La moglie bella

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La moglie bella

La moglie bella

PRIMO ATTO:

Ortensia: Lionella scendi!

Lionella: La ra la la ra ra

Oggi torna Beppe

La ra la la ra ra

Con la bella sposisa

Chi ci ha rabbia crepi…

Iride: Uh? Imbecille?

Ortensia: Cretina.

Catera: O le si chetino! Come si sente subito, San Paolino, che le son sorelle? Se le un si chetano e un m’attento a tornar in cucina. Po’ la su’mamma la si rifà con me quande la sale su. Oggi l’ ha una giornatina…

Ortensia: Lionella scendi.

Iride: E chetati! Vorgare!

Lionella: Sore padrone. Io e canto quante mi pare. L’è finita l’epoca della schiavitù-

La ra la ra

La sora Giulia schianterà.

Iride: Chetati, se l’ ha sente! Un t’un vedi e c’è lo stoino in movimento?!

Lionella: Se mi rizzo e ti do un ceffone?

Ortensia: E se io scendo ve rendo due. Noe, vah!

Catera: O la faccia festa lei che l’è la più piccina. Dio mio!

Lionella: E tocca sempre a me. Benedett’ a’ esse’ nata da urtimo!

Catera: Allora vo. Le stanno carme eh? San Paolino uh! Mi s’ ha esser attaccat’ i’ tegame.

Lionella: Bene! A’ ciccioni!

Iride: Ortensia…?

Ortensia: Iride…?

Iride: Icchè tu dici? Che ti piace sbeccato così questo cappello? Che mi donerà?

Ortensia: Mettitelo. Più in qua… più in là… uh… benino!

Lionella: O buffa!

Iride: Icchè tu ridi te, imbecille?

Lionella: A me un t’un mi piaci. Tu par tutta la Beppa fioraia!

Iride: Imbecille, stupida, grulla, antipatica. Accident’a te che un se’ altro. Che credi che mi confonda con te? Basta che piaccia ai’ mi’ Alberto.

Lionella: Caro!

Iride: Caro sicuro!

Lionella: E sa ti piglia. A scroca’ desinari. Gliè sempre l’ultimo a finire.

Iride: Tanto un piango sai… questa soddisfazione un te la do… però te lo voglio dire…

Lionella: O dillo!

Iride: Ma icchè fecero i’ babbo e la mamma a mettetti ai’ mondo dopo tant’anni?

Lionella: So assai icchè fecero!

Iride: Ci s’era noi due si bastava”! No Ortensia?

Lionella: Coresto lo penso anch’io, ma orma’ che ci sono e ci sto. Ziù là! Ziù la!

Ortensia: Smettila! Guarda se tu butt’in terra… Garibaldi.

Lionella: Icchè? Ma che sentite che puzzo di carne vien di giù? Questa vorta i’ babbo gli ha sbagliato mandata?

Ortensia: Via, s’apre intanto l’uscio di salotto bono.

Lionella: Oh io v’avverto… Unn’ ho voglia di fa’ nulla!

Ortensia: I’ babbo gliè proprio l’omo delle bell’idee. Un si poteva mangià qui.

Lionella: Sicuro eh! Ma di là, ni salotto bono e ci s’entra meglio. V’aete a dire piuttosto… Che grullo i’ nostro fratello a piglia’ moglie d’agosto.

Ortensia: Perché?

Iride: O coresta?

Lionella: Uh! C’è da ire ‘n liquidazione.

Ortensia: Icchè tu vo’ sapere te.

Lionella: Lo so sicuro. E lo lessi anche ieri in un romanzo di Guido da Verona!

Iride: Icchè tu leggi i’ da Verona? Uh per via dell’onore… Alla Mamma!

Lionella: Che grullata i’ viaggio di nozze. Io ecco lo voglio fa’ nella mi’ casina e basta!

Iride: Brava! Per’ morì di vergogna la mattina dopo! I’ mi’ Alberto e m’ ha promesso che mi fa fare la linea Firenze – Roma – Napoli!

Lionella: Per me un gli fa fa’ neppu’ quella di Fucecchio.

Ortensia: O chetati, e vieni a’ aiutarmi.

Iride: E se c’entra e si toca anche la Sicilia. Un ci posso pensare!

Lionella: Poera illusa.

Ortensia: Lionella porta e’ piatti…

Lionella: Pronti…

Catera: Sor’Iride la senta questo tegame.

Iride: Che puzzo d’attacca… Uh, gliè ito la rosa di mi’ cappello dentro!

Catera: San Paolino.

Iride: Oh Dio gliè ito via tutt’i’ rosso e gliè rimasto ni’ tegame!

Lionella: Icchè gliè successo? Rosa in umido. Se c’è l’anilina si more tutti.

Catera: Gliè i’ terzo tegame che muto. La unn’ha rattenitiva né denti! Accident’a’ pranzi, a’ matri… Uh bocca!

Ortensia: Iride…

Iride: Eee…

Ortensia: Ai’ babbo e alla mamma che gli si mette le posate d’argento?

Iride: Sìì… Che domande!

Lionella: Io e’ le’ metterei agli sposini!

Iride: No… La mamma la ‘un vole!

Lionella: Eh, ma sa t’eri la sposa te, la ti dava anche e’ bicchieri co’ fiori a foco!

Iride: Tanto un piango via… Mi regge sortanto i’ pensiero che tra poco gli arriv’ i’ mi’ sposino!

Lionella: Sposino! Armeno aspetta che ti pigli! O grulla!

Ortensia: Lionella!

Lionella: Ooo!

Ortensia: Si mette anche e bicchieri piccini?

Iride: Sì. Pe’ i’ brindisi!

Lionella: Vo’ scommettere, che quello spilorcio di su’ damo e un porta neppu’ du’ paste?

Iride: No, la sbaglia, ‘nvece gli ha bell’ ordinato 25 briosce!

Lionella: ‘Un te le voi!

Iride: E me lo disse ier sera all’uscio! E mutala perché io son la maggiore.

Lionella: Eh… si vede.

Iride: Spepa!

Lionella: Va’ ia, matura!

Iride: Icchè, matura? Mamma!

Ortensia: O chetatevi…

Catera: Zitte, pe carità. E padroni gli hanno belle chiuso la macelleria, giù. Le si chetino. E l’avverto! La su’ mamma l’ ha aver un diavolo per capello. San Paolino!

Iride: Dispettosa! Boccalona!

Lionella: Oh ma stasera a letto e si fa alle guancialate. E ti segno, via! Un pizzicotto tu l’ ha avere!

Iride: Ohi… mamma!

Iride; Lionella; Ortensia: Mamma, siam qua! (Iride; Lionella e Ortensia).

Angiolina: Ah si eh? Ora tutto silenzio, eh? V’aete auto ragione perché giù ‘n bottega e contao nove mila lire, ma quarchevorta e sargo su e vi schiacc’i’ cervello a tutt’e tre come all’agnelli.

Iride: L’ ha ma’ dato di matura.

Lionella: Un si po’ di’ nulla da un pezzo ‘n qua.

Angiolina: Te chetati, maschiaccio. E te falla finita a mettiti con una bambina, imbecillona! Accident’a esser’ita sempre a femmina, torto qui maschio!

Iride: Sempre la corpa noi, ecco.

Angiolina: Ti cheti, caprona! Ma icchè feci a favvi? Co’ soldi che s’è speso pe’ istruivvi vu dovei esse’ tre maestre a fa’ poco. E invece vu siete risultate tre attendenti a casa; ma la casa un vu’ la guardate mai. Che volete favvi trova’ così da i’ vostro fratello e da quell’attra? Un mancaa che lei. Siam pochine. – uh! – Di là c’è i babbo e i’ so’ Giovanni.

Lionella: Qui’ vecchio di Prato che ride sempre? Buffo!

Angiolina: Rispetta gli amici di casa. Uh! Come mi tirano tra ugni cosa! Che fiumana!

Lionella: Indo’ la l’ ha la fiumana, mamma?

Angiolina: Ai’ su’ posto l’ ho. E sent’un puzzo… Se quella di là po’ l ha attaccato l’umido te lo dico io! Catera!

Lionella: La sapesse, della rosa in umido!

Ortensia: Ti cheti?

Iride: Esosa!

Lionella: Ma stanotte guerra! Peggio che tra Barcani.

Serafino: Sue, so’ Giovanni… Ma icchè da’ noia! In certi casi più siamo… Questione di restringessi… Indoe si mangia in otto… O ignoranti salutate i’ visitatore!

Lionella; Ortensia; Iride: Bona sera.

Giovanni: Questa l’è pezzettino, eh?

Lionella: Pezzettino? Io e mi chiamo Leonella.

Giovanni: L’atra vorta l’era così. Lei la sale e noi si scende!

Lionella: Come l’artalena!

Serafino: Uh! L’è bona e costa poco!

Lionella: Caro i’ mi’ babbino! Ecco i’ più be’ macellaro di’ mondo.

Serafino: Sta’ bona, giuè. Ma che macellaro! Soffiat’i’ naso, moccolona.

Giovanni: Come va sor’ Iride?

Iride: Bene. Lei?

Giovanni: Si vive. Poverina vah. Nell’invecchiare la va a ricorda’ tutta la me’ pora Pellegrina, bon’anima.

Iride: Nell’invecchiare. Imbecille.

Ortensia: Babbo, la guardi se s’è apparecchiato bene.

Serafino: Morto bene. Ora chiudete e s’aprirà all’entrata de’ colombi.

Angiolina: Ortensia; Lionella; Iride… Via a vestivvi!

Lionella; Ortensia, Iride: Eccoci, mamma!

Giovanni: Ma che belle figliole, eh?

Serafino: Atro: speciarmente quande le s’attaccano. Io e gni’ mettere’ i’ campanaccio e mondo e po’ birbone e le manderei alla Fiera dell’Impruneta.

Giovanni: Ch’è vero che la sor’Iride l’ha i’ damo?

Serafino: Uh! A me mi garba poco, però. E mi dà l’idea che sia un grullaccio. Quande mangia e gli pesa persino la furchetta.

Giovanni: O perchene la l’ ha messo ‘n casa? Le figliole le premano, vah!

Serafino: Ah, ma quande se n’ ha tre e preme anco di smanialle. La maggiore poi, l’è for di corso.

Giovanni: O quante l’ ha?

Serafino: Prezzo giusto?

Giovanni: Uh!

Serafino: 40 anni e 24 mesi.

Giovanni: Passatine, sicchè?

Serafino: Forse che sì, forse che no.

Giovanni: Sicchè i’ su’ maschio eh?

Serafino: E gli ha fatto quella corbelleria che si fa no’ omini, prima o poi.

Giovanni: Bah. Ch’è bellina?

Serafino: Chi l’ ha ma’ vista?

Giovanni: O la unn’è di qui?

Serafino: Ie! L’è forestiera. Gli andò a Roma a contratta’ de’ vitelli e invece trovò moglie.

Giovanni: Romana sicchè? Le son belle le romane. E quande la ciociara...

Serafino: fachemi i’ piacere con la ciociara. La mi’ moglie di lae la s’è rifinica mezza, la la volea di cupolone. Eppoi la unn’è mica romana, la stava di casa a Roma ma l’è nata in fondo allo stivale!

Giovanni: Sguizzera allora?

Serafino: O che lo soe, io! La si chiama… Caruzza… so un accidente… Anch’io un voleo ma come si fa? L’unico mastio! Gliè un po’ zolfino, sarvatico, ma come e conosce le bestie lui e spero anzi che gli abbia scerto bene anco la moglie. Ho sei macellerie, ‘nteso?

Giovanni: Sei?

Serafino: E si fa prest’i’ conto. Due giù, due in mercato, una in Valfonda e una a Rifredi. Nun solo e gn’ ho detto di si ma gli ho messo su la camera mugolane… la tolette, i’ butt’acqua, tre poltrone molli… Da baci!

Giovanni: Quelli un mancheranno. Se c’è la gioventù!

Serafino: Ora vah. Speriamo che questa sposina l’abbia tanto, savuferre, come si dice?

Giovanni: Un lo so l’inghilese, io!

Serafino: Insomma, via, di piacere a corpo alla suocera, alle cognate, alla serva, alla canina, a quelli di faccia, ai’ pappagallo… Basta… Ho un certo tremolio dentro. O voi, un vu ne state più a Prato?

Giovanni: Ie! E me n’è sucesse certe. Ho ceduto l’apparto, comprai una casina in Via Faentina e la cascò tutta da una parte. E ci ho rimesso 20 mila lire… Quande si cominica… A rotoli ugni cosa!

Serafino: Guardalo oh! Lui, armeno, e ride anche sulle disgrazie! Be’ tipo!

Angiolina: Barattini…

Serafino: Oh.

Angiolina: Che ci vo’ la tromba? Io son pronta. Sue coi’ chiacchierare! Sorte s’ ha la nomea noi donne!

Serafino: Va’ a mettetti subito i’ vestito di velluto schiffonne, sai. Un te l’ ho mica fatto pe’ tenello nell’armadio. Via!

Angiolina: Oh! Sie, mi rispoglio per te. Ho atro per i’ capo!

Serafino: Oh! Ma quande l’arria la nora apre l’armadio. Perché in casa Barattini roba ce n’è da dare e da serbare. E tu ti s’è messa la sporverina? O che parti?

Angiolina: Di cervello, se tu seguiti. O unne sto bene? Mi pare e mi son messa tutto l’oro anche quello sott’ai’ diciotto… E mi pa’ d’esse l’addolorata de’ fratini di Borgo Pinti! Va a cambiatti te e da’ un occhiata alla camera… Che po’ un ci sia da dire.

Serafino: Unn’emporta falla lunga… Dovere di mamma e di suocera.

Angiolina: Oh… Un mi chiama’ suocera… Armeno aspetta che l’entri!

Serafino: So’ Giovanni… tenechemela allegra. – Donne?

Angiolina: Uh che fiumana!

Giovanni: Sor’ Angiola.

Angiolina: Ina.

Giovanni: Come Ina?

Angiolina: Sor’ Angiolina… Angiola e m’urta… O via!

Giovanni: Ma icchè la va in giù e in su… E gni fa male, saella, c’è da fassi venire un corpo.

Angiolina: Buggeranni.

Giovanni: Pora donna! Ma guarda come la trovo. E la lascia’ vispa, ridente.

Angiolina: La senta, la la smetta di ridemmi sulla faccia perché unn’è momento.

Giovanni: Noe! Ecco lo sbaglio di so’ Serafino e di quelli di Prato. Un rido mica!

Angiolina: E piange.

Giovanni: Egliè i’ convurso. E mi pigl’i’ nodo ai’ cannoncino.

Angiolina: Che cannoncino?

Giovanni: Quello della gola! All’emuzione e mi si chiude e pe’ non schiantare e bigna che rida. E venne quande morì la me’ pora Pellegrina.

Angiolina: Ah allora, la faccia, la faccia. Che sta bene l’Attilia? La si chiama Attilia, vero, la su’ seconda moglie?

Giovanni: Un! La sta bene anco lei.

Angiolina: Morta?

Giovanni: In due giorni.

Angiolina: D’icchè?

Giovanni: gni mancò l’aria… Eh… Gliè ito anco la Merope.

Angiolina: Chi l’è la Merope?

Giovanni: La terza. Ma quella la un volea ire… La dicea: E tocc’a te!

Angiolina: Difatti l’avea ragione, poera donna.

Giovanni: O che ci ho corpa io? Poverine, vah. E l’ ho messe tutte in un quadro. Se ci ripenso e me le riedo tutte e tre davanti.

Angiolina: La rida, la rida, la un faccia complimenti… Che un m’abbia a morì qui.

Alberto: E’ permesso?

Angiolina: Uh c’è i’ damo dell’Iride… Avanti… Ora gnene presento… La si rizzi, la si divaga. I’ so’ Giovanni, vedovo di tre moglie, un vecchio di Prato coi’ cannoncino guasto, i’ Sor’Alberto Miserocchi, i’ damo dell’Iride.

Alberto: Piacere.

Giovanni: Riverito.

Angiolina: La s’accomodi.

Alberto: Grazie. È vero, signore, che oggi al pranzo ci sarà anche la signora di faccia, con suo marito?

Angiolina: Si e l’ ho invitati io pe’ non parere. Speriamo che la ci resista.

Alberto: Speriamo.

Giovanni: O icchè dicano?

Angiolina: Inteso, so’ Giovanni, la lo volea lei, lui.

Giovanni: Eh? Ma se la un mi fa i’ passo addietro e unn’ e ‘ntendo nulla.

Angiolina: Quella di faccia la si chiama Giulia, ha capito?

Giovanni: Uh!

Angiolina: E l’era innamorata di mi’ Beppino.

Giovanni: Ah!

Angiolina: E ora l’ ha sposato un grullaccio che hn’è capitato. Ha ‘nteso?

Giovanni: Or’intendo! E son di Prato, vah!

Angiolina: Già come e cantucci. Un po’ duro!

Alberto: Però signora, ella ha ragione a dar torto a suo figlio. Quando s’illude una signorina bisogna ben sposarla, e non lasciarsi vincere da altre seduzioni se pure magnetiche e superiori. Dovere del fidanzato è quello di guardare soltanto la propria promessa. Vivere nei suoi occhi, sognare il suo cuore, pendere dalle sue labbra, armonizzare la sua voce con l’intuito frenetico dell’amore corrisposto.

Giovanni: Ma icchè dice?

Angiolina: Come parla eh? Sempre così! E va anche più lesto a vorte. Chissà come la tiene.

Giovanni: Chiè?

Angiolina: La me figliola! Chiè… Per lui e ci vo’ sempr’i’ passo addietro… Sor’Albertino…

Alberto: Signora…

Angiolina: Che l’ ha auta quella risposta dell’impiego?

Alberto: Ancora no. Spero bene.

Angiolina: Inteso, vah; pell’Iride e pass’i’ meglio.

Alberto: Ah! Ma è così fresca ancora.

Angiolina: Già, ma vede… attra cosa l’ è pe’ i’ mi’ marito… La lo sa e macellari e’ penan poco a dille chiare. E poi un gli vedo nulla ‘n mano. O i’ dorce che l’avea promesso?

Alberto: Me ne son dimenticato.

Angiolina: Sant’Iddio la vada ora… Icchè la pena! E c’è la pasticceria nova, giù… Gliè tre domeniche che la dice di portallo.

Alberto: Il male è che non ho spiccioli.

Angiolina: Ho bell’e capito. La tenga queste dieci lire. La me le renderà a comodo. Oh… un ci siam visti.

Alberto: Vado e torno.

Angiolina. Che be’ giovane, eh?

Giovanni: Garibaldi?

Angiolina: Uh! I’ damo dell’Iride.

Giovanni: Ahj! Ma parla troppo coi’ naso… Gli ave’ roba ferma.

Angiolina: Egliè di Napoli.

Giovanni: Speriamo che un sia come e limoni!

Serafino: Pronti!

Angiolina: Uh! O che ti se’messo i’ vestito bono nero di circolo da smacchiare?

Serafino: La nora forachiera la si riceve così. Creature di vostro padre, entrate.

Iride: Mamma, ma come gli sta bene i’ babbo vestito di nero? E pa’ da esporsi!

Serafino: Crepa!

Lionella: Un deputato e’ pare!

Serafino: E si fanno anche di questa pasta!

Iride: Mamma, noi come si sta?

Angiolina: Fatemi vedere. Te Iride levati subito coresto collarino… ma subito.

Iride: perché?

Angiolina: Levatelo! Un ti dona!

Lionella: La pa’ la canina di Commendatore! E gni’ manch’i bubbolo!

Angiolina. Ortensia, datti dell’altra cipria… E ti si vede la zampa d’oca!

Ortensia: Di già? Oh Dio!

Lionella: Oh, ecco quelli di faccia! E c’è anche i’ tu’ damo, Iride. Svieniti!

Iride: Davvero? I’ mi’ core… Alberto…

Angiolina: Ora la mi va pe’ le scale sola… Iride!

Giulia: Bona sera…

Marcantonio: Bona sera.

Serafino: Anavante, sposini. Loro si conoscano, eh?

Giovanni: Eh? Bona sera…

Angiolina: A cecce, via.

Iride: mamma, Alberto gli ha portato e dorci. La lo ringrazi di pensierino.

Angiolina: Tante grazie. Eh ma se un gni davo e sordi io, i’ pensierino un gni venia!

Marcantonio: Giulia, come tu ti senti?

Giulia: Marcantonio un me lo domanda’ nemmeno!

Marcantonio: Che ti passa?

Giulia: Ancora un mi passa, no.

Angiolina: iride, qua… Un voglio di già su i’ canapè!

Iride: Gliè venuto ora!

Angiolina: Penate poco, i’ babbo guarda! Poverina, vah, l’è nell’età di sentimento!

Iride: Alberto!

Alberto: Cocca!

Iride: perché tu mi guardi sempre a occhi chiusi?

Alberto: Per vederti meglio.

Iride: Mio.

Angiolina: I’ babbo guarda male… Via da i’ canapè!

Catera: Eccoli! Eccoli!

Lionella: Sì! Sì! E s’è fermato i’ legno con le gomme!

Angiolina! Con le gomme? Sempre spocchioso! Tanto c’è chi paga!

Catera: I’ so’ Beppino sposo!

Angiolina: Vo’ andate ‘n cucina. – Che son loro?

Lionella: Sì! Sì! E gli escan ora di sotto!

Angiolina: La si faccia coraggio, sora Giulia.

Giulia: Io dovevo esser in qui posto!

Angiolina: O la unn’urli… Ormai l’è in un attro de’ posti!

Lionella: Come l’è bella lei! Bionda!

Tutti: Bionda!

Lionella: Con la sporverina di moda.

Tutti: Di moda!

Angiolina: Ma ch’escite dai’ terrazzino? O Barattini.

Serafino: Via, gente, e si va pe’ le scale.

Lionella: Come ride Beppino!

Angiolina: Bell’astore. Ora, ora. Aspetta che ti riabbia sotto ti metto a passo io.

Iride: Alberto, l’ ha vista te?

Alberto: Uh!

Iride: Icchè te ne pare?

Alberto: l’è una donna!

Angiolina: O icchè fanno nell’andito?

Giovanni: Sor’Angiolina sue…

Angiolina: E giue… Che l’arà buttato dimorto giu i’ matrimonio i’ mi bambino?

Giovanni: Ma icchene? Po’ infine l’è la prima che l’imparma lui.

Beppino: So Giovanni! Mamma!

Angiolina: Birbantone! Tu ti sei ricordato di tornare, eh?

Beppino: Pe’ forza! Gli eran finiti!

Serafino: Eò… Fate largo Angiolina, ecco la moglie di nostro Beppino…

Maruzza: Signora… ho tanto piacere di conoscerla.

Serafino: Oh digni qualche cosa anche te, la t’ ha chiamato signora!

Angiolina: Che l’ ha fatto un felice viaggio? Che stanno bene a casa sua?

Maruzza: Sì, grazie… I signori tutti mi scuseranno. Aiutami a esprimer loro…

Beppino: Digni icchè tu gni vo’ dire, su…

Serafino: Eh… L’ ha aiutata dimorto!

Maruzza: Peppino!

Angiolina: La lo chiama Peppino! Estrosa!

Maruzza: Nell’entrare in questa casa. Tant’emozione. Sono un po’ confusa.

Serafino: Eh, si sa. O noi!

Maruzza: Però questo bisogna che lo dica. Vostro figlio è stato così buono con me in questi giorni. Ha fatto tanto il suo dovere. Tanto!

Serafino: E seguiterà anche a fallo se gliè figliolo di so’ padre. Io quando presi lei…

Angiolina: O Barattini, indò tu va a finire?

Serafino: E feci lo stesso.

Maruzza: Quanto mi piace la vostra Firenze. Così educati qua!

Serafino: Eh! Lo disse qui fiaccheraio… No’ fiorentini pell’educazione e siamo gli assi!

Maruzza: Che città meravigliosa!

Giulia: E la unn’ ha visto i Bobolino!

Maruzza: Tutti così gentili poi!

Serafino: Come si vede che l’è la prima vorta che la ci viene!

Beppino: Ma ora basta con le chiacchere e comincia la fame. Maruzza, vien’a spogliatti!

Serafino: I nidio, gliè per di di la!

Beppino: Oggi ho la testa in ipoteca. La me moglie… e signori Crepetti di faccia. Stanno bene loro?

Giulia: Di molto bene si sta, signor Beppino, più di quello che la si poss’immaginare!

Marcantonio: Proprio Sor Beppino, proprio.

Beppino: E ci ho piacere.

Lionella: Io e rivoglio un’attro bacio da tutt’e due, ma grosso… Così…

Serafino: Angiolina, la mi piace.

Angiolina: E mangiala te, se la ti piace.

Maruzza: Come sono felice! Ora non piango più. E rido! Rido.

Serafino: Ma senti che trapassi che l’ ha!

Angiolina: Ti lei di torno co’ trapassi?

Beppino: Vieni Maruzza… Sposina!

Maruzza: Peppino!

Lionella: Carini! Come s’abbracciano!

Angiolina: Questo poi… Beppino!

Beppino: Mamma?

Angiolina: Porta armeno rispetto all’Innocenza! Iride, Ortensia vortatevi in la!

Iride; Ortensia; Lionella: Si mamma!

Maruzza: Ci perdoni, signora È stato lui… È così espansivo…

Angiolina: La vada in camera lei, la vada.

Beppino: Vien via.

Maruzza: Con permesso?

Tutti: Prego!

Serafino: Come l’è fine lei!

Angiolina: Ma lui gliè sempre il solito ciano!

Serafino: Figliolo tuo!

Lionella: Attro che fine, babbo. L’è bella!

Giovanni: Simpatica!

Angiolina: La parrebbe perbenino!

Iride: A me la un mi piace l’è troppo fine!

Alberto: Ecco, ha il tipo della siciliana ma le manca l’accento, ha il personale.

Marcantonio: L’è un misto.

Giovanni: Come gelati!

Iride: Poro Beppino icchè gli ha fatto a sposare quella cosa!

Giulia: Tanto gli è inutile, via. E proverbi, specie i nostri toscani, son santi… Moglie e boi…

Tutti: Proprio!

Serafino: Ma che la fate finita a di male di prossimo a uscio aperto? Armeno aspettate di conoscila a fondo, che Dio vi sprofondi!

Angiolina: Ecco lui co i’ moccolo… Ma i bon dì…

Serafino: Te chetati e va a dir’alla Catera che la porti ‘n tavola. Aprite l’uscio voiattre.

Angiolina: A me queste mosse?

Serafino: Peggio!

Angiolina: Vestita così? T’ ha ragione perché… Catera!

Marcantonio: Giulina. Vien via, prima si mangia.

Giulia: Oh Dio.

Serafino: O chi geme?

Angiolina: E la la porti su i’ terrazzino, la la sbottoni!

Catera: E son cappellini! A tavola!

Serafino: È  c’è da chiama’ gli sposi.

Lionella: Vo io!

Serafino: Corri!

Angiolina: Fermati, sai, Lionella…

Serafino: O coresta?

Angiolina: O Barattini. Se un’aessin mess’i’segreto!

Serafino: T’ ha ragione! Eò, ragazzi… sverti.

 

ATTO SECONDO:

Lion.   Vo fa una storia da vendessi a un ventino, intitolata così: “La bella e le streghe”. I so’ Giovanni e gli darà l’aria e poi s’andrà a cantalla tutt’è e due pe’ i’ rione con la chitarra. Garantito che si piace!

Ort.     (Un gli rispondere Iride!).

Lion.   S’intende chiaro eh? La bella l’è la mi’ cognatina e le streghe vu’ siete voialtre compresa la bella Giulia di faccia. E se un vu la fate finita di comprottare contro di lei e’ lo dico a i’ babbo, a Beppino, e se un basta ai’ Fascio. E sa’ loro e penan poco!

Ort.     Guarda come si trema.

Irid.     Ora ne dico una io. Infame!

Lion.   Va’ ia, imbecille! Guarda invece se tu va’ a leatti e’ diaolini tu’ par’ un’anima dannata. Tanto e’ son ispidi via. La piega un la piglian più.

Irid.     Io fo icché voglio!

Lion.   Eh ma se ti vedesse così i’ tu’ damo, garantito che gli scapperebbe prima di’ tempo.

Irid.     L’è tutta rabbia?

Lion.   Icché? Se unn’è finito neppure di crescere. Quando avessi a piglià un cosino in qui modo, e mi butterei in Arno, pittusto!

Irid.     Ortensia, che ci si mette la veste nova?

Ort.     Si eh!

Lion.   Care! Un mi par vero di vedelle! O dico, che mi lasciate i solotto così?

Ort.     Io ho da lavammi.

Irid.     E io da pettinammi.

Lion.   Benissimo. Guardate come si fa. E smetto anch’io e tutti pari.

Irid.     Alla mamma!

Lion.   A me vu’ l’aete a dire anche alla nonna. Noe vah! Io ho pulito da i’ canapé alla finestra, i’mi’ pezzetto e l’ho fatto!

Irid. e Ort.      Mamma!

Lion.   Vocine angeliche. Da santissima Annunziata!

Ang.    Ma icchè c’è? Che cominciate di mattina?

Irid.     L’è lei. La canzona!

Ort.     E posa la granata.

Ang.    Lionella. T’ammazzo stamani.

Lion.   E lo dico poco. L’andera anche in galera se la m’ammazza.

Ang.    Stre’ meglio che qui.

Lion.   Ma unne stare’ meglio io!

Ang.    La venga a sciogliemmi questo nodo.

Lion.   Pronti madama.

Ang.    Accident’ai’vestissi!

Ort.     Iride, vo’ a mette’ l’acqua pe’ i denti.

Irid.     Si ora vengo anch’io.

Lion.   O Ortensia, raddoppia la dose dell’Odolle perché sennò vi rimangan gialli, via! Pronti, mamma! Io sogliere’i nodi anche a Salomone!

Ang.    Tutti questi panni ancora da’numidire. Pigliami l’acqua nì catino.

Lion.   Pronti! Giovinezza…

Ang.    Mi sento male, un mi sare’ levata neppur pe’ tutto l’oro di’ mondo. Oi oi, i mi piedi. E mi piaglia lo stomaco! Un m’hanno fatto nulla neppure i saltrati, sa’ iride… T’ha arriare a stasera! Catera!

Cate.   Eh?

Ang.    Prepara i’ caffè, ma senza burro. I’ burro che c’è gliè pe’ le paste, un sia toccato.

Cate.   Sii!

Lion.   La tenga mamma. Oh la un faccia fradicio in terra perché s’è pulito ora. Senza burro? Piano piano vu ci levate anche i pane arrostito. Io un lo voglio i’caffè, allora.

Ang.    Lionella quant’è vero iddio, stamani…

Irid.     A parole, sa, mamma..La su’ minore l’è sacra..

Ang.    Comincia te, ora.

Irid.     Come vu l’aete avezzata male però.

Lion.   Oh Dio l’è avvezzata bene lei. A 50 anni la un sa ancora cocere un ovo. Unn’è vero? Ieri tu ti bruciasti e gli andò ni’foco ovo e padellino!

Irid.     Uh! Poera grulla! Io so far’anche i’dorce e forte. Vero mamma?

Ang.    Uh! Tu lo sa fare!Iride dammi una mano pe’ ripiega’ questi lenzoli.

Lion.   Oh la l’avverta di tenè forte, perché…Vai!

Ang.    O un tu n’ha forza? Papaera!

Irid.     Mamma ho da parlagni..Ma c’è lei..

Lion.   Vai le comprottano..

Irid.     No, no..no!

Lio.     La calunnia….E’ un venti…

Ang.    Che ti cheti e unn’entendo nulla d’icchè la mi dice? Un vu volete andà più fora con la Maruzza?

Irid.     No, neppur’in Domo.

Lion.   Oh! Io si eh! Un mi par vero la Domenica! La mi compra sempre le paste!

Ang.    E laragione?

Iride.   La si sa noi!

Ang.    Ma che n’aete una di novo ogni mattina?

Lion.   E la troano ni’rigirassi.

Irid.     E c’è di più. Le Pancanelli le un vengan più a trovacci e le Muffi le si vortan da un’attra parte quande le ci trovano.. Le lo feciano anche ieri dai’Forlivesi.. Tutto pe’ la su bella norina. La tira gli omini come la calamita.

Lion.   (Ora ne dico una ma bella) Pe’ forza! le Muffi le son tanto brutte anche loro. L’è la compagnia de’ brutti.. Gelose!!

Irid.     Bugiarda!

Lion.   La Maruzza coi’veni’tra noialtre l’ha fatto com’i cole che gli spenge la luce elettrica. Ma tene, però, Iride, tu se’ sempre una lampadina a 5 candele e coi’filo rotto..

Irid.     Icchè? Paragonammi a una lampadina a 5 candele coi’filo rotto? O mamma!

Ang.    O figlia!

Lion.   Che frescolino!

Irid.     La unn’è gelosia! Anzi s’ha piacere d’ave’la cognata bella!

Lion.   Aho! Le fanno a nocchini!

Irid.     Ma gliè per l’amor proprio. E ci dispiace che i’nostro fratello e passi pe’icchè unn’è.. La sapesse icchè dicano pe San frediano..

Lion.   Che be’ cazzotti tu vo’ piglia’ da Beppino alla fine!

Ang.    Lionella, sgrno gli occhi..

Lion    Ih! E fo pe’ vede’ se i pane gliè bruciato a modo mio, ma po’ dopo e torno. Ziu la! Ziu la!

Irid.     (Piange)

Ang.    Ma icchè tu piangi? Bietolona!

Irid.     Un son capita da nessuno, ma la unn’è giusta, ecco. In questa casa c’ero prima di tutti io.

Ang.    Purtroppo! E non mi riesce neppur di mandatti via. Speriamo questa vorta! La volgia piglià con dorcezza…Vien qua.

Irid.     No!

Ang.    Vien qua!Brocciona, oh quande la s’impunta!

Irid.     No!

Ang.    Senti. Te tu se’ una broccola. Tu ti lasci trascinare ma i’tu core e’sarebbe bono. Smettila d’esse tant’amica con quella cosa di faccia…

Irid.     Unn’aessi lei. Icchè are’a’fare poerina!

Ang.    Lei l’è bona a mette’zizzanie! In quant’all’Ortensia di là, ci penso io..

Irid.     Icchè c’entra l’ortensia?

Ang.    Vai, vai.

Irid.     Tutti contro di me. Ecco! Ecco!

Giu.     Sor’Iride! Sor’Iride!

Ang.    Vai! Ciuco rammentato, ciuco che raglia!

Giu.     Sor’Iride!

Ang.    Rispondigli, famm’i’piacere, e un la posso sentire.

Irid.     Eh? Bon giorno! Che! Unn’ho mica pianto. Che? Sì! Sì! No! No!

Ang.    Ma sentite carine le paiano a i’telefono…

Irid.     Sì! Sì! Arriveddella sora Giulia.

Ang.    Vai, torta la comunicazione. Icchè la t’ha detto?

Irid.     Nulla la m’ha detto.

Ang.    Che va fora con la tu’cognata?

Irid.     No! No!

Ang.    Che la smetti di fa’ mossacce ai’tu’damo?

Irid.     No, no, no!

Ang.    Brutta spilungona..Oh ma te lo dico io…Se ti va via anche qui’damo e’un mi metto a cercattene un attro… Se mi trovo così co’piedi l’è corpa tua.

Irid.     Su’ dovere. E intanto la s’è messa le pantofole che gli ha ricamato la su cara norina pe’ fammi dispetto, mentre ier sera la disse che le un gli entravano.. Coresti son dispetti!

Ang.    E mi metterò i’gorfe. E dirrò che l’è bella, che l’ha le mani d’oro…

Irid.     Mamma, la lo sa, io son sensibile…una parola di più e’mi’vien male!

Ang.    E c’è i’canapè!

Ort.     Iride, vieni, l’acqua la si ghiaccia.

Irid.     Mamma un dirrò più più nulla!

Ang.    Tu farà dimorto bene.

Irid.     E vo a lavammi e’denti e a mettemi la veste. Ma se la mi ridà torto…Perché io. Ecco! Che voglia di piangere!

Ang.    Un la carman neppur’e’pipposfiti! Quello mi dice di qui, quell’attro mi dice di là. Mi sento male. Che vita!

Ser.      Perché tu’ se una donna senza carattere e un tu ti sa’ imporre alla famiglia.

Ang.    Io sono stufa!

Ser.      E io stufato. Tu’padre , vedi, e’ gli sbagliò a mettiti anche i nome.

Ang.    Lascia stare i’mi’poero babbo, sai... Un tu se’degno di mentovallo.

Ser.      O che ti pa’d’esser’ un’angiolina?

Ang.    O a te che ti pa’d’esser un serafino? Gli sbagliò anch’i’tuo.

Ser.      Che si sono alzati gli sposi?

Ang.    Che ti pare? Ma stanotte. E ci bi ci…e ci bi ci… Accident’a’ave la camera accanto!

Ser.      Che gli vo’ leva la libertà anche lì?

Ang.    Uh! Per me!

Ser.      Ah! Stamani c’ho l’affare!

Ang.    Tu me l’ha belle detto tre volte che t’ha l’affare…T’ha i’di la’ pigliar’i’caffè…e via!

Ser.      Ricucimi la giacchetta quie, e’c’è uno strappo!

Ang.    Ora, ora!

Ser.      Vai! Ma la vo’ passa’ da massaia perfetta!  Guarda i’tu’figliolo come gliè tirato a pulimento dalla su’moglie. Quella l’è una moglie.

Ang.    Senti, Serafino. Mi sento male, un posso tene’ l’ago in mano, te l’ho detto anche stanotte. Va dalle bambine o aspetta stasera.

Ser.      E me la ricucio da me.

Ang.    O bravo!

Ser.      Così e’fo come quand’ero con Garibaldi.

Ang.    Buon lavoro.

Ser.      Se mi pentissi d’ave’messo l’osso all’avventore come mi son pentito d’ave’ messo su famiglia.

Ang.    Poer’omo anche lui. Serafino che l’ho a ricucire?

Ser.      Noee!

Ang.    Accident’a te! Guarda come l’hanno ripulito oh!...Zinganone tutt’e’tre! E’ mi piglia i’cervello, mi piglia!

Bepp.  Mamma, buon giorno.

Ang.    Buon giorno. (Lui s’è levato, ma lei…)

Bepp.  O indo’sarà i novo d’iersera?

Ang.    Indo’ tu l’ha lasciato e’sarà. Guarda sulla credenza.

Bepp.  Un c’è.

Ang.    E tu vien da me a domandallo? Armeno sapessi leggere! Ma che son’i’trinca, io?

Bepp.  L’he la mamma!

Ang.    Bella ragione.

Bepp.  O coresta?

Ang.    L’he parente di quell’attra!

Bepp.  Ah! Ho capito; l’ha sempre e’nervi della mi’mossa di ier sera, ma la capirà la mi tratta ancora com’un bambino. Che la lo faccia a solo, main presenza della moglie.

Ang.    Moglie! Chissà che la un sia bell’all’uscio a cercatti! Grulli!

Bepp.  Mammona!

Ang.    Sta bono, sai. Le mamme pe’tu regola, le un volgian né i’ben’a molla né gli avanzi.

Bepp.  Avanzi?

Ang.    E t’ho partorito io, sai.

Bepp.  E’ lo so.

Ang.    A lei e’t’ho imprestato.

Bepp.  O che m’ha preso per un bambolotto di 48?

Ang.    Te t’ha butta’tutto inischerzo. Guarda che scarpe lustre che gli ha!

Sorte prima.

Bepp.  Mamma, la mi ha avvelenato tutta la giornata!

Ang.    Eh! Appena lei la t’ha detto: Beppino…e’torn’i sereno…

Bepp.  Gelosona!

Ang.    Io? O’gnorantone con to’madre. Ricordatelo, sai…Chi dimentica la propria mamma per la…

Ser.      Beppino.

Bepp.  Babbo.

Ser.      Allora tu scendi te eh, in bottega, stamani? Io vengo un momento pe’ mette’ la firma a quelle cambiali.

Bepp.  Si, babbo.

Ser.      O sora predicatora rimasta a mezzo, la vada in cucina a distribuire i’caffè nelle tazza perché se vo io, come te l’ho fatte fare quelle tre befane, e’ le disfò. E’ le si leticano la tazza. La mia l’è stretta, la tua l’è larga! E’ c’è anche i’so’Giovanni…e i’damo dell’Ireide. E’son bell’impancati a’tavola.

Ang.    Pe’fa’colazione?

Ser.      Quarche vorta tu vedi come la va a finire.

Ang.    In quant’ai’Sor Alberto è c’è poco da dire. Come damo è n’ha diritto.

Ser.      O perchene un tu gni dici di portare anche i letto? Cosie casa Barattini la dienta l’arbergo de’mangia a ufo!

Ang.    O chetati! Pe’ un po’ di caffè e latte. E’ s’allunga, basta lo stesso! O la giacchetta?

Ser.      Tutto fatto. Un c’è più bisogno di lei…la guardi…La me l’ha ricucita la su’ sposa lie… Che lavoro…La po’ tirare…Eh?

Ang.    Allora un tu n’ha più bisogno di lnoi…Se t’ha’lei. Icchè tu ridi, imbecille? Bambine!

Bepp.  E se credeo!

Ser.      Icchè l’aveva to’madre che quande so’entrato l’aveva i’dito ritto?

Bepp.  Uh!

Ser.      Tene icchè tu dicei stanotte alla tu’moglie? To’madre? Quella grullaccia, la l’ha prese pe’ tutte rose, ma quande l’ha cominciato a stronfiare nell’addormentassi ho sentito delle spine. Che c’è egli, ouh?

Bepp.  Babbo ma…

Ser.      Babbo ma…Che comincerebbe con le gelosie?

Bepp.  E’ un son io che comincio…

Ser.      Quella figliola l’è un monumento e tene un tu n’ha i diritto né di dubitare né d’offendere? Come quella di lealla dalla cassa giù. Che incassi s’è fatto con lei! E veniano a comprà la carne anche e’ cantori di San Lorenzo…Che ce la rimetti?

Bepp.  No davvero! Metteteci l’Iride!

Ser.      Eh? Va’ia, va’ia! La sarebbe capace di fa’scappare anche gli agnelli spellati! E’son’i’creatore ma riconosco lo sbaglio.

Bepp.  Eh babbo, la un vorrebbe esser me. Ma la un lo sa icchè succede in questa casa e giù di qui?

Ser.      Eh lo so!

Bepp.  Ma icchè son diventato un burattino, io a senti’spronate da destra, da sinistra e fa come Lorenzo?

Ser.      Te tu se’un bocco!

Bepp.  Un bocco?

Ser.      E un doddo! Eh! Perché l’omo e’ va pe’ la su’strada e un s’occupa delle chiacchiere delle donnicciole.

Bepp.  Si eh? Ma la unn’ha ancora capito icchè le pensano queste rifricolone e i’mondaccio cane?

Ser.      Fora!|

Bepp.  E pensano che ave’la moglie bella, come ho io…E’vor dire ave’le corna anche se unn’è vero. E questo pe’ un marito che vo’ bene e che gli preme l’onore unn’è poco, via, babbo.

Ser.      Va ia’, va ia’, grullaccio! Goditi i’tu’be’ paradiso e ai’pregiudizi sputaci sopra…Un ci credere’neppur’se la vedessi…

Bepp.  Neppur io, ma la vedrà la fine!

Ser.      E per questo tu la bistratti la notte? Io gliè meglio che vada a pigliar’ i’caffè, sennò!

Bepp.  Eh già! Perché la sua l’è vecchia e’ un gliela guarda nessuno. Se credevo!

Mar.    Peppino. Ah non sei sceso ancora? E io dicevo: come? E’ andato via senza salutarmi?

Bepp.  Maruzza.

Mar.    Eh?

Bepp.  Che gliel’ha raccontato te ai’babbo d’cchè c’è stato tra me e te, stanotte?

Mar.    Io? Te lo giuro! Perché? Avrà sentito? Gridavi sai!

Bepp.  Un mi torna!

Mar.    Peppino ma che ai che sei così cambiato ad un tratto?

Bepp.  Nulla, nulla.

Mar.    Me ne hai dette tante stanotte, ingiuste. Ho pianto stretta a te e con i miei baci son riuscita a calmarti.

Bepp.  Unn’urlare!

Mar.    Vengo di qua e ti trovo cambiato. Dì…non mi vuoi più bene?

Bepp.  Io? E’lo domando a te!

Mar.    A me? A me? Se non ti amassi come ti amo, come farei a sopportare quello che sopporto qui? Entrai tre mesi fa in questa casa al tuo braccio, con tanta gioa nel cuore. Ricordati!

Bepp.  Si!

Mar.    Mi pareva d’essere una bambina. E ora mi sento una vecchia.

Bepp.  Sta zitta!

Mar.    E allora baciami.

Bepp.  Stai bona. E c’è gli usci aperti.

Mar.    Hai paura che vedano? Ma che male c’è? Non sono forse tua moglie? Ah bada sai! Ho del sangue anche io nelle vene! Tutto sopporto per questo nostro bambino e perché ho la certezza che tu mi creda, che tu m’ami, che mi stimi. Se venissi però a capire che si cerca di distaccarsi da me, allora credi…

Bepp.  Sta zitta!

Mar.    E allora baciami!

Bepp.  Tesoro!

Ang.    Unn’importa.

Ser.      Ora si che mi garbano. Guardali.

Ang.    Eh li vedo…(gni farà anche male alla salute).

Ser.      Beppe…tu riattaccherà dopo…scendi giù…

Bepp.  Subito..Addio Maruzza, arrivederci mammona!

Ang.    La senta, bisogna che gnene dica subito sennò la mi passa… La un se n’abbia a male, eh?

Mar.    Dica mamma.

Ang.    La lo pigli come regola fissa…finchè la sta qui. I’mi’marito lo ricucio da me.

Mar.    Mamma! Io ho creduto di farle un piacere, sapevo che si sentiva indisposta..Ma mio Dio…Non so più cosa fare…Ah! Dio!

Ang.    (Ho detto tutto, bisogna rimediare). Maruzza.

Mar.    Dica mamma.

Ang.    L’ha visto? E mi son messa le su’pantofole! E ci sto come in paradiso. La stia su, sennò gni s’ammala i’sangue. Sa, no’ fiorentine e’sa i’carattere un po’punzecchino…mapoi…

Mar.    Mamma, mi parlasse sempre così. Da tanto non vedo mia madre e nel vedere lei che la sento tanto buona nel fondo.

Ang.    Ora lascia stre i’fondo!

Mar.    Mamma!

Ang.    Oh! La un m’abbracci, sa. Pe’carità! Non pe’nulla, eh? Ma se l’entran quell’attre befane, e’stre’ in filo!

Mar.    Dunque lei mi vorrebbe bene? Sono le sue..figlie maggiori che vorrebbero dividersi? Oh cattive!

Ang.    Oh! La unn’offenda le mi’bambine sa…Chi non vo’ bene a loro non vo’bene a me! Guarda come la s’impenna a un tratto, dopo che mi son messa le su’ pantofole e che le mi fanno un male buggerone nella pansè? Dunque e c’è dell’aghero dentro?

Mar.    No, mamma, tanta disperazione! Sapesse! E tutto non si può dire!

Ang.    La un faccia la tragica!

Mar.    Mamma, sapesse!

Alb.     Signora.

Ang.    O la venga sor’Albertino, l’ha pres’i’caffè? Che gnen’ha dat’i’burro? Che l’ha visto il cazzottino scuro? Gliera per lei.

Alb.     Si, grazie. Suo marito la desidera.

Ang.    O unn’è ito via ancora? Icchè vole?

Alb.     Credo un fazzoletto, non lo trovano.

Ang.    Poerini! Quanti vizi gli ha preso…Quande va fòra lui e’ci vò gli squilli…Catera!

Alb.     Signora Maruzza, buon giorno.

Mar.    Buon giorno.

Alb.     Scappa appena entro io?

Mar.    Ho da fare, sa.

Alb.     Mi ha mandato Iride a cercar “l’amore mio non muore”…sa’ quel fascicoletto… L’ha visto lei?

Mar.    E che ne’ so io?

Alb.     Bella!

Mar.    Badi..!

Alb.     Bella!

Mar.    …tutto ha un limite. E si ricordi, sa e per sempre…che se io taccio ancora e non dico nulla della sua corte insensata, quanto perfida, non è perché la incoraggi comprenda, ma per rispetto di un uomo che la farebbe uscire dalla finestra invece che dal solito uscio.

Alb.     Bella!

Mar.    Vigliacco!

Alb.     Lei non dirrà nulla a nessuno.

Mar.    A papà stasera, succeda quello che deve succedere.

Alb.     Lei sarà mia!

Mar.    Ah non mi tocchi…Impari!

Alb.     Ahi! Qui bisogna scappare!

Irid.     Alberto l’ha preso i’romanzo?

Alb.     Sì, l’ho preso.

Irid.     Uh! Icchè t’ha fatto?

Alb.     Nulla! Ti devo dire però.

Lion.   Uh la mi’sorella vestita a vergine!

Irid.     Alberto icchè t’ha fatto. Oh Dio Lionella guardalo, gliè tutto rosso da una parte.

Lion.   Eh lo vedo. Gli sarà andato di sangue ai’cervello.

Alb.     Senti, Iride, sarà meglio spiegarsi chiari. E’ meglio finirla. Il posto non lo trovo. Ti sacrifico. Basta.

Irid.     Eh!

Lion.   Vai!

Irid.     Alberto te tu fai pe’ provammi, eh? Come? Tu mi dici certe cose ora che mi son messa la veste nova? Guardami! Cocchino! Cetriolino!

Alb.     Ho deciso. Ti sacrificherei. Addio.

Irid.     Eh? Mamma!

Lion.   O mamma, o Ortensia, e’ la pianta!

Ang.    Icchè c’è?

Ort.     Eh?

Irid.     E’ mi cosa questo vigliacco!

Alb.     Bada come parli!

Ang.    Eh? Ie! E fa pe’ chiasso!

Alb.     Ah no, signora. Scriverò a suo marito.

Ang.    Eh? Sor’Albertino la un faccia certe porcherie, la un me la lasci pe’ carità.

Alb.     Non trovo l’impiego.

Ang.    E’ l’aspetta. L’aspetta.

Alb.     Lei pure lo dice…sua figlia non conosce il sistema.

Ang.    E gniene insegnerò io…

Alb.     E’ tardi. Addio!

Ort.     Vigliacco!

Irid.     Oh Dio! Oh Dio! E lo perso…!

Ang.    Ma icchene! A vorte tornano. E lo fece anch’i’vostro babbo.

Lion.   Ritorna! O se gliè bell’ai’chiosco!

Ang.    Icchè? Ora ci penso io a fallo scomparire. O cachicchio sbafatore armeno ridammi e’sordi delle briosce!?

Ort.     Mamma, la venga qua, la guardi che versi la fa l’Iride!

Ang.    Iridina.

Lion.   O buffa! La par’un pollo quande in fine!

Irid.     Ummm…

Ang.    Sta bonina mi fo rimettere le scarpe in forma e domani te ne cerco un attro!

Irid.     Nooooo! Noo! Mi voglio da’ tanti picchi nella testa. Così!

Ang.    O Dio la si picchia!

Ort.

Ang.    O so’ Giovanni! O Catera!

Lion.

Gio.     O icchè c’è? Poerini!

Cat.     San Paolino!

Ort.     Ecco la sora Giulia!

Giu.     Che si pole?

Lion.   Se l’è entrata e si pole.

Irid.     Giulina, qui vigliacco e m’ha dato le pere!

Giu.     Uh. C’era da aspettasselo! Ora finalmente posso parlare.

Gio.     Che intinti!

Giu.     E m’ha mandato Iddio allora…Ah Dio che respiro potello dire. E sono arrivat’a tempo…Ah potello dire!

Ang.    Ma la lo dica, perché sennò e’ci vien’un accidente a ombrellino!

Giu.     I’su’damo e’ l’ha lasciata perché un gni vo’ più bene.

Lion.   Coresto si sapeva!

Giu.     E perché gliè innamorato d’un’attra.

Tutti.   Eh??

Giu.     Eccolo i’bandolo della matassa. Dianzi per puro caso, e’ mi son’affacciata alla finestra a tendere e’carzini di mi’Marcantonio e ho vist’i’su’damo che parlava a ridosso con la sora Maruzza.

Tutti    Eh?

Giu.     Po’ dopo e si son avvicinati di più…allafinestra…che l’ho a dire? L’ho a dire?

Ang.    E la lo dica. Casista!

Giu.     E ho sentito schiocco!...Un be’ bacio! Bocca su bocca!

Tutti    Eh?

Ang.    Questa un la resisto…Forà, zizzaniosa!

Giu.     Fori io? Forà la su’nora che l’ha fatto perder’i’cervello a tutti gli uomini di’casamento e pe’i primo a i’mi’marito.

Ang.    Fora!

Tutti    Forà!

Bepp.  Eò, icchè c’è, donne?

Irid.     Beppino, Sali!

Ang.    Se tu parli ai’tu’fratello dello schicco come t’ho fatto e ti disfò. E lei forà…

Giu.     Noe! Gli hanno a chiamà la forza!

Lion.   I’ babbo, mamma!

Ser.      Che c’è egli?

Giu.     So’Serafino…lei che la credo un omo.

Ser.      Oh che lo metterebbe in dubbio?

Giu.     La m’ascolti!

Ang.    L’ha ingiurato nell’onore la tu’nora!

Ser.      Eh? Forà!

Tutti    Forà!

Giu.     Robaccia! Mand’i’mi’marito!

Lion.   Addio spinalunga!

Ser.      Dio ti sarvi dalle donne. Ora che l’ho buttata fori ditemi i’fatto intero. Ero pe’pigliar’i’tranve. E’credeo che vu’morissi! Che c’è egli?

Bepp.  Babbo…Mamma…O la Maruzza?

Irid.     Beppino!

Ang.    Se tu parli…Tappatela!

Bepp.  To…V’aete messo forà la sora Giulia che pe’ le scle la m’ha riso sulla faccia…Icchè c’è? Indoll’è la Maruzza? O babbo…O befane…Rispondetemi…O babbo…

Ser.      O mondo boiaccio, oicchè ne so io, rimondo boia? Parla tene!

Iirid.    Alberto e’ m’ha lasciata a un tratto!

Ser.      Eh?

Irid.     E la tu moglie, Beppino, l’ha s’è fatta baciare.

Bepp.  Da chie?

Iird.     Da lui.

Bepp.  Da i’so’Giovanni?

Giov.   Io? Icchè c’entro io? O pazzi!

Irid.     No, da Alberto.

Bepp.  Eh? Eh? Maruzza!

Giov.   Che intinti!

Bepp.  Maruzza!

Mar.    Eh?

Bepp.  Che ha’sentito icchè s’è detto di te?

Mar.    Ho sentito.

Bepp.  Difenditi.

Mar.    No! Se anche tu non mi credi me ne vado. Non sei degno di me.

Ser.      Bene, perdio!

Bepp.  Lei babbo la un centra.

Ser.      Si che c’entro…

Bepp.  La moglie l’he mia, e lei la un c’entra.

Ser.      Questa vorta e’ c’entro anch’io!

Bepp.  Noe!

Ser.      Sie!

Ort.

Lion.   Babbo!

Ang.    Oh Dio e’miei omini s’attaccano. Chiamate e’ fascisti.

Ser.      La s’appoggi a me: io e la difendo da tutti… E unn’ho bisogno di sapere, io!

Mar.    Papà!

Ang.    Beppino. Pietà di to’ madre. Icchè succede donne?

Bepp.  Lasciatemi passare. Tene un ti tocco, gli è troppo sacro chi ti difende, se ne ragionerà a comodo. Intanto e’ cerco i’giovane. Iride, indoe gli sta di casa, un me ne ricordo…Vicino eh?

Ang.

Ort.     Un gnene dire!

Lion.

Bepp.  Dimmelo !

Irid.     Via di’Guanto 69, fin’a’ieri!

Bepp.  Bene!

Mar.    Peppin…

Lion.   Oh Dio!...Maruzza!...

Ang.    Vigliacca, se’ contenta che tu manifesti i’tu’fratello? Barattini, corri dietro a’i’tu’figliolo.

Ser.      Beppino!

Irid.     Un son io la causa di tutto questo? Reggetemi, mi voglio buttà di sotto!

Tutti    Ah!

Ang.    Reggetela! So’Giovanni la ci aiuti…Ahi! I’caffè cardo su i’piede, accident’all’animaccia sua!

TERZO ATTO:

Iride: Mamma!

Ortensia: O sta bonina. Lasciati stringere la testa con questa pezzola bagnata.

Iride: Oi… La mi gocciola… Mamma!

Angiolina: Catera, un po’ d’aceto, gli occhi s’annebbiano sempre di più. Sant’Anna, te che t’ hai sempre assistito ne parti, assistimi anche questa vorta! E mi vien male, via… e mi gira ogni cosa! E par d’essere una giostra. Catera…

Catera: Su via…

Angiolina: Spruzzamelo… Oh, mica negli occhi… Eh! La mi’ vita!

Iride: Mamma!

Ortensia: Sta zitta e ti passa.

Iride: Un mi passa… Mamma! I’ mi capino! Mamma!

Angiolina: O icchè sara? Io dico invece di male alla vita, i’ mio gli ha esse mal di fegato. O da che parte gliè i fegato? Che ignoranti! So Giovanni, che vedano?

Giovanni: Ie! E m’è venuto lo storcicollo, ancora no.

Angiolina: Sant’Antonio, fa la grazia che tornino… Eppure tu te lo pigli ugni pochino i pane de poeri… Allora, scusa, pigliare e non dare.

Catera: O sora padrona? San Paolino?

Maruzza: È finita Lionella.

Lionella: Ma icchè finita, di ricominciare. Ma d’icchè v’aete paura? Du botte le gli stanno bene a qui misurino. Io ho sempre sentito dire che chi ha torto le piglia e sta zitto. Eppo’ carini, se ne buscano, tutte e due stati alla guerra! Ci fossi anch’io. I’ sangue, soltanto a pensacci, e mi fa diego.

Angiolina:  Lionella, bocia adagino.

Lionella: Sie? E come la gni dicea lei a su’ Arbertino…

Angiolina: Mio?

Lionella: I burro e i’ cazzottino! Ma ora lo piglia duro i’ cazzottino! Ci fossi anch’io! E tene Maruzza che forza di carattere t’ ha dimostrato a rimettello a posto da te. Cianchete! Bella slabbrata! E io ceredeo che gni si fosse gonfiato la vena dell’orto!

Angiolina: Lionella chetati… Oi! Oi!

Iride: Mamma!

Maruzza: Beppino!

Giovanni: Madonna, e pa’ d’esser a Santa Maria Nova, Sezione Vagellanti. O donne!

Catera: San Paolino!

Angiolina: So’ Giovanni, che si vedano?

Giovanni: Chiè!

Angiolina: Vede, se lei la fosse un uomo d’onore e la mi volesse far un piacere… e bisognerebbe che la gni desse dietro…

Giovanni: Già lasciavvi sole. Unne sta.

Iride: Mamma.

Tutti: Eh?

Iride: E mi va via!

Tutti: Icchè?

Iride: I Cervello!

Giovanni: LA se n’accorge ora che l’ ha perso i’ cervello! Ah!

Angiolina: So Giovanni, la smetta di ridere…

Giovanni: Chi ride? E gliè i…

Angiolina: I’ cannoncino guasto, lo so… Ma la se lo faccia accomodare perché chi vede.

Iride: Mamma, icchè ho fatto? E vedo i babbo e i fratello morti pe’ causa mia… Un tornano, icchè ho fatto?

Angiolina: Te t’ ha fatto che se io fossi una mamma come si deve ti dovrei ingoiare! Aue!

Catera: San Paolino!

Giovanni: Digerilla però!

Ortensia: Mamma, io dico che l’Iride l’ ha la febbre.

Angiolina: Mettetegli i’ termometro. Catera, ite a pigliallo ni’ mi’ comodino… Via!

Catera: Oh io vo, ma poi v’avverto, eh, fora mi chiamo.

Angiolina: O coresta?

Catera: Gira e rigira mi sentirò male anch’io. Da bambina e soffio di male di lupo mannaro.

Angiolina: Che male egli?

Catera: E ci si rotola pe’ la terra pe’ sette o otto ore e si fa la bava alla bocca…

Angiolina: Andate a pigliar’ i’ termometro, sbucciona. Lei la fa pe’ rotolassi, ‘nteso! So’ Giovanni che si vedano?

Giovanni: Chiè!

Angiolina: Ma se un vu’ guardate!

Lionella: Vien sui letto, Maruzza: da retta a me!

Maruzza: Tanto è finita, bimba mia. Quando un uomo non stima più che vuoi fare? Non voglio, non posso restare più qui. L’offesa è stata atroce… Me ne vado. Tornerò dai miei vecchi che mi credono ancora tanto felice. Sarà stato un sogno. È finita.

Angiolina: La senta, nina, la un cominci lei pe’ carità. La si richeti. Unn’ ho parole pe’ esprimegni icchè voorè dire! Che creatura! Sublime! No’ fiorentini si chiacchera, si chiacchera, un si concrude nulla ma e siciliani di Roma e penan poco. Se l’avea i revorvere!

Maruzza: L’avrei ucciso!

Angiolina: Ora la un vada tanto ‘n la!

Maruzza:È finita!

Lionella: Che t’appoggi ai’ mi braccio e tu va un po’ sui’ letto? Gliè l’unico mezzo per calmarti… Vieni.

Angiolina: Poverina! I’ mi stomaco! E mi’ omini! O Catera i’ termometro!

Catera: Eccomi, un lo trovavo. Che l’aveo a stampare, San Paolino!

Angiolina: Dagliene all’Ortensia. O icchè fanno? Già io un l’ ho che con voi Catera!

Catera: Con me?

Angiolina: Si perché se v’avei visto e sentito dello schiaffo invece che di bacio l’era bell’e finita.

Catera: San Paolino. O come v’aveo a fare a parlare se si parea tra’ pazzi criminali? Già la corpa l’è sempre mia, qualche vorta però…

Giovanni: Attenti ai’ lupo mannaro…

Catera: Uh. La vad’a’ letto, grullo!

Ortensia: A noi un ci riesce d’abbassallo!

Angiolina: Che ci vo’ dimorto a fa’ così? Bone a…

Lionella: L’è più carina.

Angiolina: Lionella, consegnane te.

Lionella: Pronti! Via!

Iride: Gliè ghiaccio…

Lionella: Vien via. Ug… via… Vai l’ ha rotto i’ burbo.

Angiolina: Eh?

Iride: Oh Dio, oh Dio… m’è ito tutto i’ pallino di mercurio ni’ groppone! Eccolo senti… Uh che effetto… oh! Dio! Levatemelo, levatemelo!

Angiolina: Ma icchè feci a falla!

Lionella: O quelli! Ma io ritorno a vedere se la Maruzza l’è carina pe’ davvero!

Angiolina: So’ Giovanni… bambine, Catera e mi piglia l’agitazione… guardiamo se si dice le tante perché e tornino… Ho poco fiato, però, s’attaccherà da mezzo.

Iride: Si! Si! Sotto mamma!

Angiolina: La corona un ce l’ ho ma fo co’ diti… So’ Giovanni, su… bonino…

Giovanni: Bah! Aspetto la gni dia l’aire!

Angiolina: Rosa ti burla… Ora pronobis.

Giovani: Ora pronobis.

Angiolina: Brutta vigliacca quella di faccia tutta lei, ‘nteso… Dura se imbilica. Ora pronobis.

Angiolina: Ichhè fanno? Regina santi demori… Ora pro… oh ma se lo dico io… Basta… Regina serva e proprietari… Oh ma ve lo dico… Se aessi i’ fiato e i’ coraggio e dovre’ di la piglià, la carabina dell’indipendenza di Serafino, pulilla, caricalla, chiamalla alla finestra e sparagli tre corpi. Pum! Pum! Pum!

Giovanni: E lei la starebbe li a piglialli! Poera dona!

Angiolina: Voi rispoindee alla posta!

Giovanni: Ora pronobis.

Angiolina: O via!

Giovanni: Sor’ Angiolina. Ecco i’ so’ Serafino.

Angiolina: Davvero? Uh, i pregare! Unn’ ha mica nulla di rotto eh! E cammina da se eh? Catera aprite e c’è i padrone.

Catera: Un momento.

Giovanni: Sor’ Angiolina c’è un equivoco. E unn’è lui. Gliè uno che lo somiglia ni corpo.

Angiolina Eh? Accidenti a lui e a voi. Uh l’aria ni’ dente!

Giovanni: Anderò giue a vede’ se lo vedo.

Angiolina: La sarebbe l’ora. La si ricordi di riportammi la tazzina perché la sciupato i finimento. E l’è giapponese di Ginori!

Giovanni: Si! Si! Tu l’arai! Mi sta bene peroe… e voglio sempre sgridare…

Angiolina: Oh Dio… Se un vo a mettemmi un po’ di lattuga… un resisto.

Lionella: Mamma, Catera, Ortensia…

Angiolina: La sta peggio la Maruzza?

Lionella: MA icchè! Ni fare un fessolino alla m’ cognatina mi son affacciata alla finestra… che complotti e c’è giù. Tutti son sull’uscio a aspettar i ritorno di babbo e di Beppino!

Angiolina: Be’ lavori, eh!

Lionella: E po’ ho sentico co’ mi’ orecchi una cosa…

Catera: Uh!

Angiolina: Via!

Lionella: Quelle befane delle pigionali che stanno accanto, d’accordo con quella davanti e, s’intende, in amicizia con quelle di sotto, l’ hanno preso la parte della Maruzza e le voglion la pelle della sora Giulia e di loro due. La un le mandi fori, sa…

Iride e Ortensia: Mamma!

Iride: Ho paura!

Angiolina: Mettici una mano!

Lionella: Eppo’ vede mamma, m’è venuto un’idea qui ni’ cervello. Gliè tanto che la corre. Ora gn’ ho dat’ i’ ferma e mi decido.

Angiolina: Ma icchè vor dire coresto discorso? Che dienti scema anche te?

Lionella: Scema? Ma come? E ho aver’ i babbo e i’ mi’ fratello fora a compromettessi  e io forte, a 15 anni, pien di coraggio qui a aspetta’ chi un viene? Ma i’ core dice: Corri a cercalli… E io ci vo! Giovinezza!

Angiolina: Oh Dio… Lionella… Madonna si va a rifinissi…!

Catera: Maschiaccio!

Angiolina: Oh Dio! Uh!

Ortensia: Mamma!

Angiolina: Levati di qui, sai.

Ortensia: Icchè c’entro io?

Angiolina: Si tu c’entri. Gatta morta! Si! Tu metti ai’ punto e po’ tu ti ritiri.

Ortensia: A me la mi da e numeri.

Angiolina: Io ti do un ceffone se un tu la fa’ finita.

Ortensia: Gatta morta no!

Angiolina: Coccodrilla!

Ortensia: Coccodrilla no!

Angiolina: E basta!

Ortensia: Basta sì! Tanto l’ ho capita, sa. Io sono un numero per di più in questa casa. Ma glielo voglio dire, però.

Angiolina: Tra le ra…

Ortensia: Gliè inutile che la canti, sa. I’ maschio si gliè i’ preferito. I’ babbo gliè fora a compromettersi pe’ lui ma nessuno dice nulla. Lei li poi l’è i’ su occhio diritto. La Lionella poi la fa icchè la vole, e io… vessata così… Coteste le son parzialità… Ecco… Ecco! Ecco!

Angiolina: E piedi! I cervello, i fegato! E denti… e ora anche la mezzana… V’aete a ire… ma in galera.

Ortensia: Gliel’ ho detto. Gliel’ ho detto! O vai!

Iride: Ortensia.

Ortensia: Oh, te fa icchè tu voi. Lasciami stare.

Iride: O che m’abbandoni anche te?

Ortensia: Fa icchè tu voi!

Iride: E allora m’ammazzo pe’ davvero! O beo inchiostro, o mangio gli svedesi o mi butto for di finestra.

Ortensia: Oh Dio… Iride…

Iride: Ortensia che bell’idea. Ma bella sai… Ci s’ammazza tutte e due, tanto marito un si trova.

Ortensia: E tu la chiama bella! O mamma!

Iride: Vien via io ammazzo te e po’ te t’ammazzi me!

Ortensia: O mamma, o Catera, l’Iride la va a tetti rossi.

Angiolina: Eh? Aprite c’è i padrone davvero. Catera… Dio.

Ortensia: Mamma che versi la fa l’Iride…

Angiolina: Smettila c’è i tu babbo, i dente… uh… O icchè… fa… Serafino.

Serafino: C’ ha tutto fatto?

Angiolina: I dente.

Serafino: O lei?

Angiolina: I’ cervello!

Serafino: Uh! O Beppino? Ch’è tornato?

Angiolina: Tu lo domand’a noi?

Serafino: Un c’era nessuno. Ho fatt’ una corsa a caso. Mondo boia. E sa l’è qui via dell’Ariento.

Angiolina: Via dell’Ariento? Ma icchè t’ ha ‘nteso? Via di Guanto!

Serafino: Eh? Miseria cane! Di resto i mi dovere e l’ ho fatto.

Angiolina: Accidenti!

Serafino: Ora tocc’ai’ giovane!

Angiolina: O, poi a noi! E t’ ha tre medaglie pe’ esse stato con Garibaldi?

Serafino: Maestra.

Angiolina: Poera pensione!

Serafino: Maestra!

Ortensia: Babbo, che versi la fa l’Iride, io ho paura!

Serafino: O via. O quell’attra!

Angiolina: L’è sui letto. T’avei ragione te a difendila.

Serafino: Noe, vah.

Angiolina: E fu’ uno schiaffo sai, poverina, no un bacio.

Serafino: E ci credo. Se gliera un bacio unn’andaa via, ma restaa a fa partita doppia qui.

Angiolina: E ce n’è un’attra. La Leonella…

Serafino: Indoe l’è?

Angiona: L’è venuta a cercavvi.

Serafino: Come? E t’ ha mandato quella figliolaccia sola a girà pe’ Firenze? Io se lo dico io…

Angiolina: Chi l’ ha mandata, l’è scappata via.

Serafino: Badate, se dico di sprezza’ tutta la casa e ci riesco.

Iride: E lo vedo! E lo vedo!

Ortensia: Babbo, l’Iride la dice lo vedo!

Serafino: E io gnene fo sentire!

Iride e Ortensia: Babbo.

Angiolina: Barattini.

Serafino: Vo i giù, piglià la cortella e ammazzalle tutte due queste pellirosse…

Angiolina: Con che diritto? Ma che se te i’ babbo delle mi creature?

Serafino: Se un tu lo sa te che l’ ho a sape io?

Angiolina: In certi momenti…Uh! I mi dente.

Serafino: Bene.

Angiolina: Ah si eh? Omo senza natura!

Serafino: Già quella li meglio la un poteva venire… Tu la concepisti quando s’avea se’ cambiali in pretesto… Tu gli desti tutto latte bollito!

Angiolina: E io fo i’ mi fagotto e vo a morir all’Antella dai mi fratellone.

Serafino: E sa tu gli ha fare un piacere a caso!

Angiolina: Però te lo voglio dire eh, ahi, ohi, ohi.

Serafino: E t’ ha detto dimorto…

Ortensia: Oh Dio! Babbo, mamma l’Iride la vo dire una cosa.

Iride: Casa d’imbecilli!

Serafino: Ringraziamo i Dio l’è bell’è tornata in se!

Maruzza: Papà!

Serafino: O lei.

Maruzza: Che c’è?

Serafino: E ci si saluta.

Maruzza: Peppino?

Serafino: Beppino, un c’è, ma ora viene! E lei sa, la faccia fagotto perché la riaccompagno a casa sua. Che ci vo’ crepà qui? La si vesta, che io vo subito ai movimento.

Maruzza: Papà.

Serafino: La s’appoggi pure, anzi… ma la un mi chiami più papà… Gliè tre mesi che gnene dico… O la mi chiami babbo…

Maruzza: Ma babbo nei miei posti vuol dire stupido…

Serafino: Benissimo… Da dissi du’ vorte. O che gni sembro un omo furbo io?

Giovanni: Ohi… Ohi…! Gente!

Serafino: O chi crepa ora? Questo gliè i’ so’ Giovanni.

Catera: Si gliè lui… Gliè tutto mota… E par’ un ecee omo.

Giovanni: Gente reggetemi un so come abbia fatto a salì su… ah… ch’è tornato lei?

Serafino: Se la mi vede.

Giovanni: Ni’ cerca’ loro unn’ ho visto una bicicletta e ci son ito sotto e m’è entrato tutto lo stomaco ni’ fanale. Sor’Angiolina moio.

Angiolina: La andar’ai’ municipio, staccassi i’ foglio e ire all’ospedale.

Serafino: Quande gliè li si pol’ordinare anche la cassa e via.

Giovanni: Oh e c’è anche la sora Leonella.

Tutti: Eh?

Angiolina: Be’ mi ceffoni!

Serafino: Te chetati!

Lionella: Babbo, mamma.

Serafino: O Beppino?

Lionella: S’è fermato qui. Tutto fatto… Appena fora e mi son fatta indica’ la strada da una guardia e lui molto gentilmente e m’ ha detto: Veda ragazzina, l’ ha a passa’ di qui, ripasa di la, su i principio… unn’intendevo…

Serafino: Una fiorentina!

Angiolina: Senti lui, oh!

Lionella: Ma poi… ho capito a corpo. E ci son ita. E l’ ho trovato la che si picchiava a quello Dio. Come gli era bello. Da’ che ti do. Eppo’ mi messa anch’io.

Serafino: Bene! Bravi! Sodo…!

Angiolina: Sicuro eh! Lui fa come qui generale. armiamoci e aprtite!

Lionella: Appena Beppino m’ ha visto e m’ ha tirato un nocchino e io l’ ho preso pe’ i naso. Ma poi ci siamo capiti, io gli ho detto dello schiaffo che l’ ha visto la Catera e sicchè…

Beppino: Sicchè giustizia l’è stata fatta a compreto perché ho aperto gli occhi anche a qui grullaccio di faccia. Un ti do un bacio gli ho detto, ma uno schiaffo! La mi moglie pe’ su regola l’ansegna alla sua e a tutte le mogli di casamento.

Serafino: Un son mica Marcantonio, io!

Beppino: Ma che botte in Via di Guanto!

Serafino: Bene, bene… E lui, lui?

Beppino: Un c’era mica lui! E s’è picchiato i su fratello e i su cognato. Tanto son sempre di famiglia! Quande torna gli hanno a leassele per se e appiccicalle a lui.

Serafino: Sicuro eh! La girata come pe’ le cambiali!

Voci: Marcantonio, no!

Lionella: Dio come la picchia quella di faccia. E gliè i Crepetti…

Serafino: Ma ora la crepa lei, però.

Voci: Ohi, ohi!

Angiolina: Chiudete, un posso sentire… Bene!

Iride: So Giovanni… E gn’ ho da dire una cosa… E sono screditata… Un trovo più nessuno. Che mi piglia lei?

Giovanni: Eh? Dattela, Nanni! È un rinquarto!

Iride: O mamma!

Beppino: E ora coraggio… Maruzza.

Serafino: Bruzzi lie… La Maruzza la torna a casa sua…

Angiolina: Ma che casa sua… facciamola finita l’è anche incinta.

Maruzza: Mamma.

Angiolina: Ma che mamma! E si dice: Beppino!

Serafino: Sì, ma l’ ha a sapere e dalla bocca di so padre. Quande si sposa una donna belloccia e forestiera come la tua bisogna mettessi a tutti e rischi e a tutte le dicerie, specie in un postaccio cane come questo… combattere i pregiudizio infame, che vo’ civetta la donna bella. Quande un s’ ha tanta forza ci si contenta di sposar una bruttaccia fiorentina qualunque come fece to’ padre.

Angiolina: Eh?

Serafino: E son nonno! E son nonno!

FINE DELLA COMMEDIA.