La moglie di Craig

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LA MOGLIE DI CRAIG

Dramma in tre atti

di GIORGIO KELLY

Traduzione dall’irlandese di Bice Chiappelli

PERSONAGGI

La signora CRAIG

WAL­TER CRAIG, suo marito

La signorina AUSTEN, zia di Walter Craig

ETHEL LANDRETH, nipote della signora Craig

La signora HAROLD, diret­trice di casa

MAZIE, cameriera

EUGENIO FRE­DERICK, fidanzato di Etnei

La signora FRAZIER, vicina

BILLY BIRKMIRE, amico di Walter Craig

JOSEPH CATELLE, primo agente di polizia

HARRY, secondo agente di polizia.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

L'intero dramma si svolge tra le cinque e mezzo pomeridiane e le nove del seguente mattino nella stanza di giorno della casa del signor Walter Craig. Questa stanza, come tutte le altre, rivela il raffinato gusto ed il fanatico senso dell'ordine della padrona di casa: è gran­diosa e fredda con mobili scuri ed artistici, con tappeti sfarzosi e vivaci e ricchi drappeggi di broccato. La copertura del pianoforte (che è in fondo a sinistra) e la tovaglietta sul tavolo ovale di centro sono color canarino, e i drappeggi alla finestra a veranda a sinistra e alla finestra arcuata sul pianerottolo della scala in fondo sono di un verde scuro. Questa finestra arcuata ha un bellis­simo sedile che fa parte della finestra stessa, con bei cuscini: un altro sedile analogo è a destra della scalinata, dal quale la balaustrata si curva verso Volto. A destra, in fondo, un'ampia porta con portiere di velluto marrone scaro; il resto della stanza a destra è occupato da un caminetto artistico con una specchiera. Di fronte al ca­minetto, una bellissima poltrona a schienale alto. Ce un'altra poltrona a sinistra del tavolo di centro, una pic­cola poltrona artistica presso il pianoforte, ed una sedia a ciascun lato della stanza, sul davanti. Ci sono anche due panche, una immediatamente al di là del tavolo di centro ed una di fronte ad esso la quale lascia spazio sufficiente per il passaggio. In fondo a sinistra, una bus­sola a vetri, una porta della quale si apre nella stanza e l'altra sul portico esterno.

Quando entra la signora Craig, si riceve l'impressione che si sia vestita appositamente per questa stanza. Porta un abito da viaggio estremamente elegante color fulvo, sandali e calze marrone scuro e un piccolo cappello di velluto della medesima tinta. Ha una borsetta di cuoio e un ombrello di seta sempre marrone scuro. E' in scena la signorina Austen che scende in fretta le scale ed esce dalle portiere a destra. La signora Harold entra con­temporaneamente dalla porta in fondo a sinistra por­tando il giornale della sera ed alcune tovagliette, e si dirige verso il tavolo di centro.

La signora Harold         - (fermandosi a mezza via e seguendo con lo sguardo la signorina Austen) Avete bisogno di qualche cosa, signorina Austen?

La signorina Austen      - No, grazie, cara, cercavo sol­tanto il modello che ho mandato a prendere l'altro gior­no: volevo mostrarlo alla signora Frazier.

La signora Harold         - Sollevate il coperchio di quel tavolinetto da lavoro, signorina Austen; questa mattina mi pare di aver veduto lì qualche cosa del genere. (Prosegue verso il tavolo e vi posa il giornale e le tovagliette).

La signorina Austen      - Sì, c'è. (Si ode un rumore dalla destra) Sapevo di averlo lasciato qui, in qualche posto. (Si allontana in fretta).

La signora Harold         - (avvicinandosi alla porla di sini­stra) Ho dato a Mazie le rose che hanno portato perché le mettesse in fresco.

La signorina Austen      - Oh, grazie mille.

La signora Harold         - Sta cercando un vaso.

La signorina Austen      - Sono belle, non è vero?

La signora Harold         - Sì, sono magnifiche. (Esce e va nel portico di nuovo, e Mazie entra dalle portiere, por­tando un vaso di rose, che posa nell'angolo superiore del piccolo pianoforte a coda, a sinistra).

Mazie                            - (parlando alla signora Harold attraverso le porte a vetri). Non è arrivato ancora il giornale, si­gnora Harold?

La signora Harold         -  Sì, l'ho portato proprio ora, è lì sul tavolo. Mazie si volta, e ritorna presso il tavolo: prende il giornale e si avanza, tenendolo in alto come per permettere alla luce proveniente da una finestra a destra di cadere sopra di esso).

Mazie                            - Domani, ancora pioggia.

La signora Harold         - (rispondendole dal portico) Dice così?

Mazie                            - Tempo instabile questa notte e venerdì... probabilmente un temporale. Temperatura un po' più fresca, con venti moderati.

La signora Harold         - (entrando) Io non so da dove viene tutta la pioggia.

Mazie                            - La stagione non è molto buona per la si­gnora, non è vero?

La signora Harold         - (dirigendosi verso il  piano) Non si può dire; può darsi che non piova ad Albany. Non sono belle queste rose?

Mazie                            - Sì, socio molto belle. (La signora Harold odora le rose).

La signora Harold         - (dirigendosi ai piedi della scala) Ho sentito che diceva alla signorina Austen che ha più di duecento piante di rose nel suo giardino.

Mazie                            - (voltandosi e guardando la signora Harold) E’ ancora di sopra?

La signora Harold         -  Sì. Suppongo che farà venire il mal di testa alla povera signorina Austen con le sue chiacchiere. (Mazie ride e riprende il giornale, e la si­gnora Harold gira gli occhi per la stanza) Porta via il giornale quando vai via di qui, Mazie, non lasciarlo in giro in questa stanza.

Mazie                            - Benissimo.

La signora Harold         - (dirigendosi alla porta a sinistra e guardando fuori) La signora sarebbe capace di capi­tare improvvisamente. (Mazie si volta di colpo e la guarda).

Mazie                            - La signora Craig, volete dire?

La signora Harold         - E' possibile, non si può mai essere sicuri.

Mazie                            - Mi pareva che aveste detto che non sarebbe ritornata prima di venerdì.

La signora Harold         - (ritornando al tavolo e prendendo le tovagliette) Ma è bene tenersi in anticipo di un giorno o due con ima donna simile alla signora Craig, Mazie. (Sbatte la polvere dal tavolo con le tovagliette) Se si mette in testa che qui c'è una spilla fuori di posto... prenderà il primo treno che parte da Albany. (Mazie ridacchia divertita e riprende il giornale e la signora Harold si dirige alla porta a destra) Oh, ce ne sono molte come lei... ho lavorato per tre che le asso­migliavano: pare che le loro case siano dei santuari. (Va nell'altra stanza).

Mazie                            - Non mi avete detto, signora Harold, che una volta siete stata a servizio a Willows Avenue?

La signora Harold         - (parlando dall'altra stanza) Sì, dal dott. Nicholson, per due anni.

Mazie                            - Non conoscevate nessuno, in quei paraggi, di nome Passmore?

La signora Harold         - (comparendo tra le portiere) Che nome?

Mazie                            - Passmore. Il signor J. Fergus Passmore e sua moglie.

La signora Harold         - (avanzandosi da destra) No, non ricordo nessuno che avesse quel moine, perché?

Mazie                            -  Niente. Dice qui che sono stati trovati uc­cisi questa mattina nella loro villla a Willows Avenue.

La signora Harold         -  Oh, misericordia! Che cosa è successo?

Mazie                            - (leggendo) Ecco, c'è scritto: «Un'elegante villa di Willows Avenue scena di una duplice tragedia. J. Fèrgus Passmore e sua moglie, ben noti nel mondo elegante di questa città, trovati uccisi nella biblioteca, con colpi d'arma ;da fuoco... una rivoltella scarica presso il caminetto.» la causa della morte avvolta nel mistero, la polizia sta ricercando un signore che era in visiti e che fu veduto mentre lasciava la casa in automobili subito dopo la mezzanotte ». (Guarda spaventata la signora Harold che scuote la testa con tristezza).

La signora Harold         - (il campanello suona con insistenza) Vedi chi è, Mazie. (La signora Harold scompari nell'altra stanza, e Mazie si dirige alla porta a sinistra, posando il giornale sul tavolo mentre passa).

La signora Craig           - (dal portico) Possiamo lasciare il bagaglio qui, Ethel... Mazie lo porterà dentro.

Mazie                            - Oh, buona sera, signora.

La signora Craig           - Ciao, Mazie.

Mazie                            - (uscendo) Siete ritornata un po' in anticipo. (La signora Harold entra dalle portiere cercando di vedere quello che avviene nel portico).

La signora Craig           - Sì, un po'. Vuoi portare questo bagaglio, Mazie?

Mazie                            - Sì, signora. (La signora Harold vede la si­gnora Craig, dà una rapida occhiata intorno, porta via il giornale dal tavolo, e, con un'altra occhiata verso k porta di casa, scompare nell’altra stanza).

La signora Craig           - (entra nella stanza, percorrendola con lo sguardo attentamente, e si dirige al tavolo per posarvi la borsetta e l'ombrello. Ethel entra stancamente dopo di lei, e rimane in piedi presso il pianoforte. La porta si chiude) Mettiti in libertà, cara, e siedi; hai l'aria stanca. (Si dirige allo specchio sul caminetto a destra, ed Ethel mette la borsetta sul pianoforte ed incomincia a togliersi il soprabito e il cappello) Credo che non ci sia nulla al mondo che stanchi tanto come viaggiare. (Mazie entra portando una borsa da viaggio da signora ed una valigia. La signora Craig si volta) E' meglio che tu le porti senz'altro di sopra, Mazie.

Mazie                            - Sì, signora.

La signora Craig           - (avvicinandosi ad Ethel) Porta la valigia nella stanza d'angolo, Mazie... la signorina Landreth occuperà quella stanza finché si tratterà qui.

Mazie                            - (salendo le scale) Sì, signora.

La signora Craig           - (prendendo il cappello e il sopra­bito di Ethel) Dammeli, cara.

Ethel                             - Grazie.

La signora Craig           - Mazie li porterà subito in camera. (Li mette con cura sul tavolo ed Ethel si dirige verso lo specchio, rassettandosi i capelli).

Ethel                             -  Credo di avere una cera orribile, non è vero?

La signora Craig           - (prendendo la borsetta di Ethel dal pianoforte) No, cara. Desideri qualche cosa da bere?

Ethel                             - Gradirei un bicchiere d'acqua, se non ti disturba. (La signora Harold compare tra le portiere).

La signora Craig           - Buongiorno, signora Harold.

La signora Harold         - Bentornata.

La signora Craig           - Ti presento la signora Harold, Ethel

Ethel                             - Buonasera. (La signora Harold s'inchina ed Ethel ritorna di nuovo alle rose sul pianoforte).

La signora Craig           - La signorina Landreth si trat­terrà da noi per una settimana o due, signora Harold, cosi vi prego di vedere che tutto sia in ordine nella stanza d'angolo.

La signora Harold         - Va benissimo, signora. (Mazie tende le scale).

La signora Craig           - (dirigendosi verso lo specchio e to­si il soprabito) Volete portare un bicchiere d'acqua, per favore, signora Harold?

La signora Harold         - Sì, signora. Un bicchiere solo?

La signora Craig           - Sì, io non ne voglio. (La signora Harold esce di nuovo).

Ethel                             - Queste rose sono splendide! (La signora Craig stacca gli occhi da Mazie, che raccoglie gli oggetti di Ethel sparsi sul tavolo, e guarda fissamente le rose) Non credo di avere mai visto delle rose così magnifiche.

La signora Craig           - Sì, sono molto belle. Porta di sopra quella roba, Mazie.

Mazie                            - (incamminandosi verso la scala) Sì, signora.

La signora Craig           - E desidero che tu usi la scala di servizio, Mazie.

Mazie                            - (discendendo! di nuovo) Me lo dimentico sempre. (Ethel si volta e guarda Mazie; la signora Craig nette il proprio soprabito sul braccio di Mazie mentre questa le passa vicino, poi va a guardare attentamente le leale. Mazie esce dalla destra).

La signora Craig           - Questa scala diventerà subito come era prima, se tutti continuano ad andare su e giù ogni minuto. (Si volta verso Ethel con una specie di sorriso di scusa ed incomincia a togliersi i guanti) Non viene in mente a nessuno di casa, Ethel, di usare la scala di servizio. Sarebbe lo stesso non averla. Per quante volte salgano o scendano debbono continuare ad usare questa scala. E tu sai che cosa diventino le scale se sono usate frequentemente. (La signora Harold entra con un bicchiere d'acqua sopra un piccolo vassoio d'argento) Grazie, signora Harold.

Ethel                             - (prendendo una fotografia dal pianoforte) E1 la mamma, non è vero, zia? (La signora Harold esce).

La signora Craig           - (avvicinandosi ad Ethel) Sì, è la mamma.

Ethel                             - Mi sembrava che le assomigliasse un po'.

La signora Craig           - (prendendo il ritratto) Se lo fece lare un'estate a Lakewood, e mi è sempre piaciuto. Mi piace l'abito; non è mai diventato antico.

Ethel                             - (incominciando a piangere) Non le assomi­glia molto ora, non è vero? (Si dirige alla poltroncina presso il  piano e si siede).

La signora Craig           - (rimettendo la fotografia sul pianoforte) Andiamo, cara Ethel, noia devi incominciare di nuovo. La mamma ha superato una crisi del genere molte altre volte.

Ethel                             - Ma io dovrei essere là, zia, nel caso che dovesse succedere qualche cosa di nuovo.

La signora Craig           - Ma niente avverrà, cara; non ho il minimo dubbio che la tua mamma non supererà questa piccola crisi precisamente come ha superato tutte le altre.

Ethel                             - Però non credo che le altre siano state così gravi come questa.

La signora Craig           - Ascolta, cara, ho veduto la tua mamma almeno una dozzina di volte in punto di morte, e pur tuttavia si è sempre rimessa benissimo.

Ethel                             - E allora, perché il dottor Wood mi ha man­data a chiamare, se non pensava che fosse cosa grave?

La signora Craig           - Perché credo che la tua mamma glielo abbia domandato, cara; così come gli ha doman­dato di mandarmi a chiamare. Ma egli certamente non doveva pensare che si trattasse di cosa così grave, se ti ha suggerito di venir via con me.

Ethel                             - Non è stato il dottore, zia, è stata l'infer­miera della notte, ho sentito mentre glielo diceva. Di­ceva che la mamma sì agita troppo quando mi vede, e che se io non rimanevo là, non avrebbe insistito per vedermi.

La signora Craig           - Ma è anche vero, cara; tu sai quanto ha pianto quando sei entrata. E non c'è nulla al mondo che agiti tanto il cuore quanto il piangere.

Ethel                             - Ma dovrei essere là; mi sembra ora una cosa terribile di essere andata via e di aver lasciato la mamma in quelle condizioni.

La signora Craig           - Ma che cosa potevi fare se fossi anche rimasta?

Ethel                             - (con accento quasi disperato) Almeno saprei quello che avviene.

La signora Craig           - (porgendole il bicchiere d'acqua, mettendole il braccio intorno alle spalle) Ed ora, no» agitarti, Ethel. Ecco, prendi un sorso d'acqua. Sono sicu­rissima che tu esageri la gravità delle condizioni della mamma. (Si volta e raddrizza il ritratto sul pianoforte) Inoltre, non c'è una sola cosa che avremmo potuto fare se fossimo rimaste là; quelle infermiere non permettono che ei faccia nulla. (Si avvicina al tavolo e posa il bic­chiere).

Ethel                             - Ma io avrei desiderato dire qualcosa alla mamma prima di andarmene. Ora mi dispiace un po' di non averlo fatto... credo che l'avrebbe tranquillizzata.

La signora Craig           - (prendendo il fazzoletto dalla bor­setta) Era qualche cosa d'importante?

Ethel                             - Si trattava del prof. Frederiks, della mia scuola. La mamma lo ha incontrato l'anno scorso quando è venuta al collegio il giorno dei diplomi, e le è pia­ciuto molto, e quando siamo andate a casa, mi ha confidato che se il professore mi avesse detto qualche cosa, sarebbe stata contenta se mi fossi sentita disposta ad accettarlo. Ha detto che si sarebbe sentita più tranquilla, nel caso che dovesse mancare. Ed io desideravo dirglielo.

La signora Craig           - E il professore ti ha detto qualche cosa?

Ethel                             - Sì, mi ha proposto di sposarmi subito dopo Pasqua. Ma io non l'ho scritto alla mamma; ho prefe­rito di aspettare fino a quando non fosse venuta al collegio a giugno per il mio diploma, e in quell'occa­sione glielo avrei detto.

La signora Craig           - Non so perché la tua mamma debba essere così inquieta per il tuo futura, Ethel, hai solo diciannove anni.

Ethel                             - Diceva che sarebbe stata contenta di sentire che io avevo qualcuno.

La signora Craig           - Perché mai una persona ha bi­sogno di qualcuno, cara, se ha denaro sufficiente per vivere bene? (Si volta e si dirige allo specchio per togliersi il cappello) Ed effettivamente tu non rimarresti del tutto sola anche se capitasse una disgrazia alla mamma. Hai sempre me... sono la sorella della mamma. Perciò io penso che tu sei una sciocchina, Ethel, se permetti che i timori di tua madre ti facciano fare un matrimonio precipitato, a meno che, naturalmente, non si tratti di un matrimonio vantaggioso.

Ethel                             - Ma la mamma non voleva farmi fare un matrimonio precipitato... ha detto soltanto che era meglio per me essere sistemata.

La signora Craig           - (portando il proprio cappello sul tavolo e prendendo un piumino per la cipria dalia bor­setta) Essere sistemata non conta molto, Ethel... una ragazza si può trovare molto peggio sistemata, di quanto non lo sia quando non è sistemata. E, personalmente, non so concepire di peggio che essere sposata ad un pro­fessore di collegio... relegato in qualche orribile posto come Poughkeepsie o Northampton... senza nemmeno quattro soldi... a meno che non tu facessi uso del tuo proprio denaro. Leggo continuamente delle proteste nei giornali per i miseri stipendi dei professori dei collegi. E il fatto che tu ne sposi uno, non migliorerà certa­mente la situazione. (Getta la borsetta sul tavolo, e si avanza verso una panca artistica di fronte ad esso, e s'inginocchia su di essa) Hai accettato quest'uomo?

Ethel                             - Effettivamente, sì. Avevamo pensato di spo­sarci quest'estate.

La signora Craig           - Allora vuoi dire che sei fidanzata?

Ethel                             - Sì. Sapevo che piaceva alla mamma, poiché me lo aveva detto lei stessa. Desiderava soltanto che io fossi sicura che mi piacesse.

La signora Craig           - Va bene, tutto questo è molto carino, Ethel, ma se un uomo piace, questo non è suffi­ciente per parlare di matrimonio. Con quali mezzi vuoi che ti mantenga? Col suo stipendio di professore?

Ethel                             - Ebbene, molti professori sono sposati, zia.

La signora Craig           - Ma le loro mogli non vivono come sei abituata tu, Ethel: perlomeno le mogli dei professori giovani. Perché suppongo che quest'uomo sia giovane. Quanti anni ha?

Ethel                             - Ha ventisette anni.

La signora Craig           - Ma allora, è fortunato se guadagna duecento dollari al mese: a meno che non sia un profes­sore molto eccezionale; ma non è probabile alla sua età.

Ethel                             - E' professore di lingue romanze.

La signora Craig           - Naturalmente. E suppongo che ti abbia detto che ti ama in tutte quelle lingue.

Ethel                             - Ma io certamente non penserei nemmeno di sposarmi, zia, se non l'amassi. (La signora Craig sorride lievemente con compatimento, e si avvicina ad Ethel),

La signora Craig------- - Dipende dalla tua età, cara Ethel: noi tutte attraversiamo quel periodo. E' il tranello del romanticismo,... che l'esperienza della vita di poi ci dimostra essere stato cosa assai poco pratica. (Rassetta la copertura del piano con più accuratezza) Però la maggior parte delle donne disgraziatamente sono prese dal suo incanto; ed allora sono Obbligate a ritornare ad una quasi primitiva dipendenza e soggezione verso l'uomo, dalla quale da secoli cercano di liberarsi. (S dirige alla grande poltrona a sinistra del tavolo di centri e la raddrizza).

Ethel                             - Ebbene, anche tu ti sei sposata, zia.

La signora Craig           - (appoggiandosi allo schienale della poltrona) Ma senza illusioni romantiche, mia cara. Ebbi cura che il mio matrimonio fosse per me un avan­zamento verso l'emancipazione. Io non avevo una fortuna come te, Ethel e neppure una particolare cultura. Perciò l'unica via che avessi per rendermi indipendente, era per mezzo dell'uomo che avrei sposato. Comprendo che questo ti debba sembrare estremamente materiali, stico, dopo aver ascoltato il professore di lingue ro­manze... ma non lo è; poiché non parlo in modo parti­colare dell'indipendenza finanziaria. Sapevo che questa sarebbe venuta come risultato di un'altra specie d'indi­pendenza: l'indipendenza morale... Io mi sono sposata per essere indipendente.

Ethel                             - Vuoi dire indipendente anche da tuo ma­rito ?

La signora Craig           - Indipendente da tutti. Sono vis­suta con una matrigna, Ethel, per quasi dodici anni, e per più di cinque anni con la tua mamma, quando si sposò; so che cosa sia vivere in casa d'altri. Ed io mi sono sposata per essere in casa mia... in ogni senso della parola. Ancora non ho raggiunto questo risultato... ma so che ci riuscirò. (Si volta e guarda in cima alle scale e al di là delle portiere, per assicurarsi che non ascolti nessuno),

Ethel                             - Non comprendo quello che vuoi dire, zia.

La signora Craig           - (voltandosi verso Ethel) Voglio dire che riscuoto semplicemente la mia parte degli utili del contratto. Mio marito desiderava una moglie ed una casa; e le ha. E può essere perfettamente sicuro di esse. perché la donna che ha sposato è una di quelle che con­siderano il proprio marito e la propria casa come cose più o meno definitive. E la mia parte degli utili era la sicu­rezza e la protezione che ne derivano. E le ho. Ma, diversamente da mio marito, io non ne posso essere del tutto sicura; perché so che Bono completamente in balia dell'umore di un uomo... (sorride astutamente) ed io sup­pongo di esser donna troppo pratica per accettare questo come una sufficiente garanzia della loro durata. Così debbo assicurarmi che mi rimangano.

Ethel                             - In che modo?

La signora Craig           - Con l'assicurare nelle mie mani il controllo dell'uomo dal quale dipendono.

Ethel                             - Ma come puoi ottenere una cosa del genere, zia?

La signora Craig           - Non hai fatto fare una qualche volta al signor Fredericks una cosa che desideravi fa­cesse?

Ethel                             - Sì, ma gli ho sempre detto che desideravo che la facesse.

La signora Craig           - (per metà seduta sul bracciuolo della pesante poltrona) Ma ci sono certe cose che non si possono dire agli uomini, Ethel, non le capiscono; in modo particolare gli uomini sentimentali; e mio marito è un sentimentale inveterato.

Ethel                             - E se lo scoprisse una qualche volta?

La signora Craig           - Scoprire che cosa?

Ethel                             - Quello che mi hai detto or ora... che tu controllarlo.

La signora Craig           - Non si comprende mai, cara, che non è nella propria natura. E se anche fosse possibile, che cosa fa? E' una cosa che si può provare ,..-i difficilmente; vale a dire non è una cosa che uno faccia o dica specificamente; si tratta d'interpretazione. [Divertita) Ed è in questo che le donne hanno un così simile vantaggio sopra gli uomini; sono pochi gli rapaci di capirle. (Ride lievemente e si dirige da Ethel posando la mano sulla sua spalla) So che tu mentalmente deplori la mia mancanza di nobiltà.

Ethel                             - No, niente affatto, zia.

La signora Craig           - Sì, lo vedo dal tuo viso. (Si dirige al tavolo di centro) Tu pensi che io sia cinica.

Ethel                             - No, non dico questo, ma io non credo che sia del tutto onesto.

La signora Craig           - Ma è cosa molto più sicura, cara,... per tutti e due. Poiché, se una donna vale, è meglio che il destino della sua casa sia nelle sue mani... piuttosto te in quelle di un uomo. (La signora Harold compare Ira le portiere) Avete bisogno di qualche cosa, signora Harold?

La signora Harold         - Ve lo dirò dopo, signora; cre­devo che la signorina fosse andata di sopra.

La signora Craig           - No, non ancora, ma va di sopra subito. (Voltandosi ad Etnei) Ecco quello che devi fare, Ethel... va di sopra e riposati per un'ora o due; ti sen­tirai molto meglio, dopo. Ti chiamerò in tempo per il pranzo. (Ethel si alza e si dirige verso le scale).

Ethel                             - Ma non credo che mi sarà possibile man­giare, zia.

La signora Craig           - (accompagnando Ethel verso la scala) - Ma può darsi che l'appetito ti venga dopo esserti riposata un po'.

Ethel                             - Sono così agitata, zia. (La signora Craig ac­compagna Ethel fino al pianerottolo, ed Ethel prosegue sola e scompare in cima alle scale. La signora Craig guarda fissamente il pianerottolo, per vedere se può scoprire dei segni nuovi. La signora Harold entra dalla destra) Che volevate, signora Harold? (Scende di nuovo nella sala).

La signora Harold         - (Desideravo dirvi, signora, che la cuoca se ne è andata giovedì. E' uscita e non è ri­tornala.

La signora Craig           - Ha ricevuto la sua paga?

La signora Harold         - L'ho pagata fino a martedì.

La signora Craig           - Ha portato via la sua roba?

La signora Harold         - Aveva soltanto una valigia e un pili oli» grammofono; li aveva presi con sé. Ho telefonato sabato all'Agenzia Camac di mandare una nuova donna di servizio, ma la signorina Hewlitt ha detto che desi­derava di vedervi prima. (La signora Craig la guarda) Ha detto che ne ha mandate tante, che desidera di in­dagare, prima di mandarne delle altre.

La signora Craig           - (dirigendosi verso il pianoforte) Se avessero cucinato per lei allora avrebbe capito quale era il motivo. Chi ha mandato queste rose, signora Ha­rold?

La signora Harold         - La signora che abita di fronte le ha portate alla signorina Austen.

La signora Craig           - La signora Frazier?

La signora Harold         - Sì, le ha portate alla signorina Austen, mentre cuciva nel portico.

La. signora Craig          - Va bene, portatele via, signora Harold: i petali si spargeranno per tutta la sala. (La si­gnora Harold si dirige verso le rose, e la signora Craig si occupa dei drappeggi della finestra a veranda al di là del pianoforte).

La signora Harold         - Non vi siete trattenuta tutto il tempo che avevate previsto, non è vero?

La signora Craig           - Mi sarei potuta trattenere un periodo di tempo indefinito, se mi fossi permessa di divenire sentimentale. Temo di non aver troppa pazienza con i malati, signora Harold. (La signora Harold prende il vaso delle rose e sì dirige verso le portiere).

La signora Harold         - (fermandosi e voltandosi) Dove debbo mettere queste rose, signora?

La signora Craig           - Non importa dove le mettete, signora Harold, purché non siano nelle sale; non ho voglia di essere costretta a raccogliere petali ogni mi­nuto.

La signora Harold         - Forse la signorina Austen gradi­rebbe di averle in camera sua.

La signora Craig           - (andando ad esaminare il posto dove era il vaso delle rose) Può darsi; potete domandar­glielo. E' di sopra ora?

La signora Harold         - Sì, signora; la signora Frazier le sta mostrando qualche cosa in un suo modello. (La signora Craig la guarda).

La signora Craig           - Volete dire che la signora Frazier è di sopra?

La signora Harold         - Sì, signora, è di sopra.

La signora Craig           - E come mai è entrata?

La signora Harold         -  Oh, non lo so, certamente, si­gnora, la signorina Austen deve averla invitata.

La signora Craig           - Va benissimo. (Si dirige alla base delle scale e guarda su, e la signora Harold esce dalle portiere) Sono pervenute lettere o telefonate per me da quando sono partita?

La signora Harold         - Sì, due lettere; le ho lasciate nello vostra camera. (Rientrando nella sala) Una è arri­vata questa mattina, ed una martedì. E un uomo ha chiesto del signore per telefono ieri sera alle otto, ma il signore era uscito. Così gli ho dato il numero del tele­fono che mi aveva lasciato il signore nel caso che qual­cuno lo cercasse.

La signora Craig           -  Chi era quell'uomo? Gli avete domandato il nome?

La signora Harold         - Sì, signora, ha detto che si chia­mava Birkmire.

La signora Craig           - Sapete se ha trovato il signore?

La signora Harold         - Sì, l'ha trovato; poiché quando glielo ho detto questa mattina, mi ha risposto che gli ave­va parlato ieri sera per telefono. (La signora Craig fa un cenno col capo e si dirige al tavolo  di centro) E poi ha chiamato di nuovo oggi nel pomeriggio alle quattro e mezzo circa. (La signora Craig si volta e la guarda).

La signora Craig           - Il signor Birkmire?

La signora Harold         - Sì, signora; ha detto che desi­derava che vostro marito lo chiamasse appena rientrava.

La signora Craig           - Che numero vi ha dato il signore ieri sera, affinché il signor Birkmire lo chiamasse?

La signora Harold         - Ecco; Levering, tre uno zero «ero. L'ho scritto sopra un pezzo di carta, per non di­menticarlo.

La signora Craig           - Va bene, glielo dirò quando viene. (La signora Harold esce) E, per favore, volete trovare un nitro vaso per quelle rose, prima di portarle di sopra?

La signora Harold         - Sì, signora.

La signora Craig           - Quel vaso appartiene a questa sala. (Rimane in piedi concentrandosi per un istante; poi con uno sguardo alla sommità delle scale e un altro nella direzione della signora Harold si dirige verso il telefono e stacca il recitore) Per favore, l'ufficio informazioni. (Aspetta, guardando verso l'altra stanza ed in cima alle scale. Mazie scende le scale).

Mazie                            - La signorina Landreth mi manda a prendere la sua borsetta.

La signora Craig           - E' lì sul tavolo. (Mazie prende la borsetta dal tavolo e s'incammina di nuovo verso la scala. La signora Craig la guarda fissamente in procinto di par­lare, quando Mazie ci pensa da sé, e torna indietro, diri­gendosi verso le portiere) Porta via anche quel bic­chiere, Mazie.

Mazie                            - (prendendo il bicchiere mentre passa) Sì, signora.

La signora Craig           - (telefonando) L'ufficio informa­zioni? Potreste darmi l'indirizzo che corrisponde al nu­mero telefonico: Levering, tre uno zero zero? Oh, no?... va benissimo, non è importante... grazie mille. (Rimane in piedi pensando per un istante. Si sente sbattere la porta esterna; ella posa il ricevitore e si dirige verso la porta. Il signor Craig entra con vivacità; ha in mano un giornale).

Craig                             - Ma guarda chi c'è. (Si avanza, si toglie il cap­pello, mentre lei gli va incontro di un passo o due).

La signora Craig           - Non ho potuto fare a meno di ritornare.

Craig                             -  Come mai? (La bacia con affetto) Quando sei arrivata, Harriet?

La signora Craig           - (togliendogli il cappello ed il gior­nale e posandoli sul tavolo) Pochi minuti fa. Sono partita da Albany a mezzogiorno.

Craig                             - (gettando i guanti sul pianoforte) E perché non mi hai fatto sapere nulla?

La signora Craig           - (raccogliendo i propri guanti dal tavolo e raddrizzandone le dite) Non ci ho pensato, c'era tanto da fare lassù...

Craig                             - C'era Ethel?

La signora Craig------- - Sì, Estella insisté che fosse chia­mata sabato scorso. Ed in fede mia non so perché abbia fatto una cosa del genere: l'agitava terribilmente Allora il dottore ha detto che la migliore cosa da farsi era d'allontanare Ethel per alcuni giorni: così me la sono portata con me. E' di sopra che riposa.

 Craig                            - Come sta Estella?

La signora Craig           - Ebbene, non ho avuto l'impressione che stesse molto peggio del solito. Ma la sua lettera faceva credere che fosse moribonda. Così sono stata costretta a partire, e a lasciare la mia casa per l’intera settimana, e ad andare in gran fretta ad Albany.

Craig                             - Ha un'infermiera patentata?

La signora Craig           - (prendendo il cappello di lui M tavolo) Mio caro, ne ha due, da oltre sei settimane, Ma tu sai quello che sono le infermiere patentate.

Craig                             - Mi dispiace tanto di sentire che Estella stia così male.

La signora Craig           - (porgendogli il cappello) Prendi, Walter.

Craig                             - (traendola nelle sue braccia) Sono così contento che tu sia ritornata.

La signora Craig           - (lievemente sorridendo) Finiscila, Walter.

Craig                             - Mi sembra che tu sia stata via un mese in­vece di una settimana. (La bacia sulla testa, di fianco).

La signora Craig           - Non rompermi le ossa, Walter!

Craig                             - E' quello che gualche volta mi piacerebbe di fare.

La signora Craig           - (ridendo) Andiamo, finiscila. (Egli la lascia, ed ella si raddrizza, rassettandosi i capelli) Basta! Ecco, prendi il cappello e mettilo al suo posto. (Egli prende il cappello e si dirige verso le portiere) E porta via anche questo giornale; questa stanza fa spa­vento. (Egli ritorna sui suoi passi e prende il giornale poi va nell’altra stanza) La persona che è dalla zia ai scandalizzerà.

Craig                             - (dall'altra stanza) La zia ha una visita?

La signora Craig           - (andando ad assettare i cuscini del sedile artistico alla destra delle scale) Sì, così ha detto la signora Harold. E' di sopra con la zia.

Craig                             - (entrando di nuovo e andando direttamente alla finestra a veranda) Chi è?

La signora Craig           - La signora delle rose. Quella che abita dall'altra parte della via.

Craig                             - La signora Frazier?

La signora Craig           - Sì. Sta diventando molto socievole.

Craig                             - Certamente ha delle bellissime rose nel suo giardino.

La signora Craig           - Ma naturalmente! Non fa altro che curarle.

Craig                             - Quelle rose rampicanti fanno un bell'effetto.

La signora Craig           - Aspetta di vederle tra una set­timana.

Craig                             - (voltandosi verso di lei) Perché?

La signora Craig           - Perché i petali saranno sparsi dap­pertutto.

Craig                             - Sarà una vista più bella di ora.

La signora Craig           - Forse non lo penseresti se do­vessi spazzare tutti quei petali.

Craig                             - (togliendosi dalla tasca interna alcune carte, e dirigendosi alla poltroncina presso il pianoforte) Io non li spazzerei via. (Lo signora Craig ride molto di­vertita) Non c'è nulla di più delizioso di petali di rosa sparsi per tutto il prato.

La signora Craig           - (guarda verso la sommità delle scale) Ascolta: può darsi che scenda da un minuto all'altro, Valter, e se io fossi in te non starei a sedere qui quando Tiene; poiché se ti vede, non andrà via finché non ti Tra raccontato tutta la sua storia. Abbiamo sfuggito questo pericolo due volte. (Riunisce le sue cose sul tavolo).

Craig                             - Le ho parlato due volte tornando dal garage.

La signora Craig           - Vuoi dire che è stata lei a par­larti.

Craig                             - No, era nel giardino a legare le rose, mentre sono passato lì vicino.

La signora Craig           - Ma naturalmente! E' proprio lì quasi sempre. (Diventando confidenziale)  Ed è buffo, Walter, che non si renda conto che la gente ne com­prende molto precisamente il motivo.

Craig                             - Qual'è questo motivo?

La signora Craig           - Qual'è? Ma perché certe donne vanno sempre in giro con un bimbo per mano, o con un une al guinzaglio? Per facilitare gli... approcci... (Ri­torna al tavolo e mette i guanti nella borsetta; Craig è seduto guardandola sbalordito) Con la differenza che la signora di sopra fa U3o di rose. Perciò, veramente, io non starei a sedere qui quando ella scenderà, se fossi in te, Walter: sai che la vicinanza è pericolosa.

Craig                             - (ritornando alle sue lettere) Credo che avrebbe trovalo molti nomini se ne avesse voluti.

La signora Craig           - Ma può darsi che non abbia trovato il tipo che voleva. E può darsi che sia tu il suo tipo. (Craig la guarda e ride) E questa sua visitina po­meridiana con tutti quei fiori dovrebbe essere l'attacco iniziale di una campagna sottilmente premeditata. Mi pare che tu abbia detto che ti sei fermato a parlare con lei molte volte.

Craig                             - Mi sono fermato due volte, per la verità.

La signora Craig           - Ed hai ammirato le sue rose?

Craig                             - Non c'erano molti altri argomenti.

La signora Craig           - Naturalmente che non c'erano; è questo il punto. E se non ci fossero state le rose, non ci sarebbe stato nessun argomento di conversazione. E tu non ti saresti fermato a parlare. (Ella lo guarda negli occhi e gli sorride) Ma dal momento che ti sei fermato ed bai parlato, ebbene... non si può escludere che la signora Frazier possa aver concluso che ti possono pia­cere le rose. E che potessi considerare un gesto molto gentile quello di portare alcune rose qualche volta... a tua zia... quando tua moglie è fuori di città.

Craig                             - (appoggiandosi contro il pianoforte ed esami­nando le sue lettere) Che cosa cerchi di fare, Harriet, di farmi vedere la luna nel pozzo?

La signora Craig           -  Niente affatto. Non appoggiarti tosi contro il pianoforte, Walter, potresti graffiarlo.

Craig                             - Il mio abito non graffia.

La signora Craig           - (accorrendo) Ma potresti avere qualche cosa in tasca che graffia. (Va lontana dal pia­noforte) Alzati, dunque. (Gli dà un piccolo colpo sulle spalle) Siediti là.

(Gli indica la pesante poltrona alla sinistra del tavolo di centro, ed egli si alza bonariamente e si dirige verso di essa. Quindi ella sì dà d'attorno per esaminare attentamente il punto del pianoforte contro il quale si appoggiava il marito, e per mettere a posto molto accuratamente la copertura del pianoforte).

Craig                             - Sì, cara, credo che tu me la voglia dare ad intendere, Harriet.

La signora Craig           - Ebbene, credi che quello che ti ho detto sia del tutto improbabile?

Craig                             - No, non è improbabile; però è ridicolo.

La signora Craig           - (ritornando vicino al tavolo e racco­gliendo tutti i suoi oggetti) I fiori erano sul pianoforte quando sono entrata.

Craig                             - Sì, ma se c'erano, erano per la zia Austen.

La signora Craig           - Può darsi. In ogni caso glieli ho mandati in camera. Così la signora Frazier ad ogni buon conto penserà che io ho creduto che fossero per la zia Austen. (Si dirige verso le portiere, Craig la segue con lo sguardo e ride. Ella si volta e lo guarda) Di che cosa ridi?

Craig                             - Di te.

La signora Craig           - Davvero?

Craig                             - Sei molto divertente questa sera.

La signora Craig           - (andando alla destra del tavolo) Ed io penso che un sia un po' imprudente, Walter...-rimanendo a sedere lì a tentare la tentatrice.

Craig                             - Sai, credo che tu stia diventando gelosa di me, Harriet.

La signora Craig           - (divertita) Niente affatto, mio caro, semplicemente non mi fido delle donne divorziate, ricche, di mezza età, specializzate in rose tendenziose. (Si appoggia sull’ombrello).

Craig                             - La signora Frazier non è divorziata.

La signora Craig           - Davvero?

Craig                             - No, suo marito fu ucciso in un incidente automobilistico nel 1915. Me l'ha detto lei stessa. Era nella macchina con lui.

La signora Craig           - E come mai non fu uccisa anche lei?

Craig                             - (ridendo un po') Ebbene, forse debbono es­sere uccisi tutti negli incidenti automobilistici?

La signora Craig           - No, ma strano, chi muore sono sempre i mariti.

Craig                             - Mi piacerebbe di poter vedere soltanto quello che passa per la tua testa questa sera.

La signora Craig           - Ed io vorrei che mi dicessi di chi è il numero telefonico: Levering, tre uno zero zero.

Craig                             - Di Fergus Passmore, perché?

 La signora Craig          -  Oh, nulla, me lo domandavo or ora. La signora Harold mi ha detto che le hai dato quel numero ieri sera nel caso che qualcuno domandasse di te. (Si dirige di nuovo verso la porta).

Craig                             - Di Fergus Passmore. Abbiamo giocato a carte ieri sera. Mi sono imbattuto con lui ieri di fronte alla Prima Esposizione Nazionale e Fergus mi ha allora detto di andare da lui ieri sera a fare un pokerino.

La signora Craig           - Che cosa ivoleva da te Billy Birkmire?

Craig                             - Ma..

La signora Craig           - La signora Harold ha detto che ti ha chiamato al telefono.

Craig                             - Sì, infatti Fergus mi aveva detto di dirlo anche a lui, e di portarlo con me; ma Billy mi ha tele­fonato più tardi che suo padre era appena ritornato da S. Paolo, e che perciò non poteva venire. Io non ero in casa quando ha telefonato, così gli ho parlato dalla casa di Fergus.

La signora Craig           -  Spero che non ti rimetterai a giocare a carte, Walter.

Craig                             - Ma non ho mai smesso di giocare.

La signora Craig           - Però è quasi un anno che non giochi.

Craig                             -  Perché non giochi tu. E quasi tutti lo sanno, e così non m'invitano. E credo che neppure Fergus mi avrebbe invitato ieri sera, se non gli avessi detto per caso che tu eri via.

La signora Craig           - C'era sua moglie?

Craig                             -  E' rimasta un po', ma non ha giuocato; do­veva andare non so dove.

La signora Craig           - Suppongo che per questo motivo Fergus ti ha invitato, non è vero?

Craig                             - Che cosa vuoi dire?

La signora Craig           - Sai che è follemente geloso della moglie.

Craig                             -  Ma io sono sicuro che di me non è stato mai geloso,

La signora Craig           - Era geloso di tutti, per quello che ho potuto capire; scommetto che proprio per que­sta ragione Billy ha trovato dei pretesti per non venire. Scommetto che precisamente per questo motivo ti ha telefonato.

Craig                             - Non mi ha telefonato soltanto per dirmi che suo padre era ritornato inaspettatamente da...

La signora Craig           - Non intendo parlare di ieri sera, ma di oggi.

Craig                             - Non mi ha telefonato oggi.

La signora Craig           - Sì, nel pomeriggio, alle quattro circa.

Craig                             - Qui?

La signora Craig           -  Così mi ha riferito la signora Harold. Desiderava di parlare con te appena tornavi a casa.

Craig                             - (si alza e «i avvia verso il telefono).

La signora Craig           - (si dirige alle portiere)

Craig                             - Conosci il numero del telefono di Birkmire?

La signora Craig           - (voltandosi in direzione della porta) Park 840, mi pare.

Craig                             - (telefonando) Datemi Park 840. (Si ode la si­gnora Frazier che ride in cima alle scale).

La signora Craig           - Se io fossi in te non rimarrei qui quando scende. (Craig le impone il silenzio con un ge­sto; ed essa, gettando uno sguardo verso la sommità delle scale, esce dalla destra).

La signora Frazier         - (dalla sommità delle scale) Io stessa incontravo molte difficoltà quando incominciai a farne uso.

Craig                             - Pronto... Park 840?

La signorina Austen--- - Ma ora credo di aver capito.

 

Craig                             - E' in casa il signor Birkmire?  (La signora Frazier e la signorina Austen scendono le scale) Oh, mi rincresce che sia uscito proprio ora.  

La signora Frazier         - Vi prego, non fate complimenti, chiamatemi, signorina Austen, se c'è qualche cosa che non capite...

Craig                             - (al telefono) Sì, parla il signor Craig.

La signorina Austen      - Grazie, approfitterò.

La signora Frazier         - ...poiché non ho proprio nulla da fare. (Vede il signor Craig al telefono, e si volta alla signorina Austen, portandosi il dito al labbro).

Craig                             - Allora può darsi che venga a casa mia subito. (La signora Frazier entra nella sala e la signorina Austen si ferma sul pianerottolo, guardando il signor Craig) Grazie... molto gentile... grazie mille. (Appende il ri­cevitore).

La signorina Austen      - Ciao, Walter.

Craig                             - Ciao, zietta, come stai?

La signorina Austen      - (scendendo l'ultimo scalino) Non sapevo che fossi in casa.

Craig                             - Sono entrato proprio in questo momento. Buonasera, signora Frazier.

La signora Frazier         - Buonasera, signor Craig. La si­gnora Harold ha detto che la vostra signora è ritornata.

Craig                             - Sì, è ritornata un momento prima di me.

La signorina Austen      - Ha detto come sta la signora Landrerh?

Craig                             - Ho ricevuto l'impressione che stesse molto male.

La signora Frazier         - La signorina Austen mi ha detto che la sorella della vostra signora è malata di cuore.

Craig                             - Sì, da molto tempo.

La signora Frazier         - Ce disgrazia! Suppongo Che la vostra signora sia molto agitata, non è vero?

Craig                             - Sì, certamente.

La signora Frazier         - Ha una sola sorella?

Craig                             - Sì, è l'unica sua sorella.

La signorina Austen      - Walter, dovresti vedere che rose magnifiche mi ha portato la signora Frazier. (La signora Frazier fa rimostranze, ridendo lievemente, e si dirige verso il pianoforte a sinistra).

Craig                             - Ah, sì?

La signora Frazier         - Non è un dono molto generoso, ne ho tante! Qualche volta penso che sono un po' sciocca a coltivare tante rose, considerando che richie­dono molto lavoro.

La signorina Austen      - Lo credo; lo dico spesso a Walter.

La signora Frazier         - E' proprio così. Ma, vedete, le rose erano la nostra passione quando mio marito era vivo; ed io sono persuasa che ora le coltivo con più amore di qualsiasi altro fiore.

La signorina Austen      - Da quanto tempo è morto vostro marito, signora Frazier?

La signora Frazier         - Saranno dieci anni a novembre. Fu ferito il 22 novembre, in un incidente automobilistico a Pride's Crossing nel Massachusetts: stavamo ritor­nando da Bar Hanbor... l'ho già detto al signor Craig. Continuò a vivere fino al giorno 23. Così, vedete, i giorni melanconici del novembre hanno un significato partico­lare per me.

La signorina Austen      - E avete ragione.

La signora Frazier         - Sì, in questo mese debbo andar via. Non importa dove, purché vada in qualche posto; non potrei passarlo qui; ho troppi ricordi. Così ogni anno, quando si avvicina il novembre, faccio i miei bagagli e vado a Dayton nell'Ohio. Ho una figlia sposata che vive in quella città. E, naturalmente, mi prende in giro per il mio annuo pellegrinaggio' a Dayton... (ride lievemente) ed io penso qualche volta che dovrei stare di più con lei; farebbe bene a tutt'e due. Ma il guaio è, che quando vado là mi è molto difficile andar via di nuovo. Ha il bimbo più adorabile... di appena quindici mesi; e il bimbo crede che nessuno al mondo possa essere simile alla sua nonna. Ed io, naturalmente, penso che nessuno al mondo sia uguale a lui. Quantunque, per dire il vero, mi è dispiaciuto enormemente quando è nato... pensando che mi avrebbe resa nonna. Ma mi ha conquistata completamente; ed io ora ne vado pazza come tutte le altre nonne.

La signorina Austen      - E' la vostra unica figlia, si­gnora Frazier?

La signora Frazier         - Sì, l'unica.

Craig                             - Allora, vivete sola, qui.

La signora Frazier         - Completamente sola.

La signorina Austen      - Davvero?

La signora Frazier         - Sì, sono circa quattro anni che vivo sola... dal matrimonio di mia figlia. Sola a cinquant'anni,  (Ride lievemente) Una solitudine piuttosto prematura, non è vero?  (Ride dì nuovo, lievemente).

Craig                             - Certo.

La signorina Austen      - Davvero! E non pensate mai di andare ad abitare con vostra figlia, signora Frazier?

La signora Frazier         - Per la verità mia figlia non ha mai cessato di cercare di persuadermi; ma io le dico sem­pre « no, cara, voglio finire i miei giorni nella casa di tuo padre »... Naturalmente mia figlia dice che sono sentimen­tale; (ride) ma non lo sono. Se lo fossi, probabilmente mi sarei sposata di nuovo; ma sento che...

Craig                             - Credo che vi sarebbe stato facile.

La signora Frazier         - Sì, ma non so... io credo forse di essere una di quelle donne capaci di amare un solo nomo. Ve ne sono, sapete, di queste donne.

La signorina Austen      - Sì, veramente.

La signora Frazier         - Precisamente come ci sono degli uomini che non sanno amare che una donna sola. Ed io penso che sia una grande sciagura quando qual­che cosa capita ad una persona di quel genere... si tratti di morte, o di delusione, od altro... poiché il guaio è sempre assolutamente irreparabile. Una persona di quel tipo non può più affezionarsi profondamente a nessuno.

La signorina Austen      - (guardando lontano) E' verissimo quello che dite, signora Frazier.

La signora Frazier         - (con profonda tristezza) Mai più,  (Scuote la testa lievemente; poi si muove) Ma credo che farò meglio ad andarmene, altrimenti direte con mia figlia che sono sentimentale. (Il signor Craig e la signorina Austen l'accompagnano alla porta).

La signorina Austen      - Oh, nient'affatto, signora Fra­zier; sono perfettamente del vostro parere.

Craig                             - (parlando contemporaneamente) Penso che un po' di sentimento qualche volta piace.

La signora Frazier         - (voltandosi) Buona sera, signor Craig.

Craig                             - Buona sera, signora Frazier. Spero che ritor­nerete presto. (Esce a destra).

La signorina Austen      - (accompagnandola nel portico) E di nuovo molti ringraziamenti per le rose.

La signora Frazier         - Oh, prego.

La signorina Austen      - Arrivederci. (La porta sbatte. La signora Craig che è comparsa da un po' tra le por­tiere, assistendo con viso scuro alla scena del commiato, si dirige verso lo specchio sul caminetto).

La signora Craig           - Che stupida! (Rimane in piedi guardandosi nello specchio, e rassettandosi i capelli. La signorina Austen entra dal portico).

La signorina Austen      - (fermandosi appena entrata) Oh, Harriet, andavo proprio ora nella tua camera. Come hai trovato tua sorella? La signora Harold mi ha detto un momento fa che eri ritornata.

La signora Craig           - (senza voltarsi) Sì, sono ritornata (voltandosi, con lieve sfida nel suo atteggiamento) e credo che fosse tempo che ritornassi, non è vero?

La signorina Austen      - Perché, cara?

La signora Craig           - Perché? A quanto pare, se mi fossi trattenuta di più avrei trovato al mio ritorno la mia casa trasformata in una piazza per l'intero vicinato.

La signorina Austen      - Dici così perché la signora Frazier era qui?

La signora Craig           - Sai perfettamente quello che vo­glio dire, zia, fammi il piacere di non cercare di fare l'innocente. (Si dirige ai piedi della scala, per assicurarsi che il signor Craig non possa ascoltare. La signorina Austen la guarda a lungo con gli occhi socchiusi e si dirige alla destra del pianoforte. Una pausa, quindi la signora Craig si avvicina al tavolo di centro, incollerita) E' precisamente quello che quella donna ha cercato di fare fin da quando siamo venuti qui; e appena volto le spalle, la fate riuscire nel suo giuoco... per chiacchierare un po'. Come è riuscita a venir qui?

La signorina Austen      - Ma naturalmente l'ho invitata io ad entrare; noci penserai che sia entrata da sé.

La signora Craig           - Ne sarebbe stata capace, se avesse saputo che ero via. (La signorina Austen la-guarda) Co­nosco il tipo della signora Frazier meglio di te.

La signorina Austen      - E perché pensi che la signora Frazier fosse così desiderosa di venire qui, Harriet?

La signora Craig           - Per la medesima ragione che molte altre donne del vicinato desiderano di venir qui... per soddisfare la loro volgare curiosità; e guardare dapper­tutto.

La signorina Austen      - E che cosa t'importa se guar­dano?

La signora Craig           - Non voglio compiacerle, non mi piace che tutte le oziose vicine mi facciano visita. Si occupino della loro casa, ed avranno da fare abbastanza, invece di sprecare il tempo con tutte quelle rose insigni­ficanti. (Si dirige di nuovo allo specchio) La signora Frazier è molto probabilmente una di quelle massaie che nascondono la sporcizia negli angoli con un mazzo di rose.

La signorina Austen      - Non sai nulla della sua casa, Harriet.

La signora Craig           - Ma conosco il suo prato... e questo è sufficiente per me. (Voltandosi) E tu dovevi anche por­tarla di sopra, per paura che non avesse veduto abba­stanza quaggiù.

La signorina Austen      - Una buona vicina può essere molto utile, Harriet.

La signora Craig           - Ebbene tu ne puoi avere fin che ne vuoi; ma io non desidero che vadano e vengano in casa mia.

La signorina Austen      - Nessuno Ha fatto mai, mi sembra.

La signora Craig           - Una è uscita in questo momento.

La signorina Austen      - Non era qui per far visita a te.

La signora Craig           - Ma era in casa mia, non è vero?

La signorina Austen      - Ed anche in casa di tuo marito.

La signora Craig           - Oh... (Ride divertita, ma senza al­legria) ma, non era certamente qui per vedere mio marito, non è vero?  (La signorina Austen la fissa per un mo­mento).

La signorina Austen      - No, quantunque io non abbia nessun dubbio che tu saresti capace di dare anche un'in­terpretazione del genere se pensassi che Walter ci potesse credere. Non credo che nessuna enormità sarebbe eccessiva per te, Harriet, pur di escludere la gente dal Tempio del Signore, questo « Sancta Sanctorum ». Mi meraviglio che non ci abbia domandato di toglierci le scarpe quando camminavamo sul tappeto. (Si sente tos­sire il signor Craig al piano superiore, e la signora Craig va immediatamente ai piedi della scala e guarda su) La signora Frazier era qui per fare visita a me, zia di tuo marito. Ed io l'ho accolta volentieri; ed anche lui. E le abbiamo detto di ritornare. E non credo che Walter sarebbe d'accordo col tuo atteggiamento, se lo conoscesse.

La signora Craig           - Ma tu probabilmente glielo dirai.

La signorina Austen      - Oh, ci sono molte cose che gli debbo dire, Harriet.

La signora Craig           - Non ne dubito.

La signorina Austen      - Ho avuto molto tempo per pensare negli ultimi due anni, di sopra nella mia camera. Ed ogni cosa è diventata particolarmente chiara in quest'ultima settimana in cui sei stata via. Per questo motivo ho deciso di parlare a Walter. (La signora Craig si volta di colpo e la guarda) Perché credo che sia mio dovere parlargli. Soltanto desidero che tu sia qui; affinché tu non possa svisare ogni cosa dopo.

La signora Craig           - Non m'interessa affatto di ascol­tarti... e disapprovo assai che tu abbia portato qui la signora Frazier.

La signorina Austen      - (volgendosi altrove) Oh, sii onesta almeno in questo, Harriet!

La signora Craig           - Che cosa vuoi dire?

La signorina Austen      - Perché vuoi fare un caso par­ticolare della signora Frazier?

La signora Craig           - Perché non la voglio qui.

La signorina Austen      - Tu non vuoi nessuno.

La signora Craig           - Ma è lei che non voglio. (Batte le nocche sul tavolo).

La signorina Austen      - (guardandola direttamente) Tu non vorresti tuo marito... (la signora Craig trasalisce leggermente e poi rimane immobile) se non fosse necessario per mantenere la casa. Ma se tu potessi rag­giungere questo fine senza di lui, la sua posizione qui non sarebbe più sicura della posizione di uno di quei cuscini là. (Indica i cuscini sul sedile a destra della scala).

La signora Craig           - Ebbene debbo riconoscere che mi stai dicendo cose assai gentili.

La signorina Austen      - E' la verità, sia che ti piaccia ascoltarla o no. Tu desideri la tua casa, Harriet, e null'altro. E questo è quanto tu avrai alla fine se non cam-bierai. La gente che vive per sè stessa, Harriet, è gene­ralmente lasciata a sé stessa; poiché le altre persone non potranno continuare a vivere infelicemente per amore della tua ridicola idolatria della casa.

La signora Craig           - Sembra che tu l'abbia sopportato abbastanza bene.

La signorina Austen      - L'ho fatto per amore di Walter; perché sapevo che desiderava che io stessi qui; e non volevo fare delle difficoltà. Ma effettivamente sono stata una reclusa in quella mia stanza lassù da quando sono venuta qui; precisamente per evitare di sciupare quella sacra scala, o di lasciare un'impronta «u quei sacri tappeti. Io non sono abituata a questa specie di stupi­dità. Sono abituata a godere la casa. (Il signor Craig scende silenziosamente le scale e si ferma sul pianerottolo) Così ho deciso di andarmene. Soltanto desidero di far conoscere prima le mie ragioni a Walter... credo che questo gli sia dovuto per l'affetto che ho per lui, e che lui ha per me. (La signorina Austen si accorge della presenza di Craig e si volta guardandolo. Una pausa pe­sante. Poi ella si volta altrove, e Craig entra nella sala e si avanza verso la sinistra del tavolo).

Craig                             - Che cosa c'è?

La signora Craig           - Mi ha detto che ha intensione di lasciarci.

Craig                             - Ma perché? Che cos'è successo?

La signora Craig           - Dice che non può sopportare il mio modo di dirigere la casa.

La signorina Austen      - Ti sarò obbligata, Harriet, se tu mi permetterai di spiegare le ragioni che mi co­stringono ad andar via.

La signora Craig           - Secondo me, non avete nessuna ragione; salvo la solita gelosia per la moglie che hanno le donne che hanno allevato un uomo fin da bambino.

La signorina Austen      - Tu avrai tutto il tempo che vuoi per dare la tua interpretazione dopo che io sarò andata via.

La signora Craig           - E allora siediti e facci conoscere la tua interpretazione.

La signorina Austen      - Preferisco stare in piedi, grazie.

La signora Craig           - Fa come vuoi.

La signorina Austen      - (gettando un'occhiata alla pol­troncina presso il piano) Io non so se saprei sedere come si deve in una di queste poltrone.

Craig                             - Suppongo si tratti di uno di quei piccoli ma­lumori che sorgono qualche volta in una casa, come avviene in qualsiasi altro posto; ma sono sicuro che tu sei troppo sensibile, zietta, se prendi la cosa così seria­mente da desiderare di lasciare la casa. Che cosa fa­remmo qui senza di te? Non mi sembrerebbe neppure di avere una casa. Che cosa le hai detto, Harriet?

Li signora

Craig                             - Non le ho detto proprio nulla; fa uso semplicemente della 6ua fantasia.

La signorina Austen      - Oh, no... Harriet non dice mai nulla. Agisce soltanto; e vi lascia liberi di interpretare... le ne siete capaci. E ci vuole molto tempo per riuscirci... finché non trovate la chiave. E allora tutto diventa molto semplice... e molto ridicolo, ed incredibilmente egoistico.

Craig                             - Ebbene, che cosa ha fatto Harriet, zia?

La signora Craig           - Te lo dirò io quello che ho fatto, Walter: mi sono risentita perché la aia aveva portato in casa quella donna mentre ero assente.

Craig                             - Vuoi dire la signora Frazier?

La signora Craig           - Sì, la signora Frazier.

Craig                             - Ebbene, che cosa c'è da ridire sulla signora Frazier?

La signora Craig           - E' una volgare intrigante, ecco quello che c'è da ridire... che ha cercato di entrare nella nostra casa fin da quando siamo venuti qui.

Craig                             - Che cosa vuoi dire affermando che ha cer­cato di venire qui?

La signora Craig           - Se te lo dicessi non mi compren­deresti, Walter. E' una forma di curiosità che hanno le donne per la casa delle altre donne, curiosità che gli nomini non sanno comprendere.

La signorina Austen      - Harriet è soprattutto indi­gnata, Walter, perché si è lasciata trasportare per un mo­mento. Avrebbe di molto preferito di aver allontanato la signora Frazier col solito metodo... che ha usato per l'allontanamento di qualsiasi altra persona che veniva qui. Ma poiché si è scoperta, cerca di giustificarsi col far pas­sare la signora Frazier per una persona volgare e intri­gante... e perfino coll'insinuare che è venuta qui oggi per simpatia verso di te.

Craig                             - Spiegati, zia!

La signorina Austen      - Non ho intenzione di parlare del mio caso; non ne varrebbe la pena. Ma io non desi­dero essere testimone dell'annullamento di un uomo che era sulla via di diventare un cittadino molto importante, senza avvertirlo del pericolo.

Craig                             - Non capisco quello che vuoi dire, zia.

La signorina Austen      - La cosa più pericolosa, Wal­ter... è che tu non comprendi. Se tu comprendessi, non sarebbe necessario avvertirti.

Craig                             - Di che cosa? (Una pausa; la signorina Austen Io guarda dritto negli occhi).

La signorina Austen      - Di tua moglie. (La signora Craig scoppia in una risata senza allegria, all'assurdità dell’accusa della signorina Austen. Craig si volta e la guarda).

Craig                             - Di che cosa ridi, Harriet?

La signora Craig           - Ma non pensi che sia molto di­vertente?

Craig                             - Non so di preciso se sia così divertente.

La signora Craig           -  Ebbene, aspetta di ascoltare il re sto; forse cambierai parere.

La signorina Austen      - (guardando fissamente la signora Craig) Harriet veramente non ride, Walter.

La signora Craig           - Che cosa faccio, piango forse?

La signorina Austen      - Sei come un bambino che fischia al buio.

La signora Craig           - (molto divertita, alzandosi) Oh, poveretta. (Si tocca i capelli di fronte allo specchio).

La signorina Austen      - Hai il terrore che il tuo se­greto sia stato scoperto. (La signora Craig si volta re­pentinamente e l'affronta).

La signora Craig           - Davvero? E qual'è il mio segreto?

La signorina Austen      - L'ho capito subito, come lo capì la mamma di Walter. (Una pausa: poi la signora Craig si avvicina di alcuni passi al marito).

La signora Craig           - (con una sfumatura di misteriosa ironia) Vuol dire che ho cercato di avvelenarti se­gretamente.

La signorina Austen      - Non così segretamente, Harriet. (La signora Craig sorride lievemente).

La signora Craig           - (avvicinandosi alle portiere) Mi rincresce di dover andar via, poiché ho l'impressione che le rivelazioni della zia debbano essere molto divertenti.

La signorina Austen      - Se ti ritiri, debbo ammettere che riconosci che queste assurdità sono vere.

La signora Craig           - Ma sì, considera quello che vuoi: soltanto spero che quando hai finito di discutere di me, tu sarai altrettanto franca e farai sapere a Walter qual­che cosa di quello che ho sopportato io negli ultimi due anni. (Esce dalle portiere).

Craig                             - Vorrei che mi raccontassi quello che è suc­cesso, zia.

La signorina Austen      - Walter... perché credi che la mamma ti abbia detto, morendo, di prendermi con te quando ti fossi sposato?

Craig                             - Ma era un desiderio molto naturale, zia, con­siderando quello che hai fatto per noi durante la sua malattia.

La signorina Austen      - Non me lo ha detto pensando che io desiderassi una casa... poiché sapeva che preferivo viaggiare... come infatti mi disponevo a fare quando ella fu colpita la prima volta. Ma io non ti ho detto mai, Walter, che mi pregò di prometterle che avrei accet­tato il tuo invito. Vedi, conosceva quella donna, Walter... la donna che stavi per sposare.

Craig                             - Vuoi dire che alla mamma non piaceva Harriet?

La signorina Austen      - A nessuno poteva piacere Har­riet, Walter; ella non desidera dì piacere.

Craig                             - A me piace.

La signorina Austen      - Tu sei accecato da un viso grazioso, figlio mio, come molti altri uomini.

Craig                             - Ebbene, che cosa ha fatto Harriet?

La signorina Austen      - Ti ha lasciato effettivamente senza amici, per dirne una, poiché le visite dei tuoi amici ti attribuiscono un'importanza che non rientra nel suo programma; così ella ha dimostrato loro molto chia­ramente, in mille modi, che non sono benvenuti in casa sua. Poiché questa è la sua casa sai, Walter; non è la tua... non fare un errore a proposito. Questa casa è quello che ha sposato Harriet... non ha sposato te. Tu semplicemente facevi parte della casa... come una neces­sità più o meno spiacevole. E non devi occupare troppo posto; poiché ella desidera che la casa sia tutta per sé Così si è messa a fare di te la cosa più trascurabile nel suo programma.

Craig                             - Ma perché Harriet non dovrebbe avere pia­cere di ricevere i miei amici?

La signorina Austen      - Perché è una donna estrema­mente egoista. E coll'arroganza della sua mente ristretta, desidera di escludere tutti... poiché non può imporre su di loro il suo meschino ordine. E queste quattro mura sono il simbolo della sua egoistica esclusione.

Craig                             - (voltandosi altrove e dirigendosi verso destra) Non posso crederlo, zia.

La signorina Austen      - (stendendo le braccia verso la porta di casa) Puoi ricordare che nessuno abbia mai varcato quella soglia fino ad oggi, quando è venuta la signora Frazier?... E tu ne hai veduto il risultato. E perché   supponi che la gente abbia cessato così improvvisamente di venire da te? Venivano sempre a casa tua. Non può essere che tu abbia cambiato così completamente in due anni! E tu perché non sei più invitato?... hanno paura che tu possa portare tua moglie; ed essi non la vogliono... Poiché ella ha dimostrato loro molto chiaramente che non li vuole. (Craig si volta da un'altra parte di nuovo lentamente) E precisamente come i tuoi amici incomin­ciano a fare a meno di te nella loro vita sociale, così in breve tempo incominceranno a fare a meno di te nella loro vita professionale. (Craig la guarda di nuovo, men­tre ella gli si avvicina) Walter... perché supponi che la tua nomina a direttore della banca locale non si sia mai verificata?

Craig                             - Io credo che sia dipeso da Littlefield; da un po' di tempo mi saluta freddamente.

La signorina Austen      - Perché Harriet ha offeso sua moglie.

Craig                             - Quando?

La signorina Austen      - Quando la signora Littlefield è venuta qui.

Craig                             - Che cosa ha fatto Harriet?

La signorina Austen      - Niente... secondo il suo solito metodo. E' stata di una astuzia assai sottile e malvagia… Ma la signora Littlefield se ne rese conto, malgrado la sua stupidità. Io vidi che se ne rendeva conto... e tu non eri stato nominato. (Craig guarda da un'altra parte).

Craig                             - Come? Come potrei trovare un rimedio?

La signorina Austen      - (appoggiandosi allo schienale della sedia alla sinistra del tavolo) Col dare l'impres­sione a tua moglie che c'è un uomo in casa, come anche una donna; e che tu sei l'uomo. E se tu non lo fai, Walter, tu farai la fine che hanno fatto tutti gli altri uomini che si sono lasciati dominare da una donna egoista... diventeresti la pallida eco delle loro erronee opinioni; finendo col credere che ogni amico che avevi prima d'incontrarla cercasse di portarti alla perdizione, e che lei ti salvò, e fece di te un uomo. (Ella ride ama­ramente, e si volta verso la base della scala) Quale ironia! Eppure esse sono capaci di farlo.

Craig                             - (dirigendosi verso la destra) Harriet non avrebbe mai potuto guastarmi coi miei amici.

La signorina Austen      - (volgendosi verso le scale, e par­lando con piena convinzione) Walter... esse possono far credere ad un uomo che le stesse loro madri che li allevarono sono i loro mortali nemici. (Si avanza improvvisamente e posa la mano sinistra sul tavolo) Per questo motivo ti avverto. Perché stai combattendo pei la tua virilità, Walter; ed io non posso in coscienza Li­sciare la casa senza almeno far luce, e farti vedere contro chi combatti. (Si dirige verso le scale; Craig improv­visamente si volta e la segue).

Craig                             - Zietta, non posso sopportare che tu lasci la casa!

La signorina Austen      - (fermandosi al secondo scalino) Ma io non sono felice qui.

Craig                             - Oh, non posso convincermi che non ci sia un grosso malinteso tra te e Harriet. (La signorina Austen chiude gli occhi e scuote la testa) Oh, non discuto che non abbia un carattere un po' speciale... può darsi che sia tutto quello che dici tu... ma io veramente non vedo la necessità che tu lasci la casa; ci possiamo mettere d'accordo. (Lo signorina Austen posa la mano destra sulla sua spalla).

La signorina Austen      - Nessuna casa è abbastanza grande, Walter, per due donne che si interessano del medesimo uomo.

Craig                             - Che cosa farai se andrai via?

La signorina Austen      - Quello che ho sempre deside­rato di fare... viaggerò... per tutto il mondo; e così non diventerò... meschina. Ne ho un sacro terrore dopo questi ultimi due anni.

Craig                             - Ma io ho promesso alla mamma che tu avresti trovato sempre una casa presso di me, e se vai via, sento che in qualche modo non mantengo del tutto la promessa.

La signorina Austen      - Non hai una casa da offrirmi, Walter. (Craig la guarda) Tu hai un'abitazione... con del mobilio... che può essere usato soltanto in condizioni molto particolari. Ricevo l'impressione, per così dire, quando guardo queste stanze... che siano stanze morte... e sepolte. (Si volta e incomincia a salire le scale).

Craig                             - Ebbene, se anche lo sono, sarà peggio quando sarai partita. Credo che non mi dispiacerebbe di più se fosse la mamma stessa che andasse via. (La signorina Austen si volta, con la mano sulla ringhiera).

La signorina Austen      - Per fortuna non sono la tua mamma, Walter; ella sarebbe andata via da molto tempo,  (La signorina Austen continua a salire, ed egli rimane a guardarla. Si ode suonare alla porta di casa. Craig si volta e guarda dalla finestra, poi si dirige verso il centro della stanza e guarda attraverso le portiere. Il campanello suona di nuovo; quindi Mazie scende dalle scale).

Craig                             - C’è un ragazzo alla porta di casa, Mazie.

Mazie                            - Ho sentito che suonavano.

Craig                             - Aspetto un signore, Mazie, tra pochi minuti; vado di sopra.

Mazie                            - Va bene, signore, vi chiamerò quando viene.

 (Mazie esce per andare ad aprire la porta, e Craig sale le scale. Si ferma a mezza via e pensa).

La voce del Ragazzo    - (alla porta di casa) Cristina, quella che sta all'angolo, dice di farle il piacere di pa­garle tu la sua quota, se questa sera vai all'Associa­zione; dice che questa sera lei non può andarci. (Craig scompare).

Mazie                            - Va bene.

La voce del Ragazzo    - Dice che il denaro è nella busta insieme alla tessera. (La signora Harold entra dalle por­tiere e si dirige verso la porta, guardando fuori atten­tamente).

Mazie                            - Va bene, caro, dille che ci penserò io. (La porta sbatte e Mazie rientra).

La signora Harold         - Sei andata a vedere chi era, Mazie?

Mazie                            - (dirigendosi verso il caminetto) Sì, era il ragazzo del sarto.

La signora Harold         - Dove è andata la signora? Di sopra?

Mazie                            - Lo suppongo. Perché, che cosa c'è?

La signora Harold         - (mettendo la mano sul braccio di Mazie, ed abbassando la voce) Credo che la signora vecchia stia per andarsene. (Va in punta di piedi alle portiere, mentre Mazie l'osserva meravigliata).

Mazie                            - La signorina Austen?  (La signora Harold accenna di sì; poi guarda fuori nelle stanze adiacenti).

La signora Harold         - (voltandosi verso Mazie) La si­gnora si è molto inquietata perché la signora Frazier era qui. (Guarda fuori di nuovo).

Mazie                            - Davvero?

La signora Harold         - (ritornando indietro) Era furi­bonda. Lo immaginavo dal viso che ha fallo quando mi ha detto di portare via le rose. Così appena udii che la signora Frazier usciva, sono andata immediatamente in biblioteca; nella biblioteca si può ascoltare ogni pa­rola sai, al disopra del radiatore.

Mazie                            - Sì, lo so. Che diceva lei?

La signora Harold         - Che non desiderava che la sua casa tosse trasformata in una piazza per l'intero vicinato.

Mazie                            - Come se ci venisse mai un'anima!

La signora Harold         - E? quello che ha detto la signo­rina Austen, infatti.

Mazie                            - Davvero?

La signora Harold         - Mi pare di sì. E subito dopo la signora Craig è uscita dalla stanza.

(Una porta si chiude al piano dì sopra, e Mazie corre al tavolo e rassetta il centro. La signora Harold va alla pesante poltrona di fronte al caminetto e finge di essere occupata a metterla a posto. Mazie va alla base della scala e guarda in su. Quindi va in fretta verso la signora Harold, guardando attraverso le portiere mentre cammina).

Mazie                            - Che cosa ha fatto la signora Craig, è uscita dalla sala?

La signora Harold         - Sì. Ha detto che aveva qualche cosa d'altro da fare piuttosto che ascoltare delle stupide chiacchiere. (Mazie alza gli occhi al cielo) Le volevo dire io che mi sarebbe piaciuto di sapere che cosa aveva da fare.

Mazie                            - Anch'io.

La signora Harold         - E' quasi un anno che sono qui e debbo ancora vederla fare la prima cosa... va solo a vedere quello che hanno fatto gli altri.

Mazie                            - E' certamente la padrona più difficile da ac­contentare che abbia mai avuto.

La signora Harold         - Ebbene, io non so se sia difficile da accontentare o no, Mazie, poiché non ho cercato mai di accontentarla. Ti ho detto che voleva che spolverassi le foglie di quell'alberello di fronte alla finestra della sala da pranzo, la settimana scorsa?

Mazie                            - Spolverare le foglie?

La signora Harold         - (alzando gli occhi al cielo) Già!

Mazie                            - Che cosa le avete detto?

La signora Harold         - Le ho detto chiaro e tondo che io non spolvero nessun albero; un po' di polvere non lo avvelenerà, e poi - ho detto - noi stessi saremo polvere un giorno, a meno che non moriamo annegati ». (Va alle portiere).

Mazie                            - Avete fatto bene.

La signora Harold         - Oh, gliel'ho proprio risposta. (Suona il campanello).

Mazie                            - (andando ad aprire la porta, rassettandosi la cuffia e il grembiule) Sarà il signore che aspettava il padrone.

La signora Harold         - Vieni di là quando ritorni, Mazie. (Esce dalle portiere. Il signor Craig scende le scale).

Birkmire                        - (alla porta di casa) Buonasera, il signor Craig è in casa?

Mazie                            - Si, signore. (Si sente chiudere la porta di casa, e Birkmire entra).

Craig                             - (entrando) Salve, Billy, come stai?

Birkmire                        - (stringendogli la mano calorosamente) Salve, Walter. (Guarda Craig negli occhi).

Craig                             - Ti ho chiamato un momento fa. (Birkmire va verso il piano con impermeabile e cappello) Hosa­puto quando sono ritornato che avevi cercato di me. (Mazie entra e si dirige verso le portiere).

Birkmire                        - Si, dalle quattro cerco di trovarti.

Craig                             - Permettimi di liberarti del soprabito. (Mazie si ferma vicino alle portiere e si volta, per vedere se deve prendere l'impermeabile di Birkmire).

Birkmire                        - No, grazie, Walter, debbo ritornare im­mediatamente a casa. (Mazie esce, e Craig si dirige verso il tavolo).

Craig                             - Tuo padre è ancora qui?

Birkmire                        - Sì, si tratterà ancora un giorno o due. (Getta un acuto sguardo attraverso le portiere mentre va verso il fondo della stanza).

Birkmire                        - Sono stati trovati morti questa mattina nella biblioteca.

Craig                             - (andando alla sua destra) Cosa dici, Billy?

Birkmire                        - (dirigendosi verso le portiere e guardando fuori) E' in tutti i giornali.

Craig                             - Fammi vedere.

Birkmire                        - (avanzandosi alla sinistra di Craig ed indi­candogli un titolo) Fergus Passmore e la moglie tro­vati morti nella biblioteca.

Craig                             - Mio Dio!

Birkmire                        - Per caso, ho letto il titolo da sopra la spalla di un uomo che ho trovato nell'ascensore di Land-Title Building, alle quattro circa, e ne ho avuto una tale impressione, da farmi scoppiare il cuore. (Si volta altrove e prende una sigaretta dall'astuccio) D'allora in poi ho sempre cercato di parlarti per telefono. Io stesso l'avevo incontrata al Ritz ieri sera alle dodici. Le ho parlato. Avevo condotto mio padre al Ritz per cenare insieme dopo lo spettacolo, e la trovai là con quell'uffi­ciale col quale si faceva vedere fuori ultimamente. (D'im­provviso posando la mano sul braccio di Craig) Ecco la mia impressione a proposito, Walter. Credo che s'interes­sasse un po' troppo di quell'ufficiale in questi ultimi tempi, e Fergus probabilmente lo è venuto a sapere e gliene ha parlato quando è ritornata a casa ieri sera, e l'ha fatta finita. Sai, che ne era sempre pazzamente geloso. (Ritorna indietro di un passo o due e getta uno sguardo attraverso le portiere).

Craig                             - Ci deve essere un qualche errore in questa faccenda, Billy. Sono rimasto là ieri sera fino a mezzanotte.

Birkmire                        - (spezzando la sigaretta tra le dita) Ebbene, evidentemente il fatto è avvenuto dopo che sei andato via tu. E' ritornata prima che tu andassi via?

Craig                             - (alzando gli occhi dal giornale) Che cosa dici?

Birkmire                        - Adelaide è ritornata ieri sera prima che uscissi tu?

Craig                             - No, ma era in casa quando sono andato, alle nove circa. Doveva andare fuori, non so dove. Era 'già la terza volta che l'incontravo con quell'ufficiale. Credo che dovrei mettermi in comunicazione con la polizia imme­diatamente, Billy.

Birkmire                        - Sì, per questo avevo cercato di parlarti. C'è scritto che ricercano tin uomo che fu visto lasciare la casa dopo la mezzanotte.

Craig                             -  Sono io di certo.

Birkmire                        - Non è strettamente necessario che si tratti di te.

Craig                             - E' l'ora in cui sono andato via io.

Birkmire                        - Questo non vuol dir nulla. Soltanto credo che sarebbe bene farlo saper loro immediatamente.

Craig                             - (voltandosi d'improvviso e dirigendosi verso il telefono) Chiamo subito la questura.

Birkmire                        - (seguendolo) Aspetta un minuto, Walter, non fare cose precipitate: sai che una cosa come questa può avere mille sviluppi, e noi non desideriamo fare dei passi falsi. Tua moglie resterà molto impressionata quan­do lo saprà. Non sa nulla, non è vero?

Craig                             - Non credo; a meno che non abbia letto il giornale che ho portato a casa. Io me lo ero messo in tasca senza aprirlo.

Birkmire                        - Dov'è Harriet?

 

Craig                             - E' di sopra.

Birkmire                        - (abbassando la voce) Sa che eri dai Passnuore ieri sera?

Craig                             - Non lo so, credo di sì. Sì, Imi pare di averlo accennato un momento fa.

Birkmire                        - (avvicinandosi a Craig, e posando la mano sul braccio di lui) Ascolta, Walter. Credo che il passo giusto sia di andar là immediatamente e di sapere come stanno le cose; e se non hanno ancora scoperto nulla, allora mettiti in comunicazione con la polizia e fa loro conoscere quello che sai tu.

Craig                             - (gettando il giornale sul sedile presso il tavolo del telefono) Sì, facciamo così. Aspettami, vado a pren­dere il cappello. (Esce dalle portiere).

Birkmire                        - (avvicinandosi al piano per prendere l’impermeabile) Ho qui fuori la mia macchina; possiamo attraversare il parco ed essere là in dieci minuti. (Si getta sul braccio l'impermeabile, prende il cappello, e si dirige direttamente verso il sedile per prendere il gior­nale lasciato da Craig. Getta un'occhiata in cima alla scala ed un'altra attraverso le portiere. Quindi vede Craig che viene dalla stanza adiacente, e si avvia verso la porta di casa).

Craig                             - (entra, portando il cappello ed il giornale che aveva portato a casa) Porterò via il giornale, per non farlo vedere ad Harriet.

Birkmire                        - L'altro me lo son messo in tasca. (Birk­mire esce).

Craig                             - (gettando uno sguardo per la stanza mentre rag­giunge la porta di casa) Generalmente prendiamo il « Globo » nel pomeriggio, ma non lo vedo in giro. (Esce).

Birkmire                        - (dal di fuori) Ho portato la macchina pro­prio qui fuori.

Craig                             - (dal di fuori) Credo che attraversando il parco faremo la strada più breve.

Birkmire                        - Sì, possiamo essere là in dieci minuti. (Una pausa lunga e pesante. Poi un orologio da una stanza vicina a destra suona le sei e mezzo, con suono armonioso. Un'altra breve pausa, e quindi la signora Craig scivola dalle portiere, portando in mano un giornale aperto).

La signora Craig           - ((chiamando) Walter!... Walter!... sei di sopra, Walter? i(Rientra in fretta nella stanza e va alle portiere) Mazie!... Mazie!... (Corre alla porta di di casa ed esce. Mazie entra dalle portiere, si guarda in­torno poi si dirige verso la porta ingresso. La signora Craig entra in fretta di nuovo).

Mazie                            -  Mi avete chiamato, signora?

La signora Craig           -  Sì, Mazie. Sai dov'è il signore?

Mazie                            - Ma, era qui pochi minuti fa, signora, con un altro signore.

La signora Craig           - Chi era quel signore?

Mazie                            - Non lo so; non l’ho mai veduto.

La signora Craig           - Sai come si chiama?

Mazie                            - No, signora, non lo so. E' venuto in auto­mobile.

La signora Craig           - Ebbene, mio marito è uscito con lui?

Mazie                            - Non lo so, signora. Non sapevo neppure che fosse uscito.

La signora Craig           - (prendendo Mazie per la spalla, facendola voltare velocemente e spingendola verso le portiere) Vedi se il cappello del signor Craig è sull'attacca­panni di là.

Mazie                            - (uscendo in fretta) Non è di sopra in camera?

La signora Craig           - No, non c’è. (Si volta ansante e guarda verso la finestra a veranda) Oh, mio Dio! (Vol­tandosi di nuovo verso le portiere) C'è?

Mazie                            - (dalla destra) No, signora, non c'è.

La signora Craig           - Ascolta, Mazie, corri al « garage »  guarda se il signore è là! (Aspetta molto ansiosamente che Mazie passi dalle portiere per uscire attraverso la porla d'ingresso) E se lo trovi là, digli di venir qui immediatamente; ho bisogno di vederlo.

Mazie                            - Sì, signora. (La porta sbatte dopo di lei, ed ella corre oltre la finestra a veranda).

La signora Craig           - Oh, mio Dio! (Corre alla finestra infondo, a destra) Oh, mio Dio! (Rimane in piedi guar­dando ansiosamente dalla finestra, verso la sinistra, come se seguisse Mazie che si allontana correndo per la via).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

 (Dieci minuti dopo. La signora Craig è in piedi presso la finestra in fondo, leggendo il giornale. Smette di leg­gere, guarda fuori dalla finestra e poi si dirige con una specie di disperazione repressa alla finestra a veranda a sinistra, e guarda fuori ansiosamente. La signora Harold entra dalla destra).

La signora Harold         - E’ qui Mazie, signora Craig? (La signora Craig si volta nervosamente).

La signora Craig           - (No, non c'è, signora Harold; le ho dato una commissione; ritornerà subito. (Si sente la suoneria del telefono) Vedete chi è, signora Harold, per cortesia. (La signora Harold ritorna indietro e stacca il ricevitore).

La signora Harold         - Pronto?... pronto? 

La signora Craig           - (Che cosa c'è? Non rispondono?

La signora Harold             -  No, signora, non hanno ancora risposto. Pronto?

La signora Craig           - (voltandosi di nuovo verso la fine­stra) Non preoccupatevi, signora Harold, si tratta probabilmente di un errore.

La signora Harold         - (attaccando il ricevitore) Ca­pita questo quando la chiamata viene da molto lontano, qualche volta. (La signora Craig si volta di colpo).

La signora Craig           - Hanno detto che si trattava dell'in­terurbana?

La signora Harold         - No, signora, non hanno detto nulla; non ha risposto nessuno.

La signora Craig           - Ebbene, se hanno bisogno di noi, chiameranno di nuovo.

La signora Harold         - Volete dire a Mazie che ho bi. sogno di lei quando rientra, per favore?

La signora Craig           - Sì, ve la manderò appena ritorna. (La porta sbatte, e Mazie si precipita dentro) Non c'è là, Mazie?

Mazie                            - No, signora, non c'è.

La signora Craig           - Ne sei sicura?

Mazie                            - Sì, signora.

La signora Craig           - Hai guardato anche dietro il « garage » ?

Mazie                            - Sì, signora, ho guardato dappertutto. H si­gnor Foster, il vecchio, era da quelle parti; gli ho chiesto se aveva visto per caso il padrone, ma mi ha risposto di no.

La signora Craig           - Il «garage» è chiuso?

Mazie                            - Sì, signora, ho cercato di aprirlo senza riu­scirci.

La signora Craig           - Ebbene, hai potuto vedere se l'au­tomobile era dentro?

Mazie                            - Sì, signora, tutte e due sono dentro, anche la macchina piccola; ho guardato attraverso i vetri. (La signora Craig si volta verso destra ansiosa e conturbata, e si dirige verso lo specchio mentre Mazie si dirige verso la porta a destra. La signora Craig dà un'occhiata fuori dalla finestra) Suppongo che forse sia uscito col signore che è venuto qui.

La signora Craig           - Probabilmente. Dici che quel si­gnore è venuto in automobile, Mazie?

Mazie                            - Sì, signora, credo che la macchina fosse sua.

La signora Craig           - Va bene, Marie. La signora Harold ha bisogno di te.

Mazie                            - (uscendo) Grazie. [(La signora Craig si ap­poggia contro il caminetto e pensa intensamente. Si sente la suoneria del telefono. Ella si volta e guarda il tele­fono che suona di nuovo. Quindi ella si muove per ri­spondere. Mazie entra).

La signora Craig           - Rispondo io, Mazie.

Mazie                            -  Sì, signora. (Fa per ritirarsi, e la signora Craig stacca il ricevitore).

La signora Craig           - (a voce bassa) Mazie.

Mazie                            - Comandi?

La signora Craig           - Vieni qui un momento. (Mazie si avvicina) Va su a vedere se la porta della signorina è chiusa.

Mazie                            - (ritirandosi) Sì, signora.

La signora Craig           - Cerca di far piano e non distur­barla se dorme.

Mazie                            - Benissimo. (Si ode di nuovo la suoneria del telefono).

La signora Craig           - Pronto?... sì?... va bene. (Guarda alla sommità delle scale, e poi aspetta) Pronto?... sì... (a voce più alta) pronto! sì... telefona la signora Craig... mio marito non è qui in questo momento, se è lui che desiderate. Oh... ma... la signorina Landreth riposa in questo momento. Chi parla, per favore?... Ah, ho capito Come?... proprio nulla, signor Fredericks, è solo molto stanca... siamo appena ritornate da Albany ed io le ho suggerito di andare a riposare un po'. Sì...! Ma, perché dovreste disturbarvi, signor Fredericks?... non potreste far nulla venendo qui... Ma io preferirei molto non chiamarla, se non vi rincresce, signor Fredericks; sta riposando... Ebbene non potete dire a me quello che le volete comu­nicare?... E' molto gentile da parte vostra di essere così premuroso per lei, ma io non ritengo di disturbarla proprio ora. Scusatemi. (Appende il ricevitore brusca­mente, e getta un'occhiata alla sommità delle scale. Mazie compare tra le portiere).

Mazie                            - La porta era chiusa, signora Craig-

La signora Craig           - Va benissimo. (Mazie si ritira e la signora Craig si avanza, pensierosa. Si sente suonare il campanello di casa. Mazie si volta e si avvia per aprire la porta. La signora Craig guarda attentamente verso la porta di casa) Va a vedere che cosa vogliono quei si­gnori, Mazie.

Mazie                            - Sì, signora.

Catelle                           - (dalla porta di posa) E' in casa il signor Craig?

Mazie                            - No, signore, è uscito circa venti minuti fa.

Catelle                           - Quando credete che ritornerà?

Mazie                            - Ma... non so di preciso; ma credo che ritor­nerà per l'ora di pranzo, alle sette circa.

Catelle                           - E' in casa la sua signora?

Mazie                            - Sì, signore.

Catelle                           - Vorrei parlarle un momento, se è possibile.

Mazie                            - (la signora Craig, che è rimasta in piedi silen­ziosa ed immobile ad ascoltare, scompare tra le portiere, guardando con timore verso la porta di casa) Sì, si­gnore. (La porta si apre ed immediatamente Mazie entra in fretta nella stanza) Accomodatevi; la chiamo subito. (Catelle entra lentamente, togliendosi il cappello, seguito da Harry, il quale pure si toglie il cappello mentre entra. Catelle si dirige al tavolo di centro, vi posa il capello, e si toglie dalla tasca interna un pic­colo taccuino di cuoio; Harry si avanza e siede sullo sgabello presso il pianoforte. Una pausa).

Harry                             - Questa casa sarà costata a questa gente un occhio della testa!

Catelle                           - Un pozzo di soldi. Il padre di luì era il Presidente della Compagnia. E’ morto circa dodici anni la. Credo che il figlio abbia intenzione di ottenere il posto del padre. (La signora Craig entra dalle portiere. Harry si alza, e Catelle si rivolge verso di lei).

La signora Craig           -  Buona sera.

Harry                             - Buona sera.

Catelle                           -  Buona sera, signora. Sono venuto per par­lare con il signor Craig,

La signora Craig           - Il signor Craig non è in casa in questo momento, mi rincresce.

Catelle                           - Siete sua moglie?

La signora Craig           -  Sì.

Catelle                           - Potreste precisarmi a che ora ritornerà vostro marito?

La signora Craig           - Ma, lo aspetto da un momento all'altro; era qui meno di mezz'ora fa, quando sono, an­data di sopra; perciò deve trovarsi in qualche posto, qui vicino.

Catelle                           - (consultando l'orologio) Ho capito.

La signora Craig           - Sarà in casa certamente per l'ora del pranzo, alle sette, se volete disturbarvi a ritornare.

Catelle----------------- - Veramente, debbo trovarmi dall'altra parte della città alle sette... ma potrebbe darsi che voi stessa poteste darmi l'informazione che cerco. Volete sedere per un momento?

La signora Craig           - Certamente. (Si volta alla pol­trona di fronte al caminetto e si siede. Harry si siede di nuovo presso il piano, e Catelle si siede sulla piccola panca immediatamente al di là del tavolo di centro).

Catelle                           - Vi dirò il motivo per cui avevo bisogno di vederlo, signora Craig. Suppongo che abbiate letto nel giornale della sera di quel disgraziato caso a Willows Avenue?

La signora Craig           - Che cosa terribile!... l'ho appena letto nel giornale. Sono morti tutti e due, non è vero?

Catelle                           - Sì, tutti e due.

La signora Craig           - E' terribile. Per questo volevo vedere mio marito; desideravo domandargli se conosceva quell'uomo.

Catelle                           - Probabilmente; erano persone note in que­sta città.

La signora Craig           -  Non ho ancora avuto la possibi­lità di leggere tutto l'articolo, sono appena ritornata da Albany. E' stato per furto? Per qualche cosa del genere?

Catelle                           - No, non è stato rubato nulla. Naturalmente potrebbe trattarsi di un tentativo di furto mancato, ma quest'interpretazione non spiegherebbe del tutto un'altra circostanza.

La signora Craig           - Voi signori vi occupate del delitto?

Catelle                           - Sì, signora, siamo mandati dalla Questura. Ma questo non deve allarmarvi, signora Craig; non c'è nessuna particolare relazione tra quel delitto e la nostra visita.

La signora Craig           - Sono, molto lieta di saperlo.

Catelle                           - No, il movente del delitto di Willows Ave­nue mi sembra chiaramente debba essere la gelosia. Na­turalmente, ci sono alcune poche circostanze fortuite, come ce ne sono generalmente nei casi del genere, ma che non si riferiscono direttamente al delitto. E' stato veduto un uomo mentre usciva da quella casa in auto­mobile dopo mezzanotte... uno dei vicini lo ha veduto per caso; ma era troppo buio per identificarlo. Inoltre questo non spiegherebbe la morte della signora Passmore; poiché ella non tornò a casa sin dopo le tre, mentre l'uomo lasciò la casa tra la mezzanotte e l'una.

La signora Craig           - Ho inteso.

Catelle                           - Ma, naturalmente, come comprendete, si­gnora Craig, è parte del nostro dovere seguire anche il più lieve indizio il quale potrebbe gettare un po' di luce sul delitto.

La signora Craig           - Naturalmente.

Catelle                           - Per questo motivo volevo vedere vostro marito.

La signora Craig           - Volete dire che ritenete che mio marito possa essere l'uomo veduto mentre usciva di là questa notte.

Catelle                           - No. Ma abbiamo ricevuto un'informazione nel tardo pomeriggio, signora Craig, da parte della So­cietà Telefonica Lvnnebrooke circa una telefonala fatta al vostro apparecchio, qui alle cinque e ventisette di questa sera che domandava l'indirizzo relativo al numero telefonico: Levering 3100; e questo numero corrisponde al numero telefonico di casa Passmore.

La signora Craig           - Volete dire che qualcuno ha tele­fonalo dal mio apparecchio?  (Indica il telefono).

Catelle                           - Dal vostro apparecchio, sì, signora. Oakdalc, numero del vostro telefono, non è vero?

La signora Craig           - Sì. esattamente. E allora ci siamo.

La signora Craig           - Ma non posso immaginare chi era che chiamava. E la chiamata fu fatta alle cinque pomeridiane, voi dite?

Catelle                           - Alle cinque e ventisette, dice il mio rap­porto. La telefonista naturalmente non ha dato l'indi­rizzo; è contro le regole della Compagnia Telefonica. E allora fu tolta la comunicazione.

La signora Craig           - Ebbene, è molto strano, per quanto potrebbe darsi che fosse una delle persone di servizio... probabilmente dopo aver letto il giornale della sera per curiosità di conoscere dove era situata la villa. (Alzandosi) M'informerò.

Catelle                           - Ebbene io potrei comprendere questa cu­riosità se l'indirizzo non fosse pubblicato; ma è pubbli­cato: mentre non è pubblicato il numero del telefono. E m'interessava di sapere perché qualcuno aveva quel particolare numero telefonico proprio oggi mentre non conosceva l'indirizzo... una volta che questo era in tutti i giornali delle due pomeridiane. Mentre questa chia­mala non tu fatta fin dopo le cinque.

La signora Craig           - Strano.

Catelle                           - Sapete se il vostro telefono è stato usato, per quello che sapete, signora Craig, dalle cinque del pomeriggio in poi?

La signora Craig           - Dunque, ho risposto ad una tele­fonata, pochi minuti fa, da Northampton nel Massachusetts

Catelle                           - Con l'interurbana, non è vero?

La signora Craig           - Sì. Era un certo signor Fredericks, del Collegio Smith, che chiamava mia nipote, per doman­darle notizie di sua madre, che è malata ad Albany.

Catelle                           - Non sapete se qualcuno dall'esterno è stato qui dalle cinque in poi?

La signora Craig           - Nessuno, che io sappia; eccetto una vicina che abita dall'altra parte del viale, la signora Frazier. Ha portato alcune rose alla zia di mio marito. Era qui quando sono entrata; quantunque escluda che si possa essere servita del mio telefono. Ma lo domanderò alla signorina Austen se volete.

Catelle                           - Grazie, se non vi disturbo. Vi rincrescerebbe dirle di scendere un minuto?

La signora Craig           - Niente affatto. (Chiamando) Signo­rina Austen!... Signorina Austen! (Si ode il rumore di una porta che si apre al piano di sopra).

La signorina Austen      - (da in cima alle scale) Mi chiama qualcuno?

La signora Craig           - Sì... sono io, signorina Austen. Vi rincrescerebbe di scendere per pochi minuti, signorina Austen? Desidererei parlarvi.

La signorina Austen      - Va benissimo, vengo subito. (Scende lentamente).

La signora Craig           - (a Catelle) Scende subito.

Catelle                           - Grazie mille.

 

La signora Craig           - (dirigendosi verso le portiere) Credo che farei meglio a chiamare le persone di servizio, anche, non è vero? Probabilmente ne sanno qualche cosa.

Catelle                           - Sì, mi piacerebbe di parlare con loro un momento.

La signora Craig           - (attraversando le portiere) Le chiamo immediatamente. (Catelle consulta l'orologio e si alza).

Catelle                           - (dirigendosi verso le portiere) Che ora fa il tuo orologio, Harry? (Guarda acutamente attraverso le portiere).

La signora Craig           - Mazie!

Harry                             - Le sette in punto.

Mazie                            - (da destra, lontana) Comandi?

La signora Craig           - Vieni, per favore, un momento.

Catelle                           - Mi permettete di usare il telefono, signora Craig?

La signora Craig           - Certamente, prego.

Catelle                           - Debbo fare una telefonata alle sette.

La signora Craig           - Accomodatevi. (Egli rimane in piedi reggendo il ricevitore, e la signora Craig ascolta attentamente).

Catelle                           - (telefonando) Spring 4000... Va bene. (Silenzio; poi l'orologio batte le sette con suono armonioso, Mazie entra, al terzo colpo).

Mazie                            - Avete bisogno di me, signora? (La signora Craig le fa cenno di fare silenzio; Maziei rimane in piedi guardando l'uno dopo l'altro, sbalordita).

Catelle                           - Thielens? Catelle... Ah, sì?... sono venuto via prima delle sei. Va bene... (ridacchia) vengo subito. (Appende il ricevitore e s'avvicina al tavolo per prendere il cappello) Faremo meglio ad andare subito là, Harry. (Harry si alza e si dirige alla porta) Non vi disturbo più, signora Craig; una nuova informazione è pervenuta alla questura, che sospende la cosa per il momento.

La signora Craig           - (dirigendosi alla tavola di centro) Ebbene, desiderate che dica a mio marito di mettersi in comunicazione con voi quando iviene?

Catelle                           - No, lo chiameremo noi, se è necessario.

La signora Craig           - Ed ora non desiderate d'interro­gare neppure gli altri?  (Harry esce).

Catelle                           - Non in questo momento, signora Craig, grazie mille. (Si dirige alla porta).

La signora Craig           - Prego. Va pure, Mazie. (Mazie si ritira con riluttanza con gli occhi inchiodati sopra Ca­telle).

Catelle                           - Mi rincresce di avervi disturbata.

La signora Craig           - (accompagnandolo fino alla porta) Non pensateci! Buona sera. (La porta si chiude, e la signora Craig si volta lentamente e solleva le mani in­trecciate con silenzioso terrore. Poi corre alla finestra per osservare i due agenti mentre si allontanano per la strada. La signorina Austen scende le scale silenzio­samente e si ferma sul pianerottolo, guardandola).

La signorina Austen      - Avevi bisogno di qualche cosa, Harriet? (La signora Craig trasalisce leggermente e so volta).

La signora Craig------- - (voltandosi) No, non ora, signorina Austen; non è necessario. Mi dispiace di avervi disturbata. (La signorina Austen rimane a guardarla mentre ella si allontana; quindi va alla finestra, per vedere che cosa aveva cosi attratto l'attenzione della signora Craig. Poi si dirige verso il telefono, dando una occhiata alle portiere).

La signorina Austen      - (telefonando) Volete darmi Clearfield, sei due... sei due?... per favore? (Aspetta, dando un'occhiata alle portiere ed' un'altra alla finestra) Pronto? Parla l'Agenzia Mowers? Ebbene, a che ora potete venire a prendere alcuni bagagli domani mattina presto? Belmont Manor, sei zero, zero, otto zero, sì, presso il parco. Va bene, le otto vacano bene. La signo­rina Irene Austen. Benissimo. Grazie.

 (Appende il rice­vitore, e sale di sopra. La signora Craig entra dalle portiere, getta uno sguardo in cima alle scale, e va ai piedi di esse per guardare su. Poi sì avvicina al tavo­lino del telefono, e riordina tutto con esattezza. Mazie compare tra le portiere).

La signora Craig           - Che cosa vuoi, Mazie?

Mazie                            - Signora, la signora Harold desidera di sapere se deve servire il pranzo ora.

La signora Craig           - (avanzandosi, pensosamente) Dille di aspettare un po' finché non ritorna mio marito; lo aspetto da un momento all'altro.

Mazie                            - Sì, «ignora. (Esce; la signora Craig rimane in piedi pensando intensamente per un istante. La porta viene sbattuta; ella si volta con movimento rapido, diri­gendosi verso la porta. Il signor Craig entra togliendosi il cappello).

La signora Craig           - Walter! dove sei stato,?

Craig                             - Sono stato fuori con Billy Birkmire. Perché?

La signoraCraig            - (indicando la porta esterna della bussola a vetri) Chiudi quella porta. (Egli si volta e la chiude, ed ella si dirige ai piedi della scala, guardando su ed oltre le portiere).

Craig                             - (ritornando di nuovo nella stanza) Che  cosa c'è? (La signora Craig si volta e si dirige verso di lui).

La signora Craig           - Mio Dio, non hai veduto che cosa c'è scritto nel giornale di Fergus Passmore e di sua moglie?

Craig                             - Sì, l'ho visto.

La signora Craig           - Ebbene, che cosa ne dici, Walter?

Craig                             - (posando il cappello sul pianoforte) Non ne so molto più di te, Harriet.

La signora Craig           - Mio Dio, è una cosa terribile! Sono quasi impazzita nell'ultima mezz'ora! L'ho letto per caso nel giornale quando sono scesa, e non ti ho potuto trovare in nessun posto.

Craig                             - Ero uscito con Birbmire.

La signora Craig           -  E' la persona che era qui?

Craig                             -  Sì, voleva parlarmi a proposito.

La signora Craig           -  Non sapevo neppure se l'avessi saputo, dato che non Ime ne hai detto nulla, quando sei ritornato questa sera.

Craig                             - Quando sono ritornato, non lo sapevo.

La signora Craig           - (indicando il giornale sulla tavola) E' proprio in prima pagina.

Craig                             -  Non ho neppure veduto il giornale questa sera, finché Birkmire non! me l'ha mostrato.

La signora Craig           - Ebbene, perché non imi hai chia­mata allora, invece di precipitarti fuori di casa?

Craig                             - Non desideravo di turbarti.

La signora Craig           - (avanzandosi e camminando davanti al tavolo di centro) Ma io non potevo, essere più tur­bata di quello che sono. (Volgendosi verso di lui) Mazie ha detto che è venuto qui un uomo, e che tu sei andato via in automobile con lui... così, naturalmente, non sa­pevo che cosa pensare. Ho pensato che probabilmente eri stato arrestato o qualche cosa del  genere. (Egli h guarda interrogativamente).

Craig                             - Per quale motivo sarei stato arrestato?

La signora Craig           - Ma, in relazione con questo de­litto, naturalmente. (Facendo un passo verso di lai) Ti cerca la polizia; lo sai, non è vero?

Craig                             - Chi lo dice?

La signora Craig           - - Sono appena usciti di qui due agenti, non più di cinque minuti fa.

Craig '                           -  Agenti?

La signora Craig           - Hanno affermato di appartenere alla polizia; è tutto quello che so.

Craig                             - E per quale motivo mi cercano?

La signora Craig           - (Non sei scritto nel giornale che ti hanno visto mentre lasciavi la casa Passmore a mez­zanotte? '

Craig                             - Non c'è scritto che si tratta precisamente di me.

La signora Craig           - C'è scritto che fu veduto, un uomo mentre usciva di là, e chi altri poteva essere se non eri tu? Tu eri là, non è vera?

Craig                             - Sì.

La signora Craig           - Ebbene, questo- è sufficiente, mi sembra! (Si volta a sinistra, e passeggia dall'altra parte del tavolo, in direzione delle portiere).

Craig                             - Ma la polizia non lo sa.

La signora Craig           - Oh, non essere assurdo, Walter.

Craig                             - Chi mi ha veduto?

La signora Craig           - (ritornando vicino a lui) C'è sem­pre qualcuno che vede in casi del genere.

Craig                             - Chi può aver veduto?

La signora Craig           - Il maggiordomo ti ha veduto, nonè vero?

Craig                             - Che cosa importa?... Non mi conosceva. Così afferma nel giornale, non è vero?

La signora Craig           - Ma potrebbe riconoscere la tua fotografia.

Craig                             -  Chi gli darà la mia fotografia?

La signora Craig           -  Non parlare così forte. (Ella sì dirige verso le portiere, per assicurarsi che le persone dì servizio non ascoltino).

Craig                             - (dirigendosi alla sinistra del tavolo di centro) In ogni caso, io non credo che riconoscerebbe la mia fotografia, se pure la vedesse; è entrato nella biblioteca soltanto per pochi minuti per servire alcune bibite ed è andato via subito. E non ha avuto il mio nome, perché Fergus era seduto in [giardino, quando io sono entrato, e mi ha introdotto lui stesso. Il maggiordomo era a I letto quando me ne sona andato.

La signora Craig           - (avanzandosi verso la porta destra del tavolo) Non ti ha veduto nessun'altra delle per­sone di servizio?

Craig                             - No, per quello che so.

La signora Craig           - (avvicinandosi a lui, ed abbassando la voce) Non mi hai detto, che Billy Birkmire ti ha chiamato al telefono mentre eri in quella casa, ieri sera?

Craig                             - Sì, gli ho parlato di là.

La signora Craig           - Ebbene, il maggiordomo non ha saputo il tuo nome in quella occasione?

Craig                             - No; Fergus ha risposto al telefono personalmente dalla biblioteca.

La signora Craig           - Bene, ma quegli uomini sono stati qui in ogni caso.

Craig                             - Ma che cosa volevano?

La signora Craig           - Non ti ho detto che cosa vole­vano? Volevano vederti.

Craig                             - Hanno detto che sapevano che mi trovavo là ieri sera?

La signora Craig           - Non ricordo esattamente quello the hanno detto; ero troppo sconvolta. Ma essi desiderava sapere dov'eri, e, naturalmente, non sono stata in grado di precisarlo. (Volgendosi verso destra) Non mi sono mai trovata in una simile (situazione nella mia vita. Dove sei andato con Birkmire?

Craig                             - Nella casa di Fergus.

La signora Craig           - E per quale ragione l'hai fatto, in nome del cielo, Walter?

Craig                             - Perché ti spaventi?

La signora Craig           - E se avessi incontrato qualcuno là?

Craig                             - E se questo fosse anche avvenuto?

La signora Craig           - Desideri, che il tuo nome sia coinvolto in quest'affare?

Craig                             - Il mio nome sarà coinvolto in ogni caso.

La signora Craig           -  Perché mai?

Craig                             - Mi dici che quegli uomini sono già venuti qui.

La signora Craig           - E che cosa fa? Questo non significa niente.

Craig                             - Significa che debbono aver già associato il mio nome al delitto, non ti pare?

La signora Craig           -  No, non vuol dire niente del ge­nere; cercavano soltanto delle informazioni.

Craig                             - Ma si rivolgevano proprio, a me, per queste informazioni?

La signora Craig           - Perché tu eri uno degli amici di Passmore.

Craig                             - E' esatto. E' molto probabile che ritornino di nuovo.

La signora Craig           -  Ma tu non devi esporti neppure ad una scandalosa pubblicità. Il tuo buon senso dovrebbe dirti che cosa significherebbe se soltanto fosse fatto il tuo nome in una cosa del genere. (Voltandosi da un'altra parte e dirigendosi al tavolo di centro) Sarebbe in tutti i giornali.

Craig                             - (andando alla destra del pianoforte) Non me ne importerebbe nulla. La mia coscienza è pulita.

La signora Craig           - (andando al suo fianco) Oh, nonessere sentimentale fino all'assurdo, Walter!

Craig '                           -  Non si tratta di sentimentalismo.

La signora Craig           -  No, ma non è neppure una que­stione di coscienza. E’ semplicemente questione di di­screzione. Se non hai nulla a che fare con questa faccenda, a che cosa serve immischiartene?

Craig                             - Che cosa intendi di dire, se io non ho nulla a che fare?

La signora Craig           - (con improvvisa collera) Oh, non incominciare ad infilare tutte le parole che dico! (Si volta verso sinistra e si dirige al di là del tavolo di centro dalla parte delle portiere) Sono stata abbastanza, tormen­tata dagli interrogatori negli ultimi quindici minuti. (Craig prende una sigaretta da un astuccio che chiude di colpo. La signora Craig si volta e vede 'che è in procinto di fumare) Via, non fumare in questa stanza, Walter. (Egli getta la sigaretta dall'altra parte della stanza nel caminetto. La signora Craig l'osserva stupita, quindi guar­da lui) Ebbene, non è un bel posto per gettarci le siga­rette, non è vero? (Va al focolare e la raccoglie).

Craig                             - (sedendo sulla poltrona alla destra del piano­forte) Oh, che cosa importa?

La signora Craig           - Non la vuoi?

Craig                             -  A che cosa serve, se non la posso fumare?

La signora Craig           - (dirigendosi verso la bussola, tenendo la sigaretta lontana dalla propria persona, fra il pollice e l’indice) Vi sono molti altri posti in casa per fu­mare, se lo desideri.

Craig                             -  Non so dove siano.

La signora Craig           - (uscendo) Puoi fumare nella tua stanza, non è vero?

Craig                             - Se chiudo la porta. (Si siede pensando inten­samente. La porta esterna sbatte, ed entra di nuovo la signora Craig guardando fissamente verso le portiere) Han­no detto quegli uomini quando sarebbero ritornati?

La signora Craig           - Non ricordo... credo di sì. Hanno detto che ti avrebbero telefonato se era necessario. (An­ dando al suo fianco ed abbassando la voce) Ma, se ven­gono effettivamente, Walter, non dire nulla di più di quello che ho detto io.

Craig                             - Ma certamente non negherò che ero un amico di Fergus.

La signora Craig           - No, non devi negarlo; ma certa­mente non devi sobbarcarti ad una sequela di interroga­tori per opera degli agenti semplicemente perché eri un suo amico. (Si volta da un'altra parte e va di fronte al tavolo di centro) Vadano ad investigare presso qualche altro suo amico; non eri l'unico amico di Fergus.

Craig                             - Per quanto tempo si sono fermati qui?

La signora Craig           - Circa quindici minuti; ma mi è sembrato un secolo.

Craig                             - Che  cosa hanno detto in tutto quel tempo. Voglia chiamare Birkmire per sapere se sono andati an­che da lui. (Si dirige al telefono).

La signora Craig           - (colta dal panico) No, aspetta un minuto, Walter! (Mette il cappello di lui sul tavolo e si dirige al di là di esso) Non farai nulla del genere.

Craig                             - Perché no?

La signora Craig           - (togliendogli il ricevitore) Via, lascia stare il telefono. (Se lo tira dietro per il braccio, allontanandolo dal telefono) Ti voglio dire una cosa.

Craig                             - Che cosa c'è?

La signora Craig           - Non ti rendi conto che il nostro telefono è sorvegliato... e che sorvegliano probabilmente anche quello di Birkmire?

Craig                             - Chi lo sorveglia?

La signora Craig           - Ma come, la polizia, naturalmente. Non hai l'idea della tua posizione in questa faccenda?

Craig                             - E credi che non abbia nient'altro da fare all'infuori di ascoltare le telefonate?

La signora Craig           - Ma ne ha ascoltata una, non è vero?

Craig                             - Quale?

La signora Craig           - Quale?  (S'allontana da lui improv­visamente, si tocca i capelli, sforzandosi d'apparire indif­ferente) Che cosa hai detto?

Craig                             - Qual è la telefonata intercettata dalla tele­fonista?

La signora Craig           - Non so di preciso. Ma qualcuno deve avere ascoltato qualche cosa altrimenti quegli uomini non sarebbero venuti, non ti pare?

Craig                             - Hanno detto che la telefonista ha riferito di una chiamata fatta dal nostro apparecchio?

La signora Craig           - Non ricordo precisamente che cosa hanno detto. Uno di essi ha continuato a parlare di una telefonata, ma io ho sostenuto che si trattava di quella di Birkmire, fatta dalla casa di Fergus ieri sera.

Craig                             - Hanno detto l'ora della telefonata?

La signora Craig           - Che cosa importa l'ora, Walter?

Craig                             - Ha molta importanza.

La signora Craig           - Quello che importa di più è che il telefono è ora sicuramente sorvegliato.

Craig                             - (alzandosi di colpo, e riprendendo il ricevitore) Ebbene, desidero sapere perché è sorvegliato.

La signora Craig           - (accorrendo al suo fianco ed affer­rando il telefono) Ascoltami ora, Walter Craig; non devi usare quel telefono. (Lo guarda dritto negli occhi, poi indietreggia di diversi passi e lo guarda con sfida) Non ti permetto di trascinare il mio nome in tino scan­dalo clamoroso.

Craig                             - (strappandole il ricevitore ed applicandolo all'orecchio) Desidero constatare che parte rappresento in questa faccenda!

La signora Craig           - (alzando la voce minacciosamente) Se telefoni, io lascio la casa! (Egli si toglie il ricevitore dall'orecchio e la guarda fissamente. Una pausa) Tu sai quale interpretazione sarebbe attribuita al mio atto, nel­le presenti circostanze. (Egli lentamente attacca il rice­vitore guardandola fisso negli occhi. Quindi si muove con lentezza verso di lei).

Craig                             - Che cosa vuoi dire, affermando che vuoi lasciare la casa?

La signora Craig------- - (gelida) Intendo esattamente quello che dico. Credi che potrei rimanere in questo posto ventiquattr'ore dopo che il mio nome fosse associato con una cosa del genere?

Craig                             - Va benissimo, signora Harold, grazie mille. (La signora Harold si ritira, e Craig si dirige lenta­mente verso le portiere e la guarda finche la donna non si è allontanata sufficientemente per non udire. Poi si volta e guarda la moglie, che è rimasta immobile. S’avvicina a lei lentamente di un passo o due) Sei stata tu a telefonare. (Ella si volge verso di lui e lo guarda con una sfumatura di sfida) Che cosa facevi, mi spiavi?

La signora Craig           - (correndo verso le portiere) Non lusingarti, Walter.

Craig                             - E' questo che facevi, non è vero?

La signora Craig           - Non lusingarti. Non è ancora nato l'uomo ch'io mi degni di spiare.

Craig                             - Perché non mi hai detto la verità?

La signora Craig           - (volgendosi di colpo verso di lui) Perché prevedevo una crisi della tua coscienza senti­mentale.

Craig                             - Eri in malafede, non è vero?

La signora Craig           - Sicuro!

Craig                             - E a spese mie!

La signora Craig           - Sapevo che era necessario con te!

Craig                             - (voltandosi a sinistra, e camminando di fronte al tavolo di centro) Ah, sì!

La signora Craig           - (seguendolo) Sapevo che se ti avessi detto che ero stata io a telefonare tu avresti in­formato la polizia in meno di cinque minuti.

Craig                             - (alzandosi di colpo) Ne avevo intenzione in ogni caso.

La signora Craig           - Stupido!

Craig                             - E' precisamente dove sono andato questa sera con Bìrkmire, quando sono uscito di qui... sono andato in questura.

La signora Craig           - (esterrefatta) Oh!

Craig                             - E se non ho detto nulla, è stato perché il funzionario che si occupava del caso era andato a pranzo e non sarebbe ritornato fino alle otto. Ma glielo dirò a quell'ora! (Si dirige verso la porta).

La signora Craig           - (appoggiandosi sul tavolo di centro, e parlando minacciosamente) Ebbene, se lo fai, dovrai anche spiegare perché ti ho lasciato.

Craig                             - Questo non mi preoccuperebbe molto, Harriet.

La signora Craig           - Va bene, ma potrebbe darsi che preoccupasse quelli della polizia. (Egli si volge dì colpo e la guarda, sgomento).

Craig                             - (andando al tavolo di centro) Ascoltami, Har­riet. Perché non sei stata sincera con me, senza cercare di far comparire che ero io il responsabile della visita di quegli agenti?

La signora Craig           - Perché sapevo esattamente che cosa avresti fatto se te lo avessi detto. E questo avrebbe implicato una spiegazione del motivo della mia telefo­nata; e quindi bisognava ammettere che eri tu l'uomo ricercato dalla polizia.

Craig                             - Ma sei tu che sei ricercata dalla polizia.

La signora Craig           - Oh, non c'è bisogno che tu cerchi di addossare la colpa a me! La polizia non ricerche­rebbe nessuno dei due se tu fossi rimasto a casa ieri sera, invece di andare a giocare a carte con una com­pagnia di gente viziosa. (Si volta verso lo specchio).

Craig                             - Che cosa c'era di vizioso in Fergus Passmore?

La signora Craig           - (voltandosi verso di lui, in collera) Ci doveva essere qualche cosa che non andava, altri­menti tutta questa faccenda non sarebbe avvenuta. Tutti quelli che conoscevano Fergus Passmore sapevano che era follemente geloso della moglie; e tuttavia tu do­vevi darti bel tempo con loro. (Si dirige verso il piano­forte) Sentivo, mentre ero ad Albany, che doveva avve­nire qualche cosa inentro ero via; questa è la ragione per cui non mi sono trattenuta lassù un po' di più dello stretto necessario. Sapevo che non appena avessi voltato le spalle tu te la saresti passata coi tuoi amici di nuovo.

 (Egli la guarda con le ciglia aggrottate; una pausa).

Craig                             - E che cosa c'entrano le tue spalle coi miei amici?

La signora Craig           - Non interessartene; ti dico sol­tanto che tu non saresti andato da loro se io fossi stata qui.

Craig                             - Come avresti fatto ad impedirmelo?

La signora Craig           - Non sarebbe stato necessario. (Vol­tandosi e guardandolo direttamente) Sono diciotto mesi che non sei andato a trovarli, non è vero?

Craig                             - Sì.

La signora Craig           - Ed essi non sono neppure venuti qui, non è vero?

Craig                             - No.

La signora Craig           - (voltandosi) Ebbene...

Craig                             - (dopo breve pausa) Vuoi dire che sei stata tu a tenerli lontani?

La signora Craig           - (voltandosi di nuovo verso di lui e guardandolo dritto negli occhi) Ebbene, se l'ho fatto, il fine giustifica i mezzi; almeno tu non sei stato sospettato dalla polizia negli ultimi diciotto mesi. (Egli la fissa negli occhi per un secondo, poi si dirige di fronte al tavolo di centro).

Craig                             - Sei certamente molto sincera, Harriet.

La signora Craig           - Sì, e ne sono lieta.

Craig                             - Mia zia ha detto tempo fa che avevi scacciato di casa tutti i miei amici.

La signora Craig           - (con intenzione) Ci sono molti modi di liberarsi delle persone senza scacciarle di casa. (Craig ridacchia amaramente).

Craig                             - Ed io che pensavo che essa non ti avesse capito!

La signora Craig           - Ebbene, vedi che essa probabil­mente capiva meglio di quello che tu non la stimassi. (Egli sì volta e la guarda cupamente).

Craig                             - Forse; poiché capiva anche qualche cosa d'altro, Harriet, che può darsi sia egualmente vero.

La signora Craig           - Si?

Craig                             - Diceva che tu cercavi di liberarti anche di me... (ella gli getta un'occhiata) senza effettivamente scacciarmi di casa. (La donna ride con derisione e sì dirige verso le portiere, mentre egli la segue, alzando la voce) E credo anche che sia vero.

La signora Craig           - Abbassa la voce! Vuoi che tutti quelli di casa ti sentano?

Craig                             - L'hai ammesso col tuo atteggiamento questa sera in questa faccenda.

La signora Craig           - (guardandolo e dirigendosi verso il caminetto) Non so che cosa tu voglia dire.

Craig                             - (avanzandosi ed appoggiandosi sul tavolo) Non credo, tu sai molto bene cosa voglio dire. E sapevi anche quello che voleva dirti la zia tempo fa; per que­sto lasciasti la stanza prima che incominciasse.

La signora Craig           - Mi dispiace, ora, di non essere rimasta.

Craig                             - Perbacco, come ti conosce profondamente, Harriet! Non avrebbe potuto leggere meglio in te se tu l'avessi scritto appositamente per lei. Ed io sono stato un po' dispiacente nell'ascoltarla, pensando che probabil­mente era diventata un po' vecchia e sospettosa; partico­larmente quando disse che avevi eliminato i miei amici.

La signora Craig           - Credevi che mi facesse piacere trasformare la mia casa in una taverna?

Craig                             - (si volta verso sinistra) No: non credere che io pensi che tu non volessi i miei amici semplicemente perché giocavano a carte; non li avresti voluti anche se fossero venuti qui per tenere delle riunioni reli­giose. Non li hai voluti perché, come dice la zia, le loro visite ammettevano un'importanza a me, che non rien­trava nel tuo piccolo programma... che era quello di ridurmi in uno di quei mariti menati per il naso dalla moglie, che hanno paura di comprare anche una cra­vatta senza l'approvazione della medesima. (Si dirige alla porta di centro).

La signora Craig           - Oh, non posare da martire; anche tu hai avuto il tuo profitto in quest'affare.

Craig                             - (si volta improvvisamente a guardarla, poi ri­torna di fronte al tavolo di centro) Non l'avevo mai considerato come un affare.

La signora Craig           - Ti aspettavi che affrontassi una cosa così importante come il matrimonio con gli occhi chiusi?

Craig                             - Desideravo che tu l'accettassi onestamente come me... con lealtà... e tu sei stata in malafede fin dal prin­cipio. Ora vedo il tuo gioco così chiaramente come lo vede la zia. (Si volta e ritorna verso di lei) Mi hai sfrut­tato nel tuo subdolo e meschino sistema di sicurezza per­sonale. Ed ora mi vorresti far coinvolgere in questo du­plice assassinio... per conservare quella sicurezza. (ritorna verso il pianoforte).

La signora Craig           - (quasi in lagrime) Ho cercato di conservarmi il mio focolare; che cosa ha una donna come me oltre alla sua casa?

Craig                             - (voltandosi verso di lei) Non ha il marito?

La signora Craig           -  [Potrebbe perdere il marito, non è vero?... come molte altre donne...

Craig                             -  Non potrebbe perdere anche la casa?

La signora Craig           - No, se è stata capace di assicu­rarsela.

Craig                             - (alzando il dito con solennità) E' questo il punto, Harriet; sapersela assicurare. (Egli si volta al­trove e posa la mano sul pianoforte).

La signora Craig           - Ebbene, che cosa ci trovi da ri­dire se mi sono assicurata l'avvenire? (Va verso il re­tro della stanza, in procinto di piangere) Ho veduto quello che è avvenuto alla mia povera mamma, ed ho giurato a me stessa che non sarebbe mai accaduto a me. i(Si volta, te ritorna innanzi di nuovo) Era una di quelle donne sentimentali, che credeva tutto quello che il babbo le diceva e nel frattempo mio padre stava ipo­tecando la sua casa per un'altra donna. E quando la mamma lo scoprì, fece l'unica cosa che le donne come lei sanno fare, vale a dire morì di crepacuore... in sei mesi; per lasciare la porta aperta ad un'altra donna, che sarebbe entrata come madrigna mia e di Estella,  (si volta verso il caminetto) la quale poi si liberò di noi, non appena Estella fu in età da marito. (Voltandosi verso di lui improvvisamente) Ma la casa non fu mai ipotecata sopra la testa della mia madrigna, te lo assicuro; poiché ebbe cura che fosse a lei intestata anche prima di sposarlo; e vi rimase fino alla fine. (Va velocemente verso il fondo della stanza).

Craig                             - Perché non mi hai detto di intestare la casa a te? Sarebbe stato più onesto.

La signora Craig           - (andando verso Vangalo destro del tavolo) Non ho fatto nulla che non fosse onesto!

Craig                             - Ne sei sicura, Harriet?

La signora Craig           - Ho soltanto cercato di essere pra­tica; ma col tuo solito romanticismo vuoi farmi com­parire come una colpevole.

Craig                             - Non ti rimprovero affatto. Soltanto che non hai sposato l'uomo che fa per te, Harriet

La signora Craig           - (tagliente) Ho sposato uno stu­pido sentimentale! (Egli la guarda fissamente, ed ella sostiene il suo sguardo) Ecco chi ho sposato.

(Si volta e va alle portiere per guardar fuori) E me ne accorgo ogni giorno di più. (Una pausa, poi il signor Craig scop­pia in una risatina breve e dura).

Craig                             - Come ci comprendiamo bene ora, Harriet.

La signora Craig           - (dirigendosi di nuovo al caminetto) In ogni caso, io ti comprendo, anche se tu non mi comprendi. (Parlandogli direttamente) E dovresti rin­graziarne Dio poiché non so che cosa avverrebbe di te se così non fosse. i(Si volta verso il caminetto e improv­visamente vede il biglietto che Mazie aveva riposto dietro il soprammobile di centro. Prende immediatamente la piccola busta, ne toglie il biglietto e lo legge).

Mazie                            - (entrando) La signora Harold mi ha man­dato a vedere se venite a pranzo.

La signora Craig           -  Sì, vengo subito. Ma debbo par­larti un momento prima, Mazie. Che cos'è questo bi­glietto?

Mazie                            - Ma, è la tessera della Società, signora, per l'assistenza sociale.

La signora Craig           -  E che cosa fa qui?

Mazie                            - Ecco, Cristina me l'ha mandato circa un'ora fa per mezzo del ragazzo del sarto, per sapere se volevo pagare per lei l'assicurazione.

La signora Craig           - E non potevi trovare un posto migliore per quella carta?

Mazie                            - Ma, ero...

La signora Craig           - ... dopo che ti ho detto tante volte di non mettere nulla su quel caminetto?

Mazie                            - Sì, me l'avete detto, signora, ma quando sono entrata...

La signora Craig           -  E allora, perché lo fai? Debbo continuare a dirti la stessa cosa mille volte? Sai benis­simo che non permetto a nessuno neppure di spolverare quel caminetto. E tuttavia appena volto le spalle, tu ne fai uso come di nascondiglio per qualsiasi cosa che  capili.

Mazie                            -  La signora Harold mi ha domandato qualche cosa quando sono, entrata e...

La signora Craig           - Non mi interessa quello che ti hanno domandato; non ti scusa. (Mazie si toglie di tasca un fazzoletto e lo porta agli occhi) Ti ho detto e ripe­tuto molte volte di non mettere niente dietro a quei soprammobili; e tu lai apposta a disobbedirmi. E quando una ragazza non vuol fare quello che le si dice, la miglior cosa che possa fare è di andare in qualche altro posto dove possa fare il suo comodo. Cosi, fai il tuo fagotto questa sera, e vattene domani mattina. (Mazie la guarda, poi si volta per lasciare la sala) Ecco il biglietto. (Mazie prende il biglietto e se ne va) E di' alla signora Harold di servire in tavola, scenderò subito. (Si dirige verso le scale) Vado a vedere che cosa desidera mia ni­pote per pranzo. (Sale le scale con alterigia. A mezza strada, si volta senza fermarsi e si rivolge freddamente a Craig) Faresti meglio ad andare a mangiare, prima che il pranzo sia freddo. (Scompare in cima alle scale e Craig rimane in piedi guardando in terra. 1 suoi occhi la se­guono sino in cima alle scale, poi si volgono verso la parte destra della sala. Si posano sul soprammobile del caminetto, e lo fissano; quindi egli attraversa lentamente la sala, lo prende in mano con curiosità: poi improvvi­samente lo solleva in alto e lo fracassa sul pavimento di fronte al caminetto. Rimane a guardare i frantumi per un istante; poi prende una sigaretta dal suo astuccio e si dirige dall'altra parte della stanza verso il piano­forte. Batte la sigaretta sull'astuccio, poi tira fuori un fiammifero e l'accende gettando il fiammifero usato per terra. Poi si appoggia contro il pianoforte e fuma pen­soso. La signora Harold entra frettolosamente dalle por­tiere).

La signora Harold         - Si è rotto qualche cosa qui, si­gnore?  (Egli indica i frantumi del soprammobile con un cenno del capo e la signora Harold guarda verso il caminetto. Vede i frantumi del soprammobile, ed al­zando al cielo le mani e gli occhi, si avanza di un passo o due) Misericordia! Com'è successo, signore? E' caduto dal caminetto?

Craig                             - (senza muoversi) No, l'ho fracassato io, si­gnora Harold.

La signora Harold         - (interdetta) Apposta, volete dire

Craig                             - Si... non mi piaceva.

La signora Harold         - Vorrei che lo diceste voi alla si­gnora; potrebbe pensare che sia «tata una di noi a rom­perlo.

Craig                             - Glielo dirò io, non preoccupatevi, signora Harold. (Si raddrizza e si dirige lentamente verso la grande poltrona di fronte al caminetto, e la signora Ha­rold fa un passo o due verso le portiere, voltandosi verso dì lui).

La signora Harold         - Debbo spazzare via i cocci?

Craig                             - No, non disturbatevi orai, signora Harold. An­date pure a mangiare. (La donna si dirige verso le por­tiere, poi si ferma di nuovo).

La signora Harold         - Non venite a pranzo, signore?

Craig                             - (sedendosi) No, non desidero Ai pranzare que­sta sera.

La signora Harold         - Non volete proprio niente?

Craig                             -  Assolutamente niente. \(La donna si ritira; ed egli si siede fumando e pensando).

La signora Craig           - (dalla sommità delle scale) Sei giù, Walter?

Craig                             - Sì.

La signora Craig           - Ascolta... è caduto qualche cosa un momento fa?

Craig                             - No.

La signora Craig           - Ne sei sicuro?

Craig                             -  Si, ne sono sicuro.

La signora Craig           - Ma si è sentito un riunione di sopra come se la casa cadesse.

Craig                             - (dopo breve pausa) Forse così è avvenuto, Harriet... sono seduto, qui, domandandomelo io «tesso. (Rimane seduto fumando. Il suo sguardo vaga intorno si perde lontano).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

(La medesima scena - il mattino seguente - sono circa le otto e mezzo. Craig è ancora seduto nella grande poltrona di fronte al caminetto, addormentato. Dopo una pausa, entra dalle portiere la signora Harold, portando una larga paletta ed una scopa a manico corto. Vede Craig, lo guarda stupita, ed anche osserva i frantumi del soprammobile e le cicche delle sigarette sparse sul pavi­mento. Si volta e posa la scopa e la paletta sul sedile alla destra della scala, e dopo aver gettato un'occhiata alla sommità delle scale va ad aprire la porta di casa ed esce. La porta sbatte dietro di lei, e Craig si sveglia. Si guarda intorno, consulta l'orologio, si alza, e si rassetta gli abiti di fronte allo specchio. La signora Harold rientra in punta di piedi, portando il giornale del mattino).

Craig                             - Buongiorno, signora Harold.

La signora Harold         - (fermandosi al di là del tavolo di centro) Buongiorno, signore.

Craig                             - Debbo aver passato la notte in questa poltrona.

La signora Harold         - Sì, lo credo anch'io.

Craig                             -  Mi debbo essere addormentato.

La signora Harold         - Vi sentirete molto stanco, vero?

Craig                             - (voltandosi verso di lei) No, sto benissimo. (Indicando il giornale che la donna ha in mano) E' il giornale del mattino?

La signora Harold         - Sì, signore, sono andata a pren­derlo in questo momento.

Craig                             - Fatemelo vedere, per favore.

La signora Harold         - Sì, signore. (Craig prende il giornale e dirigendosi alla finestra in fondo lo légge avi­damente) Gradite una tazzina di caffè, signore?

Craig                             - Sì, volentieri.

La pignora Harold        - (dirigendosi alle portiere) E' pronto... (Esce ed egli rimane in piedi leggendo. Si ode il rumore di una porta che si apre al piano superiore. Il signor Craig guarda in cima alle scale, poi si dirige rapidamente alla porta di casa ed esce sul portico. La signora Harold entra di nuovo e, prendendo paletta e scopa, va verso il caminetto e si accinge a spazzare i frantumi e le cicche. La signora Craig compare sulla scala).

La signora Craig           - Signora Harold.

La signora Harold         - (raddrizzandosi) Comandate, si­gnora?

La signora Craig           - Non è ancora arrivato il gior­nale del mattino?

La signora Harold         - Sì, signora, l'ho dato or ora al signor Craig; lo sta leggendo nel portico.

La signora Craig           - (interdetta, scendendo le scale) Che cosa fa alzato così presto?

La signora Harold         - Non credo neppure che sia an­dato a letto, signora; era seduto nella poltrona quando sono entrata questa mattina, sedeva pure nella mede­sima poltrona ieri sera.

La signora Craig           - Che cosa state spazzando, signora Harold?

La signora Harold         - (raddrizzandosi) Ma... il sopram­mobile di centro che era qui, signora. (La signora Craig si dirige al tavolo, guardando con gli occhi spalancati il posto vuoto sul caminetto).

La signora Craig           - Come?

La signora Harold         -  E' stato rotto la notte scorsa.

La signora Craig           - Oh, mio Dio, non ditemi, signora Harold, che si tratta di quella bellissima stamina!

La signora Harold         - Il signore ha detto che l'ha rotta lui.

La signora Craig           - (guardando i frantumi nella paletta che la signora Harold ha in mano) Oh, mio Dio, in che modo si è rotta! E' ridotta in mille frantumi.

La signora Harold         - Dev'essere caduta per terra.

La signora Craig           - Oh, non è stata una semplice caduta, signora Harold; è letteralmente frantumata... guardate la grandezza dei pezzi. E' impossibile anche di pensare di farla aggiustare.

La signora Harold         - No, non lo credo possibile nep­pure io.

La signora Craig           - (quasi piangendo) Un oggetto meraviglioso.

La signora Harold         - E' un peccato.

La signora Craig------- - E, naturalmente, potrei ormai gettar via anche gli altri due soprammobili, poiché non hanno più nessun significato senza di questo. (Si volta altrove, vivamente addolorata, e fa alcuni passi verso la sinistra, poi improvvisamente si volta di nuovo verso la signora Harold) Come mai è accaduto, signora Harold?

La signora Harold         - Non lo so assolutamente, signora.

La signora Craig           - Suppongo che Mazie l'abbia rotto per dispetto, non è vero?... perché l'ho rimproverata ieri sera quando ho trovato quella carta che aveva messo dietro il soprammobile.

La signora Harold         - No, non l'ha rotto lei, signora, perché era in cucina con me quando l'abbiamo udito cadere.

La signora Craig           - (voltandosi altrove e camminando al di là del tavolo di centro) Ebbene, mandatela qui,  desidero parlarle.

La signora Harold         - Il signore ha detto che l'ha rotta lui... (la signora Craig si volta e la guarda) perché non gli piaceva.

La signora Craig           - Dite a Mazie che ho bisogno di vederla.

La signora Harold         - Non è più qui, signora, è an­data via.

La signora Craig           - Volete dire che se n'è andata già?

La signora Harold         -  Sì, signora, se n'è andata subito dopo colazione.

La signora Craig           - Dove è andata?

La signora Harold         - Ha detto che sarebbe andata dalla sorella sposata per un po' di tempo.

La signora Craig           - Le avete dato la sua paga?

La signora Harold         - Sì, signora, l'ho pagata ieri sera,

La signora Craig           - (voltandosi verso la porta di casa) Va bene, signora Harold. (La signora Harold esce dalle portiere, portandosi via la paletta e la scopa) Walter, per favore, vuoi venire un momento? (Si guarda di sopra la spalla, per assicurarsi che la signora Harold non possa udire, poi si volta e aspetta. Craig entra, portando il giornale) Che cosa c'è scritto nel giornale questa mattina?

Craig                             - (porgendole il giornale) Sei sana e salva. Si avanza, passa di fronte al tavolo, va allo specchio e si raddrizza la cravatta).

La signora Craig           - (avanzandosi verso il pianoforte ed aprendo vivamente il giornale) Che cosa c'è scritto?

Craig                             - E' arrivato ieri sera il fratello di Fergus da Pittsburgh, con una lettera che Fergus gli aveva scritto, rivelandogli le proprie intenzioni.

La signora Craig           - Allora, è stato Fergus...?

Craig                             - Così risulta.

La signora Craig           -  Ti ho sempre detto che era ge­loso della moglie. (Craig sì volta e la guarda).

Craig                             - L'ha fatto perché lo tradiva.

La signora Craig           - (leggendo) Suppongo che questo telegramma del fratello relativo alla lettera di Fergus sia stata la nuova informazione della quale parlò l'agente ieri sera. (Si raddrizza e parla direttamente a Craig) Ha chiamato la questura dal nostro apparecchio alle sette circa, e dopo ha detto che non sarebbe stato più ne­cessario disturbarci per il momento...

Craig                             - (dirigendosi con aria stanca verso le portiere) Che importanza ha ora, Harriet?

La signora Craig           - Ora, non ha nessuna importanza, ma poteva averne... se non avessi conservato la mia presenza di spirito e non ti avessi impedito di telefonare, e di dare spettacolo di noi tutti. (Egli ride amaramente) Puoi ridere finche vuoi, ma puoi ringraziarmi se il nostro nome non è questa mattina in tutti i giornali.

                                      - (Continua a leggere).

Craig                             - Oh, posso ringraziarti anche per qualche al­tra cosa, Harriet. Di avermi dato un nuovo nome ieri 6era... il quale mi si addice così perfettamente che ho deciso di continuare ad usarlo. Mi hai chiamato uno stu­pido romantico.

La signora Harold         - (comparendo tra le portiere) Il caffè è pronto, signore.

Craig                             - (voltandosi quietamente verso di lei) Va bene, signora Harold. (La donna si ritira ed egli la segue. La signora Craig improvvisamente solleva gli occhi e va verso di lui)

La signora Craig           - Ascolta, Walter, vieni qui un minuto. (Egli si volta).

Craig                             - Che cosa vuoi?

La signora Craig           - Ascolta. (Segue con lo sguardo la signora Harold di sopra la spalla di lui, poi abbas­sando la voce) Billy Birkmire molto probabilmente ti pregherà di andare con lui al funerale di Fergus; ma tu non andare. Il maggiordomo ti vede, ti potrebbe ri­conoscere, e non c'è nessuna necessità d'incominciare ora che tutto è finito. (Egli la guarda dritto negli occhi).

Craig                             - E' lutto quello che volevi dirmi?

La signora Craig           - (voltandosi di nuovo verso di lui) No, c'è dell'altro. Desidero sapere del soprammobile che è stato rotto ieri sera.

Craig                             - E che cosa vuoi sapere?

La signora Craig           - La signora Harold mi ha detto che l'hai rotto tu.

Craig                             - Infatti.

La signora Craig           - Ebbene, dovresti essere orgoglioso di te stesso.

Craig                             - Lo sono stato per un istante.

La signora Craig           - Come hai fatto... ti sei appoggiato contro il caminetto come fai sempre?

Craig                             - No, non è stato un incidente; l'ho rotto apposta.

La signora Craig           - Ma come, l'hai rotto apposta?

Craig                             - Ma sì, l'ho fracassato di proposito.

La signora Craig           - Per quale motivo?

Craig                             - Mi sono sentito improvvisamente eroico.

La signora Craig           - Non ti credo.

Craig                             - (voltandosi altrove) Ma è la verità.

La signora Craig           - Ma perché dovresti rompere deli­beratamente va soprammobile così bello e costoso?

Craig                             - (voltandole le spalle) Non l'ho rotto. L'ho fracassato, in mille frantumi. E poi ho fumato una siga­retta dopo l'altra finché non ho letteralmente insozzato questo tuo santuario con la cenere e con le cicche. Ero del tutto infuriato ieri sera; mi dovevi vedere.

La signora Craig           - Eri forse diventato pazzo o qual­che cosa del genere?

Craig                             - No, la mia mente era particolarmente chiara, strano a dirsi. Ieri sera hai fatto un'osservazione, Harriet, che mi ha illuminato completamente, ed ha anche illuminato te. Ed improvvisamente ho veduto... per la prima volta... ogni cosa... precisamente come si può vedere un intero paesaggio a mezzanotte nel bagliore di un lampo. Ma, disgraziatamente, il fulmine che ha seguito quel lampo ha colpito la mia casa e l'ha fatta crollare; ed io sono rimasto a sedere qui tutta la ciotte domandan­domi come avrei potuto edificarla di nuovo.

La signora Craig           - Di quale osservazione parli?

Craig                             - Hai detto che una donna potrebbe perdere il proprio marito, ma non la propria casa se era capace di assicurarsela.

La signora Craig           - Ebbene, diverse donne non hanno forse perduto il marito?

Craig                             - Hai fatto anche un'altra osservazione... quando hai detto che ci sono diversi modi di liberarsi della gente senza scacciare le persone di casa. (Sorride amara­mente) Ho veduto tutto il tuo piano, Harriet, e la relazione che ha con me. E il mio istinto di conservazione mi ha suggerito che era necessario agire immediata­mente... di instaurare un nuovo regime qui: per questo motivo ho infranto quel piccolo soprammobile... per aprire il fuoco, per così dire. (La signora Craig si volta altrove, lievemente divertita) Non mi meraviglio che que­sto ti diverta; anch'io mi sono divertito, in modo par­ticolare, quando ho ricordato improvvisamente la verità del nome che mi hai dato; e in considerazione di que­sto, l'assurdità del mio tentativo di sostenere una tale parte ulteriormente. Mi ha fatto ridere... ma mi dispiace un po' che non mi abbia veduto; in ogni modo, credo che avresti almeno apprezzato la sincerità del mio ten­tativo di continuare a vivere qui come tuo marito. (Si volta lentamente e si dirige verso le portiere).

La signora Craig           - Come dici, il tuo tentativo di con­tinuare a vivere qui come mio marito?

Craig                             - Questa parte non è per me, Harriet; so sol­tanto rappresentare una parte romantica. (Ella volge la testa quietamente e lo guarda; ed egli sostiene lo sguardo di lei per un secondo, poi esce dalle portiere ed ella rimane in piedi seguendolo con lo sguardo. Poi si dirige lentamente verso le portiere e si ferma, pensando. Si sente suonare il campanello, ma evidentemente ella non ode. Continua ad avanzarsi con lentezza, pensando ancora profondamente. La signora Harold entra frettolosa dalle portiere).

La signora Craig           - (il campanello suona di nuovo) Suona qualcuno, signora Harold.

La signora Harold         - (affrettandosi ad andare ad aprire la porta) Suppongo che sia l'uomo che viene per il bagaglio della signorina Austen.

La signora Craig           - Parte già la signorina Austen?

La signora Harold         - (fermandosi vicino alla porta) Credo di sì; ha detto ieri sera che questa mattina sa­rebbe partita il più presto possibile.

La signora Craig           - E' alzata?

La signora Harold         - Sì, signora, mi aveva detto di chiamarla alle sette. (Esce, la signora Craig la segue).

La signora Craig           - Se è l'uomo dell'Agenzia, signora Harold, fatelo passare dalla porta di servizio e ditegli di trasportare i bauli dalla scala di servizio; non  desidero che trascini dei bauli giù per queste scale. (Si dirige alla finestra a veranda a sinistra e guarda fuori).

L’Uomo dell'Agenzia   - (dalla porta principale) Sono pronti i bagagli?

La signora Harold         - Sì, sono pronti. Per favore, an­date alla porta laterale; potete trasportarli per la scala di servizio.

L'Uomo dell'Agenzia    - Da questa parte?

La signora Harold         - Sì, vado ad aprirvi. (La porta sbatte, ed ella si affretta a rientrare, dirigendosi verso le portiere).

La signora Craig           - Sono pronti i bagagli della signorina Austen, signora Harold?

La signora Harold         - Sì, signora, l’ho aiutata io ieri sera.

La signora Craig           - Ha detto dove va?

La signora Harold         - (fermandosi) Sì, signora; ha detto che per il momento va al Ritz-Carlton, ma che dopo viaggerà. (Prosegue verso le portiere) Debbo -aprire la porta al facchino. (Esce, la signora Craig rimane a guar­dare nella direzione della signora Harold, pensando, quindi si dirige verso le portiere e si ferma di nuovo, guardando fuori dalle portiere stesse. Etkel scende in fretta le scale, con cappello e soprabito).

La signora Craig           - Ethel, amia cara, che cosa fai al­zata  così presto?

Ethel                             - Non ho potuto dormire in tutta la notte. Ho aspettato di sentire che anche qualcun altro fosse alzato.

La signora Craig           - Non sei malata, non è vero, cara?

Ethel                             - No, ma debbo andare a casa immediata­mente, zia Harriet; sono troppo agitata per rimanere qui.

La signora Craig           -  Ma non puoi andare immediata­mente, cara.

Ethel                             - Debbo andare, zia.

La signora Craig           - Ma non ci sono treni, cara, sino alle nove e diciassette.

Ethel                             -  Sì, ma è circa quell'ora, non è vero?  (La signora Craig consulta l'orologio).

La signora Craig           - Manca ancora più di un quarto alle nove.

Ethel                             - Ma ci vorrà un po' di tempo per andare alla stazione.

La signora Craig           - Non più di dieci minuti, cara, col taxi; ed io ne posso avere uno in cinque minuti.

Ethel                             - (posando la borsetta sul tavolo e dirigendosi verso lo specchio) Va bene, per favore, ne vuoi chia­mare uno?

La signora Craig           - (seguendola) Certamente, cara; ma non è necessario che lo chiamiamo sin d'ora, dovre­sti aspettare alla stazione.

Ethel                             - Sono così agitata, zia.

La signora Craig           - Lo so, cara; ma ti agiti inutil­mente; avremmo certamente ricevuto notizie se fosse suc­cesso qualche cosa di nuovo.

Ethel                             - (volgendosi verso la signora Craig) Vera­ mente dovrei telefonare al signor Frederìcks per mezzo dell'interurbana, zia; si domanderà che cosa mai sia avvenuto. Poiché sono partita precipitosamente appena ricevuto il telegramma del dottor Wood, ed ho lasciato scritto in un biglietto soltanto che la mamma era molto malata. Ed egli probabilmente mi ha chiamato a casa a quest'ora, ed ha saputo che sono qui; e non saprà che cosa pensare.

La signora Craig           - Ebbene, io non me ne preoccu­perei troppo, cara.

Ethel                             - Ma «gli penserà che è ridicolo che io sia qui se la mamma è così malata. (Si ode al piano supe­riore il rumore di un baule che viene trasportato).

La signora Craig           - (lanciandosi verso le scale e salendo fino al pianerottolo) Probabilmente non ci ha neppure pensato.

Ethel                             - (andando a guardare fuori dalla finestra a ve­randa) Oh, non dirlo, zia, so che ci ha pensato. (La signora Craig batte le mani vivamente, per attrarre l'at­tenzione del facchino).

La signora Craig           -  Per favore, fate attenzione al pa­vimento.

L’uomo dell'Agenzia    - Il baule mi è sfuggito. Cre­devo che fosse più leggero.

La signora Craig           - Fate la cortesia di cercare di te­nerlo lontano da quel muro; non desidero che sia scro­stato; Ilio fatto dipingere questo aprile. (Si ode il ru­more del baule che viene trasportato per le scale dì servizio, e quindi un tonfo sordo. La signora Craig chiude gli occhi straziata, e si appoggia pesantemente sulla rin­ghiera per riaversi. Poi si volta, e rientra nella stanza) La zia di mio marito manda via dei bauli perché li aggiustino; e quei facchini sono così grossolani che non si preoccupano neanche se fanno crollare la casa.

Ethel                             - Non ho ancora avuto l'occasione di parlare alla signorina Austen.

La signora Craig           - Suppongo che si stia vestendo.

Ethel                             - Non ho neppure veduto lo «io Walter.

La signora Craig           - Credo che stia prendendo il caffè Non vuoi venirlo a prendere anche tu, cara?

Ethel                             - Non credo di poter inghiottir niente, zia.

La signora Craig           - Non dovresti, veramente, affron­tare il viaggio di ritorno senza prendere qualche cosa. E quando sarai a casa, Ethel, desidero che tu rifletta seria­mente su quello che ti ho detto circa il tuo fidanzato. Non sei ancora sposata; e se c'è da fare qualche cosa, deve essere fatto ora. Nel matrimonio non si può tor­nare indietro.

La signorina Austen      - (in cima alle scale) Sì, l'ho nella borsetta, signora Harold.

La signora Craig           - (tirando Ethel verso le portiere) Pensaci dunque. E vieni nella stanza da pranzo e per­mettimi di offrirti qualche cosa. (Escono dalle portiere. La signorina Austen scende dalla scala vestita da pas­seggio. Dà un'occhiata alle portiere e quindi prende in mano il ricevitore).

La signorina Austen      - (telefonando) Volete darmi Market 3333 per favore?  (La signora Harold scende le scale vestita da passeggio, e portando una valigia ed una valigetta) Fareste bene a portar tutto nel portico, si­gnora Harold.

La signora Harold         - (uscendo) Sì, signora.

La signorina Austen      - (telefonando) Pronti... per favore volete mandarmi un taxi a Belmont Manoir, sei otto zero, immediatamente? Sì. (Posa il ricevitore e la signora Harold entra) Il taxi s'ara qui tra pochi minuti, signora Harold, siete pronta?

La signora Harold         - Sì, signora.

La signorina Austen      - Non fareste bene a parlare delle chiavi alla signora, signora Harold?

La signora Harold         - Le ho lasciate sulla toletta, insieme alle vostre.

La signorina Austen      -  Fareste meglio a dirle che anche voi andate via.

La signora Harold         - L'ho detto al signore, questa mattina.

La signorina Austen      - Ebbene, credo che dovreste dirlo anche alla signora. Può darsi che voglia dirvi qual­che cosa.

La signora Harold         - Sì, signora, glielo dirò.

La signorina Austen      - Aspetterò il taxi qui nel porto. (Esce, e la signora Harold va verso lo spec­chio e raddrizza il suo buffo cappellino).

La signora Craig           - (entrando dalla stanza adiacente) Siete lì, signora Harold? (La signora Harold si dirige ai piedi delle scale e rimane immobile guardando le por­tiere. La signora Craig entra) Oh, vi ho cercata di la, signora Harold, desideravo di dare un po' idi cola­none a mia nipote.

La signora Harold         - Ho lasciato tutto pronto nella sala da pranzo, signora.

La signora Craig           - Dove andate?

La signora Harold         - Ebbene, vado via con la signo­rina Austen, signora.

La signora Craig           - Davvero?

La signora Harold         - Mi ha detto ieri sera che an­elava via, ed io le ho detto che anch'io me ne sarei andata molto presto; e allora lei mi ha detto che se an­davo via subito, mi avrebbe presa con se molto vo­lentieri.

La signora Craig           - E dove andate?

La signora Harold         - Ecco, prima andiamo al Ritz-Carlton e dopo dice che ha intenzione di viaggiare per alcuni anni.

La signora Craig           - E credete che sia molto delicato da parte vostra, signora Harold, andarvene in questo modo senza nessun preavviso?

La signora Harold         - Neppure voi avete dato un pre­avviso a Mazie ieri sera, signora.

La signora Craig           - Mazie non lo meritava; era una rapa/za molto disobbediente. Si è assolutamente rifiutata di lare quello che le dicevo.

La signora Harold         - Ebbene, neppure io non ho sempre fatto esattamente quello che voi mi dicevate di lare, signora Craig... e perciò forse anch'io merito di andarmene come Mazie.

La signora Craig           - Oh, certamente voi potete lare quello che volete, ma capirete che dovrò dire alla si­gnorina Hewlitt come ve ne siete andata.

La signora Harold         - La signorina Hewlitt sa tutto questo molto bene, signora; si meraviglia che non sia andata via molto tempo prima, per dire il vero.

La signora Craig           - E perché non l'avete fatto?

La signora Harold         - Ma... non c'erano bambini... è virino alla chiesa. Ma la signorina Hewlitt mi ha detto quando sono venuta, che se fossi rimasta un mese sarei stata la prima di sette.

La signora Craig           - La signorina Hewlitt ha mandato qui delle persone di servizio poco soddisfacenti.

La signora Harold         - Molte di loro hanno servito in case assai buone.

La signora Craig           - (volgendosi altrove, e dirigendosi verso lo specchio) Certamente questo dipende dal concetto che si ha di una buona casa. E suppongo che quelle che mi manderà ora non saranno migliori di tutte le altre.

La signora Harold         -  Credo che facciate un errore nel farvene mandare delle altre, signora, se vi posso dare un consiglio.

La signora Craig           - Una sola persona non può far tutto.

La signora Harold         -  Vi ho sentita ripetere più di una volta che dovevate rifare tutto quello che facevano le vostre donne dì servizio... ed allora perché non risparmiare il denaro? (La signora Craig si volta e le si avvicina).

La signora Craig           - Dove sono le chiavi?

La signora Harold         -  Le ho lasciate sulla vostra toi­lette di sopra insieme a quelle della signorina Austen.

La signora Craig           - Non dovevate lasciare altro?

La signora Harold         - Sì, signora, ho lasciato il denaro in una busta insieme alle chiavi e alla lista delle spese della settimana.

La signora Craig           - (voltandosi verso le portiere) E spero che quando ritornerete, potrete trovare un posto comodo come questo che lasciate.

La signora Harold         - (fermandosi alla porta e voltan­dosi) Non preoccupatevi per me, signora Craig; nes­suno dei miei è mai morto al ricovero. (Esce sul portico, e la signora Craig la segue con lo sguardo, sbalordita. Si sente suonare ripetutamente il campanello, e la si­gnora Craig si avanza dalla destra e guarda fissamente verso la porta di casa).

Fredericks                     - (dalla porta di casa) Buongiorno.

La signora Harold         - Buongiorno.

Fredericks                     -  Desidererei vedere la 'signorina Landreth, se è possibile. Mi chiamo Fredericks. (La signora Craig fa un rapido movimento di costernazione, poi guarda verso le portiere dalle quali si avanza Ethel).

Ethel                             - Credo sia meglio che prenda il mio bagaglio, zia, debbono essere quasi le nove.

La signora Harold         - (contemporaneamente) Oh, en­trate, prego, credo che la signorina Landreth stia facendo colazione. (La porta di casa sbatte).

Ethel,                            - (che non ha ancora visto Federìcks) Ti di­spiace telefonare per un taxi?

Fredericks                     - (alla signora Harold) Temo di essere ve­nuto troppo presto. (Eihel ode la sua voce e si ferma in fondo alle scale. La signora Craig esce furtivamente dalle portiere. La signora Harold entra insieme a Fredericks).

La signora Harold         -  Ob, venivo a chiamarvi, signo­rina Landreth; c'è il signor Fredericks che vi desidera.

Fredericks                     -  Ciao, Ethel. (La signora Harold passa dietro di lui ed esce di nuovo). Ethel,  Genio, non è successo nulla alla mamma?

Fredericks                     - Proprio nulla, cara, per quello che so io.

Ethel                             - Ne sei sicuro?

Fredericks                     - Sulla mia parola, Ethel. Non sono stato a casa tua.

Ethel                             - E allora, perché sei venuto fin qui a quest'ora?

Fredericks                     - (avvicinandosi a lei) Desideravo di ve­derti,(Ella incomincia a piangere, ed egli la prende tra le braccia) Pensavo che forse tu eri ammalata o qualche cosa del genere. Non piangere cara; ti dò la mia parola che non c'è nessuna cattiva notizia da casa tua. Ho sem­plicemente telefonato appena ricevuto il tuo biglietto, ed ho saputo che eri partita per venir qui: così ti ho chiamata con l'interurbana. Ma non ho potuto ricevere nessuna risposta soddisfacente, e non sapevo che cosa pensare. Così mi sono gettato nel treno della notte e sono arrivato qui alle otto e venti.

Ethel                             - (raddrizzandosi e toccandosi i capelli) Sono sul punto di ritornare a casa, Genio; c'è un treno che parte alle nove e diciassette.

Fredericks                     - Ti farò compagnia.

Ethel                             - Non so neppure perché sia venuta qui.

Fredericks                     - (la conduce alla poltrona alla destra del piano e posa il cappello su di esso).

Ethel                             - Da quando sono arrivata non ho chiuso oc­chio, tanto ero preoccupata.

Fredericks                     - Sono stato anch'io preoccupato per te, da quando ho ricevuto la tua lettera.

Ethel                             - E poi ho detto alla zia anche del nostro fidan­zamento, e questo mi ha conturbato anche di più.

Fredericks                     - Perché?

Ethel                             - Oh, non sembrava che lo approvasse troppo.

Fredericks                     - Ma perché?

Ethel                             - (alzandosi) Oh, per diverse ragioni, Genio... ti racconterò tutto in treno. (Si dirige alla base delle scale).

Fredericks                     - (mentre Ethel passa, egli le prende la mano) Vorrei che me lo dicessi ora, Ethel.

Ethel                             - (voltandosi verso di lui) Non c'è tempo, caro.

Fredericks                     - Ma mi fai diventare inquieto.

Ethel                             - Non è niente, Genio, di particolare. Ha detto soltanto che riteneva che io non avessi riflettuto sufficien­temente.

Fredericks                     - Che cosa c'è da riflettere, cara, in una cosa di questo genere... tutto quello che conta è che ci vogliamo bene.

Ethel                             - Ma ha detto presso a poco che dovrei con­siderare il matrimonio in un modo più pratico.

Fredericks                     - Non accetto l'argomento, Ethel; ho ve­duto che molti matrimoni ragionati sono riusciti male. E' questione di destino. Ed io ho anche i mezzi per passarmela bene.

Ethel                             - Da scapolo, sì.

Fredericks                     - Ma non credi che io sia capace di mi­gliorare le mie condizioni?

Ethel                             - Naturalmente; ma nel frattempo io non vorrei esserti di peso.

Fredericks                     - Ma tu sei il genere di peso del quale ho bisogno, Ethel. Sai che ho avuto tre promozioni da quan­do ti ho conosciuto.

Ethel                             - Sì, lo so.

Fredericks                     -  Ebbene, non lo attribuisco ad altro se non allo stimolo che mi ha dato il pensiero di spo­sarti. Ho studiato come un dannato in questi ultimi due anni con quello scopo; e Be questo scopo mi venisse a mancare... ebbene, non posso neppure pensarci, ecco tutto. (Si volge altrove verso sinistra e rimane immobile guardando fissamente dinanzi a sé. Ella pone la mano sul suo braccio).

Ethel                             - Non pensavo di non «posarti, Genio; pen­savo soltanto se non era saggio rimandare il matrimonio.

Fredericks                     - (voltandosi verso di lei) Non sarebbe cosa saggia, Ethel; non è cosa buona posporre un ma­trimonio... tante cose possono avvenire. (Improvvisamente la prende tra le braccia) Ed io non desidero che accada nulla.

Ethel                             - Non avrei più nessuno, Genio, se accadesse una disgrazia alla mamma! (Nasconde la faccia sulla sua spalla e piange a calde lagrime).

Fredericks                     - Non le accadrà nulla, diletta, e se questo avvenisse, tu non ne soffriresti più di me. (Ella continua a piangere per un momento, poi si raddrizza e preme il fazzoletto contro gli occhi).

Ethel                             - E' ora di andare, Genio, saranno ormai le nove. (Si dirige verso lo specchio, e Fredericks verso il telefono. Craig entra dalle portiere).

Fredericks                     - E' bene che chiami un taxi, non è vero?

Ethel                             - Oh, zio... ti presento il signor Fredericks. (Fredericks va incontro al signor Craig per stringergli la mano, ed Ethel va alla sinistra di Fredericks).

Craig                             - (stringendo la mano di Fredericks) Sono lieto di conoscervi, signor Fredericks.

Fredericks                     - Come state, signor Craig?

Ethel                             -  Il signor Fredericks è il mio fidanzato.

Craig                             - Bene, sono lieto di fare la vostra conoscenza.

Frederick                       - Sono molto fortunato, non è vero, si­gnor Craig?

Craig                             - Volevo dirlo. E' tutto combinato?

Fredericks                     - Lo spero, per quanto Ethel mi sembri un po' nervosa a proposito.

Craig                             - Per quale motivo, Ethel?

Ethel                             - Non sono nervosa... non è questo. Ma dicevo a Genio che ne ho parlato con la zia Harriet, e che la zia sembrava pensare che io forse non avevo riflettuto abbastanza. (Fredericks guarda Craig).

Craig                             - Su che cosa dovevi riflettere?

Ethel                             - Dice che sono troppo giovane per aver con­siderato il lato pratico del matrimonio.

Craig                             - Questo è proprio il lato del matrimonio che non dovrebbe essere preso in eccessiva considerazione: è mancanza di reciproca fiducia.

Fredericks                     - E' quello che dico ad Ethel.

Craig                             - L'unica cosa che, secondo me, dovete pren­dere veramente in considerazione è quella di essere re­ciprocamente leali. (Fredericks guarda Ethel, e Craig si dirige verso le scale) Non mi sembra che ci siano molte altre cose per preoccuparsi.

Ethel                             - Ritorniamo col treno delle nove e dicias­sette, zio Walter; sai il numero per chiamare il taxi?

Craig                             - (dirigendosi verso le scale) Non avrai biso­gno di un taxi, vado io sin oltre la stazione.

Ethel                             - Vai ora?

Craig                             - Subito, sì. Vado a prendere il cappello. Avete tutto il tempo che volete.

Ethel                             - Zio, vuoi portarmi giù la valigetta quando scendi?

Craig                             - Sì. (Sale le scale ed esce).

Ethel                             - E? sulla sedia, appena si entra. (Prende la borsetta dal tavolo e va verso lo specchio per rasset­tarsi. Fredericks guarda fuori dalle portiere poi si avan­za, abbassando la voce).

Fredericks                     - Ti ha detto la zia che ti ho telefonato ieri sera?  (Ethel si volta e lo guarda).

Ethel                             - Coll'interurbana?

Fredericks                     - Sì, li ho chiamato da Northampton ap­pena ho ricevuto il tuo biglietto. Ha telefonato prima a casa, naturalmente, e mi hanno dato il tuo indirizzo.

Ethel                             - Ed hai chiamato qui?

Fredericks                     - Sì, alle sette circa. Te l'ha detto?

Ethel                             - No, non me l'ha detto, Genio.

Fredericks                     - Ho parlato con lei. Ha detto che dor­mivi.

Ethel                             - Non avrei potuto dormire, Genio.

Fredericks                     - Le ho domandato di chiamarti al tele­fono ma mi è sembrato che non ne avesse voglia. Ha detto che eri appena arrivata e che eri molto stanca.

Ethel                             - Sì, ero molto stanca, ma poteva chiamarmi; poteva capire che avevo piacere di parlare con te. Per­ché non sapevo che cosa avresti pensato sapendo che ero qui, dopo averti scritto che andavo a casa.

Fredericks                     - L'hai veduta stamattina?

Ethel                             - Sì, ma non ne ha fatto parola. E le ho an­che parlato di te questa mattina. Le dicevo che dovevo chiamarti con l'interurbana poiché tu dovevi essere in pensiero.

Craig                             - (scendendo in fretta le scale con la valigetta di Ethel) Corro a prendere l'automobile.

Fredericks                     - (accennando alla valigetta) Debbo pren­derla io, signor Craig?

Craig                             - La lascerò qui fuori, nel portico. Ritornerò tra un minuto. Avete tempo da vendere.

Fredericks                     - (si avvicina al piano per prendere il cap­pello) Sei pronta, Ethel?

Ethel                             - Sì, Genio. Debbo salutare la zia.

Fredericks                     - Debbo aspettarti fuori? Credo che non desideri di conoscermi, Ethel.

Ethel                             - Perché no?

Fredericks                     - ... dopo quello che mi hai detto.

Ethel                             - Oh, non badarci, Genio.

Fredericks                     - Mi ha tolto bruscamente la comunica­zione, ieri sera.

Ethel                             - Desidero parlarle precisamente dì quella te­lefonata.

Fredericks                     - (uscendo) Credo che sia meglio che aspetti fuori. (Ethel guarda tra le portiere, poi si avanza pensosamente alla destra. Breve pausa. Poi la signora Craig entra furtivamente dalle portiere e si dirige alla finestra a veranda per guardar fuori. Ethel l'osserva at­tentamente, poi si dirige al lato destro del tavolo di centro).

Ethel                             - Parto, zia. (La signora Craig si volta, lieve­mente trasalendo).

La signora Craig           - Oh, credevo che fossi partita. (Va incontro ad Ethel) Non sentivo nessuno qui, e mi stavo domandando se non fossi andata via senza avvertirmi.

Ethel                             - No, parto ora.

La signora Craig           - Dov'è lo zio e il signor Fredericks?

Ethel                             - Il signor Fredericks è nel portico. (La si­gnora Craig si volta verso la porta di casa e guarda fuori) Zio Walter è andato a prendere l'automobile.

La signora Craig           - Oh, vi porta lui alla stazione?

Ethel                             - Sì.

La signora Craig           - Bene, è molto gentile... così non avrete il fastidio di chiamare un taxi. (Avvicinandosi di nuovo ad Ethel) Il signor Fredericks non ha detto nulla della mamma?

Ethel                             - No, non è stato a casa.

La signora Craig           - Perché non lo fai entrare, Ethel? mi piacerebbe conoscerlo.

Ethel                             - Credeva che forse tu non desiderassi di fare la sua conoscenza.

La signora Craig           - Ma è assurdo. Perché mai?

Ethel                             - Gli ho riferito quello che hai detto ieri sera.

La signora Craig           - Ebbene, cara figliola, parlavo solo in generale. Le mie osservazioni non erano particolar­mente dirette contro il signor Fredericks. Sono certa che lui stesso ha apprezzato la logica di quello che ho detto.

Ethel                             - No, zia, ed ha un punto di vista molto di­verso dal tuo. (Con durezza) Perché non mi hai chia­mato ieri sera, zia, quando il signor Fredericks ha tele­fonato?

La signora Craig           - Perché dormivi, cara.

Ethel                             - Non era possibile. Non ho chiuso gli occhi da quando sono qui.

La signora Craig           - Ma io pensavo che dormissi, Ethel; ho mandato Mazie alla tua camera ed ha detto che la tua porta era chiusa.

Ethel                             - Ma poteva bussare.

La signora Craig           - Ma perché mai disturbarti, cara?

Ethel                             - Perché era cosa importante per me.

La signora Craig           - Gli ho domandato se si trattava di cosa importante, e se voleva lasciar detto qualche cosa, ma mi ha risposto di no.

Ethel                             - E tu gli hai sbattuto il ricevitore.

La signora Craig           - Perché insisteva per parlarti, mentre tu non eri nelle condizioni di parlare. (Si volta e s'incammina verso la finestra a veranda).

Ethel                             - Perché non mi hai riferito questa mattina che aveva telefonato... quando ti ho detto che avevo inten­zione di chiamarlo io?

La signora Craig           - (voltandosi freddamente) Andia­mo, ti prego, cara Ethel... non risponderò più ad altre domande che riguardino il signor Fredericks. (Va alla finestra a veranda e guarda fuori) Ho avuto abbastanza da preoccuparmi per me stessa questa mattina, senza pensare al signor Fredericks. Parte con te, suppongo.

Ethel                             - (avviandosi verso la porta di casa) Sì.

La signora Craig           - (voltandosi verso di lei) Bene, sono contenta che non dovrai viaggiare sola al ritorno. Addio, cara. (La bacia) Spero che mi farai sapere subito come trovi la mamma.

Ethel                             - (tenendole la mano) Zia...

La signora Craig           - Che cosa dici, cara?

Ethel                             - (dopo una pausa e guardandola negli occhi) Zia, lo zio Walter ha intenzione di lasciarti?

La signora Craig           - Perché mai te lo sei messo in testa, Ethel?

Ethel                             - Per un qualche cosa che stava dicendo men­tre scendevo le scale stamattina.

La signora Craig           - E che cosa diceva?

Ethel                             - Parlava di una tua osservazione che gli aveva reso impossibile di continuare a vivere qui come tuo marito.

La signora Craig           - Ti assicuro che non ho neppure la più pallida idea di quello che tu dici, Ethel.

Ethel                             - E poi, poco tempo… da, quando gli ho detto che avevo intenzione di sposare il signor Frederick, ha risposto che l'unica cosa che dovevamo prendere in se­ria considerazione era se eravamo del tutto leali reciprocamente. Ed io ani sono domandata se non l'avesse sco­perto.

La signora Craig           - Scoperto che cosa?

Ethel                             - Quello che mi hai detto tu ieri sera... quando io ti ho risposto che non credevo che fosse cosa onesta. (C'è del movimento nel portico. La porta sbatte, e la signora Craig si volta con vivacità per guardare dalla finestra a veranda).

Craig                             - (dal di fuori) Pronti?

Frederick                       - (dal di fuori) Pronti. Ethel è in casa.

Ethkl                             - ((uscendo) Addio, zia.

La signora Craig           - (voltandosi e seguendola fino alla porta) Addio, cara.

Ethel                             -  Io. ti scriverò appena arriverò a casa.

La signora Craig           - Sì, cara; fammi sapere come sta la mamma.

Ethel                             -  Sì, non mancherò. (La porta sbatte).

Craig                             - Sei pronta, Ethel?

Ethel                             - Sì, vengo, zio. (Esce. La signora Craig si volta nervosamente e si dirige verso il caminetto).

Craig                             -  La tua valigetta è nell'automobile. Vi raggiun­gerò tra un minuto. (Entra in casa, togliendosi di tasca un piccolo portafoglio di cuoio con chiave, e si dirige verso le portiere).

La signora Craig           - Vai all'ufficio ora?

Craig                             - Sì, sono quasi le nove. (Esce dalle portiere, e la signora Craig lo segue).

La signora Craig           - La signora Harold dice che sei stato alzato tutta la notte; non avrai la forza di stare a tavolino tutto il giorno.

Craig                             - (dall'altra stanza) Avrò molto tempo per ri­posare ben presto. (Gli occhi della signora Craig si re­stringono, nello sforzo di sondare quest'osservazione. Sì avanza di nuovo dalla destra, lentamente e pensosamente. Craig entra, chiudendo il portafoglio con la piccola chiave, e si dirige alla porta di casa, prendendo il cappello dal tavolo mentre passa),

La signora Craig           - Hai trovato quello, che cercavi?

Craig                             - Non cercavo niente... ho lasciato soltanto la chiave della tua automobile e del « garage » insieme ad al­tre cose che lascio per te. (Si volta verso la porta) Se desideri qualche cosa da me nell'entrante settimana o nella successiva, Harriet, mi troverai al Ritz. (Ella si volta improvvisamente e fa un movimento rapido verso il tavolo di centro).

La signora Craig           - Ora ascoltami, Walter Craig, non dici sul serio quando parli di lasciare la casa.

Craig                             - Ma come, dovrei credere che questa decisione non dovesse incontrare il tuo pieno gradimento!

La signora Craig           - Ebbene, niente affatto, è una de­cisione assolutamente ridicola.

Craig                             -  Ma è assolutamente pratica.

La signora Craig           - Oh, non fare dello spirito.

Craig                             - Per tanto tempo hai deplorato la mia mancanza di praticità.

La signora Craig           - Mi piacerebbe sapere se è pratico che un uomo se ne vada e che lasci la propria moglie e la propria casa.

Craig                             - Non ho ma moglie da lasciare... poiché tu non mi hai mai ne amato, me onorato.

La signora Craig           - Ma tu mi hai sposato lo stesso.

Craig                             -  Non ti ho mai conosciuta prima, nella miavita, Harriet. E tu hai sposato una casa; e se ti fa pia­cere, farò in modo che tu l'abbia, e che possa continuare a goderla, precisamente come se io fossi qui.

La signora Craig           - (voltandosi verso il caminetto) An­che tu starai «qui, a meno che non mi sbagli.

Craig                             - Non conosci il tuo uomo, Harriet.

La signora Craig           - Lo conosco, abbastanza bene.

Craig                             - Oh, mi conoscevi abbastanza bene, te lo concedo; specialmente quando dicevi che la mia mente la­vora con molta lentezza.

La signora Craig           - Lavora adesso con molta lentezza, poiché non sai valutare l'assurdità di un gesto di questo genere.

Craig                             - Ma non hai fatto i conti con la precisione della mia mente, Harriet, quando lavora effettivamente. E si rende conto della situazione in modo così preciso da non farsi nessuna illusione circa la possibilità che io possa continuare a vivere qui.

La signora Craig           - Che cosa ho fatto ieri sera di cosi terribile?

Craig                             - Hai semplicemente scoperto il tuo gioco, ecco tutto.

La signora Craig           - Ti ho soltanto trattenuto dal com­portarti da imbecille; ecco tutto quello che ho fatto.

Craig                             - Ma tu mi hai mostrato anche in quale modo dovevo agire per non comportarmi da imbecille nel fu­turo.

La signora Craig           - Ebbene, posso «dire che non inco­minci in un modo bene auspicante.

Craig                             - Ma sarò almeno un imbecille che si rispetta; e questo non potrebbe avvenire se rimanessi qui. C'è qualche cosa in un uomo, Harriet, che credo sia la sua virilità; e tu mi hai insultato in questo senso la notte scorsa. Ed io. sarei troppo imbarazzato qui, sotto i tuoi occhi, sapendo che tu non mi hai rispettato.

La signora Craig           -  Non dici la verità, ti ho sempre rispettato, e ho sempre rispettato anche le tue idee.

Craig                             - Non cercare di smorzare il colpo, Harriet, ti assicuro che non è necessario. (Si volta verso la porta, e la donna fa un movimento verso di lui).

La signora Craig           - Dove vai? (Egli si volta e la guarda).

Craig                             - Sarebbe piuttosto interessante saperlo, Har­riet... dove vanno molti come me... fuori di moda, forse.

La signora Craig           - Va bene, che cosa vuoi fare -delle tue cose?

Craig                             -  Mi puoi mandare la mia roba, se vuoi.

La signora Craig           - (voltandosi altrove) No, non ti manderò nulla; poiché molto probabilmente ritornerai di nuovo tra una settimana.

Craig                             - Forse sarà precisamente lo stesso se non mi mandi nulla, Harriet... poiché sono piuttosto sentimen­tale nei riguardi delle cose, e potrei guardare indietro e ritornare di nuovo uno stupido sentimentale.

La signora Craig           - Oh, suppongo che non mi perdo­nerai mai di averti chiamato così.

Craig                             - No, non c'è cosa al mondo che io non ti per­donerei, Harriet; per questa ragione non sarà necessario dia io ritorni di nuovo qui; non c'è niente da fare. Sup­pongo che sono forse vapo' antiquato... desidero che si abbia fiducia in me... e tu non hai mai avuto fiducia.

La signora Craig           - Non avrò fiducia in nessun uomo dopo quello che ho veduto.

Craig                             - Non ti biasimo.. Ma mi meraviglio che, mal­grado tutta la tua saggezza, non ti sia mai venuto in mente che non si può fare un giuoco disonesto per un tempo indefinito.

La signora Craig           - Non ho fatto nessun giuoco diso­nesto.

Craig                             - Forse no, secondo le tue teorie; ma io credo di sì. Ed io credo che tu lo sappia. Ed è questo lo sco­glio sul quale entrambi abbiamo fatto naufragio, Harriet. Se il caso, dei Passmore non ti avesse rivelato, ti avrebbe rivelata qualche altra circostanza: cosi potevo andarmene domani come oggi. Addio, Harriet. (Esce; ella si appog­gia sulla tavola. La porta di casa sbatte. La donna si di­rige alla finestra a veranda e lo guarda salire in automo­bile, poi ella va alla finestra a destra e lo guarda mentre passa per la strada. Quando scompare, gira lo sguardo di nuovo per la stanza e si accorgo, di due piccolissimi frantumi del soprammobile vicino al caminetto. Si china e li raccoglie, allontanando col piede gli altri invisibili frantumi che possono ancori trovarsi sul pavimento. Poi guarda i due soprammobili superstiti sul caminetto, e cerca di poterli disporre in modo definitivo. Li mette all’estremità del caminetto, ad uguale distanza, e si allon­tana per osservarne l'effetto. Il campanello suona ripetu­tamente. Ella si volta e si avvia per aprire la porla).

La voce pel Fattorino - (alla porta di casa) Un tele­gramma per la signora Craig. (Firma la ricevuta, la porta sbatte e quindi ella rientra, aprendo il telegramma. Legge il telegramma, guarda lontano per un secondo, pensando... guarda il telegramma di nuovo, e scoppia a piangere... abbandonandosi sulla sedia alla destra del pianoforte. Piange a calde lacrime per un momento, poi apre di nuovo il telegramma e lo rilegge. La signora Frazier compare sulla soglia, vestita di grigio, portando tra le braccia un fascio dì rose bianche. Si avanza con aria interrogativa).

La signora Frazier         - Buongiorno, signora Craig. (La signora Craig non la ode) Buongiorno. (La signora Craig la guarda trasalendo, si alza nervosamente e si dirige di fronte al tavolo di centro, facendo correre la mano da­gli occhi ai capelli) Spero che mi perdonerete se sono entrata senza suonare, ma credevo che la signorina Austen fosse nel portico, ed io desideravo di darle queste rose. (Porge le rose alla signora Craig) Le avevo detto ieri che gliene avrei portate alcune; mi aveva detto che le piacevano tanto le rose bianche; ed io ne ho un infinità in questo momento.

La signora Craig           - Non Mio ancora veduta questa mattina.

La signora Frazier         - (voltandosi) La signorina Austen mi ha detto ieri che vostra sorella stava molto male.

La signora Craig           - (incominciando a piangere di nuovo) E' morta questa mattina alle sei.

La signora Frazier         - Mio Dio, che sciagura.

La signora Craig           - Ho appena ricevuto il telegramma.

La signora Frazier         - Mio Dio, mio Dio è troppo straziante!

La signora Craig           - Non avevo neppure l'idea che fosse così malata, altrimenti non sarei ritornata a casa.

La signora Frazier         - Mio Dio, mio Dio, mi dispiace tanto. Se l'avessi saputo, non vi avrei certo disturbata.

La signora Craig           - Non fa nulla.

La signora Frazier         - Sono veramente addolorata.

La signora Craig           - Grazie.

La signora Frazier         - Se posso esservi utile in qual­che cosa...

La signora Craig           - Mille grazie; non credo che ci sia nulla da fare per nessuno.

La signora Frazier         - Suppongo che ritornerete là, non è vero?

La signora Craig           - Non «o se ne avrò la forza; per dirvi la verità, signora Frazier, mi sento esausta. Darò queste rose alla signorina Austen appena la vedrò.

La signora Frazier         - Grazie. (Si dirige verso la porta) Sono molto dispiacente. Ritornerò.

(Esce; la signora Craig rimane immobile finche non ode chiudersi la porta di casa. Poi si avvicina alla porta e la chiude a chiave. Quindi si volta, si avanza di pochi passi, e rimane in piedi tenendo le rose strette al petto e guardando lon­tano. Un orologio in una stanza attigua batte le nove con triste suono. Dopo il quarto colpo, i suoi occhi vagano nella direzione dell'orologio, ed ella si muove lentamente in direzione delle portiere. Poi si avanza verso destra, con passo incerto e si dirige verso il pianoforte. Diversi petali di rose cadono sul pavimento. Rimane presso il pia­noforte per un istante guardando fuori dalla finestra a ve­randa, poi ritorna sui suoi passi. Guarda senza vederli i petali sparsi, prosegue verso le portiere, getta un'occhiata nelle stanze vuote, e finalmente si ferma. Alcuni altri pe­tali cadono sul pavimento. Il sipario incomincia a discen­dere con grande lentezza. Ella si volta desolata e ritorna di nuovo con passo incerto verso il pianoforte, stringen­dosi le rose al petto, con gli tocchi sbarrati e pieni di disperazione).

FINE