La passione di Gesù

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SCUOLA GRAFICA SALESIANA - PALERMO

PERSONAGGI

(in ordine di entrata)

Caifa

Anna

Siloe

Berea

Giuseppe d’Arimatea

Lesem

Nicodemo

Malco

Giuda

Gesù

Pietro

Giovanni

L'Angelo

Giacomo

Una serva

Ponzio Pilato

Longino

Barabba

Maria Maddalena

Maria, madre di Gesù

Veronica

Simone di Cirene

Sacerdoti, gruppo di donne, popolo

Riservati tutti i diritti Proprietà artistico-letteraria dell'autore

Recapito dell'autore: Via Villa Grazia, 489 - PALERMO


ATTO I

Scena i - Il Sinedrio

Sono in scena, seduti nei loro seggi: Caifa, al centro, alfa sua destra Anna, poi Lesem e Berea, alla sua sinistra Siloe, poi Nicodemo e Giuseppe…

CAIFA. - Sacerdoti, dottori, anziani del popolo, come possiamo tollerare, ancora, le offese che ci             vengono fatte? Un volgare mistificatore si fa chiamare nuovo Messia; calpesta le nostre        leggi, attrae il popolo con falsi miracoli, crea scompiglio nel tempio e congiura ai nostri            danni. E noi possiamo tollerare. tutta questo senza intervenire?

ANNA. - Se gli consentiamo ancora di gettare: il discredito sopra la nostra casta, il popolo finirà col         credere in lui e noi perderemo il nostro prestigio e la nostra supremazia. Allora vedrete i          romani distruggere il tempio ed il nostro paese.

CAIFA. - Capite bene, allora, come sia preferibile per noi che un uomo solo muoia piuttosto che far          perire tutto il paese!

SILOE. - Che aspettiamo, allora? Si punisca il responsabile.

BEREA. - Certo! La morte a chi turba l'ordine della Giudea per impadronirsi del regno.

GIUSEPPE. - Ascoltate. Egli non aspira al governa della Giudea o della Galilea. È, invece, un uomo umile e giusto.

LESEM. - È un ribelle!

BEREA. - Uno stregone.

SILOE. - Dice di essere il creatore del cielo e della terra.

LESEM. - Vuole essere ad ogni costo il Messia.

GIUSEPPE. - Egli è veramente l'uomo che aspettiamo.

NICODEMO. - Sì, è il nostro Messia.

CAIFA. - Ma il Messia viene, forse, dalla Galilea? Non dice la sacra scrittura che il Messia verrà   dalla stirpe di Davide e dal villaggio di Betlemme, patria di Davide?

GIUSEPPE. - Ascoltate. Nessuno ha mai parlato come parla quest'uomo.

NICODEMO. - Io credo che egli sia veramente il figlio di Dio.

ANNA. - Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea! Siete stati, dunque, sedotti anche voi? Ma ditemi, c'è             forse uno solo dei capi o dei farisei che abbia creduto in lui?

GIUSEPPE. - Tutto il popolo è con lui.

SILOE. - Il popolo non conosce la legge.

NICODEMO. - La nostra legge condanna, forse, un uomo prima di averlo ascoltato e senza sapere           che cosa faccia?

CAIFA. - Ma sei forse galileo anche tu? Consulta la legge e vedrai che non può sorgere alcun       profeta dalla Galilea.

GIUSEPPE. - Sacerdoti, principi, perché volete infierire contro un innocente? A tutti sono noti i   suoi benefici: ad un suo cenno parlano i muti, i sordi odono, i ciechi vedono. Davanti a tutto             il popolo, poi, ha dato prova di grande sapienza.

SILOE. - Ma da dove viene a costui tanta sapienza?

NICODEMO. - Noi sappiamo che è venuto da Dio come maestro, perché nessuno può fare tanti e            tali miracoli se Dio non è con lui.

CAIFA. - Nicodemo, come puoi parlare cosi davanti Il noi?

            Non vedi come questo uomo sobilla il popolo contro le nostre leggi e contro di noi? Le tue            stesse parole lo confermano. Tu stesso sei vittima del plagio di costui.

NICODEMO. - Senti, un malfattore non si presenta con un aspetto tanto nobile.

ANNA. - Allora è chiaro: voi siete complici di quell'impostore!

NICODEMO. - Sì. Le sue parole e le sue azioni ci hanno convinto che egli è veramente il Messia.

GIUSEPPE. - Sono un giudice, e come tale voglio giustizia. Se quest'uomo ha peccato subisca pure i rigori della legge; ma se non è colpevole, dovrei farmi vostro complice per saziare la vostra sete di vendetta?

SILOE. - Giuseppe! Parlando così offendi te stesso.

GIUSEPPE. - No! Offendo tutti voi.

ANNA. - Giuseppe, sii prudente, Taci! Ogni tua parola ti compromette.

GIUSEPPE. - Non tacerò se si opprime un innocente. Ipocriti, abbiate il coraggio di giocare a carte          scoperte. Volete apparire giusti agli occhi del popolo ma siete pieni solo di rancore e di odio.            Sì, voi agite spinti solo dalla paura che Gesù possa smascherare i vostri intrighi ed i vostri        interessi.

CAIFA. - Giuseppe d'Arimatea, basta! Stai passando i limiti.

            Noi abbiamo deciso che Gesù di Nazareth è colpevole e pertanto deve essere punito.

ANNA. - Sì. Ormai la sua sorte è decisa.

GIUSEPPE. - Ciechi! Come potete chiudere gli occhi davanti all'evidenza? Perché rifiutate la       verità? Come potete negare che egli sia il figlio di Dio? Condannatelo pure, ma non avrete           mai la nostra complicità!

NICODEMO. - Sì, uccidetelo! Sfogate il vostro odio contro un innocente. Ma la maledizione di Dio        vi colpirà presto.

(esce con Giuseppe)

CAIFA. - Andate pure. Non temiamo le vostre minacce. Si arresti il Nazareno e lo si uccida.

SILOE. - Bene. Ma non durante la festa, però, affinché non nascano tumulti fra il popolo.

MALCO. - (entrando con Giuda) Sommo sacerdote, quest'uomo vuole parlarti,

CAIFA. - Chi sei? Che vuoi?

GIUDA. - Sono un seguace del Nazareno. L'ho seguito credendo di avere trovato l'uomo che poteva             rivoluzionare la mia vita. Ma ora ho capito di avere commesso un grave errore. Ogni mia    aspirazione è stata delusa. È solo un idealista, un visionario, un pazzo. Per questo lo      denunzio a voi: non rispetta le leggi di Cesare; non rispetta le nostre leggi; aizza il popolo    contro di voi; è un ribelle.

ANNA. - Hai fatto bene a venire da noi. Ma non temere. Il sinedrio ha già preso le sue misure ed ha         deciso di arrestarlo e eliminarlo.

GIUDA. - E come pensate di prenderlo? Egli si renderà invisibile ai vostri soldati e si riderà di loro.         Ma io posso aiutarvi; per questo sono venuto.

CAIFA. - Sei disposto a consegnarlo nelle nostre mani?

GIUDA. - Sì, ve lo giuro. Datemi solo pochi soldati e farò tutto quello che mi comanderete. Ma, capirete: è un rischio grave per me. Cosa mi volete dare se ve lo consegno?

CAIFA. - Il sinedrio è generoso verso chi gli è devoto. (a Siloe) Dàgli trenta denari d'argento (Siloe          esce).

GIUDA. - (Perplesso) Trenta denari?!

CAIFA. - Certo. Tanto prevede la nostra legge quale indennizzo per uno schiavo (Siloe è rientrato            portando i denari. Caifa li dà a Giuda).

GIUDA. - E va bene, ma ad un patto, però. Arrestatelo, tenetelo in catene anche per tutta la vita, ma        che non gli sia fatto alcun male.

CAIFA. - Malco, prendi dei soldati e segui quest'uomo. Arresta il Nazzareno e conducilo qui.       (Malco esce con Giuda). Sacerdoti, anziani del popolo, rallegratevi! Tra poco il nostro           nemico sarà nelle nostre mani. (Tutti si alzano e con grandi esclamazioni di gioia escono.    Per ultimo è Anna, che viene fermato da Giuseppe e Nicodemo, che rientrano).

GIUSEPPE. - Anna, che cosa ha deciso il sinedrio?

ANNA. - Il sinedrio ha deciso la salvezza del popolo d'Israele. Presto il Nazareno sarà arrestato ed io farò valere tutta la mia autorità per farlo morire in croce.

GIUSEPPE. - Ma perché tutto questo? Chiunque è ricorso a lui è stato consolato; ha fatto sempre             del bene! Come potete condannarlo?

NICODEMO. - Anna, tu sei il più anziano dei sacerdoti ed eri, anche il più saggio, il più giusto; eri          il migliore di noi. Ora non sei più tu. Perché sei diventato così cieco e crudele?

ANNA. - Col passare degli anni tutto si vede con altri occhi. L'esperienza mi ha insegnato ad agire           con maggiore prudenza. Fin quando il Nazareno rispettò le nostre leggi, non feci nulla contro di lui. Ma ora egli mette scompiglio in tutto il regno ed è mio preciso dovere far di       tutta per eliminarlo.

            (Si avvia. Giuseppe lo ferma).

GIUSEPPE. - Ma è un delitto assurdo, ascolta.

NICODEMO. - Fermati, ti scongiuro.

ANNA. - Basta. Ho già perso troppo tempo con voi.

GIUSEPPE. - I profeti, i libri sacri lo dichiarano nostro Signore.

NICODEMO. - Ha dato segni evidenti di essere il Messia.

ANNA. - Fantasie. Quest'uomo nasconde mille inganni. Sotto le vesti di agnello si nasconde un    lupo. Sappiatelo: ormai è perduto. E se voi lo seguirete subirete la stessa sorte. (Esce).

GIUSEPPE. - Vai, infame! Non abbiamo paura delle tue minacce!

NICODEMO. - Certo. Non saranno queste a cambiare le nostre idee ed a farci desistere dai nostri            propositi.

(Entra Malco).

GIUSEPPE. - Malco ascoltami.

MALCO. - Non posso trattenermi. Ho un compito difficile e delicato.

GIUSEPPE. - Proprio di questo volevo parlarti. Senti: vogliono farti commettere un errore di cui ti           pentirai amaramente. Non fare quello che ti hanno comandato.

MALCO. - Non posso rifiutarmi, lo sai. Il sommo sacerdote mi ha dato questo incarico e debbo    obbedire. Arresterò il Nazareno.

NICODEMO. - Ma come puoi far questo?

MALCO. - Ci riuscirò. Ho con me una guida che non può fallire. È uno degli stessi seguaci del     Nazareno.

GIUSEPPE. - E chi è questo infame?

MALCO. - È uno migliore di voi. Egli ci guiderà verso il suo rifugio e vedrete che lo trascinerò     incatenato per tutta Gerusalemme. E fra pochi giorni di questo Gesù di Nazareth non ne            sentirete più parlare.

NICODEMO. - Vigliacco, sei più crudele degli altri. (Esce con Giuseppe).

GIUDA. - (Entrando con i soldati) Soldati, amici, non temete. Dobbiamo prendere un solo uomo, ed a nulla varranno le sue magie. Ma affrettiamoci perché non ci sfugga col favore della notte.

MALCO. - Venite. Tra poco il Nazareno sarà nelle nostre mani. Ed io stesso lo consegnerò al        sommo sacerdote.

GIUDA. - Avanti. Il Nazareno è già nostro. (Escono tutti esultando).

Scena ii – Il Getsemani

Gesù è inginocchiato a destra presso un masso. Pietro, Giacomo e Giovanni dormono sdraiati a terra a sinistra.

GESÙ. - Padre, l'ora è venuta.

            Io ti ho glorificato sulla terra compiendo l'opera che mi hai affidato. E ora tu, padre,          glorificami dinnanzi a te con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse.        Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato, traendoli dal mondo. Ora essi sanno        che tutto ciò che mi hai dato viene da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato. Padre            santo, custodiscili affinché siano una sola cosa come lo siamo noi.

            Come tu hai mandato nel mondo me, io ho mandato loro. Preservati dal male e santificati nella verità. E non ti prego solamente per questi, ma anche per coloro che crederanno in me      attraverso la loro parola, affinché tutti siano uno, come tu, padre, sei in me ed io in te. (si         alza). Pietro, Pietro, dormi?

PIETRO . - Maestro! ...

GESÙ. - Non potete vegliare con me?

PIETRO. - Perdonami maestro, perdonaci. (Sveglia gli altri) Giacomo, Giovanni.

GESÙ. - L'anima mia è tristissima fino a morirne. Vegliate e pregate con me (ritorna a pregare).   Padre, è giunto il momento in cui devo dare la mia vita per la redenzione dell'uomo. (pausa). Lo spirito è pronto, ma la carne è debole: padre, padre mio. Se è possibile, allontana da me      questo calice amaro (breve pausa). Però si faccia la tua volontà e non la mia (pausa, poi si        alza di nuovo). Pietro, Giovanni, Giacomo! Dunque non riuscite a vegliare con me neppure       un’ora?

GIOVANNI. - Perdonaci maestro.

GESÙ. - Vegliate e pregate per non entrare in tentazione.

GIOVANNI. - Si maestro, te lo promettiamo.

GESÙ. - (Ritorna a pregare) Padre mio, se è necessario che io beva sino all'ultima goccia del calice          amaro, sono pronto a compiere la tua. Volontà. Ma sento che le forze mi vengono meno.    Padre santo, soccorrimi. Fammi sentire la tua voce,

ANGELO. - (Apparendo in cerchio di luce) Agnello di Dio che sei venuto a togliere i peccati dal mondo, abbi pietà dell'uomo. Solo il tuo sangue può redimere le colpe dell'umanità. Compi      la missione che tu' stesso hai accettato e il padre tuo ti glorificherà (dà a bere il calice a    Gesù, poi scompare).

GESÙ. - Padre santo, la ma parola mi ridà forza. Sono pronto ad affrontare il sacrificio per           riconciliare gli uomini con te. Voglio salvarli, aprir loro di nuovo le porte del cielo. Si col   mio sangue laverò l'offesa che i figli di Eva ti hanno fatto (Si alza).

            Pietro, Giovanni, Giacomo! Dormite e riposate ancora?

PIETRO. - Maestro cosa c'è?

GESÙ. - È giunta l'ora in cui il figlio dell'uomo sarà consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi.           Il traditore è già vicino.

PIETRO. - Maestro, io non ti abbandonerò mal.

GESÙ. - Pietro, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte.

GIACOMO. - Maestro, perché vuoi lasciarci?

GESÙ. - Io devo completare la mia opera. È per questo che sono venuto in questo mondo. Tra poco         non sarò più con voi, ma non per molto tempo

PIETRO. - Dove vuoi andare, maestro?

GIOVANNI. - Ma è proprio necessario, Gesù, che tu vada via e ci lasci? Portaci con te.

GESÙ. - Dove vado io, per ora, voi non potete venire. Ma non vi lascerò soli. Nel cenacolo vi ho mostrato quanto amo gli uomini, lasciandovi me stesso sotto le apparenze del pane e del       vino. Perciò vi dico: mangiate quel pane e bevete quel vino, e vivrete in eterno.

GIOVANNI. - Grazie maestro. Non potevi farci regalo più grande.

            (Mormorio)

PIETRO. - Viene qualcuno.

GESÙ. - Guardate. Ecco colui che mi tradirà.

(Entra Giuda con la folla).

GIUDA. - Gesù di Nazareth è qui. Quello che io bacerò è lui, arrestatelo e portatelo via. (Avanza              verso Gesù, poi ha come un ripensamento, ma è spinto da Malco). Salve maestro. (lo bacia).

GESÙ. - Amico mio, fino a questo sei arrivato? Con un bacio tradisci il figlio dell'uomo che tanto ti         ha amato?

GIACOMO. - Giuda!

PIETRO. - Infame!

GIOVANNI. - Miserabile traditore.

(Giuda fugge)

GESÙ. - Chi cercate?

TUTTI. - Gesù Nazareno.

GESÙ. - Gesù Nazareno sono io. (un lampo e lutti stramazzano a terra).

GIOVANNI. - Coraggio fratelli, vedete come una sua parola li getta a terra.

GESÙ. - Chi cercate?

TUTTI. - (più sommessamente) Gesù Nazareno,

GESÙ. - Vi ha già detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano.

BEREA. - Non ci importano questi.

MALCO. - È te che vogliamo, impostore.

PIETRO. - (sfoderando la spada) Indietro, cani rabbiosi! Voi non toccherete il mio maestro!

GESÙ. - Pietro, lascia quella spada, perché tutti quelli che useranno la spada moriranno di spada  (Pietro esegue). Credi, forse, che io non possa pregare il Padre mio perché mi mandi subito dodici legioni di angeli? (il popolo ride). Ma allora, come potrebbe avverarsi ciò che è stato       scritto? Non sai che io devo bere il calice che il Padre mio mi ha preparato? (al popolo) Voi   siete venuti a prendermi con spade e bastoni, come se fossi un brigante. Eppure sono stato     ogni giorno tra di voi nel tempio e non mi avete mai messo le mani addosso. Ma questa è la             vostra ora: è l'ora del potere delle tenebre.

MALCO. - Sì, è la nostra ora. È finita per te!

LESEM. - Non perdiamo altro tempo in chiacchiere. Fate il vostro dovere: cacciate questi pescatori          ed arrestatelo.

MALCO. - (ai discepoli) Fuori dai piedi, voi! (lieve resistenza) Via!!! (gli apostoli vengono mandati via. Malco lega Gesù con la corda) Perché non scappi ora? Perché non scompari usando le tue arti magiche?

BEREA. - Hai finito di sputare sentenze a destra ed a sinistra per imbrogliare il popolo.

MALCO. - (dando uno strattone alla corda) Impostore.

SILOE. - (al popolo) Come vedete il sinedrio ha mantenuto le sue promesse. Egli vuole solo il      vostro bene; vi guida e vi protegge. Attenti, però, a non farvelo scappare.

MALCO. - Non temere, dottore. Neanche i demoni dell'inferno lo potranno liberare dalle mie mani.         (a Gesù) E guai a te se chiamerai aiuto!

LESEM. - Portatelo, ora da Anna, e poi dal sommo sacerdote Caifa. Re dei Giudei, vedrai, ora, che         accoglienza trionfale ti abbiamo preparato!

MALCO. - (strappando sempre la corda) Andiamo.

(Escono tutti)

GIUDA. - (rientrando dal fondo) Che sollievo, finalmente! Ti ho giocato un tiro di cui ti ricorderai           finché campi. Che soddisfazione mi sono presa. Non ti avrò più fra i piedi; non dovrò più             sentire le tue rampogne. Sì, perché solo di rampogne tu eri generoso con me. Agli altri discepoli sì che volevi bene, ma per me... per me... solo parole di rimprovero uscivano dalla tua bocca. Mi hai sempre bistrattato, sì... sempre.

Mi hai fatto amministratore della nostra comunità. Ma che cosa dovevo amministrare, la miseria? Ed ora... ora: nell'ultima cena che abbiamo        consumato insieme, mi hai chiamato traditore. Quasi mi piace questa tua ingiuria per detestarti con maggior ragione. Ma non dovevi farlo. Io non sono un traditore. Io mi sono solo limitato a farti conoscere dal sinedrio. È un tradimento questo?

            Mi hanno dato trenta monete d'argento, e con questo? Non deve essere ricompensato         chiunque compia un lavoro? Dunque non c'è alcun tradimento. E del resto tu stesso mi hai     detto che facessi presto quello che dovevo fare.

            Così mi sono vendicato. Mi rifaccio, ora, di tante amarezze, felice di farti del male per tutto          il bene che dicevi di valermi fare. E guarda che cosa ti ho combinato!

            Da ultimo divento il primo, il capo, il maestro. Sì, non hai saputo valorizzarmi; non hai       capito chi era Giuda.

            Dal carcere, ora, non potrai più nuocermi. Perché una cosa è certa: non hai più alcuna         speranza di salvarti. È finita per te. Non andrai più in giro per le strade della Galilea ad             imbrogliar la gente con belle parole o banali miracoli.

Il tuo nome sarà presto dimenticato, perché il sinedrio ti condannerà a passare in carcere tutti i tuoi giorni. E poteva capitarti ancora di peggio. Il sinedrio, infatti, voleva condannarti a morte.    Se io stesso non avessi interceduto per te, saresti finito appeso al legno di una croce come un qualsiasi malfattore.

            Sì, Gesù, mi devi riconoscenza. Mi devi la vita. (pausa.) E se il sinedrio non sta ai patti e...            l'ammazza? Allora... allora, io... io sarei il responsabile di questa esecuzione! È terribile. Ma io non        voglio questo. O, almeno. non voglio esservi implicato così apertamente. È orrendo! No, questo no!

             (grida) Aspettate. Non voglio questo. Non voglio questo! (sempre gridando fugge mentre cala velocemente il sipario)

Fine del 1° atto


ATTO II

Il Sinedrio

In primo piano a sinistra: Siloe, Lesem e Berea. Al centro la serva ed altri popolani. A sinistra, in fondo, c'è Pietro.

SILOE. - Finalmente il nostro mortale nemico si trova nelle nostre mani? Non potrà più nuocerei, ora.

BEREA. - Hai ragione, dottore. Se non avessimo preso oggi questa decisione, domani sarebbe stato         troppo tardi.

SILOE. - Berea, Lesem e voi tutti, date gloria al Dio dei nostri padri che ci ha concesso di liberarci           da questo falso profeta che faceva di tutto per distruggere la potenza del sinedrio.

SERVA. - E che cosa pensa di fare, ora, il sinedrio?

SILOE. - Il sinedrio è fermo nella sua decisione: dargli la morte.

LESEM. - Certo! La morte al nemico di Mosè.

PIOTRO. - (che ascoltava da lontano) Dio misericordioso, che cosa sento! Parlano del mio maestro.

LESEM. - (vedendoli) Chi è quest'uomo?

SERVA. - Non sei anche tu un discepolo di quell'uomo che è stato arrestato questa notte?

PIETRO. - Non so di chi tu intenda parlare.

SERVA. - Anche lui è un seguace del Nazareno.

PIETRO. - Donna, io non conosco l'uomo di cui parlate.

SERVA. - Non è vero. Anche tu sei uno di loro. Infatti sei galileo.

LESEM. - Certo che lo sei. Anche dal tuo stesso modo di parlare si capisce.

BEREA. - È vero. C'era anche lui con Gesù Nazareno.

PIETRO. - Nossignore, vi sbagliate! Il galileo di cui parlate non sono io.

SILOE. - Come puoi negarlo? Mi ricordo perfettamente. Ti ho visto io stesso stanotte nel giardino            con lui. E proprio tu hai sguainato la spada.

PIETRO. - Sentite amici. Il cielo mi punisca se non dico la verità. Vi giuro che non conosco e che non ho mai visto questo che chiamate Gesù Nazareno!

(Gesù attraversa la scena condotto da Malco e dai soldati. Il suo sguardo si incontra con    quello di Pietro)

SILOE. - Andiamo noi; andiamo a salutare il sommo pontefice.

(escono)

PIETRO. - (cadendo in ginocchio) Gesù, perdono. Perdonami!… (battendosi e piangendo) Vile,  vile, vile!... Ho avuto paura di dire che ero tuo seguace. Dopo tutto il bene che mi hai fatto,            ho temuto solo per la mia incolumità e ti ho rinnegato! Mi sono lasciato sopraffare       dall'egoismo, con te che mi hai chiamato come tuo apostolo, che mi hai salvato dalla             tempesta, che mi hai insegnato l'umiltà lavandomi i piedi, che mi hai dimostrato tutto il tuo       amore per gli uomini, lasciando te stesso come cibo. Maestro amatissimo, tu hai promesso il      perdono a quelli che pentiti ricorrono a te. Gesù, io ho peccato. Sì, ho commesso un peccato             per il quale piangerò tutta la vita. Ebbene, concedi anche a me la tua misericordia. Io non ne             sono degno, ma se solo tu lo vuoi anche l'anima mia sarà salva. (Esce piangendo).

(Rientrano i sacerdoti e prendono posto nei loro seggi).

ANNA. - (rientrando con gli altri, come continuando un discorso) Quando io l'ho interrogato,       appena dopo il suo arresto, non si è degnato di dire neppure una parola. Perché dinnanzi a        noi prende questo atteggiamento? Pare che non dia la minima importanza alla nostra autorità    ed al nostro giudizio. Bisogna, dunque, trovare qualche espediente per condannare questo     impostore.

GIUSEPPE. - Principi, ciò è indegno di noi. Noi, dottori d'Israele, pretendiamo di condannare un            uomo per mezzo di espedienti?!? Ma non sappiamo, noi, che per condannare un uomo si deve, prima, provare la sua colpa davanti ad un tribunale, con tanto di testimoni?

ANNA. - Sottigliezze, formalità!

NICODEMO. - E voi, giudicare e condannare un uomo disceso dal Cielo, la chiamate una            formalità?

SILOE. - Ma chi è quest'uomo? Non è costui il figlio di Giuseppe, il falegname? Non conosciamo,           noi, suo padre e sua madre? Come può dire, dunque: «Io sono disceso dal Cielo»?

BEREA. - Senti, Nicodemo. Gli abbiamo chiesto, una volta, di mostrarci un segno del Cielo, e ci ha         risposto che non sapevamo interpretare i segni dei tempi. Ci ha definito generazione       malvagia ed empia, ed ha detto che non ci sarebbe stato dato alcun segno, se non il segno di             Giona.

LESEM. - È vero. Anzi ha detto che lui era assai più di Salomone e di Giona.

CAIFA. - Io vi dico che è un indemoniato: Abramo è morto, ed i profeti pure. E lui dice: chi         osserverà la mia parola non morirà in eterno. È dunque, lui, forse, più grande del nostro        padre Abramo, che è morto? Ed anche dei profeti, che sono morti? Ma chi pretende di           essere?

SILOE. - Non ha nemmeno cinquant'anni e dice di avere visto Abramo. Dice, anzi, di esistere da prima che Abramo vivesse.

ANNA. - Ma come potete fare causa comune e difendere un pazzo, un indemoniato? Un uomo che          predica di odiare il padre e la madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle?

NICODEMO. - Voi non capite, o piuttosto non volete capire. Gesù ha inteso dire che chi vuole    seguirlo deve preferirlo a qualsiasi altra persona o bene terreno. Perché egli è veramente il             Messia.

GIUSEPPE. - Voi, scribi, avete studiato la legge e per questo avete il compito di spiegarla ed       insegnarla alla gente. Ma neanche voi stessi ne avete capito il vero significato se vi rifiutate           di riconoscere in Gesù il vostro Messia. Così, voi, che vi siete riservati in esclusiva le chiavi   della scienza, non siete mai entrati nel vero senso della sacra scrittura e, di conseguenza, ora,           impedite anche agli altri di entrarvi.

CAIFA. - Noi abbiamo capito benissimo, invece, con che sorta di uomo abbiamo a che fare: Un    pazzo, un visionario, un esaltato che mirava solo a sovvertire l'ordine costituito per     impadronirsi del regno. Ma, per fortuna, l'abbiamo fermato in tempo e non ci sarà difficile    condannarlo. Molti sono gli scribi ed i farisei, anche fra i presenti, che lo hanno sentito con             le proprie orecchie aizzare il popolo contro di noi! E le bestemmie che quest'uomo ha detto? Siloe, tu che lo hai ascoltato diverse volte, questo stregone di Nazareth, ripeti cosa ha detto.

SILOE. - Ha detto che lui è un re, il nostro re.

CAIFA. - E tu, Lesem?

LESEM. - Giuro che egli ha detto: posso distruggere il tempio di Dio e riedificarlo in tre giorni.

CAIFA. - E tu, Berea?

BEREA. - Io l'ho sentito affermare: Io distruggerò questo tempio costruito con le mani ed in tre   giorni ne costruirò un altro ma non con le mani.

GIUSEPPE. - Ma non vedete come vi contraddite anche fra di voi?

ANNA. - Ha osato offendere Erode, definendolo una volpe!

SILOE. - Ha detto ad alcuni che avrebbe dato loro da mangiare le sue stesse carni.

LESEM. - Inganna la gente con la magia e vuole essere riconosciuto come Messia venuto dal Cielo.

NICODEMO. - Lo è veramente, e per questo può compiere tanti prodigi.

BEREA. - Seduce il popolo dicendo di essere il creatore del cielo e della terra.

CIFA. - È ribelle a Cesare, perché si fece acclamare re!

NICODEMO. - Questo non tocca Cesare. La sua maestà è divina, non umana.

GIUSEPPE. - Sacerdoti, decani, dottori, nessuna delle vostre accuse merita di essere presa in       considerazione. Non siete riusciti a provare alcuna colpa. Dove sono questi testimoni su cui             fate tanto affidamento? Quei pochi che avete rimediato sono in netto contrasto fra di loro.   Chi è quel vile che oserà deporre il falso?

ANNA. - Non ci importano le contraddizioni. Sappiate che noi possiamo condannarlo anche senza           bisogno di testimoni.

GIUSEPPE. - Voi prostituite la giustizia!

CAIFA. - Giuseppe d'Arimatea, basta!... La tua audacia ha passato i limiti della provocazione.      Quest'uomo, vi dico, è un profeta falso; ha manipolato la plebe con le sue stregonerie          aizzandola contro di noi. A tutti è noto che egli non digiuna, lavora il giorno di sabato, e voi     andate ancora cercando dei testimoni? Per vostro dispetto... per vostro dispetto, vi farò             persuadere delle sue colpe dalla stessa bocca dell'accusato. (ad un cenno esce Berea che         rientra, subito dopo, con Malco e Gesù). Gesù di Nazareth, il popolo è stanco delle tue           stregonerie. Ma il sinedrio ti vuole proteggere. Per questo ti ho fatto prendere e condurre             davanti a me. Ma tu devi darmi prova della tua obbedienza al sinedrio. Ora rispondimi bene.             Perché hai raccolto intorno a te dei discepoli? Cosa intendi fare? Cosa insegni al popolo?   Qual è la tua dottrina?

GESÙ. - Io ho parlato al mondo apertamente. Ho sempre insegnato nella Sinagoga e nel tempio    dove da ogni parte venivano tutti i giudei, e mai nulla ho detto in segreto. Perché, dunque        interroghi me? Interroga, piuttosto, quelli che mi hanno ascoltato. Essi conoscono ciò che ho detto loro.

MALCO. - Così rispondi al sommo sacerdote? (lo colpisce con uno schiaffo).

GESÙ. - Se ho parlato male, mostrami dov'è il male. Ma se ho parlato bene perché mi percuoti?

NICODEMO. - Vile! Abusi della tua posizione contro un inerme.

GIUSEPPE. - Vergognatevi. Voi tutti siete responsabili di questo oltraggio.

CAIFA. - Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea, controllate le vostre parole se non volete subire la stessa        sorte. (Poi a Gesù) Gesù di Nazareth, ti scongiuro, per il Dio vivente, sei tu il Messia, il figlio del Dio di Abramo?

GESÙ. - Anche se ve lo dicessi, voi non mi credereste; e se vi facessi delle domande voi non mi   rispondereste.

CAIFA. - Tu sei, dunque, il figlio di Dio benedetto?

GESÙ. - Sì, sono quello che tu hai detto. Anzi vi dico che, quanto prima, vedrete il figlio dell'uomo         seduto alla destra dell'Onnipotente venire sulle nubi del cielo.

CAIFA. - (stracciandosi le vesti grida) Bestemmiatore! Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo, più, di testimoni? Voi tutti avete udito la sua bestemmia. Dunque che decidete? Che sentenza date?

TUTTI. - È reo di morte. (ad un cenno di Caifa Malco porta via Gesù).

CAIFA. - Siete convinti, ora, delle sue colpe? Voi stessi l'avete potuto constatare.

GIUSEPPE. - Io ho constatato solo una cosa: È la prima volta che vedo un condannato comportarsi         con tanta serena mansuetudine, mentre i suoi giudici sono accecati dall'odio più feroce.

NICODEMO. - E noi, per protesta, abbandoniamo il sinedrio. Non vogliamo renderei complici dei           vostri abusi. (escono).

ANNA. - Ora siamo tutti d’accordo per la sua condanna a morte. Portiamolo, dunque, da Pilato perché confermi la nostra decisione e pronunzi la sentenza.

GIUDA. - (entrando agitato) È vero, è vero che l'avete condannato?

CAIFA. - Iscariota, cos'hai?

GIUDA. - Sacerdoti, io sono un traditore!

ANNA. - Che ce ne importa? Pensaci tu!

GIUDA. - Ho peccato tradendo il sangue innocente.

SILOE. - Questi sono fatti tuoi.

GIUDA. - Infami! Così, ora, mi abbandonate?

CAIFA. - Giuda, basta. Taci.

GIUDA. - Ma è vero che l'avete condannato?

CAIFA. - Sì, l'abbiamo condannato a morte.

GIUDA. - Insensati! Voi avete condannato il figlio di Dio. E dov'è, dov'è la promessa che mi avete         fatto? Sommo sacerdote, ricordati del nostro patto!

CAIFA. - Patto? Quale patto?’

SILOE. - Cosa vai cercando, Giuda? Vuoi metterti per forza nei guai?

ANNA. - Iscariota, vattene subito, prima che sia troppo tardi.

GIUDA. - Ti prego, sommo sacerdote, e voi anziani del tempio, dottori, liberate Gesù di Nazareth.           Egli è innocente.

ANNA. - Ma sei stato tu stesso a denunziarlo e consegnarlo a noi. Perché ora ti rimangi ciò che hai           detto e rinneghi ciò che hai fatto?

GIUDA. - Sì, è vero. Anch'io sono responsabile del suo arresto. Ma ero accecato dall'invidia, dallo sporco denaro. Non è vero tutto quello che ho detto. Gesù è innocente. Volevo solo ribellarmi alla sua superiorità. perché era il più buono degli uomini, il più generoso, il più giusto; e tutto questo a me dava fastidio. Ma ve l'avevo già detto  allora, non voglio che al mio maestro si faccia del male. Non voglio che sia ucciso.

CAIFA. - Sappi, Giuda, che il tuo maestro morirà. E tu stesso l'hai condannato a morte.

GIUDA. - Assassini! Non vi sarà più pace, né per me, né per voi. Voi avete condannato un           innocente. Voi non avete questo diritto. Io mi ribello a questa infame sentenza. Rompo il          nostro patto: non voglio più nulla. Non voglio il vostro maledetta denaro. (lo getta) Cada          sopra di me il più terribile castigo e mi distrugga. L'ho meritato. Ho tradito nel modo più          infame Gesù, il giusto, lo stesso Messia.

CAIFA - (alzandosi con gli altri) È colpa tua. Dovevi pensarci cento volte prima di venire a          proporci un simile patto. Ora è troppo tardi: soffrine le conseguenze. (esce con gli altri)

GIUDA. - Sì, lo so, sommo sacerdote, che ho perduto, ormai la mia anima. So che tutte le             generazioni malediranno il nome di Giuda. Gli stessi dannati dell'inferno inorridiranno davanti a me. Ebbene ho perduto l'anima, distruggerò, allora, anche il mio corpo. Ma voi,         anche voi non avrete scampo: mi seguirete. (esce di corsa)

Fine del 2° atto


ATTO III

Il Pretorio

In primo piano, a sinistra, Pilato, seduto nel suo seggio. Ai suoi piedi i valletti. A destra, di fronte a lui, Caifa, Anna, Siloe, Lesem e Berea. In secondo piano Longino. Sul fondo i soldati.

Dietro la balconata si intravede il popolo.

PILATO. - Ma di che cosa è accusato quest'uomo? Quali sono i suoi delitti?

CAIFA. - Se non fosse un malfattore non la avremmo condotto davanti a te.

PILATO. - Voi avete la vostra legge; siete gelosi dei vostri diritti e dei vostri privilegi, giudicatelo            allora voi, secondo la vostra legge.

ANNA. - Noi abbiamo la nostra santa legge; tu sai, però, che non ci è più consentito emettere condanne a morte.

PILATO. - Ma sono così gravi le colpe di quest'uomo?

SILOE. - Molto gravi. Dice di essere il Figlio di Dio.

PILATO. - Se è solo per questo non mi interessa. La questione è prettamente religiosa e riguarda voi.

CAIFA. - Ma c'è di più: Abbiamo trovato costui che sovvertiva la nostra gente incitandola alla     rivolta; proibiva di pagare il tributo a Cesare affermando di essere lui il re. È un sovversiva,      un ribelle!

PILATO. - Veramente egli non mi ha dato mai fastidio. Ma per non mettere in dubbio le vostre    parole lo interrogherò davanti a voi. (a Longino, che ha un occhio bendato) Portalo qui.

                        (Longino esce).

ANNA. - A te spetta, ora, esercitare la giustizia.

PILATO. - Ma che volete da me?

CAIFA. - Roma ti ha investito di ogni potere sul popolo della Giudea! Giudica, ora, il suo nemico.

PILATO. - Certo! Io ho sovrano potere. Ma la giustizia deve accertare bene le colpe prima di        condannare un uomo.

(Entra Gesù con Malco).

Gesù di Nazareth, rispondi alle mie domande: Sei tu il re dei Giudei?

GESÙ. - Dici questo da te stesso o te l'hanno detto altri di me?

PILATO. - Sono, forse, io giudeo? La tua gente ed i capi dei sacerdoti ti hanno messo nelle mie   mani. Mi dicono che ti proclami re. Ma che razza di re sei tu? Chi sostiene il tuo regno?         Dove sono i tuoi soldati? Non vedi come ti rendi nemico del popolo e dei sacerdoti?           Dunque, che regno è il tuo?

GESÙ. - Il mio regno non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, le mie guardie        avrebbero combattuto perché io non fossi dato nelle mani dei giudei. Ma il mio regno non è    di quaggiù.

PILATO. - Dunque, tu sei re?

GESÙ. - È come tu dici. Io sono te. Io sono nato per questo, e per questo sono venuto al mondo: per        dare testimonianza alla verità. Chiunque è per la verità ascolta la mia voce.

PILATO. - Che cos'è la verità?

CAIFA. - Lo senti?... Lo senti, Ponzio Pilato, come osa parlare anche di fronte a te? Vedi, ora, come        egli stesso conferma le nostre accuse?

ANNA. - Questa è un’offesa a Cesare. Perché chi si fa re va contro Cesare.

SILOE. - Preside, egli cerca solo il potere e la gloria.

LESEM. - Minaccia grandi rovine ed ha sedotto il popolo contro il sinedrio.

PILATO. - Perché non rispondi nulla? Non vedi di quante cose ti accusano? (Gesù non risponde). Io mi stupisco! Se sei veramente un re, o fingi di esserlo, a me non importa. Perché sei il re più scalcinato che io abbia mai visto. Di che cosa dovrei preoccuparmi? (pausa). Non vedo in quest'uomo alcun motivo per condannarlo. Sì, certo parla in modo strano e misterioso. Ma è un esaltato, tutto qui. Non trovo in lui alcuna colpa.

CAIFA. - Come, non trovi in lui alcuna colpa? Solleva il popolo insegnando per tutta la Giudea. Ha         cominciato dalla Galilea ed ora è arrivato fin qui.

PILATO. - Perché, è Galileo?

CAIFA. - Sì, nobile Pilato, è Galileo.

PILATO. - Ed allora, che cosa volete da me? È della giurisdizione di Erode. Conducetelo, dunque           da lui, giacché in questi giorni si trova a Gerusalemme per celebrare la Pasqua. Perché non            l'avete detto subito che era galileo? Volete mettermi contro Erode? Portatelo da lui subito e      lasciatemi in pace. (Esce con lo sua scorta).

ANNA. - Andiamo. (Escono tutti).

(Poco dopo entrano Giuseppe, Nicodemo e Giovanni)

GIUSEPPE. - Venite, fratelli, forse siamo ancora in tempo,

GIOVANNI. - Cosa pensi di fare?

GIUSEPPE. - Voglio parlare con Ponzio Pilato. Lo conosco bene.   Si lascia influenzare, ma non è Irragionevole. Dovrà sentire le nostre ragioni.

NICODEMO. - Ma perché tanto odio contro di lui? lo non capisco. Il popolo che lo ha tanto amato,         che ha avuto da lui tanti benefici, ora è tutto contro di lui.

GIUSEPPE. - È l'invidia dei farisei alla base di tutto. Sono riusciti a manipolare la folla allettandola         con promesse che non potranno mai mantenere.

GIOVANNI. - Non disperiamo. Forse possiamo fare ancora qualcosa per il mio maestro.

(Longino attraversa lo scena).

GIUSEPPE. - Centurione, ti prego, dimmi: Gesù di Nazareth è qui? Pilato lo ha già interrogato? Che cosa pensa di fare?

LONGINO. - Pilato ha già interrogato Gesù, ma non ha trovato in lui alcuna colpa. I sacerdoti e gli          anziani del tempio hanno esercitato una forte pressione su Pilato perché lo condannasse a         morte. Ma il preside, saputo che Gesù era galileo, per non essere compromesso, l'ha          mandato da Erode.

GIUSEPPE. - Centurione, ancora una preghiera: di a Pilato che desidero parlargli. (Longino esce) E         tu, Giovanni, vai ad informare gli altri: consola sua madre: dille che io spero ancora, che          tento di convincere Pilato a richiamare Gesù al suo giudizio e di non farlo condannare. Vai.

GIOVANNI. - Giuseppe, Nicodemo, io vi ringrazio dal più profondo del cuore. Quello che voi state        facendo per il mio maestro, molti di noi non l'abbiamo saputo fare.

NICODEMO. - Non devi ringraziarci di nulla. Se abbiamo abbandonato il sinedrio e stiamo          tentando di salvare Gesù, è perché anche noi siamo stati conquistati da lui.

GIUSEPPE. - Sì, anche noi vogliamo essere fra i suoi seguaci.

GIOVANNI. - Le vostre parole mi consolano e mi danno forza. Che Iddio vi assista. (esce)

GIUSEPPE. - (a Pilato che entra col seguito) Preside!

PILATO. - Che c'è, Giuseppe?

GIUSEPPE. - Ascolta, nobile Pilato. Gesù, che tu hai mandato da Erode è innocente. Tu sei giusto. Non devi permettere che venga condannato ingiustamente.

PILATO. - Ma che posso fare io?

GIUSEPPE. - Tutto nobile Pilato, Erode è il tetrarca, ma a te spetta di amministrare la giustizia.    Non prestarti al gioco dei farisei e del sinedrio,

PILATO. - Col sinedrio, già da tempo, siamo ai ferri corti. Agiscono solo per invidia e sete di       potere. Ma hanno una grande influenza sul popolo e non vorrei che provocassero dei   tumulti.

NICODEMO. - Ma Gesù è innocente. È solo vittima del loro odio. Non lasciarlo nelle loro mani. Salvalo! È l'uomo mandato dal Cielo. Già le profezie ed i libri sacri parlarono di lui come        del nuovo Messia. Ha compiuto tanti prodigi che confermano la sua natura divina. Da           ragazzo, una volta, lo abbiamo visto seduto in mezzo ai dottori del tempio ad ascoltarli ed   interrogarli. E tutti quelli che lo ascoltavano si stupivano della sua intelligenza e delle sue      risposte.

GIUSEPPE. - Tutta la sua vita è un continuo prodigio: morti che ad una sua parola risuscitano; muti         che parlano; ciechi che vedono; paralitici che camminano. Sono questi i delitti che ha    commessoli!

PILATO. - In realtà io non trovo in lui alcuna colpa. E certamente anche Erode sarà del mio stesso           parere.

(La folla si fa risentire)

LONGINO. - (entrando) Preside. Il sommo sacerdote Caifa ed i capi dei sacerdoti sono qui di nuovo       e vogliono parlarti.

PILATO. - Ma che vogliono da me ancora? Falli passare.

(Longino esegue)

CAIFA. - (entrando con gli altri) Salute.

PILATO. - Cosa volete, ancora?

CAIFA. - Nobile Pilato, ecco di nuovo a te il seduttore di Nazareth.

PILATO. - E per quale motivo?

CAIFA. - Il tetrarca lo rimanda a te.

PILATO. - Ma per gli dèi!!!

CAIFA. - Pilato, tu bestemmi!

PILATO. - Erode ha interrogato il Nazareno? Lo ha trovato colpevole o no?

CAIFA. - Erode ha detto che da tanto tempo desiderava conoscere Gesù per tutto quello che aveva         sentito di lui, e gli ha rivolto molte domande. Ma neanche una parola è uscita dalla sua           bocca.

ANNA. - Erode lo ha trattato, allora, con grande disprezzo, prendendosi gioco di lui. Quindi gli ha          fatto indossare una veste sgargiante e lo rimanda a te.

PILATO. - E che volete da me, ora, se il tetrarca non trovò in lui alcuna colpa?

CAIFA. - Ma è a te, Pilato, che spetta di giudicarlo e condannarlo.

GIUSEPPE. - Salvalo, nobile romano, tu sai che è innocente.

PILATO. - Ascoltatemi. Voi mi avete presentato quest’uomo come un sovvertitore del popolo. Ma           io l'ho già interrogato in vostra presenza e non ho trovato in lui nessuna delle colpe di cui lo   accusate. Egli non ha fatto nulla che possa meritare la morte. Perciò lo sottoporrò ad un             castigo e lo libererò.

POPOLO. - (gridando) Vergogna. Venduto. Crocifiggilo.

PILATO. - (al popolo) Smettetela. Smettetela. E sia ben chiaro: non voglio questa baldoria.

CAIFA. - Come vedi la folla è esasperata: vuole la morte del Nazareno. Non scontentarla se non              vuoi che insorga contro di te. Preferisci, forse, che Gesù continui a sovvertirla contro Cesare            al quale nega il tributo?

PILATO. - (a Longino) Conduci qui Gesù!

(Longino esce)

CAIFA. - (piano ad Anna e Berea) Andate in mezzo al popolo, aizzatelo contro Gesù. Fate che con         le sue grida costringa Pilato a cedere alla nostra volontà.

BEREA. - Subito, sommo sacerdote.

ANNA. - Ci pensiamo noi, non temere. (escono).

GIUSEPPE. - (a Pilato) Sei ancora in tempo per salvarlo.

PILATO. - E quello che sto tentando di fate. Ma devo superare un grosso ostacolo: il sinedrio.     (Malco conduce Gesù, la falla rumoreggia) Gesù di Nazareth, perché ti ostini ancora in questo         tuo folle atteggiamento? Sei rimasto muto anche davanti al tetrarca Erode! Non vedi quante accuse ti sono lanciate? Come puoi tacere! lo sono convinto della tua innocenza, ma tu parla. Difenditi! Come posso aiutarti io, se tu stesso non me ne dai la possibilità?

CAIFA. - Insomma, tu vuoi liberarlo ad ogni costo? Stai attento Pilato: se lo liberi la folla si          scaglierà contro di te.

(Il popolo grida)

PILATO. - Ma infine, che cosa ha fatto di male costui? Vi ripeto che non trovo nulla in lui che     meriti la morte.

(Il popolo grida più forte)

Silenzio! Silenzio! (poi a Longino) Porta qui Barabba.

            Popolo della Giudea! Ogni anno per la festa di Pasqua, vi ho concesso la liberazione dì un             detenuto a vostra scelta.

(entra Barabba)

Quest'anno potete scegliere fra due: il famoso Barabba e Gesù di Nazareth. Guardate Gesù, il suo aspetto è nobile, il suo sguardo ispira fiducia. Voi lo sapete: vi ha sempre fatto del bene. Guardate, invece, Barabba: voi lo conoscete: è un sovversivo, un assassino. Il suo stesso aspetto tradisce la sua ferocia.            Ebbene, voi sarete i giudici. Chi dei due volete che vi liberi? Barabba o Gesù detto il Cristo?

SACERDOTI. - Barabba. Libera Barabba.

POPOLO. - Libera Barabba! Viva Barabba!

PILATO. - Ma allora che devo fare di Gesù?

POPOLO. - Crocifiggilo.

PILATO. - Ma insomma, che ha fatto di male? Io non posso condannare un innocente.

CAIFA. - Il popolo ha fatto, ormai, la sua scelta.

SILOE. - Pilato, ricorda la tua promessa.

LESEM. - Hai lasciato decidere al popolo, non puoi più tirarti indietro, ora.

PILATO. - E va bene. Barabba è libero. Portatelo fuori dalla città e non vi rientri mai più.

POPOLO. - Viva Barabba!

PILATO. - Quanto a Gesù, sappiate che le sole accuse non rendono l'uomo colpevole. Voi volete la          sua morte, ma solo sulle vostre accuse io non posso condannarlo, no! Ma se, comunque, ha      offeso le vostre leggi, ordino che sia flagellato e tanto basta. Centurione, provvedi subito.                         (Escono Longino, Malco, Gesù ed i soldati).

NICODEMO. - Nobile Pilato, ascolta. (Continua piano).

SILOE. - (A parte) Sommo sacerdote, questa flagellazione può essere controproducente per noi.

LESEM. - Certo. Vedendolo punito il popolo potrebbe anche accontentarsi ed il nostro piano       fallirebbe.

CAIFA. - Avete ragione, fratelli. Andiamo tutti in mezzo alla folla. Solleviamola contro Pilato. Gesù deve essere crocifisso e neanche la potenza di Roma lo potrà salvare.

(Escono).

GIUSEPPE. - (Come continuando). E intanto, il buon Gesù, senza alcuna colpa, deve patire sotto i           colpi di quegli sciacalli.

PILATO. - Sono stato costretto. Speravo che la folla lo liberasse preferendolo a Barabba. Ma        invano.

NICODEMO. - Infame gente. Si lascia trascinare dalla ferocia dei sacerdoti.

PILATO. - Una volta liberato Barabba, dovevo pur infliggergli una qualche punizione, almeno per            salvare la faccia. Con la flagellazione, anzi, avendo dato una soddisfazione al popolo, spero di calmarlo, così da poter salvare la vita a quel disgraziato.

(Intanto si sente la flagellazione e le invettive dei Soldati: Ti saluto, re dei Giudei! Indovina chi ti ha colpito! Indovina chi ti ha sputato! Incoroniamolo. Diamogli lo scettro. ecc.).

LONGINO. - (Entrando) Pilato, tua moglie ha mandato questo messaggio per re. (Esce).

PILATO. - (Legge sottovoce, poi) Sentite: Non comprometterti con il Nazareno. Egli è innocente.             Stanotte, in sogno, ho sofferto molto per causa sua. Liberalo o te ne pentirai. Claudia. (Poi a     Longino) Centurione, basta!

GIUSEPPE. - Lascialo libero, ora, nobile Pilato.

NICODEMO. - Salvalo

(Intanto sono rientrati tutti i sacerdoti).

PILATO. - (Al popolo) Ascoltatemi. Ve lo conduco fuori perché sappiate che io Don trovo in lui nessuna colpa. (Viene Gesù) Guardate: Ecco l'uomo!

SACERDOTI. - Alla croce! Alla croce!

POPOLO. - (Gridando) Alla croce! Alla croce!

PILATO. - Ma non siete contenti ancora? Guardate com'è ridotto!

CAIFA. - Non basta. Noi abbiamo una legge, e secondo questa legge deve morire perché si è        proclamato figlio di Dio. Deve essere crocifisso: il popolo lo vuole, tutti lo pretendiamo.

PILATO. - (Impaurito) Di dove sei? (Gesù tace) Parla, discolpati! Io sono sicuro che se tu volessi,            potresti dimostrare la tua innocenza. (Gesù tace sempre) Ma non mi rispondi neanche? Non            sai che ho il potere di rimetterei in libertà come ho il potere di crocifiggerti?

GESÙ. - Tu non avresti alcun potere sopra di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi          ha consegnato me nelle tue mani è più colpevole di te.

CAIFA. - Lo senti? Mette in dubbio perfino la tua autorità.             Che cosa aspetti, ora, per condannarlo?

ANNA. - Vedi come ti risponde l'uomo che tenti di salvare ad ogni costo?

LESEM. - Ma è così che difendi Cesare?

BEREA. - Se vi saranno tumulti, tu solo ne sarai il responsabile!

SILOE. - Pilato non puoi metterti contro la legge!

POPOLO. - Crocifiggilo! Crocifiggilo!

PILATO. - Popolo della Giudea, ecco com'è ridotto il vostro re!

POPOLO. - A morte! Crocifiggilo!

PILATO. - Debbo crocifiggere il vostro re?

CAIFA - Noi non abbiamo altro re fuori di Cesare!

ANNA. - Attento, Pilato! Quest'uomo che tu credi inoffensivo, è invece capace di tutto.

PILATO. - Vi ripeto che non lo trovo colpevole. E non vedo come possa nuocere a me o a Cesare.            Se vi preme, dunque, tanto, eliminare quest'uomo perché la sua dottrina vi da fastidio, se le        sue parole vi mettono in ridicolo, se i suoi prodigi vi fanno ombra, se tutta la sua vita vi   scandalizza, tutto ciò non mi riguarda. Sono cose vostre. Avete le vostre leggi, giudicatelo           voi.

CAIFA. - Pilato! Roma ha avocato a se le sentenze capitali. Dunque tu devi pronunziare la sua     condanna. E devi farlo. Tu che non hai esitato a far sfilare nella città santa le sue truppe, tu     che non hai esitato a prelevare il denaro dal tesoro del tempio, tu che non lasci sfuggire          alcuna occasione per manifestare il più assoluto disprezzo per le nostre leggi e le nostre           usanze, tu devi ora liberare la Giudea da questo impostore o la Giudea saprà liberarsi di te.

ANNA. - Pilato, hai fatto scegliere al popolo ed il popolo ha chiesto la liberazione di Barabba e lo.           morte di Gesù. Non puoi venire meno alla tua parola. Gesù deve essere crocifisso.

PILATO. - (Ormai stordito) Voi mi fate violenza. Mi costringete a cedere alle vostre passioni, anche        contro la mia volontà. Ma io tengo fede alle promesse fatte. (Ai valletti) Portate dell'acqua. (Poi agli altri) Ho liberato Barabba. Ora prendete Gesù e fatene ciò che volete. Uccidetelo pure! Crocifiggetelo come vi pare, assieme agli altri ladroni. Ma sappiatelo: (lavandosi le mani) io sono innocente del sangue di questo giusto. Voi, voi soli ne siete responsabili.

(Esce seguito da Giuseppe e Nicodemo).

CAIFA. - La responsabilità del suo sangue ricada sopra di noi.

ANNA. - E sui nostri figli.

(Nell'entusiasmo generale Gesù viene ricaricato della croce portata dai soldati).

TUTTI. – Vittoria! Vittoria!

Fine del 3° atto


ATTO IV

Il Calvario

In primo filano, al centro, Nicodemo e Giuseppe. Una rampa sale dal centro della scena verso destra, scomparendo tra le quinte. Più indietro un'altra rampa, più alta, va da destra verso sinistra. A destra, in primo piano un grosso tronco.

NICODEMO. - Io non riesco a spiegarmi come sia stato possibile arrivare fino a questo punto.      Dopo tutto il bene che Gesù ha fatto al popolo, proprio il popolo ha preteso la sua condanna.   È un'assurdità! Una pazzia!

GIUSEPPE - Sai bene quanto il nostro popolo abbia poca voce in capitolo. È che i sacerdoti, gli   scribi e gli anziani del tempio, accecati dalla loro invidia, hanno sollevato la folla contro          Gesù.

NICODEMO. - Io ho sperato fino all'ultimo. Pilato, infatti, ha tentato in tutti i modi di salvarlo.

GIUSEPPE - Sì. Ma non ha saputo opporsi alla ferocia di suoi accusatori e, per timore che            potessero suscitare dei tumulti, lo ha abbandonato nelle loro mani.

NICODEMO. - Io soffro per lui. Ma come possiamo aiutarlo, ormai? Abbiamo fatto tutto quello che        era possibile, ma non siamo riusciti a salvarlo.

GIUSEPPE. - È vero. Ma non lo abbandoneremo. Andremo in cima al Golgota, dove lo vedremo                         morire sulla croce. Là avrà ancora bisogno di noi.

NICODEMO. - (Vedendo venire Giovanni con le donne) Oh Giovanni!

GIUSEPPE. - Anche tu, Maria! Perché sei venuta fin quassù?

NICODEMO. - Giovanni, non dovevi far venire Maria e le altre donne qui. È una crudeltà. Il loro            cuore non resisterà.

GIOVANNI. - Non volevo. Ma non ho saputo resistere alle loro insistenze.

MARIA. - Lasciate che faccia anch'io questa via dolorosa. Voglio vedere ancora mio figlio. Voglio          essere vicino a lui quando i suoi occhi mi cercheranno per l'ultima volta.

GIUSEPPE. - Ma non ne avrai la forza. È un dolore troppo grande per una madre.

MARIA. - Iddio che ha sempre guidato i miei passi non mi abbandonerà!

MADDALENA. - Anch'io salirò con lui. Non lo abbandonerò come si abbandona un lebbroso. Egli         mi ha liberato dai demoni, mi ha fatto diventare un'altra donna. lo ho subito creduto che lui         fosse il Messia, il figlio di Dio, colui che doveva venire a salvarci, L'ho creduto prima             ancora che risuscitasse mio fratello Lazzaro morto da quattro giorni. È per questo che a Betania ho cosparso i suoi piedi di unguento prezioso e glieli ho asciugati con i miei capelli.           Di cos'altro dovrei preoccuparmi, ora, se non di lui? Egli stesso mi ha detto, un giorno, che       scegliendo lui avevo scelto la parte migliore, che non mi sarà mai tolta.

NICODEMO. - Sia come volete, ma state in disparte. Non immischiatevi tra la folla. Inferocita    com'è sarebbe capace di tutto.

GIOVANNI. - È vero. Ho visto, prima, con quanta ferocia si accanivano su quel povero corpo      martoriata. Quando gli misero la croce sulle spalle, Gesù, per tutte le pene già patite, traballò    quasi fino a cadere. Ma nessuno si curò di aiutarlo. Fatta poco strada, il povero Gesù, sotto il           peso della croce cadde a terra. E quelli, allora, di più lo schernivano e lo percuotevano.

NICODEMO. - Mio Dio! Ma perché permetti tutto questo? È tuo figlio. Abbi pietà di lui!

GIUSEPPE. - Nicodemo, non disperare. Non conosci la sacra scrittura? Non sai che è volontà di              Dio che suo figlio soffra e muoia per salvare l'umanità dal peccato?

MARIA. - Sì, sia fatta le sua volontà.

GIOVANNI. - Ecco. Sono qui vicini. (alle donne) Venite. (Si fanno da parte).

(Il popolo attraversa la scena. Entrano Longino, Gesù, Malco, i soldati ed i sacerdoti. Malco colpisce Gesù che code al centro della scena)

MARIA. - Figlio mio!!!

MALCO. - (colpendolo ancora) Alzati, impostore! Cammina!

LONGINO. - Piano. Non vedi che non ce la fa più? Se continui in questo modo non arriverà vivo            alla cima del Calvario. Dàgli il tempo di riprendersi!

ANNA. - Ha ragione il centurione. Non vogliamo che muoia per strada.

LESEM. - Certo. Non facciamo la festa a metà.

SILOE. - Ci perderemmo la parte migliore dello spettacolo.

CAIFA. - Malco, cerca fra la folla qualcuno che lo aiuti.

VERONICA. - Lasciate che gli asciughi il sangue ed il sudore.

(esegue, poi guardando nel lino l'immagine di Gesù)

Oh. Gesù, Gesù! (Piange. Anche le altre donne piangono)

GESÙ. - Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma per voi stesse e per i vostri figli.

CAIFA. - Basta! Si è riposato abbastanza. Andiamo avanti.

ANNA. - Lo faremo riposare per sempre sulla croce. (ridono)

MALCO. - Simone, tu che sei forte, aiuta questo disgraziato.

SIMONE. - Ma io sono stanco. Ho lavorato in campagna fin dall'alba, E poi non ne ho voglia,      perché proprio io?

BEREA. - Avanti, Simone. Meno storie. Aiutalo.

(Simone aderisce).

GIUSEPPE. - Sommo sacerdote. Se il cireneo si rifiuta dà a noi questo onore.

(Gesù esce di scena con Malco, Longino ed i soldati).

CAIFA. - Giuseppe d'Arimatea! Preparati, piuttosto, a comparire davanti al sinedrio. Hai rinnegato          la fede dei nostri padri. Ma attento. L'ira e la maledizione di Dio cadranno sopra di te come    sono caduti su questo superbo bestemmiatore!

GIUSEPPE, - Non ho nulla da temere dalle vostre minacce. Attenti, piuttosto, che il popolo non apra gli occhi e veda che razza di vipere siete.

GIOVANNI. - Voi vi rifiutate di riconoscere Gesù. Ma ricordatevi di quello che Gesù ha detto:   Gerusalemme, Gerusalemme, volevo attirarti a me e tu non hai voluto. Guai a te.

            (Ricompare Gesù e ricade).

MALCO. - (Colpendolo) Salve, re dei giudei! Perché non ti liberi dalle nostre mani?

ANNA. - Tu che hai compiuto tanti prodigi, perché, ora, non aiuti te stesso?

CAIFA. - Re dei Giudei, mostra, ora, la tua potenza.

GIOVANNI. - Gesù, abbi pietà del popolo d'Israele, per tutto quello che ti stanno facendo soffrire!

CAIFA. - Avanti, non perdiamo altro tempo.

MALCO. - (Colpendo) Alzali!

(Escono).

MADDALENA. - Ma abbiate pietà!

(Intanto si è fatto buio).

ANNA. - Il cielo minaccia tempesta. Non è ancora mezzogiorno ed è quasi buio.

CAIFA. - È meglio affrettarsi. Andiamo.

(Escono).

GIUSEPPE. - Povero Gesù. Quante pene soffre e noi non possiamo aiutarlo.

GIOVANNI. - Gerusalemme, perfida Gerusalemme! Quel che ha detto Gesù non fallirà! Sì, già mi          pare di vedere le tue mura abbattute, il tempio distrutto, i tuoi figli dispersi per il mondo.   Gerusalemme, arrenditi all'amore divino, altrimenti per te sarà la rovina. Misera         Gerusalemme!

MARIA. - Gesù adorato, qual è il tuo delitto? Hai sanato i ciechi, i sordi, i paralitici. Hai dato il    sorriso agli infelici. A tutti hai promesso il Cielo. Quali sono, dunque, le tue colpe? L'amore.     Solo il tuo grande amore per gli uomini è il tuo delitto.

VERONICA. - Dove sono, ora, tutti quelli che lo hanno amato? Dove sono, ora, tutti i tuoi miracolati?

MADDALENA. - Uomini senza cuore, deboli canne sbattute dal vento! Nessuno gli è rimasto     vicino!

MARIA. - Oh, Gesù! Non è possibile che tutto questo odio duri molto contro di le. Tu hai detto: quando sarò sollevato da terra, trarrò tutti a me. Fa’, dunque, che presto si avveri questa             promessa.

MADDALENA. - Sì, Gesù, chiamaci presto di te.

GIOVANNI. - Venite. Avviciniamoci a lui.

VERONICA. - Sì, andiamo a confortarlo.

(Escono lutti, seguendo la via de gli altri).

GIUDA. - (Entrando, pallido e distrutto)  Non ho più pace!

            L'ho seguito, ancora una volta, da lontano. Ma che spero più, ormai? Come può più fermarsi          questa rovinosa valanga che io stesso ho avviato? Sì, io stesso… Però, io non volevo questo.         Sono stato giocato. Io, che credevo di fare il furbo, sono stato solo un bussolotto nelle abili       mani del sinedrio. Ma dovevo capirlo! Dovevo capirlo che lo avrebbero condannato a morte.          E forse l'avevo pure capito, ma mi sorrideva troppo l'idea di potermi vendicare a modo mio.      Sì, è vero, l'avevo capito e l'ho fatto lo stesso. Anzi l'ho fatto proprio per questo... Cieco,     pazzo sono stato. No, non ho attenuanti. Ho peccato tradendo il sangue innocente. Mi sono      lasciato trascinare dall'odio, dalla peggiore specie di odio, quello che si rivolta contro Dio       scagliando il proprio pugno contro il cielo. Caino, che cos'è il tuo peccato di fronte al mio?             Tu hai ucciso per invidia, io per odio ed avarizia. Tu hai ucciso un uomo come te, io ho      ucciso lo stesso Iddio. Maledetto il giorno in cui sono nato, maledetto il giorno in cui lo        incontrai per la prima volta. Padre spietato, madre infame, perché non mi avete ucciso       appena nato? Perché non lo avete, fatto? Almeno non mi sarei macchiato di questo      tradimento. Che cosa posso fare, ormai? Non posso nemmeno inginocchiarmi davanti a Dio.             Dove vado? Dove posso nascondermi? La vendetta divina mi raggiungerà dovunque.

            Sono perduto. (Piange).

            Gesù, Maestro, quanto sei stato buono con me. Avevi cercato di aprirmi gli occhi diverse  volte. Ma io mi ostinavo a non capire. No, non merito il tuo perdono, non la voglio! (breve     pausa). Ma come è stato possibile tutto questo? Forse non è vero. È un sogno, un sogno         orribile. Forse è solo un gioco crudele della mia abietta fantasia. (si sente battere) No!...      no!... Allora non è un sogno. Sento il martello che batte. Batte sulle mani di Dio. Lo hanno      crocifisso. La sua mano si stacca, si avvicina, vuol toccarmi. No! Non toccarmi, Gesù. Sono maledetto. Sta lontano da me. Che non cada il tuo sangue sopra di me. No, mi brucio, mi        brucio... (cade, si rialza) Disgraziato Giuda! Come posso vivere ancora? Al Getsemani il    coraggio mi sostenne; per trenta monete d’argento l'ho tradito. Ma ora ho paura. Anche il solo rumore delle foglie, lo stesso soffio del vento, tutto mi fa paura, tutto mi grida: traditore.

            Iene ed avvoltoi, dilaniatemi! Serpi, datemi la vostra bava velenosa! Oh, terra, inghiottimi!            (cade in ginocchio) Per me solo, allora, non c'è pietà! Soffro. Le mie viscere bruciano, il mio cuore scoppia, non ne posso più! (alzandosi) Morte, almeno tu, abbi pietà di me. Vieni a    liberarmi, vieni a punirmi. Vieni! Abbracciami!... (la morte passa via) Anche tu mi sfuggi?      Venite allora voi, demoni dell'inferno. Datemi voi il castigo che merito. (Satana,       comparendo, gli indica l'albero) Vieni serpente infernale, strozza il traditore. (si impicca).

Fine del 4° atto


ATTO V

Scena i - Il Golgota

Al centro la croce di Gesù. Alla sua destra: in primo piano Caifa, Anna, Siloe, Lesem e Berea; più indietro Malco e Longino. A sinistra: in primo piano Giuseppe e Nicodemo; più indietro Maria con Giovanni e Veronica. Ai piedi della croce Maddalena, in ginocchio.

LESEM. - Ma non si doveva scrivere questo sulla croce. Questa scritta ci offende tutti. Così pare che anche noi ammettiamo che questo disgraziato sia il nostro re.

SILOE. - Noi abbiamo, appunto, chiesto a Pilato di cambiare la scritta. Abbiamo proposto di scrivere non  «re dei giudei», ma «costui ha detto io sono il re dei giudei».

BEREA. - E cosa ha risposto Pilato?

SILOE. - Pilato non ha voluto saperne ed ha ordinato che rimanesse quel che era scritto.

(Tuona)

BEREA. - Ma che succede? Non sono neanche le tre del pomeriggio e si è fatto quasi buio.

ANNA. - A dire il vero tutto ciò è molto strano e mi stupisce molto.

CAIFA. - Non preoccupatevi fratelli. Pensate, piuttosto, che questi sono gli ultimi momenti del nostro più feroce nemico.

SILOE. - (A Gesù) Tu che distruggi il tempio ed in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso. Se sei il

figlio di Dio, scendi dalla croce!

MALCO. - Non sei tu il messia? Sàlvati, ora, se puoi!

LESEM. - Ma guardate! Ha salvato gli altri ed ora non è capace di salvare se stesso!

(Tutti ridono).

BEREA. - Se sei il re d'Israele, scendi adesso dalla croce, e noi crederemo in te e ti adoreremo!

CAIFA. - Hai confidato in Dio! Perché non ti libera lui, se ti ama, dal momento che tu hai detto di essere suo figlio?

GESÙ. - Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno!

LADRONE. - (Dall'esterno)  Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno!

GESÙ. - (Volgendosi) Oggi stesso sarai con me in Paradiso.

CAIFA. - Ascoltatelo! Ancora non si arrende! Promette il Paradiso ad un malfattore come lui.

ANNA. - Sì! Crede ancora di essere il padrone del cielo e della terra.

GESÙ. - Donna, ecco tuo figlio; Giovanni, ecco tua madre!

GIOVANNI. - Sì, Gesù, Maria sarà per tutti la nostra amorevole madre.

GESÙ. - Elì, Elì, perché mi hai abbandonato?

MALCO. - Sta chiamando Elia. Vediamo se viene a liberarlo!

GESÙ. - Ho sete.

LESEM. - Ora ha sete. Vuol bere.

ANNA. - C'è ancora dell'aceto. Dàgli da bere quello.

MALCO. - Ma certo che gli dò da bere. (Esce).

SILOE. - Vediamo se viene a dissetarlo qualche angelo dal cielo.

MALCO. - (Rientrando con una canna) Bevi eletto del Signore, questa bevanda da re! (Gli passa sulle labbra la spugna ridendo).

BEREA. - Rivolgiamo un ultimo saluto al re dei giudei!

TUTTI. - (Inchinandosi con scherno) Salve, re dei giudei!

GESÙ. - Tutto è compiuto!

GIOVANNI. - Gesù, hai dato tutto per la nostra salvezza!

GIUSEPPE. - Perdonaci, Gesù!

NICODEMO. - Perdonaci.

GESÙ. - Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito. (Un grido e muore).

(Fulmini, tuoni, buio, la terra trema, tutti gridano).

LONGINO. - (Confuso) La terra ha tremato alla sua morte, tutto il cielo ne ha risentito! Ma, allora, egli è veramente il figlio di Dio!

CAIFA. - Centurione, cosa ti prende? Anche tu ti lasci impressionare come queste donnette! Che vai pensando? Assicurati, piuttosto, che sia morto veramente: spezza il suo costato e facciamola finita.

LONGINO. - Non c'è bisogno di spezzare il costato di Gesù.Egli è già morto.

ANNA. - Può darsi. Ma vogliamo esserne sicuri.

MALCO. - Se tu ti rifiuti di farlo, lo farò io! (fa per togliergli la lancia)

LONGINO. - No, aspetta. Io non verrò meno al mio dovere. (dà il colpo e nel movimento gli cade la benda dall’occhio) Prodigio!... Prodigio!... Io vedo. (cade in ginocchio) Gesù Cristo, perdonami!... Perdono! ...

CAIFA. - Centurione, vergognati! Come puoi inginocchiarti davanti ad un profeta falso, un malfattore?

LONGINO. - Poveri voi; Cosa avete fatto?!? Quell'uomo che avete tormentato ed ucciso non era un profeta falso. Voi avete ucciso lo stesso Iddio!

ANNA. - Centurione, cosa dici? Sei pazzo?

LONGINO. - No, non sono pazzo. Anzi comincio a capire bene solo adesso. E da questo momento, davanti a tutti, professo la mia fede in Gesù Cristo, perché una sola goccia del suo sangue è bastata a ridarmi la vista all'occhio perduto. Gesù, ti adoro!...

CAIFA. - È l'ora di immolare gli agnelli per la cena pasquale. Andiamo. Tu centurione, accertati che venga sepolto prima di sera.

ANNA. - Vogliamo essere sicuri che venga sotterrato, e stai attento. Questo impostore ha detto che dopo tre giorni sarebbe risorto. Non vorrei che i suoi discepoli lo rapissero per far credere al popolo che è risorto dalla morte.

LONGINO. - A me spetta solo di assicurarmi della sua morte. Per il resto avete le vostre guardie; disponete le vostre misure di sicurezza come meglio vi pare.

ANNA. - Andiamo allora da Pilato. Non vorrei essere beffato all'ultimo.

TUTTI. - Andiamo. Andiamo. (Escono)

GIUSEPPE. - Centurione, io ho già chiesto a Pilato il corpo di Gesù. Domani è sabato e c'è l'obbligo del riposo. Per non lasciarlo appeso alla croce è necessario deporlo prima che comincino a spuntare le prime stelle. Lo seppelliremo in un sepolcro nuovo che avevo fatto scavare per me nella roccia. Dopodomani di buon mattino, potremo ritornare al sepolcro con gli aromi e gli unguenti.

LONGINO. - Per me ho già constatato la sua morte, quindi lo si può deporre. Anzi, vi aiuterò io stesso, se me lo consentite.

NICODEMO. - Ma certo. Ora sei uno di noi.

(Giuseppe e Nicodemo escono)

GIOVANNI. - (alla Maddalena) Vieni via di lì. Sostieni Maria.

MADDALENA. - (piangendo) No, lasciatemi. Non abbandonerò mai questa croce. Cos'altro mi rimane, ormai? Ho perduto tutto: il padre, il fratello, l'amico, il maestro!

GIOVANNI. - Ci viene a mancare a tutti. Ma credi che il nostro dolore possa essere più grande di quello di sua madre? Spade affilate hanno trafitto il suo cuore. Ha sofferto, certo, più di noi; eppure ha accettato il suo dolore con grande compostezza e dignità. Consolati, dunque, ed alzati.

MADDALENA, - (alzandosi) Come faremo senza di lui!... Andremo soli come povere pecore che hanno perduto il pastore, Gesù maestro, abbiamo bisogno di te! Tutti gli uomini del mondo hanno bisogno della tua parola, del tuo amore.

GIOVANNI. - Maria, Gesù è morto, ma la sua opera non è finita. Anzi comincia adesso. Non dobbiamo avvilirci. Non dobbiamo scoraggiarci. Proprio noi siamo chiamati a continuarla. Abbiamo il suo insegnamento, abbiamo il suo corpo ed il suo sangue vivo e vero sotto le specie eucaristiche. E poi, c'è la sua grande promessa, nella quale credo fermamente: Il maestro divino ritornerà ancora in mezzo a noi. Questo suo corpo martoriato, queste sue mani, questi suoi piedi chiodati ritorneranno a splendere vincendo la morte, vincendo il peccato. Dunque, restiamo uniti in attesa del suo ritorno. Maria è ora la nostra madre. Uniamoci con lei nella preghiera. Cristo risorgerà.

MADDALENA. - Risorgi, Gesù. Ritorna in mezzo a noi.

(Giuseppe e Nicodemo rientrano con le scale ed iniziano le deposizione, assicurando il corpo di Gesù con un telo e togliendo i chiodi. Ora, con t'aiuto di Giovanni e di Longino, il corpo di Gesù viene calato e deposto a terra su un altro telo).

VERONICA. - (inginocchiandosi, con gli altri) Riposa in pace, Gesù adorato.

MARIA. - (inginocchiandosi) Figlio mio, angelo mio! (lo bacia).

(Anche la Maddalena gli bacia i piedi di Gesù. Giovanni fa alzare Maria che quasi viene meno e la fa sedere ai piedi della croce)  Voglio abbracciarlo ancora.

(Gesù è deposto nelle braccia della madre. Tutti si inginocchiano attorno a loro. Poi Gesù viene messo nel telo ed escono tutti).

Scena ii - La Resurrezione

I soldati sonnecchiano davanti al sepolcro. All'arrivo degli angeli scappano. Una grande luce invade la scena. Gesù risorge. Campane a gloria.

F I N E