La maschera e il volto

Stampa questo copione

 


commedia in tre atti

di Luigi Chiarelli

PERSONAGGI:

Conte Paolo Grazia, 35 anni.

Luciano Spina, avvocato, 30 anni.

Cirillo Zanotti, banchiere, 50 anni.

Marco Miliotti, magistrato, 40 anni.

Giorgio Alamari, scultore, 25 anni.

Piero Pucci, 25 anni.

Savina Grazia, 28 anni.

Marta Setta, 25 anni.

Elisa Zanotti, 30 anni.

Wanda Sereni, 20 anni.

Andrea

Giacomo        servi.

Teresa

Oggi, sul lago di Corno.


ATTO   PRIMO

Una vasta sala a terreno nella Villa Grazia sul lago di Corno. Per una larghissima porta a vetri si esce su un' ampia terrazza fiorita che s'inoltra sul lago. A destra e a sinistra scale che scen­dono alla riva. Sulla terrazza, in fondo, alcuni piccoli tavoli; più avanti un tavolo da giuoco. Su ogni tavolo v'è una lampada con paralume colorato. La sala, mobiliata con ricchezza e buon gusto, è nella penombra. Due porte a destra, due a sinistra. La luna batte in pieno sul lago.

(All'alzarsi del sipario Marta sta suonando al piano­forte un tango argentino. Wanda e Piero danzano. Gli altri conversano, assistendo alla danza. Savina e Luciano sono sulla terrazza. A tratti, mentre suona, Marta si volge a guardarli.)

Elisa. -        Che bellezza!... Come ballano bene!...

Giorgio. -    Vedete? Atteggiamenti di Tanagra.

Elisa. -        Si chiama Tanagra l'inventore del tango?

Marta. -      Lo si dovrebbe proibire ; è immorale!

Cirillo. -    Amica mia, nulla è immorale! Bisognerebbe proibire gli uomini.

Marta. -      (volgendosi) Ecco una cosa giusta!

Cirillo. -    Perché le donne sembrassero morali.

Marta. -      Impertinente!

Elisa. -        (a Giorgio) Vi piace ballare?

Giorgio. -    No.

Elisa. -        Peccato!... (sospira).

Wanda. -     (arrestandosi improvvisamente, a Marta) Smetti, smetti! (Marta smette di suonare. Wanda, in­dicando il lago) Sentite?... Sono loro... gli americani!

Elisa. -        Gli amanti? (infatti s' ode salire dal lago una voce maschile modulata sul ritmo lento d'una canzone americana. Tutti per qualche momento tacciono in ascolto) Come si devono amare!

Cirillo. -    Chi sa! Mi sembra che abbiano bisogno biso­gno di troppi pretesti, quei due giovani, per il loro amore: il lago di Como, il chiaro di luna, la canzone nostalgica..

Elisa. -        Non ti permetto di dir male di loro.

Cirillo. -    Non ne dico male: li compiango.

Elisa. -        Sei un eretico. (a Giorgio) Non vi sembra che siano deliziosi? (si allontana con lui parlando).

Piero. -        Amore da esportazione.

Marta. -      L'Italia è diventata il sanatorio degli adulteri fuggiaschi.

Wanda. -     Si dice che siano stati costretti a fuggire per­ché ella ha un marito terribile.

Paolo. -       Un marito che si rispetti non si lascia scappare la moglie con un amante.

Marta. -      Che cosa fareste voi? (volge lo sguardo a Savina ridendo).

Savina. -      (infastidita) Marta? (si allontana verso la ter­razza).

Marta. -      Mi diverte.

Paolo. -       Che cosa farei? L' ucciderei; eh, sì, 1' ucciderei. D' altronde è una cosa che si sa, questa. (a Savina che torna) Non è vero, Savina?

Savina. -      Ma figurati, caro!...

Paolo. -       Ecco!...

Marta. -      E dell'amante che cosa ne fareste?

Paolo. -       Nulla. Un marito deve vedere in ogni uomo un possibile amante della moglie.

Marco. -      L'uomo è sempre nel suo diritto!

Marta. -      Eh, già! il dovere è stato inventato per le donne!...

Cirillo. -    Per dar più sapore ai loro peccati.

Elisa. -        Per eccitare la fantasia degli uomini, piuttosto!

Cirillo. -    Guai per le donne se gli uomini non avessero una grande fantasia: apparirebbero una così povera cosa!

Wanda. -     (dalla terrazza) Eccoli laggiù. Li distinguo perfettamente. Come devono essere felici!...

Elisa. -        Cari!...

Wanda. -     Chi di voi li conosce?

Elisa. -        Li ho veduti una sera sulla spiaggia.

Wanda. -     E' bella?

Elisa. -        Non saprei dire.

Marta. -      Giovane?

Elisa. -        Molto. Egli invece è bellissimo; somiglia ad uno di quei giovani che si vedono sui manifesti delle esposizioni.

Wanda. -     Non si lasciano un minuto.

Elisa. -        Cari!

Wanda. -     E le persiane della loro villetta sono sempre chiuse!

Cirillo. -    Fabbricheranno monete false!

Wanda. -     Ed escono soltanto a sera inoltrata; e se ne vanno così, cullati dalla canzone, sognando...

Cirillo. -    Sì, finché un giorno non si ridestino... come avvenne a quei due dell' anno passato.

Marta. -      Che cosa avvenne l’anno passato? Io non c'ero.

Cirillo. -    Avvenne che... eran venuti qui sul lago due giovani americani, due amanti... E un bel giorno apparve il marito.

Marta. -      E allora?

Cirillo. -    Nulla. La perdonò, e se la riportò laggiù!

Paolo. -       Ridicolo!

Cirillo. -    Perché?!...

Paolo. -       Perché?... Ma perché un marito che perdona è ridicolo, cento volte ridicolo. E non esiste nulla di peg­giore del ridicolo. Per un tale marito non c'è che il suicidio, dopo.

Piero. -        Si dice che 1'amante pagò al marito ventimila dollari, più le spese del viaggio.

Paolo. -       Ah, se egli ne faceva una professione!...

Elisa. -        Ma sembra che appena arrivata laggiù, ella ne morì di crepacuore.

Wanda. -     Basta, altrimenti mi farete passare la voglia di prendere marito.

Piero. -        Ahimè, è una voglia che passa solo col matrimonio.

Wanda. -     Stupido!

Elisa. -        Il marito è una disgrazia necessaria per noi donne!...

Wanda. -     E se io ti tradissi mi uccideresti tu?

Piero. -        Questo vuol dire che sei certa che io ti sposerò.

Wanda. -     (più basso) Oh, sai bene che non è possibile il contrario!

Piero. -        Tutto è possibile, anche che io ti sposi.

Wanda. -     Anche che io ti cavi gli occhi.

Cirillo. -    Che cosa si dicono questi due fidanzati? Si bisticciano di già! Male!... Non vi resterà più nulla da fare quando sarete sposi. Non bisogna compromettere le future gioie del matrimonio.

Piero. -        Mi domandava se la ucciderò il giorno in cui mi tradirà!

Cirillo. -    E che cosa le hai risposto?... No, no! Ucci­derle vuol dire prenderle sul serio; e questo non si deve fare; sono troppo graziose!...

Elisa. -        Parlate ancora di fedeltà in amore?

Piero. -        Hanno questo cattivo gusto, signora mia!

Elisa. -        La fedeltà non è virtù, è ignoranza!

Marta. -      Per questo alle infedeli occorre dare delle lezioni.

Wanda. -     Uccidendole? E come allora ne possono profit­tare delle lezioni?

Marco. -      Ne approfitteranno le altre.

Cirillo. -    Eh, sì, sì!... Con queste idee voi commetterete grandi sciocchezze nella vita!.,.

Piero. -        Le donne ci amano appunto per le nostre scioc­chezze. Soltanto se un uomo è molto stupido riesce a farsi perdonare dalle donne la sua enorme superiorità su di loro.

Savina. -      Ebbene, signori, avete finito di linciare le donne? Dimenticate il poker questa sera?

Piero. -        Vi burlate di noi? E' giusto; voi non avete nulla da temere.

Paolo. -       Ci mancherebbe altro!

Cirillo. -    (a Savina) E che cosa ne pensate dei fieri propositi di questi signori?

Savina. -      Una  piccola   rivolta  di   schiavi... (guardando suo marito) ...capitanata da un piccolissimo Spartaco.

Paolo. -       Savina... L'argomento non mi piace... lo sai!... Signori, chi giuoca dunque a poker?

Marco ed

altre voci. - Io, io...

Paolo. -       Troppi!... in cinque, non di più. (suona il cam­panello) Dunque, tu?

Marco. -      Sì.

Paolo. -       (al cameriere che è entrato) Preparate per il poker, sulla terrazza.

(Il cameriere esce. Rientra con le carte ed i gettoni, esce sulla terrazza e prepara il tavolo da giuoco. Paolo a Piero) Tu?

Piero. -        Sì.

Paolo. -       (a Giorgio che conversa con Elisa, e che ri­sponde affermativamente) Tu?... E...

Wanda. -     E io.

Paolo. -       (indeciso) Voi no...

Wanda. -     Io sì. Ieri sera ho perduto centoventi lire e voglio rifarmi.

Paolo. -       Sta bene. E allora siamo al completo. (si avvia, seguito da qualche altro, verso la terrazza).

Elisa. -        (piano a Giorgio) Mi lasci per il poker?

Giorgio. -    Sì.

Elisa. -        Pazienza!... Allora... siamo d'accordo?

Giorgio. -    D'accordo. (va sulla terrazza. I giuocatori siedono ad un tavolo).

Elisa. -        (a Cirillo) Lo scultore Alamari mi prega di an­dare nel suo studio per posare... soltanto per la testa. Me lo permetti?

Cirillo. -    Ma figurati!... Va pure nel suo studio a posare e... a riposare.

Elisa. -        Grazie. (si allontana).

Cirillo. -    Riposerò anch'io, così!... (accende un sigaro, abbassa la luce e si sdraia tranquillamente su una poltrona.)

(Una lampada, rimasta accesa in un angolo, rompe appena l'ombra. Intanto i giuocatori hanno cominciato il giuoco. Elisa è alle spalle di Giorgio e guarda. Marta sfoglia un giornale. Luciano guarda il lago, fumando una sigaretta).

Marco. -      (giuocando) Aperto!... (a Savina) Signora Savina, abbiamo sete!...

Savina. -      Che cosa volete bere?

Marco. -      Qualche cosa di fresco. — Chip.

Paolo. -       Più dieci.

Savina. -      Del tè freddo?

Marco. -      Volentieri... — Più venti.

Piero. -        Passo. — Preferisco un' aranciata.

Wanda. -     Non posso mai giuocare. — Passo.

Marco. -      Poker di Re.

Paolo. -       Ah, questo è troppo! E ha preso tre carte!

Elisa. -        (a Marco) Non sarete mai fortunato in amore!

(A tratti si udranno ancora le voci dei giuocatori).

Savina. -      (dopo aver domandato   agli  altri)  Vi  faccio subito servire. (entra nella sala. A   Cirillo) Che cosa fate lì, signor filosofo? (esce da sinistra),

Cirillo. -    Nulla, come tutti i veri filosofi. (a Luciano che si è avanzato) Che cosa ne pensi, signor avvocato?

Luciano. -   Di che cosa?

Cirillo. -    Dei filosofi, perbacco!

Luciano. -   Ah!...

Cirillo. -    E così?

Luciano. -   Dicevamo?...

Cirillo. -    Come sei distratto!

Luciano. -   Oh, scusa... pensavo...

Cirillo. -    A una donna?

Luciano. -   Chi ha detto questo?

Cirillo. -    Tu devi essere un appassionato!

Luciano. -   Per la filosofia

Cirillo. -    Come  preferisci!...  Bene, bene!... D' altronde i filosofi e le donne si assomigliano: tendono sempre a complicare le cose più semplici.

Luciano. -   Credi?

Cirillo. -    E tu ne devi sapere qualche cosa, tu che sei l'avvocato delle signore!   Com'è  che questa sera non hai detto nemmeno una parola in loro difesa?

Luciano. -   Difenderle? Fatica  superflua. Non ne hanno bisogno nemmeno in tribunale.

Cirillo. -    Hai ragione. Noi uomini abbiamo già abba­stanza da fare per difenderci da loro.

Savina. -      (rientra da sinistra) Ecco provveduto per i signori assetati. (a Cirillo e a Luciano) Che cosa sta­vate complottando nell'ombra?

Luciano. -   Parlavamo di filosofia.

Savina. -      Andrete all'inferno! (il cameriere entra da sinistra portando un grande vassoio carico di rinfre­schi. Savina al cameriere) Al signor Cirillo; la filoso­fia mette sette. Che cosa volete bere?

Cirillo. -    Chi lo sa!,.. Mi mettete in un bell'imbarazzo, Io non so mai che cosa debba bere!...

Savina. -      Tè freddo?

Cirillo. -    Non mi fa dormire. Mah!... Io penso che sia più difficile scegliere una bibita che una moglie!

Savina. -      Nientemeno!...

Cirillo. -    Eh,   sì!   Le   mogli...   si equivalgono tutte... e allora!...

Savina. -      Ah, voi non vi potete lagnare! Avete una sposa modello.

Cirillo. -    Non lo nego!... E' il filosofo che parla...

Savina. -      Servitevi dunque... (s' avvicina a Luciano) E voi?

Luciano. -   Non ho sete, grazie. (abbassando la voce) Io me ne vado. Hai aperto la porta della veranda?

Savina. -      Sì.

Luciano. -   Vado ad aspettarti in camera tua. Raggiungimi presto!

Savina. -      Sii prudente, ti prego.

Luciano. -   Non temere; (alludendo a Paolo) ne avrà per un pezzo ancora, come di solito! Preferisce il poker!

Savina. -      (a Cirillo) Ebbene?

Cirillo. -    Tè freddo! Non dormirò. (Esce sulla terrazza con Savina. Il cameriere, dopo che Cirillo si è ser­vito, esce sulla terrazza e serve i rinfreschi)

Mi farò cantare una ninnananna da mia moglie.

Elisa. -        Caro!

Marta. -      (avanza nella sala sorseggiando la sua bibita. A Luciano che è assorto) Non hai detto una parola in tutta la serata.

Luciano. -   Hanno parlato tanto gli altri in compenso!

Marta. -      Sei preoccupato?

Luciano. -   Io?

Marta. -      Perché non giuochi?

Luciano. -   Vado via.

Marta. -      Subito?

Luciano. -   Ho promesso ai Salvucci di andarli a salutare.

Marta. -      A quest'ora?

Luciano. -   Anch'essi, di solito, stanno in piedi fino alle quattro del mattino; giuocano, ballano...

Marta. -      E così non mi accompagnerai a casa nemmeno questa notte?

Luciano. -   Se al mio ritorno sarai ancora qui, volentieri.

Marta. -      Ti comporti come se fossimo già sposati.

Luciano. -   Lascia che questo lo si dica di Piero.

Marta. -      Piero è sempre vicino alla sua Wanda.

Luciano. -   Anche troppo.

Marta. -      Voci di maligni.

Luciano. -   E' affar loro.

Marta. -      Sia pure. Ma noi? Non ti sembra che si esa­geri nel contrario? Era deciso che ci saremmo sposati adesso, a settembre; e invece tu hai ancora rimandato all' anno venturo.

Luciano. - Ti ho spiegato che le condizioni dei miei af­fari in questo momento non sono punto favorevoli...

Marta. -      Già,  già!...  Intanto il nostro   matrimonio è ri­dotto come una tombola nazionale: si va avanti a furia di rinvii!

Luciano. -   Verrà il giorno...

Marta. -      Non mi sembri entusiasta.

Luciano. -   Lo sarò in quel momento.

Marta. -      E intanto...

Luciano. -   E intanto che cosa?

Marta. -      Intanto... questa sera vai dai Salvucci...

Luciano. -   Che cosa c'entra questo?

Marta. -      Mah!...

Luciano. -   (cercando di nascondere la sua irritazione) Che modo di ragionare!... Ti prego di spiegarti!

Marta. -      Spiegarmi?... Ci vai o non ci vai dai Salvucci? 

Luciano. -   Ebbene?...

Marta. -      Basta.   Che cosa vuoi che ti spieghi?!...   Buon divertimento.

Luciano. -   Sono miei clienti!... E' una visita di dovere.

Marta. -      A mezzanotte?

Luciano. -   Mi hanno invitato.

Marta. -      Verrò con te.

Luciano. -   (trasalendo) Dove?...

Marta. -      (ride   brevemente)  No,   no,   non  vengo.   Vivi tranquillo!

Luciano. -   Non vedo perché dovrebbe essere il contrario.

Marta. -      Ecco.

Cirillo. -    (entrando)  L' umidità  della notte non fa per me. (torna a sedere sulla poltrona).

Luciano. -   (a Cirillo) Ti saluto.

Cirillo. -    Vai via? Che furia!

Luciano. -   Ci  vedremo  forse  più tardi. A rivederci. (a Marta) A rivederci, cara.

Marta. -      A rivederci.

Luciano. -   (esce sulla terrazza. A Savina) A rivederci, signora.

Savina. -      Andate via?

Paolo. -       Passo. (a Luciano) Così presto?

Luciano. -   Vado un momento dai Salvucci.   Ci vedremo più tardi, forse; verrò a prendere Marta per accompa­gnarla a casa.

Savina. -      Questi   viziosi  li   troverete  certo   ancora qui. Noi invece ci rivedremo domani. Vado a dormire; sono stanca. (suona il campanello).

Marco. -      Noi abusiamo un poco, non è vero?

Savina. -      Affatto. Ma lo sapete bene: quando è una certa ora mi si chiudono gli occhi. Anzi, vi prego di scusarmi.

Luciano. -   (che  sta  salutando gli altri, al cameriere che è apparso) Il cappello e il bastone.

(Il cameriere esce, e torna col cappello e il bastone).

Paolo. -       (a Luciano) Luciano, ti aspettiamo, dunque.  E salutami la signora Teresa.

Luciano. -   Sta bene; a rivederci. (esce per la terrazza).

Savina. -      Vi  saluto,  amici  miei;  e  buon divertimento.

(saluta ad uno ad uno gli invitati).

Giorgio. -    Una carta.

Paolo. -       Tre carte. (bacia Savina in fronte) Addio, cara, buona notte.

Savina. -      (entra nella sala seguita da Marta)  A  rive­derci, signor Cirillo.

Cirillo. -   Buona   notte,  signora  Savina.  Eh,   come  vi invidio.

Savina. -      Venite a tenermi compagnia.

Cirillo. -    Si vede che siete fermamente decisa a restare una donna onesta.

Savina. -      Oh, non mi fiderei punto di voi.

Cirillo. -    Grazie; mi lasciate qualche illusione.

Marta. -      (che sta fumando una sigaretta, a Savina che muove verso destra)  Vengo  a   terminare  la sigaretta nella tua camera. così mi mostrerai i due cappelli che ti sono giunti ieri.

Savina. -      A quest'ora?!...

Marta. -      Perché?

Savina. -      No, no. Preferisco che tu me li veda in capo. Domani ne metterò uno... quello di velluto mauve.

Marta. -      Ah, di velluto!...

Savina. -      La moda di quest'anno! D'estate il velluto!... Non è logico, lo so. Mah! D' altronde non sono logiche le teste, non possiamo pretendere che lo siano i cap­pelli! A rivederci...

Marta. -      I cappelli, almeno, si possono cambiare.

Savina. -      Fin troppo! Ho un conto dalla modista!...

Marta. -      Come si fa! Bisogna piacere agli uomini!...

Savina. -      Siamo schiave della moda.

Marta. -      La  moda  delle  signore  è  dettata un po'  dal gusto dei loro amanti.

Savina. -      Sono così pazzi a Parigi!

Marta. -      Anche qui!...

Savina. -      (cercando di liberarsi da Marta) E allora...

Marta. -      Allora... mi metterò a leggere, aspettando che Luciano torni.

Savina. -      Ecco, brava. (porgendole una rivista) Guarda, è giunta oggi.

Marta. -      Chi sa a che ora tornerà Luciano. E' andato dai Salvucci.

Savina. -      Sono simpaticissimi.

Giorgio. -    Ecco qua; pago e smetto. Per questa sera ne ho abbastanza. (si alza).

Marta. -      Già!... Simpaticissimi!... E mi ha lasciata qui ad aspettarlo!

Savina. -      E' giusto che tu l'attenda: sei la sua fidanzata. Ma io?... Ho un sonno da morire. Addio; scappo. (esce lestamente da destra. Marta la guarda andare, fa un gesto di dispetto, ed esce sulla terrazza).

Giorgio. -    (seguito da Elisa entra nella sala. Essi non vedono Cirillo affondato nella poltrona) Che cos'hai da dirmi?...

Elisa. -        Caro!... Mio marito mi ha dato il permesso di venire da te. Ah, non vedo l'ora che sia domani per potermi gettare perdutamente fra le tue braccia!.,.

Giorgio. -    Sta bene.

Elisa. -        Alle tre, dunque?

Giorgio. -    Alle... (volgendosi vede Cirillo, il quale im­provvisamente finge di dormire) C'è vostro marito!...

Elisa. -        Ah!... Dorme!... Dorme sempre!...

Giorgio. -    Se ci avesse uditi!...

Elisa. -        No! D'altronde... è così buono!

Giorgio. -    Ve ne lagnate?

Elisa. -        Certo!... Eh, purtroppo, è sempre la virtù degli altri che trascina noi al male!...

Giorgio. -    Sarà!...

Elisa. -        Un marito come lui non c'è nemmeno gusto a tradirlo!... E pensare che l'unica cosa che possa ren­dere interessante la vita coniugale è appunto la rischiosa necessità dell' inganno, della menzogna, del sotterfugio...

Giorgio. -    Sicché se voi... la colpa è sua?

Elisa. -        Senza, dubbio. Io... avrei dovuto sposare un uomo come il marito di Savina, come Paolo. Un uomo inna­morato e severo, ardente e spietato; che m'avesse te­nuta come cosa sua, che m'avesse soggiogata con le carezze e col terrore, che avesse posto alla mia vita uno sfondo rosso di voluttà e di tragedia!... E invece!... Eccolo là, dorme!... Sapete? Una volta mi son fatta sorprendere deliberatamente, per provocare qualche cosa di terribile!... Nulla!... Perdonò!... Ahimè, il dram­ma rifugge dalla mia vita! E senza il dramma l'amore è banale, è triste, è volgare!

Giorgio. -    Dico, non facciamo scherzi!

Elisa. -        Ma i tuoi baci mi compenseranno delle delusioni subite.

Paolo. -       Ah, non giuoco più. Questo è il colmo della di­sdetta.

(I giuocatori protestano, e vorrebbero trattenerlo).

Marta. -      (nervosissima, viene dalla terrazza, attra­versa la sala, ed esce da sinistra. Passando davanti a Cirillo) Buon riposo.

Cirillo.-    (fingendo di destarsi di soprassalto) Chi è?... Ah!... (vede la moglie) Scusa... mi ero appisolato!...

Elisa. -        Riposa, caro, dormi!... Ti fa così bene dormire. (esce con Giorgio sulla terrazza).

Cirillo. -    Già!...

Marco. -      (a Giorgio e ad Elisa) Prendete posto voi. Per una mezz'oretta soltanto!...

(Elisa e Giorgio siedono al tavolo da giuoco).

Paolo. -       (entra nella sala) Ah, basta, per questa sera!... (vedendo Cirillo) Che cosa fai?

Cirillo. -    Mi ero... appisolato!... (si alza).

Marta. -      (entra da sinistra ed esce sulla terrazza sem­pre più nervosa. Passando davanti a Cirillo) Buon giorno, bene alzato!...

Cirillo. -    Ma che cos'ha Marta? Sembra un'anima in pena!

Paolo. -       Aspetta Luciano! Aspetta il fidanzato!... Eh, l'amore!

Cirillo. -    Eh, il matrimonio!...

Paolo. -       Mi sembra che il matrimonio sia una povera istituzione calunniata. Io sono felicissimo, per esempio.

Cirillo. -    Anch'io!... Tutto sta a farci l'abitudine!

Paolo. -       A che cosa?

Cirillo. -    Alla propria moglie.

Paolo. -       Bisogna anche cercare di comprenderle, le donne.

Cirillo. -    Non c'è che un modo di comprendere le donne: amarle!... più sono amate, più si sentono comprese!

Paolo. -       Tu non l'ami tua moglie?

Cirillo. -    Io?! Ah! Mah!

Paolo. -       Come?!

Cirillo. -    Non ho detto che mia moglie si senta d'es­sere un'incompresa... nella vita!...

Paolo. -       E... allora?

Cirillo. -    E allora... la vita è qualche cosa di più... vasto del matrimonio!... La vita... comprende tutto... tutti!...

Paolo. -       Io non capisco.... non so!...

Cirillo. -    (sorridendo tristemente) Va là che capisci, che sai!... Perché fingere?... Sì, sai anche tu... sanno tutti... sappiamo tutti!...

Paolo. -       Come?!...

Cirillo. -    Già!...

Paolo. -       Tu dici...

Cirillo. -    Sicuro!...

Paolo. -       Oh!...

Cirillo. -    Eh!...

Paolo. -       Tua moglie?!...

Cirillo. -    Mia moglie!...

Paolo. -       E tu...?

Cirillo. -    E io...!

Paolo. -       Oh, magnifica!

Cirillo. -    Ecco: magnifica, proprio, non direi!...

Paolo. -       E ti sei adattato?!...

Cirillo. -    Non s'immagina quanto sia grande la facoltà d'adattamento negli uomini!

Paolo. -       E ti lasci tradire, così...

Cirillo. -    Siamo giusti: sono stato io il primo a tradirla ; l'ho sposata che avevo vent'anni quasi più di lei!

Paolo. -       Ma questo lo sapeva quando ti sposò; ci do­veva pensare prima.

Cirillo. -    Ma lo sapevo anch'io; ed ero io che ci dovevo pensare prima, perché era nel mio interesse, perché sarei stato io a correre il rischio di divenire... quello che sono!...

Paolo. -       Sicché tu l'hai sposata, disposto già...

Cirillo. -    E se anche fosse?... Tutti gli uomini, se aves­sero dello spirito, dovrebbero sposarsi con questa favo­revole disposizione, per... per non avere delusioni in seguito!...

Paolo. -       Ah, io non avrei sopportato!

Cirillo. -    E poi?... Vedi, se io fossi stato un marito terribile, ella...

Paolo. -       Non ti avrebbe tradito.

Cirillo. -    ...ella mi avrebbe tradito lo stesso, ed io sarei stato ridicolo; forse molto più ridicolo!... E poi... perché ridicolo?

Paolo. -       Come, non senti nemmeno di essere ridicolo?...

Cirillo. -    Io no!... Siamo in troppi nelle stesse condi­zioni!... E quando si è in tanti, ci si sente... normali! Io sono un marito normale!...

Paolo. -       Oh, io al primo sintomo sarei stato spietato!...

Cirillo. -    Ah, lo so! Tu avresti ucciso!... Ebbene... se io l'avessi uccisa, quando la prima volta... oggi mi tro­verei nelle stesse condizioni con la seconda moglie o con la decima amante.

Paolo. -       L'altra o le altre non avrebbero più osato, poi.

Cirillo. -    Le donne osano tutto, caro Paolo!... Non c'è che il rischio che le tenti. E l'uomo che esse amano veramente è quello che ha saputo trascinarle a com­mettere delle enormi, delle irreparabili pazzie. Oh, tu conosci poco le donne!...

Paolo. -       Io conosco me! E so che l'ucciderei!

Cirillo. -    Lo so anch'io questo; ti conosco!... Ma perché?

Paolo. -       Perché?!... Ma perché il matrimonio è un patto per la vita, e chi manca è giusto che con la vita paghi!...

Cirillo. -    Sembra una frase di Napoleone!... Sei il Napoleone dei mariti... Ma anche il grande Napoleone, vedi, non fu punto fortunato nel matrimonio. Indubbia­mente le donne non hanno nulla di sacro.

Paolo. -       Ah, sei un cinico; mi fai quasi... (fa un gesto di schifo).

Cirillo. -    Anche a me è sembrato, qualche volta, di far­mi... Ma poi, quando si guarda l'umanità un po' da vicino, si finisce per esser indulgenti con se stessi. E... oltre quello che t'ho detto... veramente... in fondo al cuore, c'è qualche cosa che non dico... perché, se la dicessi... allora forse sì, diventerei ridicolo!... Chi sa!... Verrà anche per lei la stanchezza, la nausea... la delu­sione... vedrà che anche la cenere dell'amore è un po' triste, un po' abietta come ogni altra cenere... e forse... forse allora verrà a me, e sarà la compagna buona, dolce, molto fedele, perché anch'ella avrà ormai vissuta la sua vita, come tutti noi uomini l'abbiamo vissuta prima di sposarci!... Chi sa!...

Paolo. -       E così tu, il marito, ti rassegni ad essere l'ultimo, se pure!

Cirillo. -    Se pure!... D'altronde, le donne che sono molto più esperte di noi, e che nei sentimenti hanno minor orgoglio, desiderano di essere l'ultimo amore dell'uomo che amano!... E in questo loro desiderio v'è una grande sapienza e una squisita delicatezza!...

Paolo. -       (nauseato) Ah, basta, basta!... E' nauseante!... (si allontana disgustato e nervoso).

Marta. -      (che è entrata alle ultime parole di Cirillo, molto agitata, cercando di dominarsi; a Paolo) Ah, siete qui?

Paolo. -       Già!

Marta. -      (a Cirillo, indicando Paolo) Che cos'ha?

Cirillo. -    (sorridendo) E' un marito troppo... suscettibile!

Marta. -      (fingendo di aver capito un'altra cosa, e si­mulando una grande sorpresa) Oh!... Che cosa dite mai?...

Cirillo. -    Provate voi a calmarlo.

Marta -       (esitando) Suvvia, signor Paolo... Avete torto!

Paolo. -       Come?!...

Marta. -      Ma sì; non bisogna dar corpo alle ombre!

Paolo. -       Ah, voi le chiamate ombre!

Marta. -      Certo! Non bisogna fermarsi alle apparenze!

Paolo. -       (guardando Marta che storna lo sguardo) Eh?!

Marta. -      Capisco; forse un po' di leggerezza, un po' di civetteria, ma da questo a...

Paolo. -       A che cosa?

Cirillo. -    (che comincia a trepidare, vedendo la piega che prende il discorso) Signorina Marta!

Marta. - (a Paolo) No, no, non vi agitate così; vi assi­curo che siete in errore. Io... la conosco bene, è inso­spettabile... sento di poter rispondere di lei... (ella in­tanto si è messa davanti alla seconda porta di destra come se volesse, senza che Paolo comprendesse il suo scopo, impedirgli di entrare nelle stanze di Savina).

Paolo. -       (balzando) Lei... chi?

Cirillo. -    (a Marta) Che cosa vi dite?

Marta. -      (come stupita e smarrita) Ma... non parlavate di...

Paolo. -       Di?...

Cirillo. -    Di nessuno!

Paolo. -       (a Cirillo) Taci!... (a Marta) Di chi?...

Marta. -      Non so...

Paolo. -       Parlate!...

Marco. -      (dalla terrazza) Silenzio, laggiù!

Marta. -      (a Cirillo) Ma che cosa m'avete detto voi?...

Cirillo. -    Io? (a Paolo) Ma non darle ascolto; non vedi? Non sa quel che si dica!...

Marta. -      Io non ci capisco più...

Paolo. -       (si avvicina; con voce sorda) Parlavate di... di lei...

Marta. -      Ma io credevo che...

Paolo. -       ...di Savina...

Cirillo. -    Ma c'è un equivoco, non capisci?

Paolo. -       Ah, perdio!... voglio sapere!...

Marco. -      Volete tacere? Che cosa vi prende?... (i giuocatori si alzano e vengono fin sulla soglia della sala).

Paolo. -       (a Marta) Voi sapete, mi direte...

Marta. -      V'ingannate, no...

Paolo. -       Non volete?... Ebbene, sarà lei a dirmelo!... (fa per entrare nelle stanze di Savina).

Marta. -      (sbarrandogli il passo) No!...

Paolo. -       (atterrito) Eh?!...

Cirillo. -    Paolo, non commettere sciocchezze!...

Paolo. -       Lasciami passare!... (si libera di Cirillo ed esce per la seconda porta di destra.)

(Tutti accorrono ansiosi, ed escono dietro di lui, meno Marta che resta sola, esterrefatta, tutta tesa verso l'avvenimento che sta per compiersi. S'odono di dietro voci in tumulto, e, sopra tutte, quella di Paolo che grida)

Paolo. -       Apri... apri... o sfondo l'uscio!... Apri!...

(egli picchia furiosamente all'uscio della camera della moglie. Passa così qualche momento; poi ancora la voce di Paolo furibonda)

Apri, perdio; aprite!

aalfine Paolo s'avventa contro la porta che s'apre con fracasso. Altre grida, altro trambusto. Marta, che è restata immobile, si irrigi­disce tutta, poi s'accascia su una poltrona che le è presso. Dopo qualche momento rientrano tutti da de­stra. Paolo è in mezzo agli amici che lo tengono e cercano di calmarlo; egli continua a dare in ismanie, ed emette suoni inarticolati)

 

Paolo. -       Ah, perdio, che cosa volete ancora da me?... Siete contenti che le avete dato il tempo di fuggire?

Marco. -      Oramai le tue smanie sono inutili. Penserai a tutelare il tuo onore altrimenti. (depone su un tavolo la rivoltella che ha strappato a Paolo).

Paolo. -       Il mio onore?... Ah, sì, salutatemelo il mio onore, se lo incontrate!...

Piero. -        Ma che cosa vuoi che c'entri il tuo onore! Teo­rie di barbari...!

Paolo. -       Tacete, è meglio; tacete, non ditemi nulla. Siete stati tutti suoi complici; tutti sapevate; soltanto io ero cieco, come un marito qualunque, stupido... ridicolo, ecco, ridicolo!

Marco. -      Calmati, calmati. Si vedrà in seguito quello che sarà il caso di fare.

Paolo. -       Già... in seguito... mi rivolgerò ai tribunali... per sentirmi dire qual è l'articolo del codice che auto­rizza un marito ad essere ridicolo! Questo, non è vero?... In seguito!... Intanto lei... lei si ride di me!... E non ho potuto nemmeno avere la soddisfazione di vedere chi fosse lui, quel mascalzone!... Ma già, egli fa il suo mestiere di maschio, e fa bene, visto che le donne sono tutte... tutte... delle porte aperte!...

Marta. -      (ad Elisa) Portatemi via, portatemi via!... Riac­compagnatemi a casa!... Dio mio!

Elisa. -        Sì, verrai con noi; calmati.

Paolo. -       (a tutti) Ed ora che cosa fate voi qui? Eh? Le condoglianze me le avete fatte; andatevene! Fate conto di passare la notte qui a vegliare questo cadavere di marito? Eh?... (a Cirillo) E tu sei contento? Sei contento?

Cirillo. -    Io? Che cosa dici?

Paolo. -       Ecco: sono anch'io un marito normale! Sono il Napoleone dei mariti normali!... Mi fai schifo!

Cirillo. -    Su via!...

Elisa. -        Perché?

Cirillo. -    Soffre!

Elisa. -        Poveretto!...

Cirillo. -    Già!...

Paolo. -       Lasciatemi solo!... Andatevene!

Marco. -      Sì, sì, ce ne andremo... quando ti sarai calmato.

Paolo. -       Subito!

Marco. -      Quando ci avrai promesso di non fare sciocchezze.

Paolo. -       Subito!... Non capite che mi esasperate?...

Marco. -      Va bene; ce ne andiamo.

Piero. -        (a Wanda) Impara!

Wanda. -     Impara tu!

(Qualcuno stringe la mano a Paolo; gli altri, non sapendo che contegno prendere, se ne vanno cheta­mente. Escono tutti per la terrazza. Marta si tra­scina al braccio di Elisa).

Paolo. -       (quando tutti sono usciti chiude violentemente la grande porta a vetri. Si vedrà fuori, sulla terrazza, il cameriere sparecchiare i tavoli e spegnere i lumi)

Oh!...

(egli fa qualche passo per la stanza in uno stato di esaltazione, quindi con voce fattasi improvvisa­mente profonda ed accorata)

Ma perché... perché... perché?!...

(Si accascia su una poltrona. Passa così qualche momento. Ad un tratto, dietro la grande porta a vetri che è nel fondo, appare Savina, che resta immobile dietro i vetri a guardare Paolo. Poi apre senza far rumore la vetrata, entra, la richiude, e resta addossata ad essa. Paolo si volge, vede la mo­glie, balza in piedi, e resta immobile per un momento, irrigidito, con gli occhi sbarrati a guardarla. Poi si scuote e va verso di lei; l'afferra, la spinge brutal­mente per qualche passo)

Ah, tu, tu!...

(Ella è supplichevole e ansiosa. Sembra voglia parlare)

Non una parola!... è inutile!

Savina. -      (con un fil di voce) Paolo!...

Paolo. -       Ah, sei tornata!

Savina. -      Ascolta!

Paolo. -       Sei venuta per sfidarmi?

Savina. -      Per umiliarmi!

Paolo. -       Ma se poco fa sei riuscita a sfuggirmi, ora no, ti ho qui...

Savina. -      Se mi hai amata, se...

Paolo. -       Ah, ecco come ti amo!...

(L'afferra alla gola, e stringe. Savina non reagisce; impallidisce, getta un piccolo grido; egli allenta immediatamente la stretta, e si ritrae con un istintivo gesto di orrore per V atto che stava per compiere. Entrambi restano in silenzio, dì fronte, a guardarsi, smarriti. Paolo ha chiara la sensazione che non può, non potrà mai commettere il delitto).

Savina. -      (dopo un lunghissimo silenzio)

Paolo!...

(Paolo con un gesto disperato le impone di tacere. Un altro lunghissimo silenzio)

Paolo, fa di me quello che vuoi!...

Paolo. -       (dopo un silenzio, con grande amarezza) Ti permetti di essere ironica!... Ma... non crederti salva ancora...

Savina. -      (che ha compreso che egli non la potrà più uccidere). No!

Paolo. -       (si guarda le mani, le tende verso il collo di lei)

Così... non posso... (fa un gesto d'orrore)

Il con­tatto della tua carne... Ah, perché m'hanno disarmato?!... (minaccioso) Ma...

Savina. -      (con un gesto di grande audacia, prende la rivoltella che è sul tavolo e gliela porge) Prendi; wccola la tua rivoltella.

Paolo. -       (fa un gesto furibondo per afferrare l'arma; ma tentenna; il gesto gli muore nell'aria. Con rabbia)

Ah, vigliacca !... (e si abbatte su una poltrona).

Savina. -      (deponendo la rivoltella sul tavolo) No, no!... Tu non mi ucciderai!...

Paolo. -       No, eh?!... Ne sei sicura!

Savina. -      Non mi ucciderai!

Paolo. -       Hai giuocato tutto per tutto!

Savina. -      Ho rischiato meno che tu creda!

Paolo. -       Certo, la tua vita, oramai, vale così poco!

Savina. -      La vita! Che importa? E' il meno!... Ed ora comprendo che forse è proprio l'unica cosa che non ho rischiata!...

Paolo. -       Sei folle; io t'avrei uccisa se...

Savina. -      No! Togliti codesta maschera di delitto, sii sin­cero con te stesso, leggiti nel cuore, e non esser lo schiavo delle tue parole e dei tuoi atteggiamenti con­venzionali!... Giuochiamo il nostro destino, Paolo, in quest'ora; non far ch'esso sia grave, non mettere l'ir­reparabile fra di noi. Pensa, Paolo, che della nostra vita possiamo ancora salvare qualche cosa!...

Paolo. -       No, no!... Tu sei morta per me!...

Savina. -      Sarà come tu vorrai; ma rifletti prima!...

Paolo. -       (a se stesso) Per me!... Ma per gli altri?!... Morta per me, non è che una stupida frase!...

Savina. -      (con profondo rammarico) E' per questo che ti duoli, non per avermi perduta!...

Paolo. -       (ride amaramente) Ridicolo!...

Savina. -      Che pena!...

Paolo. -       (dopo un lunghissimo silenzio) Ebbene, non c'è che una cosa da fare!

Savina. -      Quello che vuoi.

Paolo. -       Partirai.

Savina. -      (con dolorosa sorpresa) Ah!...

Paolo. -       Tu devi scomparire!

Savina. -      Mi discacci?

Paolo. -       Per sempre!

Savina. -      Per sempre!

Paolo. -       Nessuno dovrà sospettare la tua partenza. Fra un'ora al massimo salirai in automobile con me; ti ac­compagnerò in Svizzera; di là prenderai un treno per Parigi!... Londra .. Al reato penserò io.

Savina. -      Che cosa intendi di fare?!...

Paolo. -       Non ti riguarda!

Savina. -      Tu mi fai paura in questo momento!... Che cosa mediti?!...

Paolo. -       Hai paura!... No, non temere! Lo vedi, sono calmo!

Savina. -      Non è per me che temo, è per te!

Paolo. -       Per me... per me non dovevi fare quello che hai fatto!...

Savina, -      Quale proposito mi nascondi?!... Partirò do­mani!... Lasciami il tempo di parlare... di spiegarti...

Paolo. -       E' inutile!... Che cosa speri?...

Savina. -      Dammi tempo fino a domani...

Paolo. -       No!... Ho il diritto, sì o no, di cacciarti dalla mia casa dopo quello che è accaduto?... Eh?... E' il meno ch'io possa fare!... Ecco!... Poi... poi ti domando il favore di andartene lontano e di prendere un altro nome. E' molto?... Ecco: ti faccio grazia della vita a questo patto.

Savina. -      Prendere un altro nome?!...

Paolo. -       Lo esigo. Ti darò del denaro   perché tu  possa provvedere nei primi tempi. In seguito troverò il modo perché tu abbia quello che ti occorre.

Savina. -      Ma dunque è proprio per sempre!...

Paolo. -       Ti facevi forse delle illusioni?... E intendiamoci... Nessuno deve sapere... nemmeno lui!... che non ti ven­ga a raggiungere!

Savina. -      (con una speranza nella voce) Ti... ti dispiacerebbe?...

Paolo. -       Soltanto perché voglio che nessuno sappia dove tu sia. Tu devi essere morta per tutti!...

Savina. -      (delusa) Ah!... non dubitare!... E poi ti sembra possibile che io ora sarei qui, davanti a te, se avessi ancora qualche cosa di comune con quell'uomo?... No, no!... è finita!...

Paolo. -       Tienti i tuoi rimpianti.

Savina. -      E' ben altro quello che io rimpiango!...

Paolo. -       Non m'interessa! Vedi bene che non ti doman­do nemmeno il suo nome!...

Savina. -      A che varrebbe?...

Paolo. -       Non ho altro da dirti.

Savina. -      Sei dunque irremovibile? E' deciso?

Paolo. -       Deciso!

Savina. -      Pensa, Paolo!...

Paolo. -       Va’.

Savina. -      Pensa!...

Paolo. -       Basta!...   E  non  farti  vedere da nessuno. (le volge le spalle).

Savina. -      (guardandolo, con una grande pietà  un po' ironica) Mi commuta la pena di morte in quella dell'esilio!...

(esce lentamente da destra).

Paolo. -       (suona il campanello, poi siede davanti ad un tavolo e scrive. Entra il cameriere dalla prima porta di sinistra)

Chi c'è ancora alzato?

Andrea. -    Io solo. Giacomo e Teresa sono già andati a dormire.

Paolo. -       Portate subito l'automobile sulla strada.

Andrea. -    Debbo telefonare allo chauffeur?

Paolo. -       Non c'è bisogno; guiderò io stesso. Dopo aver preparato l'automobile, salterete in bicicletta, e andrete immediatamente a Como per spedire questo telegramma. A voi. (gli dà un foglietto scritto) Se non avrete voglia di tornare  potrete  dormire a Como. Fate tutto bene e presto. Andate.

(Il cameriere s'inchina, ed esce per la prima porta di sinistra. Paolo, guardandolo uscire)

Si sforzava per non ridermi in faccia!... Ecco, si co­mincia!... Ah!...

Luciano. -   (entra dalla seconda porta di sinistra; cer­cando di essere disinvolto) Sono andati tutti via?... E Marta?...

Paolo. -       (facendosi una maschera tragica, e andandogli incontro) Ah, è il cielo che ti manda!...

Luciano. -   Che cosa accade?

Paolo. -       Ho bisogno di te.

Luciano. -   Perché?

Paolo. -       Perché?... Perché... (cercando di ottenere l'ef­fetto voluto) Ho ucciso mia moglie!

Luciano. -   (barcollando) Eh?...

Paolo. -       Mi tradiva... l'ho uccisa!...

Luciano. -   Impazzisci?!...

Paolo. -       L'ho uccisa... l'ho uccisa... l'ho uccisa!

Luciano. -   (esterrefatto) Come?... Quando?...

Paolo. -       Un'ora fa, mentre eravamo qui riuniti, ella era nella sua camera con un uomo!

Luciano. -   Con un uomo?!...

Paolo. -       L'ho sorpresa: ma le hanno dato il tempo di fuggire!...

Luciano. -   (ansioso) E poi?...

Paolo. -       Poi... ero rimasto qui solo... quando ella è tor­nata... è apparsa dietro quei vetri... è entrata... Sperava forse che io le perdonassi!... (si accende sempre più nella sua descrizione) Ah!... Perdonarla!... Ha potuto sperare!... Ha detto qualche cosa che non ricordo; mi sono precipitato su di lei... l'ho ghermita... poi... non so bene... è riuscita a sfuggirmi... l'ho presa alla gola... Ecco... ricordo lucidamente la sensazione delle mie dita, delle mie unghie che affondavano nella morbida bian­chezza del suo collo... Addossata alla balaustrata... ella si dibatteva... con furore... impallidiva sempre più... E io ad un certo momento... completamente fuori di me... l'ho  spinta...  l'ho   spinta... E' precipitata...   giù!... Un grido... un tonfo... due mani bianche in un gesto dispe­rato a fior d'acqua... poi dei cerchi, dei cerchi sempre più grandi... poi... più nulla... il silenzio!... Ecco!... L'ho uccisa!... (si lascia cadere accasciato su una sedia).

Luciano. -   (annientato) E' atroce!... E' orribile!...

Paolo. -       Era inevitabile!...

Luciano. -   (dopo un silenzio, con mal dissimulata tre-pidazione nella voce) E... lui?...

Paolo. -       Lui... chi?... l'amante?... Non so chi sia, non ne so nulla. Non me ne importa nulla!...

Luciano. -   (con un sospiro di sollievo) Ah!...

Paolo. -       Ed ora tocca a te.

Luciano. -   (con un balzo) Eh?...

Paolo. -       Non sei il mio migliore amico?... Io domattina mi andrò a costituire a Como. Tu sarai il mio avvocato.

Luciano. -   Ah, no!...

Paolo. -       Perché no?

Luciano. -   Non so; sento che non saprei...

Paolo. -       Tu solo puoi, invece. Tu mi conosci da molti anni, tu sai il mio carattere, le mie idee, tu solo potrai parlare ai giurati in modo che essi mi assolvano. La mia sorte è nelle tue mani!...

Luciano. -   E' troppo!... (si prende la testa fra le mani e resta in silenzio) No, non posso!

Paolo. -       Non puoi?!... Si tratta di salvarmi e ti ricusi? Perché?

Luciano. -   Salvarti?... Ecco, non so se vi riuscirei...

Paolo. -       Mi assolveranno, non c'è dubbio!... Pensi forse che non avevo il diritto di uccidere quella mala femmina?

Luciano. -   Non so! non so!

Paolo. -       Quale ragione hai per difenderla?... Eh?... Hai forse qualche ragione? Spiegati!...

Luciano. -   Nessuna... nessuna... Ne convengo, era... una donna indegna... Va bene... sì, accetto!

Paolo. -       Finalmente!... E allora domattina andremo in­sieme a Como per costituirmi. Addio!... (gli tende la mano; Luciano, distratto, non vede) Non vuoi strin­gere la mano d'un assassino?

Luciano. -   (dandogli la mano) Oh, scusa... figurati, ci sono abituato!...

Paolo. -       A domani.

Luciano. -   (movendosi per andare) Come sei calmo!

Paolo. -       Dopo una grande tragedia non si ha più sensi­bilità!... (S'ode salire dal lago la canzone degli ame­ricani; e durerà sino alla fine dell'atto)

Cantate!... Cantate!...

(a Luciano) Vuoi passare per il cancello?... Farai prima.

(Apre la vetrata di fondo, e cede il passo a Luciano; questi vede il lago, e arretra assalilo da un vago timore. Vorrebbe dar la precedenza a Paolo, e fra i due avviene una breve scena dì taciti inviti a passare per il primo. Alla fine Paolo, infastidito, spinge avanti Luciano, e così escono. La canzone si udrà più distinta).

Savina. -      (entra cautamente dalla porta di destra. Fa qualche passo, guarda fuori, si addossa alla vetra­ta, poi con grande amarezza)

Sono morta soltanto da un'ora, e per il mio amante sono già una donna indegna!...

FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO    SECONDO

La stessa scena del primo atto. La sala è piena di fiori: mazzi, canestri, vasi, sparsi in terra e sui mobili. Ed ogni offerta floreale reca un biglietto, un nastro, un segno che esalta il significato dell'omaggio. Dalla terrazza sventola una grande bandiera.

Dalla grande vetrata aperta entra un gran sole festoso. Andrea, Giacomo e Teresa sono sulla terrazza.

Andrea. -    Ecco, ecco, mi sembra di veder gente laggiù.

Teresa. -      Sì, sì!... Sentite?... La musica!...

(Si udranno infatti avvicinarsi le note gaie d'una fanfara; ed a tratti le grida e gli applausi della folla).

Andrea. -    Lo accompagnano qui con la musica!...

Teresa. -      La sua assoluzione è una festa per tutti!

Andrea. -    Come dev'essere felice il nostro padrone, di tornare qui, a casa sua, dopo tanto tempo!...

Teresa. -      E intanto la signora Savina, poveretta!...

Andrea. -    Pace all'anima sua!

Teresa. -      Nemmeno sepoltura le si è potuto dare. E' restata a marcire in fondo al lago!...

Andrea. -    Se avesse fatto il suo dovere, questo non le sarebbe accaduto.

Teresa. -      Ah!.., Tutti uguali voi uomini!...

Andrea. -    Eccolo, eccolo!...

(S'ode la fanfara vicinissima, e le grida e gli ap­plausi. Andrea e Giacomo battono furiosamente le mani; Teresa, esultante, sventola il fazzoletto. La musica continua a suonare sotto la terrazza. Andrea, Giacomo e Teresa si precipitano giù per la scala che s'immagina a sinistra, emettendo grida di gioia. Dopo qualche istante appare Paolo  seguito  dai  tre servi. Egli entra rapidamente nella sala, un po'in­fastidito da tutte quelle dimostrazioni).

Paolo. -       (ai tre servi) Grazie, ragazzi, grazie!... Siete molto gentili. (stringe la mano ai tre servi commossi) E debbo anche ringraziarvi per le affettuose deposizioni che avete fatto in Corte d'Assise.

Andrea. -    Abbiamo detta tutta la verità, signor padrone!

Teresa. -      Null'altro che la verità!

Paolo. -       Bene, bene!...

Andrea. -    (prendendo il cappello e il soprabito di Paolo) Il signor conte ha bisogno di qualche cosa?

Paolo. -       Un momento... un momento!...

Andrea. -    Abbiamo preparato un'eccellente colazione.

Paolo. -       Ho già mangiato. (traendo un profondo respi­ro) Oh!... (dopo un silenzio) Ma basta!... vogliono con­tinuare fino a sera con questa musica?... (prende del denaro dal portafogli, e lo dà a Giacomo)

A voi, ringraziateli da parte mia, e dite loro che se ne vadano. (Giacomo esce per la terrazza)

E allora... (si avvede soltanto ora che la sala è piena di fiori)

Eh?... Che roba è questa?...

Andrea. -    Fiori che hanno mandato questa mattina per lei.

Paolo. -       (profondamente stupito)

Per me?!...

(dopo es­sere restato lungamente attonito in contemplazione, si avvicina ad un canestro; poi ad un altro e legge)

 «Una ignota ammiratrice»!... «Sine sanguinis effusio­ne non fìt remissio!...» (Gira per la sala, scrollando il capo. La musica cessa di suonare; ancora qualche grido, qualche applauso. Vedendo la bandiera)

E... e quella?...

Andrea. -    L'abbiamo messa noi in segno di gioia.

Paolo. -       Ah!... festa nazionale!...

Andrea. -    Signor padrone... Se lei mi permette... le pre­sento mia... moglie!...

Paolo. -       Chi?... La Teresa?... Hai sposato la Teresa?... (Andrea e Teresa annuiscono col capo. Paolo è im­pacciato) Ah... bene, bene... Vi faccio le mie felicitazioni!...

Andrea. -    Grazie!

Teresa. -      Grazie!

Paolo. -       (per cambiar discorso) E... che altro c'è di nuovo?... Corrispondenza?...

Andrea. -    Altro che!... (esce da sinistra, seguito da Teresa).

Paolo. -       Auff!... Non riesco ancora a... riambientarmi!... (guardando i fiori) Sembra il camerino di una balleri­na!... (vedendo Andrea e Teresa che rientrano por­tando faticosamente una grande cesta di corrispon­denza)

Che cosa c'è?

Andrea. -    (deponendo la cesta sopra una sedia) La cor­rispondenza.

Paolo. -       (atterrito) Tutta quella roba?

Andrei. -     Ce n'è dell'altra! (esce di nuovo con Teresa da sinistra.)

Paolo. -       (si avvicina quasi con terrore alla cesta, la guarda, prende qualche lettera, qualche telegramma, l'apre lentamente, legge:)

«Ho sette milioni, un'anima ardente, un passato senza macchia. Volete che sia vostra?... Miss Emily...» Oh!... (getta via il telegramma. Apre una lettera) «Anche io ho ucciso. Ho ucciso mio marito perché mi tradiva con una rivoltella!»Bei gusti aveva quel marito! (apre un'altra lettera) «Avete visto mai sulla proda di un chiaro fiume silenzioso un giglio tutto solo, eret­to sul suo esile stelo?... Tale io mi sono...» Che sudi­ciume!... (vedendo Andrea e Teresa che entrano da destra con l'altra cesta di corrispondenza) Ancora?... Basta!... Basta!... Basta!... Portate via tutta questa por­cheria; portate via!...

(Andrea e Teresa escono di nuovo riportandosi la cesta)

Non c'è dunque nulla di serio a questo mondo?... Si rende ridicolo perfino il dramma più angoscioso!?... Buffoni!... Ed è per questa gente che io... Buffoni!...

(Andrea e Teresa rientrano, prendono l'altra cesta di corrispondenza, e la portano via).

Marco. -      (entra dalla terrazza) Si può?

Paolo. -       Ah, sei tu?

Marco. -      Sono qui per abbracciarti ancora una volta.

Paolo. -       Ah, fa pure!... (si lascia abbracciare).

Marco. -      Non so dirti tutta la mia esultanza!...

Paolo. -       Grazie!...

Marco. -      Ma si direbbe che tu non sia troppo soddisfatto.

Paolo. -       Perché non dovrei esserlo?

Marco. -      (vedendo i fiori) E questo plebiscito d'ammi­razione ti deve inorgoglire.

Paolo. -       Fino ad un certo punto.

Marco. -      Come?... E' l'omaggio di tanti cuori nobili e generosi...

Paolo. -       Sarà!... Ma tutto ciò mi mette un po'... a disagio!...

Marco. -      Perché?

Paolo. -       Non so.

Marco. -      Capisco. Non eri preparato a questo; un colpo di bufera ti ha sbalzato su di un piedistallo impreve­duto, ed oggi tu sei un uomo eminentemente rappre­sentativo. Ma gli uomini, nella maestà del loro tribunale, hanno legalizzato il tuo gesto. Mettiti quindi in pace con la tua coscienza come sei in pace con gli uomini.

Paolo. -       (un po' annoiato e distratto) Va bene; farò come tu dici.

Marco. -      Anche mia moglie, che è pienamente d'accordo con me, verrà qui a momenti per dirti le sue felicitazioni.

Paolo. -       (sorpreso) Tua moglie?... Hai preso moglie?...

Marco. -      Sì. Credevo che Luciano te l'avesse detto.

Paolo. -       No. E... chi?...

Marco. -      Ho sposato Wanda.

Paolo. -       Eh?...

Marco. -      Sì, Wanda.

Paolo. -       (sempre più sorpreso) Wanda?...

Marco. -      Ma sì, non la ricordi?

Paolo. -       Eh, la ricordo benissimo.

Marco. -      Sono sei mesi!...

Paolo. -       (dopo averlo guardato lungamente in silenzio con un sottile sguardo ironico, gli tende la mano) Felicitazioni!...

Marco. -      Grazie, caro Paolo.

Paolo. -       Le mie più vive... felicitazioni !...

Marco. -      Grazie!... E, non faccio per dire, un matrimonio magnificamente assortito!...

Paolo. -       Oh, senza dubbio!...

Marco. -      E siamo molto felici!

Paolo. -       E' naturale.

Marco. -      Una creatura d'una purezza e d'una ingenuità incantevoli. Non avrei potuto sposare una donna migliore!...

Paolo. -       Certo. E...

Marco. -      Piero, vuoi dire? Il suo ex fidanzato?

Paolo. -       Appunto.

Marco. -      E' un ragazzo  scapato.  Non  l'avrebbe saputa comprendere, e l'avrebbe resa infelice.

Paolo. -       Giusto.

Marco. -      Si sono lasciati restando buonissimi amici. Nulla di male; capirai, quando le cose si fanno correttamente...

Paolo. -       Ah, indubbiamente!...  Bene,  bene!... Tutto ciò mi fa molto piacere.

Marco. -      Grazie. Eccola!

(Wanda entra dalla terrazza seguita da Piero)

Paolo. -       (stringendole la mano) Signora...

(Marco stringe la mano a Piero).

Wanda. -     Sono tanto, tanto lieta di rivedervi... qui!...

Paolo. -       Siete molto buona.

Piero. -        (a Paolo) Ciao... avanzo di galera. (gli stringe la mano) Noi ci siamo già abbandonati alle effusioni d'uso!

Paolo. -       (infastidito) Già, già!...

Piero. -        E  tutti  questi fiori?...  Sembra  il retrobottega d'una cocotte!

Paolo. -       Anche peggio!

Piero. -        D'una   donna  onesta,  allora. (ride) Quando fai conto di riprender moglie?

Paolo. -       (con intenzione) Quando tu potrai avere stima delle donne.

Piero. -        Aspetterai  dunque  la  mia morte?... Peccato!...

(ride, e torna a conversare con Marco).

Paolo. -       (a Wanda) E così vi ritrovo sposata!... E con un uomo impreveduto!

Wanda. -     Mah!...

Paolo. -       Siete saggia!... E... sopra tutto... accorta!...

Wanda. -     Perché mi dite questo?

Paolo. -       Perché in questo lungo periodo di solitudine ho molto meditato, ed ho compreso, mia giovane amica, che la vita non è fatta di formule.

Wanda. -     Credo di comprendervi.

Paolo. -       E' già qualche cosa!... Accortezza!... Non biso­gna mai costringere le persone a trovarsi faccia a faccia con i propri convincimenti. Con la leggerezza delle nostre parole e delle nostre idee noi prendiamo un'infinità di impegni che è bene non ci siano ricordati nel momento della necessità, perché se ciò avviene ne deriva sempre un danno, inevitabilmente. Perché ciò non fosse, bisogne­rebbe che gli uomini avessero più coraggio, e annullas­sero le convenzioni che essi hanno pattuito con la loro vanità e con il loro orgoglio, bisognerebbe che dimenticas­sero di aver mentito con gli altri per cercare di essere unicamente, religiosamente sinceri con sé stessi; ma que­sto non è facile, specialmente nel momento in cui si è sopraffatti da una violenta emozione, Allora... allora si segue quello che si chiama il programma della nostra vita, e che, come tutti i programmi, essendo perfetta­mente logico, è completamente inadatto alla vita!

Wanda. -     (che lo ha ascoltato con grande interesse) Sicché voi...

Paolo. -       (turbato) Io... io non c'entro in questo. Ho par­lato per voi, e per quelli che vi sono vicini. Accortezza!...

Wanda. -     Oramai... è finito!... (si volge a guardare Piero).

Paolo. -       Tanto meglio!... E allora...

Wanda. -     (scuotendosi) E allora... (va verso Marco.)

(Dalla terrazza entrano Cirillo ed Elisa).

Elisa. -        (accorrendo verso Paolo) Caro, caro, lasciatevi abbracciare! (Paolo la lascia fare passivamente) E' tanta l'emozione che non riesco a trovare una sola parola per dirvi la gioia che provo!... Ecco... vi trovo ingrassato!...

Paolo. -       (sorridendo) Il riposo!...

Elisa. -        Caro!... Avete ricevuto i miei fiori?...

Paolo. -       Sì, grazie.

Elisa. -        E poi mi racconterete tutto quello che avete provato laggiù.

Paolo. -       Sì, questo inverno. Anzi, per semplificare, scri­verò un libro: «Le mie prigioni».

Elisa. -        Caro!... Ed io in compenso vi metterò al corrente di tutto quanto è avvenuto durante la vostra assenza. Parecchi matrimoni, intanto: Marco e Wanda... (si vol­ge a guardarli; più basso) Poveretto!...

Paolo. -       Ssst!... per carità!... queste cose... voi!... Tacete!...

Elisa. -        Avete ragione!... Poi, Luciano, il vostro avvocato, con Marta.

Paolo. -       Lo so!... E anche Andrea, il mio cameriere, ha sposato Teresa. Il mio esempio non ha punto scorag­giato gli aspiranti al matrimonio; anzi!...

(Giorgio entra dalla terrazza).

Giorgio. -    (avanzando verso Paolo) Caro Paolo... senza inutile coreografia!... così!... (gli stringe fortemente e a lungo la mano).

Paolo. -       Bravo. Grazie. (si allontana per prendere una sigaretta).

Elisa. -        (a Giorgio) Dunque? Potrò vederti almeno oggi? Sono quindici giorni!... Ma che cos'hai?...

Giorgio. -    Sì, oggi, alle cinque. Ti attendo; ho da parlarti.

Elisa. -        Perché non subito? Che cos'hai da dirmi?

Giorgio. -    Alle cinque. (si allontana).

Paolo. -       (si avvicina di nuovo ad Elisa) Dicevamo, dunque?

Elisa. -        Sono triste, amico mio, tanto!

Paolo. -       (ironico) Coraggio, coraggio. C'è sempre tempo a ricominciare, nella vita!

Elisa. -        Ahimè!...

Paolo. -       Sì, sì!...

Elisa. -        Voi sì che lo potete!

Paolo. -       Io?... Ricominciare?...

Elisa. -        Se non nel matrimonio, almeno nell'amore.

Paolo. -       Ah!... Che vi viene in mente?...

Elisa. -        Ma io, oramai!...

Paolo. -       Voi, se non nell'amore, almeno nel matrimonio!...

Elisa. -        Perché mi dite questo? (sospira) Nel matrimonio!... Se avessi sposato un uomo come voi, allora sì. Voi eravate l'uomo fatto per me!... Avete tutte le qualità per... Ma il destino!

Paolo. -       (brusco) ...Il destino me la fece sposare una donna come voi... e... fu male!

Elisa. -        (si allontana, ferita) Dio mio, che durezza!... (se volge a guardarlo) Eppure mi piace!... (va verso gli altri).

Cirillo. -    (seguito da Piero si avvicina a Paolo) Co­raggio!...

Paolo. -       Ah, sei tu?...

Piero. -        Sai? Oggi verrà qui il Sindaco, accompagnato dalla Giunta, per rallegrarsi ufficialmente con te della tua assoluzione.

Paolo. -       Il Sindaco?... Ma sono diventati pazzi in questo paese?... Non capiscono che tutto ciò finirà per diven­tare grottesco? Non voglio vedere nessuno!... Basta colle felicitazioni!...

Cirillo. -    Coraggio!...

Piero. -        E questa sera ci sarà un grande banchetto in tuo onore. Il Sindaco ti inviterà ad intervenire.

Paolo. -       (scattando) Un banchetto?...

Piero. -        Sì, allo Splendid Hotel. Le adesioni sono nume­rosissime.

Paolo. -       Ah, è troppo!... Che non osino propormi una cosa simile!... Credono forse che io sia diventato il loro buffone?

Piero. -        E il Sindaco leggerà un magnifico discorso.

Paolo. -       Non voglio sapere nulla!...

Piero. -        E' venuto questa mattina da me perché glielo scrivessi.

Paolo. -       Un banchetto!... Ah, è fantastico!...

Piero. -        Non ci vuoi andare?

Paolo. -       Andare?... Ah, perdio, no!... Che se lo godano, il loro banchetto!... Io non voglio servire di pretesto alle loro indigestioni!... Pagliacci!...

Piero. -        Peccato; un così bel discorso!... (si allontana sorridendo).

Paolo. -       Ma che cosa vogliono da me?...

Cirillo. -    Questi sono gl'inconvenienti della celebrità!... (sorride).

Paolo. -       (infastidito) Anche tu?... Ti prego!...

Cirillo. -    Sì, anch'io, necessariamente!...

Paolo. -       Perché?

Cirillo. -    Perché se non ti esaltassi... ti dovrei compiangere.

Paolo. -       E per quale ragione?

Cirillo. -    Per quella stessa per cui ti senti costretto ad irritarti... per non compiangerti.

Paolo. -       Ti prego di non tormentarti con inutili giuochi di parole.

Cirillo. -    Non sono qui per tormentarti... ma per farti coraggio!...

Paolo. -       Per farmi coraggio?

Cirillo. -    Eh, sì!... Ne hai bisogno!...

Paolo. -       Perché?

Cirillo. -    Per sopportare tutto questo!... (un silenzio) Le assoluzioni dei tribunali, in certi casi, hanno questo di terribile: che abbandonano l'imputato alla folla perché ne faccia giustizia come più le piaccia!... E te ti lapi­dano a colpi d'entusiasmo!... E non potrai sottrarti!...

Paolo. -       E che cosa avrei dovuto fare, secondo te?

Cirillo. -    Partire immediatamente, e andare lontano. Ma capisco! questo era impossibile!

Paolo. -       Infatti, era impossibile!

Cirillo. -    Perché avevi bisogno di tornare qui a mo­strarti a quei dieci amici che sapevano, e in onore dei quali tu hai ucciso, pel timore che non avrebbero sa­puto tacere il disgraziato incidente che tu quella notte fosti costretto a constatare.

Paolo. -       Quello che ho fatto è stato giusto!

Cirillo. -    Ah, miseria nostra!

Paolo. -       E' stato giusto!

Cirillo. -    Oggi è inutile che tu lo dica ancora!... A che cosa ti serve, oramai, oggi che te l'hanno ripetuto giu­rati, giudici, popolo? A che cosa? A convincerti forse?...

Paolo. -       Di che?

Cirillo. -    Che era giusto?!...

Paolo. -       Non parliamo di questo. Tu sai come siamo lontani.

Cirillo. -    Oggi, non più tanto, forse.

Paolo. -       (beffardo) Ah!... (un silenzio).

Cirillo. -    Dimmi: se quella notte tu fossi stato solo qui, nella tua casa, ed avessi potuto avere la certezza asso­luta che nessuno mai sarebbe venuto a sapere, l'avresti tu uccisa?

Paolo. -       Uccisa. Ne dubiti forse?

Cirillo. -    Ne dubito.

Paolo. -       Come?... E i miei principi, li dimentichi?...

Cirillo. -    No. Ma tu... hai dimenticato te stesso, hai tradito te stesso, per i tuoi principi.

Paolo. -       Vorresti dire che non sono sincero?

Cirillo. -    Ecco!... Tutt'al più sei in buona fede; questo lo credo.

Paolo. -       Ah!... no!...

Cirillo. -    E allora ben vengano questi fiori, le musiche, le bandiere, i discorsi, le acclamazioni, la celebrità, il trionfo!... Indubbiamente tu oggi vivi la tua più bella giornata. Goditela tutta questa tua apoteosi; e, vuoi un consiglio? Questa sera va al banchetto. E' logico che tu ci vada!

Paolo. -       Basta, basta!...

Cirillo. -    Ah, vedi!...

Paolo. -       Ebbene, a che cosa vuoi giungere? Che cosa vuoi dimostrare?

Cirillo. -    Nulla!... Nella vita non c'è nulla da dimostrare, perché tutto è evidente.

Paolo. -       Per esempio?

Cirillo. -    Che sei un debole.

Paolo. -       Io?... dopo quello che ho fatto?... tu forse!...

Cirillo. -    Lascia stare me. Forse un giorno capirai an­che me!... Ma adesso parlavamo d'altro.

Paolo. -       Io un debole!...

Cirillo. -    A te manca la forza, manca il coraggio di superare il terrore bel ridicolo. Tu hai ucciso pel timore di essere un marito ridicolo! E il buffo è questo: che il ridicolo colpisce sempre e soltanto chi lo teme!...

Paolo. -       Me no!...

Cirillo. -    E allora stasera tu va al banchetto!

Paolo. -       Ma non capisci?

Cirillo. -    Che cosa?

Paolo. -       Che io ho ripugnanza per tutta questa esage­razione di oggi!?...

Cirillo. -    Ti amo per questo momento di sincerità. Tu senti il ridicolo di oggi, di tutta questa glorificazione: tu demolisci il tuo passato!

Paolo. -       Non è questo, mi fraintendi.

Cirillo. -    No, no; datti per vinto. Il marito che perdona non è sempre ridicolo; può esserlo qualche volta quello che ha ucciso, come vedi!

Paolo. -       Non ci capisco più nulla!... (silenzio) La verità è che provo un grande senso di delusione!...

Cirillo. -    Eh, capisco! Tu cominci a vedere tutto l'as­surdo che è nelle nostre convenzioni!... Ma preparati a subire degli stati d'animo più sottili e più tormentosi.

Paolo. -       Più ancora? E' impossibile!

Cirillo. -    Sì. Tutto questo passerà, e relativamente presto; ma...

Paolo. -       Ma?...

Cirillo. -    Ma è da oggi che tu comincerai ad uccidere veramente tua moglie. Ucciderla in te stesso!... Giorno per giorno, ora per ora, sentimento per sentimento... Quello che hai già fatto è nulla!... Il delitto non è stato che un punto di partenza!

Paolo. -       Mi fai male!...

Cirillo. -    Hai ragione; perdonami!... Non ne parliamo più!... (si allontana verso la terrazza).

Paolo. -       (dopo  un   lungo  silenzio) Che  cosa  farà lei laggiù?...

Cirillo. -    (sulla soglia della terrazza, a Luciano e Marta che appaiono) Oh, ecco il trionfatore del giorno!...

(Luciano e Marta salutano gli amici che sono sulla terrazza, Paolo si volge, li vede, e fa un vivo gesto di contrarietà. Luciano e Marta avanzano verso Paolo).

Luciano. -   Come si va, dunque? Posso vedere la tua faccia un po' più serena oggi?

Paolo. -       Perché oggi più di ieri?

Luciano. -   Come, perché?...

Marta. -      (che è in giro per la sala osservando i fiori e leggendo le dediche) Che bei fiori, e quanti!... Un vero plebiscito!... (dopo aver vagato ancora un po' per la sala, uscirà sulla terrazza fra gli altri).

Paolo. -       (che ha visto un giornale fra le mani di Luciano) Ah! Hai comperato l'edizione supplemento!

Luciano. -   Così!...

Paolo. -       (ironico) Naturale!... C'è certamente stampata per intero la tua magnifica arringa!...

Luciano. -   Oh, non per questo!

Paolo. -       Sei tra i principi del foro, oramai !... E lo devi a me!...

Luciano. -   Non me ne parlare, ti prego. Ricordati quello che ho sofferto per questo; che io non volevo; e se non fosse stato per l'amicizia!... Ma ad ogni modo non sono punto soddisfatto.

Paolo. -       Ah, nemmeno io!

Luciano. -   (sorpreso) Tu?

Paolo. -       Ti prego di presentarmi domani la parcella. Intendo di pagarti... subito.

Luciano. -   Pagarmi?... Ah, no!

Paolo. -       No? Perché?

Luciano. -   Perché mi ripugnerebbe prendere del denaro da te... da un amico!...

Paolo. -       E a me ripugnerebbe doverti della riconoscenza per un'assoluzione ottenuta con quei mezzi.

Luciano. -   Quali mezzi?

Paolo. -       Diffamando in piena Corte d'Assise... quella di­sgraziata!...

Luciano. -   Ho detto la verità!

Paolo. -       (balzando) Eh?!...

Luciano. -   Come la può dire un avvocato in Corte d'As­sise, per ottenere l'effetto voluto!... Necessità oratoria!

Paolo. -       Tu dovevi sostenere la tesi di diritto, e null'altro!

Luciano. -   Con i giurati bisogna sostenere la tesi di sentimento.

Paolo. -       Di diritto!

Luciano. -   Ti avrei fatto condannare!...

Paolo. -       Tu dovevi accertare questo: che io ero nel mio diritto quando ho... ucciso!...

Luciano. -   Io avevo il dovere di farti assolvere.

Paolo. -       No: tu avevi il dovere di non farmi un male maggiore. Per questo avevo scelto un amico!... Tu in­vece non hai pensato che al tuo successo!... Ah!...

Marta. -      (rientrando dalla terrazza) Ebbene? Fate co­me i ladri di Pisa?

Paolo. -       Aspetto entro domani la tua parcella. (va sulla soglia della terrazza).

Marta. -      Che bravo cliente!... (a Luciano) Che cos'hai?... Sei turbato.

Luciano. -   Dice che... gli sono spiaciuto.

Marta. -      (ironica) Come mai?... L'hai fatto assolvere!... Hai pagato il tuo debito.

Luciano. -   Quale debito?

Marta. -      D'amicizia!...

Luciano. -   Egli pensa invece... che non gli sono stato amico.

Marta. -      Strano!... Più amico di te, dove avrebbe potuto trovarlo?

Luciano. -   E vuol pagarmi!

Marta. -      E' giusto!

Luciano. -   Ah, no!...

Marta. -      (con un riso sottile) Sei l'uomo degli scrupoli!... Si direbbe che tu ora, in cambio, l'aspetti da lui un'assoluzione!

Luciano. -   (guardandola freddamente) Per te?

Marta. -      Non sono stata io a difenderlo; non sono io quindi che posso essergli spiaciuta; anzi, forse è il contrario!

Luciano. -   Appunto; mi sembra che tu faccia degli sforzi eccessivi per piacergli;  si  direbbe che tu ti voglia far perdonare qualche cosa da lui!

Marta. -      D'averti sposato, forse?... (restano a guardarsi negli occhi, poi, ad un tratto, Marta rompe in una risata stridula. Luciano  fa un gesto di stizza e si allontana).

Paolo. -       (rientrando nella sala) Vorrei sapere che cosa fa tutta quella gente davanti al  cancello. Sembra una folla che aspetti che s'apra la porta del loggione.

Marta. -      Per rivedere un grande attore tragico che torna fra noi dopo una lunga assenza!...

Paolo. -       Signora, vi prego!...

Marta. -      E mio marito vi ha annunciato al gran pubblico con parole talmente fastose, che...

Paolo. -       Vostro marito... vostro marito!...

Marta. -      Mio   marito?...   non  è forse il  vostro migliore amico?

Paolo. -       Il mio migliore amico?... Ah, no!...

Marta. -      No? Mi sorprende!...

Paolo. -       Vi dico una cosa sgradevole, lo so, ma...

Marta. -      Sgradevole?...  Affatto!...  Io non  ci tengo che voi siate amico di mio marito.

Paolo. -       (beffardo) Ah, temete che lo  guasti?... Che gli trasmetta i miei principi? Temete per voi?

Marta. -      Il giorno  in cui si trattasse di me,  sarei tran­quillissima... perché ci sareste voi a difendermi!...

Paolo. -       Io?!

Marta. -      Perché non potrebbe trattarsi che di voi.

Paolo. -       (dopo un silenzio, ironico) Ah!...

Marta. -      Preferisco che non gli siate amico; vedete bene che sono una personcina morale!...

Paolo. -       Moralissima!...

Marta. -      E voi? Come vi è passato tutto questo tempo? Che cosa facevate laggiù?...

Paolo. -       Nulla.

Marta. -      E' molto poco: nulla!... E poi... la solitudine!... Sempre solo, non è vero?...

Paolo. -       Qualche volta veniva... vostro marito!...

Marta. -      Non doveva essere certo un grande sollievo!... E sempre lì tra quelle quattro mura!...

Paolo. -       Quasi sempre!

Marta. -      (provocante) Dio mio!... M'immagino quale enorme fardello di desideri, accumulati là dentro, ab­biate dovuto portar con voi uscendo! (gli si avvicina) Desiderio di sole, di movimento, di vita!

Paolo. -       Nella furia d'uscire, ho dimenticato tutto, laggiù!

Marta. -      Tutto?...

Paolo. -       (la guarda con un po' d'ironia e di curiosità; si allontana lentamente, suona un campanello, si volge ancora a guardarla, va sulla soglia della terrazza) Amici, vi prego di scusarmi se vi lascio per qualche momento.

Marco. -      Se ti diamo disturbo, andiamo via.

Paolo. -       No, no, restate, vi prego. (ad Andrea che è entrato da sinistra) E' tutto in ordine di là, nella mia stanza?

Andrea. -    Sì, signor conte! (Paolo si avvia lentamente verso destra) Vuole che l'aiuti in qualche cosa?

Paolo. -       No, grazie.

Andrea. -    (gli si avvicina, e a voce più bassa) Se passa per la stanza della signora... vedrà che ci sono dei fiori... La Teresa li rinnova ogni giorno... ed io non ho creduto di impedirglielo... perché... l'intenzione era buona!... Non so se abbiamo fatto male... Se ella non...

Paolo. -       (che l'ha ascoltato turbato, gli batte affettuosa­mente su una spalla). No, no!... (fa ancora qualche passo e si ferma sulla soglia; poi si fa violenza ed esce per la seconda porta di destra.)

(Alcuni degli amici che erano sulla terrazza, sono entrati nella sala, e si sono fermati a guardarlo in silenzio. Andrea è uscito subito da sinistra.  Le conversazioni si riannodano.  Fra  coloro che sono entrati nella sala, ci sono Piero e Wanda).

Wanda. -     (a Piero con voce sommessa) Dunque, queste lettere, quando me le rendi?

Piero. -        Quando te le verrai a prendere.

Wanda. -     Io? Sei pazzo!...

Piero. -        Domani alle quattro sarò in casa; ti aspetterò!...

Wanda. -     Aspetterai un pezzo!

Piero. -        Sarò paziente!

Wanda. -     E' un ricatto, questo, che mi fai?

Piero. -        No, un favore!

Wanda. -     Stupido!... Riportami al più presto le mie let­tere, hai capito?

Piero. -        Domani alle quattro sarò in casa; ti aspetterò!... (sorride e si allontana. Ella fa un gesto di stizza.)

(Improvvisamente si sente salire dalla strada un vocio concitato che sempre più si avvicina alla casa. Le persone che sono sulla terrazza guardano fuori con palese curiosità, e fanno gesti di sorpresa. Quelli che sono nella sala si tacciono, tendono l'orecchio, e muovono verso la terrazza).

Cirillo. -    Dev'essere accaduto qualche cosa!...

Marta. -      Certo! Andiamo a vedere!...

(Ad un tratto tutti dalla terrazza si precipitano verso sinistra e scompaiono. Il vocio è vicinissimo. S'odono distintamente   le  frasi: «E'  lei!...  E'  lei!...  Per di qui!... per di qui!»  Poi il vocìo si affioca).

Andrea. -    (dopo qualche momento entra a precipizio dalla terrazza. Egli è molto commosso. Chiama a voce alta, entrando)

Signor padrone!... Signor conte!... (e si avvia verso destra).

Paolo. -       (entra da destra) Che cosa accade?

Andrea. -    (perplesso, e non riuscendo a vincere la sua commozione) Signor conte!

Paolo. -       Ebbene?... (ora il vocìo, molto distinto, viene da una sala di sinistra). Chi c'è di là? Che cosa?...

Andrea. -    C'è... che hanno...

Paolo. -       Ebbene?

Andrea. - Poco fa... nel lago, due barcaioli, passando qui davanti... hanno  sentito qualche  cosa  urtare contro il remo... e... e allora...

Paolo. -       E allora?...

Andrea. -    Era un cadavere!...

Paolo. -       Ah!...

Andrea. -    Un cadavere di donna!...

Paolo. -       Ah!...

Andrea. -    Di donna!...

Paolo. -       Ho capito!...

Andrea. -    La signora Savina!...

Paolo. -       (irritato e incredulo) Ah!...

Andrea. -    La signora Savina!... L'abbiamo riconosciuta!

Paolo. -       (estremamente sorpreso) Eh?... L'avete...?!

Andrea. -    Proprio lei!...  Non  c'è  dubbio!...  E  in uno stato!... Irriconoscibile!...

Paolo. -       Ma voi impazzite!...

Andrea. - Glielo assicuro!...  Lei, lei!... L'abbiamo  tutti riconosciuta appena vista! E anch'ella, appena la vedrà...

Paolo. -       Non voglio veder nulla!...

Andrea. -    Come?

Paolo. -       Nulla!

Andrea. -    Ma signore?...

Paolo. -       Ah! Credete forse  che io mi  voglia   prestare ai giuochi della vostra fantasia?

Andrea. -    E' lei!

Paolo. -       E' assurdo!

Andrea. -    Perché? L'hanno ripescata nello stesso punto dove... precipitò!...

Paolo. -       (torcendosi le mani) Ah!... è troppo!...

Andrea. -    Venga, signor padrone, è di là!

Paolo. -       Dove?

Andrea. -    Di là!...

Paolo. -       Eh?... Che cos'è la morgue, questa?

Andrea. -    Povera  signora,  l'abbiamo  portata nella sua casa. Voleva che la lasciassimo sulla spiaggia?

Paolo. -       (a Marco che entra da sinistra) Dunque?

Marco. -      Ah, tu sai?!...

Paolo. -       So che siete un branco di allucinati; questo so!...

Andrea. -    (a Marco) Non crede che sia la signora Savina?...

Marco. -      Non credi? E chi voi che sia? E' evidente che si tratta di un corpo che è restato sommerso per molto tempo. Indubbiamente le sue vesti sono restate impigliate in qualche roccia... Ma... è lei!... è stata una voce sola: è lei!... ed è naturale che sia lei!...

Paolo. -       (desolato) Naturale!...

(Da sinistra   entrano  Cirillo, Piero, Elisa e Wanda. Le donne hanno gli occhi rossi di pianto).

Marco. -      (a Paolo) Vieni un momento di là. Lo capisco, è una cosa penosa!... ma è necessario che tu la veda!... che tu la riconosca. Poi, provvederò io perché si pro­ceda immediatamente alle constatazioni di legge!...

Paolo. -       (con dolorosa ironia) E' necessario!...

(esce con Marco da sinistra).

Wanda. -     Che cosa atroce, mio Dio!...

Elisa. -        Povera Savina!

Piero. -        Siete sicura che sia lei?

Elisa. -        Non c'è dubbio! L'ho riconosciuta subito!

Piero. -        Da che cosa?

Elisa. -        Da... tutto.

Piero. -        Oh, allora!...

Wanda. -     E com'è impressionabile Luciano! E' quasi svenuto alla vista del cadavere!...

Piero. -        E' debole di nervi, povero avvocato!...

Marta. -      (entra da sinistra) Dio mio! Dio mio! Che cosa terribile!... Io non posso restar qui!... Me ne vado!... A rivederci!... Dio mio! (esce per la terrazza).

Wanda. -     Chi sa l'emozione di Paolo alla vista di... sua moglie!...

Elisa. -        E' stata una vera crudeltà trascinarlo in quella stanza!...

Wanda. -     Che rimorso!...

Elisa. -        Eccolo che viene! Sembra un moribondo!...

(Paolo rientra da sinistra seguito da Marco; egli non è affatto turbato; si direbbe anzi che abbia voglia di ridere).

Marco. -      Dunque non c'è dubbio?!...

Paolo. -       Mah!...

Marco. -      E' lei?!...

Paolo. -       (con un gran gesto di rassegnazione) E' lei!...

Marco. -      Va bene!... Tu ora cerca di stare tranquillo. Penserò io a tutto. (a Piero) Vieni con me?...

(Escono entrambi da sinistra).

Elisa. -        Penseremo noi a tutto, e...

Paolo. -       (che passeggia taciturno, la prega con un gesto di non parlare. Elisa e Wanda escono da sini­stra. Dopo un lungo silenzio che egli ha popolato di gesti)

E' l'ingranaggio!... Dove si andrà a finire poi, Dio solo lo sa!...

(egli si ferma davanti alla soglia della terrazza.)

(La seconda porta di destra si apre lentamente, cautamente. Appare una testa di donna avvolta in un velo densissimo. Dopo qualche istante di esitazione la donna entra; ella è tutta chiusa entro un ampio e leggero mantello d'un colore grigio tenuissimo. Ella muove qualche lieve passo per la stanza. Paolo si volge bruscamente)

 

Paolo. -       Chi siete?... Signora?!... Cercate di me?...

(La donna accenna dì sì col capo. Sorpreso)

Di me?! Ah, credo di capire!... Forse mi avete mandato dei fiori, forse mi avete scritto una delle tante lettere che ho trovato qui, ma...

(La donna ha liberato il suo volto dal velo. E' Savina. Paolo la riconosce, e resta per un istante allibito. Poi, furibondo)

Eh?!... Tu... voi... qui?... A che fare?... Perché?... Avete dimenticato quello... che... Siete impazzita?

(gira lo sguardo intorno smarrito nel timore che vi sia qualcuno).

Savina. -      (con voce lenta e dolce) Non temere!... Non mi ha vista alcuno!... Sono passata per la scala della veranda... E poi... così velata!...

Paolo. -       Ah, è folle!... (si precipita a chiudere a chiave tutte le porte; chiude anche la vetrata di fondo, e abbassa le tendine) Che cosa siete venuta a fare?...

Savina. -      A salutarti!... Non m'inviti a sedere?... Sono madame Sévérine de  Grèze, che vive a Londra.  Vedi bene che ho fatto un lungo viaggio per procurarmi il piacere di vederti un momento!...

Paolo. -       Non dite sciocchezze!...

Savina. -      Qualche giorno fa mi sono spinta fino a Chias­so per seguire più da vicino il tuo processo. Ho saputo della tua assoluzione e son venuta qui!...

Paolo. -       A fare che cosa?

Savina. -      Te l'ho detto!... E poi ho pensato che in questo giorno di grande letizia per te, potesse esserti gradito, fra tanti omaggi, anche il... perdono della vittima!...

Paolo. -       Ma disgraziata, non sapete che di là c'è... c'è il vostro cadavere?...

Savina. -      (stupita) Il mio...?!

Paolo. -       Già!...

Savina. -      Il mio cadavere?!... Non capisco!...

Paolo. -       Poco fa, alcuni barcaioli hanno pescato qui da­vanti alla nostra... alla mia villa, un cadavere di don­na, che evidentemente era nel lago da molto tempo. Era irriconoscibile... eppure tutti, immediatamente, ti hanno riconosciuta!...

Savina. -      Me?!

Paolo. -       T'hanno presa, t'hanno portata in casa, in quella stanza; ed ora son tutti là, intorno alla tua salma, che ti piangono!...

Savina. -      E tu?...

Paolo. -       Io?... Che cosa potevo fare io?... Me l'hanno quasi imposto di riconoscerti!....

Savina. -      Ah!... (un silenzio).

Paolo. -       Ed ora che cosa conti di fare?

Savina. -      Dunque... sono proprio morta?...

Paolo. -       Fra poco saranno fatte le constatazioni di legge.

Savina. -      Morta... Anche per te?... Mi hai riconosciuta!...

Paolo. -       Che cosa speravi?!...

Savina. -      Chi sa!...

Paolo. -       E' assurdo!...

Savina. -      Almeno questo: che il pensiero che io fossi ancora viva potesse, non so, confortarti.

Paolo. -       Mi è indifferente!...

Savina. -      Come  ha  confortato  me la notizia che tu eri assolto.

Paolo. -       Non è lo stesso caso!...

Savina. -      E allora dovrò di nuovo andarmene?...

Paolo. -       Certo!

Savina. -      Tornare a Londra?

Paolo. -       O dove più ti piaccia!...

Savina. -      E passare tutta la vita sola?

Paolo. -       Mah!...

Savina. -      Senza più rivederti?

Paolo. -       E' necessario!

Savina. -      Sta bene!...   Tornerò ad essere madame Sévérine de Grèze!   E per tutta la vita!... Addio!... Addio, Paolo!...

Paolo. -       (travagliato  e  combattuto) Adesso?...  Adesso no!...

Savina. -      Perché?

Paolo. -       Sarebbe imprudente!

Savina. –     Non  temere;  come  son venuta me ne andrò. Ed il mio velo mi difenderà dagli sguardi indiscreti!... Addio!...

Paolo. -       (prendendole una mano) Potrebbero riconoscerti, no!...

Savina. -      Chi  vuoi  che ci pensi?  Io sono di là, morta, morta da tanto tempo!

Paolo. -       Ragione di più!... Se qualcuuo ti riconoscesse, pensi tu a quello che accadrebbe?...

Savina. -      Il ridicolo?

Paolo. -       T'ho detto che non voglio!

Savina. -      (mite) Non voglio?!...  Sono  madame Sévèrine de Grèze!...

Paolo. -       Insomma!... Aspetterai che annotti!...

Savina. -      E dove?

Paolo. -       (sempre più tormentato) Di... là...!

(S'ode cigolare  la  maniglia  della seconda porta  di  sinistra)

Va’, va’!...

Savina. -      (sommessamente) E allora... a rivederci!...

(esce per la seconda porta di destra).

Paolo. -       (apre la seconda porta di sinistra) Che cosa c'è?

Luciano. -   (entra pallidissimo) Non posso più! Non posso più!

Paolo. -       Che cos'hai?...

Luciano. -   Ah, quella morta!... (Paolo fa un gesto deso­lato) E' orribile! Paolo... bisogna che io ti dica tutto!...

Paolo. -       Tutto?... Che cosa c'è ancora?...

Luciano. -   E' un tormento  superiore  alle   mie  forze!... Io  non posso più vivere in queste condizioni!...

Paolo. -       Che cosa ti accade?

Luciano. -   Ecco: ricordi, quella notte...

Paolo. -       Quale notte?

Luciano. -   Io ti sono stato un amico devoto, un amico sincero, il più affezionato degli amici.

Paolo. -       Ah!... Oramai è cosa fatta!

Luciano. -   Quale cosa?

Paolo. -       Non alludi al mio malumore per la tua difesa?

Luciano. -   No!...

Paolo. -       E allora?

Luciano. -   Eppure l'amicizia che avevo per te non ha valso a difendermi contro me stesso!... Il giorno in cui fui preso dalla triste demenza, mi sembrò che l'amico diletto su ogni altro e... il marito... fossero divenute due persone distinte!... All'amico io serbai intanto il mio cuore, ma... ahimè!...

Paolo. -       (profondamente sorpreso) Che cosa mi vai raccontando?!...

Luciano. -   Quella notte... ero io... di là... con lei!...

Paolo. -       (balzando) Tu?!...

Luciano, -   E sono stato io... che l'ho travolta alla morte!...

Paolo. -       Tu?!...

Luciano. -   Ed ora fa di me quello che vuoi!...

Paolo. -       Ah!... Miserabile!...

Luciano. -   Avevo bisogno di confessarmi per mitigare il mio rimorso!...

Paolo. -       Tu?!... Prendermi la mia donna, il mio amore, il mio onore!... Tu, l'amico... Ah!...

Luciano. -   Hai ragione!...

Paolo. -       Vigliacco!... Ed hai avuto il coraggio di assu­mere la mia difesa!... L'hai accusata perfino, hai detto di lei delle cose turpi!... Ed eri il suo amante! Come hai potuto? Sei un miserabile!... Ah, no, ella non può averti amato, non ti ha amato, certo.

Luciano. -   (con una punta di vanità) Perché?

Paolo. -       Dev'essere stato un istante di follìa... Mi fai ribrezzo!...

Luciano. -   (affranto) Basta!

Paolo. -       (con crudeltà) Ed ora sappi questo: oggi... tua moglie... mi si è offerta!...

Luciano. -   (vacillando) Eh?!...

Paolo. -       Essa fa le mie vendette!...

Luciano. -   (tentando di reagire) Ah, questo no!...

Paolo. -       Io ne ho schifo!...

Luciano. -   (rassicurato) Ah, beh!...

Paolo. -       Ma per te sarà lo stesso!... Ed ora... vattene!

(Luciano, a passi lenti, esce per la terrazza.  Paolo richiude la vetrata; poi va verso la seconda porta di destra, l'apre, Savina appare nel vano della porta; entra).

Savina. -      Ebbene?

Paolo. -       Hai sentito?... (si slancia contro di lei con un chiaro proposito di violenza) Ah!...

Savina. -      (ritraendosi rapida) Che cosa vuoi fare?... Uccidermi un'altra volta?!...

Paolo. -       (si arresta di colpo annichilito) Un'altra volta?!...

Savina. -      Pensa che di là c'è già il mio cadavere!...

Paolo. -       (si abbatte, torcendosi le mani) Ah, eccomi preso nella mia stessa rete!...

Savina. -      Sono Sévérine de Grèze!...

Paolo. -       Nemmeno quella notte ebbi la sensazione del tuo tradimento chiara e lacerante come in questo mo­mento.

Savina. -      Ma vedi bene che l'uomo per il quale ti ho tradito, non valeva il tradimento!...

Paolo. -       Non cercar di sottilizzare!... Ah, perché non t'ho veramente uccisa quella notte?...

Savina. -      Oggi avresti dei rimorsi!...

Paolo. -       Meglio qualunque rimorso che questa sofferenza!...

Savina. -      Amala codesta tua sofferenza, perché ti viene dalla mia presenza.

Paolo. -       Vattene, non voglio più vederti!...

Savina. -      Se tu mi avessi uccisa... allora... oggi il tuo tormento sarebbe molto più crudele.

Paolo. -       Sarebbe stata la liberazione.

Savina. -      Quale liberazione? Se tu mi ami!

Paolo. -       Io?... Ah!

Savina. -      Mi ami!

Paolo. -       T'odio!

Savina. -      Mi ami!

Paolo. -       Vattene!

Savina. -      Tu non vuoi che io me ne vada.

Paolo. -       Al più presto!

Savina. -      M'hai trattenuta poco fa!

Paolo. -       Perché non volevo uno scandalo!

Savina. -      Perché mi ami!... Perché mi vuoi con te... an­cora!...

Paolo. -       E' falso!... Chi ha detto questo?

Savina. -      Era superfluo che tu lo dicessi!... Ma io so che resterò vicino a te... che mi vorrai di nuovo, come prima!...

Paolo. -       T'inganni!... Guarda, a me non importa più nulla dello scandalo, del ridicolo, di nulla!... Piuttosto che averti qui per un solo minuto ancora, io preferisco affrontare qualunque conseguenza!... Se anche ti ve­dono, ti riconoscono, non m'importa, ma un minuto di più, qui, no!... Ecco!...

Savina. -      (con grande scoramento) Ah!... Sta bene... Me ne andrò!...

Paolo. -       Subito!...

Savina. -      Me ne andrò, ma...

Paolo. -       Ogni altra parola è inutile, non ti ascolto!...

Savina. -      ...Ma... (con un vibrato accento  di  sincerità) Paolo, sola, senza di te, io non potrò vivere... non vi­vrò! Avrai la liberazione che desideri, e molto presto!... (Paolo si volge a guardarla) Preferisco uccidermi, Paolo!... Mi ucciderò!... (e muove come se volesse an­darsi a gettare nel lago).

Paolo. -       (afferrandole una mano) No!...

 

(Un lunghissimo silenzio. Il volto di Savina si è illuminato. L'angoscia di lui è evidente).

Savina. -      (con voce lieve) Paolo!...

Paolo. -       (cercando di riprendersi) No... Non voglio che tu vada via ora!... Aspetta questa sera, come eravamo d'accordo!... Questo intendevo dire...

Savina. -      (con grande pietà) Povero amico mio!...

Paolo. -       (con un fil di voce) Lasciami, ti prego!...

Savina. -      Ti aspetterò!... (si allontana lentamente, crol­lando il capo; giunta sulla soglia della seconda porta di destra, si volge ancora a guardarlo, poi esce.)

(Paolo, restato solo, fa qualche passo angosciosamente com­battuto, poi si accascia su una poltrona, si prende la testa fra le mani. Improvvisamente la prima porta di destra si apre, ed appaiono Andrea e Giacomo che recano quattro grandi torcieri accesi, uno per mano; attraversano lentamente la scena ed escono per la seconda porta di sinistra. Paolo si leva in piedi d'un balzo, come atterrito; poi resta a guar­darli trasognato).

FINE DEL SECONDO ATTO


ATTO   TERZO

La stessa scena degli atti precedenti.

(Le prime ore di un pomeriggio pieno di sole. Il fu­nerale è imminente, Cirillo, Marco, Giorgio, Piero, Elisa e Wanda sono nel salotto insieme a molti altri signori e signore. Gli uomini sono tutti in redingote, cilindro e guanti neri; anche le signore sono in abito nero. S'odono i lunghi rintocchi d'una campana. I servi vanno e vengono affaccendati. I convenuti con­versano, ma a voce bassissima, sì che non s'ode che vocìo sommesso e confuso).

Elisa. -        (levando il tono della voce) Sarà un funerale imponente!... (parecchi la zittiscono: «Sssst!»).

Cirillo. -    (indicando la seconda porta a destra, a voce bassa) C'è Paolo di di là...

(E la conversazione ripren­de il suo tono confuso e sommesso. Le signore hanno il fazzoletto in mano per asciugarsi ogni tanto una lagrima. Gli uomini sono d'una gravità ammirevole. Qualcuno è sulla terrazza e guarda di sotto. Paolo entra dalla seconda porta di destra, che richiude a chiave, mettendosi la chiave in tasca. E' in abito grigio chiaro; non ha affatto l'aria triste. Tutti con solennità gli si affollano intorno, e gli tendono la mano con compunzione. Egli stringe le mani in si­lenzio; poi esce dalla seconda porta di sinistra. Le conversazioni, alla sua uscita, si animano).

Elisa. -        Avete visto che aria aveva quel povero Paolo?!... Sembrava un morto!

Wanda. -     E' il rimorso!

Cirillo. -    E' un uomo finito, poveretto!...

Piero. -        Un cadavere, sia pure soltanto di donna, è un peso non indifferente nella vita d'un uomo!...

Elisa. -        E' così stordito che non ha pensato nemmeno a mettersi un abito nero!

Wanda. -     Bisognerà dirglielo!

Elisa. -        (a Wanda) Come mi sta questa toilette? L'ho fatta fare in fretta e furia!

Wanda. -     Benissimo ti sta! Io invece mi son messo questo vestitino dell'anno passato!

Cirillo. -    Quello che m'impressiona è che Paolo si è chiu­so nelle sue stanze ieri sera, e non ne è uscito che ora!

Wanda. -     Chi sa che tormento!

Marta. -      Bisognerà cercare di distrarlo!...

Elisa. -        Però la cameriera, la Teresa, che gli ha servito i pasti in camera, mi ha detto che ha mangiato moltis­simo; che ha mangiato almeno per due, specialmente questa mattina a colazione!

Marco. -      Fa bene a nutrirsi!...

Wanda. -     Sapete chi ho visto questa mattina?

Elisa. -        Chi?

Wanda. -     Vi ricordate di quella coppia... di quei due americani... che erano qui l'anno passato, e che tutte le sere se ne andavano per il lago cantando?

Elisa. -        Ah! sono qui di nuovo? Cari!

Wanda. -     E' venuto solo! Lei non c'è!...

Elisa. -        Che cosa sarà accaduto? Si saranno lasciati?...

Wanda. -     Mah!... Era tanto graziosa!...

Elisa. -        Oh, gli uomini!... (sospira, e guarda Giorgio).

Marco. -      Se la sarà ripresa il marito!...

Elisa. -        Le promesse, i giuramenti!... (sospira di nuovo, e guarda Giorgio).

Paolo. -       (rientra da sinistra; si fa immediatamente il silenzio) Sentite, amici miei, qualcuno di voi mi faccia il favore di andare di sotto; continua a giungere gente, e non ho nessuna voglia di riceverla!...

Marco. -      Sì, sì; andiamo di sotto!

Paolo. -       Grazie!... (apre la seconda porta di destra, esce, e la richiude a chiave).

Cirillo. -    Che cosa farà chiuso là dentro?

Elisa. -        Povero Paolo!...

Cirillo. -    (che è sulla terrazza) Continuano a giungere fiori!...

(Marco, Piero, Wanda e gli altri invitati escono lentamente, parlando   a  voce bassa, per la porta di sinistra).

Elisa.   -       (tagliando  il  passo  a   Giorgio,   implorando) Giorgio!...

Giorgio. -    Daccapo?

Elisa. -        Giorgio!... E' impossibile lasciarci così!...

Giorgio. -    (infastidito) Su  via!...  Mi sembra d'essermi spiegato chiaro ieri...

Elisa. -        Non posso! non voglio!

Giorgio. -    Voglio  io;  e  questo è sufficiente!... (scrolla le spalle, ed esce per la porta sinistra.  Elisa fa un gesto di disperazione).

Cirillo. -    (che rientra dalla terrazza) Elisa? Che cosa ti accade?

Elisa. -        Amico mio!... Amico mio!...

Cirillo. -    Mah!... Ella ormai non ha più nulla da soffrire!... Oggi, chi si deve compiangere, è Paolo!... Egli se l'era quasi  imposto  il  delitto!... Ed è veramente tragico il momento in cui si è costretti a riconoscere che ci si è ingannati   nel  giudicare i nostri sentimenti e le nostre idee; ed egli ora piange questo errore fatale!...

Elisa. -        Forse hai ragione tu!... A che serve uccidere?...

Cirillo. -    (dopo  averla  guardata un istante,  ironico) Già!...   Credo  che   questa   sia   l'unica  opinione   nella quale noi due si vada d'accordo!...

Elisa. -        T'inganni, Cirillo! Io ho sempre pensato che un marito avesse pienamente il diritto di uccidere la moglie che lo tradiva! Trovavo perfino che, oltre che giusto, fosse bello!

Cirillo. -    (con una punta  di  amara   d'ironia)  Ah!... E' un rimprovero, questo, che mi fai?... Hai ragione!... Se è così, ti ho delusa!... Sono stato un cattivo marito!...

(ride brevemente).

Elisa. -        Perché dici questo, ora?

Cirillo. -    O per lo meno sono stato un grande egoista: mi son preoccupato di piacere a me stesso più che a te!... (ride ancora).

Elisa. -        Risparmiami queste parole amare!... Non vedi che soffro?

Cirillo. -    Per questo?

Elisa. -        Ti prego!

Cirillo. -    Per un dolore che ignoro?... E' molto triste che tu me parli, allora!

Elisa. -        Il mio dolore sono io stessa, Cirillo!...

Cirillo. -    (sorpreso Eh?

Elisa. -        Per questo ti ho pregato di valutare le tue parole!... Tu che non mi hai uccisa, non uccidere in questo momento la possibilità d'una nostra vita!...

Cirillo. -    Spiegati!...

Elisa. -        Dubiti d'aver compreso?... Se la cosa può farti piacere, ebbene, sì, hai compreso giusto!...

Cirillo. -    (le pone lentamente una mano sulla spalla. Dopo un silenzio, con voce un po' commossa) Elisa!...

Elisa. -        Ah, grazie, grazie!... Io voglio spiegarti...

Cirillo. -    No; se sei sincera non parlare! E' meglio!

Elisa. -        Non posso tacere!...

Cirillo. -    Non parlare!... Fa conto che molto tempo fa noi ci si sia dato un convegno per oggi, qui!... Ci strin­giamo la mano, e proseguiamo il cammino insieme!...

Elisa. -        Io ho bisogno di aprirti tutta l'anima mia!...

(Cirillo fa un gesto desolato. Elisa continua con enfasi)

Voglio dirti tutto il tormento della mia anima sempre ansiosa nella ricerca di una felicità che era fuori della mia vita. Ah, con quanta amarezza ho pagato tutte le mie folli illusioni, i miei errori!

Cirillo. -    Basta!

Elisa. -        Perdonami se ti ho fatto soffrire!... Ma anch'io ho tanto sofferto, ed il male che ti ho fatto è stato il mio stesso male!... Perdonami! (piange).

Cirillo. -    Calmati!... Ognuno vive come può!... Se in questo momento tu sei sincera, il passato non conta più!...

Elisa. -        Perdonami!... Mi serbi rancore?...

Wanda. -     (da sinistra, chiama forte) Elisa?...

Elisa. -        Vengo!...

Cirillo. -    Va', va'!... Anche tu sei una povera creatura!...

Elisa. -        (estrae dalla borsetta uno specchietto e un sacchetto per la cipria; dopo essersi asciugata gli occhi, s'incipria il volto con civetteria; quindi ripone ogni cosa nella borsetta) Mi sento l'anima più leggera! Mi sembra che oggi soltanto io cominci veramente a vi­vere!... Tu saprai dimenticare, non è vero?...

Cirillo. -    Sarai tu che dovrai dimenticare.

Elisa. -        Ah, grazie, grazie!...

Cirillo. -    Va', ti aspettano!... Coraggio!...

(Elisa, sulla soglia di sinistra, si volge a guardare Cirillo, quindi esce. Cirillo, addossato ad un mobile, guarda per qualche tempo la porta per la quale ella è uscita, poi scrolla il capo, e resta pensoso).

Paolo. -       (entra da destra). Oilà! Che cosa fai?...

Cirillo. -    (seguendo un suo pensiero) Mah!... Chi sa se è sincera o soltanto in buona fede!...

Paolo. -       Chi?...

Cirillo. -    Lei, mia moglie!... Mi ha fatto una scena poco fa!...

Paolo. -       Una delle solite?!

Cirillo. -    Se fosse stata una delle solite non mi vedresti così preoccupato, amico mio. Insolita!...

Paolo. -       Cioè?

Cirillo. -    Mi ha parlato di pentimento, di stanchezza, di delusioni... di... progetti sentimentali per l'avvenire!... E' grave!... Mah!...

Paolo. -       Ah!... Forse avevi ragione tu!...

Cirillo. -    Mah! Troppa enfasi!... Staremo a vedere!... Chi sa!... (esce da sinistra)

Savina. -      (apre un poco la porta di destra, sporge il capo, chiama a voce bassissima) Paolo?!

Paolo. -       (si volge sgomento) Che cosa vuoi?

Savina. -      C'è nessuno sulla terrazza?...

Paolo. -       No, ma... (guarda timoroso intorno).

Savina. -      (entra; è in un elegantissimo abito chiaro) Ancora!...

Paolo. -       Può venire qualcuno da un momento all'altro!...

Savina. -      Io sono stanca di rimaner prigioniera in quelle stanze!... Ho tanta voglia di girar liberamente per la mia, per la nostra casa!... Mi sembra d'averla dimen­ticata, e l'ho così nel cuore!

Paolo. -       Che cosa dici?!... Pensa!... Se qualcuno ti vedesse!...

Savina. -      Oramai!...

Paolo. -       Come?!... La situazione è sempre la stessa!

Savina. -      Non sta che a noi cambiarla; e... l'abbiamo già cambiata!...

Paolo. -       Non è la stessa cosa!...

Savina. -      E' l'unica che abbia valore!... Che t'importa di tutta questa gente?... Perché pensi ancora a subor­dinare i tuoi sentimenti, la tua vita, la tua felicità a loro?... Che cosa ti hanno dato? Soltanto il male! E qualche elemosina di parole!

Paolo. -       Sarà Ma la nostra vita non è fatta soltanto di noi!...

Savina. -      Ma noi, sopra tutto, dobbiamo essere, se amiamo la nostra vita!

Paolo. -       Ecco: bisogna poterla amare!...

Savina. - (con infinita dolcezza) Paolo!... Siamo tutti e due i deboli convalescenti di un grande dolore!... Pensa che dobbiamo dimenticare!... E soltanto l'amore può compiere il grande miracolo di cicatrizzare i ricordi!... Perché fai così?!

Paolo. -       E' più forte di me!...

Savina. -      Non è vero!... Tu mi ami!... E nulla è più forte dell'amore!

Paolo. -       Non so! sono stato ripreso come in un gorgo!... Ecco, tu trionfi di me, della mia vita!...

Savina. -      Non sono io, è il tuo amore che trionfa!...

Paolo. -       Ah! ma come fai ad essere così certa del mio amore?... Tu forse t'inganni!...

Savina. -      No, non m'inganno. Soltanto per amore hai potuto superare te stesso soltanto per amore hai potuto liberarti degli enormi fantasmi dei pregiudizi sociali!...

Paolo. -       Forse t'inganni!

Savina. -      E poi il cuore d'una donna, d'una donna che ama, Paolo, è uno specchio di verità come una pagina di Vangelo. E nel mio cuore io sento specchiarsi tutta la frenesia del tuo amore. No, non m'inganno, Paolo!...

Paolo. -       Forse t'inganni!... Forse il tuo cuore ti mente! Ah, tu non sai tutto il tormento che si è scatenato dentro di me questa notte!...

Savina. -      L'ho compreso!...

Paolo. -       Quando ti ho riavuta fra le braccia!... Quando ho risentito il palpito ardente della tua carne!...

Savina. -      Ero tua!...

Paolo. -       Quando t'ho vista agonizzare sotto il mio fu­rore!... M'ha preso come una follia di distruzione!... Ho sentito turbinare dentro di me tutti gli istinti più oscuri, gli odii, le crudeltà selvagge che dormono nelle nostre origini!... Schiantarti avrei voluto!... Cancellare da te qualche cosa per sempre, per sempre!... Era la bestia che s'avventava per riprendere qualche cosa che le avevano tolto con un tranello infantile, e che sentiva i suoi artigli spezzarsi contro un velo sottile tessuto di misteri!... I tuoi ricordi, ecco la mia disperazione!...

Savina. -      Paolo!

Paolo. -       E poi m'è parso di sentirmi coricato nel fondo d'un abisso, vinto in tutte le membra, spezzato in ogni volontà!...

Savina. -      Hai pianto come un fanciullo questa notte!...

Paolo. -       D'umiliazione!...

Savina. -      Ed hai lasciato che asciugassi le tue lagrime!... Ti sei addormentato alle mie parole lievi come sospiri di tenerezza!... Senza volerlo hai cercato rifugio in me, contro il male che io stessa t'avevo fatto!... Non si può amare più di così, Paolo!... Ecco perché io non dubito!...

Paolo. -       Io non sento che la mia angoscia!...

Savina. -      Mi ami!...

Paolo. -       No, non ti amo!... Cerca di comprendermi!... Io vorrei averti in un possesso assoluto!... Soltanto mia!... E questo, oramai...

Savina. -      Oh!... Se il mio peccato ha generato in te la necessità di quest'amore spietato, io mi perdono!...

Paolo. -       Eh?!...

Savina. -      Sì; perché prima il tuo amore dormiva in fondo al tuo cuore, tu stesso l'ignoravi. Ma oggi che sei tutto un urlo di desiderio, oggi mi sento veramente amata!...

Paolo. -       Taci, non vedi il mio tormento?

Savina. -      Le grandi passioni vivono, si nutrono di tor­mento.

Paolo. -       Taci, taci!...

Savina. -      E si comprende la suprema bellezza dell'amore soltanto quando ci si sente spezzare l'anima dai singhiozzi!...

Paolo. -       Sei crudele!

Savina. -      Ti amo, perché mi ami!...

Paolo. -       Mi ami?!... Ah!...

Savina. -      Non ho amato che te!...

Paolo. -       Ah, ecco, questo... Ma come potrò averne la certezza?

Savina. -      Sentendo come io sia tutta tua!...

Paolo. -       Tutta?... Ah!... Mi sembra di veder sulla tua carne i segni violenti del passato!

Savina. -      Dimenticherai!

Paolo. -       Come?!...

Savina. -      Perché io ho dimenticato. In me non c'è più nessun ricordo, di nulla!... Questa notte mi sono data a te serenamente. Questa è la certezza che deve farti ritrovare la pace!...

Paolo. -       Vero?!... Queste tue labbra... questi capelli... (in un grido soffocato) Ah! (la prende, la serra con­tro di sé, come per afferrare il suo possesso fisico, la fa piegare sotto la sua stretta. Poi, dopo qualche tempo, la lascia, e si abbandona sopra una poltrona).

Savina. -      Se io non fossi qui vicino a te, invece!... Se io fossi morta!...

(Paolo le fa segno di tacere)

Pensa questo se vuoi comprendere il tuo amore!... E invece ti sono vicina,   tutta  trepidante,   tutta  supplichevole e sottomessa, ansiosa di piacerti, perché tu mi possa voler bene, tanto, perché senza il tuo amore io sarei una povera creatura sperduta, finita, e non saprei far altro che piangere, che piangere, Paolo!

(Ella è ai suoi piedi, e soffoca il suo pianto sulle sue ginocchio).

Paolo. -       (le accarezza i capelli commosso) Voler bene a qualcuno significa soffrire per lui! Ed io ho tanto, tanto sofferto per te!... Ti ho voluto, e ti voglio tanto bene!...

Savina. -      Paolo!...

Paolo. -       Tanto!...

Savina. -      Perdonami!...

Paolo. -       No, non dire questo, ora!... Pensiamo all'avve­nire!... Alzati, asciugati gli occhi!... E' passato!...

Savina. -      (sollevandosi) L'avvenire... Dirai tu!... Come vorrai!... Con te!...

Paolo. -       Con me, sì!... Va' di là ora, io scendo a vedere quello che accade di sotto!

(L'accompagna fino alla porta di destra; ella esce. Egli traversa il salotto per uscire dalla porta di sinistra).

Luciano. - (entra dal fondo. E' in redingote nera, ed ha in mano il cappello a cilindro; nell'altra mano ha un mazzo di viole. Vedendo Paolo si arresta)

                     Mi hai mandato a dire di non mancare ai funerali; ecco, son qua per questo!...

(Paolo lo guarda freddamente ed esce per la porta di sinistra. Luciano si volge a guardarlo).

Savina. -      (entra da destra) Senti, Paolo!...

(Vede Luciano e s'arresta; vorrebbe tornare indietro, ma Luciano, al suono della voce, si volge, la vede. Getta un breve grido soffocato, e in un gesto di terrore lancia in aria il cappello e il mazzo di viole. Poi, cercando di liberarsi dalla sua angoscia, fa alcuni gesti da allucinato, da folle. Gli occhi sbarrati, le labbra ca­scanti, tutto scosso da un tremito pauroso, egli ar­retra automaticamente di qualche passo, finché urta contro il pianoforte; e resta là inchiodato, con le mani  poggiate  sulla   tastiera,   dalla   quale, ad ogni sussulto, suscita accordi informi. E' l'uomo che ha visto un cadavere resuscitare. Savina, che ha osser­vato Luciano nella sua sorpresa e nel suo terrore, sorride ironicamente; poi fa qualche passo verso un tavolinetto che le è vicino. Luciano fa un nuovo gesto di terrore. Ella prende un giornale, lo spiega, comin-cia a leggere con voce fredda ed ironica un passo dell'arringa che Luciano ha pronunciato alle Assise. A tratti ella distoglierà gli occhi dal foglio sapendo quasi a memoria le parole di Luciano. Egli l'ascol­terà come fuori di sé, agghiacciato).

 

Savina. -      «Ebbene, signori giurati, quella donna che impiegava ogni arte più sottile per conservarsi il fiducioso amore del marito, mentre trascinava la sua bellezza lussuriosa nelle febbrili alcove del peccato e del vizio, quella donna non merita nessun compianto, nessuna scusa; donna avida di sensazioni morbose, malata di tradimento, priva d'ogni pudore e d'ogni senso morale»!...

(Gualcisce lentamente il giornale, e lo getta ai piedi di Luciano, guardan­dolo diritto in volto beffardamente)

Pezzente!...

(Dopo qualche istante rompe in un riso stridulo e gli volge le spalle. Luciano fa una gran violenza su sé stesso, si stacca dal pianoforte che dà ancora qualche nota, fugge atterrito verso la porta a sinistra. Ma sulla soglia s'incontra con Paolo che rientra. Luciano ten­tenna un istante, poi esce di corsa per il fondo).

Paolo. -       (si volge irritato a guardarlo, poi con voce concitata a Savina) Ti sei incontrata con quell'uomo?

Savina. -      Rientrando l'ho trovato qui.

Paolo. -       E gli hai parlato?

Savina. -      Non l'hai visto? Sembrava impazzito. L'ho annientato colle sue stesse parole, quelle della difesa!...

Paolo. -       Ah! E adesso?...

Marco. -      (entra da sinistra, seguito da Cirillo e da Piero. Vedendo Savina dà un balzo, e resta un mo­mento allibito, Cirillo e Piero sono sbalorditi dallo stupore. E restano tutti e tre come pietrificati) Eh?!...

Cirillo. -    Eh?!...

Piero. -        Eh?!...

Marco. -      Che scherzo è questo?...

Paolo. -       (con calma e indifferenza) Mah!...

Marco. -      E' viva?...

Paolo. -       Mah!...

Marco. -      C'è da impazzire!...

Paolo. -       Mah!...

Marco. -      E  quel  cadavere che stanno  portando via, di chi è allora?!...

Paolo. -       Mah!...

Marco. -      (a Savina) E voi... voi!...

Savina. -      Mah!...

Piero. -        Voce d'oltretomba!...

Marco. -      Mah!...  Mah!...  Che  risposte sono codeste?!... Ti prego di spiegarti...

Paolo. -       Spiegare perché, che cosa?!... Hai gli occhi?... Hai visto? Ecco!...

(Cirillo si è seduto, e contiene a stento la sua ilarità).

Marco. -      Ah! se credi che  basti!...   Troppo comodo ca­varsela così!...

Paolo. -       Scusa, chi sei tu?...  Che c'entri,  alla fine?... Rallegrati che sia viva, e basta!...

Marco. -      Ah, no!...

Savina. -      (ironica) Vi ringrazio!...

Marco. -      Non è il momento   di  fare   dello  spirito!...  (a Paolo) Ah, credi  che   sia lecito prendersi giuoco della gente in questo modo?

Paolo. -       Vuoi che l'ammazzi per farti piacere?

Marco. -      Ah, la prendi così alla leggera?...

Paolo. -       Oh, cominci a seccarmi!...

Marco. -      Ah, sì?!...

Piero. -        (tocca Savina  come per  assicurarsi che  sia, viva;   le  dice   a  bassa  voce)  Ne   sono  felicissimo!... (stringe la mano che ella gli porge) Non c'è che dire, è ancora calda; e come!...

(Savina esce lentamente da destra).

Marco. -      E tu supponi   che  sia  permesso prendere così in giro la Legge?

Paolo. -       Oh, la prendete tanto in giro voi magistrati!...

Marco. -      Benissimo!... Però ti avverto che questa volta andrai in galera!...

Paolo. -       Eh?!...

Marco. -      Ah, sì, caro mio, proprio così!... Simulazione di reato!... (quasi con gioia crudele, e con aria trion­fante) Articolo 211 del Codice Penale, 211... «Chiunque denunzia alla Autorità giudiziaria o ad un pubblico ufficiale il quale abbia obbligo di riferirne all'Autorità stessa, un reato che sa non essere avvenuto, ecc. ecc. sino a trenta mesi.» Hai capito? Sino a trenta mesi! Che ne dici?

Paolo. -       (irritatissimo) Dico... dico... Ma come: l'ho ammazzata e mi assolvono... non l'ho ammazzata e mi mandano in galera?... Ah, ma è assurdo!!...

Marco. -      Articolo 211!...

Piero. -        Eh!... La Legge... non conosce legge!

Marco. -      Aspetta, aspetta!... Ora che ci penso... non basta!

Paolo. -       Ah no?!...

Marco. -      Falso in atto pubblico!... Capisci?... Falso in atto pubblico!... Tu hai dichiarato ad un pubblico uffi­ciale che tua moglie era morta; hai riconosciuto, ieri, in quel cadavere che è laggiù, la tua moglie defunta!... Articolo 279!... «Chiunque attesta falsamente al pub­blico ufficiale, in un atto pubblico, l'identità e lo stato della propria o dell'altrui persona, ecc. ecc. è punito colla reclusione da tre mesi a un anno; — attento! — da nove a trenta mesi, se trattasi di un atto dello stato civile o dell'autorità giudiziaria.» Hai capito?

Paolo. -       E' fantastico!...

Marco. -      Trenta e trenta, sessanta mesi, che, tutt'al più, potranno esser ridotti a quarantacinque!... Sei conten­to?... Scherza, scherza!...

Paolo. -       Ah! ne ho abbastanza!... Va' sulla forca tu, la Legge, il Codice Penale, la Corte d'Assise, tutti... Io me ne infischio!

Marco. -      Non sarà facile!... Reato d'azione pubblica! C'è l'arresto immediato!

Paolo. -       Me ne infischio!

Piero. -        Che delinquente!

Marco. -      E quel cadavere di chi sarà dunque? Bisognerà aprire una nuova istruttoria, bisognerà farne l'autopsia!... Suicidio od omicidio?... Questo è il dilemma!...

Paolo. -       Che conti di fare adesso?!...

Marco. -      Far sospendere i funerali, e procedere...

Paolo. -       Procedere a che cosa? Sei matto! Adesso la­scerai che si portino via quel cadavere, perché qui in casa non ce lo voglio più; quando sarà al cimitero, poi, ne farete quello che più vi piacerà!...

Marco. -      Non posso mettere tempo in mezzo!...

Paolo. -       E che hai paura che ti scappi?... E... intendia­moci, quello che sarà, sarà in seguito, ma adesso niente scandali in piazza!... Hai capito?... E quindi silenzio con tutti, ora, anche con gli amici; saranno sempre in tempo a sapere!... Adesso lasciamo che la solennità dei funerali non trovi inciampi disgustosi. Ci siamo capiti?...

Marco. -      Va bene, va bene... Ti compiango!...

Paolo. -       Padronissimo, fa pure!...

Marco. -      (uscendo dal fondo) Di chi sarà quel cadavere?

Piero. -        Ah! com'è divertente la vita!...

Paolo. -       Ah, sì!... (a Cirillo) E tu che ne dici?

Cirillo. -    Io? Io sto facendo sforzi sovrumani per ria­vermi dalla sorpresa!... (gli si avvicina) Sei stato grande!...

Paolo. -       Pensi che io abbia avuto torto?

Cirillo. -    Torto o ragione, non conta, oramai! Sono felicissimo che sia così.

Paolo. -       Ma ora accadrà uno scandalo!...

Cirillo. -    Che t'importa?... Quanti uxoricidi, potendolo, sarebbero felicissimi di far resuscitare le loro mogli!...

Paolo. -       Immagina come si riderà!...

Cirillo. -    Si stancheranno!...

Paolo. -       E' così sempre!... Anche nei momenti più tra­gici siamo perseguitati dal ridicolo!...

Cirillo. -    Veramente sì; nella vita vicino ai grotteschi più buffi avvampano i drammi più spaventosi; nel ghigno delle maschere più oscene urlano talora le passioni più dolorose!... Ma noi non ne abbiamo colpa se la nostra allegrezza o il nostro dolore non bastano a colmare sia pure un attimo solo della nostra vita!...

Paolo. -       E allora subire?

Cirillo. -    Mettersi al di sopra delle nostre forze e delle nostre tragedie!

Paolo. -       Gli spettatori della nostra stessa vita?...

Piero. -        Già!... Ma l'articolo 211 e l'articolo 279? Non è facile essere lo spettatore anche del Codice Penale!...

Cirillo. -    Lo è stato una volta, lo potrà essere ancora!...

Paolo. -       Ma come?!... C'è l'arresto immediato, capisci?!... Ed io ne ho avuto abbastanza della prigione!... Torna­re là dentro?... Ah, no!... Eppure... non sarà certo Marco quello che mi risparmierà!... L'avete sentito?!... Come fare?!...

Cirillo. -    Scappa!...

Paolo. -       Dove?...

Cirillo. -    Dove?!... Lontano!... Prendi la tua Savina e fila!...

Piero. -        Si salvano così tanti ladri, tanti assassini!...

Paolo. -       Fuggire!... Ah!... Andare raminghi pel mondo, io e lei, come due banditi!...

Cirillo. -    Quando si hanno molti quattrini si scappa... en touriste!... Una giovane coppia in viaggio di piacere!...

Paolo. -       Ecco a che cosa sono ridotto: dovermi dare alla latitanza!... Cambiare nome, cambiare volto, correre di paese in paese, impallidire alla vista di ogni poliziotto!...

Cirillo. -    E' un'avventura!...

Paolo. -       E dover nascondere il nostro amore legittimo!...

Cirillo. -    Hai perduto una moglie, ed hai trovato una amante!... Che cosa vuoi di più bello?...

Elisa. -        (entra da sinistra) Ebbene, che cosa fate qui?... Si va?... E voi, signor Paolo?...

Paolo. -       Ah, io?... No, non posso, mi farebbe troppo male!...

Elisa. -        Poveretto!  Coraggio!...  (si  avvicina  a  Piero) Che bel funerale!... Quando morirò io, vi ricorderete di mandarmi almeno un fiore?...

PIERO. -      Sarà impossibile!... Io vi seguirò nella tomba!...

Elisa. -        Voi vi prendete gioco di tutto! (sospira) Non capite il valore del sentimento!... (gli prende il brac­cio) Perché non mi venite mai a far visita?... (Cirillo la guarda e fa un grande gesto sconsolato). Cirillo, vieni dunque!... Arrivederci, Paolo, e coraggio!... (esce per la porta di sinistra)

Cirillo. -    (si lascia cadere su una poltrona) Ancora!...

Savina. -      (entra da destra) Paolo, ebbene?...

Paolo. -       (scuotendosi) Ah!... Eri là? Hai sentito?...

Savina. -      Sì!...

Cirillo. -    Signora Savina, sono stato così sorpreso che non ho saputo trovare una sola parola!... Ma sono tanto felice che sia così!... Ritrovo una buona amica; e son certo che ora potrete esser felici!...

Savina. -      Grazie!... Ma vedete quello che ci accade ora?!...

Cirillo. - Se vi volete bene, tutto il resto non conta!... Quando si è in due!... Sentirsi soli, invece... è triste!... E la sola speranza non sempre è sufficiente a riempire le nostre ore!... Domani?... Fra un mese?... Fra un anno?... Mai?... Chi sa!... E' triste!... (a Paolo) Addio!... E provvedi subito, non hai tempo da perdere, fila!... E, sopra tutto, non la uccidere più!... (a Savina) Addio, signora; vado al vostro funerale!... (le bacia a lungo la mano commosso).

Savina. -      Addio, Cirillo!...

Paolo. -       Mah!... Anche lui... Povero amico!...

Savina. -      Ebbene, Paolo, hai deciso qualche cosa?

Paolo. -       Deciso?!... C'è poco da decidere; bisogna scap­pare, e subito... (si va accalorando sempre più) Scap­pare, capisci, come due furfanti qualunque!... E non c'è da porre tempo in mezzo; prima di sera bisogna essere via di qua, lontano, perché quel signore, quel rappresentante della legge, si precipiterà immediata­mente a rivelare ogni cosa!... Bisogna fare presto, pre­sto!... In galera?... Non l'avranno questo gusto!... Ah, no!... Io non voglio più rendere conto a nessuno della mia vita, alla società, agli amici, alla legge, niente, basta; voglio diventare...

(Improvvisamente nella strada squillano le note della marcia funebre di Chopin. Paolo, che era giunto ad un alto grado di concita­zione, si tace di colpo, e resta immobile ad ascoltare. Savina, che è presso la terrazza, volge appena il capo verso la strada, e si tiene ad una tenda, presa da una sottile angoscia. Paolo, in un grido, come un allucinato, tendendo le braccia verso il feretro che si allontana)

Paolo. -       Savina!...

Savina. -      (Si volge. Col pianto nella voce) Paolo!...

(Entrambi si guardano con angosciosa intensità; poi ella, con uno slancio improvviso, fa qualche passo tendendo le braccia a Paolo in un supremo gesto d'amore).

Paolo. -       (accogliendola fra le sue braccia, e stringen­dola forte, forte)

Ah, sei qui!... qui!... qui!...

(La bacia con grande tenerezza sui capelli. Le note della mar­cia funebre illanguidiscono).

FINE