanto in tanto si ferma e guarda, da lontano, l’effetto della tavola imbandita. Sorride contenta, come una bambina che prepara un pranzo di bambole. E canta sempre, piano piano, la vecchia canzone)

                                      Vorrei baciare i tuoi capelli neri,

                                       le labbra tue e gli occhi tuoi severi;

                                       vorrei morir………

( il violinista fa una stecca, franca e decisa, che Maria sottolinea come se ne avesse l’abitudine) Tac! (dopo la stessa il suono riprende, ma più stanco e più languido)

                                       Le labbra tue e gli occhi tuoi severi;

                                      vorrei morir…..vorrei mor…

( il suono muore) Buona Notte! (nel momento in cui Maria si dispone a far colazione, si bussa alla porta di destra) Che novità è mai questa? Chi può ricordarsi di me a quest’ora? Mah! Visita che ti desta o doglia o festa….. Eh! Già!…. per forza! Se non è bianco e nero…Bel proverbio davvero… A quanto sembra non era nessuno….. Meglio così… (va alla porta di sinistra, ammira ancora la sua mensa fiorita e allegra e annuncia con rituale solennità) La signora è servita… (siede per far colazione. Si bussa di nuovo) Pazienza!…Avanti…

( Entra la signorina Gina. Quarant’anni, ma sciupata e avvizzita per sessanta. Vestito nero, cappellino modestamente ridicolo. Mezzi guanti. Lunaggine scura sul labbro superiore. Occhiali. Tipo classico di maestra comunale di campagna).

GINA – Buongiorno a lei, signorina Maria.

MARIA – Lei, signorina Gina?

GINA – Le porto una buona notizia.

MARIA – Allora si accomodi.

GINA – Una notizia strabiliante, miracolosa….

MARIA – Allora si accomodi nella poltrona. (Gina siede) Sentiamo.

GINA – Ma badi di non cadere dallo stupore.

MARIA – Aspetti mi metto a sedere anch’io.

GINA – Vacanza!

MARIA – Come?

GINA – Va-can-za! La scuola è chiusa.

MARIA –Per qualche giubilo nazionale?

GINA – No. Per l’acquazzone di ieri sera. La scuola è allagata e, per due o tre giorni, sarà impossibile metterci i piedi…. Eh? Che ne dice?

MARIA – E lei?

GINA – Io?… io dico: speriamo che il guaio sia più grande di quanto credono e che la vacanza duri di più. Dico che di questi acquazzoni ce ne vorrebbero un centinaio all’anno.

MARIA – Esagera, signorina.

GINA – Che non è contenta?

MARIA – Punto; saranno giornate di noia per me.

GINA – E io sono raggiante, invece! Sono piena di sole come la sua stanza, come la campagna, come il mondo! Piena di sole e di poesia! Che non si vede?

MARIA –E come!

GINA – Ma guardi, guardi che giornata divina!

MARIA – La primavera ha dato l’appuntamento all’estate.

GINA – E non bisogna mancare alla festa!…Dunque allegra, signorina Maria, allegra! Nella nostra povera vita di talpe, una giornata di libertà è una vera benedizione! Ne approfitti. Esca all’aria, alla luce, al sole!

MARIA – Che esuberanza, che entusiasmo, signorina Gina!

GINA – Vent’anni…mi par di compiere vent’anni, oggi, e benchè dovrei esserci abituata perché non è la prima volta che mi accade, mi sento tutta….tutta primaverile! E ora me ne vado. Vado prima in chiesa ad accendere un cero alla Madonna per ringraziarla dell’acquazzone e poi: via, a correre sui prati, per campi, allegra come una farfalla in cerca di un fiore nuovo. Arrivederla, signorina Maria. Levo l’incomodo.

MARIA -  Non incomoda affatto!

GINA – Si; vedo, vedo….

MARIA – Che cosa vede?

GINA – Ma brava la nostra signorina Maria! Ma brava davvero! Lei, zitta, zitta, sola, sola, si tuffa nei bagordi…..E, dica, dica, io sono più curiosa di un prete vecchio che confessa una donna giovane, dica: chi aspetta?

MARIA – Chi vuole che aspetti.

GINA – E quella bella tavola fiorita e scintillante?

MARIA – E’ per me.

GINA – Davvero? Per lei…sola? E tutti i giorni così?

MARIA – Sempre!…. Le domeniche poi – ma non lo dica a nessuno – le domeniche faccio tostare il pane. Crepi l’avarizia!

GINA – Ma sa che è un vero amore la sua stanza? E la casa, se non sbaglio, appartiene al conte Filippo.

MARIA – Già! Al conte Filippo! Pippo il bello!…Signore e Sindaco…Gli appartiene tutto il paese.

GINA – Che uomo! E’ in tutto: negli affari, nella religione, nella politica, nella vita pubblica…

MARIA – E’ in quella privata!

GINA – Cosimo De Medici…. Il padre della patria

MARIA – E quello di parecchi bambini del paese…

GINA – E’ proprio il padrone! Ma, però, bisogna esser giusti: è un prepotente simpatico! E’ proprio nato con la camicia.

MARIA – E si dice che fosse di seta!.

GINA – Buon per lui!….Va tutti gli anni a Parigi!

MARIA – Si vede dalle cravatte.

GINA – Ha l’automobile….

MARIA – Si vede dai berretti…

GINA – Pazienza! Così è fatto il mondo; ci saranno sempre dei ricchi e dei poveri….

MARIA – Ecco un pensiero veramente nuovo….

GINA – Ha ragione di burlarsi di me….Sono una vecchia cicala! Arrivederla. Ah! Un consiglio: faccia atto di presenza a scuola per non inasprire quel rospo verde che ci hanno dato per direttrice.

MARIA – Mangio un boccone e vado. Ma se non ha niente da fare, mi tenga compagnia. Sono come sperduta pensando che non ho niente da fare. Si accomodi. Usciremo insieme, dopo, vuole?

GINA – (accomodandosi) S’ immagini!…per me, chiacchierare è il colmo della felicità…Diremo male di tutto il paese…

MARIA – Bisognerebbe chiacchierare un giorno intero.

GINA – Ne diremo bene.

MARIA – allora bastano cinque minuti…(comincia la sua frugale colazione di pane, burro e zucchero)

GINA – Davvero,  sa, signorina Maria, lei ha torto di stare sempre sola…Nei piccoli paesi è una necessità, quasi un dovere, sapere i fatti degli altri; e dei suoi nessuno ne sa niente.

MARIA – Sono tanto piccini!

GINA – Ed ecco perché tutti si divertono a ingrandirli.

MARIA –Facciano pure! (chiama alla sua destra) Giulia!

GINA – capisco…capisco…ma se  lo lasci dire per il suo bene: lei urta un po’ tutti con la sua solitudine, col suo silenzio, con la sua eleganza.

MARIA – La mia eleganza? Una gonnella nera.

GINA – Troppo corta.

MARIA – Una camicetta bianca…

GINA – Troppo scollata.

MARIA – Oh! Sa…glielo dico in confidenza; tutt’al più potrei far vedere il posto dove dovrebbe esserci qualche cosa…..(chiama di nuovo, più impaziente) Giulia! (si alza, va alla scrivania, prende il cestino del pane, torna al suo posto) Ho una fame….proprio da maestra di scuola. Mi sono alzata presto per andare alla messa delle sei.

GINA – Altro errore! Perché andare a quella messa alla quale non va nessuno?

MARIA – Proprio perché non ci va nessuno.

GINA – Già!… E così non la si vede alle altre e nessuno crede che lei sia stata in chiesa…

MARIA – Ma poiché ci sono stata….

GINA – Ma poiché nessuno lo sa, non conta.

MARIA – C’è qualcuno che lo sa e che conta più degli altri.

GINA – (curiosa) Chi?

MARIA – Dio!… Vuole un bicchiere di latte fresco?

GINA  - Grazie…Ma, mi levi una curiosità: chi è Giulia?

MARIA – La mia cameriera.

GINA – (sbalorditissima) Lei ha una cameriera?

MARIA – Proprio così.

GINA – Ma è sorda, a quanto pare.

MARIA – No, poverina.

GINA – E allora perché non risponde?

MARIA – Perché non c’è.

GINA – E’ uscita?

MARIA .- No, non c’è. Non esiste.

GINA – Ma che cosa dice?

MARIA – Niente di straordinario. Siccome sono sempre sola, l’idea di avere una cameriera mi tiene compagnia; ci vivo, ci chiacchiero, ci discuto…

GINA – Questa poi!…

MARIA – E la sera sapendo che c’è Giulia, ho meno paura….Vede, pochi giorni fa, sono entrata in casa a notte fatta, assai tardi…..Apro l’uscio, entro e cerco su questo mobile la scatola di cerini che mille volte, ho raccomandato a Giulia di farmici trovare….Nel buio pesto, inciampando di qua e di la, cerco, e ricerco….Niente…I cerini non c’erano…ebbene: se non avessi potuto sfogare la mia paura, mi sarebbe, certamente, venuto male. Invece, parlando, brontolando contro l’incuria dei domestici, a tastoni sono arrivata al letto; mi sono spogliata e mi sono coricata senza, però, smettere di borbottare. E così, come se mi fossi cantata una ninna nanna, mi sono addormentata.

GINA – Domani prendo cameriera anch’io….(ridono. Ma il languido violino che suona, di nuovo, la Musica Proibita, le interrompe) Anche la musica?

MARIA – E’ Pallone.

GINA – Il nostro bidello? Ah, si è vero…sta qui anche lui…

MARIA – Qui sopra.

GINA – E suona spesso?

MARIA – Si, ma non dura. Senta. (segue la musica col canto)

                                Le labbra tue e gli occhi tuoi severi;

                                vorrei morir…

Qui c’è una stecca…Tac!….Eccola!…Non manca mai…Ora si ferma un momento e ricomincia. (il suono tace)

                               Le labbra tue e gli occhi tuoi severi;

                               vorrei morir….vorrei morir….mor….

E muore!...Sempre così….Non ho mai capito perché.

GINA – Forse non sa che abbiamo vacanza.

MARIA – Ora glielo telefono. (rispondendo ad un gesto di meraviglia che fa Gina). Precisamente! Anche un telefono. (va alla parete sinistra lungo la quale scende un grosso tubo piegato in su all’estremità). Questo vecchio tubo che dev’esser stato di un’incanalatura di gas, ci serve per comunicare. (parla nel tubo) Ooo!…Pallone!…

Pronto! Pallone! Pronto!….Pallooone! Non c’è nessuno? Ah! Eccolo!… E’ lei?…Grazie…Buon giorno!….Come? Come? Ma non soffi così forte che m’impolvera tutta! Come? (a Gina) Non si capisce niente….è un vero telefono! (nel tubo) Come? Ah! Lo sapeva? Si…si…venga pure…(a Gina) Dice che viene a portarmi le ultime notizie della catastrofe….

GINA – Chi sa in quali disperazioni è la direttrice! S’immagini stare due o tre giorni senza poter strapazzare, né offendere, né umiliare nessuno…. Ne farà una malattia…grave speriamo!

MARIA – Non la credo tanto cattiva…

GINA – Se ne accorgerà! Per conto mio, preferirei essere morsicata da un cane arrabbiato che essere baciata da lei…, Ne vuol sapere una? L’ultima) Me l’ha raccontata la signora Bardi, la moglie del farmacista. Dunque, pochi giorni in farmacia….(si bussa).

MARIA – Avanti. (Entra Pallone. Un vecchietto roseo, tondo e lento. E’ vestito di un lungo palamidone; ha in testa una vecchia camicia nera e, sotto il braccio, un violino)

PALLONE – (Timidissimo) Signorina Maria….pace e gioia!

MARIA – Grazie, ma avanti…non rimanga li a far da cariatide…la porta è sicura. Avanti.

GINA – Coraggio, Pallone.

PALLONE – Anche lei, signoria Gina? Ma che bella compagnia!

MARIA – Entri…si accomodi…

PALLONE – Troppo…troppo onore!

GINA – E’ così? Queste notizie?

 PALLONE – Acqua! Acqua! Acqua!

GINA – Questo lo sappiamo…. E poi?

PALLONE – Acqua ancora…acqua da per tutto….I soffitti grondano…i muri si sgretolano… Pare che ci vorranno almeno quindici giorni, per riparare.

GINA  - (Esultante) Come ha detto? Quindi giorni? Quindi giorni?!…Se lo ripete gli do un bacio! (batte le mani dalla contentezza) Quindi giorni!

MARIA – Ma nessuna disgrazia?

PALLONE – Nessuna..cioè..si…La direttrice è andata seduta in una pozzanghera…ma hanno potuto ripescarla…

GINA – Peccato! E che cosa dice?…Con chi  ce l’ha?

PALLONE – Coi socialisti!… Dice che sono i socialisti, colla loro empietà, che hanno scatenato sul paese quel temporale che pareva un castigo di Dio…

GINA – Socialisti o no, quel che conta è che avremo quindi giorni di vacanza. E sa che cosa dovrebbe fare per festeggiare l’avvenimento? Dovrebbe suonare qualcosa.

PALLONE ( come impaurito) No…Ma che le pare?… Non mi permetterei…in casa d’altri….Io suono quando sono solo…così, per dimenticare che sono solo…

GINA – E’ molto tempo che suona il violino?

PALLONE – Cinquant’anni! Già!…Il mese scorso ho celebrato le mie nozze d’oro con la musica! Le uniche della mia vita!

GINA – Cinquant’anni! Ma lei deve suonare meglio di Paganini.

 PALLONE – Io non l’ho sentito Paganini, ma sono sicuro che suonava meglio lui….E poi è un collega e non voglio dirne male! E non è mica che manchi di disposizione! Anzi!…ma è il sonno che mi rovina..La musica mi addormenta…Succede a molti, ma non lo dicono…Io mi metto a suonare, e pochi minuti dopo il sonno mi piglia e mi addormento…Lotto…suono più forte…ma mi addormento lo stesso… Eh! Se non fosse stato il sonno, a quest’ora sarei, forse, un concertista famoso…E invece…guardino…(fa vedere nelle falde del palamidone dei larghi buchi irregolari) Sono quei monellacci, a scuola..A volte,  per fumare un po’ la pipa che è la mia passione, li lascio fumare qualche sigaretta; ma ad un tratto, uno urla: Direttrice! Direttrice! Allora, spaventato, metto in tasca la pipa accesa e mi brucio…

MARIA – Povero Pallone!

PALLONE – E’ una gran vitaccia!

GINA – Su! Su! Non si lamenti…

PALLONE – Non mi lamento…A che pro? Ma prima ero professore di latino…Sapevo a memoria tutto Orazio e tutto Virgilio…Poi perdetti la memoria e i bei versi se ne andarono dalla mia testa, volarono via come uccelli stanchi d’essere in gabbia… Poi venne questo sonno…e poi, a poco a poco, diventai bidello! Come carriera non c’è male!

MARIA – Non bisogna pensarci!

PALLONE – Ho perduto la memoria dei versi, ma non quella dei dispiaceri…

GINA – Per dimenticare, bisogna suonare qualche cosa…

MARIA – Si, si…

PALLONE . Se proprio ci tengono…conoscono la “Musica Proibita”? E’ l’unico pezzo del mio repertorio. Oh! Non è una novità…

GINA – Sentiamo…(Pallone attacca la Musica Proibita, ma subito una voce aspra e secca , al di fuori, lo interrompe)

LA VOCE –La signorina Bini sta qui?

GINA – Direttrice! Direttrice! (Pallone istintivamente, vuol nascondere il violino nelle falde. Anche Gina è assai impressionata. Solo Maria conserva una certa calma. Dopo il primo momento di confusione, va ad aprire).

 MARIA - Signora Direttrice!

DIRETTRICE – (dopo un rapido ma severissimo sguardo alla stanza) Vedo con soddisfazione, che qui non ci si annoia.

PALLONE – Io ero qui per…

DIRETTRICE – (asprissima) Lei taccia! Benissimo, signorine, benissimo. Non dimenticherò mai la loro premura in un’ora così grave per l’istruzione pubblica della nazione…

GINA – Io sono stata a scuola.

DIRETTRICE – Mentre laggiù si lavora tra le rovine, nell’acqua e nel fango, qui si mangia, si beve, si suona e si balla…

PALLONE – Io non ballavo…

DIRETTRICE – Zitto, Signor Pallone…e non mi parli che quando le farò l’onore di rivolgerle la parola. (a Gina) Sono stupita di lei, signorina…tanta leggerezza non si confà ne con la sua età, ne col suo aspetto… (a Maria che vorrebbe parlare) Di lei, invece, non sono punto stupita, signorina Bini. I suoi costumi…

MARIA – Nessuno può dirne niente.

DIRETTRICE – Se ne dice troppo,  invece; e questa è una visita che volevo farle da un pezzo…Ora sono edificata!… Quando si mangia e si dorme tra fiori e fronzoli, non ci può essere né vera serietà, né vera religione…Lei vive…

MARIA – Vivo come voglio, in casa mia…

DIRETTRICE – Non mi risponda.

MARIA – Lei è ingiusta, signora Direttrice.

DIRETTRICE – Non ammetto che lei si permette di giudicarmi.

MARIA – Questo suo sfogo, signora direttrice, non ha altro motivo che l’antipatia di cui mi ha onorata fin dal primo giorno e che, a poco a poco, senza ragione, si è convertita in una vera persecuzione.

DIRETTRICE – Queste parole non saranno dimenticate nel rapporto particolareggiato che farò dell’accaduto.

MARIA – E nel quale non potrà dire che io non abbia sempre fatto il mio dovere…In quanto alla mia vita  privata, signora direttrice, è chiara, semplice e trasparente come un bicchier d’acqua… ed è illibata quanto la sua…

DIRETTRICE – Signorina!

MARIA – Né più né meno.

DIRETTRICE – Dal signor conte-sindaco in giù, non è quanto si dice in paese.

MARIA – E’ segno che dal signor conte-sindaco in giù, mi si calunnia.

DIRETTRICE – La si giudica

MARIA  - a torto

DIRETTRICE – La si osserva

MARIA  - Mi si spia.

DIRETTRICE – Lei è troppo sola.

MARIA – E’ una tristezza, non una colpa.

DIRETTRICE – Lei non riceve mai una lettera.

MARIA – Perché sono sola anche da lontano.

DIRETTRICE – Vuole essere l’ultima a parlare?

MARIA  - Con tutto il rispetto che le devo, si…

DIRETTRICE – (sbuffante) E sia…Sappiano intanto che la baldoria è finita, Anche se la scuola è chiusa, ho già provveduto. Le classi si terranno lo stesso, nei locali del Municipio, gentilmente offerte dal signor conte-sindaco. Signorine: domani all’ora consueta. (a Pallone) Ha capito, Lei?

PALLONE – Siss…gnora.

DIRETTRICE – E nasconda quello strumento… Si vergogni! Lei è un pubblico funzionario e non strimpellatore ambulante… Si vergogni!….E ora, rimangano pure a festeggiare la catastrofe. Nel rapporto nulla sarà dimenticato. (ed esce con violenta dignità).

GINA – (dopo un lungo silenzio) Arpia!

PALLONE – Mostrum orrendum, informe, ingeris….

DIRETTRICE – (Rientrando di colpo) Neanche questo sarà dimenticato. (ed esce rapida. Altro lungo silenzio).

GINA – Quella… ci farà destituire tutti e tre…

 PALLONE – Bella giustizia sarà. (a Maria che tace avvilita) Coraggio, signorona Maria: non si disperi; non bisogna mai disperare…Ha visto? Io ho ritrovato un verso di Virgilio per mandare all’inferno la direttrice…..Coraggio!

MARIA – Penso a voialtri… E’ stato per colpa mia…

GINA  - Ha risposto troppo…

PALLONE  - Ha fatto bene!

GINA -  Non dico di no…ma saremo destituiti.

MARIA - Non lo dica…sarebbe per me un tale rimorso…

PALLONE – Se mi destituisce…mi faccio socialista… e allora..guai a lei…guai a tutti…

GINA – Vado dalla direttrice…cercherò di calmarla.

MARIA – Si…si…la prego….faccia le mie scuse.

GINA – Non dubiti….E speriamo bene. (esce)

MARIA – (scoraggiata, quasi piangente) Non è giusto…non è giusto! Ma che cosa faccio, perché tutti si accaniscono così, contro di me?

PALLONE – Glielo dico io che cosa fa! Lei è troppo carina…ecco tutto! Invidia! Invidia! Ma non ci pensi…coraggio! Finisca la sua colazione e io vado a finire la mia. Chi sa com’è diventato freddo il mio piatto di ricotta. Coraggio!

MARIA – (rianimandosi) Si, ha ragione! Non bisogna avvilirsi per simili sciocchezze! Basta! Lei  va a far colazione? Dica: le piacciono le pesche?

PALLONE – Se mi piacciono? Ma sono care di questa stagione.

MARIA – Ne vuole una? Ma una grossa così? Venga con me, andiamo in giardino. (lo prende per mano, lo conduce alla finestra, l’apre e un bel ramo di pesche che poggiava sui vetri, entra nella stanza carico di magnifici frutti).

PALLONE – Oh!…frutta a domicilio!

MARIA – Guardi che meraviglia!….Vuole questa?

PALLONE – Me la dà… davvero?

UNA VOCE – (dal giardino) Oh! Maestrina!

PALLONE – (spaventato) Il conte-sindaco! Ora stiamo freschi

LA VOCE – Maestrina!

MARIA – (sporgendosi) Buon girono, signor sindaco…

LA VOCE  - Potrei dirle due parole?

MARIA – Anche tra, signor sindaco…

PALLONE – Scappo!

MARIA – Ma prenda la pesca!

PALLONE – No…no…

MARIA – La prenda…(gliela dà per forza. Pallone esce. Sulla soglia s’incontra col conte Filippo; s’inchina profondamente, borbotta qualche parola e fugge).

( Il conte Filippo è elegante a modo suo; d’un eleganza un po’ chiassosa. Cravatta aggressiva. Guanti troppo freschi. Troppa catena d’orso, con troppi ciondoli. Berretto d’automobilista, coll’immancabile distintivo del Touring Club. Frustino in mano, sigaro in bocca, fiore all’occhiello. Entra e rimane vicino alla porta, in attitudine di padrone. Non si toglie il berretto)

MARIA – (Un po’ sorpresa) La prego…signor sindaco…avanti…si sieda…

 FILIPPO – Quel che devo dirle glielo posso dire anche da qui…e in piedi.

MARIA – Come vuole.

FILIPPO – Voglio così.

MARIA – Vedo che non c’è bisogno di ricordarle che lei è il padrone. (va all’attaccapanni, prende il cappellino che vi è appeso e con un gesto risoluto e maschile, se lo pianta in capo, un po’ sulla tempia, come Filippo ha il berretto).

 FILIPPO – Esce?

MARIA – Affatto.

FILIPPO – Allora..? perché?…

MARIA – Mah!.. così…per spirito d’imitazione.

FILIPPO – (seccato) Mi pregio avvertirla, signorina, che non sono abituato a ricever lezioni.

MARIA – e’ un peccato, signor sindaco, perché ne ha bisogno. E se ora volesse dirmi a che debbo l’onore di tanta visita…

FILIPPO – ( stizzito della lezione ricevuta, ma caparbio, non si toglie il berretto) Buone, eh?

MARIA – Che cosa?

FILIPPO – Le mie pesche.

MARIA – Squisite! Quando ne mangio una mi pare di mordere un gran fiore profumato, pieno di rugiada dolce…

FILIPPO – Felicissimo che siano di suo gusto…Perché…sa? Potrei anche cambiare l’albero…se non le piacessero…senza complimenti.

MARIA – Grazie…ma queste sono incomparabili.

FILIPPO – E, dico, maestrina; si potrebbe sapere quando smetterà di mangiarle?

MARIA – Quando l’albero smetterà di entrare in camera mia.

FILIPPO – Come ha detto?… Ma…ma sa che è una sfacciataggine…

MARIA – Quale? Ah!…quella dell’albero che entra, così, nella camera di una donna appena ne vede la finestra aperta?

FILIPPO – La prego di non scherzare e di non dimenticare con chi parla.

MARIA – Sarebbe difficile dimenticarlo!

FILIPPO – Insomma…tagliamo corto…

MARIA – Tagli l’albero.

FILIPPO – Non mi manchi di rispetto….sono la prima autorità del paese!

MARIA – Povero paese!

FILIPPO – Signorina!

MARIA – Signor Sindaco!

FILIPPO – Le ho affittato la camera e non l’orto…

MARIA – Non vado mai nell’orto; è lui che viene da me.

FILIPPO – E se lei tocca ancora le mie pesche…

MARIA – Tagli l’albero

FILIPPO – Vuol chetarsi?

MARIA – Sono in casa mia

FILIPPO – Ed è decisa a non obbedire?

MARIA – Sono decisa a non subire impertinenze

FILIPPO – Allora, alla fine del mese: aria! Voglio la stanza libera…

MARIA – Ho una scrittura…

FILIPPO – La annullo!

MARIA – Ci sono i tribunali

FILIPPO – La giustizia sono io, la forza sono io, lo Stato sono io

MARIA – Come Luigi Quattordicesimo

FILIPPO – Precisamente. E sappia, già che lo vuol sapere, che se la congedo, non è per le pesche soltanto, ma per molte altre delicate e complesse ragioni…E’ perché devo tutelare l’ordine e la moralità del paese; perché devo sapere a che è affidata l’educazione spirituale delle creature che saranno domani le donne e le mamme del paese: e di lei non so altro che quel si mormora e che non è certo a suo vantaggio. Dopo la classe, tutti i giorni, immancabilmente, lei sparisce, e torna tardi, a volte tardissimo. Le domeniche non la si vede mai ne in chiesa, ne in piazza, ne in farmacia. Perché? Che cosa fa? Dove va?

MARIA – A un cimitero

FILIPPO – Che cosa?

MARIA – Che gli sfaccendati in farmacia e le serve in mercato si divertano ea sparlare e a calunniare, lo capisco. Che cosa direbbero se non dicessero un pò di male? Ma che lei, signor conte…lei che ha tutto per esser buono, che lei, che anche lei si unisca alle serve e agli sfaccendati per tormentare una disgraziata come me…questo, davvero, non lo posso capire.

FILIPPO – Io non tormento nessuno…

MARIA – Perché mi tratta così? Le pesche non sono state che un pretesto, perché non voglio crederlo avaro a tal punto..allora, quali sono le vere ragioni per venire a offendermi con quelle arie e quei modi da fruttivendolo?

FILIPPO – Prima di tutto non l’ho offesa

MARIA – Si, tanto!

FILIPPO – Pretenderebbe, forse, che le facessi delle scuse?

MARIA – Non pretendo niente

FILIPPO – Oh, meno male! Perché quando mi si vuole obbligare a fare qualcosa che non sento di fare, divento una bestia, addirittura. Se credessi d’averla offesa, le chiederei scusa da me, spontaneamente…ma per forza, niente! Sono venuto da lei per dirle… e le ho detto…quel che… E se sono stato un po’…un po’…gli è  perché…precisamente… insomma….(togliendosi il berretto) La prego di scusarmi.

MARIA – (togliendosi il cappello e facendo una riverenza) Grazie.

FILIPPO – Ma lei non sa, o finge di non sapere, che c’è un vero partito contro di lei, una vera ostilità organizzata…

MARIA -  Ma perché, santo Dio, perchè?

FILIPPO – Perché non si può ammettere, in paese, che in otto anni lei non abbia fatto relazioni con nessuno; che non abbia avuto bisogno di nessuno, neanche del medico condotto; che non sia andata, neanche una volta , in farmacia!

MARIA – Ma se sto bene di salute.

FILIPPO – Non importa! Bisogna andare in farmacia come i romani andavano al foro, per dovere pubblico. E poi, la sua direttrice riceve tutte le domeniche; lei ci andò una volta ed in seguito non si è fatta più vedere.

MARIA – Mi ci annoiai tanto, quella volta!

FILIPPO – Alla musica , in piazza, non ci va mai.

MARIA – Suonano così male!

FILIPPO – E tutte queste sciocchezze, commentate e ingrandite, hanno sollevato la così opinione pubblica contro di lei; ed ecco perché mi sono dovuto occupare di lei, come sindaco,   beninteso…perché, privatamente, non ho niente contro di lei…anzi!…personalmente, glielo posso  dire perché è la verità, lei mi è molto simpatica…

MARIA – Non si direbbe…

FILIPPO – E invece è così…perché, insomma, lei è l’unica donna possibile, mi permetta la parola, potabile del paese…e l’unica persona di aspetto civile e persino elegante… Si…si so quel che dico…me ne intendo…Dunque, perché dovrei esserle ostile se non ne fossi obbligato?…Io sto qui perché ho il mio castello, le mie caccie, molti interessi, e sono il sindaco come molti miei antenati furono i podestà…Ma benché sindaco, ci sto meno che posso in questo piccolo vespaio di pettegolezzi…Lo fuggo più che posso. Me ne vado a Roma dove ho casa, e che casa! E poi, per grazia di Dio e volontà della nazione, tutti gli anni…frrr…una bella volata a Parigi…Capisce, cara la mia maestrina? Parigi… e lei non sa che cosa sia Parigi!

MARIA – Lo so

FILIPPO – Cioè: se lo immagina

MARIA – Lo so: ci sono stata

FILIPPO – Lei?

MARIA – Io!

FILIPPO – A Parigi?….proprio a Parigi?

MARIA – In quel di Francia

FILIPPO – Che strano! Vede…come dirle?…Ho l’impressione che questo fatto tanto semplice, mi avvicini a lei…Già…mi par di conoscerla meglio…Non si può immaginare quanto sia contento d’aver trovato con chi parlare di Parigi…ne parleremo….ne parleremo spesso…Mi pare che quando si parla di Parigi, uno si senta subito più elegante

MARIA – Sarebbe difficile esserlo più di lei

FILIPPO – Crede?

MARIA – Puzza di boulevard

FILIPPO – Ah!…. il boulevard! La Senna umana! La folla, il rumore, lo scintillio! E Parigi!…Parigi! che città!…La città sintesi! La città miracolo!

MARIA – Un mondo!

FILIPPO – Che lusso!

MARIA – E che miseria!

FILIPPO – Che restaurants!

MARIA – E quanta fame!

FILIPPO – E che cosa faceva a Parigi?

MARIA – Non facevo neanche pietà perché non conoscevo nessuno…

FILIPPO – Brutti ricordi!

MARIA – I miei ricordi sono tutti così: e se c’è ne qualcuno un po’meno cattivo, è perché me lo sono inventato. (scuotendosi) Non bisogna pensarci!

FILIPPO – Eppure sa, quando la vedevo passare sotto le mie finestre, pensavo: “Ma quanta grazia, quanto chic c’è in questa piccola maestrina! E come diventerei volentieri suo scolaro…”

MARIA – Signor Filippo!

FILIPPO – Proprio così! E me ne intendo, sa!, Ho l’occhio esperto…J’ai l’oeil, come diciamo a Parigi…Non faccio per dire, ma per me, la donna, è una macchinetta che conosco bene

MARIA – Chi sa quante ne ha guastate!

FILIPPO – Mah!

MARIA – Non per niente lo chiamano Pippo il bello!

FILIPPO – E lei…lo so…è lei che mi appiccicato quel nomignolo

MARIA – Non è mica offeso?

FILIPPO – Si; molto; ma perdono, Sono generoso

MARIA – Non di pesche!

FILIPPO – Anche di pesche..se quelle potessero essere le peches du pechè…le pesche del peccato! Buona davvero! (ridendo contentissimo) Che ne dice?…Non la trova saporita? Ma aveva ragione…confesso….le pesche non sono state che un pretesto…Non sapendo trovare uno spunto alla mia severità municipale, ho trovato la pesca…La pesca è stata…il pomo della discordia!…Buona anche questa! Bravo Filippo!…(e ride più contento di prima) Io avaro? Proprio non mi conosce…lo domandi a chi vuole se sono avaro…basta dirle che l’anno scorso avevano combinato un matrimonio per me…C’era un milioncino…tondo…tondo…un milione!..L’ho rifiutato.

MARIA – Dev’essere rimasto male

FILIPPO – Chi?

MARIA – Il milione. Non deve mica accadergli spesso d’essere rifiutato!

FILIPPO – Buona!…Ha dello spirito anche lei..

MARIA – Oh no! E’ il suo che attaccaticcio!

FILIPPO – (dopo un momento, guardandola) Maestrina!

MARIA – Sindaco!

FILIPPO – Parola d’onore..lei mi piace!

MARIA – Felicissima!

FILIPPO – E io le piaccio?

MARIA – No

FILIPPO – Non importa. Ca viendra, come diciamo a Parigi. Signorina…ho un’idea…lei si annoia qui: io mi annoio più di lei…Dunque: quattro e quattro….

MARIA – otto

FILIPPO – Come si vede che è maestra! Facciamo una cosa: amiamoci

MARIA – E le cattive lingue?

FILIPPO – Le faccio tacere

MARIA – E la farmacia?

FILIPPO – La chiudo. Signorina Maria…in nome della nostra noia…(vuol prenderle la mano).

MARIA – (ritirandosi) La prego, signor Filippo..

FILIPPO – Ma sono io che la prego…

MARIA – Basta!..Non passi da un’offesa all’altra! Non ci mancherebbe altro! Io un amante?…Starei fresca!

FILIPPO – Anzia, caldissima!…Oh! pardon!…Ci si farebbe un paradiso misterioso e delizioso…nessuno ne saprebbe niente. La di darebbe a bere a tutto il paese…lei non lo sa perché non è mai stata sindaco…lei non sa che…

MARIA – So…so…so anche troppo…No! Non insista! Sarebbe di pessimo gusto…e mi sia amico. Sono tanto sola…A lei piace essere originale…ma guardi che bell’occasione le offro per esserlo… Ma si..Non le pare una cosa originale essere buono, generoso e cavalleresco con una povera donna che non è ne bella né allegra; che non può dare nulla, che non rappresenta nulla, che è sperduta e avvilita, forse per sempre? Creda, è molto originale…Sono sicura che quando lei è a tavola, se un passerotto capita sulla sua finestra, lei gli getta qualche briciola di pane, così, senza pensarci nemmeno…Faccio conto che sia anch’io un povero passerotto che viene da lontano, che ha volato nel vento, nel freddo, nella pioggia, e che, stando, sfinito, con le ali rotte, è capitato sulla sua finestra…Mi butti una briciola di bontà …E’ così facile per lei…Provi, vedrà com’è facile!

FILIPPO – Lei mi fa diventar serio

MARIA – E’ segno che diventa buono…

FILIPPO – I o mi domando cosa c’entrano i passerotti?

MARIA – E seccato che le abbia parlato così?

FILIPPO – Non lo dica…non lo pensi nemmeno…Ma che strana  donnina è lei….E non la conosco affatto…Quando lei capitò qui, ero a Roma….Non seppi neanche della sua nomina. Ma di che paese è?

MARIA – Di Altamira

FILIPPO – Altamira? Altamira in Monte?

MARIA – Si..Altamira in Monte

FILIPPO – Così vicina…e non l’avevo mai vista…

MARIA – Manco da nove anni e…

FILIPPO – Dica…dica…Altamira è sotto la mia giurisdizione…mi interessa…Abbia fiducia….Per essere amici bisogna conoscersi un po’…non foss’altro per sapere se valga la pena di essere amici…Dica…

MARIA – Oh!…E’ una novella…

FILIPPO – La racconti…

MARIA – Davvero?…Vuole?…

FILIPPO – Esigo

MARIA – C’era una volta…Ma no…non l’annoio?

FILIPPO – Mi ringiovanisce

MARIA – C’era una volta una fanciulla di sedici anni, buona, umile e pura; un giorno, sulla sua strada fiorita d’illusioni e di sogni, incontrò l’orco che si era mascherato da uomo…e ne nacque una….

FILIPPO – Ahi!

MARIA – Ma non volle sposarla

FILIPPO – Perché?

MARIA – Era ricco

FILIPPO – E la fanciulla?

MARIA – No. Era di buona famiglia, come si suol dire, ma quella volta la famiglia non fu buona e scacciò la fanciulla a suon di maledizioni: Non volle neanche occuparsi della creaturina. L’orco la mandò in una sua campagna dove morì pochi giorni dopo…Già…se ne andò subito…Era tanto piccina!…Un soffio di vita che passò senza che nessuno se ne accorgesse…La mamma non ebbe nemmeno il tempo di metterle un nome… E quando ora la ricorda non può neanche chiamarla…L’orco disse alla fanciulla che bisogna lasciare il paese tutti e due e andar lontano per dimenticare e far dimenticare lo scandalo. Andarono a Genova e s’imbarcarono con una folla di gente che piangeva…Il battello partì e poco dopo la fanciulla si accorse che era sola…Era stata spedita come un pacco sul quale avevan dimenticato di mettere l’indirizzo…Perché lei non sapeva proprio dove andava…

FILIPPO – canaglia!

MARIA – Eppure la fanciulla non ebbe nemmeno il coraggio di buttarsi in mare…Forse perché cè n’era troppo e ne ebbe paura. Andò avanti sola nella folla di sconosciuti che non piangevano più, ma che cantavano spesso…E non fu il mare che dette alla fanciulla la nausea e il vomito, ma il ricordo di cosa le avevano fatto e che era fisso nel suo cuore come uno schifo e una vergogna!… Cattivi! Come furono cattivi!.

FILIPPO – Se le fa male ricordare…

MARIA – Mi fa male… ma non importa…Non abbia paura…non piango…ma ho bisogno che qualcuno sappia, che qualcuno compatisca…sarò meno sola..Arrivai a Buenos Aires, una città sconfinata come un deserto, e quanto una formica può fare in un deserto, per non morir di fame, io lo feci. Perché? Non lo so…Perché non volli morire avendone tante ragioni e tanto bisogno, questo non lo so davvero! Invece feci di tutto per resistere! Ho patito tutto. Nell’umiliazione e nella miseria, arrivai fin dove può arrivare una creatura umana. Poi a un tratto Dio si ricordò anche di me. Me fece conoscere la moglie del Console italiano che fu buona e pietosa come un angelo. Divenni la serva e un po’ la maestra delle sue bambine. Incominciavo a star bene e una malattia terribile e incomprensibile incominciò a rodermi: la smania di tornare in Italia, di tornare qui per cercare, per trovare il quadratino di terra dov’è sotterrata la mia piccina…E questa smania divenne come un’ossessione. Non ebbi più pace; e quando la buona signora voleva consolarmi, rispondevo: “vorrei andarmene o vorrei morire”…Dopo, il console fu trasferito a Londra. Mi condussero a Parigi e ci rimasi per non rimettere il mare tra me e il mio ricordo. Altri due anni di stenti, e poi, a forza di volontà, di preghiere, di raccomandazioni, a forza di miracoli, riuscii a tornare in Italia e ad ottenere questo posto…Ora, quando mi vedono sparire dal paese, non è per niente di male…Faccio parecchie miglia per andare al cimiterino di Altamira, per inginocchiarmi sulla tomba di una bimba che non è la mia…Ma che cosa importa? Li sotto sono tutti uguali, sono tutti nostri…E quando prego lì, sola, mi sento un po’ la mamma di tutti i bimbi morti. Ecco: la novella è finita!

FILIPPO – (è commosso. Non sa dir niente; poi bruscamente, dopo una lunga pausa) Ne mangiquante ne vuole…

MARIA – Grazie!

FILIPPO – E coraggio!

MARIA – Ne ho molto…Ma sia ha sempre torto di rievocare…Vede, quando ero in America, ebbi nostalgia del mio paese; ora sono qui e mi pare d’aver la nostalgia del paradiso; perché la mia piccina non può essere che in paradiso; e come prima mi vien voglia di dire: “Vorrei andarmene o vorrei morire….” (qui si ode il violino che suona ancora la solita musica proibita, il che provoca in Maria un riso nervoso, quasi convulsivo)

Oh!…questa poi…è curiosa davvero…Sente? Ora, “vorrei morire” bisogna che glielo dica in musica…che glielo canti..Non è buffo? (canta, ridendo sempre più angosciosamente) Vorrei morire!… E c’è la stecca…Tac! Ha sentito?…come nella mia vita…una lacerazione…E’ proprio da ridere…Non le pare? E’ di una comicità irresistibile! (ma vinta dall’emozione che monta a andate, non può più trattenersi e scoppia in pianto; piange dirottamente) No…sa…vorrei  morire davvero…ne ho tanto bisogno! (Filippo la lascia piangere, commosso anche lui; è tentato di accarezzarle i capelli, di dirle una parola, ma non osa; la guarda ancora, esita, ed esce mentre cala il sipario).

                                                   FINE DEL PRIMO ATTO

                                                      

ATTO SECONDO

      In Municipio. Il gabinetto del sindaco. Stanza di non grandi proporzioni, bene arredata, ma molto municipalmente. A destra una grande tavola molto ingombra: mucchi d’incartamenti, di lettere, di telegrammi. Dietro la scrivania, un caminetto nel quale arde un bel fuoco di legna. Sedie e poltrone sparse qua e là. Alle pareti scaffali e biblioteca. La porta di fondo conduce ad un corridoio spazioso e bianco. Altre porte a destra e a sinistra. Nell’angolo estremo a sinistra, in fondo, parecchi banchi di scuola ammonticchiati gli uni sugli altri. Alla parete, sopra i banchi, delle carte di botanica, fisica e zoologia.

FILIPPO – (seduto, alla scrivania, scorre rapidamente e firma delle carte. Mentre firma, parla con l’usciere che, li asciuga e li ordina) Il cavalier Guidotti non s’è ancora visto?

USCIERE – No, signor sindaco

FILIPPO – Come sono lenti questi segugi della polizia! Altro che segugi…tartarughe!…E sono le…

USCIERE – Quarantasette….

FILIPPO – Che cosa diavolo dici?

USCIERE – Le firme, signor sindaco…le firme, sono quarantasette…Le ho contate; le conto sempre e non sbaglio mai, neanche quando il signor sindaco mi distrae chiacchierando…perché il signor sindaco dice, è vero, delle cose interessanti, ma chiacchiera…La sua conversazione mi distrae, ma non sbaglio mai.

FILIPPO – E se ti distraessi per un mese dall’impiego, che cosa diresti?

USCIERE – Che sarebbe una brutta distrazione se il signor sindaco mi distraesse anche lo stipendio…

FILIPPO – Basta così… (pausa) C’è qualcuno che aspetta?

USCIERE – Il capobanda Albini

FILIPPO – Ma che cosa vuole?

USCIERE – Sono già tre giorni che è pronto a partire per il concorso bandistico regionale

FILIPPO – E perché non parte? Che cosa aspetta?

USCIERE – Aspetta un telegramma che…

FILIPPO – Guarda: qui ce ne sono delle dozzine di telegrammi: dagliene uno e che se ne vada; e che non mi secchi più.

USCIERE – Il signor sindaco è faceto!…Dio gli conservi il buon umore! Un sindaco divertente è una tale rarità….Poi c’è Paolo Barozzi…

FILIPPO  - Chi è Paolo Barozzi?

USCIERE – Quel tale che vorrebbe fondare un giornale; e dice che sarebbe il più bell’organo d’Italia, il più quotidiano di tutti.

FILIPPO – E io gli ho già detto che qui le chiacchiere ce le diciamo a voce, e che non c’è proprio bisogno di stamparle

USCIERE – Eppure, signor sindaco, come dice Paolo Barozzi, una città senza giornale è una città sordo-muta. Un organo quotidiano sarebbe un progresso, una sorgente…

FILIPPO – Di pettegolezzi…Come sorgente, basta la farmacia. Non voglio sentir parlare di giornali. Dì al signor Barozzi che sono assente.

USCIERE – Gli ho già detto che il signor sindaco è qui…

FILIPPO – Dì che ti sei sbagliato…che sono andato al mare…

USCIERE – Ma come faccio, signor sindaco? Quale mare?

FILIPPO -  Quello che volete…scegliete pure voialtri.

USCIERE – Ma…

FILIPPO – Basta!…Quante altre persone aspettano?

USCIERE – Sessantatrè…no….scusi, sono le firme….Non c’è nessun altro…

FILIPPO – (ha finito di firmare, si alza) Allora, liberami del capobanda e del giornalista, e impara un po’ meglio il tuo mestiere che è quello di evitarmi seccatori. Hai capito? Un sindaco che si rispetta deve essere come l’araba fenice…Che ci sia ciascun lo dice…

USCIERE – A che serva niun lo sa

FILIPPO – (rettificando, severo) Dove sia nessun lo sa!

USCIERE – Il signor sindaco è l’uomo più spiritoso di questa città d’imbecilli!

FILIPPO – Grazie…Ora vai a dire all’assessore di farmi un po’ di posto nel suo gabinetto, perché qui ci vengono le piccine…

USCIERE – (stupitissimo) Qui?!..Nel gabinetto del signor sindaco?

FILIPPO – Qui…proprio qui…dove non morranno di freddo in questa glaciale primavera…Qui! Lo trovi tanto straordinario?

USCIERE – Come una ballo in sacrestia! A se il signor sindaco….vuole così…

FILIPPO -  Oh, meno male! Vai dall’assessore e avvertimi appena scorgi il segugio…(l’usciere esce a sinistra. Pallone entra dal fondo).

FILIPPO – Credo che qui le piccole staranno benissimo

PALLONE – E come, signor sindaco! C’è un caldino di paradiso

FILIPPO – I banchi bastano?

PALLONE – (Contandoli) No, signor sindaco

FILIPPO – Fate portare gli altri e quanto occorre alla signorina Maria…meno la poltrona…Di quella me ne occupo io

PALLONE – (guardandosi intorno, con mistero) Signor sindaco…

FILIPPO – Che c’è?

PALLONE – La direttrice è diventata verde…

FILIPPO – Dev’e essere carina…perché?

PALLONE – Perché mette la signorina Maria nella più bella stanza del Municipio..La direttrice cerca di lei, signor sindaco

FILIPPO – Ma giuro che non mi troverà…E se vi domandasse ancora di me, ditele che sono sparito che nessuno sa dove io sia, che forse, sono morto

PALLONE – Si, signor sindaco…vado…(per uscire)

FILIPPO – Pallone?!

PALLONE – Presente!

FILIPPO – Dov’è la pipa?

PALLONE - (timidissimo) E’ a casa…sola…sola..

FILIPPO – Fuori la pipa!

PALLONE -  (impaurito) Posso giurare…giuro….non mi permetterei…

FILIPPO – Mi dispiace perché volevo riempirla di un tabacco…ma un tabacco!…

PALLONE – Eccola qui! (trae dalle falde un’enorme pipa di legno)

FILIPPO – (offrendo tabacco) Ma questa è una botte. Non importa…riempite pure… ancora…  pigiate…

PALLONE – Non ce ne sta più…Peccato! La pipa dovrebbe averci il serbatoio…come la sua automobile….Grazie, signor sindaco.

FILIPPO – Ora, accendete

PALLONE  - No…che le pare?…Se mi vede la direttrice!…

FILIPPO - Le direte che vi ho autorizzato io perché una pipa di quelle proporzioni è quasi una stufa e contribuisce al riscaldamento dei locali. Su…coraggio!…Ecco il fuoco…(mentre aiuta Pallone ad accendere la pipa, la Direttrice, severa e arcigna, è apparsa sulla porta di fondo).

DIRETTRICE – (con voce tonante) Signor Sindaco!

FILIPPO – Aiuto! (Pallone nasconde la pipa e fugge)

DIRETTRICE – Signor sindaco…., la prego…

FILIPPO – Ed io la prego di non darmi simili spaventi…

DIRETTRICE – Ho l’onore di chiederle dieci minuti di colloquio…

FILIPPO – Ma s’immagini!…con gioia! Con entusiasmo!…appena sarò di ritorno, perché ora parto; le accorderò non dieci minuti, ma dieci giorni, ma un mese di colloquio….(rientra Pallone e si avvicina a Filippo)

PALLONE – La polizia…signor sindaco…

FILIPPO – (forte) Ah!….si!…Fate passare la polizia….subito! Cose gravi, signoradirettrice…cosegravi!

DIRETTRICE – Aspetterò…signor sindaco…

FILIPPO – Brava signora direttrice….aspetti….(la direttrice esce dignitosa) Aspetti seduta…

PALLONE – (come a se stesso) La polizia!

FILIPPO – si direbbe, Pallone, che non avete la coscienza tranquilla

PALLONE – Ce l’ho tranquilla…ma dinanzi alla polizia..non so…mi pare di essere colpevole di non so che cosa….E’ un’impressione….

FILIPPO –E fate entrare il cavalier Guidotti

PALLONE –Si, signor sindaco (esce)

FILIPPO – Buon giorno, caro cavaliere…e così?…. no…un momento ….(chiude le porte) Pareche la direttrice, così….per passare il tempo, ascolti alle porte

GUIDOTTI – La terribile direttrice!

FILIPPO – E’ una delle più grandi calamità che Dio abbia mandato alla nostra città…E’ una violenza, un brontolio, un’agitazione che tremar tutto e tutti

GUIDOTTI – Il terremoto!

FILIPPO – Peggio! Perché almeno il terremoto si riposa…Le no! Lei è giornaliera, immancabile, perpetua… E doveva capitare proprio a me. Pazienza! E ora avanti, occupiamoci della nostra faccenda. Avete saputo qualcosa?

GUIDOTTI – Ho saputo chi è il nostro uomo

FILIPPO – Bravo! Complimenti! E sarebbe?

GUIDOTTI – Certo Giacomo Macchia

FILIPPO – Non conosco

GUIDOTTI – Ecco le delle informazioni precise…(legge il taccuino) “Giacomo Macchia fu Bartolomeo, trentasette anni, ammogliato da cinque a Rosa Carrara, senza figli. Fedina penale pulita, salvo qualche contravvenzione di caccia per qualche lepre uccisa prima di stagione…Invece pessime informazioni di vita intima…benché si tratti del più facoltoso possidente d’Altamira….”

FILIPPO – Cioè?

GUIDOTTI – Ecco…Le sue vittime non furono soltanto le lepri…ma anche donne…parecchie…molte donne….e…come dire?

FILIPPO – Prima di stagione, anche loro?

GUIDOTTI  - Piuttosto!…Eccone una lista, non ancora completa. (legge) “Maria Bini Lucani di Altamira, che aveva appena sedici anni quando fu…colpita…Spedita in America. Otto mesi dopo Laura Monti, pure sedicenne….spedita in America…

FILIPPO – Ma quell’uomo deve avere un abbonamento speciale con le Compagnie di Navigazione!

GUIDOTTI – Dopo prese moglie

FILIPPO – E la mandò in America?

GUIDOTTI  - No

FILIPPO – Meno male! Avanti!

GUIDOTTI – Avaro fino a lesinare il mangiare alla sua gente e alle sue bestie. Non ha amici per economia di tempo; parla poco per economia di voce; gioca disperatamente al lotto e picchia sua moglie quando non vince….

FILIPPO – Tutte le domeniche…

GUIDOTTI – Precisamente….Ecco l’uomo!

FILIPPO – Carino!…E l’avete visto?

GUIDOTTI  - No, perché è andato a una sua tenuta assi lontana, e non ho potuto sapere quando tornerà. Ma vado ora da una certa Lucia Tonini tessitrice, che fu parecchi anni al servizio di Giacomo Macchia e col quale, si dice, l’abbia a morte

FILIPPO – Bisogna interrogarla subito…E non badate al denaro…Date senza economia, pur di sapere (entra Pallone portando faticosamente una magnifica poltrona antica) Un momento, Pallone (a Guidotti) Per fare più presto, prendete l’automobile…(a Pallone) Ma posatela quella poltrona…Si direbbe che la covate! (a Guidotti) Fate una cosa andate a casa, dite al meccanico di prepararsi  e fra un momento vi raggiungo

GUIDOTTI – Vado

FILIPPO – Non perdiamo tempo (accompagna Guidotti  fino al corridoio e torna)

PALLONE – Hanno portato questa poltrona dal suo palazzo..

FILIPPO – Credo che la signorina Maria ci starà comoda

PALLONE – Troppo!….ci si addormenterà! Oh! Ecco la nostra signorina Maria! (esce, facendo a Maria degli inchini alquanto eccessivi)

MARIA – Non so proprio come fare per ringraziarla

FILIPPO – E quando una cosa non si sa fare, non si fa. Non mi ringrazi

MARIA – Non la ringrazio

FILIPPO – Grazie…Ho pensato di mettere qui le sue piccole perché devono aver freddo in quello stanzone…

MARIA – tanto freddo! A volte, invece di fare lezione, devo fare dei veri massaggi alle loro manine indolenzite dall’umidità gelata di quel locale.

FILIPPO – Qui la legna da bruciare non mancherà mai. Ho già dato gli ordini

MARIA – Posso ringraziarla per le mie piccine?

FILIPPO – Si…

MARIA – In lei, signor sindaco, c’è una persona molto buona, che lei stesso non conosce…

FILIPPO – Ma si!… Me la presentò lei il giorno delle pesche. E’ una gran brava persona davvero, e fui felicissimo d’incontrarla…E ora guardi…questa poltrona…

MARIA – Che magnificenza!

FILIPPO – Cinquecento pur! Legno, stoffa, doratura, tutto autentico…E’ una reliquia di famiglia…Questa poltrona fu riscaldata dal santo tepore di un cardinale mio antenato! La provi!

MARIA – Sarebbe un sacrilegio! Non oserò mai! Quel santo calore…mi intimidisce…

FILIPPO – Oh! Dopo quattro secoli!…Non se ne accorgerà nemmeno! La provi subito….(ridendo la obbliga a sedersi)

MARIA – (quasi sdraiata) Par d’essere a letto…

FILIPPO – Voglia proporla al governo per un nuovo Parlamento. Gli onorevoli, affondati in poltrone come quella, non sarebbero più pericolosi

MARIA – Perchè?

FILIPPO – Perché dormirebbero!….E ora sentiamo…Che cosa vuole? Di che cosa ha bisogno? Vuole dei fiori? Delle piante? Si…è un’idea…Così, invece di insegnare la botanica su quelle orribili cartacce , la insegnerà da vero. Le manderò tutti i giorni dei fiori freschi…tutti i giorni…Non c’è niente di male….serviranno per le sue lezioni. Bisognerebbe sempre insegnar dal vero.

MARIA – E la zoologia? Che cosa ci mettiamo al posto di quelle belve dipinte?

FILIPPO – La direttrice…faremo fare una bella gabbia a rotelle e, all’ora delle lezioni di storia naturale, faremo assistere alla bambine al pasto della tigre. Vado a ordinare la gabbia. Ma prima mi dica se ha bisogno di altro.

MARIA – Davvero, signor sindaco, posso parlare e usare della sua bontà?

FILIPPO – Ne usi come se fossi sua.

MARIA – Vorrei chiederle

FILIPPO – Dica

MARIA – Vorrei chiederle….di non occuparsi più di me…..

FILIPPO  - Ma….

MARIA – Non se l’abbia a male…

FILIPPO – Questo non usare della mia bontà: questo è abusarne. Lei chiede troppo.

MARIA – E’ meglio, creda.

FILIPPO – Ma perché?

MARIA – Perché di giorno in giorno, sento crescere l’ostilità intorno a me…e gli inchini troppo profondi del povero Pallone mi sono più penosi delle cattiverie degli altri. Tremo di tutto….Sono tre giorni che la direttrice non mi rivolge la parola….

FILIPPO – Se ne lamenta?

MARIA – E poi tante altre piccolezze mi tormentano. Mi sento circondata d’invidia, indovino delle smorfie sui sorrisi….Non posso vivere così…Ho bisogno di simpatia e di semplicità intorno a me…E ho bisogno di rimanere in questo posto…perché si mi mandassero via, se non avessi più tutti i giorni quelle testine da accarezzare, quegli occhini che mi vogliono bene…se li perdessi…non so…avrei l’impressione che la mia piccina è morta un’altra volta…Creda, la sua bontà, se la spinge ancora un poco, potrebbe farmi molto male…Ma non sa che ho ricevuto due lettere anonime?

FILIPPO – Ma come? Che cosa dicono?

MARIA – Dicono che ora il mistero delle mie scappatelle dal paese è svelato perché si sa con chi le faccio…Dicono che colla sua protezione sarò presto direttrice…

FILIPPO – Che imbecilli!

MARIA – E ora la faccio ridere: dicono che lei è innamorato cotto di me…Non ride?

FILIPPO – No

MARIA – Ho riso tanto io!

FILIPPO – Ha avuto torto

MARIA – Perché? Che cos’ha?

FILIPPO – Niente…cercavo se quelle canaglie, in mezzo a tante bugie, non avessero detto anche una verità

MARIA – Per carità…non dica…

FILIPPO – Non dico niente…sono gli altri che hanno detto…Ed è una violazione che gli altri dicano quel che non vuole nascondere

MARIA – Lei ha promesso di essermi amico…

FILIPPO – Non lo so, forse?

MARIA – (con una specie di terrore) rimanga così…amico e nient’altro…la prego…la prego…

FILIPPO – Si calmi, Maria…

MARIA – Non aggiunga niente, neanche una parola…ne ora, ne mai…Me lo prometta…Sonotanto commossa!…Non  mi dica più niente e non si occupi di me, per carità. Mi lasci nella mia umiltà e nella mia solitudine…Non sono più una donna, io…Sono la mamma di un ricordo tanto piccino…tanto fragile, tanto lontano che se qualcuno o qualcosa me ne distogliesse mi pare che non avrei  più nessuno scopo….che mancherei al voto che ho fatto di non pensare a me, finchè non avrò trovato quel quadrato di terra per piantarci una croce…Forse lei non capisce…Ci sono sacrifici che gli uomini non sanno, non possono capire…E non mi parli mai d’amore…Mi fa più paura della morte…Mi ha rovinata la vita, per sempre…Non me ne parli più…Sia buono con me, ma senza che nessuno se ne accorga, di nascosto, come se facesse una cattiva azione…Non voglio essere né invidiata, ne disprezzata…non lo merito…Abbia per me il sentimento che ho io per la mia bambina…un sentimento indistruttibile ma puro, buono e tenero come una pietà! Vuole? Dica che vuole…lo dica sorridendo…

FILIPPO – Si…non ne dubiti…

MARIA  - (prendendogli una mano) Allora…amici?…

FILIPPO – Si… amici…(le bacia la mano. Di nuovo la direttrice è apparsa sulla porta di fondo e ha sorpreso il bacio)

DIRETTRICE – Signor Sindaco! (Maria esce impaurita)

FILIPPO – Ma lei vuole proprio farmi venire una malattia di cuore!

DIRETTRICE – Ho avuto l’onore di chiederle…

FILIPPO – E io quello di risponderle…

DIRETTRICE – Voglio parlare con lei…

FILIPPO - Ma è una mania…

DIRETTRICE – E’ un dovere, signor sindaco (entra Pallone portando due banchi che mette vicino agli altri, ed esce) Signor sindaco, sono le tre e vorrei…

FILIPPO – Le tre?…Ma no, è impossibile…

DIRETTRICE – E credo sia ora…

FILIPPO – Di raggiungere quel povero cavaliere Guidotti. E’ più di mezz’ora che mi aspetta.

DIRETTRICE - (imperiosa) Signor sindaco, lei deve…

FILIPPO – Scappare

DIRETTRICE – Lei, signor sindaco…

FILIPPO – Scappo….(esce di corsa)

DIRETTRICE – (fuori di sé) Signor… Ah! È così?…è così?… (entra Pallone con un altro banco)

DIRETTRICE – (felice di poter sfogare la sua collera) Che cosa fai lei?

PALLONE – Il facchino, signora direttrice

DIRETTRICE – Porti via quel banco..e tutti gli altri…E’ proibisco che i miei subordinati facciano un passo senza il mio ordine

PALLONE – Sissignora….(dalla porta di fondo viene, in un’allegra ondata, il caratteristico frastuono di una scuola in ricreazione)

DIRETTRICE -  Perché urlano così, oggi? Lo fanno apposta!

PALLONE -  E’ la ricreazione

DIRETTRICE – E’ il pandemonio! Fate sospendere subito…

PALLONE – Ma…

DIRETTRICE – Come?….Anche lei si ribella? Anche lei calpesta la mia autorità?

PALLONE – Io non calpesto…

DIRETTRICE – Non mi risponda! Faccia dare il primo segnale d’uscita e fra mezz’ora il secondo. Che se ne vadano! Non voglio sentir questo chiasso..Non è una scuola questa, è un mercato! (Pallone è andato alla porta di fondo e fa dei grandi gesti a destra. Si ode in tintinnio di una campana. Pallone chiude l’uscio. Non si ode più il rumore)

PALLONE – Ecco fatto

DIRETTRICE – (montandosi) Ah! E’ così?…Mentre io, io la direttrice, sono relegata in un sudicio bugigattolo, senz’aria ne luce, la maestra delle piccole…l’ultima, l’infima…viene installata nel più bel salone del municipio!…Ed è il signor conte sindaco in persone  che vuole così!…L’anarchia viene dall’alto..Che cosa brontola, lei?..che cosa rumina?

PALLONE – Non rumino

DIRETTRICE – E allora risponda

PALLONE – Sissignora

DIRETTRICE – Lei deve protestare contro questo fatto

PALLONE – Sissignora

DIRETTRICE – Per iscritto…lei deve..capisce?…deve scrivere spontaneamente una vibrante protesta, come se fosse scandalizzato…perché lei ha il dovere di essere scandalizzato di questo attentato alla mia dignità e dovuto soltanto…

PALLONE – Al freddo

DIRETTRICE – Che cosa dice? Chi ha freddo? Chi si permette di aver freddo?

PALLONE -  Lo stanzone dove hanno messo la signorina Maria non è riscaldato.

DIRETTRICE – Ah! È la signorina Maria che ha freddo?

PALLONE – Anche le bambine

DIRETTRICE – Ma allora il signor sindaco ha fatto benissimo a metterla qui nel suo studio…e spero che lesinerà la legna, che farà tagliare tutti i suoi boschi per riscaldarsela bene, la sua signorina! Guai se prendesse un raffreddore! Sarebbe una sciagura pubblica, un disastro nazionale! E io dovrei permettere un simile scandalo?….Vada a chiamarmi la signorina Bini…Incominciamo da lei…Vada a chiamarmi la signorina Bini…

PALLONE – Sissi…sissi…(esce)

DIRETTRICE – (scartabellando sulla tavola di sinistra) Vedremo chi è il più forte, qui…vedremo se…

MARIA – Mi ha fatto chiamare, signora direttrice?

DIRETTRICE – Si, signorina

MARIA – Mi comandi

DIRETTRICE – Signorina….per delle ragioni che le saranno comunicate, ho il rammarico di dirle che le è sospesa dal suo…

MARIA – No…no…

DIRETTRICE -  Dal primo del mese venturo

MARIA – (smarrita) Ma no…signora direttrice…no….non è possibile…non ho fatto niente….lei lo sa… Non i mandi via….Quelle bambine sono la mia famiglia, tutto il mio mondo…se me le tolgono, non mi resta niente, nessuno…

DIRETTRICE – Le resta il signor sindaco….

MARIA – E’ un’infamia, signora direttrice, una calunnia infame! Il signor conte è buono con me…

DIRETTRICE – Troppo….

MARIA – Ma non è colpa mia…non sono responsabile né della bontà né della cattiveria degli altri…Signora direttrice…lei non deve…se lei sapesse perché sono così disperatamente attaccata a quelle bambine, cambierebbe subito…avrebbe compassione della mia povera vita…Se vuole glielo dico subito…se vuole mi metto in ginocchio…Non mi mandi via…non mi scacci…mi farebbe tanto male….(Filippo è entrato, ma rimane indietro. E’ serissimo, un po’ pallido, visibilmente commosso) Mi farebbe una pena da morire…e dopo avrebbe un gran rimorso di quello che fa ora in un momento di collera…

 DIRETTRICE – Di giustizia. Basta, signorina. Sappia che quando si ha una missione di austerità morale come quella di una maestra, bisogna saper sopprimere la donna in noialtre; bisogna essere esempi, simboli, programmi, e non donne…Guardi me. Sono forse una donna, io?

FILIPPO – Ma neanche per idea!

DIRETTRICE – (voltandosi inviperita) Signor sindaco… lei mi offende…

FILIPPO – Se lo dice lei, di non essere una donna… se ne vantava…io non ho fatto soltanto che confermare la sua giustissima, indiscutibile opinione: lei non è una donna…

DIRETTRICE – (fremendo) Signor sindaco!

FILIPPO – Lei non ne ha né la forma, né i sentimenti, ne la poesia…né la pietà…

DIRETTRICE – Signor sindaco…sappia che…Ma no! Non ho l’abitudine di discutere in presenza di subalterni…Per l’ultima volta le chiedo di venire a parlare con me, lassù, nel sudicio bugigattolo in cui mi ha messa…

FILIPPO – Ma se l’ho messa nell’archivio!

DIRETTRICE – Signor sindaco….

FILIPPO – Nel museo!….tra i papiri, i codici, le pergamene, e tutte le gloriose antichità del nostro comune

DIRETTRICE – Lei…signor sindaco…lei….(non sapendo che cosa dire, si rivolge a Maria) In ogni modo, signorina, l’avverto che la mia decisione è irrevocabile….Ora lascio i locali di lusso alle sue favorite, signor sindaco, e torno nel bugigattolo, all’ultimo piano, dove può venire a spiegarmi….

FILIPPO – Non verrò

DIRETTRICE – Lo capisco. Sfugge la spiegazione. Ha paura

FILIPPO – Si: di buttarla dalla finestra

DIRETTRICE – (al colmo del furore) Oh! Le la pagherà! (esce)

MARIA – Mi manda via….

FILIPPO - Ma niente affatto!

MARIA – Vedrà…vedrà…riuscirà a mandarmi via…impedisca che si commetta questa ingiustizia…la sua bontà mi ha compromessa…era inevitabile…Ma non è colpa mia…

FILIPPO – Le basta la mia parola d’onore? Gliela dò, glielo giuro! Quella mummia non manderà via nessuno….Ho bisogno di vederla tranquilla e forte..per poter dirle…

MARIA – (guardandolo) Che cosa ancora?…Mi accorgo…ora…non so…che c’è qualcosa di cambiato in lei…nella sua voce…nei suoi occhi…Che cosa accade?

FILIPPO – Sono qui per dirglielo…stia calma…si accomodi….Oh! così…non si muova…non pensi a niente…perché niente conta in confronto di questo che devo dirle…Dunque…ecco qui…lo Vede? Colla sua agitazione ha scombussolato tutte le mie idee…Mi ero preparato un bel discorso…grave e spiritoso…ma ora…vattel’a pesca…non so come cominciare

MARIA – (seguendo la sua idea) Se dicesse alla direttrice…

FILIPPO – Ma non parli di porcherie..e ascolti me. Io ho dovuto cercare, spesso, delle terre per piantarci il fieno, delle patate o dei cavoli…ma non mi era mai capitato di cercare un pezzettino di terra per piantarci una croce….

MARIA – (ansiosa) Signor Filippo…

FILIPPO . La prego…stia zitta…se non perdo il filo un’altra volta…Dunque mi son messo a cercare questo quadratino di terra…

MARIA – (muta di emozione vuol baciargli la mano che lui ritira nuovamente) Mi dia la sua mano

FILIPPO – Non posso…ne ho bisogno…per gestire E così, cercando…ho trovato molte cose…Ho saputo chi è l’orco della novella….

MARIA – Oh!… Ma perché? Perché…Ha fatto male. Quelle tristezze e quelle rovine non riguardano che me…Perché frugare così nella vergogna. Doveva cercare tra i morti, non tra i vivi…

FILIPPO – Dovevo fare quello che ho fatto, e, prima di giudicarmi, deve sapere tutto…La sua figliola fu affidata a una contadina…

MARIA – Di Castelromito, lo so…

FILIPPO – Che la tenne assai bene assai amorevolmente…

MARIA – Per quei pochi giorni…

FILIPPO – Per tre anni.

MARIA – (Alzandosi di scatto) Non è vero!…Non è vero!…La mia piccina morì di convulsioni cinque giorni dopo la sua nascita….

FILIPPO – Stia calma…mi lasci dire…

MARIA – Lo hanno ingannato…morì subito…M’imbarcai perché era morta…

FILIPPO – E lei la vide, morta?

MARIA – Io?…No, no, non la vidi…ma non mi dia questo rimorso…lo hanno certamente ingannato….

FILIPPO – Dopo i tre anni di Castelromito, e non so ancora per quali ragioni, fu mandata molto più lontano….

MARIA – Lei m’impazzisce…lei…non è vero…non è vero…non può essere vero!

FILIPPO – Dopo, ancora , la riportarono qui, cioè, nei dintorni…dove…

MARIA – Dove?…Perché non continua?

FILIPPO – Dove vive ancora

MARIA – (con un urlo) Che cosa?….Che cosa dice?…. Lei…ha detto…che…Ma lo sa che cosa ha detto? Lo sa? (non può proseguire)

FILIPPO – Non così…non così, Maria!

MARIA – La mia…la mia…No! No! No! Ma no…via!

FILIPPO – Signorina Maria…lei non sta bene…Vuole che chiami?….

MARIA – No, per pietà…nessuno!….nessuno! Ora passa…Sto bene…e soffoco…Vorrei piangere…vorrei urlare…

FILIPPO – Cerchi di piangere, le farà bene….

MARIA – Non posso ora…sono troppo….lei mi annuncia la vita…della mia bimba morta…e sono fulminata come se fosse venuto ad annunciarmi la  morte della mia bimba viva…forse è più terribile, più impressionante….ma guardi…mi calmo…mi calmo tutta….Io voglio…voglio che il mio cuore stia fermo e zitto…per ascoltar lei…Dica ancora…dica tutto…La mia …la mia…e badi di non sbagliare: sarebbe la fine…Parli….giuro sulla…vita della mia bimba di non interromperla… Già!…sulla sua vita!…può dire tutto!…anche se mi dice non potrò mai vederla, né toccarla, né baciarla…non importa! Non importa!….basta che sia viva…basta che sia divenuta una bella creaturina di Dio….il resto non importa, non va! Non conta!….

FILIPPO – Non parli più, Maria…Non si esalti con le sue parole….Pianga….Pianga…

MARIA – Dopo si, piangerò tanto….Ora non posso…. È impossibile…Mi dice…mi dica…Dove l’hanno mandata? Come vive? Con chi vive?….Com’è come si chiama?…come la chiamano? Voglio sapere tutto…sia buono….dice tutto…E’ molto lontana?

FILIPPO – Non molto…

MARIA – Meglio…meglio così…Mi diva dove…Non dubiti---non farò niente…non la cercherò…Se il padre ha delle ragioni perché io non la conosca, non la conoscerò…Andrò a guardarla da lontano una volta…Me la prenderò negli occhi, e li, nessuno potrà toccarla….lì sarà mia….dica….dica…dov’è? In paese?

FILIPPO – No…precisamente…ma so che ci viene spesso

MARIA – Con chi?

FILIPPO – Non so ancora…saprò più tardi…tra poco, spero…sono corso appena ho saputo la cosa essenziale, cioè che sua figlia è viva e sana

MARIA – Ha fatto bene…grazie. Ma aspetti…allora..se viene spesso…qui…io avrei potuto vederla…

FILIPPO – E’ probabile…è quasi certo…perché…viene tutti i giorni…

MARIA – Tutti i….

FILIPPO – Tutte le mattine

MARIA – Dove?

FILIPPO – (prendendole le mani) Signorina Maria!

MARIA – Dovè? Dovè?…Perché ha paura?

FILIPPO – Viene a scuola…

MARIA – Ah!…qui…ma…ma…allora la mia bambina avrebbe ora…ha ora…quasi otto anni…e tutte le piccole di quell’età….tutte…sono…sono tutte…

FILIPPO – Nella sua classe…..(Maria ha negli occhi lo stranulamento degli allucinati. Non parla più. Si preme la testa fra le mani; è immobile, irrigidita) Maria! Maria! Non mi faccia paura…dovrebbe ridere e piangere di gioia per ringraziare Iddio! Maria, si faccia coraggio! MARIA – Si…ha ragione…ringraziare..ringraziare Iddio…Non dovrei fare altro!…Ma mi sono sentita morire…proprio morire…Mi mancava la terra e la luce e l’aria…E poi…la mia testa…se sapesse cosa c’è nella mia testa…C’è come degli urli, c’è come delle risate!….C’è come dei baci…La mia testa….ho paura che mi scoppi nella mani….E’ non voglio…me la tenga…c’è troppo chiasso…è pesante…pesante…Dio!…si…si…la mia bimba! La mia bimba! La mia bimba! (piange finalmente sulla spalla di Filippo)

FILIPPO – Così!…così!…povera mammina troppo felice!…così!….così!….

MARIA – Si…così…ma passa subito…vedrà che passa subito…e potrà dirmi…

FILIPPO – Non posso dire altro

MARIA – Ma lei sa…lei sa tutto…

FILIPPO – Niente…perché dovrei tenerla in questo stato? Saprò fra non molto…Deve venire da me una persona che sa…che dirà…che deve dire…

MARIA – Come faccio ad aspettare?…Come vuole che faccia?…

FILIPPO – Le direi di venire con me…continueremo insieme le ricerche…Ma è meglio evitare i pettegolezzi…Ce ne sono già troppi…Lascia fare a me… Abbia fiducia…(si ode la campana dell’uscita)

MARIA – Ha sentito?…Se ne vanno…E’ la campana dell’uscita…se ne vanno…Me la portano via…Non voglio…non voglio…(come pazza corre alla porta di fondo e l’apre. Si vede un gruppo di bambine dai sei ai dieci ani, che si avviano a sinistra. Maria le guarda un momento, poi, non potendosi trattenere, chiama la prima.) Lisa!…Lisina! (la prima bambina si avvicina, timida, per la presenza del conte Filippo. Le altre, incuriosite dal fatto insolito, dalla trepidazione e dalla voce della loro maestra, si avvicinano tutte, piano, piano) Lisina!…mia…senti…No…tu no!…conosco bene la tua mamma…(ad un’altra) E tu..amore…no…tu sei troppo grane…(ad un’altra) Carlotta…Tottina…non conosco la tua mamma…ma so chi è…Si…lo so…(ad un’altra) Maria…Mariuccia!…Tu ti chiami come me…ma no significa niente…e so…so che ce l’hai anche tu la mammina…la vedo…ti assomiglia tanto…(ad un’altra) Memè…sei troppo…hai sei anni appena…Bella! Amore!…Piccina! sei la più piccina! Annina! I tuoi occhi chiari…mi piacciono tanto…si vede tutto nei tuoi occhi…Tu stai lontano….non so quasi niente di te….Dimmi…dimmi…No, non piangere…voglio sapere per adorarti…Si, anche tu…tutte…tutte! Quante mamme che vi aspettano fuori per portarvi via! Quante mamme!…E io non vedo….Dio! Dio!…Perché non me lo dici tu sottovoce, nel cuore…Non ne posso più! Non so cercare…non so trovare! Tutti eguali questi occhi..tutti eguali questi sguardi…Non vedo…non vedo!…(sfinita, cade in ginocchio, prende in un grande abbraccio tutte le bambine, le stringe, le bacia, le soffoca d’amore) Non so…non indovino…Ma non importa…C’è anche la mia…C’è anche la mia!…(Filippo piange in disparte; Maria continua a baciare le bambine, freneticamente mentre cala il sipario).

 

                                                         FINE DEL SECONDO ATTO

 

 

 

 

ATTO TERZO

     In casa del conte Filippo. Un salotto sobrio ed elegante, molto maschile. Fucili d’ogni genere; trofei di caccia, armi antiche; collezione di pipe. Molti vasi da fiori, ma senza fiori, E’ un ambiente ricco, ma al quale manca, visibilmente, la delicata sorveglianza di una donna. A sinistra, in primo piano, un rande caminetto; sulla cappa uno stemma gentilizio dipinto a colori; sotto lo stemma il motto: Beata solitudo. Vicino al caminetto, ampie e comode poltrone. A destra, in gruppo, un tavolo, un canapè. Qualche sedia. Porte a destra e a sinistra. La grande porta-vetrata, in fondo, conduce direttamente in giardino. Quando si alza il sipario , il conte Filippo, sprofondato in una poltrona vicino al caminetto, legge un piccolo volume.

FILIPPO – Non fa una grinza….Si direbbe, proprio, che il legislatore ha preso la misura del nostro bravo signor Giacomo, prima di comporre questo articolo….Come un guanto! Gli sta come un guanto!

PALLONE – (entra, al trotto, fin quasi in mezzo alla stanza. Vede Filippo, si ferma, esita, torna indietro. Quando è di nuovo sulla porta, bussa) Si può?

FILIPPO – (alzandosi, vivamente) Così?…Come sta?….

PALLONE – (un po’ ansante) Sta meglio…Ho corso…

FILIPPO – Accomodatevi

PALLONE – Grazie. Troppo onore!…uff! sta meglio…non ha quasi più la febbre…

FILIPPO – Sia lodato Iddio!…E come ha passato la notte?

PALLONE – Male fino alle due…in un’agitazione da far paura…non ha mai smesso di chiamare a nome le bambine della sua classe, a una a una, piano piano, come se pregasse…Poi si è assopita per due ore…Ora sta bene…sta ferma…Io no…ho corso perché c’è un altro guaio…

FILIPPO – Che cosa?

PALLONE – Vuol parlare con lei…Mi ha mandato a dirglielo

FILIPPO – E io le mando a dire che se vuol muoversi prima che il dottore glielo permetta, la farò legare…Anzi, andate a dirglielo subito, di corsa

PALLONE – Di corsa!

FILIPPO -  Passate dal giardino e cogliete molte rose

PALLONE – Sempre di corsa…

FILIPPO -  Fatene un bel fascio e portateglielo da parte mia…Ditele che lavoro per lei, che le cose vanno bene…ma che stia ferma…che mi aspetti… (Pallone esce, trotterellando, dal giardino. Si bussa a sinistra) Avanti (entra il cavalier Guidotti)

GUIDOTTI – Signor sindaco, i miei omaggi

FILIPPO – Preferisco le vostre novità, se ve ne sono

GUIDOTTI – Ce ne sono. Ho trovato l’uomo

FILIPPO – Bravo per Dio…gene!…L’avete interrogato?

GUIDOTTI – Molto

FILIPPO – E…..?

GUIDOTTI – Niente

FILIPPO – E’ poco

GUIDOTTI – Non me ne accusi…Non c’è modo di farlo parlare

FILIPPO – Ma che cosa dice, per stare zitto?

GUIDOTTI – Parla d’altro…sfugge l’argomento…fa l’indiano…casca sempre dalle nuvole e non si rompe mai il collo…Del resto se ne accorgerà anche lei; gliel’ho portato

FILIPPO – E’ qui? Oh, benissimo! Voi mettete in tasca questo foglio e non vi allontanate! (gli dà una carta che c’è sul tavolo)

GUIDOTTI – Eh? Un mandato di cattura!

FILIPPO – In piena regola…Vedete che non perduto il mio tempo

GUIDOTTI – Ma non c’è reato…

FILIPPO – Cavaliere…mi fate compassione (gli mette sotto gli occhi il volumetto che leggeva) Leggete….qui ecco…Articolo 361

GUIDOTTI – (legge) “Chiunque, occultando o cambiando un infante, ne sopprime o ne altera lo stato civile, è punito colla reclusione da cinque a dieci anni…” Ma…

FILIPPO – Ma…che cosa?…Questo signor Macchia ha avuto, si o no, un infante?

GUIDOTTI –Oh! Di questo ne siamo più che sicuri

FILIPPO – Benissimo! In quale registro di stato civile abbiamo trovato traccia di questa nascita?

GUIDOTTI – In nessuno

FILIPPO – E credo che abbia cercato bene. Dunque: soppressione o alterazione di stato civile; dunque da cinque a dieci anni di reclusione

GUIDOTTI – Forse c’è prescrizione

FILIPPO – Si, ma dieci anni dopo la nascita dell’infante, come dice il codice…qui,ecco…

GUIDOTTI – Signor sindaco….si tratta di un uomo facoltoso, influente, prepotente….che ha le mani in tutte le paste. Lo scandalo sarebbe certamente grosso.

FILIPPO – E allora che parli…O parli ora o stia zitto per un pezzo. Ho deciso così e non retrocedo di un palmo.

GUIDOTTI – Allora sia abile e paziente, signor sindaco, se vuole farlo parlare. Non lo maltratti…

FILIPPO – Maltrattarlo?! Ma neanche per idea! Conosco anch’io questa gente e so per esperienza che spesso è più facile saper quel che accade nella testa di un mulo che in quella di un contadino…Lasciate fare a me, e avanti il nostro gentlemen farmer.

GUIDOTTI – Glielo mando (esce, e un momento dopo entra Giacomo Macchia. Aspetto rozzo di contadino ricco. Non apre bocca. Rimane vicino alla porta col cappellone grigio fra le mani)

FILIPPO – Ma avanti…avanti…caro signor Giacomo…accomodatevi…ecco..qui..ci starete benissimo (Giacomo diffidente guarda la poltrona e rimane in piedi) Che cosa guardate? Avete paura dei trabocchetti? Rassicuratevi (siede sulla poltrona e fa due o tre salti sulle molle) Niente trabocchetti! Neanche uno…Potete accomodarvi (Giacomo rimane ostinatamente in piedi, muto, diffidente, chiuso) Che cosa posso offrire al posto della disdignata poltrona? Un sigaro? Un caffè? Un bicchiere di vecchio vino? Ma non fate complimenti…In casa mia non si usano (pausa) E qua il vostro cappello!… Quel grigio-perla è delicatissimo; potreste macchiarlo stropicciandolo così (glielo prende di mano) Ho pregato il cavalier Guidotti di condurvi qui per due ragioni: prima, quella di fare la vostra conoscenza, perché so che siete un uomo di grandi meriti, un agricoltore di prim’ordine, un organizzatore senza eguali nella regione…il che giustifica abbondantemente questo mio desiderio di conoscervi (un silenzio. Come se Macchia avesse risposto al complimento) Oh, prego, il piacere è tutto mio…seconda ragione: il bisogno, diciamo così, impellente di chiacchierare con voi, così, da uomo a uomo, confidenzialmente…e, se volete, amichevolmente…(pausa) Si, caro signor Macchia, su certi fatti ho bisogno che mi rischiarate

GIACOMO – Che mi piglia per un lampione?

FILIPPO – Buonissima! Bravo! Sapevo che siete anche un uomo, di spirito, un uomo…

GIACOMO – Del quale la polizia non si era mai occupata…e non so dirvi quanto sia sorpreso di…

FILIPPO – Coraggio! Un buon bicchier di vino

GIACOMO – No!

FILIPPO – Allora, così, a bocca asciutta, volete permettermi qualche domanda?

GIACOMO – Non so, proprio, quali domande…

FILIPPO – Oh, semplicissime…Vorrei sapere…

GIACOMO – E io vorrei sapere se fate il sindaco o il giudice istruttore

FILIPPO – Né l’uno n’è l’altro…Faccio il galantuomo

GIACOMO – Non è un titolo per interrogarmi

FILIPPO – Assaggiate questi sigari

GIACOMO – No

FILIPPO – E’ un vero piacere chiacchierare con voi!…Si tratta di una certa Maria Bini Lucani. Ma, forse, non ricordate….E si capisce! Ne avete conosciute tante di donne, e giovani, giovanissime…

GIACOMO – O che forse piacciano vecchie, a voi?

FILIPPO – Ah, non perdinci!

GIACOMO – E allora? So che anche voi ne avete fatte più di Bertoldo

FILIPPO – E chi lo nega? Non voglio mica passare per uno stinco di stanco…e poi, caro Giacomo, confessiomecelo una buona volta, noi siamo tutti eguali

GIACOMO – Tutti eguali!

FILIPPO – Tutti peggio.. e io sono d’accordo con colui che disse che in ogni uomo c’è un porco che sonnecchia…. .

GIACOMO – (ride suo malgrado) E ogni volta che si sveglia…

FILIPPO – Ne fa di tutti i colori! E ora che avete rotto il ghiaccio con quella fine risata…ditemi se vi ricordate quella Maria Bini…

GIACOMO – Maria…come?

FILIPPO – Maria Bini Lucani

GIACOMO – Mai vista

FILIPPO – Si, l’avete vista

GIACOMO – Non saprei dove

FILIPPO – (ridendo) Forse in camera vostra, boia d’un Giacomino….E scommetto che non vi ricordate neanche della bambina che nacque

GIACOMO – Oh! Oh! Oh! Non facciamo scherzi, veh! Sono sempre stato sterile io…Non scherziamo. E poi, mi sembra che sarebbe ora di dirmi perché mi parlate di tutte queste cose…con quale scopo…

FILIPPO – con lo scopo d’evitarvi una grave seccatura…

GIACOMO – Una grave seccatura?…

FILIPPO – E lunga…lunga…molta lunga…Voi avete molti nemici, caro Giacomo…siete troppo ricco, troppo fortunato, troppo felice….basta per avere dei nemici. Figuratevi che mi hanno perfino fatto leggere un articolo contro di voi….

GIACOMO – Calunnie! Ma di quanto si stampa nei giornali, me ne…

FILIPPO – Non si tratta di un articolo di giornale, ma di un articolo del Codice

GIACOMO – (scosso) Del codice?

FILIPPO – Penale. Volete che ve lo legga? Quattro righe appena

GIACOMO – Avete propria voglia di burlarvi di me

FILIPPO – Ma no, caro Giacomo; siete voi che vi siete, forse, u po’ troppo burlato del Codice

GIACOMO – Giuro di non capirne un’acca!

FILIPPO – E ora il codice vorrebbe vendicarsi di voi

GIACOMO – Non ho paura. Ho sempre agito da galantuomo

FILIPPO – Anche con le donne?

GIACOMO – Con le donne ho agito da uomo…ho agito come gli altri…Siamo tutti eguali…ricordate il orco che dorme

FILIPPO – Il vostro soffriva d’insonnia!

GIACOMO – E io non devo conto a nessuno sulla mia vita privata. Non rispondo più

FILIPPO – Si…

GIACOMO – Neanche se mi fate a pezzi

FILIPPO – Non vi faccio a pezzi perché in galera vi ci voglio mandare intero

GIACOMO – Come?

FILIPPO – Come non so…a piedi, in vettura, in automobile…

GIACOMO – Voi mi mandate in galera? A me?

FILIPPO – Da cinque a dieci anni…Ma conto sulle mie amicizie per farvi ottenere il massimo

GIACOMO – Dovreste sapere anche ammettendo che queste frottole fossero vere che quello stesso Codice che avete in mano, proibisce la ricerca della paternità

FILIPPO – Non ho cercato un padre; ho trovato un figlio

GIACOMO - Non mio

FILIPPO – Vostro!

GIACOMO – Nego!…Son cose dell’altro mondo!

FILIPPO – Proprio! Perché vengon d’America

GIACOMO – Che c’entra l’America?

FILIPPO – C’entra, perché se delle vostre piccole vittime, come Laura Monti e come Emilia Luino non si è saputo più niente, c’è questa Maria Bini Lucani che ha avuto la malaugurata idea di tornare  

GIACOMO - (impressionato) Non è vero!

FILIPPO  - Dunque la conoscete!?

GIACOMO  - Non conosco nessuno…volevo dire…

FILIPPO – Che cosa?

GIACOMO – Dico….

FILIPPO – Dite…dite…Non dite niente perché non avete niente da dire né da negare. Maria Lucani è tornata.

GIACOMO – Buon pro le faccia!

FILIPPO – E ha parlato

GIACOMO – Chiacchiere

FILIPPO – Fatti

GIACOMO – Fuori le prove!

FILIPPO – Le daremo

GIACOMO – Non ce ne sono

FILIPPO – Si

GIACOMO – Neanche una…neanche mezza (si bussa a sinistra)

FILIPPO – Avanti (entra Maria. Piano a Giacomo ) Eccone una…e intera!

MARIA – Ah! Non è solo!…Scusi…

FILIPPO – (si mette in modo d’impedire a Maria di veder Macchia) sono solo…

MARIA – Ma…

FILIPPO – Niente…non se ne occupi…è un…Lei non lo conosce…ha avuto torto di uscire, Maria…avevo tanto raccomandato…

MARIA - (nervosa, trepidante) Mi perdoni…Non ne potevo più…Non posso più stare ferma…La mia smania mi faceva paura…Sono uscita perché sto bene…perché sono guarita…Non mi sgridi e mi dica che ha saputo…Non mi dice niente?…

FILIPPO – Dico che non bisogna tremare così…?

MARIA – Non tremo…son brividi di gioia o di paura, non saprei dirlo…ma sto bene…perché sono piena di speranza, sono tutta una speranza, dalla testa ai piedi…Dica…ha saputo come si chiama la mia….

FILIPPO - Lo sapremo tra poco

MARIA – Ma quando?

FILIPPO – Fra poco…Ho avuto un colloquio col padre…

MARIA – (come spaventata) Ah!

FILIPPO – E’ l’unica persona che sa..che può dire.. che dirà…

MARIA – Non si lasci ingannare…quell’uomo è capace di tutto..

FILIPPO – Crede?

MARIA – Di tutto..E’ la più fredda canaglia che sia al mondo…non esagero…Ora che sono sicura di riavere viva la mia creatura, sarei perfino capace di perdonargli il male che mi ha fatto…Ma non si lasci ingannare…E’ tanto cattivo…Avere conosciuto ed amato un uomo come quello, equivale ad aver commesso un delitto e se ne ha un rimorso inguaribile…Non si lasci ingannare da quel miserabile!

FILIPPO – Saremo più forti di lui…Lei stia tranquilla…..Vada in giardino…la chiamerò…e non si faccia vedere prima…Devo dirle tante cose, anch’io…Ha avuto le rose da Pallone?

MARIA – Sono uscita prima che tornasse…

FILIPPO – Gliene farò cogliere tante…da tappezzare la sua camera, da cima a fondo, per quando c’entrerà per la prima volta la sua….

MARIA – Come si chiamerà?

FILIPPO – Non si tormenti…Si chiamerà col più bello dei nomi….

MARIA – Peccato che non ci siano delle parole fatte soltanto per ringraziare! Non ce ne sono…per ringraziare di un miracolo come quello che ha fatto lei per me…non c’è che il silenzio e le lacrime…Sto zitta e piango…Vede queste due lacrime che mi accecano….? Sono le due più belle parole di gratitudine che ho in cuore e che la voce non vuol dire, forse per paura di sciuparle…Ma lei le capisce…vero?

FILIPPO – Si…ora sia tranquilla…Questo sarà un giorno buono per lei

MARIA – Un giorno benedetto

FILIPPO – Dunque sia serena e allegra

MARIA – Lo sono…si…anche allegra….allegra anche se piango…mi pare di avere il cuore in estasi, in festa…di più…meglio ancora…ma non so come dire….mi par di avere il cuore imbandierato…Grazie. Ora vado in giardino…aspetto…Ma non mi faccia aspettare…mi chiami subito…perché, se no, quando mi chiamerà non ci sarò più…sarò consumata…svanita…Vado….grazie! (esce correndo)

FILIPPO – E così? L’avete vista?

GIACOMO – (Impassibile) Chi?

FILIPPO – La prova…Non avete riconosciuto quella donna?

GIACOMO – Non posso riconoscere chi non conosco

FILIPPO – E neanche vi siete riconosciuto nel delicato ritratto che ha fatto di voi?

GIACOMO – Non so di chi parlava

FILIPPO – Ma sapete, Macchia, che se non avessi per il ciuco la stima e la considerazione che ho, vi paragonerei ad un ciuco?

GIACOMO – Signor sindaco!…

FILIPPO – E direi che siete peggio, più duro, più cocciuto, più peloso d’un ciuco

GIACOMO – Smettetela!

FILIPPO – Ma come! Ma che non avete sentito quel che c’era in quella povera voce? Che non avete capito l’ansia, la paura, la speranza di quella disgraziata che cera, che aspetta, che vuole la sua creatura?…Perché, insomma, non chiede altro!…Siete stato zitto! Voi sapete e rimanete impietrito così? Per paura delle conseguenze e delle responsabilità, private una mamma del più sacrosanto dei suoi diritti: quello di poter voler bene alla sua piccina; di potersela stringere fra le braccia, di potersela baciare a modo suo…Ma…ma è incredibile!…Quella povera donna sa che nel piccolo branco delle sue allieve, c’è anche la sua bambina, quella del suo amore e del suo dolore…Voi solo sapete qual’è quella bambina…ne sapete il viso e il nome; sapete a chi è affidata, sapete chi la conduce ogni mattina a scuola, dalla sua maestra, dalla sua mamma…Sapete tutto e state zitto e prolungate lo strazio e l’angustia di questa povera vittima!…Ma è semplicemente mostruoso quel che fate! E siete più vile ora di quando prendeste quella ragazza rendendola madre e che, dopo, la buttaste in un bastimento come si butta nella cassa delle spazzature l’osso della carne che si è divorata! Parola d’onore! Guardandovi, mi vergogno che essere un uomo anch’io! Ah, perdio! Ma che cosa vi hanno messo al posto di quel muscolo che si chiama cuore, e al posto di quella fiaccola che si chiama coscienza? Me lo sapreste dire? Altro che ciuco! Anzi, ciuco, ti chiedo perdono di averti paragonato a una simile bestia! Perdonami…non lo farò più

GIACOMO – (cinico e sorridente) Avete finito?

FILIPPO – Badate!…La mia pazienza è agli sgoccioli…

GIACOMO – Ma sapete che siete un predicatore di prima forza?

FILIPPO – Badate che vi faccio pagar il vostro cinismo!

GIACOMO – E’ meno facile di quanto si crede mandare in galera un galantuomo

FILIPPO – Non ci mando un galantuomo: ci mando voi

GIACOMO – (alzandosi) Benissimo…! Aspetto l’invito a casa…

FILIPPO – (suona) Fermo, Giacomino

GIACOMO -  Come?

FILIPPO – L’invito è già stampato (entra il cavalier Guidotti) Cavaliere, voi, conoscete il caso del qui presente Giacomo Macchia, poiché siete stato incaricato di indagarne le origini e i particolari

GUIDOTTI – Infatti, signor sindaco…

FILIPPO – Ho usato di tutti i mezzi conciliativi per mettere in tacere quest’affare poco pulito, ma è stato inutile. La mia missione è terminata. Incominciate la vostra.

GIACOMO – Ma che cosa significa?

GUIDOTTI – (traendo una carta) In virtù di questo regolare mandato di cattura…

GIACOMO – Che cosa diavolo mi andate….

GUIDOTTI - …e in nome della legge vi dichiaro in arresto

GIACOMO – Ma voi siete ubriaco!

GUIDOTTI – Adagio con le parole!

GIACOMO – Ma voi siete matto!

GUIDOTTI – Posso far uso della forza!

FILIPPO – Che cosa preferite, caro Giacomo: due semplici guardie di pubblica sicurezza, o una bella coppia di carabinieri? Scegliete…la spesa è la stessa..

GUIDOTTI – Seguitemi

GIACOMO – Se mi toccate…

GUIDOTTI – No fate il prepotente: è inutile!

GIACOMO – Un giorno saprò chi mi ha denunciato, e allora, sotto i miei piedi lo voglio mettere! Ma ora voglio parlare con voi, altri due minuti…

FILIPPO – Per concludere?

GIACOMO – Si

FILIPPO – Come voglio io?

GIACOMO – Si

FILIPPO – Andate, Guidotti, vi richiamerò (il cavaliere Guidotti esce) Garantisco che non avrete ulteriore seccature

GIACOMO – Ma quella denuncia?

FILIPPO – Sarà ritirata

GIACOMO – Scrivetemelo!

FILIPPO – Ve lo dico: basta. E ore facciamo presto. Foste l’amante di quella ragazza?

GIACOMO – Si

FILIPPO – E dal vostro, chiamamolo amore, nacque una bambina?

GIACOMO – Si

FILIPPO – Che faceste sparire?

GIACOMO – Furono i miei genitori. Ero un ragazzo

FILIPPO – Di quasi trent’anni…poverino! La madre la mandaste in America?

GIACOMO – In seconda classe; cinquecentoequarantalire

FILIPPO – La nascita di questa bambina non fu denunciata

GIACOMO – Nacque in campagna…lontana da ogni centro…Facevo un tempo da cani…E poi, nessuno credeva che vivesse più di un’ora, tanto era patita…

FILIPPO – Chi l’ha adesso?

GIACOMO – Una certa Rosa andreani

FILIPPO -  Non sta qui…

GIACOMO – No. Sta a Radicela, a circa due chilometri

FILIPPO – Come si chiama la bambina?

GIACOMO – Ecco..a dire la verità…

FILIPPO – Non sapete il nome di vostra figlia? Benone! E non fu riconosciuta da nessuno?

GIACOMO – No

FILIPPO – E’ un pezzo che non la vedete?

GIACOMO – Si…da un pezzo…

FILIPPO – Da quando?

GIACOMO – Ma…da quando è nata..Capite: il lavoro, le occupazioni, la mia situazione….Ma non le è mancato mai niente!…Ho sempre passato un mensile di trenta lire

FILIPPO – Sciupone!

GIACOMO – Volete sapere altro?

FILIPPO – Voglio sapere se avete detto la verità

GIACOMO – Posso giurarlo

FILIPPO – Giuratelo…cioè, no…Preferisco convincermene in altro modo (scrive rapidamente)

GIACOMO – Non vi fidate?

FILIPPO – (scrivendo sempre) Punto. (suona il campanello. Continua a scrivere. Entra il cavalier Guidotti) Vi prego di eseguire alla lettera queste istruzioni. Confrontate il Macchia con questa Andreani…Fatela parlare…Prendete la bambina, conducetela qui. Del resto tutto e scritto…Presto…Servitevi della mia automobile. Dopo, il signor Macchia ridiviene libero cittadino

GIACOMO – Grazie, signor sindaco (gli stende la mano)

FILIPPO – No…niente manette per ora…Andate. Cavaliere, osservate bene questi appunti…specialmente nell’ultima parte, la più delicata…Mi raccomando…dalla parte del giardino…la tromba forte…

GUIDOTTI – Non dubiti, signor sindaco…(esce con Giacomo)

FILIPPO – (va alla porta di fondo e chiama) Signorina Maria!…

MARIA – (entra correndo, veloce; guarda intorno a sé come cercando, e non vede nessuno. Con un grande sforzo cerca di calmarsi. Dopo una lunga pausa piena d’interrogazioni ansiose a Filippo. Parlando d’altro) Quante rose nel suo giardino! Non ne avevo mai viste tante!

FILIPPO – Saranno tutte per lei, Signorina Maria

MARIA – No…peccato…non le rompa…le lasci vivere..sono così belle, fresche, allegre! Non le sciupi per me…Mi hanno tenuto compagnia…le chiamavo con dei nomi umani…ne cercavo una più profumata delle altre…o che avesse un profumo speciale per me…ma niente!…tutte eguali! Tutte belle! (suo malgrado si volta, guarda la porta come aspettando un’apparizione) Parliamo d’altro. Vorrei parlare d’altro…

FILIPPO – Che cosa può interessarla?

MARIA – Non so…Tutto m’interessa…

FILIPPO – Perché niente l’interessa…(pausa) Sono andati  a  prenderla…

MARIA – (come spaventata) Non mi dica niente! Per pietà! Se mi metto ad aspettare, non saprò più aspettare…Mi rientrerà la smania di prima e non ne posso più…Bisogna che aspetti senza accorgemene… Mi faccia dimenticare che aspetto…Mi parli di qualunque cosa…la più indifferente…mi parli di lei…

FILIPPO – Grazie!

MARIA – (guardandolo) Perché? Che cosa ho detto…? Non ricordo…a volte penso e dico involontariamente…Non sono io che parlo…è, forse, la mia coscienza di mamma che parla, ma è tanto nuova in me…che non sa quel che dice; non la capisco ancora. E’ offeso?

FILIPPO – No, Maria…

MARIA – Davvero, vorrei che mi parlasse di lei, che mi dicesse come ha fatto a essere così buono; perché?

FILIPPO – Forse sono stato meno buono di quanto pensa…Eh! Si…la bontà che ha uno scopo, oltre a quello di fare il bene, è già meno buona…

MARIA – Non capisco…Quale scopo?

FILIPPO – Non lo so…E’ meglio che stia zitto…Forse, parlando, sciuperei quel poco che ho fatto…

MARIA – E’ strano!..Mi sembra di non capire…

FILIPPO – Perché è lontana da tutto e da tutti…E’ in alto mare…Vede la luce di un faro che l’attira e non vede altro…Non vede neanche le stella che sono al di sopra di lei; non sente neanche il mormorio del mare…non percepisce neanche il palpito di vita che la circonda…che le è tanto vicino…Niente! Il nuovo punto luminoso della sua vita…e nient’altro…Forse ho torto, Maria!

MARIA – Mi fa tanto piacere quando mi chiama Maria, così, semplicemente!

FILIPPO – Vuole che con la stessa semplicità le dica altre cose…di altre persone…di un’altra persona che, a poco a poco, proprio senza volerlo, le si è avvicinata tanto…con tanta devozione…con tanta tenerezza?… 

MARIA – Parli…parli…mi dica…mi spieghi…voglio capire…

FILIPPO – Guardi che cosa c’è scritto, lassù, sulla cappa del camino

MARIA – (legge) Beata Solitudo…E’ vero!

FILIPPO – No. Non è vero, Maria. La solitudine è beata quando si cerca il bisogno di riposo e di serenità. Ma, quando, invece, è lei che ci trova, che ci prende, che ci avviluppa e c’imprigiona…non è più una beatitudine..ma diventa una paura…

MARIA – Allora, perché ha fatto scrivere quel motto?

FILIPPO – Perché avevo vent’anni..e perché nella mia vita c’era una meravigliosa confusione di desideri, di sensazioni, di donne, di piaceri, di soddisfazioni. Ho fatto scrivere l’elogio della solitudine perché non ero mai solo…

MARIA – E ora?

FILIPPO – Ora, Maria, giuro che non ho più vent’anni…e incomincio a sentire un bisogno incredibile di non essere più solo…Del resto, quando un uomo fa collezione di pipe e fucili, è perché non può più collezionare i piaceri, le donne e le sensazioni; è perché lo spirito, invecchiando, diventa monotono e pauroso…Guardi questa casa, Maria Che abbandono! Che deserto! Il giardino è pieno di fiori, ma non c’è mai una mano che li colga per me…E senta che silenzio…Sempre così! Mai una voce, mai un’allegria, mai una risata…Mai nessuno che mi auguri il buon viaggio quando parto; mai nessuno che mi dia il benvenuto quando torno. Incomincio ad avere un po’ paura, e sento in me un gran bisogno di voler bene…di voler tanto bene…Capisce, Maria?

MARIA – (gli occhi fissi nel vuoto) Anch’io, sa: il bisogno di voler bene…anch’io!

FILIPPO – Il bisogno di avere vicino, sempre, un piccolo essere delicato, sensibile, intelligente e buono, da proteggere, da accarezzare….

MARIA – (quasi a sé stessa, piano) Anch’io! Anch’io! Un piccolo essere tutto per me

FILIPPO – Ho conosciuto molte creature belle, carine, bionde, brune…e non ho mai saputo indovinare quello che dovevo amare…quella che mi era destinata…la mia!

MARIA – Come me! Come me! Non so indovinare!

FILIPPO – E la cercavo disperatamente…

MARIA – (quasi a sé stessa, piano) Come cerco io

FILIPPO – La cercavo nel mio cuore…

MARIA – (come a sé stessa) Come frugo io nel mio!

FILIPPO – La cercavo nella mia solitudine…

MARIA – Anch’io…come un cieco cerca la luce

FILIPPO – E l’ho trovata, Maria…finalmente!

MARIA  - (guardandolo) Io no!

FILIPPO – Maria!

MARIA – Non mi riesce…non so indovinare…

FILIPPO – Perché non vuol capirmi, Maria…

MARIA – (febbrile) Ma si, ho capito, Lei ha trovato… Io cerco ancora…Le è mai accaduto di cercare un viso conosciuto in una folla di visi sconosciuti? A me, accade l contrario…Cerco un viso sconosciuto in una folla di visi conosciuti…Cerca il viso sconosciuto della mia bambina in mezzo a visi conosciuti delle altre bambine….E non lo trovo mai…Mi sfugge…e quelle poche bambine si  moltiplicano all’infinito…diventano moltitudine…e mi ci perdo..se ogni stella avesse un viso, come si potrebbe trovare quello che si cerca?…Così cerco…io…e mi stanco…mi stanco…mi stanco…!

FILIPPO – Non vuol capirmi…

MARIA – Ho capito bene…tutto..E’ nato in lei un gran bisogno di voler bene…

FILIPPO – Di volerle bene, Maria…

MARIA – (guardandolo con indefinibile stupore) A me?

FILIPPO – A lei, Maria…E non può immaginare quanta gravità ci sia nelle mie parole

MARIA – Ma no, non voglio…

FILIPPO – Perché?

MARIA -  Ma perché non può essere…perché non deve essere

FILIPPO – Aspetti…non sia così recisa….Mi dia una ragione…rifletta..Lei è buona, Maria; lei è…

MARIA – Sono una mamma…nient’altro. Se sono stupita, sbalordita di quanto mi dice….è segno che non sono più una donna

FILIPPO – Lo è tanto, invece!

MARIA – No..lo ero…Mi sentivo donna in ogni pensiero…Ma ora? Come potrei esserlo? Lei ha ritrovata la mia creatura …la mia figliola, la mia bimba..ed è lei, lei stesso che vorrebbe…ma io non esisto…io non ci sono, oramai, per nessuno… Come ha potuto pensare che potessi ascoltarlo? Se fossi stata mamma come  tutte  le altre…o se non lo fossi stata mai…forse non dico…anch’io ora…ora…Ma lei non sa dunque; lei non calcola l’arretrato che c’è nella mia maternità? Ma non sa che non potrei, che non saprei distrarre neanche un battito di cuore della mia piccina che non vedo ancora, che chiamo, che cerco, che aspetto…che non so che sia!

FILIPPO – Ma quella bambina, Maria, avrà pur bisogno di un po’ di sicurezza, di un avvenire…

MARIA – Glielo farò io colle mie mani, col mio amore!…Sono stata tanto sballottata dalla vita, che non ho più paura di niente…Lavorerò…e sarà il mio orgoglio creare un piccolo benessere a quella creaturina che ho in me da nove anni, che sento in me e che non vedo come non la vedevo quando ero incinta…Ma come vuole che ci sia posto per un altro sentimento, ora? Non è possibile! Deruberei lei!, me stessa, e più di tutti, deruberei la mia piccina se non le portassi un sentimento completo, intatto, puro, esclusivo…

FILIPPO – Mi fa tanto male…

MARIA – Non lo dica! Se è vero, non lo dica…Non turbi questa mia attesa che è tanto bella, tanto divina nel suo egoismo…gliel’ho detto: non mi parli mai d’amore…E non soffre…Lei è tanto libero, tanto ricco…tanto buono…Quello che cerca, quello che merita, non sono io….mi capisca…c’è una tale gratitudine per lei, per sempre: non la sciupi; mi dia un bacio e mi perdoni…se non so mentire

FILIPPO – (commosso, baciandola) Si…ha ragione…Ho quasi chiesto la ricompensa di quel che ho fatto…Mi vergogno…Non dica altro…Ora ragiono…Forse lei non potrà rimanere qui, colla sua bambina

MARIA – Andrò altrove

FILIPPO – Mi permetta di occuparmi di lei

MARIA – Si…si…accetto…quel che vuole…si occupi di noi

FILIPPO – E non la vedrò più!

MARIA – Ogni volta che la mia piccina mi lascerà il cuore libero per un attimo….lo dedicherò a lei…Verrò a trovarla, anche da lontano, per ringraziarla, per benedirla…

FILIPPO – Si…l’aspetterò sempre…E ora senta, Maria: in casa sua ci sono dei vicini…dei curiosi…Bisogna che nessuno le rubi niente della sua gioia…Bisogna che sia sola quando verrà la sua bambina

MARIA – Grazie …Grazie…

FILIPPO – La porteranno qui…E dopo combineremo per la sua partenza (si sente in lontananza il rumore di un’automobile)

MARIA – (prende le mani di Filippo, lo guarda, s’irrigidisce come stesse per morire) Lei?

FILIPPO – Si…certamente…

MARIA – Stia qui…non mi lasci…

FILIPPO – No…devo andare…Stia qui lei, seduta, ferma due minuti…io…vado…ad occuparmi delle …rose! Ferma…così..(esce di fretta dal giardino)

MARIA – (rimane ferma un momento come impietrita, cogli occhi fissi nella sua visione; si alza di scatto come se avesse udito un rumore) No…niente…non mi volto…Se mi volto, non sarà lei… sarà qualcuno che viene a dirmi che…Dio mio…Un po’ di pietà…Non ne posso più..veramente, non ne posso più! (è entrata Annina dal fondo, o piuttosto, è entrato un enorme fascio di rose che nasconde una bambina)

ANNINA – (piano, piano, si è avvicinata a Maria; quando le è proprio accanto) Ecco le rose…mamma..

MARIA – (non può parlare, non può urlare; si volta lentamente, come se temesse una delusione; cerca tra le rose il viso della bambina, la guarda) Tu? Tu?….(e ripete macchinalmente il monosillabo, senza poter dir altro)

ANNINA – Mi hanno detto..di dirti…e ho detto…E’ vero che sei la mia mamma? (lascia cadere le rose)

MARIA – Tu?…tu?…

ANNINA – Ti dispiace che ti dice: mamma?

MARIA – Tu?…Annina?…Tu?! Ora…mi pare che lo sapevo…mi pare…tu?…tu?…

ANNINA – Perché sei così…? Ti senti male?

MARIA – Tu?…(vinta, sfinita d’emozione, si butta sulla poltrona e piange disperatamente)

ANNINA – Mamma!….Mamma!…

MARIA – Si! Si! Dillo…dillo…continua…dillo!…tu!…tu!…

ANNINA – Ora ridi?….

MARIA – Tu…la mia…la  mia…(la prende, la stringe pazzamente in una frenesia di pianto e di gioia)

ANNINA – Mamma!…andiamo, su!…Non far la bambina! (si tengono strette e il sipario cala lentamente).

               

                                        

                                             F I N E