La morte di Danton

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La morte di Danton

di Georg Büchner

ATTO PRIMO

Hérault-Séchelles, alcune signore al tavolo da gioco. Danton, Julie un po’discosti; Danton su uno sgabello ai piedi di Julie.

Danton - Guarda la bella signora come gioca bene le sue carte. Certo che se ne intende; dicono che           riservi sempre il caeur a suo marito e il carreau agli altri. Voi sareste capaci di farci                        innamorare persino delle bugie.

Julie - Credi in me?

Danton - Che ne so! Sappiamo tanto poco l’uno dell’altro. Siamo pachidermi, tendiamo le mani                l’uno verso l’altro ma èfatica inutile; non facciamo altro che sfregarci vicendevolmente                        questo ruvido cuoio, siamo veramente soli.

Julie - Ma tu mi conosci Danton.

Danton Già, quel che si dice «conoscere». Hai occhi scuri e capelli ricci e una carnagione delicata e           mi dici sempre «Caro Georges!». Ma (le indica la fronte e gli occhi) qui, qui cosa c’èqui                dentro? Va’, abbiano sensi grossolani! Conoscersi l’un l’altro? Dovremmo scoperchiarci il         cranio e strapparsi vicendevolmente i pensieri dalle fibre del cervello.

Una signora - (a Hérault). Ma cosa vuol fare con quelle dita?

Hérault - Niente.

Signora - Non torca il pollice in quel modo, fa senso!

Hérault . ma no, guardi, ci ha una fisionomia tutta sua.

Danton - No, Julie, io t’amo come una tomba.

Julie (scostandosi) Oh!

Danton - No, scolta. Dicono che nella tomba c’èriposo e che riposo e tomba sono tutt’uno. Se è               così, nel tuo grembo don giàsottoterra. O dolce tomba, le tue labbra son campane a morto, la tua voce il rintocco della mia sepoltura, il tuo petto il mio tumulo e io tuo cuore la mia                   bara.

Signora - Perso!

Hérault - Era un’avventura galante, e come sempre costa denaro.

Signora - E allora lei ha fatto le sue dichiarazioni d’amore con le dita, come un sordomuto.

Hérault - E perchéno? Si vuol persino sostenere che son proprio quelle a essere molto intense.                   Avevo imbastito un amoretto con una regina delle carte; le mie dita erano prìncipi mutati in           ragni, lei, madame era la fata; ma andava proprio male, la regina era sempre lìa partorire,       ogni momento faceva giochi simili, i signori e le signore cadono l’uno sull’altro in modo                     cosìindecente e poi ecco arrivare i fantolini …

Entrano Camille e Desmoulius e Philippeau

Hérault - Philippeau, che occhi cupi! Ti sei fatto uno strappo al berretto rosso? Il santo Giacobbe ha          fatto una faccia cattiva? Èpiovuto mentre funzionava la ghigliottina? Oppure hai avuto un   posto cattivo e non hai potuto vedere niente?

Camille - Fai la parodia di Socrate, tu. Sai anche tu cosa domandòad Alcibiade, trovandolo un                 giorno cupo e abbattuto: «Hai perduto lo scudo in campo di battaglia? Sei stato vinto nella        corsa alle armi? Un altro ha cantato o ha sonato la cetra meglio di te?». Che repubblicani                        classici ! Cos’èin confronto il nostro romanticismo da ghigliottina?

Philippeau - Oggi sono cadute altro venti vittime. Sbagliavamo, si sono mandati al patibolo gli                  hebertisti solo perchénon precedevano in modo abbastanza sistematico, forse anche perchéi             decenviri si sarebbero creduti perduti se solo per una settimana ci fossero stati degli uomini           temuti piùdi loro.

Hérault - Vorrebbero far di noi degli esseri antidiluviani. Saint-Just non vedrebbe malvolentieri che          noi tornassimo a strisciare sulle quattro zampe, cosìl’avvocato di Arras ci inventerebbe dei      caschetti, dei banchi di scuola e un signoriddio, secondo la tecnica dell’orologiaio ginevrino.

Philippeau - Non esiterebbero ad aggiungere ancora alcuni zeri al calcolo di Marat. Per quanto                   ancora dovremo essere sporchi e insanguinati come bambini appena nati, aver bare per culla          e giocar con le teste? Dobbiamo chiederci: bisogna far approvare un comitato di clemenza, i        deputati espulsi devono essere riammessi!

Hérault - La rivoluzione ègiunta nella fase della riorganizzazione. La rivoluzione dece cessare, e   deve cominciare la repubblica. Nella nostra concezione dello Stato il diritto deve subentrare     al dovere, il benessere alla virtùe la legittima difesa alla punizione. Ognuno deve essere in          gradi di far valere la propria personalitàe la propria natura. Puòesser sensato o insensato,             colto o ignorante, buono o cattivo: ciònon riguarda minimamente lo Stato. Tutti siamo dei pazzi, ma nessuno ha il diritto di imporre agli altri la propria pazzia. Ognuno deve poter                 godere a suo modo e tuttavia cosìche ciònon accada ai danni d’alcun altro o possa                       disturbarlo nel suo godimento.

Camille - La forma dello Stato deve essere una veste trasparente che si modelli docile sul corpo del          popolo. Ogni pulsar di vene, tendersi di muscoli, fremere di tendini, deve segnarsi in essa. La sua figura puòessere bella o brutta, essa comunque ha il diritto d’essere cosìcom’è, e

noi non siamo autorizzati a tagliarle una giacchetta di nostro gusto. Pesteremo le dita a quella        che gente che sulle spalle nude della Francia, la peccatrice piùcara fra tutte, vuol gettare il velo monacale. Vogliamo dei nudi, baccanti giochi olimpici e, da melodiose labbra, oh, l’amore struggente, l’amore crudele! Non vogliamo impedire ai Romani di mettersi in un angolo a cuocere rape, ma non devono pretendere piùd’imporci i loro giochi di gladiatori. Il divino Epicuro e la Venere dal bel sedere devono porsi ai lati delle porte della repubblica al posto dei santi Marat e Chalier. Danton, prenderai tu l’iniziativa alla Convenzione!

Danton - Io prenderò, tu prenderai, egli prenderà. Se ci saremo ancora, dicono le vecchie. Dopo                un’ora sono trascorsi sessanta minuti. Non èvero ragazzo mio?

Camille - Cosa vuol dire? Si capisce!

Danton - Già- Tutto si capisce. E chi dunque realizzeràtutte queste cose?

Philippeau - Noi e la gente onesta.

Danton - Questa «e»che sta in mezzo èuna parola lunga e ci tiene un po’lontano uno dall’altro; il            tratto èlungo e l’onestàperde il fiato prima d’arrivare a noi. E se anche fosse! Alla gente               onesta si puòprestare denaro, si puòfare da padrino ai loro figli, si puòdar loro in moglie le         proprie figlie, ma questo ètutto?

Canile - Se sai tutte queste cose, perchéhai cominciato la lotta?

Danton - Quella gente era tanto antipatica. Non ho mai potuto guardare questi tronfi Catoni senza            dar loro una pedata. Sono fatto così. (Si alza)

Julie - Te ne vai!

Danton - Per forza, mi esasperano con la loro politica. (uscendo) Qui sulla porta voglio farvi una               profezia: la strada della libertànon èancora fusa, il forno èrovente e tutti possiamo ancora      scottarci le dita (Esce)

Camille - Lasciatelo! Credete che saprebbe poi tenerle lontane dal forno le dita, quando fosse                   venuto il momento di agire?

Hérault - Sì, ma solo per passatempo, come si gioca a scacchi.

UNA STRADA

Simon, sua moglie

Simon (Picchia la donna) - Ruffiana, […] porro verminoso del peccato!

Moglie - Aiuto! Aiuto!

Gente - Divideteli! Divideteli!

Simon - No, lasciatemi, o romani! Fare a pezzi la voglio ‘sta carcassa, o vestale!

Moglie - Io vestale? Voglio proprio vedere, voglio!

Simon - Cosìti strappo la veste dalle spalle.

Nuda nel sole la tua carogna scaglio.

            Se un […] di puttana, in ogni del tuo corpo si annida il vizio. (Vengono separati).

Primo cittadino - Ma che c'è?

Sinom - Dov’èla vergine? Parla! No non posso chiamarla così. Ragazza! No, neanche! Madonna, la          femmina. Macché, neanche così! Resta solo un nome! Oh, ma quello mi soffoca! Non mi                   basta il fiato e pronunciarlo!

Secondo cittadino - Meno male, altrimenti anche quel nome saprebbe di grappa.

Simon - Vecchio Virginio, copri il tuo capo calvo; il corpo della vergogna ci èappollaiato sopra e tenta di beccarti gli occhi. Datemi un brando, romani!

            (Cade)

Moglie - Ah! Per il resto èun cosìbravo uomo! Sono che non mi sopporta gran che! La grappa gli             mette una gamba di traverso

Secondo cittadino - Allora cammina con tre.

Moglie - No, cade.

Secondo cittadino - Giusto, prima cammina con te, poi cade sulla terza, fin quando casca anche                questa.

Simon - Sei la lingua anche di vampiro che beve il piùcaldo sangue del mio cuore.

Moglie - Ba’, lasciatelo stare, adesso èil momento che di solito si commuove, gli sta passando.

Primo cittadino - Ma cos'èsuccesso dunque?

Moglie - Ecco cos'èsuccesso: me ne stavo seduta là, su quella pietra, al sole e mi scaldavo, capite... Perchénoi di legna non ce ne abbiamo, capite...

Secondo cittadino - Allora prendi il naso di tuo marito.

Moglie - E mia figlia èandata giùall'angolo, èuna brava ragazza e mantiene i suoi genitori.

Simon - Ah! Confessa!

Moglie - Giuda che non sei altro! Avresti forse un paio di pantaloni da tirarti su se i giovanotti non           tirassero giùi loro con lei? Vuoi crepare di sete, botte di grappa, se la fontanella cessa di                  zampillare, eh!? Lavoriamo con tutte le membra e perchéallora non anche con quella: sua    madre ha trafficato con quella, quando l’ha messa al mondo, gli ha fatto male; non può                     dunque lavorare per sfamare anche lei con quella, eh? E a lei, le fa forse male, eh? Cretino!

Simon - Ah Lucrezia! Un brando, a me un brando, romani! O Appio Claudio!

Primo cittadino -  Sì, un coltello, ma non per la povera prostituta! Che ha fatto lei? Niente! Èla sua          fame a prostituirsi e mendicare. Un coltello per la gente che compra la carne delle nostre                donne e delle nostre figlie! Guai a coloro i quali fornicano con le figlie del popolo! Voi avete    il ventre che vi brontola, e loro hanno lo stomaco pesante; voi avete buchi nella giacchetta e     loro hanno giacche calde; voi avete i calli alle mani e allora hanno mani di velluto. Ergo voi     lavorate e loro non fanno niente; ergo voi vi guadagnate il pane e loro lo rubano; ergo se                volete riavere qualche soldo di quel che vi han rubato, dovete prostituirvi e mendicare; ergo,         loro sono dei mascalzoni e bisogna accopparli!

Terzo cittadino - Non hanno sangue nelle vene se non quello che ci hanno succhiato. Ci hanno detto         «accoppate degli aristocratici, sono lupi!»E noi abbiamo impiccato gli aristocratici alle                         lanterne. Hanno detto: «Il Veto mangia il vostro pane»; noi abbiamo fatto fuori il Veto.                       Hanno detto: «I girondini vi affamano»; abbiamo ghigliottinano i girondini. Ma loro hanno     spogliato i morti e noi corriamo come prima a piedi nudi e moriamo di freddo. Noi vogliamo      strappare la pelle dalle loro gambe e farcene pantaloni, vogliamo struggere il loro grasso e    condirci la minestra. Coraggio! A morte chi non ha buchi nella giacca!

Primo cittadino - A morte chi sa leggere e scrivere!

Secondo cittadino - A morte cj va all’estero!

Tutti - A morte! A morte!

Alcuni trascinano in scena un giovanotto.

Alcune voci - Ha un fazzoletto! Èun aristocreatico! Alla lanterna! Alla lanterna!

Secondo cittadino . Come? Non si soffia il naso con dita? Alla Lanterna!

Giovanotto - Ma signori!

Secondo cittadino - Qui non ci sono signori! Alla lanterna!

Vari (cantano).

            Chi giace sotto terra

            dai vermi viene mangiato

            meglio pendere per aria

            che marcire nella bara!

Giovanotto - Pietà!

Terzo cittadino - Su, èsolo un giochetto con un riccolo di canapa intorno al collo! Èsolo un attimo;          noi siamo piùmisericordiosi di voi. La vita per noi èun assassinio attraverso il lavoro; noi ci   dibattiamo appesi alla corda per sessant’anni, ma finiremo con lo strapparla. Alla lanterna!

Giovanotto - E va ben allora! ma dopo non ci vedrete meglio per questo.

Gli astanti - Bravo! Bravo!

Alcune voci - Lasciatelo andare! (Il giovanotto fugge)

Entra Robespierre accompagnato da donne e sanculotti.

Robespierre - Che accade, cittadini?

Terzo cittadino - Cosa puòaccadere? Quel po’di gocce di sangue di agosto e settembre non hanno          fatto rosse le guance de popolo. La ghigliottina ètroppo lenta. Ci vuole un diluvio!

            Primo cittadino - Le nostre donne e i nostri bambini gridano per avere pane, e noi li                        vogliamo nutrire con la carne degli aristocratici. A morte chi non ha buchi nella giacca!

Tutti - A morte!

Robespierre - In nome della legge!

Primo cittadino - Che cos’èla legge?

Robespierre - La volontàdel popolo!

Primo cittadino - Noi siamo il popolo e vogliamo che non ci sia nessuna legge; ergo questa èla                  volontàdel popolo; ergo in nome della legge non c’èpiùlegge, ergo a morte!

Alcune voci - Ascoltate l’Aristide! ascoltate l’Incorruttibile!

Una donna - Ascoltate il Messia, che èmandato a eleggere e a giudicare, egli colpirài malvagi con            la lama della sua spada, I suoi occhi cono gli occhi che eleggono, le sue mani le mani che   giudicano.

Robespierre - Popolo povero e virtuoso! Tu fai il tuo dovere, ti sacrifichi i tuoi nemici. Popolo, tu sei grande! Ti manifesti fra fulmini e tuoni. Ma, popolo, i tuoi coli non devono ferire il tuo           stesso corpo; tu uccidi te stesso nel tuo furore. Tu puoi cadere soltanto per la tua stessa                     forza, e questo lo sanno i tuoi nemici. I tuoi legislatori vegliano e guideranno le tue mani, i           loro occhi sono infallibili, le tue mani ineluttabili, Venite dai Giacobini! I vostri fratelli vi   apriranno le braccia; chiameremo i nostri nemici a giudizio senza appello.

Molte voci - Dai Giacobini! Viva Robespierre! (Escono tutti)

Simon - Ahimè, abbandonato! (Tenta di mettersi in piedi)

Moglie - Su! (Lo alza)

Simon - Oh mia …! Tu raccogli carboni sul mio capo.

Moglie - Su, in piedi!

Simon - Rifuggi da me? Ah, non puoi perdonarmi, o Porzia? Ti ho battuto? Non fu la mia mano,               non il mio braccio, fu la mia follia.

La follia èil nemico del povero Amleto

            non Amleto lo fece, egli lo nega.

Dov’ènostra figlia, dov’èla mia piccola Susanne?

Moglie - Là, dietro l’angolo.

Simone - Andiamo da lei! Vieni, mio sposa virtuosa.

(Escono)

IL CLUB DEI GIACOBINI

Un lionese - I fratelli di Lione ci mandano a voi per riversare nel vostro petto il loro amaro                         scontento. Noi non sappiamo se la carretta sulla quale Ronsin andòalla ghigliottina fosse il     carro funebre della libertà: Quel che sappiamo peròèche da quel giorno gli assassini dei                    Charlier si sentono ancora tanto saldo il terreno sotto i piedi come se per loro non potesse      esserci tomba. Avete dunque dimenticato che Lione sul suolo di Francia èuna macchia che       si deve coprire con le ossa dei traditori? Avete dimenticato che questa puttana di re può                levarsi di sonno la sua lebbra solo nell’acqua del Rodano? Avete dimenticato, dunque, che            questa fiumana rivoluzionaria deve far arenare le flotte di Pitt nel Mediterraneo sui cadaveri         degli aristocratici? La vostra misericordia uccide la rivoluzione. Il respiro di un aristocratico          èil rantolo della libertà. Solo un vigliacco muore per la repubblica, un giacobino per lei              uccide. Sappiate; se non troveremo piùin voi l’energia degli uomini del 10 agosto, di                     settembre e del 31 maggio, allora altro non ci rimarrà, come al patriota Gaillard, che il                pugnale di Catone. (Applausi e grida confuse)

Un giacobino - Berremo con voi il boccale di Socrate.

Legendre (si slancia sulla tribuna) —Non abbiamo bisogno di gettare il nostro sguardo su Lione. Le persone che portano vestiti di seta, che viaggiano in carrozza, che se ne stanno sul palco            a teatro e parlano secondo il dizionario dell’Accademia, da alcuni giorni a questa parte                portano la testa ben sicura sulle spalle. Fanno gli spiritosi e dicono che bisognerebbe                procurare a Marat e Chalier un doppio martirio ghigliottinandoli in effige. (Grande                       agitazione nell’assemblea)

Alcune voci - Son gente morta, li ghigliottina la loro lingua!

Legendre - Il sangue di questi santi ricada su di loro! Io chiedo ai membri del Comitato di Salite               Pubblica qui presenti: da quando le loro orecchie son divenute tanto sorde…

            Collot d’Herbois (lo interrompe) -  Chiedo a te, Legendre, di chi èla voce che dàfiato a tali          pensieri da renderli vivi e far sìche osino parlare? Ètempo di strapparsi la maschera. MA         sentite dunque! La causa accusa il proprio effetto, il grido la propria eco, la premessa la                         conseguenza. Il Comitato di Salute Pubblica ha piùbuon senso, Legendre. Sta’tranquillo! I   busti dei santi rimarranno intatti, come teste di medusa trasformeranno in pietra i traditori.

Robespierre - Chiedo la parola.

I Giacobini - Ascoltate, ascoltate l’incorruttibile!

Robespierre - Aspettavamo soltanto per parlare il grido di indignazione che risuona da ogni parte. I          nostri occhi erano aperti, vedevamo il nemico prepararsi e levarsi, ma non abbiamo dato                        l’allarme; abbiamo lasciato che il popolo vegliasse da séalla propria difesa, esso non ha                         dormito, esso a brandito le armi. Abbiamo lasciato che il nemico uscisse dal suo rifugio,                     abbiamo lasciato che s’avvicinasse; adesso èscoperto e smascherato alla luce del giorno,               ogni colpo giungeràa segno, basteràguardarlo perchésia morto. Ve l’ho giàdetto una

volta:   in due gruppi, si potrebbe dire in due eserciti, si sono divisi i nemici della repubblica. Sotto bandiere di colore diverso e per le vie piùdiverse essi tendono tutti al medesimo scopo. Una di queste fazioni ormai non èpiù. Nella sua follia artificiosa cercava di eliminare i patrioti piùsicuri, come uomini deboli e logorati, al fine di depredare la repubblica della loro       braccia potenti. Dichiaròguerra  alla divinitàe alla proprietàper fare  una diversione della rivoluzione per comprometterla con eccessi calcolati. Il trionfo di Hébert avrebbe trasformato la repubblica in un caos e il dispotismo sarebbe stato soddisfatto. La spada della legge ha colpito il traditore. Ma cosa importa agli stranieri sei per raggiungere il medesimo scopo rimangono loro delinquenti di altro genere? Non abbiamo fatto nulla se ancora ci resta da ambientare un'altra fazione. Essa èl'opposto della precedente. Essa ci spinge alla debolezza, il suo grido di battaglia èclemenza!  essa vuole sottrarre al popolo le sue armi, e la forza che quelle armi guida, per affidarlo nudo e snervato nelle mani dei re.

            L’arma della repubblica èil terrore, la forza della repubblica èla virtù; la virtù, perchésenza          di essa il terrore ènefasto, il terrore, perchésenza di esso la virtùèimpotente. Il terrore è      un’emanazione della virtù, non èche giustizia rapida, severa, inflessibile. Dicono che il                       terrore sia l’arma di un governo dispotico e che il nostro governo somiglierebbe quindi al                      dispotismo. Naturale! ma cosìcome la spada nelle mani di un eroe per la libertàsomiglia                  alla sciabola di cui èarmato il satellite del tiranno. Governi il despota per mezzo del terrore        sui suoi sudditi simili a gregge: come despota ha ragione; per mezzo del terrore sgominate i             nemici della libertà, e non avrete minor ragione come fondatori della repubblica. Il governo             rivoluzionario èil dispotismo della libertàcontro la tirannia.

            Clemenza per i realisti! grida certa gente. Clemenza per i malvagi? no! Clemenza per                      l’innocenza, clemenza per la debolezza, clemenza per gli infelici, clemenza per l’umanità!   Solo il pacifico cittadino ha diritto alla protezione da parte della società. In una repubblica             solo i repubblicani sono cittadini, realisti e stranieri sono i nemici. Punire gli oppressori                         dell’umanità, questa èclemenza; perdona loro èbarbarie. Tutte le manifestazioni di una                      falsa sensibilitàmi sembrano sospiri che s’involano verso l’Austria o l’Inghilterra.

            Ma non soddisfatti di disarmare il braccio del popolo si cerca d avvelenare con il vizio                   persino le fonti piùsacre della sua forza. Questo èl’attacco piùsottile, piùpericoloso e più    abominevole alla libertà. Il vizio èil segno di Caino dell’aristocratismo. In una repubblica         esso non èsoltanto un crimine morale, bensìanche politico; l’uomo vizioso èil nemico                politico della libertàed ètanto piùpericoloso quanto piùgrandi sono stati i servigi ch’egli    apparentemente ha reso. Il cittadino piùpericoloso èquello che consuma piùfacilmente una             dozzina di berretti rossi piuttosto che compiere una buona azione,

            Mi capirete facilmente se pensate a della gente che una volta viveva in un abbaino e adesso           viaggia in carrozza e combina porcherie con ex marchese e baronesse. Quando vediamo i                    legislatori del popolo fare gran pompa di tutti i vizi e del lusso dei cortigiani di una volta,                    quando vediamo questi marchesi e conti della rivoluzione sposare donne ricche, dare              sontuosi banchetti, giocare, tenere servitùe portare vesti costose, non èforse lecito                   chiedersi: «Èil popolo a esser stato spogliato oppure èstata stretta la mani prodiga del re?».         Abbiamo pure il diritto di meravigliarci se li sentiamo fare gli spiritosi, avere delle trovate ed ed ereditare altri simili atteggiamenti del bon ton. Recentemente èstato parodiato Tacito   in modo indecente; potrei rispondere con Sallustio e svelare un qualche Catilina, tuttavia                     non credo che mi sia necessaria nessun’altra pennellata, i ritratti sono completi.

            Nessun patto, nessuna tregua con gli uomini che ebbero a unico scopo la spoliazione del                popolo, che speravano di compiere impuniti questa rapina, per i quali la repubblica fu una          speculazione e la rivoluzione un mestiere! Terrorizzati dal fiume impetuoso degli esempi                    cercano sotto sotto di moderare la giustizia. C’èda credere che ognuno dica a se stesso:          «Non siamo abbastanza virtuosi per essere tanto terribili. O filosofici legislatori, abbiate                   pietàdella nostra debolezza! Non oso dirvi che sono vizioso, e perciòpreferisco dirvi: non      siate crudeli!». Rassicurati, popolo virtuoso, tranquillizzateci, patrioti! Dite ai vostri fratelli            di Lione: «La spada della legge non arrugginisce nelle mani di coloro ai quali l’avete                         affidata!». Daremo alla repubblica un grande esempio! (Applausi generali)

Molte voci - Viva la repubblica! Viva Robespierre!

Presidente - La seduta ètolta.

UNA STRADA

Lacroix, Legendre

Lacroix - Che cos’hai fatto, Legendre! Ma lo sai a chi fai saltare la testa con i tuoi busti?

Legendre - A qualche bellimbusto e a un paio di signore leganti, ètutto …

Lacroix - Sei un suicida, un’ombra che assassina il suo originale e con ciòse stessa.

Legendre - Non riesco a capire.

Lacroix - Mi sembra che Collot abbia parlato chiaro.

Legendre - Cosa c’entra? Quello era giàubriaco un’altra volta.

Lacroix - Pazzi, bambini e, perchéno? ubriachi dicono la verità. A chi credi allora che abbia alluso Robespierre col suo Catilina?

Legendre Be?

Lacroix - La faccenda èsemplice, si sono mandati al patibolo gli ateisti e gli ultrarivoluzionari, ma            al popolo non èservito a niente, corre ancora scalzo per le strade e si vuol fare delle scarpe    con la pelle degli aristocratici. Il termometro della ghigliottina non deve scendere, ancora                  qualche grado e il Comitato di Salute Pubblica dovràandarsi a cercare il letto sulla piazza     della rivoluzione.

Legendre - E cosa c’entrano i miei busti?

Lacroix - Ma ancora non capisci? Tu hai denunciato ufficialmente la controrivoluzione, hai spinto i           decenviri a essere energici, tu hai guidato loro la mano. Il popolo èun minotauro che deve       avere ogni settimana i suoi cadaveri, altrimenti si mangia i decemviri.

Legendre - Dov’èDanton?

Lacroix - Che ne so? Cerca di ricostruire la Venere medicea raccogliendone i frammenti su tutte le            grisettes del Palais Royal, fa dei mosaici, come dice lui. Èuna disdetta che la natura abbia   smembrato la bellezza, come Medea suo fratello, e poi ne abbia disperso i frammenti nei               corpi piùdiversi. Andiamo a Palais Royale!

UNA CAMERA

Danton, Marion.

Marion - Lasciamo così, ai tuoi piedi, voglio dirti …

Danton - Potresti usar meglio le tue labbra.

Marion - No, lasciamo così, per una volta. Mia madre era una donna saggia; mi diceva sempre che             la castitàèuna gran virtù. Quando veniva gente a casa e cominciavano a parlare di cerce                     cose mi ordinava di uscire dalla stanza; se chiedevo cosa avessero voluto dire, allora lei mi       diceva che avrei dovuto vergognarmi; se mi dava un libro da leggere quasi sempre dovevo        saltare un po’di pagine. La Bibbia peròla leggevo a mio piacimento, làtutto era sacco, però    c’era qualcosa che non capivo. Non mi andava neanche di chiederne a nessuno e rimuginavo             fra me e me. E venne la primavera; dappertutto intorno a me capitavano cose in cui io non             avevo parte alcuna. E mi ritrovai in un’atmosfera particolare, quasi mi soffocava.                                   Contemplavo le mie membra; e certe volte mi sembrava di essere doppia e poi di fondermi         nuovamente in una sola persona. In quel tempo incominciòa venir per casa un giovanotto,      era un bel ragazzo e spesso faceva dei discorsi un po’matti; non sapevo bene cosa volesse        dire, peròdovevo ridere. Mia madre gli disse di venir piùspesso, per noi andava bene. A un    certo punto non si capiva proprio perchénon avremmo potuto starcene insieme fra due                  lenzuola invece che seduti uno accanto all’altro su due sedie. Io ci provai piùgusto che alla             sua conversazione e non vedevo perchési doveva permettere il meno e proibire il più. Lo                  facevamo di nascosto. E cosìcontinuò. Ma io diventai come un mare che tutto inghiotte e    s’agita sempre piùin profondo. Per me c’era solo un polo opposto, tutti gli uomini si                  fondevano in un corpo. La mia natura era così, chi le puòsfuggire? Alla fine lui lo capì. Una     mattina venne e mi baciòcome se mi volesse soffocare; le sue braccia mi si avvinghiarono al collo, avevo una paura terribile. Ma poi mi lasciòe si mise a ridere e disse che mi aveva    fatto uno stupido scherzo, che non avevo che da badare al vestito e usarlo; avrebbe finito per         consumarsi per il divertimento prima del tempo, del resto era l’unica cosa che io avessi. E se   ne andò; ancora una volta non avevo capito quel che aveva inteso dire. Alla sera me ne stavo alla finestra; io sono molto impressionabile e mi basta una sensazione per entrare in rapporto             con tutto quello che mi sta intorno; mi immergevo nelle onde del crepuscolo. Quando, giù             per la strada, venne un gruppo di gente, i bambini correvano avanti, le donne guardavano                        dalle finestre. Guardai anch’io: lo trasportavano in un cesto, la luna gli brillava sulla fronte           pallida, i suoi riccioli erano bagnati, s’era annegato. Dovetti piangere. Questa èstata l’unica      frattura nella mia esistenza. Gli altri hanno giorni di festa e giorni feriali, lavorano sei giorni      e al settimo pregano, ogni anno si sentono commossi al loro compleanno e ogni anno                  meditano su quello nuovo. Io non capisco niente di tutto questo: non conosco nésosta bé             mutamento, Sono sempre soltanto una, un perpetuo desiderare e possedere, un ardore, un              fiume. E questo èstupido. S’arriva sempre allo stesso punto, làdove piùsi ha gioia: il

corpo, le immagini di cristo, i fiori o i giocattoli; sempre lo stesso sentimento; chi piùgode, piùprega.

Danton - Perchénon posso comprendere in me tutta la tua bellezza, non posso cingerla tutta?

Marion - Danton, le tue labbra hanno occhi.

Danton - Vorrei essere una parte dell’etere per bagnarti nel mio letto, per frangermi a ogni curva del tuo bel corpo.

Entrano Lacroix, Adelaide, Rosalie.

Lacroix (rimane sulla porta). Devo proprio ridere, ridere.

Danton (contrariato). Be’?

Lacroix - Mi viene in mente quel che ho visto per la strada.

Danton - E allora?

Lacroix - Per la strada c’erano dei cani, un alano e un bolognese, che facevano una fatica! …

Danton - Be’, ma cosa vuoi?

Lacroix - Così, mi èvenuto in mente proprio adesso e m’ha fatto ridere. Era uno spettacolo                       edificante! Le ragazze spiavano dalle finestre; bisognerebbe stare attenti e nemmeno                permettere che stiano sedute a prendersi il sole. Altrimenti le mosche faranno quella cosa                sulle mani, e questo mi fa venire dei pensieri. Io e Legendre siamo stati in quasi tutte le celle     e le suorine della rivelazione attraverso la carne ci appendevano alle corde della giacca e                 volevano la benedizione. A una Legendre dàora la disciplina, ma in cambio poi gli toccherà           digiunare per quasi un mese. Ed eccone qui due di quelle sacerdotesse del proprio corpo.

Marion - Buon giorno demoiselle Adélaïde! buon giorno demoiselle Rosalie!

Rosalie - Da tanto tempo non avevamo il piacere.

Marion - Mi rincrescava proprio.

Adélaïde - Oh Dio, siamo sempre cosìoccupate, notte e giorno!

Danton (a Rosalie) Ehi piccola, ti sei fatta dei bei fianchi morbidi!

Rosalie - Eh, che vuole, ci si perfeziona ogni giorno di più.

Lacroix - Sapete che differenza passa fra l’Adone antico e quello moderno?

Danton - A Adélaïdeèdiventata pudico-interessante, una trasformazione piccante! Il suo viso è               come una foglia di fico che lei si tiene davanti a tutto il corpo. Un fico del genere in una                    strada cosìbattuta deve dare un’ombra ristoratrice.

Adélaïde - Sarei un sentiero per le mandrie, se monsieur …

Danton  - Capisco, ma non sia cosìcattiva signorina!

Lacroix - Allora senti! Un adone moderno non viene dilaniato da un cinghiale, ma da scrofe; e non           viene ferito alla coscia, bensìall’inguine e dal suo sangue non nascono rose ma zampillano        fiori di mercurio.

Danton - Lascia andare, la signorina Rosalie èun torso restaurato dove antichi sono solo i fianchi e i         piedi. Èun ago magnetico: quel che il polo testa respinge, il polo piede attira, il centro èun      equatore dove chiunque passi la linea riceve un battesimo di sublimato.

Lacroix - Due suore di carità, ognuna presta servizio in un solo ospedale, cioènel proprio corpo.

Rosalie - Si vergognino, farci arrossire cosìfino alle orecchie!

Adelaide - Dovrebbero avere piùriguardo! (Adelaide e Rosalie escono)

Danton  - Buona notte, belle bambine!

Lacroix - Buona notte, miniere di mercurio!

Danton - Mi fanno pensa, vengono per il loro pasto serale!

Lacroix - Ascolta, Danton, vengo adesso dai Giacobini.

Danton - Tutto qui?

Lacroix - I Lionesi hanno letto un proclama: pensano che non rimanga loro altro che avvolgersi                 nella toga. Ognuno fa una faccia, come se volesse dire al suo vicino: Peto, non fa male!                       Legendre si èmesso a strillare che si volevano distruggere i busti di Chalier e Marat. Credo           che voglia darsi un po’di rosso; ormai ècompletamente fuori dal terrore e i bambini per la     strada gli tirano la giacchetta,

Danton - E Robespierre?

Lacroix - Cavillava sulla tribuna e diceva che la virtùdeve dominare attraverso il terrore. Quella                frase m’ha fatto venire il mal di gola.

Danton - Serve a piallare le assi per la ghigliottina.

Lacroix - E Collot sbraitava come un ossesso che bisognava strappare la maschere.

Danton - Sì, cosìse ne van via anche le facce.

Entra Paris.

Lacroix - Cosa c’è, Fabrizio?

Paris - Via dai Giacobini sono andato da Robespierre, volevo una spiegazione. Cercava di fare una           faccia come Bruto che sacrifica i suoi figli. Ha parlato in generale dei doveri e ha detto che       lui di fronte alla libertànon conosce nessun riguardo, e che sacrificheràtutto: se stesso, suo        fratello, i suoi amici.

Danton - Questo èstato parlar chiaro: basta solo capovolgere la scala e cosìlui saràsotto e la regge           ai suoi amici. Dobbiamo esser grati a Legendre che li ha fatti parlare.

Lacroix - Gli heberisti non sono ancora morti, il popolo soffre la fame e questa èun leva                            spaventosa. Il piatto della bilancia su cui èil sangue non deve salire, altrimenti diventerà

una forza per il Comitato della Salute Pubblica; ci vuole una contrappeso, per questo lui ha            bisogno di una testa pesante.

Danton - Lo so bene: la rivoluzione ècome Saturno, divora i propri figli. (Dopo aver riflettuto)                 Però, non oseranno.

Lacroix - Danton, tu sei un santo morto, ma la rivoluzione non conosce requie. Ha buttato sulla                 strada le ossa di tutti i re e dalle chiese tutti i monumenti, credi che forse ti lascerebbero                   stare come monumento?

Danton - Il mio nome! Il popolo!

Lacroix - Il tuo nome! Sei un moderato tu e lo siamo io, Camille, Philippeau. Hérault. Per il popolo             moderazione e debolezza sono una cosa sola; esso ammazza i ritardatari. I sarti della sezione         dei berretti rossi sentiranno nel loro ago tutta quanta la storia romana se l’uomo di settembre    stesse loro di fronte come un moderato.

Danton - Verissimo, e poi …il popolo ècome un bambino, vuol rompere tutto per vedere cosa c’è            dentro.

Lacroix - E poi noi siamo viziosi, come dice Robespierre, cioègodiamo; e il popolo èvirtuoso, cioè           non gode, perchéil lavoro gli ha ottuso gli organi del godimento, non si sbronza, perchénon ha soldi e se va al bordello le ragazze fanno schifo perchégli puzza il fiato di formaggio e            aringhe.

Danton  - Odia quelli che godono, come un eunuco odia gli uomini.

Lacroix - Ci chiamano furfanti e (all’orecchio di Danton), detto fra noi, qualcosa di vero c’è.                     Robespierre e il popolo saranno virtuosi. Saint-Just scriveràun romanzo, e Barère taglierà          una carmagnola e vestiròla Convenzione con la mantellina sanguinante e …vedo giàtutto.

Danton - Tu sogni. Non avranno mai coraggio senza di me, non troveranno nessuno che mi sia                  contro; la rivoluzione non èancora finita, potrebbero ancora avere bisogno di me; mi              conserveranno all’Arsenale.

Lacroix - Dobbiamo agire.

Danton - Vedremo.

Lacroix - Vedremo quando non potremo fare piùniente.

Marion (a Danton) - Le tue labbra sono diventate fredde, le tue parole hanno soffocato i tuoi baci.

Danton (a Marion) Perdete tante tempo! Ne valeva proprio la pena! (A Lacroix) Domani vado da Robespierre; lo faròarrabbiare, cosìnon potràtacere. A domani dunque. Buona notte, amici, buona           notte! Vi ringrazio.

Lacroix - Fuori dai piedi, miei buoni amici, fuori dai piedi. Buona notte Danton! Le cosce della

signorina ti ghigliottineranno e il monte di venere diverràla tua Rupe Tarpea. (Esce con Paris)

UNA STANZA

Robespierre, Danton, Paris.

Robespierre - Ti dico che chi mi trattiene il braccio quando estraggo la spada la spada èmio nemico:  la sua intenzione non conta; chi mi impedisce di difendermi mi uccide allo stesso modo che se mi aggredisse.

Danton - Dove cessa la legittima difesa comincia l’assassinio, e non vedo alcuna ragione che ci                 costringa a uccidere ancora.

Robespierre - La rivoluzione sociale non èancora finita, chi fa una rivoluzione a metàsi scava da sé          la propria fossa. La buona societànon èancora morta, la sana forza popolare si deve mettere             al posto di questa classe rovinata in ogni senso. Il vizio dev’essere punito, la virtùdeve                     dominare per mezzo del terrore.

Danton - Io non capisco la parola punizione. Tu, con la tua virtù, Robespierre! tu non hai preso                  denaro, tu non hai fatto debito, non ha dormito con una donna, hai sempre portato un vestito             decente, non ti sei mai ubriacato. Robespierre, se di una rettitudine rivoltante. Io mi                        vergognerei di correr per trent’anni fra cielo e terra sempre con la stessa filosofia morale,                  solo per il gusto di trovare gli altri peggiori di me. Ma non c’èdunque niente in te che                      qualche volta, sottovoce, segretamente, ti abbia detto: «Tu menti, menti!»?

Robespierre - La mia coscienza èpulita.

Danton - La tua coscienza èuno specchio di fronte al quale si tormenta una scimmia; ognuno                    s’imbelletta come puòe a modo suo ci cava il proprio divertimento, Val proprio la pena di         prendersi per i capelli per questo! Ognuno puòben difendersi, se u altro gli guasta il                divertimento. ma tu, hai il diritto di fare della ghigliottina la tinozza per la biancheria sporca           degli altri, e delle loro teste mozzate saponette per i loro vestiti macchiati? Solo perchétu       porti una giacca sempre spazzolata e pulita? Sì, tu puoi difenderti, se ti ci sputano sopra o ti         ci fanno dei buchi; ma cosa te ne importa fintanto che ti lasciano in pace? Se loro non si                 vergognano di andare in giro così, non per questo tu hai il diritto di cacciarli nella tomba.               Sei forse il poliziotto del cielo?

E se non puoi vedere cose simili, cosìcome fa il tuo caro signoriddio, allora tieni il fazzoletto davanti agli occhi.

Robespierre . Neghi dunque la virtù?

Danton - E il vizio. Ci sono soltanto epicurei  questo mondo, chi rozzo, chi fine, e Cristo fu il piùfine; questa èl’unica differenza che io riesco a trovare fra gli uomini, Ognuno agisce                    secondo la propria natura, cale a dire «fa quello che gli piace». Vero, Incorruttibile, che è                   crudele ferirti cosìnel tuo tallone d’Achille?

Robespierre - Danton, in certi momenti il vizio èalto tradimento.

Danton - E tu non hai il diritto di prescriverlo, per dio; sarebbe ingrato da parte tua, tu gli devi                  troppo, se non altro per contrasto. Del resto, per rimanere alle tue concezioni, i nostri colpi      devono essere utili alla repubblica e non si ha il diritto di colpire gli innocenti assieme ai                       colpevoli.

Robespierre - E chi ti dice che sia stato colpito un innocente?

Danton - Senti, Fabrizio? Non èmorto nessun innocente! Uscendo, rivolto a Paris) Non abbiamo da         perdere nemmeno un momento, dobbiamo farci vedere!

Robespierre (solo) - Va pure! Vuol far fermare al bordello i destrieri della rivoluzione, come un                 cocchiere le sue rozze ammaestrate, ma essi avranno forza abbastanza per trascinarlo fino          alla piazza della rivoluzione.

Ferire il mio tallone d’Achille! Per rimanere alle tue concezioni! Alt! Alt! Èvero questo?

Diranno che la sua figura gigantesca avrebbe gettato troppa ombra su di me, che per questo l’avrei             tolto di mezzo.

            E se avesse ragione? Èdunque proprio necessario? Sì, sì! la repubblica! Deve scomparire. È           ridicolo come i miei pensieri si sorveglino l’un l’altro, Deve scomparire. Chi si ferma in una             massa che procede, le si oppone allo stesso modo che se le andasse contro: viene calpestato.

            Non lasceremo arenare la nave della rivoluzione sui bassi calcoli e i banchi di fango di                    questa gente; dobbiamo mozzare la mano che osa trattenerla…e anche se lui l’afferrasse coi         denti!

            Basta con una societàche ha tolto le vesti all’aristocrazia ormai morta e ne ha ereditato la lebbra! Non c’èvirtù! La virtùil mio tallone d’Achille! Per rimanere nelle mie concezioni!   Come mi torna sempre in mente. Perchénon riesco a liberarmi di questo pensieri? E col suo    dito insanguinato esso mi indica sempre là, là! Posso avvolgere quel dito con quanti stracci     voglio, il sangue continua a filtrare. (Dopo una pausa) Io non so cosa in me stesso inganni            l’altra parte di me. (S’avvicina alla finestra) La notte respira pesante sopra la terra e si                    rivolta in un sogno confuso. Pensieri, desideri appena presagiti, arruffati e nascosti spauriti,           ora acquistano forma e s’insinuano nella silenziosa dimora del sogno. Aprono le porte,                         guardano dalle finestre, si fanno quasi carne, le membra si stendono nel sonno, le labbra                 mormorano. E non èla nostra veglia un sogno piùchiaro? non siamo forse dei sonnambuli?           e il nostro agire non ècome quello del sogno, solo piùnetto, piùdeterminato, piùconcluso?           In un’ora lo spirito compie piùatti di pensiero di quanti non possa realizzarne in anni il                   pigro organismo del nostro corpo. Il peccato ènel pensiero. Se poi il pensiero si traduce in        atto, se il corpo l’esegue, èpuro caso.

Entra Saint-Just

Robespierre - Ehi, chi èla nel buio? Luce, luce!

Saint-Just - Conosci la mia voce?

Robespierre - Ah, sei tu Saint-Just! (Una domestica porta una lampada)

Saint-Just - Eri solo?

Robespierre . Danton èandato via da poco.

Saint-Just - L’ho incontrato per strada, al Palais Royale. Faceva la sua grinta rivoluzionaria e                     parlava in epigrammi, dava del tu ai sanculotti, le grisettes correvano dietro ai suoi polpacci   e la gente si fermava e si bisbigliava nell’orecchio quel che lui aveva detto. Perderemo il                    vantaggio dell’attacco. Esiti ancora? Agiremo senza di te. Siamo decisi.

Robespierre - Cosa volete fare?

SainJust . Convochiamo in seduta solenne l’Assemblea Legislativa, il Comitato di Sicurezza e                   quello della Salute Pubblica.

Robespierre - Troppe cerimonie.

Saint-Just - dobbiamo sotterrare il gran morto come si deve, come sacerdoti, non come assassini; e            non dobbiamo mutilarlo, tutte le sue membra devono calar dentro con lui.

Robespierre - Parla piùchiaramente!

Saint-Just - Lo dobbiamo seppellire con tutte le sue armi e i suoi cavalli e abbattere gli schiavi sul sui tumulo: Lacroix.

Robespierre - Un farabutto, ex scrivano d’avvocato, attualmente luogotenente generale di Francia.           Poi?

Saint-Just - Hérault-Séchelles.

Robespierre - Una bella testa!

Saint-Just - Era l’iniziale miniata della Costituzione; non abbiamo piùbisogno di simili fronzoli, lo            si cancella. Phileppeau, Camille.

Robespierre - Anche lui?

Saint-Just (gli porge un foglio) - Me l’immaginavo! To’, leggi!

Robespierre - Ah, ah, le vieux cordetier! Tutto qui? Èun bambino, se s’èpreso gioco di voi!

Saint-Just - Leggi, leggi qui. (Gli indica un passo)

Robespierre (legge) - «Questo messia sanguinario, Robespierre, fra i due ladroni Cauthon e Collot            sul suo calvario, dev’egli sacrifica e non vien sacrificato. Le devote della ghigliottina stanno          in basso come Maria e Maddalena. Saint-Just gli èaccanto come Giovanni e rende edotta la          Convenzione dalle apocalittiche rivelazione del maestro; porta la testa come un ostensorio».

Saint-Just - Gli faròportar la sua come San Dionigi.

Robespierre (continua a leggere) - «Si dovrebbe dunque credere che la marsina immacolata del                  messia sia il lenzuolo funebre della Francia, che le sue dita sottili, che s’agitano sulla                  tribuna, siano lame di ghigliottina? E tu, Barère, che hai detto che sulla piazza della                       rivoluzione si batte cassa! Ma non voglio vuotare il sacco. Ècome una vedova che ha avuto     una mezza dozzina di mariti e ha dato una mano a sotterrarli tutti. Di chi èla cola? Èun                 dono, in fondo, lui riesce a vedere alla gente il viso ippocratico un sei mesi prima che                     muoiano. E a chi piace mettersi accanto ai cadaveri e sentirne la puzza?».

            Dunque anche tu Camille? Basta! Via tutti! E presto! Solo i morti non ritornano.

            Hai preparato l’accusa?

Saint-Just - La cosa èabbastanza facile. Dai Giacobini tu hai giàfatto allusioni opportune,

Robespierre - Li volevo spaventare.

Saint-Just - Ho solo da tradurle in pratica; i falsari fanno da antipasto e gli stranieri da dessert.                  Muoiano pranzando, ti do la mia parola.

Robespierre - Allora presto, domani! Nessuna lunga agonia! Da qualche giorno sono piuttosto                   sensibile. Basta far presto! (Saint-Just esce)

Robespierre (solo) - Sì, messia di sangue, che sacrifica e non viene sacrificato. Lui li ha redenti col            suo sangue e io li redimo con il loro. Lui li ha resi peccatori, io prendo il peccato su di me.        Lui ha avuto la voluttàdel dolore, io ho il tormento del boia. Chi ha avuto piùabnegazione,      io o lui? Eppure c’èqualcosa di folle in questo pensiero. Perchéguardiamo sempre e                soltanto lui? Davvero che il figlio dell’uomo vien crocifisso in noi tutti, tutti lottiamo                       nell’orto di Getsemani in un sudore di sangue, ma nessuno redime il prossimo con le proprie             ferite.

            Oh, Camille mio! Tutti se ne vanno da me e tutto èvuoto e deserto, sono solo.

ATTO SECONDO

UNA STANZA

Danton, Lacroix, Philippeau, Paris, Camille Desmoulins.

Camille - Svelto, Danton, non abbiamo tempo da perdere!

Danton (si sta vestendo) - Ma il tempo perde noi.

            È proprio noioso infilarsi sempre prima la camicia e poi i calzoni e di sera a letto e di                      mattina strisciarne fuori di nuovo e mettere sempre un piede davanti all’altro; e non c’è                   assolutamente nessuna prospettiva che tutto ciòpossa cambiare. Molto, molto triste, e che milioni l’hanno giàfatto e che milioni lo faranno e che noi oltre tutto consistiamo di due                      metà, che fanno tutte e due la stessa cosa, cosìche tutto accade due volte; triste, molto triste.

Camille - Tu parli in modo veramente infantile.

Danton - I moribondi diventano spesso puerili.

Lacroix - Col tuo esitare corri alla rovina, e con te trascini tutti i tuoi amici. Richiama i vigliacchi, di’loro che ètempo che si raccolgano intorno a te, convoca quelli del piano e quelli della             montagna! Urla sulla tirannia dei decenviri, parla di pugnali, invoca Bruto, cosìspaventerai     le tribune e intorno a te si raccoglieranno anche coloro che son minacciati come complici di   Hérbert! Devi abbandonarti alla tua collera. Almeno non lascerai morire così, disarmati e                   umiliati come l’indegno Hérbert!

Danton - Hai una memoria cattiva, una volta mi hai chiamato un santo morto. Avevi ragione piùdi           quanto tu stesso pensassi. Sono stato nelle sezioni; erano pieni di ossequio, èvero, ma come   becchini. Sono una reliquia e le reliquie le si getta dalla finestra, avevi ragione.

Lacroix - Perchéhai scelto che si arrivasse a questo punto?

Danton - A questo punto? Be’, tutto sommato mi annoiavo. Andare in giro sempre con la stessa                giacchetta, fare sempre le stesse facce. Fa pietà. Essere uno strumento tanto meschino in cui    una corda dàsempre lo stesso suono! Insopportabile! Volevo sistemarmi comodamente. Ci            sono arrivato: la rivoluzione mi mette a riposo, in modo diverso peròda come pensavo io.

            Del resto su chi appoggiarsi? Le nostre puttane potrebbero misurarsi con le beghine della               ghigliottina, altre possibilitànon vedo. Si possono contare sulle dita: i giacobini hanno                   dichiarato che la virtùèall’ordine del giorno, i cordelieri mi chiamano il boia di Hébert, la      Comune fa penitenza, la Convenzione…eh, questa sarebbe ancora un mezzo! ma ci sarebbe un 31 maggio; non cederebbero di buon grado. Robespierre èil dogma della rivoluzione, ed esso non puòessere cancellato. Non sarebbe nemmeno possibile, del resto. Noi abbiamo                  fatto la rivoluzione, ma la rivoluzione ha fatto noi.

            E se anche fosse possibile preferisco esser ghigliottinato piuttosto che fa ghigliottinare. Ne            ho abbastanza; a che scopo dobbiamo combattere fra noi, noi esseri umani? Dovremmo                       sederci uno accanto all’altro e stare in pace. Èstato commesso un errore quando siamo stati      creati; ci manca qualcosa, non so che nome darle…ma non la troveremo di sicuro                   frugandoci vicendevolmente nelle viscere; a che scopo, allora, sventrarci uno con l’altro?                    Va’, siamo dei ben miseri alchimisti!

Camille - Detto piùpateticamente, suonerebbe: per quanto tempo ancora l’umanitàdovràdivorare            le proprie membra nella sua eterna fame? oppure: per quanto tempo ancora noi, naufraghi      sul relitto, dovremo nella nostra sete inestinguibile, succhiarci il sangue dalle vene? oppure.   per quanto tempo ancora noi, algebrici della carne, dovremo scrivere i nostri conti con le                         membra tagliate, alla ricerca di quella x sconosciuta ed eternamente rifiutata?

Danton - Sei un’eco efficace.

Camille - Vero? un colpo di pistola risuona come un tuono. Tanto meglio per te, dovresti avermi               sempre vicino.

Philippeau - E la Francia intanto rimane ai suoi boia?

Danton - Cosa importa? La gente ci si trova benissimo. Hanno sfortuna; si puòpretendere di piùse           si vuole essere commossi, nobili, virtuosi o spiritosi o, in generale, se non ci si vuole                         annoiare? Morire di vecchiaia, di febbre o di ghigliottina…in fondo èancora preferibile se        se ne vanno fra le quinte con le membra sciolte e nell’andarsene possono ancora fare dei bei   gesti e sentire gli spettatori che applaudono. Tutto ciòèmolto carino e adatto a noi; siamo    pur sempre sulla scena anche se poi veniamo pugnalati sul serio.

            Del resto va benissimo che la durata della vita venga un po’ridotta, la giacca era troppo                lunga e le nostre membra non potevano riempirla. La vita diventa un epigramma, e cosìva     bene; chi ancora ha fiato abbastanza per un poema in cinquanta e sessanta canti? Ètempo      che si beva quel poco d’essenza non piùdai barili, ma in bicchierini di liquore; cosìci si                riempie la bocca, altrimenti si potevano appena racimolare poche gocce in quel recipiente           tanto grosso.

            E infine…dovrei urlare; mi costa troppa fatica, la vita non vale la pena che ci si dàper                  conservarla.

Paris - Allora fuggi, Danton!

Danton - Forse che ci si porta la patria attaccata alle suole? E poi questa èla cosa principale, non               oseranno. (A Camille) Vieni, ragazzo mio; te lo dico io, non oseranno. Adieu! (Danton e                    Camille escono)

Philippeau - E cosìse ne va.

Lacroix - E non crede una parola di quel che ha detto! Nient’altro che pigrizia! Piuttosto che tenere          un discorso si farebbe ghigliottinare.

Paris - Che fare?

Lacroix - Andare a casa come Lucrezia e studiare il sistema per cadere dignitosamente.

UNA PROMENADE

Passanti

Un cittadino - La mia buona Jaqueline, volevo dire: Cor…volevo dire: Cor…

Simon - Cornelia, cittadino, Cornelia.

Cittadino - La mia buona Cornelia mi ha fato un bel bambino.

Simon - Ha generato un figlio della repubblica.

Cittadino - Alla repubblica ètroppo generale; si potrebbe dire…

Simon - Proprio così, il singolo deve…alla generalità.

Cittadino - Ah già, questo dice anche mia moglie.

Cantastorie - (canta)

            Cosa èdunque, che cos’è

            il piacere d’ogni uomo?

Cittadino - Ah, con questi nomi, non riesco a farcela.

Simon - Chiamatelo Picco e poi Marat.

Cantastorie -

            E fra pene, fra pensieri

            si fatica dal mattino

            finchéil giorno se n’èandato.

Cittadino - Me ne piacerebbero tre; ci ha un qualcosa quel numero tre e poi qualcosa di utile e                   qualcosa di onesto, giusto, legale; ecco, adesso ci sono: Aratro e poi Robespierre. E il terzo?

Simon - Picca.

Cittadino - Vi ringrazio, vicino. Picca, Aratro, Robespierre sono dei bei nomi, va proprio bene.

Simon - E io ti dico: «Il petto della tua Cornelia saràcome la mammella della lupa romana»eh no,            questo non va: Romolo era un tiranno, non va. (Procedono)

Un mendicante (canta) - «Una manciata di terra e un po di muschio…». Bravi signori, belle signore!

Primo signore - Ehi tu, lavora piuttosto, hai un aspetto ben pasciuto.

Secondo signore - Tieni! (Gli dàdel denaro) Ha una mano che sembra di velluto. Èuna cosa                     vergognosa.

Mendicante - Signore, di dove viene il vostro vestito?

Secondo signore - Lavoro, lavoro! Potresti averne uno uguale anche tu; voglio darti un lavoro, vieni          da me, abito…

Mendicante - Signore, perchéavete lavorato?

Secondo signore - Stupido, per aver questo vestito.

Mendicante - Vi siete tormentato per avere un godimento; infatti un vestito cosìèun godimento, ma        uno straccio fa lo stesso servizio.

Secondo signore - Naturalmente, altrimenti non si va avanti.

Mendicante - E sai pazzo io? L’una cosa elimina l’altra. Il sole splende cosìcaldo all’angolo, e tutto          fila cosìbene. (Canta). «Una manciata di terra e un po’di muschio…».

Rosalie (a Adelaide) - Dai, ecco che vengono dei soldati!

            Da ieri non ci siamo messe in corpo niente di caldo.

Mendicante - «Su questa terra èla mia ventura…». Bravi signori, belle signore!

Soldato - Alt! Di dove sbucate, belle bambine? (A Rosalie) Quanti anni hai?

Rosalie - Tanti quanti il mio nomignolo.

Soldato - Sei molto acuta.

Rosalie - E tu molto ottuso.

Soldato Allora mi affileròcon te. (Canta)

            Oh Cristina, bella Cristina

            senti male a far così

            senti male a far così?

Rosalie (canta)

            Oh no, no, signor soldato.

            Mi piacerebbe ancor di più,

            ancor di più, ancora di più.

Sopraggiungono Danton e Camille.

Danton - Non èdivertente tutto ciò? Sento qualcosa nell’atmosfera; ècome se il sole covasse                    lussuria. Non verrebbe voglia di saltar lìin mezzo, strapparsi i calzoni e accoppiarsi per di    dietro come cani in strada? (Procedono)

Giovanotto - Ah, madame, il rintocco di una campana, il crepuscolo sugli alberi, l’occhieggiar d’una         stella…

Madame - Il profumo di un fiore! Queste gioie naturali, questo puro godimento della natura. (A sua         figlia) Vedi, Eugenie, solo la virtùha occhi per questo!

Eugenie (bacia la mano della madre) - Oh io vedo solo voi, mamma.

Giovanotto (mormora all’orecchio di Eugenie) - Vede là, qiella graziosa damina con quel vecchio signore?

Eugenie - La conosco.

Giovanotto - Si dice che il suo parrucchiere le abbia fatto i capelli àl’enfant.

Eugenie (ride) - Lingua maligna!

Giovanotto - Il vecchio signore le cammina a fianco, vede il bocciolo gonfiarsi e lo porta a                         passeggio al sole e pensa che sia stato il temporale a farlo crescere.

Eugenie - Che spudorato! Quasi mi verrebbe voglia d’arrossire!

Giovanotto - Ciòavrebbe il potere di farmi impallidire. (Esce)

Danton (a Camille) - Non aspettarti da me niente di serio. Io non capisco perchéla gente non si                 ferma per strada e non si ride in faccia. Credo che le loro risa dovrebbero sprizzare dalle                    finestre e dalle tombe e il cielo crepare e la terra torcersi dal ridere (Esce)

Primo signore - Le assicuro, una scoperta straordinaria! Tutti le arti tecniche avranno in tal modo   una fisionomia diversa. L’umanitàprocede a passi da gigante verso i propri alti destini.

Secondo signore - Avete visto la nuova commedia? Una torre di Babele! Un labirinto di volte,                  scalette, corridoi e tutto proiettato in aria con tanta leggerezza e tanto coraggio. Gira la testa           a ogni passo. Un ingegno bizzarro! (Si ferma confuso)

Primo signore - Che cos’ha?

Secondo signore - Ah, niente! La sua mano signore! Quella pozzanghera…lì. La ringrazio, A                    momenti ci passavo vicino; poteva essere pericoloso!

Primo signore - Ma non ne avràpaura spero!

Secondo signore - Eh, la terra èuna crosta sottile; penso sempre che ci potrei cadere dentro, dove             c’èun buco del genere. Bisogna procedere con prudenza, si potrebbe sprofondare. Ma vada      a teatro, glielo consiglio!

UNA STANZA

Danton, Camille, Lucile.

Camille - Ve lo dico io, se non hanno lìtutto in copie di legno, disseminate per teatri, concerti,                  mostre d’arte, non son capaci nédi vedere nédi sentire, quelli. Se uno ti fa una marionetta            dove si vede il filo che la regge e e cui articolazioni a ogni passo scricchiolano in pentapodie   giambiche: che che personaggio, che coerenza! Uno prende un sentimento grande così, una   sentenza, un concetto e gli mette su giacchetta e calzoni, gli fa mani e piedi, gli colora la                    faccia e lo fa piroettare per tre atti finchési sposa e si spara: oh che ideale! Un altro ti                         sviolina un’opera che riproduce gli alti e i bassi dell’animo umano, come un fischietto ad               acqua che imita l’usignolo: oh, ecco l’arte!

            Ma cacciare questa gente dal teatro nella strada: ecco la realtàmiserabile! Dimenticano il               loro signoriddio per i suoi cattivi copisti. Della creazione, che ardente, impetuosa e luminosa     a ogni attimo si rigenera intorno a loro e in loro stessi, non vedono e non sentono niente.                   Vanno a teatro, leggono poesie e romanzi, fanno la faccia secondo le smorfie che ci trovano      dentro e alle creature di Dio dicono: «Coe sei volgare!». I Greci sapevano quel che dicevano    quando raccontavano che la statua di Pigmalione era sìdiventata viva, ma non aveva avuto   figli.

Danton - Gli artisti si comportano con la natura come David, che in settembre a sangue freddo                  disegnava gli assassinati appena venivano gettati dalla Force sulla strada e diceva: «Afferro   gli ultimi fremiti di questi malvagi». (Danton viene chiamato fuori)

Camille - E tu cosa dice, Lucile?

Lucile - Niente, mi piace guardarti quando parli.

Camille - Ma mi ascolti anche?

Lucile - Naturalmente!

Camille - Non ho ragione? Sai anche quel che ho detto?

Lucile - Veramente no.

Danton rientra.

Camille - Che cos’hai?

Danton - Il Comitato per la Salute Pubblica ha decretato il mio arresto. Mi hanno avvertito e mi                hanno offerto un rifugio. Vogliono la mia testa; per me! Sono stufo di queste storie. Che se          la prendano. Cosa importa! Sapròmorire con coraggio, che poi èpiùfacile che vivere.

Camille - Danton, sei ancora in tempo!

Danton - Impossibile, perònon avrei creduto….

Camille - La tua pigrizia!

Danton - Non sono pigro, sono stanco; mi bruciano le piante dei piedi.

Camille - Dove vai?

Danton - E chi lo sa?

Camille - Sul serio, dove vai?

Danton - A passeggio, ragazzo mio, a passeggio. (Esce)

Lucile - Oh, Camille!

Camille - Sta’calma, piccina!

Lucile - Se penso che questa testa…Oh, Camille mio! Èuna sciocchezza, verso che sono pazza!

Camille - Sta’calma, Danton e io non siamo la stessa persona.

Lucile - La terra ègrande e ci son sopra tante cose: perchéproprio quella, quell’unica? E chi                      dovrebbe portarmela via? Sarebbe crudele. Che intenzioni avranno?

Camille - Te lo ripeto: sta’pur tranquilla. Ieri ho parlato con Robespierre: èstato cordiale. Siamo

un po’tesi, èvero; opinioni diverse, tutto qui.

Lucile - Vallo a trovare!

Camille - A scuola sedevamo nello stesso banco. Lui era sempre cupo e solitario. Solo io lo andavo           a cercare e qualche volta lo facevo persino ridere. M’ha sempre mostrato un grande affetto.     Vado.

Lucile - Cosìin fretta amico mio? Va’e torna! Solo questo (lo bacia) e questo! Va’! Va’! (Camille            esce) Sono tempi brutti. Ècosì. E chi puòuscirne? Bisogna farsi coraggio! (canta)

            Separarsi, oh separarsi

            chi inventòl’addio?

            Come mai mi èvenuta in mente proprio questa? Non èbene che trovi la strada così, da sola.          Appena èuscito mi èsembrato come se non potesse piùvoltarsi e dovesse allontanarsi da      me sempre di più, sempre di più. Com’èvuota cosìla stanza; le finestre sono aperte, come      se dentro ci fosse un morto. Quassùnon resisto. (Esce)

APERTA CAMPAGNA

Danton - Non ho voglia di continuare. Non voglio far rumore in questo silenzio con le chiacchiere             dei miei passi e l’ansimare del respiro. (Si siede; dopo una pausa) M’hanno raccontato d’una           malattia che fa perdere la memoria. La morte dev’essere qualcosa di simile. Cos’qualche        volta mi vien la speranza che il suo effetto sta anche piùradicale e che essa faccia perdere   tutto. Se fosse così! In questo caso starei correndo come un buon cristiano a salvare un               nemico, cioèla mia memoria.

            Il luogo dev’essere sicuro, per la mia memoria, ma non per me; a me dàpiùsicurezza la                  tomba, almeno mi procura l’oblio. Uccide la mia memoria. Ma laggiùinvece vive la mia                 memoria e uccide me. Allora io o lei? La risposta èfacile. (Si alza e torna sui suoi passi).

            Faccio l’occhietto alla morte; èmolto piacevole civettare con le cosìdi lontano, guardandola         attraverso l’occhialino.

            Veramente dovrei ridere di tutta questa faccenda. C’èin me un sentimento di continuitàche         mi dice: domani saràcome oggi e dopodomani e cosìdi seguito, tutto come sempre. Tanto rumore per niente, vogliono spaventarmi; ma non oseranno! (Esce)

UNA CAMERA

Ènotte

Danton (alla finestra) - Non cesseràdunque mai? Mai dunque si spegnerà, mai si perderàcosìquel            sonno? Non verràdunque ,ai piùsilenzio e buio, che non ci si vedano addosso nési                        ascoltino piùi nostri turpi peccati? Settembre!

Julie (lo chiama dall’interno) -  Danton! Danton!

Danton - Eh?

Julie (entra) - Cosa stai gridando?

Danton - Gridavo?

Julie - Parlavi di turpi peccati e poi gemevi: «Settembre!».

Danton - Io? No, io non parlavo; sono cose che pensavo appena, pensieri appena pensati, e segreti.

Julie - Tu tremi, Danton!

Danton - E non dovrei tremare se le pareti chicchierano a questo modo? Se il mio copro ètanto                 disfatto che i miei pensieri inquieti e vaganti parlano con le labbra delle pietre? Èstrano                         tutto questo.

Julie - Georges, Georges!

Danton - Sì, Julie, èmolto strano. Vorrei non pensare più, se tutto si mette cosìa parlare. Ci sono pensieri, Julie, per cui non dovrebbero esserci orecchi. Non èbene che strillino già                    nascendo, come bambini, non èbene.

Julie - Che Dio ti conservi in senno! Georges, Georges, mi riconosci?

Danton - Ma certo! Sei un essere umano e poi sei una donna e infine sei mia moglie, e la terra ha               cinque continenti, Europa, Asia, Africa, America, Australia e due per due fa quattro. Vedi,           sono in me. Non si sentiva urlare:«Settembre!»Non dicevi qualcosa del genere tu?

Julie - SìDanton, l’ho sentito per tutte le stanze.

Danton - Quando sono venuto alla finestra…(Guarda fuori) La cittàètranquilla, tutte le luci                    spente…

Julie - Un bambino piange qui vicino.

Danton - Quando sono venuto alla finestra, per tutte le strade si sentiva gridare e urlare     «Settembre!».

Julie - Sognavi Danton, torna in te!

Danton - Sognavo? Si, ho sognato; peròera un’altra cosa, te lo dico subito; oh, la mia povera testa è         debole, aspetta! Ecco, sotto di me ansimava la terra nella corsa impetuosa, io l’avevo                      afferrata come un cavallo selvaggio e con membra gigantesche frugavo nella sua criniera e      premevo i suoi fianchi, la testa bassa, i capelli svolazzanti sull’abisso: cosìvenivo trascinato            via. Allora ho gridato per la paura e mi sono svegliato. Sono venuto alla finestra e ho sentito          quell’urlo, Julie. Cosa vuol dire quella parola? E perchéproprio quella? Cosa c’entro io?                   Perchétende verso di me quelle mani insanguinate? Io non l’ho colpito! Aiutami, Julie, i                miei sensi sono ottusi! Non èstato in settembre, Julie?

Julie - I re erano a quattordici ore da Parigi…

Danton - Le fortezze cadute, gli aristocratici in città…

Julie - La repubblica era perduta.

Danton - Sì, perduta. Non potevamo tenerci il nemico alle spalle, saremmo stati dei pazzi: due                   nemici sulla stessa barca, o noi o loro, il piùforte butta giùil piùdebole, non ègiusto?

Julie - Tu hai salvato la patria.

Danton - Sì, èvero; era legittima difesa, dovevamo farlo. L’uomo sulla croce se l’ècavata bene: lo            scandalo deve venire, ma guai a colui che lo provocherà! Deve, deve, ecco era questo           «deve»! Chi malediràla mano sulla quale ècaduta la maledizione del «deve»? Chi ha                     decretato questo «deve?  Cos’èciòche ho in mente, puttaneggia, ruba e assassina?

            Siamo marionette tenute al filo da forze sconosciute; non siamo niente, per noi sressi,                     niente! Le spade con le quali combattono gli spiriti; solo non si vedono le mani, come nella     favola. Adesso sono tranquillo.

Julie - Veramente tranquillo, caro?

Danton - Si Julie, vieni, andiamo a letto.

STRADA DAVANTI ALLA CASA DI DANTON

Simon, cittadini, soldati.

Simon - A che punto siamo della notte?

Primo cittadino - Che cosa della notte?

Simon - A che punto èla notte?

Primo cittadino - Be’, tra il tramonto e l’alba.

Simon - Furfante, che ora è?

Primo cittadino - Guarda un po’il tuo quadrante; èl’ora in cui, fra le coperte, battono i pendoli.

Simon - Dobbiamo andar su! Avanti, cittadini! Ne rispondiamo con la testa. Vivo o morto! Ha delle         braccia possenti. Andròavanti io, cittadini. Una strada per la libertà! Abbiate cura di mia               moglie. Le lasceròuna corona di quercia.

Primo cittadino - Una corona di ghiande? Gliene devono cadere in grembo ogni giorno abbastanza           di ghiande, a lei.

Simon - Avanti, cittadini, vi renderete benemeriti della patria!

Secondo cittadino . Vorrei che la patria si rendesse benemerita di noi; con tutti i buchi che facciamo         nel corpo degli altri non se n’èchiuso nemmeno uno nei nostri calzoni.

Primo cittadino - Vuoi che non ti si aprano piùi calzoni, ah, ah, ah!

Gli altri - Ah, ah, ah!

Simon - Avanti, avanti! (Penetrano nella casa di Danton)

LA CONVENZIONE NAZIONALE

Un gruppo di deputati.

Legendre - Non dovràdunque mai cessare questo macello dei deputati? Chi èpiùsicuro, se cade              Danton?

Un deputato - Che fare?

Un altro - Dev’essere ascoltato alla tribuna della Convenzione. Èun mezzo sicuro, cosa potrebbero           opporre alla sua voce?

Un altro - Impossibile, ce lo  vieta un decreto.

Legendre - Dev’essere ritirato oppure si deve fare un’eccezione. Faròla proposta, conto sul ostro appoggio.

Il presidente - La seduta èaperta.

Legendre (sale la tribuna) Quattro membri della Convenzione Nazionale la notte scorsa sono stati             arrestati. So che Danton èuno di loro, i nomi degli altri non li conosco, Chiunque essi siano       io chiedo che siano ascoltati da questa tribuna,

Cittadini, io dichiaro che ritengo Danton altrettanto puro che me stesso, e non credo che a mi si                possa fare alcun rimprovero. Non voglio attaccare nessun membro del Comitato di Salute       pubblica o del Comitato di Sicurezza, ma ho fondati motivi per temere che odio personale e      passioni private potrebbero strappare alla libertàuomini che a essa hanno reso i massimi                      servigi. L’uomo che nel 1792 con la sua energia salvòla Francia merita di essere ascoltato;       deve potersi spiegare se lo si accusa di altro tradimento. (Grande attenzione)

Alcune voci - Appoggiamo la proposta Legendre.

Un deputato - Noi siam […] del popolo, non possiamo essere […] posti contro la volontàdei nostri          […]

Un altro - Le vostre parole puzzano di cadavere, le avete prese di bocca ai girondini. Volete dei                privilegi? La spada della legge pende sulla testa di tutti.

Un altro - Non possiamo permettere ai nostri comitati si strappare i legislatori dall’asilo della legge            e mandarli alla ghigliottina.

Un altro - il criminale non ha alcun asilo. Solo i criminali coronati ne trovano uno sul trono.

Un altro - Solo gli assassini non lo riconoscono.

Robespierre - La confusione che in questa assemblea non si verifica da lungo tempo prova che sono          in gioco grandi cose. Oggi si decide se alcuni uomini devono averla vinta sulla propria                     patria. Come potreste negare a tal punto i vostri principi da concedere oggi ad alcuni                     individui quanto ieri avete negato a Chabot, Delaunai, a Fabre? Cosa significherebbe questa       distinzione a favore di alcuni uomini? Che mi importa delle lodi che la gente fa a se stessa e             ai propri amici? Ormai troppe esperienze ci hanno dimostrato quanto sia da tenere conto.                      Noi non chiediamo se un uomo abbia compiuto questa o quest’altra azione patriottica; noi       esaminiamo tutta la sua carriera politica. Legendre pare che non sappia i nomi degli                        arrestati; l’intera Convenzione li conosce. Fra loro c’èil suo amico Lacroix. E perché                         Legendre fa mostra di non saperlo? Perchésa bene che soltanto l’impudenza puòdifendere      Lacroix- Ha fatto solo il nome di Danton perchécrede che a questo nome si leghi un                privilegio. No, noi non vogliamo alcun privilegio, non vogliamo idoli! (Applausi) In che                    cosa Danton èsuperiore a Lafayette, a Dumouriez, a Brissot, Fabre, Chabot, Hébert? Cosa si             dice di costoro che non si potrebbe dire anche di lui? Li avete forse risparmiati per questo?            In nome di che egli merita una preferenza sui suoi cittadini? Forse perchéalcuni individui      che si sono ingannati, e qualcuno altro che non s’èlasciato ingannare, gli si sono fatti                       intorno per gettarsi al suo seguito nelle braccia della fortuna e del potere?

            Quanto piùegli ha ingannato dei patrioti che avevano posto fiducia il lui, tanto più                        duramente deve sentire il rigore degli amici della libertà.

            Vi si vuole incutere paura per gli eccessi di un potere che coi stessi avete esercitato. Si strilla          sul dispotismo dei comitati come se la fiducia che il popolo vi ha dato e che voi avete              trasmesso a questi comitato non fosse garanzia sicura del loro patriottismo. Si fa finta di                      tremare. Ma io vi dico: «Chi trema in questo momento ècolpevole, perchégiammai                    l’innocenza trema di fronte alla pubblica vigilanza!». (applausi generali)

Anche me si èvoluto spaventare; mi si èfatto capire che il pericolo, avvicinandosi a Danton, potrebbe arrivare sino a me. Mi hanno scritto, gli amici di Danton mi hanno assediato, sostenendo che il ricordo dell’antica amicizia, la fede cieca in certe pretese virtùpotrebbero spingermi a temperare il mio zelo e la mia passione per la libertà. Ma io dichiaro che nulla mi puòtrattenere, dovesse anche il pericolo che corre Danton diventare il mio. Noi tutti abbiamo bisogno di un po’di coraggio e di un po’di grandezza d’animo. Soltanto i criminali e le anime mediocri temono di veder cadere al loro fianco i loro simili, perché, quando una schiera di complici non lo nasconde, si sentono esposti alla luce della verità. Ma se in questa assemblea ci sono anime da tal fatta, ce ne sono anche delle eroiche. Il numero dei farabutti non ègrande; dobbiamo colpire solo poche teste e la patria èsalva. (Applausi) Chiedo che la       proposta di Legendre venga respinta.

Saint-Just - Sembra che in questa assemblea ci siamo orecchie sensibili che non possano sopportare           la parola «sangue». Alcune considerazioni generali le potranno convincere che noi non                     siamo piùcrudeli nédella natura nédel tempo. La natura segue calma e irresistibile le sue        leggi: e l’uomo èdistrutto quando entra in conflitto con esse. Un ammutinamento nella              composizione dell’aria, il divampare del fuoco tellurico, il minimo squilibrio che si produca        in una massa d’acqua, un’epidemia, una eruzione vulcanica, una inondazione, seppelliscono   migliaia di uomini. E qual’èil risultato? Una modificazione insignificante, tutto considerato             appena percettibile, nella natura fisica, che sarebbe trascorsa quasi senza traccia se sul suo cammino non giacessero dei cadaveri.

            Ora io chiedo: «Nelle rivoluzioni la natura spirituale deve avere piùriguardi che non quella            fisica? E altrettanto che una legge fisica, un’idea non deve poter annientare ciòche le si                   oppone? E in generale, un avvenimento che muti l’intera conformazione della natura morale,   vale a dire dell’umanità, non deve poter passare attraverso il sangue?».

            Lo spirito universale si serve, nella sfera spirituale, delle nostre braccia, cosìcome in quella            fisica usa vulcani e inondazioni. Che cosa importa morire in un’epidemia o in una                   rivoluzione? I passi dell’umanitàsono lenti, li si elevano le tombe di generazioni. La               realizzazione delle invenzioni piùsemplici, dei piùelementari principi, ècostata la vita a                         milioni che morirono lungo il cammino. Non èdunque comprensibile e naturale che, in un     periodo in cui il passo della storia èpiùveloce, maggiore sia il numero di coloro a cui viene       a mancare il respiro? Concludiamo rapidi e semplici: dal momento che tutti veniamo creati             nelle medesime condizioni, siamo tutti uguali, a parte quelle differenze che la natura stessa            ha decretato; perciòognuno puòavere le proprie peculiarità, nessuno deve aver dei privilegi, néi singoli néuna classe di individui piùo meno numerosa. Ogni elemento di questa                         proposizione applicato alla realtàha ucciso i suoi uomini.

            Il 14 luglio, il 10 agosto, il 31 aggio sono i suoi segni d’interpretazione, Sono occorsi                     quattro anni perchéessa s’imponesse al mondo fisico, e in condizioni normali ci sarebbe                 voluto un secolo e l’interpretazione sarebbe stata segnata da generazioni. C’èdunque tanto     da meravigliarsi se il fiume della rivoluzione getta a riva i suoi cadaveri a ogni secca, a ogni    nuova curva?

            A questa nostra proposizione aggiungiamo ancora alcune conclusioni; devono forse alcune            centinaia di cadaveri impedirci di realizzarla? Mosècondusse il suo popolo al di làdel mar        rossi nel deserto finchéla vecchia e corrotta generazione si fu logorata, e dopo soltanto egli     fondòil nuovo Stato. Legislatori! Noi non abbiamo néil mar rosso néil deserto, ma                  abbiamo la guerra e la ghigliottina.

            La rivoluzione ècome le figlie di Pellia: fa a pezzi l’umanità, come la terra dalle onde del diluvio, si leveràda questo bagno di sangue con le membra animate da una forza primigenia,            come fosse creata per la prima volta. (Un lungo e prolungato applauso. Alcuni membri                    dell’Assemblea si alzano per l’entusiasmo)

            Invitiamo tutti i segreti nemici della tirannide, che in Europa e per tutta la terra portano sotto        le vesti il pugnale di Bruto, li invitiamo a dividere con noi questo istante sublime. (Il                         pubblico e i deputati intonano la Marsigliese)

ATTO TERZO

AL LUSSEMBURGO. UNA SALA CON DEI PRIGIONIERI.

Chaumette, Payne, Mercier, Hérrault-Séchelles e altri prigionieri.

Chaumette (tira Payne per la manica) - Senta, Payne, potrebbe anche essere così, prima ho avuto               questa impressione: oggi ho mal di testa, mi aiuti un po’lei con le sue deduzioni, mi sento             cosìinquieto.

Payne - E allora vieni, filosofo Anassagora, ti catechizzerò. Non c’èalcun dio, infatti: o dio ha                  creato il mondo o no. Se non lo ha creato. allora il mondo ha in séla propria ragione e non   c’ènessun dio, poichédio diventa dio soltanto per il fatto di contenere in séla ragione di                      tutto ciòche esiste. Ora, però, dio non puòaver creato il mondo; infatti: o la creazione è                     eterna quanto dio, oppure ha un principio. Se èvero quest’ultimo caso, allora dio deve                  averlo creato in un punto preciso del tempo; dio quindi, dopo esser rimasto tranquillo per              tutta l’eternità, a un certo momento deve essere diventato attivo, deve quindi aver subito in          séqualche mutamento che permetta di applicare a lui il concetto di tempo, le quali cose,                tutte e due, contrastano con l’essenza di dio. Dio quindi no puòaver creato il mondo. Ora,            dato che noi, d’altra parte, sappiamo molto bebe che il mondo, o almeno il nostro io, esiste e            che, secondo quanto si èdetto, esso deve avere in séla propria ragione o in qualche cosa che             non èdio, di conseguenza non puòesserci alcun dio. Quod era demonstrandum.

Chaumette - Ecco, ciòmi ridàluce; grazie, grazie!

Mercier - Un momento, Payne! Se peròla creazione èeterna?

Payne - Allora essa non èpiùcreazione, e tutt’una cosa con dio p un attributo dello stesso, come               dice Spinoza; allora dio èin tutto, in lei, egregio, nel filosofo Anassagora e in me. Non              sarebbe poi tanto male, ma lei dovràpur ammettere che va perduto molto della maestà             celeste se il buon dio puòprendersi in ognuno di noi il mal di denti, avere lo scolo, venir                      sotterrato vivo, o almeno puòaverne l’idea sgradevolissima.

Mercier - Ma ci deve pur essere una causa,

Payne - Chi lo nega? Ma chi le dice che questa causa sia quello che noi immaginiamo come dio,                vale a dire come la perfezione? Lei ritiene che il mondo sia perfetto?

Mercier - No.

Payne -  E come vuol dunque indurre da un effetto imperfetto una causa perfetta? Voltaire osava                         guastarsi altrettanto poco con dio che coi re e per questo l’ha fatto. Chi altro non ha che                l’intelligenza, e non sa o non osa servirsene con coerenza, èun inetto.

Mercier - Ma io chiedo invece: una causa perfetta puòavere un effetto perfetto, cioèqualcosa di               perfetto puòcreare qualcosa di altrettanto perfetto? Ecco il punto, non impossibile? dal                   momento che ciòche ècreato non puòmai avere la propria ragione in sé, il che, come lei                 diceva, èdella perfezione?

Chaumette - Taccia, per carità, stia zitto!

Payne - Tranquillizzati, filosofo Anassagora! Lei ha ragione; ma se dio deve creare a tutti i costi e             puòcreare soltanto qualcosa di imperfetto, tanto vale allora che tralasci di farlo. Non è                        molto umano non saperci immaginare dio altrimenti che come creatore? Visto che noi                         abbiamo sempre bisogno di muoversi, agitarci per poterci dire: «Siamo!»ènecessario                      attribuire a dio anche questa misera necessità? Se il nostro spirito si sprofonda nell’assenza          di una beatitudine eterna, che riposa armonicamente in sé, dobbiamo subito supporre ch’essa           stenda le dita sulla tavola e impasti omini di mollica? per un traboccante bisogno d’amore,          come ci sussurriamo nell’orecchio? Dobbiamo ammettere tutto questo solo per farci figli                degli dei? Per parte mia mi accontento di un padre piùumile; almeno non potròdirgli dietro          che m’ha fatto educare al di sotto del suo rango, nei porcili o sulle galere.

            Eliminate l’imperfetto e soltanto allora potrete dimostrare dio; Spinoza l’ha tentato. Si può            negare il male, ma non il dolore; solo l’intelletto puòdimostrare dio, il sentimento gli si                    ribella. Prendine nota, Anassagora: perchésoffro? Questa èla roccia dell’ateismo. Il più                piccolo trasalimento del dolore, e sia pur solo in un atomo, provoca un laceramento nella                     creazione, cima a fondo.

Mercier - E la morale?

Payne - Prima dimostrate dio partendo dalla morale e poi la morale partendo da dio! Cosa volete              dunque con la vostra morale? Non so se ci sia in sée per séqualcosa di cattivo o qualcosa di     buono, e perchénon sento il bisogno di cambiare il mio modo d’agire. Agisco secondo la                        mia natura, quel che le conviene, per me èbuono e lo faccio, quel che le ècontrario, per me       ècattivo e non lo faccio e e me ne difendo se mi capita fra i piedi. Quelli làpossono                       rimanere virtuosi, come si dece, e difendersi dal cosiddetto vizio, senza per questo dover               disprezzare i loro oppositori, il che èun ben triste sentimento.

Chaumette - Vero, verissimo!

Hérault - Però, filosofo Anassagora, si potrebbe anche dire: «Perchédio sia tutto ènecessario che             sia anche il proprio contrario, vale a dire perfetto e imperfetto, buono e cattivo, beato e                        sofferente»; il risultato naturalmente sarebbe uguale a zero, tutto si annullerebbe                              vicendevolmente e cosìarriveremo al nulla. Rallegrati, puoi cavartela bene: puoi adorare                tranquillamente in madame Momoro il capolavoro della natura; almeno lei ti ha lasciato                       all’inguine delle belle coroncine di rose.

Chaumette - Vi sono molto obbligato, signori. (Esce)

Payne - Non èancora sicuro; ad ogni buon conto si faràdare l’estrema unzione, si faràmettere coi            piedi rivolti alla Mecca e anche circoncidere, tanto per non trascurare nessuna strada.

Vengono introdotti Danton, Camille, Lacroix, Philippeau.

Hérault (corre incontro a Danton e lo abbraccia). - Buon giorno! Dovrei dire buona notte. E non                posso chiedere: «Come hai dormito…Come dormirai?».

Danton - Adesso bene. bisogna andare a letto ridendo.

Mercier (a Payne) Questo mastino con ali di colomba! Èil cattivo genio della rivoluzione; ha osato           levar la mano contro sua madre, ma ella èstata piùforte di lui.

Payne - La sua vita e la sua morte sono una disgrazia altrettanto grande.

Lacroix (a Danton) - Non credevo che sarebbero venuti cosìpresto.

Danton - Io lo sapevo, mi avevano messo in guardia.

Lacroix . E non ha detto nulla?

Danton - A che scopo? Un colpo apoplettico èla morte migliore; preferiresti essere malato? E…poi         non pensavo avrebbero osato. (A Hérault) Èmeglio sdraiarsi dentro la terra che correrci                        sopra tanto da farsi venire i calli; la preferisco come cuscino piuttosto che come                          inginocchiatoio.

Hérault - Almeno non carezzeremo le guance alla graziosa madama Putrefazione con i calli alle                 dita.

Camille (a Danton) - Èinutile che ti dai tanta pena! hai un bel farti uscire la lingua dal gozzo: non ti          potràservire nemmeno per leccarti via dalla fronte il sudore della morte. O Lucile! Che               sciagura! (I prigionieri si stringono attorno ai nuovi venuti)

Danton (a Payne) - Quel che lei h fatto per il bene del suo paese, io ho tentato di fare per il mio.                Sono stato meno fortunato, mi spediscono al patibolo; per me facciano pure, non                                  inciamperò.

Mercier (a Danton) - Il sangue dei ventidue ti affoga.

Un prigioniero (a Hérault) - La potenza del popolo e la potenza della ragione sono una cosa sola.

Un altro (a Camille) - E allora, Procuratore generale della Lanterna, i tuoi miglioramenti                             dell’illuminazione stradale non hanno fatto piùluce in Francia.

Un altro - Lasciatelo! Queste son le labbra che hanno pronunciato la parola «clemenza». (Abbraccia Camille, parecchi prigionieri seguono il suo esempio)

Philippeau - Siamo preti che hanno pregato com i moribondi; siamo stati contaminati e moriamo                della stessa malattia.

Alcune voci - Il colpo che vi centra, uccide noi tutti.

Camille - Signori, deploro molto che i nostri sforzi siano stati vani; vado al patibolo perchémi si                sono inumiditi gli occhi sulla sorte di alcuni infelici.

UNA STANZA

Fouquier-Tinville, Herman

Fouquier - Tutto a posto?

Herman - Se non ci fosse Danton fra loro, andrebbe tutto liscio.

Fouquier - Dovràaprire le danze.

Herman - Spaventerài giurati; èlo spaventapasseri della rivoluzione.

Fouquier - I giurati devono volere.

Herman - Un mezzo lo conoscerei, ma violerebbe la forma legale.

Fouquier - Su, di’!

Herman - Invece di tirare a sorte, sceglieremo quelli sicuri.

Fouquier - Cosìdovrebbe andare bene. Ci saràun bel fuoco di fila. Sono diciannove. E molto ben            assortiti. I quattro falsari e poi alcuni banchieri e stranieri: èun piatto piccante. Il popolo ha    bisogno di cose simili…Allora gente fidata! Chi sono per esempio?

Herman - Leroi. Èsordo e quindi non sentiràniente di tutto quello che diranno gli accusati. Con lui          Danton potràdiventar rauco a furia di strillare.

Fouquier - Benissimo, poi?

Herman - Vilatte e Lumière. L’uno èsempre all’osteria e l’altro dorme sempre; tutte e due aprono

la bocca per sire soltanto la parola «colpevole». Girard ja per principio che chiunque una volta sia comparso davanti ad un tribunale non debba sfuggire alla condanna. Renaudin…

Fouquier - Anche quello? Una volta ha aiutato alcuni preti.

Herman - Sta’tranquillo, alcuni giorni da èvenuto da me e mi ha detto che bisognerebbe cavar del           sangue a tutti i condannati prima dell’esecuzione, per indebolirli un po’; il loro                                  atteggiamento di sfida lo irrita.

Fouquier - Ah, benissimo. Allora ci conto!

Herman - Lascia fare!

LA CONCIERGERIE. UN CORRIDOIO

Lacroix, Danton. Mercier e altri prigionieri camminano su e giù.

Lacroix (a un prigioniero) - Quanti infelici! E in cosìmisero stato!

Prigioniero - Le carrette della ghigliottina non le hanno detto che Parigi èun mattatoio?

Mercier - Non èvero, Lacroix, che l’uguaglianza brandisce la sua falce sulla testa di tutti, e la lava            della rivoluzione scorre, e la ghigliottina repubblicanizza? Allora applaudono su dal                    loggione e i Romani si fregano le mani; ma non sentono che ognuna di queste parole èil                 rantolo della vittima. Seguite una buona volta le frasi fino al punto in cui s’incarnano.                         Guardatevi attorno, tutto questo lo avete detto voi; èuna traduzione mimica della vostre                parole. Questi miserabili, i loro carnefici e la ghigliottina sono i vostri discorsi diventati vivi.             Voi costruite i vostri sistemi, come Bajazet e le sue piramidi, con teste umane.

Danton - Hai ragione, oggigiorno si lavora tutto con carne umana. Èla maledizione del nostro                   tempo, Adesso adoperano anche il mio corpo. Ègiusto un anno che ho creato il Tribunale della Rivoluzione. Chiedo perdono a Dio e agli uomini, volevo prevenire nuovi assassinii          come quelli di settembre, speravo di salvare gli innocenti, ma questo lento assassinio con                   tutte le sue formalitàèpiùatroce e altrettanto inevitabile. Signori, speravo di farvi uscire                       tutti da questo luogo.

Mercier - Oh, usciremo, usciremo!

Danton - Ora sono anch’io fra voi; sa il cielo come andràa finire.

IL TRIBUNALE DELLA RIVOLUZIONE (58)

Herman (a Danton) - Il suo nome, cittadino.

Danton - La rivoluzione dice il mio nome. La mia dimora saràresto nel nulla e il mio nome nel                  pantheon della storia.

Herman - Danton, la Convenzione vi accusa di aver cospirato con Mirabeu, con Dumouriez, con               Orléans, con i girondini, con gli stranieri  e la fazione di Luigi XVII.

Danton - La mia voce, che tante volte ho fatto risuonare per la causa del popolo, respingeràsenza             fatica questa calunnia. Che vengano qui, i miserabili che mi accusano, e io li copriròdi                 vergogna. Che vengano qui i Comitati, risponderòdavanti a loro. Ho bisogno di essi come   accusatori e come testimoni. Si mostrino.

            Del resto, che m’importa di voi e del vostro verdetto? Ve l’ho giàdetto: «Presto il nulla sarà         il mio rifugio»; La vita mi èdi peso, me la si strappi, non vedo l’ora di scuotermela di dosso.

Herman - Danton, l’ardire èdel criminale, la calma dell’innocenza.

Danton - Senza dubbio l’ardire privato èriprovevole, ma quello nazionale che io tante volte ho                  mostrato, con il quale cosìspesso ho combattuto per la libertà, quello èla piùmeritoria di       tutte le virtù. E questo èil mio ardire, questo, di cui mi serviròqui per il bene della              repubblica, contro i miserabili accusatori. Come posso trattenermi quando mi vedo                calunniato in modo tanto basso?

            Da un rivoluzionario come me non ci si puòaspettare una difesa compassata. Uomini della            mia tempra sono inestimabili nelle rivoluzioni, sulla loro fronte aleggia il genio della libertà.      (Segni di applauso fra gli uditori)

            Mi si accusa di aver cospirato con Mirabeau, con Domouriez, con Orléans, d’aver strisciato           ai piedi di miserabili despoti; mi si chiama a rispondere davanti alla giustizia ineluttabile,                    inflessibile. Tu miserabile Saint-Just sarai responsabile di fronte ai posteri di questo                 oltraggio!

Herman - Vi invito a rispondere con calma; ricordatevi di Marat, egli si comportòdi fronte ai suoi             giudici con profondo rispetto.

Danton - Hanno messo le mani sull’intera mia vita; che essa allora si drizzi e vada loro incontro; lo            sotterreròsotto il peso d’ognuna delle mia azioni! Non di questo sono orgoglioso. Il destino ci guida il braccio ma solo nature potenti sono i suoi organi. Io ho dichiarato guerra alla                       monarchia sul campo di Marte, io l’ho battuta il 10 agosto, io l’ho uccisa il 21 gennaio e ho    gettato ai re, come guanto di sfida, una testa di re. (Ripetuti cenni di applauso. Egli prende l’atto di accusa). Se solo getto uno sguardo a questo scritto infame, sento tutto il mio essere             fremere. Chi sono dunque coloro che hanno dovuto spingere Danton a mostrarsi in quel                 giorno memorabile (il 10 agosto)? Chi sono dunque quegli esseri privilegiati da cui prese a            prestito la sua energia? Che vengano qui i iei accusatori! E sono del tutto in me se lo esigo,             Smaschereròquei volgari farabutti e li ricaccerònel nulla da dove non avrebbero mai

dovuto strisciar fuori.

Herman (suona il campanello) - Non sentite il campanello?

Danton  - La voce di un uomo che difende il suo onore e la sua vita deve coprire il suono del tuo             campanaccio.

A settembre fui io che nutrii la giovane covata della rivoluzione con i corpi fatti a pezzi degli                    aristocratici. Mia fu la voce che dall’oro degli aristocratici e dei ricchi forgiòle armi del                 popolo. La mia voce fu l’organo che seppellìi satelliti del dispotismo sotto ondate di               baionette. (Scroscianti applausi)

Herman - Danton, la vostra voce èesausta, voi siete troppo eccitato. Concluderete la prossima volta         la vostra difesa, avete bisogno di riposo. La seduta ètolta.

Danton - Adesso conoscete Danton: ancora poche ore e s’addormenterànella braccia della gloria.

LUSSEMBURGO. UN CARCERE.

Dillon, Laflotte, un carceriere.

Dillon - Ehi tu, non farmi tanta luce in faccia col tuo naso, ah ah ah!

Laflotte - E chiudi la bocca, la tua falce di luna ha l’alone. Ah ah ah!

Carceriere - Ah ah ah! Credete, signore, che potreste leggere alla sua luce? (Mostra un biglietto che           una in mano)

Dillon - Dàqui!

Carceriere - Eh, signore, la mia falce di luna mi ha fatto venire la bassa marea.

Laflotte - A guardare i tui calzoni si direbbe alta.

Carceriere - No, hanno bisogno d’acqua per questo. (A Dillon) La mia luna s’èritirata di fronte al             vostro sole; dovete darmi qualcosa che le faccia riprendere fuoco se volete leggere alla luce.

Dillon - To’, prendi e fila! (Gli dàdel denaro. Il carceriere esce. Dillo legge): «Danton ha               spaventato il Tribunale, i giurati esitavano, il pubblico mormorava. L’affluenza era                       straordinaria. Il popolo si pigiava attorno al palazzo di giustizia e arrivava fino ai ponti. Una    manciata di denaro, e un braccio finalmente…». Hm! Hm! (Passeggia in su e in giùe di                   tanto in tanto si versa da bere dalla bottiglia) Se soltanto avessi un piede in strada! Non li                        lasceròaccoppare così. Già, un piede in strada.

Laflotte - E sulla carretta, èla stessa cosa.

Dillon - Credi? In mezzo ci sarebbe ancora qualche passo, abbastanza per misurarlo coi cadaveri dei          decenviri. Ètroppo ormai che la gente onesta alzi il capo.

Laflotte (fra sé) - Tanto meglio! Saràpiùfacile colpirla. Coraggio vecchio, ancora un po’di                       bicchieri, e io galleggerò.

Dillon - Quei bricconi, quei pazzi, finiranno per ghigliottinarsi da soli. (Corre avanti e indietro)

Laflotte (a parte) veramente si potrebbe tornare ad amar la vita come un tiglio che si èdato da soli.           Certo, non capita spesso di commettere un incesto con caso e diventare il padre di se stesso.    Padre e figlio contemporaneamente. Un Edipo piacevole!

Dillon - Non si nutre il popolo con dei cadaveri; le mogli di Danton e di Camille potrebbero                      distribuire assegnati fra il popolo; èmeglio che teste.

Laflotte (a parte) - Dopo non mi caverei gli occhi; potrei averne bisogno per piangere questo buon             generale.

Dillon - Le mani su Danton! E chi èpiùsicuro ormai? La paura li unirà.

Laflotte (a parte). Èperduto in ogni caso. Cosa importa dunque se, per uscire dalla tomba, monto su         un cadavere?

Dillon - Se soltanto avessi un piede in strada! Troveròabbastanza gente, vecchi soldati, girondini,             ex nobili; forzeremo le prigioni e ci accorderemo coi detenuti.

Laflotte (a parte) Certo che puzza un po’di furfanteria. Cosa importa? Avrei voglia di provare

anche   questo; fin adesso sono stato troppo unilaterale. Si hanno dei rimorsi, e anche questo èun cambiamento; non èpoi tanto spiacevole sentire il proprio puzzo. La prospettiva della ghigliottina ormai mi ha annoiato; aspettare tanto tempo! L’ho giàprovata in spirito una ventina di volte. Non ha piùniente di allettante, èdiventata una cosa quanto mai banale.

Dillon - Bisogna far pervenire alla moglie di Danton un biglietto.

Laflotte (a parte) E poi…non temo la morte, ma il dolore. Potrebbe far male; chi mi garantisce il contrario? Sì, dicono che èsolo un attimo; ma il dolore ha una misura del tempo piùsottile,         seziona il secondo. No! Il dolore èl’unico peccato e la sofferenza l’unico vizio; voglio               rimanere virtuoso.

Dillon - Di’, Laflotte. dov’èandato quella là? Ho del denaro, bisogna farcela. Dobbiamo battere il            ferro…Il mio piano èpronto.

Laflotte - Subito! Conosco il secondino, parleròcon lui. Puoi contare su di me, generale, noi                     usciremo da questo buco…(fra sé, uscendo) …per entrare in un altro: io nel piùgrosso, il    mondo, lui nel piùstretto, la tomba.

IL COMITATO DI SALUTE PUBBLICA

Saint-Just, Barère, Collot d’Herbois, Billaud-Varennes

Barère - Cosa scrive Fouquier?

Saint-Just - La seconda udienza èterminata. I prigioniere reclamavano la comparizione di parecchi            membri della Convenzione e del Comitato di Salute Pubblica; hanno fatto un appello al                  popolo, per la faccenda del rifiuto dei testimoni. L’emozione generale dev’essere                             indescrivibile. Danton ha parodiato Giove scuotendo i riccioli.

Collot - Tanto piùfacile saràa Samson afferrarlo per i medesimi.

Barère - Non dobbiamo farci vedere, le pescivendole gli stracciai potrebbero trovarci meno

imponenti.

Billaud - Il popolo ha l’istinto di farsi calpestare, e foss’anche solo con lo sguardo; questo genere di          fisionomie insolenti gli piacciono. Fronti cosìsono peggio d’un blasone familiare, c’èin                       esse il sottile aristocratismo del disprezzo per gli uomini. Tutti coloro cui ripugna ricevere            un’occhiata dall’alto in basso dovrebbero concorrere a spaccarle, quelle teste.

Barbère - Ècome Sigfrido dalla pelle di corno, il sangue sei settembrizzati lo ha reso vulnerabile. Robespierre cosa dice?

Saint-Just - Fa come se avesse da dire qualcosa. I giurati devono dichiararsi sufficientemente edotti          e chiudere i dibattimenti.

Barbère - Impossibile, non si può.

Saint-Just - Quelli devono scomparire, ad ogni costo, dovessimo strangolarli con le nostre stesse               mani. Osate! Danton non ci deve aver insegnato invano questa parola. La rivoluzione non           inciamperàsui loro cadaveri; ma se Danton rimane vivo, lui la tratterràper la veste, e                 quell’uomo ha nella sua figura qualcosa, quasi potesse violentare anche la libertà. (Saint-Just viene chiamato fuori)

Entra un carceriere.

Carceriere - A Sainte Pelaige dei prigionieri stanno per morire, chiedono un medico.

Billaud. Non ènecessario, tutta fatica di meno per il boia.

Carceriere - Fra loro ci sono anche delle donne incinte.

Billaud - Tanto meglio, cosìi loto bambini non hanno bisogno di una bara.

Barbère - La tisi di un aristocratico risparmia una seduta al Tribunale della rivoluzione. Qualsiasi

medicina sarebbe controrivoluzionaria.

Collot (prende un foglio) - Una petizione, un nome di donna!

Barbère - Saràuna di quelle che vorrebbero essere costrette a scegliere fra la ghigliottina e il letto di          un giacobino. Che muoiono come Lucrezia dopo la perdita del proprio  onore, ma solo un       po’piùtardi della romana: di parto o di cancro o di vecchiaia. Non dev’essere poi tanto                        sgradevole bandire un Tarquinio dalla repubblica di virtùdi una vergine.

Collot - Ètroppo vecchia. Madame chiede la morte, e si sa anche esprimere: la prigione le pesa                  come il coperchio di una bara; ci sta solo da quattro settimane. La riposta èfacile (scrive e legge): «Cittadina, da troppo poco tempo desideri la morte».

            (Il carceriere esce)

Barbère - Ben detto! Però, Collot, non èbene che la ghigliottina cominci a ridere, altrimenti la gente         finiràcon non averne paura; non bisogna da tanta confidenza.

Saint-Just ritorna.

Saint-Just - Ho ricevuto proprio adesso una denunzia. Si cospira nelle prigioni; un giovanotto di                nome Laflotte ha scoperto tutto. Era nella stessa cella di Dillon Dillon ha bevuto e ha

parlato.

Barbère - S’ètagliato il collo con la propria bottiglia; ègiàcapitato altre volte.

Saint-Just - Le mogli di Danton e di Camille devono distribuire denaro fra il popolo, Dillon deve              evadere, si vuole liberare i prigionieri e far saltare la concezione.

Barbère - Sono facole.

Saint-Just - Bene, li addormenteremo raccontando loro queste favole. Ho in mano la denuncia; a ciò         s’aggiunga l’insolenza degli imputati, i mormorii del popolo, la costernazione dei giurati…       faròun rapporto.

Barbère - Sì, va’, Saint-Just, e fila i tuoi periodi dove ogni virgola èuna sciabolata e ogni punto una          testa tagliata!

SainJust - La Convenzione deve decretare che il Tribunale prosegua il processo senza interruzione             ed escluda dal dibattimento ogni imputato che manchi del rispetto dovuto alla giustizia o che provochi degli incidenti.

Barbère - Hai proprio un istinto rivoluzionario, tu; tutto ciòsuon molto moderato e tuttavia avràil             suo effetto. Quelli non possono tacere, Danton deve urlare.

Saint-Just - Conto sul vostro appoggio. C’ègente alla Convenzione che èmalata allo stesso modo

di Danton e teme di dover fare la stessa cura. Hanno ripreso coraggio e grideranno che si sono violate le forme…

Barbère (interrompendolo) - Diròloro: «A Roma il console che scoperse la congiura di Catilina e punìi criminali sul posto con la morte fu accusato di aver violato le forme. Ma chi erano                      suoi accusatori?»

Collot (pateticamente). Va’, Saint-Just! La lava della rivoluzione scorre. La libertàsoffocherànei suoi abbracci i deboli che volevano fecondare il suo grembo potente; la maestàdel popolo             appariràloro come Giove e Semele, fra tuoni e lampi, e li incenerirà. Va’, Saint-Just, noi                        t’aiuteremo a scagliare le tue folgori sulla testa dei vili! (Saint-Just esce)

Barbère - Hai sentito la parola «cura»? Quelli vogliono fare della ghigliottina uno specifico contro            le malattie veneree. Non combattono con i moderati, ma con il vizio.

Billaud - Fin adesso la nostra via coincide con la loro.

Barbère - Robespierre vuol fare della rivoluzione un corso morale e adoperare la ghigliottina come            cattedra.

Billaud - O come inginocchiatoio.

Collot - Sul quale perònon dovràstar ritto ma sdraiato.

Barère - Questo succederàfacilmente. Il mondo dovrebbe essere fatto all’incontrario se i cosiddetti          mascalzoni dovessero venire impiccati dalle cosiddette persone oneste.

Collot (a Barère) - Quando torni s Clichy?

Barère - Quando il medico non verràpiùda me.

Collot - Già, da quella parti c’èuna cometa ai cui raggi ardenti il tuo midollo spinale di dissecca                completamente, non èvero?

Billaud - Una volta o l’latra le dita grinzose della bella Demaly lo tireranno fuori dal sui astuccio e            lo faranno pendere sulle sue spalle come una treccina.

Barère (alza le spalle) - Sst! di tutti questo il virtuoso non deve sapere niente.

Billaud - Quello èun massoreta impotente (Billaud e Collot escono)

Barère (solo) - Che mostri! «Da troppo poco tempo desideri la morte!». Queste parole avrebbero               dovuto disseccare la lingua che le ha pronunciate.

E io? Quando i settembrizzatori penetrarono nelle prigioni, un prigioniero afferra il suo coltello, si caccia fra gli assassini, lo pianta in petto a un prete, cosìèsalvo! Chi puòaverci a ridire qualche cosa se adesso io mi caccio fra gli assassini o mi metto nel Comitato di Salute      Pubblica, se prendo un coltello o la lama della ghigliottina? Èlo stesso caso, soltanto in circostanze un po’piùcomplicate; la situazione di fondo peròèla stessa. E se poteva ammazzarne uno, perchénon due, tre o anche di più? A che punto ci si ferma? Ecco, come i chicchi di miglio! Ce ne vogliono due, tre, quattro, o quanti ancora per un mucchio? Vieni, vieni, coscienza mia, mia gallinella, vieni, pi, pi, pi eccoti il becchime!

            Ma…ero prigioniero anch’io? Ero sospettato, che èpoi, alla fine, la stessa cosa; la morte   era sicura. (Esce)

LA CONCIERGERIE

Lacroix, Danton, Philippeau, Camille.

Lacroix - Hai strillato bene, Danton; se solo ti fossi preoccupato un po’prima della tua vita, adesso           sarebbe diverso. Non èvero? quando la morte ti si avvicina cosìspudoratamente, e ti senti al          collo la sua puzza, e si fa piùinsistente?

Camille - Ancora se essa ti violentasse e ti strappasse dalle membra calde, lottando e combattendo,           la sua preda! Ma così, con tutte queste formalità: come sposare una vecchia, si èsteso il               contratto, si sono chiamati i testimoni, si èdetto l’amen e poi si alza la coperta del letto e                      lentamente s’infila sotto con le sue membra fredde!

Danton - Se si potesse lottare, afferrarsi con le braccia e coi denti! Ma ècome se fossi caduto in un           mulino a le membra mi venissero torte via lentamente, sistematicamente dalla fredda forza       fisica. Venire uccisi cosìmeccanicamente!

Camille - E poi giacere làsoli, freddi, rigidi nell’umido vapore della putrefazione; forse la morte ti            strappa la vita da ogni fibra, martirizzandoti, forse ci si decompone in piena coscienza!

Philippeau - Siate calmi, amici! Siamo come i colchici che recano il seme solo dopo l’inverno. La   sola differenza fra noi e i fiori che vengono piantati sta nel fatto che in questa operazione noi puzziamo una poco. Èpoi tanto terribile?

Danton - Una prospettiva edificante! Da un mucchio di letame all’alto! Proprio la divina teoria della         classi, vero? Dalla prima alla seconda, dalla seconda alla terza e cosìvia? Ne ho abbastanza          di questi banchi di scuola, mi hanno fatto venire i calli sul sedere, come delle scimmie.

Philippeau - E cosa vuoi allora?

Danton - Pace.

Philippeau - Quella èin dio.

Danton - Nel nulla. Immergiti in qualcosa che sia piùtranquillo del nulla, e se dio èl pace piùalta             allora dio non èforse il nulla? Ma io sono ateista. Quel maledetto principio per cui qualcosa   non puòannullarsi! E io sono pur qualcosa, questa èla disgrazia! La creazione s’ètanto                       estesa che niente piùèvuoto, tutto èpieno e brulicante. Il nulla s’èucciso, la creazione èla           sua ferita, noi le sue gocce di sangue, e il mondo la tomba dov’esso marcisce. Tutto ciò               suona un po’pazzo, eppure qualcosa di vero c’è.

Camille - Il mondo èl’ebreo errante, il nulla èla morte, ma essa èimpossibile. Oh, non poter                      morire, non poter morire! Come dice la canzone.

Danton - Siamo tutti sepolti vivi e, come re, deposti in triplici, quadruplici bare, sotto il cielo aperto,         nelle nostre case, nelle nostre giacche e nelle nostre camicie. Raspiamo per cinquant’anni il        coperchio della bara. Sai, chi crede nell’annullamento, quello si che si sentirebbe aiutato!              Non si puòsperare nella morte; essa èsoltanto una decomposizione piùcomplicata, più                    organizzata: la differenza ètutta qui! Ma il fatto èche io mi era abituato a questo tipo di                     decomposizione; sa il diavolo come mi troveròcon l’altro.

            Oh, Julie! Se me ne dovessi andare solo! Se mi lasciasse tutto solo! E se io fossi                             completamente distrutti, mi dissolverei interamente, fossi un pungo di polvere martoriata, ognuno dei miei atomi on potrebbe trovare pace che presso di lei. Non posso morire, no, non            posso morire. Noi dobbiamo urlare; dovranno strapparmi dalle membra ogni goccia di vita.

UNA STANZA

Fouquier, Amar, Vouland.

Fouquier - Non so piùcosa rispondere; chiedono una commissione.

Amar - Li abbiamo in pugno ormai. Ecco quel che ti ci vuole. (Porge un foglio a Fouquier)

Vouland . Cosìsaranno contenti.

Fouquier - Sul serio, ne avevamo proprio bisogno.

Amar - Adesso fa in modo che ci si possa togliere di dosso questa faccenda il piùpresto possibile, a noi e loro.

IL TRIBUNALE DELLA RIVOLUZIONE

Danton - La repubblica èin pericolo e lui non ha istruzioni! Appelliamoci al popolo; la mia voce èancora abbastanza potente perchéio possa tenere ai decenviri il discorso funebre. Lo ripeto, vogliamo una commissione, abbiamo da fare rivelazioni importanti. Mi ritirerònella cittadella della regione, ne irromperòfuori con i cannoni della veritàe schiacceròi miei nemici. (Accenni d’applauso).

Entrano Fouquier , Amar e Vouland.

Fouquier - Calma in nome della repubblica! rispetto per la legge! La Convenzione ha deciso:

            «In considerazione del fatto che nelle prigioni si notano cenni di rivolta, che le mogli di                 Danton e di Camille distribuiscono denaro fra il popolo e che il generale Dillon avrebbe                         dovuto evadere per mettersi alla testa di sedizioni e liberare gli accusati, in considerazione         infine del fatto che costoro stessi hanno tentato di suscitare incidenti nel pubblico e di                       offendere il Tribunale, a questo stesso Tribunale viene data facoltàdi proseguire gli              interrogatori senza interruzione, escludendo dal dibattimento ogni imputato che di dovesse       dimentica del rispetto dovuto alla legge».

Danton - Chiedo ai presenti se noi abbiamo mancato di rispetto al Tribunale, al popolo o alla                     Convenzione Nazionale.

Molte voci - No, no!

Camille - I miserabili! vogliono assassinare la mia Lucille!

Danton - U giorno si verràa conoscere la verità. Giàvedo calare sulla Francia una grande sventura.           Questa èla dittatura; essa ha strappato i suoi veli, va a fronte alta, passa suoi nostri cadaveri.    (Indicando Amar e Vouland). Guardateli quegli assassini vigliacchi, eccoli lìi corvi del                  Comitato di Salute Pubblica! Io accuso di alto tradimento Robespierre, Saint-Just  e i loro    boia. Essi vogliono affogare nel sangue la repubblica. I solchi scavati dalle carrette della                   ghigliottina sono le strade maestre su cui gli stranieri penetreranno nel cuore della patria.

            Per quanto tempo le impronte della libertàdovranno essere tombe? Voi volete pane e loro vi         buttano teste! Avete sete e vi fanno leccare via il sangue dagli scalini della ghigliottina!                  (Grande emozione del pubblico, grida di approvazione)

Molte voci - Viva Danton! Abbasso i decenviri! (I prigionieri vengono condotti fuori con la forza)

PIAZZA DAVANTI AL PALAZZO DI GIUSTIZIA

Popolo

Alcune voci - Abbasso i decenviri! Viva Danton!

Primo cittadino - Èvero, teste invece di pane, sangue invece di vino!

Alcune donne - La ghigliottina èun cattivo mulino e Samson un cattivo fornaio; vogliamo pane,               pane!

Secondo cittadino - Il vostro pane se l’èmangiato Danton. La sua testa ridaràa voi tutti il pane;               aveva ragione.

Primo cittadino - Danton era fra noi il 10 agosto, Danton era fra noi in settembre. Dov’era allora la           gente che l’ha accusato?

Secondo cittadino - Anche Lafayette era con voi a Versailles eppure era un traditore.

Primo cittadino  - Chi ci dice che Danton sia un traditore?

Secondo cittadino - Robespierre.

Primo cittadino - Robespierre èun traditore!

Secondo cittadino - Chi lo dice?

Primo cittadino - Danton!

Secondo cittadino - Danton ha bei vestiti, Danton ha una bella casa, Danton ha una bella moglie, si          fa il bagno nel vino di Borgogna. mangia la selvaggina in piatti d’argento e quando è

ubriaco va a letto con le vostre donne e le vostre figlie. Danton era povero come voi. Da dove ha preso tutto ciò? Glielo ha comprato il Veto perchégli salvasse la corna. Glielo ha regalato il duca di Orléans perchérubasse per lui la corona. Glieli ha dato lo straniero perchétradisse tutti voi. Cosa ha Robespierre? Il virtuoso Robespierre! Voi tutti lo conoscete.

Tutti - Viva Robespierre! Abbasso Danton! Abbasso il traditore!

ATTO QUARTO

UNA CAMERA

Julie, un ragazzo.

Julie - Èfinita. Tremavano davanti a lui. Essi lo uccidono per paura. Va’! L’ho visto per l’ultima               volta; digli che non posso vederlo così. (Gli dàun ricciolo dei sui capelli) Ecco, protagli                       questo e digli che non andràsolo: lui capirà. E poi svelto corri indietro, voglio leggere il suo          sguardo nei tuoi occhi.

UNA VIA

Dumas, un cittadino.

Cittadino - Come si puòcondannare a morte tanti innocenti dopo un processo simile?

Dumas - Effettivamente èstraordinario; ma gli uomini della rivoluzione hanno un istinto che manca          agli altri uomini, e questo istinto non li inganna mai.

Cittadino - Èl’istinto della tigre. Tu hai una moglie.

Dumas - Presto ne avròavuta una.

Cittadino - Allora èvero?

Dumas - Il Tribunale della rivoluzione annunceràil nostro divorzio; la ghigliottina ci separeràdi                tavola e di letto.

Cittadino - Sei un mostro.

Dumas - Stupido! Non ammiri Bruto?

Cittadino - Con tutta l’anima.

Dumas - E allora bisogna proprio essere un console romano e potersi coprire il capo con la toga per            sacrificare alla patria chi si ha di piùcaro? Mi asciugherògli occhi con la manica della mia       marsina rossa; la differenza ètutta qui.

Cittadino - Èspaventoso!

Dumas - Va’, tu non mi comprendi. (Escono)

LA CONCIERGERIE

Lacroix, Hérault su un letto, Danton, Camille su un altro.

Lacroix - I capelli crescono tanto, le unghie pure, che c’èproprio da vergognarsi.

Hérault - Ma stia un po’attento, mi starnuta in faccia un mucchio di sabbia!

Lacroix - E lei, carissimo, non venga cosìsui piedi; ho i calli!

Hérault - Oltretutto lei ha anche i pidocchi.

Lacroix - Ah, se almeno mi liberassi dei vermi!

Hérault - Be’, dorma bene! Vediamo un po’come ce la caviamo insieme, non abbiamo tanto spazio,         E non mi graffi dormendo! Così! E non tiri a quel modo il lenzuolo, lì, fino in fondo fa                     freddo!

Danton - Sì, Camille, domani saremo scarpe sfondate che verranno buttate in grembo a quella                   mendicante che èla terra.

Camille - La pelle di bue con cui gli angeli, secondo Platone, si fanno pantofole e incerti vagano per         il mondo. Tutto procede come te lo aspetti. Oh , mia Lucile!

Danton - Sta’calmo, ragazzo”

Camille - E come posso, Danton, come faccio? Non possono mettere le mani su di lei! La luce di bellezza che si effonde dal suo corpo dolcissimo èinestinguibile. La terra non oserebbe                 seppellirla; si inarcherebbe sopra di lei, il vapore del sepolcro le brillerebbe sulle ciglia                         come rugiada, cristalli come fiori spunterebbero attorno alle sue membra e chiare fonti,                       mormorando, la cullerebbero nel sonno.

Danton - Dormi, ragazzo mio, dormi!

Camille - Senti, Danton, detto fra noi, ècosìmiserevole dover morire. E poi, non serve a niente. Voglio rubare alla vita, dai suoi begli occhi, gli ultimi sguardi, voglio tenere gli occhi aperti.

Danton - Li terrai aperti in ogni caso: Samson non lo chiude a nessuno. Èpiùmisericordioso il                   sonno. Dormi , ragazzo mio, dormi!

Camille - Lucile, i tuoi baci fantasticano sulle mie labbra: ogni bacio diventa un sogno e io chiudo             gli occhi e lo tengo stretto dentro di me.

Danton - L’orologio non vuol dunque riposare? A ogni ticchettio le pareti mi si stringono addosso,           finchésaranno strette come una bara. Una volta, quando ero bambino, lessi una storia del                         genere, mi si rizzarono i capelli in testa.

            È come se puzzassi già. Caro il mio corpo, voglio tapparmi il naso e immaginarmi che tu sia           una donna che per aver ballato suda e puzza, e voglio farti dei complimenti. Del resto ce la      siamo giàspassata insieme piùdi una volta, noi due.

            Domani sarai un violino spezzato; la melodia che ci suonavi sopra èfinita. Domani sarai una          bottiglia vuota, il vino ètutto bevuto, ma nessuna ebrezza me n’èrimasta e vado a letto                   lucido…Ègente felice quella che puòancora ubriacarsi. Domani sarai un calzone sdrucito,             ti butteranno nel guardaroba e le tarme ti mangeranno, puoi puzzare finchévuoi.

            Ba’, non serve a niente! Quanto èmiserevole dover morire. La morte scimmiotta la nascita;           morendo siamo altrettanto sprovveduti e nudi come bambini appena nati. S’, certo, abbiamo             il sudario per pannolino. A che cosa serve? Nella tomba possiamo piagnucolare tanto bene        come nella culla. Camille! Dorme; (chinandosi su di lui) un sogno gli gioca fra le ciglia.                         Non voglio levargli dagli occhi l’aurea rugiada del sonno. (Si alza e va alla finestra) Non                  andròsolo: Grazie Julie! Eppure avrei potuto morire diversamente, senza fatica, cosìcome        cade una stella, come una nota che dàse stessa con un bacio mortale s’estingue, come un               raggio di luce si seppellisce nel chiaro flutto…Lacrime scintillanti, le stelle sono sprizzate             nella notte; dev’esserci un grande dolore nell’occhi che le ha versate.

Camille - Oh! (S’èlevato a sedere e alza le mani verso il soffitto)

Danton - Che cos’hai Camille?

Camille - Oh, oh!

Danton (lo scuote) - Vuoi grattare giùil soffitto?

Camille - Ah, tu! Tienmi, tienmi, parla!

Danton - Tremi in tutte le membra, hai la fronte sudata.

Camille - Questo sei tu, e questo sono io…così! E questa èla tua mano! Sìadesso mi ricordo. Oh, Danton, era spaventoso!

Danton - Ma cosa, dunque?

Camille - Ero fra sogno e veglia. A un tratto scompare il soffitto e la luna cala dentro, vicina, vicina,         addosso, posso afferrarla col braccio. La vota celeste con le sue luci s’era abbassata, ci                      sbattevo contro, toccavo le stelle, annaspavo come uno che affoga sotto la crosta del                 ghiaccio. Era terribile, Danton!

Danton - La lampada riflette un alone rotondo sul soffitto: èquesto quello che vedevi.

Camille - Davvero, ci vuol ben poco per far perdere a uno quel po’di intelletto che ha! La follia                m’aveva afferrato per i capelli. (Si alza) Non ho piùvoglia di dormire, non voglio diventato             matto. (prende un libro)

Danton - Cosa prendi?

Camille - I pensieri notturni.

Danton - Vuoi morire in anticipo? Io leggo La pulzella. Non voglio sgattaiolare dalla vita come da            un inginocchiatoio, ma piuttosto come fosse il letto di una suora di carità. Èuna puttana; fa    porcherie con mondo intero.

PIAZZA DAVANTI ALLA CONCIERGERIE

Un carceriere, due carrettieri con le loro carrette, donne.

Carceriere - Chi vi ha mandato costà?

Primo carrettiere - Io non mi chiamo costà, èun nome strano.

Carceriere - Stupido! Chi ti ha dato l’incarico?

Primo carrettiere - Io non ci ho nessun incarico, prendo solo dieci centesimi per testa.

Secondo carrettiere - Questo farabutto mi vuol portare via il pane di bocca.

Primo carrettiere - be’, cos’èche chiami tu il tuo pane? (Accennano alle finestre dei prigionieri)                 Quella èpappa per i vermi.

Secondo carrettiere - Anche i miei bambini sono vermi e ne vogliono avere un po’. Eh, la va male col nostro mestiere, e sìche siamo migliori carrettieri.

Primo carrettiere - Cioè?

Secondo carrettiere - Qual’èil miglior carrettiere?

Primo carrettiere - Quello che ti porta piùlontano e piùsvelto.

Secondo carrettiere - Appunti, asino, e chi va piùlontano di che va all’altro mondo? e chi viaggia             piùsvelto di chi lo fa in un quarto d’ora? C’ègiusto un quarto d’ora da qui alla piazza della   Rivoluzione.

Carceriere - Svelti, fannulloni! Piùvicini al portone, e voi, là, ragazze, fate largo!

Primo cancelliere - Ma no, state dove siete. A una ragazza non si gira intorno, si punta in mezzo e             dentro!

Secondo carrettiere - Sì, di questo sono convinto anch’io: ci puoi entrare con carretta e cavalli ci               trovi una bella carreggiata; solo peròche quando esci devi startene in quarantena.                              (Procedono)

Secondo carrettiere (alle donne) - Cosa ci avete da curiosare voi?

Una donna - Aspettiamo dei vecchi clienti.

Secondo carrettiere - credete che la mia carretta sia un bordello? Èuna carretta onorata, ha servito            in tavola il re e tutti i nobili signori di Parigi.

Lucile (entra. Si siede su una pietra sotto le finestre dei prigionieri). Camille, Camille! (Camille                  appare alla finestra) Senti, Camille, mi fai ridere con quella tua lunga marsina di pietra e                       quella maschera di ferro davanti alla faccia; non ti puoi chinare! E le tue braccia dove sono?             Voglio accalappiarti, caro uccellino. (Canta)

            Ci sono due stelle in cielo e splendono piùchiare della luna

            l’una brilla dinanzi alla finestra dell’amata,

            l’altra dinanzi alla sua porta.

            Vieni, vieni amico mio! Piano per le scale, dormono tutti. Giàda tempo la luna m’aiuta ad             aspettare. Ma tu non puoi entrare da portone; èun abbigliamento insopportabile! Anche se èuno scherzo, esageri, finiscila! E tu nemmeno ti muovi, perchénon parli? Mi fai paura.

            Senti! la gente dice che devi morire e fanno delle facce serie serie. Morire! A me fan ridere            quelle facce. Morire! Ma che strana parola èquesta? Dimmelo, Camille. Morire! Ci voglio            pensar su. Ma si, ecco! voglio corrergli dietro; vieni, dolce amico, aiutami a prenderlo, vieni,           vieni! (Corre via)

Camille (gridando) - Lucile! Lucile!

LA CONCIERGERIE

Danton a una finestra che dànella camera accanto.

Camille, Philippeau, Lacroix, Hérault.

Danton - Adesso sei tranquillo, Fabre.

Una voce (dall’interno) Da morire.

Danton - Sai cosa faremo adesso?

Voce - Be’?

Danton - Quel che tu hai fatto per tutta la vira: des vers.

Camille (fra sé) - La follia era dentro i suoi occhi. Tanta gente ormai èdiventata pazza, cosìva il               mondo. Cosa possiamo farci? Lavarcene le mani. In fondo èmeglio così.

Danton - Lascio tutto in un disordine spaventoso. Nessuno che s’intenda di governo. Forse potrebbe        ancora andare se lasciassi in ereditàa Robespierre le mie puttane e a Couthon i miri                       polpacci.

Lacroix - Dunque noi avremmo fatto della libertàuna puttana!

Danton - Del resto cosa ci sarebbe! La libertàe le puttane sono le cose piùcosmopolitiche si questa           terra. Adesso si prostituiràcon decoro nel letto matrimoniale dell’avvocato di Arras. Però           penso che verso di lui faràla parte di Clitennestra; gli do tempo meno di sei mesi e me lo                      tiro dietro.

Camille (fra sé) - Che il cielo le conceda una piacevole idea fissa. Le idee fisse generali, quelle che            vengono battezzate con nome di sano buon senso sono diventate insopportabilmente noiose.            L’uomo piùfortunato fu quello che potéimmaginarsi di essere dio padre, figlio e spirito                    santo.

Lacroix - E quegli asini, quando passeremo, grideranno: «Viva la repubblica!».

Danton - Cosa importa? Il diluvio della rivoluzione puòtrasportare i nostri cadaveri dove vuole; con         le nostre ossa fossili potranno ancor sempre spaccare il cranio a tutti i re.

Hérault - A patto che si trovi un Sansone per le nostre mascelle.

Danton - Sono fratelli in Caino.

Lacroix - Che Robespierre sia un Nerone, niente lo dimostra piùdel fatto che mai era stato più                  gentile con Camille di due giorni prima del suo arresto.

            Non ècosìCamille?

Camille - Per me, che cosa m’importa? (Fra sé) Che bel bambini ha generato in lei la follia! Perché             me ne devo andare proprio adesso? Avremmo riso insieme a lui e l’avremmo cullato e                baciato.

Danton - Se un giorno la storia aprirài suoi sepolcri, il dispotismo potràancora morir soffocato alle           esalazioni dei nostri cadaveri.

Hérault - Abbiamo giàlargamente puzzato in vita. Queste sono frasi per i posteri, non èvero Danton? a noi, infondo, non interessano proprio per niente.

Camille - Fa una faccia come se gli si dovesse pietrificare, per essere poi dissotterrata dai posteri               come un busto antico.

            Vale anche la pena di fare boccucce, di mettersi un po’di rossore e parlare con un buon                 accento; dovremmo toglierci le maschere una buona volta, e allora, come in una camera tutta           specchi, vedremmo dappertutto quell’eterna testa d’idiota, unica e multipla, niente di più,                     niente di meno. Le differenze non sono tanto grandi, tutti siamo angeli e mascalzoni, stupidi    e geni, e ogni cosa insieme: ciascuna di queste quattro cose trova posto sufficiente nello                   stesso corpo, non sono cosìingombranti quanto ci si immagina. Dormire, digerire, fabbricar    bambini, ecco quel che tutti fanno; il resto sono soltanto variazioni sullo stesso tema, di                         diverse tonalità. Per questo bisogna poi alsarsi sulla punta dei piedi, assicurarsi della facce di             circostanza, per questo bisogna mettersi a disagio l’uno con l’altro! Abbiamo tutti mangiato           a crepapelle alla stessa tavola e abbiamo il mal di pancia; perchévi tenete il tovagliolo                davanti alla faccia? Ma gridate e piangete come piùvi piace! Solo non fate quelle smorfie       cosìvirtuose, cosìargute, cosìeroiche e geniali: tanto ci conosciamo bene, risparmiatevi la       fatica!

Hérault - Sì, Camille, sediamoci qui, uno vicino all’altro e gridiamo: niente di piùstupido che                    stringere le labbra quando qualcosa fa male. I Greci e gli dèi urlavano, i Romani e gli stoici      facevano delle smorfie da eroi.

Danton - Gli uni non erano meno epicurei degli altri. Si fabbricavano una coscienza quanto mai                 confortevole di se stessi. Non èpoi un gran male drappeggiarsi la toga e voltarsi per vedere           se lasciamo dietro una bella ombra lunga. Perchédobbiamo accapigliarci? C’èdifferenza se      davanti alle nostre vergogne appendiamo foglie di alloro, corone di rose o di pampini oppure       se le portiamo scoperte e ce le facciamo leccare dai cani?

Philippeau - Amici miei, non èaffatto necessario stare in alto sopra la terra per non vedere piùnulla          di tutto questo confuso vacillare e ondeggiare e avere gli occhi pieni di alcune grandi linee             divine. C’èun orecchio per il quale gli urli e i lamenti che ci stordiscono sono un fiume                    d’armonie.

Danton - Ma noi siamo i poveri musicanti e i nostri corpi gli strumenti. E le note stridule che ad essi          vengono strappati esistono forse soltanto per salire sempre piùin alto e finalmente morire,    leggere come un sospiro voluttuoso, nelle orecchie celesti?

Hérault - Siamo dunque come i porcellini di latte che vengono frustati a morte per le mense dei                 principi, perchéla loro carne riesca piùsaporita?

Danton - Siamo forse bambini che vengono arrostiti fra le ardenti braccia da Moloch del mondo e             titillati con raggi di luce affinchégli dèi si rallegrino del loro riso?

Camille - Èdunque l’etere con i suoi occhi d’oro in bacile di carpe dorate sulla tavola degli dèi                 beati, gli dèi beati ridono eternamente, e i pesci muoiono eternamente, e gli dèi eternamente             gioiscono al mutevole gioco di colori di quella lotta mortale?

Danton - Il mondo èil caos. Il nulla il dio deve nascere.

Entra il carceriere.

Carceriere - Signori, potete partire, le carrette sono davanti alla porta.

Philippeau - Buon notte, amici! Copriamoci tranquillamente con la grande coperta sotto la quale                tutti i cuori cessano di battere e gli occhi si chiudono. (Si abbracciano)

Hérault (prende Camille per un braccio) - Rallegrati Camille, avremo una bella notte. Nel cielo                  silenzioso della sera le nubi sono un Olimpo che si spegne, con le sue figure di dèi che                        impallidiscono fino a scomparire. (Escono)

UNA STANZA

Julie - Il popolo correva per le strade, adesso tutto ètranquillo. Non un attimo potrei farlo aspettare          (Prende una fiala) Vieni caro sacerdote, il cui amen ci fa andare a letto. (Va alla finestra)

            È cosìbello dire addio. Ho solo ancora da chiudere la porta dietro di me. (Beve)

            Si vorrebbe stare sempre così. Il sole ètramontato; erano tanto netti i lineamenti della terra            nella sua luce, ma ora il suo viso ècalmo e serio, come quello di una morente. Come èbella la luce della sera, che le gioca sulla fronte e le guance. Sempre piùpallida, come un                        cadavere avanza nell’onda dell’etere. Non c’èdunque alcun braccio che la voglia afferrare per i riccioli d’oro e trarla dalla corrente e seppellirla?

            Me ne vado piano piano. Non la bacio, che un alito o un sospiro non la desti dal suo dolce             sonno. Dormi, dormi! (Muore)

LA PIAZZA DELLA RIVOLUZIONE

Arrivano le carrette e si fermano dinanzi alla ghigliottina.

Uomini e donne cantano e balla la «Carmagnola».

I prigionieri cantano la «Marsigliese».

Una donna con i suoi bambini - Largo, largo! I bambini piangono, hanno fame. Devo far che                     vedano, cosìalmeno stanno quieti. Largo!

Una donna - Ehi, Danton, adesso potrai fare porcherie con i vermi.

Un’altra - Hérault - con i tuoi bei capelli mi faròuna parrucca.

Hérault - Non ne ho abbastanza per un monte di venere cosìpelato.

Camille - Maledette streghe! Verràun giorno che griderete: «O montagne, cadetemi addosso!».

Una donna - La montagna èsu di voi o piuttosto siete voi che siete caduti giù.

Danton (a Camille) Sta’calmo, ragazzo! Ti sei fatto rauco a furia di gridare.

Camille (da del denaro al carrettiere. Eccoti, vecchio caronte, la tua carretta e u bel piatto di portata!        Signori miei, voglio servirvi il primo. Questo èun banchetto classico; siamo sdraiati ai                    nostri posti e versiamo un po’di sangue a mo’di libagione.

Addio Danton! (sale sul palco, i prigionieri li seguono uno dopo l’altro. Danton per ultimo)

Lacroix (al popolo) Voi uccidete noi nel giorno in cui avete perduta la ragione; ucciderete loro in              quello in cui la riacquisterete.

Alcune voci - Èvecchia, l’abbiamo giàsentita; che noia!

Lacroix - I tiranni si romperanno il collo sulle nostre tombe.

Hérault (a Danton) Considera il suo cadavere concime per la libertà.

Philippeau (sul patibolo) Vi perdono e vi auguro che l’ora della vostra morte non sia piùamara della         mia.

Hérault - Me l’ero immaginato! Ancora una vota non ha potuto fare a meno di frugarsi nel petto per         mostrare a quelli lìsotto che porta biancheria pulita.

Fabre - Addio, Danton! Io muoio due volte.

Danton - Addio, amico mio! La ghigliottina  il miglior dottore.

Hérault (vuole abbracciare Danton) Ah, Danton, non riesco nemmeno piùa scherzare. Èl’ora! (Un           boia lo respinge)

Danton (al boia) Vuoi essere piùcrudele della norte? Puoi impedire che le nostre teste si bacino nel           fondo della cesta?

UNA STRADA

Lucile - Ma c’èqualcosa di serio in tutto questo. Voglio pensarci. Qualcosa comincio a                              comprendere. Morire…morire…! Ma tutto deve poter vivere, tutto, quel moscerino là,                   quell’uccello. Perchédunque non lui? La corrente della vita dovrebbe arrestarsi se soltanto            una goccia ne venisse versata. La terra dovrebbe averne una ferita.

            Tutto si muove, gli orologi camminano, le campane suonano, la gente corre, l’acqua scorre,            e tutto procede così, fin là; là…no, non deve accadere, no, voglio sedermi per terra e                    gridare, che tutto si fermi atterrito, che tutto s’arresti, nulla piùsi muova! (Si siede, ci copre    gli occhi e getta un grido. Dopo una pausa si alza) Non serve a niente, ètutto come prima,             come al solito: le case, la via, il vento soffia, le nuvole vanno. Dobbiamo sopportarlo.

Alcune donne discendono la via.

Prima donna - Un bell’uomo quell’Hérault!

Seconda donna - Quando alla festa della Costituzione se ne stava làin piedi sotto l’arco di trionfo,           ho pensato: quello deve fare una bella figura sulla ghigliottina, ho pensato.. Così, era un                        presentimento…

Terza donna - Eh sì, la gente bisogna vederla in tutte le situazioni; èproprio bene che la morti                    diventi cosìpubblica. (procedono)

Lucile - Oh, Camille! Dove devo cercarti ormai?

PIAZZA DELLA RIVOLUZIONE

Due boia indaffarati intorno alla ghigliottina

Primo boia (èin piedi sulla ghigliottina e canta)

            E quando vado a ca’

            brilla la luna cosìchia’…

Secondo boia - Ehi, hai finito?

Primo boia - Sì, subito! (canta)

            nella finestra del mio pa’

            Perchésta sempre con le putta’?

            Ecco fatto! La giacca! (Vanno cantando)

            E quando vado a ca’

            brilla la luna cosìchia’

Lucile (entra e si siede sugli scalini della ghigliottina) Mi siedo nel tuo grembo, silenzioso angelo   della morte.

            (canta)

            C’èun mietitore, si chiama morte,

            Iddio l’ha fatto potente e forte.

            Cara culla, che hai portato nel sonno il mio Camille., tu l’hai soffocato sotto le tue rose. E tu         campana funebre che con la tua voce l’hai condotto alla tomba. (canta)

            Sono migliaia, sono infiniti

            che ormai sotto la falce son caduti.

Arriva una pattuglia

Un cittadino - Ehi, chi èlà?

Lucile (riflettendo e come se prendesse improvvisamente una decisione) - Viva il re!

Cittadino - In nome della repubblica! (Viene circondata dalle guardie e condotta via).