La notte di San Giovanni

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LA NOTTE DI SAN GIOVANNI

Titolo originale: Sancthansnatten

Racconto drammatico in tre atti

di HENRIK IBSEN

Traduzione di Kirsten Waudeland e Ole Jo Norbye

PERSONAGGI

Signora Berg

Jòrgen Kvist, studente, figlio di primo letto della signora Berg

Juliana, sua sorella, figlia di primo letto della signora Berg

Anna,   figliastra   della   signora   Berg

Berg,  proprietario fondiario, suocero della signora Berg

Johannes Birk, studente

John  Paulsen,  studente

Il Mago

Contadini  e  contadine,  elfi  e  gnomi,  il  Re  della  Montagna,  la piccola Karin, Erik, Svanhild.

L'azione si svolge nella proprietà della signora Berg nel Telemark.

Commedia formattata da

atto primo

Il giardino della signora Berg: un recinto divide dalla strada maestra il giardino, nel cui fondo c'è il cancello. A destra l'edi­ficio più grande, grazioso, moderno; a sinistra, in alto, verso il fondo, una vecchia casa costruita con tronchi d'albero. Anna, in piedi sul fondo, sta sistemando dei rami di betulla sulla porta della vecchia casa. Poco dopo entrano la signora Berg e Juliana.

Anna                             -  (continua  il suo  lavoro  canticchiando): « Dì, perché tu canti uccellino una triste canzon su quel pino? »

Signora Berg                 -  ( su gli scalini della casa grande):  Anna! Anna!

Anna                             - (si volta un attimo e poi continua il suo lavoro canticchiando): « Non potresti cantare felice nel salone dov'è la Signora? »

Signora Berg                 - Ma insomma vuoi rispondermi! Cosa stai facendo. laggiù?

Anna                             - (continuando  a canticchiare  indica i rami di betulla): « Il passero gentile è figlio mio ed è mio zio quel leprottino bianco. »

Signora Berg                 -  Ma   non   si   può  più  combattere  con   quella   lì!

Anna                             -  (continuando): « Nessuno in quei grandi saloni può capire il mio canto d'amore, »

Signora Berg                 -  Anna!  Parlo sul serio. Lascia stare le tue strava­ganze!  Ti sei dimenticata che oggi  abbiamo degli ospiti?  Hai deciso di rimanere così  in disordine?

Anna                             -  (voltandosi un momento):   No!  (Riprende a lavorare.)

Signora Berg                 -  Ma  parli  sul  serio?   Ti  vuoi  dunque  presentare conciata così?

Anna                             -  (come sopra):   No!

Signora Berg                 -   Bene. E allora cosa vuoi fare?

Anna                             -   Niente!

Signora Berg                 -   Anna!   Tu adesso vai subito...

(Anna continua il suo lavoro cantando.)

 Juliana                          -  (arriva da sinistra portando dei fiori): Su, madre mia, non parlarle così aspramente... Tanto lo sai che non serve a niente...

Signora Berg                 - Allora dimmi tu cosa debbo fare? Se conti­nua così impazzisce completamente.

Juliana                           - Ma lo sai cosa devi fare. Basta parlarle con gentilezza.

Signora Berg                 - (ad Anna con gentilezza): Senti, Anna, sii buona con tua madre: torna a casa, adesso, e mettiti un altro grem­biule... Non puoi certamente presentarti con quello che hai indosso!

Anna                             - (posando i rami di betulla): Vado subito. (Entra in casa.)

Signora Berg                 - Povera figliola. Mi fa proprio pena...

Juliana                           - La causa di tutto sono quelle stupide chiacchiere del vecchie. Ogni sera non fa che raccontarle favole e finisce che, anche in pieno giorno, lei vede elfi, folletti e gnomi! Se almeno lo facesse in maniera poetica si potrebbe sopportare!

Signora Berg                 - (indicando la casa fatta di tronchi): E quella spe­cie di vecchio nido di gazze non lo lascerebbe per nessuna cosa al mondo!... Chissà che cosa voleva farci, mio marito, quando gli promise di lasciargliela per tutto il resto della sua vita!... Se non fosse per quella promessa l'avrei fatta abbat­tere da un pezzo.

Juliana                           - Oh, mamma... porterebbe disgrazia. Quella vecchia co­struzione di tronchi d'albero mi ricorda i presbiteri dei romanzi svedesi. Penso che dentro vi debba essere certamente qualche mago dei tempi antichi e una bella addormentata con un nome romantico: Tekla o Linda, per esempio o qualcosa di simile... Oh, se sapessi come non mi piace il nome di Juliana... Un nome così sciocco... così...

Signora Berg                 - Andiamo, andiamo... con queste fantasie... Tu sei carina... e ciò che conta di più, sei ricca. Va, adesso, rientra in casa e sta attenta che tutto sia pronto.

Juliana                           - Vado... vado a farmi bella!...

Signora Berg                 - Questo non è necessario che io te lo rac­comandi...

Juliana                           - No, ma comunque puoi stare tranquilla! (Esce.)

Signora Berg                 - (sola): Ricca?... beh, così pensano... comunque, la situazione non è poi così cattiva!... Una volta annunciato uffi­cialmente il fidanzamento le nozze si faranno presto... Quando lui sarà mio genero non avrò più nulla da temere. Però... se ci fossero ancora dei documenti... ma no, non è possibile... Come vorrei esserne sicura. C'è un posto solo dove potrebbero essere nascosti... laggiù, in quella casupola dove, tranne il vecchio e Anna, non ci mette più piede nessuno... comunque il vecchio ormai è quasi rimbambito e non ne avrà ancora per molto. Allora sarà il momento di far sparire quella topaia. Voglio essere sicura del fatto mio... altrimenti non sarò mai tranquilla. (Rientra in casa.) (Mentre la signora Berg parla, Anna ha attraversato la scena da destra a sinistra. Appare Berg nel fondo.)

Berg                              - (apre la porta della casa di tronchi d'albero e chiama): Anna!... Ma non c'è nessuno qui fuori?... Anna!... Non rispon­de nessuno!... Io suono, ma nessuno ci bada. Mi sono stanca­to!... Anna!... Anna!... Ascolta!...

(Anna entra da sinistra tenendo nascosta una coppa col grem­biale.)

Anna                             - Eccomi, nonno, arrivo!

Berg                              - Ah, sei qui finalmente!

Anna                             - Mi aspettavi? Ero in giardino... vieni a sedere qui al sole... starai meglio... (Lo fa sedere su una panca che è in prosce­nio a sinistra.)

Berg                              - Il tempo non passava mai, là dentro... anche Pasop se ne . era andato... di dove sarà passato?

Anna                             - (a parte): Mio Dio! Pasop è morto un anno fa... e lui se ne è scordato di nuovo! (Ad alta voce:) Senti, nonno, riesci ad indovinare cosa ho nascosto qui? (Siede ai suoi piedi.)

Berg                              - Là?... No, non ci riesco...

Anna                             - E allora apri la bocca. (Gli mette in bocca una fragola.)

Berg                              - Una fragola!... Sei la mia cara figliola.

Anna                             - Certamente... Ma che cosa volevi?...

Berg                              - Ah, già, vediamo un po'... Che volevo?... Ah, sì, ora lo ricordo... Volevo sapere cosa sta succedendo in casa. Stanno mettendo tutto sottosopra... E poi strillano... fanno rumore come...

Anna                             - Non lo sai di cosa si tratta?

Berg                              - No, io non ho sentito dire niente... e tu?

Anna                             - Ma certo. Aspettano visite; ritorna Jòrgen.

Berg                              - Jòrgen?... Ah, sì, lo studente.

Anna                             - E c'è un'altra persona che viene con lui.

Berg                              - Ah, e chi sarebbe?

Anna                             - È... è il fidanzato di Juliana. Ma questo non lo deve sa­pere nessuno.

Berg                              - Nessuno?... Io lo voglio sapere... Voglio... no,... è la mia vecchia testa che gira... Io sono solo un rottame messo da parte. Mi capisci, vero?

Anna                             - Sì, sì, nonno! Lo so cosa vorresti dire... ma adesso pensa alle fragole! Adesso ti imbocco come facevo con i piccioncini...

Berg                              - Sì, quando la tua matrigna non li aveva fatti ancora ammazzare...

Anna                             - Oh, ma bisognava farlo sai, quei ladruncoli beccavano il grano del campo... (Si asciuga una lacrima.) D'altra parte non dobbiamo meravigliarci se quelle due là... voglio dire la mam­ma e Juliana non agiscono come me nei tuoi confronti... Loro, qui, non riescono a sentirsi a casa loro come noi due, che ci siamo nati e cresciuti.

Berg                              - Noi due? Ah, sì, certo... Tu hai proprio ragione.

Anna                             - Certo che ho ragione... Fin da quando ero bambina mi hai sempre raccontato tutto quello che ti è accaduto qui... e quello che è accaduto alla nonna e alla povera mamma... e poi quello che avevamo di più caro... tutto quello che mi hai raccontato... è come se lo avessi vissuto io stessa... E le vecchie canzoni e i racconti? Certe volte credo di essere io la protago­nista di quelle storie e di essere stata in quella caverna e di aver visto tutti i tesori che mi hai descritto. E quando loro, quelli là, non riescono a capirmi e mi parlano sgarbatamente, allora... (Gli getta le braccia al collo.) Oh, nonno, nonno, io ho soltanto te al mondo!

Berg                              - Non devi dire così, bambina!... fino a quando la vecchia casa di legno sarà in piedi, questo podere sarà sempre bene­detto. È là, che quella santa donna di tua madre ti addormen­tava cantando, fino al giorno che si è addormentata anche lei; è là, che tuo padre ha vissuto felice e contento fino al giorno in cui arrivò la nuova padrona di casa! Da quel momento tutto è sembrato troppo piccolo, troppo modesto... e si è do­vuta costruire la nuova casa, con grandi stanze ed enormi sa­loni... Poi tuo padre morì e nella casetta di legno siamo rimasti solo noi due...

Anna                             - E il vecchio Mago in soffitta.

Berg                              - Già, lui vuole restare il più possibile nei vecchi ambienti... Quando poi la padroncina ci verrà ad abitare...

Anna                             - Parli di Juliana?

Berg                              - Certo, la signorina...

Anna                             - Ma nonno, Juliana non resterà qui.

Berg                              - A no?! Andranno in città a fare la gran vita...

Anna                             - Ma no... gli sposi andranno nella tenuta di Birkedal che avranno come regalo di nozze...

Berg                              - Che?... Che cosa hai detto?

Anna                             - Dico che... „

Berg                              - Come hai detto? Il nome del podere?

Anna                             - Birkedal. Lo conosci, no?... quello che toccò a papà quan­do ebbe quella lite con Arne, che diceva di esserne il pro­prietario...

Berg                              - Birkedal, Birkedal... sì... sì... adesso me lo ricordo... Ma chi te lo ha detto che sarà dato in regalo?

Anna                             - L'ho sentito da quella là... volevo dire, dalla mamma... Lo diceva ieri... ma nessuno deve saperlo prima che...

Berg                              - Questo non deve accadere, Anna... bisogna che questo non accada!

Anna                             - Ma nonno, che cos'hai?

Berg                              - Niente, bambina, niente!... Il fatto è che dopo tanto tempo comincio a ricordarmi certe cose...

Signora Berg                 - (chiamando dalla casa): Anna! Anna!

Anna                             - Quali cose, nonno?

Berg                              - Niente. Niente. Adesso va in casa... mi pare che ti chiamino...

Signora Berg                 - (come sopra): Anna, allora, vuoi muoverti?

Anna                             - Sì, sì, vengo.

Berg                              - Va! Appena sarà buio verrai a trovarmi...

Anna                             - Sì, certo. Ma sta calmo...

Berg                              - Non preoccuparti per me, Anna... Oh, la mia povera testa... la mia povera testa... è diventata debole e non ricorda più... (Anna lo accompagna alla lJì» di tronchi poi si dirige verso la casa grande. Sui gradini s’incontra con la signora Berg e Ju­liana. )

Signora Berg                 - Ma cosa stai facendo, Santo Dio?... Muoviti, Pre­para la tavola per il thè: non vedi che già scendono per la collina? (Anna prepara la tavola sul davanti canticchiando una canzone popolare.)

Juliana                           - (aggiustandosi i capelli): Mamma, guardami, stanno me­glio così?

Signora Berg                 - Ma sì, sì, non stare a preoccuparti.

Juliana                           - Oh Dio, mamma, il cuore mi batte così forte che faccio fatica persino a respirare!

Signora Berg                 - È il busto che è troppo stretto, figlia mia!

Juliana                           - Ma no! Cosa c'entra il busto. Non capisci che quando una ragazza aspetta il suo fidanzato deve sempre sentirsi così; specialmente le prime volte... Io e Birk ci siamo visti così di rado. Subito dopo il fidanzamento siamo partiti da Cristiania e in seguito, Birk, non è mai venuto qui... Oh, come è delicata la mia posizione!... Qui nessuno sa del fidanzamento; lo diremo solo domani!... Ma se Birk non ci pensa e mi stringe tra le braccia in mezzo alla strada? Il segreto sarebbe svelato! E allora?

Signora Berg                 - Oh, in quanto a questo devi stare tranquilla: ti sei fotta promettere da Birk di tenere la cosa segreta. E pei, lui... non è di quelli espansivi... non è certo un tipo passionale.

Juliana                           - Oh, no! Dio lo sa che non lo è affatto... Del resto basta leggere una delle sue lettere... sembrano scritte da un marito. Senti, mamma, vorrei proprio che il fidanzamento non venisse reso noto subito!

Signora Berg                 - Andiamo, Juliana. Cosa ti passa per la testa!

Juliana                           - Eh, mamma, tu non puoi capirmi; quando si hanno altri ricordi che si riaffacciano alla mente...

Signora Berg                 - Che ricordi?... parli seriamente?... stai ancora pensando a quelle sciocchezze del tempo della scuola?... Dai retta a me; fa in modo che Birk non sospetti nulla... E poi il fidanzamento è cosa fatta... inutile parlarne.

Juliana                           - non mi resta che soffrire e tacere... del resto destino della donna in questo mondo è questo qua... Mio Dio eccolo che arriva... Mamma il mio vestito sta bene? (Birk e ]órgen arrivano dal fondo con il sacco sulle spalle.) Johannes!

Birk                               - Juliana, Juliana cara!

(Anna, che sta per rientrare in casa, si ferma al suono della voce di Birk e senza farsi notare, lo guarda. Birk e Juliana si dan­no la mano.)

Questa stretta di mano equivale ad un abbraccio. Mi hai detto che debbo mantenere il segreto, no?

Juliana                           - Sì... è vero.

Jorgen                           -  E poiché nella nostra casa ci sarà un amico che non sa niente...

Juliana e Signora Berg  - Un amico?

Jorgen                           -  Sì, un giovane che vi stupirà e che ho portato con me... ma tu, Juliana, lo conosci certamente dai giornali, è John Paulsen... fa il critico letterario ed è molto conosciuto e stimato a Cristiania. Ha fondato la società per il ripristino dell'antico idioma scandinavo...

Signora Berg                 - Ah, ho capito: una specie d'associazione di tem­peranza?

Birk                               - A dire la verità, la temperanza e la moderazione sono cose che non si addicono molto a quella associazione...

Jorgen                           -  Vedi,... è un'associazione che si propone di... di... non so come spiegarmi! Sarà meglio aspettare che quell'associazione abbia redatto il suo statuto.

Birk                               - Qui sta il « busillis ».

Jorgen                           -  Oh, andiamo. Per Paulsen, questa, è solo una schiocchezza;... l'ha detto lui! Un giorno mi disse: «Senti»... perché ci diamo del tu, sai?... ce ne andiamo a spasso sottobraccio fu­mando il sigarotto... non è vero, Birk?

Anna                             - (si è avvicinata a Birk e gli tende la mano): Voglio darvi il benvenuto anch'io!

Birk                               - Oh, chiedo scusa!...

Signora Berg                 - Ma, Anna!

Birk                               - Proprio non l'avevo veduta... Immagino che sia della fa­miglia?

Signora Berg                 - La mia figliastra (Sottovoce:) È una povera ra­gazza che non ha sempre la testa a posto. (Ad Anna) Ebbene: vai a lavorare. (Anna ritorna alla tavola.)

Birk                               - (sottovoce alla Signora Berg): Ah, già... ora mi ricordo. Juliana me ne aveva parlato.

Jorgen                           -  Ma il poeta cosa sta facendo?

Juliana                           - Poeta? Allora è anche poeta?

Jorgen                           -  Certamente; un vero poeta... passionale e selvaggio... la sua specialità è lo studio degli usi e costumi nazionali.

Juliana                           - Davvero?

Jorgen                           -  Finora non ha ancora pubblicato niente, per la verità,  ma tutti sono concordi nel credere che il giorno che lo farà sarà una cosa superba!

Juliana                           - Questo è molto interessante!

Signora Berg                 - Lo accoglieremo con cordialità... Ma intanto non volete liberarvi dei vostri bagagli? La tavola è apparecchiata e vi sta aspettando.

Jorgen                           -  È proprio quello che ci voleva. Abbiamo fame e sete! (Escono tutti, per ultimi Birk e Juliana tenendosi per mano. Paulsen viene avanti dal fondo)

Paulsen                         - (si ferma sulla porta e guarda Birk e Juliana): Cosa si­gnifica... Quanta intimità... la mano nella mano... Perbacco, la mano nella mano! (Viene avanti.) Questo lo si può chiamare un « coup de foudre »... Per quanto ne so io è la prima volta che viene in questa casa... Bene, bene...: si vede che le per­sone che abitano qui sono molto affabili... Gente semplice, spontanea... benissimo! La semplicità... la primitività ha anche i suoi lati buoni e comunque è una caratteristica nazionale... e... e... ma io, con il mio carattere cupo e angosciato sarò una sto­natura in questa pacifica vita familiare... eh, sarà proprio così!... (Anna entra posando un bollitore da thè sul tavolo.) La cosa più saggia che io possa fare è andarmene finché sono ancora in tempo... oh guarda, una ragazza e una tavola appa­recchiata!... Anche se vado via di qui porterò la mia tristezza da un'altra parte... È il mio destino, non posso evitarlo... devo decidermi... Resto!... Ssst! Sta cantando... Ah, sembra l'eco del limpido suono della foresta di abeti. (Sta ad ascoltare.)

Anna                             - (che non lo ha visto, canticchia): « Cento uccellini verran sulla collina ma nessuno di loro io potrò sposare; in questa brughiera io dovrò restare a piangere e disperar tutta la vita. »

Paulsen                         -  Nessuno sarà vostro marito... nessuno, voi dite? Mio Dio dovete cantarmi ancora una strofa, signorina, una sola!

Anna                             - (guardandolo sorridente): Uhm!... no, non ho più voglia di cantare.

Paulsen                         -  Anche io sono come quegli uccellini; anche io sono solo.

Anna                             - (continuando le sue faccende): Entrate... entrate in casa; troverete gli altri.

Paulsen                         - (tra sé): Ed ecco che con la mia presenza ho messo di malumore un'altra persona!... Che faccio; entro o... Ma sì, entro! (Si rimette a posto il vestito.) Se fossi vanitoso dovrei dire che il mio ingresso fa sempre un certo effetto: infatti mi fac­cio annunciare dai miei amici prima di entrare in scena. Bi­sogna entrare quando gli animi sono in tensione, allora ognuno dando di gomito al suo vicino dice sottovoce: « Eccolo, eccolo... che aspetto ascetico... che sguardo profondo... è un po' triste ma interessante... si capisce subito che... » Eccoli, arrivano!

Jorgen                           -  Ehi! Ben arrivato, signor ritardatario!

Paulsen                         -  Mi dispiace, signora, sono costretto a presentarmi da solo. Non ho certo avuto l'onore di...

Signora Berg                 - Ah, ah! Ma sì. Già vi conosciamo...

Juliana                           - (a Birk): Lasciami... lasciami... (A Paulsen) E talmente bene che vi siamo doppiamente grati per essere venuto.

Paulsen                         -  Oh, per carità...

Signora Berg                 - Ma accomodatevi.

Paulsen                         -  Grazie, grazie. (Si seggono intorno alla tavola. La signora Berg serve il thè. Anna circola con le tazze. Comincia a far notte.) Ah, finalmente i miei vaghi sogni si sono avverati... sono qui tra la natura altera e selvaggia...

Birk                               - Guarda che questo è un giardino!

Paulsen                         -  È lo stesso!... per me è come se fosse una foresta nella natura altera e selvaggia... Se mai un giorno io potrò ritrovare la mia primitiva semplicità, ciò potrà accadere sol­tanto qui.

Juliana                           - (sottovoce a Jòrgen): Dio mio, che idee originali ha!

Jorgen                           -  Oh, sì. Puoi dirlo!

Birk                               - (tra sé): Come! Anche lei!

Paulsen                         -  Era un pezzo ormai che pensavo gioendo a questa gita... non più di quanto mi è possibile gioire per qualche cosa. È la prima volta che passo in aperta campagna la notte di San Giovanni, ed è in quel momento che lo spirito nazio­nale... il... la vita primordiale si manifesta senza più alcun vincolo... sì... Non è così, amico? Mi hai promesso di portarmi sulla collina di San Giovanni, vero?

Jorgen                           -  Sì, sì, stai tranquillo; ci andremo tutti insieme. Ci diver­tiremo fino a domani mattina; perché, sai, che la notte di San Giovanni non va a dormire nessuno.

Paulsen                         -  Non si va a dormire?

Jorgen                           -  No, dovrai rassegnarti a rispettare questa antica usanza nazionale.

Paulsen                         -  Ah! sì, certo. È quello che voglio... Oh, come farà bene temprare l'anima nel bagno d'aria fresca della notte!

Juliana                           - (a Birk, sottovoce): Mio Dio, com'è divertente!

Birk                               - (con ironia): Sì, vero?

Signora Berg                 - Ma voi, allora, siete un amante della natura?... Anche il mio povero marito era così...

Paulsen                         -  Ah, sì? Il signor Berg aveva un'anima poetica?

Signora Berg                 - Berg? Per carità... al contrario; era avvocato... Stavo parlando del mio primo marito... Il padre di Jòrgen e di Juliana...

Paulsen                         -  Ah, beh! lo credo senz'altro. (A Juliana) I gusti poetici sono ereditari, di solito... Comunque quando dite che sono un amante della natura, non è esatto, se per amore intende un annullarsi completo in ciò che... L'ho conosciuto l'amore, io, ma è finito...,

Birk                               - (a mezza voce): Sì, ma è finito anche nella tua ragazza...

Paulsen                         -  Ti prego, Birk, rispetta i miei sentimenti... Ma di che cosa stavo parlando?

Birk                               - Di te, naturalmente. Dicevi...

Paulsen                         -  Esattamente, mi ricordo! Volevo dire questo: quello che rende così piacevole la natura sono gli esseri fantastici di cui viene popolata dalla credenza popolare. (Il Mago sporge la testa dall'abbaino, sul tetto della casa di tronchi. )

Juliana                           - Sì, è proprio così: anch'io lo credo.

Paulsen                         -  Per conto mio i maghi, gli gnomi, eccetera, li consi­dero come concetti simbolici con cui gli uomini semplici dei tempi passati esprimevano le loro idee, che non avrebbero sa­puto definire nel loro vero e scientifico carattere. In questo senso io trovo che la natura diventa interessante, così piena di senso filosofico...

Birk                               - Ma è una sciocchezza!

(Il Mago si mette a sedere sul parapetto dell'abbaino.)

Paulsen                         -  Sì, mi rendo conto che questo è un concetto ardito, ma fa parte della mia personalità, pensare arditamente... Non posso farci niente... niente.

Juliana                           - Comunque, Dio sa bene che è senz'altro un concetto poetico.

Birk                               - (sottovoce): Ah! È una... un'oca!

Paulsen                         - (a Juliana): È vero?... Siete d'accordo con me? Se non esiste un punto di vista poetico, se non consideriamo il loro aspetto filosofico... che cosa diventerebbero le favole e le leggende?

Il mago                         - (alzandosi): Oh... oh... oh... (Si ritira.)

Paulsen e Juliana           - (impauriti): Che cos'è?

Jorgen                           -  Ah ah ah! Fai attenzione Paulsen!

Birk                               - Potrebbe anche trattarsi del Mago in persona!... La casa di tronchi d'albero sarebbe adatta per lui.

Anna                             - (ha seguito con attenzione la conversazione e grida): Nes­suno si permetta di parlare più così... nessuno! State tutti zitti. Voglio così!

Paulsen                         -  Ah, per esempio, io...

Signora Berg                 - Anna! Insomma, Anna, cosa ti salta in mente?

Anna                             - Nessuno deve ridere della vecchia casa di tronchi! Non voglio! (Indica Paulsen.) Non capisco quello che dice questo signore... ma sono sicura che non si tratta di cose buone, lo sento.

Birk                               - (alzandosi): Ma, mia buona, piccola Anna...

Anna                             - (parla mormorando e toccandosi la testa): Nessuno si può rendere conto in che stato io mi trovi. Non pensate, che quan­to di cui ridete, può essere, per me, più prezioso di tutto l'oro del mondo? (Rientra in casa.)

Birk                               - (la segue con gli occhi): Ma che cos'ha quella ragazza?

Paulsen                         - (fra sé): Ci risiamo: ho combinato un altro guaio con le mie idee strambe! (Alla Signora Berg) Mi dispiacerebbe molto se...

Signora Berg                 - Oh, no, per carità! Sono io, al contrario, che deb­bo pregarvi di scusare... State tranquillo che non la passerà liscia.

Birk                               - Ma, no, signora Berg!

Juliana                           - Il fatto è che non ha sempre la testa a posto... capite?

Jorgen                           -  Sono le favole del nonno che le hanno confuso le idee... Ma, per parlare di altre cose... mi sembra che si fosse accen­nato ad un ponce... Comunque, suggerisco di bere un cordiale, prima di andare sulla collina di San Giovanni.

Paulsen                         -  Bravo! bene! (Tutti si alzano.)

Signora Berg                 - Bisognerà, allora, che Jòrgen ci aiuti. Sai preparare il ponce?

Jorgen                           -  Penso di sì. (Rientra in casa con la signora Berg.)

Juliana                           - Intanto, vado a mettere il cappello. Ritorno subito, signor Paulsen. (A Birk, passando:) Non ha il minimo sospetto che siamo fidanzati. (Rientra in casa.)

Birk                               - No, naturalmente!

Paulsen                         -  Dio mio, com'è graziosa! Ha un non so che... un non so che di nordico che mi piace moltissimo.

Birk                               - « Non pensate che quanto di cui ridete può essere per me più prezioso di tutto l'oro del mondo? » Sì... Penso proprio di cominciare a capirla.

Paulsen                         - (battendo sulla spalla di Birk): Birk, tu mi sei amico, vero?

Birk                               - E, allora?... che cosa vuoi?

Paulsen                         -  Ti ho chiesto: mi sei amico, vero?

Birk                               - Ma, sì., lo sono.

Paulsen                         -  Questa sera mi sento felice! Hai afferrato, Birk, l'oc­chiata che m'ha lanciato quella signorina?

Birk                               - No, non ho notato l'occhiata che t'ha lanciato quella signo­rina.

Paulsen                         -  Ma, sì: quando lei...

Birk                               - Oh! non ne voglio sapere niente.

Paulsen                         -  Va bene, va bene... come vuoi tu!... Ma non è certo un agire da amico il tuo, rispondermi in questo modo, quando per una volta tanto sono di buonumore. Sai bene che basta un niente per farmi diventare triste e amaro...

Birk                               - Senti, se lo vuoi sapere... io sono stufo di queste tue con­tinue chiacchiere sulla tua amarezza, il tuo umore grigio e tutte le altre stupidaggini!... Non è che esibizionismo!

Paulsen                         -  Oh Dio mio! Sono esibizionista, adesso! Fino ad ora non me ne ero mai accorto.

Birk                               - Perché i tuoi amici si sono dimenticati di dirtelo.

Jòrgen                           - (uscendo con due bicchieri di ponce): Arriva l'avanguardia! Non ci guadagnate niente a star qui a bocca asciutta...

Paulsen                         -  Jòrgen, sei proprio un tipo « chic »!

Jorgen                           -  Perché, non te ne eri accorto? (Rientra.)

Paulsen                         - (sottovoce): Lasciamolo col muso... ho voglia di bere!... Il ponce è come un bagno di vigore che... un bagno di vi­gore! Bella espressione! Bisogna fargliela ascoltare... che gli vada o no!... (Prendendo un bicchiere.) Bisogna che cerchi di rendermi simpatico!... (A voce alta:) Senti, Birk, beviamo insie­me e diamoci del tu, vuoi?

Birk                               - Che stupidaggine, ci diamo già del tu.

Paulsen                         -  Comunque... dicevo...

Birk                               - Va bene, sarà per un'altra volta (Va in giardino a destra.)

Paulsen                         -  Ehi, ehi, ma perché se ne va?... Cosa gli prende? Ho preso il suo posto nelle simpatie della signorina e questo gli sec­ca... Questa è la ragione. Sì, sì, adesso mi ricordo che aveva un certo successo su di lei prima che arrivassi io... e dopo... tutto finito! È andato in giardino?... Benissimo. Io arriverò prima di lui ad offrire il braccio alla signorina per portarla a passeggio. (Rientra in casa. Sui gradini s'incontra con Anna e le fa un grande inchino. Intanto si è fatto buio.)

Anna                             - (con una brocca di ponce e dei bicchieri): È come se ci fosse qualche cosa di strano in me stasera. Che sarà mai? Non riesco a capire. Non mi sono mai sentita così... (Il Mago appare sull'abbaino della casa di legno.) E come quando cammino a lungo pensando ad una vec­chia canzone e d'un tratto mi pare di ricordarla... Ma il nonno... Gli avevo promesso che sarei andata a trovarlo appena avessi potute... me ne stavo dimenticando. (Entra nella casa di tronchi. ) (Il Mago scende dalla soffitta e viene in avanti. Ha un vestito grigio e in testa una berretta rossa. Si spolvera il vestito con la mano e tira fuori il colletto della camicia.)

Il mago                         - È la notte di San Giovanni, la festa universale! Anche Il Mago in persona vi partecipa! Andranno tutti nella foresta per spassarsela come meglio possono. In questa serata tran­quilla i rami di betulla profumano deliziosamente e anche la più piccola zolla è coperta di erbetta tenera e di fiori selvatici... Il Mago durante l'anno è molto indaffarato: salire e scendere dal solaio alla cantina e, appena spunta l'alba, deve tornare nella stalla perché deve sorvegliare tutto il podere. Ma la notte di San Giovanni è la sua festa; allora, messo il vestito più bello, va a trovare tutti gli amici, la famiglia, i compagni che sono tutti sulla collina in mezzo ai fuochi. Lassù, uomini e ragazzi si danno alla pazza gioia, si canta, si balla nei bo­schetti, tra i rovi; ma pochi sanno, che gli gnomi e i folletti sono seduti sulla collina e li stanno a guardare! (Tira fuori un grosso orologio.) Eh!... È ora che mi metta in cammino! (Sta per andare quando si accorge della brocca con il ponce.) Ve­diamo un po'! (Lo assaggia con un dito e lo sputa.) Ah, non è roba adatta a me questa! È questo che l'uomo ama: bere per schiarirsi la vista e ragionare sull'amicizia, sul senti­mento... e tutto gli sembra bello, meraviglioso. Si diverte con tutti e dimentica tutto, almeno fino al giorno dopo! (Riflette un po' e poi dice sorridendo:) Aspettate un po'! Ehi, ehi... mi è venuta in mente un'idea... Mi potrei prendere un po' gioco di loro questa sera! E sì, perché il Mago ha sempre un certo spiritaccio per gli scherzi! (Va in giardino e ne torna subito con un fiorellino in mano.) In tutti i campi cresce una pianta che ha delle strane proprietà... Eppure sono pochi quelli che la cercano; tutti passano oltre senza vederla. È nata dall'idro­mele di Suttung, che Odino versò sulla porta del Valhalla... chiunque gusterà il suo dolce liquore non avrà più la possi­bilità di vedere le apparenze. (Spreme il succo della pianta nella brocca.) I fumi che gli offuscano la vista spariscono nel gioco della fiamma del sogno. E, allora, potrà vedere la forza inte­riore che governa nel tribunale intimo dell'anima... ma che non offre materia a riflessioni e, come sempre, erra alla cieca... dormendo! (Saluta e sparisce sottoterra.) (La signora Berg, Jórgen, Paulsen e Juliana escono dalla casa grande. Anna esce dalla casa di fronte.)

Paulsen                         -  Ed ora, in questa meravigliosa notte d'estate, ce ne andremo nella altera, libera, natura, nel... (A Juliana ) Sì: non è così? Non avete promesso di darmi il braccio?

Juliana                           - Ma certo: voi sarete il mio cavaliere.

Jórgen                           -  Innanzitutto, ci vuole un bicchiere di ponce! (Prende il bicchiere che Birk non ha toccato e riempie i bicchieri degli altri con il ponce della brocca.)

Paulsen                         -  Oh!, così va bene!... (Rivolto ad Anna) Così, avrò l'oc­casione di bere alla riconciliazione con la coraggiosa difenditrice degli spiriti folletti e dei troll... Sarei veramente dispia­ciuto se con le mie battute originali, vi avessi contrariata.

Signora Berg                 - Ma, come potete pensare...

Anna                             - Ma, io non ci penso più.

Jórgen                           -  Ebbene, brindiamo, allora!

Paulsen                         -  Alla salute di tutte le streghe della notte di San Giovanni.

(Bevono tutti tranne la signora Berg.)

Jórgen                           -  Evviva!

Paulsen                         -  Evviva!

Voci dal fondo             - (tra cui quella del Mago che sbuca con la testa da sottoterra, agitando il suo berretto): Evviva!

Signora Berg e Juliana  - Oddio!

Paulsen                         -  Che cos'è?

Jórgen                           -  Oh, saranno i contadini che gridano sulle colline di San Giovanni.

Paulsen                         - (annusando il suo bicchiere): Per Bacco! questo ponce è piuttosto strano.

Juliana                           - Sì: è sembrato anche a me.

Jórgen                           -  Davvero?... Eppure, è stato fatto con tutte le regole... E, adesso, avanti march!

Aulsen                          - (molto agitato): Non so per quale ragione, ma mi sento così bene, così leggero... Posso? (Offre il braccio a Juliana.) Ah! ecco Birk. (Grida verso sinistra:) Gli assenti hanno seni­ore torto, caro mio. È accaduto come nella canzoncina. A ciascun la sua ciascuna ma qualcun senza qualcuna.

Juliana                           - Ah ah ah. A presto! (La signora Berg e Jórgen, Juliana e Paulsen escono dal fondo. Anna e Birk vengono da sinistra.)

Birk                               - « A ciascun la sua ciascuna... » Avrei quasi voglia di dire: Buon prò ti faccia. (Riempie un bicchiere.)

Anna                             - Non andate assieme agli altri?

Birk                               - (sorpreso): Ah, siete qua?! No, non ci vado? E voi? Forse, come me... siete di troppo?

Anna                             - Sì, è così pressappoco.

Birk                               - Ma, ditemi un po': voi siete uno strano tipo di ragazza... Perché vi siete adirata in quel modo, con quel povero Paulsen? Perché?

Anna                             - Non mi parlate più di questo... Forse non avrei dovuto... Comunque, non era con Paulsen che ero arrabbiata.

Birk                               - No? E con chi, allora?

Anna                             - Con voi.

Birk                               - Con me?

Anna                             - Certo: proprio con voi. Che Paulsen e gli altri, avessero preso in giro ciò che io amo e ciò in cui io credo, non m'im­portava niente; ma che ne abbiate riso voi... questo non so perché non l'ho potuto sopportare.

Birk                               - Vediamo un po', mia piccola, cara Anna...

Anna                             - Sì: è proprio così! Forse, avrei dovuto stare zitta; ma io non ci riesco, capite?... E vi dico, inoltre, che non dovete più tarlo... capite? Non voglio.

Birk                               - Non è necessario che me lo proibiate in modo tanto categorico. Mi rendo conto di avere sbagliato... Non ho ricordi d'in­fanzia da difendere, ma so apprezzare quelli degli altri.

Anna                             - Non avete ricordi d'infanzia?

Birk                               - Quasi nessuno. Nella mia vita ci sono stati due periodi... ed ho completamente dimenticato il primo, cioè, fino a quando ho lasciato la mia casa dell'infanzia: avrò avuto nove o dieci anni, allora e mi venne una febbre fortissima, qualcosa di si­mile ad una infiammazione cerebrale... E, quando fui guarito, fu come se per me cominciasse una vita nuova. Ma... Adesso basta! Vi prego, ancora, di volermi perdonare.

Anna                             - Vi ho già perdonato. (Riempie un bicchiere.) E, adesso, berrò con voi alla nostra riconciliazione.

Birk                               - A tutti i vecchi ricordi!

Anna                             - A tutti i vecchi ricordi! (Bevono.)

Birk                               - (dopo un momento di silenzio): Ah! questo fa proprio bene! (Si anima un po' alla volta.) È come se fossi diventato un altro uomo! Sentite: bisogna che beva con voi alla salute di qualche altra cosa.

Anna                             - Di che cosa?

Birk                               - Beh, voi siete sul punto di diventare mia cognata...

Anna                             - Cognata?... Ah, già, è vero: diventeremo parenti. Sapete che è curioso? Non ho mai pensato a questo.

Birk                               - No? Ormai è cosa fatta... o, almeno, lo sarà domani. Ad ogni tempo i propri affanni. Volevo dire: le proprie gioie! Ed ora, dobbiamo bere assieme e darci del tu!

Anna                             - D'accordo! Beviamo e diamoci del tu.

Birk                               - Grazie. (Bevono.) Alla tua salute! (Le prende la mano.)

Anna                             - Alla tua! Ma, ora dobbiamo lasciarci. Parleremo domani.

Birk                               - Te ne vuoi di già andare?

Anna                             - Devo!... Il nonno mi sta aspettando.

Birk                               - Ma come? Proprio ora che ero tornato di buonumore? Lo sai che mi piacerebbe tanto sedere ai tuoi piedi in questa dolce notte, per ascoltare le tue parole?

Anna                             - Un'altra volta: questa sera non si può.

Birk                               - Ma sì, piccola cara cognatina: si può sempre. Ed è pro­prio questa sera che mi piacerebbe... Senti, puoi credermi o no, ma se tu mi prendessi per mano e mi portassi per le tran­quille valli bagnate di rugiada, per i campi e per i boschi, io sarei ben felice di rivivere assieme a te, tutte le favole della notte di San Giovanni.

Anna                             - Ti piacerebbe?

Birk                               - Più di qualsiasi altra cosa.

Anna                             - Allora è possibile: ma ad una condizione.

Birk                               - Quale?

Anna                             - Devi salire sulla collina e con la necessaria disposizione di animo.

Birk                               - Ah... Ne sei sicura? Forse, tu stessa?...

 

Anna                             - La leggenda dice così.

Birk                               - Bene; allora vuol dire che è così.

Anna                             - Ma, soltanto dopo la mezzanotte.

Birk                               - Certamente! Sarebbe sconveniente disturbare gli esseri della collina con delle visite anticipate... Ma, tu, vieni con me?

Anna                             - (si avvicina a lui e lo guarda attentamente): Ma, tu, stai parlando seriamente?

Birk                               - (con una certa sorpresa ma sempre scherzoso): Sì! per Bac­co... come puoi credere il contrario?

Anna                             - Non hai paura?

Birk                               - Con te, no.

Anna                             - Bene! Allora, verrò.

Birk                               - Come?... Che vuol dire?

Anna                             - Che verrò... Buona sera, per ora. (Entra nella casa di tronchi. )

Birk                               - (solo): E, dopo? Che cosa significa?... Ha detto «verrò» con un tono, come se si trattasse di una cosa molto seria. Che sia davvero un po' stramba, come dice Juliana?... No, no, non è possibile... Però, la sua condotta è veramente strana... Se fossi presuntuoso, dovrei quasi credere che lei... Ma, anch'io, forse, mi son comportato in maniera un po' imprudente... E, poi, sono fidanzato: fidanzato! Dà quasi fastidio, questa pa­rola. Il poco tempo che ho passato qui, mi ha fatto capire il carattere di Juliana, meglio di quanto non avessero fatto tutte le sue lettere... Insomma: che cos'è?: è una civetta... esaltata, romantica... Questo giochetto dei non-ancora-fidanzati che dovevamo fare fino al giorno delle pubblicazioni... Per lei, que­sta è una parte che le sta a pennello, lo ammetto! Ma, io?... (Violentemente:) Ah! ma insomma, che cosa mi piglia? Si direbbe, quasi, che è il ponce che mi dà alla testa... Ebbene: se sono sbronzo, voglio esserlo fino in fondo... (Tracanna due bicchieri.) Ecco fatto! Ed ora, mi siedo qui... (Siede sopra una panca a destra, in avanti.) E se non mantenesse la promessa e non venisse?... lei, la piccola... E se non mi aiutasse a sognare, da sveglio, durante tutta la notte... almeno, sognerò dormendo... E un modo come un altro per fare passare il tempo... Comun­que, domani ci sarà la festa di fidanzamento... Congratulazioni — Oh oh! Evviva!... Dobbiamo essere allegri!... Oddio!... \?9&&*am la testa contro l'albero e si addormenta.) (Un violinista seguito da contadini e contadine, attraversa w scena, sul fondo, cantando.)

Coro                                         -« Mentre la tiorba suona per prati e per pendii, andremo fino in cima al col di San Giovanni...M Dovremo fare in fretta perché la scura notte del solstizio estivo in un lampo passerà. Andiamo tutti insieme in cima alla collina ma solamente a coppie ritorneremo giù. Né scomodo né impervio né troppo lungo mai a tutti apparirà del Tenero il sentier.» (La Signora Berg e Jórgen avanzano dal fondo.)

Jorgen                           -  Sì, sì, andate pure ad appisolarvi in cima alla collina di San Giovanni. Può anche sembrare una buona idea ma io, la notte, preferisco dormire nel mio letto.

Signora Berg                 - Penso che sia così per tutti; mettiamoci a sedere e aspettiamoli.

(Entrano nella casa. Dopo qualche momento, venendo dal fondo, arriva Juliana seguita da Paulsen.)

Juliana                           - No, no! Vi assicuro che se non la smettete di parlare con tanta enfasi, non farò più un passo assieme a voi.

Paulsen                         -  Enfasi? Ma io sono fatto così, è la mia natura.

Juliana                           - Ma spiegatevi meglio, almeno; io non ho ancora capito una sola parola.

Paulsen                         -  No? Nemmeno una?... Eh, lo so... Io non mi esprimo in modo popolare; ma questa per me è una regola ed ora vi dirò il perché. I miei principi, le mie idee, non sono popo­lari... io parto da questo concetto... ed ora ecco il mio credo: il bello innanzitutto!... Ma la bellezza che cos'è? È l'accordo perfetto tra forma e sostanza... E dal momento che i miei pen­sieri non sono popolari...

Juliana                           - Ma fatemi pur capire che cosa volete dire.

Paulsen                         -  Certo, subito... Comincerò a dirvelo... ossia comincerò a tentare di dirvelo... Ma prima rispondete a questa domanda: che impressione vi ho fatto?

Juliana                           - Che impressione?

Paulsen                         -  Sì, sì... Voglio dire: come vi sono sembrato... Non rispondete... Bene! Il vostro silenzio è abbastanza eloquente. Vi dirò che cosa pensate di me; che sono un essere rozzo, sfacciato, un...

Juliana                           - Ma no! Come potete pensare questo!... Siete senza dub­bio una persona per bene.

Paulsen                         -  Oh, non è vero! Non lo pensate affatto!... Debbo pro­prio dirlo io quello che pensate; mi considerate un violento, un po' strambo... sì... sì... non lo negate! Non può essere che così; è questa l'impressione che faccio a tutti... è la mia disgra­zia... ma questo è bene... Vi siete spaventata, vero?

Juliana                           - Beh, se continuate a parlare così, sì!

 

Paulsen                         -  Lo vedete... lo vedete che ho ragione?... Anche voi non conoscete la storia della mia anima e quindi non potete giudicare dalle apparenze... Ecco uno spirito...

Juliana                           - (spaventata): Ah, dove?

Paulsen                         - (spaventato anche lui): Eh... Che c'è?

Juliana                           - Mi avete fatto paura!

Paulsen                         -  Lasciate che continui... Ecco uno spirito che corre alla rovina... voi pensate... uno spirito che non ha più legami con la società... che è fuori dal normale corso della vita... che combatte per un ideale che nessuno capisce è di conseguenza uno spirito destinato a soccombere... Non è forse questo quel­lo che pensate?

Juliana                           - No! Ve lo assicuro.

Paulsen                         -  Ma non dovete pensarlo!... Vi dirò tutto... perché... debbo confessarvi... che credo di aver trovato in voi l'anima a cui poter confidare il mio segreto.

Juliana                           - Un segreto? Allora parlate!

Paulsen                         -  Eccolo: io non sono quello che sembro!

Juliana                           - O Dio mio! E cosa siete, allora?

Paulsen                         -  Non sono quell'essere senza principi, ideato da Heine, che tutti credono che io sia... dovete sapere che io amo...

Juliana                           - Dio, il cuore mi batte... Signor Paulsen...

Paulsen                         -  Un ideale!

Juliana                           - Mi lusingate!

Paulsen                         -  O meglio, ho amato.

Juliana                           - Ah!

Paulsen                         -  Sì, perché è morta.

Juliana                           - Morta?

Paulsen                         -  Per me è morta!... Ecco adesso lo sapete.

Juliana                           - Ma di chi state parlando?

Paulsen                         -  Cercherò di farmi capire meglio: ma innanzi tutto, signorina Kvist, vi debbo spiegare che cosa è l'amore!

Juliana                           - No, scusate...

Paulsen                         -  Ma sì, tanto posso spiegarvelo in poche parole!... amore è il desiderio dell'amore!... Questo è il mio pensiero, mio e di nessun altro... Ma affinché il mio desiderio potesse durare per sempre e per essere sicuro che il mio amore non tosse corrisposto, dovevo amare senza speranza...

Juliana                           - Naturalmente.

Avulse                          -  Ma dai momento che il mio amore avrebbe dovuto essere popolare.

Juliana                           -  E già... voi siete un uomo colto!

Paulsen                         -  E sì, direi... la mia scelta era caduta sul nostro pro­otto più nazionale... Potete immaginare di chi si tratta? Una: Ciò che abbiamo di più nazionale?... Ma sì, una man-

Paulsen                         -  Ma no, non era una mandriana... Era una hulder.

Juliana                           - Come sarebbe?... una hulder...

Paulsen                         -  Già! Come vi sto dicendo... una hulder... quell'essere delizioso, etereo, che in riva al mare, nei boschi d'abeti, se ne sta sotto un tiglio a suonare le corde d'oro del sistro, cantando le sue graziose ariette in si bemolle.

Juliana                           - Qualche volta anche in fa diesis.

Paulsen                         -  Anche, non sempre... qualche volta. Ebbene... come sta­vo dicendo l'ho amata; questo amore sfortunato mi rendeva felice; mi dilettavo a leggere i nostri poeti e la mia passione per l'estetica trovava in queste letture nuovo alimento. Ma un bel giorno mi capitò tra le mani una raccolta di racconti popolari... Chi scrisse quel libro doveva essere un gran plebeo! Dopo quella lettura il mio spirito divenne irrequieto!...

Juliana                           - E perché?... Dio mio!

Paulsen                         -  Sapete cosa ho scoperto leggendo quel libro?

Juliana                           - No...

Paulsen                         -  Ve lo dirò io... anche se ciò farà sanguinare la mia ferita... ma non importa, ve lo dirò lo stesso... Ho scoperto che quella strega... aveva la coda!

Juliana                           - Oh,... cosa dite mai!

Paulsen                         -  Sì, sì... provate ad immaginarvi una coda lunga così; una coda, che oltretutto, non poteva essere nemmeno nascosta. Allora, vi renderete conto, che dati i miei principi estetici, non potevo continuare a provare per lei... Dovetti privarmi del mio amore... ne soffrii molto... ma voi capite: dovetti.

Juliana                           - (dopo una pausa): Capisco il vostro dolore. Posso ren­dermi conto di quello che può significare una propensione che fa cadere in errore... ma continuate.

Paulsen                         -  Cosa viene appresso?... ah, sì... la marcia dei popoli!... Dunque: persa la mia semplicità primitiva, diciamo pure, la mia primitività, dovetti assumere un atteggiamento del tutto ne­gativo nei riguardi dell'umanità. Cominciai allora a riversare la mia amarezza nelle critiche teatrali e in una serie di arti­coli per dei giornali della provincia, che... In poche parole, incamminandomi in quella strada negativa, andai sempre più lontano. È stato così che, a poco a poco, in me, si andò for­mando un cumulo di tetraggine che riluceva in modo sinistrosì, demoniaco, addirittura... qualcosa che chiamerei... disdegno dell'umanità... qualcosa di byroniano. E questa è la causa di questa mia doppia personalità, quella mancanza di senso mu­sicale che si avverte ili me; sembro freddo, addirittura gelido ma in fondo a me c'è il fuoco... credetemi il fuoco, tracanni un bicchiere di ponce.)

Juliana                           -  E cosa intendete fare, nella vita?

Paulsen                         -  Fino ad oggi non ho fatto progetti ma ora una spe­ranza c'è; ho incontrato un'anima affine... Voi mi fate ancora credere nella vita!... Venite, Juliana... oh, scusate... venite, si­gnorina, con voi voglio lasciarmi andare!

Juliana                           - Signore aiutami! Cosa volete fare?

Paulsen                         -  Con voi voglio lasciarmi travolgere, Juliana... voglio dire travolgere dalla violenza sublime dell'arte... Venite, non perdiamo tempo!... Guardate, lassù in cima alla collina brillano i fuochi della notte di San Giovanni e la gente, intorno, si diverte... noi andremo lassù, insieme... andiamo... venite?

Juliana                           - Che strano uomo siete! Ma che linguaggio usate? Nes­suno mi aveva parlato così, fino ad ora.

Paulsen                         -  La mia è la lingua dell'entusiasmo... volete sentirne la voce?

Juliana                           - Sì, sì, lo voglio... devo sentirla!... (Tra sé): Mio Dio, è come se fossi stregata.

Paulsen                         -  Ebbene... entriamo nella vita!

Juliana                           - Nella natura, libera, deliziosa, che c'invita...

Paulsen                         -  Cerchiamo l'impeto... (Mentre si sta avviando:) Posso offrirvi il mio braccio?... (Escono dal fondo a braccetto.)

Jòrgen                           - (sulla scala, guardandosi intorno): Ma dove saranno an­dati?... Paulsen e Juliana ci hanno lasciati quando siamo en­trati in casa... non c'è più neanche Birk. Che abbiano dav­vero deciso di passare la notte sul monte come avevamo detto scherzando a tavola?... Eh, sarebbe un comportamento degno di Paulsen! Se lui e Juliana se ne andassero a passeggiare, as­sieme, lassù... Chissà Birk come prenderebbe la cosa?... No... devo proprio andare a vedere... Toh... c'è qualcosa di chiaro da quella parte... chissà se sono loro! (Si avvia.) Aspettatemi... macché, non mi sentono. (Esce dal fondo.) (Anna esce con calma dalla casa di tronchi e si avvicina a Birk.)

Anna                             - (quasi sottovoce appoggiandogli una mano sulla spalla): Svegliati... Svegliati che è ora!

 Birk                              - (si alza e la guarda sorpreso): Anna! Sei tu!

Anna                             -  Sì, vieni... È ora di andare, ormai!... È quasi mezzanotte.

Birk                               - (stropicciandosi gli occhi e guardandosi attorno): Ma è un sogno... oppure...

Anna                             - Guarda... come la luna è alta nel cielo... io conosco la strada... vieni. (Va lentamente verso il fondo.)

Birk                               - Ma cosa significa tutto questo?... È proprio lei... o me lo a credere il mio spirito turbato?... Penso che sia così... Ehi!... ma si sta fermando... mi fa un cenno!... Oh! come mi sento stor­dito... mi gira la testa... Devo seguirla... devo!...

Anna esce e Birk la segue.  Il Mago appare all'improvviso tra ben, la luce cambia e si sente una musica in lontananza.)

Il mago                         - Ecco; stanno andando sul sentiero bagnato di rugiada e la hulder che è tra gli alberi, sul declivio, canta una canzone accompagnandosi col suo sistro. La sua voce è ascoltata atten­tamente dai poeti. Ed il nòkk3 si pettina la sua verde barba, sulla riva del lago, tra i ciliegi e i sorbi, mentre gli elfi ballano nel bosco degli ontani... Ma loro non potranno dormire... fa troppo freddo per loro... Bene, bene, ...passeggiate pure nel paese dei sogni, che voi siate con la fronte pulita o con la fronte imbrattata dalle brume, siete tutti nella mia rete! Oh, si! Stanotte, per il Mago ci sarà un gran divertimento! (Scompare.)

Sipario

ATTO SECONDO

Una radura nel bosco. Nel fondo una rotonda cima di collina, ove si vedono brillare, ogni tanto, i resti di un fuoco di San Giovanni. A sinistra, sul davanti, un macigno. È notte. C'è la luna. All'apertura del sipario si odono in lontananza canti e suoni di violini.

Il mago                         - (venendo in avanti dal fondo): Smettano i canti, i suoni e le danze. Questa è la nostra notte! Elfi e Gnomi: siete tutti invitati! Abbia inizio la nostra festa d'estate! (Scompare tra gli alberi. ) coro di elfi invisibili: Silenzio, silenzio, caduta è la notte! Che gnomi ed elfi or vengano qua!

Oh fiori dei boschi

il suon del mio canto

vi stenda le foglie

vi schiuda i corimbi! Se calda è l'estate più fresca è la notte, venite a danzare cantate l'amor!

Venite e intrecciate

con dita leggiadre

ghirlande olezzanti

di bianchi mughetti! Ornatevi il petto con veli stupendi tessuti con trame di rose e di viole!

Son come gioielli

son perle e zaffiri

quei semplici fiori

sul verde del prato!

Il salce piegati

i rami in due parti

saluta gentile

le stelle nel cielo!

E tutti si danzi al suon della lira che va pizzicando il Mago gentil! Balliamogli intorno intonandogli un ode dobbiamo esser grati di tanto favor! (Paulsen e Juliana entrano da destra.)

Paulsen                         -  Questa non può essere la via giusta. Ci siamo sbagliati.

Juliana                           - Ma no, vi assicuro. Il sentiero sale fino a lassù. Fida­tevi di me!

Paulsen                         -  Lo sto facendo... completamente; vi seguirò cieca­mente ovunque voi vogliate... Ma tornando alla nostra discus­sione... vedete... (Escono a destra, parlando.)

Jòrgen                           - (entra correndo da sinistra, si ferma e si guarda attorno): Se ne sono andati un'altra volta!... Sono sicuro che il diavolo sta manovrando questa faccenda e ci sta giocando dei tiri man­cini!... Se non ho visto male, Paulsen continua a starle dietro... Debbo ammettere che sei un po' sconsiderata, sorella mia... Dare il braccio, la sera ad uno e il giorno dopo, dare la mano ad un altro. Mah... tanto, Paulsen è soltanto un sognatore pla­tonico; lo ammette lui stesso e poi è la notte di San Giovanni, qui, si può fare quello che si vuole... non si bada alle regole. Comunque preferirei raggiungerli! (Esce a destra.) (Paulsen e Juliana rientrano da sinistra. Il Mago appare sul fondo stropicciandosi le mani divertito.)

Paulsen                         - (agitando le braccia con foga): No, credetemi... l'espe­rienza di pensiero non serve; perciò vi ho rinunciato: è più forte di me, 'non posso sentirmi costretto in un cerchio e... (Si guarda attorno.) Ma come... ci troviamo nello stesso posto di prima, abbiamo fatto il giro della collina.

Juliana                           - Credo proprio di sì!

Paulsen                         -  E quassù... non c'è più nessuno.

Juliana                           - Sì, la cosa migliore sarebbe ritrovare la via del ritorno... sono molto stanca.

Paulsen                         -  Come? Vorreste di già... Ma io devo dirvi ancora tante cose... Vedete quanto è bella la luna che sta dietro agli alberi e che belli gli alberi che stanno davanti alla luna?... Oh, come è piacevole riposarsi nel grembo della natura.

Juliana                           - Sì, se qui fosse un po' più pulito.

Paulsen                         -  È vero, ma noi dobbiamo librarci oltre queste mise­rie... Venite, sedete su questa pietra coperta di muschio. Aspettate che vi stenda sopra il mio fazzoletto altrimenti v'insudi­cerete. Io starò in piedi, sull'erbetta, davanti a voi.

Juliana                           - (siede e per un po' non parla): Paulsen, siete di nuovo serio.

Paulsen                         -  Il mio brio, in genere, non dura più di un quarto d'ora: specialmente se non bevo. È una mia caratteristica.

Juliana                           - Perché non vi sentite a vostro agio?

Paulsen                         -  Ve lo dirò! Parlando francamente, nel mio animo non è ancora chiaro se... esito...

Juliana                           - Poco fa avevate detto di aver trovato un punto fer­mo nel...

Paulsen                         -  Verissimo! Infatti l'ho trovato ma teoricamente; le mie teorie hanno la particolarità di rimanere teorie.

Juliana                           - Ah sì?

Paulsen                         -  E questo deriva dal fatto che il mondo è un caos; è un assioma questo, al quale io mi sono sempre ancorato... Ma adesso basta... Ora sapete che cosa è che mi tormenta. È, come dire, il mio « io » razionale che contrasta il mio « io » estetico... e questa lotta interna deve aver fine, altrimenti... basta!...

Juliana                           - Dio mio!

Paulsen                         -  State attenta; il ragionamento del mio « io » razionale è questo: tu che sei un amico del popolo e che porti sul fianco il pugnale nella guaina, tu che scrivi tutti i sostantivi con la lettera minuscola... come puoi fare a meno di quell'essere a cui i nostri poeti nazionali sono tanto attaccati?

Juliana                           - Sì, certo, come ragionamento è giusto.

Paulsen                         -  Dio mio, è proprio questo il guaio. Perché il mio « io » estetico, allora mi dice: No, non è vero. I tuoi concetti este­tici non ti permettono di provare un sentimento per un essere, i cui attributi anormali sono ora assolutamente contrari ad ogni ideale di bellezza... E allora, che debbo fare? Quale dei due « io » avrà ragione?... Io non lo so, accidenti!... e vengo così a trovarmi di fronte ad una di quelle sfingi della vita a cui bisogna rendere conto: o vincere o essere battuti... Ma cos'è?... mi sembra di sentire qualcuno che parla...

Juliana                           - Sì, è vero... (Comincia a parlare sottovoce.) (Dal fondo entrano Birk e Anna e vengono in avanti a sinistrai)

Birk                               - Dove siamo?... È come se questo luogo l'avessi già visto... benché non ci sia mai stato... Dove stiamo andando, Anna?

Anna                             - Sulla collina di San Giovanni. Vedi?... Là in cima... Il fuoco si è spento e non si sente nessun rumore... Andiamo: vie­ni dietro a me. Ci sono dei sentieri per arrivare lassù ma è difficile trovarli... Sono in tanti a cercarli ma quasi mai nes­suno li trova... Vieni!

Birk                               - Come è strano! È come se mi girasse la testa...

Anna                             - Senti, senti quanto silenzio! Ma ascolta dunque!... Riesci a sentire il silenzio?...

Birk                               - Anna!

Anna                             - Non ti pareva un uccello che cinguettava nel boschetto degli ontani?... Canta, uccellino, canta! Puoi ben stare con noi.

Birk                               - Ma che io sia diventato matto davvero?... Sì, perché lei... lei... cosa ne penserà...

Anna                             - Guarda? Qui ci sono dei grandi sesami gialli... Quando ero bambina ci giocavo sempre. Tieni! (Gli dà i fiori.) Tre per me e tre per te... conservali... ma conservali bene!... (Mette gli altri fiori nella sua cintura.) Conosci la storia di quel giovane che faceva aprire la collina col suo sesamo smagliante, e che en­trato nel salone vi trovò quattro statue d'oro?...

Birk                               - Guarda, guarda!

(Si sente una musica leggera che proviene dal fondo. La col­lina si apre in due e, al centro, appare una gran sala illuminata. Sul fondo è seduto, in trono, il re della montagna. Intorno a lui danzano elfi e gnomi.)

Anna                             - Eccolo! Brilla come l'oro e come il chiaro di luna.

Birk                               - Oh! Ma cosa sta succedendo?

Paulsen                         - (a Juliana): Oh, guardate là! Stanno proprio riaccen­dendo i fuochi. (Si sta pulendo gli occhiali.) È bello da vedersi, devono averci messo almeno un barile di catrame.

Juliana                           - Oh, guardate... Che salti fanno! È meglio non andare là, saranno certamente ubriachi.

Paulsen                         -  Avete ragione: saremo più tranquilli ad una certa di­stanza.

Birk                               - Ma Anna... spiegami... è come se avessi già visto tutto questo... come se...

Anna                             - Sst... Anche io ho la stessa impressione.

Paulsen                         - (a Juliana): No... questo è veramente bello: una scena di vita popolare presa dal vero... avete un binocolo?

Juliana                           - Sì, certamente.

Paulsen                         -  Ah, se ci fosse un pittore, qui!

Juliana                           - O anche un fotografo.

Paulsen                         -  Avete ragione... sarebbe meglio... Non avrei mai im­maginato che i nostri balli popolari potessero essere così na­zionali e... ma guardate che passi, che movenze... (Nel salone entra una fanciulla. Il re della montagna scende dal trono e le va incontro.)

Birk                               - Anna, chi è quella?

Anna                             - È la piccola Karìn... Ti ricordi quella canzone che dice: La piccola Karìn entra nella montagna Come le piace il fior di primavera! La piccola Karìn va in sposa al re.

Birk                               - Certo che me la ricordo!... E il Re le chiede: Dimmi dove sei nata? di qual paese sei? Dove nel grande mondo t'han ricamato il vel?

Paulsen                         -  Mi sto chiedendo chi può essere quel signore anziano.

Juliana                           - Non lo so proprio.

Paulsen                         -  Dal momento che riceve le persone che arrivano, deve far parte del comitato dei festeggiaménti. Però non avrei cre­duto che la gente di qua fosse così civile... Non l'avrei pro­prio creduto.

Birk                               - Ecco vedi; lei gli risponde.

Anna                             - Ti ricordi bene cosa risponde? Nel campicello verde che mio padre possiede ho fatto una ghirlanda per ornarmi il capo: vestita son da festa marito vo' pigliar.

Birk                               - Adesso parla di nuovo lui, guarda!

Paulsen                         -  Parla molto quel signore anziano... Sarà senza meno una persona colta.

Birk                               - Ora le dona un diadema d'oro e delle scarpine con la fib­bia d'argento perché lei sia accondiscendente con lui.

Anna                             - Ma la piccola Karìn non le vuole... Non vedi, non ne vuol sapere.

Birk                               - Allora lui le offre tutte le ricchezze che ci sono nella montagna.

Anna                             - Ma lei non le vuole lo stesso... nemmeno per tutto l'oro del mondo.

Birk                               - Guarda, il Re prende la Cornucopia d'oro...

Paulsen                         -  Che Dio mi perdoni ma quel vecchio ha una fiaschetta nella tasca.

Anna                                        - Se il Re della montagna con la sua cornucopia riempie ancor la coppa, al venir di primavera questa rosa appassirà.

Birk                               - Ma lei avvicina alle labbra la coppa, Anna. Beve...

Anna                             - Sì, ma aspetta: Senti, senti: La porta alla sua bocca un lungo sorso beve del fatale liquore! La montagna è il mio paese sono nata sopra il monte e fu là che ricamarono il mio velo nuziali (La fanciulla si getta nelle braccia del Re della montagna e ambedue spariscono.)

Juliana                           - Oh, povera ragazza!... Ecco, è caduta!

Paulsen                         -  Forse è svenuta.

(Nel centro della montagna aperta si vedono un guerriero e una ragazza.)

Juliana                           - Ci sono anche dei militari tra quella gente; ce n'è uno con una grossa sciabola.

Paulsen                         -  Era proprio quello che ci voleva... così tutte le classi si mescolano graziosamente... è in questo modo che l'affresco assume quella tonalità, quella... Però, è davvero strano che tutto questo mi piaccia! E mentre noi siamo qui, con gli occhi spalancati sulla poesia della vita, Birk e gli altri se ne stanno addormentati a pugni stretti facendo, magari, dei sogni volgari.

Juliana                           - Ah sì. Un'indole poetica è una gran bella cosa, questo è certo.

Anna                             - Questi sono Erik e Svanhild! Tu rammenti la canzone?

Birk                               - Certo che me la rammento: Erik parte per fare la guerra, dice « Svanhild, mia cara bambina, vado la spada mia forte a provar ma quando cinto d'alloro ritorno vo' ritrovarti in quest'isola bella ».

Anna                             - Zitto, ascolta: adesso risponde lei: « Parti sicuro, per quindici anni ed altri quindici io qui ti aspetto ».

Birk                               -« Se dopo tanto non fossi tornato, o mia Svanhild, ancora per quanto m'aspetteresti, fedele nel cuor? »

Anna                             - (sottovoce): « Ancora quindici e molti di più. Ma se frattanto i miei biondi capelli saranno bianchi... ancor nella tomba sempre in attesa di te io sarò ». (Birk ed Anna continuano a parlare sottovoce.)

Juliana                           - Oh, Dio mio, a vedere quella gente felice che balla vorticosamente, divento triste. Mi fa ricordare il mio primo ballo, quando ero nell'istituto della signora Olsen.

Paulsen                         - (ridendo): L'istituto della signora Olsen?... Voi... Voi siete stata lì?

Juliana                           - Ma sì... e di quel ballo ho un ricordo spiacevole... Era « l'armonia ».

Paulsen                         -  Ah... « l'armonia »? Signore aiutami, è stato così anche per me... Raccontatemi...

Juliana                           - Sì, anche io voglio avere confidenza con voi... e vi racconterò di quel ricordo che è per me un rovello... C'era, a quel ballo, un giovine pallido con due occhi da sognatore...

Paulsen                         -  Occhi da sognatore? (Con crescente animazione.)

Juliana                           - Non parlò mai; ma non cessò di guardarmi fisso con uno sguardo che diceva tutto...

Paulsen                         -  Continuate, continuate!

Juliana                           - Quando fu l'ultimo ballo... si fece finalmente corag­gio e venne ad invitarmi... ma...

Paulsen                         -  Bene, vi invitò... e poi?

Juliana                           - Durante il primo giro di valzer gli capitò di pestarmi un piede; avevo le scarpine bianche e non potei trattenere un grido... non volevo più ballare...

Paulsen                         -  E lui?... Ditemi, lui che fece?...

Juliana                           - (dispiaciuta): Mi guardò con uno sguardo da condan­nato a morte e se ne andò dalla sala... non l'ho mai più rivisto!

Paulsen                         -  Uno sguardo da condannato a morte! Ma lui... portava un gilet giallo pallido... e...

Juliana                           - Sì, sì... Ma cosa avete?...

Paulsen                         -  Juliana, quel giovine con lo sguardo da condannato a morte e col gilet giallo pallido... ero io!

Juliana                           - (scattando): Cosa state dicendo?... Voi... Dio mio, è vero?

Paulsen                         -  Sì, sì. (Entusiasmandosi:) Allora ero molto giovane, avevo dei bei riccioli biondi... E li ho ancora, potete vedere!

Juliana                           - Portavate calze e scarpe nere?

Paulsen                         -  Col vostro permesso, erano calze di seta. Rivedo tutto come se fosse oggi. Ero un po' in imbarazzo e per questo non parlavo ma il mio sguardo infiammatore era appunto ardente ed eloquente, come avete detto. Quando mi esibii in quella scena pietosa ero talmente avvilito che scappai dalla sala da ballo...

Juliana                           - Comunque, non avete posto fine ai vostri giorni?

Paulsen                         -  No, in verità, non ho fatto proprio questo!... Cioè... diciamo, però, che c'è mancato poco dal... non mi hanno per­messo di farlo... In poche parole: dopo quella scena spiacevole, fuggii dalla sala da ballo e poco dopo ero solo ed errante nella buia notte sotto la luna che splendeva. Da allora non ho fatto che seguire il corso della mia triste esistenza cercando di pla­care il mio animo in un amore privo di speranza!... Ma ora Juliano ha trovato, finalmente, la sua Juliana... (Prende il faz­zoletto su cui era seduta Juliana e dopo esserselo messo sotto ' ginocchi, s'inchina.) Che il mio segreto sia rivelato!

Il mago                         - (appare improvvisamente tra un cespuglio dietro di lo-r°): Oh, oh, oh. (Scompare.)

Juliana                           - (con un grido): Oh, Dio mio, che c'è?

Paulsen                         - (rimettendosi subito in piedi): Scappate, scappate. Non abbiate paura, però: ci sono io per difendervi. (Escono correndo ognuno da una parte diversa.)

Juliana                           - (dal di fuori): Paulsen, Paulsen!

Paulsen                         -  Juliana, dove siete?... signorina Juliana!...

Birk                               - Ma che storia è questa?... Mi sembra che tutti i ricordi, anche quelli più lontani, mi tornino alla mente vedendo que­sto strano spettacolo! E quella musica! L'ho sentita spesso vibrare nel più profondo dell'anima e quando ho cercato di afferrarla per cavarne delle melodie mi è sempre sfuggita... sempre di più... ma ormai l'ho afferrata e non potrò dimenti­carla mai più... Anche per te Anna, ho la sensazione di averti conosciuta tanto tempo fa, forse in sogno!... Ascolta. Non senti?

Anna                             - Silenzio, silenzio! (La montagna si sta richiudendo. Coro di elfi invisibili. Anna si getta tra le braccia di Birk.) Johannes, Johannes! Amico mio d'infanzia!

Birk                               - (estasiato): Anna! Adesso ti riconosco! (Si dividono.)

Il mago                         - (sul fondo): Il sole appare dietro la vetta!... Il gioco della notte del solstizio è finito! Se anche voi vi foste diver­titi, il Mago ne sarebbe tanto felice! 5 (La musica diminuisce lentamente.)

Sipario

ATTO TERZO

Il giardino davanti alla casa della signora Berg. Sono le prime ore del mattino. Paulsen sta dormendo sui gradini della casa. Berg ed Anna stanno camminando avanti e indietro nel giardino.

Anna                             - Allora, nonno, non sei riuscito a riposare bene, questa notte?

Berg                              - No, figlia mia. Non ho potuto chiudere occhio addirittu­ra. Non facevo che pensare a quella faccenda di cui tuo padre si era tanto raccomandato: dovevo regolare... Non mi ricordo cosa... fu poco prima che morisse. Ma adesso le cose sono così poco chiare!\

Anna                             - Sì, ma ora non devi più pensare a questo... io sono certa che tu fai confusione...

Berg                              - No, no, non mi sbaglio... e quando, ieri, mi hai detto... Che cosa ci doveva essere oggi?

Anna                             - Il fidanzamento di Juliana.

Berg                              - Ah, sì... sì..., il fidanzamento... E poi il trasferimento di questo podere... Ecco, sì, allora mi è sembrato chiaro che oggi dovevo prendere quelle carte... Ma dove saranno?... Non lo so proprio!

Anna                             - E proprio per questa ragione, io e il mio nonnino, non dobbiamo pensare a questo. Se non ti dispiace... parleremo di altro... Pensa, io questa notte ho sognato delle cose stra­nissime: che ero sulla collina di San Giovanni... te la ricordi?... dove mi portavi spesso quando ero piccola... e dove mi raccon­tavi tante favole.

Berg                              - Eh! Non mi meraviglia certo che tu abbia sognato la col­lina di San Giovanni; ci stavi dalla mattina alla sera. Mi ricordo che un giorno ti ci addormentasti, e...

Anna                             - Ma no... Davvero?

Berg                              - Già! Tu, allora, eri molto piccola e quelli sono tempi che io rammento meglio di te. Sì, vedi... tu eri scappata via con qualche cosa, con... adesso non ricordo bene... ah, sì... un sigillo o un altra cosa che era di tuo padre e la perdesti lassù. Tuo padre ti sgridò e tu ti mettesti a piangere__ Poi tornasti lassù per cercarlo. In casa eravamo tutti in pensiero... nessuno di noi sapeva dove fossi... finalmente, la mattina dopo, ti ritrovammo.

Anna                             - Sì, ora mi ricordo che camminavo. Ma dimmi, nonno, io sono sicura che questa notte, mentre dormivo, ti ricordi mi accadeva spesso anche quando ero una bambina... e i sogni che facevo allora, erano così strani... E poi... vedi questa?... (Toglie di tasca una vecchia chiave.) Ho sognato che coglievo dei grandi fiori gialli e li mettevo qui, alla cintura; però, quando mi sono svegliata, i fiori non c'erano più e al loro posto c'era questa! [Mostra la chiave.)

Berg                              - Ma... ma, in nome di Dio;... è quello...

Anna                             - Cosa? Cosa vuoi dire?

Berg                              - È questa la cosa che tu avevi perduto lassù! La riconosco: questa, è la chiave della vecchia cassapanca! Anna! Anna! Ades­so, vedo tutto chiaro! Devono essere lì, sì, non possono es­sere in alcun altro posto. Vieni con me!

Anna                             - Ma, nonno, che cosa ci può essere?

Berg                              - Oh, bambina mia che fortunata coincidenza! Non avrei potuto vivere tranquillo se... Su, vieni con me... (Entrano nella casa di tronchi.)

Birk                               - (avanzando lentamente dal fondo): Non riesco a capire che cosa sia successo questa notte. Mi è sembrato come un sogno... Ma, sì, certo... Però, quel sogno ha chiarito i miei ricordi d'in­fanzia che erano confusi e, soprattutto, ho ritrovato... chi mi è stato tanto caro in quel tempo ed oggi lo è ancora di più. Ma, purtroppo; debbo rinunciarci.

Jorgen                           - (sugli scalini di casa): Ah! Eccoli tutti e due... Paulsen!... Paulsen!... Ma, bravo! Sta ancora russando! (Scende gli scalini.) E, tu? Anche tu, ti sei fatta una bella dormita?

Birk                               - Sì, credo di sì... Però, non mi è chiaro. E Paulsen cos'ha?

Jorgen                           -  Perché me lo domandi?

Birk                               - Siccome io sono restato mezzo addormentato su quella panca, fino... a un'ora fa, ho sentito per tutto questo tempo che Paulsen, dormendo sugli scalini, borbottava le più incredi­bili sciocchezze, circa un ballo sulla collina di San Giovanni... sul suo amore... e Dio solo lo sa, su quante altre cose.

Jorgen                           - (fra sé): Accidenti! non avrà mica fatto capire quali sono i suoi sentimenti... (Ad alta voce:) Ma, no... si tratterà del suo vecchio amore.

Birk                               - No, no... quello è cosa passata... Ha certamente per le mani una nuova avventura: gli ho sentito dire diverse volte che aveva trovato l'ideale e...

Jorgen                           -  Sì, te lo posso spiegare io, all'inarca, di che si tratta... (Fra sé:) Debbo inventare qualche cosa! (Ad alta voce:) Vedi: si tratta di Anna che...

Birk                               - Anna! Non è possibile, no!

Jorgen                           - (a parte): È evidente che sospetta qualcosa. (Ad alta voce:) Ma, sì, ti dico di sì, ne sono quasi sicuro... Ma, tu, dove sei stato questa notte?

Birk                               - Credo... sulla collina di San Giovanni... ma non lo potrei giurare.

Jorgen                           -  Ah ah ah! Ieri sera devi aver guardato bene il fondo del bicchiere.

Birk                               - (fra sé): Sì, dev'essere così: ho guardato proprio nel fondo...

Jorgen                           -  Lo vedi? è come dicevo io.

Birk                               - ...Ma, non nel fondo del bicchiere del ponce, ma nel fondo di me stesso! È il mio fondo che ho visto... e sono contento che sia successo così: era ora!... Altrimenti, mi sa­rebbe accaduto come alla fanciulla della favola che dopo aver bevuto alla cornucopia si dimenticò del suo paese, dei suoi boschi, della sua vallata e di se stessa.

Jorgen                           -  La cornucopia? Ma che razza di storia stai raccontando?

Birk                               - Oh, non fa niente... L'importante è che io adesso possa vedere attraverso la nebbia che offuscava i ricordi della mia fanciullezza. Avevo creduto, fino ad ora, che fossero il tempo, la distanza o una cosa del genere a distruggere il mio ricordo. Invece, era la vita della città, vuota, priva di senso, illusoria... ecco cos'era... (Indicando  Paulsen) Era lui con i suoi com­pagni che mi trascinavano in quella vita falsa e piena di illu­sioni che essi stessi vivevano... O Dio mio, l'avessi saputo prima quello che so adesso! (Esce verso il giardino.)

Jorgen                           -  Accidenti! o si dev'essere accorto di qualcosa che riguar­da Paulsen o dev'essere diventato matto! Voglio fare un po' di domande a Paulsen, così potrò essere più sicuro. (Lo scuo­te.) Paulsen?... Paulsen?... Oh! Ti vuoi svegliare!

Paulsen                         - (ancora addormentato): Scappate! Scappate! Poveri noi, eccolo!

Jorgen                           -  Sta' a vedere che diventa matto anche questo. (Torna a scuoterlo.) Mi senti? Svegliati che ormai è giorno!

Paulsen                         - (si desta): Ah! Sei tu...

Jorgen                           -  Sì, sono io. Come stai?

Paulsen                         -  Ho passato una notte strana... Avete già mangiato?

Jorgen                           -  Ancora no.

Paulsen                         - (continuando): ...Che notte strana... piena di pericoli e di incidenti bizzarri...

Jorgen                           -  Sì, lo so: te e Juliana avete sognato al chiaro di luna...

Paulsen                         -  Sì: e mentre tu, Birk e tutti gli altri eravate sdraiati nei vostri letti di gente prosaica, noi ce ne siamo stati all'aper­to, in seno alla natura, ad osservare la vita del popolo. Sai, Jorgen, è proprio vero: se non si è in grado di... di... di lan­ciare sulla vita un colpo d'occhio poetico, non si vive che a .. meta- Era meraviglioso e il tempo c'è passato in un attimo.

Jorgen                           -  Sì, specialmente al ritorno... stando a quello che ha rac­contato Juliana.

Paulsen                         -  Capisco a cosa alludi. È sopraggiunto un contadino rozzo ed ubriaco... Non c'eravamo neppure accorti che stava arrivando... Ha preso a gridarci nell'orecchie certe parolacce!

Jorgen                           -  E, allora, tu sei scappato, ah ah!

Paulsen                         -  Scappato? Non è mai successo che io mi sia messo a correre. Sono tornato indietro camminando un po' più rapida­mente, questa è la verità! Tua sorella, dov'è?

Jorgen                           -  Mia sorella?

Paulsen                         -  Sì, ieri sera ci hanno interrotti nel momento più bello della nostra conversazione e bisogna che io la riprenda... deb­bo farlo assolutamente. (Fa per entrare in casa.)

Jorgen                           -  Paulsen!... aspetta. Ho anch'io qualcosa da dirti.

Paulsen                         -  Sì e pure io ho da farti delle confidenze... Jorgen, abbracciami: diventerò tuo cognato.

Jorgen                           -  Di', piuttosto, che diventerai il demonio!

Paulsen                         -  Ma, sì, sì, è come ti sto dicendo: mancano soltanto la mia dichiarazione e il suo consenso.

Jorgen                           -  Paulsen, ma di chi stai parlando? Di Juliana?

Paulsen                         -  Certamente e di chi vuoi che parli! Fammi entrare. Debbo parlarle assolutamente.

Jorgen                           -  E va bene. Dal momento che sei matto da legare, sono costretto a rivelarti un segreto che non avresti dovuto sapere. Bisogna che tu sappia...

Paulsen                         -  Ebbene?

Jorgen                           -  C'è un codicillo...

Paulsen                         - (con un balzo): Cosa dici? Un codicino?... Ancora una coda?

Jorgen                           -  Ma che sciocchezze! Ho detto che c'è un codicillo... un piccolo particolare...: insomma, mia sorella è fidanzata.

Paulsen                         -  Fi... fidanzata?

Jorgen                           -  Fidanzata con Birk! Ecco, adesso lo sai.

Paulsen                         -  Ma, mio caro e buon amico Jorgen... tu stai menten­do, vero?

Jorgen                           -  Paulsen, cerca di essere un uomo e torna in te! È come ti ho detto.

Paulsen                         -  Credo proprio che mi stia girando la testa! È neces­sario che egli rinunci.

Jorgen                           -  Cerca di star calmo... Non starai mica impazzendo... (Anna esce dalla casa di tronchi e va nel giardino, sulla destra.)

Paulsen                         -  Non posso fare a meno di lei! Dov'è  Birk? debbo as­solutamente parlargli!

Jorgen                           -  Andiamo, cerca di riflettere... Non vorrai fare uno scan­dalo... Ti pare questo il modo di comportarti?

Paulsen                         -  Ah, dici bene tu!... Tu non sai cosa significhi essere sconfitto in continuazione, con i primi amori... Mi vuoi dire dove sta?

Jorgen                           -  Ah, senti fa un po' come vuoi! È laggiù, da qualche parte, sulla strada. (Va verso il fondo, dicendo:) Spero proprio che non lo trovi.

Paulsen                         -  Bene. Debbo andare! Jòrgen? Ascoltami: o mi rivedrai come tuo cognato, oppure non mi rivedrai mai più!

Jorgen                           -  No, amico mio: non ti lascerò solo nella sfortuna. Ti accompagno. Aspettami... Ma, mi vuoi aspettare? (Paulsen esce rapidamente dal fondo con Jòrgen che lo segue. Birk ed Anna vengono da sinistra.)

Birk                               - Sì, hai proprio ragione: certe cose, più ci si riflette e più sembrano assurde! Comunque, o che abbia sognato o che sia stato per un influsso misterioso di quelle potenze che gover­nano sui boschi e sulle colline, il fatto è che ho ritrovato la compagna dei miei giochi infantili.

Anna                             - Ed io il fratello dei tempi passati... Johannes, siediti qui. Raccontami tutto quello che hai fatto da quando giocavamo assieme... da bambini. (Siedono sulla panca, a destra. Lei lo guarda intensamente.) Adesso, non riesco nemmeno a capire come abbia fatto a non riconoscerti subito... Tu venivi qui tanto spesso...

Birk                               - Non c'è niente di strano. Io, mi ricordavo bene che ogni tanto mio padre mi portava in campagna, a casa di altra gente, dove c'era una bambina che giocava con me ed un vecchio che raccontava le favole. Però, allora, qui era tutto diverso: la casa grande non esisteva e questo giardino era un prato... tuo padre era vedovo e quando si è sposato per la seconda volta, non sono più venuto qui.

Anna                             - (sta legando un mazzolino di fiori): E, dopo, cosa hai fatto nella tua vita?

Birk                               - È presto detto, vedi...

Anna                             - Aspetta! Per chi sono questi fiori, secondo te?

Birk                               - Non lo so.

Anna                             - Indovina!

Birk                               - Forse, per me?

Anna                             - Sì. E sai perché?

Birk                               - No.

Anna                             - Perché, se tu avessi un mazzolino come questo, so a chi lo daresti.

Birk                               - A chi?

Anna                             - A me. Non è vero?

Birk                               - Sì, certo... A meno che Juliana...

Anna                             - (ridendo): Ah, già, Juliana... è vero! Non ti sembra strano che io non ricordi mai che voi due siete fidanzati?... Vieni che te li metto all'occhiello. (Mette i fiori all'occhiello della giacca di Birk.) Allora? Cosa stavi dicendo?

Birk                               - Sai, quando mio padre morì, avevo soltanto sette anni e presto si seppe che mi aveva lasciato quasi nulla. A Cristiania, mia zia, pensò alla mia educazione, benché, poveretta, non avesse più di quanto era necessario ai suoi bisogni. Volle che mi chiamassi Birk, perché diceva che il suono di questo nome era più adatto per uno che viveva in città... Debbo anche dire che non le faceva difetto una certa vanità... ma questo non conta... Comunque, questa soluzione non sarebbe servita a nulla se non fossi stato aiutato in un altro modo.

Anna                             - In che modo?

Birk                               - C'era una persona che mi mandava un sussidio e questo, fino alla morte di tuo padre.

Anna                             - Di mio padre?

Birk                               - Sì, di tuo padre, perché era lui... Ma venni a sapere che la mia educazione la dovevo a lui, soltanto dopo la sua morte. Venni a sapere inoltre che mio padre, negli ultimi anni della sua vita, era stato in rapporti piuttosto tesi con Berg, per un processo fra di loro che mio padre perdette e questo mi stupì ancora di più.

Anna                             - Ma, io, di tutta questa storia non ho mai saputo niènte. Lei... la mia matrigna, non me ne ha parlato mai.

Birk                               - Non sono sicuro che la conosca questa storia... ma ho idea di sì. Perché, quando venne a Cristiana per passare l'in­verno, due anni fa ed io la incontrai là, mi trattò con quella strana gentilezza che hanno le persone che sono obbligate verso qualcuno, ma non hanno la possibilità di disobbligarsi e dal momento che lei non fece mai parola di questa storia io trovai a mia volta conveniente non parlarne... cosicché... (S'interrompe.)

Anna                             - Cosicché?

Birk                               - Cosicché... finii per diventare un membro della famiglia e... e io e Juliana ci trovammo fidanzati. (Vivacemente, quasi a se stesso:) Io non mi raccapezzo ancora come ciò sia ac­caduto.

Anna                             - E ne parli con quella espressione tanto seria? Dovresti vergognarti... Dovresti essere contento, invece! Perché, quando saremo cognati, potremo ricordare i tempi passati e tornare in tutti i luoghi nei quali abbiamo giocato insieme quando eravamo bambini.

Birk                               - Come potremo farlo, Anna?

Anna                             - No, subito no, lo so. Ma quando tu e Juliana sarete sposati, io... Sta' a sentire come potremmo fare: io, natural­mente verrò a trovarvi...

Birk                               - A trovarci?

Anna                             - Sì: a trovarvi, non si può fare diversamente. Lo sai che pure io vorrei restare sempre con te, ma non c'è nemmeno da pensarlo... Debbo avere cura del nonno e poi... No, non può essere. Però, verrò a farvi delle lunghe, continue visite, te lo prometto.

Birk                               - No, sfammi a sentire, Anna.

Anna                             - No, devi ascoltare tu, adesso! Ti spiegherò come potremmo regolarci: io e te non siamo come Juliana... tu, lo sai quanto a lei piace di essere poetica...

Birk                               - Juliana, è poetica?

Anna                             - Certamente! Lo ha detto lei... E, dal momento che noi due non lo siamo, vivremo a modo nostro: ci metteremo da una parte, come adesso e ci domanderemo: « Ti ricordi di questo?... » e, «Ti rammenti di quello?... » e... Ma, cos’hai? perché diventi tanto triste?

Birk                               - Sei una bambina, Anna, te lo devo proprio dire! Quello che dici non è possibile.

Anna                             - Non è possibile? E perché?

Birk                               - Ma, andiamo... è proprio necessaria una spiegazione?... Anna, sei una bambina.

Anna                             - (ridendo): Ma perché? Cos'è che ti fa dire questo, adesso? Ho più di...

Birk                               - Lo sei, nel pensiero... nell'indole... tu sei cresciuta qui, si può quasi dire, in solitudine, dal momento che tuo nonno non ha certo potuto contribuire minimamente alla tua formazione; anzi, ti ha resa estranea al mondo reale, tenendoti chiusa in un mondo di favole... Quanto alla tua matrigna, poi... ha avu­to... diciamo così, abbastanza da fare per conto suo, di modo che... '

Anna                             - (alzandosi): Ah, è così?... Ora, capisco: ti vergogni di me!

Birk                               - Ma, come puoi pensare una cosa del genere?

Anna                             - Io, lo so che qui, in questa casa, tutti dicono: « Anna è sciocca... è pazza... » Sì, sì, possono anche avere ragione. Fino a ieri, però, ma oggi non più! Loro, credevano che fosse colpa delle favole che il nonno mi raccontava. Io so meglio di loro, invece, che dipende da qualcosa che è qui. (Mette la mano sul cuore.) Dentro di me: qualcosa che mi fa pensare, sognare... Ora, però, è tutto finito. Se lo vuoi, Johannes, ti prometto che sarò diversa.

Birk                               - Mi hai capito male, Anna, mi hai capito male! Io, ti voglio cosi come sei. Lasciami parlare, ora, è necessario. Tu, Anna, mi vuoi bene, vero?

Anna                             - Sì e Dio pure sa che te ne voglio. Puoi dubitarne?

Birk                               - No. Ma, appunto perché non ne dubito... devi renderti conto che la nostra situazione, di quando eravamo ragazzi, è completamente cambiata. Io... io, io sono fidanzato, e un'altra donna deve occupare il mio cuore! E tu, Anna, permettimi di dirti questo...

Anna                             - Ma, io tutto questo io so.

Birk                               - Non sai, però, che tu... che tu, m'ami... non come un fratello...

Anna                             - (sorridendo): Non come?... (Diventa immediatamente seria e dice con lentezza:) Non come un fratello.

Birk                               -  Allora riesci a capire perché, per un riguardo a te, io...

Anna                             - (mormora guardandosi intorno): Non come... Dimmi, Johan­nes: in che modo l'ami Juliana?

Birk                               - Che cosa vuoi dire?

Anna                             - (inquieta): Quando tu la vedi, non è come nella vecchia canzone: Quando con passo leggero tu vai dove cammini ti spunta un fiore; in casa o fuori, ovunque tu sei tutto profuma di gigli e di rose. (Prendendogli la mano:) Dimmi, Johannes: è così?

Birk                               - (guardando da un'altra parte): Sì... è così!

Anna                             - (sempre più agitata) E, quando lei ti parla... quando ti guarda, senti il cuore che ti batte più forte... tanto più forte?

Birk                               - Proprio così!

Anna                             - (gli lascia la mano): Allora, hai ragione tu. (Dopo un istan­te di silenzio:) Mi sento come... come chi, mentre dorme sta camminando in cima alla montagna e cade nel burrone perché qualcuno l'ha chiamato per nome... Non dovevi farlo, Johan­nes. (Lo fissa per qualche istante, quindi se ne va verso il fondo, si ferma e scoppia a piangere.)

Birk                               - Anna, cara Anna, non fare così, stai calma.

Anna                             - (si asciuga le lacrime e dice con crescente violenza): Cal­ma?... Io sono calma! Perché, non dovrei esserlo?... Del resto... hai capito che io stavo scherzando. Sì, tutto quello che ho detto, non vuole dire assolutamente nulla, capisci? Non devi crederci. Te ne devi dimenticare... Ridammi quei fiori. (Se li riprende mentre comincia a piangere.) Mi sono sbagliata! Non erano per te... ma per il caro nonno... (Entra di corsa nella casa di tronchi.)

Birk                               - (dopo qualche momento di silenzio): Anna! Anna... È stato spiacevole, ma dovevo farlo. Però, se lasciassi andare, se... È stata la madre che ha combinato tutto, è stata lei che ha comin­ciato... e io... ah ah ah! Povero sciocco, senza carattere!... Ma, ora, non ho il diritto di... rompere!... E, se lo facessi? Cosa direbbero di me?... Tutti sanno che la situazione finanziaria della signora Berg non è certo migliorata in questi ultimi tem­pi, anzi... E poi, rimane il fatto che debbo essere grato alla famiglia! No, non posso. Vada come deve andare. (La signora Berg e ]uliana, escono dalla casa grande.)

Signora Berg                 - Finalmente vi trovo! Non sono riuscita a dirvi una sola parola e dal momento che gli invitati a pranzo stanno per arrivare, noi...

Birk                               - È già l'ora del pranzo?... Sì, avete ragione! E, allora, sbri­ghiamoci il più presto possibile!

Juliana                           - (sottovoce): Dio mio, quanto è impaziente!

Signora Berg                 - (con un sorriso): Va bene, dal momento che avete fretta... Juliana non sembra così piena d'ardore.

Birk                               - Sul serio?

Juliana                           - Mamma! Ma come puoi dire questo?

Signora Berg                 - Andiamo: io volevo soltanto scherzare! Venite, Birk, parliamo un po' dei nostri progetti per l'avvenire... I gio­vanotti vivono solo d'amore, non pensano mai al futuro... (Tutti e due vanno e vengono per la scena, sulla sinistra.)

Juliana                           - (fra sé): Ma Paulsen, che fine avrà fatto? Debbo tro­vare il modo per confessargli ogni cosa... Dovrò, almeno, pre­pararlo. Se venisse a sapere come stanno le cose all'improvviso, potrebbe accadere anche una disgrazia, ne sono certa... E Birk? All'improvviso è diventato anche lui tanto pieno di passione... che se io rompessi o chiedessi di rinviare... significherebbe uc­ciderlo... Che il Signore mi aiuti! Com'è difficile combattere fra il dovere ed il piacere!

Jòrgen                           - (entra di corsa dal fondo e dice sottovoce a Juliana): Paulsen è stato qui?

Juliana                           - Qui, no. Cosa sta succedendo?

Jorgen                           -  Sembra stregato... L'hai fatto completamente innamo­rare di te e, adesso, vuole farti la dichiarazione.

Juliana                           - Adesso?

Jorgen                           -  Sì. Ed io cosa potevo fare?... Gli ho detto, chiaro e tondo che sei fidanzata... e...

Juliana                           - E?...

Jorgen                           -  E, allora, è saltato su e voleva vedere Birk. S'è pure messo a correre sulla strada per raggiungerlo. Io gli sono corso dietro, ma lui era tanto avanti a me che l'ho perso di vista.

Juliana                           - Dio mio! Io ero sicura che sarebbe successo un guaio!... Se incontra Birk...

Jorgen                           -  Bisogna fare in modo che non succeda.

Juliana                           - Però, sei stato imprudente a dirgli tanto chiaramente che...

Jorgen                           -  Eh! Che altro potevo fare? (Berg ed Anna escono dalla casa di fronte.)

Signora Berg                 - (fra sé): Dio mio, che senso ha questo?... Adesso, cosa vorrà?

Juliana                           - Oh, nonno, sei qui?

Birk                               - Me lo ricordo: è proprio lui!

Berg                              - Sì. È la prima volta che m'azzardo a-venir fuori quando « sono ospiti, ma oggi dovevo farlo... No, non andar via Anna, non andare via!... Cosa ti prende? Non vuoi più restare con tuo nonno? (Si avvicina.) A quanto si dice, oggi, qui, vi sarà un fidanzamento.

Signora Berg                 - Sì, era proprio questa la mia intenzione.

Berg                              - Ed avete pensato di fare in regalo di nozze agli sposi il podere di Birkedal!

Birk                               - Come?! Vorreste regalare a me quel podere? (Fra sé:) Oh! sono proprio questi suoi regali che mi rendono infelice.

Signora Berg                 - Ah! lo sapete? Dev'essere stata Anna, immagino, che...

Berg                              - (alzando la voce): Sì, proprio Anna, ha informato il vec­chio nonno di quanto succede nella casa del figlio... Pensate forse che ciò non mi riguardi?

Signora Berg                 - Sì, infatti io credevo...

Berg                              - E, invece, mi riguarda, per una certa ragione. Osservate, signora nuora. (Le mostra delle carte.)

Juliana                           - (a Jòrgen): Uff! Quanta prosopopea! Perché, chiama mam­ma, « signora nuora »?

Signora Berg                 - Allora? di che si tratta?

Berg                              - Vedete, mio figlio, il vostro defunto marito, mi diede l'incarico di consegnare queste carte a...

Signora Berg                 - D'accordo, d'accordo, date qua!

Berg                              - No, non a voi, ma al figlio del precedente proprietario...

Birk                               - (fra sé): Come? a me?

Berg                              - Se fosse stato vivo e se l'avessi potuto trovare...

Birk                               - Ma, sono io!

Berg                              - Tu? sei tu?...

Birk                               - Certo che sono io... Nonno, posso chiamarti ancora così?... Non mi riconoscete?... Non vi ricordate dei vecchi tempi, quan­do spesso venivo qui assieme a mio padre?

Berg                              - Assieme ad Arne... Sì, sì, adesso me lo ricordo... Sì: era quando mio figlio era vivo. Ma ora, in questa casa, tutto è cambiato: sono venuti dei forestieri e...

Signora Berg                 - (indicando Birk): Da quanto potete vedere, per lui, almeno, non siamo forestieri.

Berg                              - Sì, sì, me ne rendo conto. Allora, volete maritare vostra figlia con il figlio di Arne...

Signora Berg                 - Certo e non è mai stato un segreto. E dal mo­mento che i documenti, ormai, non servono più... (Tenta di prenderli.)

Birk                               - No, un momento... Devo prima leggere di cosa si tratta. (Li prende e comincia a leggerli.)

Signora Berg                 - Dio mio, se ci fossero tutti!

Berg                              - Ma, Anna, non mi avevi detto che era lui!

Anna                             - L'ho saputo soltanto ieri. (Seguita a parlare con lui sotto voce.)

Birk                               - Ma no, com'è possibile?

Juliana                           - (alla signora Berg): Ma che carte sono, quelle, mamma?

Signora Berg                 - (che sta aspettando inquieta): Cosa vuoi che ne sappia. Vecchie carte di famiglia, immagino. È stupido, conse­gnargliele oggi.

Birk                               - Ecco qual era la ragione di tanta benevolenza... di' tanta premura... (Alla signora Berg, sotto voce, con profondo dispia­cere:) Naturalmente, voi non sapete di cosa trattano queste carte?

Signora Berg                 - Io? E come potrei saperlo?

Birk                               - (come sopra): No, naturalmente. Come potreste sapere che se questi documenti fossero stati noti, quando c'era la causa con mio padre, il podere di Birkedal sarebbe mio di diritto senza bisogno che voi me lo donaste?

Signora Berg                 - Non riesco a capire...

Birk                               - Proprio no, eh? Va bene, vi credo e cercherò di spiegarvi come stanno le cose: io non so in che modo tali documenti siano finiti in mano vostra, però, so che Berg era il vostro procuratore e, nel frattempo, anche il vostro pretendente... Beh, in certe situazioni, è difficile non fare questo o quel favore, se viene richiesto... Se Berg era il depositario di queste carte, è naturale che... conoscesse anche gli aspetti non noti della si­tuazione e...

Signora Berg                 - Dunque, voi credete che...

Birk                               - Io, dico, soltanto che questo è un modo per spiegare la faccenda... dico, soltanto, questo!... Non farò alcun appunto sulla condotta di

Berg                              - vinse la vostra causa... e poco dopo vi sposò.

Signora Berg                 - Ma, Birk!

Birk                               - Dovete lasciarmi finire... Questa... e scusatemi se ve lo faccio notare, è la prima volta che noi due si parla franca­mente... perché anche io v'ho tenuta segreta qualcosa, signora Berg... Dovete sapere che il vostro povero marito riparò, in un certo modo, al torto che m'aveva fatto. Io debbo a lui la mia educazione e i miei studi.

Signora Berg                 - Egli ha?...

Birk                               - Mi ha dato un sussidio di cui, fino ad oggi, non conoscevo i veri motivi... Quanto alla ragione delle vostre premure, si­gnora Berg, non l'ho ancora capita bene: non so se è dovuta ad un rimorso di coscienza o piuttosto alla paura che queste carte esistessero ancora... Non so quale delle due ragioni abbia in­fluenzato la vostra condotta. Ma, adesso è necessario regolare i nostri conti.

Signora Berg                 - Dio mio, Birk, voi non vorrete, vero?...

Birk                               - Usare queste carte? No, state tranquilla. D'altra parte, sono contento di constatare che Berg non ebbe timore che io potessi farlo: altrimenti, non avrebbe sgravato la sua coscienza, ordi­nando che mi venissero consegnate.

Signora Berg                 - Ed allora, che intenzioni avete?

Birk                               - Prima di tutto, togliervi qualunque timore nei riguardi di queste carte. (Le strappa e gliele rida): E poi...

Signora Berg                 - E poi?...

Birk                               - Rompere ogni legame fra noi.

Signora Berg                 - Ma, vorreste, dunque?... Voi?... Juliana?...

Birk                               - Proprio così: non voglio sposarla!

Signora Berg                 - E non pensate alla sua reputazione? Chissà i pet­tegolezzi!

Birk                               - Non ce n'è ragione: il fidanzamento era segreto... Adesso che ho imparato a conoscere Juliana, mi sono convinto che nessuno dei due sarebbe felice con l'altro. (Con tono deciso:) Inoltre non c'è bisogno che io vi ricordi in che modo voi avete contribuito a questo fidanzamento e...

Signora Berg                 - Basta, basta!... Dal momento che deve essere così... Però, conto sulla vostra discrezione, sulla vostra assoluta di­screzione!

Birk                               - State tranquilla... è una cosa che resta fra noi. (Fra sé:) Oh! finalmente sono libero!

Juliana                           - Ma, cosa sta succedendo, mamma?

Signora Berg                 - Sta zitta, figlia mia può anche succedere che oggi non ci si fidanzi.

Juliana                           - Niente più fidanzamento? Oh! Dio mio, cosa vuole dire questo?

Jòrgen                           - (sottovoce a Juliana): Dev'essere Paulsen che ha parlato... mi sembra chiaro!... (Alla Signora Berg) Ma, cosa c'entrano quelle carte con questa faccenda?

Signora Berg                 - No, quelle carte non c'entrano... sono vecchi docu­menti... cose di famiglia...

Paulsen                         - (entrando dal fondo): Ah! Finalmente vi trovo!

Birk                               - (fra sé): Ma che diamine ha? Sarebbe proprio Anna che...

Paulsen                         -  Birk, ascoltami: due parole da uomo: io ho indovinato! So di chi sei innamorato: conosco il tuo segreto!

Birk                               - Come lo sai? (Fra sé:) Jòrgen aveva ragione!...

Paulsen                         -  Ma, anch'io l'amo... disperatamente! Perciò, è neces­sario che tu ci rinunci.

Birk                               - Rinunciare? Ma, cosa vuoi dire?

Paulsen                         -  Quello che ho detto!... I miei diritti sono precedenti ai tuoi!

Birk                               - Ah, sì?

Paulsen                         -  Certo! Io, sono stato il primo a pestarle i piedi... questo, tu, non l'hai fatto mai. Per colpa di questa pestata, sono stato infelice per molti anni, mentre tu non sei stato infelice neppure un giorno.

Birk                               - Io, non riesco a capire una sola parola!... Ma, di chi stai parlando?

Paulsen                         -  Di Juliana, naturalmente. Di quale altra potrei parlare?

Birk                               - Ah... è stato a lei che?...

Paulsen                         -  Ma, sì... sì!

Signora Berg                 - Ed ecco un segreto che non esiste più.

Juliana                           - Oh, non esiste più da un pezzo.

Birk                               - (a Jòrgen): Ma, tu, non m'avevi detto che era Anna che...

Jòrgen                           - (con imbarazzo): Sì, sì... l'ho detto perché pensavo... non credevo che...

Paulsen                         - (a Birk): Ti dico che è necessario che... altrimenti suc­cederà...

Birk                               - (ad alta voce): Ma tu sbagli! Io non sono fidanzato con la signorina Juliana!

Juliana                           - (alla signora Berg): Oh, Dio mio!... Ma, allora, è finito tutto fra noi.

Signora Berg                 - Sta' un po' zitta!

Paulsen                         -  Non... sei più fidanzato? E cosa vuol dire questo?

Birk                               - Quello che ho detto.

Paulsen                         - (a Jòrgen): Ma, non mi avevi detto che...

Jorgen                           -  Sì, ma io... non sapevo, esattamente... Ovvero... era... ah ah ah! Era per scherzo. Per farti un po' di paura.

Paulsen                         -  Molto bene, grazie tante! (Va verso Juliana.) Juliana! Ora io sono il tuo unico amore, io che sono stato il tuo primo amore!

Juliana                           - (gli tende tutte e due le mani): Amico mio!

Signora Berg                 - Ma, signor Paulsen, cosa dovrei dedurre da tutto ciò?

Jòrgen                           - (facendogli dei cenni): Hai dimenticato la dichiarazione.

Paulsen                         -  No di certo! È stata fatta ieri, regolarmente: sulla collina di San Giovanni!

Juliana                           - (con imbarazzo): Sì... no... cioè... chiaramente, no... (A Birk) Non dovete pensare che...

Jòrgen                           - (sottovoce): Che razza di chiacchierone sei!

Birk                               - (sottovoce a Jòrgen): Ecco tutto spiegato: Juliana e Paulsen erano d'accordo sin da ieri!... Ora, riesco a capire perché era necessario che fosse Anna a...

Jorgen                           -  Su! su! Per piacere!

Birk                               - Sì, stai tranquillo!

Paulsen                         -  Ma, allora, dov'è nascosta questa misteriosa fidanzata?

Birk                               - Fidanzata? Cosa vuoi dire?

Paulsen                         -  Sei fidanzato, no? l'hai dichiarato tu. Andiamo, dove sta?... diccelo.

Birk                               - Beh, sì... è qui: eccola. (Indica Anna.) tutti: Anna?!

Anna                             - Dio mio! Cosa significa?

Juliana                           - (a bassa voce): Quella santarellina!

Berg                              - Anna? È lei che?...

Birk                               - Ma, sì, certo: è stato un fidanzamento segreto, nel vero senso della parola. Ma, anche la signora Berg, mia cognata Juliana, mio cognato Jòrgen ed io stesso... sappiamo conservare un segreto... vero?

Signora Berg                 - Lo spero bene.

Berg                              - Anna! Ma perché non mi hai detto che...

Anna                             - (sottovoce): Dio mio, nonno, non ne sapevo niente nep­pure io!

Birk                               - (sottovoce): Ebbene, Anna, ho fatto come

Paulsen                         -  ho fatto a meno della dichiarazione. Cosa ne pensi?

Anna                             - Tu lo sai, Johannes. Tu, sai tutto!

Paulsen                         -  Che cosa meravigliosa essere fidanzati... È come se tutte le oscure contraddizioni della vita, si risolvessero in... in... diciamo cosi in fumo. Soltanto allora, ci si rende esatta­mente conto del perché della vita... del perché si vive.

Jorgen                           -  Questo, è il momento adatto per mandar a farsi bene­dire tutte le tue teorie sull'amore!

Paulsen                         -  Le mie teorie? Mai. Talvolta, si capisce... faccio a meno di applicarle. Quando si fa la corte, l'amore lo si con­sidera teoricamente, ma il fidanzamento e il matrimonio... ecco, sono cose solide... cose dell'ordine pratico... Si sa che le teorie non sono sempre bastanti a... Insomma: abbasso la teoria, viva la pratica!

Signora Berg                 - Comunque, oggi dovremo annunciare due fidan­zamenti invece di uno.

Jòrgen                           - (ridendo): E dovremmo ringraziare il gran cuore di Paul sen che si infiamma con tanta facilità.

Birk                               - (guardando Anna): Noi, invece, dobbiamo dire grazie ai nostri vecchi ricordi.

Anna                             - (si getta nelle sue braccia): Johannes!

Birk                               - Anna!

Paulsen                         - (romanticamente a ]uliana): I vecchi ricordi!

Juliana                           - John!

Paulsen                         -  Juliana!

(Si abbracciano e si baciano.)

FINE