La notte di Natale (e Marzia)

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LA NOTTE DI NATALE (E MARZIA)

LA NOTTE DI NATALE (E MARZIA)

di

Giorgio Serafini Prosperi


PREMIO ENNIO FLAJANO 2001




Personaggi:
· un uomo di un’età non definibile, Natale.
· una donna sui trent’anni, è una presentatrice televisiva, Marzia. 


Una monocamera. Spoglia, squallida. Un letto sulla destra, un tavolo, una sedia. Accatastate a terra molte riviste, dei giornali, ritagli di articoli. Sulla sinistra una finestra dalla quale si vede una grande insegna al neon, che si spegne e s’accende, indiscreta, angosciante. Un televisore di grosso formato è al centro della stanza, come il fulcro di questo universo, nuovo, lucente, bellissimo. Ovunque carte di merendine al liquore. Sul fondo un vecchio frigorifero ed un lavandino. Alle pareti un gran numero di fotografie di una donna giovane ed attraente. La luce è spenta, dalla finestra giungono ombre crepuscolari. La scena è vuota, silenziosa. Dopo qualche secondo si sente aprire la porta; entra un uomo di età indefinibile, vestito con abiti arrangiati, ha dei grossi occhiali ed un fare goffo ed infantile. Indossa delle scarpe da ginnastica. Ha notevoli problemi a richiudere la porta perché è oberato da buste della spesa e da giornali e riviste. Finalmente l’operazione riesce, è entrato.
NATALE-Tardi. Tardi. E’ tardissimo. Devo mettere tutto a posto, tutto tutto, prima che lei viene. (Accende la luce, si accinge a riordinare quello che ha portato) Lei viene ogni sera, e io mi devo far trovare bello bello. Via tutto questo disordine. Ho comprato le merendine, per me e per Arturo. (Chiama) Arturo! Arturo, dove sei? Ti sei nascosto, Arturo? Lo sai che non si fa? Non te lo hanno mai detto? Se fai il cattivo può essere che lei non viene. (Silenzio) Dove ti sei ficcato, Arturo? Guarda che se non esci fuori non ti do le merendine. Ti piacciono le merendine, lo so. Fai sempre finta che non le vuoi, ma poi spariscono sempre. Arturo? (Guarda sotto il letto) Nemmeno qui. Non avrai mica fatto come l’altra volta che ti sei nascosto nel frigorifero....(Va al frigorifero, lo apre. E’ traboccante di merendine, che cadono all’esterno. Natale ha una reazione quasi isterica) E adesso? Come faccio? Devo rimettere tutto a posto, tutto, tutto, tutto. C’è molto disordine, molto disordine. Non va bene. Se ne andrà via e non vorrà parlarmi. (Esegue, spasmodicamente, fino a riuscire a richiudere il frigorifero) Sono quasi le otto e siamo ancora molto indietro. Lei non ritarda mai, se perdi il momento addio, bisogna aspettare il giorno dopo. Quanto è bella. Arturo? Arturo, ti faccio vedere la sua foto sul giornale. Quale preferisci? Guarda qui, guarda quante ce ne sono. Puoi scegliere tu. Se fai il bravo te la faccio vedere. Arturo? Io mi devo vestire bene, mi devo fare la barba. Ho comprato il deodorante quello dell’uomo che fa il safari e poi torna da lei e vanno a cena al ristorante, e pure le lamette che seguono il profilo della faccia. Sono snodate e c’è il liquidino che le fa scorrere senza che ti tagli. Arturo? Ho preso anche il dopobarba dell’alpinista, che ti fa sentire sempre in alta quota. Per te ci sono tante merendine, Arturo, tante. Ma dove sei? Arturo, guarda che ti faccio dormire fuori della porta. Peggio per te. Adesso io pulisco tutto e mi preparo. Arturo, ho comprato il liquore, quello che piace a lei. Costa tanto, ma la bottiglia è bellissima, guarda. Tutta colorata. Magari ce lo prendiamo insieme, tutti e tre. (Si toglie la giacca, si avvicina al lavandino e comincia a radersi) Arturo, lo sai chi mi ha insegnato a farmi la barba? Nonna Grazia. Strano, no? Lei era una donna. Però la barba la sapeva fare perché la faceva sempre al nonno. Poi lui se ne è andato. E mica è tornato più.... Tu ancora non c’eri, Arturo. (Pausa) Poi se ne è andata pure lei. (Una smorfia di dolore) Mi sono tagliato. (Corre alle buste della spesa) Meno male che ho comprato la matitina. Quella non la fanno vedere mai, perché è un segreto. E’una cosa antica antica e le cose antiche sono sempre le migliori, anche se non te lo dice nessuno. Per fortuna che io ho avuto la nonna, che mi vuole sempre bene e che mi dà tanti consigli. Il sangue s’è fermato, non esce più. Mia nonna non era tanto bella, era bassa bassa, ma io le volevo bene di più ancora. Mi diceva che più le volevo bene e più lei cresceva. (Un dubbio) Mi sa che non le ho voluto bene abbastanza, è rimasta sempre piccola piccola. A me mi sembrava bella. (Si ferma) Non si dice a me mi, non si dice. A me sembrava bella. Poi se n’è andata. Me lo hanno detto loro. Ma lei mi aveva avvertito: “Natale, quando io andrò via ci devi pensare tu, alla casa e a tutte le altre cose”. Lei è andata via e io ci ho pensato. Era bella. Invece nonno Peppe io non me lo ricordo tanto bene, ma mi dava sempre i soldi. Nonna Grazia diceva che lui era come la cicala, che spendeva tutto e non pensava all’inverno. Nonna Grazia era la formica. Forse per questo era piccola piccola. Che ne dici Arturo? Arturo? (Ha finito di farsi la barba, ora si profuma, esageratamente) Lei i soldi li metteva da parte per me. Per tutta la vita ha fatto solo questo. Papà non c’era e mia mamma pure lei se n’era andata. (Un momento di gelo) Ma dove vanno tutti, dove? (Riprende il discorso precedente) Lei diceva: “chi si occuperà di te, quando io non ci sarò più? Devo pensarci io”. Lavorava e metteva da parte per l’inverno. Era inverno quando è andata. Il Signore della banca mi ha detto che non mi dovevo preoccupare. E io non mi preoccupo. Alla fine del mese viene sempre un uomo che mi dà dei soldi. Dice che sono quelli di nonna Grazia, che fruttano. Fruttano. Fruttare significa come gli alberi, che prima erano semi, poi tu li pianti e loro crescono e quando sono cresciuti ti fanno i frutti. Fruttano. E tu vivi, ti compri le cose. Cioè, non con gli alberi, con i soldi....E’ complicato. Arturo, sei lì. (Guarda alla finestra) Lo sapevo che eri lì, a te piace guardare fuori. Appena puoi stai alla finestra e guardi i giorni che passano. Io invece aspetto solo che viene lei. Quando il cielo diventa scuro io sono triste. Dove sta lei è sempre mattina, c’è tanto sole. Nonna Grazia è partita di giovedì, e pioveva. Da quel giorno piove sempre di giovedì. Io non voglio guardare fuori. Non mi piace. Vieni dentro, Arturo, comincia a fare freddo. (Ritira dal davanzale un gatto di peluche) Puzzi di smog, a forza di stare fuori. Mi hai fatto prendere un bello spavento, credevo che fossi scappato. Tu non lo fai, vero? Il primo gatto che ho avuto un giorno è andato via. Non è tornato più. Io ero pure allergico. Facevo tanti starnuti, mi gonfiavo tutto. Nonna Grazia ha detto che era andato via perché voleva essere libero. Non mi piace la libertà, che tu vai in giro, lontano, e non sai cosa c’è. Magari ti perdi. Poi sei arrivato tu. Con te non starnutisco. Vuoi una merendina? Ne ho comprate di nuove, buonissime. (Va alla busta dalla quale estrae varie confezioni di merendine, tutte uguali) Sì, non mi guardare così, sono sempre le stesse. Al liquore. Dicono che sono buone. A me il liquore non piace, ma se dicono che sono buone, allora sono buone. Non ti preoccupare mancano ancora pochi punti, e poi vinciamo il videoregistratore. Altri centocinquanta. Ce ne sono tre per ogni confezione: fai il conto. Pochissimi. Così stiamo più tranquilli e non dobbiamo correre sempre. Registriamo tutto. (Ne scarta una e la pone davanti al gatto) Non ti piacciono. Però quando ci hanno fatto vincere la televisione eri contento, no? Bisogna fare dei sacrifici. La televisione di prima te la ricordi? Era piccolissima. Mangiala. Mangiala. La mangio io. (Esegue, facendo una faccia schifata) Com’è? Vuoi sapere com’è? Io adesso non te lo direi, guarda. Ne mangio un’altra, per farti un dispetto. (Esegue, c.s.) E’ buona, deve essere buona. Adesso stai da una parte che devo mettere a posto. Tra poco arriva, se no che figura ci facciamo? Ti metto qui (Lo mette sul televisore) Mi raccomando, non la graffiare. Sì, te l’ho preso il latte. Ma non fare come al solito che me lo fai comprare e dopo si butta. Viziato. E al mondo c’è gente che muore di fame. Non fare la cicala. (Guarda la televisione, prende uno scopettino e la spolvera) Ho preso lo spazzolino antistatico, così non si rovina. Vuoi che l’accenda? Adesso no, c’è il telegiornale. Danno solo notizie cattive. Io non le voglio sapere, non le voglio sentire. Se non lo vedo sto meglio. Se non lo vedo non è successo. Se non lo vedo sto meglio . Il telegiornale no. La accendiamo dopo che c’è lo spettacolo. Manca poco. (Spazza per terra, pulisce) Ho preso pure il liquido nuovo per la lavastoviglie. Non abbiamo la lavastoviglie, lo so. Non ancora. C’è un concorso nuovo. Diecimila bollini. Merendine, sì. E poi era in offerta speciale. Ne ho presi tre. Paghi due, prendi tre. Uno te lo regalano. Non sono gentili? Mica potevo essere maleducato. (Suona il citofono, Natale spaventato, lascia tutto e va al ricevitore) Nessuno, non c’è nessuno. Io non aspetto nessuno. Cioè, qualcuno lo aspetto, ma non sei tu, non sei tu. No, non lo so se vendono l’appartamento. Non lo so. Per favore lasciami stare, lasciami stare. (Aggancia) Mi sono confuso, dovevo dargli del lei. Non sono abituato. Adesso che penserà di me? (Riprende il ricevitore) Volevo dire: mi lasci stare, mi lasci stare. (Riaggancia) Bene, ora va bene. Che ore sono? E’ tardissimo. Via tutto, via. Sta per arrivare. (Mette tutto in ordine, rapidamente) Il tempo passa sempre così lento, quando non c’è. Poi però è veloce, quando lei arriva. Veloce. Velocissimo. Non è giusto. Non posso farci niente, è così. (Al peluche) Adesso è tutto a posto. Ci siamo. Ti do il latte. Così ho fatto tutto e posso aspettare lei. (Esegue) Tu puoi rimanere, ma devi fare il bravo. Ecco il tuo latte. Bevilo però. (Rumore di freni dalla finestra, un incidente mancato. La macchina riparte con gran rumore. Natale si precipita a vedere) Zitti, zitti, zitti! Non capite che sta arrivando? Dovete fare piano. Io non vi chiedo mai niente, ma a quest’ora dovete stare zitti. Solo a quest’ora, per il resto potete fare come vi pare. Io non vi do mai fastidio. Lasciatemi in pace. Signora, perché sto strillando? Non lo faccio più, non lo faccio più. Promessa di lupetto. Se sto bene? Si certo. Grazie Signora. Lei è sempre più bella. Usa la “maschera della eterna giovinezza”? Lascia la pelle morbida e delicata come una pesca. Non la usa? Non la usa? Eppure l’altra sera mi sembrava vecchia e brutta, e adesso....No, non la volevo offendere. Non era mia intenzione. Buonasera, Signora, buonanotte. Mi scusi. Mi scusi. S’è arrabbiata. Arturo, preparati. Lei sta proprio arrivando. (Chiude le finestre, spegne la luce prende il gatto e lo pone davanti a se, seduto davanti alla televisione. Prende il telecomando e religiosamente preme il bottone)
VOCE DELL’ANNUNCIATRICE-Trasmettiamo ora il programma “Buonasera con”, presenta Marzia Lippi.
(Musica trionfale d’inizio)
NATALE-Che ti avevo detto? Puntuale, come ogni sera.
BUIO.

Stessa stanza è passato del tempo. Il numero delle merendine è aumentato considerevolmente. Natale ed il gatto Arturo sono seduti davanti al televisore spento. La novità è un videoregistratore nuovo di zecca. E’ mattina. Accanto a loro i resti della colazione e della scatola che conteneva il videoregistratore. 

NATALE-Il latte lo devi prendere; c’è il calcio. Fa bene alle ossa. Viziato. Ieri sera era bellissima. Hai visto in che modo dice “buonanotte”. Nessuno lo sa dire come lei. “Buonanotte”. Odore di coperte e di baci. Sogni d’oro. Ora lo possiamo registrare. Così non ci scappa più. Ogni volta che la voglio vedere lei viene. E’ facile. Tremila bollini. Grazie ai signori delle merendine. La sera lei viene e di giorno torna, torna, torna, quante volte voglio io. E poi la posso fermare. E vedere solo lei. Gli altri non li voglio vedere, sono brutti, le danno sempre risposte inutili. Lei è la padrona di casa, domanda per educazione, mentre loro ci credono sul serio, pensano che le interessi, e parlano, parlano, parlano.....cretini. Non dovevo dirlo, lo so. Il diavolo mi porta via. Non volevo, nonna. Non volevo. Le dirò le preghiere, poi. Lei è triste mentre gli altri parlano, loro non lo sanno ma lei è triste. Io la vedo. Sorride, ma è triste. Lei vorrebbe parlare solo con me, perché io la capisco. Gli altri li posso cancellare. Registro solo lei. Rec quando lei parla, Stop, quando parlano gli altri. Rec è il tastino rosso sul telecomando. Ho studiato bene le istruzioni. Posso rispondere io, a tutte le sue domande. Al postino gli ho dato un soldo di carta, è stato contento. Lo ha portato stamattina, tu ancora dormivi. Io lo aspettavo. Mi sembrava di essere ancora piccolo, quando aspettavo la Befana. Non dormivo mai e la mattina mi alzavo prestissimo per andare ad aprire i regali della calza. Il pacco ha fatto un viaggio lungo lungo, dalla fabbrica delle merendine a casa nostra. Magari la fabbrica è lì dove abita adesso nonna Grazia, chi lo sa? La prossima volta lo chiedo al postino. Certo che possiamo registrare anche altre cose, solo quelle che ci piacciono. I cartoni animati? Si, certo, anche quelli. Ma dopo. Prima viene lei. Bevi il latte. Ti ho detto di berlo. Vuoi che ti ci metto dentro il cioccolato solubile? Quello che ti dà forza e vai alla grande quando fai la partita. Tu non giochi a pallone? Lo so, che c’entra? Viziato. Allora te lo bevi così. (Collega il videoregistratore con un’aria quasi religiosa) Bellissimo. Odora di nuovo, di plastica. Non ha neppure una riga, è liscio, sembra che debba nascere ancora. Posso guardarla quanto mi pare. Non andrà più via. Non come nonna Grazia e tutti gli altri, che ad un certo punto se ne vanno e mi lasciano solo. Tu non fai così, vero? E nemmeno lei. Nonno Peppe se ne è andato via perché sono stato cattivo. Anche mamma. Nonna Grazia m’ha detto: “stai buono, fai il bravo così loro tornano.” Io sono stato buono, ho fatto il bravo, ma non è tornato nessuno. E’ andata via anche nonna Grazia. Devo dire le preghiere. Anche il postino di prima è andato via, e ne è venuto uno nuovo. La signorina della casa accanto è partita, ed è arrivato un insegnante di merengue. Era meglio la signorina, almeno non metteva la musica così alta. Qui non viene nessuno di nuovo, vanno solo via. Almeno non abbiamo sorprese. Lei viene sempre. Lo so che adesso cominciano i cartoni animati. Voglio accendere all’ultimo momento, non voglio sentire i discorsi che fanno in quella trasmissione per bambini. Loro pensano che i bambini sono stupidi. (Atterrito) No, non ho detto “cretini”. Stupidi si può dire. Però una preghierina la dico lo stesso. Va bene. I bambini sono uguali ai grandi. Nessuno lo sa. Ma io sì. Capiscono le stesse cose e dicono la verità. Non devono essere allegri quando sono tristi, come lei. I grandi dicono le bugie. Se non bevi il latte ti faccio dormire fuori della porta. Peggio per te. Adesso te lo tolgo, guarda, così resti con la pancia vuota (Esegue e getta il latte nel lavandino). Viziato. Sempre la stessa storia. E ci sono dei bambini che muoiono di fame. Metto a posto e poi ci vediamo insieme i cartoni animati, anche se non te lo meriti. Deve essere sempre tutto a posto. Sempre. E aspettiamo che lei arrivi, fino a stasera. Ci guardiamo tutto quello che ci pare. Ci sono tanti canali. Sei pronto? (Accende il televisore, la luce si abbassa, si assiste per qualche secondo ad un montaggio incalzante di efferatezze e violenze da cartone animato: esplosioni, schiacciamenti, percosse, sempre più rapide e sovrapposte.)
BUIO. Musica. 

Luce notturna. L’insegna al neon rischiara la stanza con la sua luminosità elettrica intermittente. Natale è a terra, guarda la televisione. Accanto a lui lattine vuote di varie qualità. Sullo schermo scorrono immagini di linee erotiche.
BUIO. Musica.

Luce piena. Natale pulisce per terra con un aspirapolvere. Il rumore è assordante. Sullo schermo alcuni imbonitori tentano di piazzare i loro prodotti ai telespettatori. Il rumore cresce, sempre più forte.
BUIO. Musica.

Giorno. Natale è alle prese con la preparazione di un cibo piuttosto sofisticato. Alla televisione una donna di mezza età spiega doviziosamente la ricetta in questione. Molto velocemente. Natale si affanna a seguirla.
BUIO. Musica.

Primo pomeriggio. Natale esegue degli esercizi ginnici piuttosto complessi a tempo di musica. Detta il ritmo una atleta forsennata dall’accento straniero. L’intensità cresce progressivamente.
BUIO. Musica.

Tardo pomeriggio. Una esplosione di videos musicali. Natale mangia le merendine con voracità automatica.
BUIO. Musica.

Sera. Sullo schermo immagini di violenza e crudeltà. Natale cerca di non assistervi, con uno zapping velocissimo, ma sembra che ogni canale trasmetta le stesse scene. Natale si copre gli occhi con le mani. 
BUIO. Musica, che a poco a poco diventa dolce, delicata. Forse un carillon.



Finalmente è l’ora di Marzia Lippi. Natale è vicino allo schermo; talvolta accarezza il video. La presentatrice si rivolge agli spettatori con fare intimo. 

MARZIA-Miei cari amici, la vostra Marzia vi augura la più dolce e felice delle notti. Non dimenticate il nostro consueto appuntamento di domani sera. Mi raccomando: non lasciatemi sola. Buonanotte. 
(Un amplissimo sorriso. Lo schermo va progressivamente al nero.)
NATALE-No. Non andartene. Non ancora. 
(attiva il telecomando del videoregistratore. Il televisore ripete meccanicamente ed ossessivamente la buonanotte di Marzia.)
BUIO. Musica. Una ninnananna.

Giorno. Deve mostrarsi un evidente passaggio di tempo. Natale è al telefono, davanti al televisore acceso. Marzia Lippi presenta un gioco a premi. Camera fissa su di lei, stretta, aggressiva, indiscreta. Natale è collegato con la trasmissione. In tempo reale.

MARZIA-Grazie per i complimenti. Non devi essere timido, Natale. Sei fra amici. 
NATALE-Sono contento che ti hanno dato questa nuova trasmissione, in questa nuova fascia oraria. Te la meriti. Anche se ti hanno tolto quell’altra. Io ti seguo sempre. Non sono mica regali che ti fanno, questi, è perché sei brava. Che ti importa dell’audience? Credi che a quelli che ti vogliono bene interessi davvero? Tu li convincerai a ridartela, non ti devi preoccupare.
MARZIA-(Imbarazzata) Sei molto gentile. 
NATALE-A casa mia ho tutte le tue foto. E tutti i tuoi programmi registrati.
MARZIA-Sei un mio fan, allora?
NATALE-(Puntualizza) Fan sta per fanatic, in inglese. Io non sono un fanatico. Sono un tuo amico.
MARZIA-(Professionale) Anch’io sono tua amica, Alberto. Lo sai.
NATALE-Natale. Mi chiamo Natale.
MARZIA-Già, Natale. Scusami. Alberto era il telespettatore di prima. Caro Natale, magari un giorno ci incontriamo e mi fai vedere tutte le mie foto che hai, che ne dici?
NATALE-Magari.
MARZIA-(Cambia argomento) Vuoi salutare qualcuno?
NATALE-No, perché?
MARZIA-Di solito tutti hanno qualcuno da salutare, un parente, un amico....
NATALE-Io no.
MARZIA-(Dopo un attimo di imbarazzo, si riprende) Vuoi giocare con me, allora?
NATALE-Certo, ho chiamato per questo.
MARZIA-Bene. Voglio ricordare agli amici che mi seguono che il nostro sponsor offre, a chi indovinerà il numero di fagioli contenuti in questo barattolo, un week end da favola con un v.i.p. a vostra scelta. “Il tuo mito a casa tua”. Due interi giorni col tuo personaggio preferito, offerti dal generosissimo sponsor della trasmissione. Nella giovane storia del nostro programma nessuno è mai riuscito a realizzare questo bellissimo sogno. Ci pensate? Due splendidi giorni a casa vostra con la star che più amate; tutta per voi, a vostra completa disposizione. Sei pronto, Natale, giochiamo?
NATALE-Pronto.
MARZIA-Vuoi dirmi il numero di fagioli nel nostro contenitore? (Rullo di tamburi, un breve silenzio)
NATALE-(Tranquillo) I fagioli sono seimilaquattrocentotredici.
(Musica trionfale)
MARZIA-Incredibile. Fatemi controllare sulla cartella. Straordinario. Il nostro amico ha vinto. Stupendo, non era mai successo. (Natale, frattanto, fa esplodere la sua gioia) Come hai fatto, Natale, ce lo vuoi dire?
NATALE-(Calmo, ovvio) Li ho contati. (Pone in vista un contenitore esattamente uguale a quello che si vede in televisione) Vedi? Ah, no, scusa, tu non mi puoi vedere. Il fatto è che sono talmente abituato a guardarti, che mi pare di parlarti ogni giorno, che tu anche mi possa vedere, sentire, parlare con me....
MARZIA-(A troncare la digressione) Succede.
NATALE-Insomma: ho comprato un recipiente uguale a quello che avete voi, ed i fagioli dello stesso tipo, quelli del vostro sponsor. Poi li ho contati.
MARZIA-Bravo. Bravissimo.
NATALE-No, è stata solo fortuna. E volontà, certo. Ci speravo. Forte forte. “Volere è potere”, dice nonna Grazia. E’ verissimo.
MARZIA-(Taglia corto, per esigenze di ascolto) Vuoi dirci per favore chi sarà il v.i.p. da te prescelto? Chi sarà il fortunato - o la fortunata - che trascorrerà con te il fantastico week end offerto dal nostro generoso sponsor?
NATALE-Non l’hai capito?
MARZIA-(Un’ ombra di timore) No.
NATALE-(Felice come un bambino) Sei tu.
MARZIA-Io? Non so se....Chiederei conferma ai nostri esperti.....(Marzia cambia espressione) Sì. Mi dicono di sì, che è tuo pieno diritto. Quello che il nostro sponsor promette viene sempre mantenuto. Noi diciamo sempre la verità. (Forzandosi) Bene, allora, magnifico. A presto. (Cerca di nascondere il suo disappunto) Potrai farmi vedere quelle foto. Ci divertiremo, vedrai. Ed ora una breve pausa per i nostri consigli d’acquisto. Grazie. Non cambiate canale. Non lasciatemi sola.

BUIO.
Natale si prepara al grande incontro. E’ circa mezzogiorno di un sabato soleggiato e silenzioso. La casa è pulita ed ordinata. Natale si appresta agli ultimi ritocchi. L’enorme numero di merendine, ulteriormente incrementatosi, è accatastato geometricamente, puntigliosamente. Sul tavolino dei fiori freschi, sul frigorifero varie bottiglie di liquore della marca che piace a Marzia. Natale ha in mano il gatto Arturo, indossa il suo abito migliore, ed ha i capelli pettinati all’indietro, tenuti assieme da un eccessivo uso di gelatina. In televisione vecchi films in bianco e nero. 

NATALE-(Al gatto Arturo) Bel tempo. C’è il sole. La città stamattina sorride. Il Sabato mattina è come se la gente dormisse e facesse solo bei sogni. Sono tutti contenti, aspettano la Domenica, la Messa, le pastarelle, le partite. Non farmi fare brutta figura: quando lei arriva, tu la saluti e cerchi di essere naturale, soprattutto. Non essere timido. Devi cercare di affermare la tua volontà. Si dice così. L’ho letto in un libro che ho comprato apposta, “Imparare a piacere agli altri”: si deve imporre il proprio pensiero senza darlo a vedere. Bisogna essere soprattutto naturali, calmi, rilassati, capito? Naturali, soprattutto. (Suona il citofono, Natale ha una reazione inconsulta, nevrotica, eccessiva; si precipita a rispondere. Lascia cadere il gatto) Pronto, sì? Il postino? Consegna pacchi. Sempre al secondo piano. Grazie. (Raccoglie il gatto, lo spolvera, lo pone sul letto) Scusa. Non devo essere agitato, non devo. (Cita) “Darlo a vedere causa negli altri una sgradevole sensazione di disagio”. Ho studiato. Sono preparato, come a scuola. (Al gatto, di nuovo) Non essere così rigido....(Suona la porta, Natale apre e resta sull’uscio) E’ il mio pacco, sì. Il solito. Devo firmare qui? Grazie. Senta, mi scusi, un’ultima cosa: non è che saprebbe dove sta mia nonna? Che ne so, m’è venuto in mente così....Che c’entra? Lei fa il postino, sta sempre in giro.....Non lo sa, eh? Grazie lo stesso. Magari se la vede mi avverte. Nonna Grazia, si chiama. Nonna Grazia. Arrivederci. Mi torni a trovare. (Chiude la porta e rientra con un pacco voluminoso ed oblungo che deve evocare, agli occhi del pubblico, la possibilità che contenga un fucile. ) Sorridere. Sorridere sempre. Mi sono dimenticato. E’ fondamentale. (Prova, e chiede conferma al gatto) Così va bene? Che ne dici? Non devi dire bugie; provo ancora. (Pensa al pacco) Questo dove lo metto, adesso? Sì, i soliti punti. Le merendine. (Si avvicina al letto) Per ora lo metto qui, poi ci penserò. Non ho tempo, non ho tempo. (Mette il pacco sotto al letto, poi va a prendere il libro che ha appena citato, per ripassare. Qualche secondo, poi dall’appartamento accanto comincia una musica da ballo a volume elevato. Natale batte sul muro, con decisione. ) Faccia piano, sto aspettando qualcuno! Piano, ho detto! (La musica si abbassa) Grazie. (Un ultima occhiata al gatto, poi Natale riprende la lettura. Suona di colpo il campanello di casa. La musica tace. Natale resta come gelato. Qualche attimo poi va ad aprire. E’ lei.).
(Sulla porta appare Marzia Lippi. Bionda, esile, pallida. Indossa dei jeans attillati ed un mesto maglione a collo alto, poco trucco, occhiali scuri, un impermeabile. Ha i capelli raccolti sul capo disordinatamente e l’aria consunta. All’apertura della porta resta immobile, squadrando l’ambiente senza parlare)
NATALE-Sei tu? Ma come hai fatto? Il portone.....
MARZIA-Era aperto. C’era il postino.
NATALE-(Nascondendo goffamente il libro dietro la schiena) Non vuoi entrare? 
MARZIA-(Si guarda alle spalle) Ma sì, va’; solo un minuto.
NATALE-Vuoi uscire, poi? Qui vicino c’è il giardino zoologico.....Possiamo andarci a piedi. E’ un po’ triste, ma è molto bello. E’ antico, credo. E le cose antiche…
MARZIA-(Entra con decisione, tronca il discorso di Natale) Cos’hai dietro la schiena?
NATALE-Niente.
MARZIA-(Con ironia ispida) Non avrai mica una pistola o un coltello? Non sarai mica uno di quelli che va in giro ad ammazzare la gente? (Un dubbio malcelato) Guarda che sanno tutti che sono qui.
NATALE-(Timido) Che dici? E’un libro.
MARZIA-Fa’ vedere. (Glie lo toglie dalle mani, Natale oppone una inutile resistenza) “Imparare a piacere agli altri”. L’ho letto anch’io. Non serve a un cazzo, agli altri o piaci o non piaci. Sono tutte stronzate. (Poggia il libro con violenza, sul tavolo)
NATALE-(Quasi scandalizzato) Non devi fare così. Questo è un libro. Una cosa importante. L’ha scritto qualcuno di importante. Sono cose vere. (Accarezza il libro come a volerlo consolare)
MARZIA-Tutte cazzate. Mi posso sedere?
NATALE-Certo. Scusami. Siediti qui. (Le offre una sedia, al tavolo) Vuoi darmi l’impermeabile?
MARZIA-No. Preferisco tenerlo.
NATALE-Ti ho comprato dei fiori.
MARZIA-Li ho visti. Grazie. Toglili però, sono allergica.
NATALE-Pure tu? Pensa che io sono allergico ai gatti. Mi gonfio tutto, come un pallone....
MARZIA-(Tira fuori il libretto degli assegni, si dispone a scrivere) Allora, quanto vuoi?
NATALE-In che senso? Il signore della banca viene alla fine del mese.
MARZIA-Dai, non fare finta di non capire. Quanto vuoi per liberarmi da questa cosa del week end? Guarda, io sono già stressata, sto passando un brutto periodo.....Non perdiamo tempo.
NATALE-(Ingenuo) Ma io ti ho vinto. In diretta. Poi ho parlato con la signorina che si è presa tutti i miei dati. Poi m’è arrivato un foglio, il contratto.
MARZIA-Lo so. Ho parlato con l’avvocato. M’ha detto che non ci posso fare niente, che sono impegnata per contratto....
NATALE-(Ripete) Per contratto.
MARZIA-Che se tu non rinunci non si può fare niente. Allora?
NATALE-(Deluso) Ma io ti ho vinto....
MARZIA-Facciamo due?
NATALE-Due che?
MARZIA-Due milioni e mi firmi la rinuncia. Eccola qua.
NATALE-Ma io non voglio rinunciare. Assolutamente. Non ho mai vinto niente, in vita mia. Pensa, dovevo vincere proprio te.....
MARZIA-Ma è assurdo, inumano, non ti rendi conto? Vincere una persona.
NATALE-No, è tutto vero. Lo dicono alla televisione.
MARZIA-Lo dicono, sì. Per fagli vendere quei cazzo di fagioli. Oltre a quello non frega niente a nessuno.
NATALE-(Con tristezza) A me sì.
MARZIA-Ti prometto che ci facciamo delle foto insieme. Ti faccio tutti gli autografi che vuoi.
NATALE-Ma io voglio conoscerti, parlare con te, Marzia....
MARZIA-(Dura, arrabbiata) Ah, tu vuoi conoscermi? Parlare con me? Che ne sai? Perché cazzo mi chiami Marzia, allora?
NATALE-Come ti devo chiamare, scusa?
MARZIA-Chiamami col mio vero nome, se ti fa piacere, se mi vuoi conoscere, chiamami Giuseppina.
NATALE-No, tu sei Marzia. Marzia Lippi.
MARZIA-Che cazzo dici? Che cazzo ne sai tu?
NATALE-Ti prego di non dire queste brutte parole. Da quando sei entrata hai detto quattro volte “cazzo” ed una “cazzate”. Faccio notare che la mia è solo una citazione. E che negli ultimi minuti la cadenza di queste interiezioni (si chiamano così) si sta intensificando.
MARZIA-(Si calma) Giuseppina. Giuseppina Laudadio. Mi chiamo così, anche se non è molto televisivo.
NATALE-(Sconvolto) No, non dovete fare così, non si dicono le bugie. Adesso io come faccio? Devo riorganizzare tutto, adeguarmi.
MARZIA-Me l’hanno fatto cambiare dopo i primi provini. Non va, m’hanno detto, fa tanto chiesa di paese. Stronzi. Interiezione.
NATALE-(Riflette) Giuseppina. E’ un bel nome. Deriva da Giuseppe, maschile. Vuol dire giudice.
MARZIA-(Con una certa complicità) Manuale delle Giovani Marmotte?
NATALE-(Va a prenderlo) Pagina 244: il significato dei vostri nomi. Natale è facile.
MARZIA-Perché ti chiami Natale?
NATALE-M’hanno voluto chiamare così perché sono nato la notte di Natale. I dottori e le infermiere stavano un po’ festeggiando ed io sono rimasto per qualche attimo senza respirare. Quello che basta per fare un piccolo danno cerebrale. Piccolo, senza importanza. Mia nonna Grazia ha voluto che mi chiamassi così per ricordare a tutti di come la Sanità non funziona. Io avrei preferito un altro nome, proprio per scordarmene. Alle volte fa male.
MARZIA-(Colpita, senza ammetterlo) Io mi chiamo così per via di mio nonno, invece, Giuseppe. Ha preteso che mi dessero il suo nome. Se è un maschio, ha detto, lo dovete chiamare come me. Invece sono nata io e mi sono trovata “Giuseppina”.
NATALE-A me piace, però. Forse anche perché adesso so che ce l’hai tu. I nomi si associano alla persona. 
MARZIA-Non hai qualcosa da bere? (Natale si illumina e si dilegua, in silenzio) Mi sono svegliata con una sete terribile stamattina. Deve essere stato lo shish kebab di ieri sera. Hanno insistito per andare in quel locale di merda. Ci sono i fotografi - hanno detto - fa gioco. Nella tua situazione devi farti vedere, far parlare di te. Qualche scandalo andrebbe bene, fatti fotografare con qualcuno che conta, dì che sei la sua amante.....Quello che ci ho guadagnato è un cerchio alla testa, e questa cazzo di acidità di stomaco.
NATALE-(Arriva con bottiglie e bicchieri, trionfante, e con il liquore di Marzia) Ecco qui.
MARZIA-(Schifata) Dio mio, ma cos’è sta roba?
NATALE-(Senza capire) Ma è il liquore che ti piace tanto.....
MARZIA-Per carità.
NATALE-Ma lo hai detto tu. In televisione. 
MARZIA-E’ roba buona per i maiali. E per quei coglioni che se lo comprano. Scusa, sto migliorando: due gaffes in un colpo solo. Interiezione ed offesa.
NATALE-Ma perché, allora, dici che è tanto buono? Ho le cassette registrate, se vuoi te le faccio vedere, l’hai detto proprio tu.....Perché?
MARZIA-Soldi. Per che altro? E poi la pubblicità rafforza la tua immagine.
NATALE-Soldi? Ma non pensi a chi ti sta a sentire? A chi ha fiducia in te?
MARZIA-Ah, ma la gente lo sa che non bisogna fidarsi della pubblicità che è tutto falso, costruito. E’ un gioco. Come un film. Ma dove vivi?
NATALE-(Glaciale) Qui.
MARZIA-E poi lo sanno tutti che i prodotti sono uguali, non c’è differenza. Conta solo quello che si vede di più.
NATALE-Ma a te non piace. Resta il fatto che hai detto una bugia.
MARZIA-Ben retribuita. Fa parte del gioco.
NATALE-Allora non ne vuoi?
MARZIA-Non è che avresti un’ alka seltzer?
NATALE-(Azzarda) Una merendina al liquore? (Silenzio) No, eh? Aspetta, vado a vedere se ce l’ha la signora qui accanto. Io non la compro mai perché fa la pubblicità quella che adesso ha preso il posto tuo, la Maraffi. Mi sta antipatica.
MARZIA-L’ha data a mezzo mondo e adesso sta lì, in prima serata.
NATALE-Che?
MARZIA-Cosa?
NATALE-Cosa, ha dato? 
MARZIA-Vuoi dirmi che non hai capito?
NATALE-No.
MARZIA-(Spazientita) La magica chiave d’accesso che apre le porte a noi donne. Chiaro?
NATALE-Veramente no. Non capisco cosa vuoi dire.
MARZIA-(Sbotta) La fica. Questo voglio dire. La fica. Contento?
NATALE-Interiezioni. Due.
MARZIA-Quando ci vuole, ci vuole.
NATALE-(Riflette, assurdamente) Lei ha dato la sua fica. Ma per fare cosa?
MARZIA-Ma per lavorare, per che altro? 
NATALE-La fica (citazione) per lavorare? Ma allora è una prostituta?
MARZIA-Sì. Cioè no. Non di professione. Si fa così. Quella è la strada. Funziona così.
NATALE-(Come per assicurarsene) Lei lo ha fatto. Lei. Lei è una prostituta. (Repentino) Alka seltzer, subito. (Poggia il vassoio e si avvia ad uscire. Marzia lo ferma)
MARZIA-(Sempre con il libretto degli assegni) Quanto devo mettere, me lo vuoi dire. Tre va bene?
NATALE-(Candido) Io non voglio soldi. Ho i miei. Mi bastano. Io non voglio che vada tutto così. Non mi piace. E’ così triste, così triste. Con me non deve funzionare così. Vado. Torno subito. Aspettami. (Esce. Marzia resta sola; dopo un momento di disappunto tira fuori dalla borsetta il suo telefonino. Chiama) 
MARZIA-Senti, questo qua non ne vuole sapere. Sì. Ora è uscito un attimo per prendermi dell’alka seltzer. Che ne so? Certo che gli ho offerto i soldi. No, non li vuole, dice che non ne ha bisogno. Che devo fare? Devo fare come dice, ma sei scemo? Questo io adesso lo mollo qua e me ne vado. Ah, ho chiuso? Se faccio così ho chiuso? Lo sponsor non vuole perdere il suo prestigio? Perché non ci viene lui, qui, allora? Sì lo so chi è. Ma sei d’accordo con me che è tutta una stronzata? E poi, dico, questo tipo qua è strano....Ma che ne so, un deficiente....Ma ti pare che qualcuno possa pensare che questo genere di cose sono vere? Due foto, un bell’assegno, e chiuso lì. Via così, regolare. E invece no. Dice che mi vuole parlare, che vuole stare con me. Che cazzo c’avrò io da dirgli a uno così? Senti, hai richiamato l’avvocato? Niente da fare. Per che cosa lo paghiamo? Il contratto è assolutamente regolare. Devo convincerlo io. Che cosa devo fare, secondo te? Me lo devo scopare? Ma vaffanculo, fai pure lo spiritoso....Perché non te lo scopi tu, che sei il mio agente? Se mi pare il tipo? No, non credo. (Cambio di tono) Senti, mi ha cercata qualcuno? Nemmeno Luca? Si fotta. Una settimana che non si fa sentire. Se dovesse chiamare digli che non lo voglio vedere. Però avvertimi, mi raccomando. Un altra cosa: resta qua intorno. Vedo di sbrigarmela. Un’ora al massimo. Ti chiamo io, poi mi passi a prendere. Lo so che domattina devo stare a Milano per quell’incontro. Faccio del mio meglio, mica mi ci sono messa io in questo casino.....Sì, sto attenta a non fare cazzate, lo so che quella cosa della denuncia è una cosa seria…(Si sente riaprire la porta) Devo attaccare. Sta tornando. Ci penso io. (Chiude la comunicazione)
NATALE-(Rientra con il bicchiere di alka seltzer.) Scusa, ci ho messo tanto. La signora di là non me la voleva dare, l’alka seltzer. Per niente. Poi l’ho convinta. Non ha più detto una parola....No, è che ci litigo sempre. Lei mi spia. E’ cattiva. Comunque alla fine mi ha dato una bustina. L’ho convinta. Gli ho detto: c’è Marzia di là - Giuseppina, scusa - si deve trovare. Non ci deve essere niente che mi impedisca di farla star bene, niente. Niente. Però ho dovuto promettergli un tuo autografo…Ti scoccia?
MARZIA-No, figurati.
NATALE- A me sì. Ha sempre detto che sei un’ oca, che lo sa lei come ti sei fatta strada…
MARZIA-Forse ha ragione lei…
NATALE-No. Tu sei brava. (Una pausa d’imbarazzo infantile) E bella. Come una certezza.
MARZIA-(Sinceramente lusingata) Grazie. Scusami per prima, mi sono un po’ sfogata. Puoi chiamarmi Marzia, se vuoi, ormai ci sono abituata. Mi piace anche. Di sicuro più di Giuseppina. 
NATALE-Sì, ma non è il nome vero. A me piace la verità. E’ più semplice. Giuseppina è un bel nome. Ce lo aveva la sorella di Napoleone. E’ un nome importante.
MARZIA-(Repentina, dolce, per rompere il ghiaccio) Cosa vuoi che facciamo?
NATALE-Non era prevista. Questa domanda non era prevista. Mi imbarazza. E’ come un’esecuzione. Silenzio ed attesa. Molto meglio fare e non pensarci. Fare e non pensarci. 
MARZIA-Sei tu il cavaliere. Devi decidere tu. Mi hai vinta.
NATALE-Il cavaliere. Sì, sono io. Ti vorrei far conoscere un mio amico.
MARZIA-(Con maliziosa ironia) Guarda che io non le faccio, le cose in tre.
NATALE-(Sconvolto) Lo sapevo che sbagliavo. Io non volevo....Forse è ancora troppo presto, magari sei timida.....
MARZIA-Io scherzavo. Scherzavo.
NATALE-Scherzavi. Certo. Lo avevo capito. Te lo faccio vedere. E’ qui. Proprio qui. In questa stanza. (Va a prendere il gatto) Questo è Arturo, il mio gatto. Arturo, saluta Giuseppina. Sì, non si chiama Marzia davvero. Si chiama Giuseppina. E’ un po’ bugiarda, sì, ma non è colpa sua. Si deve esserlo, fuori. Funziona così. Ma noi lo sappiamo che si chiama Giuseppina, ce lo ha detto. La perdoniamo. (a Marzia) Ecco, ti ha salutato. 
MARZIA-(Svogliata) Ciao.
NATALE-(A Marzia) Ti suggerirei di non offenderlo. E’ molto suscettibile. Poi rifuta il cibo, non risponde più: un disastro. Fallo per me, non ci si ragiona.
MARZIA-(Pensando ad un gioco) Arturo, come stai? Ti trovo bene.
NATALE-Sto da cani, ha detto, ho un po’ di tosse. Da cani, capito? E’ spiritoso. Lui è un gatto....
MARZIA-Dura ancora molto?
NATALE-Che?
MARZIA-Questa cosa del gatto. Io capisco tutto, tu mi hai vinta, ma mi hanno buttata dal letto alle nove di Sabato mattina, mi sento già abbastanza umiliata per quello che mi sta succedendo. A me ed alla mia carriera. Non mi va di perdere tempo a parlare con un gatto di peluche. Scusami. 
NATALE-Ma lui è il mio gatto....
MARZIA-(Incredula) E’ finto.....
NATALE-Non è finto. Non è finto. Io non ti voglio neanche ascoltare. Che vuol dire, è finto? Lui è il mio gatto. Non lo puoi trattare così. Anche il tuo nome è finto, tu non ti chiami Marzia, che differnza c’è? Io gli voglio bene.
MARZIA-Scusa.
NATALE-Lui non vuole le tue scuse.
MARZIA-Sono mortificata. Ti senti male?
NATALE-Non io. Lui si sente male. Un dolore forte, dentro. Qualcosa che brucia, nella gola. Non smette. Che vuol dire che è finto? Cosa è vero, allora? Io non capisco più niente. (Repentino) Abbracciami.
MARZIA-(Esegue, punta nel vivo del suo istinto materno) Ecco. Va meglio. Vuoi che chiami un dottore?
NATALE-No. Perché?
MARZIA-Mi sembra che tu sia a pezzi. E’ assurdo. E’ tutto assurdo. (Si ritrae dall’abbaraccio) Noi neanche ci conosciamo. 
NATALE-Io ti conosco.
MARZIA-Sì. Per me è sempre così. Tutti mi conoscono. Per strada, nei negozi, al cinema. (Amara) Mi conoscono e mi guardano. Sanno già tutto cosa dirò e farò, ma non è vero. Non è vero. Io non farei niente di quello che tutti si aspettano. Mi capisci?
NATALE-Sì.
MARZIA- E’ tutto così assurdo che mi viene di crederlo. Dovresti spiegarlo a Luca. Mi faresti felice.
NATALE-Subito. Chi è Luca? Dammi il numero.
MARZIA-Lascia stare.
NATALE-Farei qualsiasi cosa.
MARZIA-E’ inutile.
NATALE-Chi è Luca?
MARZIA-E’ il mio uomo. Il mio compagno.
NATALE-E’ il mio compagno. Mi piace. Il mio compagno è Arturo. Una volta si diceva fidanzato, ma compagno va meglio, specialmente per me e Arturo, non ti pare?
MARZIA-Eh, sì, fidanzato è troppo impegnativo. Presuppone un legame. Ufficiale.
NATALE-Mi piacerebbe. 
MARZIA-Che?
NATALE-Avere un legame ufficiale. Che tutti lo sapessero. Anche la persona legata a me.
MARZIA-Sei matto? Poi viene la stanchezza, la routine. Ci si lascia.
NATALE-E’ obbligatorio?
MARZIA-Quasi. Diciamo che è scontato.
NATALE-Perché?
MARZIA-Perché subentra la noia, non c’è più l’attrazione sessuale, la voglia di vedersi di toccarsi, di appartenersi.
NATALE-E non basta volersi bene, amarsi?
MARZIA-Che ne so. All’inizio è tutto facile, poi, una fatica....
NATALE-Amarsi è faticare. Lo diceva sempre mia nonna. Sei mesi di paradiso per una vita d’inferno. Ma non bisogna arrendersi, è un impegno. Anche quando fa male.
MARZIA-Integralista cattolica tua nonna, eh?
NATALE-Cattolica. Sempre in chiesa. Sempre a confessarsi. Lo credo, diceva le cose brutte che faceva ad Arturo. Lo diceva lei che erano brutte. Dopo. Ma lui la amava, anche se stava un po’ male, la amava. Amarsi è faticare.
MARZIA-Che cose brutte?
NATALE-Poche volte. La sera al buio. Quando lo portava nel letto e giocavano. Non ho mai capito quei giochi. Perché li faceva se poi la facevano stare così male? Il giorno dopo però andava meglio: per una settimana mi voleva benissimo, era buona. Domenica pomeriggio non c’è niente da fare. Si è davvero soli. Partite, pastarelle. Meglio il Sabato. Meglio il Sabato. Meglio il Sabato.
MARZIA-Vuoi dire che ti violentava?
NATALE-No. Che dici? Che c’entro io? Giocavano. Arturo era il nonno. E lei era sempre la nonna.
MARZIA-Dio mio.
NATALE-Il mio gatto ha tre anni. E’ molto cresciuto, ultimamente. Gli faccio il bagno una volta alla settimana. Ha il pelo lucido lucido. Lo spazzolo sempre. (Piange) Nonna Grazia piangeva. Io la volevo consolare, ma lei mi mandava sempre via......
MARZIA-Vieni qui.
NATALE-No, tu devi parlare con il mio gatto. Perché non vuoi parlare con Arturo? Lui ti vuole bene.
MARZIA-(Capisce, forse. Stringe a sé il gatto) Arturo, non devi stare male. Non serve. E’ passato. Devi impedire alle cose brutte del passato di inquinarti la vita.
NATALE-Grazie.
MARZIA-Eh?
NATALE-Ha detto grazie.
MARZIA-Digli che deve sempre guardare avanti. Sempre avanti.
NATALE-Ha detto: dietro almeno qualcosa c’è, ma davanti? Ha paura.
MARZIA-Davanti c’è tutto quello che ti piace, tutto quello che vuoi. Basta prenderlo.
NATALE-Chiede se tu ci credi.
MARZIA-(Cede) No. Sono segni che ti restano dentro. Non si possono cancellare. Ti sembra di averli allontanati, ma tornano, quando meno te li aspetti, quando sei felice, magari. Come una frustata. Non si capiscono. Gli altri non li capiscono, fanno solo male. Diventi aggressiva, diffidente, cattiva. Peggio che mai.
NATALE-Ma io lo so. Hai gli occhi tristi. Loro non lo sanno, ma io sì.
MARZIA-E’ successo anche a me. Nulla di tragico, niente di quello che va sulla cronaca dei giornali. Solo, non volevo. D’accordo fino ad un attimo prima mi sembrava una cosa eccitante, meravigliosa, ma poi non volevo. A sedici anni è difficile. Comunque non volevo. Avevo cambiato idea. Stronza, che fai prima mi fai arrapare, poi ti tiri indietro? Non mi sono tirata indietro. Io ho voluto, in un certo senso. Nessuna violenza, legalmente. Il mio primo contratto. Una trasmissione per bambini. 
NATALE-1977. (Canticchia) “Datemi un cielo da dipingere, io lo riempirò di mille colori, tutti i colori dell’ arcobaleno, tutti insieme fanno il colore della felicità....” Ti vedevo sempre. Ho anche il disco, di là.
MARZIA-(Continua la canzoncina) “Datemi del giallo per la primavera, rosso come il sole per la calda estate, datemi un azzurro per il suo sorriso...” Volevo fare l’attrice. 
NATALE-Tutti vogliono fare gli attori.
MARZIA-Sogno medio, hai ragione. Anche tu?
NATALE-No, io no.
MARZIA-Perché?
NATALE-A me piace la verità.
MARZIA-Anche a me. Per questo ho scelto la televisione. Non bisogna neanche studiare. Meglio la via semplice. Televisione.
NATALE-Televisione.
MARZIA-La verità. La diretta. Nessun intoppo, si può improvvisare. Basta avere una bella faccia ed un bello stomaco.
NATALE-Non è vero, bisogna essere bravi per andare alla televisione. Non ci fanno andare tutti.
MARZIA-No. Solo quelli forti. Io vorrei fare Giulietta.
NATALE-Io sono innamorato di Giulietta. 1968. (Sul video scene di Romeo e Giulietta) Olivia Hussey. Che poi ha fatto anche Maria, in televisione. Mi sono innamorato di lei.
MARZIA-Anche Romeo aveva un bel culetto.
NATALE-Vuoi farla per me?
MARZIA-Che?
NATALE-Giulietta.
MARZIA-Però devi promettermi che ti innamori di me. Altrimenti sono gelosa.
NATALE-(Pronto) Te lo prometto. 
MARZIA-E allora? Pronti. Che problema c’è? Dove lo facciamo il balcone?
NATALE-Dove vuoi.
MARZIA-Mi metto in piedi sul letto. (Esegue) Sciolgo i capelli e sono pronta ad affidare i miei segreti alla notte. (Ironica, fin quasi all’autolesionismo) E’ tutta la vita che aspetto questo momento.
NATALE-(Vero)Anch’io.
MARZIA-Tu ti metti qui, ai miei piedi. (Natale esegue) Nascosto tra le piante. O quello era Cyrano? Chi se ne frega. Fa lo stesso. Ti metti qui e mi ascolti.
NATALE-Mi piace.
MARZIA-Rubi i miei segreti più nascosti.
NATALE-Se vuoi dirmeli.
MARZIA-Poi tocca a te.
NATALE-No.
MARZIA-Perchè? Tu devi fare Romeo.
NATALE-Io non voglio fare Romeo.
MARZIA-Perchè? Così rovini tutto....(Le squilla il telefonino) Scusami un attimo. Pronto?
NATALE-(Freddo, rialzandosi) Romeo sanguina.
MARZIA-(Al telefono) Sì. Dimmi. Ti hanno cercato da Milano? Mi dici poi. Qui tutto bene, sì. Ancora un po’. Va bene, magari ti faccio uno squillo io. Senti: lui non ha chiamato? Va bene, grazie lo stesso. (Chiude la comunicazione. Resta in piedi, sul letto, turbata. Poi, lentamente, scende) Vicino a dove abito io hanno aperto un nuovo porno shop. Roba di pelle, sadomaso. Fruste. Il meglio della produzione hard core del momento.
NATALE-Qui sotto c’è uno che vende serpenti, e ragni grandi come panini. Velenosi. Io ho paura.
MARZIA-Ieri ho visto una donna investita da una macchina. A più di cento all’ora, in piena città. Di giorno. Nessuno s’è fermato. Nemmeno io. Nessuno ha preso il numero della targa. Ho letto sul giornale che è restata lì, finché non è stata schiacciata da un’altra macchina che passava; poi da un’altra ancora.
NATALE-Una frittella. (Ridono, senza cattiveria)
MARZIA-Come succede sempre a Wil Coyote, quando corre appresso a Bee Beep. Lui non vince mai. Mai.
NATALE-Però Wil Coyote non ha la macchina, vuole solo mangiare. Non è cattivo.
MARZIA-Tu come la vedi Giulietta?
NATALE-Come Olivia Hussey.
MARZIA-Ma se te la dovessi immaginare?
NATALE-Non lo so. Perché me la devo immaginare? Lei c’è. 
MARZIA-Non ha la mia faccia, vero?
NATALE-Lo spero. Muore.
MARZIA-E Romeo?
NATALE-La mia no, di sicuro.
MARZIA-Per me è un messicano.
NATALE-Un messicano?
MARZIA-Come nella canzone di Tom Waits. Romeo is Bleeding. Ha ammazzato un poliziotto, che gli aveva ammazzato il fratello.
NATALE-Tutti morti.
MARZIA-Anche lui è ferito. Così prende la macchina e va a morire in un cinema di periferia. Come un vero duro. Senza dire una parola. Senza chiedere aiuto a nessuno. Muore guardando un film di James Cagney. Pensa che culo.
NATALE-Perché non lo fanno vivere, Romeo?
MARZIA-Che ne so? Forse perché è messicano. O forse perché se si prova un amore così grande, dopo non resta altro che morire…
NATALE-No, non ci credo. Non mi piace questa storia. Finisce male. (Si rattrista)
MARZIA-E’ solo una canzone. Mi daresti un po’ di quel liquore?
NATALE-Il tuo? 
MARZIA-(Fatica a capire) Il mio, sì.
NATALE-Quello per i maiali.
MARZIA-Sì, quello per i maiali. Scusami. (Fumettistica) Non lo vedi? Io sono una enorme maialona che grufola (fa il verso del maiale). Una maialona. Grassa e puzzolente.
NATALE-(Aspetta che lei taccia) Non è vero. Tu sei bellissima. (Altro silenzio, Natale va a prendere il liquore.)
MARZIA-Allora, dove eravamo rimasti?
NATALE-Romeo e Giulietta?
MARZIA-Sì, mettiti in posizione. (Si risistemano come nella situazione precedente, per recitare la scena del balcone. Parte la musica di Romeo is bleeding di Tom Waits. Le luci calano lentamente.) 
BUIO.

Altro passaggio di tempo. E’ sera. Si notano i resti di un pasto consumato dai due. L’atmosfera è familiare, intima, rilassata. 

MARZIA-Posso fumare?
NATALE-Certo. (Pausa) Anche se ti ucciderà. Hai visto cosa c’è scritto sul pacchetto? Comunque non mi dà fastidio.
MARZIA-M’è passata la voglia. Sai che cucini proprio bene? Io poi di solito mangio pochissimo, invece con te mi sono abboffata.
NATALE-Me lo hai insegnato tu.
MARZIA-Che?
NATALE-A cucinare. Mi sono comprato il tuo libro di ricette. Guarda.
MARZIA-Sì, figurati, allora mangiavi…Io non so fare nemmeno un uovo al tegamino. E’ stata un’idea di quell’editore. Battiamo il ferro finché è caldo. Ti ho deluso?
NATALE-No. Sto cominciando a capire.
MARZIA-Chi se ne frega. Almeno le ricette sono buone. Pensa se facevano schifo. Lo sai che mi sono beccata una denuncia da una mezza pazza perché aveva comprato una crema che io pubblicizzavo. Gli è venuta una specie di ustione sulla faccia – che ne so, era allergica – e voleva che io la risarcissi. Che c’entro io? Chi ti ha detto di darmi tutto questo credito? Ne è venuto fuori un casino. L’avvocato mi ha detto di non preoccuparmi. Intanto il programma me lo hanno spostato alle due del pomeriggio. (Natale, lentamente, apre la pattumiera e vi butta il libro) Che fai?
NATALE-L’ho buttato.
MARZIA-Perché?
NATALE-Non era tuo.
MARZIA-Ma che vuol dire, funzionava, no?
NATALE-Sì, ma non era tuo. Smettetela con queste bugie, smettetela tutti. Ma perché deve essere tutto così complicato? Io non capisco più niente. 
MARZIA-Non ti sembra di esagerare?
NATALE-Io devo fidarmi di qualcuno. Se non posso fidarmi di te…Non devi mentirmi.
MARZIA-Senti io non posso reggere a questa pressione. Non ti ci mettere pure tu. Io già sto male. Ho i miei problemi, che nei sai tu? 
NATALE-E’ perché non dici la verità. Mi stai antipatica. Bisogna essere sinceri.
MARZIA-Ma tu chi sei? Che vuoi da me, chi ti dà il diritto di parlarmi così?
NATALE-Io ti voglio bene.
MARZIA-E pensi che basti? E pensi che sia vero? Non mi conosci, non sai chi sono, quello che penso…
NATALE-Sì che lo so. Lo dicono i tuoi occhi.
MARZIA-(E’ una sfida) E allora dimmelo, vediamo, dai! Basta con queste stronzate da cartolina! Questa non è una favola per bambini, questa è la vita! Parla, forza, sentiamo!
NATALE-(Matematico, freddo) Pensi: “Che cosa ci sto a fare io qua, che sono una donna bellissima, famosissima e ricca in casa di questo ritardato mentale? – si dice così, ho il foglietto dei dottori “lieve ritardo mentale”, c’è scritto–. Ci resto perché mi fa pena, al massimo, o perché mi diverte, come uno di quei giochi di legno che non li fanno più. O forse perché davvero neanche io so dove andare, perché sono sola e non ho amici, perché il mio compagno – che non è fidanzato – sta da qualche altra parte e perché – forse – mi stanno pure levando la mia trasmissione. Ci resto perché se no questo forse non compra più le cose che gli dico e se non le compra a me non mi danno più i soldi e nessuno mi riconosce più quando cammino. E come faccio, come faccio? Non è possibile. A me se nessuno mi riconosce io non esisto!”. (Di colpo, urlando) Io però queste cose non le devo sapere! Non le voglio sapere! Sono brutte, brutte, brutte! Capito? (Natale barcolla, ha un mancamento, cade.)
MARZIA-Natale! Cos’hai, stai male? Dio mio! (Corre verso la porta, va in cerca di qualcuno). Aiuto, aiutatemi, non c’è nessuno?
(Un attimo di silenzio, poi comincia a squillare il cellulare di Marzia, con la soneria in crescendo. Natale si riprende, con fatica, si alza, segue il suono e localizza il telefono nella borsa di lei. Dopo qualche esitazione risponde.)
NATALE-Pronto? Chi sono? Io sono Natale e tu chi sei? Luca? No, non hai sbagliato numero. E’ il telefono di Marzia. Perché ho risposto io? Non lo so: squillava, mi sembrava brutto far aspettare. Marzia sta qui da me. No, non ti arrabbiare, non è che ci siamo fidanzati, anche se mi piacerebbe; sei sempre tu il suo compagno. Solo che non dovresti farla star male. Lei ti ama. Sissì, come Rossella O’Hara, hai presente? Perché non vi sposate e fate dei figli? Luca? Luca? Ci sei?
(Rientra Marzia)
MARZIA-Natale stai bene?
NATALE-Scusa, ho risposto al tuo telefono. E ho anche messo le mani nella tua borsa: ho fatto due cose terribili…
MARZIA-Lascia perdere. Ti senti bene?
NATALE-Ora sì, è che ogni tanto il sangue non arriva tanto bene al cervello, o qualcosa del genere. Era Luca.
MARZIA-(Con impeto) Luca?
NATALE-Sì.
MARZIA-Che ti ha detto?
NATALE-Quasi niente, ho parlato io. Gli ho detto che lo ami, che vi dovete sposare e fare dei figli. 
(Marzia ha un attacco di risa, che nonostante siano isteriche sono anche liberatorie)
MARZIA-Gli hai detto così?
NATALE-(Sollevato dalle risa di Marzia prima sorride, poi ride anche lui) Sì perché?
MARZIA-(c.s.) E lui che ti ha risposto?
NATALE-Niente. Che ne so? Ha attaccato.
MARZIA-(c.s.) Ti voglio bene. Sei un genio.
NATALE-Adesso non esageriamo. Si fa presto a dire “ti voglio bene”…(Ridono insieme, in crescendo)
MARZIA-(c.s.) Sai una cosa?
NATALE-No.
MARZIA-(La battuta deve essere cadenzata da risate sempre più di gusto) Sono andata a chiedere aiuto alla signora, quella dell’alka selzer. Mi ha detto che ti succede sempre, è normale. Io gli ho detto, come “normale”? E vuoi sapere che ha fatto? Mi ha chiesto l’autografo. Tu eri lì per terra, steso, per quel che ne sapevo io potevi anche morire e lei mi ha chiesto l’autografo.
NATALE-(Ridendo) E tu?
MARZIA-Io? Io glie l’ho fatto. 
(Le risate si fanno sempre più alte, fragorose, complici, Marzia e Natale si abbracciano, fraternamente. Una musica notturna.)
BUIO. 

E’ notte. Marzia e Natale sono davanti al televisore, che è rivolto verso il letto. Il videoregistratore trasmette le sequenze finali di “Fronte del porto”. Natale ha la testa appoggiata alle ginocchia di Marzia, lei gli accarezza i capelli. Sono sul letto.

NATALE-Mi è sempre piaciuto, questo film. E lo sai perché?
MARZIA-No. Dimmelo.
NATALE-Perché è un po’ il contrario di Romeo e Giulietta. Loro si amano, combattono per stare insieme e non muoiono. Lui vince, ma vince con lei.
MARZIA-Non ci avevo mai pensato. L’America degli anni Cinquanta, delle grandi speranze. Un mondo che s’è rifatto a caro prezzo una verginità. Comunque non succede mai. 
NATALE-Perché no? Io ci ho pensato tante volte. Ma non avevo mai saputo dirlo. A chi lo dicevo? E’ importante avere qualcuno che ti ascolta, si capiscono meglio le cose.
MARZIA-E’ verissimo…
NATALE-Non ti fermare.
MARZIA-Che?
NATALE-Accarezzami ancora i capelli. Ecco, ecco Terry Malone. Lo hanno picchiato ma lui sta andando lo stesso a lavorare. Non vuole darla vinta ai cattivi. Mi daresti il gatto?
MARZIA-Eccolo. (Glie lo avvicina.) Hai notato che da quando sono qui non abbiamo mai guardato la tv?
NATALE-(Prende il gatto, lo stringe a sé. E’ vicino al sonno) E il film?
MARZIA-Quello abbiamo scelto di vederlo, è diverso. Non ti sembra strano? Per me è stranissimo.
NATALE-(c.s.) No. Che bisogno ho di guardare la televisione? Tu sei qui. 
MARZIA-Sono anni che io non faccio altro che guardare la televisione, per essere aggiornata, per imparare, per essere sempre al pari delle mie colleghe e adesso…Mi sembra che non mi importi niente. E’ pazzesco. Natale?
(Nessuna risposta, Natale dorme. Il film, frattanto, è giunto alla scena finale, prima dei titoli di coda. Marzia è rapita dal film, piange; quindi si asciuga le lacrime, si alza, cerca una coperta, la trova e vi copre Natale. Poi spegne il televisore e ritorna sul letto, accanto a lui. Forse vorrebbe accendere una sigaretta, ma si ferma, sorride, la ripone nel pacchetto. Un momento di dubbio. Poi prende il telefono e compone un numero.)
MARZIA-Sì, sono io. Tutto bene, sì. Sì, ho pianto. Tutto bene, te l’ho detto, era per un film. No, non lo so quando me la sbrigo. Non è così semplice. Se mi ha rapita? Ma sei matto? E’ un bravissimo ragazzo. Un tesoro. Mi ricordo di Milano, certo, come potrei? E’ per questo che ti chiamo. (Pausa) Non ci voglio andare. So benissimo che in questa situazione è un atto puerile, infantile, pensa come ti pare…Non mi va. Non mi va e basta. Dici che lui potrebbe mettere a tacere la storia di quella denuncia? Lo so anch’io, ma non mi va. Senti, sei il mio agente, ti pago per fare al meglio quello che ti chiedo…No, niente scuse: gli dici che non ci vado e che non ci andrò più e non mi importa se è un “Ministro della Repubblica”. E’ potente. Lo so. Mi rovina. Adesso non cominciare con la faccenda della gratitudine. La gratitudine non c’entra per niente. Ho pagato tutto quello che c’era da pagare. Non mi piacciono le sue mani. Non mi sono mai piaciute. Ha un alito pessimo. Ah, ha pure la pelle grassa. Che me ne frega di quello che gli dici? Anzi no, digli così: “non viene perché ha visto un film. Fronte del porto”. Lo so io “che cazzo c’entra”. Non mi ha dato niente. Ho bevuto solo un po’ di amaro. No, non ci ho scopato. Franco vattene a dormire, che è tardi. Sì, me ne pentirò, domani ti supplicherò di rimediare. Apprezzo quello che fai. Grazie. (Tronca la conversazione. Resta un attimo a guardare il telefono. Sta per riporlo, ma ha un impulso. Forma un numero. Attende. Nessuno risponde. Platealmente, spegne il suo cellulare. Poi si stende accanto a Natale, ci copre e si accinge a dormire.)
BUIO.

Le prime luci dell’alba. Marzia dorme ancora. Natale non è in casa. La scena è rischiarata dall’insegna intermittente. Su tutto il rumore di una pioggia fittissima. Si apre la porta. Natale rientra, zuppo, con una busta in mano e dei fiori. Senza asciugarsi, posa a terra la busta e si accinge a disporre i fiori attorno a Marzia dormiente. Alla fine dell’operazione – forse accompagnata da una musica – Natale si pone ai fornelli. Marzia è dolcemente svegliata dall’odore del caffè. Il dialogo inizia in penombra, con i protagonisti che non si vedono perfettamente l’un l’altra.

MARZIA-Che ore sono?
NATALE-Dormi, dormi. E’ presto, prestissimo.
MARZIA-E tu perché non dormi?
NATALE-Sto preparando per te.
MARZIA-Che cosa?
NATALE-La colazione che ti piace di più.
MARZIA-E come fai a saperlo?
NATALE-Infatti non lo so. Ma lo indovino.
MARZIA-Io scommetto invece che non indovini quello che mi piace.
NATALE-Allora, vediamo: muesli, cereali e miele. Latte scremato, caffè americano e un po’ di frutta.
MARZIA-(Stupita) Come hai fatto?
NATALE-E’ semplice: di queste cose non fai pubblicità. Scherzo. E’ che io osservo le persone. A volte mi metto alla finestra e guardo. Da come le persone camminano e parlano e faticano a vivere io capisco cosa pensano davvero. E’ un gioco.
MARZIA-Sei una specie di mago?
NATALE-Sono uno che ha tempo. E buona memoria. Mia nonna diceva sempre di imparare almeno tre cose nuove al giorno, per allenare il cervello. Prima di uscire a fare la spesa ho imparato questo, guarda: Viversani, n.7, luglio 1994, intervista a Marzia Lippi: “La mia colazione ideale è..”.
MARZIA-(Accende una piccola luce) Hai barato. E poi come facevi a sapere che era tutto vero?
NATALE-Io la verità la sento. Sta qui la magia. E poi quelle come te stanno sempre a dieta…I cereali sono ottimi per andare di corpo.
MARZIA-(Si accorge dei fiori) Che sono questi fiori?
NATALE-Per te. Stai tranquilla, sono finti. L’allergia. Mi ricordavo. Ho dovuto girare un po’ per trovarli, a quest’ora. 
MARZIA-Sono bellissimi.
NATALE-C’è un banco che li vende, dopo il ponte, è aperto tutta la notte. Io vorrei che ti svegliassi ogni giorno con fiori diversi, a seconda della stagione.
MARZIA-Mi stai corteggiando?
NATALE-(Imbarazzato) Che dici? No, io…E’ un romanzo, è solo come succede in un romanzo di uno scrittore Ceko. Cioè lui, quello del libro, porta a lei i fiori, ogni mattina, ogni giorno del mondo perché…Capisci, io, io, che c’entro?
MARZIA-Ci stavi riuscendo benissimo.
NATALE-Lasciamo stare. Lasciamo stare. Calma. Lasciamo stare. La colazione è quasi pronta.
MARZIA-Vuoi che venga lì?
NATALE-No. Assolutamente. Te la porto io. Però vuoi venire un momento alla finestra? E’ quasi ora.
MARZIA-(Alzandosi) Ora di cosa?
NATALE-Il cambio del turno al deposito dei tram. Bellissimo. (Entrambi si avvicinano alla finestra) Lo guardo ogni mattina.
MARZIA-Ma sei tutto bagnato, ti verrà un colpo.
NATALE-Fuori piove. Guarda, ecco, ci siamo. 
MARZIA-Devi asciugarti.
NATALE-Guarda. Guarda bene le facce. E’ l’unico momento del giorno in cui vedrai incontrarsi i loro due sorrisi. I sorrisi delle persone sono molto importanti. Sono vere… vere come i baci. Ecco: uno ha finito il turno e sta per tornare a casa, l’altro ha la faccia del mattino nel giorno che comincia.
MARZIA-(Con estrema dolcezza, parafrasando una situazione precedente, ora capovolta nelle intenzioni) Ma dove vivi tu?
NATALE-(Sincero) Qui. (Pausa) La colazione.
MARZIA-No. Prima ti devi asciugare. 
NATALE-(Citando un ipotetico film d’azione, come per togliersi d’impaccio, tuttavia senza paura) “Comandante, non saranno certo due gocce d’acqua a fermare il mio reggimento. A Saigon i miei annegavano nel fango, eppure ho i portato i loro culi sani e salvi a casa…”.
(Marzia si avvicina a Natale, lo guarda, poi, con estrema cautela, con la curiosità e la paura di una “prima volta”, lo bacia candidamente. Natale, stavolta, non si ritrae).
MARZIA-Vieni, ti aiuto io.
(La luce cala lentissimamente sui due che si avvicinano al letto. Marzia spoglia Natale con dolcezza. Lui le carezza il volto. Sale una musica dai tratti quasi infantili; mentre si va a buio il televisore trasmette un montaggio di immagini di baci hollywoodiani, di documentari sugli animali, di vulcani che eruttano, di tavole imbandite, di bambini che giocano. Il tutto deve dare il senso di un ciclo che comincia o ri-comincia.)
BUIO. 

Mezzogiorno di una domenica assolata. La rilassatezza di una giornata senza il caos del traffico e l’affanno metropolitano. Marzia dorme nel letto disfatto, che porta i segni chiari di quanto avvenuto. Qua e là, vicino al letto, resti di cibo, vestiti di lei. Natale è sveglio già da qualche tempo, si è rivestito. In un grosso sacco dell’immondizia ripone le merendine e i “cimeli” legati al mondo patinato di Marzia Lippi. Suonano le campane, un suono caldo, familiare. Marzia si sveglia.

MARZIA-Buongiorno.
NATALE-Buongiorno.
MARZIA-Che tempo fa?
NATALE-C’è un sole bellissimo. L’edicola è aperta. Davanti alla chiesa c’è uno che vende dei palloncini colorati di forme stranissime. Ma i palloncini normali, non li fanno più? Mi dimenticavo: gli uccelli cantano e anche se fanno la cacca sulle macchine e sui davanzali il loro volo è come un miracolo.
MARZIA-Non è che verresti qui, vicino a me?
NATALE-Non è possibile, mi sono già vestito.
MARZIA-Ce l’hai con me?
NATALE-Perché dici così?
MARZIA-Sei così lontano…
NATALE-Adesso è giorno, c’è la luce. Ho un sacco di cose da fare.
MARZIA-Stamattina ti piaceva stare con me.
NATALE-Stamattina sì. Molto.
MARZIA-E adesso?
NATALE-Adesso è molto tardi.
MARZIA-Tardi per che?
NATALE-Tardi.
MARZIA-Peccato. E’ stato come fosse la prima volta. Anzi no, molto meglio, come una si immagina che dovrebbe essere la prima volta.
NATALE-Credo che questo tu lo abbia detto molte volte.
MARZIA-Che importanza ha?
NATALE-Ne ha molta. Ne ha molta. Ne ha molta.
MARZIA-Lo sto dicendo a te.
NATALE-Grazie.
MARZIA-Non devi ringraziarmi, non ti ho mica fatto un favore. Forse sei tu che l’hai fatto a me.
NATALE-In effetti mi sono preparato per anni. Da solo. Allenamento. E’ una scena a cui avevo pensato tantissime volte. Solo che una cosa è pensare, una cosa è fare…
MARZIA-Sei stato bravissimo.
NATALE-Che voto mi dai, facciamo un sondaggio?
MARZIA-Hai ragione. Volevo dire: sei stato sincero.
NATALE-Tu no?
MARZIA-Anch’io.
NATALE-Ti dispiace?
MARZIA-No. Mi fa un po’ male. Per il passato. Ma non importa. (Marzia si mette a sedere, coprendosi col lenzuolo). Che stai facendo?
NATALE-Metto a posto.
MARZIA-Stai buttando via tutte le mie foto. Che c’è? Non mi vuoi più bene?
NATALE-Certo che ti voglio bene. Si domanda? Però dovrai fartene delle altre. Non gli assomigli più. (Continua nell’opera).
MARZIA-Natale?
NATALE-Sì.
MARZIA-Ho paura.
NATALE-Anch’io. Da sempre. Ci si abitua.
(Una lunga pausa. Silenzio.)
MARZIA-(Atterrita, come se non volesse pronunciare la domanda) Natale, ma adesso, che succede?
NATALE-Si ricomincia. Ancora una volta. E’ semplice. Basta fare come fa il giorno. Lui non si fa domande. Arriva e basta.
MARZIA-Intendevo: che succede a me.
NATALE-Non lo sai? (Guarda l’orologio) Ci siamo quasi. Tra poco qualcuno suona al citofono: ti vengono a prendere. E tu vai. Ma me lo devi promettere, ti devi far fare delle foto nuove.
MARZIA-Con questa faccia?
NATALE-Sì, con la tua, così quando io ti guardo ti riconosco.
MARZIA-Come Marlon Brando in Fronte del porto? 
NATALE-Una specie. Anche se io preferisco te. (Suona il citofono. Natale va ad aprire senza scomporsi. ) Marzia è qui. Adesso scende. Buongiorno sì, anche a Lei. Lei non è Luca. Ah, è Franco. Pazienza, non si può avere tutto. Arrivederci. (Attacca. Guarda Marzia.) Mi sa che ti devi vestire.
MARZIA-Mi passi le mutandine? Sono lì, vicino alla sedia.
(Natale esegue. Da questo momento i due personaggi non parlano più, tuttavia il loro è tutt’altro che un ignorarsi. Natale guarda Marzia che si riveste, senza malizia. Marzia si riveste in un modo che nulla conceda alla sensualità. Ora è pronta, Natale le si avvicina, le regala il gatto, lei vorrebbe rifiutare per cortesia, Natale insiste. Alla fine lei accetta. Un bacio sulla guancia, Natale l’accompagna alla porta, la richiude alle sue spalle. E’ andata via. Natale resta solo per qualche attimo, è preda di tristezza, di nostalgia; sembra indeciso, poi si avvicina al letto con fermezza, indugia su un profumo – forse – si inginocchia e trae da sotto il pacco ricevuto all’inizio. E’ di spalle, lo scarta. La messa in scena dovrà alimentare il sospetto che possa trattarsi di un fucile. Natale monta l’oggetto, che è di forma telescopica. Con soddisfazione ed ebbrezza, in silenzio. Si volta: in mano ha una canna da pesca.)

NATALE-Oggi è una splendida giornata per la pesca.

(Prende un cappellino da pescatore, un borsa con le lenze ed esce gioiosamente, chiudendosi la porta alle spalle. La scena resta per qualche istante vuota. Si va a buio, la televisione trasmette solo un effetto sabbia.)

BUIO.

FINE.