La partitella

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PERSONAGGI:

LA PARTITELLA

di

Giuseppe Manfridi


PERSONAGGI:

Massimiliano

Andrea

Stefano

Rita

Alex

Carlo

Enrico

Flavia

Sissi

Gianna

La Ruvida

Mara

Pia

Furio

Nadia                                                                                                      

Rashid

Melania

Giussani

Osvaldo

Macioci


Uno.

Uno sterrato. D'un lato, le linee di gesso granuloso e malamente tracciate di un corner fanno immaginare, nello spazio contiguo a quello visibile,  un malconcio rettangolo di gioco. Il classico campetto di periferia. Luci fredde e radenti di un mattino autunnale.  Non si stenterebbe a vedere la condensa del  più leggero soffio d'alito.

Evidentemente un cavalcavia corre sopra il campetto poiché,  a tratti, si sente lo sfrecciare di qualche rara macchina. Il traffico si farà più intenso col trascorrere dei minuti.

Un ragazzo poco più che ventenne sta accovacciato tra le zolle secche, con le ginocchia al mento; infreddolito. Picchia ritmatamente i talloni in terra per attivare la circolazione. Indossa un giubbotto dalla  pelle ruvida e screpolata. A un passo da lui, una rigonfia borsa da gioco.

Con le dita rattrappite della destra e cercando di economizzare su ogni movimento, fa scivolare l'orologio lungo il polso sinistro in modo da rendere visibile il quadrante e controllare l'ora. Questo ragazzo si chiama Massimilano. Il rumore di un motorino, giunto a fermarsi non lontano da dove se ne sta accovacciato, lo fa voltare. Pochi istanti e si presentano dinanzi a lui altri due ragazzi. Stefano e Andrea.

I tre si salutano a mugugni.

MASSIMILIANO: Io nun lo so come faremo a spojiasse. Sto a morì.

ANDREA: Certo, fa 'n freddo che li mortà!...

MASSIMILIANO: Ciò i piedi che so' du' cornetti Algida.

ANDREA: Io vorei proprio sapè chi è stato a pjià er campo. Cioè, 'n orario un po' più comodo proprio no....

STEFANO:  Dice che era venuto il siciliano, il ragazzo de Sara.

MASSIMILIANO: Che difatti ha pensato bene d'ammalasse e de restassene a casa co' dumila de febbre.

ANDREA: E questo solo perché è venuto a prenotà, pensa noi che ce dovemo giocà: ricovero alla grande. (E batte i denti per il freddo)

MASSIMILIANO: Vabbè, si nun c'era altro...

ANDREA:  Esiste sempre il concetto: rimandare. 

MASSIMILIANO: A' rigà, piuttosto... com'è che qua ancora nun se vede nessuno?

ANDREA: Me stupirei der contrario.

STEFANO: Ma quanti dovemo da esse'?

MASSIMILIANO: A quel che so io, 'na decina sicuri.

ANDREA: Cioè, undici manco a parlarne...

MASSIMILIANO: See, undici... e quante ne voi!... Ma ringraziaddio. Io da solo avrò fatto ducento telefonte.'N' artro po' lo dicevo a mi' padre, che quello come gnente ce veniva pure. E chi cià la donna, chi cià l'omo, chi sta ai Caraibi, chi sta 'n galera, chi cià i ragazini a carico: grasso che cola se semo già in tre.

(Continuando nel loro dialogo i ragazzi cominciano a giochicchiare prendendo a calci  una pietra.  Anche per scaldarsi un po'.)

MASSIMILIANO: Piuttosto a me quello che me fa incazza' è che vedrai tu se Cardone nun se presenta pure stavolta co' tutta la squadra ar completo,  e pe' sfregio co' tanto de riserva.

 STEFANO: Ma voi chi avete sentito?

MASSIMILIANO: Io nessuno. A me m'ha chiamato Alex ieri sera. Sì, vabbè, m'ha detto de provà Maurizio perché se pensava che c'ero rimasto in contatto, ma al numero che ciò  me risponde la segreteria d'un negozio de sanitari. Sarà mica lui.

STEFANO: Si nun è finito a abità in un cesso...

ANDREA:  Maurizio chi? Picechi?

MASSIMILIANO: Il cognome nun ce lo so: quello che stava in classe co' Budellone... dài, quello che lavorava alla radio...

STEFANO: (Realizzando) Vabbè, ma è 'na pippa allucinante. Se sapevo che eravamo ridotti a cercà gente così ma allora, cazzo, meglio lascià perde'. Dico, nun lo so, spendece in sordi e salute, alzasse alle sette del mattino pe' venì a morì de freddo e fa' 'na figura de merda ... ma chi cià pregato?

MASSIMILIANO: Che serviva un portiere.

STEFANO: Mejio me sento!

ANDREA: Piuttosto... la Ruvida?

STEFANO: Chi? la coattona che giocava da terzino?

ANDREA: Eh! Quella che s’è incazzata a morte ‘n anno fa quando è venuto l’osservatore pe’ Furio e l’avemo tenuta fori.

MASSIMILIANO: Ah, lei me pare che c’è. Che anzi, me diceva Alex, doveva passà a caricasse in macchina un po’ de gente.

STEFANO: Madonna, ancora vive?...

MASSIMILIANO: E chi l’ammazza a quella!

ANDREA: Comunque, non ce posso crede’ che è rimasta ai livelli de come me la ricordo.

MASSIMILIANO: Mò la vedi. Se te sei fermato all’ultima volta, prepàrate... fa ancora più paura. - E tirala bassa!... (La pietra)

STEFANO: Cazzo però, a me sta cosa che se dovemo pure attaccà a fa’ giocà ‘na donna, proprio...

MASSIMILIANO: Ma ‘ndove ‘na donna, oh? Giusto pe ‘na parvenza de sise... Quella cià du’ cosce che c’entramo tutt’e tre.

ANDREA: Sarà anche vero, però dimolo... i suoi golletti l’ha sempre fatti. E anche tra lei e Furio non è che ce fosse tutta sta gran differenza.

STEFANO: L’unica è che esagera a menà.

MASSIMILIANO: E da come me ricordo io, più che agli avversari a chi nun gliela passa.

STEFANO: Comunque, insisto... mò giusto perché uno è nella merda e allora je tocca  cuccasse de tutto, ma un po’ più di dignità non guasterebbe.

MASSIMILIANO: A proposito che m’hai fatto ricordà... Furio, invece?

STEFANO: E chi l'ha più sentito?!

MASSIMILIANO: Beh, speramo che qualcuno ciabbia pensato. Se almeno c'è sta lui qualcosa se pò pure combinà. Non dico de vince', ma 'nsomma...

ANDREA: Mah.

MASSIMILIANO: In che senso?

STEFANO: Eh, lo sapemo noi.

ANDREA: Vedo che se semo capiti .

MASSIMILIANO: Cioè?

ANDREA: Tu quand'è che l'hai visto giocà l'ultima volta?

MASSIMILIANO: Beh, l'ultima ultima  qui 'n'annetto e mezzo fa, quando s'era fatto male.... ma me lo ricordo pure da prima un sacco de volte; quello cià du' piedi, per la matosca... - Ma la vòi passà bene ‘sta palla?!... (Sempre la pietra)

STEFANO: E cho sto a fa’?...

ANDREA: No, era pe' dì che la volta che s'è fatto male è la stessa de quando s'è scoperto Pascucci.

MASSIMILIANO: E allora?

ANDREA: E allora ciavrà sformato un pochetto, tu che dici? Erano venuti pe' pjia lui e se portano via er biondino, c'è de che magnasse le palle!

STEFANO: A come la vedo io sapete che ve dico? Che quello ciavrebbe anche dovuto dà 'na percentuale sul contratto; a esse' onesti.

MASSIMILIANO: Chi?

ANDREA: Il pischello, altro che storie.

MASSIMILIANO: Dici il biondo?

ANDREA: E chi sennò?...

MASSIMILIANO: Sì, te piacerebbe! Sul Corriere sta scritto che già se parla de cifre tipo due tre mjiardi pe' comprasselo. Se consideri l'anni che cià...   

ANDREA: E quel deficiente va a cascà dal motorino. Almeno lui era 'n amico, lo stadio gratis era assicurato.

MASSIMILIANO: Ma insomma cos'è? Dici che s'è  impippito?

ANDREA:  Che nun te fa più specie, uno normale. J'è 'n po' passata la fantasia, ma se po' pure capì, poraccio, quando te capitano certe sfighe...

MASSIMILIANO: Peccato perché  pistava come 'n treno.

STEFANO: Ma che ve risulta sta sempre co' la sorella de Filicudi?

ANDREA: Boh.

MASSIMILIANO:  Se dici Flavia me pare che l'ha piantato. (Rinunciando a giochicchiare) Aò, basta co' ‘sta latta, me sto a sfonnà tutte le scarpe.

STEFANO: Io se ripenso a Furio nel suo periodo d'oro - che più o meno, correggetemi se sbajio, è stata all'epoca tra fine ginnasio e primo liceo -  beh... te potrei dì certi di quei goal!...

ANDREA: A me lo racconti? Io me lo ricordo già dall'elementari che ce stavo in classe insieme. Che era de 'n'artra categoria se n'accorgeva pure 'n cieco.

MASSIMILIANO: (Scartando la lattina che gli vene calciata tra i piedi) E t'ho detto: nun passàmmela! Poi sai mi' madre se je sfascio pure queste (di scarpe)!...

 

(Da sinistra avanza la ruota di una bicicletta . Una ragazza  ne inforca il sellino e, avendo tolto i piedi dai pedali, avanza spingendosi sulle punte. Si chiama Rita, è una giovane graziosa in abiti altrettanto graziosi ma alquanto   modesti. Quasi a far supporre un eccesso di discrezione più che di indigenza.

La bicicletta non entra tutta nel campo della scena e si ferma come a beccheggiare dalla quinta pronta ad eclissarsi.

I ragazzi sembrano riconoscere la nuova arrivata.)

RITA: Ciao...

ANDREA: Ehi, bella... come stai?

RITA: Così.

STEFANO: Uè!

ANDREA: Ma che piacere!

RITA: (Agli altri) Ciao.

MASSIMILIANO: (Che stenta a riconoscerla) Ciao.

ANDREA: Chi t'ha buttato giù dal letto?

RITA: Eh, che ciò la scola. 

ANDREA: De noi, invece, chi pure ce l'aveva s'è preso festa d'autorità.

RITA: Pe' giocà?

STEFANO: Si ce riesce.

MASSIMILIANO: Semo come i radicali d'una vorta: dipenne se arivamo ar 'quorum'. Ancora semo solo noi.

(Rita inaspettatamente ride, ma, quasi vergognadosi, reclina il capo e si copre la bocca con un avambraccio in un gesto di esagerato pudore.)

ANDREA:  Mbè? Che ce trovi che te fa tanto buffo?

RITA: Che ve capita sempre così, allora me fate ride'.

MASSIMILIANO: Te dico... da sbellicasse.

ANDREA: E tu? Che combini de bello?

RITA: Io sto quassù... abito proprio dopo appresso al cavalcavia.

ANDREA: Scusa, nun vedo il nesso.

RITA: No, pe' dì gnente... che de qua devo passà, allora che v'ho visto... gnente, così...

ANDREA: E la storia co' lui che fine ha fatto? Lo vedi sempre, sì?... Guà, che so' un romanticone, nun me dà brutte notizie.

RITA: Dici d'Emilio?

ANDREA: Eh!

RITA: 'Nsomma. Mò che s'è trasferito sù un po' de meno. Perché, sì, lui me l'ha pure detto 'vieni'. Ma come faccio? A mi' padre solo si me provo a djie quarcosa sai come me corca!...

ANDREA: Addirittura?

RITA: Manco poco.

ANDREA: Eppure dovrebbe esse' contento: co' la carriera che sta a fa'!...

RITA: Mi' padre dice che, tempo du' anni, e c'è caso che torna co' le pezze; e che pò durà un campionato, forse due ma che poi se comincerebbe a girà mezza Italia senza avecce mai un tetto vero su la testa. E' così che dice.  E che si mò pur io me ne vado dove sta lui finisco che manco me trovo più i soldi der bjietto pe' tornammene indietro. Capito come fa?... Così che dice. Allora se scrivemo. Poi magari me telefona, che quello c'è caso pure spesso, e a sentì lui noi stamo sempre insieme. A sentì lui. Ma io nun ce credo mica. Tanto che me sa che mò cio 'n artro.

MASSIMILIANO: Come 'te sa'?...

RITA: (Un po' ridendo, come prima) E dài, nun famme parlà. Che è una cosa un po' così.

ANDREA: Beh, comunque se lo senti salutacelo. Dico a Emilio, no a quest'artro... E si nu se ricorda djie: te salutano quelli della partitella sotto il ponte.

RITA: (Mettendo un piede su un pedale e riavviando la bici) Seeee, e che vòi che nun se ricorda? Se ricorda, se ricorda. - Oh, io scappo che me chiudono il portone. Sto facendo tardissimissimo. (E gira stretta per riandarsene da dove è venuta)

MASSIMILIANO: Scusa, me sfugge.. com'è che fai de nome?

RITA: (Già dando loro le spalle) Rita, ciaooo...

(E va.)

MASSIMILIANO: Aò, sarò rincojionito fracico ma mica ho capito chi è.

STEFANO: Pur io te dovessi dì con precisione...

MASSIMILIANO: Cioè, non so se si è visto ma  io avevo completamente inserito il pilota automatico.

ANDREA: Ma siete proprio du' paresi ambulanti! E' Rita, quella che stava co' Pascucci. Stavamo parlà de lui giusto un minuto fa.

MASSIMILIANO: Mai coverta.

ANDREA: Che nun te la ricordi, ma t'assicuro è lei.

STEFANO: (Stentando) Io 'na mezza cosa.

ANDREA: Tanto che lo chiamava Emilio.

MASSIMILIANO: Sai quanti ce ne so'!

ANDREA: Nun t'encaricà... è lui, è lui.

STEFANO: In effetti, a ripensacce...

MASSIMILIANO: (Distratto da qualcosa che ha visto) E quattro, và! C'è Alex.

(Entra Alex. Ben vestito, magro e nervoso. Mocassini quasi lucidi. Sacca nuova a tracolla.)

ALEX: Mbè, tutti qua?

ANDREA: A noi lo dici?! Sei tu che hai organizzato.

ALEX: Lascia perde' i nostri che se trovavano a Belsito  pe' dividese co' le macchine e mò arrivano... ma gli altri?

MASSIMILIANO: (Indicando)  Me pare eccoli... nun è Cardone quello?

STEFANO: Anvedili, oh... se so' presentati  in blocco. 

MASSIMILIANO: Mortàn guerieri... e quanti so'?... Nove, dieci... dodici...

ANDREA: Ne arivano altri tre.

STEFANO: Aoh... so' sedici... qua famo Alamo. Un pugno d'omini contro 'n esercito sconfinato.

MASSIMILIANO: Che poi andò li mettemo nun se sa.

ALEX: (Sbracciandosi) A' Cardone!... Cardoneee... che ce l'avete voi le chiavi degli spogliatoi?...

STEFANO: Che le lumache se so’ barricate dentro.

ALEX: (Continuando a lanciare la voce, che evidentemente non arriva, Alex tenta goffamente di mimare la sua richiesta.) Le chiaviiii!...

MASSIMILIANO: Sta a fa' segno de sì.

ALEX: (Sempre all'altro che non si vede e assai distante) Vabbè, voi intanto annate. Mò che semo tutti arrivamo pure noi.

ANDREA: Il pallone chi ce l'ha?

ALEX: Dice che lo portava l'architetto.

ANDREA: Porco zio, mica sarà il coccio dell'altre volte...

STEFANO: (Altro discorso) L'architetto chi sarebbe? Il fratello della Sissi?

MASSIMILIANO: Gran pezzo la Sissi!

STEFANO: Dice che dovrebbe venì.

MASSIMILIANO: Giura.

ALEX: Tanto sai che te risolve.

MASSIMILIANO: Tu non te curà!

ALEX: Sì, proprio te... hai trovato!...

MASSIMILIANO: Damme tempo.

ALEX: Allora è mejio che te lo dico: quella nun se tocca, chiaro?

MASSIMILIANO: Cioè?

ALEX: Riserva de caccia. E chiuso.

STEFANO: Ma che ce vòi provà?

ALEX: Nun che vojio: che già l'ho fatto. Pratica avviata.  

MASSIMILIANO: Vabbè, tutto è a sapello. Si nun parli...

ALEX: E con ciò... arichiuso.

STEFANO: Ma voi la sorella piccola la conoscete?

ANDREA: E no! Chiamala piccola... quella fra du' anni è bona pure subito.

STEFANO: (Ad Alex) Oh, c'è Cardone che te sta a fa' segno che te vo' dì quarcosa.

(Breve scena muta. Alex fa un ampio gesto con la mano all'indirizzo del suo lontano interlocutore come a dire 'che c'è?'; poi si dispone a interpretare la replica, sempre muta, dell'altro ma senza successo.)

MASSIMILIANO: Dice i soldi se glieli abbiamo dati.

STEFANO: De che?

MASSIMILIANO: Campo... pagare. Vabbè che è ‘n concetto che a te te manna in corto circuito.

(Alex continua a gesticolare come a far intendere:'Non ancora. Aspetta che li raccolgo.')

ALEX: 'Nnamo, cominciamo a raccojie'. So' seimila e cinque per uno.

STEFANO: (Porgendo una banconota) Ciai il resto?

ALEX: (Prendendo) Quando lo recupero te lo do.

STEFANO: Famo vabbè.

(Rumori di una macchina che viene a frenare non distante. Portiere aperte e richiuse.)

MASSIMILIANO: Dai, che qualcuno se comincia a vede'.

ALEX: E quella biondazza chi sarebbe?

ANDREA: E che nun la riconosci? E' Flavia.

ALEX: Ma Flavia Flavia, quella che stava co' Furio?

ANDREA: E chi sennò?...

ALEX: Ma Flavia Filicudi?

ANDREA: E ce rifai! Sineee!....

STEFANO: Però io 'sta cosa che s'erano lasciati mica la sapevo.

MASSIMILIANO: Da mò.

ANDREA: (Ad Alex) Oh, notizie de Furio?

ALEX: Viene viene.

STEFANO: Ma chi cià parlato? Tu?

ALEX: Se te dico che viene!...

ANDREA: E i due fratelli? Se ne sa niente?... Che c’era quello roscio e quello cicciotto...

STEFANO: Che fratelli, oh?...

MASSIMILIANO: Boni quelli! In due nun ne fanno mezzo.

ANDREA: Ma almeno sentirli. Dico, così... pe’ scrupolo. Tanto pe’ fa’ numero.

ALEX: E chi cià avuto il coraggio?... Uno se n'è pure ito.

ANDREA: E 'ndove?

ALEX: (Facendo un segno di croce con le dita come a dire 'morto') All'alberi pizzuti.

ANDREA: Ma và, e chi?

ALEX: Il panzone, quello che giocava stopper.

STEFANO: Mica ho capito chi state a dì.

ANDREA: Ma che ciaveva l'AIDS? 

ALEX: No, me pare tipo in Grecia.

MASSIMILIANO: Già, l’estate scorsa... me pareva d’avè sentito ‘na mezza cosa. Allora è vero. Me’ cojioni!...

ANDREA: Sì, sì, che m'hai fatto ricordà. Pe’ ‘na roba d’intossicazione: che l'hanno ricoverato senza sapè ch’era allergico a quello che j’hanno dato e ti saluto.

MASSIMILIANO: Mortà!... Che poi, se non sbajio, era l'unico che era rimasto un po' in contatto co' Zazzera bionda.  

ALEX: E già che una volta se l'è pure portato appresso al 'Processo del lunedì'.

STEFANO: Ah, Micioci!

ALEX: Che?

STEFANO: Cioè, de nome facevano Macioci, ma io ar più grosso lo chiamavo Micioci pe' via che ciaveva la fissa dei gatti.

MASSIMILIANO: Cià ragione, mò me ricordo... che stava a Medicina. Micio Micioci...

STEFANO. Insomma, quello sarebbe?...

ALEX: Eh, quello.

STEFANO: Poraccio. Ma che c’era annato da solo in Grecia?

ANDREA: Ma là è stato tutto un casino. Doveva partì cor fratello che però, nel frattempo, s’era fidanzato e j’ha dato buca. Insomma, sì,  alla fine c’è annato da solo, e c’è rimasto.

MASSIMILIANO: Oh, nun c’è gnente da fa’... quand’è scritto è scritto!

STEFANO: Mbè, a ogni modo... anche uno però ce faceva sempre comodo.

MASSIMILIANO: Ma che stai a dì? Là valeva la coppia. Co' uno solo che ce fai?

 

(Entrano in scena Flavia, Enrico, Carlo e una ragazza soprannominata ’la Ruvida’. Veste in tuta e già calza un paio di sbrecciatissimi scarpini. Enrico e Flavia si tengono a distanza; scopriremo che stanno insieme.

Carlo, Enrico e La Ruvida si portano appresso rigonfie sacche da gioco. Esclamazioni di saluto.)

CARLO: (Ad Alex, il meglio vestito) All'anima dell'eleganza!

ALEX: Lascia fa', che poi devo annà a pranzo da mi’ nonna. Ciò ‘na vojia!...

ANDREA: (Alla Ruvida) A’ Ruvida, me fa piacere vedette, è un po’ che sei scomparsa.

LA RUVIDA: Inutile che lecchi. Il pallone stavolta nun l’ho rimediato.

ANDREA: Che pallone? Era pe’ esse’ gentile.

LA RUVIDA: E io invece era pe’ specificà.

CARLO: Lasciala fa’ che mozzica.

ENRICO: Nun ve dico come guidava. C’era una volante a sirene spiegate che quando cià visto arrivare s’è tanto spaventata da scostasse pe’ facce  passà.

ALEX: Piuttosto... gli altri?

CARLO: Ce stavano a seguì, ariveranno.

ALEX: E che cazzo, qua tra 'n po' so' le nove, alle undici il campo è occupato e mica ce fanno sta'.

CARLO: E ché te la stai a pjià co' noi?... Dillo a chi nun c'è.

ALEX: Lo dico a chi lo posso dì.

CARLO: E quando l'hai detto sai che hai risolto...

ALEX: Che almeno a qualcuno l'ho detto, ecco che ho risorto.

CARLO: Si te diverte...

MASSIMILIANO: Bboni... state bboni...

STEFANO: (Alla Ruvida) Tu che voi fa’? Giochi da subito?

LA RUVIDA: Direi che ve conviene. Te che pensi?

MASSIMILIANO: Ammazza come state girati tutti quanti. Ma che ve siete mangiati stamattina? Pane e ortiche?

LA RUVIDA: Loro nun lo so, io quello che me mangio da ‘n anno a questa parte.

MASSIMILIANO: Nel senso, scusa?

LA RUVIDA: Che se una cosa me la lego al dito là rimane, chiaro il concetto?

MASSIMILIANO: E che cavolo! Ancora per la storia dell’altra volta?... Co’ tutto il tempo che è passato!...

LA RUVIDA: Sarà passato il tempo ma nun è passata a me. Per cui, se c’è da giocà giocamo, che del resto nun ne vojio sapè.

MASSIMILIANO: ‘Nnamo bene!...

(Flavia continua a tenersi più defilata rispetto al gruppo.)

ENRICO: Scusate un po’, ma me sbajio o dovevano venì pure le ragazze?...

ALEX: Che te pensavi, d'esse' venuto a 'na festa?

ENRICO: Mica pe' me, è che poi Flavietta me rimane sola.

FLAVIA: E piantala!

ENRICO: (Scattando) Ma piantala tu! Sai chi te se fila!

LA RUVIDA: Che palle! E' tutto il pezzo in macchina che stanno a litigà.

MASSIMILIANO:  (Accorgendosi di qualcuno in lontananza) Cercavi le ragazze? Eccole che arivano.

ALEX: Aò, li volemo tirà fori ‘sti soldi o no?... Dai, che s'annamo a cambià.

STEFANO: Guà, che me devi ancora dà il resto.

ALEX: E t'ho detto quando ce l'ho.

STEFANO: E allora famo che  te li do quando ce l'hai.

ALEX:E ce l’avrò quando me li danno gli altri.

ENRICO: Quant'è che bigna caccià?

ALEX: Sei sacchi e mezzo a cranio.

ENRICO: (Mettendo mano al portafoglio) Ammazza, è aumentato. Che ciai da cambià?

ALEX: (Prendendo) Intanto da', i conti li famo dopo..

LA RUVIDA: (Guardando oltre il corner) Certo che ‘sto campo fa sempre più schifo. Proprio a livello de cacche umane in mezzo all’area.

STEFANO: Vorrà dì che la signora Marchesa la mettemo a centrocampo.

LA RUVIDA: Sè, co’ le anatre! Ce sta ‘n pozzo là in mezzo. Si me lo dicevate ve ce portavo io in un posto serio. A proposito, a chi je ‘nteressa io e il mio ragazzo avemo aperto ‘na palestra a Capena. Col trenino ce vò gnente. Mò a dicembre cominciamo co’ le iscrizioni.

STEFANO: Nun me dì che te sei fidanzata!...

LA RUVIDA: Almeno te poi mette er core in pace.

STEFANO: No, dai, e contro chi?

LA RUVIDA: Co’ uno che alleno.

STEFANO: A pallone?

LA RUVIDA: A fa’ pesi.

(Entrano Sissi, Gianna, Mara e Pia. E' uno squillare di 'ciao' e di presentazaioni. Si tratta di ragazze che hanno tutto il sapore dell'età e dello spirito liceale. Infreddolite ma allegre. E’ chiaro che la Ruvida le mette in un certo imbarazzo. Nessuna che osi accostarsi più di tanto. Si deve cogliere, insomma, una forte sensazione di intimorimento.)

ALEX: (A Sissi) E quella gran sola de tu' fratello?

SISSI: Dice che doveva prima passà in Facoltà a vedè quando cià un appello, ma roba de poco.

ALEX: No, dico, ce l'ha chiaro che si nun c'è lui qua nun se comincia?...

SISSI: Appunto m'ha fatto venì via subito pe' avvertivve.

ALEX: Ma se pò vive' così?...  

LA RUVIDA: (A Sissi) Oh, che t'è risulta sai se per caso s'è comprato il pallone novo?

SISSI: Me pare che doveva, ma poi non ce lo so perché s'è dovuto rifà la marmitta e la vedo difficile. 

LA RUVIDA: Ahia!

SISSI: Ma dovessi ditte 'na cosa certa nun ce giurerei.

ANDREA: E tu' sorella?

SISSI: Bene, grazie.

ANDREA: No, dico, che fa?

SISSI: Nun te vede e nun te pensa.

ANDREA: Porella... 'na vita sprecata.

ALEX: (Sempre a lei, ma quasi in modo che gli altri non possano sentire.) Poi allora d'accordo?... Annamo via insieme...

SISSI: Certo che se quello che m'hai detto è l'unica alternativa...

ALEX: A' cosetta... me dispiace ma ma le zie m’hanno proprio messo in mezzo, nun ce posso fa' gnente.

SISSI: Si permetti, 'cosetta' te lo tieni de riserva pe' quarcun'artra!

ALEX: (Distratto da una qualche pensata improvvisa, rivolgendosi con slancio agli altri) Spe', spe', spe'!... 'N' idea ce sarebbe:... alla peggio famo sempre in tempo a comprassene uno de plastica da 420 grammi.  

LA RUVIDA: Sì, e 'ndove?...

ALEX: Se trova, se trova. Cor motorino ce mettemo un attimo. Costa poco e almeno pe' oggi ce risolve.

CARLO: T'o stoppi ar culo il pallone de plastica. Ciò smesso a dodicianni de giocà cor pallone de plastica. E sottolineo: a dodici.

ALEX: Oh, pure a te nun te ne va bene una!

CARLO: Nun me va bene er pallone de plastica.

ALEX: E te ce adatti.

CARLO: Ma già ringrazia che m'adatto a giocà co' voi.

LA RUVIDA: A’ fresco... guà che te stacco 'n braccio e te ce meno!...

CARLO: Tu sta' ganza!

LA RUVIDA: Ma sta’ ganzo te, che io te scollo le palle e te ce faccio du’ orecchini!

CARLO: Giusto perché co’ te nun posso fa’ altrettanto!...

LA RUVIDA: Sè, sè... ce l’hai bona la scusa.

SISSI: Oh, ma siete proprio dei trogloditi. E che maniere!

LA RUVIDA: Ha parlato ‘Piccole donne crescono’!

MASSIMILIANO: Vabbè, comunque 'na decisione va presa.

SISSI: Ripeto, pe' venì viene. Mò divve quando...

ENRICO: Capirai! Poi è chiaro che co' tutta 'sta tensione in accumulo uno va in campo che è già logoro e nun rende.

GIANNA: Uh, a proposito! Dopo poi, quando volete, stavolta me sò ricordata de portà le foto.

MARA: Ficata, quelle de Ovindoli?

GIANNA: Ma no, quelle de qui, de 'n anno fa.

LA RUVIDA: Capirai, sinnò te facevano la muffa.

(Con alcuni secondi di ritardo rispetto al gruppo delle ragazze compare Furio; cammina defilato e sembra distinguersi a colpo d'occhio dal resto della brigata, forse per una sua più adulta e alquanto scostante misantropia.

Tra lui e Flavia scocca uno sguardo assassino. Due 'ciao' smozzicati. Anche Enrico deglutisce amaro; il suo saluto è più squillante, addirittura tanto da apparire stonato. Tutti, comunque, indirizzano verso Furio un cenno intimidito che quasi non ottiene risposta.)

STEFANO: (Quantomai inopportuno) A Fu'... sei ritornato sul luogo del delitto. 

FURIO: Vedi d'annattene, và!

LA RUVIDA: (A Stefano) E te voi sta' zitto?!...

STEFANO: Perché, che ho detto?

LA RUVIDA: Certo, fjio mio, che ciai 'na sensibilità...

FURIO: Ma fajie dì quello che je pare. Tanto per me sai chi se ne frega.

MASSIMILIANO: (Anche per parlare d'altro) Insomma, se pò sapè chi manca?... Ormai dovremmo esse' quasi tutti.

ALEX: Manca er pallone.

LA RUVIDA: Cioè, in pratica su' fratello.

SISSI: Aò, che pretendete? D'altronde mica che poteva saltà l'esame.

LA RUVIDA: Bastava che lo diceva e s'attrezzavamo diversamente.

CARLO: E pe' l'arbitro?

ALEX: C'è Bruce Lee (Pronunciato esattamente come si scrive). Già me so' messo d'accordo. Bisogna solo annallo a chiamà quanno semo pronti.

GIANNA: Bruce Lee?... Ma è un nome vero?

MASSIMILIANO: Sarebbe il custode. Se lo paghi, arbitra.

GIANNA: Possibile che è un nome vero?

MASSIMILIANO: E se lo paghi doppio te fa' pure vince.

GIANNA: Per me nun pò esse' che sia un nome vero.

CARLO: Proposta: pagamo doppio.

GIANNA: Se è vero è proprio incredibile. - Nun è incredibile?

MASSIMILIANO: (Sbottando) Ma de che?!...

ALEX: (Adocchiando qualcuno in lontananza) Eccolo che è arivato, và...

ANDREA: Chi?

STEFANO: Su' cognato (riferendosi ad Alex).

ALEX: Ah, scemo! Cognato de chi?

SISSI: (Ad Alex) Inutile che fai così. Te piacerebbe!

ALEX: Eeeeh! De corsa.

SISSI: Ma quanto sei antipatico.

CARLO: (Cercando con lo sguardo) Ma 'ndove? Mica lo vedo.

ALEX: Là, che è appena entrato negli spogliatoi.

SISSI: Visto!?.... Gnè gnè gnè, sempre a piagne state.

ENRICO: Ce l'ha il pallone?

LA RUVIDA: Ce mancherebbe pure!

ALEX: Dài, annamo a cambiasse. E fori 'sti soldi, porca puttana... fori 'sti soldi!

STEFANO: E tu caccia il resto!

MASSIMILIANO: Prima ce sta er mio.

STEFANO: Sì, t'attacchi!

ANDREA: (Uscendo) Fu', che hai fatto che te vedo così storto?

FURIO: (C.s.) Già 'sto posto, poi m'è pure arivata la cartolina.

(Il gruppo dei maschi, ciacolando, sciama via. Resta solo Carlo che si mette a ronzare attorno a Mara.)

CARLO: Scusa, che me servirebbe de parlatte.

MARA: Che, a me?

CARLO: Se pòi venì ‘n secondo!...

(Le altre ragazze, con qualche cautela,  si siedono in terra e iniziano a chiacchierare pur non perdendo di vista la coppia Mara/Carlo che cerca di appartarsi.)

MARA: Mbè?... Te che ciai? Nun te vai a preparà?

CARLO: No, che te volevo dì... (Non sa che dire, poi risolutivo) Insomma, allora... te sta bene o no?

MARA: Ma bene che?

CARLO: Prima, in macchina... t’o stavo a spiegà. Che ce sta st’sta cosa dei bjietti che m’hanno dato pe’ l’Olimpico, no... cioè che veramente io avevo chiesto de compremmeli pe’ domenica prossima, e allora dato che ce n’avrei due...

MARA: No, guarda, meglio che te lo dico subito: a me lo stadio proprio... con tutte quelle brutte cose che si sentono.

CARLO: Ma nun è lo stadio... che pur io me credevo ch’era lo stadio: è il teatro, mortacci sua!... Che io manco ce lo sapevo che a Roma ce stava ‘n teatro che ciaveva un nome da stadio. ‘Nzomma, ciò preso ‘na sola de gnente!...Guarda, si te dico com’è annata... vabbè, a fattela breve: viè ‘sto tizio che conosceva uno che conoscevo, no, e me fa: “Pjiateli che so’ a metà prezzo!”, e siccome che tanto già avevo programmato che me li dovevo comprà me li so’ comprati, ma mò che ce faccio?

MARA: E vacce, no!

CARLO: Sè, a vedemme ‘n gruppo de mongoli che danza in lingua originale!... Oh, però dice che è bello... ovvio: se uno cià l’interesse, e dato che tu me pari una che, insomma, ce tiene a avè ‘n minimo de prospettive culturali te lo volevo dì.

MARA: (Atteggiandosi) Sei molto carino, solo mi devi scusare ma, sai, io la domenica, come dire?..., sento proprio bisogno di staccare l’interruttore e fare ‘clic’.

CARLO: Embè, t’o stacchi in teatro... sai che ce vò! Anzi, pare che concilia. - Vabbè, mò vado che me stanno a chiamà... tu pensace! Te li metto a ‘n cazzo. Mica che ce vojio speculà.

MARA: (Scattando) Ah, perché? Manco m’enviti!

CARLO: A’ Marella... so’ affogato, so’... già me so’ dovuto caricà ‘na spesa imprevista pe’ compramme i bjietti dell’Olimpico vero. Cerca d’esse’ comprensiva.

STEFANO (FC): ‘Nnamo, a’ piacione!...

CARLO: (Sempre a Mara) Comunque, oh...  nun te vojio fa’ pressioni: fatte i tuoi conti, considera che i mongoli nun è che te capita de vedelli proprio tutti giorni e se poi proprio pensi che non è cosa... beh, pace. Magari almeno vedi de fa’ girà la voce, nun se sa mai!... (E va)

(Mara si reintegra nel gruppo delle ragazze.)

GIANNA: Ma che, te vò rimorchià?

MARA: (Sostenuta) Dice se me va d’annà ai balletti. Bah, non so... meglio soppesare.

PIA: Ecco, direi.

MARA: (Piccata) Beh, perché?

PIA: Ma che ce fai co’ quello? Nu’ j’arrivi manco ar mezzanino.

MARA: ‘Ndo arivo arivo, è sempre sufficiente.

SISSI: Certo che a vedevve insieme sareste proprio da fotografà.

MARA: Oh, e se pure c’è da arampicasse una s’arampica. Ce metto assai, ce metto!

GIANNA: Uh, a proposito de fotografà... (Tirando fuori dalla borsa un mucchietto di foto) è da ieri sera che me le so' preparate in borsa pe' nun scordalle.

SISSI: Vedere, vedere...

(Inizia la circolazione delle foto. C'è chi si riconosce. Strillini. Risatine.)

MARA: Che erano carini, và... co' tutte le divisine nove.

PIA: (A Flavia) A' Fla', guarda qua Furio come ancora te lo tenevi stretto.

FLAVIA: (Icastica) Se cresce.

MARA: 'Mmazza, però... è allucinante se penso a come tutto è destinato a finì. Ma proprio tutto tutto. A me 'sta cosa più ce ragiono e più m'avvilisce in un modo!...

SISSI: Passare, passare (le foto)!... Anvedi Giussani... ma che fine ha fatto?

PIA: Fa il dattilografo ai processi. A Como.

FLAVIA: A Como?...  Mejio carcerati!

PIA: E perciò sta là. Che è finito ar gabbio e l'hanno messo in riabilitazione.

GIANNA: Ma và...

PIA: Nun so chi ha menato.

GIANNA: Ma avete visto Osvaldo solo un anno fa i capelli che ciaveva?

PIA: Quello è stato il viaggio in Africa co' Nadia.

PIA: E questo co’ la papalina azzurra?... Che poi col caldo che faceva!...

MARA: Che è Macioci. Quello sta sempre co’ la lana in testa. Cià la sinusite, cià.

SISSI: Ciaveva. Macioci non è quello che c’è rimasto secco a Patrasso?

FALVIA: Già che ciai ragione. Gira, gira, che me viè tristezza.

SISSI: (Sfogliando) A' Giannè, ma al biondino quante je ne hai fatte?...

GIANNA: Meritava, meritava.

MARA: (Guardandosi) Dimme tu 'sto golfetto che ce tenevo tanto e l'ho perso in treno. La posso tenè?

GIANNA:  Per me.

FLAVIA: Oh Gesù... ve lo ricordate questo chi era?...

SISSI: (Accostandosi per guardare) E che, no?... L’osservatore che era venuto...

PIA: (Intervenendo, a Flavia) Pe’ l’omo tuo.

FLAVIA: Aidaje co’ Furio!... Gira, và, che nun ne vojio sapè.

MARA: (Sempre riferendosi a una foto) Aò, e chi è ‘sto vecchietto?

GIANNA: (Recuperando il blocchetto) Ah, no... questa non c’entra. E’ mi’ nonno. Il giorno della prima comunione.

FLAVIA: Tua.

GIANNA: No, sua. (Le altre reagiscono con evidente stupore) Ma sì, gnente... che lui ha passato tutta la vita a dì: “Nun ce credo, nun ce credo!”, poi il giorno che s’è dovuto operà de prostata cià avuto una conversione senile. (Mettendo via) Vabbè, e qui basta... so' finite.

PIA: E oggi la macchinetta niente?

GIANNA: Che era di mio fratello, se l'è persa a Risico co' tutto il rollino di Ovindoli.

(L'entusiasmo per l'evento appare già scemato.)

PIA: (A Flavia) Fumi?

FLAVIA: No, grazie.

SISSI: Fateme capì, ma voi state sino alla fine?..

MARA: Perché, ciai da fa'?

SISSI: Che sento freddo.

MARA: Che me pare te sei messa un po’ leggerina!... (Tentando di scostarle i lembi del cappotto per controllare.) Ma che ciai sotto? Un tubino?

SISSI: E lèvate! Me fai pijià 'na polmonite.

PIA: Anvedila, oh!... Ma mettete 'n accappatoio!

SISSI: Mbè, ciai quarcosa da ridì?

PIA: Te lo dico pe' consijio.

MARA: (In sovrapposizione) Che a me me stanno così da cani.

GIANNA: (A Sissi) Oh, se pò sapè co' chi è che ciai appuntamento che te sei messa tutta in tiro?

SISSI: Sè, co' Michel Douglas.

GIANNA: Nun me dì che te piace!...

SISSI:  E no, mò vedi pure che fa schifo!...

PIA: Dài, si c'endovino me lo dici?

SISSI: Nun ce sta proprio niente da indovinà.

PIA: Guardame nell'occhi: co' Pràppica, il Prof de Francese che stava alla F. Vero o no?

MARA: Mitico!

SISSI: Sì, bonasera. Ma  co' chi volete che ciò appuntamento? Co’ Alex. Che annamo a pranzo insieme... da su' nonna.

PIA: E te sei messa così?

SISSI: Chi lo sapeva? Lui m'aveva detto de sta' insieme dopo, poi la grande notizia me l'ha data quando m'ha visto già bella e vestita sù allo Zodiaco.

GIANNA: Beh, hai detto niente: presentazione in famiglia.

SISSI: Sai che voglia!

MARA: Mitico! Mitico!

FLAVIA: E' la prima volta che uscite insieme?

SISSI: Praticamente.

PIA: Ma fosse 'n po' imbranato?

SISSI: Manco poco.

PIA: Sai che pòi fa? Prova a sentì qualcosa da Marisella Bocci, quella che cià la casa dove organizza le feste a Bracciano... so che lei c'è stata insieme pe' 'na cifra de tempo. Tanto pe' fatte 'n'idea tipo istruzioni pe' l'uso. Se vòi te do il numero.

SISSI: Calma e gesso, è ancora tutta da verificà. Eppoi, comunque, te pare che se pò telefonà pe' 'na cosa del .genere?!...

PIA: Perché? E' una simpatica.

GIANNA: Confesso che a me me scoccerebbe.

PIA: Che ragionamenti! Tu sei un caso 'off limits'. Te ne stai a bagnomaria nei tabù ventiquattr'ore su ventiquattro.

GIANNA: Sai come te farebbe bene d'entrà un pochetto in piscina pure a te!

PIA: Ciaffogherei subito, guà. Proprio dritta come un sasso... blùblùblùblùblù...

SISSI: Certo è che ciò una de quelle rabbie...

FLAVIA: Te dico, dovessi aprì i rubinetti io!..

GIANNA: Aò, l'avete sentita? Questa s'è messa a parlà come Enrico.  Non è lui che dice sempre così, 'sta cosa dei rubinetti?

PIA: Vorrà dì che è amore vero...

FLAVIA: Chi ce capisce è brava.

PIA: Comunque, e dài e dài, alla fine co' lui te ce sei messa

FLAVIA: Per adesso, ma nun so' se regge.

GIANNA: Intanto è da 'n vita che s'era capito che così doveva finì.

PIA: E brava occhio de lince!

GIANNA: E per piacere, adesso piantala!

(Pia, odiosetta, si porta la punta di due dita sulle labbra strette a cuore, come a dire:'non parlo più.')

MARA: (A Flavia) Dài, mò però ce lo devi dì com'è che annata co' Furio. Oramai ne è passato di tempo.

FLAVIA: Annata che?

MARA: Cioè, sei tu che hai lasciato lui o viceversa?

FLAVIA: Palleee...

MARA: Lui dice che è stato lui. Allora je dovemo crede'.

FLAVIA: Per me pò dire quello che je pare tanto la verità la sa.

GIANNA: Ma insomma ce lo voi spiega' che mistero c'è?

PIA: E' vero che t'aveva messo incinta?

FLAVIA: Ma sei scema?!

PIA: Che a me me l'hanno detto.

FLAVIA: Chi è stata la stronza?

PIA: Se dice il peccato, non  il peccatore.

GIANNA: Sentite chi parla... Mary Jo Pace, la pettegola di Holliwood!

PIA: Ah, ah, le risate!...

MARA: E sù, Flavietta, solo questo: sei stata tu o è stato lui?

FLAVIA: (A Pia) Damme 'na sigretta, va'.

MARA: Zitte che mò parla.

(Un tempo. Pia offre una sigaretta a Flavia che l'accende e tira le prime boccate in silenzio.)

MARA: Ragazze, il momento è solenne: se sta a squarcià un velo storico . Si accettano scommesse.

(Ancora una breve pausa.)

FLAVIA: Ma io, per forza. D'altronde, che altro potevo fa'? A me quello che me scoccia è che poi mi si viene a dire che so' stata una, che ne so, una, capito, che pensa solo ai comodi suoi e che non glien'è fregato gnente di lasciallo sì, insomma, diciamo nei casini.

PIA: Vabbè, mò questi so' pensieri tuoi.

FLAVIA: Sì, magari. Altro che miei!... Che anzi è cominciato tutto qua. Con la storia de quando semo cascati dal motorini il giorno che era venuto diosacchì pe' vedello gioca'. Quasi m'ha fatto una colpa d'essese fatto male lui e non io. Giuro: mano sul fuoco. Che poi la sfiga delle sfighe, a sentì lui, è  che quello magari sarebbe anche ritornato, ma che avendo già trovato chi je serviva nun s'è fatto più vedè. Mò sarà anche vero che 'sta cosa je poteva pure cambià la vita, ma mi domando e dico, si è annata come è annata che colpa ce ne ho io? Da vedere per credere: e sempre tutto nero, e sempre dalla più piccola scemenza 'na litigata, e sempre col muso sino a terra... 'na tortura continua. E come aprivo bocca sembrava lo facessi solo pe’ dì cretinate!... Me piaceva ‘na cosa e se faceva l’esatto contrario!...

GIANNA: Capirai, proprio co’ te!

FLAVIA:  Aò, io a esse’ trattata così nun ce so’ mica tanto abituata. E no, a ‘sto punto me sò detta: mejio un tajio netto e chi s'è visto s'è visto. Almeno, dico, c'è pure caso che se dà 'na smossa, che tanto così come stavamo non serviva né a me né a lui.

GIANNA: D'accordo al cento per cento.

FLAVIA: Ecco la verità. Punto. Poi chi ce vò crede' ce crede.

SISSI: Hai fatto benissimo, nu' je da' retta.

FLAVIA: A chi?

SISSI: A chi nun ce crede.

FLAVIA: E chi sarebbe?

SISSI: E che ne so: l'hai detto tu, ce saranno.

PIA: Oh, ferme 'n attimo, prima che me scordo!...

SISSI: Mbè?...

PIA: Lo domanno a tutte: voi per caso  sapete de Sociologia se è tosta o no?...

FLAVIA: A noi lo chiedi?!...

PIA: Che nu' me so decide tra questo e Scienze Politiche, dove pure me sa che nun c'è bisogno d'ammazzasse più de tanto.

GIANNA: Ahia... me pareva che eravamo in ritardo!... Tutti l'anni ricominci co' 'st'indagine. Ma vedi intanto de passà la Maturità che sinnò davero davero vor dì che te porti sfiga da sola.

PIA: Capirai, mò perché m'hanno bocciato du' vorte...

SISSI: Mica una.

MARA: Oh, 'nvedi chi c'è!...

(Si avvicinano Nadia e Rashid, un giovane di colore. Saluti particolarmente festosi. Un brivido di inarginabile curiosità serpeggia tra le ragazze a cui Nadia presenta il suo compagno.)

NADIA: Ragazze, ve l'avevo promesso. Dritto dritto dal Marocco... Rashid. Vi avverto, non parlerà un granchè. Ancora non spiccica una parola d'italiano ed è timidissimo.

MARA: Where are you from, Rashid?

NADIA: Neanche d'inglese.

PIA : Tua città... quale tua città?

RASHID: Rabat.

PIA: Vedi che capisce.

NADIA: Che oramai lo sa che la prima domanda è sempre quella.

GIANNA: E t'è venuto a trovà pe' questo periodo?

NADIA: Sì, ora sta qui lui una settimana e poi, in primavera, vado giù io.

MARA: (A Rashid) E tu cosa fai? Studi?

RASHID: Tappeti. Cucio.

MARA: Ma allora capisce!...

NADIA: E ce rifai!  Le prime domande l'ha sgamato che so' sempre le stesse.

MARA: Beh, intelligente.

SISSI: Insomma, sarebbe tappezziere...

NADIA: Tappetaio, 'please'. Un lavoro sacro. E ci fa un sacco di soldi.        E sottolineo un sacco.

PIA: (A specificare) De monete loro.

NADIA: Oh, sempre amara tu! Quelle che so'.

PIA: Pe' capì. Fossero marchi...

NADIA: Intanto, cor cambio, stanno mejio loro che noi.

(Rashid fa spallucce come a chiedere scusa per la sua difficoltà nel comunicare.)

FLAVIA: Beh, dalle foto nun se capiva. E' carino.

NADIA: Nun pe' fa' la porca, ma i diminutivi non gli si addicono proprio.

GIANNA:  Cioè nel senso: nun pe' fa' ma l'hai fatto?...

NADIA: Puntini sulle i.

PIA: (A Nadia) E Osvaldo?

NADIA: Chi l'ha più visto!

SISSI: Io l'ho visto.

NADIA: E quando?

SISSI: Al compleanno di Luisa. Manco lo sapevo che non stavate più insieme. Gli ho chiesto di salutatte e m'ha risposto co' 'na faccia...

NADIA: Che faccia?

SISSI: Insomma, ho sgamato subito d'avè fatto 'na grezza. Ma io d'altronde che ne sapevo?...

NADIA: Per me può fare tutte le facce che vuole, tanto s'era capito che non funzionava. Prova ne sia che è bastata la prima vacanza insieme pe' mannà tutto all'aria. Più de così!...

FLAVIA: Guarda, se c'è una che ti può capire eccola qua. Hai fatto benissimo, hai fatto.  

RASHID: No good, Osvaldo... no good.

MARA: Che l'ha conosciuto?

NADIA: Altroché, l'ha pure menato.

GIANNA: Ma và!?...

NADIA: Veramente voleva esse' Osvaldo a mena' lui ma è annata  a rovescia.

(Entra di corsa Enrico pronto per giocare; il suo abbigliamento è un assemblaggio dei colori più folli e disparati. Va da Flavia.)

ENRICO: Che me tieni 'sti tre orologi?... Uno è mio, gli altri due de Carlo e Massimilano.

FLAVIA: (Prendendo) Ti sei reso conto o no di quanto sei stato odioso stamattina?

ENRICO:  Perché nun te sei vista tu.

PIA:  Ancora?... E' dalle otto che ci ammorbate, e famola finita! Ve lo dico io perché v'appiccicate così: che nun v'annava de favve rivedè insieme da Furio. Vero o no? 

FLAVIA: Ma pensa pe' tte!

PIA: (Con la supponenza di chi la sa lunga) Sì, sì...

ENRICO: (A Pia) Come che sia saranno affari nostri.

PIA: Teneteveli stretti.

FLAVIA: Appunto.

MARA: E sù!

ENRICO: (A Flavia, sempre più imbronciata) Oh!

FLAVIA: Mbè?

ENRICO: Pace?... (Silenzio) Pacetta?...

FLAVIA: (Cedendo) Pacetta.

(I due si sfiorano le labbra con un bacio.)

PIA: Comunque ciò ragione io.

FLAVIA: Tu pensa a fatte 'n omo!

PIA: Sta' tranquilla che nun ce so' problemi.

GIANNA: Sè, giusto de pongo te lo poi fa'.

PIA: Mò te ce manno!...

ENRICO: (A Flavia) Allora pacetta?

FLAVIA: E t'ho detto sììì.

ENRICO: (Azzardando) Pace pace?...

FLAVIA: Pe' mò famo pacetta.

 

(Entra anche Alex. La sua divisa da gioco è impeccabile: calzoncini bianchi e maglietta celeste. Va a consegnare il suo orologio a Sissi.)

ALEX: Qui c'è l'orologio e la catenina... mi raccomando... (Squadrando disgustato Enrico)  Ma porca puttana, e sì che l'avevo detto: maglietta  azzurra! Maglietta  azzurra!

ENRICO: E nun ce l'ho la majietta azzurra. Te pare che me la ricompravo apposta!...

ALEX: Ma come nun ce l'hai? Se le ho fatte fare per tutti un anno fa? Me ce so' pure dannato pe' trovà dove.

FLAVIA: Te poi figurà, quella mò la uso io pe' dormì.

ALEX: La divisa?

ENRICO: E me l'ha chiesta!

ALEX: Ma, cazzo, un simbolo e je la va a da' pe' pigiama!

SISSI: (A Alex) Tu un pensiero così, manco se crepo.

ALEX: Certo che co' voi tentare d'elevasse un minimo è proprio 'n'impresa improba.

(E corre via.)

ENRICO: (A Flavia) Poi dì che non faccio mai gnente pe' te!...

FLAVIA: Ma ringrazia, almeno j'ho dato un senso.

ENRICO: E che sei!... Oggi co' te, soddisfazioni: zero. (A Nadia) Ciao, Na'!

NADIA: Ah, te sei accorto... ciao. Lui è Rashid, l'omo mio.

ENRICO: Già che hai detto che arivava. (Tendendo la mano)  Come va, Rashid?

RASHID: Rabat.

ENRICO: Prego?

RASHID: Tappeti. Cucio.

ENRICO: Ma che sta a dì?

PIA: E' che nu' jie fai le domande giuste.

NADIA: Ragazzi, non cominciamo a comportarci da razzisti.

PIA: Ma dove?

RASHID: Scusa... no capisco.

ENRICO: (A Nadia) Oh, domandajie 'n po' se je va de giocà che semo due de meno...

(Nadia, stentamanete e con qualche rudimento di lingua araba, fa capire al compagno la proposta di Enrico. Rashid annuisce entusiasticamente profondendosi in gesti di ringraziamento all'indirizzo del ragazzo.)

NADIA: Ha detto di sì.

ENRICO: S'è capito; l'unica è che non cià niente da mettese.

(Ma Rashid si è già tolto le scarpe e fa capire che giocherà con i soli calzini.)

RASHID: Como Pelè... Without schoes... Brazil... you know Brazil?... Pelè?...

ENRICO:  No, dài, così non esiste.

NADIA: Se je va. Almeno socializza un pochetto.

(Enrico ci pensa un attimo, poi)

ENRICO: (Forte, agli altri fuori) A rigà, abbiamo rimediato lo straniero. Co' noi gioca pure Nescaffè. (A Rashid) Annamo va' che se comincia. Ma tu stai dietro, hai capito?... Dietro, difesa. No, Pelè: Aldair, occhèi?

RASHID: Bueno, occhèi.

ENRICO: (A Flavia) Oh, parentesi: a Furio j'è arivata la chiamata.

FLAVIA: Ebbè?

ENRICO: Segno che è scoppiato il virus: mò ce tocca a tutti.         

RASHID: Excuse me, amigo... i'm ready... Camàn?

ENRICO: Ma sì, nun ce pensamo... Camàn! Camàn!

(I due escono a passo di corsa.)

NADIA: Purché nun me l'acciaccano.

FLAVIA: Oh, pretenderà mica che lo vada a trovà in caserma?...

GIANNA: Spòstate che non vedo.

NADIA: (A Sissi) Insomma, che dicevi de Osvaldo?

SISSI: Ma tu non l'hai più sentito?...

NADIA: Lascia fare, dimmi di quando l'hai visto tu.

SISSI: Ah-ah... sicché ancora t'enteressa.

NADIA: Figurati, sai quanto!...

SISSI: Comunque niente.... quasi manco ha aperto bocca. Ha fatto 'na smorfia e se n'è annato. Io puoi capire come ce so' rimasta.

FLAVIA: Beh, che c'è stato un sacco male questo l'ho sentito anch'io.

NADIA: Perché è lui che è scemo. Per me lo rivedrei pure volentieri. In fondo di esperienze belle insieme ne abbiamo fatte.

MARA: E non ciai paura magari che se dovesse succedere ti possa riprendere, che so, 'na botta  hai capito come?... tipo insomma come la voglia de ricomincia'?...

NADIA: Per come sto adesso, guarda, giuro che sarebbe l'ultima cosa al mondo. Ma, se mi parli d'amicizia, per me stai tranquilla che non ciavrei il superminimo problema.

GIANNA: Dài, non mi dire che tu credi davvero di poter diventare amica, ma amica amica, di un ragazzo con cui ci sei stata insieme; per me è impossibile.

FLAVIA: Madonna, ancora co' 'sti discorsi!...

NADIA: (Legandosi alla battuta di Gianna) E che problema ci sarebbe? Che la colpa è sua: hai visto come fa. Figurati se mò che finalmente ho trovato un po' di equilibrio me va de mette' in discussione una storia vera come quella che ciò adesso. Ma fossi scema, non ci penso nemmeno.

GIANNA: Insomma, te sposi o no?

NADIA: (Vezzosissima) Top secret.

PIA: Famme capì, ma a 'sto punto che conti de fa'? D' annattene a vive' in Africa?...

NADIA: Beh, tanto per cominciare dove sta lui è bellissimo.

MARA: C'è il mare?

NADIA: Ammazza!

MARA: Beata!... Già me lo vedo... 'Laguna blù'!

(Si cominciano, nel frattempo, a percepire gli schiamazzi della partita ormai in corso.)

PIA: Certo che i miei, si ce provassi io a fa' quello che hai fatto tu, m'ammazzerebbero.

NADIA: Beh, su questo stendiamo un velo pietoso.

MARA: Perché? Ti rompono sempre le scatole?

NADIA: Da quando m'hanno cacciato de casa de meno. Comunque, finché c'è mi' zia che me tiene a dormì...

MARA: Ma cacciata come? Proprio de brutto o che è meglio che per un po' nun te fai vedè?

NADIA: Cacciata nel senso che co' lui nun ce posso entrà. Ma quasi quasi preferisco, così se ne stamo insieme quanto ce pare. Che soprattutto nella prima fase è importante. Pe’ cementà il rapporto.

PIA: (Quasi tra sé) Ahia, questa già l’avemo sentita.

GIANNA: Che poi manco l'hanno conosciuto o sbaglio?

NADIA: Lascia fa'! 'Sto scemo s'è presentato apposta pe' fa' la conoscenza. Te pòi figurà mi' madre: apre la porta e se lo trova davanti che invece dei fiori cià 'n tappeto in spalla e je fa':"Io sposo figlia"!... 'No sturbo.

MARA: Io, anzi, come extracomunitario me lo credevo più nero.

PIA: N'artro po'... quello si lo butti sulla pece fa scopa.

FLAVIA: Con me il peggio sarebbe mi' fatello.

GIANNA: Capirai, lì siamo proprio a livelli Goebbels.

MARA: (Con afflitto buon senso) Però, davvero... co' tutta 'sta recrudescenza de razzismo che ce sta in giro...

NADIA: Perché la gente è stupida, sinnò nun se spiega. Loro ad esempio cianno una cultura stupenda, ma hai voglia a cerca' de fallo capì, che bisogna proprio annacce pe' rendese conto.

PIA: Beh, pe' annacce Osvaldo c'è annato ma nun me pare che se sia reso conto più de tanto.

NADIA: Chiusure mentali.

PIA: Chiamala un po' come te pare. Manco è arivato che ha trovato subito chi j'ha solato la donna... un pochetto bisogna pure esse' comprensivi.

NADIA: Vabbè, se uno ci mette di mezzo i fatti personali. Ma io dico a prescindere.

(D'improvviso arriva una pallonata che colpisce una delle ragazze. Inesprimibile e concitato trambusto. Imprecazioni e lamenti. Sopraggiunge di corsa La Ruvida per recuperare il pallone.)

LA RUVIDA: Pardon!..

SISSI: Oh, ma che siete scemi?...

LA RUVIDA: E annamo, sù, che qua stamo a giocà mica se stamo a divertì. (E senza più badare a loro si appresta a battere il calcio d’angolo mentre alle sue spalle continua a levarsi un coro di proteste. Altre proteste giungono dal campo, evidentemente dagli avversari) Che fallo, oh?... Sè, hai trovato! A’ Bruce Lee, questo è angolo! (Dopo una replica incomprensibile) Ma nun ce pensà nemmeno, t’ho detto che è angolo, per cui statte zitto e pensa a arbitrà! (Poi gridando all'indirizzo dei suoi compagni) Dentro! Dentro! A chi cazzo la do? Volete andare dentro?!...

(Parte, calcia e scatta in campo scomparendo.)

GIANNA: Ma lo sapete che questa pare pure che se sposa?

PIA: E si vede che ha messo incinto qualcuno. Ce ne fossero ancora de omini così!

MARA: Però antipatica non è. ‘Na volta è venuta a casa nostra pe’ ‘na storia de tubature, quando ancora andava in giro a fà l’idraulica. Insomma,  ciò parlato un pochetto. Dice che suo padre ciaveva un negozio d’animali.

PIA: Mò se spiega. L’avrà allattata un dobermann.

(Nuova pallonata. Stavolta a recuperare il pallone esce Carlo.)

CARLO: (Alle ragazze, eccitatissimo) Daje che stavolta ve damo soddisfazione, li stamo a comprime da matti. Voi pensate a tifà.

SISSI: Ma da ‘sta parte non c’è la porta nostra?

CARLO: E difatti! Arancano, arancano e nun combinano ‘n accidente. Al primo contropiede se li bevemo.

(Batte il fallo e scompare.)

PIA: Io manco m'azzardo a guardà. Pippe erano e pippe so' rimasti.

GIANNA: Ma voi ve lo ricordate il ragazzetto dell'anno scorso? Mò dice che l'hanno preso pure per l'Under 21.

SISSI: Capirai, e ci fa pure la vaga... dopo tutte le foto che j’ha scattato!... Capito de chi sta a dì? De Pascucci.

MARA: Mito assoluto! Mito assoluto!

GIANNA: Beh, io quasi non ne sapevo niente. A me del calcio per quello che me ne importa...  -  certo è una storia che fa impressione.  Sembrava un pischelletto da gnente e guarda tu invece  che botto è stato capace de fa'!

SISSI: Oh, io quando l'ho visto l'ho detto subito che quello ciaveva tutto de lo strafico. Vero o no?... Ammettete. 

PIA: Beh, nun esageramo, giusto perché biondo....

SISSI: Sì, ciao core... te piacerebbe!...

FLAVIA: Forse un po' secchetto.

MARA: Ma poi manco tanto.

SISSI: Lasciati servire, io  me lo farei al volo; ma senza manco pensarci due secondi due!...

PIA: Pe' nun dì, co' l'eta che cià, li mjioni che se sarà già fatto!  

MARA: Vabbè, mò questo che c'entra?

PIA: Non dico che c'entra ma buttali via...

NADIA: Ragazze, dài, ma siamo a dei livelli...

PIA: Già, perché lei cià l'amore...

NADIA: Beh, e con questo?

PIA: Dico sul serio, mica pe' sfotte'.

(Inattesa, entra Melania. Nessuna delle altre la conosce, perciò tutte la osservano stupefatte scambiandosi, l'un l'altra, occhiate in cui si esprime chiaramente l'enigma che ha preso a struggere ciascuna di loro. Forse, più percepibile, vola un: 'E 'sta squinzia?...'. Melania - un tipino minuto, quasi smunto e tanto dissimile dal nome che si porta e che sembra incombere esagerato su di lei - dà la sensazione di non far caso alla muta e corale controscena che accompagna il suo ingresso. Si siede un po' discosta. Tira fuori da una borsa a tracolla un rotocalco. Lo sfoglia. Infine alza lo sguardo e, con un cenno della mano, lancia un tenero saluto a qualcuno in mezzo al campo. Gesto, questo, che attizza, insopprimibile, la curiosità del gruppo. Rapide espressioni per comunicarsi vicendevolmente domande del tipo:'Chi ha salutato?''Tu l'hai visto? ''Io no, e tu?'. La ragazza si è ora messa a seguire le azioni di gioco. Volge minimamente il viso verso le altre; un abbozzo di saluto. Torna a guardare. Infine...)

MARA: (Osando) Tu per chi tieni? Pe' la squadra de Cardone?

MELANIA: (Con accenti di ritrosia e modestia che potrebbero anche risultare falsi) Mi dispiace, non lo so chi è Cardone. Magari sì.

MARA: So' quelli che attaccano da lì verso qua.

(Melania, per non dare una risposta sbagliata, segue un'azione di gioco, poi...)

MELANIA: Ah, no no, per gli altri.

(E si volta di nuovo. Silenzio. Smania crescente.)

PIA: Scusa, e come mai?... Cioè, sei amica de qualcuno o cosa?

SISSI: No, perché quelli de Cardone nun li conoscemo manco noi. So' l'altri che so' amici nostri. Quelli vestiti scaci.

GIANNA: Dimo purtroppo, visto che qualche volta ce piacerebbe pure de venì a vedelli vince'.

PIA: E 'nsomma, dato che me pare che nun t'avemo mai visto...

MELANIA: Beh, io è la prima volta che vengo.

PIA: Ah, lo vedi!...

MELANIA: (Vieppiù timidissima) Sì, ecco... che sarebbe appunto che conosco qualcuno.

NADIA: Ma qualcuno come uno o di più di uno?...  Oh, si nun te scoccia...

MELANIA: No, uno uno. Poi che c'entra? Lo stesso mi piace fare il tifo anche per tutti. Vabbè, così... niente di che, nel senso che se vincono è meglio. Ovvio, senza farci una malattia. La prima cosa è che giochi bene lui; e che magari che segni... - che se poi ha segnato e in più si vince, beh sarebbe proprio il top dei top. Mica tanto per me, figurati!... Ma che almeno è contento -  sennò, per quanto sia che sta sempre a dì:'Ma sai chi se ne importa!', quello, minimo, è capace di starci male una settimana.

FLAVIA: Perdona l'insistenza, ma chi sarebbe quello che conosci tu?

MELANIA: Beh, io sarei - forse ve ne ha parlato, ma che so che lui frequenta poco e non è che chiacchieri tanto - comunque sarei Melania, la ragazza di Furio.

FLAVIA: (A un soffio dall'ictus) Ah... piacere.

(Una a una, tutte le ragazze, pur nel pieno dello stupore, biascicano il loro nome alzando una mano a mò di presentazione. Da ultima...)

FLAVIA: ... E Flavia.

(Melania si alza, va  a stringere la mano solo a lei. Risponde al saluto delle altre con un 'ciao ciao' della destra e torna a sedere. Riprende a sfogliare il suo giornale.

Nella pausa che segue due ragazzi, in arlecchinesche tenute da gioco, si spingono, pallone tra i piedi, sin sulla linea del fallo. Stanno ingaggiando un duello estenuante e greve a colpi di gomitate e spintoni. Ansimano, imprecano. Improvvisazioni inevitabili. Nessuna delle ragazze fa caso a loro.

Melania continua a sfogliare; le altre la osservano. I ragazzi, imprecando, scompaiono così goffamente come sono comparsi, a gambe larghe, uno addosso alla schiena dell'altro e senza né un vincitore né un vinto. Quasi spingendosi.)

MELANIA: (Umettando un dito per sfogliare le pagine e senza sollevare lo sguardo) Non ce lo sapevate, eh?...

FLAVIA: Suppongo che ce l'hai co' la sottoscritta.. Beh, si vòi provocà caschi male. Per me è roba morta e sepolta.

MELANIA: Io ho detto che nun ce lo sapevate: te come le altre. Che ormai lo conosco com'è che fatto. E' timido, mica parla. Ma va preso per il verso suo. O ti va o non ti va. C'è a chi va.

FLAVIA: E 'sto timidone de me t'ha raccontato gnente?

SISSI: Dài, Flaviè, nun t'appiccicà...

FLAVIA: Pe' sapè!

MELANIA: M'ha raccontato quello che già aveva scritto sul giornale.

FLAVIA: Che giornale?

MELANIA: (Mostrando il rotocalco che ha tra le mani: un numero di 'Oggi') Come che giornale? Questo. Cioè, un altro numero, ma questo.

SISSI: Sentire, sentire...

MELANIA: Io è così che l'ho conosciuto: che l'ho chiesto alla redazione e m'hanno dato il suo telefono.

FLAVIA: Ma de che?...

MELANIA: (Con uso crescente del dialetto, come allentando il controllo) Come de che?... Qui, nella posta della Susanna Agnelli... che faceva tutta la storia della sua disperazione suprema, e che se voleva ammazzà de qua e se voleva ammazzà de là... e dell'ossessione che ciaveva al pensiero di quel sasso che se lo sognava pure la notte de come l'aveva fatto volà de fori;  e poi de seguito il macello del ginocchio e che non ha potuto giocà il giorno in cui, dice, era arrivata l'occasione della vita sua. E poi anche de come è annata co' quell'altra che ciaveva appresso, che prima l'ha fatto sbandà combinandojie 'sto bel guaio e poi, cicia cicia,  l'ha mollato. Mò nun ce lo so si è lei che dici tu. Nomi precisi nun me li ricordo. Come hai detto che ti chiami?

FLAVIA: (Con rabbia trattenuta)  Me chiamo quella che, cicia cicia, l'ha fatto sbandà.

MELANIA: E allora sì che sei tu. Difatti lo dice che poi non ce ne ha avute altre dopo. Cioè, prima de me. E Susanna, che ciavete fatto caso? in genere è sempre un po' stitica a risponne', prima j'ha fatto tutta 'na tiritera su come reagì e poi, dato che lui jel'aveva chiesto, ha pure messo che si c'era qualcuna che lo voleva tipo confortà se facesse avanti. E dato che a me, non so,  ma c'era quacosa che me tirava, beh ho sentito, insomma, come 'na tenerezza vera e che sul serio lo potevo aiutà. A farla breve, ho scritto, l'ho incontrato, je so'piaciuta ed eccoci qua. Cioè, anche lui è piaciuto a me. Ed eccoci qua. (E riprende a sfogliare il giornale.)

PIA: (Quasi ammirata) Cioè, come tecnica pe' rimedià pò esse' pure 'n'idea.

FLAVIA: Come dì che l'hai pjiato co' l'acqua alla gola!

MELANIA: (Sfogliando) C'è chi lascia e c'è chi pjia.

FLAVIA: E me pareva che Melania era un nome da mignotta... nun ciavrai il fisico ma tutto il resto sì!

(Epiteti irripetibili escono dalle labbra della gracile Melania mentre si avventa su Flavia. L'urlo di guerra è ovviamente:'A' stronza! tu mignotta a me nun me lo dici! Tu mignotta a me nun me lo dici!...'. Replica inevitabile, già nel pieno della zuffa:'E invece sì che te lo dico! E invece sì che te lo dico!'

Le altre si buttano addosso alle due nel tentativo di separarle. Gran parapiglia sul quale tuonerà, dal centro del campo, un violento e improvviso:'E PORCA PUTTANA, NUN E' POSSIBILE!'

Le ragazze si bloccano. Non capiscono cosa sia accaduto. Qualcuna si ricompone.)

GIANNA: Ma che è stato? Che è successo?

SISSI: Hanno segnato.

GIANNA: Noi?

SISSI: Ma 'ndove?! Loro.

(Massimiliano  compare ansimante ai bordi del campo. Riprende fiato con le mani sulle cosce.)

MASSIMILIANO: (A Nadia) Oh, certo che l'amico tuo è una bella sega. Uno je dice: passa al portiere, e quello te spara 'na caracca allucinante sotto la traversa. Un autogoal così ce sarebbe da rivedello alla moviola.

NADIA: Poraccio, cià pure il problema della lingua.

MASSIMILIANO: Quello cià il problema dei piedi, altro che della lingua.

NADIA: Senza dì che gioca pure scalzo. (Correndo fuori con le scarpe di Rashid in mano) Rashid! Rashid! Arimettete queste, che è meglio!

(Rombi di motore giungono dall'alto. Il traffico sul cavalcavia comincia a farsi quello delle ore di punta.)


 

Due.

(Stesso luogo, ma in una diversa giornata. Ora abbiamo la luce piena di un caldo pomeriggio primaverile. Rumore di un traffico intenso che scorre sul cavalcavia.

Nadia, Sissi, Gianna, Pia e Mara stanno  a bordo campo. Conversano, ascoltano musica, si passano riviste, sgranocchiano schifezzuole. Appaiono vestite in modo diverso rispetto a prima, con abiti molto più leggeri. Sembrano sorridere dei loro compagni che ora, vanitosamente, sfoggiano tutti magliette azzurre nuove di zecca.

Gianna ha la macchina fotografica.

Tra i maschi riconosciamo Massimiliano, Carlo, Stefano, Andrea ed Alex. Più uno nuovo: Giussani. Si stanno scaldando palleggiando con la solita sfera di cuoio crostoso e sformato.

Molte battute di questo inizio dialogo sono in sovrapposizione.)

NADIA: (Tirandosi via con fastidio l'auricolare) Zucchero... bleah!...

GIANNA: Perché 'bleah'?

NADIA: Troppo sofistico.

GIANNA: Ma pe' esse' fico è fico.

NADIA: Mò fico Zucchero! Ma manco se!...

SISSI: (Ai ragazzi) Che siete carini! Quasi quasi parete 'na squadra vera, parete.

ALEX: Almeno pe' dasse 'n decoro.

GIANNA: Fermi, fe'!... (Scatta)

GIUSSANI: (Calciando) Sarà 'n'impressione mia ma già così a uno je pare d'esse' più competitivo.

MASSIMILIANO: Comunque che te carica è poco ma sicuro. Al minimo te senti che fai parte d'un tutt'uno.

PIA: Nun t'o perde'.

(E giocano.)

GIANNA: (A Sissi) Ma tu' fratello com'è che scomparso?

MASSIMILIANO: Che se vergogna der pallone che cià mannato.

SISSI: (A Massimilano) Invece de dì grazie che cià avuto il pensiero de favvelo avè... poi, si ciavete tanto da diprezzà, perché nun ve lo comprate?

GIUSSANI: 'N effetti è un po' 'na grezza. Armeno oggi potevamo fa' lo sforzo de pjiasselo novo: co'  quello che è venuto apposta pe' vedecce giocà.

CARLO: Capirai, cerca proprio a te. 

GIUSSANI:E che ne sai! Fa' che imbrocco la giornata giusta... (E calcia.)

GIANNA: (A Sissi) No, davvero, com'è che nun se vede più? Cioè, tu' fratello.

SISSI: Che s'è messo a studià duro. Mò cià il primo esame.

PIA: Che sta, a architettura, vè?

SISSI: Ah-ah!

NADIA: Ma è vero che s'è dimagrito 'na cifra?

SISSI: T'a' da vède... s'è fatto d'un bono!...

(I ragazzi continuano i loro palleggi.)

STEFANO: (Ad Alex) Comunque, insisto... a parere mio 'ste maglie te l'ha messe 'na follia.

ALEX: Intanto me devi ancora da' i soldi. Prima paga, poi protesta.

STEFANO: Cazzo de connessione c'è? Che te devo da' i soldi e 'no specifico nostro. Che so' care è un dato assoluto.

ALEX: A' Leibniz, tu de specifici così già ce n'hai un po' troppi. Co' me de fa' artri buffi nun se ne parla, chiaro? M'hai da pagà.

CARLO: Certo sarebbe stato carino mettece anche i nomi nostri stampati dietro.

ALEX: E quante ne volete! Ce potevate annà voi.

MASSIMILIANO: Capirai, pensa a me: Massimiliano Michelangeletti. Ce facevamo 'n libro.

ANDREA: Se posso dì, ma a me me pare che Furio s'è proprio bevuto er cervello. Quello ce s'è mosso apposta pe' vedello e lui che ancora nun ariva.

GIANNA: Ma Flavia nun cià 'n telefonino? Ce se pò provà.

PIA: Ce l'aveva. Dopo la prima bolletta la famiglia ha fatto quadrato e je l'hanno sfasciato a martellate.

(Entra Enrico. Come gli altri, in maglietta azzurra.)

ENRICO: Oh, quelli dice che vonno comincià. Che famo?

ANDREA: Ma sì, annamo dài, nun potemo mica fa' nottata.

(Entra a ruota Osvaldo. Anche lui pronto per giocare.)

OSVALDO: Ho parlato col tizio. Me sa tanto che che je cominciano a girà le palle. J'ò spiegato de Furio e che nun sapemo che j'è successo. Dice che se cominciamo bene, sennò cinque minuti e se ne va.

GIUSSANI: Cazzo, ma se rimane anche per noi ma allora cominciamo sì. Vorrà dì che Furio come ariva entra.

SISSI: Ammazza che begli amici!

GIUSSANI: Mò se quello è scemo è colpa mia?

MASSIMILIANO: (A Osvaldo, piano) Oh, che tipo è?

OSVALDO: Pare uno tozzo. Mò l’aria de uno proprio simpatico nun è che ce l’abbia tanto. Se guarda in giro, osserva. Boh.

MASSIMILIANO: D’altronde, che je voi dì?... Questo deve fa’: è osservatore, osserva.

OSVALDO: Te dico...un po’ d’effetto te lo fa. Sta là tutto pieno de quadernetti che scrive nun se sa che. Insomma, boh.

STEFANO: Oh, prima che me dimentico... ve l’ho detto che a me ieri m’ha chiamato cosa, là... la calciatrice, come se chiama?... La Ruvida...

GIUSSANI: Già, è vero, pure a me!

MASSIMILIANO: E che a me no?!...

STEFANO: Allora nun ve devo dì gnente, sapete già tutto.

ALEX: Ma pe’ indagà se giocavamo?

STEFANO: E certo. Io j’ho detto come d’accordo.

GIUSSANI: Ah, pur io ho fatto il vago al massimo.

MASSIMILIANO: Figurate io!

GIANNA: Poraccia... je piace tanto de venì.

GIUSSANI: Ma te pare che proprio oggi che semo sotto osservazione se potemo presentà in campo co’ ‘quella specie de virago?

STEFANO: Beh, mò, virago... quello, magari, è più come s’atteggia.

GIUASSANI: Ma sai che sputtanamento! Dico, un minimo de professionalità.

ALEX: Insomma, stamo sicuri?

STEFANO: Per me, al mille per mille.

OSVALDO: Comunque è ‘na piattola! Saprà pure fa’ qualche numero, ma quella è mejio che se la pjia ‘n circo.

MASSIMILIANO: Cià lavorato, cià lavorato... tre mesi co’ quello de Medrano. Dice che era addetta al lavaggio degli animali di grande stazza.

PIA: Buttalo via...  per chi opera nel settore fa’ il bidè all’elefanti me pare un punto d’arrivo.

STEFANO: Intanto ve devo confessà che ‘na sera che l’ho incrociata al cinema e che nun era vestita da omo... beh, oh... dite quello che ve pare ma s’è visto de peggio.

GIUSSANI: Sè, mò!...

STEFANO: Vedere per credere. Quella un po’ attrezzata è capace pure che rende.

MASSIMILIANO: Madonna, ma stai proprio a pezzi!  

(Rumori di una macchina in avvicinamento. Tutti si voltano a guardare.)

ALEX: 'Spetta 'n po'! Zitto che forse...

OSVALDO: Ma che è, lui?

GIANNA: E sì, che c'è pure Flavietta.

NADIA: Nun me dì, sò venuti in tassì... questi già se credono d'avè svortato.

MASSIMILIANO: Ma cazzo, zoppica!

CARLO: Manco poco!

(Entra Furio. Molto claudicante. Si appoggia a Flavia che, col braccio libero, gli porta la borsa da gioco.)

ALEX: A Fu', e il motorino?

FURIO: Sta peggio de me.

ALEX: Ma che hai fatto?

FLAVIA: Lascia fa', semo cascati.

MARA: Oh, porello!

FURIO: Quello c'è? E' arivato?

OSVALDO: L'osservatore?

FURIO: Eh!

OSVALDO: E ce sta sì. Dice pure che se sbrigamo che se ne deve annà.

FURIO: Voi intanto centrate. Io mò vedo come sto.

CARLO: Basta che nun te rovini.

FURIO: A nun giocà me rovino.

CARLO: Te dico solo: pensace.

(E va in campo portando con sé il pallone. Lo seguono Massimiliano, Giussani, Andrea e Osvaldo.)

ALEX: (Porgendo a Furio una maglietta azzurra ripiegata) Fu', poi pe' quanno entri: questa è la majietta nova che ho fatto fa' pe' tutti. Sarebbero quindici sacchi. T'o ricordi, sì?...

STEFANO: (Ad Alex) E quanto sei Giudìo! Ciai 'n amico che 'n artro po' more  e tu pensi a fatte pagà.

(Ed esce.)

ALEX: (Seguendolo) Ecco, visto che a te invece nun t'è successo niente, vorrà dì che je l'anticipi tu!

(E anche lui scompare.)

MARA: Però, ragazze, a parte tutto, sapete io che penso?

SISSI: No, dacce 'sta perla!

MARA: E dài, seriamente! Che quando ti succedono 'ste cose una si rende proprio conto di com'è vero che siamo tutti appesi a un filo.

FURIO: A 'n cappio, mortacci sua... artro che filo! (A Flavia) Famme camminà!

(Gianna scatta una foto ai due.)

FURIO: Ce mancava. Poi se l'incorniciamo.

GIANNA: Che fate tenerezza così tutti stretti stretti.

SISSI: Ma se pò sapè com'è che è stato?

FLAVIA: Lascia fa', non è il momento.

FURIO: (A Flavia) Ecco, te conviene.

FLAVIA: Furio, guà, te lo dico subito: se ricominci, piglio e me ne vado.

FURIO: Tu pensa a regge'.

SISSI: Ah-ah, c'è maretta.

GIANNA: (Guardando verso il campo) Vai che è cominciata! (E scatta)

NADIA: Mica ho capito contro chi  è che giocano.

PIA: Pippe come so', contro se stessi. Gli altri nun fanno storia, so' intercambiabili.

 FURIO: (Agitandosi pur se in preda a sensibili fitte e senza poter poggiare completamente un piede in terra) Ma porca puttana, porca.... io nun ce posso crede'! Nun ce posso crede'!... Ah!...

FLAVIA: Amore, ti prego... così fai cadere tutt'e due... cerca di non agitarti. 

FURIO: (Sgarbatamente) T'ho detto: famme cammina'! Se te ne stai così impalata....- Mortacci der motorino e de chi me l'venduto!... Ah!...

FLAVIA: Se invece te mettessi un po' sdraiato con la gamba distesa... -  Nun lo capisci che in questo modo rischi solo di peggiorare la situazione?!...

FURIO: So io quello che debbo fa'. Cammina!

PIA: Come va?

FLAVIA: Eh, lo vedi come va.

PIA: Bisogno d'aiuto?

FLAVIA: (Sforzandosi per sorreggere Furio che si ostina, stringendo i denti, a voler passeggiare) Per adesso ancora reggo.

FURIO: Mi viene da piangere, cazzo!  Ma te rendi conto che quello è venuto per me? Te ne rendi conto o no?...

FLAVIA: (Per accontentarlo) Ma sì, sì...

FURIO: Inutile che lo dici così perché lo sai che è vero. Qua nessuno che ce credeva  e invece eccolo là, e io, merda, che mi trovo in queste condizioni. Merda! Merda! Centomila volte merda!

FLAVIA: Tu ciavrai tutte le ragioni del mondo ma lo sai che non  lo sopporto quando cominci con questi atteggiamenti.

FURIO: Vabbè, scusa l'insensibilità. Roba che vallo a raccontà, Diocristo, nun ce se crede!   

MARA: In effetti, porca miseria, quando le cose è scritto che debbono andare per un certo verso, hai voglia tu...

FLAVIA: Comunque, dài, se davvero è venuto per vederti vuol dire che tornerà. Lo capisce che mica è colpa tua.

FURIO: Sì, torna... sai quando!

PIA: A' Fu'!...

FURIO: Eh?..

PIA: (Accennando a un punto oltre la scena) Là c'è quel signore che pare te vo parlà.

FURIO: Chi?

PIA: E nun è quello che stava a aspettà te?...

(Furio guarda. S'accorge. Realizza.)

FLAVIA: Dài che t'accompagno.

FURIO: (Staccandosi) No, faccio da me! (Poi, dopo aver scostato bruscamente Flavia, si ferma, e voltandosi di nuovo verso la ragazza, con altro tono...) Oh, piccola!...

FLAVIA: Eh?...

FURIO: Viè qua.

(Flavia gli si avvicina, quasi intimorita.)

FURIO: Oggi vedi de sopportamme così: non è che ce sto tanto co’ la testa. Ma te certe cose lo so che le capisci.

(La bacia, e si allontana tentando di mascherare la sofferenza.)

SISSI: (A Flavia) Non dico tanto: solo sapè di chi è stata la colpa.

FLAVIA: Se lo domanni a lui te dice mia.

SISSI: Ma tu nun stavi dietro?

FLAVIA: Lui intanto te dice mia.

SISSI: Io non so tu proprio come...

FLAVIA: Lasciamo stare che è meglio!

MARA: (A Nadia) Comunque, per continuare  e finire quello che stavo dicendo prima, ma prima prima: a proposito se credo o no... - beh, guarda, mò ti sembrerà assurdo ma io, se ci fosse un Dio, ciavrei quasi più paura che se non ci fosse.

NADIA: Ma dài!

MARA: Scusa, chi ti dice che debba essere buono per forza?

NADIA: Cioè?...

MARA: Cioè, ragiona: che a noi ce fa comodo buono e allora ce lo facciamo buono. Come dire che io allora me lo penso strafico e quello se fa strafico. Dài, non esiste. Premesso che è Dio, a lui d'esse' bono o cattivo che je cambia? - Premesso che è Dio.

PIA: E sù, nun di' così che me destabilizzi.

MARA: No, davvero. Poi, comunque, per me esiste. Cioè, mò pure a ragionà semplice io penso che so' troppo piccola, ce deve esse' pe' forza qualcosa de grosso.

GIANNA: Mio padre cià 'na teoria sua: dice che noi saremmo i microbi d'un organismo enorme.

PIA: A’ beh, a te come anticorpo te ce vedo benissimo.

(Rientra Furio. Quantomai ombroso. Flavia gli va incontro offrendogli il braccio. Lui lo scosta. Ha sforzato il ginocchio oltre misura. Si ferma ansante. Mani sulle cosce a riprendere il respiro.)

FLAVIA:  E allora?

FURIO: Allora che?

FLAVIA: T'ha detto qualcosa o no?

FURIO: (Con fastidio) Bah!...

FLAVIA: T'ha detto qualcosa o no?

FURIO: Capita, m'ha detto. Capita, figliolo, capita. Contenta? (Riappoggiandosi alla ragazza) Famme provà ancora, forza!...

FLAVIA: (Tenendolo) E che torna per vederti no?

FURIO: Ah, sicuro.

FLAVIA: E allora che problema c'è?

FURIO: Capirai, manco è di qui, quello domani se ne va. Avevo risolto, avevo!... Giuro, me lo sento: avevo risolto!... Figurate si uno a quei livelli è tipo che va a bazzicà pe' dei posti allo sprofondo come questo!... E si l'ha fatto ce sarà pure stato un motivo, no?... Mica che ciaveva da buttà via la giornata. Ce sarà stato o no?...(Flavia suppone la domanda retorica e non risponde) Oh, me vòi risponne'?! Ce sarà stato o no?

FLAVIA: (Sempre faticando per sorreggerlo, con pazienza) Eh, immagino...

FURIO: Giusto perché ce credeva, nun c'è altra spiegazione, e si ce credeva... Ah!... E sta' attenta, reggi bene!...

FLAVIA: Sì, te pare facile reggi bene!... Pesi du' grammi, pesi...

FURIO: E si ce credeva voleva dì che er più era fatto, mentre invece mò un fottuto sanpietrino, du mijoni de vorte mortacci sua!, e me tocca da restà col culo a mollo. Bastava, guà, che nun me spostavo pe' scansà er Mercedes, se n'annasse affanculo pure lui! Solo questo e mò ero in campo. Si ce penso c'è da magnasse er cervello a mozzichi!  -  Però anche tu, cazzo... stai dietro che me sbandi da una parte all'altra, poi ce credo che alla minima cosa nun cè vò 'n cazzo a volà via. Là le rote so' due, mica semo co' 'na Ferrari.

FLAVIA: Mò nun fa' che cominci a da' la colpa a me!

FURIO: Ma me voi regge'?!... Ah!

FLAVIA: E  torna seduto che me pesi, io nun ce la faccio mica.

FURIO: E te sto  chiede' pe' piacere!...

FLAVIA: Ma a che te serve?

FURIO: Me serve, me serve.

SISSI: Ma in ospedale ce siete annati?

FLAVIA: Ce semo annati sì.

SISSI: A parere mio personalissimo si pure ce restava nun faceva un soldo de danno. Per come la vedo io. Massimo massimo, c'era da tornà subito a casa senza annassene tanto in giro. Per come la vedo io. Mò nun riesco a capì che je risolve d'esse' venuto sino a qua. Poi, certo, ognuno è padronissimo de fa' come je pare.

FLAVIA: (Quasi tra sé) Tutte brave a risolve’ i problemi dell’altri.

FURIO: (A Flavia)  Passame la roba, io entro.

FLAVIA: Ma non dire idiozie. Mica voglio averci il fidanzato storpio. Sta' giù.

(Furio si allontana da Flavia e, a fatica, si mette a sedere. Si avvicina la sacca, la apre e vi rimesta dentro. Ne tira fuori due scarpini e un paio di calzoncini.Comincia a preparasi.)

FLAVIA: Ma allora fai sul serio.

PIA: Per me quello è tutto matto.

SISSI: E' proprio vero che la gente se deve coce' nel suo brodo. Arisempre per come la vedo io.

GIANNA: Ma si rende conto di quello che rischia?

FLAVIA: Perché, secondo te, uno così è capace de rennese conto de quarcosa?... Gli eroismi da quattro soldi!...

GIANNA: Oddio, si davvero pensa de poteccela fa'.

FLAVIA: Sè, l'hai trovato quello che pensa!

MARA: Però, scusa, a un certo punto uno deve pure seguì de fa' quello che se sente.

FLAVIA: Ah, s'accomodi. Poi, però, il cucchiaino pe' raccattallo lo lascio a qualcun'altra.

PIA: Se trova, se trova.

(Furio, con gesti tanto impacciati quanto scostanti e che non chiedono aiuto, prosegue nella vestizione  per entrare in campo. Flavia lo osserva sconfitta. Infine il ragazzo, arrancando, si alza e, stringendo i denti, si mette a saltellare per sciogliere i muscoli. Ha un ginocchio rigidamente bendato.)

SISSI: Ma legatelo! Io a certi proprio non li capisco. Quando uno dice la vojia de fasse der male a tutti i costi!...

FLAVIA: Si impicchi! Per me, guarda...

FURIO: (Sbracciandosi) Ooooohh!... Carloo!... Caarloooo!... Dì che al prossimo fallo entro!... (Facendo imbuto con le mani) Al prossimo fallo entro!... No, senza che ve fermate apposta. Aspetto, aspetto!...

PIA: (Volgendo lo sguardo in alto, verso la scarpata che, presumibilmente, conduce al cavalcavia) E quello? Che cià da guarda'?

SISSI: Chi?

PIA: Uno lassù che sta fa' er guardone. (Lanciando la voce) A' coso, che ciai da guardà?...

GIANNA: E' un ragazzino, e lascialo perde'. Guà, che l'hai fatto diventa' tutto rosso.

MARA: Povero, come si nasconde...

PIA: A me uno che spia nun me piace manco pe' gnente;

NADIA: (Che ha continuato a seguire la partita e ora alzandosi seguendo, con trasporto, un'azione di gioco) Guarda Osvaldo! Guarda Osvaldo! Guarda Osvaldo! Vai, amore, vai vai vai vai vai vai!...  (Poi non capendo) Beh, che è stato?

SISSI: Mi sa che jiel'ha parata.

NADIA: E allora?

SISSI: E allora ciccia.

NADIA: (Rianimandosi) Vabbè, bravo lo stesso... (Applaudendo a spellarsi) Braavooo... Braavooo... Braavooo...

(Massimilano, sporchissimo di terra e alterato dallo sforzo, sopraggiunge di corsa col pallone tra le mani per battere l'angolo.)

FURIO: Oh, io allora entro.

MASSIMILIANO: (Con entusiasmo) Giura!

FURIO: C'è poco da giurà, l'ho appena detto.

MASSIMILIANO: Ma sei sicuro che ce la fai?

FURIO: Ce la faccio, ce la faccio.

MASSIMILIANO: (Gridando in campo) Oh, qua se cambia musica... svotàte l'area: Furio dice che vò entrà!... A’ Cardoneee!... Ciavete l’ore contate, ciavete!...

FLAVIA: (A Furio, inascoltata) Tiè, questi so' più incoscienti di te.

FURIO: (A Massimiliano) Fa dì che esca Millepippe, che quello manco doveva giocà.

MASSIMILIANO: (C.s.) A' Millepippe, dice pe' mò esci tu! Famo a rotazione... un quarto d'ora per uno.

MARA: (Alle altre) Millepippe... ma ce lo sapevate che lo chiamavano così?

FLAVIA: Beh, un soprannome ce l'hanno tutti.

MARA: Ma Millepippe è troppo mitico.

(E' Enrico, afflittissimo, che vediamo uscire dal rettangolo di gioco.)

MASSIMILIANO: 'Nnamo, damose'na mossa!

ENRICO: Sì, però che cavolo... pur io ho pagato.

MASSIMILIANO: Dai, che poi rientri; fa' largo al boss.

FURIO: (Forte, a qualcuno che non si vede, mentre controlla il nodo degli scarpini) A' Picechi... spostate a destra che al centro ce sto io!   

MASSIMILIANO: Vai, campiò, che li famo neri!

(E Furio, per quanto può, caracolla in campo fotografato da Gianna; il suo ingresso viene accolto da grandi applausi, quasi da festanti ovazioni, mentre Massimiliano, dopo aver piazzato il pallone sul corner, si fa largo tra le ragazze sedute in terra per prendere la rincorsa.) 

MASSIMILIANO: E vi volete scansare o no?...

GIANNA: E quante ne vòi?

MASSIMILIANO: (Gridando all'indirizzo dei suoi compagni) Al centro! Al centro!...

(Parte e calcia. Qualche istante per seguire la traiettoria della palla e scatta via.)

ENRICO: (Che si è accovacciato un po' discosto dalle ragazze) Oh, me ne avessero passata una che è una...

PIA: Beh, si te chiamano Millepippe tanta fiducia nun te la poi aspettà.

ENRICO: Che c'entra? Quello è così per ridere.

PIA: Contento te.

ENRICO: (Più a mezza bocca) E anche perché so' stronzi.

FLAVIA: Come dice il prof, non ti curar di lor ma guarda e sputa.

GIANNA: (Correggendo) Guarda e passa.

FLAVIA: Guarda e sputa.

GIANNA: Come dice Leopardi è 'guarda e passa'.

SISSI: Casomai Pascoli.

NADIA: A' sceme... 'guarda e passa' è Catullo.

PIA: Sì, famo Venditti!

ENRICO: (Saltando sù) Guarda guà, 'n artro po' segnavano!... (Sgolandosi e scaldandosi in modo crescente ed esagerato) A' Cicoria... vajie addosso che è solo!... Tiralo giù!... Tiralo giùùù!... Indietro! Indietro! Ma ando' sta la difesa?... Indietro! Tornate dietro!... Eccoli là che se li so' fatto riscappà in contropiede... A' portiere, che aspetti a uscì? Esci! E esci!... -  E porca la...

FLAVIA: Che è? Goal?

ENRICO: (Dopo il crollo dell'eccitazione) E no, pe' ride'... - Avevamo retto bene fino adesso, cazzo!...

FLAVIA: Dovresti esse' contento, così si imparano a farti uscire.

ENRICO: Beh, ma de perde' nun fa mai piacere a nessuno.

FLAVIA: Che t'importa, scusa? Se non gochi...

ENRICO: A parte che mò rientro, poi comunque che cavolo di ragionamenti... è sempre la mia squadra.

FLAVIA: Bravo... ti fa onore.

ENRICO: Che fai, sfotti?

FLAVIA: Dico sul serio.

PIA: Ma sentiteli 'sti due.

FLAVIA: Beh, che c'è?

PIA: Niente, che siete carini.

FLAVIA: In che senso, prego?

GIANNA: Così, come litigate.

FLAVIA: Ma ce fate o ce siete?

ENRICO: Comunque per me Furio è mejio che ce rinuncia, da come sta ridotto rischia solo di fottersi il ginocchio.

FLAVIA: Ma quello ce sta sempre?

ENRICO: Chi?

FLAVIA: Quello che dice era venuto pe' vedello.

ENRICO: Nun me pare che se n'è annato. Me sa che s'è messo a sedè dentro.

FLAVIA: Insomma, tutto 'sto casino e c'è caso che manco serve a gnente.

ENRICO: Magari se s'accorge che entrato in campo se rifarà vedè.

GIANNA: Ma chi è che l'ha fatto venì?

ENRICO:  Mò de preciso nun lo so perché non c'ero ma m'hanno detto che è stato uno che avrebbe visto giocà Furio 'n'artra vorta e dato che conosceva questo che fa tipo il procuratore pe' un mucchio de squadre grosse j'è annato a dì che è uno, insomma, che je l'ammolla. Che poi sarebbe la verità. Ma che oggi però proprio nun è aria.

 

(Catastrofe improvvisa: Carlo, o un altro, trascinato dalla foga di un'azione e tutto imbrattato di terra e fango com'è, vola addosso alle ragazze travolgendole. Urla e schiamazzi.)

CARLO: (Tirandosi sù e imprecando all'ndirizzo di qualcuno che non vediamo) Ah, cosoo... e mò basta!... Già so' tre volte, famo a capisse: si dovemo giocà giocamo ma così mica se pò. - Aò, arbitro... nun famo stronzate, questa è punizione!

ENRICO: Sta bono che te l'ha data.

MARA: Madonna, m'hai tutta insozzata!

SISSI: Tiè, m'è uscito pure un filo.

PIA: Nun lo toccà che è peggio.

MARA: Ahia, la gamba!

SISSI: Te chiedesse almeno scusa... 'sto cafone!...

(Alex si appresta a battere la punizione dalla linea del fallo.)

ENRICO: Guarda che c'è Bigozzi libero! Guarda che c'è Bigozzi libero!

(Alex, senza ascoltarlo minimamente,  prende una breve rincorsa e batte.)

ENRICO: E t'avevo detto guarda Bigozzi...

CARLO: M'hai fatto pure sbajià, mortacci tua!

(Alex scatta in campo e scompare. Le ragazze si rimettono a posto i vestiti e si spazzolano via la polvere. Ma qualcosa le distrae.)

PIA: Oddio, oddio... guardate un po’ chi c’è!

(Entra la Ruvida. In tuta e con una borsa particolarmente rigonfia.)

LA RUVIDA: (In direzione del campo) ‘St’impuniti!... Me lo sentivo che me stavano a tirà la sola!... Dice, è rimandata. Eccola com’è rimandata!... 

SISSI: Mamma, questa! E mò chi la sente?...

PIA: E meno male che stavano sicuri al mille per mille!... (Alla nuova arrivata) Ciao, bella...

LA RUVIDA: (A loro) Vedo che ce siete pure voi. Proprio non manca nessuno.

PIA: Che all’ultimo, poi, se so’ organizzati e allora... ma proprio all’ultimo all’ultimo.

(Anche le altre ragazze accennano timidi e compassati gesti di saluto che la Ruvida non degna di risposta.)

LA RUVIDA: (Di nuovo in direzione del campo) A’ deficienti!... Ma chi volevate pjià per culo?... Io qua sto. E mica me ne vado! Mò vedemo chi se fa notà de più.

FLAVIA: Oh, ma che te sei messa in testa?...

ENRICO: (Sempre alla Ruvida) Credi, davvero... non è colpa di nessuno... che era una situazione un po’ diversa, sennò figurati... insomma, non la devi pjià come una cosa personale.  

LA RUVIDA: Lo so da me come la devo pjia senza bisogno che me lo stai a dì te. Vonno giocà? E giochino. Solo che pur io voglio giocà, vabbè?... So’ venuta pe’ giocà e gioco, te disturbo?...

ENRICO: A me? No, ma che c’entra?.. Io intendevo solo...

LA RUVIDA: Devo sta’ fori? E sto fori, tanto de spazio non me ne serve mica  molto... a fa’ da sola me basto e avanzo. Voi chiacchierate pure che  a me ce penso da me.

(E intanto ha già aperto la borsa per tirarne fuori fuori un pallone praticamente nuovissimo. Comincia a palleggiare con notevole maestria.)

LA RUVIDA: (Lanciando la voce indirezione del campo) A’ cosi!... Ve lo faccio vedè chi er più bravo qui in mezzo! Ve lo faccio vedè io!... Questo lo sapete fa’?... E questo?... E questo?... Mò vojio prorprio vedé chi guarda!... Lo vojio proprio vedè!...

(Gianna scatta.)

GIANNA: Scusa ‘n attimo... puoi rifà come prima?... Puoi rifà come prima?...

(Esce dal campo, col fiato rotto, Massimiliano. Dietro di lui compaiano altri ragazzi.)

MASSIMILIANO: Guà, te lo chiedo pe’ cortesia!... Che me significa fa’ la polemica a ‘sta maniera?... Cioè, cerca de capì... è ‘na cosa importante pe’ Furio mica pe’ noi. Poi le prossime volte, giuro,  te richiamamo sempre ma che oggi so’ venuti pe’ vedello in campo, nu’ je poi fa’ così.

FLAVIA: Davvero... che è ‘na cosa particolare.

ALEX: (Che pure è uscito a controllare la situazione, lanciando la voce in direzione del campo.) No, gnente... roba d’un minuto... Mò ricominciamo! E’ tutto a posto, tutto a posto.

MASSIMILIANO: (A lei) Allora?... D’accordo?...  (Nessuna risposta) Dài, che quello cià l’aereo, se ne deve riannà.

STEFANO: (Come Alex) Sii bbona, che poi te pago la pizza!

PIA: Sè, in fotocopia.

LA RUVIDA: Se sto qua che palleggio che fastidio ve do?

FLAVIA: Pensa se era per te.

LA RUVIDA: Se era per me nun ve stavate a disperà così.

(E ricomincia a palleggiare. Ma stavolta senza più ostenzaione, quasi scontrosamente, per se stessa, e girandosi di spalle.)

MASSIMILIANO: ‘Nzomma, ce fai sta’ tranquilli, sì?... Non è che ricominci?... (Nessuna risposta) Cioè, dico... se te sta bene noi riannamo... - Allora che famo? Potemo riannà?

LA RUVIDA: Ve sto a tenè?...E annate! Pare che v’ho legato!...

(I ragazzi, infine, rientrano in campo. La partitella riprende.)

FLAVIA: (Alla Ruvida) Che li devi capire... sono tutti un po’ presi da ‘sta storia, per cui... insomma, fanno il tifo... e sì, ovvio, anch’io, ecco... beh, lo capisci da te... fa che la cosa va - certo, è difficile - ma sarebbe bello un po’ per tutti.

LA RUVIDA: (Continuando a palleggiare) Nun t’aspettà gnente. Se è bella è bella per lui, se è brutta è brutta per lui. Punto.

FLAVIA: Ma no, mica vero, a volte...

LA RUVIDA: (C.s.) Che te ce giochi?

MARA: Vabbè, comunque intanto noi ce speramo.

LA RUVIDA:(C.s.) Buon divertimento.

GIANNA: Però certo che sei brava. Dico sul serio.

LA RUVIDA: (C.s.) Sè, come dice mi’ padre: brava nelle cose inutili.

GIANNA: Intanto è qualcosa. Io manco questo.

LA RUVIDA: (Tirandole il pallone) Tiè, provace!... Se vòi t’ensegno.

GIANNA: E come faccio?... Co’ le scarpette ‘decoltè’... sai come le riduco!

LA RUVIDA: Allora nun piagne’. Ridà!...

(Gianna recupera la sfera in punta di dita e gliela restituisce. La Ruvida riprende a giocare.)

ENRICO: (Scattando sù) Macioci!... Maciociii!... Dì a Giussani che stia dietro a chiude', oppure che se ne vada in porta che qua davanti fa solo casino e basta!

PIA: A rieccolo questo! Se crede de fà l’allenatore, se crede...

ENRICO: Giusto pe’ dajie quarche dritta.

LA RUVIDA: (Riprendendo a palleggiare) A pjianne de più!...

SISSI: Oh, non è che ve ricordate l’Open Gate quand’è che chiude, se il lunedì o il martedì?...

NADIA: Io è ‘na vita che un ce vado. Capirai, co’ Osvaldo...

MARA: Che ballare - oh, io non è che ci vada matta - però effettivamente scarica.

ENRICO: (C.s.) A' Maciò, m'hai sentito che ho detto?... E dì a Massimilano che se mettesse addosso ar cinque loro che nun se lo tiè nessuno!... Ma guarda Giussani il casino che sta a combinà!... Dietro a chiude’! Dietro a chiude’!...

CARLO: (Comparendo) Aò, e che famo? Qua smette una e comincia l’altro!... Ma te la voi piantà?...

ENRICO: E' che da qua le cose se vedono con un altro campo visuale...

GIUSSANI: (Che entra aggredendo Enrico dandogli uno spintone a due mani sul petto; dopo il primo ne seguiranno a raffica altri due o tre.) A' campo visuale!... Chi è che fa casino?... Chi è che fa casino?...No, tu me devi dì chi è che fa casino?...

ENRICO: Io te sto solo a cercà de fa' capì che se almeno te metti dietro, qualcosa a spazzà via combini.

GIUSSANI: Ma spazzete er cervello, a' pezzo de mmerda!

CARLO: Calma, calma... vediamo di non trascendere.

ENRICO: Sai a me che me ne frega, io è ppe' voi che lo sto a dì.

GIUSSANI: Ma anvedi 'sto sciroccato!... Già che ciai i piedi fucilati, almeno vedi de statte zitto!

ENRICO: Tu senti questo che ce va subito in puzza!...

GIUSSANI: Chi è che ce va 'n puzza?...

PIA: No, per piacere, se dovete litigà ve ne annate da un'altra parte.

FLAVIA: Poi sempre con lui ve la dovete pjià?...

CARLO: Vabbè, mò basta, chiudemola qui.

GIUSSANI: (Con una recuperata e minacciosissima calma) Io nun ciò proprio  gnente da chiude', quello che te dico, guà, è che cià solo da riprovà a fiatà - ma giuro: solo da riprovà.

ENRICO: Ha parlato Superpippo.

GIUSSANI: Ma allora ce rifai!...Cioè hai proprio deciso che te devo fa' male!...

CARLO: (Trattenndolo a stento) Basta, per piacere, basta!...

GIUSSANI: (Continando nel suo slancio) Guarda, sa', che nun ce metto mica tanto!... Nun ce metto mica tanto!...

RAGAZZE: (Prese dal panico e sul punto di scappare) Ma se pò esse'  più scemi?... Se pò esse' più scemi?... Sempre così co' voi!... Sempre così!... (E altre esclamazioni a soggetto che si sommano le une alle altre.)

(Infine, a bordo campo, compare Furio. La sua voce tuona potente e indiscutibie.)

FURIO: INSOMMA, LA VOLEMO PIANTA'!!!... LA VOLEMO PIANTA'!!!...

(Il gruppo si raggela. Nessuno osa replicare. Una pausa.)

FURIO: (Alla Ruvida che, discosta, se ne è rimasta a palleggiare per i fatti suoi) Pure te... se voi restà dacce quer pallone altrimenti sgomma.

LA RUVIDA: Che me ce rode, cazzo!... ‘Na vorta che c’è da fa’ sul serio!... (Una pausa) A’ Fù, e se non mi capisci te...

FURIO: T’ho detto: il pallone! ‘Nnanmo, spicciate!

(Forse la Ruvida vorrebbe replicare qualcosa ma lo sguardo perentorio di Furio la sconfigge e, da ultimo, senza aggiungere altro, molla il pallone calciandolo via con rabbia.)

LA RUVIDA: Oh, ringrazia che oggi me gira bene!... Giusto pe’ te, guà!... Ce poi mette’ la mano sul fuoco: giusto pe’ te. 

FURIO: Se vòi rimanè rimani ma cucete la bocca e legate i piedi.(A Giussani) Tu, comunque, stattene al centro. (A Enrico) E tu vedi de sta 'n po' zitto, chiaro?...

(Pronunciati questi comandi Furio rientra in campo. Ancora alcuni istanti di silenzio, il tempo di dissipare qualsiasi residuo di violenza, poi...)

GIUSSANI: Capirai, in porta me voleva mannà.

CARLO: Dai dai... solo più al centro.

(Giussani, ricondotto a più miti consigli,  rientra.)

CARLO: (Anche lui rientrando) Occhèi, ricominciamo.

(Una breve pausa.)

GIANNA: (Alla Ruvida) Sù, nun fa che te ne vai. Perché non te siedi un po’ co’ noi?

LA RUVIDA: Perché ciò il senso dell’estetica.

GIANNA: Sarebbe a dì?

LA RUVIDA: Che so’ troppo cani. Almeno in campo me n’accorgo poco, ma de dovelli sta’ a guardà, a parte Furio, è ‘na sofferenza esagerata. Io nun ce reggo a vedè martirizzà un pallone a ‘sta maniera. E un po’ d’umanità!...

PIA: A’ Ruvida... ma te col militare come sei messa? Ancora lo devi fa’?...

LA RUVIDA: Sè, ridi ridi...

ENRICO: (A lei, per confortarla) Che anche a me, lo vedi... prima m’hanno detto  ‘vieni, vieni’, poi invece...

LA RUVIDA: Ma senti tu ‘sto puffo!... Se mette pure a fa’ paragoni!...

ENRICO: Oh, io intanto il mio contributo lo stavo a da’. Poi finché so’ rimasto ancora nun se perdeva.

PIA: E si vede che ancora nun t’avevano inquadrato.

FLAVIA: Certo che tu se nun offendi stai male.

PIA: E sai che ho detto!

NADIA: O Gesù, ma oggi che è?... State su di giri, e che roba!... ‘Smile! Smile!’...

GIANNA: (Di nuovo alla Ruvida) E dài, vieni, che qui c’è posto!

LA RUVIDA: Tiettelo stretto!

GIANNA: Lo dicevo per te.

LA RUVIDA: (Quasi non potendo più trattenersi) No,  perché, capito, quando je servo nun stanno a vedè se so’ omo o  donna, poi però, la volta che cianno gli inciuci loro, la Ruvida la buttano nel cesso. Se vergognano. Ma è perché so’ mejio de tutti quanti loro messi assieme, ecco de che se vergognano. E ce lo sanno benissimo. Nun se lo dicono ma lo sanno. Che je faccio paura. Nessuno escluso. Al massimo potrei dì a parte Furio, ma prorpio massimo massimo, per il resto... tiè, nun ve le perdete!... Perché nun hanno vissuto manco ‘n’unghia, ma manco mezza, de quello che ho vissuto io, solo che siccome nun ciò il pisello nun vale ‘n cazzo, capito!?... (Più direttamente alle ragazze) E voi inutile che ridete. Perché si ve pensate che ve sto a dì che so’ lesbica nun ce sperate;  io, se solo me gira, ve posso fregà l’omo a una a una, se solo me gira. Ringraziate che me fanno pena dar primo all’ultimo... ‘sti lattanti!.. Dice: siedi. E già, mò ve piacerebbe che me mettessi a fa’ la scema insieme a voi, eh... manco poco!... Sè, l’hai trovato che metto seduta a guardà!... Dice, così almeno s’è adeguata. Ma sai quanto ce vò pe’ adeguasse a voi!... Niente ce vò. E’ adeguasse a me che la vedo un po’ più difficile. (A Enrico) E tu, quando hanno finito, vedi de recuperà il pallone.

(Senza aspettare repliche la Ruvida se ne va. Lunga pausa)

PIA: Cioè mò che aspettamo de fa’? De aprì un dibattito stile cineforum?

SISSI: Poraccia... proprio da terapia, ma di quelle pesanti assai.

NADIA: Capirai, a me da un orecchio m’entrava e dall’altro m’usciva.

MARA: Ma no, io la capisco. Se aveva da liberasse ha fatto bene così.

PIA: A’ Flaviè... io però co ‘sta storia dell’a parte Furio me preccuperei un pochetto.

FLAVIA: Là sta. Se dice d’esse’ tanto brava, se lo prenda.

SISSI: Sè, te vorei vedè!

GIANNA: Oh, e questo perché volevo esse’ carina. Diceva ‘no, grazie’ e finiva lì.

ENRICO: (Chiudendosi in se stesso e quasi nascondendo completamente il viso contro le ginocchia) Ha fatto bene, ha fatto. Me fa solo rabbia che nun l’hanno sentita pure l’artri. ‘Sti ridicoli!...

PIA: Hai visto, però... fa òdiens.

ENRICO: (A Pia) Scusa, nun ho capito... de che me dovrei offende’? Che m’ha detto ‘lattante’?... A famme trattà così cià ragione benissimo.

FLAVIA: Ma mica vorrai dajie retta sul serio...

ENRICO:(Accennando ai compagni in campo) Meglio a lei che a loro.

FLAVIA: Davvero te sei arrabbiato?... Giusto perché t’hanno tirato fori?... Ma è ‘na scemenza. 

ENRICO: Lo so io perché.

FLAVIA: E pure te, poi... per che cosa te metti in mezzo non lo capisco proprio. Ma lascia perde'... tanto lo sai, no, che so' fatti in un certo modo.

ENRICO: Ma va', va'...

FLAVIA: Va' che cosa?

NADIA: Anvedi questo come se l'è presa!

FLAVIA: (Sempre a lui) Va' che cosa?

ENRICO: Uffaaa...

MARA: Ma che sta a piagne'?

GIANNA: Dài, nun ce posso crede'.

PIA: E sì che sta a piagne'.

(Le ragazze finiscono inevitabilmente per fargli cerchio attorno. Forse Gianna lo fotografa.)

ENRICO: Ma mi volete lasciare in pace?!...

SISSI: (Cercando di fargli sollevare il viso) Fa' un po' vede'... ma che davero davero...?

ENRICO: (Scostandosi bruscamente) Ma te ne voi annà?!...

MARA: (A Enrico) ‘Mmazza, come te capisco!... A me pure ogni tanto me capita così, che mi prende come un magone improvviso, no... tipo un’ansia che non mi so tenere dentro... beh, è raro, ma quand’è è un macello. Ce posso passa mezza giornata a lacrimà. Te dico: a fiumi. Quand’ho finito, però, me sento d’un rinfrancato. - Fa’, fa’... dopo vedi come stai mejio.

FLAVIA: Vabbè, mò circolare!... Nu’ je state tutte così addosso!... E’ chiaro poi s’intimidisce peggio.

ENRICO: E ho detto uffa!... Ma perché nun ve fate un po' gli affari vostri?...

GIANNA: Certo che se ha pagato cià pure ragione de volè giocà.

FLAVIA: (A lui) Ma sul serio te sei arabbiato?... Eh? Sul serio?

ENRICO: Ahia, pure tu!

FLAVIA: Perché 'ahia, pur io'?... Eh? Perché 'ahia pur io'?

ENRICO: Nun me fa' aprì i rubinetti che è mejio.

NADIA: Com'è che hai detto?

ENRICO: De nun famme aprì i rubinettiii!...

PIA: Ma tu senti questo come parla!

MARA: (A Gianna) Oh, il Sony se poi non lo usi me lo fai sentì?

GIANNA: Ciò solo Zucchero, si te piace...

NADIA: Bleah e superbleah!

GIANNA: Sto a dì a te?

FLAVIA: (A Enrico) Comunque, non che voglio insistere ma sbagli. Che so' prepotenti ciai pure ragione, ma mica che mò te devi vergognà per quello che è successo.

ENRICO: Ma chi se vergogna!

FLAVIA: Tu te vergogni. Perché te senti come d'avè fatto brutta figura -  ammetti o no?...

ENRICO: Si te diverte pensala 'n po' come te pare.

FLAVIA: E ammettilo, dài, che è perché c'eravamo noi.

SISSI: A' Flaviè, certo che sei sadica. Dajie a rimestà il coltello!

FLAVIA: Lo dico perché mi dispiace. Almeno si se deve sfogà se sfoga.

ENRICO: Ma sfogà de che?... Sto a pensà, vabbè?!... Se pò pensà? E' permesso? Ciavrò il diritto?... Me va de pensà e penso. (Scattando in piedi, rivolto al campo di gioco) Ma tu guarda che stanno a combinà!...Ma se pò esse' più cretini?! Se pò esse' più cretini!... Ce sta un buco che fa spavento! - Eccolo là, e due!... Je l'avevo detto io... si nun ce sta nessuno che rientra, venti ne pjiamo: venti. Manco dieci minuti e già du' a zero.

(Le ragazze, per sottolineare il goal subito, si divertono a improvvisare un coretto di 'Buuuh!'. E ridono.)

PIA: (Voltandosi a recuperare la sua borsa, alza lo sguardo dove già prima ha visto qualcuno.) Oh, quello mica se ne va. E dajie che guarda!

NADIA: Se vede' che je piaci.

SISSI: (Già ridendo per la battuta che sta per dire) Oh, lo sapete che sta a fa'?... Spia Pia. (E ride ora fragorosamente, avendo ottenuto, peraltro, un certo successo.)

PIA: Ma lèvete!

NADIA: Dài, che è la volta che hai rimediato.

PIA: Mò te ce manno!

(Oppresso da un fiatone esagerato esce dal campo Osvaldo.)

OSVALDO: Ammazza, oh... certo che qua semo proprio alla frutta. (A Nadia) Damme 'n bacio, va', che me ricarica. (La ragazza corre ad abbracciarlo) Nun t’appenne troppo!... Nun t’appenne troppo!...

NADIA: E te sto a regge’.

(I due si baciano.Gianna li fotografa.)

NADIA: Ciò da bere, ne vòi?

OSVALDO: Appena un goccio sinnò me stronca.

(Gli passa una lattina. Osvaldo beve. Ovviamente a garganella.)

NADIA: Fa' piano che te fa male.

OSVALDO: Madonna, ciò la milza che me pare c'è passato un bombardamento al napalm. A' Millepippe, te vòi fa' artri dieci minuti mentre che ripjio fiato?

ENRICO: (Scontrosamente) Mò no.

OSVALDO: Cinque.

ENRICO: T'ho detto nooo!...

OSVALDO: Dài, che stavi a giocà bene.

ENRICO:  Mejio de Picechi sicuro.

OSVALDO: Capirai, tra tutti quanti!... Qua si nun comincia a pistà  Furio co' questi andò vai?!... Sembramo la squadra de Charlie Brown. (A Nadia, mentre già si sta apprestando a rientrare in campo) Oh, a proposito...ricordame che poi te devo da' i depliant che ho  preso in agenzia. Vabbè và, famme torna in trincea. (Va.)

GIANNA: A' Nadiè, come marcia co' Osvaldo? Me pare bene.

NADIA: Bah, così. Dimo bene. Che ancora ce stanno un sacco de cose da mette' a foco, comunque sinché va.

PIA: Stacce, stacce.

NADIA: E che sto a dì?

GIANNA: Ma poi s'è sciolto un pochetto o ancora no?

NADIA: Come spiegà?... E' che insomma, ma questo proprio per come è fatto lui, è uno con cui te tocca d'annà a tentoni, che nun  ce riesci a capi' gnente. Forse sarò io, boh... Cioè, dico, l'avessi mai sentito parlare di cose un po' più serie, nel senso de fa' un programma a lunga scadenza, de vedè le cose un pochetto in prospettiva: mai.

MARA: Ma tu ciai mai provato a affrontà il discorso o no?

NADIA: Du' vorte, mica una: un muro. Anche pe' famme capì che è un rapporto a cui ci tiene. Cioè,  parti dal fatto che l'amo, io de me je l'ho fatto capì... allora scusa a 'sto punto me pare che ciavrò pure il sacrosanto diritto de famme 'n'idea se invece per lui le cose stanno così o cosà. Oramai, oh, so' tre mesi che stamo inseme, mica un giorno.

SISSI: Ma quando dici programmi dici proprio sposarsi o roba tipo vivere insieme?

NADIA: Sì, questo. Mica poi per farlo, ma almeno parlarne.

MARA: E certo, un rapporto è sempre un investimento.

FLAVIA: (A Nadia) Ma a te t'andrebbe?

NADIA: Ma la cosa, al limite, è pure secondaria. Quello che vorrei è una prova di fiducia. O di maturità, mettila un po' come ti pare, perché si era pe' fasse il sabato pomeriggio al Piper e la domenica al cinema dopo 'Novantesimo minuto'... beh, già avemo dato. Allora, scusa, ma tanto valeva che me ne restavo co' Mimmo.

PIA: (Sognante) Bono come er pane.

NADIA: Appunto.

FLAVIA: (A Enrico, mettendo mano alla borsa) 'Na Golia?

ENRICO: Che ciai quelle bianche?

FLAVIA: (Offrendo) Nere senza carta.

ENRICO: (Prendendo) Vabbè, grazie. Me piacciono più le bianche ma meglio queste. Nell'altre c'è lo zucchero e non potrei pe' via de la carie.

NADIA: (Continuando con le amiche il discorso precedente) Comunque quand'è agosto partimo insieme, e intanto vedemo un po' come butta 'sto viaggio. 

MARA: Figo, e dove ve ne andate?

NADIA: L'idea sarebbe il Marocco. Almeno pe' cementà il rapporto.

SISSI: Ma come, in campeggio o cosa?

NADIA: Dice col Camper de su' fratello che forse verrebbe pure lui co' la  mojie - che io manco la conosco e vabbè, famo a fidasse - sinnò pò esse' co' Filiberto e Giulia.

GIANNA: Beh, whow!

NADIA: Comunque è ancora tutta da decide'.

GIANNA: Ma sì, fallo... almeno te dai 'na regolata.

SISSI: Poi i marocchini dice che je l'ammollano.

NADIA: Eh capirai, so' proprio il tipo!

PIA: Pensa tu' madre e tu' padre se je ritorni co' un maghrebino... 

NADIA: Anzi che sarebbero contenti. Stanno sempre a dì che il futuro del mondo è nella fusione delle razze e che dovemo fa' de tutto pe' agevolà il processo. 

MARA: Come t'envidio... bello avecce genitori co' 'na mentalità così.

NADIA: Beh, sotto 'sto profilo nun me posso proprio lamentà.

(Vola fuori campo, dunque tra i nostri, il pallone. Enrico, con uno scatto felino, corre a recuperarlo e lo calcia nel rettangolo di gioco.)

ENRICO: (Gridando) Ma perché nun v'allargate?... Che state a fa' tutti ressa al centro?... Sulle fasce chi ce sta? Qualcuno che torna! Qualcuno che torna!... (A Flavia, con altro tono) Scusa, eh, ma se nu' je lo dico io... (c.s.) E uno pure che s'appiccichi addosso ar gobbo che sta fa' er comodo suo là dietro!...

(Viene fuori Osvaldo col pallone tra le mani e si appresta a battere il fallo laterale.)

OSVALDO: Occhèi, mister... certo, mister... d'accordo, mister...

ENRICO: Beh, che stamo a fa'? Mica è fallo, questa è punizione. - Arbitrooo!... Ma è punizione!

OSVALDO: (Ignorandolo, all'indirizzo dei compagni) E liberàteve, porca pupazza!... se pò sapè a chi la do?!... Furio, va dentro! Va dentro! (E rimette il pallone mentre già Nadia gli sta parlando)

NADIA: Oh, i depliant?

OSVALDO: E se t'ho detto ricordati de ricordamme... 

NADIA: De fa' che?

OSVALDO: De datteli.

NADIA: Ebbè?

OSVALDO: Vorrà dì che l'ho presi, no!....

NADIA: E come so'? L'hai visti?

OSVALDO: (Di fretta) Poi ne parlamo. Cià buttato 'n occhio mi' cognata e ha detto 'insomma'... (E corre via.)

NADIA: Ah, cominciamo bene.

GIANNA: Io, damme retta, m'organizzerei co' Filiberto e Giulia.

NADIA: E che io no?... Ma che quelli cianno la Ypsilon. Pensace chiusi in quattro, de piena estate, nel deserto... a parte tutto il resto, a me già la cosa che me spaventa, sarò pure esagerata, ma è la puzza.

SISSI: (Nel senso di 'Vade retro') Te prego!... Io l'ho sperimentata in Spagna co' Gigi Borla che già je dava giù de suo, e avojia a fa' imbarcate d'alberetti deodoranti! Che poi te contaggia, e lì è proprio er massimo der minimo. Che nun c'è pietà: te la porti appresso dapertutto. A lui, 'na vorta ritornati, je ce sarà voluto almeno un anno pe' reintegrasse nel suo Aqua Velva da cerimonia. Che già è tutto dire.

NADIA: E considera che la Spagna ancora nun è Africa.

SISSI: Recupera er Camper, damme retta.

NADIA: 'N effetti...

FLAVIA: (A Enrico, mutissimo) Mò che t'ha ripreso? 'N'artra crisi?...

ENRICO: (Frustratissimo) Quella ammazza se era punizione... grossa come 'na casa. (A Flavia) Ciò ragione o no?... A forbice è entrato, da spaccallo. Poi pare che me l'invento.

FLAVIA: Ch'ero distratta, nun te so dì.

(Enrico, immalinconito, si mette a palleggiare goffamente con una pietra.)

PIA: Oh, ma quanto manca?

SISSI: Aspetta e spera! Semo ancora al primo tempo, troppi ne devono pijà.

FLAVIA: (A Enrico) Ma se ti va di giocare diglielo.

ENRICO: (Vergognandosi calcia via la pietra.) Ma no, così... poi oggi, davvero, non è che ciavessi una gran voglia. Giusto perché oramai je l'avevo promesso che sarei venuto, e allora...

(Le altre ragazze, intente a seguire la partita, esplodono in un applauso accompagnato, al contempo, da esclamazioni di incitamento e disappunto. Come per un'azione non andata  buon fine. Gianna scatta. Enrico e Flavia non ci fanno caso. Lui deglutisce, poi come per cambiare discorso...)

ENRICO:E tu... tu finisci quest'anno, vè?...

FLAVIA: Mh, mh. E tu?

ENRICO: No, io ho finito du' anni fa.

FLAVIA: Ma và?!...

ENRICO: Eh.

FLAVIA: Cavolo, sembri più giovane.

ENRICO: Che già stavo un anno avanti, poi ho fatto anche il salto.

PIA: (Che ha colto) Ammazza, Einstein!

FLAVIA: (Sempre a lui) E fai l'università?

ENRICO: Sì, a Lettere. Ma lavoro anche a bottega co' mi' padre. - Tu, invece?

FLAVIA: (La risposta priva di accenti dialettali è segnale di argomento serio.) A me quello che mi piacerebbe è restauro, ma è ancora tutta da vedere.

(Con passo poderoso esce dal campo Furio. Le ragazze ne accolgono l'arrivo con un fioccare di complimenti che il ragazzo sembra ignorare mentre, con gesti bruschi e quasi incauti, inizia a lacerare la benda che lo stringe al ginocchio. Gianna lo fotografa ripetutamente.)

FLAVIA: (Costernata) E mò?...

FURIO: (Senza neanche guardarla) Co' tutta 'st'impalcatura manco me movo. Tanto si pisto forte nun sento gnente.

FLAVIA: Fu', te lo ripeto una volta e poi basta: qua è la volta che ti rovini per davvero.

FURIO: (C.s.) Quando ci tengo i cerotti è più che sufficiente.

FLAVIA: Bontà tua.

NADIA: (A Furio) E dimolo  che sei sempre er mejio!...

FLAVIA: Brava... dajie pure corda.

NADIA:  Perché? Se je pare de poteccela fa'...

FLAVIA: Sì, hai trovato!...

FURIO: (Alzandosi e gettando via le fasce) Dio della sfiga, pensaci tu!

FLAVIA: (Col solito risentimento) Mi vuoi dire adesso questo cosa c'entra?...

FURIO: (Dardeggiandole contro uno sguardo assassino) Già, perché non l'hai visto il palo che ho preso!...

FLAVIA: (Smarrita) Eh?...

FURIO: (A Enrico) Almeno tu l'avrai visto!...

ENRICO: Confesso, Fù... m'è sfuggito.

PIA: Ma che siete ciecati?... Prima: da ducento metri... 'na sberla...

MARA: Io sì! Io sì!... Grande! Grandissimo!

GIANNA: Non l'hai sentito che t'avemo pure fatto l'applauso?... Te ce ho anche fotografato.

(Furio, senza dare più retta a nessuno, rientra in campo per raggiungere i compagni che, già da qualche tempo, stanno lanciando al suo indirizzo richiami schiamazzanti per incitarlo a riprendere il gioco. Sul gruppo che resta a fare da pubblico aleggia un'ombra di lieve imbarazzo. Un silenzio, poi...)

ENRICO: Comunque nun me l'aspettavo: ha proprio ripreso a carburà.

FLAVIA: Davvero ti pare che sì?...

ENRICO: Manco poco.

PIA: (A Flavia) Certo che potevi dajiela 'sta soddisfazione... ha sfoderato 'na prodezza... - io nun ce capisco tanto ma era proprio da vedè.

SISSI: E ciai fatto caso come ha preso e s'è tirato via quella fascia?... Ammazza... manco Rambo!...

GIANNA: Hai vojia a dì: la classe nun è acqua.

FLAVIA: (A Enrico) A ogni modo, pe' tornà a prima, è più un'idea che altro, perché non è che sia tanto facile di riuscire a farlo.E dico solo cominciare.

ENRICO: Che?

FLAVIA: Restauro.

MARA: (Che aveva ripeso a segire la partita, con slancio) Rigore! Rigore!... (A Sissi) Che vuol dire che tirano da là? Che è rigore, no?...

SISSI: Boh, nun lo so... me pare.

ENRICO: Oh cavolo, che è risuccesso?

MARA: L'ha parata co' le mani, è rigore.

PIA: Ammazza, alla grande!

ENRICO: L'ha parata chi?

MARA: Non il portiere, quell'altro: il perticone riccio.

ENRICO: E sì che j'ha dato er rigore!

MARA: Ma lo dovevi vedè, ha proprio fatto un tuffo pe' caccialla via!...

PIA: (A Flavia) 'Sta volta nun te fa' ritrovà impreprata: a tirà è stato l'omo tuo.

NADIA: Già, ma prego notare che a passajiela è stato chi? Osvalduccio mio.

FLAVIA: E mò chi lo batte? Furio?

ENRICO: Dovrebbe.

FLAVIA: (Cercando di individuare qualcuno a distanza) Ma quello che fa'?... Ce sta sempre, sì... nun è che se n'è annato...?

ENRICO: No, sta lì, sta lì.

FLAVIA: (C.s.) Mica lo vedo.

ENRICO: Là che è uscito fori: affianco agli spogliatoi.

FLAVIA: (Forte, per raggiungere Furio con  i suoi incitamenti) E vai! Forza  amore! Fajie vedè chi sei! Vai! Vai!... (E si fa il segno della Croce dando evidente spettacolo della sua apprensione.)

(Gianna si predispone a scattare.

Un tempo di attesa cui farà seguito, in un impeto di delusione, un coro di 'Nooo!')

ENRICO: Aspetta che je lo fa ripete'! Aspetta che je lo fa ripete'!

FLAVIA: (Con slancio) Nel senso che nun vale?

ENRICO: E no, perché vabbè je l'ha parata ma s'era mosso tre ore prima. S'è visto benissimo che ha tirato svojiato apposta: tanto lo sapeva che jie lo doveva fa' ribatte'. (Appludendo) Bravo, arbitro, bravo!

PIA: (Sospettosa) Ah, s'è visto...

ENRICO: Artroché!

PIA: Tu dici?

ENRICO: E dico sì.

FLAVIA: Scusa, ma perché nun ce devi crede'? Lui le saprà le regole, no?

PIA: Ce credo, ce credo.

FLAVIA: (A Enrico) E il tipo lì... pure lui se ne sarà accorto, vè?... Nun  è che je dà peso...

ENRICO: (Appuntando lo sguardo) Bona, che sta a ripjia 'a rincorsa!...

(Di nuovo silenzio. Di nuovo Gianna pronta con la sua macchina fotografica. Di nuovo un tempo di attesa. E, quindi, la rinnovata delusione.)

ENRICO: E no, cristo!... Du' volte de fila... du' volte de fila...

PIA: Ma io  me domando e dico come se fa a tirà così? Tre metri fori.

FLAVIA: Vorei vedè te col ginocchio in quelle condizioni!...

PIA: Che c'entro io, scusa?...

FLAVIA: Se fa presto a parlà. Una apre la bocca e je dà fiato.

ENRICO: Che c'è arivato troppo sbilanciato dietro... se uno non copre la palla bene con il corpo poi è chiaro che jie schizza in cielo. E proprio mò, porca miseria, che se stava pure a riprenne'.

 FLAVIA: (Rassegnata) Tanto oramai...

ENRICO: Mica è detto. Chi sa valutà lo dovrebbe capì lo stesso  quand'è che uno cià i piedi bboni oppure no.

FLAVIA: Tu pensi?

ENRICO: Insomma...

(E riprendono a seguire la partita.)

PIA: (A Gianna) Oh, tu che la stai a fa'... ma è vero che Legge è 'na scemata?

GIANNA: Nel senso?

PIA: M'ha detto Roberto che su' fratello, che mò deve da' l'esame de stato pe' diventà avvocato, non ha studiato praticamente gnente e s'è laureato finendo solo un anno fori corso. A 'sto punto, quasi quasi ce farei un pensierino.

GIANNA: Io veramente ancora esami non è ho dati, ma che sia 'na scemata non direi. Dipende. Se uno co' lo studio è abituato a sfangassela, allora pure Ingegneria finisce che è 'na scemata, sennò nun te crede... perlomeno su certe materie nun te salvi. A Diritto Civile, ad esempio, so' tremendi... ciò 'n amico adesso che ho conosciuto in Facoltà che so' già du' volte che ha provato a dallo. E ti dico uno che studia. Mò difatti lo preparamo insieme.

MARA: Architettura deve esse' divertente, che lì so' tutti esami de gruppo.

SISSI: C'è mi' fratello che ce s'è iscritto. Almeno ha cominciato a scopà.

PIA: E invece è vero che se una fa Geografia se po' laureà in du' anni?

SISSI: Sì ma poi che ce fai? La parrucchiera.

NADIA: (A Gianna) E 'st amico... raccontece 'n po'.

GIANNA: Chi?

NADIA: Quello dell'esame.

GIANNA: (Arrossendo) E sù!...

NADIA: Dai che t'ho fatto tana.

GIANNA: Ma niente, uno così.

NADIA: (Autocompiacendosi) Che volpe! Che volpe!

(Furio esce dal campo zoppicando vistosamente. Alex gli viene dietro con aria apprensiva.)

ALEX: A' Fù, mbè?...

FURIO: Mejio che smetto, ciò 'n male cane.

FLAVIA: Se Dio vole, te sei deciso.

ALEX: Capirai, si esci te annamo proprio pe' stracci.

FURIO: (Senza neanche girarsi a guardare l'amico che vorrebbe convincerl a continuare) Te dico, pe' quello che stavo a combinà...

FLAVIA: Dai, sdraiati qui.

(Sopraggiunge anche Stefano.)

ALEX: Magari senza che te sforzi...

STEFANO: Se è per il rigore, quello pò capità a tutti.

FURIO: Io non sono tutti. (E geme sedendosi in terra)

FLAVIA: Oh, ma lo volete lascià perde'?!... Poi ce pensate voi a ripagallo pe' novo!

ALEX: (A lui) Nun vojio insiste'. Si te pare che è giusto così... (E va.)

STEFANO: Comunque, Fù... hai sfoderato due o te numeri da strabuzzà l'occhi.Vedrai che quello se ne sarà accorto, altro che no. Poi m'o dici si ciavevo ragione. (A mò di saluto) Mi raccomando, in gamba!... (E va anche lui.)

NADIA: Davvero sei stato grande, mica pe' scherzo.

FLAVIA: (Riferendosi alla ferita) Guarda come te la sei ridotta!... (Recuperando le bende) Mò queste vojio sapè chi te le rimette.

FURIO: (Senza badarle, gridando ai compagni in campo) Aò... rientra Millepippe, io nu' je la faccio!...

ENRICO: Sicuro, Fù?

FURIO: Va', va'... 

ENRICO: (Saltellando) Cavolo, così però... senza nemmeno ave' fatto un po' de riscaldamento, 'na contrattura ce vò gnente!...

FURIO: (A Flavia)  Per il motorino, allora, semo d'accordo: ce ripassi te.

FLAVIA: Ma sì, nun te preoccupà.

ENRICO: (Sbracciandosi) Cambio!... Arbitro, cambio!

FURIO: Questo se crede de giocà all'Olimpico.

(Enrico trotterella in campo.)

FLAVIA: Molto male?

FURIO: Da morì.

SISSI: Bisognerebbe vedè si s'è gonfiato.

FLAVIA: Se tocco che te senti?

FURIO: Aaaah!...

FLAVIA: Nun vorrei ce fosse qualche complicazione seria.

FURIO: Dio bono, nun pò esse'... manco ho  provato a sforzallo più de tanto. Poi l'hai visto: me ce sò magnato pure un rigore, mortacci sua!

FLAVIA: E senza che smadonni.

SISSI: Mica uno: due.

FLAVIA: (A lei, scattosamente) Il primo te l'ha spiegato: l'ha tirato moscio apposta!

SISSI: E pure il secondo.

FURIO: Ma perché nun ve fate cinque chili de cazzi vostra?!

FLAVIA: (A riprenderlo) No, eh!

PIA: Io nun ho aperto bocca.

(Osvaldo, pallone in mano, supera la linea del fallo per andare a battere un corner.)

OSVALDO: Come va, Fu'?...

FLAVIA: Male va. Ciò idea che se sta ingrossà come un melone.

PIA: Perché nun provi a tojie 'n po' tutto 'sto malloppo?...

OSVALDO: (Agli altri) A rigà, fermi 'n attimo!... C'è il ginocchio de Furio che dice è un gran casino!...

(Flavia, con cautela, comincia a tirar via i cerotti. Altri ragazzi, già visti in precedenza, , si avvicinano per capire cosa sia successo.)

FLAVIA: Guardalo qua com'è conciato!...

CARLO: (Tentando di fare capoccella) Mbè, che d'è?...

MASSIMILANO: Me' coghlions... Ma che te ce sei messo er silicone?...  Pare  'na tetta della Dellera ...anvedi come s'è pompato!

FURIO: Se pò sapè che ciai da ride', vaffanculo!

FLAVIA: Ma è possibile che nun sai parlà senza dì parolacce?

FURIO: A' Flaaa'!.....

CARLO: Dirò 'na stronzata... ma a provà co' degli impacchi?

MASSIMILIANO: Te sei giudicato da te.

CARLO: Invece tante volte la cosa più semplice è quella che te risolve.

MASSIMILIANO: Cioè, qua proprio... la filosofia de nonna Papera!

CARLO: Armeno è ‘na proposta.

FURIO: Cazzo, me batte che pare me sta a scoppià!

MASSIMILIANO: (A Furio) Che magari poi vai a vedè è ‘na scemenza, tutto è a nun sbajià er dafasse. Se penso a un cugino mio che ciò in Belgio: j’hanno tolto le tonsille e c’è rimasto sordo!

SISSI: Ma dài, come po’ esse’?

MASSIMILIANO: ‘Na roba d’anestesia. Tipo che hanno sbajiato mira e l’hanno mannato in tilt. Ancora sta in causa.

FURIO: Se consolamo.

GIUSSANI: (A Massimiliano) Ar posto tuo farei mejio a stamme zitto!

MASSIMILIANO: No, scusa, mò questo che c’azzecca? Farei mejio in che senso?

GIUSSANNI: Nun me fa’ parlà che ce lo sai benissimo.

MASSIMILIANO: Rinfrescame la memoria perché io proprio...

GIUSSANI: Già te lo sei scordato de quanno mi’ padre è annato ‘nfrocià co’ la macchina e ce s’è messo di mezzo er tuo che se trovava a passà e l’ha voluto tirà sù a tutti i costi?...

MASSIMILIANO: Embè? Che se credeva de fa’ bene.

OSVALDO: Ma perché? Che ha combinato?

GIUSSANI: (A Massimiliano) Djielo tu che ha combinato!

MASSIMILIANO: Invece d’esse’ grato... un altro ce metteva assai a girà largo e largo e annassene.

GIUSSANI: Magari! Ma lui no... se n’era uscito co’ l’idea de fa’ la bona azione, capito?... Mio papà, poraccio, dajie a strillà: “Mi lasci giù! Mi lasci giù!”... quello gnente. Oh!... Solo per come l’ha preso me l’ha sfarinato tutto.

OSVALDO: Ma sfarinato in che senso?

GIUSSANI: Come er cristallo, che si lo vai a picchià ner punto giusto te se sbrega da ‘n capo all’altro. Paro paro.

GIANNA: Porello, e mò?

GIUSSANI: E mò se lo trascinamo.

MASSIMILIANO: Ma che voi?... Manco l’avesse fatto de malafede. E’ annata così e pace! Poi, oh... più che fasse carico de la carrozzella che potevamo fa’?...

FURIO: No, avanti avanti!... Stamo a fa' salotto, stamo. Mò pure i conteziosi personali.

GIUSSANI: E se questo me fa ricordà!...

MASSIMILIANO: E ‘nnamo sù... mettemoce ‘na pietra sopra su sta storia che a casa nostra nun se ne più.

GIUSSANI: Fosse pe’ voi, ‘na lapide ce potevamo mette’.

FURIO: No, dico... quarcun artro cià da fa’ proteste? Prego, s’accomodi... stamo qua apposta!....  Ah!...

FLAVIA: E se te tocchi!...

GIANNA: Certo che così nun pò restà. 'Na decisione va presa.

ANDREA: L'arbitro sta fa' segno che se ne deve annà. Che je dimo?

MASSIMILIANO: E quanti cazzi!

ANDREA: Sì, ma che je dimo?

ALEX: (Forte, verso il campo) A' Bruce Leeeee!... Nun fa' er bastardo!... quello che c'è da recuperà se recupera. Poi te damo lo straordinario.

STEFANO: Vacce piano, che quello nun sai come s'allarga.

NADIA: (A Flavia) Io dico l'idea de trascinallo sino a qua!... Ma come t'è venuto de dajie retta?...

FLAVIA: Ah, mò di nuovo io! Te ce volevo vedè te a tenello.

(Furio stringe i denti per il dolore.)

CARLO: Insisto che un po' de borossiggeno male nu' je po' fa'.

MASSIMILIANO: Ahia, questo!

GIUSSANI: Scusate, ma Macioci 'ndò s'è cacciato? Sta ar primo anno de Medicina, quarcosa ce deve capì pe' forza.

FLAVIA: Mbè, ma allora chiamatelo, che state a spettà?

GIUSSANI: (Chiamando) Maciociiii!... A' Maciò!... Maciociiii!...

OSVALDO: Se pò esse' più scemi?! Sta là a giocà cor gatto.

GIUSSANI: Ma te pare!

MARA: Per me è centomila volte mejio che te lo fai rivedè ar Pronto Soccorso.

FLAVIA: Ma intanto almeno pe' arivacce...

GIUSSANI: (Di nuovo chiamando) A’ Maciò!... Ma  che je stai a combinà a quella pora bestia? Vie' qua a vede' er ginocchio de Furio se ce poi fa' quarcosa! Sbrigate, annamo!...

ENRICO: Io l’unica cosa dico è speramo che nun t'ha preso ai legamenti.

FURIO: Tiè!

ENRICO: No, perché si ce stanno complicazioni agli adduttori allora sì che è brutta pe' davero.

FURIO: Aritiè!

(Arriva Macioci, capelli pel di carota, un po' gnocco e lungagnone. Papalina di lana azzurra in testa.)  

GIUSSANI: Ma te dico io!... Manco un ragazzino...

MACIOCI: Che era caruccio... je facevo zighi-zighi sulla pancia e quello colle zampette me faceva pantofolina.

GIUSSANI: Viè qua, piuttosto!... Guarda che poi combinà a 'sta gamba.

(Macioci, con aria impacciata, si dispone a indagare la gamba malconcia di Furio.)

MASSIMILIANO: E' arivato er mago d'Arcella.

ALEX: E zitto 'n po'!

MACIOCI: Che io, veramente... ciavrei quarche problemino.

FURIO: Cioè?

MACIOCI: Beh, che io, de esami, l'unico che ho fatto è 'Soria della Medicina'. Ar massimo de potrei dì, in un caso del genere, che avrebbe potuto fa' Galeno.

FURIO: E che avrebbe potuto fa' Galeno?

MACIOCI: Forse amputà.

FURIO: Cheee?

GIUSSANI: Annamo bene!

FLAVIA: (Sovrapponendosi) Ma che sei scemo?!

MACIOCI: Che c'entra? Poi de progressi ce ne so' stati, mica no!

GIUSSANI: Ecco, a noi quelli c'enteressano.

FURIO: Ho capito, va'... almeno la benda me la sai rimette'?

MACIOCI: Vabbè, la benda sì. Capirai, ciò mi' nonna cor decubito che je la devo rifà tre vorte ar giorno.

FURIO: Allora rifamme la fasciatura che me ne torno in ospedale.

STEFANO: (Facendo volare via il cappelletto a Macioci) Ma come te potrai mai fidà de uno co’ ‘na scuffietta così?...

MACIOCI: E piàntatela, che me fai pjià ‘n’infreddata ar trigemino! Co’ la sinusite che ciò!...

MASSIMILIANO: Te giuro, Fù... avrei preferito fosse successo me.

ANDREA: Va buò, intanto direi che noi potemo riprenne.

OSVALDO: Anzi, damose 'na mossa che io manco lo so si faccio in tempo a restà sino alla fine.

NADIA: Che ciai da fa'? Nun annamo via insieme?

OSVALDO: Basta che se sbrigamo pe' le sei che devo portà Diabolik dal veterinario. 

NADIA: Più pronta de così! (E Osvaldo rientra in campo mentre il piccolo capannello comincia a sciogliersi. Enrico e Flavia si lanciano un'affettuosa occhiata di saluto.)

MASSIMILIANO: (A Furio) Fa’ che segno, te lo dedico. (Va)

GIUSSANI: A' Maciò, ma tu' fratello oggi com'è che nun è venuto?

MACIOCI: (Che già si è messo all'opera) E’ che mò cià la donna.

GIUSSANI: E se la poteva portà. Voi quando siete spaiati nun combinate un cazzo.

MACIOCI: Vabbè, c'è affiatamento, ma che vor dì? Poi ognuno cià la sua personalità.

GIUSSANI: Sè, sè... dalla prossima volta nun se discute: o tutt'e due o nessuno.

MACIOCI: E vajielo a dì te! Che questa l’ha proprio infracicato. E chi ce ragiona più co’ mi’ fratello?... Te dico solo che mò fra du’ mesi dovevamo partì insieme pe’ annà in Grecia e già ho capito che me tocca de cercà un ricambio. Anzi, se c’è qualcuno che j’enteressa...

FURIO: Tu pensa a strigne bene!

MACIOCI: Così, pe’ fa’ circolà la voce.

FURIO: Intanto pensa a fa’ circolà il sangue. 

GIUSSANI: (Sempre a Macioci) Mò pe' quanto ce n'hai?

MACIOCI: Il tempo de risistemallo. 'N attimino me ce vò.

FURIO: (A Giussani) Intanto che finisce, ar posto suo facce annà Millepippe.

GIUSSANI: Dici?

FURIO: Dico.

GIUSSANI: (Gridando in campo) A' Millepi'.... tu piazzete  stopper al posto de Macio finché sta fori.

MACIOCI: (Senza smettere di trafficare con le bende) Vabbè, però che mannate Millepippe ar posto mio me deprime.

GIUSSANI: Già, ma mò davanti co' chi restamo?...

SISSI: (Accennando col capo in direzione della scarpata) Guarda 'n po' si a quello je va de giocà. E' 'n'ora che sta lassù.

GIUSSANI: (Realizzando a chi si riferisce Sissi e chiamando in quella direzione) Rigazzì... che te va d'entrà 'n pochetto?... Oh, sto  dì te!...

GIANNA: T'ha fatto sì. E' pure già vestito.

FURIO: Ecco, buon divertimento.

GIUSSANI: (C.s.) Dai sù, datte 'na mossa!... (Agli altri) Oooh, il pischelletto gioca co' noi!... (Al ragazzo, che evidentemente è ormai già in campo, e mentre si appresta a sistemare il pallone per battere l'angolo) A' coso, pe' regolatte: tu stai col barba, i due ricci, co' quello che je se vede la canotta a strisce, coi due colla fascia de'a Roma, co' quello che cià il calzerotti verdi e co' quello là in fonno che pare Woody Allen... vabbè, poi che giochi lo capisci.

GIANNA: Oh, ma che je stai a da’ tutte ‘st’informazioni?... Ve siete fatti le majiette apposta!

GIUSSANI: Che nun ce so' abitutato. (Di nuovo lanciando la voce al ragazzo) E  tiette al centro e vedi de coprì. - (Agli altri) Allora, pronti?... Arbitro, posso batte'?.... Dentro! Dentro! (Alle ragazze) E fate 'n po' de spazio!...

NADIA: Eh, che assillo!

GIUSSANI: E t'ho detto scròstate!

NADIA: Quando uno è signore!..

(Giussani prende una breve rincorsa e finalmente batte.)

 

Evidentemente succede qualcosa. Tutti rimangono impietriti. Compreso Giussani. Infine...)

MACIOCI: Mortacci stracci... hai visto er biondo che goal che ha fatto!...

GIUSSANI: (Allibito) E chi è entrato?...Terminator!... Ma manco du' Maradona messi 'nsieme... (Poi animandosi e correndo a centrocampo) E vai che adesso se li magnamo!!!.... Ciavemo er mostro, ciavemo!...

GIANNA: 'Ndò sta la macchina? 'Ndò sta la macchina?... (Recupera la macchinetta fotografica e scatta in direzione del campo.)

SISSI: Oh, poi nun dite che nun ciò avuto occhio!...

MACIOCI: A' Fu', ma hai visto?... 'Na rovesciata allucinante... s'è arampicato a pijalla de collo pieno dove quelli nun ciarivavano de testa. - Ma l'hai visto, sì?...

FURIO: (Terreo) Ho visto, ho visto.

MACIOCI: Che poi è un cazzo e un barattolo.

NADIA: A' Pia... tu che stavi tanto a disprezzà: ridendo e scherzando è pure caruccio.

PIA: Io non ho aperto bocca. Ho detto solo che me faceve specie d'avecce uno che me spiava alle spalle senza sapè chi fosse. Capirai, se ne sentono poche!

MACIOCI: Mò c'è da divertisse, vero Fu'?...

FURIO: Eeh, te dico...

FLAVIA: Vuoi che te vada a prenne' qualcosa da beve?

(Furio risponde con un rifiuto scontroso. Come gli altri, pur se incupito, non riesce a staccare gli occhi dal campo.)

MACIOCI: Aò, pare che so' dieci in uno. Già j'ha ripreso palla. - (Direttamente a Furio) Quello chi sa se cià avuto pure qualcuno che j'ha insegnato. Io mica lo so se certe cose da solo te l'impari. Magari in qualche giovanile. Per me pò esse'.    

FURIO: E chi se ne frega nun ce lo metti?!

MACIOCI: (Con sgomento infantile) Perché fai così?

FURIO: Tanto pe' comincia', considera che è bello riposato.

FLAVIA: (Per dargli ragione) Beh, questo è vero.

FURIO: E che so' 'na manica de pippe.

MACIOCI: Vabbè, ma so' sempre gli stessi de prima.

FURIO: Ma vattene in Grecia, va’!

MACIOCI: Ce vado, ce vado.

MARA: Più che altro, che ne so, è curioso: cià un modo de corre' che pare che balla. Io nun l'ho mai visto uno giocà così.

MACIOCI: Guardalo guà come li sta a saltà!... Hai visto, Fu'?... E a quello ce vò er fucile pe' fermallo.

GIANNA: E ciavete fatto caso come se move bene d'anca?

SISSI: (Maliziosa) Graaande indizio.

MARA: E te l'ho detto che pare che balla.

SISSI: Aò, ma sapete che ve dico? Che a me quasi quasi me fa pure sesso.

FLAVIA: Nun t'eccità.

SISSI: Comunque ce tengo: la scoperta è mia.

MARA: L'unica, forse, è che è un po' troppo foruncoloso.

MACIOCI: Zitto 'n po'!.. Guarda il tizio lì come ha allungato l'occhio e s'è messo a scrive' fitto fitto sul blocchetto. Che starà a scrive', Fu'?...

FURIO: 'Na lettera alla fidanzata.

MACIOCI: A me invece me sa che ce sta a fa' 'n pensierino, altro che storie!

FLAVIA: Intanto lo tocchi e vola. Basta vedè che va giù come gnente.

SISSI: Bella forza, je so' saltati addosso in tre.

FLAVIA:  (Sempre con l'intento di spalleggiare Furio) Comunque, fragilino è fragilino. Proprio di corportura, mica dico che è colpa sua.

(Irrompe in scena Rita sulla stessa bicicletta con cui l'abbiamo visto all'inizio. Frena bruscamente e butta la bici in un angolo. E' affannatissima; si guarda intorno.)

RITA: (A tutti) Oh! Che v'è capitato de vede' un tipo secco secco, pallidino e bionno... che ciavevo appuntamento e me doveva sta' aspettà?!... (Guardando l'ora) Madonna, ho fatto tardissimissimoo!

GIANNA: Fosse mica lui?...

RITA: Lui dove?

GIANNA: (Indicando) Quello che è entrato a giocà.

RITA: (Notandolo) E te pareva!... Vabbè anzi... meno male, và... ciavevo quasi paura che se n'era già annato. Quello cià 'na palla ar posto der cervello. (Forte) Emilioo!... Emilioooo!...(Agli altri) Che sarebbe il mio ragazzo. (Di nuovo forte) A' Emììì!...

SISSI: E nun ce lo distrarre!...

RITA: ( A lui, gridando) Spìccete che pe' quello dopo famo ancora in tempo!... (Agli altri) Dovemo annà ar cinema. Vero è che m'aspettava mezz'ora fa.

FURIO: E potevi arivà prima.

RITA:  Che m'è scappato er criceto e volevo prima avello ritrovato. Quello si lo becca mi' padre c'è caso che  pjia e me lo butta ner cesso. Nun ce mette mica tanto.

MACIOCI: Ciavrai mica in testa de portaccelo via?

SISSI: Sèè... nun ce pensà nemmeno!

RITA: E già, io mò, seconno voi,  passo il pomeriggio a giramme i pollici!...

MARA: (Seguendo le azioni di gioco) Tiè, che l'hanno risdraiato 'n'artra vorta!

NADIA: Certo nun sanno che fajie de peggio.

RITA: (Sedendosi, rassegnata ad aspettare) Strapalleeeee... (Mani intrecciate alle caviglie, mento sulle ginocchia, gote pronte a sbuffare e sguardo a cielo.) 

MACIOCI: E vai che cià dato la punizione! Vabbè che è lontana.

MARA: La batte il biondo! La batte il biondo! (Gridando, mani alla bocca) Vai, supermitico, vai!!!

(Un tempo di attesa, poi Macicoci e tutte le ragazze, tranne Flavia che è partecipe del malumore di Furio e Rita - a cui non gliene può importare di meno - , saltano in aria  urlando 'Gooooool!'.)

MACIOCI: Nun ce se crede! Nun ce se crede!... Ma come ha fatto? Pareva telecomandato, pareva. E quello nun cià 'n piede, cià 'n pennello!

SISSI: Troppo incommensurabile! Troppo incommensurabile!

(Le esultanze e i giubili si protraggono ancora per alcuni secondi tramutandosi, poi, in coretti di 'Alè oh-oh!...' inneggianti il piccolo idolo biondo. Gianna scatta a ripetizione.)

FLAVIA: Come va il ginocchio, amore?...

FURIO: E come vòi che vada?!... Va.

FLAVIA: Mò vedrai come se rimette a posto.

FURIO: (Quasi tra sé) Se mi lasci, t'ammazzo.

FLAVIA: Che hai detto?

FURIO: ...Gnente, gnente.

(Una breve pausa)

FLAVIA:Beh, nun sei contento?... Avemo pareggiato.

(Furio non risponde. Reclina il capo. Flavia lo osserva preoccupata. Rita, annoiata, guarda l'ora, sbadiglia, sopporta. Gianna scatta.

Continuano i cori di 'Alè oh-oh!...' mischiati al traffico rombante del cavalcavia.

Così ancora  per alcuni secondi, poi le luci cominciano a degradare sino al buio.

Nel buio cessano i rumori del traffico ma non il coro festante delle ragazze.

Da ultimo, silenzio.)