La matrona di efeso

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LA MATRONA DI EFESO

ATTO I:

PROLOGO

Il sipario è ancora chiuso, si sente solo una musica dolce e malinconica provenire dalla zona della scena.

Sulle note, fuoricampo, una voce di qualcuno che racconta una storia.

ANCELLA DA FUORICAMPO: Si racconta che molti molti molti anni fa, viveva nella nostra città una giovane, chiamata Lira, così bella che era oggetto del desiderio di moltissimi giovani e così brava a cantare che in città, quando costruirono uno speciale strumento musicale a corde, deciso di dargli il suo nome.

Lira, bellissima come una dea,figlia del maestro della scuola, giunta in età adulta, doveva maritarsi, quindi, per vedere chi fosse all’altezza delle sue aspettative sia come bellezza che come forza e vigore, accompagnava ogni mattina il padre alle lezione così da poter vedere i suoi discepoli.

A decine si esibirono per lei in esercizi ginnici o tentarono di conquistarla con lodi e regali, ma tutti furono respinti per diversa ragione

Passarono due settimane, tre, ma nessuno sembrava adatto, finchè non si presentò un giovane forestiero, appena giunto in città, di nome Orione, un ragazzo bellissimo, dal fisico atletico e di spiccata intelligenza. L’amore scoppiò subito tra i due, trafitti da Eros già la seconda volta in cui gli occhi si incrociarono.

L’anno dopo si sposarono, ma presto Ares fece scoppiare una guerra con Atene e Orione fu chiamato sul campo.

Lira tentò in ogni modo di dissuaderlo, ma la legge umana e divina ha così voluto e lo sposo lascia la moglie a piangere e pregare per la buona sorte del marito.

Un giorno, Orione bussa di nuovo alla porta e la donna quasi sviene per la felicità di rivederlo. Lo bacia, lo abbraccia, lo vuole tutto per sé e gli giura di non lasciarlo andare mai più, però è colta anche da una strana sensazione di diffidenza.

La notte seguente si accorge che l’uomo accanto a lei non dorme e non prega e dal padre, al mattino, dal quale si era recato per dargli la bella notizia del ritorno del marito, apprende invece che la guerra perdura. Lira teme un inganno e ha la certezza quando un carro riporta gli eroi defunti in città, tra cui suo marito. Sconvolta dal pianto e dall’ira torna in casa e caccia l’impostore, che si rivela essere Ares che, innamorato di lei, la voleva come sposa e voleva possederla almeno una volta.

Lira rifiuta e bestemmia il dio e l’intero Olimpo, dunque Ares le confessa di aver ucciso egli stesso Orione prima di tornare all’Olimpo.

La giovane vedova piange, prega e digiuna, finchè la morte non la prende tra le sue braccia gelide. Alla vicenda, però, aveva assistito impotente Dike, la dea della Giustizia, che alla fine, quando potè agire,discese nell’Ade dai giovani e cercò di ridare loro la vita, ma senza successo: Proserpina non mostrò clemenza, poiché la ragazza aveva bestemmiato Ares e gli dei.

Fu così che, allora, per ricompensarli, la buona dea trasformò entrambi in costellazioni: Orione, valoroso guerriero, è sempre pronto a sguainare la spada per difendere i deboli, mentre Lira piange lacrime lucenti che ogni tanto è possibile vedere mentre solcano il cielo, soprattutto a metà estate, periodo in cui venne ucciso Orione.

In quei giorni, ogni amante può innalzare a lei delle preghiere che se possibile verranno esaudite, poiché non vuole che nessuno soffra per amore come è successo a lei.


SCENA I

Si apre il sipario a piena luce, mostrando a tutti un giardino di una casa dell’antica Grecia.

Al centro, una donna, vestita con una tunica bianca e con la cintura d’oro, anelli e orecchini sempre dorati e un cerchietto purpureo. Di fronte a lei, una serva, con tunica marrone chiaro e cintura di corda. Sono al centro del giardino, sulla destra un cespuglio di rose, a sinistra un fico. Il perimetro del giardino è un colonnato ionico di marmo, quasi come si fosse in un chiostro.

Vicino alle due, dietro, c’è un pozzo. Entrambe siedono su panchine di pietra con dei braccioli a voluta ionica.

L’ancella smette di parlare e guarda la padrona, che si sta asciugando le lacrime con un fazzoletto di seta bianca.

La luce è quella del tardo pomeriggio.

MATRONA: Quale storia mi racconti Melissa! Così triste, ma così piena di amore e di passione! Tu sei la miglior narratrice della Grecia intera cara mia, potresti far fortuna cantando in piazza le tue storie! ANCELLA: Mi lusinga tutto ciò, la ringrazio signora. Appena avremo ancora tempo, le racconterò altre vicende, magari più liete e serene, chè gli dei non sempre sono viziosi e irascibili, ma talvolta anche buoni o compassionevoli, con noi umani!

MATRONA: Non ne dubito, mia cara. Anche questa vicende, seppur triste, ha comunque un finale che mi riempie di gioia e di amore. Mi ha fatto venir voglia di abbracciare mio marito, di andare presto a letto con lui e ricoprirlo di baci e parole dolci.

SCENA II

Entra di corsa un servo, con una lettera in mano.

MATRONA: Che succede per arrivare qui così di fretta e più bianco in viso della lattea afrodite?

SERVO: Ho brutte notizie, signora. Per lei e per suo marito. Questa lettera è sigillata col marchio della città, dunque viene dagli alti palazzi.

MATRONA: E con ciò? (in tono accusatorio)Hai forse sbirciato nella lettera, per sapere che cosa reca?

SERVO: ( arretrando e gesticolando col capo e con le mani, intimorito) No no, mia cara, ma giungono rapide notizie che gli dei ci stanno ostacolando nella guerra contro Atene e il nemico è appena oltre i colli vicini. Una malattia si è sparsa come acqua versata sul marmo tra la nostra schiera più imponente, facendo fare rientro a molti soldati sui carri bardati di nero e affollando la casa di Ares. Tanti eroi, tante celebrazioni di onorificenza cittadina, solo per coprire lacrime e pianti.

Una medaglia non parla, non ride, non ama. Un marito sì. Il baratto non funziona, sa di truffa, signora, mi spiego?

MATRONA: ( secca e altera )No. Non seguo il tuo discorso prolisso e sofista. (verso l’ancella) Che hai capito tu? Dammi la lettera e io la leggerò.

ANCELLA: ( tentennando, con poca voce e a capo chino)Temo, signora, che suo marito sia stato chiamato a scendere sul campo di guerra dal governo della città

La donna apre la lettera, legge che è effettivamente così e inizia a piangere e disperarsi con furore.

Si alza e prende il centro della piazzola del giardino, quindi parla al pubblico.

MATRONA: ( battendo con la mano sulla lettera mostrata al pubblico) Come? Com’è possibile questo? Anche un uomo nobile per discendenza come mio marito deve scendere a insozzarsi di terra rossa, sangue e sudore, per combattere una città nella quale non ha radici, che l’ha accolto da poco a braccia aperte? Meretrice la madre che adotta un trovatello e poi lo ripudia lanciandolo nelle terre ostili come uno straniero qualunque!

Che cosa ci porta questa guerra? Qualche briciola di terra in più che va a riempire le tasche dei già potenti? Già sono scucite le loro borse troppo piccole per quanto devono portare e tracimano i loro magazzini, tanto che morranno senza mai sapere quanto davvero avessero accumulato.

Che si doni a chi ne ha bisogno l’eccesso di cui si dispone, di cui nemmeno si può usufruire e che si smetta di combattere per avanzare oggi noi e domani loro, in questa sorta di danza tra due giganti che calpestano le persone, le case, gli edifici pubblici con ogni loro passo, lasciando dietro solo distruzione e morte.


Fa una breve pausa, strappa la lettera e la getta al vento.

Il servo cerca di parlarle, ma le lo zittisce.

Stessa cosa con Melissa.

Riprende il centro della scena, mette le mani in posizione di preghiera e alza gli occhi al cielo.

MATRONA: O dei! Perché non riportate la pace voi che lo potete? Anche Marte ha da essere stanco di dover affaccendarsi di continuo per noi umani, che si riposi tra ambrosia e dolci melodie apollinee, che faccia si distragga lasciando noi uomini soli nelle nostre mani già per natura macchiate di sangue!

Io non posso lasciare che il mio sposo parta per tornare indietro bardato di scuro e con un drappo di porpora.

Vi prego Dike, Atena, lattea Afrodite e sommo Zeus, di ascoltare questa mia voce di vedova infelice, perché assecondando il mio volere prometto impegno nel celebrare a voi tutti gli onori!

Che me ne faccio di medaglie e stoffe pregiate? Esse non danno figli o soldi, non vi posso far all’amore! (Lascia cadere le mani e smette di pregare, tornando a parlare al pubblico con fare furioso.)

Morire per che cosa? Per la città? Bugiardi! Morire per dieci, venti persone, ecco la verità! E allora che siano loro a vestire di bronzo, che siano loro ad avere gli occhi corrosi dalla polvere e dal sudore, che siano loro ad avere negli orecchi le urla fracassanti del ferro e delle grida, che siano loro a lottare per quella poca e infruttuosa terra che ricercano.

Quando il nemico busserà alle nostre porte con gli arieti o tenterà di scavalcare le mura, allora Efeso farà barricata, si unirà e lo respingerà come un ospite sgradito.

Allora sì, che si combatterà tutti per la città, ma adesso, quale truffa migliore di questa per infondere nell’animo dei più valorosi quella rabbia e quella cecità in più che li portano a non vedere che sotto le armature siamo tutti carne e ossa uguali, che senza paramenti non si può dire con certezza se davanti abbiamo tebani, ateniesi o concittadini.

No, mio marito non sarà nella turba, ma starà qua a sentire le belle favole di Melissa e a deliziarsi dei miei baci e delle mie carezze!

Il servo fa per ribatter di nuovo, ma viene zittito dalla donna.

L’ancella, invece, si morde l’unghia del pollice e poi si alza e va a consolare la donna che scoppia in

lacrime e si risiede.

Cala intanto la sera.

MATRONA: Quante parole al vento, quante preghiere che posso innalzare in vano. La sorte dell’uomo è questa, cercare il più presto possibile la morte propria o dell’altrui persona. Mai che si pensi solo alla sapienza, al diletto, all’amore, la competizione e la lotta per la sopravvivenza sono nella nostra natura non meno che in quella del serpente e dello scorpione.

ANCELLA: Vedrete signora, che riuscirete a non far partire vostro marito. Sarà necessario nasconderlo o fingere che sia malato, che dite?

MATRONA: Tra poco rincaserà dall’agorà e allora ci ingegneremo. La città è la nostra madre, ma non permetto che una madre mandi a morte i propri figli!

ANCELLA: La capisco e sono concorde con lei, mia signora. Vuole una nuova storia divertente?

MATRONA: No, Melissa, ti ringrazio. Preparami l’acqua per un bagno.

(Una voce maschile proviene da fuori campo, ma non si capisce cosa dica.)

MATRONA: Sento una voce. Forse mio marito è di ritorno.

(Silenzio, ascolta ancora la voce, quindi sorride.)

MATRONA: Sì, questa è la sua voce, la riconosco. Entriamo, forza, che la sera ci accompagna e Clizia avrà preparato un’ottima cena per noi.

(Escono dalla scena da destra rispetto al pubblico e su di loro cala il buio.)

SCENA III


Siamo in una camera chiusa, senza finestre, con mura bianchissime con una greca che corre sul profilo dell’angolo tra il soffitto e le pareti. Al centro un letto di stile classico, anch’esso bianco. A destra una


apertura che fa da porta, a sinistra una specchiera con una bacinella per la toeletta. Sopra delle spazzole e una salvietta bianca.

La donna si sta togliendo i gioielli alla specchiera, il marito è seduto sul letto e guarda la donna da dietro. Tutto è illuminato da una lampada ad olio posata accanto al letto e da due candele ai lati della specchiera.

MARITO: Allora, cara, cosa volevi dirmi a tavola? Eri visibilmente turbata e triste, hai qualche segreto da confessarmi?

La donna va verso il marito e gli prende le mani, mettendosi in piedi innanzi a lui.

MATRONA: In verità sì marito mio! E’ arrivata una lettera per te e io te l’ho tenuto nascosto, mi dispiace esser stata disonesta, ma adesso sentirai le mie ragioni!

L’uomo si alza, sempre tenendo per mano la donna, quindi fa sedere lei sul letto e resta in piedi. MARITO: Allora, cosa devi dirmi che mi hai nascosto? In fretta, perché inizio a essere turbato e il mio cuore aumenta il ritmo del suo battito in modo doloroso.

MATRONA: Non temere nulla di carattere sentimentale, non ho amanti né mai penserei di tradire te e la tua memoria anche dopo la tua morte, è solo che…

MARITO: ( turbato, ma anche un po’ divertito per quel pensiero da quanto è assurdo ai suoi occhi) Morte?

Perché parli di morte amata mia?

MATRONA: ( agitata, mentendo in modo palese) No, niente, dicevo così… Pausa, il marito inizia a preoccuparsi.

MARITO: ( in ansia) Non mentire due volte in una sera con me e non lasciare che il cuore mi esploda in petto, ma parla per tutti gli dei! Di che morte vai dicendo? Ti hanno forse detto che ho una grave malattia? Se è così mentono!

La donna sospira, prende un fazzoletto e con dignità inizia ad asciugarsi le lacrime MATRONA: (tra i singhiozzi) Niente del genere. La lettera che ti dicevo, però… MARITO: Però?

MATRONA: Era la chiamata a partire in guerra nell’esercito di Efeso!

Cala il gelo sulla scena. Poi parlano lui agitato e lei sconfortata.

MARITO: Come? Io in guerra? Ma se non ho alcuna abilità nell’uso delle armi? Come può un mercante come me essere chiamato alla leva dalla città? Deve esserci un errore, c’era il mio nome in nero su bianco? MATRONA: Nessun nome, perché la chiamata vale per tutti i maschi oltre i venticinque anni. Il nemico è vicino e una malattia ha ucciso gran parte del nostro esercito, dunque sono chiamati tutti a sostegno della città.

MARITO: Come posso fare? Non voglio partire, fingerò di essere già morto cara, cosicchè non potranno chiamarmi. Basterà che andrai in giro vestita in lutto domani al mercato al posto mio e avviserai che la mia postazione resterà adesso vendibile di nuovo, poiché sei una vedova sconsolata adesso.

MATRONA: E’ un’idea brillante, ma rischiosa. Se ti prenderanno verrai condannato a morte come nemico della città e ti verrà rifiutata degna sepoltura.

MARITO: Ho innanzi a me una morte violenta e con onori e una morte per condanna senza che venga rispettato il mio corpo, ma nel secondo caso ho maggiori speranze di avere la vita ed è a questa che bado, che mi interessa di ciò che mi accade dopo che passo le porte dell’Ade e le rive dello Stige? Io ho preso moglie e ho promesso di esserle fedele e sempre d’aiuto, non posso tradire le promesse fatte!

Pregherò gli dei perché mi assistano nella farsa, consapevoli che non è contro la città che agisco, bensì contro il volere di pochi prepotenti e nel nome dell’amore, il sentimento più alto di tutti, e nel nome di Afrodite e di tutte le dee protettrici del grembo femminile.

MATRONA: Faremo così, gli dei capiranno e ti saranno vicini. Io, d’altro canto, pregherò per te da domani.

Adesso andiamo a dormire, debbo essere rilassata e riposata per fingere bene.

Voi, resterete chiuso qui in casa e spiegherete tutto a Melissa e alla servitù.

Il marito si siede accanto alla donna, quindi i due spengono tutte le luci e vanno a letto e nel buio si sente che parlano amorevolmente e decidono di avere un rapporto.


SCENA IV


Spente le luci si sentono solo dei rumori e si vede un’ombra che si alza dal letto ed esce dalla camera uscendo a sinistra: è il marito.

La moglie, intanto, continua a dormire, ma si accendono inquietanti luci blu, verdi e rosa che a

intermittenza fanno vedere la donna che ha un incubo ed è sola nel letto, perché il marito se ne è andato.

Sotto un accompagnamento musicale.

Poi cala il buio.

SCENA V

Siamo di nuovo nel giardino, è notte e tutto è illuminato solo da una lucerna che ha in mano il marito della donna.

Coprendo e scoprendo la lucerna tre volte crea un’intermittenza che è un segnale per i servi che poco dopo arrivano con un grosso sacco che consegnano all’uomo.

Bisbigliando, iniziano a parlare, i servi in modo supplichevole e preoccupato, l’uomo con orgoglio e vigore.

SERVO 1 ( quello che portò la lettera): Ci pensi bene signore, la vostra sposa morirà di dolore nel sapere quanto avete fatto!

MARITO: Che alternative ho? Le guardie saranno qui domani e non voglio che oltre a catturarmi e uccidermi possano per esempio abusare della femminilità della mia amata o rubare gli avere della mia casa. Quelli son come cani, mangerebbero pure l’ossa se potessero! Non hanno scrupoli o pietà, il loro cuore e il loro petto risuonano vuoti come le armature che indossano, se percossi.

Non lascio una moglie vedova e coperta d’ingiuria e vergogna perché sposa di un traditore della città, se proprio devo morire almeno le lascio gloria e onore.

SERVO1: Ma non deve morire! E’ questo il punto, e non partendo lei avrà la pelle salva! Che se ne farebbe poi sua moglie di ori e onorificenze? Con quelle, come mi ha detto, non ci può mica far all’amore! SERVO2: La proteggeremo noi, basterà fingere che sia invalido o che in seguito a un accidente sia caduto in un sonno che pare irreversibile.

MARITO: Io non voglio ingannar la mia città, né tantomeno gli dei, che sicuramente avranno già pensato a cosa fare per punirmi in caso di mancato rispetto di quella che è la legge della città. SERVO2: Mah! Gli dei non si impicciano di te!

MARITO: Che altro han da fare se non tormentarci e muoverci come pedine? Siam balocchi nelle loro mani onnipotenti.

SERVO1: Allora partire e poi fuggite dal campo, nella turba nessuno può accorgersi della vostra fuga. MARITO: ( alzando la voce e facendosi nervoso)Ora davvero mi adirate! Io non voglio rifuggere nulla! La guerra e la città mi chiamano? Io rispondo all’appello! Vogliono che vesta bronzo lucente e che lo macchi di sangue straniero? Lo farò con coraggio! Devo sfondare la linea nemica frontalmente? Andrò a capo chino e fendendo di spada a destra e mancina, non voglio perdere il mio valore e il mio essere uomo. E se ciò mi porterà alla morte, magari potrò incontrarmi nei campi elisi con Ettore, Achille e i grandi della Grecia passata, magari diventando come loro per fama e rispetto: immortale nei tempi dei tempi.

Mentre parla il servo2 arriva l’aurora.

SERVO2: ( stizzito, troncando la discussione consapevole che con l’altro non si può ragionare)E allora se

siete così cocciuto e deciso partite, ma abbassate la voce, per carità, che qui il suono si propaga facilmente!

Io dico solo un ultima cosa: sappiate che il vuoto che lascerete nella casa sarà ancor più opprimente nel

cuore della vostra cara moglie, donna così virtuosa che piangerà per voi senz’altro diversi giorni e diverse

notti.

SERVO1: Anni!

SERVO2: Allora andate, ch’è l’alba si avvicina e Apollo è già sul carro. Se venite iscoperto, è la fine del vostro piano, al quale non vogliamo essere complici, sia inteso!

MARITO: Non dite nulla, è un mio ordine! Prometto solo di rispettare le mie nozze e non cadere vittima dell’amore di alcun altra donna nel periodo della guerra. Vorrei solo che mia moglie facesse la stessa promessa: potete farvelo dire voi? Ve ne prego, è importante per me.


SERVO 1 e 2: Senz’altro, ma andate pazzo d’un uomo, andate, che noi dobbiamo almeno farci trovare nel nostro letto quando il sole indorerà le bianche pareti della casa, o saranno guai! MARITO: Grazie di tutto, prendetevi cura di lei. Buona fortuna!

SERVO2: Tu a noi lo dici! Và e che gli dei ti seguano!

Il marito prende e se ne va scomparendo dal fondo della scena, dietro il cespuglio di rose.

I servi restano un attimo al buio, quindi uno di loro si siede sulla panchina per un secondo.

SERVO1: Folle! Folle uomo! Sua moglie non reggerà, lo so bene.

SERVO2: Già, ma ora rientriamo Petronio,( alza l’altro servo per un braccio e lo accompagna con sé fuori dalla scena, dalla parte sinistra del palco guardando dal pubblico)se no il piano salta nella parte chemeno conviene a noialtri!

Escono e cala il buio.

SCENA VI

Si torna nella camera della matrona.

Sta dormendo serena dopo l’incubo che l’ha scossa e le luci si accendono rosa e dorate via via più intense: arriva l’alba e illumina la donna e il vuoto accanto a lei nel letto.

La donna parlotta nel sonno, quindi muove un braccio come per metterlo al collo del marito,ma tocca che

èvuoto e inizia a battere sul materasso quattro o cinque colpi a vuoto, cercando il compagno che non c’è. Dopo un po’, si sveglia stupita, vede il letto vuoto e chiama il marito dall’altra parte della casa, urlando verso sinistra.

Non risponde nessuno, allora si alza e accende la luce accanto al letto,quindi si dirige nella camera opposta.

Fuoricampo si sente che chiama il marito come “ Tesoro”, poi chiama i servi e va alle loro stanze.

Bisbigli incomprensibili, di nuovo urla verso il marito e infine un grido di dolore e disperazione, su cui cala il buio.

SCENA VII

Siamo adesso in un’altra stanza, con divano rosso al centro, tutta bianca con una greca marrone ai bordi alti del soffitto, diversa da quella della camera.

La matrona si siede sul divano in lacrime, con un fazzoletto sul viso, quindi Melissa e i due servi le si fanno vicini.

MATRONA: E’ fuggito! E’ fuggito e sapete perché? Per andare in guerra! Ne sono certa!

SERVO1: Come lo è padrona?

MATRONA: Perché stanotte Ares in persona ha turbato il mio sonno, annunciandomi che nel cuore degli uomini il richiamo alla gloria e agli onori è più forte anche dell’istinto stesso a conservare la vita, dunque mio marito mi ha mentito e ha progettato la sua partenza!

MELISSA: Mia signora, vedrà che è andato solo prima al mercato, ritornerà, ne sono sicura! MATRONA: (guardandola in modo accusatorio) Menti e tu lo sai! Lo avete aiutato voi a partire! Voi, complici del potere e della morte!

MELISSA: Che accusa è mai questa? Io non so nulla e ve lo giuro sull’Olimpo intero!

MATRONA: ( puntando l’indice con occhi di fuoco)Bestemmi così!

MELISSA: ( rasserenandola)Lei è scossa signora, venga con me a mangiare qualcosa e a bere del latte, la calmeranno.

MATRONA: ( risaputa, facendosi comoda sul divano)Io non mi muovo da qui finchè non so chi ha portato a mio marito i viveri con cui è partito e la bisaccia da viaggio! Non sono più nel magazzino e ci vuole forza e si fa rumore a radunare tutte le cose. La vostra camera è di fianco, non mi facciate credere che non avete sentito nulla!

SERVO1: ( discolpandosi, ma con voce insicura)Ma noi dormivamo signora!


MATRONA: ( guardando tutti e tre con occhiate veloci e fulminanti)E allora perché nella vostra stanza c’era un petalo di rosa bagnato di rugiada?

Silenzio tra i servi e sconcerto di Melissa.

MATRONA: ( alzandosi)Ve lo dico io perché: siete usciti con lui per aiutarlo a partire! ( puntando l’indice) Traditori, traditori!

I servi e Melissa si guardano, quindi la seconda fa per parlare, ma il servo1 la zittisce con un gesto della mano.

Sospira, guarda l’altro servo, quindi si schiarisce la voce e parla a testa bassa e con voce debole, con riverenza.

SERVO1: Signora ci scusi, ma non possiamo non obbedire agli ordini del nostro signore. Lui è padrone tanto quanto lei! Ci ha implorato il silenzio e non potevamo mentirgli o non fare il suo volere, siamo sempre stati onesti e fedeli!

La donna si risiede e piange di nuovo, quindi li assale urlando all’improvviso e guardandoli sempre con occhi di fuoco.

MATRONA: Troppa fedeltà non mi garba! Io stamani stesso caccio voi tre dalla mia dimora per sempre! MELISSA: ( urlando interrompendo tutti, giungendo le mani come in preghiera e inginocchiandosi davanti alla padrona)Io non so nulla, glielo giuro!

SERVO2: ( calmo e con voce demoralizzata) E’ la verità mia padrona, la giovane era all’oscuro del nostro piano con suo marito.

Pausa, la matrona guarda Melissa, in ginocchio, quindi il servo che sembra sincero, per cui prende l’ancella da sotto al mento e la fa alzare con delicatezza.

MATRONA: ( sempre secca e arrabbiata)Allora ti perdono Melissa, tu puoi restare. Ma voi prendete le vostre cose e allontanatevi da questo tetto per sempre!

I servi vanno fuori, Melissa e la padrona restano sedute al divano. La donna piange nel fazzoletto, l’ancella la consola accarezzandole i capelli.

Fuoricampo rumori di borse, bauli, vestiti che si preparano.

Poco dopo tornano i servi coi bagagli e fanno per uscire passando dietro al divano, ma il primo di loro cambia strada e si avvicina alla padrona e parla in modo atono e mortificato.

SERVO1: Prima di andare, le devo chiedere di fare una promessa da parte di suo marito. Lui stesso ha fatto lo stesso giuramento innanzi a noi.

MATRONA: ( sospirando)Parlate pure, se è per volontà del mio povero marito.

SERVO2: Voleva che lei giurasse di non cadere mai tra le braccia d’altri nel periodo in cui era assente. MATRONA: ( quasi sconvolta per l’ovvietà della promessa e la mancata fiducia del marito) Ah, lo giuro su ogni persona che popola la terra e ogni dio che popola il cielo, che mai vi sarà in me anche un solo pensiero d’infedeltà nei confronti di un uomo così pieno di virtù, di amore e di coraggio, che mai si era visto dai tempi delle tribolazioni per la splendida Elena.

SERVO1: ( lapidario)Bene, abbiamo così terminato il nostro servizio da lei, se non ha cambiato idea.

MATRONA: ( secca, risedendosi)No, non l’ho cambiata. Vi ringrazio per il passato, vi faccio auguri per il futuro.

Le due donne stanno sul divano ancora un poco, quindi la matrona mette via il fazzoletto e si alza, prendendo per mano l’ancella fedele e conducendola con sé fuori sulla destra della scena, mentre scambiano le ultime battute, dove la matrona parla per rincuorarsi senza credere davvero in ciò che dice, in una sorta di forzato ottimismo.

L’ancella, d’altro canto, fa finta che nulla sia successo e asseconda l’atteggiamento della padrona.

MATRONA: Forza Melissa, mi serve proprio del miele con del latte fresco, come proponevi. D’altronde, mio marito è forte e valoroso, potrebbe tornare salvo e medagliato dalla guerra, chi può dirlo? Magari il nemico cade in questi giorni, e in meno di una settimana è di ritorno,no?

Chi sa quando finiscono i temporali o le tempeste?

Le guerre sono uguali.

MELISSA: Certo, signora. Lei è una donna di virtù, gli dei saranno favorevoli. Vado a prenderle latte e miele come desidera.

MATRONA: Grazie. E poi…Bisognerà che vada all’agorà, qualcuno deve pur portare a casa il denaro adesso!

MELISSA: Non vuole che vada io?


MATRONA: Sei gentile e cara, ma tu sai badar meglio di me alla casa e agli animali. E’ meglio che tu stia qui.

MELISSA: Come desidera.

Escono di scena e cala il buio.

SCENA VIII

La luce indica che è il mattino. La matrona sta guardando le rose e finge di prendere una coccinella sul dito indice, quindi le sussurra e la guarda, la accarezza, finchè non la segue con lo sguardo perché vola via.

Poco dopo si ode Melissa che introduce verso il giardino un’ospite per la colazione, una signora che appare accanto alla matrona: ricca anche lei, è però molto più sfarzosa e di cattivo gusto nel vestire.

OSPITE: Oh, eccoti cara, sempre a rimirar le rose e il tuo bel giardino!

MATRONA: E la rugiada, e gli insetti che vivono placidi tra le gocce argentee e sui morbidi steli. Chissà se anche loro soffrono il dolore, la noia, le pene d’amore come noi umani, o vivono di un beato sonno di assenza di sensazioni!

OSPITE: Che domanda buffa! Ovvio che gli animali non hanno emozioni, mancano di ragione e di animo, non sono come noi! ( guarda il viso dell’amica, che è girata verso il cespuglio) Ti vedo triste però, cara mia, che c’è che ti turba e ti leva il sorriso? Forse un malanno?

MATRONA: ( battendosi i pugni sul petto)Sono malata qui! Vivo in ansia e in angoscia ogni minuto, ogni passo nella casa mi alza le orecchie come fossi un cane da guardia, mi infonde speranza e poi mi demoralizza con dolore lancinante come una bastonata al petto. OSPITE: ( con volto perplesso)Io non ti capisco, perdonami.

MATRONA: ( alzando gli occhi al cielo, asciugandosi una lacrima con l’indice)Mio marito! E’ per lui che vivo in angoscia e con la stessa spada che pendeva sul capo di quel Damocle che ancora mi racconta la mia ancella. E’ stato chiamato alle armi, a difendere la città, e io minuto per minuto temo di poter essere una vedova senza nemmeno saperlo!

OSPITE: ( sospirando con tristezza )Ora intendo cosa dicono le tue labbra! Se parlavate a enigmi come potevo comprendere? Ora è tutto chiaro cara.

Le due donne si abbracciano.

MATRONA: Mi capisci allora?

OSPITE: Eccome! Il mio uomo è venuto a mancare due anni fa, dopo che il suo gruppo di mercanti si è imbattuto nella furia di Poseidone e il loro vascello è finito inghiottito tra i flutti, con tutto il carico ovviamente. Nessuno di loro è sopravvissuto. La marea ci ha riconsegnato solo delle tavole di cedro libanese che erano quelle che dovevano portare qui ad Efeso per i mobili nuovi del palazzo del re. MATRONA: Oh cara mia, come mi dispiace! Eppure non ti vedo così abbattuta!

OSPITE: ( sospira)Lo ero come te, all’inizio. Poi però capisci che vivere così è come togliersi la vita ogni minuto che passa, è un non vivere che va avanti come una punizione divina. O cedi del tutto, oppure sai che devi rialzarti dalla caduta.

Scuotendola con veemenza.

MATRONA: Come? Dimmi come ci si può rialzare che sarò lieta di mettere in pratica subito i tuoi consigli, perché l’attesa mi rode dentro come un tarlo vorace che mi svuota di energie e di ogni sentimento!

L’ospite china il capo, fa una breve pausa di silenzio, poi parla con tono neutro.

OSPITE: Io ho trovato un altro compagno e ho ricominciato.

Le risposte della matrona sono un climax di stupore e sdegno mescolati.

MATRONA: Come? E dopo quanto tempo?

OPSITE: Un paio di mesi e mi innamorai di un notaio.

MATRONA: Come? Ma è inaudito! E’ fuori da ogni logica una reazione simile! Dove sta il tuo rispetto e il tuo amore verso il defunto, se tradisci la sua persona quando quasi neanche ha passato lo Stige? OSPITE: Non ti scaldare, vedrai che succederà anche a te!

MATRONA: Io non vendo il mio corpo a nessuno che non sia mio marito, quel tipo di fare spetta alle…(


vuole trattenersi dall’insultare l’amica, ma alla fine scoppia)PROSTITUTE!

OSPITE: ( furibonda) Ti permetto di offendermi così solo perché comprendo il tuo dolore e il momento difficile che passi, ma sappi che la mia visita finisce qua. Tornerò a far colazione con te solo quando ti sarai calmata, sarai più serena e avrai compreso cosa volevo dire!

MATRONA: ( anch’essa arrabbiata)Allora spero che i tuoi calzari non insozzino mai più nemmeno una piastrella del mio pavimento!

OSPITE: E allora così sarà! Ma ricordati le mie parole: un giorno penserai a me e comprenderai di aver perso un’amica accusandola per qualcosa che aveva detto che invece era voce della verità! L’ospite se ne va dalla scena da dove era entrata.

La matrona si siede e parla sconcertata tra sé e sé.

MATRONA: Oh, povera me, come cambiano le persone dopo le disfatte! Prima si vantano di esser virtuose e di poter tutto, a parole, poi quando c’è da combattere coi fatti ci si vende alla felicità perdendo troppo spesso la dignità e l’onore.

Non posso nemmeno pensare che mio marito in futuro avrebbe da essere sostituito da qualcun altro! Follia! Follia! Eros non può permettere questo, nemmeno Pan che corre nei boschi alla ricerca di soddisfazioni carnali e neanche Priapo medesimo, perché dovrei poterlo io?

(facendosi coraggio e parlando con convinzione)Tornerà, me lo sento. Mio maritò tornerà.

Si alza e va alle rose, che annusa e guarda con ammirazione. Il sole e la luce ormai sono alti nel cielo e forti.

SCENA IX

La matrona coglie una rosa e fa per rientrare in casa, quando le viene incontro l’ancella.

ANCELLA: la colazione è pronta da molto, signora, volete venire? E dov’è la vostra ospite?

MATRONA: E’ andata. Per sempre.

ANCELLA: Avete litigato? Vi ho sentito urlare da dentro.

MATRONA: Esatto. Lei è sempre stata bellissima, come questa rosa che vedi, una regina di grazia e virtù. Purtroppo, proprio come questo fiore, è scolorita presto, appassendo e finendo presto per diventare solo uno spoglio rametto di spine.

Le due donne escono.

SCENA X

Si apre il sipario, mostrando una gran quantità di fumo scuro che invade il palco. Luci rosso vermiglio e ghiaccio lampeggiano a intermittenza sul fumo. Di sottofondo una musica martellante, quasi ipnotica, ma carica di tensione e angoscia.

Sul palco, dove il fondale è una spianata di terra coperta da cadaveri e con delle tende in fiamme, diversi uomini combattono nel fumo, duellando con le spade.

Alla fine un vento dirada il fumo e la musica cala, lo scontro diretto è finito.

Entrano due uomini vestiti di scuro e portano fuori i morti su un carretto.

Portano via tre corpi, uno dei quali è quello del marito della matrona, che vengono coperti con un telo e sui quali vengono poste delle corone di fiori e delle medaglie.

Dopo una breve preghiera agli dei, i due escono di scena e abbandonano il campo.

Si chiude il sipario.


FINE I ATTO


II ATTO

PROLOGO

Ancora la voce fuoricampo dell’ancella che racconta un mito, ma stavolta la musica di sottofondo è dolce e sognante, non c’è malinconia.

ANCELLA: Vi era, un tempo, una ragazza bellissima, dal viso scuro e dai capelli biondi come il grano e lucenti come il sole, di notevole altezza e dal corpo snello e atletico.

Tutti gli uomini della città vollero tentare la sua verginità o chiederle la mano di sposa, ma lei accettò di amarne uno solo, che era sì il più bello di tutti, ma anche quello più virtuoso.

Quest’uomo, però, le disse che avrebbe potuto esserci solo la notte, per motivi che non poteva rivelare, dunque avrebbero dovuto vedersi solo dopo il tramonto e fino all’alba.

La donna, accecata dall’amore, accettò la proposta e andò a vivere in una casa modesta con il suo amante che presto divenne anche sposo.

Vissero notti felicissime e piene d’amore, illuminati dal romantico lume delle lampada ad olio o delle candele, giocando e parlando.

Come cantava bene quell’uomo! E che splendidi versi che recitava accompagnandosi con la lira!

Di giorno, però, la donna era sola nella casa, intenta a filare a pulire le stanze, e più e più volte si erano presentati sconosciuti che chiedevano di poterla corteggiare e di volerla amare per le ore nelle quali il marito era assente, ma lei, con fermezza, ribadiva che non avrebbe tradito la persona che amava nemmeno se fosse stata assente per cento anni!

Perché, però, si chiedeva sempre,di giorno non poteva vederlo che si svegliava e andava al lavoro? E che mestiere svolgeva? Cosa faceva per mantenere lei e quella casa agiata?

Troppo curiosa e colta anche da alcuni sospetti, un giorno seguì il marito lungo la strada, percorse un chilometro a piedi e quindi lo vide addentrarsi in un bosco.

Lo seguì e finì in una radura dove stava un carro con due cavalli bianchi in posizione di tiro.

Dietro c’era qualcosa di tondo coperto da un telo.

Il marito si guardò attorno, sperando di non essere visto, quindi scoprì il carico del carro e una luce potentissima investì gli occhi della donna, che dovette voltarsi e chiudere le palpebre brucianti. Spaventata, si acquattò nel cespuglio e vide il suo amato uomo salire sul carro e portare in cielo, volando!, quello che scoprì essere il Sole!

La donna comprese dunque di essere amante di un dio!

Si sentì onorata, potente, piena di lusinghe verso quell’uomo.

La notte, quando il marito rincasò, lei gli sorrise non potendo nascondere un’eccitazione nuova.

“ So che mi hai visto- le disse Apollo- ma non ti preoccupare, era nei piani! E’ solo che i miei fratelli e il sommo Zeus mi vogliono di nuovo nei cieli. Non possiamo vederci più, temo, ma vedrai che potremo parlare, dall’alto del cielo, io sotto forma di Sole e tu, da sola, bada bene, nella radura. Se mi tradirai, però, l’incantesimo svanirà!”

“ Accetto divino Apollo, il mio amore per te riempie l’Olimpo!”

La donna baciò il dio e questi la strinse a sé per l’ultima notte.

Per tutto il resto della vita la donna giunse ogni mattina a vedere il vecchio sposo salire sul carro del sole e andare a solcare il cielo, quindi parlarono a lungo, si raccontarono le vicende degli dei e degli uomini in gran segreto.

Dopo anni, la vecchiaia portò la giovane alla morte.

Qualche giorno dopo un contadino, in cerca di legna, passò nel luogo dove la donna era solita fermarsi e sedersi sull’erba a parlare al marito e notò uno strano fiore che era cresciuto spontaneo, alto e bellissimo. Era giallo, con un gran centro tutto nero, un fusto sottile ma forte e slanciato verso l’alto.

Lo spirito della donna, ancora oggi nel fiore, non smette di parlare con quello del dio Apollo che tanto aveva amato e che ama ancora: ecco spiegato perché quello che poi venne chiamato dall’uomo “girasole” guarda sempre dritto verso il sole che arde nel cielo.


SCENA I

Un corteo funebre segue il carro con su il corpo del marito della donna coperto da un telo nero con appoggiata sopra una medaglia, una pergamena e una corona d’alloro.

La matrona in prima fila piange vestita di nero. Seguono uomini e donne che piangono anch’essi.

La scena è tagliata da destra verso sinistra, il corteo entra ed esce dalle due parti opposte.

Finito il corteo, tre donne si fermano sul palco e parlano tra di loro.

La 1 e la 2 sono donnine magre, la 2 anche un po’ sorda, che mette una mano vicino all’orecchio per ascoltare chi parla e continua a muovere la testa su e giù come per assenso. La 3 è un donnone formoso e austero, ma parlano tutte con vocina da pettegola e da donne di una certa età.

1:( con venerazione)Guardala che piange compita e con degno, che grande donna! Che virtù e che eleganza! E’ unica nella città!

2:( idem)A me pare che sia d’animo così nobile da poter esser chiamata una dea!

3:( rigida, avrà sempre lo stesso tono se non indicato)Ma che dite? Che dite? E’ sbottata contro la sua amica dandole della prostituta l’altra volta e cacciandola per sempre dalla sua casa quasi maledendola!

1 e 2: ( con stupore, ma in modo anche stupido, sempre così se non indicato)Ooooooh! Davvero?

3:Io non dico burle! 1 e 2: E come mai?

3:Quella le aveva consigliato di risposarsi o di trovare un altro uomo. 1 e 2: ( guardandosi)Non si fa così di solito?

3:Già, ma quella vuole esser fedele, dice. Le sembra di tradire la memoria del suo valoroso ed eroico marito, quindi è andata su tutte le furie e l’ha cacciata.

1:Ne sei sicura? Chi te l’ha detto?

3:La sorella del fidanzato della cugina della moglie del fornaio.

Pausa.

2:Un giro bello lungo…

3:Già, ma è tutto vero.

1:Magari son ciarle da lavandaie!

3:No, non lo sono. Ho parlato con la donna in questione e mi ha confermato. 1 e 2: ( avvicinandosi e con fare pettegolo)E chi è? Chi è?

3:La figlia del mercante di tappeti, quello che aveva il banco vicino a quello del defunto che stiamo celebrando nell’agorà.

1 e 2: ( di nuovo stupite e stupide)Ooooooh e chi è il suo nuovo uomo?

3:E’ il fratello del barbiere!

1 e 2 guardano al cielo con occhi sognanti.

1:Che gran figliolo!

2:Che fisico!

1:Che capelli biondi e mossi come il mare!

2:Che occhi blu come il cielo d’agosto!

1:Che gran sed…

3:( urlando dietro alle altre due)Zitte! Stiamo perdendo la fila! Non vorremmo arrivare tardi alla sepoltura, poi come ci facciamo amiche la signora?

1 e 2: A che ci serve farci amica quella donna? Per giovarci delle sue virtù?

3:Ma quali virtù per tutti gli dei! Coi premi ricevuti per il valore del marito, che da solo vinse quasi 20 nemici, è ora più ricca di prima, ci potrà dare agganci per posizioni sociali più alti o anche solo qualche regalo!

1 e 2: Niente regali morali?

3:( sbottando spazientita)Babbee, non avete capito ancora? Ve lo spiego così: quella viveva di tre cose: mangiare, ozio e sesso! Ecco.

Pausa di silenzio, le due si guardano quasi deluse, con occhi bassi. Poi la uno alza il capo sconsolata e parla al pubblico.

1:Come le mie scrofe…


2:( indignata)Certamente allora, avrà cambiato modi, se si è infervorata con l’amica!

3:Non avete capito nulla, razza di tonte!Fa solo finta per essere a modello di tutte noi, ma quella recita tanto quanto gli uomini alle dionisie! Ve lo dico io, al primo che cala le braghe, non avrà difficoltà ad offrire il suo letto dal materasso ormai appiattito!

1 e 2: ( solita espressione stupida)Oooooooooh

3:Su, andiamo, di corsa!

Vanno tutte e tre a passo svelto verso l’uscita.

3:( arrabbiata)E piangete per Zeus, piangete!

Escono tutte.

SCENA II

Siamo a casa della matrona, sul solito divano. La donna è vestita a lutto, ancora, ma ha al collo la corona d’alloro che era del marito e la medaglia, mentre al petto ha appuntata la pergamena, aperta, col riconoscimento della città. Le terrà sempre d’ora in poi, tranne ove indicato. Siede a cucire, mentre l’ancella dietro scopa il pavimento.

ANCELLA: Potete far altro signora? E’ due ore che state cucendo, fate venir la noia anche a me!

MATRONA: La mia vita adesso è solo noia. Come dicevo bene, gli dei mi odiano e mio marito è defunto. ANCELLA: Gli dei odiano tutti, non solo voi! Non vi fate sempre vittima delle cose. Continuate piuttosto a pregarli, come faccio io.

MATRONA: Sei una cara ragazza, ma se vuoi vivere in modo felice ti consiglio di lasciare questa casa bianca come una tomba.

ANCELLA: mai signora! Dove la trovo un’altra donna come voi?

MATRONA: Ormai io sto scomparendo, sono un mucchio di cenere che il vento assottiglia pian piano fino a ridurlo in nulla.

ANCELLA: Non fate così mia signora, vi riprenderete, vedrete, vi rifarete una nuova vita!

MATRONA: Che volete dire? Non state per caso insinuando anche voi che debbo trovare un nuovo uomo?

ANCELLA: Non è per forza necessario…

MATRONA: Non lo farò mai. Punto. Chiaro?

ANCELLA: Certo mia signora. Oh, sento un rumore, forse è il medico, è venuto a visitarla, per precauzione.

MATRONA: A visitare me? Ma io sto bene! Benissimo!

ANCELLA: Allora sarà una cosa breve.

L’ancella esce.

SCENA III

La matrona attende e poco dopo arriva il dottore.

Questi è un uomo un po’ strabico,vestito con un lungo mantello bianco con drappo rosso, una barba lunga e un librone in mano. Sulle spalle ha una sacca di tela piena.

MEDICO: ( con voce e tono sempre professionali e distinti)Buongiorno signora. Come stiamo? Oh, che brutta cera, che pallore, e che occhiaie! Fuori la lingua!

MATRONA: ( lei risponde sempre secca e irritata)Non faccia scherzi!

MEDICO: In che senso?

MATRONA: Intendo dire, so che voi medici siete abili a parole e con le mani, non tentate di provarci con me perché sono vedova e infelice.

MEDICO: ( sorpreso)Oh, voi avete male inteso il motivo della mia visita. La vostra ancella mi ha chiamato preoccupata, dice che son due giorni che non mangiate e non bevete! MATRONA: Cosi è!

MEDICO: Eh si vede, signora.

MATRONA: Screanzato, la mia pelle è una pesca.

MEDICO: Lasciata al sole estivo troppo a lungo!


MATRONA: Il mio viso è una statua di cera!

MEDICO: Sciolta al calore di un incendio.

La donna da uno schiaffo al dottore, che si massaggia il viso, ma sta in silenzio.

MATRONA: Lei non ha diritto a parlar così a una donna, soprattutto se già sofferente come me! Ho perso la felicità giorni fa, vuole togliermi anche la dignità di donna? MEDICO: Non si può perdere la felicità per sempre!

MATRONA: Lo dice lei questo! Mio marito e l’amore erano la mia felicità, morto lui è morta anch’essa assieme, sepolta nell’ipogeo degli eroi.

MEDICO: L’amore ha così tanto potere secondo lei?

MATRONA: L’amore, signore, è la forza più pericolosa del mondo, per questo si cerca di tenere sempre il popolo in odio e in guerra, per privarlo dell’amore a favore della sofferenza, della rabbia, della mancanza di cibo, problemi che impegnano tutto l’animo.

Guardi Troia, grande città, finita al centro di mille vicende sol per una donna e problemi amorosi!

MEDICO: D’accordo, le darò una pozione che la farà tornare felice.

MATRONA: sarò ben lieta di bere il suo bibitone.

MEDICO: Non dica così! Le farà solo bene.

MATRONA: Non avete qualcosa per far risvegliare i morti?

MEDICO: Non scherziamo, certo che no!

MATRONA: Allora la sua visita è finita. Grazie e arrivederci.

Il dottore, fa per replicare, quindi se ne va. Si sente che dice qualcosa all’ancella, un rumore di monete, poi più nulla. Cala il buio.

SCENA IV

Rientra l’ancella, sorridendo e guardando la patrona in modo provocatorio.

ANCELLA: Bell’uomo quel dottore, vero?

MATRONA: ( gelida)Con quegli occhi lì non centrerebbe neppure il buco!

ANCELLA: ( smorzando i toni e ridacchiando)Dicevo così, non volevo certo fare insinuazioni. Oh, che gran donna che siete!

MATRONA: Lo so, ma anche tu sei una ragazza d’animo nobilissimo.

Le due si abbracciano.

ANCELLA: Ah, qui ci sono tre donne che le vorrebbero parlare.

MATRONA: Falle entrare.

ANCELLA: Bene, io vado a far la spesa.

L’ancella esce.

SCENA V

Entrano, in fila, le donne 1, 2 e 3 e la matrona, che era stesa sul divano, le fa sedere dalla parte dove aveva i piedi nudi. 1 e 2 sorridono cordiali e svampite, 3 sorride ma poi di nascosto fa una smorfia di schifo.

1 e 2 e 3: Buongiorno signora!

MATRONA: A voi donne. Ma chi siete? Che volete dalla mia trista compagnia?

1:Noi…( guarda 2, perché non sa rispondere)

2:Ecco…che vogliamo? ( guarda 3, perché anche lei non sa rispondere)

3:( Per non far capire il piano, si affretta a dire qualcosa di sensato) Consigli! Vogliamo consigli, perché siamo tre vedove come lei, i nostri mariti sono morti ( le altre due fanno scongiuri di nascosto) nella stessa guerra del suo, ma, ahimè, me ne vogliano, non erano così valorosi né così ricchi, tanto che ci hanno lasciato sul lastrico.

1 e 2 sogghignano compiaciute della scusa dell’amica, quindi 2 nasconde in fretta un anello d’oro che ha al dito.


MATRONA: Povere donne! Che farete adesso?

1 e 2: Cercheremo lavoro, è facile!

3:( secca, subito, per coprire le altre due)Intendono dire, sarebbe facile! Ma di questi tempi, con la città in subbuglio, chi ha voglia di crucciarsi per due vedove misere e ormai di età avanzata?

MATRONA: ( con sguardo dispiaciuto e compassionevole)Vero, tutto qui è ingiusto e quando piove accade sempre su fiumi già in piena.

3:( come venerandola)Sagge parole signora, davvero sagge parole. Che dobbiamo fare secondo lei? Come dobbiamo reagire al dolore? Se andiamo avanti colle lacrime e i pianti, finiremo per morire di stenti anche noi!

MATRONA: ( sconfortata)Io non so bene come reagire, anch’io non sono ancora uscita da questo lago di pianti e non riesco ancora a stare a galla per tornare alla riva.

1 non sapendo che fare inizia a piangere in modo esagerato e palesemente finto. 2 le dà un colpo alle costole.

3:( sempre pronta a salvare la situazione)Oh povera la mia amica, eccola che ricomincia, sempre così, d’un tratto, come una sorgente nuova!

MATRONA: ( consolandola)Così fate piangere anche me signora!

3:( alzandosi e facendo alzare anche le altre)Ce ne andiamo allora, abbiamo ancora da elemosinare qualche spicciolo per un tozzo di pane nero per stasera.

MATRONA: ( alzandosi e fermandole)Non sia mai! Ho tanti sacchi d’oro da riempire l’agorà e gioielli e terreni e mercanzia ancora da vendere che posso continuare a vivere anche meglio di prima, ora che c’è una bocca in meno da sfamare!

1:( nell’orecchio all’amica) Parla davvero con l’avarizia di una scrofa!

2:(a voce alta)Eh?

1:(sussurra)Parla come una scrofa!

2:(urlando)Scopa?? MATRONA: Che dite voi due?

Pausa, 3 pensa un attimo cosa dire, poi interviene.

3:Oh, stanno dicendo, signora, che se ci farebbe un dono non potremmo accettarlo così, vorremmo almeno dare una mano alla sua serva a scopare il pavimento, come stava facendo.

MATRONA: Oh, figurarsi! Melissa adesso è al mercato a prendere il pesce più pregiato per un succulento banchetto che farò stasera con lei e con qualche parente. Abbiamo dieci portate! Ecco, vado a prendervi una sacca di monete per voi.

La matrona esce e torna con un sacchetto di monete che fa tintinnare davanti a ognuna delle tre donne,quindi li dà in mano alla terza.

1 e 2 e 3: La ringraziamo eternamente!

3:( voltandosi, prima di uscire)Se riuscisse anche a trovarci lavoro, magari, venga all’agorà e chieda di Teresa.

MATRONA: Sarà fatto. Arrivederci buone donne, e dite a tutti della mia bontà di cuore!

La matrona si sdraia di nuovo e non le accompagna alla porta, ma riprende a cucire e a piangere il marito pregando in modo bisbigliato gli dei con occhi al cielo.

Si punge, quindi getta via tutto e si soffia il naso e si pulisce gli occhi nello stesso fazzoletto. Cala il buio.

SCENA VI

Le tre donne sono in città.

3:( diffidente, indicando attorno a lei una folla che comunque non si vede) Sentite? Tutti parlano di quella donna come di un modello di virtù e garbo, eppure a me non convince!

1 e 2: ( ridendo giulive)Però ci ha pagate davvero, e bene!

Escono tutte di scena e cala il buio.


SCENA VII

Camera da letto, la sera, c’è solo la luce della lucerna. La matrona si toglie i gioielli, la corona d’alloro, la medaglia e la pergamena davanti alla specchiera, quindi fa per sdraiarsi a letto.

Nel letto si gira e guarda lo spazio vuoto, lo tocca, lo accarezza, inizia a piangere in modo esagerato, si rialza.

MATRONA: Ecco, la vita di una donna è paragonabile a un letto. L’uomo lo prende e ci dorme beato, non vi bada, sta alla donna tutti i giorni prepararlo e sistemarlo e di tanto in tanto pulirlo. La donna regala allo stesso modo all’uomo la sua vita ogni giorno nel servirlo. Se qualcosa non va, la colpa finisce sempre alla donna, così come se c’è polvere sul materasso o se le coperte sono uscite dalla sede e scoprono i piedi.

Eh l’amore! L’uomo sporca il letto? E’ sempre affare della donna, è lei che deve ripulire se qualcosa va storto, alla sua vita non bada nessuno se non lei stessa.

Ecco, l’uomo per cui prima vivevo e facevo questo letto adesso ha lasciato vuota la sua metà di materasso, l’altra metà della mia vita! Quanto spazio a vederlo da sdraiati, quanta aria gelida che entra da quel lato, non più scaldato dal suo corpo e dal suo fiato. E io, adesso, devo fare la stessa fatica di prima, se non di più, per fare un letto che richiede troppo impegno per nulla? Tanto vale lasciarlo sfatto.

Come riempire il vuoto? Come coprire l’assenza? Con cosa fingere che io non sia più sola in balia dei mostri della notte?

Pausa, ci pensa in silenzio, poi si alza, sempre singhiozzando.

MATRONA: Ho un’idea.

Esce e ritorna con un sacco di iuta molto grande e tintinnante.

MATRONA: Questo era il tuo oro amore mio!

Mette il sacco a letto al posto del marito, gli appunta la pergamena, gli appoggia sopra la medaglia e la corona d’alloro, quindi lo copre e si mette a dormire, spegnendo la lucerna e facendo calare buio sul palco.

SCENA VIII

Sulla solita panchina del giardino.

MATRONA: ( in tono calmo,ma triste)Mi pare di essere stata chiara Melissa, se non accetti l’idea sei libera di andare a cercare un’altra padrona più felice.

MELISSA: ( cercando di far ragionare la padrona)Ma lo dico per lei, non per me! A che scopo fare questo?

Piangete già tutto il giorno anche stando qui, cosa cambierà?

MATRONA: L’avrò più vicino in questo modo!

MELISSA: I morti devono essere vicini nel cuore e nella mente, non nel corpo. Solo così veneriamo davvero il loro ricordo!

MATRONA: La vicinanza fisica però ci è di aiuto! Voglio andare a vivere nell’ipogeo, così almeno non lo lascerò solo!

MELISSA: E il cibo? Avete dato banchetti e avete mangiato pochissimo, siete stanca e denutrita, avete perso colorito e splendore, siete appassite in fretta come quella rosa che avete colto l’altro giorno. Non si può morire per colpa di un morto!

MATRONA: Io non muoio, solo voglio andare a rendergli onore ogni momento.

MELISSA: Il vostro amore e la vostra devozione sono così forti che mi sembrano follia! Non posso capirvi,

ma se siete così decisa, verrò con voi.

MATRONA: Ne siete certa?

MELISSA: Assolutamente sì, signora. Non vi lascio a morire in una tomba già destinata ad altri.

MATRONA: Non altri, ( mostrando l’alloro e la medaglia) il mio eroico marito!

MELISSA: Prendo i bagagli e andiamo!

L’ancella entra, la donna canta una melodia gorgheggiando su delle vocali. Cala il buio su di lei, dopo la musica.


SCENA IX

Siamo in una tomba grigia e spoglia, dai muri lisci e quadrati. A sinistra c’è un sarcofago grigio dove c’è il morto, accanto due alti candelabri con delle candele bianche e accanto al muro un vaso greco con dei crisantemi. Sulla destra si vedono, dipinti, due gradini che portano all’esterno. Nessuna apertura. Tutto è semibuio, in contrasto col bianco puro e luminoso della casa.

Da destra arrivano l’ancella, che posa una sacca con del cibo e la matrona, che si sveste delle onorificenze del marito e le posa sulla tomba.

A terra mettono una lucerna che accendono. Accanto posano delle coperte.

ANCELLA: Vuol mangiare?

MATRONA: Inizia a piangere e a urlare, graffiandosi il petto e strappandosi i capelli.

L’ancella allora la consola e la coccola come fosse una bambina, poi spegne la lucerna e fa calare il buio.

SCENA X

Sempre nella tomba, alla luce della lucerna.

ANCELLA: Signora,è ormai una settimana che siamo qua sotto senza aria e con poco cibo, mangi, la prego!

Ha mangiato solo un tozzo di pane intinto in due dita d’acqua. Morirà se continua così!

MATRONA: Sai che ho deciso di morire qui e…Aspetta, cosa sono questi rumori?

ANCELLA: Saranno altre donne in processione per vedere la sua devozione! Ormai è nota in tutta la Grecia!

MATRONA: Ma è notte!

Si odono delle grida strazianti, quindi un colpo di spada e queste calano pian piano fino a bloccarsi di colpo.

Voci maschili, silenzio.

Dopo un po’ di tempo in angosciosa attesa, l’ancella bisbiglia qualcosa alla matrona e spengono la lucerna.

FINE II ATTO

ATTO III

PROLOGO

Solita voce fuori campo e musica di accompagnamento melodica.

ANCELLA: Ai tempi lontanissimi in cui gli dei erano appena saliti al trono dei cieli, viveva un uomo, un pescatore, che ogni giorno, all’alba, partiva con la sua barca e le sue reti in cerca di copioso pescato, ma faceva spesso molti viaggi per prendere solo qualche pesce poiché ormai le grandi navi più veloci e sicure si addentravano più al largo e catturavano là la maggioranza dei pesci.

Passò, un inverno, un’intera settimana senza che potè pescare nulla e così la sua unica figlia decise di tentare di aiutarlo nella pesca, ma anche assieme a lei le cose non migliorarono e il cibo scarseggiava sempre di più.

Una sera, tornato a casa, vide che era rimasto solo mezzo pane secco e decise di darlo tutto alla sua amata bambina.

La mattina dopo, qualcuno bussò alla porta della loro capanna: era un uomo vestito con un mantello sdrucito che ne nascondeva persino il volto.

“ Ho sete, tanta sete! E freddo, perché non ho casa! Potete darmi ospitalità?”

“ Buon uomo- disse il pescatore- questa capanna è piena di spifferi e piove dentro, ma se ti accontenti per qualche giorno potrai restare, anche se non so cosa possiamo darti per sfamarti. Stamane ho pescato solo un pesciolino e hai da dividerlo con la mia figliola laggiù.”


“ Te ne sono grato.”

“ Tu non mangi papà?” Chiese la bambina.

“ Più tardi” sorrise lui alla figlia, quindi fece accomodare lo straniero e gli disse di scaldarsi al fuoco acceso togliendosi il mantello umido per la pioggia della notte e quello accettò.

Aveva un viso scuro di carnagione, non era Greco senz’altro, era forse delle zone della vecchia Babilonia. Quando lo straniero si mise a dormire, la bambina andò dal padre e le disse che aveva un’idea per avere soldi.

La moglie, venuta a mancare un anno prima, era stata sepolta lì vicino con i suoi beni e i suoi gioielli, sarebbe bastato vendere quelli, anche se di poco valore, per permettere a tutti di mangiare almeno un paio di giorni, perché il padre ormai rischiava la vita.

“ Non se ne parla nemmeno, di profanare il corpo della mia sposa! Ci arrangeremo e vedrai che papà starà bene”.

Vissero così per due giorni praticamente a digiuno il padre e con pochissimo pesce e un po’ d’acqua di mare scolata la figlia e lo straniero.

Ogni sera la bambina ribadiva la sua idea e ogni sera il padre rifiutava sempre più sdegnato.

Il terzo giorno l’uomo si alzò per uscire a pescare e vide che lo straniero era sparito, lasciando inciso sul pavimento una scritta di ringraziamento che lui però non seppe leggere perché analfabeta.

Quando uscì in mare vide un vortice immenso avvicinarsi alla barca e pregò Poseidone di non farlo affondare, quando proprio una luce si levò dal gorgo e prese a parlare.

“ Buon uomo, tu hai dimostrato grande virtù nel vivere di stenti piuttosto che nel profanare il corpo della tua defunta sposa, e io voglio ricompensarti. Ogni mattina, appena Apollo porta il sole oltre la linea del mare, esci con la barca e vieni qui in questo punto. Le tue reti tracimeranno di pesce pregiato.”

Il pescatore sorrise e urlò di gioia ringraziando il dio, quindi gettò le reti e subito le sentì cariche di peso. In due sole settimane divenne abbastanza ricco da comprare una casa nuova per lui e la figlia e una nuova barca.

Due mesi dopo, poi, ci fu una parata del re della Siria, che aveva ripreso il trono rubatogli ingiustamente dal fratello dopo che venne esiliato.

Il pescatore e la figlia andarono alla parata e non appena giunsero in vista del carro che portava il re videro che era lo straniero che avevano accolto.

Questi fece fermare il carro e scese dal pescatore.

“ Tu mi hai salvato la vita in quei giorni, vieni e fammi da consigliere di corte, chè ne manca uno che mi sia fedele.”

L’uomo accettò, ma chiese della figlia.

“ Venga anche lei, sarà membro della servitù, perché ha dimostrato meno cuore di te, volendo trafugare la tomba della madre.”

Così, quell’uomo e la figlia, che aveva imparato la lezione e accettò la nuova sistemazione, andarono a vivere in oriente da ricchi, ricompensati dagli dei e da un re per la virtù soprattutto del pescatore.

SCENA I

Si apre il sipario, siamo nella tomba. Da fuori arriva qualche debole raggio di luce che illumina le donne e le sveglia.

MATRONA: ( scuotendo l’ancella)E’ già arrivato Febo!

ANCELLA: ( ancora assonnata) Mmm…

MATRONA: ( sempre scotendola) Sveglia Melissa cara, è già arrivato Febo!

ANCELLA: ( sbadigliando e guardando la luce che viene da fuori)Oh, vero. Ma a che serve alzarsi presto se poi si passa il giorno nell’inerzia? ( girandosi dall’altro lato)Lasciatemi dormire, ché ieri sera vi ho prima raccontato la storia del pescatore fino a notte tarda, poi ci siamo destate per quei rumori sospetti.. MATRONA: ( preoccupata )Esatto, ancora non abbiamo capito cosa fossero! ANCELLA: ( disinteressata e stanca)Forse ladri qui al cimitero, profanatori di tombe!

MATRONA: ( irata)Cani! Non solo non badano essi ai vivi, ma neppure ai morti!

ANCELLA: ( alzandosi, ha capito che si deve svegliare per forza)Non tutti sono virtuosi come lei signora.


MATRONA: Ti ringrazio.

ANCELLA: ( cercando di cogliere la distrazione della padrona)Che fame! Mangiamo qualcosa dai.

MATRONA: Io sono a digiuno e devo pregare.

ANCELLA: ( rassegnata e arrabbiata)Oh santo Olimpo, ancora con questa storia? Vuol proprio lasciarci la pelle lei, qua dentro eh?

MATRONA: Gli dei mi comprendono e mi lasceranno vivere. Se, invece, morirò, sarà per giusta causa. ANCELLA: Morire per colpa di un morto mi sembra solo una sciocchezza, non è una causa e non è neppure giusta!

MATRONA: So io cos’è causa e cos’è giusto, se permetti. Adesso, mi metto in preghiera. Mangia se vuoi.

ANCELLA: Ma poi debbo andare a comperare qualcosa, perché è avanzato solo un quartino di feta!

MATRONA: Quando andrai fa attenzione a richiudere bene la pietra del sepolcro. Ti aiuterò io comunque,

pesa molto per una donna sola.

ANCELLA: Ti ringrazio.

La matrona inizia a pregare.

SCENA II

Nel cimitero si vede una guardia che cammina tra alcune lapidi con viso spaventato e con la spada levata.

GUARDIA: Cos’era quella luce che vidi nella notte? E quelle voci? Spettri? Anime rifiutate dalla magnanima Proserpina? Devono allora essere di uomini davvero crudeli! Temo per la mia incolumità, cosa può la spada contro ciò che è già morto ed è di natura eterea? Rieccole, le voci! Sono due, pare, e femminili…

Vengono da qua( va verso destra)…No, da lì ( torna indietro verso sinistra)…Nell’ipogeo!( e torna a destra, poco prima delle quinte, quindi si ferma e parla al pubblico spaventato) Per Zeus, a me toccava custodirequei tre ladroni là in fondo? Devo proprio andare a controllare? Mi han detto: bada che non profanino le tombe o non prendano i corpi dei crocifissi per dare loro maggior sepoltura, non di scacciare gli spettri! Ah, prima di aver grattacapi, meglio che controlli!

Esce di scena.

SCENA III

Qualcuno parla vicino alla zona che sarebbe l’ingresso della tomba, da fuoricampo.

Poi si sente un rumore come di qualcosa di pesante trascinato.

La matrona e l’ancella si stringono tra di loro terrorizzate, abbracciandosi tremando.

La luce dell’ingresso, d’un tratto, filtra in modo sempre maggiore e un’ombra si proietta sul palco.

SCENA IV

Entra la guardia con la spada sempre tesa in avanti. Guarda le donne spaventate, gli avanzi di cibo a terra, le coperte. Vede che hanno paura, quindi abbassa l’arma e parla più serenamente.

GUARDIA: ( stupito)E voi chi siete? Cosa ci fate qui sotto?

MATRONA: ( arrabbiata)Chi siete voi, che profanate così la tomba del mio defunto marito!

GUARDIA: ( sconcertato)Profanare? Oh, no no no, avete capito male signora, io sono una guardia della città, posta qui IN DIFESA delle tombe, proprio per evitare che vengano profanate. Custodisco i cadaveri di tre ladroni che sono stati crocifissi ieri notte.

ANCELLA: Ecco allora cos’erano quelle urla strazianti e quei rumori!

GUARDIA: Già. Non avete risposto però, chi siete? E cos’è tutta questa roba?

MATRONA: ( in tono pacato, come se la cosa fosse normale)Noi viviamo qui, per stare accanto al corpo del mio amato defunto.

GUARDIA: ( incredulo e sentendosi preso in giro)Volete scherzare? Vivere qua sotto? Che fesseria!


ANCELLA: ( si alza e si mette accanto alla guardia, segno che si accorda alle sue idee)Così è anche secondo me, ma la mia padrona è irremovibile! Ormai tutta la città parla di lei!

GUARDIA: Ora intendo chi siete! Pensavo fosse solo una dicerie delle lavandaie, e non una storia reale! Guardate come siete malmessa signora, mangiate qualcosa e prendete un po’ di luce, volete mica morir pure voi?

MATRONA: ( atona)La cosa mi interesserebbe poco. La mia vita e la mia felicità sono morte e sepolte qui dentro.

GUARDIA: Non siate sciocche, c’è sempre un modo per uscire dalle paludi del dolore, prima o poi qualcuno

una fune ve la getterà quando meno ve lo aspettate!

MATRONA: Allora, nel frattempo, attendo. (risoluta)Qua.

GUARDIA: ( stizzito)Non ragionate o fate apposta? Che aspettate qua sotto? Che vostro marito bussi al coperchio del sarcofago, si svegli e si alzi chiedendo del miele per la colazione?

ANCELLA: Lo ascolti padrona, ha ragione, non si può vivere in quattro mura di umida pietra, coi topi che ci solleticano i piedi coi loro luridi corpi nella notte e col sole e gli usignoli che ci invitano fuori nel giorno. MATRONA: Andate pure voi due, io qui sto benissimo. Mio marito ha bisogno di me.

GUARDIA: Voi morrete a breve,primo, secondo, che bisogno potete soddisfare a uno che per natura ha

cessato di avere anche i bisogni elementari?

ANCELLA: Sagge parole!

MATRONA: Voi dovete parlar ancora? Altrimenti chiudete la pietra del sepolcro e lasciatemi sola, devo pregare adesso.

GUARDIA: ( sussurra all’ancella)E’ testarda come un mulo!

ANCELLA: ( sussurra alla guardia)E’ una settimana che tento di farla rinsavire, ma nulla da fare!

GUARDIA: ( idem)Voi che avete da mangiare qui?

ANCELLA: (Idem)Niente per oggi! Se mi portereste del cibo ve ne sarei grata, nel frattempo parlo ancora alla padrona. Ecco, due soldi per del pane e del latte da prendere al mercato, se ne avete tempo. Tenete il resto.

GUARDIA: (idem)Cercherò di trovare un attimo libero durante il cambio, io ho il turno dalla mezzanotte a un’ora dopo l’alba. ( parla anche alla matrona adesso)Anzi, adesso è proprio ora che ceda il posto al mio collega.

MATRONA: ( secca)Se deve andarsene, dica agli altri di non importunarmi più come lei. Grazie.

GUARDIA: Lo farò, prometto, ma tornerò.

MATRONA: Tempo perso.

La guardia esce.

MATRONA: ( all’ancella)E’ testardo come un mulo!

SCENA V

Nella tomba. Di notte. Si sente un rumore di qualcosa di trascinato e filtra della luce lattea nella scena. Poco dopo altro rumore di masso trascinato, quindi entra la guardia, con del pane e del latte sottobraccio.

La matrona si sveglia e fa per urlare, ma l’uomo le tappa la bocca.

L’ancella si sveglia spaventata anche lei, ma si zittisce da sola nel vedere che è la guardia con il cibo promesso.

La guardia entra e posa il cibo su una delle coperte, quindi si siede accanto alle due donne.

GUARDIA: ( con tono di supplica) Allora, senta che buon odore questo pane caldo, e che candore questo latte appena munto! Non vuole saggiarne un po’? Se lo fa, le offro anche un sorso di ottimo vino che mi hanno regalato.

MATRONA: ( irritata) Lei non sa cosa sia la discrezione vero? Piomba qua nel cuore della notte, ci spaventa a morte e poi vuole fare il carino? Se ne vada a fare il suo lavoro!

ANCELLA: ( supplichevole anche lei)Sia buona padrona, mangi! Ecco del vino, le darà colorito a quel viso più pallido della luna! C’è del latte, per ridarle energia e del pane per placarle anche con pochi bocconi la fame che la attanaglia. Lo sento il suo stomaco che geme!


MATRONA: Il mio stomaco non geme, ma prega con me!

GUARDIA: Ma che fesseria! Lei è davvero matta! Eccole un tozzo di pane, ne mangi…( infila il pane nella

bocca della donna, che lo mastica e ingoia)Così…

La guardia le fa mangiare altri due pezzi di pane.

ANCELLA: Brava la mia padrona! Mangio anch’io( e prende del pane e beve un sorso di latte), mangiamo assieme forza!

MATRONA: Poi però torno in preghiera.

GUARDIA: Come vuole!

MATRONA: Bene,( secca) adesso che ho mangiato se ne va?

GUARDIA: Con piacere signora, ma il vino?

MATRONA: Domani.

GUARDIA: D’accordo. Buonanotte signore.

ANCELLA: Buonanotte.

La guardia esce, la matrona torna a pregare, l’ancella torna a dormire.

SCENA VI

E’ la notte dopo, la guardia torna e stavolta, appena sveglie, la matrona e l’ancella cedono presto al richiamo del cibo e mangiano e bevono, appoggiando il tutto sul coperchio della tomba, facendo spazio spostando la corona d’alloro, la pergamena e la medaglia, che vengono ammucchiati a terra. Poi la matrona prende anche la bottiglia di vino e la beve.

GUARDIA: ( con sguardo ammaliante)Siete davvero una bella donna, sapete?

MATRONA: (lusingata)Vi ringrazio…

GUARDIA: Cosa dite, non ritenete davvero sia più saggio uscire da questa tomba troppo stretta per tutti e tornare a vivere?

MATRONA: Non posso lasciare mio marito! Mi vedrà andar via e che penserà? Che l’ho abbandonato? GUARDIA: Tuo marito non vede nulla, non vede i capelli strappati e il seno graffiato, né sente le tue preghiere che qui chiuse si fermano e non giungono neppure agli dei e non può parlare, se no direbbe che il suo sacrificio per la città e per lasciare il futuro della moglie in mano a un buon governo sarebbe stato vano se lei continuasse ancora a vivere qui a lungo, privata di ogni gioia della vita! Lui era la sua gioia perché chi ci ama vuole la nostra felicità e vive donandoci anche la sua e quando due persone sono una cosa sola, le emozioni dell’uno sono anche quelle dell’altro.

Lei, così, triste e sconsolata, dà solo dispiaceri a suo marito!

MATRONA: E allora…( sorridendo come rinata)Va bene, tornerò a vivere! Lo prometto!

ANCELLA: Oh grazie dei dell’Olimpo, che le avete ridato il senno!

GUARDIA: ( con un sorriso di speranza e gioia)Viene fuori con me allora?

MATRONA: ( calmandolo) Non subito giovanotto. ( facendogli l’occhiolino)Anche tu sei niente male sai?

Che ne dici di passare la notte con me?

GUARDIA: ( radioso)Mi farebbe solo piacere dormire accanto a una donna dalle sue virtù!

MATRONA: ( con voce erotica)Oh, scoprirai le gioie che posso portare agli uomini che cadono tra le mie braccia!

GUARDIA: Togliamoci la curiosità allora…

ANCELLA: ( irritata, lisciandosi i capelli e allargando la scollatura del seno)Sono donna anch’io, ve ne siete accorto?

GUARDIA: Che intendete?

ANCELLA: E’ poco garbo lusingar solo lei!

GUARDIA: Allora invito anche voi nel gioco, se vi va.

ANCELLA: ( fingendosi indifferente, ma mordendosi le labbra sensualmente e facendo occhi ammiccanti)La noia, così, almeno per oggi non mi vince.

L’ancella si sdraia e prende la guardia per il petto, quindi gli toglie l’armatura e la spada e le lancia sopra il mucchio di onori del defunto.

MATRONA: ( nel frattempo,verso il marito, con viso dispiaciuto) Noi ci divertiamo e tu stai qui a far nulla?


Guarda la tomba del marito e pensa, quindi prende la lucerna e la posa sul coperchio del sarcofago. MATRONA: ( sorride)Ecco, facci luce caro!

La matrona e l’ancella vanno dalla guardia e si sdraiano su di lui, quindi calano le luci.

SCENA VII

La guardia entra di corsa a svegliare le due donne, spaventato e ansioso.

GUARDIA: Sveglia, sveglia prima che sorga il sole!

ANCELLA: Che c’è per Zeus!? Che è successo? Ancora volete fare all’amore?

MATRONA: Siete instancabile…Ma anche noi!

GUARDIA: Ferme, non è niente di questo! Hanno rubato uno dei tre corpi che dovevo custodire! Se al

cambio di guardia la cosa si scopre sono morto! Il generale mi rinchiuderà in prigione e poi mi punirà con la

decapitazione ad opera del boia!

ANCELLA: ne siete certi?

GUARDIA: ( annuisce battendo i denti) Sì! E’ la legge della città.

MATRONA: ( sconvolta)Chi ha rubato il corpo? Chi può osare tanto?

GUARDIA: E’ stato sicuramente qualche parente, rubano i corpi dei crocifissi per seppellirli nei giardini di casa con gli onori della sepoltura che spettano invece solo ai degni. MATRONA: Carogne! Che possiamo fare?

GUARDIA: Dovete tenermi nascosto qui, oppure, anzi, fatemi un a ferita profonda, dirò che sono stato colpito…Ecco, datemi un colpo in testa e lasciatemi steso sotto le croci. Dirò che sono stato sorpreso alle spalle e non ho potuto far nulla, forse almeno mi lasceranno intatto il collo! MATRONA: Io non sfiorerò nemmeno la tua morbida pelle!

GUARDIA: Dovete farlo per il mio bene!

ANCELLA: Pensiamo a un’alternativa prima di giungere a conclusioni affrettate, se sbagliassimo a colpirti potresti morire davvero!

La matrona si mette in posizione di meditazione, quindi si appoggia a pensare alla tomba e, poco dopo, si volta proprio verso di essa con occhi luminosi.

MATRONA: Appendiamo lui! Nessuno capirà cos’è successo davvero?

ANCELLA: Voi dite sul serio?

MATRONA: Mica possiamo mettere in pericolo un vivo per il bene di un morto!

GUARDIA: Per me si può fare, se ne siete convinta.

MATRONA: Lo sono! Forza, apriamo questa tomba!

I tre si mettono attorno alla tomba e calano le luci sulla scena.

SCENA VIII

Entrano in scena le tre donne.

1:( pettegola)Avete sentito? Il marito della matrona è risorto e poi si è messo sulla croce che era di uno dei ladroni!

2:Eh?

1:Il marito della matrona…

2:Sì ho sentito! Dico “ eh?” nel senso di: com’è possibile?

3:( cinica)Ho verificato da me, ed è vero! Sarà una strana malefatta della donna! 1 e 2: Sempre male pensate voi! A noi e alla città pare un miracolo!

3:( sbotta)Ma che miracolo e miracolo! Un morto risorge e poi si crocifigge da solo secondo voi?

Le due si consultano dopo un attimo di pausa di interdizione e dubbio.

1 e 2: ( come chi propone una soluzione a una domanda difficile o a un indovinello)E’ un doppio miracolo! 3 scuote il capo e fa un passo avanti, quindi parla al pubblico.

3:Io dico che avrà fatto qualche porcata quella, poi, ognuno pensi la sua, ma spesso dietro l’oro della facciata ci sono case che sono zozze e dove zampettano i topi!

Chi sa la storia, si faccia la sua idea.


1 e 2: Qual è per te, allora, la morale della storia?

3:Ogni storia deve averne per forza una?

Pausa, le due assumono la solita aria tonta.

1:In effetti…

2:Già, è vero!

3 si dirige verso l’uscita alla destra del pubblico.

3:Andiamo su, che devo comprare da mangiare al mercato! 1 e 2: veniamo, aspettaci!

Escono tutti e cala il sipario.

FINE