SCUOLA GRAFICA SALESIANA - PALERMO
PERSONAGGI
(in ordine di entrata)
Caifa
Anna
Siloe
Berea
Giuseppe dArimatea
Lesem
Nicodemo
Malco
Giuda
Ges
Pietro
Giovanni
L'Angelo
Giacomo
Una serva
Ponzio Pilato
Longino
Barabba
Maria Maddalena
Maria, madre di Ges
Veronica
Simone di Cirene
Sacerdoti, gruppo di donne, popolo
Riservati tutti i diritti Propriet artistico-letteraria dell'autore
Recapito dell'autore: Via Villa Grazia, 489 - PALERMO
ATTO I
Scena i - Il Sinedrio
Sono in scena, seduti nei loro seggi: Caifa, al centro, alfa sua destra Anna, poi Lesem e Berea, alla sua sinistra Siloe, poi Nicodemo e Giuseppe
CAIFA. - Sacerdoti, dottori, anziani del popolo, come possiamo tollerare, ancora, le offese che ci vengono fatte? Un volgare mistificatore si fa chiamare nuovo Messia; calpesta le nostre leggi, attrae il popolo con falsi miracoli, crea scompiglio nel tempio e congiura ai nostri danni. E noi possiamo tollerare. tutta questo senza intervenire?
ANNA. - Se gli consentiamo ancora di gettare: il discredito sopra la nostra casta, il popolo finir col credere in lui e noi perderemo il nostro prestigio e la nostra supremazia. Allora vedrete i romani distruggere il tempio ed il nostro paese.
CAIFA. - Capite bene, allora, come sia preferibile per noi che un uomo solo muoia piuttosto che far perire tutto il paese!
SILOE. - Che aspettiamo, allora? Si punisca il responsabile.
BEREA. - Certo! La morte a chi turba l'ordine della Giudea per impadronirsi del regno.
GIUSEPPE. - Ascoltate. Egli non aspira al governa della Giudea o della Galilea. , invece, un uomo umile e giusto.
LESEM. - un ribelle!
BEREA. - Uno stregone.
SILOE. - Dice di essere il creatore del cielo e della terra.
LESEM. - Vuole essere ad ogni costo il Messia.
GIUSEPPE. - Egli veramente l'uomo che aspettiamo.
NICODEMO. - S, il nostro Messia.
CAIFA. - Ma il Messia viene, forse, dalla Galilea? Non dice la sacra scrittura che il Messia verr dalla stirpe di Davide e dal villaggio di Betlemme, patria di Davide?
GIUSEPPE. - Ascoltate. Nessuno ha mai parlato come parla quest'uomo.
NICODEMO. - Io credo che egli sia veramente il figlio di Dio.
ANNA. - Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea! Siete stati, dunque, sedotti anche voi? Ma ditemi, c' forse uno solo dei capi o dei farisei che abbia creduto in lui?
GIUSEPPE. - Tutto il popolo con lui.
SILOE. - Il popolo non conosce la legge.
NICODEMO. - La nostra legge condanna, forse, un uomo prima di averlo ascoltato e senza sapere che cosa faccia?
CAIFA. - Ma sei forse galileo anche tu? Consulta la legge e vedrai che non pu sorgere alcun profeta dalla Galilea.
GIUSEPPE. - Sacerdoti, principi, perch volete infierire contro un innocente? A tutti sono noti i suoi benefici: ad un suo cenno parlano i muti, i sordi odono, i ciechi vedono. Davanti a tutto il popolo, poi, ha dato prova di grande sapienza.
SILOE. - Ma da dove viene a costui tanta sapienza?
NICODEMO. - Noi sappiamo che venuto da Dio come maestro, perch nessuno pu fare tanti e tali miracoli se Dio non con lui.
CAIFA. - Nicodemo, come puoi parlare cosi davanti Il noi?
Non vedi come questo uomo sobilla il popolo contro le nostre leggi e contro di noi? Le tue stesse parole lo confermano. Tu stesso sei vittima del plagio di costui.
NICODEMO. - Senti, un malfattore non si presenta con un aspetto tanto nobile.
ANNA. - Allora chiaro: voi siete complici di quell'impostore!
NICODEMO. - S. Le sue parole e le sue azioni ci hanno convinto che egli veramente il Messia.
GIUSEPPE. - Sono un giudice, e come tale voglio giustizia. Se quest'uomo ha peccato subisca pure i rigori della legge; ma se non colpevole, dovrei farmi vostro complice per saziare la vostra sete di vendetta?
SILOE. - Giuseppe! Parlando cos offendi te stesso.
GIUSEPPE. - No! Offendo tutti voi.
ANNA. - Giuseppe, sii prudente, Taci! Ogni tua parola ti compromette.
GIUSEPPE. - Non tacer se si opprime un innocente. Ipocriti, abbiate il coraggio di giocare a carte scoperte. Volete apparire giusti agli occhi del popolo ma siete pieni solo di rancore e di odio. S, voi agite spinti solo dalla paura che Ges possa smascherare i vostri intrighi ed i vostri interessi.
CAIFA. - Giuseppe d'Arimatea, basta! Stai passando i limiti.
Noi abbiamo deciso che Ges di Nazareth colpevole e pertanto deve essere punito.
ANNA. - S. Ormai la sua sorte decisa.
GIUSEPPE. - Ciechi! Come potete chiudere gli occhi davanti all'evidenza? Perch rifiutate la verit? Come potete negare che egli sia il figlio di Dio? Condannatelo pure, ma non avrete mai la nostra complicit!
NICODEMO. - S, uccidetelo! Sfogate il vostro odio contro un innocente. Ma la maledizione di Dio vi colpir presto.
(esce con Giuseppe)
CAIFA. - Andate pure. Non temiamo le vostre minacce. Si arresti il Nazareno e lo si uccida.
SILOE. - Bene. Ma non durante la festa, per, affinch non nascano tumulti fra il popolo.
MALCO. - (entrando con Giuda) Sommo sacerdote, quest'uomo vuole parlarti,
CAIFA. - Chi sei? Che vuoi?
GIUDA. - Sono un seguace del Nazareno. L'ho seguito credendo di avere trovato l'uomo che poteva rivoluzionare la mia vita. Ma ora ho capito di avere commesso un grave errore. Ogni mia aspirazione stata delusa. solo un idealista, un visionario, un pazzo. Per questo lo denunzio a voi: non rispetta le leggi di Cesare; non rispetta le nostre leggi; aizza il popolo contro di voi; un ribelle.
ANNA. - Hai fatto bene a venire da noi. Ma non temere. Il sinedrio ha gi preso le sue misure ed ha deciso di arrestarlo e eliminarlo.
GIUDA. - E come pensate di prenderlo? Egli si render invisibile ai vostri soldati e si rider di loro. Ma io posso aiutarvi; per questo sono venuto.
CAIFA. - Sei disposto a consegnarlo nelle nostre mani?
GIUDA. - S, ve lo giuro. Datemi solo pochi soldati e far tutto quello che mi comanderete. Ma, capirete: un rischio grave per me. Cosa mi volete dare se ve lo consegno?
CAIFA. - Il sinedrio generoso verso chi gli devoto. (a Siloe) Dgli trenta denari d'argento (Siloe esce).
GIUDA. - (Perplesso) Trenta denari?!
CAIFA. - Certo. Tanto prevede la nostra legge quale indennizzo per uno schiavo (Siloe rientrato portando i denari. Caifa li d a Giuda).
GIUDA. - E va bene, ma ad un patto, per. Arrestatelo, tenetelo in catene anche per tutta la vita, ma che non gli sia fatto alcun male.
CAIFA. - Malco, prendi dei soldati e segui quest'uomo. Arresta il Nazzareno e conducilo qui. (Malco esce con Giuda). Sacerdoti, anziani del popolo, rallegratevi! Tra poco il nostro nemico sar nelle nostre mani. (Tutti si alzano e con grandi esclamazioni di gioia escono. Per ultimo Anna, che viene fermato da Giuseppe e Nicodemo, che rientrano).
GIUSEPPE. - Anna, che cosa ha deciso il sinedrio?
ANNA. - Il sinedrio ha deciso la salvezza del popolo d'Israele. Presto il Nazareno sar arrestato ed io far valere tutta la mia autorit per farlo morire in croce.
GIUSEPPE. - Ma perch tutto questo? Chiunque ricorso a lui stato consolato; ha fatto sempre del bene! Come potete condannarlo?
NICODEMO. - Anna, tu sei il pi anziano dei sacerdoti ed eri, anche il pi saggio, il pi giusto; eri il migliore di noi. Ora non sei pi tu. Perch sei diventato cos cieco e crudele?
ANNA. - Col passare degli anni tutto si vede con altri occhi. L'esperienza mi ha insegnato ad agire con maggiore prudenza. Fin quando il Nazareno rispett le nostre leggi, non feci nulla contro di lui. Ma ora egli mette scompiglio in tutto il regno ed mio preciso dovere far di tutta per eliminarlo.
(Si avvia. Giuseppe lo ferma).
GIUSEPPE. - Ma un delitto assurdo, ascolta.
NICODEMO. - Fermati, ti scongiuro.
ANNA. - Basta. Ho gi perso troppo tempo con voi.
GIUSEPPE. - I profeti, i libri sacri lo dichiarano nostro Signore.
NICODEMO. - Ha dato segni evidenti di essere il Messia.
ANNA. - Fantasie. Quest'uomo nasconde mille inganni. Sotto le vesti di agnello si nasconde un lupo. Sappiatelo: ormai perduto. E se voi lo seguirete subirete la stessa sorte. (Esce).
GIUSEPPE. - Vai, infame! Non abbiamo paura delle tue minacce!
NICODEMO. - Certo. Non saranno queste a cambiare le nostre idee ed a farci desistere dai nostri propositi.
(Entra Malco).
GIUSEPPE. - Malco ascoltami.
MALCO. - Non posso trattenermi. Ho un compito difficile e delicato.
GIUSEPPE. - Proprio di questo volevo parlarti. Senti: vogliono farti commettere un errore di cui ti pentirai amaramente. Non fare quello che ti hanno comandato.
MALCO. - Non posso rifiutarmi, lo sai. Il sommo sacerdote mi ha dato questo incarico e debbo obbedire. Arrester il Nazareno.
NICODEMO. - Ma come puoi far questo?
MALCO. - Ci riuscir. Ho con me una guida che non pu fallire. uno degli stessi seguaci del Nazareno.
GIUSEPPE. - E chi questo infame?
MALCO. - uno migliore di voi. Egli ci guider verso il suo rifugio e vedrete che lo trasciner incatenato per tutta Gerusalemme. E fra pochi giorni di questo Ges di Nazareth non ne sentirete pi parlare.
NICODEMO. - Vigliacco, sei pi crudele degli altri. (Esce con Giuseppe).
GIUDA. - (Entrando con i soldati) Soldati, amici, non temete. Dobbiamo prendere un solo uomo, ed a nulla varranno le sue magie. Ma affrettiamoci perch non ci sfugga col favore della notte.
MALCO. - Venite. Tra poco il Nazareno sar nelle nostre mani. Ed io stesso lo consegner al sommo sacerdote.
GIUDA. - Avanti. Il Nazareno gi nostro. (Escono tutti esultando).
Scena ii Il Getsemani
Ges inginocchiato a destra presso un masso. Pietro, Giacomo e Giovanni dormono sdraiati a terra a sinistra.
GES. - Padre, l'ora venuta.
Io ti ho glorificato sulla terra compiendo l'opera che mi hai affidato. E ora tu, padre, glorificami dinnanzi a te con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato, traendoli dal mondo. Ora essi sanno che tutto ci che mi hai dato viene da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato. Padre santo, custodiscili affinch siano una sola cosa come lo siamo noi.
Come tu hai mandato nel mondo me, io ho mandato loro. Preservati dal male e santificati nella verit. E non ti prego solamente per questi, ma anche per coloro che crederanno in me attraverso la loro parola, affinch tutti siano uno, come tu, padre, sei in me ed io in te. (si alza). Pietro, Pietro, dormi?
PIETRO . - Maestro! ...
GES. - Non potete vegliare con me?
PIETRO. - Perdonami maestro, perdonaci. (Sveglia gli altri) Giacomo, Giovanni.
GES. - L'anima mia tristissima fino a morirne. Vegliate e pregate con me (ritorna a pregare). Padre, giunto il momento in cui devo dare la mia vita per la redenzione dell'uomo. (pausa). Lo spirito pronto, ma la carne debole: padre, padre mio. Se possibile, allontana da me questo calice amaro (breve pausa). Per si faccia la tua volont e non la mia (pausa, poi si alza di nuovo). Pietro, Giovanni, Giacomo! Dunque non riuscite a vegliare con me neppure unora?
GIOVANNI. - Perdonaci maestro.
GES. - Vegliate e pregate per non entrare in tentazione.
GIOVANNI. - Si maestro, te lo promettiamo.
GES. - (Ritorna a pregare) Padre mio, se necessario che io beva sino all'ultima goccia del calice amaro, sono pronto a compiere la tua. Volont. Ma sento che le forze mi vengono meno. Padre santo, soccorrimi. Fammi sentire la tua voce,
ANGELO. - (Apparendo in cerchio di luce) Agnello di Dio che sei venuto a togliere i peccati dal mondo, abbi piet dell'uomo. Solo il tuo sangue pu redimere le colpe dell'umanit. Compi la missione che tu' stesso hai accettato e il padre tuo ti glorificher (d a bere il calice a Ges, poi scompare).
GES. - Padre santo, la ma parola mi rid forza. Sono pronto ad affrontare il sacrificio per riconciliare gli uomini con te. Voglio salvarli, aprir loro di nuovo le porte del cielo. Si col mio sangue laver l'offesa che i figli di Eva ti hanno fatto (Si alza).
Pietro, Giovanni, Giacomo! Dormite e riposate ancora?
PIETRO. - Maestro cosa c'?
GES. - giunta l'ora in cui il figlio dell'uomo sar consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi. Il traditore gi vicino.
PIETRO. - Maestro, io non ti abbandoner mal.
GES. - Pietro, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte.
GIACOMO. - Maestro, perch vuoi lasciarci?
GES. - Io devo completare la mia opera. per questo che sono venuto in questo mondo. Tra poco non sar pi con voi, ma non per molto tempo
PIETRO. - Dove vuoi andare, maestro?
GIOVANNI. - Ma proprio necessario, Ges, che tu vada via e ci lasci? Portaci con te.
GES. - Dove vado io, per ora, voi non potete venire. Ma non vi lascer soli. Nel cenacolo vi ho mostrato quanto amo gli uomini, lasciandovi me stesso sotto le apparenze del pane e del vino. Perci vi dico: mangiate quel pane e bevete quel vino, e vivrete in eterno.
GIOVANNI. - Grazie maestro. Non potevi farci regalo pi grande.
(Mormorio)
PIETRO. - Viene qualcuno.
GES. - Guardate. Ecco colui che mi tradir.
(Entra Giuda con la folla).
GIUDA. - Ges di Nazareth qui. Quello che io bacer lui, arrestatelo e portatelo via. (Avanza verso Ges, poi ha come un ripensamento, ma spinto da Malco). Salve maestro. (lo bacia).
GES. - Amico mio, fino a questo sei arrivato? Con un bacio tradisci il figlio dell'uomo che tanto ti ha amato?
GIACOMO. - Giuda!
PIETRO. - Infame!
GIOVANNI. - Miserabile traditore.
(Giuda fugge)
GES. - Chi cercate?
TUTTI. - Ges Nazareno.
GES. - Ges Nazareno sono io. (un lampo e lutti stramazzano a terra).
GIOVANNI. - Coraggio fratelli, vedete come una sua parola li getta a terra.
GES. - Chi cercate?
TUTTI. - (pi sommessamente) Ges Nazareno,
GES. - Vi ha gi detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano.
BEREA. - Non ci importano questi.
MALCO. - te che vogliamo, impostore.
PIETRO. - (sfoderando la spada) Indietro, cani rabbiosi! Voi non toccherete il mio maestro!
GES. - Pietro, lascia quella spada, perch tutti quelli che useranno la spada moriranno di spada (Pietro esegue). Credi, forse, che io non possa pregare il Padre mio perch mi mandi subito dodici legioni di angeli? (il popolo ride). Ma allora, come potrebbe avverarsi ci che stato scritto? Non sai che io devo bere il calice che il Padre mio mi ha preparato? (al popolo) Voi siete venuti a prendermi con spade e bastoni, come se fossi un brigante. Eppure sono stato ogni giorno tra di voi nel tempio e non mi avete mai messo le mani addosso. Ma questa la vostra ora: l'ora del potere delle tenebre.
MALCO. - S, la nostra ora. finita per te!
LESEM. - Non perdiamo altro tempo in chiacchiere. Fate il vostro dovere: cacciate questi pescatori ed arrestatelo.
MALCO. - (ai discepoli) Fuori dai piedi, voi! (lieve resistenza) Via!!! (gli apostoli vengono mandati via. Malco lega Ges con la corda) Perch non scappi ora? Perch non scompari usando le tue arti magiche?
BEREA. - Hai finito di sputare sentenze a destra ed a sinistra per imbrogliare il popolo.
MALCO. - (dando uno strattone alla corda) Impostore.
SILOE. - (al popolo) Come vedete il sinedrio ha mantenuto le sue promesse. Egli vuole solo il vostro bene; vi guida e vi protegge. Attenti, per, a non farvelo scappare.
MALCO. - Non temere, dottore. Neanche i demoni dell'inferno lo potranno liberare dalle mie mani. (a Ges) E guai a te se chiamerai aiuto!
LESEM. - Portatelo, ora da Anna, e poi dal sommo sacerdote Caifa. Re dei Giudei, vedrai, ora, che accoglienza trionfale ti abbiamo preparato!
MALCO. - (strappando sempre la corda) Andiamo.
(Escono tutti)
GIUDA. - (rientrando dal fondo) Che sollievo, finalmente! Ti ho giocato un tiro di cui ti ricorderai finch campi. Che soddisfazione mi sono presa. Non ti avr pi fra i piedi; non dovr pi sentire le tue rampogne. S, perch solo di rampogne tu eri generoso con me. Agli altri discepoli s che volevi bene, ma per me... per me... solo parole di rimprovero uscivano dalla tua bocca. Mi hai sempre bistrattato, s... sempre.
Mi hai fatto amministratore della nostra comunit. Ma che cosa dovevo amministrare, la miseria? Ed ora... ora: nell'ultima cena che abbiamo consumato insieme, mi hai chiamato traditore. Quasi mi piace questa tua ingiuria per detestarti con maggior ragione. Ma non dovevi farlo. Io non sono un traditore. Io mi sono solo limitato a farti conoscere dal sinedrio. un tradimento questo?
Mi hanno dato trenta monete d'argento, e con questo? Non deve essere ricompensato chiunque compia un lavoro? Dunque non c' alcun tradimento. E del resto tu stesso mi hai detto che facessi presto quello che dovevo fare.
Cos mi sono vendicato. Mi rifaccio, ora, di tante amarezze, felice di farti del male per tutto il bene che dicevi di valermi fare. E guarda che cosa ti ho combinato!
Da ultimo divento il primo, il capo, il maestro. S, non hai saputo valorizzarmi; non hai capito chi era Giuda.
Dal carcere, ora, non potrai pi nuocermi. Perch una cosa certa: non hai pi alcuna speranza di salvarti. finita per te. Non andrai pi in giro per le strade della Galilea ad imbrogliar la gente con belle parole o banali miracoli.
Il tuo nome sar presto dimenticato, perch il sinedrio ti condanner a passare in carcere tutti i tuoi giorni. E poteva capitarti ancora di peggio. Il sinedrio, infatti, voleva condannarti a morte. Se io stesso non avessi interceduto per te, saresti finito appeso al legno di una croce come un qualsiasi malfattore.
S, Ges, mi devi riconoscenza. Mi devi la vita. (pausa.) E se il sinedrio non sta ai patti e... l'ammazza? Allora... allora, io... io sarei il responsabile di questa esecuzione! terribile. Ma io non voglio questo. O, almeno. non voglio esservi implicato cos apertamente. orrendo! No, questo no!
(grida) Aspettate. Non voglio questo. Non voglio questo! (sempre gridando fugge mentre cala velocemente il sipario)
Fine del 1 atto
ATTO II
Il Sinedrio
In primo piano a sinistra: Siloe, Lesem e Berea. Al centro la serva ed altri popolani. A sinistra, in fondo, c' Pietro.
SILOE. - Finalmente il nostro mortale nemico si trova nelle nostre mani? Non potr pi nuocerei, ora.
BEREA. - Hai ragione, dottore. Se non avessimo preso oggi questa decisione, domani sarebbe stato troppo tardi.
SILOE. - Berea, Lesem e voi tutti, date gloria al Dio dei nostri padri che ci ha concesso di liberarci da questo falso profeta che faceva di tutto per distruggere la potenza del sinedrio.
SERVA. - E che cosa pensa di fare, ora, il sinedrio?
SILOE. - Il sinedrio fermo nella sua decisione: dargli la morte.
LESEM. - Certo! La morte al nemico di Mos.
PIOTRO. - (che ascoltava da lontano) Dio misericordioso, che cosa sento! Parlano del mio maestro.
LESEM. - (vedendoli) Chi quest'uomo?
SERVA. - Non sei anche tu un discepolo di quell'uomo che stato arrestato questa notte?
PIETRO. - Non so di chi tu intenda parlare.
SERVA. - Anche lui un seguace del Nazareno.
PIETRO. - Donna, io non conosco l'uomo di cui parlate.
SERVA. - Non vero. Anche tu sei uno di loro. Infatti sei galileo.
LESEM. - Certo che lo sei. Anche dal tuo stesso modo di parlare si capisce.
BEREA. - vero. C'era anche lui con Ges Nazareno.
PIETRO. - Nossignore, vi sbagliate! Il galileo di cui parlate non sono io.
SILOE. - Come puoi negarlo? Mi ricordo perfettamente. Ti ho visto io stesso stanotte nel giardino con lui. E proprio tu hai sguainato la spada.
PIETRO. - Sentite amici. Il cielo mi punisca se non dico la verit. Vi giuro che non conosco e che non ho mai visto questo che chiamate Ges Nazareno!
(Ges attraversa la scena condotto da Malco e dai soldati. Il suo sguardo si incontra con quello di Pietro)
SILOE. - Andiamo noi; andiamo a salutare il sommo pontefice.
(escono)
PIETRO. - (cadendo in ginocchio) Ges, perdono. Perdonami! (battendosi e piangendo) Vile, vile, vile!... Ho avuto paura di dire che ero tuo seguace. Dopo tutto il bene che mi hai fatto, ho temuto solo per la mia incolumit e ti ho rinnegato! Mi sono lasciato sopraffare dall'egoismo, con te che mi hai chiamato come tuo apostolo, che mi hai salvato dalla tempesta, che mi hai insegnato l'umilt lavandomi i piedi, che mi hai dimostrato tutto il tuo amore per gli uomini, lasciando te stesso come cibo. Maestro amatissimo, tu hai promesso il perdono a quelli che pentiti ricorrono a te. Ges, io ho peccato. S, ho commesso un peccato per il quale pianger tutta la vita. Ebbene, concedi anche a me la tua misericordia. Io non ne sono degno, ma se solo tu lo vuoi anche l'anima mia sar salva. (Esce piangendo).
(Rientrano i sacerdoti e prendono posto nei loro seggi).
ANNA. - (rientrando con gli altri, come continuando un discorso) Quando io l'ho interrogato, appena dopo il suo arresto, non si degnato di dire neppure una parola. Perch dinnanzi a noi prende questo atteggiamento? Pare che non dia la minima importanza alla nostra autorit ed al nostro giudizio. Bisogna, dunque, trovare qualche espediente per condannare questo impostore.
GIUSEPPE. - Principi, ci indegno di noi. Noi, dottori d'Israele, pretendiamo di condannare un uomo per mezzo di espedienti?!? Ma non sappiamo, noi, che per condannare un uomo si deve, prima, provare la sua colpa davanti ad un tribunale, con tanto di testimoni?
ANNA. - Sottigliezze, formalit!
NICODEMO. - E voi, giudicare e condannare un uomo disceso dal Cielo, la chiamate una formalit?
SILOE. - Ma chi quest'uomo? Non costui il figlio di Giuseppe, il falegname? Non conosciamo, noi, suo padre e sua madre? Come pu dire, dunque: Io sono disceso dal Cielo?
BEREA. - Senti, Nicodemo. Gli abbiamo chiesto, una volta, di mostrarci un segno del Cielo, e ci ha risposto che non sapevamo interpretare i segni dei tempi. Ci ha definito generazione malvagia ed empia, ed ha detto che non ci sarebbe stato dato alcun segno, se non il segno di Giona.
LESEM. - vero. Anzi ha detto che lui era assai pi di Salomone e di Giona.
CAIFA. - Io vi dico che un indemoniato: Abramo morto, ed i profeti pure. E lui dice: chi osserver la mia parola non morir in eterno. dunque, lui, forse, pi grande del nostro padre Abramo, che morto? Ed anche dei profeti, che sono morti? Ma chi pretende di essere?
SILOE. - Non ha nemmeno cinquant'anni e dice di avere visto Abramo. Dice, anzi, di esistere da prima che Abramo vivesse.
ANNA. - Ma come potete fare causa comune e difendere un pazzo, un indemoniato? Un uomo che predica di odiare il padre e la madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle?
NICODEMO. - Voi non capite, o piuttosto non volete capire. Ges ha inteso dire che chi vuole seguirlo deve preferirlo a qualsiasi altra persona o bene terreno. Perch egli veramente il Messia.
GIUSEPPE. - Voi, scribi, avete studiato la legge e per questo avete il compito di spiegarla ed insegnarla alla gente. Ma neanche voi stessi ne avete capito il vero significato se vi rifiutate di riconoscere in Ges il vostro Messia. Cos, voi, che vi siete riservati in esclusiva le chiavi della scienza, non siete mai entrati nel vero senso della sacra scrittura e, di conseguenza, ora, impedite anche agli altri di entrarvi.
CAIFA. - Noi abbiamo capito benissimo, invece, con che sorta di uomo abbiamo a che fare: Un pazzo, un visionario, un esaltato che mirava solo a sovvertire l'ordine costituito per impadronirsi del regno. Ma, per fortuna, l'abbiamo fermato in tempo e non ci sar difficile condannarlo. Molti sono gli scribi ed i farisei, anche fra i presenti, che lo hanno sentito con le proprie orecchie aizzare il popolo contro di noi! E le bestemmie che quest'uomo ha detto? Siloe, tu che lo hai ascoltato diverse volte, questo stregone di Nazareth, ripeti cosa ha detto.
SILOE. - Ha detto che lui un re, il nostro re.
CAIFA. - E tu, Lesem?
LESEM. - Giuro che egli ha detto: posso distruggere il tempio di Dio e riedificarlo in tre giorni.
CAIFA. - E tu, Berea?
BEREA. - Io l'ho sentito affermare: Io distrugger questo tempio costruito con le mani ed in tre giorni ne costruir un altro ma non con le mani.
GIUSEPPE. - Ma non vedete come vi contraddite anche fra di voi?
ANNA. - Ha osato offendere Erode, definendolo una volpe!
SILOE. - Ha detto ad alcuni che avrebbe dato loro da mangiare le sue stesse carni.
LESEM. - Inganna la gente con la magia e vuole essere riconosciuto come Messia venuto dal Cielo.
NICODEMO. - Lo veramente, e per questo pu compiere tanti prodigi.
BEREA. - Seduce il popolo dicendo di essere il creatore del cielo e della terra.
CIFA. - ribelle a Cesare, perch si fece acclamare re!
NICODEMO. - Questo non tocca Cesare. La sua maest divina, non umana.
GIUSEPPE. - Sacerdoti, decani, dottori, nessuna delle vostre accuse merita di essere presa in considerazione. Non siete riusciti a provare alcuna colpa. Dove sono questi testimoni su cui fate tanto affidamento? Quei pochi che avete rimediato sono in netto contrasto fra di loro. Chi quel vile che oser deporre il falso?
ANNA. - Non ci importano le contraddizioni. Sappiate che noi possiamo condannarlo anche senza bisogno di testimoni.
GIUSEPPE. - Voi prostituite la giustizia!
CAIFA. - Giuseppe d'Arimatea, basta!... La tua audacia ha passato i limiti della provocazione. Quest'uomo, vi dico, un profeta falso; ha manipolato la plebe con le sue stregonerie aizzandola contro di noi. A tutti noto che egli non digiuna, lavora il giorno di sabato, e voi andate ancora cercando dei testimoni? Per vostro dispetto... per vostro dispetto, vi far persuadere delle sue colpe dalla stessa bocca dell'accusato. (ad un cenno esce Berea che rientra, subito dopo, con Malco e Ges). Ges di Nazareth, il popolo stanco delle tue stregonerie. Ma il sinedrio ti vuole proteggere. Per questo ti ho fatto prendere e condurre davanti a me. Ma tu devi darmi prova della tua obbedienza al sinedrio. Ora rispondimi bene. Perch hai raccolto intorno a te dei discepoli? Cosa intendi fare? Cosa insegni al popolo? Qual la tua dottrina?
GES. - Io ho parlato al mondo apertamente. Ho sempre insegnato nella Sinagoga e nel tempio dove da ogni parte venivano tutti i giudei, e mai nulla ho detto in segreto. Perch, dunque interroghi me? Interroga, piuttosto, quelli che mi hanno ascoltato. Essi conoscono ci che ho detto loro.
MALCO. - Cos rispondi al sommo sacerdote? (lo colpisce con uno schiaffo).
GES. - Se ho parlato male, mostrami dov' il male. Ma se ho parlato bene perch mi percuoti?
NICODEMO. - Vile! Abusi della tua posizione contro un inerme.
GIUSEPPE. - Vergognatevi. Voi tutti siete responsabili di questo oltraggio.
CAIFA. - Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea, controllate le vostre parole se non volete subire la stessa sorte. (Poi a Ges) Ges di Nazareth, ti scongiuro, per il Dio vivente, sei tu il Messia, il figlio del Dio di Abramo?
GES. - Anche se ve lo dicessi, voi non mi credereste; e se vi facessi delle domande voi non mi rispondereste.
CAIFA. - Tu sei, dunque, il figlio di Dio benedetto?
GES. - S, sono quello che tu hai detto. Anzi vi dico che, quanto prima, vedrete il figlio dell'uomo seduto alla destra dell'Onnipotente venire sulle nubi del cielo.
CAIFA. - (stracciandosi le vesti grida) Bestemmiatore! Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo, pi, di testimoni? Voi tutti avete udito la sua bestemmia. Dunque che decidete? Che sentenza date?
TUTTI. - reo di morte. (ad un cenno di Caifa Malco porta via Ges).
CAIFA. - Siete convinti, ora, delle sue colpe? Voi stessi l'avete potuto constatare.
GIUSEPPE. - Io ho constatato solo una cosa: la prima volta che vedo un condannato comportarsi con tanta serena mansuetudine, mentre i suoi giudici sono accecati dall'odio pi feroce.
NICODEMO. - E noi, per protesta, abbandoniamo il sinedrio. Non vogliamo renderei complici dei vostri abusi. (escono).
ANNA. - Ora siamo tutti daccordo per la sua condanna a morte. Portiamolo, dunque, da Pilato perch confermi la nostra decisione e pronunzi la sentenza.
GIUDA. - (entrando agitato) vero, vero che l'avete condannato?
CAIFA. - Iscariota, cos'hai?
GIUDA. - Sacerdoti, io sono un traditore!
ANNA. - Che ce ne importa? Pensaci tu!
GIUDA. - Ho peccato tradendo il sangue innocente.
SILOE. - Questi sono fatti tuoi.
GIUDA. - Infami! Cos, ora, mi abbandonate?
CAIFA. - Giuda, basta. Taci.
GIUDA. - Ma vero che l'avete condannato?
CAIFA. - S, l'abbiamo condannato a morte.
GIUDA. - Insensati! Voi avete condannato il figlio di Dio. E dov', dov' la promessa che mi avete fatto? Sommo sacerdote, ricordati del nostro patto!
CAIFA. - Patto? Quale patto?
SILOE. - Cosa vai cercando, Giuda? Vuoi metterti per forza nei guai?
ANNA. - Iscariota, vattene subito, prima che sia troppo tardi.
GIUDA. - Ti prego, sommo sacerdote, e voi anziani del tempio, dottori, liberate Ges di Nazareth. Egli innocente.
ANNA. - Ma sei stato tu stesso a denunziarlo e consegnarlo a noi. Perch ora ti rimangi ci che hai detto e rinneghi ci che hai fatto?
GIUDA. - S, vero. Anch'io sono responsabile del suo arresto. Ma ero accecato dall'invidia, dallo sporco denaro. Non vero tutto quello che ho detto. Ges innocente. Volevo solo ribellarmi alla sua superiorit. perch era il pi buono degli uomini, il pi generoso, il pi giusto; e tutto questo a me dava fastidio. Ma ve l'avevo gi detto allora, non voglio che al mio maestro si faccia del male. Non voglio che sia ucciso.
CAIFA. - Sappi, Giuda, che il tuo maestro morir. E tu stesso l'hai condannato a morte.
GIUDA. - Assassini! Non vi sar pi pace, n per me, n per voi. Voi avete condannato un innocente. Voi non avete questo diritto. Io mi ribello a questa infame sentenza. Rompo il nostro patto: non voglio pi nulla. Non voglio il vostro maledetta denaro. (lo getta) Cada sopra di me il pi terribile castigo e mi distrugga. L'ho meritato. Ho tradito nel modo pi infame Ges, il giusto, lo stesso Messia.
CAIFA - (alzandosi con gli altri) colpa tua. Dovevi pensarci cento volte prima di venire a proporci un simile patto. Ora troppo tardi: soffrine le conseguenze. (esce con gli altri)
GIUDA. - S, lo so, sommo sacerdote, che ho perduto, ormai la mia anima. So che tutte le generazioni malediranno il nome di Giuda. Gli stessi dannati dell'inferno inorridiranno davanti a me. Ebbene ho perduto l'anima, distrugger, allora, anche il mio corpo. Ma voi, anche voi non avrete scampo: mi seguirete. (esce di corsa)
Fine del 2 atto
ATTO III
Il Pretorio
In primo piano, a sinistra, Pilato, seduto nel suo seggio. Ai suoi piedi i valletti. A destra, di fronte a lui, Caifa, Anna, Siloe, Lesem e Berea. In secondo piano Longino. Sul fondo i soldati.
Dietro la balconata si intravede il popolo.
PILATO. - Ma di che cosa accusato quest'uomo? Quali sono i suoi delitti?
CAIFA. - Se non fosse un malfattore non la avremmo condotto davanti a te.
PILATO. - Voi avete la vostra legge; siete gelosi dei vostri diritti e dei vostri privilegi, giudicatelo allora voi, secondo la vostra legge.
ANNA. - Noi abbiamo la nostra santa legge; tu sai, per, che non ci pi consentito emettere condanne a morte.
PILATO. - Ma sono cos gravi le colpe di quest'uomo?
SILOE. - Molto gravi. Dice di essere il Figlio di Dio.
PILATO. - Se solo per questo non mi interessa. La questione prettamente religiosa e riguarda voi.
CAIFA. - Ma c' di pi: Abbiamo trovato costui che sovvertiva la nostra gente incitandola alla rivolta; proibiva di pagare il tributo a Cesare affermando di essere lui il re. un sovversiva, un ribelle!
PILATO. - Veramente egli non mi ha dato mai fastidio. Ma per non mettere in dubbio le vostre parole lo interrogher davanti a voi. (a Longino, che ha un occhio bendato) Portalo qui.
(Longino esce).
ANNA. - A te spetta, ora, esercitare la giustizia.
PILATO. - Ma che volete da me?
CAIFA. - Roma ti ha investito di ogni potere sul popolo della Giudea! Giudica, ora, il suo nemico.
PILATO. - Certo! Io ho sovrano potere. Ma la giustizia deve accertare bene le colpe prima di condannare un uomo.
(Entra Ges con Malco).
Ges di Nazareth, rispondi alle mie domande: Sei tu il re dei Giudei?
GES. - Dici questo da te stesso o te l'hanno detto altri di me?
PILATO. - Sono, forse, io giudeo? La tua gente ed i capi dei sacerdoti ti hanno messo nelle mie mani. Mi dicono che ti proclami re. Ma che razza di re sei tu? Chi sostiene il tuo regno? Dove sono i tuoi soldati? Non vedi come ti rendi nemico del popolo e dei sacerdoti? Dunque, che regno il tuo?
GES. - Il mio regno non di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, le mie guardie avrebbero combattuto perch io non fossi dato nelle mani dei giudei. Ma il mio regno non di quaggi.
PILATO. - Dunque, tu sei re?
GES. - come tu dici. Io sono te. Io sono nato per questo, e per questo sono venuto al mondo: per dare testimonianza alla verit. Chiunque per la verit ascolta la mia voce.
PILATO. - Che cos' la verit?
CAIFA. - Lo senti?... Lo senti, Ponzio Pilato, come osa parlare anche di fronte a te? Vedi, ora, come egli stesso conferma le nostre accuse?
ANNA. - Questa unoffesa a Cesare. Perch chi si fa re va contro Cesare.
SILOE. - Preside, egli cerca solo il potere e la gloria.
LESEM. - Minaccia grandi rovine ed ha sedotto il popolo contro il sinedrio.
PILATO. - Perch non rispondi nulla? Non vedi di quante cose ti accusano? (Ges non risponde). Io mi stupisco! Se sei veramente un re, o fingi di esserlo, a me non importa. Perch sei il re pi scalcinato che io abbia mai visto. Di che cosa dovrei preoccuparmi? (pausa). Non vedo in quest'uomo alcun motivo per condannarlo. S, certo parla in modo strano e misterioso. Ma un esaltato, tutto qui. Non trovo in lui alcuna colpa.
CAIFA. - Come, non trovi in lui alcuna colpa? Solleva il popolo insegnando per tutta la Giudea. Ha cominciato dalla Galilea ed ora arrivato fin qui.
PILATO. - Perch, Galileo?
CAIFA. - S, nobile Pilato, Galileo.
PILATO. - Ed allora, che cosa volete da me? della giurisdizione di Erode. Conducetelo, dunque da lui, giacch in questi giorni si trova a Gerusalemme per celebrare la Pasqua. Perch non l'avete detto subito che era galileo? Volete mettermi contro Erode? Portatelo da lui subito e lasciatemi in pace. (Esce con lo sua scorta).
ANNA. - Andiamo. (Escono tutti).
(Poco dopo entrano Giuseppe, Nicodemo e Giovanni)
GIUSEPPE. - Venite, fratelli, forse siamo ancora in tempo,
GIOVANNI. - Cosa pensi di fare?
GIUSEPPE. - Voglio parlare con Ponzio Pilato. Lo conosco bene. Si lascia influenzare, ma non Irragionevole. Dovr sentire le nostre ragioni.
NICODEMO. - Ma perch tanto odio contro di lui? lo non capisco. Il popolo che lo ha tanto amato, che ha avuto da lui tanti benefici, ora tutto contro di lui.
GIUSEPPE. - l'invidia dei farisei alla base di tutto. Sono riusciti a manipolare la folla allettandola con promesse che non potranno mai mantenere.
GIOVANNI. - Non disperiamo. Forse possiamo fare ancora qualcosa per il mio maestro.
(Longino attraversa lo scena).
GIUSEPPE. - Centurione, ti prego, dimmi: Ges di Nazareth qui? Pilato lo ha gi interrogato? Che cosa pensa di fare?
LONGINO. - Pilato ha gi interrogato Ges, ma non ha trovato in lui alcuna colpa. I sacerdoti e gli anziani del tempio hanno esercitato una forte pressione su Pilato perch lo condannasse a morte. Ma il preside, saputo che Ges era galileo, per non essere compromesso, l'ha mandato da Erode.
GIUSEPPE. - Centurione, ancora una preghiera: di a Pilato che desidero parlargli. (Longino esce) E tu, Giovanni, vai ad informare gli altri: consola sua madre: dille che io spero ancora, che tento di convincere Pilato a richiamare Ges al suo giudizio e di non farlo condannare. Vai.
GIOVANNI. - Giuseppe, Nicodemo, io vi ringrazio dal pi profondo del cuore. Quello che voi state facendo per il mio maestro, molti di noi non l'abbiamo saputo fare.
NICODEMO. - Non devi ringraziarci di nulla. Se abbiamo abbandonato il sinedrio e stiamo tentando di salvare Ges, perch anche noi siamo stati conquistati da lui.
GIUSEPPE. - S, anche noi vogliamo essere fra i suoi seguaci.
GIOVANNI. - Le vostre parole mi consolano e mi danno forza. Che Iddio vi assista. (esce)
GIUSEPPE. - (a Pilato che entra col seguito) Preside!
PILATO. - Che c', Giuseppe?
GIUSEPPE. - Ascolta, nobile Pilato. Ges, che tu hai mandato da Erode innocente. Tu sei giusto. Non devi permettere che venga condannato ingiustamente.
PILATO. - Ma che posso fare io?
GIUSEPPE. - Tutto nobile Pilato, Erode il tetrarca, ma a te spetta di amministrare la giustizia. Non prestarti al gioco dei farisei e del sinedrio,
PILATO. - Col sinedrio, gi da tempo, siamo ai ferri corti. Agiscono solo per invidia e sete di potere. Ma hanno una grande influenza sul popolo e non vorrei che provocassero dei tumulti.
NICODEMO. - Ma Ges innocente. solo vittima del loro odio. Non lasciarlo nelle loro mani. Salvalo! l'uomo mandato dal Cielo. Gi le profezie ed i libri sacri parlarono di lui come del nuovo Messia. Ha compiuto tanti prodigi che confermano la sua natura divina. Da ragazzo, una volta, lo abbiamo visto seduto in mezzo ai dottori del tempio ad ascoltarli ed interrogarli. E tutti quelli che lo ascoltavano si stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte.
GIUSEPPE. - Tutta la sua vita un continuo prodigio: morti che ad una sua parola risuscitano; muti che parlano; ciechi che vedono; paralitici che camminano. Sono questi i delitti che ha commessoli!
PILATO. - In realt io non trovo in lui alcuna colpa. E certamente anche Erode sar del mio stesso parere.
(La folla si fa risentire)
LONGINO. - (entrando) Preside. Il sommo sacerdote Caifa ed i capi dei sacerdoti sono qui di nuovo e vogliono parlarti.
PILATO. - Ma che vogliono da me ancora? Falli passare.
(Longino esegue)
CAIFA. - (entrando con gli altri) Salute.
PILATO. - Cosa volete, ancora?
CAIFA. - Nobile Pilato, ecco di nuovo a te il seduttore di Nazareth.
PILATO. - E per quale motivo?
CAIFA. - Il tetrarca lo rimanda a te.
PILATO. - Ma per gli di!!!
CAIFA. - Pilato, tu bestemmi!
PILATO. - Erode ha interrogato il Nazareno? Lo ha trovato colpevole o no?
CAIFA. - Erode ha detto che da tanto tempo desiderava conoscere Ges per tutto quello che aveva sentito di lui, e gli ha rivolto molte domande. Ma neanche una parola uscita dalla sua bocca.
ANNA. - Erode lo ha trattato, allora, con grande disprezzo, prendendosi gioco di lui. Quindi gli ha fatto indossare una veste sgargiante e lo rimanda a te.
PILATO. - E che volete da me, ora, se il tetrarca non trov in lui alcuna colpa?
CAIFA. - Ma a te, Pilato, che spetta di giudicarlo e condannarlo.
GIUSEPPE. - Salvalo, nobile romano, tu sai che innocente.
PILATO. - Ascoltatemi. Voi mi avete presentato questuomo come un sovvertitore del popolo. Ma io l'ho gi interrogato in vostra presenza e non ho trovato in lui nessuna delle colpe di cui lo accusate. Egli non ha fatto nulla che possa meritare la morte. Perci lo sottoporr ad un castigo e lo liberer.
POPOLO. - (gridando) Vergogna. Venduto. Crocifiggilo.
PILATO. - (al popolo) Smettetela. Smettetela. E sia ben chiaro: non voglio questa baldoria.
CAIFA. - Come vedi la folla esasperata: vuole la morte del Nazareno. Non scontentarla se non vuoi che insorga contro di te. Preferisci, forse, che Ges continui a sovvertirla contro Cesare al quale nega il tributo?
PILATO. - (a Longino) Conduci qui Ges!
(Longino esce)
CAIFA. - (piano ad Anna e Berea) Andate in mezzo al popolo, aizzatelo contro Ges. Fate che con le sue grida costringa Pilato a cedere alla nostra volont.
BEREA. - Subito, sommo sacerdote.
ANNA. - Ci pensiamo noi, non temere. (escono).
GIUSEPPE. - (a Pilato) Sei ancora in tempo per salvarlo.
PILATO. - E quello che sto tentando di fate. Ma devo superare un grosso ostacolo: il sinedrio. (Malco conduce Ges, la falla rumoreggia) Ges di Nazareth, perch ti ostini ancora in questo tuo folle atteggiamento? Sei rimasto muto anche davanti al tetrarca Erode! Non vedi quante accuse ti sono lanciate? Come puoi tacere! lo sono convinto della tua innocenza, ma tu parla. Difenditi! Come posso aiutarti io, se tu stesso non me ne dai la possibilit?
CAIFA. - Insomma, tu vuoi liberarlo ad ogni costo? Stai attento Pilato: se lo liberi la folla si scaglier contro di te.
(Il popolo grida)
PILATO. - Ma infine, che cosa ha fatto di male costui? Vi ripeto che non trovo nulla in lui che meriti la morte.
(Il popolo grida pi forte)
Silenzio! Silenzio! (poi a Longino) Porta qui Barabba.
Popolo della Giudea! Ogni anno per la festa di Pasqua, vi ho concesso la liberazione d un detenuto a vostra scelta.
(entra Barabba)
Quest'anno potete scegliere fra due: il famoso Barabba e Ges di Nazareth. Guardate Ges, il suo aspetto nobile, il suo sguardo ispira fiducia. Voi lo sapete: vi ha sempre fatto del bene. Guardate, invece, Barabba: voi lo conoscete: un sovversivo, un assassino. Il suo stesso aspetto tradisce la sua ferocia. Ebbene, voi sarete i giudici. Chi dei due volete che vi liberi? Barabba o Ges detto il Cristo?
SACERDOTI. - Barabba. Libera Barabba.
POPOLO. - Libera Barabba! Viva Barabba!
PILATO. - Ma allora che devo fare di Ges?
POPOLO. - Crocifiggilo.
PILATO. - Ma insomma, che ha fatto di male? Io non posso condannare un innocente.
CAIFA. - Il popolo ha fatto, ormai, la sua scelta.
SILOE. - Pilato, ricorda la tua promessa.
LESEM. - Hai lasciato decidere al popolo, non puoi pi tirarti indietro, ora.
PILATO. - E va bene. Barabba libero. Portatelo fuori dalla citt e non vi rientri mai pi.
POPOLO. - Viva Barabba!
PILATO. - Quanto a Ges, sappiate che le sole accuse non rendono l'uomo colpevole. Voi volete la sua morte, ma solo sulle vostre accuse io non posso condannarlo, no! Ma se, comunque, ha offeso le vostre leggi, ordino che sia flagellato e tanto basta. Centurione, provvedi subito. (Escono Longino, Malco, Ges ed i soldati).
NICODEMO. - Nobile Pilato, ascolta. (Continua piano).
SILOE. - (A parte) Sommo sacerdote, questa flagellazione pu essere controproducente per noi.
LESEM. - Certo. Vedendolo punito il popolo potrebbe anche accontentarsi ed il nostro piano fallirebbe.
CAIFA. - Avete ragione, fratelli. Andiamo tutti in mezzo alla folla. Solleviamola contro Pilato. Ges deve essere crocifisso e neanche la potenza di Roma lo potr salvare.
(Escono).
GIUSEPPE. - (Come continuando). E intanto, il buon Ges, senza alcuna colpa, deve patire sotto i colpi di quegli sciacalli.
PILATO. - Sono stato costretto. Speravo che la folla lo liberasse preferendolo a Barabba. Ma invano.
NICODEMO. - Infame gente. Si lascia trascinare dalla ferocia dei sacerdoti.
PILATO. - Una volta liberato Barabba, dovevo pur infliggergli una qualche punizione, almeno per salvare la faccia. Con la flagellazione, anzi, avendo dato una soddisfazione al popolo, spero di calmarlo, cos da poter salvare la vita a quel disgraziato.
(Intanto si sente la flagellazione e le invettive dei Soldati: Ti saluto, re dei Giudei! Indovina chi ti ha colpito! Indovina chi ti ha sputato! Incoroniamolo. Diamogli lo scettro. ecc.).
LONGINO. - (Entrando) Pilato, tua moglie ha mandato questo messaggio per re. (Esce).
PILATO. - (Legge sottovoce, poi) Sentite: Non comprometterti con il Nazareno. Egli innocente. Stanotte, in sogno, ho sofferto molto per causa sua. Liberalo o te ne pentirai. Claudia. (Poi a Longino) Centurione, basta!
GIUSEPPE. - Lascialo libero, ora, nobile Pilato.
NICODEMO. - Salvalo
(Intanto sono rientrati tutti i sacerdoti).
PILATO. - (Al popolo) Ascoltatemi. Ve lo conduco fuori perch sappiate che io Don trovo in lui nessuna colpa. (Viene Ges) Guardate: Ecco l'uomo!
SACERDOTI. - Alla croce! Alla croce!
POPOLO. - (Gridando) Alla croce! Alla croce!
PILATO. - Ma non siete contenti ancora? Guardate com' ridotto!
CAIFA. - Non basta. Noi abbiamo una legge, e secondo questa legge deve morire perch si proclamato figlio di Dio. Deve essere crocifisso: il popolo lo vuole, tutti lo pretendiamo.
PILATO. - (Impaurito) Di dove sei? (Ges tace) Parla, discolpati! Io sono sicuro che se tu volessi, potresti dimostrare la tua innocenza. (Ges tace sempre) Ma non mi rispondi neanche? Non sai che ho il potere di rimetterei in libert come ho il potere di crocifiggerti?
GES. - Tu non avresti alcun potere sopra di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi ha consegnato me nelle tue mani pi colpevole di te.
CAIFA. - Lo senti? Mette in dubbio perfino la tua autorit. Che cosa aspetti, ora, per condannarlo?
ANNA. - Vedi come ti risponde l'uomo che tenti di salvare ad ogni costo?
LESEM. - Ma cos che difendi Cesare?
BEREA. - Se vi saranno tumulti, tu solo ne sarai il responsabile!
SILOE. - Pilato non puoi metterti contro la legge!
POPOLO. - Crocifiggilo! Crocifiggilo!
PILATO. - Popolo della Giudea, ecco com' ridotto il vostro re!
POPOLO. - A morte! Crocifiggilo!
PILATO. - Debbo crocifiggere il vostro re?
CAIFA - Noi non abbiamo altro re fuori di Cesare!
ANNA. - Attento, Pilato! Quest'uomo che tu credi inoffensivo, invece capace di tutto.
PILATO. - Vi ripeto che non lo trovo colpevole. E non vedo come possa nuocere a me o a Cesare. Se vi preme, dunque, tanto, eliminare quest'uomo perch la sua dottrina vi da fastidio, se le sue parole vi mettono in ridicolo, se i suoi prodigi vi fanno ombra, se tutta la sua vita vi scandalizza, tutto ci non mi riguarda. Sono cose vostre. Avete le vostre leggi, giudicatelo voi.
CAIFA. - Pilato! Roma ha avocato a se le sentenze capitali. Dunque tu devi pronunziare la sua condanna. E devi farlo. Tu che non hai esitato a far sfilare nella citt santa le sue truppe, tu che non hai esitato a prelevare il denaro dal tesoro del tempio, tu che non lasci sfuggire alcuna occasione per manifestare il pi assoluto disprezzo per le nostre leggi e le nostre usanze, tu devi ora liberare la Giudea da questo impostore o la Giudea sapr liberarsi di te.
ANNA. - Pilato, hai fatto scegliere al popolo ed il popolo ha chiesto la liberazione di Barabba e lo. morte di Ges. Non puoi venire meno alla tua parola. Ges deve essere crocifisso.
PILATO. - (Ormai stordito) Voi mi fate violenza. Mi costringete a cedere alle vostre passioni, anche contro la mia volont. Ma io tengo fede alle promesse fatte. (Ai valletti) Portate dell'acqua. (Poi agli altri) Ho liberato Barabba. Ora prendete Ges e fatene ci che volete. Uccidetelo pure! Crocifiggetelo come vi pare, assieme agli altri ladroni. Ma sappiatelo: (lavandosi le mani) io sono innocente del sangue di questo giusto. Voi, voi soli ne siete responsabili.
(Esce seguito da Giuseppe e Nicodemo).
CAIFA. - La responsabilit del suo sangue ricada sopra di noi.
ANNA. - E sui nostri figli.
(Nell'entusiasmo generale Ges viene ricaricato della croce portata dai soldati).
TUTTI. Vittoria! Vittoria!
Fine del 3 atto
ATTO IV
Il Calvario
In primo filano, al centro, Nicodemo e Giuseppe. Una rampa sale dal centro della scena verso destra, scomparendo tra le quinte. Pi indietro un'altra rampa, pi alta, va da destra verso sinistra. A destra, in primo piano un grosso tronco.
NICODEMO. - Io non riesco a spiegarmi come sia stato possibile arrivare fino a questo punto. Dopo tutto il bene che Ges ha fatto al popolo, proprio il popolo ha preteso la sua condanna. un'assurdit! Una pazzia!
GIUSEPPE - Sai bene quanto il nostro popolo abbia poca voce in capitolo. che i sacerdoti, gli scribi e gli anziani del tempio, accecati dalla loro invidia, hanno sollevato la folla contro Ges.
NICODEMO. - Io ho sperato fino all'ultimo. Pilato, infatti, ha tentato in tutti i modi di salvarlo.
GIUSEPPE - S. Ma non ha saputo opporsi alla ferocia di suoi accusatori e, per timore che potessero suscitare dei tumulti, lo ha abbandonato nelle loro mani.
NICODEMO. - Io soffro per lui. Ma come possiamo aiutarlo, ormai? Abbiamo fatto tutto quello che era possibile, ma non siamo riusciti a salvarlo.
GIUSEPPE. - vero. Ma non lo abbandoneremo. Andremo in cima al Golgota, dove lo vedremo morire sulla croce. L avr ancora bisogno di noi.
NICODEMO. - (Vedendo venire Giovanni con le donne) Oh Giovanni!
GIUSEPPE. - Anche tu, Maria! Perch sei venuta fin quass?
NICODEMO. - Giovanni, non dovevi far venire Maria e le altre donne qui. una crudelt. Il loro cuore non resister.
GIOVANNI. - Non volevo. Ma non ho saputo resistere alle loro insistenze.
MARIA. - Lasciate che faccia anch'io questa via dolorosa. Voglio vedere ancora mio figlio. Voglio essere vicino a lui quando i suoi occhi mi cercheranno per l'ultima volta.
GIUSEPPE. - Ma non ne avrai la forza. un dolore troppo grande per una madre.
MARIA. - Iddio che ha sempre guidato i miei passi non mi abbandoner!
MADDALENA. - Anch'io salir con lui. Non lo abbandoner come si abbandona un lebbroso. Egli mi ha liberato dai demoni, mi ha fatto diventare un'altra donna. lo ho subito creduto che lui fosse il Messia, il figlio di Dio, colui che doveva venire a salvarci, L'ho creduto prima ancora che risuscitasse mio fratello Lazzaro morto da quattro giorni. per questo che a Betania ho cosparso i suoi piedi di unguento prezioso e glieli ho asciugati con i miei capelli. Di cos'altro dovrei preoccuparmi, ora, se non di lui? Egli stesso mi ha detto, un giorno, che scegliendo lui avevo scelto la parte migliore, che non mi sar mai tolta.
NICODEMO. - Sia come volete, ma state in disparte. Non immischiatevi tra la folla. Inferocita com' sarebbe capace di tutto.
GIOVANNI. - vero. Ho visto, prima, con quanta ferocia si accanivano su quel povero corpo martoriata. Quando gli misero la croce sulle spalle, Ges, per tutte le pene gi patite, traball quasi fino a cadere. Ma nessuno si cur di aiutarlo. Fatta poco strada, il povero Ges, sotto il peso della croce cadde a terra. E quelli, allora, di pi lo schernivano e lo percuotevano.
NICODEMO. - Mio Dio! Ma perch permetti tutto questo? tuo figlio. Abbi piet di lui!
GIUSEPPE. - Nicodemo, non disperare. Non conosci la sacra scrittura? Non sai che volont di Dio che suo figlio soffra e muoia per salvare l'umanit dal peccato?
MARIA. - S, sia fatta le sua volont.
GIOVANNI. - Ecco. Sono qui vicini. (alle donne) Venite. (Si fanno da parte).
(Il popolo attraversa la scena. Entrano Longino, Ges, Malco, i soldati ed i sacerdoti. Malco colpisce Ges che code al centro della scena)
MARIA. - Figlio mio!!!
MALCO. - (colpendolo ancora) Alzati, impostore! Cammina!
LONGINO. - Piano. Non vedi che non ce la fa pi? Se continui in questo modo non arriver vivo alla cima del Calvario. Dgli il tempo di riprendersi!
ANNA. - Ha ragione il centurione. Non vogliamo che muoia per strada.
LESEM. - Certo. Non facciamo la festa a met.
SILOE. - Ci perderemmo la parte migliore dello spettacolo.
CAIFA. - Malco, cerca fra la folla qualcuno che lo aiuti.
VERONICA. - Lasciate che gli asciughi il sangue ed il sudore.
(esegue, poi guardando nel lino l'immagine di Ges)
Oh. Ges, Ges! (Piange. Anche le altre donne piangono)
GES. - Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma per voi stesse e per i vostri figli.
CAIFA. - Basta! Si riposato abbastanza. Andiamo avanti.
ANNA. - Lo faremo riposare per sempre sulla croce. (ridono)
MALCO. - Simone, tu che sei forte, aiuta questo disgraziato.
SIMONE. - Ma io sono stanco. Ho lavorato in campagna fin dall'alba, E poi non ne ho voglia, perch proprio io?
BEREA. - Avanti, Simone. Meno storie. Aiutalo.
(Simone aderisce).
GIUSEPPE. - Sommo sacerdote. Se il cireneo si rifiuta d a noi questo onore.
(Ges esce di scena con Malco, Longino ed i soldati).
CAIFA. - Giuseppe d'Arimatea! Preparati, piuttosto, a comparire davanti al sinedrio. Hai rinnegato la fede dei nostri padri. Ma attento. L'ira e la maledizione di Dio cadranno sopra di te come sono caduti su questo superbo bestemmiatore!
GIUSEPPE, - Non ho nulla da temere dalle vostre minacce. Attenti, piuttosto, che il popolo non apra gli occhi e veda che razza di vipere siete.
GIOVANNI. - Voi vi rifiutate di riconoscere Ges. Ma ricordatevi di quello che Ges ha detto: Gerusalemme, Gerusalemme, volevo attirarti a me e tu non hai voluto. Guai a te.
(Ricompare Ges e ricade).
MALCO. - (Colpendolo) Salve, re dei giudei! Perch non ti liberi dalle nostre mani?
ANNA. - Tu che hai compiuto tanti prodigi, perch, ora, non aiuti te stesso?
CAIFA. - Re dei Giudei, mostra, ora, la tua potenza.
GIOVANNI. - Ges, abbi piet del popolo d'Israele, per tutto quello che ti stanno facendo soffrire!
CAIFA. - Avanti, non perdiamo altro tempo.
MALCO. - (Colpendo) Alzali!
(Escono).
MADDALENA. - Ma abbiate piet!
(Intanto si fatto buio).
ANNA. - Il cielo minaccia tempesta. Non ancora mezzogiorno ed quasi buio.
CAIFA. - meglio affrettarsi. Andiamo.
(Escono).
GIUSEPPE. - Povero Ges. Quante pene soffre e noi non possiamo aiutarlo.
GIOVANNI. - Gerusalemme, perfida Gerusalemme! Quel che ha detto Ges non fallir! S, gi mi pare di vedere le tue mura abbattute, il tempio distrutto, i tuoi figli dispersi per il mondo. Gerusalemme, arrenditi all'amore divino, altrimenti per te sar la rovina. Misera Gerusalemme!
MARIA. - Ges adorato, qual il tuo delitto? Hai sanato i ciechi, i sordi, i paralitici. Hai dato il sorriso agli infelici. A tutti hai promesso il Cielo. Quali sono, dunque, le tue colpe? L'amore. Solo il tuo grande amore per gli uomini il tuo delitto.
VERONICA. - Dove sono, ora, tutti quelli che lo hanno amato? Dove sono, ora, tutti i tuoi miracolati?
MADDALENA. - Uomini senza cuore, deboli canne sbattute dal vento! Nessuno gli rimasto vicino!
MARIA. - Oh, Ges! Non possibile che tutto questo odio duri molto contro di le. Tu hai detto: quando sar sollevato da terra, trarr tutti a me. Fa, dunque, che presto si avveri questa promessa.
MADDALENA. - S, Ges, chiamaci presto di te.
GIOVANNI. - Venite. Avviciniamoci a lui.
VERONICA. - S, andiamo a confortarlo.
(Escono lutti, seguendo la via de gli altri).
GIUDA. - (Entrando, pallido e distrutto) Non ho pi pace!
L'ho seguito, ancora una volta, da lontano. Ma che spero pi, ormai? Come pu pi fermarsi questa rovinosa valanga che io stesso ho avviato? S, io stesso Per, io non volevo questo. Sono stato giocato. Io, che credevo di fare il furbo, sono stato solo un bussolotto nelle abili mani del sinedrio. Ma dovevo capirlo! Dovevo capirlo che lo avrebbero condannato a morte. E forse l'avevo pure capito, ma mi sorrideva troppo l'idea di potermi vendicare a modo mio. S, vero, l'avevo capito e l'ho fatto lo stesso. Anzi l'ho fatto proprio per questo... Cieco, pazzo sono stato. No, non ho attenuanti. Ho peccato tradendo il sangue innocente. Mi sono lasciato trascinare dall'odio, dalla peggiore specie di odio, quello che si rivolta contro Dio scagliando il proprio pugno contro il cielo. Caino, che cos' il tuo peccato di fronte al mio? Tu hai ucciso per invidia, io per odio ed avarizia. Tu hai ucciso un uomo come te, io ho ucciso lo stesso Iddio. Maledetto il giorno in cui sono nato, maledetto il giorno in cui lo incontrai per la prima volta. Padre spietato, madre infame, perch non mi avete ucciso appena nato? Perch non lo avete, fatto? Almeno non mi sarei macchiato di questo tradimento. Che cosa posso fare, ormai? Non posso nemmeno inginocchiarmi davanti a Dio. Dove vado? Dove posso nascondermi? La vendetta divina mi raggiunger dovunque.
Sono perduto. (Piange).
Ges, Maestro, quanto sei stato buono con me. Avevi cercato di aprirmi gli occhi diverse volte. Ma io mi ostinavo a non capire. No, non merito il tuo perdono, non la voglio! (breve pausa). Ma come stato possibile tutto questo? Forse non vero. un sogno, un sogno orribile. Forse solo un gioco crudele della mia abietta fantasia. (si sente battere) No!... no!... Allora non un sogno. Sento il martello che batte. Batte sulle mani di Dio. Lo hanno crocifisso. La sua mano si stacca, si avvicina, vuol toccarmi. No! Non toccarmi, Ges. Sono maledetto. Sta lontano da me. Che non cada il tuo sangue sopra di me. No, mi brucio, mi brucio... (cade, si rialza) Disgraziato Giuda! Come posso vivere ancora? Al Getsemani il coraggio mi sostenne; per trenta monete dargento l'ho tradito. Ma ora ho paura. Anche il solo rumore delle foglie, lo stesso soffio del vento, tutto mi fa paura, tutto mi grida: traditore.
Iene ed avvoltoi, dilaniatemi! Serpi, datemi la vostra bava velenosa! Oh, terra, inghiottimi! (cade in ginocchio) Per me solo, allora, non c' piet! Soffro. Le mie viscere bruciano, il mio cuore scoppia, non ne posso pi! (alzandosi) Morte, almeno tu, abbi piet di me. Vieni a liberarmi, vieni a punirmi. Vieni! Abbracciami!... (la morte passa via) Anche tu mi sfuggi? Venite allora voi, demoni dell'inferno. Datemi voi il castigo che merito. (Satana, comparendo, gli indica l'albero) Vieni serpente infernale, strozza il traditore. (si impicca).
Fine del 4 atto
ATTO V
Scena i - Il Golgota
Al centro la croce di Ges. Alla sua destra: in primo piano Caifa, Anna, Siloe, Lesem e Berea; pi indietro Malco e Longino. A sinistra: in primo piano Giuseppe e Nicodemo; pi indietro Maria con Giovanni e Veronica. Ai piedi della croce Maddalena, in ginocchio.
LESEM. - Ma non si doveva scrivere questo sulla croce. Questa scritta ci offende tutti. Cos pare che anche noi ammettiamo che questo disgraziato sia il nostro re.
SILOE. - Noi abbiamo, appunto, chiesto a Pilato di cambiare la scritta. Abbiamo proposto di scrivere non re dei giudei, ma costui ha detto io sono il re dei giudei.
BEREA. - E cosa ha risposto Pilato?
SILOE. - Pilato non ha voluto saperne ed ha ordinato che rimanesse quel che era scritto.
(Tuona)
BEREA. - Ma che succede? Non sono neanche le tre del pomeriggio e si fatto quasi buio.
ANNA. - A dire il vero tutto ci molto strano e mi stupisce molto.
CAIFA. - Non preoccupatevi fratelli. Pensate, piuttosto, che questi sono gli ultimi momenti del nostro pi feroce nemico.
SILOE. - (A Ges) Tu che distruggi il tempio ed in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso. Se sei il
figlio di Dio, scendi dalla croce!
MALCO. - Non sei tu il messia? Slvati, ora, se puoi!
LESEM. - Ma guardate! Ha salvato gli altri ed ora non capace di salvare se stesso!
(Tutti ridono).
BEREA. - Se sei il re d'Israele, scendi adesso dalla croce, e noi crederemo in te e ti adoreremo!
CAIFA. - Hai confidato in Dio! Perch non ti libera lui, se ti ama, dal momento che tu hai detto di essere suo figlio?
GES. - Padre, perdona loro, perch non sanno quello che fanno!
LADRONE. - (Dall'esterno) Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno!
GES. - (Volgendosi) Oggi stesso sarai con me in Paradiso.
CAIFA. - Ascoltatelo! Ancora non si arrende! Promette il Paradiso ad un malfattore come lui.
ANNA. - S! Crede ancora di essere il padrone del cielo e della terra.
GES. - Donna, ecco tuo figlio; Giovanni, ecco tua madre!
GIOVANNI. - S, Ges, Maria sar per tutti la nostra amorevole madre.
GES. - El, El, perch mi hai abbandonato?
MALCO. - Sta chiamando Elia. Vediamo se viene a liberarlo!
GES. - Ho sete.
LESEM. - Ora ha sete. Vuol bere.
ANNA. - C' ancora dell'aceto. Dgli da bere quello.
MALCO. - Ma certo che gli d da bere. (Esce).
SILOE. - Vediamo se viene a dissetarlo qualche angelo dal cielo.
MALCO. - (Rientrando con una canna) Bevi eletto del Signore, questa bevanda da re! (Gli passa sulle labbra la spugna ridendo).
BEREA. - Rivolgiamo un ultimo saluto al re dei giudei!
TUTTI. - (Inchinandosi con scherno) Salve, re dei giudei!
GES. - Tutto compiuto!
GIOVANNI. - Ges, hai dato tutto per la nostra salvezza!
GIUSEPPE. - Perdonaci, Ges!
NICODEMO. - Perdonaci.
GES. - Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito. (Un grido e muore).
(Fulmini, tuoni, buio, la terra trema, tutti gridano).
LONGINO. - (Confuso) La terra ha tremato alla sua morte, tutto il cielo ne ha risentito! Ma, allora, egli veramente il figlio di Dio!
CAIFA. - Centurione, cosa ti prende? Anche tu ti lasci impressionare come queste donnette! Che vai pensando? Assicurati, piuttosto, che sia morto veramente: spezza il suo costato e facciamola finita.
LONGINO. - Non c' bisogno di spezzare il costato di Ges.Egli gi morto.
ANNA. - Pu darsi. Ma vogliamo esserne sicuri.
MALCO. - Se tu ti rifiuti di farlo, lo far io! (fa per togliergli la lancia)
LONGINO. - No, aspetta. Io non verr meno al mio dovere. (d il colpo e nel movimento gli cade la benda dallocchio) Prodigio!... Prodigio!... Io vedo. (cade in ginocchio) Ges Cristo, perdonami!... Perdono! ...
CAIFA. - Centurione, vergognati! Come puoi inginocchiarti davanti ad un profeta falso, un malfattore?
LONGINO. - Poveri voi; Cosa avete fatto?!? Quell'uomo che avete tormentato ed ucciso non era un profeta falso. Voi avete ucciso lo stesso Iddio!
ANNA. - Centurione, cosa dici? Sei pazzo?
LONGINO. - No, non sono pazzo. Anzi comincio a capire bene solo adesso. E da questo momento, davanti a tutti, professo la mia fede in Ges Cristo, perch una sola goccia del suo sangue bastata a ridarmi la vista all'occhio perduto. Ges, ti adoro!...
CAIFA. - l'ora di immolare gli agnelli per la cena pasquale. Andiamo. Tu centurione, accertati che venga sepolto prima di sera.
ANNA. - Vogliamo essere sicuri che venga sotterrato, e stai attento. Questo impostore ha detto che dopo tre giorni sarebbe risorto. Non vorrei che i suoi discepoli lo rapissero per far credere al popolo che risorto dalla morte.
LONGINO. - A me spetta solo di assicurarmi della sua morte. Per il resto avete le vostre guardie; disponete le vostre misure di sicurezza come meglio vi pare.
ANNA. - Andiamo allora da Pilato. Non vorrei essere beffato all'ultimo.
TUTTI. - Andiamo. Andiamo. (Escono)
GIUSEPPE. - Centurione, io ho gi chiesto a Pilato il corpo di Ges. Domani sabato e c' l'obbligo del riposo. Per non lasciarlo appeso alla croce necessario deporlo prima che comincino a spuntare le prime stelle. Lo seppelliremo in un sepolcro nuovo che avevo fatto scavare per me nella roccia. Dopodomani di buon mattino, potremo ritornare al sepolcro con gli aromi e gli unguenti.
LONGINO. - Per me ho gi constatato la sua morte, quindi lo si pu deporre. Anzi, vi aiuter io stesso, se me lo consentite.
NICODEMO. - Ma certo. Ora sei uno di noi.
(Giuseppe e Nicodemo escono)
GIOVANNI. - (alla Maddalena) Vieni via di l. Sostieni Maria.
MADDALENA. - (piangendo) No, lasciatemi. Non abbandoner mai questa croce. Cos'altro mi rimane, ormai? Ho perduto tutto: il padre, il fratello, l'amico, il maestro!
GIOVANNI. - Ci viene a mancare a tutti. Ma credi che il nostro dolore possa essere pi grande di quello di sua madre? Spade affilate hanno trafitto il suo cuore. Ha sofferto, certo, pi di noi; eppure ha accettato il suo dolore con grande compostezza e dignit. Consolati, dunque, ed alzati.
MADDALENA, - (alzandosi) Come faremo senza di lui!... Andremo soli come povere pecore che hanno perduto il pastore, Ges maestro, abbiamo bisogno di te! Tutti gli uomini del mondo hanno bisogno della tua parola, del tuo amore.
GIOVANNI. - Maria, Ges morto, ma la sua opera non finita. Anzi comincia adesso. Non dobbiamo avvilirci. Non dobbiamo scoraggiarci. Proprio noi siamo chiamati a continuarla. Abbiamo il suo insegnamento, abbiamo il suo corpo ed il suo sangue vivo e vero sotto le specie eucaristiche. E poi, c' la sua grande promessa, nella quale credo fermamente: Il maestro divino ritorner ancora in mezzo a noi. Questo suo corpo martoriato, queste sue mani, questi suoi piedi chiodati ritorneranno a splendere vincendo la morte, vincendo il peccato. Dunque, restiamo uniti in attesa del suo ritorno. Maria ora la nostra madre. Uniamoci con lei nella preghiera. Cristo risorger.
MADDALENA. - Risorgi, Ges. Ritorna in mezzo a noi.
(Giuseppe e Nicodemo rientrano con le scale ed iniziano le deposizione, assicurando il corpo di Ges con un telo e togliendo i chiodi. Ora, con t'aiuto di Giovanni e di Longino, il corpo di Ges viene calato e deposto a terra su un altro telo).
VERONICA. - (inginocchiandosi, con gli altri) Riposa in pace, Ges adorato.
MARIA. - (inginocchiandosi) Figlio mio, angelo mio! (lo bacia).
(Anche la Maddalena gli bacia i piedi di Ges. Giovanni fa alzare Maria che quasi viene meno e la fa sedere ai piedi della croce) Voglio abbracciarlo ancora.
(Ges deposto nelle braccia della madre. Tutti si inginocchiano attorno a loro. Poi Ges viene messo nel telo ed escono tutti).
Scena ii - La Resurrezione
I soldati sonnecchiano davanti al sepolcro. All'arrivo degli angeli scappano. Una grande luce invade la scena. Ges risorge. Campane a gloria.
F I N E
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