La notte dell’iguana

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LA NOTTE DELL’IGUANA

Commedia in tre atti

di TENNESSEE WILLIAMS

PERSONAGGI

MAXINE FAULK

PEDRO

PANCHO

REVERENDO SHANNON

HANK

HERR FAHRENKOPF

FRAU FAHRENKOPF

WOLFGANG

HILDA

JUDITH FELLOWES

HANNAH JELKES

CHARLOTTE GOODALL

JONATHAN COFFIN (NONNO)

JAKE LATTA

La commedia si svolge nell'estate 1940 in un albergo piuttosto rustico e molto bohémien, il Costa Verde, situato in cima a una colli­na boscosa che domina la «caleta » di Puerto Barrio, nel Messico. Ma non si tratta certo del Puerto Barrio attuale. A quel tempo, venti anni fa, la costa occidentale del Messico non era ancora diventata un luogo di villeggiatura alla moda. I villaggi erano ancora primitivi vil­laggi indi, e la placida spiaggia di Puerto Barrio, con le ubertose fo­reste che la sovrastano, erano tra i luoghi pili selvaggi del mondo, e popolati da gente assai piacevole.

Scena della commedia è l'ampia veranda dell'albergo: una veran­da coperta, cinta da una balaustra, che circonda tutti e quattro i lati del malandato edificio in stile tropicale. Di essa, in palcoscenico è vi­sibile soltanto il lato della facciata, e una parte laterale. Sotto la ve­randa, che è leggermente sollevata sul piano del palcoscenico, spun­tano dei cespugli, con grosse campanule dai colori smaglianti, e qual­che cactus, mentre ai Iati si scorge il fogliame della giungla circostan­te. Da una parte si eleva un'alta palma da cocco, nel cui tronco sono praticate delle intacche affinché qualcuno possa arrampicarvisi per staccarne le noci per confezionare la popolare bevanda « rum-coco », latte di cocco al rum. Nel fondo della veranda v'è una fila di porte-fi­nestre di altrettante piccole stanze da letto - veri cubicoli - chiuse da porte a rete. Nelle scene notturne questi cubicoli sono illuminati dall'interno, sì che ciascuno appare come un piccolo palcoscenico parti­colare, che attraverso la zanzariera acquista una luce sfumata. Da una parte si scorge l'inizio di un sentiero che attraverso la foresta scende verso la carrozzabile e la spiaggia. Attaccata a due pilastri della ve­randa, un'amaca di tela; qua e là, un paio di vecchie sedie a dondolo di vimini, e qualche sdraio.

ATTO PRIMO

All'alzarsi del sipario si ode il vocio eccitato di una co­mitiva di turiste che arriva in pulman sulla strada al pie­de della collina in cima alla quale sorge il Costa Verde. Dall'angolo della veranda emerge la signora Maxine Faulk, proprietaria dell'albergo. È un pezzo di donna sui quarantacinque, di aspetto cordiale, e di un'aggres­siva sensualità. Indossa un paio di calzoncini e una ca­micetta mezza sbottonata. È seguita da Pedro, un bel ra­gazzo ventenne, slanciato, dipendente dell'albergo e mo­mentaneo amante della signora Faulk. Pedro arriva cac­ciandosi la camicia dentro i pantaloni, tutto sudato, co­me fosse stato finora a faticare sotto il sole. La signora Faulk guarda verso il basso, e al vedere qualcuno che dal pulman sta salendo verso l'albergo, s'illumina di piacere.

Maxine                          - (urlando) Shannon! (Una voce maschile, dal bas­so, risponde: Ehi!) Ehi! (Maxine ride sempre con un unico, rauco latrato, aprendo la bocca come una foca che aspetta le si getti un pesce) I miei informatori m'aveva­no detto che avevi ripassato il confine! (A Pedro) Anda, hombre, anda! (A mano a mano che Shannon sale fati­cosamente verso l'albergo - non apparirà sul sentiero che dopo un paio di minuti dall'inizio di questo dialogo urlato - Maxine si fa sempre piti vibrante di gioia) Ehi, le mie spie me l'avevano detto, ch'eri passato per Saldilo, l'altra settimana, con un carico di donne... Un inte­ro carico di femmine! Tutte femmine!... Ehi! Quante te ne sei fatte, finora?

Shannon                        - (dal basso, boccheggiando) Spirito... del gran Cesare!... Piantala... di urlare...

Maxine                          - II culo ti pesa, eh? Lo credo bene!

Shannon                        - Mandami giù il ragazzo... che mi prenda la va­ligia!

Maxine                          - (in tono di comando) Pedro!... Anda, la maléta! Pancho! No seas flojo! Va y traje el equipaje del Se­riori

Pancho, un altro giovane messicano, esce da dietro l'an­golo della veranda e trotterella giù per il sentiero. Pe­dro si arrampica su per la palma, e col machete taglia delle noci per fare del cocco al rum.

Shannon                        - (dal basso, gridando) Fred! Ehi, Fred!

Maxine                          - (per un momento seria) Fred non ti può sentire, Shannon (Va a raccogliere una noce di cocco, se la acco­sta all'orecchio e la scuote per sentire se contiene latte).

Shannon                        - Dov'è Fred? È andato a pescare?

Maxine scapitozza una noce con un colpo di machete, mentre Pancho sale sulla veranda con la valigia di Shannon, una logora valigia a soffietto costellata di etichette di agenzie di viaggio di tutte le parti del mondo. Poi ap­pare Shannon, in un abito di tela bianca tutto spiegazza­to. Ansante, grondante di sudore, gli occhi fuori dall'orbita. È un «irlandese bruno» sui trentacinque, dall'aria spaventosamente nevrotica. È un giovanotto che ha già avuto delle brutte crisi nervose, e probabilmente ne avrà ancora.

Maxine                          - Eccoti qua! Lasciati guardare!

Shannon                        - Non mi guardare! Vestiti, piuttosto!

Maxine                          - Accidenti! Sei proprio in un bello stato!

Shannon                        - Anche tu!... Vestiti, ti dico!

Maxine                          - Un corno! Sono vestita, no? Non mi vesto mai, in settembre. Non lo sai, che non mi vesto mai, in set­tembre?

Shannon                        - Be', almeno potresti abbottonarti la camicetta!

Maxine                          - Da quanto tempo sei in quello stato, Shannon?

Shannon                                  - Che stato?

Maxine                          - Sembri uscito da un sepolcro.

Shannon                        - Al diavolo. Non ci vedo dalla febbre. C'erano cinquantadue gradi, stamattina, a Cuernavaca.

Maxine                          - Che cosa ti succede?

Shannon                        - Ho la febbre, ti dico! Febbre!... Dov'è Fred?

Maxine                          - Morto.

Shannon                        - Morto hai detto?

Maxine                          - Proprio cosi. Fred è morto.

Shannon                        - Come!

Maxine                          - Meno di due settimane fa si feri con un amo, la ferita s'infettò, l'infezione gli andò nel sangue, e in quarantott'ore era morto. (A Pancho) Vete!

Shannon                        - Cielo santissimo!

Maxine                          - Ancora non riesco a crederci...

Shannon                        - Non hai l'aria tanto... inconsolabile.

Maxine                          - Fred era vecchio, bimbo. Dieci anni più di me. Avevamo smesso di far l'amore da almeno...

Shannon                        - Cosa c'entra, questo!

Maxine                          - Mettiti giù e beviti un rum al cocco.

Shannon                        - No, no, voglio una birra gelata. Se comincio col rum al cocco non la finisco più. E cosi, Fred è morto! Pensare che non vedevo l'ora di starmene sdraiato in quest'amaca a far due chiacchiere con Fred!

Maxine                          - Be', Fred non chiacchiera più... Un diabetico si prende un'infezione e se ne va cosi, in un fiat!... Non c'è un ospedale decente a meno di una settimana di viaggio! (Dal basso si ode il clacson del pulman, sonato con insistenza). Perché non vengono su, le tue femmi­ne? Stanno sonando il clacson.

Shannon                        - Lascia che suonino... (Si muove, barcollando un poco) Io ho la febbre. (Va all'inizio del sentiero, allarga i cespugli fioriti e grida verso il basso, in direzione del pulman) Hank! Hank! Falle scendere e portale su! Di­gli che è tutto compreso nel prezzo! Digli che... (La voce gli viene meno; barcollando, torna verso la veranda, sui primi gradini della scala si lascia andare, ansimante) È la peggiore di tutte le comitive che abbia mai portato in giro in dieci anni che faccio questo mestiere. Per l'amor di Dio, dammi una mano tu, per tenerle a bada, io non ce la faccio più. Ho bisogno di rimanermene qui per un po', a ripigliar fiato. (Maxine gli dà una birra). Grazie. Da' un'occhiata, guarda se si son decise a scendere dal pulman. (Maxine va presso i cespugli, e li divide per guardare verso il basso). Si decidono si o no, a scendere, quelle lumacone... figlie di puttana... professoresse di un collegio femminile battista di Blowing Rock, nel Texas... Undici! Undici, ce ne ho!

Maxine                          - Una squadra di calcio di vecchie zitelle...

Shannon                        - Si, e io sono il pallone. Scendono?

Maxine                          - Ne è scesa una. Per andare dietro un cespuglio.

Shannon                        - Be', mi son messa in tasca la chiavetta dell'ac­censione... Qui, in questa tasca. Perciò, se vogliono pro­seguire senza di me dovranno andare a piedi!

Maxine                          - Continuano a suonare il clacson.

Shannon                        - Fantastico. Non posso perdere questa comitiva. La Blake Tours mi ha rimesso in prova. Il mese scorso incocciai una comitiva maledetta, che fece reclamo per farmi licenziare, cosi adesso sono di nuovo in prova. Se anche questa comitiva protesta sarò licenziato senza re­missione... Ah, Dio mio! Ancora non si decidono a scen­dere? (Si alza faticosamente dai gradini, e barcollando scende sul sentiero e allarga i cespugli per guardare ver­so il pulman; poi grida) Hank! Falle scendere e portale quassù! voce di hank (dal basso) Vogliono tornare in cittaaaa!

Shannon                        - Non possono tornare in città!... Accidenti! Cin­que anni fa guidavo viaggi intorno al mondo per la Cook! Gruppi elegantissimi! Finanzieri di Wall Street in ritiro! viaggiavano in carovane di Pierce Arrow e Hispano Suiza!... Scendono o non scendono?

Maxine                          - Mi pare che stai andando a pezzi.

Shannon                        - No! Ci sono già andato, a pezzi! (Si alza, e ri­prende a gridare verso il basso) Hank! Vieni su! Vieni su un momento! Voglio parlarti della situazione!... In­credibile. Fantastico... (Di nuovo ripiomba a sedere sui gradini e si prende la testa fra le mani).

Maxine                          - Non ne vogliono sapere di scendere dal pulman... Shannon, tu non sei in condizioni di nervi da poter te­nere testa a queste clienti. Perciò, lasciale andar via, e tu rimani qui.

Shannon                        - Lo sai in che situazione mi trovo. Se perdo que­sto posto, dove vado a sbattere la testa? Più in basso della Blake Tours non c'è più nulla, Maxine, bellezza mia. Scendono da quel maledetto pulman? Si sono decise?

Maxine                          - C'è uno che sta venendo su.

Shannon                        - Ah, è Hank. Mi devi aiutare, con lui.

Maxine                          - Gli darò un cocco al rum.

Hank                             - (arriva sulla veranda, ghignando) Shannon, quelle signore non ne vogliono sapere di venire quassù; perciò è meglio che torni giù tu.

Shannon                        - Fantastico. Non ci penso nemmeno, di tornare giù. Ho in tasca la chiavetta dell'accensione; e ci rimar­rà per tre giorni a partire da oggi.

Hank                             - Non te la caverai così facilmente, Shannon. Acci­denti, quelle son capaci di tornarsene in città a piedi, se tu non molli la chiave del pulman.

Shannon                        - E piglieranno un colpo di sole! Cadranno per la strada come mosche!... Fantastico, semplicemente fan­tastico! (Boccheggia, suda; lascia cadere una mano sulla spalla di Hank) Hank, ho bisogno della tua collabora­zione. Ci posso contare? Perché, quando si è in viaggio con una comitiva difficile come questa, il direttore di gita - che sarei io - e l'autista che saresti tu - devono stare uniti per controllare le situazioni che si possono creare contro di loro. In questo caso è una prova di for­za tra due uomini da una parte, e un carico di galline bagnate dall'altra. Lo capisci, questo, no?

Hank                             - Be'... (Ridacchia) C'era quella ragazzina che frigna­va per tutto il tempo... è questo che ha creato tutto lo scompiglio. Accidenti, io non so se tu l'hai fatto davve­ro o no, ma quelle pensano che tu l'abbia fatto, dato che la ragazzina continuava a piangere a quel modo.

Shannon                        - Hank, senti! Non me ne importa di quello che pensano. Un viaggio guidato da T. Lawrence Shannon -  è sotto la sua responsabilità, in tutto e per tutto... dove si va, quando si va, tutto, in ogni particolare! Altrimenti dò le dimissioni. Perciò, torna giù, e tirale fuori da quel pulman prima che muoiano soffocate. Strappale via con la forza, se necessario, e spingile quassù, capito? Non tollero obiezioni, in proposito. Signora Faulk! Cara! Da­gli un menu, dagli uno dei tuoi menu di campione, che possa mostrarlo alle signore. Lei tiene un cuoco cinese che non t'immagini come cucina. Un cuoco di Sciangai, che prima dirigeva la cucina d'uno dei club più aristo­cratici di qui. Gliel'ho portato io, un cannone, un feno­meno... non ti dico! Cucina occidentale... sa fare per­fino il filetto alla Strogonoff, le scaloppe alla Termido­ro... Signora Faulk! Cara! dagli uno di quei... ah... uno di quei fantastici menu di campione... (Maxine ridac­chia, come chi fa uno scherzo, e gli porge un foglio di carta) Grazie. Oh, ecco qua. Torna giù da quelle, e fa­gli vedere questo fantastico menu. Descrivi il panorama che c'è di quassù, e... (Hank accetta il menu con un sogghigno, scuotendo la testa) ...hai carta bianca.

Hank                             - È meglio che tu venga giù con me.

Shannon                        - Non mi allontanerò da questa veranda per al­meno quarantott'ore. Non posso. Che succede? Che vi­sione è questa? Un disegno animato di Hyeronimus Bosch? (La famiglia tedesca che è ospite dell'albergo, i coniugi Fahrenkopf con la figlia e il genero, fanno d'un tratto la loro sorprendente apparizione sulla scena. Sfi­lano per la veranda e poi scendono la scaletta e scompa­iono giù per il sentiero. Sono vestiti per quel minimo necessario a salvare la decenza, e sono tutti rosei e oro come dei Cupidi barocchi di varia grandezza, rubensiani, meravigliosamente animaleschi. La sposina, Hilda, ca­valca un grosso cavallo di gomma dal sorriso estatico e grossi occhi ammiccanti. Grida « trotta, trotta, cavalli­no! »; è seguita dallo sposo, Wolfgang, tenore wagne­riano, e dal padre, Herr Fahrenkopf, industriale di Fran­cofone, il quale ha in mano una radio portatile da cui emanano i suoni aspri e gutturali di una trasmissione tedesca sulla battaglia d'Inghilterra. Frau Fahrenkopf, straripante di grasso, e con un paniere pieno di cibarie per il picnic sulla spiaggia, forma la retroguardia. Sfi­lando, cominciano a cantare una marcia nazista). Oh, nazisti! Come mai ne sono venuti tanti, da queste par­ti, ultimamente?

Maxine                          - II Messico è la porta d'ingresso per il Sud Ame­rica, e la porta posteriore degli Stati Uniti, ecco perché.

Shannon                        - Ah! e cosi, dopo la morte di Fred, tu ti sei or­ganizzata per fare la portinaia di entrambe le porte! (Maxine si accosta all'amaca e gli siede in grembo). Le­vati dal mio bassoventre prima che me lo spacchi. Se vuoi spaccare qualcosa, spaccami un po' di ghiaccio per mettermelo sulla fronte. (Lei prende un pezzo di ghiac­cio dal suo bicchiere e con esso gli massaggia la fronte). Ah, Dio...

Maxine                          - (ridacchiando) Ah, e dunque, tu ti sei presa la gallinella, e le vecchie galline protestano, è cosi, Shannon?

Shannon                        - È stata la ragazzina a volerlo, non scherzo; ma ha solo diciassette anni,... anzi le manca un mese per compierli... Perciò è una faccenda seria, molto seria, per­ché la ragazzina non è soltanto un tipo precoce, è anche un prodigio musicale.

Maxine                          - E questo che c'entra?

Shannon                        - Te lo dico io che c'entra; lei viaggia sotto la pro­tezione, anzi la scorta militare, di questa... di questa ca­gna di maestra di canto che organizza piccoli cori sul pulman. Ah, Dio! Mi stupisce che non stiano cantando adesso, si vede che sono già morte soffocate tutte quan­te, altrimenti canterebbero qualche inno edificante, ti­po È una brava e allegra fanciulla, oppure Papà va a cac­cia dì donnole. Oh Dio... (Maxine ridacchia su diverse ottave). E ogni sera, dopo cena, dopo le lamentazioni per la cena, dopo che la professoressa di matematica ha controllato tutti i conti, e dopo che diverse di loro han­no vomitato la cena, quelle che hanno ispezionato la cucina... la ragazzina, il canarino, si mette a fare un pic­colo concerto vocale. Apre la bocca ed ecco che fuori vo­lano cavatine e romanze. Capisci cosa vuol dire? Dopo una giornata di tormenti indescrivibili, tre gomme a terra, il radiatore dissaldato mentre attraversavamo la Tierra Caliente... (A mano a mano che rievoca questi ricordi si alza a sedere sull'amaca) E dopo una serata in cui ti sei arrampicato su per le Sierre, attraverso torren­ti di pioggia, con dei tourniqués sopra degli abissi, dei baratri spaventosi, e con un thermos sotto il sedile che le signore del collegio battista credono sia pieno d'acqua fresca e invece è pieno di vino... insomma, ti dico, dopo che una simile giornata è finalmente arrivata al termine, il prodigio musicale, la signorina Charlotte Goodall, neanche abbiamo finito di cenare, e prima che ci sia una possibilità di fuggirsene via, la signorina Charlotte ti at­tacca a cantare la fine di una perfetta giornata, roba da spaccarti il cuore e le orecchie... senza neanche un'oncia di umorismo...

Maxine                          - Ah!

Shannon                        - Si, è proprio il caso di fare ah! Ieri sera... no, l'altra sera, il pulman aveva bruciato le guarnizioni dei freni, a Chilpancingo. In questa città c'è un albergo... e in questo albergo c'è un pianoforte, che nessuno ha più suonato dai tempi della fucilazione di Massimiliano. E quest'uccellino del Texas apre la bocca, e si mette a can­tare Appassionatamente t'amo, tutta rivolta verso di me, dedicandomi la canzone, con gesti, con sguardi, finché la sua protettrice, quella maestra di canto a motore Die­sel, chiude di colpo il coperchio del piano, la prende per la mano e la trascina via, con lei che continuava a gri­dare «Larry, Larry, ti amo! ti amo sul serio! » Quella sera, quando sono entrato nella mia stanza ho trovato che avevo un compagno di letto.

Maxine                          - Il prodigio musicale ti si era cacciato dentro?

Shannon                        - No, il fantasma, il mio fantasma, era entrato nella mia stanza. In quella stanza rovente come un for­no, con un lettino piccolo e duro come un asse da stiro, e il fantasma vi stava sopra, tutto sudato, fetente, ghi­gnando verso di me.

Maxine                          - Ah, il fantasma. (Ridacchia) E cosi hai di nuovo appresso il tuo solito fantasma.

Shannon                        - Proprio cosi, è l'unico passeggero che sia sceso con me dall'autobus, cara.

Maxine                          - E adesso è qui?

Shannon                        - Non molto lontano.

Maxine                          - Sulla veranda?

Shannon                        - Può darsi che sia dall'altra parte della veran­da. O è qui intorno, in qualche posto, ma è come gli indiani Sioux dell'Ovest selvaggio: non attacca prima del tramonto, è un'ombra della notte... (Si ode un altro lungo colpo di clacson, e

Shannon salta fuori dall'a­maca).

Maxine                          - C'è un'ombra malandrina Che sempre vien con me Che cosa me ne faccio Io non lo so davvero! Dalla testa alle calcagna È tale e quale a me E quando vado a letto C'entra lei prima di me.

Shannon                        - Proprio cosi. Si ficca a letto insieme con me.

Maxine                          - Quando dormi da solo o...

Shannon                        - Sono tre notti che non dormo.

Maxine                          - Ah, questa notte dormirai, bimbo mio. (Si ode di nuovo il clacson, Maxine si alza e va a guardare verso il basso).

Shannon                        - Quanto ci vuole perché il corpo insegnante di un collegio femminile battista esca da un pulman par­cheggiato al sole con cinquanta gradi all'ombra?

Maxine                          - Se ne stanno uscendo, adesso.

Shannon                        - Si, questo round l'ho vinto io, mi pare. Cosa stanno facendo? Riesci a vedere?

Maxine                          - Si affollano attorno al tuo compagno Hank.

Shannon                        - Lo stanno facendo a pezzi?

Maxine                          - Una gli ha dato uno schiaffo e lui si è rifugiato di nuovo nel pulman. Lei adesso si sta avviando per venire quassù.

Shannon                        - Oh, spirito del gran Cesare, dev'essere quella budellona della maestra di canto.

Miss Fellowes               - (con voce stridula, dal basso) Shannon! Shannon!

Shannon                        - Per amor di Dio, aiutami con lei.

Maxine                          - Lo sai bene che ti aiuterò, bimbo, ma perché non lasci stare le ragazzine e non ti interessi invece di nor­mali donne adulte?

Miss Fellowes               - (si ode la sua voce vicina) Shannon!

Shannon                        - (gridando) Venite su, Miss Fellowes, è tutto a posto! (A Maxine  ) Oh Dio, sta venendo alla carica, sem­bra un elefante infuriato! (Miss Fellowes erompe attra­verso il fogliame in cima al sentiero). Miss Fellowes, non faccia mai più una cosa simile! Mai fare una cosa simile a mezzogiorno, d'estate, in un paese tropicale. Mai attaccare una salita come ha fatto lei, come se gui­dasse una carica di cavalleria...

Miss Fellowes               - (ansante e furiosa) Non accetto consi­gli né istruzioni, voglio la chiavetta del pulman!

Shannon                        - Signora Faulk, le presento la signorina Judith Fellowes. Miss Fellowes Quest'uomo stava cercando di combi­nare qualche intrallazzo con lei?

Maxine                          - Non so che cosa voglia... Miss Fellowes Le stava chiedendo una percentuale?

Maxine                          - Nessuno prende percentuali da me. Io mando indietro un sacco di gente...

Miss Fellowes               - (brusca) Questo non è l'Hotel Ambos Mundos. Nell'opuscolo c'è scritto che a Puerto Berrio avremmo alloggiato all'Hotel Ambos Mundos, proprio al centro della città.

Shannon                        - Si... sulla plaza... Dille un po' che cos'è la plaza.

Maxine                          - Che cos'è la plaza?

Shannon                        - È un posto caldo come un forno, rumoroso, puz­zolente, pieno di mosche. Con un mucchio di cagnacci randagi mezzi morti... Miss fellowes E in che cosa è migliore, questo posto?

Shannon                        - Il panorama che si gode da questa veranda è uno dei più bei panorami del mondo, più bello del Vic­toria Pie di Hong-Kong, più bello del panorama dalla terrazza del Palazzo del Sultano a...

Miss Fellowes               - (interrompendolo) Voglio il panorama di un letto pulito, di una stanza da bagno coi rubinetti che funzionano, e di un cibo mangiabile e digeribile, e non contaminato da porcherie...

Shannon                        - Miss Fellowes!

Miss Fellowes               - Non mi toccate!

Shannon                        - Guardi questo menu. Il cuoco è un cinese, im­portato direttamente da Sciangai da me personalmente! Io l'ho mandato qui, due anni fa, nel 1938. Era lo chef del Royal Colonial Club di...

Miss Fellowes               - (interrompendolo) C'è un telefono qui?

Maxine                          - Certo, nell'ufficio.

Miss Fellowes               - Voglio fare una telefonata. Faccio una chiamata con pagamento a carico del ricevente. Dov'è l'ufficio?

Maxine                          - (a Pancho) Levala al telefono! (Guidata da Ran­cho Miss Fellowes, esce a gran passi dalla veranda. Shannon ricade contro il muro con un sospiro dispe­rato) Ah!

Shannon                        - Vorrei sapere perché diavolo...

Maxine                          - Eh?

Shannon                        - Perché diavolo te ne vai in giro conciata a quel modo! Per te non sarà niente, ma per me... è..."

Maxine                          - Io sono fatta cosi! Cosa c'è di male?

Shannon                        - Ti avevo detto di abbottonarti la camicetta. Sei cosi fiera delle tue mele che non vuoi abbottonarti nean­che la camicia? Va' nell'ufficio! va' a sentire se sta chia­mando la Blake Tours per farmi licenziare.

Maxine                          - Sarà meglio che non lo faccia, altrimenti dovrà pagare la chiamata. (Gira l'angolo della veranda).

Miss Hannah Jelkes appare sotto la veranda, e si ferma di colpo quando Shannon si volge verso il muro batten­dovi il pugno, singhiozzando.

Hannah                         - Scusate. (Shannon   guarda in giù, sbalordito. Hannah è una donna di aspetto fuori del comune, etereo, quasi fantomatico. Fa pensare a certe statue di sante che si vedono nelle cattedrali gotiche, ma una statua animata. Può avere trenta come quarant’anni; è profondamen­te femminile e nel tempo stesso ha qualcosa di androgino, quasi atemporale. Indossa un vestito di cotone stampato e porta una borsa a tracolla). È questo l'Hotel Costa Verde?

Shannon                        - (d'un tratto pacificato dalla sua apparizione) Si, certo.

Hannah                         - E lei sarebbe forse... Non è per caso il diret­tore?

Shannon                        - No. La padrona verrà subito.

Hannah                         - Grazie. Non ha idea se vi sono stanze libere? Una per me e una per mio nonno, che mi aspetta giù sul­la strada, nel taxi? Non voglio farlo venire fin quassù, se non sono sicura che ci sono due stanze per noi.

Shannon                        - Be', c'è un mucchio di posto, qui, fuori sta­gione.

Hannah                         - Bene! benissimo! Allora vado a prenderlo.

Shannon                        - Ha bisogno di aiuto?

Hannah                         - No, grazie. Verremo su subito. (Rivolge a Shannon un cenno di saluto, e ritorna giù per il sentiero).

Una noce di cocco cade al suolo; si ode strillare un pap­pagallo, in distanza.

Shannon                        - si lascia andare nell'amaca e si distende. Poi riappare Maxine.

Shannon                        - Dunque, questa telefonata? L'ha poi fatta?

Maxine                          - Ha chiamato un giudice di Blowing Rock nel Texas; con pagamento a carico del ricevente.

Shannon                        - Tira a farmi licenziare, e magari cerca anche di denunciarmi per corruzione di minorenne.

Maxine                          - Cosa vuol dire esattamente « corruzione di mi­norenne»? Non sono mai riuscita a capirlo.

Shannon                        - È quando un uomo viene sedotto da una ragaz­za al disotto dei vent'anni. (Maxine ridacchia). Non c'è niente da ridere, tesoro mio.

Maxine                          - Ma perché hai bisogno delle ragazzine... o alme­no, credi di averne bisogno?

Shannon                        - Non ne voglio sapere di nessuna donna; né ra­gazzine né vecchie!

Maxine                          - E allora perché ti ci metti? (Lui inghiotte ma non dice nulla). Ehi, dico a te!

Shannon                        - La gente ha bisogno di contatti umani, tesoro mio.

Maxine                          - Che numero di scarpe porti?

Shannon                        - Non capisco che cosa c'entri questo.

Maxine                          - Hai le scarpe completamente andate; e se ricor­do bene, viaggi sempre con un solo paio di scarpe. Nell'eredità di Fred ce n'è un paio ancora buonissime e, mi pare che tu porti più o meno lo stesso numero.

Shannon                        - Gli volevo bene, al vecchio Fred, ma non ho voglia di riempire le sue scarpe, bellezza. Maxine gli ha sfilato le scarpe ridotte a due rottami.

Maxine                          - Anche le calze sono tutte bucate. Le calze di Fred ti andranno benissimo. (Gli sbottona il colletto) Oh, vedo che porti sempre la tua croce d'oro. È un brutto segno; vuol dire che stai pensando di tornare in seno alla Chiesa.

Shannon                        - Questo è il mio ultimo viaggio, Maxine. Ho scritto al mio vecchio vescovo questa mattina, una com­pleta confessione e una completa capitolazione.

Maxine                          - (gli prende una lettera dal taschino del camiciotto intriso di sudore) Se la lettera è questa, bimbo, l'hai talmente inzuppata di sudore che quel vecchio buggero non riuscirà a leggerla neanche se la imposti davvero, questa volta, Maxine si avvia lungo la veranda ed esce, mentre Hank riappare in cima al sentiero, tergendosi la faccia madi­da di sudore. Al vedere Shannon sdraiato nell'amaca, la sua faccia si fa più cattiva.

Hank                             - Vuoi deciderti ad alzare il culo da quell'amaca?

Shannon                        - Neanche per sogno.

Hank                             - Shannon, scendi da quell'amaca! (Gli sferra un cal­cio nei fianchi).

Shannon                        - Hank, se non sei capace di svolgere le tue funzioni in circostanze avverse, ti dico che non vali proprio una cicca, ragazzo mio. Ti avevo dato le istruzioni, le istruzioni erano semplici. Ti ho detto: falle scendere da quel pulman e... Ritorna Maxine, con una cucuma d'acqua, un asciuga­mano, e gli arnesi per radersi.

Hank                             - Scendi da quell'amaca, Shannon! (Gli sferra un al­tro calcio più forte del primo).

Shannon                        - (in tono di minaccia) Adesso basta, Hank! Una certa familiarità si può sopportare, ma quando è troppo è troppo! (Maxine comincia a insaponargli la faccia). Ma che fai? Cosa stai facendo?

Maxine                          - Non ti è mai capitato di farti radere da una parrucchiera?

Hank                             - La ragazzina è stata colta da un attacco isterico.

Maxine                          - Non ti muovere, Shannon.

Shannon                        - Hank, l'isterismo è un fenomeno naturale, il comune denominatore della natura femminile. È la gran­de arma delle donne, e un uomo dà la prova d'essere un uomo proprio per la sua capacità di affrontarlo. Non posso credere che tu non ci riesca. Se è cosi, non potrò più...

Maxine                          - Stai fermo, ti dico!

Shannon                        - Non mi muovo. (Ad Hank) No, non potrò più portarti con me un'altra volta. Perciò, ritorna laggiù, e...

Hank                             - Tu vuoi che io ritorni laggiù, e dica a quelle fem­mine che tu ti stai facendo fare la barba, qui, steso in un'amaca?

Maxine                          - Di' loro che il reverendo Larry sta per tornare in seno alla Chiesa, e perciò loro possono tornarsene tran­quillamente nel loro collegio nel Texas.

Hank                             - Voglio un'altra birra.

Maxine                          - Servitevi pure, senza complimenti. La ghiacciaia è nel mio ufficio, proprio li dietro. (Accenna dietro l'an­golo della veranda).

Shannon                        - (mentre Hank si allontana) È orribile come bi­sogna fingere, come bisogna sempre fingere, anche quando tutto quello che vorresti fare è gridare « aiuto! » Maxine! Ma tu mi massacri!

Maxine                          - Perché non stai fermo.

Shannon                        - Spuntami soltanto un pochino la barba.

Maxine                          - Va bene, bimbo mio. Stanotte ce ne andremo a fare una bella nuotata, anche se c'è il mare grosso.

Shannon                        - Ah, Dio!

Maxine                          - Questi due ragazzi messicani sono dei nuotatori notturni straordinari... Ah, quando li ho visti per la pri­ma volta facevano immersioni di sessanta metri davanti all'Hotel Quebrada; ma poi l'Hotel li ha licenziati per­ché andavano troppo dietro alle turiste, e cosi sono riu­scita a pigliarmeli io.

Shannon                        - Maxine, sei proprio un tipo straordinario, bel­lezza! Sei più grande della vita, e ancora più innaturale di essa.

Maxine                          - Nessuno è più grande della grandezza naturale, Shannon, anzi, neanche ci si arriva, tranne Fred, forse. (Grida: «Fred!» e l'eco le rimanda una debole rispo­sta). Il signorino Eco è tutto ciò che risponde per lui, adesso... (Massaggia la faccia dì Shannon con una qual­che lozione) Caro vecchio Fred; è sempre stato un mi­stero per me. Era cosi paziente e tollerante con me, che era quasi offensivo. Un uomo e una donna hanno biso­gno di dirsene quattro, una volta ogni tanto, capisci quello che voglio dire? Per esempio, quando assunsi quei due ragazzi nuotatori del Quebrada, sei mesi prima che lui morisse. Credi che gliene sia importato? Non gliene importò un fico, quando cominciai a fare il bagno di notte con loro. Neanche per idea. Lui se ne andava a pescare per tutta la notte, e quando io mi alzavo, il giorno dopo, lui si stava preparando per andare di nuo­vo a pescare; solo per la soddisfazione, prendeva i pesci, e poi li ributtava in mare.

Hank ritorna, e si siede sui gradini a bere la sua birra.

Shannon                        - II mistero del vecchio Fred non è difficile a spiegarsi. Era semplicemente un tipo piuttosto freddo, e molto perbene, ecco tutto... Manda la tua coppia di nuotatori notturni giù al pulman, a prendere il bagaglio delle mie signore, prima che la maestra di canto finisca di telefonare e gliel'impedisca.

Maxine                          - (gridando) Pedro! Pancho! Muchachos! Trae las maletas! Pronto! (I ragazzi messicani si avviano giù per il sentiero, Maxine siede nell'amaca accanto a Shannon) Ti metterò nella vecchia stanza di Fred, vicino alla mia.

Shannon                        - Mi vuoi nelle sue calze, nelle sue scarpe, e nella sua stanza vicino alla tua? (La guarda sbalordito scopren­do le sue intenzioni verso di lui, poi si lascia andare all'in­dietro sull'amaca, con una risata incredula) Oh, no, ca­ra. Sono riuscito a trascinarmi fino a quest'amaca, in questa bella veranda, sopra la baia tranquilla, e non mi occorre altro per concludere quest'ultimo viaggio in condizioni di tornare alla mia... vocazione... originale.

Maxine                          - Ah, hai ancora qualche momento di lucidità! ti rendi conto che i fedeli non vanno in chiesa per ascol­tare le prediche di un miscredente!

Shannon                        - Maledizione! io non sono mai stato un miscre­dente in vita mia, perciò...

Miss Fellowes esce dall'ufficio e arriva di gran carriera da dietro l'angolo della veranda, sorprendendo Shannon e Maxine, la quale balza in piedi.

Miss Fellowes               - Ho finito la mia interurbana con paga­mento a carico del ricevente.

Maxine                          - alza le spalle, poi le passa davanti e volta l'an­golo della veranda.

Miss Fellowes               - si avvicina a gran passi verso l'amaca.

Shannon                        - (alzandosi a sedere sull'amaca) Mi scusi, Miss Fellowes, se non mi sono alzato da quest'amaca, ma io... Miss Fellowes! La prego, si sieda un momento, voglio confessarle una cosa.

Miss Fellowes               - Ah, interessante! E di che si tratta?

Shannon                        - Semplicemente che... Be'..., come chiunque altro, a un certo punto dell'esistenza, anch'io sono crol­lato.

Miss Fellowes               - E con questo, a noi che cosa ce ne viene?

Shannon                        - Non so che cosa voglia intendere, con questa frase, Miss Fellowes. (Si tira su e la fissa con uno sguar­do di dolce sbalordimento, come a sciogliere un cuore di pietra) Le ho appena confessato che sono alla fine della mia carica, e lei dice « e a noi che cosa ce ne viene? » La prego, Miss Fellowes, non vorrà farmi credere che un essere umano, adulto, ponga il proprio vantaggio perso­nale davanti al fatto spaventoso di un uomo alla fine della sua carica, e che pure deve continuare a andare avanti, come se non fosse mai stato meglio in vita sua! No, non faccia questo! sarebbe...

Miss Fellowes               - Sarebbe che cosa?

Shannon                        - Scuoterebbe, anzi, distruggerebbe tutto quanto rimane della mia fede nell'essenziale bontà umana!

Maxine                          - (tornando con un paio di calze) Ehi!

Miss Fellowes               - Ve ne state li seduto, anzi sdraiato... Si, addirittura sdraiato! E mi parlate...

Maxine                          - Ehi!

Miss Fellowes               - « Dell'essenziale bontà umana »? La vo­stra sfacciataggine non ha proprio limiti, Shannon! Re-statevene pure sdraiato, noi ce ne andiamo!

Shannon                        - (tirandosi su) Miss Fellowes, credevo di essere io che guidavo questo viaggio, non lei.

Miss Fellowes               - Voi? Avete ammesso proprio adesso la vostra incompetenza, quanto a...

Maxine                          - Ehi!

Shannon                        - Maxine, per favore...

Miss Fellowes               - (interrompendoli, con freddo furore) Shannon, noi ragazze abbiamo sgobbato per un intero anno nel collegio femminile battista, per fare questo viaggio nel Messico! E questo viaggio è una truffa!

Shannon                        - (tra sé) Fantastico!

Miss Fellowes               - Si, una truffa! Non vi siete attenuto al programma, non vi siete attenuto all'itinerario stabilito nell'opuscolo della Black Tours. Perciò o è la Black Tours che ci ha truffato, o siete voi che truffate la Black Tours; e io ho messo in moto delle ruote... Mi costi quello che mi costi, sono decisa a...

Shannon                        - Non ha idea di come siano difficili a sopportar­si i suoi sfoghi isterici da parte di un signore nato come me... Insolenze completamente gratuite!... Motivate da cause... da cause... banali, come quelle... a cui le attri­buite! Dunque, possiamo parlare un momento della ve­ra causa, della reale causa di...

Miss Fellowes               - La reale causa di che cosa?

Charlotte Goodall appare in cima al sentiero.

Shannon                        - ... la reale causa della sua rabbia, Miss Fellowes, della sua...

Miss Fellowes               - Charlotte! Ritorna subito giù al pulman!

Charlotte                       - Judy, sono...

Miss Fellowes               - Obbedisci subito! ritorna giù! (Charlot­te si ritira e scompare giù per il sentiero, come un cane obbediente. Miss Fellowes torna a rivolgersi a Shannon, il quale si è alzato dall'amaca e le pone una mano sul braccio, in gesto conciliante). Tenete giù le mani!

Maxine                          - Ehi!

Shannon                        - Fantastico! Miss Fellowes, la prego! Smettia­mola di gridare, va bene? La prego! La prego seria­mente di lasciar venire su le signore, perché guardino e giudichino il comfort che offre quest'albergo al confron­to di quelli che abbiamo visto giù in città. Miss Fello­wes! Certi luoghi hanno un tale fascino, una tale bellez­za, mentre altri non sono che una piatta e brutta imita­zione dei Motel del Texas, perciò...

Miss Fellowes corre in cima al sentiero per vedere se Charlotte l'ha obbedita. Shannon la segue, sempre con fare propiziatorio. Maxine ripete «ehi», e gli dà una affettuosa botta sulla spalla, mentre egli le passa vicino. Shannon respinge la sua mano e continua ad appellarsi a Miss Fellowes.

Miss Fellowes               - Ho dato un'occhiata a quelle stanze, e al confronto quelle dei più scalcinati Motel sembrano degli appartamenti del Ritz.

Shannon                        - Miss Fellowes, io sono un dipendente della Black Tours e perciò non sono in condizione di poterle parlare francamente delle inesattezze del loro opuscolo pubblicitario. Il fatto è che non conoscono il Messico, semplicemente. Io si che lo conosco. Lo conosco, co­me conosco cinque dei sei continenti del...

Miss Fellowes               - Continente? il Messico? Non avete mai studiato la geografia, se credete...

Shannon                        - Io ho una laurea in teologia dell'Università di Sewwanee, ma negli ultimi dieci anni la geografia è stata la mia specialità. Miss Fellowes, cara! Provi a nominare una qualsiasi agenzia turistica per la quale io non abbia lavorato! Non vi riuscirebbe! Adesso sono con la Black Tours solo perché...

Miss Fellowes               - Perché, che cosa? Perché non riuscite a tenere le mani a posto quando vi trovate vicino a una ragazzina minorenne...

Shannon                        - Via, Miss Fellowes... (Le tocca di nuovo il brac­cio).

Miss Fellowes               - Tenete giù le mani!

Shannon                        - Per giorni e giorni mi sono reso conto che lei era furibonda e infelice, ma...

Miss Fellowes               - Oh! credete che io sola sia furibonda e infelice! Stipate dentro quel pulman arroventato, sbal­lottate di qua e di là per strade secondarie, in modo che voi poteste fare il vostro sporco comodo... È questo che voi credete...

Shannon                        - Quello che io credo, anzi, quello che so, che è lei la capa dell'insurrezione!

Miss Fellowes               - Tutte le ragazze della comitiva hanno la dissenteria!

Shannon                        - Di questo non può farne una colpa a me.

Miss Fellowes               - Certo che ne faccio colpa a voi!

Shannon                        - Prima di entrare nel Messico, a New Laredo, nel Texas, io vi ho riunite tutte quante, nel capannone dalla parte americana del confine, e vi ho consegnato dei fogli mimeografati con le istruzioni su quello che si po­teva mangiare e quello che non si poteva mangiare, su quello che si poteva bere e quello che non si poteva bere...

Miss Fellowes               - Non si tratta di quello che noi abbiamo mangiato, ma dove l'abbiamo mangiato! è questo che ci ha procurato la dissenteria!

Shannon                        - (scuotendo la testa come un metronomo) Non si tratta di dissenteria.

Miss Fellowes               - È il risultato di aver mangiato in posti che negli Stati Uniti sarebbero proibiti dall'Istituto di Sanità!

Shannon                        - Un momento, aspetti un momento...

Miss Fellowes               - Perché disprezzano qualsiasi norma di igiene!

Shannon                        - Non si tratta di dissenteria, non è amebica, è una cosa assolutamente da nulla...

Maxine                          - È la Vendetta di Montezuma, è cosi che noi la chiamiamo, questa malattia.

Shannon                        - Vi ho anche dato delle pillole; vi ho dato dei flaconi di enterovioformio, perché sapevo che alcune di voi signore avrebbero preferito esser vittime della Ven­detta di Montezuma piuttosto che spendere cinque centavos per comperare dell'acqua imbottigliata nelle sta­zioni.

Miss Fellowes               - Ci avete venduto quelle pillole con un profitto del 50 per cento su ogni flacone.

Maxine                          - Ahahahah!! (Scapitozza una noce di cocco con un colpo di un machete, preparandosi un rum al cocco).

Shannon                        - Quando si scherza, si scherza, Miss Fellowes, ma un'accusa come questa...

Miss Fellowes               - Ora ho saputo il prezzo nelle farmacie, mi sono informata, perché sospettavo che...

Shannon                        - Miss Fellowes, io sono un gentiluomo, e come gentiluomo non intendo sopportare insulti come questi. Voglio dire, non posso accettare insulti di questo gene­re neanche da un membro di una comitiva da me gui­data, e, Miss Fellowes, lei dovrebbe anche ricordarsi, dovrebbe cercare di ricordarsi, che sta parlando con un pastore ordinato dalla Chiesa.

Miss Fellowes               - Un pastore sconsacrato, che ha la sfac­ciataggine di farsi passare ancora per un pastore!

Maxine                          - Cosa ne direste di un cocco al rum? Noi offria­mo un cocco al rum a tutti i nostri ospiti, qui, omag­gio della ditta. (La sua offerta rimane inascoltata. Lei scuote le spalle e beve tranquillamente il suo cocco al rum).

Shannon                        - Miss Fellowes! In ogni comitiva c'è sempre uno scontento, una persona insoddisfatta di ciò che io fac­cio per rendere il viaggio più... più originale, più uni­co... per renderlo diverso dai soliti viaggi, per dargli una impronta personale, il tocco alla Shannon.

Miss Fellowes               - Si, il tocco dello zingaro, il tocco dello spretato!

Shannon                        - Miss Fellowes, Non... non... non faccia cosi! (È sul punto di avere un attacco isterico, emette alcuni suoni incoerenti, gesticola, coi pugni chiusi, poi cammi­na barcollando attraverso la veranda e si appoggia ansi­mando a un pilastro) Non faccia cosi! Basta! sia umana! L'orgoglio...!

Una voce di ragazza     - (dal basso) Judith! Ci stanno pren­dendo i bagagli!

Miss Fellowes               - (gridando verso il basso) Ragazze! Ra­gazze! Non fatevi prendere i bagagli! Non lasciate che vi portino i bagagli in questa topaia!

Voce della ragazza        - (dal basso) Judith, non riusciamo a impedirlo!

Maxine                          - Quei ragazzi non capiscono l'inglese!

Miss Fellowes               - (furibonda di rabbia) Volete dire a quei ragazzi di riportare immediatamente i nostri bagagli nel pulman? (Dì nuovo rivolta alle sue colleghe, verso il basso) Ragazze! Non fatevi portare via i bagagli, non la­sciate che ve li portino via! Ce ne torniamo tutte quante ad Acapulco! Avete capito?

Voce della ragazza        - Judith, vogliono prima fare un ba­gno!

Miss Fellowes               - Torno giù subito! (Si avvia correndo, gridando verso i ragazzi messicani) Ragazzi! Muchachos! Riportate subito quei bagagli giù al pulman!

Le voci continuano, allontanandosi.

Shannon cammina attraverso la veranda, come spezzato. Maxine     scuote la testa.

Maxine                          - Shannon, ridagli la chiave del pulman e lasciale andare.

Shannon                        - E io cosa faccio?

Maxine                          - Tu rimani qui.

Shannon                        - Nella vecchia stanza di Fred? Già... nella vec­chia stanza di Fred.

Maxine                          - Ti potrebbe andar peggio, Shannon.

Shannon                        - Davvero? Be', allora, mi vada pure peggio, non me ne importa.

Maxine                          - Su, su, bimbo!

Shannon                        - Se mi deve andar peggio... mi vada peggio... (Si afferra alla balaustra e fissa lontano, con occhi vacui. Ansima pesantemente, come un corridore scoppiato, ed è tutto intriso di sudore).

Maxine                          - Dammi quella chiavetta! Gliela porto giù all'au­tista, mentre tu ti fai un bagno, e ti riposi, e ti bevi un bel rum al cocco.

Shannon                        - scuote leggermente la testa. Aspre grida d'uc­celli risuonano nella foresta. Si odono voci dal sentiero.

Hannah                         - Nonno, hai perso gli occhiali da sole.

Nonno                           - No, me li sono tolti, non c'è sole. (Hannah appare all'imboccatura del sentiero spingendo suo Nonno in una sedia a rotelle. Il Nonno è un signore vecchissimo, ma dotato di una voce potente per la sua età, e sembra sem­pre gridare qualcosa d'importante. È un poeta e dicitore, fornito di una grossa dose di orgoglio che si porta in giro, dovunque va, come una bandiera. Indossa un im­macolato abito bianco come la sua folta capigliatura di poeta; ha una cravatta nera a nastrino, e tiene in mano un bastone nero con pomo dorato). Da quale parte è il mare?

Hannah                         - Giù in basso, proprio al piede della collina, Nonno. (Il Nonno si volta sulla sua carrozzella ed alza una mano a farsi schermo agli occhi). Non si può vedere di qui. (Il vecchio è sordo, e lei grida per farsi udire).

Nonno                           - Lo sento; ne sento il profumo. (Un mormorio di vento attraversa la foresta). È la culla della vita, il ma­re. (Anch'egli parla a voce alta) La vita è cominciata dal mare.

Maxine                          - Fanno parte della tua comitiva, questi due?

Shannon                        - No.

Maxine                          - Mi hanno l'aria di due picchiati.

Shannon                        - Sta' zitta.

Shannon guarda fissamente Hannah e il Nonno, e la sua tensione si allenta visibilmente; come uno che stia ca­dendo in ipnosi. Il vecchio continua a guardare verso il sentiero, ciecamente, ma Hannah è rivolta verso la ve­randa, con l'aria di una persona orgogliosa che speri di essere accettata, trovandosi in disperato bisogno.

Hannah                         - Buongiorno!

Maxine                          - Salve!

Hannah                         - Avete mai provato a spingere un signore in car­rozzella attraverso una foresta, in salita?

Maxine                          - Mai provato, e non proverei neanche se fosse in discesa.

Hannah                         - Bene, adesso che l'ho fatto non mi pento dello sforzo. Che panorama, per un pittore! (Si guarda attor­no, ansante, cercando nella borsa il fazzoletto, renden­dosi conto che ha il volto tutto arrossato e grondante di sudore) In città avevano detto che questo era un posto ideale, per un pittore, e non esageravano davvero.

Shannon                        - Vi siete graffiata la fronte!

Hannah                         - Ah, mi pareva di sentire qualcosa...

Shannon                        - Sarà meglio metterci un po' di tintura di iodio.

Hannah                         - Si, ci penserò io... più tardi, grazie.

Maxine                          - Posso fare qualcosa per voi?

Hannah                         - Vorrei parlare col gerente...

Maxine                          - Sono proprio io.

Hannah                         - Oh, è lei bene! Come sta? Io sono

Hannah                         - Jelkes, signora...?

Maxine                          - Faulk, Maxine Faulk. Che cosa posso fare per voi? (Il suo tono indica che non ha alcun desiderio di far nulla per loro).

Hannah                         - (volgendosi in fretta al Nonno) Nonno, il geren­te dell'albergo è una signora americana!

Con l'istintiva galanteria della sua specie, il Nonno   sol­leva cerimoniosamente un ramoscello di orchidee selva­tiche che teneva in grembo.

Nonno                           - (gridando) Offri alla signora questa... curiosità bo­tanica! L'hai raccolta tu, venendo su.

Hannah                         - Credo siano orchidee selvatiche, non è cosi?

Shannon                        - Laelia tibicina.

Hannah                         - Oh!

Nonno                           - Ma dille, Hannah, dille di tenerle in ghiacciaia fin dopo il tramonto; poiché col sole attirano le api! (Si strofina una punzecchiatura sul mento, con una esclama­zione lamentosa).

Maxine                          - Cercate una stanza, qui?

Hannah                         - Si, ma non avevamo prenotato.

Maxine                          - Bene, cara, il Costa Verde è chiuso in settem­bre... Tranne che per ospiti speciali, perciò...

Shannon                        - Ma loro sono ospiti speciali, diavolo!

Maxine                          - Mi pareva avessi detto che non facevano parte della tua comitiva.

Hannah                         - La prego, ci consideri come ospiti speciali.

Maxine                          - Attenta!

Il Nonno ha cominciato a lottare per alzarsi dalla carroz­zella. Shannon corre verso di lui per sostenerlo e impe­dirgli di cadere. Anche Hannah si è slanciata verso il Nonno, ma, vedendo che Shannon l'ha afferrato, torna a rivolgersi a Maxine.

Hannah                         - In venticinque anni di viaggi, questa è la prima volta che arriviamo in un posto senza aver prenotato.

Maxine                          - Cara, quel vecchio dovrebbe essere in un ospe­dale.

Hannah                         - Oh, no no, si è semplicemente distorto una ca­viglia, stamattina, a Tasco. Ha solo bisogno d'una buo­na nottata di riposo, e domani camminerà con le sue gambe. Ha delle capacità di recupero sbalorditive, per un giovanotto di novantasette anni.

Shannon                        - Piano, Nonno appoggiatevi pure. (Sostenendo­lo, fa salire il vecchio sulla veranda) Due gradini. Uno! Due! Ecco fatto!

Il Nonno continua a ridacchiare, mezzo sfiatato, mentre Shannon     lo conduce e lo fa sedere su una sedia a don­dolo.

Hannah                         - (in fretta) Non so dirle quanto le sia grata di averci accolti qui. È... una vera provvidenza!

Maxine                          - Be', non posso rimandare giù quel vecchio, cosi su due piedi; ma come le ho detto, il Costa Verde, in settembre, è praticamente chiuso. Accettiamo solo po­che persone, questo mese, e operiamo su basi partico­lari.

Nonno                           - (interloquendo d'un tratto, ad alta voce) Hannah, spiega a questa signora che la mia carrozzella è solo un mezzo temporaneo. Presto sarò in grado di strisciare, poi di andare carponi, e tra non molto salterò qua e là come... come un vecchio caprone di montagna, ah ah ah!...

Hannah                         - Si, gliel'ho già spiegato, Nonno.

Nonno                           - Non mi piace andare a rotelle.

Hannah                         - Si, mio Nonno ritiene che il declino del mondo occidentale è cominciato con l'invenzione della ruota. (Ride di cuore, ma la faccia di Maxine rimane impassi­bile).

Nonno                           - E di' alla direttrice... alla, uh, signora... che so be­ne che in certi alberghi non accettano né cani né gatti, né scimmie, e certi non gradiscono nemmeno i bambini quasi centenari che arrivano in carrozzella, con dei fiori in mano, al posto del sonaglietto... (ridacchia, in un modo vagamente folle. Hannah prova forse l'impulso di mettergli una mano sulla bocca, ma deve continuare a star li a sorridere, a sorridere, a sorridere) ... e una fia­schetta di cognac invece del ciucciotto, ma dille che que­ste, uh, licenze, nella settima età dell'uomo, sono soltan­to temporanee, e che...

Hannah                         - Nonno, le ho già detto che vai in carrozzella per­ché ti sei distorta una caviglia, Nonno!

Shannon                        - (tra sé) Fantastico!

Nonno                           - E dopo la siesta, la faccio rotolar giù per la di­scesa; con un calcio la scaravento giù fino in mare, e dille...

Hannah                         - Si?... Che cosa, Nonno? (Ha smesso di sorride­re, ora. Il suo aspetto, e il tono di voce, sono decisa­mente disperati).

Nonno                           - Dille che se vorrà scusare la mia disgraziata lon­gevità, e questa... temporanea decrepitudine... Le farò omaggio dell'ultima copia firmata... del mio primo vo­lume di versi, pubblicato nel... quando fu pubblicato, Hannah?

Hannah                         - II giorno in cui fu insediato il presidente Ulysses S. Grant, Nonno.

Nonno                           - La tromba del mattino! Dov'è?... Ce l'hai tu, da­gliela subito!

Hannah                         - Più tardi; un po' più tardi! (Poi si volge a Maxine e a Shannon) Mio Nonno è il poeta Jonathan Coffin. Ha novantasette anni; ne compirà novantotto il cinque del mese prossimo.

Maxine                          - Sono in gamba, questi vecchi, altroché. Suona il telefono nel mio ufficio... scusatemi, torno subito. (Gira l'angolo della veranda e scompare).

Nonno                           - Ho parlato troppo?

Hannah                         - (piano, a Shannon) Temo proprio di si. Ho pau­ra che quella donna non ci lascerà rimanere.

Shannon                        - Vi accetterà, non si preoccupi.

Hannah                         - In città, nessuno ha voluto accettarci; e se non possiamo rimanere qui, dovrei riportarlo giù; e poi? che cosa fare? dove andare? Non ci rimarrebbe che la stra­da, ma senza sapere da che parte avviarci, altro che ver­so il mare; ma dubito che riusciremmo a farlo dividere davanti a noi.

Shannon                        - Non sarà necessario. Io ho qualche influenza sulla padrona.

Hannah                         - Oh, allora la usi, la prego! Ho letto nei suoi oc­chi un no in grosse lettere azzurre.

Shannon versa un po' d'acqua in un bicchiere e lo porge al Nonno.

Nonno                           - Cos'è? Facciamo una libagione?

Shannon                        - Un po' d'acqua fresca, Nonno.

Hannah                         - Oh, lei è molto gentile, grazie! Sarà bene che gli faccia buttar giù un paio di pastiglie. (In fretta, prende una boccetta dalla borsa che porta a tracolla) Non ne vuole una anche lei? Vedo che è sudato. Bisogna stare attenti a non disidratarsi, nella stagione calda, qui al Tropico del Cancro.

Shannon                        - (riempiendo un altro bicchiere d'acqua) Siete un po' disidratati anche dal punto di vista finanziario?

Hannah                         - Purtroppo. Asciutti come un osso; e temo che la padrona l'abbia fiutato. È una presunzione logica, visto che mi son spinta la carrozzella da sola fin quassù. E la padrona ha l'aria di una che sa far lavorare il cervello. Di sicuro ha pensato che non avevamo i soldi per dare la mancia al tassista che ci aiutasse a salire fin quassù.

Maxine                          - (chiama dall'interno) Pancho!

Hannah                         - Una donna, quando è a capo di un'azienda, è più dura di un uomo, e per un'altra donna è difficile farcela; con lei; perciò, se lei ha qualche influenza sulla padro­na, la usi a nostro favore, la prego. Cerchi di convincer­la che domani mio Nonno       camminerà con le sue gambe; forse addirittura stasera; e con un minimo di fortuna anche la situazione finanziaria sarà risolta altrettanto presto. Oh, eccola che torna! Ci aiuti! (Involontaria­mente, afferra Shannon per un polso, mentre Maxine   torna a gran passi nella veranda, continuando a chiama­re Pancho. Il ragazzo riappare succhiando un mango, col sugo che gli gocciola giù per il mento e la gola).

Maxine                          - Pancho, corri giù alla spiaggia e di' a Herr Fahrenkopf che è chiamato al telefono dall'Ambasciata te­desca. (Pancho la guarda con occhi vacui, finché lei gli ripete l'ordine in spagnolo) Dile a Herr Fahrenkopf que la embajada alemana lo llama al telefono. Corre, corre! (Pancho si avvia con passo indolente giù per il sentiero, sempre succhiando rumorosamente il mango). Corri, ti dico! Corre! Corre! Lui si mette al piccolo trotto e scompare tra il fogliame.

Hannah                         - Come sono graziosi, questi ragazzi messicani.

Maxine                          - Sono graziosi come i gatti, e poco fidati come loro.

Hannah                         - Possiamo... farci registrare, ora?

Maxine                          - C'è tempo... Ma prima devo esigere da voi sei dollari, se volete essere messi in nota per la cena. Fuori stagione operiamo su basi particolari, qui.

Hannah                         - Sei! Dollari!

Maxine                          - Si, tre a testa. Durante la stagione seguiamo gli usi continentali, ma fuori stagione adottiamo il sistema americano modificato.

Hannah                         - Ah, e in che cosa consisterebbe la, uh, modifica­zione? (Cerca di guadagnare tempo, e getta a Shannon una rapida occhiata d'invocazione, ma questi udendo che il clacson del pulman, giù sulla strada, ha ripreso a suo­nare sta pensando alle cose sue.

Maxine                          - La pensione prevede due pasti invece di tre.

Hannah                         - (avvicinandosi a Shannon, e alzando la voce) Pri­ma colazione e pranzo?

Maxine                          - Caffè al mattino, all'uso continentale, e una co­lazione fredda.

Shannon                        - (a parte) Si, freddissima - ghiaccio tritato – se te lo triti da te. hannah (pensierosa) Niente pranzo.

Maxine                          - No. Niente pranzo.

Hannah                         - Capisco, ma, uh... Anche noi operiamo su basi particolari. Sarà meglio che glielo spieghi.

Maxine                          - Che cosa intende per «operare»?... E su quali «basi»?

Hannah                         - Ecco il nostro biglietto. Immagino avrà sentito parlare di noi. (Dà il biglietto da visita a Maxine) Sono usciti tanti articoli, su di noi. Mio  Nonno è il più vecchio poeta vivente e operante. E inoltre... declama le sue poe­sie. E io... dipingo... acquarelli, ed eseguo ritratti rapidi a carboncino. Viaggiamo insieme. Mantenendoci giorno per giorno, con le declamazioni di mio Nonno e la ven­dita dei miei acquarelli o dei miei ritratti a carboncino o a pastello.

Shannon                        - (tra sé) Mi sento la febbre.

Hannah                         - Di solito, negli alberghi, io passo tra i tavoli, du­rante la colazione o il pranzo. Indosso una casacca da ar­tista - pittorescamente imbrattata di colori - un ampio colletto alla Byron con una svolazzante cravatta di seta. Non insisto, non mi rendo importuna. Mi limito a mo­strare i miei lavori e sorrido con dolcezza, e se qualcuno m'invita a sedermi, mi siedo e schizzo rapidamente il ritratto del cliente, a pastello o a carboncino. Se no, sor­rido, e vado avanti.

Shannon                        - E il Nonno, che cosa fa?

Hannah                         Passiamo insieme in mezzo ai tavoli, lentamente. Io lo presento come il più vecchio poeta vivente e ope­rante. Se qualcuno glielo chiede, lui declama una poesia. Purtroppo, tutte le sue poesie furono scritte molto tem­po fa. Ma adesso ne ha cominciata una nuova! Per la pri­ma volta in venti anni, ha cominciato una nuova poesia!

Shannon                        - E non l'ha ancora finita?

Hannah                         - L'ispirazione è sempre viva, ma il potere di con­centrazione gli si è un po' indebolito, naturalmente.

Maxine                          - In questo momento non sembra tanto concen­trato.

Shannon                        - Casca dal sonno, mi pare. Nonno! Su, venite a stendervi un poco!

Maxine                          - Un momento. Adesso chiamo un taxi e li faccio riportare in città.

Hannah                         - Oh, là prego, non lo faccia! Abbiamo provato in tutti gli alberghi, in città, e non hanno voluto prenderci. Temo proprio di dovermi affidare... al suo buon cuore!

Con infinita gentilezza, Shannon ha fatto alzare il  Nonno ed ora lo conduce verso uno dei cubicoli. Dalla spiag­gia giungono grida allegre di bagnanti. La luce pomeri­diana sta calando rapidamente, che il sole è scomparso dietro la montagna di un'isola di fronte alla baia.

Maxine                          - Va bene, potete rimanere per una notte. Una sola.

Hannah                         - Grazie.

Maxine                          - II vecchio al numero 4. Lei prenda la 3. Dov'è il vostro bagaglio? Niente bagaglio?

Hannah                         - L'ho nascosto dietro un cespuglio di palmisti in fondo al sentiero.

Shannon                        - (gridando a Pancho) Porta su il suo bagaglio! Tu, flojo... las maletas... baja las palmas. Vamos! (Il ragazzo corre giù per il sentiero). Maxine, bellezza, mi scambieresti uno chèque posdatato.

Maxine                          - (sarcastica) Si, domani.

Shannon                        - Grazie... La generosità è la pietra angolare del tuo carattere!

Avviandosi verso l'angolo della veranda, Maxine emet­te la sua risata simile a un latrato. Scompare.

Hannah                         Ho una tremenda paura che mio Nonno sia stato colpito da una piccola apoplessia, durante il viaggio at­traverso queste alte montagne. (Dice questo con fred­dezza, come avrebbe detto: pioverà prima di notte).

Un istante dopo una lunghissima raffica di vento spazza la collina. Si odono le grida dei bagnanti, giù in basso.

Shannon                        - Alle persone molto vecchie, capitano, questi piccoli « incidenti cerebrali », come li chiamano. Non sono veri e propri colpi apoplettici, ma semplici... inciden­ti cerebrali. E i sintomi scompaiono cosi in fretta che i vecchi certe volte non si accorgono nemmeno di averli avuti. (Hanno scambiato queste parole quietamente, senza guardarsi. I ragazzi messicani tornano su per il sentiero coi bagagli e li depositano accanto ai gradini della veranda, vecchie valige e sacche da viaggio fanta­sticamente costellate di etichette d'alberghi, testimoni d'infinite peregrinazioni). Quante volte avete fatto il gi­ro del mondo?

Hannah                         Quasi quante volte la terra ha girato intorno al sole. E mi sento come se fossi andata sempre a piedi.

Shannon                        - (prendendo su i bagagli) Che numero ha, di stanza?

Hannah                         - (con un debole sorriso) Mi pare abbia detto la cella numero 3.

Shannon                        - Scommetto che le ha dato quella col soffitto avariato. (Porta i bagagli dentro la cella numero 3. Maxine è visibile al pubblico sulla soglia del suo ufficio, nella parte laterale della veranda). Ma non se ne potrà accorgere finché non pioverà, e allora tutto quello che potrà fare sarà di uscirsene fuori a nuoto. (Hannah ride debolmente. Il suo stato di estrema stanchezza è ora molto evidente. Shannon    torna fuori della cella n. }, sempre portando i bagagli) Si, le ha dato proprio quella col soffitto avariato; perciò, lei prenda la mia, e...

Hannah                         Oh, no, no, signor Shannon  , troverò pure un an­golino asciutto, se viene la pioggia.

Maxine                          - (da dietro l'angolo della veranda) Shannon!

Tra Hannah e Shannon si svolge ora una pantomima, lui vuol portare i bagagli nella sua cella n. 5, lei lo prende per un braccio e a gesti gli dice che non è il caso di con­trariare la padrona.

Maxine                          - chiama di nuovo: «Shannon! » più forte. Shannon finisce per cedere alle insi­stenze di Hannah e riporta i bagagli nella cella n. 3.

Hannah                         Mille grazie, signor Shannon! (Scompare dietro la zanzariera).

Maxine                          - avanza verso l'angolo della veranda, mentre Shannon si avvia verso la propria cella.

Maxine                          - (scimmiottando Hannah) «Mille grazie, signor Shannon!»

Shannon                        - Piantala di fare la carogna. C'è della gente che quando dice grazie, lo dice sinceramente. (Le passa da­vanti e scende la scalinata al fondo della veranda) Me ne vado a fare un bagno, adesso.

Maxine                          - L'acqua è calda come il sangue, a quest'ora.

Shannon                        - Si, lo so; ma io ho la febbre, e cosi mi sembrerà fresca. (In fretta raggiunge il sentiero che scende verso il mare).

Maxine                          - (seguendolo) Aspetta... Intende che andrebbe giù con lui, ma lui la ignora e scompare tra il fogliame.

Maxine                          - scuote le spalle irosa­mente e torna sulla veranda. Guarda fuori, stringendo forte la ringhiera e fissando il bagliore del tramonto co­me fosse un suo nemico personale. Poi l'oceano esala verso le colline un lungo, fresco respiro; e dall'interno del suo cubicolo s'ode la voce del Nonno:

Nonno

Con quanta calma il ramo dell'arancio Osserva l'alba impallidire il cielo Senza un sospiro, un grido d'afflizione Che tradisca la sua disperazione.

In lontananza dalla tavernetta sulla spiaggia si ode un'orchestra marimba che suona una canzone assai di moda in quell'estate 1940: Palabras de Mujer. Le luci si abbassano lentamente, e lentamente cala il si­pario.

 

ATTO SECONDO

Alcune ore dopo; è quasi il tramonto. La scena è immer­sa in un'intensa luce dorata, quasi cuprea; il pesante fo­gliame tropicale riluce per l'umidità di una recente piog­gia.

Maxine emerge dall'angolo della veranda. L'unica concessione che ha ritenuto di fare ai formalismi della sera è stata di cambiare i calzonacci di tela con un paio di candidi pantaloni di cotone, e la casacca turchina da fatica con una camicetta rosa. Si appresta a stendere sui tavoli le tovaglie di carta per la cena, che viene servita sulla veranda. Parlando, continua ad apparecchiare.

Maxine                          - Miss Jelkes!

Hannah                         - solleva la zanzariera che chiude la porta della cella n. 3.

Hannah                         - Si, signora Faulk!

Maxine                          - Posso dirle due parole, mentre preparo i ta­voli?

Hannah                         - La prego. Anch'io volevo parlarle. (Esce fuori. Ora indossa un grembiulone d'artista).

Maxine                          - Bene.

Hannah                         - Volevo chiederle: non ci sarebbe una vasca da bagno per mio Nonno? Per me va benissimo la doccia... preferisco la doccia al bagno in vasca; ma per mio Nonno è un po' pericoloso; potrebbe cadere, sotto la doccia, e alla sua età, benché lui dica che è fatto di gomma elastica, se si rompesse un femore sarebbe un grosso guaio,perciò...

Maxine                          - Io volevo dirle che ho telefonato alla Casa de Huéspedes, e mi hanno detto che posso mandarvi là, tutt'e due.

Hannah                         - Oh, ma noi non vogliamo muoverci!

Maxine                          - II Costa Verde non è un posto che fa per voi. Vede, noi qui ospitiamo gente a cui piace la vita dura, gente sportiva... e poi, le dico francamente... ospitiamo gente più giovane.

Hannah                         - (cominciando a spiegare una tovaglia di carta) Già... uhm, già. La Casa de Huéspedes... è una specie di asilo notturno, non è vero?

Maxine                          - È un pensionato. Vi danno anche da mangiare. Vi danno da mangiare anche a credito.

Hannah                         - E dove sta?

Maxine                          - È in una posizione molto centrale. Si può avere un medico in pochissimo tempo, se al vecchio gli pren­desse male. È una cosa che lei deve tener presente.

Hannah                         - Si... (Annuisce gravemente, più a se stessa che a Maxine) ... Si, lo tengo presente, ma...

Maxine                          - Ma che cosa sta facendo?

Hannah                         - Cerco di rendermi utile.

Maxine                          - Lasci stare. Non accetto aiuti dagli ospiti.

Hannah                         - esita un momento, ma poi continua ad apparec­chiare i tavoli.

Hannah                         - La prego, mi lasci fare. Coltello e forchetta da una parte; cucchiaio alla...? (Le si smorza la voce).

Maxine                          - Posi il piatto sopra il tovagliolo, in modo che non voli via.

Hannah                         - Si, c'è un po' di venticello, qui fuori. (Continua ad apparecchiare).

Maxine                          - Già comincia la stagione degli uragani, qui sulla costa.

Hannah                         - In Oriente ci siamo trovati in mezzo a diversi tifoni. Certe volte, dei' guai esterni di questo genere sono quasi una gradita distrazione dei guai interni, non è vero? (Ha detto questo quasi tra sé. Finisce di posare i piatti sopra i tovaglioli di carta) Quando vuole che ce ne andiamo via, signora Faulk?

Maxine                          - II ragazzo vi porterà via col furgoncino, domatti­na... Il trasporto è gratis.

Hannah                         - Molto gentile da parte sua. (Maxine fa per an­darsene). Signora Faulk!

Maxine                          - (voltandosi, con evidente riluttanza) Si?

Hannah                         - Conosce le giade?

Maxine                          - Le giade?

Hannah                         - Si.

Maxine                          - Perché?

Hannah                         - Io ho una piccola ma interessante raccolta di gia­de. Le ho domandato se conosce le giade perché nelle giade la cosa importante è l'arte con la quale sono inta­gliate. (Si stacca dal camiciotto una spilla di giada) Que­sta, per esempio è un miracolo d'intaglio. Piccola com'è, porta incise due figure... la leggendaria coppia del Principe Ahk e la Principessa Angh, sormontati da un airone ad ali spiegate. L'artista che l'incise magari rice­vette per questa delicatissima opera d'arte tanto da sfamare la sua famiglia a riso per un mese, ma il mer­cante che lo faceva lavorare l'avrà venduta per almeno trecento sterline alla signora inglese, che poi, quando ne fu stanca, me la diede, forse perché le avevo fatto un ri­tratto non com'era a quell'epoca ma come avevo imma­ginato fosse stata da giovane. Vede com'è bella?

Maxine                          - Si, cara, ma io non tengo un negozio di rigattie­re, qui, cerco di gestire un albergo.

Hannah                         - Lo so, ma non potrebbe accettarla come garan­zia, per alcuni giorni di permanenza qui?

Maxine                          - Siete completamente a terra, no?

Hannah                         - Completamente.

Maxine                          - Lo dice come se ne fosse fiera.

Hannah                         - Non ne sono fiera né me ne vergogno. Ci è sem­plicemente capitato ciò che non ci era mai capitato pri­ma d'ora, in rutti i nostri viaggi.

Maxine                          - Lo so che sta dicendo la verità; ma anch'io le ho detto la verità quando le ho detto che ho perduto da poco mio marito, e che mi ha lasciato in una situazione finanziaria cosi disastrosa che se l'unico scopo della vi­ta, per me, fosse il denaro, tanto varrebbe mi fossi but­tata nell'oceano dietro a lui.

Hannah                         - Nell'oceano?

Maxine                          - (con filosofica serenità) Ho eseguito a puntino le sue istruzioni per la sepoltura. Già. Mio marito, Fred Faulk, era il più grande pescatore dilettante di tutta la costa occidentale del Messico... Aveva mietuto record in ogni tipo di pesca, tarponi, pesci spada, barracuda... e sul suo letto di morte, la settimana scorsa, mi ha chie­sto di essere gettato in mare. Li, proprio là, in mezzo alla baia, e nemmeno cucito dentro un telo, no, nella sua solita tenuta da pescatore, semplicemente. E cosi, adesso, il vecchio Freddie il Pescatore è in pasto ai pe­sci... è la loro giusta vendetta.

Hannah                         - (gettando a Maxine uno sguardo acuto) Non so­no certa che gli dispiaccia.

Maxine            - Io si. Mi fa venire i brividi, a pensarci.

È distratta dal coro dei tedeschi che vengono su per il sentiero cantando una marcia militare. In cima al sen­tiero appare Shannon          , con un paio di calzoncini da bagno appiccicati addosso. Di colpo, Maxine concentra su di lui tutta la sua attenzione; il suo desiderio manda scintille come un cavo ad alta tensione scoperto; al suo viso teso, fiammeggiante, fa riscontro quello di Hannah, la quale chiude gli occhi per un momento, e quando li riapre ha un'espressione di stoica disperazione per l'inu­tilità della sua lotta per conquistarsi questo rifugio. Poi Shannon      si avvicina alla veranda e diviene l'elemento dominante della scena.

Shannon                        - Maxine, eccoli che arrivano, i tuoi conquista­tori del mondo, cantando YHorst Wessel. (Sghignazzan­do, sale i gradini della veranda).

Maxine                          - Togliti di dosso tutta quella sabbia, prima di sa­lire sulla veranda.

 I tedeschi, di ritorno dalla spiaggia, fanno la loro appa­rizione, cantando YHorst Wessel; sembrano un quadro animato di Rubens. Sono quasi nudi, arrossati dal sole. Le donne si sono addobbate con ghirlande di lucenti al­ghe verde pallido, e lo sposo dell'Opera di Monaco sta soffiando dentro una grossa conchiglia; il suocero tiene in mano la sua radio portatile che continua a trasmette­re un resoconto della battaglia d'Inghilterra, ora al suo culmine.

hilda                              - (saltabeccando, col suo cavallo di gomma tra le gam­be) Hop! hop! hop!

Herr Fahrenkopf           - (estasiato) Londra è in fiamme! Il cen­tro di Londra è tutto un rogo!

Wolfgang compie un mezzo salto mortale e fa alcuni passi sulle mani, i piedi in aria; poi si rimette in piedi con un grande ululato di gioia.

Maxine                          - (ride, tutta entusiasta) Birra! birra! birra! frau fahrenkopf Questa sera, champagne!

Le grida di giubilo e i salti continuano, mentre la comi­tiva sparisce dietro l'angolo della veranda.

Maxine                          - li se­gue con uno sguardo d'invidia, e il suo riso si spegne su una nota un po' triste.

Shannon                        - è salito sulla veranda.

Maxine                          - Ti ho già detto di ripulirti di tutta quella sabbia che hai addosso!

I tedeschi, che ordinano a gran voce della birra la atti­rano oltre l'angolo della veranda.

Shannon                        - Maxine, bellezza, stai trasformando questo po­sto in una Berchtesgaden messicana?

Hannah                         - Signor Shannon, sa per caso qualcosa della Casa de Huéspedes? (Shannon la guarda vacuamente). Sta­vamo pensando di... be', di trasferirci là, domattina. Le pare un posto... raccomandabile?

Shannon                        - Glielo raccomando come potrei raccomandarle il Buco Nero di Calcutta o le Miniere di sale della Si­beria.

Hannah                         - (annuendo pensosamente) Lo sospettavo. Signor Shannon            , nella sua comitiva di gitanti, crede vi sia qual­cuno a cui possano interessare gli acquarelli? O i miei ri­tratti a carboncino?

Shannon                        - Ne dubito. Non saranno abbastanza rozzi, per poter piacere alle mie signore. Oh oh! Spirito del Gran Cesare!

Quest'esclamazione gli è strappata all'udire il suo nome gridato con voce acuta da qualcuno che s'avvicina. Dal fondo appare Charlotte, proveniente dalla dépendence dell'albergo; corre, come un'adolescente Medea, verso la veranda.

Charlotte                       - Larry!

Shannon si getta in tuffo dentro la sua cella richiudendo­si dietro la porta con tanta velocità che un angolo della zanzariera rimane fuori, ammiccando in modo civettuo­lo. Charlotte sale di corsa sulla veranda.

Hannah                         - Sta cercando qualcuno, cara?

Charlotte                       - Si, il nostro direttore di gita, Larry Shannon.

Hannah                         - Ah, il signor Shannon! Credo sia sceso verso la spiaggia.

Charlotte                       - Ma se l'ho visto tornare su dalla spiaggia pro­prio un momento fa! (È tutta tesa e tremante, e dardeg­gia occhiate qua e là).

Hannah                         - Ah, si? Mah!

Charlotte                       - Larry! Larry! (Le sue grida risvegliano gli uccelli della foresta, che si mettono a fare un baccano indiavolato).

Hannah                         - Vuol lasciarmi un messaggio per lui, cara?

Charlotte                       - No. Rimarrò qui fintanto che non verrà fuori dal suo nascondiglio.

Hannah                         - Perché non si siede, cara? Io sono un'artista, una pittrice. Stavo giusto riordinando i miei acquarelli e i miei schizzi in questa cartella. E guardi che cosa ho tro­vato! (Sceglie un disegno e lo mostra).

Shannon                        - (dall'interno del suo cubicolo) Oh, Dio!

Charlotte                       - (balzando verso il cubicolo) Larry! Fammi entrare! (Comincia a tempestare di pugni la porta del cubicolo di Shannon).

Herr Fahrenkopf appare dall'angolo della veranda con la sua radio portatile. Ha gli occhi di fuori, tanto lo ec­citano le notizie che la radio trasmette in tedesco.

Hannah                         - Guten Abend.

Herr Fahrenkopf scuote la testa con un ghigno che gli scopre tutti i denti, alzando una mano per imporre si­lenzio. Hannah           annuisce compiacente, e gli si avvicina con la cartella dei disegni. Herr Fahrenkopf mantiene fisso il suo ghigno mentre lei gli mostra i disegni uno dopo l'altro - non capisce se il ghigno sia per i disegni o per le notizie della radio. Lui fissa i disegni e ogni tan­to scuote la testa.

Charlotte                       - (d'un tratto, grida di nuovo) Larry! Apri que­sta porta e lasciami entrare! Lo so che sei li dentro! Larry!

Herr Fahrenkopf           - Silenzio, prego! È la registrazione del discorso del Fùhrer al Reichstag, tenuto appena... (guar­da l'orologio da polso) ...otto ore fa! Trasmesso dal D. N. B. a Mexico City. Prego, silenzio! Bitte!

Dal silenzio emerge una voce umana, come l'abbaiare di un cane impazzito. Charlotte continua a tempestare di pugni la porta di Shannon     . Hannah, a gesti, suggeri­sce di andare nella veranda posteriore, ma Herr Fahren­kopf dispera di udire la trasmissione. Come si alza per andarsene, la luce cade sui suoi occhiali si che per un momento sembra ch'egli abbia sulla fronte due lampade accese. Poi egli abbassa il capo con uno scatto, in un piccolo inchino meccanico, e si allontana giù per la veran­da, ma prima di scomparire esegue alcune flessioni, co­me i preliminari dei lottatori di lotta giapponese.

Hannah                         - Posso mostrarle i miei disegni nell'altra veran­da?

(Si avvia per seguire Herr Fahrenkopf, ma i fogli le cadono dalla cartella, sparpagliandosi sul pavimento; lei si ferma per raccoglierli con un'aria triste e preoccupa­ta).

Pian piano la testa di Shannon fa capolino dalla fine­stra della sua cella. Ma si ritira di colpo non appena Charlotte si lancia verso di lui camminando sopra i fogli di Hannah, la quale emette un debole grido di protesta, subito soffocato dalle rinnovate grida di Charlotte.

Charlotte                       - Larry! Larry! Judy mi sta dando la caccia! Fammi entrare, Larry, prima che mi trovi qui!

Shannon                        - Non puoi entrare qui dentro! Smetti di gridare e uscirò fuori!

Charlotte                       - Va bene. Vieni fuori.

Shannon                        - Scostati dalla porta, se no non posso uscire. (Charlotte si fa un po' da parte e Shannon esce dalla sua cella come un condannato che s'avvia al luogo dell'ese­cuzione. Si appoggia al muro tergendosi il sudore col fazzoletto) Come l'ha saputo, Miss Fellowes, quello ch'è successo quella notte? Gliel'hai detto tu?

Charlotte                       - Io non le ho detto niente. L'ha immaginato.

Shannon                        - Immaginare non è sapere. Se immagina soltan­to vuol dire che non sa... Purché tu dica la verità, che non gliel'hai detto.

Hannah                         - ha finito di raccogliere i fogli e si allontana si­lenziosamente verso l'estremità della veranda.

Charlotte                       - Non parlarmi cosi.

Shannon                        - Non mi complicare la vita, adesso, per l'amor di Dio! Ti prego, non mi complicare la vita!

Charlotte                       - Perché sei cosi cambiato?

 

Shannon                        - Ho la febbre. Non mi complicare la... febbre.

Charlotte                       - Sembra quasi che mi odi, adesso.

Shannon                        - Tu mi farai licenziare dalla Black Tours, Char­lotte.

Charlotte                       - È Judy, non io.

Shannon                        - Perché ti eri messa a cantare Appassionatamen­te t'amo, rivolgendoti a me?

Charlotte                       - Perché ti amo sinceramente!

Shannon                        - Mia cara bambina, non capisci che non potreb­be capitarti di peggio, nella tua... nella tua condizione instabile... Niente di peggio che cacciarti in un pasticcio sentimentale con un tipo in condizione instabile come me, eh?

Charlotte                       - No, no, e no! Io...

Shannon                        - (tagliando corto) Due condizioni instabili pos­sono mettere il mondo in fiamme, farlo saltar per aria, e questo può esser vero sia tra due persone come tra due...

Charlotte                       - Io so solo una cosa, ed è che tu mi devi spo­sare, Larry, dopo quello che è successo tra noi a Mexico City!

Shannon                        - Un uomo nella mia situazione non si può spo­sare; non è né decoroso né legale. È già fortunato se rie­sce a mantenersi il suo impiego. (Le prende le mani e cerca di staccarsele dalle spalle) Non vedi che non ci sto neanche più con la testa? Non lo vedi, bellezza?

Charlotte                       - Non ci credo, che non mi ami.

Shannon                        - Bellezza, è quasi impossibile credere che non siamo amati da quelli che amiamo; ma ti assicuro: io non amo proprio nessuno, bellezza. Quando ti riaccom­pagnai in albergo, quella sera, nel corridoio ti diedi il bacio della buonanotte, su una guancia, da quella bam­bina che sei, ma nell'istante in cui apersi la porta tu sei sgusciata nella mia stanza, e non son più riuscito a farti uscire, nemmeno quando, oh Dio, ho cercato di spaven­tarti con, oh Dio, non ti ricordi?

Da dietro l'albergo si ode la voce di Miss Fellowes che chiama «Charlotte! »


Charlotte                       - Si, mi ricordo che dopo aver fatto l'amore con me, mi hai picchiata, Larry, mi hai dato uno schiaf­fo, e poi mi hai storto un braccio per farmi inginocchia­re sul pavimento e pregare con te per chiedere perdono.

Shannon                        - Si, faccio cosi, faccio sempre cosi, quando... quando... Signore! non è rimasto nemmeno un centesi­mo, nel mio conto corrente sentimentale, non posso più emettere assegni, ormai.

Charlotte                       - Larry! Lascia che ti aiuti io!

Miss Fellowes               - (avvicinandosi, ancora fuori scena) Char­lotte! Charlotte! Charlie!

Charlotte                       - Aiutami, e lascia che io ti aiuti!

Shannon                        - Una disperata non può aiutare un disperato.

Charlotte                       - Lasciami entrare! Judy sta arrivando!

Shannon                        - Vattene! Lasciami in pace! (Respinge Charlotte con violenza e corre a rifugiarsi nella sua cella risbatten­dosi dietro la porta e tirando il chiavistello - sempre con un pizzo della zanzariera che spunta fuori).

Come

Miss Fellowes arriva di gran carriera nella veran­da, Charlotte si rifugia nella cella attigua a quella di Shannon, e Hannah           , facendosi avanti dal fondo della ve­randa da dove ha seguito tutta la scena, incontra  Miss Fellowes nel centro.

Miss Fellowes               - Shannon! Shannon! Dove siete?

Hannah                         - Credo che il signor Shannon sia andato giù alla spiaggia.

Miss Fellowes               - C'era Charlotte Goodall con lui? Una ragazza bionda, del nostro gruppo... era con lui?

Hannah                         - No, non c'era nessuno, con lui; era completa­mente solo.

Miss Fellowes               - Avevo sentito sbattere una porta.

Hannah                         - Era la mia porta.

Miss Fellowes               - (indicando la porta da cui spunta la zan­zariera) È questa la sua porta?

Hannah                         - Si, è la mia. Sono corsa fuori per godermi il tra­monto.

In questo momento Miss Fellowes ode Charlotte che singhiozza nella cella di  Hannah. Apre violentemente la porta.

Miss Fellowes               - Charlotte! Vieni fuori di li! Charlie! (Ha afferrato Charlotte per un polso) È cosi che man­tieni la parola? Mi avevi promesso di stare alla larga da quell'uomo! (Charlotte si libera da lei singhiozzando forte. Miss Fellowes l'afferra di nuovo, più energicamen­te, e comincia a trascinarla via) Ho fatto un'interurbana a tuo padre e gli ho detto tutto; è andato subito a de­nunciarlo; e lo farà arrestare se oserà rimettere piede negli Stati Uniti.

Charlotte                       - Non me ne importa!

Miss Fellowes               - A me sì! Sei sotto la mia responsabilità!

Charlotte                       - Io non voglio tornare nel Texas!

Miss Fellowes               - Ci tornerai eccome! (Tenendo Charlotte strettamente afferrata per un braccio, la trascina via, dietro l'albergo).

Hannah esce dalla sua cella, dov'era entrata dopo che Miss Fellowes ne aveva tirata fuori Charlotte.

Shannon                        - (dall'interno della sua cella) Ah, Signore Id­dio!

Hannah si accosta alla porta della cella di Shannon  , e bussa.

Hannah                         - La costa è sgombra, signor Shannon. (Shannon non risponde né si fa vedere. Hannah posa la cartella dei disegni per prendere l'abito di lino bianco del Nonno ch'ella aveva stirato e appeso nella veranda. Con l'abito sul braccio, si accosta alla porta del Nonno, e chiama) Nonno! È quasi ora di cena! Tra pochi minuti ci sarà un bel tramonto procelloso!

Nonno                           - (da dentro) Viene!

Hannah                         - Viene anche Natale, Nonno !

Nonno                           - (c. s.)E anche il Quattro Luglio!

Hannah                         - II Quattro Luglio è passato. Poi viene Ognissan­ti, e poi il Rendimento di Grazie. Spero che tu verrai prima. (Solleva la zanzariera che chiude la porta della cella) Ecco il tuo vestito. L'ho stirato. (Entra nella cel­la).

Nonno                           - È buio come l'inferno, qui dentro, Hannah .

Hannah                         - Ora ti accendo la luce. (Shannon esce dalla sua cella come il superstite di un disastro aereo, con alcuni indumenti della sua tenuta ecclesiastica. La nera petto­rina di seta è appesa, lenta, sopra il suo petto sudato e ansante. Sopra di essa egli appende una grossa e pesante croce con un ametista al centro, e poi tenta di allacciar­si un colletto inamidato. In questo momento Hannah esce dalla cella del Nonno aggiustandosi la svolazzante cravatta di seta che completa il suo costume da «arti­sta». Per un momento i due si fronteggiano, aggiustan­dosi ciascuno la propria tenuta. Sono come due attori che si preparino gravemente per una rappresentazione che potrebbe esser l'ultima). Pensa di celebrare una qualche funzione, qui, questa sera, signor Shannon?

Shannon                        - All'inferno! La prego, mi aiuti ad allacciare quest'affare! (Allude al colletto).

Hannah                         - (mettendosi dietro di lui) Se non intende cele­brare una funzione, perché si mette in questa tenuta co­sì incomoda?

Shannon                        - Perché mi hanno accusato d'essere stato scon­sacrato e di raccontare un mucchio di storie, in propo­sito, ecco perché! Voglio far vedere a quelle donne che sono ancora un ministro del culto in piena regola.

Hannah                         - Non basterebbe quella bella croce, per convin­cerle?

Shannon                        - No; sanno che l'ho riscattata da un banco di pe­gni a Mexico City, e. pensano che è li che me la son pro­curata per la prima volta.

Hannah                         - Stia fermo solo un momento. (È dietro di lui e cerca di allacciargli il colletto) Ecco fatto; speriamo che tenga. L'asola è cosi mal ridotta che temo non terrà il bottone. (Il suo timore ha un'immediata conferma, il bottone salta via).

Shannon                        - Dove s'è cacciato?

Hannah                         - Eccolo; proprio sotto... (Hannah raccoglie il bot­tone. Shannon si strappa via il colletto e lo scaraventa giù dalla veranda. Poi si abbandona sull'amaca ansante, vibrante di rabbia. Hannah         apre il suo taccuino per gli schizzi e comincia a ritrarlo; al principio lui non se ne accorge. Hannah disegnando) Da quanto tempo non è più al servizio della Chiesa, signor Shannon?

Shannon                        - Che cosa c'entra, questo, col prezzo del riso in Cina?

Hannah                         - (gentilmente) Niente.

Shannon                        - E che cosa c'entra col prezzo del caffè in chicchi in Brasile?

Hannah                         - Ritiro la domanda.

Shannon                        - Per dare una cortese risposta alla sua domanda, le dirò che da quando fui ordinato ministro del culto sono stato al servizio della Chiesa per non più di un anno.

Hannah                         - (disegnando rapidamente, e avvicinandosi un po­co per vederlo meglio) Be', una bella vacanza, signor Shannon.

Shannon                        - Altro che vacanza! (Si ode la voce del Nonno che, nella sua cella, ripete un verso, per varie volte). È  suo Nonno che parla da solo là dentro?

Hannah                         - Non è che parli, ha l'abitudine di comporre versi ad alta voce. Deve affidare i suoi versi alla memoria, poiché non ci vede abbastanza per scriverli o per leg­gerli.

Shannon                        - A quanto pare si è impuntato su un verso.

Hannah                         - Si. Temo che la sua memoria si vada indebolen­do. La perdita della memoria è il suo più grande incubo. (Dice questo con grande freddezza, come cosa di nessu­na importanza).

Shannon                        - Cosa fa? Mi sta facendo il ritratto?

Hannah                         - Ci sto provando. Lei è molto difficile, come sog­getto. Quando il pittore messicano Siqueiros fece il ri­tratto del poeta americano Hart Crane, dovette dipingerlo con gli occhi chiusi, perché con gli occhi aperti non sarebbe riuscito a ritrarlo: c'era troppo dolore, in que­gli occhi, ed egli non sarebbe riuscito a rappresentarlo.

Shannon                        - Mi dispiace, ma io non chiuderò gli occhi per lei. Mi sto ipnotizzando, o almeno, sto cercando d'ipno­tizzarmi - guardando la luce sulle foglie di quell'albero di limone.

Hannah                         - Oh, faccia pure; posso ritrarla con gli occhi aperti.

Shannon                        - Ebbi una parrocchia per un anno, e poi, non è che fui sconsacrato, ma semplicemente... venni espulso dalla mia chiesa.

Hannah                         - Oh, e perché venne espulso?

Shannon                        - Fornicazione ed eresia... nella stessa settimana.

Hannah                         - E quali furono le circostanze del primo... ehm... misfatto?

Shannon                        - Si, la fornicazione venne prima, precedette l'e­resia di alcuni giorni. Una giovanissima maestrina della Scuola domenicale mi chiese un'udienza privata, nel mio studio. Una graziosa cosina, ancora quasi una bambina, sprovvedutissima... e i suoi genitori erano due zitelle, due zitelle quasi identiche, solo indossavano vestiti di sesso opposto. E la gente ci cascava, ma non io, io no di certo, neanche per un momento... (Si mette a passeggia­re in su e in giù per la veranda, con crescente agitazione, e nel tempo stesso con tutto il senso di beffa che il ricor­do della sua colpa gli suscita) Be', insomma, mi fece una selvaggia dichiarazione.

Hannah                         - D'amore?

Shannon                        - Non mi prenda in giro, cara!

Hannah                         - Non intendevo.

Shannon                        - La naturale, o innaturale, attrazione di una paz­za per un altro pazzo, ecco tutto. A quel tempo, io ero il più schifoso bigotto che perfino lei può immaginare. E le dissi: inginocchiamoci insieme e preghiamo; e cosi facemmo; ci inginocchiammo, ma d'un tratto la posi­zione inginocchiata si cambiò in posizione reclinata, sul tappeto del mio studio, e... quando ci alzammo la pic­chiai. Si, proprio cosi. La colpii in faccia, e le diedi della maledetta piccola vagabonda. Cosi, lei corse a casa; e il giorno dopo seppi che si era tagliata la gola col rasoio a lama libera di suo padre. Si, la zitella-padre si faceva la barba.

Hannah                         - E mori?

Shannon                        - Appena un taglio superficiale, per far uscire un po' di sangue; ma bastò per far scoppiare lo scandalo.

Hannah                         - Si, posso ben immaginarlo. La cosa avrà provo­cato qualche commento.

Shannon                        - Lo provocò! Lo provocò! (Si ferma per un mo­mento, nel suo andirivieni, come se il ricordo ancora lo agghiacciasse) E cosi, la domenica successiva, quando salii sul pulpito e guardai giù, a quelle facce piene di prosopopea, che mi fissavano con aria d'accusa e di ri­provazione, provai l'impulso di scandalizzarle... E le scandalizzai. Avevo preparato un sermone umile, apo­logetico, lo buttai via. Sentite qua! dissi, gridai, sono stufo di celebrare funzioni in onore e adorazione di un vecchio delinquente! - si, proprio cosi, dissi, urlai. La concezione di Dio su cui si basano tutte le vostre teolo­gie occidentali fa di Lui né più né meno che un vecchio delinquente! E io non posso, e non voglio, continuare a celebrare funzioni in onore di questo... di questo...

Hannah                         - (pianamente) Vecchio delinquente?

Shannon                        - Si. Di questo vecchio petulante, eternamente arrabbiato. Voglio dire che viene rappresentato come uno stizzoso vecchio rimbambito, malato, il tipo del vecchio ricoverato in un ospizio, che ammazza il tempo a risolvere rompicapi, e non ci riesce, e si arrabbia, e butta tutto per aria. Si, è proprio cosi, le dico; è cosi che lo fanno diventare, Dio, le nostre teologie: accusano Dio di essere crudele, di essere un delinquente senile, spregiano il mondo da Lui creato per gli errori di costru­zione che ha commesso... Dopodiché, ah ah! quella stes­sa domenica, scoppiò un gran temporale, un vero ura­gano...

Hannah                         - Fuoridella chiesa?

Shannon                        - Si, un uragano, più violento del mio sermone. E loro se ne sgattaiolarono fuori dei loro banchi, verso le loro « distinte » automobili nere e lucide come scara­faggi, e io continuai a gridargli dietro, li inseguii fino a metà della chiesa, continuando a gridargli dietro, men­tre loro... mentre loro... (La voce gli viene meno, boccheggia, cercando di riprender fiato).

Hannah                         - Sgattaiolavano fuori?

Shannon                        - Continuai a gridargli dietro, andate! andate a casa, e serrate ben bene tutte le finestre e le porte, chiu­dete tutto, per non vedere la verità di Dio!

Hannah                         - Santo cielo! E avranno fatto proprio cosi, no? povera gente!

Shannon                        - Cara Miss Jelkes, Pleasant Valley, in Virginia, è un sobborgo signorile d'una grande città, e quella po­vera gente non era affatto povera, materialmente par­lando.

Hannah                         - E come andò a finire?

Shannon                        - Come andò a finire? Be'... Non fui sconsacrato, questo no. Fui semplicemente buttato fuori dalla mia chiesa di Pleasant Valley, e messo in una piccola, gra­ziosa clinica privata per malattie nervose, per rimetter­mi da un grave esaurimento - come preferiscono consi­derarlo - dopodiché... adottai la mia attuale linea di con­dotta: giri del mondo di Dio guidati da un ministro di Dio con una croce e un colletto tondo, come prova! Per raccogliere le prove!

Hannah                         - Le prove di che cosa, signor Shannon?

Shannon                        - Della mia personale idea di Dio. Che non è un vecchio delinquente, ma...

Hannah                         - Frase interrotta.

Shannon                        - Verrà una tempesta, stanotte, una terribile tem­pesta piena di lampi e di tuoni, e lei vedrà Iddio Onni­potente, cosi come lo concepisce il reverendo Lawrence T. Shannon, far una visita al mondo da Lui creato. Vo­glio far ritorno alla Chiesa per predicare il vangelo di Dio come Lampo e Tuono... e anche cani randagi vivi­sezionati, e... e... (Indica d'un tratto in direzione del mare) Eccolo! Eccolo là! (Sta indicando una sfolgoran­te, maestosa apocalisse di luce dorata che spazza il cielo mentre il sole affonda nel Pacifico) La Sua immemore maestà... e io sono qui in questa sgangherata veranda di quest'albergo scalcinato, fuori stagione, in un paese di­strutto nella carne e corrotto nello spirito dai suoi con­quistadores avidi d'oro, che accanto alla croce di Cristo inalberavano la bandiera dell'Inquisizione... Già... e poi...

Hannah                         - Signor Shannon?

Shannon                        - Si?

Hannah                         - (con un lieve sorriso) Ho la forte impressione che dopo queste prove che va raccogliendo, lei tornerà in seno alla Chiesa; ma quando l'avrà fatto, e sarà una cupa mattina domenicale, dia uno sguardo alla congrega­zione, e al di là delle facce rispettabili e compiaciute di sé, al momento di cominciare il suo sermone, consideri alcune vecchie, vecchissime facce alzate verso di lei con occhi che sembrano un grido struggente di desiderio di qualcosa a cui guardare, qualcosa a cui credere ancora. E allora non urlerà più ciò che dice di aver urlato quella cupa domenica a Pleasant Valley, io credo che lei gette­rà via il sermone violento, furibondo, e parlerà invece... forse parlerà di... niente, soltanto...

Shannon                        - Di che cosa?

Hannah                         - Li guiderà in riva di acque tranquille. Poiché lei sa, signor Shannon, quanto hanno bisogno di acque tran­quille.

Vi è un momento di silenzio.

Shannon                        - Mi faccia vedere. (Le prende di mano il taccui­no, ed è visibilmente impressionato da quanto vede).

Vi è un altro momento di silenzio, che è prolungato dall'imbarazzo di Hannah.

Hannah                         - Dove ha detto che la padrona ha sistemato la sua comitiva di signore?

Shannon                        - Ha ordinato ai suoi... concubini messicani di portare tutti i loro bagagli nella dépendence.

Hannah                         Dov'è la dépendence?

Shannon                        - Proprio qui dietro; ma tutte le mie signore, tranne la Medea adolescente e la Medea vecchia, sono andate in mare con un battello dal fondo di vetro, per ammirare le meraviglie del fondo sotto marino.

Hannah                         - Bene; quando torneranno nella dépendence po­tranno ammirare i miei acquarelli con dei meravigliosi prezzi sottomarini segnati sulle stuoie.

Shannon                        - Perdio, lei è una vera lottatrice, eh? Una fan­tastica lottatrice a sangue freddo.

Hannah                         - Si, come lei, signor Shannon. (Gli toglie dolce­mente di mano il taccuino) Oh, signor Shannon, se il Nonno            esce fuori dalla cella numero quattro prima del mio ritorno, le dispiacerebbe di badargli un momento? Io faccio subito; non ci metterò più di tre scodinzolamenti di pecora. (Prende su la sua cartella ed esce a pas­so svelto dalla veranda).

Shannon                        - Fantastico, assolutamente fantastico.

Una raffica di vento sibila tra i rami della foresta, e un tremolio di luce dorata, come un silenzioso sparpagliar­si di monetine d'oro, si diffonde sulla veranda. I ragaz­zi messicani arrivano con un animale che si agita con forsennata violenza, un'iguana legata con una camicia. Si chinano presso il cespuglio di cactus sotto la veranda e legano l'iguana a un paletto. Attirata dal baccano, Maxine appare sulla veranda sopra di loro.

Pedro                            -  Tenemos fiesta! pancho Comeremos bien!

Pancho                          -  Dàmela, dàmela! Yo la ataré. pancho Yo la coji, yo la ataré!

Pedro                            -  Lo que vas a hacer es dejarla escapar!

Maxine                          - Ammarla fuerte! ole! ole! No la dejes escapar! Dejala moverse! (A Shannon) Hanno preso un'iguana!

Shannon                        - Me n'ero accorto.

Maxine  accosta il suo bicchiere a Shannon, per provo­carlo. I tedeschi hanno udito il trambusto e si affollano sulla veranda. Frau Fahrenkopf corre verso Maxine.

Frau Fahrenkopf           - Che succede? Cosa c'è? Un serpente? Hanno preso un serpente?

Maxine                          - No. Lucertola.

Frau Fahrenkopf           - (con esagerata ripugnanza) Uuuuu! Lucertola! (Fa un grottesco gesto di terrore, come fosse minacciata da Jack lo Sventratore).

Shannon                        - (a Maxine) Ti piace la carne di iguana?

Frau Fahrenkopf           - La carne? Mangiare grossa lucertola?!

Maxine                          - E com'è buona! È meglio del pollo!

Frau Fahrenkopf torna di corsa verso la famiglia e tutti insieme si mettono eccitati a parlare dell'iguana in te­desco.

Shannon                        - Se si tratta di polli messicani non è un compli­mento. I polli messicani mangiano immondizie, e la loro carne sa d'immondizia.

Maxine                          - No, volevo dire pollastre del Texas.

Shannon                        - (trasognato) Texas... pollastre... (Shannon  si met­te a passeggiare in su e in giù per la veranda. Maxine divide la sua attenzione tra l'alta e snella figura di lui, che sembra incapace di star fermo, e i corpi dei ragaz­zi messicani, che si dimenano, allungati a terra, sotto la veranda, come se, nella sua semplice natura sensuale, facesse un confronto fra le loro diverse attrattive. Al fondo della veranda Shannon si volta e sorprende lo sguardo della donna fisso su di lui) È un'iguana ma­schio o femmina, Maxine?

Maxine                          - Chi se ne importa, del sesso di un'iguana... (lui le passa vicino) ... Solo un altro iguana!

Shannon                        - La sai quella poesiola sulle iguana? (Le prende di mano il bicchiere e sembra che voglia berne il conte­nuto, ma si limita ad annusarlo, con un'espressione di ripugnanza. Lei ridacchia). Diceva un pastorello a nome Griso Le donne per l'amore non son male Con le pecore poi c'è assai più sale Ma con l'iguana tocchi il paradiso.

 (Dicendo «tocchi il paradiso» vuota il bicchiere oltre la ringhiera, deliberatamente sul didietro di Fedro, il quale steso a terra bocconi, si sta dimenando per legare l'iguana, e che balza in piedi protestando arrabbiato).

Pedro                            -  Me cago... hijo de la...

Shannon                        - Qué? Qué?

Maxine                          - Véte!

Shannon                        - ride malignamente. L'iguana fugge e i due ra­gazzi l'inseguono gridando. Uno, con un tuffo, la riag­guanta al limite della foresta.

Pancho                          - L'iguana se escapé!

Maxine                          - Cojela! Cojela! La cojiste? Si no la coje te mor­derà el culo! La cojiste?

Pedro                            -  La coji.

I due ragazzi tornano verso la veranda con l'iguana.

Maxine                          - (tornando da Shannon) Credevo che saresti crol­lato; che ti saresti fatto una bevuta, reverendo.

Shannon                        - Solo l'odore dell'alcool mi dà la nausea.

Maxine                          - Una volta che uno l'ha buttato giù non sente più l'odore. (Gli tocca la fronte sudata. Lui le spazza via la mano come fosse un insetto). Ah! (Lei si avvicina al car­rello con le bevande, e lui la guarda dietro, con un sor­riso maligno).

Shannon                        - Maxine, bellezza, chiunque ti abbia detto che stai bene coi pantaloni attillati, non è un amico sincero, per te. (Si volge altrove).

In quel momento dalla cella del Nonno si ode un tonfo seguito da un grido.

Maxine                          - Lo sapevo! L'avrei giurato! Il vecchio ha fatto un capitombolo!

Shannon si precipita nella cella, seguito da Maxine. Durante la fuga dell'iguana, la luce è andata gradualmente scemando. Vi è qui una divisione di scene, ma senza abbassarsi di sipario né totale oscuramento della scena. Mentre Shannon e Maxine vanno nel cubicolo del Nonno, Herr Fahrenkopf entra nella veranda, ora in penombra. Accende un enorme globo che pende dall'al­to, come una luna piena, e che illumina la scena d'una luce irreale. Il globo è decorato d'insetti notturni, gros­se falene che si sono immolate sulla sua superficie, e le cui ali, in trasparenza, hanno un che di fantastico. Shannon conduce il vecchio poeta fuori del cubicolo. Il Nonno è impeccabilmente vestito di lino bianco, con un cravattino nero a nastro. Come passa sotto il globo, la sua criniera leonina riluce, argentea.

Nonno                           - Nessun osso rotto. Sono fatto di gomma elastica, io.

Shannon                        - II vero viaggiatore cade una quantità di volte, nei suoi viaggi.

Nonno                           - Hannah! (La vista, e gli altri sensi, gli sono ormai cosi scaduti che crede sia Hannah a sostenerlo) Sono quasi convinto che qui riuscirò a finirla.

Shannon                        - (gridando, gentilmente) Anch'io ho questa sen­sazione, Nonno!

Maxine li segue fuori della cella.

Nonno                           - Non sono mai stato più sicuro di qualcosa in vita mia.

Shannon                        - Nemmeno io sono mai stato più sicuro di que­sto in vita mia.

Herr Fahrenkopf           - (è stato ad ascoltare con aria rapita la sua radio portatile, che teneva vicino all'orecchio; ora la spegne, ed esclama eccitato) Gl'incendi di Londra si sono propagati dal centro della città fino alla costa della Manica! Goering, il feldmaresciallo Goering, l'ha definita «una nuova fase della conquista»! Ogni notte una pioggia di superbombe! Ogni notte!

Nonno                           - (ha colto solo il tono eccitato di questo annuncio, e lo interpreta come una richiesta, a lui rivolta, di recitare una poesia. Batte il bastone in terra, getta indietro la criniera, e comincia, in tono grandiosamente declama­torio) Gioventù vuol dire audacia Gioventù vuol dire ardore Danza al lume di candela Fin del giorno al primo albore Gioventù vuol dir... (Smarrito, confuso, non sa più andare avanti).

I tedeschi si divertono.

Wolfgang                      - (si accosta al Nonnoe gli grida in faccia) Si­gnore! Quanti anni? Quanto vecchio?

Hannah, che è tornata proprio in questo punto sulla ve­randa, corre presso il Nonno, e risponde per lui.

Hannah                         - Ha novantasette anni.

Herr Fahrenkopf           - Quanto?

Hannah                         - Novantasette! Quasi un secolo!

Herr Fahrenkopf ripete l'informazione in tedesco alla moglie e a Hilda, che ne giubilano.

Nonno                           - (interrompendoli) Gioventù vuol dir follia Spensierata allegria Non guardare mai dinanzi Non guardare mai all'indietro Mai rimpiangere...

(Di nuovo s'impunta).

Hannah                         - (gli viene in aiuto, stringendogli un braccio) Mai rimpiangere il passato...

Nonno e Hannah           - (continuano insieme) Canta e ridi a caldo cuore Gioventù vuol dire amore.

 

I tedeschi, entusiasti, ridono rumorosamente; Wolfgan applaude, proprio sotto la faccia del vecchio, il quale, tutto pericolante in avanti, precariamente appoggiato al suo bastone, fa un piccolo, vacillante inchino; Shannon lo sostiene saldamente per un braccio, mentre Hannah, rivolgendosi ai tedeschi, apre il suo album di schizzi e apostrofa Wolfgang.

Hannah                         - Mi sbaglio, o voi siete in viaggio di nozze? (Wolfgang non risponde, e lei ripete la domanda in te­desco; Frau Fahrenkopf ride e annuisce energicamente). Habe ich recht...

Herr Fahrenkopf si mette a cantare un inno nazista, e guida la compagnia verso il tavolo a sinistra, su cui è po­sato un secchiello con lo champagne.  Shannon         accompa­gna il Nonno all'altro tavolo.

Nonno                           - (esilarato) Hannah, quanto hai squattrinato?

Hannah                         - (imbarazzata) Nonno, giù, siediti, non gridare, per favore!

Nonno                           - Eh? Ti hanno pagato in argento o in carta, Hannah?

Hannah                         (disperata) Nonno! Non gridare cosi, ti dico! Siediti! È ora di mangiarci

Shannon                        - Si fa la pappa, adesso, Nonno!

Nonno                           - (confuso, ma sempre ad alta voce) Quanto ti han­no rifilato, eh?

Hannah                         - Nonno! Ti prego!

Nonno                           - Ti hanno... Gli hai venduto un acquarello?

Hannah                         Non ho venduto proprio niente, Nonno!

Maxine                          - Ah!

Hannah                         - (ha quasi del tutto perduto la sua abituale compo­stezza; rivolgendosi a Shannon) Non vuol saperne di sedersi e di stare zitto!

Nonno                           - (strizzando l'occhio evocando grottescamente l'im­magine, d'una vecchia bagascia) Eh? Quanti soldarelli ti sei beccata, Hannah?

Shannon                        - (con dolce autorità, cui lei cede) Si sieda lei, Miss Jelkes. (Prende l'avambraccio del Nonno, e gli met­te in mano una spiegazzata banconota messicana) Signo­re! Signore! (Gridando) Cinque! Dollari! Glieli metto in tasca!

Hannah                         - Non possiamo accettare dei regali, signor Shannon.

Shannon                        - Diavolo, gli ho dato cinque pesos.

Nonno                           - Un ottimo prezzo, per una sola poesia!

Shannon                        - Signore! Signore! Qualunque compenso pecu­niario sarebbe sempre troppo poco, per una poesia! (Di­mostra, nei riguardi del vecchio, una feroce, quasi bef­farda tenerezza un comportamento che assumiamo quando il pathos dei vecchi, gli anziani, i moribondi, è tale una ferita per la nostra sensibilità selvaggiamente difesa, da farci perdere ogni riserbo; e ciò vale, natural­mente sia per Hannah che per Shannon).

Nonno                           - Eh? Si... (È ormai esausto, ma continua a grida­re) Faremo un mucchio di soldi, in questo posto.

Shannon                        - Ci può scommettere!

Maxine abbaia la sua risata; Shannon le lancia un duro sguardo; lei si accosta con fare cordiale al tavolo dei te­deschi.

Nonno                           - (barcollando, ansimando, si appende al braccio di Shannon credendo sia quello di Hannah) È piena... la sala... la sala... da pranzo? (Si guarda attorno ciecamente).

Shannon                        - Certo! Piena da scoppiare! E c'è un mucchio di gente che fa ressa per entrare! (La sua voce non riesce a forzare la sordità del vecchio).

Nonno                           - Se c'è una sala da cocktail, sarebbe meglio che co­minciassimo di li…

Hannah                         - ... Batti il ferro finché è cal­do... caldo... caldo... Finché è caldo... (È quasi un va­neggiamento; solo una donna forte come Hannah può rimanerne esteriormente impassibile).

Hannah                         - La sta scambiando per me, signor Shannon. Lo faccia mettere a sedere, la prego. Stia con lui un minuto solo, io... (Si scosta di qualche passo e si mette a respi­rare come se l'avessero appena tirata fuori dal mare se­mi annegata).

Shannon fa sedere il Nonno su una sedia. Quasi imme­diatamente la febbrile vitalità del vecchio crolla, ed egli comincia a ciondolare, mezzo addormentato.

Shannon                        - (avvicinandosi ad Annah) Perché respira a quel modo?

Hannah                         - Certuni si scolano un bicchiere di roba forte, al­tri prendono una pastiglia. Io mi limito a tirare qualche respiro profondo.

Shannon                        - Si lascia impressionare troppo, da questa faccen­da. È naturale, in una persona anziana come suo Nonno.

Hannah                         Lo so, lo so. Ne ha già avuti diversi, negli ultimi mesi, di questi «incidenti cerebrali», come li chiama lei. Fino a poco tempo fa era straordinario. Dovevo far vedere il suo passaporto, per dimostrare che era il più vecchio poeta vivente e operante. Avevamo da spende­re... per il necessario e il superfluo. Ma... quando ho vi­sto che cominciava a andar giù, ho cercato di persua­derlo a tornare a Nantucket; ma è lui che ha sempre preso le decisioni. Ha detto: «No! Al Messico! » Ed eccoci qua, sulla cima di questa ventosa collina, come una coppia di cornacchie... Il pulman da Mexico City ha avuto un guasto quando ci trovavamo a cinquemila me­tri sul livello del mare. Ed è stato allora, credo, che ha avuto il suo ultimo incidente cerebrale. Non è tanto la perdita dell'udito e della vista, quanto... questa progres­siva confusione mentale. Non riesco a sopportarla... per­ché, fino a poco tempo fa aveva una mente lucidissima. Ma ieri... a Taxco... ho speso quasi tutto quello che ave­vamo per comprargli la carrozzella; e ciononostante lui ha insistito per continuare il viaggio fino al mare... la culla della vita, come lui la chiama. (D'un tratto si ac­corge che il Nonno si è abbandonato sulla sedia come esa­nime. Trae un respiro profondo, e silenziosamente gli si avvicina).

Shannon                        - (ai ragazzi messicani) Servicio! Aqui! (Il tono imperioso ottiene il suo effetto; i ragazzi servono la por­zione di pesce).

Hannah                         - Com'è gentile, signor Shannon! Non so come rin­graziarla! Ora lo sveglio. Nonno! (Batte le mani, non troppo forte, vicino all'orecchio del Nonno; questi sob­balza, con una risatina mortificata). Nonno, il tovagliolo! (Trae di tasca un tovagliolo di tela) Me ne porto sempre uno dietro, nel caso che nei posti dove andiamo ci diano dei tovaglioli di carta, come talvolta capita.

Nonno                           - Un posto splendido, qui... Spero che il pasto sia à la carte, Hannah. Voglio fare una cena molto leggera, perché non mi venga sonno. Ho intenzione di lavora­re, dopo cena. Credo proprio che qui riuscirò a termi­narla.

Hannah                         Nonno, ci siamo fatti un amico. Nonno, ti pre­sento il reverendo Shannon.

Nonno                           - (sforzandosi di concentrare l'attenzione) Reveren­do?

Hannah                         - (gridando) Il signor Shannon è un ministro epi­scopaliano.

Nonno                           - Un uomo di Dio?

Hannah                         - Un uomo di Dio in vacanza.

Nonno                           - Hannah, digli che io sono troppo vecchio per es­sere battezzato, e troppo giovane per essere seppellito, ma per impalmare qualche ricca vedovella, proprio l'o­metto giusto! Biondo, grassoccio e quarantenne! (Ride beato della sua propria spiritosaggine. Sembra di veder­lo scambiare queste facezie coi villeggianti, sulle terraz­ze degli alberghi, ai primi del secolo, o con le mogli dei professori, nei piccoli colleges delle New England; ma ora la sua spiritosaggine riesce grottesca; è in certo sen­so patetico questo suo desiderio di piacere, questi modi scherzosi, queste battute venerande. Shannon sente tut­to questo, e ne è toccato al punto da dimenticare un poco se stesso. Questa parte della scena, che va eseguita in chiave di « scherzo », ha un accompagnamento di raffi­che di vento: per tutto il corso di essa si ode il vento di mare crescere gradualmente e sibilare attraverso i rami della foresta, e di quando in quando il cielo è illuminalo da bagliori di lampi). Ma sono poche le signore che van­no al di là della quarantina, a sentir loro, oh oh! Digli di... benedire questa cena... il cibo messicano ha proprio bisogno d'una bella benedizione...

Shannon                        - La reciti lei, la benedizione, signore. Un mo­mento... (Gli si è rotto un laccio d'una scarpa).

Nonno                           - Digli che la reciterò, ma a una condizione,

Shannon                        - Quale condizione, signore?

Nonno                           - Che lei tenga compagnia a mia nipote, quando io mi ritirerò dopo cena. Io vado a letto con le galline e mi alzo col gallo, oh oh! E cosi, lei è un uomo di Dio! Celibe o coniugato?

Shannon                        - Celibe, celibe, signore. Nessuna donna civile e sana di mente mi avrebbe preso, signor Coffin.

Nonno                           - Cos'ha detto, Hannah?

Hannah                         - (imbarazzata) Nonno, la benedizione!

Nonno                           - Hannah non è una fraschetta moderna. Non è af­fatto moderna, e non... frascheggia. È stata tirata su co­me si deve, per essere una ottima moglie e un'ottima madre di famiglia. Ma io... io sono un vecchio egoista, e me la son tenuta tutta per me.

Hannah                         - (gridandogli in un orecchio) Nonno! Nonno! la benedizione!

Nonno                           - (tirandosi su con uno sforzo) Si, la benedizione. Benedici questo cibo per nostro uso; e noi stessi per il tuo servizio, amen. (Riaffonda nella sedia).

Shannon                        - Amen. (Il Nonno ricomincia a divagare; la te­sta gli ciondola sul petto; mormora tra sé). Come sono le poesie del vecchio?

Hannah                         Mio Nonno fu un poeta, non di primo piano, ma abbastanza conosciuto, prima della prima guerra mon­diale, e ancora per qualche anno dopo.

Shannon                        - Un poeta di serie B.

Hannah                         Si, un poeta di serie B, ma con uno spirito da serie A. Io sono fiera di essere sua nipote... (Tira fuori un pacchetto di sigarette, ma se lo rimette subito in ta­sca senza aver preso una sigaretta).

Nonno                           - (molto confuso) Hannah, fa troppo caldo, per una minestra calda... stamattina... (Scuote la testa, con una lugubre risatina).

Hannah                         - Non connette... crede che sia mattina. (Dice que­sto in un tono d'imbarazzata ammissione, rivolgendo a Shannon           un rapido sorriso timoroso).

Shannon                        - Fantastico!... Fantastico!.

Hannah                         - Questa parola « fantastico », sembra il suo inter­calare favorito, signor Shannon.

Shannon                        - (guardando fuori della veranda, con aria cupa) Già, vede, noi viviamo su due piani, Miss Jelkes, il pia­no realistico e il piano fantastico: in realtà, qual è quel­lo vero?

Hannah                         - Secondo me tutt'e due, signor Shannon.

Shannon                        - Già, ma quando uno vive sul piano fantastico, com'è successo a me ultimamente, ma deve agire sul piano reale, è allora che uno si sente come... invasato... (Questo è detto come se parlasse a se stesso) Speravo di liberarmi da quest'ossessione, qui, ma ho trovato una situazione nuova. Non sapevo che la padrona fosse ri­masta vedova, e una specie di vedova nera, divoratrice di uomini. (Fa una lugubre risatina, simile a quella del Nonno). Maxine gira l'angolo della veranda spingendo un carrel­lo carico di bottiglie di liquori, bicchieri, noci di cocco, ecc. Canticchia sottovoce, allegra, e avvicina il carrello al tavolo.

Maxine                          - Qualcuno gradisce un cocktail?

Hannah                         - No, grazie, signora Faulk, non credo proprio.

Shannon                        - Non si usa bere cocktails tra una portata e l'al­tra, Maxine  , bellezza.

Maxine                          - Il Nonno ha bisogno di un cicchetto, per svegliar­si un po'. I vecchi devono buttar giù un bicchierino ogni tanto, per tenersi su. (Gridando all'orecchio del vec­chio) Nonno, che ne direbbe di un bicchierino? (Espo­ne i fianchi verso Shannon, con provocazione).

Shannon                        - Maxine, hai un culo che... Oh, scusi, Miss Jel­kes... Hai dei fianchi troppo grossi, per questa veranda.

 

Maxine                          - Ah, ai messicani piacciono cosi, a giudicare da come mi spingono, e dai pizzichi che mi danno, sull'au­tobus, quando vado in città. E anche ai tedeschi. Ogni volta che passo vicino a Herr Fahrenkopf, mi dà un piz­zico o una pacca.

Shannon                        - E allora torna da lui a farti dare un'altra pacca.

Maxine                          - Ah, voglio preparare un Manhattan per il Nonno   , un bel Manhattan con due ciliegine dentro, cosi lo terrà in vita per tutta la cena.

Shannon                        - Ritornatene dal tuo nazista. Glielo preparo io, il Manhattan. (Si accosta al carrello dei liquori).

Maxine                          - (ad Hannah ) E lei, cara? Un bel whisky e soda, con un po' di sugo di limone?

Hannah                         - Per me, niente, grazie.

Shannon                        - Non cercare di rendere ancora più nervosi i ner­vosi.

Maxine                          - Lascia che lo prepari io, questo cocktail, tu stai facendo un gran pasticcio, Shannon.

Con un grugnito di rabbia, Shannon  le spinge violente­mente il carrello contro il ventre, cadono delle bottiglie; Maxine glielo riscaraventa indietro.

Hannah                         - Signora Faulk! Signor Shannon! smettetela, vi prego! Non fate cosi! È da bambini! (I tedeschi, attirati dal trambusto, si affollano attorno a loro, ridendo. Shannon e Maxine continuano a lanciarsi il carrello l'un l'al­tro, ghignando ferocemente, come due gladiatori impe­gnati in un duello mortale. I tedeschi gridano, ridono, blaterando in tedesco). Basta, signor Shannon! (Rivol­gendosi ai tedeschi) Bitte!

Shannon, ricevuto il carrello da Maxine, lo scaraventa contro i tedeschi. Il carrello va a fracassarsi contro la pa­rete della veranda. Con un balzo, Shannon scende i gra­dini e corre nella foresta; si odono gli uccelli strepitare. Poi nella veranda ricade il silenzio, mentre i tedeschi ri­tornano al loro tavolo.

Maxine                          - Matto! Brutto, sporco protestante irlandese, fi­glio d'una... protestante!

Hannah                         - Ha piantato tutta questa gazzarra per non bere, signora Faulk.

Maxine                          - Lei non s'impicci. Ma lo sa che lei è una ficca­naso!

Hannah                         - II signor Shannon è gravemente... turbato.

Maxine                          - Io so come trattarlo, cara mia... Lei l'ha cono­sciuto solo oggi. Ecco il Manhattan per il Nonno, con due belle ciliegine dentro.

Hannah                         - La prego, non lo chiami Nonno.

Maxine                          - Shannon lo chiama cosi.

Hannah                         - (prendendo il bicchiere) Si, ma non con quel to­no di condiscendenza che usa lei! Mio Nonno è un signo­re nel vero senso della parola.

Maxine                          - E lei che cosa è?

Hannah                         - Io sono sua nipote.

Maxine                          - Tutto qui?

Hannah                         - Le pare poco?

Maxine                          - No, lei è anche una scroccona, perché approfitta di un vecchio moribondo per intrufolarsi negli alberghi senza neanche i soldi per pagare un giorno anticipato. Se lo trascina in giro come i mendicanti messicani si por­tano in giro un bambino malato per impietosire i turisti.

Hannah                         - L'avevo avvertita che mi trovavo senza denaro.

Maxine                          - Si, e io le ho risposto che sono una vedova... da poco; e in tali condizioni finanziarie che tanto valeva seppellissero anche me, con mio marito.

Shannon riappare, sbucando tra i cespugli, e si avvicina inosservato a  Hannah e Maxine.

Hannah                         - (con calma forzata) Domattina appena giorno an­drò in città, piazzerò il mio cavalletto sulla piazza e ven­derò ai turisti i miei acquarelli e i miei schizzi. Io non sono una donna debole; il fatto di trovarmi in queste condizioni non è affatto una cosa abituale, per me.

Maxine                          - Nemmeno io, sono una donna debole.

Hannah                         Anzi, al contrario. Ha una forza che fa spavento.

Maxine                          - Lo può dir forte! Ma come farà ad arrivare ad Acapulco, senza un soldo per pagare il biglietto dell'au­tobus?

Hannah                         Ci andrò con le mie gambe, signora Faulk... gl'i­solani sono buoni camminatori. E se lei dubita della mia parola, se davvero lei crede che io sia venuta qui per scroccare il soggiorno, be', allora rimetterò mio Nonno sulla sua carrozzella e lo spingerò per tutta la strada fino in città.

Maxine                          - Dieci, miglia, col temporale che si prepara?

Hannah                         Certo, che lo farei! Anzi, lo farò! (in questo bat­tibecco, è lei che domina Maxine. Stanno entrambe in piedi accanto al tavolo. Il Nonno, la testa reclinata sul petto, si è assopito).

Maxine                          - Non vi lascerò andare!

Hannah                         Ma ha fatto capire chiaramente che non vuol te­nerci qui neanche per una notte!

Maxine                          - L'uragano farà volar via quel vecchio dalla car­rozzella come una foglia secca.

Hannah                         Preferirà questo rischio piuttosto che rimanere in un posto dove non è gradito, e anch'io lo preferirei, per lui e per me stessa, signora Faulk! (Rivolgendosi ai ragazzi messicani) Dov'è la carrozzella? Dov'è la carroz­zella di mio Nonno?

A queste ultime battute il Nonno  è svegliato. Lottan­do, si alza dalla sedia, confuso, batte in terra il suo ba­stone, e si mette a declamare una poesia.

Nonno                                     - L'amore è una vecchia danza Suonata da un ubriaco Che barcollando avanza Per tortuose strade...

Hannah                         Nonno! Non ora, Nonno!... Ha creduto che qual­cuno avesse chiesto una poesia. (Lo fa di nuovo sedere).

Hannah e Maxine continuano a non accorgersi della pre­senza di Sbannon.

Maxine                          - Si calmi, cara.

Hannah                         - Sono perfettamente calma, signora Faulk.

Maxine                          - Ma io no, questo è il guaio.

Hannah                         - Lo capisco, signora Faulk. Ha perduto suo ma­rito da cosi poco tempo. Credo che ne senta la mancanza più di quanto lei stessa non sappia.

Maxine                          - No, è tutta colpa di Shannon...

Hannah                         - Intende dire che le sue condizioni nervose, e il suo...

Maxine                          - No, intendo semplicemente Shannon. Voglio che lei lo lasci stare, cara. Lei non fa per Shannon, e Shannon non fa per lei.

Hannah                         - Signora Faulk, io sono una zitella della New England ormai prossima alla quarantina.

Maxine                          - Ho avvertito benissimo le vibrazioni, fra voi due... Sono bravissima, nel cogliere le vibrazioni tra due persone, e tra lei e Shannon c'è qualcosa che ha vibrato, appena lei è arrivata. È questo, semplicemente questo, mi creda, che ha creato il... malinteso, tra noi. Perciò, se lei si terrà lontana da Shannon, potrà starsene qui con suo Nonno tutto il tempo che vorrà.

Hannah                         - Oh, signora Faulk, ho forse l'aria d'una vamp?

Maxine                          - Di vamp ce n'è di tutti i tipi. Qui ne arrivano d'ogni sorta.

Shannon si accosta al tavolo.

Shannon                        - Maxine, te l'ho già detto, non rendere la gente nervosa ancora più nervosa; ma tu non vuoi darmi ascolto.

Maxine                          - Tu hai bisogno di un buon bicchiere.

Shannon                        - Tu non pensarci.

Hannah                         - Perché non si siede qui con noi, signor Shannon, e mangia qualcosa? La prego; si sentirà meglio.

Shannon                        - Non ho fame in questo momento.

 

Hannah                         - Be', si sieda semplicemente qui con noi.

Shannon siede con Hannah.

Maxine            - (ad Hannah, in tono minaccioso) E va bene, va bene!...

Nonno                           - (riscuotendosi un poco, mormora) Posto splendi­do, qui... splendido...

Maxine                          - si allontana dal tavolo e spinge il carrello dei li­quori verso il tavolo dei tedeschi.

Shannon                        - L'ha messa a terra, eh?

Hannah                         - Ha mai giocato a poker, signor Shannon?

Shannon                        - Intende dire che stava bluffando?

Hannah                         - Qualcosa del genere. (Una raffica di vento spazza la collina, come se l'oceano avesse tirato un gran sospi­ro). Fra poco scoppierà davvero un uragano. Mi auguro che le sue signore non siano ancora in mare, su quel... su quel battello col fondo di vetro per osservare le... mera­viglie del fondo marino.

Shannon                        - Si vede che non le conosce, quelle donne!... Co­munque, sono già tornate dalla loro gita in mare. Sono giù alla tavernetta, che ballano tra di loro al suono del juke-box, e imbastendo nuove trame per farmi licenziare dalla Black Tours.

Hannah                         - E che cosa farà, se la...?

Shannon                        - Se mi buttano fuori? Rientro al servizio della Chiesa, oppure me ne vado in Cina. (Hannah tira fuori un pacchetto di sigarette tutto acciaccato. Vede che glie­ne rimangono due sole e decide di conservarle per dopo; si rimette il pacchetto in tasca). Mi dà una sigaretta, Miss Jelkes? (Lei gli dà il pacchetto. Lui lo prende, ne fa una pallottola e lo butta giù dalla veranda). Mai fu­mare queste sigarette. Son fatte con tabacco di recupero, coi mozziconi che i mendicanti raccattano dai marciapie­di e dai rigagnoli di Mexico City. (Tira fuori un baratto­lo di sigarette inglesi) Prenda queste, Benson & Hedges, importate, in barattoli ermetici, l'unico lusso della miavita.

Hannah                         - Be'... grazie; visto che ha gettato via le mie...

Shannon                        - Le voglio dire una cosa. Lei è una signora, una vera signora, anzi, una gran signora.

Hannah                         - Che cosa ho fatto per meritarmi questo compli­mento?

Shannon                        - Non è un complimento; è semplicemente l'e­spressione di ciò che ho notato in lei, in un momento in cui mi è ben difficile osservare qualcosa all'infuori di me stesso. Ha tirato fuori quelle sigarettacce messicane, ha visto che gliene restavano due sole, e non poteva comprarsene un altro pacchetto, nemmeno di quella marca cosi cattiva, e cosi le ha rimesse via per dopo; non è cosi?

Hannah                         - Spietatamente esatto, signor Shannon.

Shannon                        - Ma quando io gliene ho chiesta una, me l'ha of­ferta senza il minimo segno di riluttanza.

Hannah                         Non sta dando una grande importanza a una co­sa assai piccola?

Shannon                        - Proprio il contrario, invece. Traggo una piccola conseguenza da una cosa molto grossa. (Shannon si è messa una sigaretta tra le labbra; ma non ha fiammiferi; Hannah ne ha, e lo fa accendere). Come ha imparato la tecnica di accendere un fiammifero nel vento?

Hannah                         - Oh, ho imparato un mucchio di piccole cose co­me queste. Magari ne avessi imparata qualcuna di quelle grosse.

Shannon                        - Quali, per esempio?

Hannah                         - Per esempio, come fare per aiutare lei, signor Shannon ...

Shannon                        - Adesso capisco perché sono venuto qui!

Hannah                         - Per conoscere una persona capace d'accendere un fiammifero nel vento?

Shannon                        - (abbassando lo sguardo, con voce rotta) Per co­noscere una persona che vuole aiutarmi, Miss Jelkes... (Si volge un poco di lato, impacciato, come per nascon­derle che ha gli occhi pieni di lacrime).

 Lei lo guarda fisso, teneramente, come guarderebbe suo NonnO.

Hannah                         - Perché, è tanto tempo che non le capita? Che ci sia qualcuno che vuole aiutarla?... Oppure...

Shannon                        - Oppure, che cosa?

Hannah                         Oppure... è stato cosi occupato dalle sue lotte con se stesso, che non ha notato quando c'era qualcuno che voleva aiutarla; magari per quel poco ch'era possibile? Lo so che in generale le persone si sbranano tra loro co­me cani, ma certe volte capita che si conoscano un po' di più, e se hanno un briciolo di cuore cercano di aiutarsi per quanto possibile. Adesso, per esempio, vuole aiuta­re me! Vuol badare per un momento a mio Nonno, men­tre io vado a ritirare i miei acquarelli dalla veranda della dépendence, per salvarli dalla tempesta che sta arri­vando?

Shannon annuisce con un rapido scatto del capo, poi na­sconde per un momento il volto nel cavo delle mani. Lei mormora un « Grazie! », e si alza, avviandosi giù per la veranda. Giunta a metà, mentre il temporale esplode con un gran tuono, cui fa subito seguito il crosciare del­la pioggia, si volge indietro e vede che Shannon     si è al­zato e si è accostato al Nonno     .

Shannon                        - Nonno! Su, alziamoci e andiamo via di qui pri­ma che la pioggia ci raggiunga.

Nonno                           - Cosa? Cosa?

Shannon fa alzare il Nonno dalla sua sedia e lo convoglia verso la parte posteriore della veranda, mentre Hannah si affretta verso la dépendence. I ragazzi messicani in fretta sparecchiano il tavolo, lo ripiegano e lo appoggia­no contro il muro.

Shannon e il Nonno si voltano e fron­teggiano la tempesta, come dei coraggiosi che guardano in faccia il plotone d'esecuzione. Maxine, agitata, dà or­dini ai ragazzi.

Maxine                          - Pronto, pronto, muchachos! Pronto, pronto! Lle-varos todas las cosas! pronto, pronto! Recoje los piatosi apurate con el mantel!

Pedro                            -  Nos estamos dando prisa!

Pancho                          - Que el chubasco lave los piatosi

Il gruppo dei tedeschi guarda la tempesta come ad un crescendo wagneriano. Come i ragazzi si accostano per sparecchiare il loro tavolo, si alzano, e si mettono a can­tare con esultanza. La tempesta, con le sue vivide con­vulsioni di luce, è come un bianco, gigantesco uccello che si avventi sul Costa Verde.

Hannah riappare strin­gendosi al petto la sua cartella.

Shannon                        - Recuperati?

Hannah                         - Si, giusto in tempo. Eccolo, il suo Dio, signor Shannon.

Shannon                        - (pianamente) Si, Lo vedo, Lo sento, Lo ricono­sco. E se Lui non sa che lo riconosco, mi fulmini in quest'istante!

(Si scosta dal muro e s'avvicina all'orlo della veranda, mentre un argenteo lenzuolo di pioggia che scende dal tetto spiovente rifrange la luce e confonde le figure al di là di esso. Ora tutto è argento, e riluce deli­catamente. Shannon tende le mani verso la pioggia, vol­tandole e rivoltandole, come per rinfrescarsele. Poi, fa­cendone coppa, raccoglie un po' di pioggia e se ne bagna la fronte. La pioggia si fa più violenta. Le raffiche di ven­to portano su la musica dell'orchestra marimba, dalla tavernetta sulla spiaggia. Shannon abbassa le mani dalla sua fronte ardente e le tende oltre il lenzuolo di pioggia, come per afferrare qualcosa di fuori e al di là di se stes­so. Poi, più nulla è visibile all'infuori di queste due ma­ni tese verso l'esterno. Il bianco bagliore di un lampo ri­vela   Hannah e il Nonno addossati al muro, dietro di Shannon, e il grande globo elettrico sospeso al soffitto si! spegne; la tempesta ha interrotto la corrente. Un vivido raggio di luce rimane sulle mani stese di Shannon, finché il sipario si abbassa lentamente).

Nota.

Nella rappresentazione, gli elementi plastici devono es­sere moderati, si da non sopraffare i più importanti va­lori umani.

La flebile musica dell'orchestra marimba, portata dal vento, deve continuare per tutta la durata dell'intervallo tra il secondo e il terzo atto.

ATTO TERZO

La veranda, diverse ore dopo. I cubicoli numero 3, 4 e 5 sono fiocamente illuminati dall'interno. Vediamo Hannah nel numero 3, e il Nonno nel numero 4.  Shannon, che si è tolto la camicia, è seduto a un tavolo nella ve­randa, e sta scrivendo una lettera al suo vescovo. Tutti gli altri tavoli sono stati ripiegati e accatastati contro il muro, e Maxine sta rimettendo su l'amaca, che era stata tolta per la cena. La corrente elettrica non è ancora tor­nata, e i cubicoli sono illuminati con lampade a petro­lio. Il cielo s'è schiarito completamente, la luna è nel pieno e versa su tutto una luce argentea, quasi abba­gliante, che è intensificata dall'umidità del recente tem­porale. Tutto è fradicio d'acqua; qua e là sul pavimento della veranda vi sono argentee pozzanghere. Da una par­te arde un fuoco per respingere le zanzare, che dopo un acquazzone tropicale, quando il vento è caduto, sono particolarmente aggressive.Shannon, a torso nudo, sta lavorando febbrilmente alla sua lettera, e ogni tanto si dà schiaffi sul petto e sul dor­so per ammazzare qualche zanzara. La sua pelle è lucida di sudore; mentre scrive, ansima, borbotta; ogni tanto trae un profondo sospiro, e gettando indietro la testa fissa selvaggiamente il cielo notturno. Hannah è seduta su una sedia dietro la zanzariera della sua cella; siede molto eretta, tenendo un libretto tra le mani, ma fissa Shannon come un angelo custode. Si è sciolta i capelli. Nella cella n. 4 s'intravvede il Nonno, seduto sull'orlo del letto; si dondola avanti e indietro, ripetendosi i versi della sua prima nuova poesia « dopo oltre vent'anni », e ch'egli sa essere anche l'ultima. Di quando in quando giunge flebilmente la musica dalla tavernetta sulla spiaggia.

Maxine                          - Stai lavorando al sermone di domenica prossima, reverendo?

Shannon                        - Sto scrivendo una lettera importantissima, Maxine. (In un tono che implica: «non mi disturbare»).

Maxine                          - A chi, Shannon?

Shannon                        - Al decano della Scuola di teologia di Sewwanee. (Maxine ripete «Sewwanee» tra sé, in tono tollerante). Già, e mi faresti un gran favore

Maxine                          - cara, se mandas­si Pedro o Pancho a imbucarmela in città stasera stessa, in modo che parta domattina con la prima posta.

Maxine                          - I ragazzi se ne sono già andati col furgoncino, a farsi qualche birra fresca e qualche puttana calda alla ta­vernetta.

Shannon                        - « Fred è morto »... fortunato lui...

Maxine                          - Non mi fraintendere, bimbo, a proposito di Fred. Sento la sua mancanza, ma non avevamo soltanto smes­so di dormire insieme, avevamo smesso anche di parlar­ci, se non a grugniti... niente litigi, niente malintesi, ma se ci scambiavamo due grugniti in un'intera giornata, era già una lunga conversazione.

Shannon                        - Fred se ne accorgeva, quando ero a terra... non avevo bisogno di dirglielo. Gli bastava darmi un'oc­chiata, e diceva: «Ehi,  Shannon            , ti vedo piuttosto giù».

Maxine                          - Già... Fred e io eravamo arrivati al punto di gru­gnire soltanto.

Shannon                        - Magari pensava che eri diventata una scrofa, Maxine.

Maxine                          - Ah! sai benissimo che Fred mi rispettava, Shannon, come io rispettavo lui. È solo che... sai... la diffe­renza d'età...

Shannon                        - Be', hai Pedro e Pancho.

Maxine                          - Quelli sono dipendenti. Non mi rispettano abba­stanza. Se gli dai troppa confidenza, ai dipendenti, non ti rispettano più, Shannon   . Ed è una cosa... umiliante, non essere... rispettati.

Shannon                        - E allora fai più viaggi in autobus, e fatti una bella provvista di pizzichi e di manate, oppure fatti « ri­spettare » da Herr Fahrenkopf.

Maxine                          - Ah! tu mi ammazzi. Sto pensando di vendere tut­ta la baracca qui, e di tornarmene negli Stati Uniti, nel Texas, e metter su un campeggio turistico alle porte di qualche città un po' vivace, tipo Houston o Dallas, sulla strada nazionale, e affittare le capanne ai dirigenti indu­striali in cerca di un posticino discreto, intimo, per fare qualche ora di straordinario con le loro piccole segreta­rie che non sanno né stenografare né scrivere a macchi­na. Cocco al rum offerto dalla casa... Stanze da bagno con bidè... Sarò io a introdurre il bidè negli Stati Uniti.

Shannon                        - Tutto finisce sempre allo stesso modo, per te, Maxine?

Maxine                          - Si e no; bambino, la conosco bene la differenza tra amare e andare semplicemente a letto... la conosco anch'io. (Shannon fa per alzarsi). Siamo arrivati tutti e due a un punto in cui dobbiamo metterci a far qualcosa che sia adatto a noi... anche se non è di un livello molto alzato.

Shannon                        - Io non voglio marcire.

Maxine                          - Non corri alcun pericolo. Io non ti lascerei mar­cire. La conosco, la tua storia. Ricordo bene una conver­sazione che avesti con Fred, proprio in questa veranda. Gli spiegavi com'è che erano incominciati i tuoi guai, i tuoi problemi. Gli raccontavi che tua madre aveva l'abi­tudine di mandarti a letto quando non avevi ancora af­fatto sonno... e cosi ti davi al vizio di tutti i bambini, ti trastullavi con te stesso; e una volta lei ti sorprese, e ti fece gonfiare il sedere, tante te ne diede, perché diceva che avevi fatto arrabbiare il Signore, e perciò lei doveva punirti affinché il Signore non ti desse una punizione ben più dura.

Shannon                        - Io parlavo a Fred!

Maxine                          - Si, ma io lo sentii. Sentii tutto. Dicesti che tu amavi Dio e tua madre, e perciò avevi smesso per obbedirle, ma che quello era stato il tuo segreto piacere, e da allora avevi covato un segreto risentimento sia contro tua madre che contro Dio, per averti obbligato a smet­tere. E perciò ti eri vendicato di Dio facendo delle pre­diche atee, e continuavi a vendicarti di tua madre sten­dendo le ragazzine.

Shannon                        - Non ho mai fatto nessuna predica atea, né mai la farò, quando rientrerò in seno alla Chiesa.

Maxine                          - Non rientrerai in seno a nessuna Chiesa. Gliene hai parlato, al decano, della tua denuncia per corruzione di minorenne?

Shannon                        - (spingendo indietro la sedia con tanta violenza da rovesciarla) Perché non mi lasci stare? Non mi hai la­sciato in pace un momento da quando sono arrivato, sta­mattina! Ti prego vuoi lasciarmi stare?

Maxine                          - (sorridendo serenamente, di fronte alla rabbia di lui) Ohi, bambino...

Shannon                        - Cosa vuoi dire con « ohi bambino»? Cosa vuoi da me, Maxine?

Maxine                          - Soltanto farti cosi. (Gli inserisce le dita tra i ca­pelli. Lui le respinge la mano).

Shannon                        - Ah, Dio! (Gli mancano le parole. Scuote la te­sta con una risatina scoraggiata, e scende i gradini della veranda).

Maxine                          - II cuoco cinese, là in cucina, dice: «Mai suda­re »... « Mai sudare ». Dice che quella è tutta la sua filo­sofia. Tutta la filosofia cinese in tre parole, «Mei joo gaunchi», è cosi che si dice in cinese «Mai sudare»... Con il tuo passato, e una denuncia per corruzione di mi­norenne che ti pende sulla testa, come puoi pensare di rientrare nella chiesa? Giusto in una chiesa di Tremo­lanti, con qualche bella ragazza tremolante e un bel co­vone di fieno per materasso sul pavimento della chiesa!

Shannon                        - Prendo l'autobus e vado a imbucare questa let­tera in città stasera stessa. (Si avvia per il sentiero. Si odono dei suoni in basso. Shannon scosta il fogliame e guarda verso il basso).

Maxine                          - (scendendo i gradini della veranda) Sta' attento al tuo fantasma; è là.

Shannon                        - Cos'hanno le mie donne? Sono tutte riunite in­torno al pulman.

Maxine                          - Si preparano a piombarti addosso, Shannon. (Maxine viene a mettersi accanto a Shannon, il quale si tira indietro, mentre lei guarda in basso, attraverso i cespu­gli. Nella cella numero 3 si accende la luce, e  Hannah si alza, dal piccolo tavolo dove si era messa a scrivere una lettera. Prende la sua vestaglia giapponese da un attac­capanni e la indossa, come un attore nel camerino indos­sa il suo costume. Anche la cella del Nonno è debolmen­te illuminata. Egli siede sull'orlo del lettino, dondolan­dosi leggermente avanti e indietro, mormorando i versi della sua poesia). Già. C'è un ometto grassoccio, laggiù, che mi ha tutta l'aria di essere Jake Latta. Si, è proprio lui, è proprio Jake Latta. Scommetto che la Blake Tours l'ha mandato qui per rilevare la tua comitiva, Shannon. (Shannon guarda giù anche lui, poi si accende una siga­retta con mani tremanti). Be' lascia che faccia. Mai su­dare! sta venendo su, adesso. Vuoi che te la sbrighi io, questa faccenda?

Shannon                        - Me la sbrigo da me. Tu tientene fuori, per fa­vore. (Parla con una calma disperata).

Durante la scena che segue, Hannah rimane in piedi die­tro la zanzariera del suo cubicolo, immobile, come una figura dipinta. Jake Latta arriva, sbuffante, e sale i gra­dini della veranda, tutto sorridente e cordiale.

Latta                             -  Ehilà, Larry!

Shannon                        - Salve, Jake! (Piega la sua lettera e la infila nella busta) Signora Faulk, bellezza, questa, me la spedisci per posta aerea.

Maxine                          - Prima faresti meglio a metterci l'indirizzo.

Shannon                        - Oh! (Ride, e rimette giù la lettera, frugandosi in tasca in cerca del suo taccuino degli indirizzi, non rie­sce a controllare il tremito delle mani).

Latta ammicca a Maxine, la quale sorride con aria tolle­rante.

 

Latta                             -  Come va il nostro ragazzo, Maxine?

Maxine                          - Andrebbe meglio se riuscissi a fargli buttar giù un buon bicchiere.

Latta                             -  Come? Non ci sei riuscita?

Maxine                          - Nemmeno per ombra! Neanche un cocco al rum.

Latta                             -  Pigliamoci un cocco al rum, Larry.

Shannon                        - Prendilo tu, Jake. Io devo occuparmi di una co­mitiva di signore. E ho scoperto che possono capitare certe situazioni, a far questo lavoro, che guai a non aver la testa sgombra! Non sei d'accordo? Non t'è ancora successo, di far questa scoperta, Jake? Cosa fai qui? Sei venuto con una comitiva?

Latta                             -  Son venuto a rilevare la tua comitiva, Larry, ra­gazzo mio.

Shannon                        - Interessante! E chi ti ha autorizzato, Jake?

Latta                             -  La Blake Tours mi ha telegrafato a Cuernavaca di venir qui a prendere la tua comitiva e unirla con la mia, perché tu avevi avuto un piccolo collasso nervoso, e perciò...

Shannon                        - Mostrami il telegramma!

Latta                             -  L'autista dice che ti sei portato via la chiavetta dell'accensione.

Shannon                        - Esatto. Io ho la chiavetta dell'accensione, e ho questa comitiva; e né il pulman né la comitiva si muo­veranno di qui finché non lo dico io.

Latta                             -  Larry, tu non stai bene, ragazzo mio. Non darmi delle grane.

Shannon                        - Da quale galera ti hanno fatto uscire sulla pa­rola, zero vestito?

Latta                             -  Andiamo, dammi la chiavetta, Larry.

Shannon                        - Da dove ti hanno scavato fuori? Non avevi nes­suna comitiva a Cuernavaca, non sei mai più andato fuo­ri con una comitiva, dal '37.

Latta                             -  Dammi solo quella chiavetta, Larry.

Shannon                        - Col cavolo!

Latta                             -  Qual è la stanza del reverendo, signora Faulk?

Shannon                        - La chiavetta l'ho in tasca io. (Si batte sulla tasca dei pantaloni) Qui, proprio in questa tasca! La vuoi? Prova a prenderla, cicciobomba!

Latta                             -  Che modo di parlare per un reverendo, signora

Faulk...

Shannon                        - (tirando fuori la chiave e alzandola in alto) La vedi? (Se la rimette in tasca) E adesso torna nel buco da i dove sei strisciato fuori, insetto. La mia comitiva di signore fa tappa qui per tre giorni, perché alcune di loro non sono in condizioni di viaggiare, e... nemmeno io.

Latta                             -  Stanno salendo sul pulman proprio adesso.

Shannon                        - E come farai per farlo partire?

Latta                             -  Larry, non mi costringere a chiamare l'autista, perché  ti tenga fermo mentre io ti prendo la chiave. Vuoi vedere il telegramma della Blake Tours? (Tira fuori il telegramma) Eccolo. Leggitelo.

Shannon                        - Te lo sei mandato da te.

|

Latta                             -  Da Houston?

Shannon                        - Te lo sei fatto mandare da Houston. Che prova è? figurati! La Blake Tours era niente, nientel prima che ci andassi io! Credi che mi lascerebbero andar via? Oh oh! Latta, non capisci proprio niente, tra le puttane e la tequila hai perduto il cervello, Latta. (Latta grida verso il basso, per chiamare l'autista). Ma ti rendi conto che cosa significo io per la Blake Tours? Non hai visto l'opuscolo nel quale dicono, anzi vantano che speciali comitive sono guidate dal reverendo T. Lawrence Shan- j non, dottore in Teologia, noto viaggiatore internaziona-

le, conferenziere, figlio di un pastore e nipote di un ve­ scovo, e diretto discendente di due governatori colo­ niali? (

Miss Fellowes               - appare sui gradini della veranda). I jj Ecco Miss Fellowes, lei l'ha letto, l'opuscolo, se l'è im-

parato a memoria. Lo sa che cosa dice di me. 1 j

Miss Fellowes               - (a Latta) Ha preso la chiavetta del pul-

1 | man?

Latta                             -  Adesso arriva l'autista e gliela porta via, signora.

                                      - (Si accende un sigaro con dita sporche e tremanti).

Shannon                        - Ah-ah-ah-ah-ah!      - (La sua risata lo fa ricadere | j contro il muro della veranda).

Latta                             -  È proprio partito. (Si tocca la fronte).

 

Shannon                        - Queste signore... hanno avuto... almeno alcune di loro, la maggior parte, se non tutte addirittura... per la prima volta in vita loro hanno avuto la fortuna di es­sere a contatto... contatto sociale, voglio dire, con un vero gentiluomo nato, che in nessun'altra circostanza avrebbero avuto l'occasione di accostare... figuriamoci poi d'insultare, e di accusare...

Miss Fellowes               -

Shannon                        - ! Le ragazze sono tutte salite sul pulman, e vogliamo andarcene, subito! perciò, dateci la chiave! avanti!

Hank, l'autista, appare in cima al sentiero, fischiettan­do; a tutta prima nessuno lo nota.

Shannon                        - Se io non avessi un doveroso senso di responsa­bilità verso queste comitive che porto in giro, sarei ben lieto di consegnare la vostra comitiva... dato che è una comitiva che non mi piace affatto... sarei ben lieto di consegnarla a questo degenerato qui, a questo Jake Lat­ta, dei Latta delle Fogne. Si, cederei... cederei la chia­vetta che ho in tasca perfino a un Latta. Ma io non sono un irresponsabile, no, non lo sono affatto, verso le co­mitive a me affidate, indipendentemente dal trattamento che tali comitive mi usano. Continuo a sentirmene re­sponsabile finché non le riporto nel luogo dove le ho prese. (Hank sale sulla veranda). Ehi, Hank! Vieni da amico o da nemico?

Hank                             - Larry, ho bisogno di quella chiavetta, altrimenti non possiamo muoverci.

Shannon                        - Oh! Nemico, allora! Mi deludi, Hank ti crede­vo un amico. (Mentre Hank fa la cravatta a

Shannon                        - , tor­cendogli nel tempo stesso un braccio dietro il dorso, Lat­ta gli prende la chiavetta dalla tasca.

Hannah                         - si copre gli occhi con le mani). E va bene, va bene, vi siete presi la chiave. Con la forza. Ora mi sento sollevato da ogni re­sponsabilità. Prendetevi il pulman con tutte le donne che ci sono sopra, e andate. Ehi, Jake, lo sai che è pieno di lesbiche, il Texas? Se non ci fossero le dighe, le pia­nure del Texas sarebbero inondate dalle acque del Gol-

 88 ,

 LA NOTTE DELL'IGUANA

 atto terzo

 89

 

 fo. (Accenna col capo, violentemente, verso Miss Fello-wes, la quale balza verso di luì e gli dà uno schiaffo). Grazie, Miss Fellowes. Latta, aspetta un momento. Non puoi piantarmi cosi. Ho dovuto sostenere delle spese straordinarie, in questo viaggio. Non mi è rimasto nean­che abbastanza da pagarmi il viaggio di ritorno a Hou­ston, nemmeno fino a Mexico City. Ora, ammesso che sia vero quello che mi hai detto, che la Blake Tours ti ha sul serio autorizzato a rilevare la mia comitiva, allora non dubito che ti avranno... (trae un grosso respiro, quasi boccheggiando) ...non dubito che ti avranno an­che affidato una somma da versarmi... a titolo di... li­quidazione, no? o almeno, sufficiente da permettermi di tornare negli Stati Uniti.

Latta                             -  Non mi hanno dato proprio niente per te.

Shannon                        - Mi rincresce mettere in dubbio la tua parola, ma...

Latta                             -  Possiamo riportarti a Mexico City. Puoi sederti davanti, accanto all'autista.

Shannon                        - Questo può andar bene per te, Latta. Ma per me è umiliante. Avanti! fuori la mia liquidazione!

Latta                             -  La Blake Tours deve rifondere a queste signore la metà del prezzo del viaggio. Ecco dove va a finire la tua liquidazione. E Miss Fellowes mi dice che tu hai frega­to un mucchio di soldi a quella ragazzina che hai se­dotto...

Shannon                        - Miss Fellowes, sul serio lei ha detto...?

Miss Fellowes               - Quando Charlotte tornò in albergo, quel­la notte, mi disse che aveva incassato due Traveller's chèques.

Shannon                        - Dopo che io avevo speso tutti i soldi che avevo.

Miss Fellowes               - Per che cosa? Per darli alle donnacce, nei sudici posti in cui l'avevate portata?

Shannon                        - La signorina Charlotte incassò due Traveller's chèques perché io avevo speso tutto il denaro che avevo addosso. E io non ho mai avuto rapporti con donnacce, né l'ho mai desiderato.

Miss Fellowes               - L'avete portata in posti orribili, come...

Shannon                        - Le ho mostrato le cose che lei voleva vedere. Glielo domandi! Le ho fatto vedere San Joan de Letran, le ho fatto vedere Penampa, e qualche altro posto non indicato nell'opuscolo della Blake Tours. Le ho fatto ve­dere ben di più dei giardini galleggianti di Xochimilco, del Palazzo di Massimiliano, e della cappella dove anda­va a piangere l'imperatrice Carlotta la Pazza! o della Chiesa di Nostra Signora di Guadalupe, del monumento a Juarez, dei ruderi della civiltà azteca, della spada di Cortez e l'acconciatura di Montezuma! Le ho fatto ve­dere le cose che lei era curiosa di vedere. Dov'è? Do­v'è Miss...? Oh, è laggiù con le altre signore. (Si sporge dalla ringhiera e grida) Charlotte! Charlotte!

Miss Fellowes               - (lo afferra per un braccio e lo strappa via dalla ringhiera) Come osate!

Shannon                        - Osare cosa?

Miss Fellowes               - Chiamarla, parlarle, avvicinarvi a lei! Voi, voi... sporcaccione!

Maxine riappare all'angolo della veranda, come un cucù che salta fuori da un orologio per annunciare le ore. Se ne sta li, con un incongruo sorriso, i grossi occhi fissi, come se fossero dipinti sul suo faccione sorridente. Hannah tiene in una mano, aperto, ma immobile, un venta­glio giapponese tutto dorato; con l'altra mano tormenta la zanzariera del suo cubicolo, come se stesse reprimendo l'impulso di slanciarsi in difesa di Shannon           . Il suo at­teggiamento fa pensare a quello di una danzatrice giap­ponese. I modi di Shannon tornano ad essere cortesi.

Shannon                        - Va bene, va bene, non la chiamo. Volevo soltan­to che confermasse quello che ho detto, che la portai in giro, quella sera, su sua richiesta, e non per mio sugge­rimento. Mi disse che le sarebbe piaciuto vedere delle cose non contemplate nell'opuscolo, le cose che di solito i turisti non vedono, come per esempio...

Miss Fellowes               - La vostra stanza da letto? Anche quel­la? Ritornò piena di morsicature di cimici!

Shannon                        - Via, non esageri, la prego! nessuno si è mai pre­so le cimici da Shannon.

 

Miss Fellowes               - Dovemmo farle disinfestare i vestiti!

Shannon                        - Capisco che sia stata una cosa antipatica, ma va troppo in là se dice che io ho rifilato le cimici a Char­lotte. Non nego che...

Miss Fellowes               - Aspettate, aspettate, vedrete, quando riceveranno il mio rapporto.

Shannon                        - Non nego che sia possibile beccarsi le cimici in un giro d'ispezione di quello che c'è dietro la facciata delle città, fuori dai grandi boulevards, dei night-clubs, e anche fuori degli affreschi di Diego Rivera, ma...

Miss Fellowes               - Oh, ma andate a predicarla da un pulpi­to, questa roba, reverendo spretato!

Shannon                        - (in tono minaccioso) L'avete detto una volta di troppo... (l'afferra per un braccio), e questa volta davanti a testimoni. Miss Jelkes! Miss Jelkes!

Hannah                         - (apre la zanzariera della sua cella) Si, signor Shannon, che c'è?

Shannon                        - Ha sentito che cosa ha...

Miss Fellowes               - Shannon! Lasciate il mio braccio.

Shannon                        - Miss Jelkes mi dica soltanto, ha sentito quello che... (La voce gli è tagliata da un singhiozzo soffocato. Corre verso il muro e vi batte i pugni contro).

Miss Fellowes               - Ho passato l'intero pomeriggio a fare indagini su questo impostore, e ho speso più di venti dollari in telefonate interurbane.

Hannah                         - Non è un impostore! lei non deve dire cose simili.

Miss Fellowes               - Voi siete stato scacciato dalla vostra Chiesa!... per ateismo e corruzione di minorenne!

Shannon                        - (voltandosi) Di fronte a Dio e a questi testimo­ni, lei mente! mente!

Latta                             -  Miss Fellowes, ci tengo a dirle che la Blake Tours fu ingannata, circa il passato di questo tipo, e la Blake Tours farà in modo che sia messo nella lista nera da tut­te le agenzie di viaggio degli Stati Uniti.

Shannon                        - E l'Africa? l'Asia? l'Australia? il mondo inte­ro, Latta, l'intero mondo di Dio è stato il campo dei miei viaggi. Non mi sono mai limitato agli itinerari de­gli opuscoli pubblicitari, io, e ho sempre lasciato che quelli che volevano vedere, vedessero... I bassifondi di tutti i paesi; e se era gente dotata di sentimenti, di un cuore capace di commuoversi, io le davo l'inestimabile occasione di vedere, di sentire, di commuoversi! e nessu­no se lo dimenticherà mai! mai finché viva! (La passione con cui pronuncia queste parole impone un momento di silenzio).

Latta                             -  Avanti, sdraiati nella tua amaca, è tutto quello che sei capace a fare, Shannon. (Va in cima al sentiero e grida verso il basso) Ehi, laggiù, muovetevi! caricate tutto il bagaglio sul pulman! si parte! (Si avvia giù per il sentiero con Miss Fellowes).

Nonno                           - Con quanta calma il ramo dell'arancio Osserva l'alba impallidire il cielo...

Shannon trae un violento sospiro. Poi si slancia giù dal­la veranda e correndo scompare lungo il sentiero. Hannah lo chiama, con un gesto impotente. Maxine appare sulla veranda. Poi in basso, sulla strada si ode un gran baccano, grida d'indignazione e risa di scandalo.

Maxine                          - (correndo sul sentiero) Shannon! Shannon! tor­na su! torna su! Pedro! Pancho! traerme a Shannon! que està haciendo alli? Oh, Dio mio! fermatelo, per amor di Dio! qualcuno lo fermi! (Shannon ritorna an­sante ed esausto. È seguito da Maxine). Shannon, vat­tene nella tua stanza, e non ti muovere finché non saran­no partiti.

Shannon                        - Non darmi ordini.

Maxine                          - Fa' quello che ti dico, altrimenti dovrò farti por­tare... lo sai dove.

Shannon                        - Non mi spingere! non mi tirare!

Maxine                          - Va bene; fa' quello che ti dico.

Shannon                        - Shannon obbedisce solo a Shannon.

Maxine                          - Canterai un'altra canzone, se ti mettono dove ti misero nel '36. Ti ricordi il '36, Shannon?

Shannon                        - Va bene, Maxine ... solo... lasciami riprender fia­to, ti prego. Non voglio andare là dentro, mi metto qui sull'amaca.

Maxine                          - Va nella stanza di Fred, dove posso sorvegliarti.

Shannon                        - Più tardi, Maxine, non adesso.

Maxine                          - Perché vieni sempre qui, ogni volta che ti pren­de una crisi?

Shannon                        - Nell'amaca, Maxine, nell'amaca, vicino alla fo­resta.

Maxine                          - Shannon, va' nella tua stanza e rimani li dentro finché io non torno. Oh, mio, Dio, i soldi! Non hanno pagato il conto degli extra. Bisogna che vada giù e mi faccia pagare prima che... Pancho, vijilalo, entiendes? (Corre di nuovo giù per il sentiero gridando) Ehi! aspet­tate un momento, laggiù!

Shannon                        - Cosa ho fatto? (Scuote la testa, smarrito) Non so che cosa ho fatto. (Hannah apre la zanzariera della sua cella, ma non esce fuori. La debole illuminazione del­la cella di nuovo la fa apparire come la statua di una san­ta medievale. I suoi capelli dorati che ora ha sciolti sulle spalle, rilucono pallidamente; in mano ha una spazzola dal dorso d'argento con la quale se li stava spazzolando). Dio onnipotente... che cosa ho fatto? non so neanch'io che cosa ho fatto. (Si volge ai ragazzi messicani, che sono venuti su dal sentiero) Que hice? que hice?

I due ragazzi scoppiano in selvagge risate, poi Pancho, tra le risa, lo informa che ha orinato sulle valige delle signore.

Pancho                          - Tu measte en las maletas de las senoras!

Shannon                        - cerca di ridere con i ragazzi, che continuano a sganasciarsi, ma la risata gli muore in un singhiozzo sof­focato. In basso sulla strada si ode la voce irata di Maxine che litiga con Jake Latta. Poi si ode la voce di Miss Fellowes, quindi un alterco generale, cui si aggiunge il rombo del motore del pulman.

Shannon                        - Ecco che se ne vanno, le mie signore. Ah, ah! ecco che se ne vanno... (Si volta, e il suo sguardo s'in­contra con quello grave e compassionevole di Hannah. Di nuovo cerca di ridere. Lei scuote la testa con un pic­colo gesto represso, poi lascia cadere la zanzariera si che la sua figura appare adesso come attraverso una nebbia). ... Le mie signore, la mia ultima... ah, ah... (Si spenzola fuori della veranda, poi si raddrizza con una mossa vio­lenta, e con un grido animalesco comincia a tirare la ca­tena cui è appesa la croce, con tanta violenza da ferirsi la nuca; Pancho lo osserva indifferente. Hannah corre verso di lui).

Hannah                         Basta, signor Shannon, non faccia cosi! si sta fe­rendo! Non è affatto necessario, perciò la smetta! (A Pancho) Agarrale las manos! (Pancho di malavoglia ese­gue, ma Shannon con un calcio lo respinge, e riprende a tirarsi violentemente la catena). Shannon, lasci che gliela tolga io. Posso?

Shannon lascia cadere le braccia; lei s'arrabatta col fer­maglio della catena, ma le dita le tremano e non riesce a sganciarla.

Shannon                        - No, è inutile, non si sgancia! devo essere io stes­so a romperla, a strapparmela!

Hannah                         - No, no, aspetti... ecco, ce l'ho fatta!

Shannon                        - Grazie. Se la tenga. Arrivederci! (Scende dalla veranda e s'avvia giù per il sentiero verso la spiaggia).

Hannah                         Dove va, adesso? cosa vuol fare?

Shannon                        - Voglio fare una nuotata. Voglio andare in Cina a nuoto!

Hannah                         No, no, non questa sera, Shannon! Domani... do­mani, Shannon!

Ma egli si fa largo tra i cespugli e scompare.

Hannah gli corre dietro gridando « signora Faulk! » si ode la voce di  Maxine che chiama i ragazzi messicani.

Maxine                          - Muchachos, cojerlo! atarlo! està loco! traerlo aqui! acchiappatelo! è impazzito! portatelo indietro e legatelo!

 

Pochi momenti dopo Shannon è riportato indietro at­traverso i cespugli e issato sulla veranda da Maxine e i ragazzi. Lo legano avvolgendolo nell'amaca; lui si dibat­te per liberarsi, ma senza convinzione, è più una com­media che altro.  Hannah assiste torcendosi le mani.

Hannah                         - L'avete legato troppo stretto! non può respirare!

Maxine                          - Macché! fa solo la commedia! gli piace! Nessuno lo conosce quanto me, questo bastardo d'irlandese, per­ciò lei non se ne immischi, bellezza. Gli vengono queste crisi a intervalli cosi regolari che ci si potrebbe fare un calendario. Ogni diciotto mesi. E per due volte gli è capi­tato mentre si trovava qui; e ho dovuto spendere di tasca mia per farlo curare dai medici. Adesso bisogna che te-tefoni in città per chiamare un medico che gli faccia un'iniezione per farlo star buono, e se domani non sta meglio finirà di nuovo nella Casa de Locos, come l'ulti­ma volta.

Un momento di silenzio.

Shannon                        - Miss Jelkes?

Hannah                         - Si?

Shannon                        - Dove sta?

Hannah                         - Sono qui, dietro di lei. Posso fare qualcosa per lei?

Shannon                        - Sieda qua dove possa vederla. E continui a par­lare. Devo lottare contro questo panico che m'ha preso.

Una pausa.

Hannah                         - accosta una sedia presso l'amaca. I tedeschi fanno ritorno dalla spiaggia. Sono molto diver­titi dallo spettacolo offerto da Shannon       . Nei loro suc­cinti costumi da bagno sfilano sulla veranda e si raggrup­pano intorno a Shannon legato come un salame, e riman­gono a contemplarlo come un buffo animale in uno zoo. Parlano tra loro in tedesco, tranne quando apostrofano direttamente Shannon   o Hannah. Ridacchiano continua­mente; i loro corpi massicci sono lucidi di oleoso umi­dore.

 

Hannah                         - Vi prego! volete essere cosi gentili da lasciarlo in pace?

I tedeschi fingono di non capirla. Frau Fahrenkopf si china su Shannon tutto avvoltolato nell'amaca è lo apo­strofa ad alta voce, articolando lentamente.

Frau Fahrenkopf           - Vero che avete fatto pipi sulle valige di quelle signore del Texas? Ah? Ah? Siete corso laggiù e proprio davanti alla faccia di quelle signore avete fatto pipi sulle valige di quelle signore del Texas?

L'indignata protesta di Hannah è soverchiata dalle risa rabelaisiane dei tedeschi.

Herr Fahrenkopf           - Ach! Wunderbar! Wunderbar! pro­prio gesto epico! Hah? questo si vero modo di mostrare a quelle signore che siete vero gentiluomo americano! (Si volge agli altri dicendo una battuta insolente in te­desco).

Le due donne si sbellicano dalle risa; Hilda cade all'in-dietro tra le braccia di Wolfgang, che la stringe ponen­dole le mani sui seni quasi nudi.

Hannah                         - (chiamando) Signora Faulk! signora Faulk! (Cor­re fino all'angolo della veranda incontrandovi Maxine            ) Dica a questa gente, per piacere, di lasciarlo in pace. Lo stanno tormentando come un animale preso in trappola.

I tedeschi stanno già sfilando giù per la veranda, riden­do e facendo allegre piroette.

Shannon                        - (d'un tratto, con un grande urlo) Regressione nell'infantilismo, ah! ah! regressione nell'infantilismo... l'infantile protesta... ah! ah! ah! l'espressione di rabbia infantile verso la mamma, di rabbia verso Dio, di rabbia verso la maledetta culla, rabbia verso tutto, verso... ogni cosa... regressione nell'infantilismo... (Ora se ne sono andati tutti meno Hannah e Shannon). Mi sleghi.

Hannah                         Non ancora.

Shannon                        - Non ci resisto, cosi legato.

Hannah                         Dovrà restarci ancora un poco.

Shannon                        - Mi dà un senso di panico.

Hannah                         - Lo So.

Shannon                        - Si può anche morire, di panico.

Hannah                         Non si muore, quando uno ne gode come lei, si­gnor Shannon. (Entra nella sua cella, che è proprio die­tro l'amaca. La cella è illuminata, e si vede Hannah pren­dere una piccola teiera e un barattolo dì te dalla sua va­ligia posata sul lettino, e poi un piccolo fornello a spirito. Ritorna fuori con questi oggetti).

Shannon                        - Che cosa voleva dire, con quella frase offen­siva?

Hannah                         Quale frase, signor Shanno  - ?

Shannon                        - Che io ne godo.

Hannah                         - Ah... quella.

Shannon                        - Si, quella.

Hannah                         Non voleva affatto essere offensiva, una semplice constatazione. Io non giudico le persone, le deduco. Nient'altro, le deduco semplicemente, ma per questo bi­sogna che le osservi, no?

Shannon                        - E ha osservato, crede di avere osservato, che a me piace star legato in quest'amaca, tutto avvoltolato come un maiale da mandare al macello. Miss Jelkes?

Hannah                         A chi non piacerebbe soffrire e lavare i propri peccati e quelli del mondo, se ciò si potesse fare in un'amaca, e con corde invece di chiodi, e su una collina tanto più amena del Golgota, il luogo del teschio, signor Shannon? V'è qualcosa di quasi voluttuoso nel modo in cui lei si contorce e geme in quell'amaca... niente chiodi, niente sangue, niente morte. Non è un tipo di crocefissione relativamente comodo, quasi voluttuoso addirit­tura, come espiazione dei peccati del mondo, signor Shannon? (Accende un fiammifero, e con esso un fornello a spirito).

 Una fiamma blu che getta un bagliore palpitante, quasi irreale, in quella parte della veranda, e che si riflette de­licatamente sui colori smorzati della veste di Hannah una veste regalatale da un attore kabuki che posò per lei in Giappone.

Shannon                        - Perché si è d'un tratto rivoltata contro di me, proprio quando avevo più bisogno di lei?

Hannah                         Non mi sono affatto rivoltata contro di lei, si­gnor Shannon. Sto semplicemente tentando di darle un ritratto di se stesso, con parole anziché con pastelli e carboncini.

Shannon                        - Sta mostrando tutt'a un tratto certi lati di zi­tella New England che non le avevo notato finora. M'e­ra parsa una puritana emancipata, miss Jelkes.

Hannah                         Chi mai lo è... completamente?

Shannon                        - Mi era parsa asessuata, e invece tutt'a un tratto si è trasformata in una donna. E vuol sapere perché? perché è lei, non io - non io - che sta godendo della mia situazione. Di vedermi tutto legato cosi. Tutte le don­ne, ne siano coscienti o no, hanno questo desiderio, di vedere un uomo tutto legato. Per tutta la vita cercano di arrivarci, ad avere un uomo tutto legato a loro dispo­sizione. E quando riescono ad averne uno, o tutti quelli che possono, sono finalmente soddisfatte, la loro vita è realizzata. (Hannah pianta teiera e fornello e va ad af­facciarsi alla ringhiera, dove, afferrata ad uno dei pilastri della veranda, trae alcuni profondi respiri). Non le piace, eh, questa osservazione su di lei? trova che la scarpa è troppo stretta, quando la calza sul suo piede, eh? respiri, respiri ancora... prova un senso di panico?

Hannah                         - (rimessasi, ritorna presso il fornello) Vorrei sle­garla subito, ma aspetterò ancora un poco, finché le sia passato questo turbamento. Continua a crogiolarsi in questa sua... commedia della Passione di Cristo. Non posso far a meno di osservare tutto il piacere che prova in queste cose.

Shannon                        - Piacere un corno!

Hannah                         - Penso al suo carico di signore del collegio fem­minile del Texas. Non piacevano affatto neanche a me. Ma dopo tutto avevano messo da parte i soldi duran­te un intero anno per farsi questo viaggio nel Messico, alloggiando in alberghi soffocanti e mangiare la roba a cui erano abituate, volevano sentirsi a casa loro pur lon­tane da casa, ma lei... lei voleva spassarsela, signor Shannon. Lei dirigeva il viaggio come se fosse fatto solo per lei. Per il suo piacere personale.

Shannon                        - Bel piacere!... il piacere di stare all'inferno per tutto il tempo.

Hannah                         - Si, ma consolato ogni tanto dal piccolo prodigio musicale sotto l'ala della maestra di musica.

Shannon                        - Ah! ah! buffo, veramente buffo! anche le zitel­le di Nantucket hanno il loro spirito perverso, eh?

Hannah                         - Si, ce l'hanno. Devono averlo.

Shannon                        - (facendosi a poco a poco più quieto sotto la fred­da influenza della voce dietro di lui) Non posso vedere che cosa stia facendo, cara Miss Jelkes, ma potrei quasi giurare che sta preparando il tè, là dietro.

Hannah                         - È proprio quello che sto facendo.

Shannon                        - Le pare proprio l'ora adatta per prendere un tè? '

Hannah                         - Questo non è semplice tè, è un tè ai semi di pa­pavero.

Shannon                        - Ha il vizio del papavero?

Hannah                         - È un blando sedativo che aiuta .a passare certe notti che altrimenti sarebbero troppo brutte; e lo sto preparando per mio Nonno, per me, e per lei, signor Shannon. Perché per tutti e tre, questa non sarà certo una bella nottata. Lo sente, dentro la sua cella numero 4, come sta ripassandosi i versi della sua nuova poesia? È come un cieco che salga una scala che non porta in nessun posto, che finisce semplicemente nello spazio, e mi fa or­rore pensare che... (Trae alcuni profondi respiri).

Shannon                        - Ci metta un po' di cicuta, nel suo tè al papave­ro, stasera, cosi lui non si risveglierà domattina, per tra­sferirsi alla Casa de Huéspedes. Abbia un po' di miseri­cordia. Ci metta la cicuta e io la consacrerò, la trasformerò nel sangue di Nostro Signore. Accidenti, se mi fa uscire da quest'amaca gliela servirò io stesso; sarò suo complice in questo atto di misericordia. Dirò: «Bevi questo calice, il sangue di Nostro... »

Hannah                         - Basta! la smetta di fare il bambino crudele! non posso sopportare che una persona che rispetto parli e si comporti come un bambino crudele, signor Shannon.

Shannon                        - Che cosa trova da rispettare in me, signorina...?

Hannah                         - Rispetto una persona che ha dovuto lottare, e ululare, per la sua dignità e la sua...

Shannon                        - Quale dignità?

Hannah                         - Si, per la sua dignità e la sua particella di bontà, assai più di quanto rispetti quei fortunati che l'hanno semplicemente ricevuta alla nascita, e mai in seguito gli è stata strappata via da... insopportabili sofferenze...

Shannon                        - Lei mi rispetta!

Hannah                         - Si.

Shannon                        - Ma se ha detto un momento fa che stavo go­dendo di una... voluttuosa crocifissione senza chiodi. Una... come aveva detto... una indolore espiazione dei...

Hannah                         - (interrompendolo) Si, ma penso...

Shannon                        - Mi sleghi!

Hannah                         - Un momento, fra poco, sia paziente.

Shannon                        - Subito!

Hannah                         - Non subito, signor Shannon, non finché sia ra­gionevolmente sicura che non, partirà a nuoto per la Cina, perché, vede, io credo che lei consideri... questa «lunga nuotata verso la Cina» come un'altra espiazio­ne indolore. Voglio dire, non credo che lei pensi che sa­rà intercettato dai pescicani o dai barracuda prima di es­sersi allontanato gran che dalla barriera degli scogli. E io invece temo che lo sarebbe. È semplicemente questo, ammesso che sia semplice.

Shannon                        - Che cosa è semplice?

Hannah                         - Niente, se non che per i semplicioni, signor Shannon.

Shannon                        - Lei crede sia giusto legare la gente?

Hannah                         Solo quando vogliono buttarsi in mare per an­dare in Cina a nuoto.

Shannon                        - E va bene, signorina Budda in gonnella, mi ac­cenda una sigaretta e me la metta in bocca; e me la tol­ga quando mi sente soffocare... se questo non le sembra un altro caso di voluttuosa autocrocifissione.

Hannah                         - (guardando qua e là) Si, ma... dove le ho messe?

Shannon                        - Ne ho un altro pacchetto in tasca.

Hannah                         - Quale tasca?

Shannon                        - Non so in quale tasca, mi dovrà frugare.

Hannah gli tasta la tasca della giacca.

Hannah                         - Nella tasca della giacca non c'è.

Shannon                        - E allora sarà nelle tasche dei pantaloni. (Hannah esita un momento a infilargli la mano nelle tasche dei pantaloni. Ha sempre provato una certa riluttanza ai contatti fisici troppo intimi. Ma dopo un momento di esitazione, si decide a farlo, e tira fuori il pacchetto). Ora l'accenda e me la metta in bocca.

Hanna esegue. Quasi immediatamente Shannon si met­te a tossire, ed espelle di bocca la sigaretta.

Hannah                         - Le è cascata addosso... dov'è?

Shannon                        - (agitandosi e contorcendosi nell'amaca) È sotto di me, sotto di me e mi brucia! mi sleghi per amor di Dio, mi sta bruciando il fondo dei calzoni!

Hannah                         - Alzi il bacino in modo che io...

Shannon                        - Non posso, le corde sono troppo strette. Mi sleghi, mi sleghi!

Hannah                         - Eccola, l'ho trovata!

Ma le grida di Shannon           hanno fatto uscir fuori Maxine dal suo ufficio; corre nella veranda e si siede sopra le gambe di Shannon .

Maxine                          - Senti bene, disgraziato mentecatto irlandese! Brutto scimunito protestante irlandese, ho telefonato a Lopez. Il dottor Lopez, te lo ricordi? quell'uomo con quella sporca giacchetta bianca che era venuto l'ultima volta che ti era girato il pallino, qui, te lo ricordi? quel­lo che ti spedi alla Casa de Locos. Dove ti buttarono in quella cella, senza altro mobilio che un secchio e un po' di paglia, e un tubo dell'acqua, e tu ti arrampicasti su per il tubo, e poi ti lasciasti cadere a testa all'ingiù sul pavimento, procurandoti una contusione? Be', gli ho detto che eri di nuovo qui e avevi ricominciato a dare i numeri, e che se stanotte non tornavi tranquillo, domat­tina doveva spedirti di nuovo là.

Shannon                        - (interrompendola, con una voce di oca spaventa­ta) Via, via, via!

Hannah                         - Oh, signora Faulk, il signor Shannon non potrà calmarsi, se non lo lasciamo tranquillo nell'amaca.

Maxine                          - E allora perché lei, non lo lascia tranquillo?

Hannah                         - Io non gli sto seduta sopra... e ha bisogno di qualcuno che lo assista.

Maxine                          - E questo qualcuno sarebbe lei?

Hannah                         - Molto tempo fa, signora Faulk, dovetti badare a una persona nelle condizioni del signor Shannon, e per­ciò so bene quanto sia necessario lasciarlo tranquillo per un po'.

Maxine                          - Non era affatto tranquillo, stava gridando.

Hannah                         - Si calmerà di nuovo. Gli sto preparando un seda­tivo, signora Faulk.

Maxine                          - Già, vedo. Spenga subito. Nessuno può cucinare qui, all'infuori del cuoco cinese.

Hannah                         - È solo un piccolo fornello a spirito, signora Faulk.

Maxine                          - Lo so anch'io. Spegnere! (Soffia sulla fiamma del fornello e la spegne).

Shannon                        - Maxine, bellezza! (Parla in tono tranquillo, ora) Piantala di perseguitare questa signora. Tanto non riu­scirai a intimidirla. Una puttana non ce la fa a battere una signora, tranne che su un letto d'ottone, bellezza, e certe volte neanche li.

Si odono i tedeschi ordinare a gran voce della birra; vo­gliono che ne sia mandata una cassetta alla spiaggia.

 102

 LA NOTTE DELL'IGUANA

 ATTO TERZO

 IO3

 

 

Wolfgang                      - Eine Kiste Carta Blanca.

Frau Fahrenkopf           - Wir haben genug gehabt... vielleicht nicht.

Herr Fahrenkopf           - Nein! niemals genug.

Hilda                             - Mutter du bist dick... aber wir sind es nicht.

Shannon                        - Maxine, stai trascurando i tuoi doveri di bir-raia. (Parla in tono ironicamente gentile) vogliono una cassetta di Carta Bianca da portare giù alla spiaggia, perciò dagliela... E stanotte, quando la luna sarà tramon­tata, se mi lascerai uscire da quest'amaca, cercherò d'immaginarti come una... ninfa di quindici anni.

Maxine                          - Me ne farei assai, di te, nelle condizioni in cui sei.

Shannon                        - Non fare la snob sessuale, bellezza, alla tua età!

Maxine                          - Ah! (Ma la poco lusinghiera offerta ha fatto ugualmente piacere al suo animo realisticamente mode­sto, perciò se ne torna dai tedeschi).

Shannon                        - E ora mi faccia assaggiare un po' del suo tè al papavero, Miss Jelkes.

Hannah                         - Ho finito lo zucchero, ma ho un po' di zenzero. Un po' di zenzero zuccherato. (Versa un tazza di tè e lo assaggia) Oh, non è ancora arrivato, ma ne assaggi ugual­mente un sorso... (Accende di nuovo il fornello) La se­conda tazza sarà migliore. (Si accovaccia accanto all'a­maca e accosta la tazza alle labbra di Shannon, il quale alza il capo per sorbirne qualche sorso, ma il tè gli va di traverso e tossisce).

Shannon                        - Spirito del gran Cesare! sembra uscito dal cal­daio delle streghe del Macbeth.

Hannah                         - Si, lo so, è ancora amaro.

I tedeschi ricompaiono sulla veranda e sfilano giù per il sentiero, avviati alla spiaggia per una bevuta di birra e un bagno al chiaro di luna. Anche nella penombra ema­nano un che di luminoso, quasi fosforescente per il co­lore della pelle tra il roseo e il dorato. Portano una cas­setta di Carta Bianca, e il cavallo di gomma dai colori fantastici. Hanno il viso raggiante, e presto iniziano a cantare una marcia militare.

 

Shannon                        - Diavoli usciti dall'inferno, con voci... di angeli.

Hannah                         - Si, la chiamano la « logica delle contraddizioni », signor Shannon            .

Shannon                        - (balzando improvvisamente in avanti e liberan­dosi delle corde ormai allentate) Via! libero! Senza aiuto!

Hannah                         - Si, non avevo mai dubitato che fosse in grado di liberarsi, signor Shannon.

Shannon                        - Grazie lo stesso per il suo aiuto.

Hannah                         - Dove va?

Shannon si è accostato al carrello dei liquori.

Shannon                        - Non vado lontano. Solo fino al carrello, per far­mi un cocco al rum.

Hannah                         - Oh!...

Shannon                        - (davanti al carrello) Noce di cocco? c'è. Coltel­lo? c'è. Rum? c'è. Ghiaccio? il secchiello è vuoto. E va bene, si vede che è una serata da bevande calde. Lei, Miss Jelkes? non gradisce un cocco al rum?

Hannah                         - No, grazie, signor Shannon.

Shannon                        - Non le dispiace che me ne faccia uno io?

Hannah                         - Per nulla, signor Shannon.

Shannon                        - Non disapprova questa debolezza?

Hannah                         - II suo problema non è l'alcool, signor Shannon.

Shannon                        - E quale sarebbe il mio problema, Miss Jelkes?

Hannah                         - II più antico del mondo... il bisogno di credere in qualche cosa o in qualcuno... Quasi chiunque, quasi qualunque cosa... Qualcosa.

Shannon                        - Lo dice in un tono piuttosto disperato.

Hannah                         - No, non sono affatto disperata, in proposito. Per­ché io ho scoperto qualche cosa in cui credere.

Shannon                        - Per esempio... Dio?

Hannah                         - No.

Shannon                        - E che cosa?

Hannah                         - Rompere le barriere tra le persone, in modo che possano raggiungersi, fosse pure per una notte soltanto.

Shannon                        - Fermate di una notte, eh?

Hannah                         - Una notte di... comunicazione tra loro, in una veranda, fuori delle loro stanze separate, signor Shannon.

Shannon                        - Non intende fisicamente, vero?

Hannah                         - No.

Shannon                        - Neanch'io lo pensavo. E allora come?

Hannah                         - Un po' di comprensione reciproca, un desiderio di aiutarsi a vicenda, in notti come questa.

Shannon                        - Chi era la persona che lei ha aiutato, tanto tem­po fa, a superare una crisi come questa mia?

Hannah                         - Oh... io stessa.

Shannon                        - Lei?

Hannah                         - Si; la posso aiutare perché ci sono passata anch'io. Anch'io ebbi qualcosa sul tipo del vostro fanta­sma, solo che lo chiamavo con un nome diverso. Lo chiamavo il demone triste, e... oh!... ci fu una vera bat­taglia, una vera lotta tra noi.

Shannon                        - E, evidentemente, vinse lei.

Hannah                         - Non potevo permettermi di perdere.

Shannon                        - E come fece a batterlo, il suo demone triste?

Hannah                         - Gli dimostrai che potevo resistergli, e lo indussi a rispettare la mia resistenza.

Shannon                        - In che modo?

Hannah                         - Semplicemente... resistendo. La resistenza è una cosa che rispettano, i fantasmi e i demoni tristi. E ri­spettano tutti i trucchi che la gente smarrita adopera per eludere e superare lo smarrimento.

Shannon                        - Trucchi tipo tè al papavero?

Hannah                         - Tè al papavero, cocco al rum, o magari solo dei respiri profondi. Tutto, qualunque cosa facciamo per sfuggire loro e andare avanti.

Shannon                        - Andare dove?

Hannah                         - Verso cose come questa, magari. Questa veranda sopra la foresta e la baia tranquilla, dopo lunghi e trava­gliati viaggi. Non dico semplicemente viaggi intorno al mondo, sulla superficie terrestre. Voglio dire... viaggi sotterranei... i viaggi che la gente oppressa, ossessiona­ta, è costretta a fare attraverso... i lati oscuri della pro­pria natura.

Shannon                        - Non mi dirà che vi sono dei lati oscuri nella sua natura! (Dice questo in tono sardonico).

Hannah                         - Non c'è bisogno che spieghi proprio a lei, a una persona d'esperienza e istruita come lei, signor

Shannon                        - , che non c'è cosa che non abbia il suo lato oscuro. (Hannah guarda Shannon e si rende conto che la sua at­tenzione è altrove. Egli sta fissando intensamente fuori della veranda, con quell'astrazione, non vaga ma terri­bilmente concentrata, che è tipica della follia. Anche lei si volta, per vedere che cosa egli stia fissando. Chiude gli occhi per un momento, e trae un profondo sospiro, poi riprende a parlare, con una voce da ipnotizzatore, come se non le parole contassero, visto ch'egli non la sta ascol­tando, bensì il tono e la cadenza della sua voce) Tutte le cose, nel sistema solare, hanno un lato oscuro, tutte tranne il sole... il sole è l'unica eccezione. Ma lei non mi sta ascoltando, vero?

Shannon                        - (come in risposta alla sua domanda) Il fantasma è là, nella foresta. (D'un tratto lancia la noce di cocco con gran violenza, fuori della veranda, suscitando un gran baccano tra gli uccelli della foresta) Bel colpo!... L'ho colpito in pieno grugno e gli ho fatto saltare i den­ti come chicchi di granturco da una pannocchia.

Hannah                         - Se n'è andato... dal dentista?

Shannon                        - Si è ritirato un po' più lontano, ma quando suo­nerò per la colazione, domattina, sarà lui a portarmela, e con un ghigno che farà cagliare il latte nel caffè, e lui puzzerà come un... gringo ubriaco in una prigione mes­sicana, che abbia dormito tutta la notte nel suo vo­mito.

Hannah                         - Se lei si sveglierà prima che io sia uscita, glielo porterò io, il caffè... se mi chiamerà.

Shannon                        - (torna a rivolgere l'attenzione ad Hannah) No, lei se ne sarà andata, che Dio mi aiuti.

Hannah                         - Può darsi, ma può anche darsi di no. Bisogna che pensi qualcosa per placare la vedova, domattina.

Shannon                        - La vedova è implacabile, bellezza.

Hannah                         - Credo che troverò qualcosa, perché è necessario. Non posso far trasferire il

Nonno                           - alla Casa de Huéspedes, signor Shannon. Non più di quanto potrei permet­tere a lei di gettarsi in mare per andare in Cina. Lo sa bene. No di certo, se posso evitarlo. E quando mi trovo alle strette sono piena di risorse.

Shannon                        - Come fece per superare il suo collasso nervoso?

Hannah                         - Non ebbi mai un vero collasso, non me lo potevo permettere. Naturalmente ci andai molto vicino, una volta. Sono stata giovane, una volta, signor Shannon, ma ero una di quelle persone che possono essere giovani senza possedere realmente alcuna gioventù; ed esser privi di gioventù quando si è giovani è una cosa molto brut­ta. Ma io ebbi fortuna. Il mio lavoro, questa terapia oc­cupazionale che usai su me stessa - la pittura, e l'esecu­zione di ritrattini in due minuti - faceva si che guardassi sempre fuori di me stessa, non dentro di me, e a poco a poco, in fondo al tunnel in cui mi dibattevo nello sforzo di uscirne fuori, cominciai a intravedere quella debole, debolissima luce grigia - la luce del mondo fuori di me -e continuai ad arrancare verso di essa. Dovevo farlo.

Shannon                        - E rimase grigia, quella luce?

Hannah                         No, no, diventò bianca.

Shannon                        - Soltanto bianca? mai dorata?

Hannah                         - No, rimase semplicemente bianca, ma una luce bianca è già una splendida luce, se la si vede in fondo a un lungo tunnel nero che pensavate non sarebbe finito mai; che soltanto Dio o la morte avrebbero potuto far finire; e specie quando uno... dato che io... ero ben lun­gi dall'esser sicura, a proposito di Dio.

Shannon                        - E continua ad esserne cosi insicura?

Hannah                         - Non quanto una volta. Vede, nella mia professio­ne io devo guardare bene le facce umane, devo guardar­le da vicino, per potervi cogliere qualcosa prima che il cliente si spazientisca e chiami: «Cameriere, il conto! Ce ne andiamo». Naturalmente, certe volte, vedo sem­plicemente dei malloppi di pasta umida che passano per facce umane, con dei blocchetti di gelatina al posto degli occhi. E allora faccio appello a mio Nonno con le sue poesie, perché quelle facce non riesco a disegnarle. Ma sono casi eccezionali; non mi paiono nemmeno facce reali. La maggior parte delle volte vedo qualcosa, e so coglierlo - come ho colto qualcosa nella sua faccia, quan­do l'ho disegnata, oggi pomeriggio, con gli occhi aperti. Mi sta ascoltando? (Lui si accovaccia accanto alla sedia di lei, fissandola con uno sguardo intento). A Scianghai, Shannon, c'è un posto chiamato la Casa dei Moribondi i vecchi poverissimi moribondi, vengono portati là dai più giovani, poverissimi figli e nipoti, li portano li a morire su stuoie, su giacigli di paglia. La prima volta che ci andai ne rimasi sconvolta, e fuggii via. Ma in se­guito vi tornai e vidi che i figli e i nipoti, e i custodi del luogo, mettevano piccole cose accanto a quei letti di morte, mazzolini di fiori, canditi all'oppio, emblemi re­ligiosi. E questo mi mise in grado di trattenermi là den­tro per disegnare quelle facce morenti. A volte, soltanto gli occhi erano ancora vivi; ma, signor Shannon, quegli occhi di derelitti moribondi con quegli ultimi piccoli do­ni li accanto, le dico, signor Shannon, quegli occhi guar­davano in su con l'ultimo barlume di vita che ancora vi rimaneva, chiari come le stelle della Croce del Sud, si­gnor Shannon. E adesso... adesso le dirò una cosa che le sembrerà una cosa che solo la nipote zitella di un poeta romantico di second'ordine, potrebbe dire... non ho mai visto niente di più bello, nemmeno il panorama che si gode da questa veranda fra cielo e mare. E ultimamen­te... ultimamente gli occhi di mio Nonno mi hanno guar­data a quel modo... (Si alza d'un tratto e va ad affacciarsi alla ringhiera della veranda) Mi dica che cos'è questo rumore che continuo a sentire, laggiù?

Shannon                        - È l'orchestra marimba della tavernetta giù alla spiaggia.

Hannah                         No, non dico quello, volevo dire questo grattare e agitarsi che si sente sotto la veranda.

Shannon                        - Ah, quello! I ragazzi messicani che lavorano qui hanno acchiappato un'iguana e l'hanno legata a un palo qui sotto la veranda; e naturalmente sta cercando di scappare. Ma arriva al fondo della corda, e poi si deve fermare. Ah, ah! E continuerà a far cosi (parafrasando la poesia del Nonno) «...finché l'alba impallidisce il cielo »... Ma lei, non ha una sua vita personale... a parte gli acquarelli, e gli schizzi, e i suoi viaggi col Nonno?

Hannah                         - Formiamo una famiglia, una casa, mio Nonno ed io, capisce che cosa intendo per casa? Non una comune casa, voglio dire, non ciò che intende la gente quando parla di una casa, perché non considero una casa come una... be' come un posto, una costruzione... una vera ca­sa di mattoni... o di legno, o di pietra. Secondo me è un qualcosa che due persone hanno in comune, in cui cia­scuno può... rifugiarsi... riposarsi... abitare, in senso mo­rale, intendo. Non so se questo abbia qualche significa­to per lei, signor Shannon.

Shannon                        - Certo. Assolutamente. Ma...

Hannah                         - Altra frase incompleta.

Shannon                        - Meglio lasciarla cosi. Magari avrei detto qual­cosa che l'avrebbe offesa.

Hannah                         - Non ho la pelle cosi delicata, signor Shannon.

Shannon                        - Bene, allora, le dirò... (torna al carrello dei li­quori) ... quando un uccello costruisce il suo nido, dove potersi rifugiare, dove poter vivere, non lo costruisce su... su un albero che sta per cadere.

Hannah                         - Io non sono un uccello, signor Shannon.

Shannon                        - Stavo solo facendo un paragone, Miss Jelkes.

Hannah                         - Credevo si stesse facendo un altro cocco al rum, signor Shannon.

Shannon                        - Tutt'e due. Quando un uccello costruisce il ni­do, lo fa pensando... di rimanerci almeno per un po' di tempo, e anche con l'idea di sposarsi e di propagare la specie.

Hannah                         - Le ripeto che io non sono un uccello, signor Shannon, sono un essere umano, e quando un membro di questa fantastica specie si costruisce il nido nel cuore di un altro, la questione della permanenza non è forse la prima o magari l'ultima cosa che si considera... necessa­riamente?... sempre? da qualche tempo in qua, a mio Nonno e a me viene fatto continuamente di considerare quanto tutto sia provvisorio. Torniamo in un albergo dov'eravamo stati tante volte, e non esiste più. O, se c'è ancora, l'antico direttore che ad ogni nostra partenza ci aveva sempre salutati:cosi cordialmente con un ar­rivederci, non c'è più, e al suo posto ce n'è uno nuovo, che ci guarda con sospetto.

Shannon                        - Si. Comunque restava sempre il fatto che voi due eravate insieme.

Hannah                         Proprio cosi.

Shannon                        - Ma quando il vecchio signore non ci sarà più?

Hannah                         - Ebbene?

Shannon                        - Lei che cosa farà? Si fermerà?

Hannah                         - Mi fermerò, o continuerò a girare... probabil­mente continuerò.

Shannon                        - Da sola? Andando per gli alberghi da sola, man­giando da sola ai tavoli per uno, in un angolo, quei ta­voli che i camerieri chiamano solitari?

Hannah                         - Grazie della sua simpatia, signor Shannon, ma nella mia professione sono costretta ad avere rapidi con­tatti con estranei, che diventano in breve degli amici.

Shannon                        - I clienti non sono amici.

Hannah                         - Diventano amici, se sono gentili.

Shannon                        - Si, ma come le sembrerà dover viaggiare da so­la dopo aver viaggiato per tanti anni con.,.

Hannah                         - Lo saprò quando mi ci troverò... E non dica « da sola », come se non fosse mai successo a nessuno, di tro­varsi solo. Lei, per esempio.

Shannon                        - Io ho sempre viaggiato con un codazzo di turi­sti appresso, in treno, in aereo, in pulman.

Hannah                         - Ciò non toglie che fosse sempre completamente solo.

Shannon                        - Non manco mai di allacciare una relazione inti­ma con qualcuna della comitiva.

Hannah                         - Si, con la turista più giovane della comitiva; ero sulla veranda, oggi pomeriggio, quando l'ultima di que­ste signorine ha dato una dimostrazione di quanto squal­lida sia per lei, signor Shannon, questa relazione intima. L'avventura nella fredda, disumana stanza d'albergo, e che le suscita un disgusto per la sua partner quasi quan­to ne prova per se stesso. E dopo, dimostra una tale cor­tesia, per la signora, da gelarla fino al midollo, le piccole attenzioni che le usa a ricompensa del piacere che ha preso di lei, le signorili premure di cui la colma, da gen­tiluomo nato... Oh, no, signor Shannon, non s'illuda d'aver mai viaggiato con qualcuno. Lei ha sempre viag­giato solo, con la sola compagnia del suo fantasma, come lei lo chiama. È lui, il suo compagno di viaggio. Niente, nessun altro ha mai viaggiato con lei.

Shannon                        - Grazie, della sua simpatia, Miss Jelkes.

Hannah                         - Non c'è di che, signor Shannon. E ora credo che farò meglio a scaldare il tè al papavero per il Nonno. So­lo se farà una buona nottata di sonno sarà in grado di proseguire, domani mattina.

Shannon                        - Si. Bene, se la conversazione è terminata... cre­do che andrò giù a farmi una nuotata.

Hannah                         - Verso la Cina?

Shannon                        - No, non fino in Cina, solo fino all'isoletta, là davanti, con quel piccolo bar sonnolento... chiamato « La cantina serena ».

Hannah                         - Perché?

Shannon                        - Perché non sono un ubriaco molto simpatico, e stavo per farle una domanda poco simpatica.

Hannah                         - La faccia. Non vi sono limiti alle domande, qui, stasera.

Shannon                        - E non vi sono limiti neanche alle risposte?

Hannah                         - Non che io sappia, tra lei e me, signor Shannon.

Shannon                        - La prendo in parola.

Hannah                         - Avanti.

Shannon                        - È un patto.

Hannah                         - Solo, si rimetta giù nell'amaca, e si beva un'inte­ra tazza di tè al papavero, stavolta. È più caldo, adesso, e con lo zenzero zuccherato sarà più facile da mandar giù.

Shannon                        - Va bene. La domanda è questa: non ha mai avuto in vita sua una qualunque specie di vita amorosa? (Hannah s'irrigidisce per un momento). Mi pareva aves­se detto che non c'erano limiti alle domande.

Hannah                         - Facciamo un patto... risponderò alla sua doman­da dopo che lei avrà bevuto un'intera tazza di tè al pa­pavero, cosi potrà farsi una buona dormita, stanotte, che ne ha molto bisogno anche lei. È abbastanza caldo, adesso, e lo zenzero lo rende molto più... (ne sorbisce un sorso) ... bevibile.

Shannon                        - Tenta di addormentarmi, con la speranza di po­termi truffare della risposta? (Accetta la tazza dalle ma­ni di lei).

Hannah                         - Non sono il tipo da truffare nessuno. Beva, beva tutto. Tutto. Tutto'.

Shannon                        - (con una smorfia di disgusto, mentre vuota la taz­za) Spirito del gran Cesare! (Scaraventa la tazza fuori della veranda e si butta giù sull'amaca, ridacchiando) Si sieda dove io possa vederla, Miss Jelkes, cara. (Hannah siede su una sedia a qualche distanza dall'amaca). Dove la possa vedere! Non ho i raggi X dietro la testa, Miss Jelkes! (Lei sposta la sedia più vicino all'amaca). Più in qua, più in qua, più in qua! (Lei obbedisce). Ecco, così. E adesso risponda alla mia domanda, Miss Jelkes, cara.

Hannah                         - Le dispiace ripeterla?

Shannon                        - (lentamente, con enfasi) Ha mai avuto, in tutta la sua vita, in tutti i suoi viaggi, una qualche esperienza, un qualche incontro con quella che Larry-Testamatta-Shannon chiama vita amorosa?

Hannah                         - Ci sono cose... peggiori della castità, signor Shannon.

Shannon                        - Certo, la pazzia; e la morte, per esempio, sono due cose un po' peggiori (forse) Ma la castità non è una cosa in cui a una bella donna o a un uomo simpatico pos­sa capitare di cascarci dentro come in una pozzanghera o una tagliola, no? (Una pausa) Continuo a pensare che lei sta cercando di truffarmi della risposta... (Fa per al­zarsi dall'amaca).

Hannah                         - Signor Shannon, le assicuro che questa serata è dura da passare per me non meno che per lei. Ma è lei che non mantiene i patti. Le avevo detto di stare giù di­steso. Avanti! Si, si, ho :avuto due esperienze, be', due incontri, con...

Shannon                        - Due, ha detto?

Hannah                         - Si, ho detto due. E non ho esagerato; e non dica « fantastico! » prima che le abbia raccontato le due sto­rie. Quando avevo sedici, anni, la sua età favorita, signor Shannon, tutti i sabati pomeriggio mio Nonno mi dava trenta centesimi, la mia paga, il mio stipendio, per i miei servigi di segretaria e di governante. Venticinque centesimi erano per il biglietto del cinema di Nantucket, e i cinque che restavano per un sacchetto di noc­cioline, signor Shannon. Mi sedevo in fondo al cinema quasi vuoto, in modo da non disturbare nessuno masti­cando le noccioline. Be'... un pomeriggio, un giovanotto venne a sedersi accanto a me e mi premette il... ginoc­chio contro il mio e... io mi spostai di due sedili, ma si spostò anche lui e continuò a... spingermi! Balzai in pie­di e mi misi a gridare. Fu arrestato, per molestie a'una minorenne.

Shannon                        - E languisce ancora nelle prigioni di Nantucket?

Hannah                         - No. Lo feci rilasciare. Dissi alla polizia che era un film con Clara Bow - era proprio vero - e io ero un po' sovreccitata.

Shannon                        - Fantastico.

Hannah                         - Si, proprio! La seconda esperienza è molto più recente, è solo di due anni fa, quando io e il Nonno era­vamo a Singapore, e lavoravamo al Raffles Hotel, e face­vamo ottimi affari, tanto da poterci permettere larghe spese superflue. Una sera nel Cortile delle Palme del Raffles conoscemmo questo viaggiatore di commercio australiano. Un tipo molto comune... sa bene, di mezza età, grassoccio, un po' calvo, che parla in punta di for­chetta, e terribilmente cordiale. Era solo, e soffriva visi­bilmente di solitudine. Il Nonno    gli recitò una poesia, e io gli feci un ritrattino sfacciatamente adulatorio. Mi pagò più del prezzo normale, e diede a mio Nonno cin­que dollari malesi, si, e mi comprò perfino uno dei miei acquarelli. Poi il Nonno andò a letto. L'australiano mi invitò' a fare una passeggiata in barca con lui. Be', era stato cosi generoso... insomma, accettai. Si, accettai. Il Nonno sali nella sua stanza ed io uscii in sanpan con que­sto viaggiatore in biancheria intima per signora. Notai che diventava sempre più...

Shannon                        - Cosa?

Hannah                         - Be'... sempre più agitato... mentre gli ultimi bagliori del tramonto svanivano sul mare. (Ride piano con delicata tristezza) Insomma a un certo punto si chinò verso di me.., eravamo seduti uno di fronte all'altro, nel sanpan... mi guardò intensamente, appassionatamente negli occhi (ride di nuovo), e mi disse: «Miss Jelkes! mi fa un favore? vuol fare una cosa per me? » « Che co­sa? » dissi io. « Bene », disse lui, « se mi volto, e guardo da un'altra parte, vuole togliersi un suo indumento, e me lo dà da tenere, semplicemente da tenere in mano? »

Shannon                        - Fantastico!

Hannah                         - Poi disse: «Sarà questione di pochi secondi». «Pochi secondi per che cosa? » dissi io. (Di nuovo fa una sommessa risatina) Non disse per che cosa, ma...

Shannon                        - Per soddisfarsi?

Hannah                         - Già.

Shannon                        - E lei che cosa fece... in una situazione simile?

Hannah                         - Aderii alla sua richiesta. Si! e lui mantenne la sua promessa. Rimase voltato finché io gli dissi: «Fat­to» e gli lanciai... l'indumento.

Shannon                        - E lui che cosa ne fece?

Hannah                         - Lui non si mosse, tranne che per prendere ciò che aveva chiesto. Io guardai dall'altra parte mentre lui si soddisfaceva.

Shannon                        - In Estremo Oriente, attenti ai viaggiatori di commercio! È questa la morale, no?

Hannah                         - Oh, no, la morale è orientale. Accetta tutte le si­tuazioni che non puoi migliorare.

Shannon                        - « Quando non si può fare altrimenti, mettiti co­modo e goditela », è cosi?

Hannah                         - Mi aveva comprato;un acquarello. Fu un episo­dio imbarazzante, ma non violento. Andai e tornai in­tatta. Oh, e la cosa più buffa fu che quando tornammo all'albergo, in ascensore, lui tirò fuori di tasca l'indu­mento, come un bambino timido che abbia portato una mela alla maestra, e cercò di cacciarmelo in mano. Ma io non volli accettarlo. Gli sussurrai: «Oh, prego, se le tenga pure, signor Willoughby! » Mi aveva pagato quan­to gli avevo chiesto per l'acquarello e in certo modo quella piccola esperienza era stata piuttosto toccante. Voglio dire, era stato così malinconico là fuori, nel sanpan, con il cielo striato di viola, e quel piccolo australia­no di mezza età, che soffiava come se stesse morendo di asma! E il pianeta Venere che spuntò serenamente da dietro una nuvola, sopra lo stretto di Malacca...

Shannon                        - E un'esperienza come questa... lei la chiama un...

Hannah                         - Un'esperienza amorosa? Si. La chiamo così.

Lui la guarda con incredulità, fissandola cosi acutamen­te che lei ne è imbarazzata e si pone sulla difensiva.

Shannon                        - E questo... questo triste, piccolo, sporco episo­dio, lei lo chiama un...?

Hannah                         - (interrompendolo, in tono brusco) Triste lo fu certamente - per quel buffo ometto -, ma perché lo chia­ma « sporco » ?

Shannon                        - Come si senti, lei, una volta tornata nella sua stanza?

Hannah                         - Mi sentii confusa... un po' confusa, immagino... Sapevo che cos'era la solitudine, lo squallore, ma non fino a quel punto... né cosi profondo.

Shannon                        - Vuol dire che non provò alcun disgusto?

Hannah                         - Nulla di ciò che è umano mi disgusta, a meno che non sia cattivo, violento. E le ho detto che persona gen­tile era quel poveretto..., timido, riguardoso, e veramen­te molto, molto delicato. Comunque, le garantisco che fu una cosa piuttosto fantastica.

Shannon                        - Lei è...

Hannah                         - Sono cosa? « fantastica »?

Mentre loro parlavano si udiva ogni tanto la voce del Nonno, che mormorava, dentro il suo cubicolo. D'un tratto si ode distintamente:

Nonno                                     - E alla fine degli anni ripiegato Giù verso terra ricadrà fiaccato.

 

La voce torna a farsi un mormorio. Shannon, in piedi dietro Hannah, le mette una mano sulla gola.

Hannah                         - Che cosa fa? Mi vuole strangolare, signor Shannon?

Shannon                                  -  Non sopporta di essere toccata?

Hannah                         - Se lo risparmi per la vedova. Non fa per me.

Shannon                                  - Si, ha ragione. (Toglie la mano) Con la signo­ra Faulk, la vedova inconsolabile, potrei farlo, ma con lei no.

Hannah                         - (asciutta, ma in tono leggero) Zitella perde, ve­dova vince, Signor Shannon.

Shannon                        - O invece, vedova perde e zitella vince. Comun­que sia, mi fa pensare a un qualche vecchio gioco di so­cietà, degno di un salotto della Virginia o di Nantucket. Ma... mi domandavo una cosa...

Hannah                         - Che cosa si domandava?

Shannon                        - Perché non potremmo... viaggiare insieme, in­tendo semplicemente viaggiare.

Hannah                         - Crede che potremmo, secondo lei?

Shannon                        - Perché no. Non vedo perché no.

Hannah                         - Credo che domattina la poca attuabilità di quest'idea le apparirà molto più chiara, signor Shannon. (Chiude il ventaglio e si alza) Possiamo sempre contare sulla mattina per riportarci su un piano più realistico... Buonanotte, signor Shannon, devo fare le valige, prima che sia troppo stanca.

Shannon                        - Non mi lasci qui fuori da solo.

Hannah                         - Devo fare le valige subito, in modo che domatti­na appena giorno possa mettermi sulla Plaza e cercare di vendere qualche cosa.

Shannon                        - Non riuscirà a vendere neanche un acquarello, neanche un disegno, in quella piazza rovente come un forno, domattina. Cara Miss Jelkes, non mi pare che lei stia operando su un piano realistico, in questo momento.

Hannah                         - E invece sarebbe diverso, se ci mettessimo a viag­giare insieme?

 

Shannon                        - Continuo a non vedere perché non potremmo.

Hannah                         - Signor Shannon, lei non è in condizione di viag­giare, in questo momento, né da solo, né in compagnia di chiunque. Le pare crudele da parte mia dirle questo?

Shannon                        - Intende dire che resterò attaccato qui, per sem­pre? a filare con la... vedova inconsolabile?

Hannah                         - Tutti quanti filiamo con qualcosa o con qualcu­no, e se è qualcuno, invece di essere semplicemente qual­cosa, siamo fortunati, forse... eccezionalmente fortunati. (Fa per entrare nel suo cubicolo, ma sulla soglia si volta di nuovo verso di lui) Oh, e domattina... (Si tocca la fronte, come se fosse un po' confusa, oltre che esausta).

Shannon                        - Ebbene? domattina?

Hannah                         - (con difficoltà) Domattina credo sarà bene non dimostrare un particolare interesse l'uno per l'altro; la signora Faulk è un tipo morbosamente geloso.

Shannon                        - Ma davvero!

Hannah                         - Si; a quanto pare deve aver frainteso il nostro amichevole interessamento reciproco. Perciò penso sia preferibile evitare altre lunghe conversazioni sulla ve­randa. Voglio dire, fintanto che lei non sarà del tutto ras­sicurata, sarà meglio che ci diciamo soltanto buongiorno e buonasera.

Shannon                        - Non siamo obbligati a dirci nemmeno quello.

Hannah                         - Io lo dirò, ma lei non sarà obbligato a rispondere.

Shannon                        - (selvaggiamente) E se comunicassimo battendo colpi nel muro? Sa, come fanno i carcerati, da una cella all'altra? Un colpo: sono qui. Due colpi: tu ci sei? Tre colpi: si ci sono anch'io. Quattro colpi: magnifico, ci siamo tutti e due! Cristo!... Qua, prenda questa. (Si strappa di tasca la croce d'oro) Prenda la mia croce d'oro e se la impegni; è oro a ventidue carati.

Hannah                         - Ma cosa...?

Shannon                        - C'è un bell'ametista nel centro: potrete pagar-vici il viaggio per tornare negli Stati Uniti.

Hannah                         - Signor Shannon, ha perduto completamente la testa, adesso, mi pare.

Shannon                        - Anche lei, Miss Jelkes, che continua a parlare di domani, come se...

Hannah                         - Dicevo soltanto che…..

Shannon                        - Lei non sarà più qui, domani! Se n'è dimenti­cata?

Hannah                         - (con una piccola risatina sgomenta) Già, è vero, me n'ero dimenticata!

Shannon                        - La vedova vuol farvi fuori, e dovrete andarve­ne, anche se domattina sulla Plaza riusciste a vendere i vostri acquarelli come frittelle calde, magari ai cani ran­dagi. (La guarda scuotendo, la testa con aria afflitta).

Hannah                         - Credo che lei abbia ragione, signor Shannon. De­vo essere troppo stanca per( riflettere, o forse mi son pre­sa la sua febbre... mi era proprio sfuggito di mente, che...

Nonno                           - (d'improvviso dal suo Cubicolo) Hannah!

Hannah                         - (correndo verso la porta del Nonno) Si, che c'è Nonno? (Lui non la sente è continua a chiamarla forte). Sono qui, sono qui!

Nonno                           - Non entrare ancora, ma resta a portata di voce.

Hannah                         - Si, non mi allontano, Nonno. (Si volge verso Shannon, traendo un profondo respiro).

Shannon                        - Senta io non voglio più averla addosso questa croce, se non la prende lei la scaravento nella foresta, contro il mio fantasma. (Alza il braccio per lanciare la croce, ma lei glielo afferra,impedendoglielo).

Hannah                         - E va bene, signor Shannon, la prendo, allora. Gliela terrò io.

Shannon                        - La impegni, cara, deve impegnarla.

Hannah                         - Va bene, se la impegnerò, le spedirò la bolletta per posta, cosi potrà riscattarla, poiché la vorrà di nuo­vo, quando le sarà passata questa febbre. (Si avvia cieca­mente giù per la veranda, e fa per entrare nel cubicolo sbagliato).

Shannon                        - Quella non è la sua cella; la sua è questa qui. (Il suo tono è tornato gentile).

Hannah                         - È vero, scusi. Non;sono mai stata cosi stanca in vita mia. (Di nuovo si volta verso di lui. Egli la fissa in volto, mentre lei guarda ciecamente al di là di lui). Mai! (Una breve pausa). Cos'è che ha detto, che fa questo ru­more secco, continuo, sotto la veranda?

Shannon                        - Gliel'ho detto prima.

Hannah                         - Si, ma non avevo afferrato.

Shannon                        - Vado a prendere la mia torcia elettrica. Gliela faccio vedere. (Entra rapidamente nel suo cubicolo e ne riesce con una torcia elettrica) È un'iguana. Adesso glie­la faccio vedere. La vede? Laggiù, in fondo alla sua cor­da? che cerca di andare più in là della sua maledetta corda? come lei! come me! come il Nonno, con la sua ul­tima poesia.

Nella pausa che segue si ode un canto proveniente dalla spiaggia.

Hannah                         - Che cos'è un'... iguana?

Shannon                        - È una specie di lucertola... molto grossa, una lucertola gigantesca. I ragazzi messicani l'hanno cattura­ta, e l'hanno legata li.

Hannah                         - E perché l'hanno legata?

Shannon                        - È cosi che fanno. La legano, la ingrassano, e poi quando è a puntino, se la mangiano. È una leccornia. Sembra carne di pollo. O almeno cosi dicono i messica­ni. E i ragazzi, poi, i ragazzi messicani, ci si divertono un mondo, con le iguana, gli cacciano gli occhi con uno stecco, gli bruciano la coda coi fiammiferi. Cose del ge­nere. Bello, no?

Hannah                         - Signor Shannon, la prego vada giù, le tagli la cor­da e la faccia scappare!

Shannon                        - Non posso.

Hannah                         - Perché non può?

Shannon                        - La signora Faulk vuol mangiarsela. E io devo accontentarla. Sono alla sua mercè. A sua disposizione.

Hannah                         - Non capisco. Voglio dire, non capisco come si possa mangiare una lucertola.

Shannon                        - Non sia cosi sofistica. Se avesse molta fame, la mangerebbe anche lei. Non s'immagina neanche cosa riesce a mangiare la gente quando è affamata. C'è anco­ra un mucchio di gente affamata nel mondo. Molti muo­iono di fame, ma ne rimane sempre un mucchio ancora vivi e affamati, creda me, si può fidare. Una volta, gui­davo una comitiva di... signore si di signore... attraverso un paese tropicale che! non nomino, ma che pure è in questo mondo; stavamo  passando in pulman lungo la costa, e vedemmo un gran monte di... be', una cosa che puzzava parecchio. E una delle mie signore, dice: «Oh, Larry, cos'è quella roba?! » Io mi chiamo Lawrence, e le signore con cui sono più in confidenza, certe volte mi chiamano Larry. Non dissi la parola di cinque lettere per spiegare che cos'era quel mucchio. Pensai non fosse necessario dirla. Poi quella notò, e lo notai anch'io, una coppia d'indigeni molto vecchi, di quel paese che non nomino, praticamente nudi, solo qualche sudicio cencio, che strisciavano intorno a quel mucchio di... e... ogni tanto vi raccoglievano qualcosa e se lo cacciavano in bocca. Che roba era? Etano... particelle di cibo non digerito, Miss Jelkes. (Ve un silenzio per un momento. Poi, dalla gola di Hannah erompe un gorgoglio, e lei di corsa percorre tutta la veranda, scende i gradini e scom­pare per un poco. Shannon continua a parlare a se stesso e alla luna) Be', perché le ho raccontato questo, adesso? perché è vero? il fatto che fosse vero non era una ragio­ne per raccontarglielo. Anzi proprio perché era vero, era una buona ragione peri non raccontarglielo. Peraltro... credo che io, sul momento seppi resistere bene, a quello spettacolo, in quel paese che non nomino. Il graduale-rapido, naturale-innaturale, predestinato-accidentale col­lasso nervoso del giovane T. Lawrence Shannon, si, l'an­cora giovane signor T. Lawrence Shannon, per il cui lento-rapido processo di... il suo ultimo viaggio turistico attraverso paesi tropicali... perché ho detto «tropicali »? diavolo! si! sono stati sempre dei paesi tropicali, quelli che ho fatti visitare alle mie comitive di signore. Che abbia... che abbia un qualche significato, questo fatto? può darsi. Un rapido deterioramento è proprio caratteri­stico dei climi caldo-umidi, dei climi torridi... e io ci torno sempre di corsa,,come un... frase incompiuta... e ogni volta conquistando una o due signore, o magari tre, o quattro, o cinque signore della comitiva, ma pri­ma, ogni volta, martirizzandola, mostrandole tutti gli... orrori? si, gli orrori!... del paese tropicale che stavamo visitando. Il cervello mi sta venendo meno come un mo­tore che si spegne... perciò, credo che rimarrò qui a ral­legrare la padrona per il resto della mia vita. Be', è vec­chia abbastanza da precedermi nella tomba. Sarà lei la prima a sloggiare, e immagino che dopo un paio d'anni di convivenza con lei, potrò sopportare abbastanza bene il colpo della sua perdita... che cos'è, questo... crudel­tà?... pietà?... non so. Tutto quello che so è che...

Hannah                         - (da sotto la veranda) Sta parlando da solo.

                                     

Shannon                        - No. Parlavo a lei. Sapevo che poteva sentirmi, li sotto, ma non vedendola, potevo parlare più facilmen­te, capisce...

Nonno                                     - Una cronaca ormai non più dorata Nebbia e muffa di lui faran contesa...

Hannah                         - (tornando sulla veranda) Ho dato un'occhiata da vicino all'iguana, là sotto.

Shannon                        - Ah si? E come le è parsa? Simpatica? affasci­nante?

Hannah                         - No, non è una creatura simpatica. Ma nonostan­te questo continuo a pensare che dobbiamo liberarla.

Shannon                        - Si dice che le iguana si stacchino la coda con un morso, quando son legate per la coda.

Hannah                         - Questa è legata per il collo. Non può staccarsi la testa con un morso, per liberarsi, signor Shannon. Mi guardi negli occhi e mi dica sinceramente se crede che quel povero animale non può sentire né dolore, né paura!

Shannon                        - Anche lui è una creatura di Dio; è questo che vuol dire?

Hannah                         - Se vuol metterla cosi, ebbene, si, signor Shannon; vuole per piacere, tagliarle quella corda e liberar­la? Perché se non lo fa lei lo farò io.

Shannon                        - Adesso mi guardi lei, negli occhi, e mi dica sin­ceramente se la cosa che la turba di più, in questo retti­le legato là sotto, non è l'analogia tra la sua situazione e quella di suo Nonno, che sta consumando le sue ultime forze per terminare la sua ultima poesia!

Hannah                         - Si, io...

Shannon                        - Non c'è bisogno che finisca la frase. Giochere­mo a fare Dio, stasera, come bambini che giocano a far la casa con scatole e vecchi cestini rotti. Va bene? Ora

Shannon                        - andrà giù col suo machete, e libererà quel dan­nato lucertolone, e lo lascerà riscappare nei suoi boschi, visto che Dio non lo fare, e noi giochiamo a fare Dio, qui.

Hannah                         - Sapevo che lo avrebbe fatto. Grazie.

Munito del suo machete, Shannon scende i gradini, si china presso il cactus che nasconde l'iguana e taglia la corda con un rapido, energico colpo di coltello. Si volta a guardare l'iguana in fuga, mentre il mormorio nel cu­bicolo n. 3 si fa più alto. Poi la voce del Nonno  si leva a un alto grido:

Nonno                           - Hannah! Hannah!

Hannah corre verso di lui, mentre il vecchio, sulla sua sedia a rotelle, esce dal cubicolo sulla veranda.

Hannah                         - Nonno! Che c'è?

Nonno                           - Credo! d'averla! Finita! Presto, prima che me la dimentichi!... matita, cada! Presto! ti prego! Pronta?

Hannah                         - Si. Tutto pronto, ijionno.

Nonno                           - (a voce alta, esaltata)

Con quanta calma il ramo dell'arancio

Osserva l'alba impallidire il cielo

Senza un sospiro, un grido d'afflizione

Che tradisca la sua disperazione.

Un'oscura notte verrà e l'arco

Della sua vita toccherà lo zenit

D'allor comincerà una nuova storia

E l'altra affonderà nella memoria.

Una cronaca ormai non più dorata

Nebbia e muffa di lui faran contesa

E alla fine dagli anni ripiegato Giù verso terra ricadrà fiaccato.

Pure, il maturo frutto e il ramo

Osservan l'alba impallidire il cielo

Senza un sospiro, un grido d'afflizione

Che tradisca la lor disperazione.

Hai sentito?

Hannah                         - Sì!

Nonno                           - L'hai sentita tutta?

Hannah                         - Parola per parola!

Nonno                           - È finita?

Hannah                         - Si!

Nonno                           - Oh, Dio! Finalmente finita?

Hannah                         - Siii! Finita, finalmente! (Sta piangendo).

I canti giungono a ondate dalla spiaggia.

Nonno                           - Dopo aver tanto aspettato!

Hannah                         - Si, avevamo aspettato tanto!

Nonno                           - Ed è buona! È buona}

Hannah                         - È... è...

Nonno                           - Cosa!

Hannah                         - È bella, Nonno! (Balza in piedi, un pugno sulla bocca) Oh, Nonno, sono cosi felice per te! Grazie, per aver scritto una poesia cosi bella! Valeva la pena, aspet­tare tanto! Puoi dormire, ora, Nonno?

Nonno                           - Me la copierai a macchina, domani?

Hannah                         - Si. Per domani sarà copiata a macchina e spedita ad « Harper's ».

Nonno                           - Cosa? Non ho sentito, Hannah.

Hannah                         - (gridando) Domani la copierò a macchina e la spedirò ad «Harper's»! Anche loro l'hanno aspettata tanto! Lo sai!

Nonno                           - Si. Vorrei pregare, adesso.

Hannah                         - Buonanotte. Dormi, ora, Nonno. Hai finito la tua poesia più bella.

Nonno                           - (debolmente, svanendo) Si. Sia lodato e ringra­ziato...

Maxine appare, girando l'angolo della veranda, seguita da Pedro, che suona piano un'armonica a bocca. Si prepara per andare a fare un bagno notturno; gettato sulle spalle ha un asciugamano a strisce, dai colori vivaci. Col cader della notte il suo umore si è addolcito: le aleggia sul volto un lieve sorriso che| ricorda un po' i freddi, im­personali, comprensivi sorrisi delle dee egiziane od orientali. Con in mano un cocco al rum, si avvicina all'a­maca e scopre che è vuota, le corde in terra; si rivolge a Pedro sottovoce.

Maxine                          - Shannon ha escapado! (Fedro continua a suona­re, con aria trasognata. Lei getta la testa indietro e gri­da) Shannon!

Il grido echeggia attraverso le colline. Pedro avanza di qualche passo e indica sotto la veranda.

Pedro                            -  Mire. Alle 'hasta Shanhon.

Shannon appare alla vista sotto la veranda, con la corda tagliata e il machete in mano!.

Maxine                          - Cosa stai facendo li sotto, Shannon?

Shannon                        - Ho liberato una creatura di Dio dalla corda che la legava.

Hannah, che è rimasta immòbile, con gli occhi chiusi, dietro il dondolo di vimini, si avvia silenziosamente ver­so i cubicoli e scompare dalla luce lunare.

Maxine                          - (in tono tollerante) Perché l'hai fatto, Shannon?

Shannon                        - Cosi una creatura di Dio potrà tornarsene a ca­sa sana e salva... Un piccolo atto di misericordia, Maxine.

Maxine                          - (sorridendo in modo un po' più definito) Vieni su, Shannon. Ti voglio parlare.

Shannon                        - (cominciando a salire i gradini, mentre Maxine fa suonare il ghiaccio dentro la noce di cocco) Di che cosa mi vuoi parlare, vedova Faulk?

Maxine                          - Andiamo a farci un bagno in questo liquido chiaro di luna.

Shannon                        - Da dove l'hai tirata fuori, quest'espressione poe­tica?

Maxine si volta verso Pedro e lo licenzia con un « Vamos ». Lui se ne va con una spallucciata, il suono del­l'armonica s'allontana.

Maxine                          - Shannon, voglio che tu rimani con me.

Shannon                        - (accettando il cocco al rum che lei gli porge)Vuoi un compagno di bevute?

Maxine                          - No, voglio solo che tu stia qui con me, perché sono sola, ora, e ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a dirigere l'albergo.

Hannah strofina un fiammifero per accendersi una siga­retta.

Shannon                        - (guardando verso di lei) Voglio ricordarmi quel­la faccia. Non la rivedrò più.

Maxine                          - Andiamocene giù alla spiaggia.

Shannon                        - Posso venire giù, ma non tornerò su.

Maxine                          - Ti farò tornare io. (Cominciano ad avviarsi verso il sentiero). Mi rimangono ancora cinque anni, magari dieci, per rendere attraente questo posto alla clientela maschile, per lo meno a quelli di mezza età. E tu puoi curare la clientela femminile. Ecco, quello che puoi fa­re, tu, lo sai bene, Shannon. (Ridacchia allegramente).

Ora sono sul sentiero, Maxine un po' guida, un po' so­stiene Shannon. Le loro voci s'allontanano e svaniscono, mentre Hannah entra nel cubicolo del Nonno e ne riesce con uno scialle; ha lasciato dentro la sigaretta. Tra la porta e la sedia a dondolo si ferma e parla a se stessa e al cielo.

Hannah                         - Oh, Dio, non potremmo fermarci, ora? Dopo tanto? È cosi tranquillo, qui, ora.

(Fa per avvolgere lo scialle attorno alle spalle del Nonno, ma in quel momen­to la testa del vecchio ricade di lato. Con un' esclamazione soffocata, lei gli mette una mano dinanzi alla bocca per sentire se respira ancora. Non respira piti. Per un at­timo, colta dal panico, Hannah guarda di qua e di là in cerca d'aiuto. Non c'è nessuno. Poi si china e preme il suo volto contro il cranio calvo del  Nonno, mentre il si­pario comincia a scendere).

FINE