La moglie ingenua e il marito malato

Stampa questo copione

La scena si apre su un salotto bene arredato in penombra si vede un uomo in veste da camera seduto su una poltrona che si sta

La moglie ingenua e il marito malato

Commedia in 3 atti di Achille Campanile

riduzione di

Alessandro Ragona

Arte della Commedia

Associazione no profit di cultura e spettacolo

mail@carrettella.it


Atto I

La scena si apre su un salotto bene arredato in penombra si vede un uomo in veste da camera seduto su una poltrona che si sta specchiando. Lentamente le luci svaniscono. Alla luce piena Si vede la portinaia che sta parlando piuttosto alterata al telefono

SCENA I

PORTINAIA         No, mi dispiace, il professore non è in casa. Eh non so cosa dirvi, non è qui…Vi dico che il professore non c'è: è partito.

Entra d'impeto Rune con la testa fasciata e prende il telefono alla portinaia:

RUNE                    Signor Balestra, non sono partito, ma non posso riceverla. Sto male… sì, so che i teatri sono già affittati, i manifesti stampati, gli annunci spediti, ma io non pos­so muovermi. Almeno per oggi…Non lo so, per ora. Spero a presto. Forse più tardi potrò darle una risposta. Non è colpa mia, le assicuro. Un caso di forza maggiore… dovrei pagare la penale? E va bene. Lei fa delle minacce. Vuol dire che incaricherò della cosa il mio legale. Io  sono una persona seria. Buongiorno.(attacca il telefono e ricompone un altro numero) Che energumeno… Purtroppo, non ha tutti i torti…
Siete voi, signora Jolanda? Càpita un fat­to molto noioso... Be', vorrei che veniste qui. Ho telegrafato ad Adele e vorrei che ci foste anche voi, quando arriverà... Vi spiegherò a voce. Grazie. (Riaggancia). Signora Luisa, fatemi il favore di re­stare qui, almeno finche non arriva mia suocera; io non posso andare ad aprire la porta.

PORTINAIA         Va bene.

RUNE                    Non parlate con nessuno, mi raccomando. (Fa un altro numero al telefono) :  Studio dell'avvocato Karlsar? Sono il pro­fessor Rune... È fuori? Favorisca dirgli, appena torna, se per favore mi telefona o passa da me, che ho urgenza di parlargli. Grazie, buongiorno.

                               Uscita a una scampanellata, la portinaia rien­tra con un signore dalla barba bianca.

PORTINAIA         Professore  c'è il dottore.

RUNE                    Venga, venga. E portate una bacinella di acqua.

Rune e il dottore entrano nella stanza di Rune mentre s'affacciano timidi il nob. Carl'Andrea Valem e il ba­rone Hauffmann, rispettivamente inquilini del pia­no di sotto e di sopra. 

VALEM                Pst! Pst!  Luisa!  Signora portinaia, senta!

PORTINAIA         Un momento, signor Valem.

HAUFFMANN     Portiere! Pasquale!

PASQUALE         Debbo andare in farmacia, signor barone.

AMAND               Fate spedire anche questa.

Il portiere  correndo si scontra con la moglie.

PORTINAIA         Bada dove cammini, asino! 

AMAND               Presto, ancora acqua calda! 

VALEM                Signora portinaia, io desidero, voglio, esigo sa­pere che cosa sta accadendo in questa casa e quan­to c'è di vero in quello a cui m'avete accennato. (La portinaia non lo degna di uno sguardo) È irritante. Non ti dà nem­meno retta. Come parlasse l'ultimo imbecille della terra.

HAUFFMANN     Ne più ne meno… Ma è poi sicura la cosa? 

VALEM                A me l'ha detto la portinaia. Sapete, la mia famiglia è in villeggia­tura e la portinaia mi fa i servizi. Stamattina quand'è venuta mi dice: "L'inquilino del piano di sotto sta male". "Ah, sì", dico; "che ha?". “Co­sì, così e così’’,. Lì per lì non volevo crederci. Sono sceso, ho trovato la porta socchiusa ed eccomi qua.

HAUFFMANN     Tale e quale al caso mio, sol­tanto, la portinaia mi ha detto: "l'inquilino del piano di sopra" invece che di sotto.

VALEM                Già, voi abitate sotto io sopra. Sono sceso...

HAUFFMANN     Io, invece, sono salito. Per sentire se potevo essere utile. E anche per la stranezza del caso, voi capite.

VALEM                Ma qui non si riesce a saper nulla, almeno ci fosse una cameriera. Niente. Tutti in villeggiatura.

La portinaia arriva dalla cucina con una ba­cinella piena d 'acqua.

VALEM                Signora portinaia, sentite una cosa.

Senza rispondere, la portinaia entra nella stan­za da letto e si chiude la porta alle spalle. Si sente suonare il campanello della porta. Dalla camera esce il portiere.

AMAND               (affacciatosi dalla porta) E fate spedire anche questa (consegnandogli un foglio).

Entra nel salotto e si dirige gemendo alla stanza da letto, Jolanda, una vecchia e distinta signora

VALEM                La suocera (L'altro lo guarda con occhio spento). La mamma della moglie.

HAUFFMANN     Ho capito.

Oltre la porta chiusa si sente un piccolo grido d'angoscia, evidentemente della signora Jo­landa.

VALEM                Sentite?  Dev’essere impressionantissimo.

HAUFFMANN     Io non ci credo se non lo vedo.

VALEM                E io sto sui carboni ardenti, intendiamoci, io non sono curioso…

Dalla camera esce la portinaia.

AMAND               (affacciandosi) Portate anche degli asciugamani.

PORTINAIA         Una cosa alla volta, santo cielo.

VALEM                Signora Luisa, volete fare il santissimo piacere di sentire una parola, sì o no?

La portinaia attraversa il salotto senza voltarsi.

HAUFFMANN     Ma come è successo? 

VALEM                Pare  che ieri sera do­vesse partire. Pare. Almeno a quanto ho potuto capire dal discorso della portinaia.

HAUFFMANN     A quanto pare, fate dei discorsi lunghi con Luisa, signor Valem.

VALEM                Mentre spolvera, barone.

HAUFFMANN     Allora bisogna pensare che ci sia molta pol­vere in casa vostra.

VALEM                Ma che c'entra questo? Non sarete per caso geloso della portinaia?

HAUFFMANN     Geloso? Per quale ragione? Mi rassetta la casa, come a voi. E così mi dicevate che il professor Rune doveva partire per il mare.

VALEM                Come ogni settimana. Un'ora di viaggio. Era andato alla stazione e aveva perfino preso posto in treno.

HAUFFMANN     E come s'è accorto? 

VALEM                Lo specchio. Lo specchio dello scompartimento.

La portinaia rientra e si dirige verso la stanza da letto con le braccia cariche di biancheria,

HAUFFMANN     Sono lunghe?

VALEM                Due affari di mezzo metro l' uno (accompagnando la frase con un gesto espressivo del braccio)

HAUFFMANN     Le solite esagerazioni  saranno probabilmente due piccole protuberanze.

VALEM                Protuberanze?  Corna. Corna bell’e buone. Un paio di corna fantastiche.

Esce nuovamente dalla camera la portinaia, mentre il dottore le parla dall’uscio socchiuso:

AMAND               E portate le pezzuole col ghiaccio.

VALEM                Le pezzuole col ghiaccio! Sono pannicelli caldi con affari di quel genere.

SCENA II

Dalla portinaia vengono introdotti nel salotto un signore e una si­gnora con valigie: il professor Ottavio, fratello del professor Rune, e sua moglie Olga.

PORTINAIA         Il professore non riceve nessuno.

OTTAVIO             Gli dica che il fratello e la cognata hanno pensato di accompagnarlo nel suo giro di con­ferenze

PORTINAIA         Aspettino qui (entra in camera da letto).

VALEM                Permettono?

VALEM + HAUFFMANN   L'inquilino del piano di sopra/sotto.

VALEM + HAUFFMANN   Io abito al piano di sopra/sotto.

VALEM                Sbaglierò,  ma ho l'im­pressione che, almeno per ora, il giro di confe­renze non si farà.

OTTAVIO             Perché?

VALEM                Non sanno niente? Il professore ha le corna.

OTTAVIO             E che vuol dire? sarebbe bella... Le corna?

OLGA                   Ma non dite sciocchezze!  Conosco troppo bene mia cognata. È una calunnia.

VALEM                Non mi sono spiegato, non si tratta di corna metaforiche. A suo cognato, da ieri sera, sono spuntate due escrescenze sulla fronte.

OTTAVIO             Eh?

HAUFFMANN     È una malattia.

OLGA                   Lei scherza.

HAUFFMANN     Glielo assicuro. Una cosa nuova negli an­nali della medicina.

OLGA                   Ma che dite? Che annali?

OTTAVIO             Già, è vero, in quali annali? Non ci sono nemmeno annali per queste cose. Comunque, ci dovrebbero essere... Ma anche lui, benedetto uomo, poteva prendere delle precauzioni.

OLGA                   Che precauzioni vuoi che prendesse? Dici cose che non stanno ne in cielo ne in terra.

s'apre la porta della stanza da letto ed esce Jolanda, la suo­cera del professor Rune.

JOLANDA            Zitti, non vuole che si sappia.

OTTAVIO             Ma se lo sanno tutti, ormai.

VALEM                Insomma, è vero che il professore ha...

TUTTI                    Ssss!

JOLANDA            Due cornetti così, in fronte. È una cosa impressionante

VALEM                Ma che razza di male è?

JOLANDA            Il medico non ne sa niente. Scusate, io biso­gna che mangi qualcosa, perché quando ho un'emo­zione debbo mangiare.

OLGA                   E così,  ecco che la nostra villeggiatura va a monte.

OTTAVIO             Speriamo di no, (a Valem) Non sarà un male contagioso?

OLGA                   Andiamo,  contagioso! Almeno non ti far sentire quando dici simili be­stialità.

OTTAVIO             Mia cara, è un male nuovo. Che possiamo sapere noi se si attacca o no?

HAUFFMANN     È giusto

OLGA                   Ma è un fenomeno eccezionale. Come volete che si attacchi?

VALEM                E la moglie non sa niente?

JOLANDA            Niente. È al mare da quindici giorni.

OTTAVIO             Ahi,

OLGA                   Che c'entra? Tu non apri bocca che per dire sciocchezze.

OTTAVIO             Riconosco che è una sciocchezza, ma non si può fare a meno, davanti a un male di questo genere, di pensare alla moglie.

VALEM                Che dite? Anche mia moglie è al mare.

OTTAVIO             D'accordo, d'accordo, la cosa non c'entra. A buon conto, però, io mia moglie me la tengo qui. Non la mando al mare sola. (alla moglie) No? Faccio bene? Il fenomeno è in­dipendente, ma le precauzioni non sono mai trop­pe.

OLGA                   Vuoi finirla di dire sciocchezze?

VALEM                (ad Hauffmann) Che ragionamenti cretini! Come se sua mo­glie non potesse cornificarlo anche in città.

OLGA                   Povera Adele.

JOLANDA            Povera figlia mia, così candida!

OTTAVIO             Che idea! invece che l' ammalato si commisera la moglie.

OLGA                   Ma certo, un male simile è una disgrazia anche per la moglie. Sappiamo tutti che la cosa non c'entra, ma uno sente dire: “Il tale ha le corna”, e, voi sapete, il mondo è cre­tino.

VALEM                Ne abbiamo già avuta qualche prova (fissando con occhio osti­le Ottavio)

JOLANDA            Fortunatamente, mia figlia è al disopra d'ogni sospet­to. È il ritratto del candore e dell'innocenza. Una bambina.

OLGA                   Ma che discorsi stiamo facendo? Sappiamo tutti che Adele è la moglie ideale.

JOLANDA            Lo so, lo so, ma si fa presto, in un caso simile, a fare dell' ironia, dello spirito di cattiva lega. (fissando con occhio osti­le Ottavio)

OLGA                   Adele ha saputo?

JOLANDA            Le è stato telegrafato, e deve arrivare in mattinata. Ma non sa nemmeno di che cosa si tratta.

OTTAVIO             Non le è stato spiegato?

JOLANDA            Non si poteva telegrafarle: Tuo marito ha le corna.

OTTAVIO             Figuriamoci come sarà sorpresa.

JOLANDA            Ah sì. Sarà un brutto colpo per mia figlia, (fissando sempre Ottavio) caro signore.

OTTAVIO             Ma, signora Jolanda, non ci siamo capiti. Qui si ha l'aria di credere che io creda chi sa che cosa. Non sono un cretino e capisco bene che è una malattia.

JOLANDA            Voi capite bene, ma non è lecito, caro professore, scherzare sul­le disgrazie. (rientra nella camera del malato)

OLGA                   Ha ragione, tu hai il dono dell'inopportunità. Sempre.

OTTAVIO             Olga, ti prego, non siamo soli.

OLGA                   Ringrazia il cielo che non siamo soli

OTTAVIO             Olga…

SCENA III

Entra la signora Jolanda, accompagnando il dottor Amand che se ne sta andando.

JOLANDA            Signori, mio genero ha bisogno di tranquillità e prega tutti di andarsene; (rivolta a Olga e a Ottavio) meno voi, che potete restare. Per favore, signori. (I vicini di casa se ne vanno, Jolanda prosegue rivolta al dottore) È una cosa grave, dottore?

AMAND               Signora mia, che volete che vi dica? È la pri­ma volta che mi càpita un caso simile e credo che esso non abbia precedenti. Certo, tutto può essere grave. Ma, da un primo esame, non mi sembra una cosa gravissima. Noiosa, questo sì. È una curiosa anomalia improvvisa. In ogni modo non v'impensierite troppo, cara signora. In fondo, a rigor di termini, le corna non sono una malattia vera e pro­pria.

JOLANDA            Ma sicuro. Altrimenti un cervo dovrebbe sta­re malissimo.

AMAND               Forse tutt'è che l’organismo s'abitui a sop­portare le corna.

PASQUALE         È quello che dico anch'io, (arrivando dalla farmacia coi medicinali ordinati).

AMAND               Voi v'intendete di medicina?

PASQUALE         No, ma m'intendo di corna.

JOLANDA            Dottore, da che cosa può dipendere?

AMAND               Anche questo è per me un mistero, finora, Non ne so nulla. For­se su questo terreno voi o la moglie siete più infor­mate di me.

JOLANDA            Come sarebbe a dire?

AMAND               Ma sì: nella famiglia del professor Rune non c'è mai stato un caso simile?

JOLANDA            Che io sappia, no. La buonanima del padre di Silvio non ebbe mai le corna. In ogni modo, do­manderò alla vedova.

AMAND               Quanto all'amputazione, come ho già detto a vostro genero, io non posso prendermi da solo questa responsabilità. po­trebbero nascerne complicazioni anche gravi. ­

JOLANDA            Senza dire, che se la radice resta, le corna potrebbero sempre rispun­tare.

AMAND               Per questo non voglio agire da solo. Basta, tornerò più tardi per un consulto col professor Ka­lin per vedere se è possibile e consigliabile un inter­vento. Vostro genero vuol essere operato a ogni costo. Capisco la sua impazienza, ma bisogna an­che esser prudenti. Intanto, fategli prendere le pillole che gli ho ordinato.

JOLANDA            Può alzarsi?

AMAND               Ma sì, l'ho detto anche a lui. L 'organismo è sanissimo. A più tardi. Fisserò l'appuntamento col professor Kalin.

JOLANDA            Per oggi stesso, possibilmente. Mio genero ha fretta.

AMAND               Spero per il pomeriggio. Arrivederla, signora Jolanda.

VALEM E HAUFFMANN   pst, pst, Dottore.

VALEM                Si attaccano?

AMAND               Ritengo di no.

VALEM                Grazie, ci toglie un peso dal cuore.

Nel salottino si ritrovano soli la signora Jolanda, Olga e Ottavio.

SCENA IV

JOLANDA            Sono andati via tutti. Silvio, puoi venire… Povero Silvio, chi sa come soffri!

RUNE                    Non mi danno nessun fastidio, non le sento neppure.

OTTAVIO             È un cornuto contento.

RUNE                    Quello che secca è l'idea d'averle, il ridicolo.

OTTAVIO             Non è contento … Ha ragione. Guardatelo lì: sembra uno stambecco.

OLGA                   Ottavio,  Ottavio...  Ottavio, quanto faresti meglio a stare zitto!

OTTAVIO             Ma la finisci?, Ho messo il tutore. Non posso aprir bocca che mi dà sulla voce.

OLGA                   Non fai che dire bestialità.

OTTAVIO             Sentitela, la sapiente. Quando parla lei, parla l'oracolo.

OLGA                   Oh, basta.

RUNE                    Che razza di male doveva capitarmi, tra poco tutti sapranno, ammesso che già non sappiano. Perché queste cose fanno presto a circolare.

OTTAVIO             E come!

RUNE                    Mi pare di sentirli, i commenti della gente. Le risate. Tra poco avranno il gran fatto da rac­contarsi: "Sapete, il professor Rune ha le corna" Sì, sono spuntate stanotte.

OTTAVIO             Con chi te la vuoi prendere? Con tua mo­glie?

RUNE                    Che c'entra mia moglie?

OTTAVIO             Sai, trattandosi di corna....

JOLANDA            E insiste, io non lo posso sentire. Bisogna che vada a mangiare qual­cosa.

OLGA                   Vengo anch'io, se no litigo con mio marito

RUNE                    Ti prego di non far dello spirito  tra l' altro mi vergogno di farmi vedere da mia moglie così.

OTTAVIO             Sarebbe il colmo: un marito che chiede scusa alla moglie perché ha le corna.

RUNE                    Mi secca che mi trovi in queste condizioni.

OTTAVIO             Potresti farti una fasciatura.

RUNE                    Già, mi faccio trovar fasciato. Per far venire un accidente a Adele quando arriva.

Entra il portinaio con la posta.

RUNE                    Per favore, fate un salto giù dal cappellaio e ditegli di mandarmi un cappello a cilindro della mia misura. Lui la conosce.

PASQUALE         Sissignore.

OTTAVIO             E vuoi ricevere tua moglie in cilindro?,

RUNE                    Almeno che non le veda subito. Voi la preparerete a poco a poco. Ditele una storia qualunque. Adele è talmente ingenua che crede qualsiasi cosa…E intanto,  io non potrò uscire di casa. Non potrò farmi vedere dalla gente così. Pro­prio adesso che dovevo fare il giro di conferenze.

OTTAVIO             Di'? Non avrai mica intenzione di mandarlo a monte?

RUNE                    Ti pare che possa presentarmi in pubblico?

OTTAVIO             Anzi! Figùrati quanta gente verrebbe. Sei un fenomeno. Un caso interessantissimo.

RUNE                    Ma sentitelo quante bestialità dice!

OTTAVIO             Un così bel tema: La fedeltà in amore.

RUNE                    Bellissimo. Ma posso presentarmi a parlare della fedeltà in amore con le corna?

OTTAVIO             Ti do un'idea. Cambia il titolo in: L 'infedeltà in amore.

RUNE                    Non dire bestialità.

OTTAVIO             E allora potresti farti un turbante. Ti fingi rajà indiano.

RUNE                    Che sciocchezze stai dicendo?

OTTAVIO             Ma senti, ogni cosa che dico io è una scioc­chezza, secondo te?

Rientrano Olga e Jolanda

OLGA                   E anche secondo me.

Ottavio si volge alla signora Jolanda.

OTTAVIO             Anche secondo voi?

JOLANDA            Eh, sì.

Rientra il portinaio

PASQUALE         Il cappellaio ha mandato di­versi cilindri perché scelga: da sera, da mattina, da pomeriggio, da nozze, da funerali. Questo è per le corse ad Ascott. Dice che questo è il più elegante.

OTTAVIO             Pare anche a me.

RUNE                    M'importa poco dell'eleganza, purché possa ficcarci le corna. Questo non entra. Questo nemmeno. Questo è stretto. Ecco, questo.  (si prova il cappello davanti allo specchio. Poi, rivolgendosi al fratello) Fin da ragazzino, ti ricordi? ho avuto sempre una fronte sporgente,  tutti dicevano: “È intelligenza”. Che intelligenza? Erano corna.

OTTAVIO             E per le conferenze, che farai?

RUNE                    Naturalmente, non voglio dire che ho questo male. L'impresario minaccia una penale. Ho pre­gato il mio avvocato, Karlsar, di venire qui, ma non voglio che veda quello che ho.

PASQUALE         C'è di là un signore che domanda se abita qui il professor Rune. Che debbo dire?

RUNE                    E non lo sapete che abito qui?

PASQUALE         Sì, ma non so se volete riceverlo.

RUNE                    Fatevi dire chi è.

PASQUALE         Me l'ha già detto.

RUNE                    E perché non me lo dite allora?

PASQUALE         Non sapevo se voleste saperlo.

RUNE                    Ditemelo.

PASQUALE         È l'avvocato Karlsar.

RUNE                    Non gli avete detto niente della mia ma­lattia?

PASQUALE         Me ne sono guardato bene.

SCENA V

RUNE                    Che passi. Lo sto aspettando. È il mio legale. (si mette il cilindro  fingendo di guardarsi allo specchio)  vieni, vieni. Non ti stupire se mi trovi così. Debbo andare a un matrimonio e stavo vestendomi.

sulla porta appare Karlsar in abito da cerimonia e anche lui in cilindro.

RUNE                    Anche tu...?

KARLSAR            Anch' io… vado a un matrimonio. Non sarà per caso lo stesso?

RUNE                    No, no…  Non fare complimenti, tieni pure in capo.

KARLSAR            Ci mancherebbe altro

RUNE                    Io non lo tolgo.

KARLSAR            Sei sempre l'uomo dalle idee bizzarre, che idea, cominciare a vestirti dal cilindro, mentre sei ancora in veste da camera.

RUNE                    Occupati dei fatti tuoi.

Karlsar, rimane un po' smontato per la rispostaccia.

RUNE                    Scusami, sono un po' nervoso.

KARLSAR            Figùrati. Non volevo offenderti. Che marca è il tuo? Permetti?

Karlsar allunga la mano per esaminare nell' in­terno il cilindro del professore.

RUNE                    No, (urla, ghiacciandolo con un'oc­chiata e afferrandogli il polso in una stretta ferrea), non permetto.

Impressionato per lo scatto, Karlsar ritira il polso, stropicciandoselo vigorosamente.

KARLSAR            Accidenti, m’hai mezzo storpiato, non credevo che la prendessi su questo tono.

RUNE                    Scusami tu. Ti ho detto che sono nervoso.

KARLSAR            Be', dimmi in che posso servirti.

RUNE                    Dovevo partire per un ciclo di conferenze.

KARLSAR            Lo so.

RUNE                    Viceversa, è sopravvenuto un impedimento e debbo rimandare non so a quando. L'impresario minaccia di farmi pagare una penale e io...

KARLSAR            Non vuoi pagare, è evidente. Ma ti faremo  pagare!

RUNE                    Che dici?

KARLSAR            Ah, già, tu non sei l'impresario. Confon­devo.

RUNE                    Vieni di là, ti mostrerò il contratto. Vedi se c'è qualche appiglio.

KARLSAR            Lascia fare a me.

I due passano in un'altra stanza.

OLGA                   Allora?

OTTAVIO             Allora che?

OLGA                   Si parte?

OTTAVIO             Macche!

OLGA                   Ho già capito, mi farai fare la villeggiatura in città. Tutte le mie amiche sono partite.

OTTAVIO             E tu resti. Perché io non faccio andare mia moglie sola. Vedi quello che succede.  Pazienza. Resteremo in città.

OLGA                   (Rassegnata, va al telefono):  Per favore, vorrei parlare con la signorina Moller. Grazie... Isabella, sei tu? Non parto più, almeno per ora... Non so... Sì, possiamo vederci oggi. Al solito... Ciao... Pazienza.

OTTAVIO             Questa signorina Moller sempre tra i piedi,

OLGA                   Ti dà ombra anche un'amica?

OTTAVIO             È una sfaccendata.

OLGA                   È una persona più che rispettabile, che la­vora.

OTTAVIO             Bel lavoro! Una donna investigatrice.

OLGA                   E che male c' è? Non mi seccare.

Rientrano Rune e Karlsar

KARLSAR            L'impedimento di che genere è?

RUNE                    Cose personali.

KARLSAR            Potresti allegare ragioni di salute. Scrivo io  all' impresario. Mi farò avere un certificato medico. Però, ti consiglio di non farti vedere in giro, almeno per oggi. Devi proprio andare a questo matrimo­nio?

RUNE                    Forse potrei farne a meno. Sono sempre cose noiose.

KARLSAR            A chi lo dici! Potessi anch'io non andare. Ma non posso.

RUNE                    Perché?

KARLSAR            Sono lo sposo…

RUNE                    Ti sposi oggi? Se l'avessi saputo, non ti avrei scomodato.

KARLSAR            Per gli amici si fa altro che questo. Sai chi sposo? La Ferenczy.

RUNE                    La ballerina famosa?

KARLSAR            Sì. Regolo una vecchia situazione. Ho una paura tale che mi metta le corna! Sai, queste artiste sono capricciose, c'è poco da fi­darsi. Però in generale le donne sono migliori della fama che hanno. Pensa: mentre venivo da te, per le scale, abitudine, sai, di vecchio scapolo, ho dato un pizzicotto alla portinaia.

RUNE                    Io direi piuttosto: abitudine di vecchio maiale.

KARLSAR            Come vuoi. Be', m'ha dato un potente ceffone. Mi ha fatto piacere. Ci sono ancora delle donne oneste. Basta. Speriamo bene. Che il cielo protegga la mia fronte. Ciao, scusami, debbo scappare.

RUNE                    Ti faccio i miei auguri.

KARLSAR            Grazie, grazie.

L'avvocato esce mentre rientrano Olga e Jolanda

RUNE                    Se n'è andato, grazie al cielo. È un caro amico, ma è asfissiante: e il matrimonio, e le donne, non la finiva più. Poi ce l' aveva col mio cilindro.

Dall'esterno si sente nuovamente la voce di Karlsar:

KARLSAR            Permesso?

RUNE                    Ancora! Datemi il cilindro.

Appena lo mette in testa, rientra

KARLSAR            Scusami, sai... (Vede Olga, fa un inchino galante). Tua moglie, scommetto.

RUNE                    Mia cognata.

KARLSAR            (L 'avvocato vede Jolanda e fa un altro  inchino). Tua moglie, scommetto.

RUNE                    Mia suocera.

KARLSAR            Scusami, sai, ho scambiato il cappello non so come.

RUNE                    Sarà uno di quelli

KARLSAR            Ma quanti cilindri hai? Ne fai collezione? E intanto cerca il suo, guardandoli nell'interno.  Non è nessuno di questi, nel mio ci sono le iniziali. Dev’esser quello che hai in capo, permetti?

RUNE                    Oh, mi hai seccato, col cilindro. Da' qua!

Gli strappa il cappello di mano e va nella stanza accanto.

KARLSAR            Ma che ha?

JOLANDA            E un po’ nervoso.

Rune rientra con l' altro cilindro in capo e quello di Karlsar in mano :

RUNE                    Prendi il tuo cilindro e lèvati dai piedi.

KARLSAR            Scusami tanto, non t'arrabbiare. Riverisco.

Con un inchino a tutti, l'avvocato esce seguito da Jolanda

JOLANDA            Scusi... Scusi …

OTTAVIO             È stato un momento drammatico, leviamo di mezzo tutti questi cilindri, se no succedono altri pasticci.

Rientra Jolanda

RUNE                    Se n'è andato?

JOLANDA            Sì, se Dio vuole.

OTTAVIO             Aspetta,  potrebbe tornare.

OLGA                   (corre ad affacciarsi alla finestra)  No, no, se ne sta andando.

RUNE                    Aveva giù la macchina?

OLGA                   Un corteo di macchine. Tutti in cilindro, con fiori. C' è anche una signora in velo bianco.

RUNE                    È il corteo nuziale,  si va a sposare. (Si toglie il cappello). Io poi, mi domando se uno che va a sposarsi stamattina debba perdersi dietro certe quisquilie.

JOLANDA            Be', è stato gentile a venire. Ma tu sta' calmo.

RUNE                    Calmo, calmo. Vorrei veder voi al mio posto. I miei lavori sono arenati. Ecco come può essere spezzata la carriera d'un uomo, la vita d’una fa­miglia.

OTTAVIO             Eh, le donne non ci pensano.

RUNE                    Che c'entra?

OTTAVIO             Già, scusami, io confondo sempre. Però, non esagerare, adesso. Vedrai che si potranno tagliare.

RUNE                    Ah, me le debbono tagliare assolutamente. Oggi stesso. A costo di tagliarmi la testa. Io sono un uomo che non ci pensa due volte quando ha preso una decisione. E m'infischio se il medico dice che è pericoloso. 

OTTAVIO             Che può capire il medico di queste cose? Al posto tuo mi sarei rivolto a un veterinario.

OLGA                   (ancora alla finestra)  Ecco Adele.

JOLANDA            (cominciando a piangere) Oh, figlia mia,

RUNE                    Il cilindro, il cilindro. Preparatela con una certa forma. Ma non fatevi trovare con queste facce di funerale. Si piglierà uno spavento.

Corre a rifugiarsi nella camera, chiudendo la porta. Nel salottino rimangono il professor Ottavio e le due donne, delle quali una, la signora Jolanda, in lagrime, e l'altra in preda a un'agitazione nervosa.

SCENA VI

OTTAVIO             Mi raccomando del brio. (Si mette al pianoforte e attacca una canzonetta leggera).

OLGA                   Sei pazzo?

OTTAVIO             Per non allarmare Adele. Canticchiate qualche cosa. (Intona: Toreador, ritorna vincitor!)

Entra il portiere con alcune valigie.

PASQUALE         È arrivata la signora 

ADELE                 Che è successo? Che c'è? … Silvio?

JOLANDA            Figlia mia, calmati, non è niente di grave.

ADELE                 Dov'è Silvio? È malato?

Olga abbraccia Adele teneramente :

OLGA                   Calmati, non c' è da allarmarsi.

OTTAVIO             È una cosa da nulla, direi persino da ridere. In conclusione, tuo marito ha le corna.

ADELE                 Eh?

OLGA                   Che cretino.

JOLANDA            Ma no, due cosucce da niente... 

ADELE                 Come?

JOLANDA            A tuo marito sono spuntate sulla fronte due curiose escrescenze. Piccolissime, del resto.

Sulla porta della stanza da letto appare Rune in veste da camera e cilindro. Quindi si toglie il cilindro e abbassa il capo, Adele vede le due escrescenze, manda un urlo e sviene

RUNE                    Adele... Dell'acqua!

JOLANDA            È stato un colpo troppo forte per lei.

Olga, corsa in cucina, torna con una bacinella  d'acqua e la spruzza in faccia a Adele, che comincia a rinvenire

OLGA                   Rinviene.

OTTAVIO             Mettiti il cilindro, mettiti il cilindro.

RUNE                    (cercandolo, dato che nel  subbuglio, era ruzzolato in terra) Dov'è andato? (trovandolo se lo ficca in testa e si rivolge alla moglie appena rinvenuta)  Adele, povera Adele, non hai nemmeno. il coraggio di guardarmi. E hai ragione. Io non volevo che mi vedessi prima dell'amputazione. Povera bambina mia, non volevo spaventarla. Non volevo che avesse questo spet­tacolo.

OLGA                   Adele, come ti senti?

RUNE                    Lasciatela stare, Lasciatela stare! Non la tormentate. Forse,  vi aspettavate che si mettesse a ballare dalla gioia? … Adele, Adele mia.

Alle sue spalle Ottavio fa cenno a Olga e alla signora Jolanda di uscire.

OTTAVIO             Lasciamoli soli 

Tutt'e tre escono in punta di piedi, discretamente.

SCENA VII

RUNE                    Adele, come ti senti?  Povera piccola, ti fanno impressione, eh?  Tu, così buona, così candida, avere un marito con le corna! Ma me le taglieranno, oggi stesso, non ti preoccupare. Ho già parlato col medico, non è niente di grave. Mi son cominciate a spuntare ieri nel po­meriggio. Un gran mal di capo, un gonfiore....

A un tratto, Adele comincia a singhiozzare, si lascia scivolare in ginocchio ai piedi del marito.

ADELE                 Silvio, Silvio, perdonami.

RUNE                    Che hai?

ADELE                 È colpa mia.

RUNE                    Ma che cosa?

ADELE                 Io ti ho tradito.

RUNE                    Ullallà  Ullallà  (Si capiva che aveva fatto appello a tutta la forza dei propri nervi per non scattare). Ah.

ADELE                 Perdonami.

RUNE                    Mi hai tradito, eh?

ADELE                 Ieri. Ma non volevo te lo giuro. Mi sono difesa, ho lottato....

RUNE                    Uh! …  Bene, senti, bambina mia, io ti perdono. Ma adesso bisogna che tu faccia quello che ti dirò, se vuoi ch'io guarisca. È chiaro che, se tu sei la causa, soltanto tu puoi guarirmi.

ADELE                 Sì, che debbo fare? Faccio qualunque cosa per amor tuo.

RUNE                    Lascia stare l'amore. Adesso devi scrivere su questo foglio una completa confes­sione

ADELE                 (tranquilla, quasi rasserenata, prende il fo­glio, e si prepara a scrivere.)  Dettami tu

RUNE                    Come vuoi che ti detti io?  Sei tu che sai come stanno le cose. Scrivi la verità.

ADELE                 Non so, non ho mai scritto confessioni.

RUNE                    Bene, scrivi, allora: Con la presente...(s’interrompe vedendo che Adele, posata la penna, aveva ricominciato a piangere)  Che altro c'è?  Che hai da piangere, ancora?

ADELE                 Mi ricordo, di quando ero la tua segretaria e mi dettavi le lettere. Da tanto tempo non mi dettavi più una lettera, rammenti?

RUNE                    Lavoriamo…  Cioè, scrivi: Con la presente....

ADELE                 Con la presente…

RUNE                    ...dichiaro di aver tradito...

ADELE                 ...dito....

RUNE                    …mio marito…

ADELE                 Marito con l'emme maiuscola o minuscola?

RUNE                    Minuscola. Vai avanti. Il giorno... O la not­te? Quando è stato?

ADELE                 Era di pomeriggio.

RUNE                    Incosciente oltre che cretina...il pomeriggio del.. Metti la data.

RUNE                    …ventisei corrente...

RUNE                    Anzi, no, la data è inutile,  lasciala stare. Piuttosto, aggiungi: con…Ci vuole il nome di lui.

ADELE                 Non lo so.

RUNE                    Dimmi il nome, Adele, o finisce male.

ADELE                 Ti giuro che non lo so. Non c'è stato nemme­no il tempo di far le presentazioni.

RUNE                    Scrivi, allora: con un uomo di cui mi rifiuto di fare il nome.

ADELE                 Ma se non so come si chiama, era la prima volta che lo vedevo e dopo non l'ho più visto.

RUNE                    Bella roba. Be', lascia stare il nome. Scrivi : con uno sconosciuto. Dov'è avvenuto questo bel fatto?

ADELE                 Nella pineta di Bathville.

RUNE                    Scrivi: nella pineta di Bathville, allora. Anzi, questo non e necessario.

ADELE                 Voglio aggiungere che però ho lottato prima. E che…

RUNE                    Non è necessario.

ADELE                 Ma allora resta ben poco: con la presente di­chiaro di aver tradito mio marito.

RUNE                    E ti pare poco?

ADELE                 Io aggiungerei che non volevo.

RUNE                    Lascia andare, non serve. Piuttosto aggiungi: Dichiaro quanto sopra di mia spontanea volontà. Metti la data e firma. (Adele scrive, firma, asciuga il foglio). Da' qua  (Le strappa quasi il foglietto di mano, lo legge in fretta, lo piega accuratamente e lo mette in una tasca della veste da camera.)

La signora Jolanda, Ottavio e Olga, rientrarono titubanti.

JOLANDA            Ecco le pezzuole 

RUNE                    Andate al diavolo con le pezzuole!

In quel momento squilla il telefono e Ottavio corre a rispondere:

OTTAVIO             Pronto. Casa del professar Rune... C'è l'avvocato Karlsar al telefono.

RUNE                    Che cosa vuole?

OTTAVIO             Mio fratello in questo momento è occupato. Dica a me... Co­me? Oh, mi dispiace molto... (si volge a Rune, coprendo col palmo il ricevitore)  Dice che si è scombinato il suo matrimonio, perché la sposa l'ha visto mentre, per le scale di casa tua, abbracciava la portinaia. Vorrebbe che tu testimoniassi ch'era venuto per te esclusivamente e che l'episodio è stato del tutto casuale.

Rune toglie il telefono al fratello e risponde lui :

RUNE                    Pronto... Sì, sono io. Va bene, ti farò tutte le testimonianze che vuoi. Ma intanto tu, appena pos­sibile, dovresti venire qui. Ho bisogno di te... No, per un'altra cosa. Faccende di famiglia. Gravi...  (un occhiata a tutti i familiari) voglio separarmi da mia moglie:  Adulterio... Ti spiegherò a voce... Ho la prova, sì... Andare in fondo, naturalmente... Separarmi, scacciarla, tutto quello che sarà possibile... Nel pomeriggio? Grazie, ti aspetto.

JOLANDA            Ma come puoi credere, che questa malattia abbia rapporto con la condotta di tua moglie?

RUNE                    Io non lo credo affatto.  Non sono un imbecille. Ma per mia fortuna vostra figlia è stata così sciocca da crederlo e m'ha confessato tutto.

Si mette a passeggiare per la stanza come un leone in gabbia.

OTTAVIO             Attento al lampadario!

JOLANDA            Silvio, calmati.

RUNE                    Andate all' inferno!

JOLANDA            Parla piano.

RUNE                    Voglio fare uno scandalo! (mentre entra la portinaia indica Adele) Questa donna mi ha tradito. Voglio svergo­gnarla con tutti. Tanto…  è finita.

entra nella stanza da letto, Tutti guardano sbalorditi. Adele, scoppia in un pianto dirotto.

Sipario


 

Atto II

SCENA VIII

Nell'appartamento il silenzio è appena rotto da una parte dai passi misurati del professor Ru­ne e dall'altra dal singhiozzare cheto di Adele, da qualche sospiro di Olga e da certi inutili e flebili gemiti che la vecchia signora Jolanda insiste a emettere.

OLGA                   Ma che fa Ottavio?

JOLANDA            Sta di là, chiuso a scrivere,

OLGA                   Che ha da scrivere?

JOLANDA            Non lo so, ha detto che non vuole essere di­sturbato. Credo stia componendo versi.

OLGA                   Figuriamoci, starà scrivendo un poema.

S'apre la porta della camera da letto e viene fuori il professor Rune.

RUNE                    Ottavio!

Da un'altra porta entra Ottavio

OTTAVIO             Il tuo caso, mi ha ispirato una poesia. (declamando)
 “Se a ciascun l’interno corno
si vedesse in fronte fitto
quanti mai che vanno attorno
resterebbero in città!”

RUNE                    Va' all'inferno.

OTTAVIO             Non andrebbero a passeggio,
non andrebbero all'ufficio,
ma imprecando al maleficio
griderebber tutti:  Olà.

                               Menelao starebbe in casa
con Gianciotto Malatesta,
che soffrendo il mal di testa
gemerebbe notte e dì,

Ci starebber MarcAurelio
con il grande Agamennone,
De Musset, Napoleone,
compar Alfio e Bovary,

Rune, che non ha sentito nemmeno una parola e continuato a passeggiare avanti e in­dietro in uno stato d'estrema sovreccitazione, si ferma a un tratto davanti al fratello.

RUNE                    Lo ucciderò.

JOLANDA            Via Silvio, era una semplice poesia.

RUNE                    L’amante di mia moglie, lo sfiderò

JOLANDA            Ah, pensavo… Olga, io vado in cucina, debbo mettere qualcosa sotto i denti,  è per via…

OLGA                   Della fame nervosa, sì lo sappiamo, vengo con voi (esce insieme a Jolanda)

OTTAVIO             Non dire sciocchezze, vuoi fare il duello? A cornate? Ti presenti a fare l'Otel­lo con quegli affari in fronte?

RUNE                    Mi farò dare il cilindro.

OTTAVIO             Non vorrai mica girare in cilindro sotto il solleone? E poi dove vuoi an­dare? Non sai nemmeno chi è!

RUNE                    Ah, ma lo scoprirò. Caschi il mondo, saprò chi è.

OTTAVIO             Questa è la prima cosa da fare. Sapere il nome. Poi vedrai se è il caso di ucciderlo o solamente ferirlo. Io, se fossi in te, insisterei con tua moglie, che cerchi di ricordarsi. Che frughi nella me­moria.

RUNE                    Da lei non saprò niente più di quello che ho saputo. La conosco. Dice che non sa il nome e que­sta evidentemente è la verità. Adele non è tipo di mentire.

OTTAVIO             Cosicché, stando a quello che lei dice, le sa­rebbe stata usata violenza, si tratterebbe d'un bruto.

RUNE                    Figùrati se ci credo.

OTTAVIO             Ma possibile che non sia in grado di darti un'indicazione che possa metterti sulla buona stra­da? Di aiutarti nelle ricerche? Di' piuttosto che vuol coprire il complice.

RUNE                    Può darsi. Comunque non dice il nome. Piut­tosto, tu potresti farmi questo favore.

OTTAVIO             Cioè?

RUNE                    Fare un salto a Bathville e indagare, inter­rogando abilmente i vicini. Cercare di scoprire con chi se la faceva mia moglie e soprattutto che cosa fece e chi vide nel pomeriggio di ieri. C' è un treno che parte fra un quarto d'ora. Faresti giusto in tempo.

OTTAVIO             Non son capace.  Non ho la stoffa dell'investigatore. E poi io sono più necessario qui…Piuttosto, aspetta, aspetta, aspetta: potresti incaricare un'agenzia d'investigazioni private. Bellissimo! C' è una investigatrice, la signorina  Isabella Moller.

RUNE                    Una donna?

OTTAVIO             Una donna investigatrice. Per questo genere d'indagini una donna va meglio d' un uomo. Le donne sono cu­riose, pettegole. Questa, poi, è una pettegolona.

RUNE                    La conosci?

OTTAVIO             No, ma è la migliore amica di mia moglie, figùrati. Sapranno i fatti di tutti. E poi può sapere qualcosa anche da mia moglie, con cui la tua for­se si confida; a me non direbbe niente, perché sono tuo fratello, mentre a Isabella... Stanno sempre assieme.

RUNE                    Se e così....

OTTAVIO             Ti dico che è così. Ti dirò di più: è l'unica amicizia che io consento a mia moglie, appunto perché si tratta d'una donna, e d'una donna che lavora. Ah, io sono prudente. Ricòrdati: mai permettere alla moglie amicizie mascoline, o di sfac­cendate. È una mia norma inderogabile e me ne sono sempre trovato bene.

RUNE                    Allora dovresti parlare tu con questa signorina Moller.

OTTAVIO             Per carità! Mia moglie è gelosa come una tigre, lo sai, no? Mi vieta assolutamente d'aver rap­porti con le sue amiche. Se ti dico che non la conosco nemmeno! (Intanto Ottavio va sfogliando la guida telefonica).  Ecco qua:  Moller Isabella, investigazioni private, rapidità., precisione, massima se­gretezza; informazioni prematrimoniali, commerciali, finanziarie, atomiche; corrispondenti ovunque.(porge la guida al fratello) Telefonale tu. Io intanto cercherò di captare i discorsi di Adele. Può darsi che con la madre o con mia moglie si confidi.

Picchiarono alla porta e si sente la voce della si­gnora Jolanda:

JOLANDA            Si può?

RUNE                    Sono loro,  nasconditi. Io le lascerò sole. (Fa cenno a Ottavio di nascondersi dietro un mo­bile). Avanti!

JOLANDA            (entrando con Adele e Olga, che portavano vassoi e stoviglie, mentre le due ultime preparano un tavolino),  Silvio, dovresti mangiare un boccone. C'è un po' di pollo e due cornetti. (Si morde le labbra, accorgendosi d'aver detto la parola inopportuna, conclude, cercando di rimediare):  All’olio.

RUNE                    Ne ho abbastanza, di cornetti, grazie. Abbiate almeno il buon gusto d'evitare certi cibi.

JOLANDA            Mangia qualche altra cosa.

RUNE                    Non mangio.

OLGA                   E Ottavio dov'è?

RUNE                    È uscito per una commissione. Mangiate voi, se avete appetito.

JOLANDA            Io, lo sai, quando ho un 'emozione, debbo mangiare.

RUNE                    Buon pro vi faccia. Per conto mio, ho da fare delle telefonate. (esce verso la stanza da letto)

Le tre derelitte si guardano avvilite. Poi la signora Jolanda siede al tavolino, mentre Adele resta in piedi presso la finestra, con Olga. Ottavio sempre nel suo nascondiglio.

SCENA IX

JOLANDA            E tu, figlia mia, non mangi qualcosa?

ADELE                 Grazie. Non ho appetito.

JOLANDA            Ripeto, condanno altamente la tua infedeltà. Una donna educata come te, coi più rigidi princìpi, cresciuta nel primo col­legio della città, fare una cosa simile. Non me lo sarei mai aspettato. Io ero orgogliosa della tua ingenuità. Bella ingenuità. Avresti fatto meglio a essere un po' più ingenua prima e un po' meno dopo. Io non ti esorto a ingannare tuo marito. Però, una volta che t'era capitata una disgrazia, potevi fare a meno di spifferare ogni cosa.

OLGA                   Conosco tante di quelle donne, che fanno altro che questo, ma si guardano bene dal confessare tutto al primo allarme.

ADELE                 Ma il marito non avrà questa malattia.

OLGA                   Che c'entra? Possibile che non t'entri in testa una cosa tanto semplice? Le corna di tuo marito non hanno niente a che fare con la tua infedeltà. Sono due cose distinte. Quella è una malattia. Un fenomeno che si sarebbe manifestato anche se tu fossi stata un modello di fedeltà…  Eh, staremmo freschi se le corna dovessero spuntare realmente per le infedeltà.

PORTINAIA         (entrando in quel momento) Proprio freschi

OLGA                   Questo, è stato il tuo fatale errore: di confon­dere una metafora con la realtà.

ADELE                 E che ne so io? Sento dire: mettere le corna, mettere le corna, e ho creduto che fosse colpa mia.

OLGA                   Ma ci scherzi, se davvero ci dovesse esser rapporto fra questi mali e la fedeltà?

ADELE                 E io sono sicura che c' è rapporto. Nessuno me lo leva dalla testa.

JOLANDA            Ostinata peggio d' un mulo

ADELE                 Ma sì, mamma, persino l'ora coincide. Quando ha cominciato a manife­starsi il male di Silvio?

JOLANDA            Ieri nel tardo pomeriggio

ADELE                 E proprio ieri nel tardo pomeriggio è avvenu­to il fatto.

JOLANDA            Taci. Che io non senta queste porcherie. Riveli a un tratto una completa mancanza di senso morale.

ADELE                 Non è stata colpa mia, mamma. Ho lottato. Mi sono difesa.

JOLANDA            Dicono tutte così. Vergogna. E dovresti vergognarti di par­lare dei tuoi falli con tanta disinvoltura.

ADELE                 Volevo dimostrarti che io sono colpevole del male di Silvio.

PORTINAIA         Che idee! Ho messo tante di quel­le corna io a mio marito, e mai, mai gli è spun­tata la più piccola cosa in fronte. (non si era accorta che sot­to la porta del salotto era apparso suo marito, il quale, udita la frase, rimane in ascolto).

JOLANDA            Brava svergognata, fate di queste belle cose, eh?

PORTINAIA         Che volete, l'estate molti signori restano soli, io debbo fare i servizi negli appartamenti.

JOLANDA            Vergognatevi!

la portinaia esce

JOLANDA            Del resto, noi diciamo che non c'è rapporto fra la malattia e l'infedeltà, ma chi può saperlo? La scienza ammette la telepatia, ammette l'autosug­gestione, che può produrre effetti sul fisico. Per telepatia si avverte l'infedeltà; per autosuggestione, spuntano le corna.

OLGA                   No, eh? No, eh? Adesso non mi metta anche questa pulce nell'orec­chio. A quest'ora la fronte di mio marito dovreb­be essere un bosco.

JOLANDA            Come?, anche tu...

OLGA                   Signora, chi è senza peccato... Non vorrà far­mi credere che lei....

JOLANDA            Oh, che mondo!

(Jolanda esce seguita da Olga e Adele. Ottavio viene fuori dal suo nascondiglio e s'accascia su una poltrona, accanto al portiere, tutt’e due col capo fra le mani. Dalla porta che immette nell'anticamera, si affacciano timidi il nob. Valem e il barone Hauffmann.

SCENA X

VALEM                Pst! Pst! Portiere!, Novità?

PASQUALE         Abbiamo anche noi le corna.

VALEM                Ma in questa casa tutti hanno le corna, è spaventoso.

HAUFFMANN     Lo dicevo io, che è un male contagioso.  Sarà meglio che ce ne andiamo.

VALEM                Più che in fretta,

HAUFFMANN     Sentite, portinaio, dite a vostra moglie che stamattina, con questa storia del­la malattia, non mi ha fatto i servizi di casa.

Il portinaio emette un più doloroso e acuto ge­mito, come avessero messo il dito su una sua pia­ga. Fa cenno ai due di andarsene, di lasciarlo in pace. E quelli, sgomenti, si ritirano, mentre dal­ la stanza da letto rientrava Rune.

RUNE                    Ho telefonato allo studio della signorina Moller, incaricandola di indagare. Ora mi hanno richiamato, dicendomi che tra poco la signorina sarà qui, con notizie molto interessanti, avute dal suo corrispondente di Bath­ville. E tu? Hai saputo qualche cosa?

OTTAVIO             Sì

RUNE                    Che cosa?

OTTAVIO             Che ho anch'io le corna.

RUNE                    Ma delle mie che cosa hai saputo?

Suonano alla porta

OTTAVIO             Adesso, se permetti, ho da occuparmi delle mie. E dire che io mi facevo scrupolo di parlare con la signorina Moller! Ma mi vendico, ah, se mi vendico. Le restituirò la pariglia. Occhio per occhio, dente per dente.

SCENA XI

entra il portiere, sem­pre più disfatto :

PASQUALE         C'è di là la signorina Moller.

 OTTAVIO            Càpita a proposito,  ci voglio parlare io. Dente per dente. Mi vendicherò con la sua migliore amica. (Si rassetta davanti allo specchio) Ah, se ne accorgerà la mia signora moglie, quando mi ci metto, nessuno scrupolo! Tu va' di là a metterti qualcosa in testa. Intanto la signorina Moller me la cucino io. (Rune esce). Fate passare la signorina Moller. (entra Moller: Un omone grande e grosso) Avanti, avanti, signorina… Ma…la signo­rina Moller...?

MOLLER              Sono io.  Ho adot­tato questo falso nome, per poter investigare sen­za esser riconosciuto e confondere le idee dei miei soggetti e dei malviventi. Così dispongo d'un tra­vestimento perpetuo… Mi dica con franchezza, chi potrebbe supporre in me la signorina Moller? (Ottavio immobile come una statua di sale) Invece di travestir me ho travestito il mio nome. Risultato iden­tico, mezzo incomparabilmente più semplice.

Rune entra in veste da camera e cilindro.

RUNE                    Veramente, m'ero rivolto a lei, pen­sando che una donna fosse più adatta....

MOLLER              Allora deve rivolgersi al capitano Klavienback, mia moglie, che ha adottato il mio sistema a rovescio.

RUNE                    Ormai lasciamo le cose così, non si meravigli se mi trova in cilindro. Deb­bo andare a una cerimonia e stava vestendomi. Dunque ha saputo qualche cosa?

MOLLER              Tutto…  Nel pomeriggio di ieri, e precisa­mente alle diciannove, sua moglie è uscita dal vil­lino che occupa a Bathville, a ottanta chilometri di qui, dicendo che andava ad impostare una let­tera per lei, e invece, dopo pochi passi, è stata vi­sta salire sull'automobile d'uno sconosciuto e al­lontanarsi verso la pineta. Chi l'ha vista è un certo Asdrubale. Si tratta di persona seria e attendibile. Ha circa quarant’anni.

RUNE                    Ah.

MOLLER              Ha moglie e figli.

RUNE                    Benone.

MOLLER              Insomma, una brava persona.

RUNE                    Ma di chi parla?

MOLLER              Di Asdrubale.

RUNE                    E che m' interessa? Che sciocchezze mi va di­cendo? Credevo che parlasse dell'altro.

MOLLER              Scusi, scusi. Vedo che è nervoso, e mi rendo conto del suo stato d'animo. Volevo soltanto dire che non è tipo di parlare alla leggera. Non è un giovincello, insomma.

RUNE                    Chi?

MOLLER              Asdrubale.

RUNE                    Ma la finisce con Asdrubale? Non l'ho in­caricata di indagare sul conto di Asdrubale.

MOLLER              D'accordo. Ma dell'altro non ho ancora sa­puto gran che, mentre so molte cose di Asdrubale. È il nostro corrispondente di Bathville.

RUNE                    Le ripeto che Asdrubale non m'interessa un fico secco.

MOLLER              Peccato, va bene, proseguiamo. Sulla scorta delle indicazioni di.... Asdrubale, ho potuto stabilire con assoluta certezza che l'automobile su cui è salita la sua si­gnora non era mai stata vista, prima di ieri, in paese. Quindi è evidente che i due erano già d'ac­cordo, mi dispiace per lei, professore. Pazienza, sono cose che accadono. Del resto, meglio che non sia un'avventura occasionale. Non si sa con chi si càpita. E poi non è molto decoroso.

RUNE                    Vada avanti.

MOLLER              La signora è rientrata in casa dopo un paio d'ore, piuttosto agitata e in disordine, non so se rendo l'idea, e s'è chiusa in camera a scrivere. Sta­mattina ha ricevuto un telegramma, dopo il quale, in stato di grande agitazione, è corsa a prendere il primo treno, dicendo che veniva da lei.

RUNE                    Questo lo so. Il telegramma l'avevo fatto io.

MOLLER              Peccato. Sarebbe stato interessante indagare chi era il mittente. 

RUNE                    Sarebbe stato interessante, ma è inutile.

MOLLER              Già è inu­tile. Circa l'itinerario seguito dall'automobile, non ho potuto ancora saper nulla.

RUNE                    Anche questo non m'interessa. M'interessa invece sapere chi è l'individuo che occupava la macchina.

MOLLER              Bisognerà identificare l'automobile. Mi è sta­ta descritta da Asdrubale ed è piuttosto riconosci­bile.

RUNE                    Asdrubale?

MOLLER              No, no, per carità: l'automobile. Un'elegan­te macchina chiusa, verniciata in modo molto vi­stoso a losanghe gialle e rosse. Non ce ne debbono esser molte di questo tipo. Fra le sue conoscenze professore, non c'è nessuno che possegga un'auto­mobile simile?

RUNE                    Che io sappia, no.

MOLLER              Lo immagino. Identificata la macchina, sarà facile trovare il proprietario o, per lo meno e salvo che non si tratti d’un'automobile rubata, la persona che l'occupava nel pomeriggio di ieri.

RUNE                    È quello che lei dovrà farmi sapere al più presto. Arrivederci. (esce verso la stanza da letto)

MOLLER              (rivolto a Ottavio) Suo fratello mi sembra molto alterato, Non vorrei che facesse qualche pazzia. Lo tenga d'oc­chio. Anche questa storia di cominciare a vestirsi dal cappello, mi sembra curiosa.

OTTAVIO             Sono fatti che non la riguardano, 

MOLLER              (preoccupato ed indietreggiando) Questa mi pare una casa di matti 

OTTAVIO             (Avvicinandosi minaccioso). Piuttosto, signorina Moller, debbo parlarle d'una faccenda mia personale.

MOLLER              Ora mi scusi, ma debbo scappare  ho un sopraluogo importante alle cinque. Nel caso, può rivolgersi al mio ufficio e par­lare col capitano Klavienback, mia moglie. Riverisco. (esce di corsa)

SCENA XII

OTTAVIO             Era lui, la signorina Moller! E io che mi fidavo! E mia moglie: "Ho un appuntamento con Isabella... Alle cinque...". Che sfacciata! Ma adesso mi sentirà. Olga!.. Olga!...

JOLANDA            (Rientrando) Olga è uscita. M'ha incaricato di dirvi che andava a prendere il tè con un' amica, non ricordo il nome.

OTTAVIO             La signorina Moller?

JOLANDA            Proprio. Tornerà per l'ora di cena.

OTTAVIO             Ah! È il sopralluogo! (S'accascia in una poltrona, mentre sulla porta s'incrociano la signora Jolanda, che si ritira, e il portinaio, che introduce l’ avvocato Karlsar. Entra anche Rune con la testa fasciata

KARLSAR            Che hai fatto?

RUNE                    Un fortissimo mal di capo. Eccoti intanto quella mia testimonianza per la tua fidanzata.

KARLSAR            Oh, grazie, non serve più. Ho potuto accomo­dare tutto e fra mezz’ora ci sposiamo.

RUNE                    Io invece mi separo.

KARLSAR            Ma come mai?

RUNE                    Ti spiegherò tutto. Scusami un momento.

Mentre Rune si ritira, all'avvocato s'avvici­na timidamente Ottavio:

OTTAVIO             Per favore, avvocato, dopo che avrà parlato con mio fratello, ho bisogno di parlarle anch'io. Mi separo anch' io. Aspetterò di là.

Mentre Ottavio esce entra il Portinaio che si avvicina all’avvocato

PASQUALE         Avvocato, è il cielo che la manda: dopo che avrà parlato col professore e col fratello del pro­fessore, debbo parlarle anch'io.

KARLSAR            Anche voi?

PASQUALE         Anch' io mi separo.

KARLSAR            L'istituto matrimoniale è in completo sface­lo, si separano tutti. Fortuna che
c'è anche chi si sposa.

In quel momento arriva dall'esterno il dottor Amand, che si diresse, come persona pratica della
casa e attesa, verso la stanza da letto.

AMAND               È permesso?  Dov'è, dov'è il nostro amico?

Pasquale il portinaio  per favorire l’avvocato gli sbarra il passo

PASQUALE         Alt! C'è prima il signore.

AMAND               Ma io, sono atteso dal professore.

PASQUALE         Anche il signore è atteso. Tutti siamo attesi. E il si­gnore è arrivato prima di voi.

AMAND               Ma voi sapete che io vengo qui chiamato

PASQUALE         Anche il signore è stato chiamato.

AMAND               Ma....

PASQUALE         Non c'è ma che tenga. Il signore ha la prece­denza. Aspettate il vostro turno.

E il portinaio entra nella stanza da letto e chiu­de la porta in faccia al dottore, il dottore e l’avvocato si squadrano per un po’

KARLSAR            Scusate la domanda,  anche voi siete qui per la faccenda....

AMAND               Delle corna

KARLSAR            L'espressione è un po' brutale, comunque.... ­

AMAND               È esatta.

KARLSAR            Non si può negare… E, se non sono indiscreto, chiamato dalla moglie?

AMAND               No, da lui.

KARLSAR            Allora, io... mi ritiro.

AMAND               Perché? Anche voi....

KARLSAR            Anch'io, per la stessa ragione. Chiamato da lui. Ma, dal momento che ha chiamato un altro.... ( con un piccolo cenno di saluto fa per andarsene).

AMAND               No, no, mi ritiro io, caro collega.

KARLSAR            Ma scusate, collega, anzi, scusa, possiamo darci del tu, no? forse il professor Rune desidera consultarci entrambi.

AMAND               Io non capisco, che modo di regolarsi hanno certuni. Il professor Rune avrebbe po­tuto almeno avvertirmi. Per correttezza.

KARLSAR            È quello che dico anch'io, e ti confesso, caro collega, che non sono meno seccato di te.

AMAND               Tanto più che, d'accordo con lui, ho chiamato un altro col­lega, il quale tra poco sarà qui.

KARLSAR            Meglio, saremo in tre, nientemeno. Comunque, non ci resta che intenderci. Tu come la vedi la faccenda? A me pare piuttosto grave.

AMAND               Indubbiamente, credo che l'unica cosa da tentare sia un interven­to chirurgico.

KARLSAR            Un intervento chirurgico?

AMAND               E che altro vuoi fare?,

KARLSAR            Ma tu scherzi, collega, l'unica cosa da fare è una separazione legale.

AMAND               Adesso, sei tu che scherzi. Che c'entra la separazione con le corna?

KARLSAR            C'entra e come!  Se due coniugi non si separano in questi casi, vor­rei sapere quando dovrebbero separarsi.

AMAND               Ma questi sono ragionamenti da donnicciuole!

KARLSAR            Ragionamenti da donnicciuole saranno i tuoi, caro collega, e ti prego di misurare i termini. Oltre tutto, un intervento chirurgico sarebbe una cosa inumana, mostruosa. Roba da medioevo. Evvia, dove sia­mo?

AMAND               Inumano e mostruoso sarebbe far separare i coniugi. Questo sì che è roba da medioevo. Insisto che bisogna tagliare.

KARLSAR            Ma che cosa, in nome del cielo? Che cosa gli vuoi tagliare?

AMAND               Le corna.

KARLSAR            E dici donnicciuola a me?  Ma tu sei pazzo. Uno ha le corna e gliele vuoi tagliare. Che modo di ragionare.

AMAND               Ma che modo di ragionare è il tuo. Siccome ha le corna, facciamolo separare dalla moglie.

KARLSAR            Naturalmente

AMAND               Ma la moglie non c'entra.

KARLSAR            Sentitelo, non c'entra. E chi vuoi che gliele abbia messe, se non è stata la moglie?

AMAND               Oh, questo è un linguaggio indegno d'un uomo di scienza, io sono un medico, e non
una donnicciuola. (si volta infuriato e si dirige verso l’uscita) Signora Kador, io me ne vado!

L'avvocato Karlsar rimasto a bocca aperta.

SCENA XIII

KARLSAR            Medico? E che c'entra?

Di lì a poco entra il Professor Kalin, illustre chirurgo

KALIN                  Buongiorno, avvocato  noi siamo destinati a incontrarci. Sono qui per un consulto. Per questo curioso affare delle corna.

KARLSAR            (scoppiando in una risata)  Oh, questa è bellissima.  Hanno sco­modato perfino l'illustre chirurgo. Per tagliare le corna, scommetto.

KALIN                  Piano, per vedere se si può procedere all’amputazione. Voi capite, bi­sogna andar cauti in un caso nuovo come questo.

KARLSAR            Ma che caso nuovo?, esclamò. È vecchissimo. Sono corna, diciamo così, metaforiche.

KALIN                  Come sarebbe a dire?

KARLSAR            Ma sì, la moglie ha tra­dito il marito, ecco tutto.

KALIN                  Ne siete certo?

KARLSAR            M'ha telefonato lui stesso, mi ha chiamato per la separazione legale.

KALIN                  E chiamano me per un consulto? Hanno perso la testa. Ma siete certo di non ingannarvi?

KARLSAR            Professore, voi mi conoscete da anni.

KALIN                  Allora, me ne vado.

KARLSAR            È naturale, è perfettamente inutile che perdiate tempo qui.

KALIN                  Non capisco il contegno del dottor Amand, è stato lui a pregarmi di venire.

KARLSAR            Ah, è il dottor Amand, quello ch'era qui? l'avevo preso per un le­gale. Be', caro professore, è vittima anche lui del medesimo equivoco. Ha parlato con me, gli ho spiegato la cosa. Che volete, queste disgrazie familiari portano nelle case un tale scombussolamento, che spesso sembra di aver a che fare con persone a cui abbia dato di volta il cervello.

KALIN                  Ma guarda che gente, arrivederci avvocato. (esce)

KARLSAR            Arrivederci, professore.

Si apre la porta della stanza da letto e mentre esce il portinaio accennando all’avvocato di passare, s'affaccia il professor Rune in persona.

RUNE                    Non ti meravigliare, se mi trovi di nuovo in cilindro. Debbo andare a una altra cerimonia e mi stavo vestendo.

KARLSAR            (fra sé e sé) Gli ha proprio dato di volta il cervello, (I due uomini passano nella stanza da letto)

SCENA XIV

Contemporaneamente dall'altra ala della casa torna il dottor Amand in preda alla più grande confusione.

AMAND               Io non capisco più niente. La suocera mi dice che sono sopravvenute complicazioni ma non vuol dirmi quali. L'ammalato non si fa vedere. Contavo di risolver la cosa con un piccolo intervento operatorio.

PASQUALE         Che intervento operatorio! Ci vuol altro.  Voi medici le fate troppo semplici le cose.

AMAND               Come troppo semplici? Tutt'altro che semplici. Ma la scienza....

PASQUALE         Qui la scienza è impotente.  Se vo­lete saperla com'è, il marito vuol separarsi dalla moglie.

 AMAND              Ma è pazzo? Oh, sentite, questa, è grossa. E già, questo càpita a chi si rivolge ai somari, ai medici improv­visati. Ha chiamato quell'asino ve­stito e calzato che era qui e costui gli ha messo in testa la speranza della guarigione col rimedio di scacciar la moglie. Si può essere più bestie? Io ca­pirei che un ignorante ragionasse così. Ma che una persona colta come lui debba prestar fede a una simile baggianata, sentite, è troppo. Come può credere che il suo male sia in rapporto con gli atti di sua moglie?

PASQUALE         Ma è la moglie che lo ha creduto.

AMAND               Come, come, come?

PASQUALE         Ma sì, la moglie ha creduto d' esser la causa della malattia e ha confes­sato al professore di averlo tradito.

AMAND               Oh, che sciocca!

PASQUALE         E che p..., anche.

AMAND               Questo va da se… Ma allora non è per le corna che vuole separarsi?

PASQUALE         Sì, è per le corna, ma non per quelle vere. Per quelle, diciamo così, metafo­riche.

Il dottore scoppia in una risata.

AMAND               Oh, questa è grossa,  cosicché sopporta le corna vere, ma non quelle immagi­narie.

PASQUALE         Naturalmente.  Sono quelle immaginarie che danno fastidio.

AMAND               Comunque,  per quel­le immaginarie io non ho nessun rimedio.(Guarda l'orologio)  Il professor Kalin ritarda.

PASQUALE         Non ritarda affatto, è già venuto, ma l'avvocato l'ha mandato via.

AMAND               Oh, che contrattempo. Dovrò fissare un altro appuntamento per il consulto. Avverta la signora Kador che tornerò domattina, ormai. (esce insieme al portinaio)

rientra dalla camera da letto il professor Rune e l' avvocato Karlsar con la confessione di Adele in mano.

SCENA XV

KARLSAR            Ma vedi, Silvio, ora non devi drammatizzare. Tante volte, sai, le donne scrivono queste cose per ingelosire. Ti citerò un caso personale....

RUNE                    Lascia andare. Prepara invece l'esposto per il tribunale. Oh, un'altra cosa: che condanna ri­schia un marito, se uccide l’amante di sua moglie?

KARLSAR            Ma non dir lo nemmeno per ischerzo. A me converrebbe molto di più, figùrati che chiasso. Ma onestamente ti dico: non lo fare.

Rune estrae dalla tasca della veste da camera una rivoltella.

RUNE                    Insomma, che cosa si rischia?

KARLSAR            Ma... dipende... Hai il porto d' armi?

RUNE                    No.

KARLSAR            Lo vedi? Ti metteresti in un pasticcio. Via, via, leva di mezzo quella rivoltella... È carica?

RUNE                    Ha la palla in canna.

KARLSAR            E voltala dall'altra parte, disgraziato! No, non dalla parte mia. Mettila in tasca, porcogiuda!. (saltellando per togliersi dalla traiettoria di tiro di Rune)

RUNE                    Ti raccomando di non parlarne con nessu­no, nemmeno in casa mia.

KARLSAR            Ti pare. Ma metti via la rivoltella.

RUNE                    Va bene. Non voglio far sapere i fatti miei al dottor Amand, il quale dev'esser qui fra poco, per …mia moglie che non sta bene, quindi, ti prego, acqua in bocca.

KARLSAR            Naturalmente. Però credo che il dottore abbia subodorato già qualche cosa. Ma mi ha fatto una impressione curiosa. Dev'essere un imbecille. Figù­rati: è venuto, dice, per tagliarti le corna.

RUNE                    Avrà scherzato.

KARLSAR            Macché. Insisteva. Abbiamo avuto uno scon­tro quasi violento.

RUNE                    Oh, che cretino, ridendo con sforzo.

KARLSAR            (ridendo anche lui) E figùrati, che aveva fatto scomodare anche il professar Kalin, sai, il famoso chirurgo specialista per le malattie delle ossa.

RUNE                    Oh, che imbecille.

KARLSAR            Fortunatamente, ho visto io il professor Kalin e l 'ho mandato via.

Rune tronca di botto la sua tetra risata e pianta sul legale due occhi di fuoco.

RUNE                    L'hai mandato via?

KARLSAR            Certo. Era qui due minuti fa. Gli ho spiegato che era stato chia­mato per un equivoco e che poteva andarsene, non essendo affar suo.

RUNE                    Sei un intrigante! Che t'immischi nei fatti miei?

KARLSAR            Ma scusa, che c'entra....

RUNE                    Lèvati dai piedi! Lèvati dai piedi!.

L’avvocato fa per balbettare qualche parola ma, impressionato, indietreggia. Mentre esce, il portinaio gli si avvicinò timidamente, piagnucolando :

PASQUALE         Avvocato.

KARLSAR            Che c'è?

PASQUALE         Il caso mio.

KARLSAR            Poi ne parliamo, eh.

Gli si avvicina Ottavio

OTTAVIO             Avvocato, una parola!.

KARLSAR            Un momento. Ho il corteo di nozze alla por­ta. Vada ad aspettarmi al mio studio. (indicando Rune) Tenetelo d'occhio, è pericolosissimo. Ha la rivoltella con la palla in canna. (esce)

Accertatosi che Karlsar fosse uscito, il discreto dottor Amand emerge dall'ombra. Rune gli stringe la mano e si toglie il cilindro,

SCENA XVI

RUNE                    Non ho voluto far sapere all'avvocato Karlsar di questo mio male.

AMAND               Ma credo che lo sappia, Era qui per farvi separare da vostra moglie, figuratevi un po'.

RUNE                    No, no, non sa niente. Tanto vero che ha mandato via il professor Kalin.

AMAND               Lo so. Poco male, fisserò un altro appuntamento per il consulto.

RUNE                    Ma io ho fretta! Ho biso­gno di liberarmi di questo male, di riprendere le mie occupazioni. Non posso aspettare. Andate a cercarlo.

AMAND               Vado, vado, Spe­riamo di pescarlo. Sarà in giro a quest'ora. Che  giornata!

Entra la vecchia signora Jolanda

JOLANDA            Bè?

RUNE                    A che cosa vi riferite con questo “bè”?

JOLANDA            Come, a che cosa?

RUNE                    Intendo dire a quale fra le mie disgrazie fate allusio­ne. Se vi riferite alla mia salute, vi dirò che il con­sulto non s'è ancora fatto.(Dall'interno della casa viene un dolce e mesto suono di pianoforte.)  Chi è che sta suonando?

JOLANDA            Adele.

RUNE                    Disgraziata! Suona “la Preghiera d'una vergine” suona! (urlando)   Basta!.

JOLANDA            Ma vedi, Silvio, tu devi credermi: Adele è incapace....

RUNE                    S'è visto.

JOLANDA            Forse tu, senza accor­gerti l'hai suggestionata, le hai strappato una con­fessione....

RUNE                    Che cosa le ho strappato?, Io non le ho strappato niente. È stata lei, di sua spontanea volontà, che sentendo il ri­morso....

JOLANDA            Silvio, non ti alterare, Adele è talmente ingenua, che forse ha mancato al dovere senza ac­corgersene.

RUNE                    Oh, povera innocente! Finitela con questa storia dell'ingenuità. E finitela soprattutto di tenerle il sacco.

JOLANDA            Silvio! Come puoi pensare? Di me? E di quel­l’angelo?

RUNE                    Abbiate almeno il buonsenso di tacere, La villeggiatura, eh? Il ballo. I divertimenti. E intanto al marito si fa questo bel servizio. Vergogna. Vergogna. Mentre io me ne sto qui in città a lavorare, solo, costretto a farmi fare i servizi dalla portinaia.

JOLANDA            Ah, la portinaia ti faceva i servizi, eh?

RUNE                    Certo, ero solo come un cane.

Entra il portinaio non visto dai due

JOLANDA            E allora, quando ci si fanno fare i servizi dal­la portinaia, non si ha il diritto di alzare la voce così.

Gli volta le spalle e se ne va con un'aria di dignità offesa verso l'interno dell'appartamento.

RUNE                    E’ pazza, ( rientra nella propria camera.)

PASQUALE         Ma che pazza, ma che pazza! Non è pazza per niente, non è.

( si accascia gemendo su una sedia. Dall'esterno arriva sua moglie con pacchi di medicinali) ­

PORTINAIA         Te lo ripeto, Pasquale, l'ho detto per convincere la signora. Ma non ti ho mai tradito.

PASQUALE         Se ti piglio…

PORTINAIA         Fermo, fermo! Ho gli unguenti.

PASQUALE         Che unguenti?

PORTINAIA         Gli unguenti....per le corna del professore.

PASQUALE         E per le mie che hai? Sfacciata!.

Attratta dal battibecco entra la signora Jolanda.

JOLANDA            Che cos'è questo chiasso? Via, (rivolta alla portinaia),  andate via. E voi, (ri­volta al portiere),  aspettate in anticamera se c'è bisogno di fare qualche commissione. (Mentre la coppia si ritira, Jolanda va a bussare alla porta della stanza da letto)

JOLANDA            Bè?

S'affaccia il professor Rune.

RUNE                    Finitela con questo " bè ", Non sapete dire altro che bè. Mi sembrate una pecora.

JOLANDA            Ci sono in anticamera due signori che chie­dono di esser ricevuti.

RUNE                    Che cosa desiderano? Sapete che non voglio vedere nessuno.

JOLANDA            Sono due giornalisti. Dicono d' aver letto la notizia delle tue conferenze. E vogliono intervistarti per una rivista americana.

RUNE                    Proprio oggi! Proprio oggi! Càpitano nel mo­mento peggiore. D'altronde, non posso mandare indietro la stampa d'America. Fateli passare, men­tre butto giù qualche appunto. (Corre in camera).

SCENA XVII

(entrano due uomini: Sono uno psichiatra e un infermiere che si passano per giornalisti)­

GIORNALISTA 1     Del resto io non voglio influenzarvi. Giudi­cherete voi il caso. Può darsi che m’inganni. Ma, a quanto mi è stato riferito, ho proprio paura d'esser nel vero. Pensate che aveva mandato a chiamare un chirurgo perché, figuratevi un po', gli tagliasse le corna. Un nonnulla lo fa an­dar sulle furie: stamani ha fatto una scenata a un tale che voleva conoscere la marca del suo cappello; oggi ha investito in malo modo il proprio legale, perché costui aveva mandato via il chirurgo. Il fat­to è che Rune voleva molto bene a sua moglie…  Naturalmente non deve sospettare il nostro vero scopo.

Dalla camera s'ode la voce di Rune :

RUNE                    Vengo subito, scusate. Sto vestendomi per una cerimonia.

GIORNALISTA 1     È la sua idea fissa, deve andare a una cerimonia, ma non dice quale.

Rune entra col cilindro in capo, si salutano.

GIORNALISTA 1     È annunziato un vostro ciclo di conferenze sulla fedeltà in amore e veniamo a intervistarvi per incarico d' un giornale americano.

RUNE                    Vi farò un riassunto delle con­ferenze. Vado a prendere i miei appunti. (esce)

GIORNALISTA 1     Che ve ne pare?

GIORNALISTA 2     A me sembra del tutto a posto, l'occhio è sereno ed egli ha limpido il senso del rapporto fra causa ed effetto.

GIORNALISTA 1     (additando il professor Ru­ne) Da stamani gira per casa col cilindro in ca­po, e aveva addirittura co­minciato a vestirsi dal cappello prima ancora d' in­filare le scarpe e la camicia.

GIORNALISTA 2     Questo non vuol dire, s'usa molto in America.

GIORNALISTA 1     Ma qui non siamo in America.

GIORNALISTA 2     Comunque, non è un sintomo di pazzia. Staremmo freschi se dovessimo mettere al manicomio tutti quelli che cominciano a vestirsi dal cappello. Io per esempio comincio a vestirmi dalla cravatta.

GIORNALISTA 1     Mi meraviglio che non stiate al manicomio.

GIORNALISTA 2     Ci sto.

GIORNALISTA 1     Ma come medico.

GIORNALISTA 2     È già qualche cosa.

RUNE                    (rientrando) La tesi generale che informa tutta l'opera mia, come certo sapete, è questa : chi tenta di scoprire le leggi della natura da quello che avviene intorno a noi e in noi stessi non sa a che attenersi.

GIORNALISTA 1     Molto bene

RUNE                    Nel caso della fedeltà in amore, io comincio col domandarmi....(Vede il portiere che fa capolino dall'uscio, ascoltando avidamente.) Che fai lì, Pasquale? Vieni pure se vuoi sentire. Te lo per­metto… Comincio col domandarmi: è legge di natu­ra essere fedeli, o no? Perché gli uccelli sono fedelissimi in amore e altri animali no? E fra quelli che sono fedeli, perché le parre e gl'ibis sono monogami e fedeli fino alla morte, mentre le pernici sono fedeli da una pri­mavera all'altra? Poi si vede il gallo che è poligamo. Invece, tra i piccioni, i maschi e le femmine sono monogami e fedeli per molti anni. (Il portinaio alza le spalle scettico.)  Te l'assicuro, Pasquale, i piccioni sono fedeli. Almeno per molti anni.

PASQUALE         Ormai, io non credo più a nessuno.

RUNE                    Ed eccoci al caso della  cicogna: sposa fedelissima di solito.... ma qualche volta si fa un amante e, in compagnia di esso, uccide il marito.

PASQUALE         All'anima della sposa fedelissima 

RUNE                    E se essa non lo uccide, sapete che cosa fa il marito? Chiama in aiuto altre cicogne e, (entra Jolanda) in compagnia di esse, uc­cide la moglie infedele.

JOLANDA            No, Silvio, non lo dire nemmeno per ischerzo, ti scongiuro.

RUNE                    Ma che volete? Che c'entrate voi?

JOLANDA            Ti supplico non ucciderla! Adele....

RUNE                    Ma la finite? Io sto parlando della cicogna.

JOLANDA            La cicogna? Che c'entra la cicogna?

RUNE                    Ed ora, esaminiamo il caso dell' uomo…

GIORNALISTA 2     Professor Rune, toglietemi una curiosità: avete parlato d' una cerimonia a cui dovete recarvi. Potrei sapere di che cerimonia si tratta?

RUNE                    La domanda rientra nell'inter­vista?

GIORNALISTA 2     In verità no.

RUNE                    E allora tenetevela per voi…Che cos'è, questa fedeltà in alcuni animali e infedeltà in altri? Che bisogna dedurne? Se la fedeltà serve a qual­che cosa, perché non è generale? Se non serve a niente, perché è in alcuni?

GIORNALISTA 2     Professor Rune,  non vi sembra che qui faccia molto caldo?

RUNE                    Certo.

GIORNALISTA 2     Non vi dà fastidio stare col cilindro in ca­po?

RUNE                    Questi, sono affari miei.

GIORNALISTA 2     (al collega) Se potessi palpargli il cranio!.(rivolto a Rune)  Professore, potrei pregarvi d'una cortesia?

RUNE                    Dite.

GIORNALISTA 2     Mi fareste provare il vostro cilindro?

RUNE                    Ma siete qui per le mie conferenze o per il mio cilindro? Che avete da interessarvi tanto al mio cilindro?

GIORNALISTA 2     Buono, buono, non vi agitate; volevo soltanto....(E allunga la mano per togliere il cilindro dal capo del professore).

Rune gli affibbia un calcio sec­co in uno stinco.

RUNE                    Uscite.

I due escono

PASQUALE         Cosicché, io come dovrei regolarmi?

RUNE                    In che senso?

PASQUALE         Con mia moglie. Avete detto che tra le cico­gne la moglie infedele uccide il marito, se prima il marito non uccide lei. Quindi io....

RUNE                    Ma tu non sei una cicogna.

PASQUALE         Io no, ma se lo è mia moglie?

Improvvisamente il tele­fono si mette a squillare, Rune prende la chiamata

RUNE                    Ah! Bene…Vengo subito

Tira fuori la rivoltella dalla tasca. Poi rimette l'arma in tasca ed esce quasi correndo. Subito entra Adele che, s'avvicina alla finestra. Si ri­trae, pallida, scossa da un tremito.

SCENA XVIII

ADELE                 Fin qui....

In quel momento Ottavio arriva dall'esterno in preda alla più grande agita­zione :

OTTAVIO             Silvio! Silvio! Il colmo dell'impudenza! La automobile a losanghe gialle e rosse....

JOLANDA            (entrata in quel momento insie­me col portiere e la portinaia)Ebbene?

OTTAVIO             È giù alla porta! Dov'è Silvio?

PASQUALE         È uscito poco fa con la rivoltella.

OTTAVIO             Ah! C'è giù il complice di Adele, e Silvio è andato ad ammazzarlo!.

Nel tumulto generale, e mentre in casa si pre­cipitano anche il nob. Valem e lo spettrale ba­rone Hauffmann, sale dal basso una spaventosa detonazione, seguita da grida strazianti.

Fine secondo atto


 

ATTO III

È not­te. Alcune ore sono passate dalla partenza del pro­fessore. Al centro del salotto c'è Moller, che pro­cede agl'interrogatori. Di fronte a lui sono schie­rati Ottavio, sua moglie Olga, la vecchia signora Jolanda, il portiere, la portinaia, il nob. Valem e il barone Hauffmann. Tutti con l'aria spaurita dei personaggi d'un dramma giallo, quando è avve­nuto il delitto misterioso e si sta svolgendo l'in­chiesta della polizia e ognuno si sente sospettato, o sospettabile. La portinaia fa per uscire, ma Moller le sbar­ra il passo.

SCENA XIX

MOLLER              Vede, io sono un tipo amante della compagnia. Ho piacere che anch'ella resti qua con noi.

PORTINAIA         Se è per la compagnia, c’è tanta gente, qui....

MOLLER              Ma io voglio anche lei.

PORTINAIA         Non penserà che io sia stata complice.

MOLLER              Eh, chi lo sa? Lei dice d'esser la moglie del portiere, no?

PORTINAIA         Come: dico? Sono la moglie del portiere. Siamo sposati.

MOLLER              Questo lo vedremo poi. Intanto è assodato che né lei, né suo marito, al momento del fatto, erano al loro posto.

PORTINAIA         Non c'eravamo, perché stavamo qui. Questo non significa essere complici.

MOLLER              Non lo so. Non lo so… Un complice deve esserci. Non si rapisce un uomo in pieno giorno, al centro della città, davanti alla porta di casa sua, senza che ci sia un complice. Niente di più facile che costui sia tra noi. E forse so già chi è.

Fissa Ottavio

OTTAVIO             Io? Ma non dica sciocchez­ze. Io sono il fratello del professore.

MOLLER              Questo non significa niente. È stato lei a gridare che c'era sotto casa la macchina del rivale.

OTTAVIO             Ma mio fratello era già sceso. Io volevo met­terlo in guardia, trattenerlo.

MOLLER              Naturalmente. Dopo avergli detto che l'altro era giù… Signor Ottavio, io sono inguaribilmente curioso. Vuol dirmi che cosa ha fatto, durante tutta la gior­nata di ieri?

OTTAVIO             Signorina Moller, anch'io sono inguaribil­mente curioso. Vuol dirmi che cosa ha fatto lei, e con chi è stato?

MOLLER              Risponda lei a me. Non cerchi di eludere la domanda.

OTTAVIO             Ebbene, ero qui dalla mattina. Nel pomerig­gio mi sono trattenuto, anche perché volevo par­lare con l'avvocato di mio fratello, per una fac­cenda mia, che riguarda anche lei, signorina Moller.

MOLLER              Questo non c' entra.

OTTAVIO             C'entra, c'entra. Purtroppo, l'avvocato è usci­to prima che potessi parlargli. Gli son corso die­tro, ma non c'era più. Allora, sono andato al suo studio, ma lì mi hanno detto che non ci sarebbe stato che l'indomani mattina, perché era andato a sposare. Sono tornato qui passo passo. A pochi metri dalla casa, il sangue mi dà un tuffo: proprio davanti alla porta, c'era un'automobile a losanghe gialle e rosse, come quella da lei descritta; il rivale, dunque, era lì. Io conosco, in verità, delle facce toste, ma possibile, penso, che costui abbia la sfacciataggine di venire fin qui? Guardo dentro, e c'erano il guidatore e un altro personaggio. Al­lora mi precipito in casa per avvertire mio fratello, ma evidentemente ci siamo incrociati in ascensore.

MOLLER              E non poteva avvertire me, invece?

OTTAVIO             Non potevo. Perché lei in quel momento ave­va un importante sopraluogo. So io con chi.

MOLLER              Comoda scusa.

OLGA                   E così, (rivolta al marito) avresti provocato il dramma.

OTTAVIO             Ne provocherò un altro, di dramma, vedrai.

OLGA                   Non mi seccare. Vuole sentire la mia versione, signorina Moller?

MOLLER              Un momento, signora. Io sono terribilmente attaccato all'ordine. Verrà anche il suo turno. Ma non ho ancora finito con suo marito. Signor Ottavio, vuol dirci che cosa è avvenuto, dopo il suo arrivo?

OTTAVIO             Saputo che mio fratello era già corso giù, ar­mato di rivoltella, ho fatto per inseguirlo, ma ho preso, uno scivolone. Il resto non ho potuto veder­lo, perché ero a terra.

MOLLER              Molto comodo…

OTTAVIO             Non tanto.

OLGA                   L'abbiamo. visto noi, il resto.

MOLLER              un momento, signora, non è ancora il suo turno. Freni la sua deliziosa impazienza. (Si volge alla vecchia signora Jolanda) : Signora...

JOLANDA            Jolanda Kador, vedova del giudice Kador e suocera del professore.

MOLLER              Signora Jolanda, sono indiscreto se le domando che cosa ha visto lei…

JOLANDA            Io ero di là con mia figlia, che però mi ha preceduto qui. Alle grida di Ottavio sono accorsa anch'io e, quando ho saputo che mio genero era corso giù con la rivoltella, per fare una tragedia, sono svenuta.

MOLLER              Molto comodo. Quindi, non ha visto nem­meno lei.

OLGA                   Posso, ora?

MOLLER              Avrò caro di sentire anche da lei un piccolo racconto. Ci dica come ha passato il pomeriggio.

OTTAVIO             E con chi.

MOLLER              Questo non interessa.

OTTAVIO             Interessa me!

OLGA                   Rientravo, in quel momento, dopo…essere stata in giro per commissioni, quando mi so­no scontrata per le scale con Silvio che correva giù. Allarmata, sono entrata in casa e io e Adele siamo corse alla finestra: Silvio era scomparso e l'auto­mobile a losanghe gialle e rosse s'allontanava a gran velocità.

MOLLER              A gran velocità…( poi si volge al nob. Valem e al barone Hauffmann) E lor signori che cosa sanno dirmi di bello?

VALEM                Eravamo accorsi alle grida del signor Ottavio, quando abbiamo udito dal basso una spaventosa detonazione. “Sta a vedere”, ho detto, “che è scoppiato il mio scaldabagno”. Siamo corsi giù: era proprio così.

 HAUFFMANN    Fortuna che non era scoppiato il mio.

 MOLLER             Il mio…  Signori, vogliono riprendere le posizioni che avevano al momento del fatto?

Olga si mette presso la finestra, con le braccia tese in posa di richiamo disperato. Ottavio si stende in terra. La portinaia si mette sulla porta dell'interno, con le mani tra i capelli.

JOLANDA            Io ero svenuta,  ma biso­gna che qualcuno mi sorregga, come in quel mo­mento.

PASQUALE         Ero io.

MOLLER              E la moglie del professore dov'era?

OLGA                   Appena ha visto la scena dalla finestra, si è precipitata in istrada gridando, piangendo e ten­tando d' inseguire i fuggiaschi 

OTTAVIO             Commedia.  Tutta commedia. Evidentemente, era d’accordo con quel mascalzone.

MOLLER              Tenete per voi i vostri apprezzamenti.  Dov'è adesso la moglie del professore?

JOLANDA            Non è ancora rientrata in casa, povera figlia mia.

OTTAVIO             Sì, è proprio da compiangere! Ma non v'accorgete che, con la sua assenza, si dimostra complice?

JOLANDA            Lei non sa nulla, è innocente

PASQUALE         Signora, lei pesa, si tenga su.

OTTAVIO             Si vede com' è innocente, dov'è, ora?

JOLANDA            Che vorrebbe insinuare?

PASQUALE         Signora! Lei pesa. io la mollo.

MOLLER              No, nessuno si muova.(A Olga): Signora, vuole indicarmi la direzione presa dall'automobile e descrivermi la scena?

 OLGA                  Volentieri. S'accomodi.

si sposta per far posto accanto a sé all'investigatore e prende a dargli schiari­menti e indicazioni e a cinguettare perdutamente con lui mentre, gli altri parlavano tra loro, restando ognuno nella posizione descritta.

OTTAVIO             Non càpita spesso, che si rapisca un uomo in pieno centro cittadino. E, poi, a che scopo? Per fargli la pelle? Per sopprimerlo, magari d'accordo con la moglie? Mi pare troppo romanzesco.

JOLANDA            Non posso assolutamente supporre mia figlia capace d'una simile macchinazione.

PASQUALE         Signora, lei pesa.

PORTINAIA         Nemmeno io credo che la signora Adele...

PASQUALE         Sta' zitta tu, che sei un demonio peggio di  lei!

OTTAVIO             A meno  che non vogliano ricattare mio fratello. È caduto nella rete d'un ban­dito.

OLGA                   Per me  la ragione del ratto dev'essere molto semplice. Evidentemente quel figuro era qui per Adele.

MOLLER              Chiaro.

OLGA                   Non aveva nessuna intenzione di rapire il ma­rito.

MOLLER              Lampante.

OLGA                   L'ha visto uscire con la rivoltella e, per difen­dersi, lui e l'autista l'hanno afferrato, messo nell'automobile e condotto via.

MOLLER              Evidente.

OTTAVIO             Possiamo muoverci?

MOLLER              Sì, cinque minuti di riposo.

Tutti si muovono. Il portiere molla la signora Jolanda, che finisce a terra.

MOLLER              Oppure si vorrà far firmare al professor Rune una domanda di annullamento di matrimonio.

OLGA                   Ma sono sistemi da briganti.

MOLLER              Di questi tempi non c tè da meravigliarsene, la letteratura gialla, il cinematografo....

OTTAVIO             Il teatro…

MOLLER              No, il teatro è innocente. Pur­troppo, resta inascoltato. I giovani dovrebbero an­dare meno al cinematografo e più al teatro.

OTTAVIO             Anche il teatro ha le sue colpe.

OLGA                   Ma vi pare il momento di fare una discussione sul teatro? Qui c’è da con­durre avanti l'inchiesta sulla scomparsa del profes­sore e sul suo rivale.

OTTAVIO             Per me è molto semplice il problema: la signora Rune ha dichiarato di avere un amante, ma non ha voluto farne il nome. È stata  vista con lui in un'automobile a losanghe gialle e rosse; quest'automobile era ieri sotto questa casa. Trovate il nome dell’amante.

MOLLER              Ma questo è troppo poco. Ditemi almeno come comincia.

JOLANDA            Che cosa?

MOLLER              Il nome.

OTTAVIO             Se lo sapessimo, non ci saremmo rivolti a lei.

MOLLER              Giusto! Signori, vogliono riprendere le po­sizioni che avevano?

Agli ordini di Moller, i nostri personaggi si sono appena nuovamente disposti nelle posizioni che avevano al momento del­la scomparsa del professore, che d'improv­viso si sente mettere la chiave nella porta di casa. Poi, mentre tutti si scambiano occhiate sgomente, s’ode avvicinarsi un passo lento e pesante.

SCENA XX

MOLLER              Qualcuno è entrato in casa

stanco, impolverato, lacero, e sempre col cilindro in testa, entra nel salotto, proveniente dal­l'esterno, il professor Rune in persona.

RUNE                    Dov'è Adele

OTTAVIO             Non c’è; non è rientrata.

RUNE                    E già,  ha fatto il colpo in compagnia dell'amante e adesso si crede al si­curo. Ma il colpo non è riuscito.

MOLLER              Racconti con ordine 

RUNE                    C'è poco da raccontare: s’è tentato di assas­sinarmi moralmente. Di chiudermi in una clinica per malattie mentali.

MOLLER              Ma è sicuro che sia stato l'amante di sua moglie? Lei potrebbe essere realmente pazzo. Certo, non mi sembra troppo a posto.

RUNE                    Andiamo! L'automobile che mi ha portato al manicomio era quella di lui. E, poi, se non ba­stasse, mentre mi portavano alla clinica fuori di città, ho trovato fra i cuscini dell'automobile un frammento di lettera. Ecco qua. Calligrafia di mia moglie. Leggete.

MOLLER              ...t’amo tanto, penso sempre a te e ti aspetto. Mio marito è lontano... Non c'è altro, però.

RUNE                    E non le basta? Più prova di questa?

MOLLER              E non le hanno detto il nome di lui alla clinica?

RUNE                    Ha telefonato, qualificandosi una persona di famiglia, e ha mandato la sua automobile a pren­dere gl'infermieri, perché facessero più presto a venirmi a catturare, data l'urgenza del caso.

OTTAVIO             Che delinquente!

MOLLER              E alla clinica si sono contentati d'una sem­plice telefonata?

RUNE                    No. Due medici sono venuti qui, in casa, fingendosi giorna­listi e hanno creduto di avere la conferma che io fossi pazzo. Per fortuna, un medico della clinica è mio amico e, quando è arrivato, ho potuto spiegargli tutto. Così mi hanno lasciato andare con mille scuse. Ma vi assicuro che ho passato ore d' inferno.

MOLLER              Lo credo bene. Adesso bisogna rintracciare questo delinquente e denun­ziarlo.

RUNE                    Mi affido a lei, io ho biso­gno di riposare cinque minuti. (S'avvia verso la stanza da letto, sorretto dal fratello.)  Avete detto niente all'investigatore della mia malattia?

OTTAVIO             Non abbiamo fatto la minima allusione.

MOLLER              Signori, vogliono riprendere le po­sizioni che avevano al momento del fatto?

PASQUALE         Ancora?

MOLLER              Ah, già, ormai è inutile. Allora, signori, sono liberi di circolare dove cre­dono, Ma nessuno abbandoni la casa. Potrei aver bisogno ancora di qualcuno.

JOLANDA            Se passassimo di là a far colazione? Tutte queste emozioni mi hanno messo un appetito morboso. Debbo metter qualcosa sotto i denti, sapete...

TUTTI                    E’ un fattore nervoso

JOLANDA            Appunto!

Escono tutti quanti.

Buio

Si sente una scampanellata e viene dalla portinaia introdotto e lasciato ad aspettare nel sa­lotto il professor Kalin, Entra Pasquale, il portiere che, senza essere visto si sistema su una poltrona ri­pensando alle proprie disgrazie coniugali e gemendo, il capo fra le mani.

SCENA XXI

KALIN                  Che cos'avete da lamentarvi tanto? 

PASQUALE         Che ho?  Che ho? Velo dirò io quello che ho, se volete saperlo. Ho le corna, caro signore, ecco quello che ho.

Il professar Kalin inforca le lenti, prende il capo del portinaio fra le mani e gli esamina la fronte.

KALIN                  Ma io non le vedo queste corna.

PASQUALE         E vorreste anche vederle?  Sono corna metaforiche. Mia moglie mi ha tradito, ecco tutto. Volete sapere altro? Volete sa­pere anche con chi? Con l'inquilino del piano di so­pra, a servirvi. L'ha confessato lei stessa a una si­gnora, qui, in questa stanza, presente me. L'ho udito con le mie orecchie. Non vale negare, ormai. Io so. Io so. (esce)

KALIN                  Ave­va ragione l’avvocato. Ma ora vado a dirne quattro al dottor Amand.

Sta per andarsene, quando nel salotto entra la signorina Moller.

MOLLER              Illustre professore, che cosa vi càpita?

KALIN                  Cara signorina Moller, in questa casa c'è un marito tradito dalla moglie....

MOLLER              Lo so.

KALIN                  Pare che la moglie l'ab­bia fatto becco con l' inquilino del piano di sopra. E questo benedett'uomo si ostina a chiamar­mi perché gli tagli le corna. Deve avergli dato di volta il cervello.

MOLLER              È evidente. Ma siete cer­to che la moglie l'abbia tradito con l'inquilino del piano di sopra?

KALIN                  Pare che ella stessa l'abbia confessato a qual­cuno. Del resto la cosa non m'interessa. Buongiorno.

Kalin, se ne va.

SCENA XXII

MOLLER              Siamo a cavallo. È l'anello che mancava alla mia catena. Tutto si spiega adesso : l'automobile ferma sotto questa casa, le visite a Bathville in assenza del marito, a proposito delle quali ho saputo particolari da alzar l'idea. Ora bi­sogna sapere come si chiama l'inquilino del piano di sopra e che persona è. Niente di più facile: c'è il portinaio per questo.

Entra Ottavio

OTTAVIO             Signorina Moller, lei che è un così bravo investigato­re....

MOLLER              Investigatrice, prego.

OTTAVIO             ...una così brava investigatrice, dovrebbe far­mi il favore di investigare su una certa mia fac­cenda.

MOLLER              Dica pure.

OTTAVIO             Mi risulta che mia moglie ha un amante.

MOLLER              Ah.

OTTAVIO             Vorrei che ella indagasse, per farmi sapere chi è.

MOLLER              Lasci fare a me. Ha qualche dato più preciso?

OTTAVIO             Sì. Pare si tratti di un gran farabutto, di un imbecille, d'un cretino, d'un mascalzone, d'un de­linquente e d'un rammollito! Ah!....

MOLLER              Preziose indicazioni. Delinquente, ha detto?

OTTAVIO             Sì. E rammollito.

MOLLER              Prendo nota. Vedrò di rintracciarlo. Ma pri­ma sistemiamo le faccende del professore suo fra­tello, e poi mi occuperò delle sue. Sa che ho trovato l'anello?

OTTAVIO             Che anello?

MOLLER              Quello che mancava alla mia catena. Ho sa­puto tutto. L'amante della signora Adele è l'in­quilino del piano di sopra.

OTTAVIO             Possibile?

MOLLER              Questo spiega molte cose: l'automobile ieri alla porta, le visite al mare in assenza del marito.Lei sa dirmi chi abita al piano di sopra?

OTTAVIO             Il barone Hauffmann.

MOLLER              Sa qualcosa di lui?

OTTAVIO             Non credo di conoscerlo personalmente, ma, a quanto ho sentito dirne dal portiere, dev'essere un libertino. Pare se la intenda anche con la mo­glie del portiere stesso.

MOLLER              Si salvi chi può. Un mandrillo.

OTTAVIO             Un satiro.

In quel momento s'affaccia nel salotto, il barone Hauffmann

HAUFFMANN     Permesso? Sono, il barone Hauffmann. Come vanno le corna del professore?

MOLLER              (piano a Ottavio) Non ho mai visto una simile impudenza (e volto al barone)  Qui si sa tutto.

OTTAVIO             Mio fratello sa tutto. 

MOLLER              Sappiamo tutto.

il portiere, entra in quel momento e, fissando il barone

PASQUALE         So tutto.

HAUFFMANN     Ma in questa casa  tutti sanno tutto. Soltanto io non so niente. (andandosene) io vorrei soltanto accertarmi se si attaccano o no; perché eventualmente cambio casa.

Entra l'avvocato Karlsar.

KARLSAR            Ho urgenza di parlare col professar Rune. Potete lasciarmi la precedenza?

OTTAVIO             In verità  c'è sempre tempo a dare una cattiva notizia. Che ne dite, si­gnorina?

MOLLER              Come credete.  Potremmo an­dare a trattenerci una mezz'ora al vicino caffè.

Ottavio e Moller escono, il portiere e Karlsar restano in disparte, entra Rune.

SCENA XXIII

RUNE                    Sognavo l' alloro,  di vedere questa fronte incoronata coi segni del trionfo, baciata dalla gloria, carez­zata dalla casta mano d' una sposa... E invece…

PASQUALE         Ehm … C'è l'avvocato Karlsar.

KARLSAR            Ti debbo chiedere scusa.  Ieri non sapevo della strana malattia che ti ha colpito. Ora mi è stato raccontato tutto. An­zi  non far complimenti con me, togliti pure il cappello.

Tristemente, Rune si scopre.

KARLSAR            Coraggio, coraggio, amico mio, non ti lasciar abbattere.

Entra Jolanda che attraversa la sala per uscire dalla parte opposta

KARLSAR            Tua moglie?

RUNE                    E dàgli. Che mia moglie! Ti pare che se fosse mia moglie avrebbe potuto tradirmi? A quell' età?

KARLSAR            Perché no? Si vede altro che questo. 

RUNE                    È mia suocera. O, meglio, era mia suocera.

KARLSAR            Ma senti, Silvio, io ho ripensato alla faccen­da. In fondo tu non hai altra prova del tradimento che quella dichiarazione.

RUNE                    E se anche non avessi altra prova, ti pare poco? La dichiarazione è di mia moglie. È lei in persona che l' ha scritta e firmata.

KARLSAR            Lo so, e trovo che ha fatto malissimo. E se fossi stato presente non le avrei mai consigliato una cosa simile.

RUNE                    Ma, scusa, fai l'avvocato mio o di mia mo­glie?

KARLSAR            Tuo, naturalmente. Non conosco nemmeno di vista tua moglie. Ma appunto come tuo legale vorrei evitarti i passi falsi. Io, conosco a fondo le donne. Tu sai, tutti lo sanno…

RUNE                    Ma facci ridere; sei l'uomo dei fiaschi. Vieni al dunque.

KARLSAR            Ecco, forse tua moglie non è colpevole quanto credi.

RUNE                    Ih, come mi prudono! 

KARLSAR            Che cosa?

RUNE                    Le corna.

KARLSAR            Quali?

RUNE                    Quali! Come ne avessi a dozzine. Queste, no? (E il professore si tocca la fronte.)

KARLSAR            Adesso lascia stare que­ste e pensa a quelle altre. Volevo dirti: bisogna an­che vedere in quale stato d'animo si commettono certi passi falsi.

RUNE                    Vecchio luogo comune.

KARLSAR            Ma no, stammi a sentire. Io, per farti un esempio, amo pazzamente la mia fresca sposa, la Ferénczy. Bene, per vederla, fra andata e ritorno facevo circa duecento chilometri in automobile.

RUNE                    Sai che fatica.  Credevo che li a vessi fatti a piedi.

KARLSAR            Ma lasciami parlare. L’ultima volta, quando sto per arrivare vedo una bel­la ragazza che sgambetta per la strada. Il demone mi tenta, la invito, a salire nella macchina, lei accetta, attacco discorso, piglio coraggio e a un certo punto fermo l'automobile e accocco alla bella un bacio a tradimento. Perché? L'amavo forse? No. Così. Una momentanea aberrazione. Con questo ho tradito la Férénczy? Nemmeno per sogno. È stato un semplice bacio… perché la ragazza mi ha dato un ceffone. Ma se non ci fosse stata questa reazione ti assicuro che non mi sarei fermato al bacio. E ciononostante, questo voglio dire, non sarebbe stato un tradimen­to alla donna che amo.

RUNE                    Cavilli. Noi uomini crediamo sempre che i nostri non siano tradimenti. E poi non vedo cosa c'entra tutta questa storia del tuo ennesimo fiasco con la mia faccenda.

KARLSAR            Difatti, non c'entra. Volevo soltanto esserti testimonio che si può com­mettere un cosiddetto tradimento, come l'avrei com­messo io se non ci fosse stato...

RUNE                    Il ceffone.

KARLSAR            Il ceffone.

RUNE                    Ma siccome c'è stato il ceffone, non l'hai com­messo.

KARLSAR            Ma l'avrei commesso, pur amando appassio­natamente la persona tradita, come io l'amo; pur avendo fatto circa duecento chilometri....

RUNE                    In automobile.

KARLSAR            ...in automobile, per vederla; pur essendo or­mai a pochi passi da lei. Ecco quello che volevo dirti: che siamo fragili e illogici....

RUNE                    Finiscila con questi vecchi argomenti che non hanno mai convinto nessuno  La momentanea aberrazione! La lascio ai ro­manzieri. E agli imbecilli.

KARLSAR            Allora  niente da fare.

RUNE                    Niente da fare. Dammi l'esposto da firmare per il tribunale. Io mi separo.

Mentre Rune scorre il documento portogli dall'avvocato, irrompono nel salotto Ottavio e il portiere.

OTTAVIO             Anch’io, avvocato, mi separo da mia mo­glie.

PASQUALE         Anch'io!

Karlsar, d'un tratto s'ac­cascia in una poltrona e scoppia in lagrime. Tutti lo guardarono stupiti

OTTAVIO             Avvocato, che le succede?

KARLSAR            Anch'io mi separo!

OTTAVIO             Di già? Ma se s'è sposato appena ieri?

KARLSAR            Mia moglie, non so come, ha saputo purtroppo d' una mia piccola infedeltà.

OTTAVIO             Ma anche lei, avvocato, va a tradire sua mo­glie proprio il giorno del matrimonio.

KARLSAR            No, non eravamo ancora sposati. Lo giuro, è stata una leggerezza, una cosa da niente. Lo stavo raccontando prima a Silvio. Ho ten­tato di baciare una ragazza, che m'ha dato anche un ceffone in cambio, ecco tutto. Mia moglie l'ha saputo, ha avuto le prove, e adesso è uscita di casa per rendermi la pariglia, e vuole separarsi, perché crede peggio.

OTTAVIO             Ma in che consistono queste prove?

KARLSAR            Una lettera a me diretta, in cui si dice … ecco qua. Testualmente: Tua moglie è una sciocca innamorata che ti vorrebbe tutto per sé, mentre tu hai un altro amore. L’ho  imparata a memoria.

OTTAVIO             E chi sarebbe quest'altro amore?

KARLSAR            Non lo so. Nella lettera non è detto. Ma è fal­so. Non ho che lei.

In quel momento, proveniente dall'esterno, en­tra di corsa nel salotto Adele, ansante.

SCENA XXIV

ADELE                 Finalmente! È da ieri sera che ti cerco. Se sapessi quanto ho sofferto!

Contemporaneamente l'avvocato Karlsar ha un piccolo sussulto

KARLSAR            È lei. Lei è la mia salvezza, Venga a raccontare a mia moglie come sono andate le cose.

RUNE                    Che c' è?

KARLSAR            La ragazza del ceffone. L'altro giorno mi trovavo al mare in automobile, andavo a trovare la Ferenczy che come saprai, si esi­bisce al Grande Albergo di Bathville; ho visto pas­sare questa ragazza e l'ho invitata a salire in macchina.

ADELE                 È quello del tradimento.

RUNE                    Ma come? Scusate, scusa.... Il tradimento...?

ADELE                 (puntando l'indice contro Karlsar con ostilità)  È stato lui. Mi ha dato un bacio di sorpresa. Ho lottato. Ho reagito.

KARLSAR            È tua moglie?  (Rune fa cenno di sì e si volge ad Adele)  Permettete, signora, che vi feliciti per la vo­stra irreprensibile condotta. Vi domando scusa per l'ac­caduto, non sapevo chi foste. Sono proprio desola­to. Ma voi, parlando d'infedeltà e di tradimento a vostro marito, alludevate al caso nostro, per av­ventura?

ADELE                 Certo!

KARLSAR            Quella vostra confessione autografa, si riferisce al nostro episodio?

ADELE                 Sì.

KARLSAR            Signora mia, voi mandereste in galera un in­nocente.

ADELE                 Perché?  È un tradimento quello che ho fatto. (Si volge al marito): Vero è che son salita in automobile perché dovevo impostare la lettera per te e avevo paura di non fare in tempo al treno. ma il bacio c'è stato e l'ora coincide perfettamente con la tua malattia.

RUNE                    Ma la tua lettera non l'ho ricevuta.

ADELE                 Lo credo bene, nella lotta con questo signore s’è strappata.

RUNE                    (Tirando fuori dalla tasca il pezzo di lettera lacerato) Ah, sì? E questo frammento, secondo te che significa?. “T'amo tanto, penso sempre a te e ti aspetto.” …  Punto. “Mio marito è lontano…”

 KARLSAR           Un momento! Forse ho il seguito, il frammento di lettera che mia moglie ha trovato nella mia macchina.(cavandosi di tasca il proprio frammento e unendolo a quello di Rune) “ T'amo tanto, penso sempre a te e t' aspetto. Mio marito è lontano... dall'immaginare d'essere l'unico scopo della mia vita, credimi, tua moglie è una sciocca innamorata, che ti vor­rebbe tutto per sé, mentre tu hai un altro amore: la.... Non c'è altro.

Ottavio prende dalle mani di lui i due frammenti e li avvicina.

OTTAVIO             Combaciano perfettamente, e la cal­ligrafia è quella di Adele. (Si volge al fratello):  Chi è quest’altro amo­re?

ADELE                 C'è un altro frammento rimasto in mano mia, eccolo. “...la scienza!”

RUNE                    No, bambina mia, la scienza viene dopo di  te! (Si volge a Karlsar) Cosicché, l'automobile che stanotte... .

KARLSAR            È la mia macchina.  Preoccupandomi delle tue condi­zioni mentali, l'avevo messa a disposizione del dot­tor Rickard perché ti mandasse a prendere dai suoi infermieri.

RUNE                    Ti sapevo imbecille, ma non fino a questo punto .

KARLSAR            Credevo che tu fossi pazzo.  Non sapevo che avessi le corna .

RUNE                    Abbiamo fatto tutto questo scandalo per niente.

KARLSAR            Proprio per niente

RUNE                    Con te poi faremo i conti.

KARLSAR            Ho già avuto un ceffone, mi pare che basti.

RUNE                    E intanto, posso andare adesso in giro a dire a tutti: “Sapete, è stato un equivoco, mia moglie è un'ingenua, io non ho le corna”?

OTTAVIO             Specialmente avendole sul serio.

ADELE                 Ma allora, come ti sono spuntate, se il mio non è stato un tradimento?.

RUNE                    E dàgli, tu non c'entri. È un fatto che non ti riguarda, questo.

ADELE                 Ma allora chi c'entra? Tu hai un 'altra donna.

KARLSAR            Non c'entra nessuna donna.  Volete capirlo sì o no? Vostro marito ha le corna per dispo­sizione naturale.

RUNE                    (cacciando l’avvocato fuori di casa) Va' all'inferno.(poi rivolgendosi ad Adele) Bambina mia, mi hai fatto tanto soffrire.

ADELE                 Da ieri io non faccio che piangere. Ero disperata.

OLGA                   (dopo un tempo interminabile) Bene, allora tutto risolto, no? Però cara Adele, tu sei proprio sciocca. Prima regola, mai…

entra Moller allarmato, ansante.

SCENA XXV

MOLLER              La sua signora moglie, con la scusa dell'ingenuità ne fa di tutti i colori.

RUNE                    Non dica bestialità.  S'è chia­rito tutto; mia moglie è innocentissima.

MOLLER              Ah sì? Allora le dirò quello che ieri le ho taciuto unicamente per non amareggiarla di più.

RUNE                    Cioè?

MOLLER              Cioè, che la signora Adele ha una relazione fissa, un amante.

RUNE                    Non dica sciocchezze.

MOLLER              Sciocchezze? Ho le prove, mio caro, le testimonianze. Dieci, venti testimonianze, quante ne vuole. I vicini di casa a Bathville hanno visto. Uno scandalo, caro signore. L'ha ricevuto persino in casa di notte .

RUNE                    (passandosi una mano sulla fronte) Ahi.

OTTAVIO             Ti dolgono?

RUNE                    Mi pare che stiano crescendo, (e forte, all'investigatore)  Ma vada avanti. Di­ceva? .

MOLLER              Che sua moglie ha un amante. Da quindici giorni. Un tale che è stato visto nottetempo intro­dursi nel villino.

RUNE                    Andava per la cameriera, lo so.

MOLLER              Per la cameriera andava un altro. Orge, addi­rittura. La signora Adele e questo signore sono sta­ti visti persino attraverso una finestra abbracciati. Non si curavano nemmeno di chiuder le persiane, sapendo che intorno alla casa c'è la pineta. Ma qual­cuno li ha visti.

RUNE                    Ma è sicuro di quello che dice? Non sbaglierà villino?

MOLLER              Diamine, lo conosco bene.

RUNE                    Si tratterà della zia di Adele.

MOLLER              No, no. Proprio di lei. Se le dico che è stata vista? E ho segnato tutto. Ho saputo persino quante volte la signora Adele ha introdotto in casa questo signore .(tirando fuori un taccuino): Una prima volta il sei luglio. Poi l'episodio s'è ripetuto la notte sul tredici. Poi la sera del venti .  Pensi, lo faceva passare per suo marito .

RUNE                    Ma quello ero io, scattò Rune.  Che sciocchezze mi sta contando? .

MOLLER              Come? Se ho saputo persino che è il barone Hauffmann?.

RUNE                    Ma mi faccia il piacere! Il barone Hauffmann non s'è mosso da casa sua. Non si regge in piedi.

MOLLER              Ma così lei demolisce tutta l'opera mia.

Entra il dottor Amand, quasi trascinando il professor Kalin

AMAND               Vieni e vedrai se ha o no le corna.

MOLLER              Ma non le ha

KALIN                  Dicevo bene.  Non le ha.

AMAND               E queste che cosa sono? (togliendo il cilindro a Rune).

KALIN                  Debbo arrendermi all'evidenza.  Le ha.

AMAND               Ecco, giudicate se sono vere o metaforiche.

RUNE                    Sono vere!

KALIN                  Però, in questa casa c'è anche uno che le ha metafori­che.

AMAND               Ma chi sa quanti ce ne saranno! Altro che uno!

OTTAVIO             Eccome!

RUNE                    Questo è certo

KALIN                  Credo anch' io

Tutti i quattro uomini iniziano a ridere di gusto, tranne Ottavio

 OTTAVIO            Io poi, non la capisco tutta questa sua ilarità per le corna …del por­tiere (portandosi al centro della scena e iniziando a declamare)
Se a ciascun l' interno corno
si vedesse in fronte fitto
quanti mai che vanno attorno
resterebbero in città.

Non andrebbero a passeggio,
non andrebbero all'ufficio,
ma imprecando al maleficio
griderebber tutti:  Olà.

TUTTI                    (a soggetto alla fine della esibizione) Ma bravo! Bene! Che poeta!

RUNE                    Ma signori, lasciamo da parte ora la poesia e torniamo alla prosa. Io ho fretta di liberarmi.

KALIN                  Per conto mio, sono pronto a ope­rare. Quando volete....

RUNE                    Ma subito, non aspetto che questo.

Rune e i due dottori passano nella stanza da letto e vi si chiudono, rientra­no nel salotto la portinaia seguita da Pasquale il portiere, barone Hauffmann e l’avvocato Karlsar con un mazzo di fiori in mano.

SCENA XXVI

KARLSAR            Signora Adele questi sono per voi, voglio scusarmi ancora dell’accaduto

MOLLER              Sst! (indicando la stanza chiusa.)  C'è il chirurgo  (mette l'occhio al buco della serratura.)  Il chirurgo s’è messo il camice bianco e si sta lavando le mani … Anche il dottor Amand, ha indossato il camice bianco e pre­para i ferri. E bisbiglia il “Se a ciascun…” … Continua a lavarsi le mani.

Entra il nob. Valem con una macchina fotografica

VALEM                 Permesso, permesso, vorrei fotografare il fenomeno, prima che…

TUTTI                    Sst!

PASQUALE         Fotografate me. Anch'io ho le corna.

OTTAVIO             Anch’io.

VALEM                Ma le vostre non si vedono

PASQUALE         E questa è la disgrazia.

MOLLER              Ancora si sta lavando le mani, non finisce mai di lavarsi le mani… Ha detto qual­cosa al dottor Amand il quale continua a ripetere a fior di labbra il “Se a ciascun”…Il chirurgo esamina i ferri.

OTTAVIO             Mi farò regalare da Silvio, uno dei suoi corni. Lo voglio far montare in oro e lo terrò come portafortuna.

OLGA                   Ma no;  io volevo farti per regalo un orologio il giorno della tua festa. Se proprio ci tieni, invece dell'orologio ti farò un corno.

OTTAVIO             Grazie, me ne hai fatti abbastanza.

MOLLER              Il chirurgo, ha in mano una sega lunga mezzo metro.

All'improvviso, s’ode nitido, forte, deciso, i1 cra... cra... cra... d'una sega.

ADELE                 Gliele stanno tagliando

TUTTI                    Beato lui

ADELE                 (rivolta a Karlsar) Avvocato, venite, andiamo a cercare un vaso per questi fiori.

SIPARIO


Atto I.. 2

SCENA I. 2

SCENA II. 4

SCENA III. 6

SCENA IV.. 7

SCENA V.. 9

SCENA VI. 12

SCENA VII. 13

Sipario.. 15

Atto II.. 16

SCENA VIII. 16

SCENA IX.. 18

SCENA X.. 19

SCENA XI. 20

SCENA XII. 22

SCENA XIII. 24

SCENA XIV.. 25

SCENA XV.. 26

SCENA XVI. 27

SCENA XVII. 28

SCENA XVIII. 31

ATTO III.. 32

SCENA XIX.. 32

SCENA XX.. 35

SCENA XXI. 36

SCENA XXII. 37

SCENA XXIII. 38

SCENA XXIV.. 40

SCENA XXV.. 42

SCENA XXVI. 43