La notte è bella

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LA NOTTE E’ BELLA

Commedia in un atto

di GIUSEPPE BEVILACQUA

PERSONAGGI

ANTENORE GERBI

BICE GERBI

ROSITA

NICO RICCIO

GEO GAUDENZI

IL COMMISSARIO DI P.S.

IL DIRETTORE DELL’ALBERGO

UN CAMERIERE

Commedia formattata da

Una  ricca camera d'albergo di prim'ordine. La comune nel fondo, sul mezzo a sinistra la porta di una camera attigua. A destra sull'an­golo, una specie d'alcova, nella quale è il letto, divisa da tendaggi. Armadio grande a specchiera, tappeti, poltrone, una dormeuse. Molta signo­rilità. E' sera.

SCENA PRIMA Nico, Geo, Antenore, Il Direttore

Direttore                       - (facendo passare i tre e rimanendo sulla porta) Ecco il 33. Bellissima... è la  migliore... Letto matrimo­niale, ma d'una piazza e mezza (Tutti e tre, più che ammirati sono stupe­fatti; Geo tuttavia, cerca di assumere un'aria disin­volta, di uomo abituato a tutte le eleganze. Porterà due scatole che depone su di una poltroncina).

Nico                              - Bellissima

Geo                               - Elegantissima. Direttore    - (cerimonioso sempre) E' la mi­gliore! ...

Antenore                       - (confuso) Sì... (depone una valiget­ta gialla e sgangherata).

Direttore                       - (a Nico) A che ora il signore vuole essere svegliato?

Nico                              - (indicando Anteno­re) E' lui... lui   (mar­cando le parole) Antenore Gerbi.

Geo                               - (reboante) Ante­nore Gerbi... il miliona­rio!

Nico                              - (poiché sul volto del direttore non ha scorto l'effetto che si aspettava) Il vincitore della lotteria del Commercio!

Geo                               - (spiegando dei giornali che aveva in tasca) C'è la fotografia su tutti i giornali...

Direttore                       - (con solenne inchino) Lietissimo, fortunatissimo... oh, sì, è somigliantissimo...

Antenore                       - Non ne avevo altre! E' quella di mio fratello!...

Direttore                       - Felicissimo, onoratissimo di aver­la mio ospite.

Nico                              - (al direttore) Capirà, stasera non poteva dormire nella sua camera, così umida...

Geo                               - In quanto a questo, mia madre la riscaldava ogni sera... Non era forse una pa­drona premurosa?

Antenore                       - Brava signora, brava. Lasciava ac­cesa la lampadina elettrica...

Nico                              - (che avrà sempre su Antenore un'aria di protezione) E io ho scelto l'albergo più di lusso.

Direttore                       - L'Hotel Metropol è, senza dub­bio, il migliore! Guardino questa camera... (ad! Antenore) Il signore, qui dentro, farà sogni d'oro!

Nico                              - (con un sorriso buffo) Già, già... d'oro, d'argento e di carta.. Conterà, in sogno, il suo milione...

Direttore                       - (ad Antenore) L'ora della sveglia, signore?

Antenore                       - Faccia lei...

Nico                              - Dormi, dormi, Antenore... Sei in ar­retrato di sonno...

Direttore                       - Allora, a mezzogiorno! E la pri­ma colazione in camera...

Geo                               - Per la colazione decideremo...

Direttore                       - - Dicevo per il caffè completo...

Antenore                       - Ah, sì, il caffè completo...

Direttore                       - Burro, miele, marmellata  (poi con un inchino) Buona notte, signore, e ral­legramenti  (via).

SCENA SECONDA Antenore, Nico, Geo

Nico                              - (ridendo) Ti augura la buona notte!? Ad un milionario? Più buono di così... Di' la verità: questa mattina non te l'aspettavi!

Antenore                       - No, no...

Geo                               - (che s'è messo in giro a toccare tende, cuscini, ammirato, a Nico) Glielo hai ripe­tuto cento volte questo « non te l'aspettavi ». Basta, hai l'aria di rinfacciarglielo!

Nico                              - (colpito, con dispetto) Rinfacciargli, che cosa, che cosa?

Geo                               - Ma sì, la sua fortuna, la sua nuova vi­ta!... (esaltato) Oh! Io darei degli anni per vivere un mese qui dentro... (ad Antenore) Caro mio, tu non sai ancora apprezzare...

Nico                              - Che cosa pretendi? Più disinvolto di così!... Io, confesso, che con un milione tra capo e collo...

Geo                               - Ti avrebbero portato al Manicomio!

Nico                              - (con ironia) Forse, sì, forse... Non sia­mo gente abituata alla gran vita, noi, lavoria­mo, noi. Se Antenore è trasognato, è logico...

Antenore                       - (a Nico) Trasognato, sì, un po­chino, ha ragione, signor Riccio...

Nico                              - Toh! mi dai ancora del lei come in ufficio!... E il nostro patto? Amici, amici! Tu non sei più il commesso d'entrata ed io non sono più l'impiegato della ditta Salvietti, grani e granoni... Insomma io non sono più il superiore e tu il subalterno...

Geo                               - Verissimo, tanto più che domattina il subalterno dormirà sino a mezzogiorno...

Nico                              - (con desolazione) Ed il superiore do­vrà essere in ufficio alle nove!

Antenore                       - Si cambierà.

Geo                               - Se vincessi anch'io un milione!...

Nico                              - Uno, doveva ben vincerlo questo milio­ne!... Meglio lui, amico nostro, che un altro! Tanto, io cartelle della lotteria del Com­mercio non ne ho comperate. Colpa mia, se mai...

Antenore                       - Ed io due, proprio due, per com­binazione...

Geo                               - (con rabbia) Ed io cinque! Venticinque lire che avrei speso assai più volentieri in cravatte!

Antenore                       - Adesso le cravatte te le regale­rò io...

Nico                              - (ammonendolo) Vada per le cravatte, vada per le ventimila lire che mi vuoi  (sotto­linea le parole) ad ogni costo prestare; ma, attento, non impegnarti troppo, Antenore! Sii generoso perché la generosità rende felici...

Geo                               - (con intenzione) ... ed i prestiti anche...

Nico                              - (non badandogli) ... ma con cautela, con parsimonia... Io ho un'esperienza...

Geo                               - ... di milioni...

Nico                              - Della vita, della vita! E la vita, mio caro bellimbusto, è denaro. Chi ne ha, con­ta, e chi non ne ha...

Geo                               - Finge come me di averne...

Nico                              - Ma non trova chi gli fa prestiti!

Geo                               - Perché « ad ogni costo » i prestiti io non li voglio! (ad Antenore) Ascolta pure Nico, ascolta i suoi consigli e sarai più pi­tocco di prima...

Antenore                       - Vedi intanto che ho cominciato con l'ascoltare te... (alludendo agli occhiali) Adesso posso levarli?... (li leva e si stropic­cia gli occhi).

Nrco                              - (con derisione) Ed hai guadagnato molto! Perderai la vista!...

Geo                               - Ma acquisterà importanza!... Di' la ve­rità, ti senti o non ti senti un altro?...

Antenore                       - Mi sembra di portare una ma­schera...

Geo                               - Quella che ci vuole! Guadagni in sussie­go e dignità. E ricorda che con gli occhiali si guarda, ma si ha l'impressione di non es­sere guardati... E tu che sei un timido...

 

 

Nico                              - Il vetro ti cambierà carattere,!

Geo                               - Imparerai a comandare... E si comanda meglio al prossimo, non vedendolo o veden­dolo male!!...

Nico                              - E' questione di opinioni, perché, caso mai, io vorrei le lenti d'ingrandimento! (che si sarà avvicinato alle scatole portate da Geo e deposte sul tavolo) Soprattutto per non ca­dere in certe spese...

Geo                               - (aprendo una scatola) Tutto questo ci voleva... Anche l'abito fa il monaco...

Nico                              - (tira fuori un pigiama) Nossignore... Questa è stata una spesa proprio inutile... Un pigiama? Roba superflua.

Antenore                       - Non ne ho mai portati!

Geo                               - Si comincia dal pigiama a far l'abi­tudine pel frak...

Nico                              - Ed io che ho un frak...

Geo                               - Figuriamoci!

Nico                              - Non ho il pigiama!...

Geo                               - Ed io, impiegato di concetto, ho l'uno e l'altro!

Nico                              - Quanto al concetto, Antenore, dillo tu: a chi consegnavi la posta al mattino per la distribuzione ai vari reparti?

Antenore                       - Al signor Riccio, non appena ave­vo acceso le stufe (questa volta Nico accetta il « lei » di Antenore e si pavoneggia).

Geo                               - (che avrà aperto le altre scatole) Anche questo va benissimo, (mostrando) E' di pri­ma necessità... La camicia, il colletto... roba utile...

Antenore                       - Sarebbe più utile un vestito; que­sto ha tre anni...

Nico                              - Per il vestito, domani ci penso io. C'è una liquidazione ai Magazzini del Buon Gusto...

Geo                               - Ai Magazzini?... Roba da dozzina!? Un milionario!? Pitocco, pitocco... Si va in una sartoria di lusso...

Nico                              - Ma un sarto non ti fa un « tait » in due ore!...

Antenore                       - Come? Che cosa hai detto? (a Nico) Che cosa devo comperare?

Geo                               - Ti vuol vestire di nero con le code co­me un professore o un beccamorto...

Antenore                       - No, mi pare più opportuna una bella giacca nera, lucida, di alpagà...

Geo                               - Alpagà? Ma non hai coscienza del tuo stato!? Un milionario con luna giacca da impiegato del lotto?...

Antenore                       - Si sta freschi; adesso andiamo in estate...

Nico                              - (convinto) Alpagà, no... Lo dico anch'io... Ci vuole della stoffa, bella, di lana... severa...

Geo                               - (che avrà ripreso il pigiama) E allora? Se proprio non va, lo compero io...

Antenore                       - Comprarlo?...

Nico                              - (ridendo) Da un milionario!...

Geo                               - (sperando che Antenore glielo doni) Mi piacciono i colori...

Antenore                       - Ma sì... lascialo qui... Non si sa mai... se prendo la villa... come tu dici...

Nico                              - Non fare programmi, non fare pro­grammi! Che cosa abbiamo deciso? Per ora nessun programma. Dopo domani partenza per Roma, presentazione della bolletta vinci­trice, incasso, ritorno da Roma. E quindi ve­dremo il da fare, come impiegare il denaro, come meglio farlo fruttare... Vedrai che ci sarà il margine anche per un giro pel mondo...

Geo                               - Da solo?...

Nico                              - Da solo, sì!... Non ho intenzione di propormi per segretario... (ad Antenore) Ma lasciati guidare! Per ora nessun progetto...

Geo                               - Nessun progetto!? Ma una meta la de­ve pur avere? Un sogno lo deve pur acca­rezzare? E chi non l'ha un sogno, e chi non spera di diventar milionario per realizzarlo? Tu lo vuoi imprigionare nella ricchezza! Hai torto! (con solennità) Ecco, io aprirei una banca... un bel trabucco sulla labbra...

Nico                              - Per mandare in fumo il trabucco e la banca...

Antenore                       - (con ingenuità) Eppure un sogno l'ho avuto anch'io... Un bel caffè nel cen­tro... con l'orchestrina, tanti cristalli...

Geo                               - (con dispetto) Servire, sempre servire... L'ho detto io che non sci nato per coman­dare...

Nrco                              - Stupido! E i camerieri non li comanda il padrone?! Va là, che l'idea non sarebbe malvagia... lui alla cassa...

Geo                               - E tu direttore di sala...

Nico                              - Meglio fare il direttore di sala che man­giarsi i quattrini con le donne... Perché tu sai come lo collocheresti quel milione?... Con le donne... Belletto e vestiti... Son pronto a scommetterlo...

Geo                               - Io? Forse sì, forse... Meglio vivere un anno da Pascià che dieci da servo!... (ad An­tenore) Assicuralo che non seguirai il mio consiglio, assicuralo che starai alla larga dal­le donne! Con la fortuna del resto che hai avuta con le donne!!...

Nico                              - Certe disgrazie non si devono ricor-dare!...

Geo                               - E vedi che in certi casi le disgrazie ser­vono...

Nico                              - (ad Antenore) A proposito... siamo pratici (tira fuori un pezzo di carta ed una matita) E' meglio che ti metta in regola... Manda alla Ditta le tue dimissioni... conse­gnerò io...

Antenore                       - Dal momento che non mi vedran­no più...

Nico                              - Ma siamo al 25...

Antenore                       - E allora?

Nico                              - E allora tu hai diritto a venticinque giorni di paga che domani stesso io incasserò.

Geo                               - (sogghignando) Un altro milione!

Antenore                       - Seicento lire neanche...

Nico                              - Le vorresti regalare? Scrivi il bigliet­to! Non fare lo sprecone!...

Antenore                       - (mettendosi a scrivere) Al ragio­niere? Che muso... Mi avrà salutato una volta!

Nico                              - Alla Ditta  (dettando) « Spettabile Dit­ta. Ho l'alto onore di rassegnare da oggi le mie dimissioni dall'ufficio ».

Antenore                       - Dal posto di commesso all'en­trata...

Nico                              - Ma si... è un ufficio anche questo... Scrivi « dall'incarico »... (prende il foglio) E domani a colazione ti porto i soldi...

Anteìnore                      - A colazione? Bisogna combinare...

Geo                               - E' stabilito. Io ti vengo a prendere alle dodici e mezzo.

Nico                              - Tanto, nel pomeriggio, io mangio poco...

Geo                               - Ti rifarai domani sera. Ritorniamo al « Gambrinus »? Non si è speso molto...

Nico                              - (con superiorità) Per domani sera, de­ciderà lui... Lascialo riposare...

Antenore                       - Ne ho bisogno... è vero...

Nico                              - (con enfasi, abbracciandolo) Grazie, a te, Antenore... E che la vita nuova per la quale ti incammini, sia cosparsa di tanti...

Geo                               - (maligno) « Gambrinus ».

Nico                              - ... fiori e di tante gioie...

Geo                               - E' il quinto discorso...

Nico                              - Eh! Che vuoi?! E' la quinta volta che mi commuovo... Non capitano ogni giorno certi avvenimenti... Ciao, Antenore, e che a mezzogiorno ti sveglino altri sorrisi...

Geo                               - Il mio e il tuo intanto... Siamo d'ac­cordo?

Antenore                       - (accompagnandoli alla porta) Di accordissimo! (via i due amici).

 SCENA TERZA Antenore, poi Rosita

Antenore                       - (è soddisfatto di essere finalmente solo. Si guarda d'attorno con compiacenza. Depone in un canto la valigia che gli sembra stoni, ancora sulla poltrona. La apre e ne estrae una camicia da notte. Tira le cortine dell'alcova e stende la camicia sul letto, già pronto per la notte. Va a riguardare all'in-giro e si sofferma, particolarmente ammirato, dinanzi l'ampia specchiera. Si decide a to­gliersi la giacca. Ma non sa dove metterla: prima la allarga sulla spalliera di una seggiola, poi l'appende al rampino della porta e infine all'attaccapanni eh'è nel fondo).

Rosita                            - (la sua voce insinuante, dolcissima, arri­verà dalla porta di sinistra) Buona notte! ...

Antenore                       - (resta sorpreso. Non sa spiegarsi da dove la voce provenga).

Rosita                            - (dì dentro) Buona notte...

Antenore                       - (sempre più sorpreso).

Rosita                            - (busso lievemente) Siete a letto?

Antenore                       - (è confuso, ma ha individuato da dove proviene la voce. Infila sollecitamente la giacca per un senso di pudore).

Rosita                            - (avrà socchiusa la porta e spinta fuori la testina, sorridente, e che è tutta una tavo­lozza) Vi credevo già a letto... Permettete? (si fa avanti).

Antenore                       - Si figuri...

Rosita                            - (lo scruta. Adesso non sorride più e pare pentita) Scusate... ma questa non è la camera numero trentatre?...

Antenore                       - Sì, signora, trentatre.

Rosita                            - La camera del milionario Antenore Gerbi?...

Antenore                       - Antenore Gerbi, sono io...

Rosita                            - Voi?... Proprio voi?... (dà in una risata, fa una piroetta, rientra saltellando nel­la sua camera e ritorna con un giornale spie­gato, sul quale indica una fotografia) Voi, al­lora, siete questo?...

Antenore                       - Questo è mio fratello... ma fa lo stesso... Lui è morto.

Rosita                            - Come, fa lo stesso?

Antenore                       - Io non avevo fotografie... I gior­nalisti han presa quella di mio fratello... Ma fa lo stesso... alludono a me.

Rosita                            - Il milionario?! Voi avete vinto un milione?!...

Antenore                       - Con due cartelle..

Rosita                            - Lasciatevi guardare... dieci lire... Sapete che siete celebre?...

Antenore                       - Io non lo so... lo dicono..

 

Rosita                            - Siete sulla bocca di tutti... Stamat­tina magari... (vorrebbe dire « un miserabile ») così così, stasera milionario. Che impressione vi fa?

Antenore                       - Mi abituo... Certo, stamattina... è stato un colpo. Sì, alle dieci... Ero andato a prendere il primo caffè per la signorina dat­tilografa e tornavo in ufficio...

Rosita                            - Eravate impiegato?...

Antenore                       - Sì, avevo un impiego...

Rosita                            - Quindi adesso darete un calcio ai padroni!

Antenore                       - Eh, lo spero!!...

Rosita                            - Ah, vi confesso, giuro che nei vostri panni io sarei più allegro. Un uomo che vince un milione me lo figuravo diverso... Non vi par di sognare, di smarrirvi, di strabiliare?... Un milione!!... Quanti anni avete?

Antenore                       - La signora mi fa le stesse doman­de che mi hanno fatto i giornalisti...

Rosita                            - Si capisce, perché un uomo che vin­ce un milione è interessante, attraente, pieno di suggestione. Io sono una ballerina, sono una donna di teatro e mi piacciono le emo­zioni... anche se sono degli altri... ditemi...

Antenore                       - (imbarazzato) Io non sono abi­tuato a parlar molto... a pensare molto... E poi oggi... Ecco, una cosa solo rispondo... sono felice...

Rosita                            - Voi siete un semplice... Ma appunto per questo avreste gioie più fresche e genui­ne... Avete famiglia?

Antenore                       - (c. s.) No... (si sarà seduto),

Rosita                            - Solo?...

Antenore                       - (fa cenno di sì).

Rosita                            - (sedendogli accanto, dopo una pausa e con fare sbarazzino) Vi piacciono le donne?...

Antenore                       - (con un sorriso un po' ingenuo) Eh... a seconda...

Rosita                            - (lui visto il pigiama, si alza, e lo esa­mina) Non dite di no. Quando si ha un pigiama come questo, si è sicuramente un donnaiuolo...

Antenore                       - E' nuovo...

Rosita                            - Ma è la scelta... è il gusto, sono i colori che vi rivelano. Mi piace...

Antenore                       - Sì, costa molto...

Rosita                            - Che cosa può importare a voi il prez­zo di un pigiama... (tornando a sedersi) Dite un po', ed il milione?

Antenore                       - Come?

Rosita                            - L'avete incassato?

Antenore                       - No, perché bisogna andare a Roma, dal notaio, all'ufficio centrale. Parto do­podomani...

Rosita                            - E non avete avuto degli anticipi?...

Antenore                       - Tenevo alla Banca quattromila lire e le ho ritirate... capirà... Anzi, da do­mani saranno quattromila e seicento...

Rosita                            - E poi? Poi chissà quale vita, quale lusso, quali piaceri... Che cosa avete deciso?

Antenore                       - Nulla...

Rosita                            - Impossibile!! Intanto un viaggio all'estero, a Vienna, a Berlino, a Parigi... Co­noscete Parigi?

Antenore                       - Conoscere?... Sì, ho letto i « Mi­serabili »...

Rosita                            - Un lungo soggiorno a Parigi, oppure in riviera... Sicuro, meglio in riviera... e, naturalmente, accompagnato!... (insinuante) Una bella donnina vostra, tutta vostra, fresca come la rugiada, gioconda come il cielo, una compagna dolce di ogni ora che sia ammirata, invidiata, che vi dia la poesia della ricchezza, la voluttà del piacere... Vi piace il mare?...

Antenore                       - (balbetta, trepidante) Sì, il mare...

Rosita                            - San Remo, Nizza... dove i tramonti son di corallo, e la luna fa l'acqua di ma­dreperla... Voi e lei, così, lungo la spiaggia, di notte, sotto i tigli... Poi, il grande albergo, la bella camera, profumata dai fiori, dall'aria, e... l'amore, (pausa) Siete mai stato amato?

Antenore                       - Amato?... Sì, me l'han detto...

Rosita                            - C'è amore e amore... capisco... avete ragione. Si dice che le donne preferiscano generalmente gli ingenui, per cedere quando a loro la più comodo. Può darsi... Ma non tutte, sapete... Ci son di quelle che preferi­scono l'uomo che è semplice e ingenuo per la voluttà di donarsi, di umiliarsi all'amore. Umiliarsi all'amore, servire l'amore, è un'ar­te, credete. Ed io mi sento maestra... Mi ca­pite? Servire l'amore! La donna che abdica per se è la donna che crea pel suo uomo. Gli crea la felicità più certa e più profonda, la fé-licita della conquista... Perché l'uomo, in amore ha l'egoismo di sentirsi sempre un pa­drone e la vanità di essere trattato sempre come un bambino... Vi piacerebbe una donna così?... Una donna vostra, che indovini i vo­stri gusti, che li intuisca, che intuisca magari anche i vostri capricci... tutti, sempre, con un'ubbidienza immediata... (birichina) Eh, l'uomo ne ha tanti... dei gusti e dei capric­ci!... E bisogna saperli scovare... (mostrando le gambe con un passaggio furbesco, ma garto) Vi piacciono di più le scarpe di cocco­drillo o di serpente?

Antenore                       - (imbarazzato, balbettando confuso) Mi piacciono... le vostre...

Rosita                            - Ma le scarpe di serpente che paiono delle alghe, che sembrano dipinte, oh, stanno bene... E allora, ecco che la vostra donnina vi accontenta subito... subito... Un paio di scarpe di serpente rosato per la signora!... (Alzando con civetteria la sottana) E le calze? Hanno un'importanza decisiva oggi le calze... Una donna con brutte calze è come un fiore senza gambo... (Con la mimica di prima, in­terrogando) Organzino beige, oppure gris-perla?

Antenore                       - (alludendo a quelle che Rosita in­dossa e che gli paiono bellissime) Queste...

Rosita                            - Eppure le gris-perla fanno le gambe più tornite, affusolate, le allungano... Pronti le calze gris-perla. E le giarrettiere?... (mo­strando le sue) Vi piacciono le giarrettiere?... Sapete che si baciano?!... Due giarrettiere di struzzo con uno zaffiro, piccolo... birichino come un occhio... Ma tutto, tutto quello che preferite... L'uomo non parla, ma desidera... la donna deve tacere, ma comprendere... Bi­sogna farsi belle per lui... per lui soltanto... Questa è fedeltà. Non farsi belle per gli altri... nei teatri... a passeggio... Non è amore, al­lora... Ma farsi splendide per la gioia che appartiene ad uno solo, per l'ammirazione di uno solo... per l'incanto nascosto... quello che si concede, mollemente, così, labbra con­tro labbra... e che è tutto un segreto... che si conosce soltanto bocca contro bocca... (avrà parlato con dolcissima seduzione accostandosi sempre più ad Antenore, stordito, inebriato, sfiorandogli a poco a poco le labbra, sino a dargli un bacio).

SCENA QUARTA Detti, Un Cameriere, Bice

Cameriere                      - (dal di fuori bussa forte).

Antenore                       - (si alza sconcertato, si ricompone) Chi è?

Cameriere                      - C'è la sua signora...

Rosita                            - (spaventata) Vostra moglie?...

Antenore                       - Nooo... io non ho moglie...

Bice                               - (spalanca la porta) Sono io, caro, io... la signora Bice Gerbi!

Antenore                       - (non rendendosi conto ripete:) Io... non... ho... moglie...

Bice                               - (non adirandosi, ma con spregiudicata iro­nia) Ah! Tu non hai più moglie?,.. Eh, che memoria!... (indicando al dito l'anello matrimoniale) E questo, questo... ce l'han pur dato il sindaco e il prete!

Rosita                            - Oh, signora, ma io non sapevo...

Bice                               - Lui sì, però, lo sapeva... (accentuando le parole) e forse mi aspettava... aspettava questa bella improvvisata...

Antenore                       - Hai avuto questo coraggio!...

Bice                               - Sì caro, il coraggio di esserti vicina anch'io in questa gran giornata e non soltanto certe intruse... che han visto il merlo.

Rosita                            - Ma signora!... Le ho detto che non sapevo... Del resto, ecco, le cedo il posto... (via nella sua camera).

Bice                               - Fa benissimo... Perché il mio è un po­sto legittimo!

Antenore                       - (che ha ritrovata dell'energia) E' incredibile... non hai vergogna di comparire...

Bice                               - E tu non hai vergogna, caro, di farti sorprendere in questo modo?...

Antenore                       - Io sono libero, libero, son padro­ne di stare, di vivere con chi mi piace...

Bice                               - Ed io son padrona di ritornare..

Antenore                       - Ma sai che potrei insultarti?...

Bice                               - E' quello che potrei fare anch'io... se l'ambiente non mi mettesse in soggezione...

Antenore                       - Dopo due anni! Dopo due anni che sei fuggita, che sei vissuta chissà dove, chissà con chi... che non sapevi più se ancora io esistevo!

Bice                               - Sei diventato celebre, caro mio. I gior­nali davano il tuo indirizzo ed io ho preso il treno, son volata, son venuta a rivederti...

Antenore                       - Ah, sì? Perché non sono più uno straccione, perché sono ricco, straricco...

Bice                               - Appunto. Perché sei milionario!

Antenore                       - Sbagli, sbagli... Tu ritornerai do­ve sei stata in questi anni.

Bice                               - Non è un mistero. Lo sapevi. Presso mia sorella...

Antenore                       - E che non se ne parli più, come non se n'è parlato per tanto tempo...

Bice                               - (ancora più ironica) Vedo che cominci a mettere su della boria... Fai benissimo, del resto... Perché un po' di boria la metterò anch'io, adesso che son la moglie di un milio­nario...

Antenore                       - Che moglie., che moglie! Io non ti riconosco...

Bice                               - Non importa, non è necessario... Non mi riconosci tu?... Mi riconosce la legge. Ci siamo forse divisi, siamo andati in Tribunale, ci siamo divorziati? No. E allora io sono e resto la signora Bice Gerbi, moglie di Antenore Gerbi. Furbo lui! Son vissuta con lui cinque anni, soffrendo quasi la fame, tirando la cintola, facendo un debito di qua e apren­do un credito di là, contando e ricontando, senza che aumentassero, le settecento lire il mese che portava a casa, e adesso che c'è fi­nalmente un po' di sole e si può far baldoria, per me niente niente... Ah, no!... Presente! Io sono presente, ho il diritto...

Antenore                       - Il diritto?!... Quale diritto?  Quello di avermi messo in berlina di fronte a tutti, sì, a tutti, frequentando chi ti pareva e piaceva, per poi un bel giorno piantarmi come un minchione...

Bice                               - Io...? Sbagli, caro... Ad ogni modo, le prove... fuori le prove...

Antenore                       - Sei scappata!...

Bice                               - Verissimo! Ma perché sono scappata? Perché in due non si poteva più vivere...

Antenore                       - Ma in tre vivevi benissimo...

Bice                               - Come, come?

Antenore                       - Io, tu ed il tuo amante!

Bice                               - Ho detto: fuori le prove!

Antenore                       - E' inutile fare il processo dopo due anni! E poi non discuto! Non mi hai mollato, allora? Non hai più voluto saperne di me? Oggi le cose non possono mutare...

Bice                               - E invece mutano... Perché due anni fa io ti ero di peso e lasciandoti e andando da mia sorella ti sollevavo, ti liberavo... oggi ri­torno, perché non ti peso più, perché posso essere quello che il sindaco ed il parroco... ecco qua... (tirando fuori il libretto matrimo­niale) hanno proclamato... è scritto anche qui... (leggendo) « la compagna indivisibile ».

Antenore                       - (adirato) Ma insomma, tu scherzi, vero... tu scherzi? Mi prendi ancora per un imbecille come allora?...

Bice                               - Ssst... Non strepitare... che nessuno deve sapere... Imbecille?! Intanto, imbecille a onor del vero, non lo sei mai stato... a me­no che tu non sia di un diverso parere e non pensi che ti sia capitata addosso col milione anche l'intelligenza! ? ...

Antenore                       - Beh! E in conclusione?

Bice                               - In conclusione io sono tua moglie, io sono la signora Bice Gerbi, la fortunata si­gnora Bice Gerbi...

Antenore                       - E che intendi fare?

Bice                               - Quello che fanno tutte le mogli... stare col marito... (guarda nell'alcova) Anzi ho vi­sto che sei stato previdente... e che il letto è matrimoniale... che bel letto... Non abbiamo mai dormito fra tanto sfarzo... neppure la prima notte di nozze!

 Antenore                      - Hai sonno? Sei stanca? Vai dove vuoi, non restare più qui a lungo...

Bice                               - Eh, caro... e la legge? Vedi, c'è la legge...

Antenore                       - Tu la legge l'hai calpestata il gior­no in cui sei fuggita...

Bice                               - (incalzante) Dovevi metterlo agli atti, dovevi legalizzarlo!... (marcando le sillabe).

Antenore                       - Come parli bene!

Bice                               - Sono istruita io! Sono stata dall'avvo­cato!

Antenore                       - E allora ritorna dall'avvocato e digli questo: che tuo marito non ti vuol più e che piuttosto rinuncia al milione!

Bice                               - Esagerato!

Antenore                       - (scattando) Ti ho ascoltato abba­stanza, ti ho sopportato abbastanza! Adesso comando! (avrà pronunciato le ultime parole con tono energico, estraendo gli occhiali, in­forcandoli, rammentando l'attributo di sus­siego di cui gli ha parlato Nico).

Bice                               - (con sorpresa buffa) Che, che? Gli oc­chiali? Sei diventato miope, presbite?... Ci vedi poco?... oh, poverino!

Antenore                       - Ci vedo benissimo...

Bice                               - Evidentemente non quando ti arrabbi... La collera a te va agli occhi!... Oh, che brutto...

Antenore                       - Bello o brutto, smettiamo la com­media...

Bice                               - Perché il signore vuole avere altre don­ne, non è vero? È che donne! Ma è giusto. Sei ricco. Camere separate. Lui qua, (allu­dendo alla camera attigua) Lei là... Psss... pss... e tutti e due uniti... Desiderarsi a di­stanza... Si può sapere chi è quella bella?...

Antenore                       - Non lo so...

Bice                               - (fingendo sorpresa, e con tono di prote­zione) Come? Ti dai all'avventura? A don­ne che non conosci? E' pericoloso, bada... stai attento... furti, truffe, raggiri...

Antenore                       - (adesso è irritatissimo) Non ho bisogno delle tue raccomandazioni. Per l'ul­tima volta addio e non se ne parli più...

Bice                               - (pausa. Quindi, come rassegnata) E dire che ho fatto un viaggio apposta!... Allora sei proprio deciso?! Sei irremovibile. Mi cacci... non mi vuoi? (si avvicina pian piano alla porta e ad un gesto di lui), Oh, no, non cre­dere che ti chieda un regalo.

Antenore                       - Ci vorrebbe altro!

Bice                               - (con intenzione) Potrei fartelo io, il regalo...

Antenore                       - Ti piglio in parola. Fammi quello di andartene...

Bice                               - E' giusto! Avrai sonno!

Antenore                       - Ho fretta!...

Bice                               - Di ricevere chi ti piace?...

Antenore                       - Può darsi...

Bice                               - E' giusto... Vedi che moglie meravi­gliosa... Me ne vado... Ti lascio, calpesto io la legge e chiudo un occhio... addio.

Antenore                       - Li ho chiusi io tutti e due, tante volte! (Bice è uscita).

SCENA QUINTA Antenore, poi il Cameriere

Antenore                       - (è felice di essersela cavata senza drammi. Sta a sentire se i passi si allontanano. Poi il suo sguardo sì fissa sulla porta della camera di Rosita. E' incerto, vorrebbe avvi­cinarsi, chiamare, ma teme un affronto, quasi, quasi sarebbe pronto a spiare pel buco della serratura, come un collegiale. E infatti sì ac­costa all'uscio, si china. Ma è vergognoso. Ri­torna nel mezzo e lo colpisce il pigiama sulla spalliera della poltrona. Ha un'idea. Prende il pigiama e si muove verso l'alcova. Preme il bottone del campanello e tosto si ritira ol­tre le tende).

 Cameriere                     - (bussa alla porta).

Antenore                       - (dall'alcova) Avanti!

Cameriere                      - Il signore ha suonato?

Antenore                       - (c. s.) Sì... volevo sapere se la si­gnora... quella signora che è venuta qui poco fa... è uscita...

Cameriere                      - Sì, signore, è uscita... è salita in carrozza...

Antenore                       - Va bene... grazie!

Cameriere                      - Prego, signore, buona notte (via).

SCENA SESTA Antenore poi Rosita

Antenore                       - (ricompare. Ha indossato il pigiama, si rimira con aria comica, incredula, per nul­la convinto di essere elegante. Ma si decide: bussa alla porta di Rosita e aspetta. Silenzio. Bussa ancora).

Rosita                            - (di dentro) Chi è?

Antenore                       - Io...

Rosita                            - Che cosa volete?...

Antenore                       - Son solo...

Rosita                            - Un momento...

Antenore                       - (è tronfio del successo).

Rosita                            - (in vestaglia da notte) Solo? E lei?...

Antenore                       - E' andata via...

Rosita                            - Ma se era vostra moglie?...

Antenore                       - Lo è stata!...

Rosita                            - Divorziato?

 

Antenore                       - Era fuggita da due anni...

Rosita                            - Oh, e adesso tornava! Nel momento buono!...

Antenore                       - L'ho cacciata, l'ho mandata via, non tornerà più... mi sono liberato  (è acceso di Rosita, vorrebbe dirle « voglio voi, desi­dero voi»).

Rosita                            - (pausa. Con malizia) E perché mi avete chiamata?... Per mostrarmi il pigia­ma?!...

Antenore                       - No...

Rosita                            - Ah! Per proseguire il discorso!?... Eravamo rimasti, mi pare, alle giarrettiere... Bisognerebbe salire... Ma non ho più nulla... sono in vestaglia... (con seduzione) Vi piac­cio "i...

Antenore                       - Molto...

Rosita                            - E basta? Non dite di più?... Che cosa avete detto alle altre donne che vi pia­cevano?...

Antenore                       - Nulla... o bella o brutta...

Rosita                            - Oh, andate per sintesi...

Antenore                       - Sono ignorante...

Rosita                            - E di me che pensate?...

Antenore                       - Che siete bella... ma che voi siete gentile perché io... vi... son...

Rosita                            - Simpatico, ditelo pure...

Antenore                       - (in fretta perché la frase gli brucia le labbra) Simpatico, sì, ma pel denaro...

Rosita                            - Anche adesso non fate complimenti!

Antenore                       - Vi ho offesa?

Rosita                            - Nooo... Eh, purtroppo, è il denaro che dà la gioia...

Antenore                       - Non so...

Rosita                            - (con intenzione) Vero è che le donne lo apprezzano più degli uomini... (con tene­rezza) E voi... voi avreste gioia se io, ecco, vi concedessi un bacio...

Antenore                       - Tanta...

Rosita                            - E allora, vedete, che il risultato è identico: sia per l'amore, sia pel denaro... E' la gioia! Per carità, siete ricco da un giorno e cominciate già a sottilizzare ed a distingue­re... Vi rovinate! No, non ragionate sul de­naro!... Dovete chiedere al denaro quel che desiderate e mai rinunciare a quel che desi­derate per non umiliarvi di fronte al denaro... Ricorderete la mia massima? La seguirete?

Antenore                       - (ha capito. Con ingenuità fa per estrarre il portafogli che naturalmente nel pigiama non porta e si allontana per prendere la giacca).

Rosita                            - Che cosa cercate?...

Antenore                       - Il portafoglio!

 

Rosita                            - (con una squillante risata) Caspita! Che meraviglioso scolaro! (mettendosi dritta dinanzi e fissandolo) Sapete che questa vostra semplicità è interessante, che mi piace... Ma se mi piacesse non per una notte soltanto...

Antenore                       - Come? Perché?

Rosita                            - Se io volessi diventare la vostra amica...

Antenore                       - (più che turbato, confuso) Adesso parto... devo andare a Roma... devo prima riscuotere...

Rosita                            - Oh, smettetela con questa preoccu­pazione... Vi ho fatto una proposta... Mi vor­reste con voi, vicino a voi, tutta per voi?...

Antenore                       - Siete bella!

Rosita                            - (lo abbraccerà a poco a poco) E ogni sera così... mi terrete così... tutta un profu­mo... Io metto la vestaglia... Divento tutta rosea pel mio signore, che mi afferra, così, alla vita, mi stringe... No, io non parlo, non dico nulla, socchiudo gli occhi... alzo il capo, la vestaglia si apre, mi abbandona e lui mi bacia forte, forte... qui, mi morde, sul collo... (Rosita appressa il capo di lui sul suo collo bianco e liscio. Antenore, ardente, è ancora incerto, tremebondo. Ella quasi con stizza) Ma qui, qui... così.

Antenore                       - E poi?

Rosita                            - E poi il mio signore mi accompagne­rà per mano sino all'alcova - (scena da ese­guire) e vorrà vedermi stendere dolcemente come una sirena incantata... (si vedranno, el­la seduta sul letto) E la luce? E la porta?...

Antenore                       - (si scosta, ritorna in primo piano. Va a chiudere la comune con la chiave. Ricercai l’interruttore) Dove si spegne?...

Rosita                            - Caro, ti aspetto... Come ti chiami?...

Antenore                       -  Antenore... (ha trovato, gira, spegne).

Rosita                            - (teneramente) Antenore...

SCENA SETTIMA Detti, il Commissario di P. S., Bice.

Commissario                 - (bussando alla comune) In no­me della legge, aprite!

Rosita                            - (con un urlo) Che c'è?

Antenore                       - (trasecolando, ancora in mezzo alla camera) La legge, come? (poiché si conti­nua a bussare, andrà ad aprire, così, al buio, tentoni).

Commissario                 - (seguito da Bice) Ah! Benis­simo. Anche la luce è spenta! (Antenore avrà girato l'interruttore e la luce si sarà accesa. Ad Antenore) Lei non si muova  (ha visto l'al­cova, s'avvicina, spia dentro).

Bice                               - (ad Antenore) Te l'ho detto: la legge!

Commissario                 - Benissimo. C'è la flagranza!

Bice                               - A colpo sicuro, signor commissario, a colpo sicuro. Glielo avevo detto!

Commissario                 - (ad Antenore) Mi spiace, si­gnore... ma tanto lei, quanto la signora (al­ludendo a Rosita rimasta nascosta nell'alco­va) devono seguirmi...

Bice                               - Seguir lei?... Appena ritrovato me lo porta via?

Commissario                 - Purtroppo, signora, in arresto... C'è la flagranza... Sarà un arresto formale perché...

Bice                               - (intervenendo) Ma io non credevo...

Commissario                 - Sono dolente, signora, ma io la avevo avvertita che le conseguenze non sa­rebbero state liete... Del resto, sarà uno stato di arresto che non durerà molto... Frattanto questa notte...

Antenore                       - In arresto?... Io? Stasera!? E do­mani i giornali ancora col mio nome!...

Commissario                 - Eh, i giornali, sa, è un po' dif­ficile farli tacere, specie per certe disavven­ture...

Bice                               - (allarmata per la sua vanità) Allora lo sapranno tutti, tutti sapranno che io ho vo­luto la forza?... Ma no, signor delegato, io volevo mio marito e basta...

Commissario                 - Eh, signora, il nostro interven­to è un'arma a doppio taglio...

Bice                               - Io credevo che con la questura, con i commissari, ci fosse soltanto da far valere il mio diritto... Sì, va bene, magari il processo. C'è sempre tempo... Oh, che cosa ho fatto!

Commissario                 - Ella, signora, è ancora in tem­po... Nessuno più di me sarà felice... Ella ritira la querela di parte, io annullo il pro­cedimento...

Bice                               - Oh, sì, sì... ritiro. A me bastava fargli capire la ragione... a me bastava dimostrar­gli che la legge è dalla mia e liberarlo da quel­la lì... (con rabbia) Signor commissario, quella è l'intrusa, là dentro, la cacci via...

Rosita                            - (comparendo, e dissimulando con un ironico disprezzo il disappunto) Vado, vado, e senza che alcuno me lo imponga...

Bice                               - Vada, sì, e non torni più...

Rosita                            - (attraversando la scena e dirigendosi verso la sua camera) In quanto a questo non abbia timore...

Bice                               - Non sarò io a richiamarla...

Rosita                            - Lo chieda se mai a suo marito  (via).

Bice                               - (urlandole dietro) A mio marito ci pen­so io... che non mi do per denaro!

Commissahio                - Il mio compito è allora esau­rito, signora... L'azione da pubblica è diven­tata... privata ed io non ho più nulla da fare. La signora domani abbia la compiacenza di passare in questura per quell'annullamento... Buona notte, signori (via).

Bice                               - Buona notte!

SCENA OTTAVA Bice e Antenore

Bice                               - (ad Antenore che sarà rimasto nel fondo, intontito, accasciato) Che fai lì?... Che c'è? Sei avvilito, istupidito...

Antenore                       - Oh, se credi ch'io resti qui sta­notte, ti inganni!

Bice                               - Perché? Vuoi forse che richiami il commissario per fare, come dice lui, l'azione pubblica?

Antenore                       - Più pubblica di così...

Bice                               - Se ti ho salvato dall'arresto?!

Antenore                       - Oh, generosa! Grazie tante!

Bice                               - L'ho fatto per amore!...

Antenore                       - Ed è appunto per questo che me ne vado... Non mi trovo qui dentro...

Bice                               - Ed io invece mi trovo benissimo... Ma guarda che alcova per i coniugi Cerbi milio­nari! (andando a riassettare il letto e poi accingendo a spogliarsi) Vieni qua, credi dav­vero che non ti capisca?! Perbacco, hai visto quel po' po' di sete, di lussi e di... vapori (alludendo all'ampia vestaglia di Rosita) Oh, ma vedrai! Vedrai da domani come mi cam­bio, come mi vesto sotto, sopra, da gran si­gnora... da signora degna di un milionario! Non sarai contento?... Come? Se lo faccio per te... oh, ma rispondi! Son queste le belle accoglienze che mi fai la prima notte dopo due anni!... Perché sono andata in questura?! E ti par poco questo? Non è una prova d'amo­re, di forte amore, questa? Presentarmi ad una guardia, entrare in certe stanze, poi da­vanti ad un commissario... C'era da ribol­lire e da impallidire. Eppure ho trovato il coraggio. Certo... Sai che avrei affrontato an­che il fuoco pur di strapparti ad altre don­ne... per fortuna che c'è la legge. E tu taci?!

Antenore                       - E tu credi ch'io possa dormire qui tranquillamente!...

Bice                               - Eh, in un'altra camera sprecheresti del denaro...

Antenore                       - (continuando) Tu credi proprio ch'io possa chiuder occhio!...

Bice                               - Ti preoccupi di questo, per una not­te!?... Ho tante cose da raccontarti di questi due anni...

Antenore                       - (con uno scatto. Deciso, raggiungen­do la porta) Insomma no. Stanotte, no.... E' impossibile...

Bice                               - Oh, non insisto... Tu vai ed io resto... (si è seduta, per nulla impressionata, sul letto e la si vedrà entro l'alcova che avrà le tende aperte).

Antenore                       - (per aprire la porta) Vado, vado... sì, sì...

SCENA ULTIMA Detti e Rosita

Rosita                            - (spalanca la porta della sua camera e la richiude precipitosamente come fosse inse­guita. E' spaventata e scarmigliata. Corre ver­so Antenore, gli afferra la mano ch'egli aveva sulla maniglia, gliela alza. Rinserra l'uscio, gira la chiave, la estrae dalla toppa. Parlerà con voce soffocata e supplichevole) No, no, per amor di Dio, non esca, non vada via... non mi faccia uccidere!

Antenore                       - (sbalordito) Che cosa succede?!

Bice                               - (dall'alcova) Ancora lei!? /

Rosita                            - E' rientrato Giorgio!... Giorgio... mi aveva lasciata sola per due giorni... Noti sa­pevo io, non supponevo... E' gelosissimo, è pazzo di gelosia... pazzo.. Lo giuro. Mi ha sorpresa rientrare da qui, poco fa... ha sen­tito anche la sua voce... E' convinto che qui ci sia il mio amante... Adesso ritorna, ritorna! E' sceso al bureau per informarsi...

Antenore                       - (smarrito) Che cosa posso fare?

Rosita                            - (implorante, con gli occhi che sorve­gliano la porta della sua camera) Non vada via... resti qui;., resti con sua moglie... Ho bisogno che si convinca... altrimenti guai, è terribile  (trascinando a forza Antenore verso Bice e a forza costringendolo a sederle accan­to, sul letto) Così, così... la supplico, la scon­giuro... mi salvi... (ode dei passi) Oh! Ritor­na, è lui... ritorna          - (apre la porta di destra, la apre tutta, si ricompone, dissimula l'ansia con un sorriso e parlerà verso l'interno con garbo affettato:) Oh, Giorgio... e tu che non credevi! Puoi venire... puoi salutarli... Son miei amici... due sposini... Pensa che fortuna! Lui ha vinto un milione... sì, lui, proprio lui! Non vieni? Ricchi e innamorati... beati loro.. (Ad Antenore e Bice) Beati voi.. Beata que­sta notte... Sarà la notte più bella... Vi invi­dio... Oh, se sapeste come vi invidio... (chiu­de e scompare. Antenore e Bice l'uno seduto accanto all'altro, si sono guardati ebeti, im­pietriti. Tela rapida)

FINE