La pelarina

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LA PELARINA

LA PELARINA

di Carlo Goldoni

Intermezzo di tre parti per musica rappresentato per la prima volta a Feltre l'anno 1730.

Personaggi

PELARINA musica principiante, poi finta paroncino veneziano, figlia di VOLPICIONA che poi si finge la Canacchiona, poi sgherro, poi ebreo. TASCADORO   uomo   ordinario,   protettore   della   musica,   che   poi   viene   da gentiluomo, poi da donna in maschera.

La Scena è in Venezia.


PARTE PRIMA

SCENA PRIMA

Pelarina e Volpiciona

PEL.                  Non me ne dite altre.

VOLP.               Ma se il tuo ben...

PEL.                                                 Non ne faremo niente.

VOLP.               Tu sei pur insolente.

PEL.                                                    A voi, mia madre,

In tutto obbedirò, ma (perdonatemi)

Circa lo sposo poi,

A me deve piacere, e non a voi.
VOLP.               Eh pazzarella, che al tuo ben non pensi.

Quel galantuom che a visitarti viene,

Di buon aspetto egli è; paga il maestro

Che t'insegna la solfa,

Ed è cotto per te; ma quel che importa,

Ha molto di quel giallo

Risplendente metallo

Che in questi tempi è tanto raro al mondo.

Questo, questo è 'l pensiero

Che tu dovresti aver...
PEL.                                                       Dite da vero?

Dunque credete voi che amar io possa

Un uomo come lui rozzo, sgarbato,

Che non ha dritto, né rovescio? Or teme

A dir mezza parola,

Ora mille sciocchezze a dir s'avanza.

Non sa che sia creanza,

Non ha lindura, e veste alla carlona.

Io non son così buona: un uomo io voglio

Bello di volto, di trattar gentile,

Generoso di man, grande di core,

Che degno sia d'un musicale amore.
VOLP.               Il signor Tascadoro alfin non vuoi

Per tuo marito.
PEL.                                            M'intendeste.

VOLP.                                                               Almeno,

Se fingessi d'amarlo,

Potressimo sperar di ben pelarlo.
PEL.                  Ed io finger potrei, che in vita mia

Non so d'aver mai detta una bugia?

E poi pelar colui? Ma non vedete

Che donar ei non sa, che il suo dinaro

Riguarda con rispetto,

E lo spenderlo crede un gran difetto?


VOLP.

Grande è il nostro bisogno,

Tutto convien tentar; per poco abbiamo

Da fare ancor di qua, se nol peliamo.

PEL.

Basta, m'ingegnerò, ma non so dirvi

Se riuscirvi saprò.

VOLP.

Coraggio, o figlia,

Che a trarti fuor di guai

Una madre amorosa al fianco avrai.

Sento che tutto in lagrime

Si strugge questo cor,

Perché sì miserabile

Render ti vuole ancor

Crudel la povertà.

Ma spera e tenta,

Mia figlia amata,

Sarai contenta,

La sorte ingrata

Si cangerà.

PEL.

Farò quel che saprò.

VOLP.

Ma il protettore

A venir molto tarda.

PEL.

Eccolo. Avrà trovato

La porta aperta, e in stanza

Senz'altri complimenti egli s'avanza.

SCENA SECONDA

Tascadoro e dette.

TASC.

Oimè, non posso più; presto, ch'io sieda.

PEL.

(Che bel saluto è questo!)

VOLP.

Ma, signor Tascadoro, ha qualche male?

TASC.

Ah ah.

PEL.

Forse le scale

Gli han dato questo affanno?

TASC.

Ah ah.

PEL.

Ride? di che?

TASC.

Del vostro inganno.

A pranzo da un amico

Sono stato invitato,

E ho dato una mangiata da gran porco.

PEL.

(Che civile parlar!)

TASC.

Tanto gonfiato

È il ventre mio, che reggermi non posso.

Tastate che tamburo.

PEL.

Eh già, lo credo.


(Possa crepar!)
VOLP.                                      (Ma che mai fa? Che vedo?)

TASC.             Confitto in questo dente

Parmi d'aver ancora un salciccione.
VOLP.             Lo pulisca a ragion.

PEL.                                                 (Che mascalzone!)

TASC.             Dite, la mia ragazza,

Studiaste ben la parte?
PEL.                Studiai... Che è questo? Oibò.

VOLP.             Sporcar il fazzoletto

Non è già pulizia.
TASC.             Voi dite ben. Bueh! (ruttando)

PEL.                                                 (Che porcheria!)

TASC.             Signora Volpiciona,

Quanto voi mi vedete industrioso,

Tanto son per la figlia anco amoroso.
VOLP.             Odi che bella sorte, o figlia mia.

Il signor Tascadoro

Sente per te d'amor qualche tormento.
TASC.             Che vi venga la rabbia,

Mi fate vergognar.
PEL.                                                (Bel complimento!)

Veder dovreste, o madre,

Ch'egli scherza così: sperar non posso

Che il mio, qual sia, sembiante

Possa vantar un sì garbato amante.
TASC.             E pur tutto il mio sangue...

Ma tutto, tutto per la schiena... (A farle

Un complimento anch'io polito e nuovo

Vorrei belle parole, e non ne trovo).
PEL.                Sangue... Schiena... (Un bastone).

VOLP.                                                                     (Oimè tapina!)

PEL.                Signore...

TASC.                              Ah Pelarina,

Voi pelate il mio core e il mio polmone;

A questa pelazione

Il pensiero e il palato

Di parole per voi resta pelato.

Vorrei dirvi che voi siete

La mia ca... ca... la mia be... be...

E non posso,

Vengo rosso;

Ma l'orecchio qui mettete,

E il mio core sentirete,

Come dolce parlerà. Cosa mai m'avete fatto!

Sento un certo pizzicore,

Che nel seno

Qual veleno


Serpeggiando ognor mi va.

PEL.                Voi amate, o signore?

Come creder poss'io?
TASC.                                                 Sentite il core.

VOLP.             Eh non vanno gli amanti

Con questo collarone,

Né vestiti così da cappellone.
TASC.             Oh! Come van?

PEL.                                           Politi nel vestire:

Abito corto con larghi faldoni,

Attillati calzoni alla spagnola,

Manica a mezzo braccio,

Di bianchi pizzi e fini il manicino,

Piccolo cappellino, anzi invisibile;

Perrucchin col topè,

Di dietro il maronè con borsa o coda;

Scarpa senz'alzatura in su voltata,

Calzetta fiammeggiante e ben stirata;

Col piè sempre in cadenza,

Con la testa in iscorcio,

Nel favellar gentili,

Nel conversar civili e rispettosi:

M'intendete? Così van gli amorosi.
TASC.             Anch'io, anch'io... vedrete.

Ah Pelarina mia, che belle cose

Che insegnate m'avete!

Purché a voi piaccia, tutto

Io saprò far prima che venga sera.
VOLP.             Ma la lezione non udiste intiera.

TASC.             V'è ancor di più? Spiegatevi;

Che debbo far per esser vero amante?
VOLP.             Vi resta da imparar il più importante.

TASC.             Non mi fate penar.

VOLP.                                          Voi le saccocce

Aver dovete piene

D'ampolline, di bussoli e di stucchi

Tutti d'oro o d'argento,

Tutti ripieni di galanterie,

O di qualche vital contraveleno.

Quattro scatole almeno

Massicce con tabacco soprafino;

Orologio in taschino,

Ma di repetizione;

E quel che importa, in tasca un gran borsone,

Gravido di zecchini traboccanti:

E questa è la lezion de' veri amanti.
TASC.             È un po' duretta in vero

Quest'ultima lezion, ma vuò far tutto,

Purché, o bella, ma bella, voi m'amiate.


E sarà poi così?

Non dubitate. Voi sarete il suo vago.

Il mio tesoro Sarà allor Tascadoro.

Ah dal contento Quieto non posso star. L'oro e l'argento, Che mi fa diventar gradito amante, Porterò sempre, ma ben chiuso adesso.

Così ti peleremo in fin su l'osso.

Quanto grande è il mio contento Nel vedervi alfin seguace Della moda parigina.

Detto sia con vostra pace: Stupirete al portamento, Ed al brio della mia mina.

Bel vedere in gemme ed oro Tascadoro – a scintillar!

E dell'oro col splendore...

PEL.

VOLP.

PEL.

TASC.

PEL.

VOLP. }adue

PEL.

TASC.

VOLP.

TASC.

PEL.

VOLP. } a due

TASC.

PEL.

VOLP.} adue

TASC. PEL.

TASC. VOLP. TASC. PEL.

VOLP.

TASC.

PEL.

VOLP. } a due

TASC.

PEL.

VOLP. }atre

TASC.


Bravo, bravo!

Al caro amore...

Viva!

Gli occhi ad incantar. Con il lucido ornamento

Quanto vago più sarai! Che piacer, che godimento! (Godi pur, t'accorgerai). (Già di me s'è innamorata). (Oh che nobile pelata

Che ben presto il tordo avrà!) È la pompa, è la grandezza

L'arte sol d'innamorar... Viva amore, e chi l'apprezza.

(Di pelar).

Di farsi amar.

Viva l'arte, e chi la sa.



PARTE SECONDA SCENA PRIMA

Pelarina e Volpiciona

VOLP.             Ma con tanti riguardi

Vuoi lasciarti scappar la tua fortuna.
PEL.                Voi dite ben: peliamolo, peliamolo,

Giacché il gonzo è caduto;

Ma non pensate a tutto.

Quand'ei donato avrà, vorrà ch'io doni,

Ché non son così buoni

Gli uomini al giorno d'oggi

Le speranze a pagar: la splendidezza

Fan divenir mercato,

E voglion coi regali aver comprato.
VOLP.             S'io non sapessi, o figlia,

Quanto in uscir da perigliosi incontri

Prudente e scaltra sei,

Credimi, a un rischio tal non t'esporrei;

E poi per tua custodia

Non son io sempre desta?
PEL.                Ma tutta la mia pena or non è questa.

Tascadoro pelato

Almen dell'amor suo vorrà parlarmi;

Io non voglio annoiarmi,

No, con quel babbuin; soffrir nol posso.
VOLP.             Tutto ha il rimedio suo, fuor che quest'osso.

Diamogli, quando vien, quella pelata

Che abbiam premeditata;

E poi con una burla

Ch'io penso, gli faremo un tal spavento

Ch'ei mai più di vederti avrà ardimento.
PEL.                Or ben, con questo patto

A secondarvi io sieguo.
VOLP.                                                 Ho preparato

Già l'abito per me.
PEL.                                             Ma il mio prendeste,

Che far pagar volete a quel buon uomo?
VOLP.             Sì, quel che l'impresario di Mazorbo

Già ti donò.
PEL.                                    Ma poi quel personaggio

Che fingerete in venezian linguaggio,

Sosterrete voi bene?
VOLP.             Sai pur che quando io voglio

La veneta adoprar favella amata,


Su queste pietre cotte io sembro nata.

PEL.

Ma se mai vi scoprisse?

VOLP.

Eh, non v'è dubbio.

PEL.

Or dunque a prepararvi

Andate.

VOLP.

Sì, ma Tascadoro viene;

Resto un poco.

PEL.

Adescarlo or mi conviene.

SCENA SECONDA

Tascadoro e dette.

TASC.

Or non ho più paura

Di non esser amato.

PEL.

(Oh che figura!)

VOLP.

(Oh che animal!)

TASC.

Da parigin vestito,

D'oro e gemme guernito,

Con il piede in cadenza,

Col capo in iscorruccio,

Nel favellar gentile e rispettoso,

Eccovi in Tascadoro un amoroso.

PEL.

Bravissimo! Voi siete

Così bene attillato,

Che incantata m'avete. (Oh bestia!)

VOLP.

(Oh matto!)

TASC.

Non vel diss'io che stupirete?

PEL.

Andate. (a Volpiciona)

VOLP.

Lasciami un po' goder.

TASC.

Voi sospirate?

(È cotta). Ah cara bella,

Viva Diana stella...

PEL.

Oh Dio! Non più,

Che a questo vago oggetto e sì galante

Resa abbastanza io son tenera amante.

Con quel vezzo, con quel moto

Voi sembrate il bel Narciso.

(Oh che folpo, che merlotto!)

Ah che il cor m'avete ucciso.

Ite a far quel che sapete.

Tutta vostra sì m'avrete.

(Monta qui, che vedrai Pisa).

Ma il cappello in questa guisa

Più gradito a me vi fa.

Ora posso star su l'aria


Di cantante ma primaria,

Che un sì vago cavaliero

Da bracciero

A me farà.

TASC.

O cara, o grande, o amabile lezione,

Da voi poc'anzi a me insegnata!

VOLP.

Io vado

A scriver una lettera; tu intanto,

O figlia, il cavalier va rallegrando

Con qualche scherzo: a te lo raccomando.

PEL.

È ben raccomandato;

E so ben io di rallegrarlo il modo.

VOLP.

Bene: addio.

TASC.

Restiam soli? Or sì ch'io godo.

SCENA TERZA

Pelarina e Tascadoro

PEL.

Tanto godete?

TASC.

In libertà vedermi

Con voi, empie di gioia il seno mio.

PEL.

Almen potessi anch'io

Col riso accompagnar la vostra gioia!

TASC.

Che avete? che v'annoia?

Non basta a rallegrarvi

Il vedermi sì lindo e sì garbato?

PEL.

(Che sciocco!) Ah tormentato

Da troppo fiera angoscia è questo core.

TASC.

Perché? Mio dolce amore,

Dite a me la cagion.

PEL.

Voi, voi la siete.

TASC.

Io! come?

PEL.

Sì: nel dirmi che godete

Brillar faceste, oh cielo! agli occhi miei

Il vostro vago anello

Che mi fe' ricordar d'un che perdei,

Simile appunto a quello.

TASC.

(Oh infausta somiglianza!

Maledetta lezion!) Io vuò riporlo

Nel taschin più nascosto,

Acciò più nol vediate.

PEL.

Ah prima almen lasciate,

Mio caro Tascadoro,

Ch'io lo contempli: io spero

Consolarmi così per un momento.

TASC.

(Ahimè!) No, che il vederlo è più tormento.


Credetemi...

PEL.

Ah crudel!

TASC.

Oh Dio! Prendete,

Vostro conforto ei sia; non lagrimate,

Ch'io mi sento morir.

PEL.

Voi mel donate?

TASC.

Io dissi...

PEL.

Grazie, grazie.

TASC.

A contemplarlo...

PEL.

Si, sì, per vostro amore

Sempre il contemplerò: come è mai bello!

Come giusto mi va!

TASC.

(Povero anello!

Per me sei morto già).

PEL.

Ma che vi turba?

D'esser meco qui solo,

pur la libertade a voi sì cara.

TASC.

Sì. (Mai più solo. Oh libertade amara!

Ma non si perda in tutto). Or Pelarina

Non mi sarà crudele.

PEL.

(Ecco la mosca che s'accosta al mele).

Mio bel sol, che sereni i giorni miei,

Tu sei pur mio.

TASC.

Sì, sì, mia bella Venere.

PEL.

Ah caro!

TASC.

Oh che contento!

(Dell'anello il brucior già più non sento).

PEL.

Così allegro vi voglio.

TASC.

E amorosa così vi brama il core.

PEL.

(Un nuovo segno or ti vuò dar d'amore).

Tascadoro, vi lascio.

TASC.

Che? Partite?

PEL.

Alla conversazion del conte Cimbano

A mezz'ora di notte io sono attesa.

TASC.

Oh, oh, dunque v'è tempo.

Tutte le mostre mie

Fan di ventitré ore un quarto meno.

PEL.

È ver, ma che disditta a una mia pari

È il non aver cinque orologi almeno!

TASC.

Cinque? Che dite mai?

PEL.

Cinque, né sono assai:

Un da scena, un da casa,

Un da conversazione, il quarto al letto.

TASC.

(Ahi, si fa brutto il tempo). E il quinto poi?

PEL.

Quanto alla tavoletta

Possa il quinto giovar, vedete voi.

TASC.

Eh, superflui son tutti;

E l'ultimo che dite anzi è proibito,

Acciò la virtuosa non s'affanni

Ad abbigliarsi in fretta,


E si faccia aspettar così al teatro.

PEL.

Eh non scherzate. È debito preciso

Sempre del protettore

Il provvederli.

TASC.

Or favelliam d'amore.

PEL.

Pria di parlarne più, debbo insegnarvi

Come all'amata il vero amor ragioni.

TASC.

No, no, da voi non voglio altre lezioni.

PEL.

Dunque partite.

TASC.

Ah che non posso.

PEL.

Andarne

Saprò ben io.

TASC.

Fermate. (Oh cieli) S'ascolti

Un vero amante alfin come si scopre.

PEL.

D'un verace amator parlano l'opre.

TASC.

E gli orologi miei parlar dovranno?

Creder nol so.

PEL.

Poneteli in mia mano,

E parlar li udirete.

TASC.

Eccoli. A questo patto

Ve li consegno, e ad ascoltar m'appresto.

(Che parlar assassino, o Giove, è questo!)

PEL.

Parlan così: sentite. È Tascadoro

Il cor di Pelarina;

Languisce la meschina

Perché troppo l'adora...

TASC.

Seguite, o cari, via parlate ancora;

Siete suoi, già son vinto.

PEL.

Non parlan più, perché vi manca il quinto.

TASC.

Or via mo, siate buona, e se m'uccise...

SCENA QUARTA Volpiciona da Canacchiona, e detti.

VOLP.             Merli bei da camise,

E cordoni de seda a un soldo al brazzo.

E i xe de quell'andar,

Chi no li vuol, li lassa star.
TASC.             Vien qui costei che grida?

PEL.                                                      Sì: godrete.

È allegra assai, rider farebbe i marmi.
TASC.             (E il diavolo or la porta a disturbarmi).

VOLP.             Ghe n'ho de cremesini,

De lattesini e bei:

Creature, comprei a un soldo al brazzo.

E i xe de quell'andar,


Chi no li vuol, li lassa star.
PEL.                (Brava mia madre!) O Canacchiona, addio.

VOLP.             Fazzo de reverenza a vussustrissime.

TASC.             Schiavo, schiavo.

VOLP.                                       Quanti anni e quanti mesi?

Disè, steu ben, fia mia?
PEL.                Sto ben.

VOLP.                         Godo; ve vedo

Con un bel zentilomo in compagnia.
TASC.             Oh cara donna, quanto mi piacete!

PEL.                (S'è gonfiato in udir bel gentiluomo).

VOLP.             Che sielo benedio! Quanto che godo

Co vedo zoventù che se vuol ben!

Vardè là che tochetto!

La fa cascar el cuor. Questo xe 'l tempo

De star allegramente,

Ché in vecchiezza se xe boni da gnente.

Che bel contento do ciere belle
Veder ch'el giubilo d'amor le tocca.
Le me par giusto do tortorelle,
Che fa la ronda, se chiappa in bocca,
Sbatte le ale co quel sestin.
Godè la macchina fin che sè zoveni,
Putti galanti,
Bei cuori amanti,
La vostra barca via che la vaga,
E i vecchi staga — sotto el camin.
TASC.             Com'è gustosa!

PEL.                                        Non vel dissi?

VOLP.                                                          Oh bona!

Diga chi vuol, mi son la Canacchiona.
PEL.                Ditemi, che di bello

Portato avete?
VOLP.                                  Un cao, ma su la giusta.

L'è un andriè superbo.
TASC.             Eh, sarà antico.

PEL.                                        E poi roba portata...

VOLP.             No, da donna onorata. Uh se savessi,

El xe d'una patrona...
Basta... el gh'è stà donao,
Ma no la vuol che in casa i ghe lo veda,
E acciò che fazza bezzi,
Za mezz'ora in scondon la me l'ha dao.
PEL.                Vediamolo, vediamolo.

TASC.                                                 (Perduto

Questo tempo è per me senz'alcun frutto).
PEL.                Per mia fé ch'egli è vago.

VOLP.             Credo de sì; l'è un drappo a tutta usanza,

E po basta saver ch'el vien de Franza.


TASC.

Di Francia?

PEL.

E sarà vero?

VOLP.

Sì ben, de Franza: no vedè che mina?

TASC.

(Chi sa s'egli né men vide Fusina!)

VOLP.

Oe, l'è una bona spesa,

Si ve sentì de farla;

L'è longo, grando, ricco, el fa fegura,

E per vu el ve anderave una pittura.

PEL.

Dite ben: quanto è 'l prezzo?

VOLP.

El costa assae

A chi l'ha fatto far; ma chi lo vende,

Con puoco l'ha acquistao, ghe preme i tràiri

Presto, e in t'una parola

Per cento zecchinati anca i lo mola.

PEL.

Per così poco?

TASC.

Che? Cento zecchini

Buon mercato vi par?

PEL.

Anzi buonissimo,

Al merito del drappo: a farlo nuovo

Ne vorrebbon ducento, e sol mi pesa

D'esser di soldo or scarsa,

Né poter perciò far sì buona spesa.

TASC.

Gettereste il denaro.

VOLP.

Anca sti torti

Vu fe a sto zentilomo? In so presenzia

Tremè de bezzi? Nol xe minga un tegna,

Né manco qualche arsura

Da no ve contentar de sta freddura

TASC.

V'aspetta il conte Cimbano

Alla conversazion: vi lascio, addio.

PEL.

Così presto, cuor mio,

Mi volete lasciar?

VOLP.

Via, no ve fe nasar.

TASC.

(Amor mi tiene,

Ma la borsa è in periglio).

PEL.

Timor già non avreste

Ch'io v'obbligassi a far questa spesetta.

TASC.

Eh so ben...

VOLP.

Poveretta,

L'avè mortificada.

PEL.

Oh non son poi di quelle

Che studian di pelar or questo or quello.

TASC.

(Gli orologi lo san, lo sa il mio anello).

PEL.

E poi non ho tal merito...

TASC.

Che dite?

VOLP.

Via mo, xe ben vergogna,

Che ve fe sfregolar.

TASC.

Ma non udite,

Ch'ella non vuol ch'io spenda?

PEL.

Sì, son io che non voglio.


TASC.

Udiste?

VOLP.

Eh via,

No siè tanto testarda;

Lassè ch'el ve lo compra.

TASC.

(Oh che maliarda!)

PEL.

Nol permetterò mai.

TASC.

(Or sì respiro).

VOLP.

Eh, deme pur i bezzi,

E lassè che la diga.

TASC.

Io sarei pronto,

Ma se è lei che non vuol...

PEL.

Quando si tratta

Di compiacervi alfin...

TASC.

Ma se badate...

PEL.

No, no, non vi sdegnate,

Ricevo il don, contategli il denaro.

TASC.

(Ah per te, borsa mia, non vi è riparo).

VOLP.

(Pur in gabbia è 'l merlotto).

PEL.

Favor sì generosi

Son legami amorosi

Al mio core per voi.

TASC.

Qual mi darete poi

Dolce pegno d'amor perch'io vi creda?

VOLP.

Ma i zecchini?

TASC.

Son qui.

VOLP.

Via, che li veda.

PEL.

Spicciatela, che presto

Se ne anderà.

TASC.

(Sorte crudel!) Prendete,

E andate.

VOLP.

Xeli cento?

TASC.

Sì, e son ruspidi ancora.

VOLP.

E ben, si qualche gran anca i calasse,

No vardo tanto per suttilo.

PEL.

Or vado

Alla conversazione.

TASC.

Eh non partite: al vostro amore appresso...

PEL.

Olà: comandi a me? Vuò andarvi adesso.

TASC.

Col Conte, mia vita,

Non tanto frequente

Vedervi vorrei.

PEL.

Or ben insolente

Chiamarvi potrei.

VOLP.

Un abito solo

No compra una donna.

PEL.

(Sel crede lo sciocco).

TASC.

Deh siate più buona.

VOLP. PEL.   }a

(Oh povero alocco!). due


TASC.

Che ardire è mai questo?

PEL.

Tacete, ha ragion.

VOLP.

Volè troppo presto

Vu far da paron.

TASC.

Oh cospetto di bacco baccone!

Tascadoro, che ha dato un tesoro,

Si strapazza? si tratta così?

PEL.

Un mezzo regalo

A me si rinfaccia?

TASC.

Che mezzo?

VOLP.

PEL.   }a due

Silenzio.

TASC.

Che Canacchionaccia!

VOLP.

No femo bordello.

PEL.

Oibò, che viltà!

TASC.

Almen per l'anello

Un po' di pietà.


PARTE TERZA

SCENA PRIMA

Volpiciona da Sgherro, poi Pelarina da Paroncino con mezzo volto.

VOLP.             Ecco a che ti conduce, o Volpiciona,

L'amor di madre. Il ciel la mandi buona.

È venuto il capriccio a Pelarina

Di voler ella stessa travestita

Far la filata a Tascador, se viene.

Difenderla conviene

In caso di bisogno, e trasformarmi

Volli per esser pronta all'occasione.

È ver ch'egli è un poltrone;

Pur da qualche timore

Turbata è la mia mente.
PEL.                Eccomi. Che vi par?

VOLP.                                            Ottimamente ;

Ma non vorrei, figliola...
PEL.                                                    Eh non temete.

Mandato pur avete

A Tascadoro quel biglietto?
VOLP.                                                        Ancora

Io te lo dissi già, che per un uomo

Noto a me, ignoto a lui, ma destro assai,

La carta gl'inviai.
PEL.                Or ben, s'ei non credesse

Alle scritte minaccie,

E s'accostasse alla mia casa ancora,

Voi ben vedrete allora

Se dal suo capo uscir farò l'umore

Di venir dov'io son.
VOLP.                                         Pure ho timore.

Siam donne alfine, e poi

Tu il veneto linguaggio...
PEL.                Eh so il parlar, so tutto, ed ho coraggio.

Oh se un uomo foss'io,

Talvolta delle belle io ne farei,

E far già non vorrei

Come fan certi bravi al giorno d'oggi,

Che con un magazzin d'armi alle mani

Voglion dar, ammazzar, ma stan lontani.

Veduto ho talvolta D'alcuni buletti Le belle bravure.


Un con la durlindana:

A ti, sangue de diana.

L'altro col palossetto:

Via che ti xe pochetto.

Dai, tira, para,

Saldi, fermeve. Grida la Cate:

Ah mio mario!

Tonia: mio fio!

Chiasso, fracasso,

Morti, feriti.

Ognun sano e salvo

A casa sen va. Con questi gradassi

Pigliar la vorrei,

Vederli godrei

Andarsene a gambe

Correndo, chiedendo

Aiuto, pietà.

VOLP.             Chi leone è ne' detti,

Spesso è lepre ne' fatti.
PEL.                Che vorreste voi dir?

VOLP.                                            Uh sento gente.

PEL.                Ritiriamci in disparte.

Vedrem s'è Tascador.
VOLP.                                              Ci giovi or l'arte. (si ritirano)

SCENA SECONDA Tascadoro in maschera da donna, e dette.

TASC.             Maledetta paura,

A che mai mi riduci! E pur io voglio Andar da Pelarina, anco al dispetto Di colui che mandò questo biglietto.

PEL.                Chi mai è quella maschera che veggio?

VOLP.             Chiarirmi io vuò.

TASC.                                        Si può sentir di peggio?

Signor buffalo. (A me!) Se mai più in casa

Di Pelarina andar, e di guardarla

Sì ardito tu sarai,

Con la vita l'ardir tu pagherai.

Il conte Campagnola.

PEL.                La mascheretta è Tascadoro.

VOLP.                                                          Eh via.

TASC.             Chi mai creduto avria

Colei tanto infedel? Ma forse ancora


Non sa di questo Conte indiavolato.
PEL.                È desso, e sconcertato

Ora è il nostro disegno.
TASC.             Per schivar ogn'impegno

così son travestito; in questa guisa

Deludo il Campagnola, e vado a lei.

Chi sa? Forse potrei

Scoprir... Basta... se mai...
VOLP.             Un altro più bel colpo io già pensai.

Senti.
TASC.                       Se alfin tradito è l'amor mio,

La mia roba vogl'io

Ricuperare almeno.
PEL.                Ma noi...

VOLP.                           Vanne, trattienlo, usa con esso

Ciò che a te alcuna volta è intervenuto.
TASC.             Ma solo e senza aiuto...

Eh, sono donne alfine, e intimorirle

Saprò ben con l'orgoglio.
PEL.                (Farsi animo convien e uscir d'imbroglio).

TASC.             Si vada; in questo giorno

La vogliam veder bella.
PEL.                La ran, la ran, la ran, lan la ranlella.

TASC.             (Ohimè! Sono osservato:

Che fosse mai costui

Il sicario del Conte?)
PEL.                                                  Mascheretta,

Cussì sola soletta?
TASC.             (Tremo tutto).

PEL.                                      A servirve, un galantomo

Pronto vu troveressi,

Si compagnia volessi.
TASC.                                               (Ora comprendo.

S'inganna).
PEL.                                 Respondème,

Occhietti bagolosi, e comandème.
TASC.             Oh buona!

PEL.                                 Che? seu muta?

Che vaga? Andemo insieme.

Si no volè vegnir all'ostaria,

Anderemo al caffè, alla malvasia.
TASC.             (Meglio! Ma da costui

Sbrigarmi io vuò). Pe' fatti vostri andate;

Io di quelle non son che voi cercate.
PEL.                (Che diavolo di voce

Per nascondersi ei fa!)
TASC.             Guardate che insolenza!

PEL.                Ah maschera, ve vedo:

A quella sottogola de alabastro,

A quelle ganassette delicate


Sè una bella persona;

Ma si bella vu sè, siè mo anca bona.
TASC.             (Oh che imbroglio!) Partite,

Temerario che siete.
PEL.                (La voce s'è scordata).

TASC.             (Che feci?) Ehem ehem, son raffreddata.

PEL.                (Che gusto!)

TASC.                                 (Volontier gli scoprirei

Che son uomo; ma poi per la mia vita

Io temo).
PEL.                A un cortesan della mia sorte

Sti torti no se fa: so la maniera

De trattar co le donne.

E si me cognoscessi,

D'averme refudà ve pentiressi.
TASC.             (Abito femminil, ti maledico;

Per te son nell'intrico).
PEL.                Eh andemo via, caretta:

No fe più la retrosa.
TASC.             Signor no, signor no, l'è ben curiosa.

PEL.                Si no vegnì con mi, gnanca con altri

Vu no anderè; da vu mi no me parto;

Magari in fin doman,

Magari in Inghildon, ve vegno drio.
TASC.             (Questa vi mancherebbe al caso mio). (esce)

VOLP.             Ah infame, desgraziada,

Mi te gh'ò pur trovada, e l'esser scaltra

Più no te giova adesso.
TASC.                                                 (Eccone un'altra).

VOLP.             (Or sì ch'egli sta fresco).

PEL.                                                    Siora maschera,

La me fazza giustizia: sta sassina

In ghetto za do mesi xe vegnuda,

E tanto la gh'à ditto, e tanto fatto,

Che sti abiti medemi

A nolo senza pegno ghe l'à dai

Mio zerman Menacai.
TASC.             O o o o oh!

VOLP.                                El gonzo gh'à credesto...

PEL.                No me disè de più, za intendo el resto.

Mi credo che custia

Più tornada no sia,

L'abito per truffar e 'l nolo insieme.
TASC.             U u u u uh!

VOLP.                              La l'à indevinada.

TASC.             Ah che vero non è...

VOLP.             Tasi, sfazzada.

Son giudio, son poveromo, Da mosconi son perfetto;


Ma onorato galantomo,

La dimanda a tutto el ghetto,

De gabbar l'arte no so.

Sabadin e Semisson,

Siora Luna e siora Stella,

Giacudin e sier Aron,

Siora Lea, siora Gradella,

In t'un tratto

De sto fatto

Testimoni gh'averò.

PEL.

(Parmi che sia mia madre

Divenuta un giudeo).

TASC.

(Può avvenirmi di peggio

Ch'esser posto tra un bulo ed un ebreo?)

PEL.

Ah ladra!

TASC.

(Or se a scoprirmi

Tardo, costor di me faran strapazzo).

VOLP.

Giustizia.

PEL.

Poverazzo!

Me fe pecca, stè su,

Son qua tutto per vu; de consolarve

El sarà pensier mio;

Farò ben a sta truffa

De le so baronae pagar el fio.

TASC.

Eh, la va lunga assai: mirate entrambi

Che ingannati voi siete,

E che frenar dovete

L'insolenza che troppo or va avanzando.

(Già mi svelai. Giove, mi raccomando).

VOLP.

E tanto ardir...

PEL.

Tasè. Vu, donna matta,

Si megio no parlè, volè che fazza

De quella vostra mausa una fugazza

TASC.

A me donna!

VOLP.

Siben: no seu Pandora?

TASC.

Oh, che son uom non lo vedete ancora?

PEL.

Ti omo!

VOLP.

Anca de queste

Ti vorressi impiantar?

PEL.

Semio quaggiotti?

TASC.

La barba...

PEL.

Al sesto, al petto...

TASC.

I baffi...

VOLP.

A quel visetto...

PEL.

A la ose arzentina, a tutto el resto,

No se védela za?

TASC.

Ch'io sono donna?

PEL.

Chi pol negarlo mai?

TASC.

Oh questa sì che saria bella assai.


Or vedo ben che siete ambi d'accordo

A farmi disperar.

PEL.

Oe, parla meggio;

E no far che te daga

Tre righe de cortello

Su quella magnaora.

TASC.

Non v'adirate...

VOLP.

Semo galantomini,

Qua no ghe xe d'accordi, è vero el fatto

Che ti xe ladra.

TASC.

Ah tristo scellerato!

VOLP.

Sta indrio, si no a la pezzo

Mi meno zo.

PEL.

Via, che te averzo a mezzo.

TASC.

Per pietà, mio signore, la vita

Vi dimanda un meschin ginocchion.

Son in terra,

Con voi non vuò guerra;

Illustrissimo signor Aron,

Voi tenetelo per carità.

PEL.

Eh, che no gh'è più tempo.

TASC.

Sì signor, che ve n'è.

VOLP.

Giustizia.

PEL.

Adesso

Vederè si so far la parte mia.

TASC.

(Era pur meglio andar all'osteria).

PEL.

Anemo, bella putta...

TASC.

Eh via...

PEL.

Respetto, digo,

Si no, come i salai te taggio in fette.

TASC.

Son putta, sì signor: ma che volete?

VOLP.

Che ti me rendi adesso

Sti abiti truffai

Al gramo Menacai.

TASC.

Ma, illustrissimo Ebreo,

Lei sbaglia in verità: questi vestiti

Mi prestò mia sorella

Olimpia, poco fa.

PEL.

(Questa è più bella).

TASC.

Signor...

VOLP.

Via, tasi là: no la ghe creda,

Ghe zuro...

PEL.

Eh che non dubito.

Dàgheli, o te sbasisso.

VOLP. PEL.   }a

Eccoli subito. due

(Che rabbia!) Prendi sì, ma un giorno... basta...

(Oh amor! Oh Pelarina,


Quanto costate a me!)

PEL.

(Che figurina!)

TASC.

Or dove mi nascondo?

PEL.

Olà, fermeve,

Che ve gh'ò da parlar.

TASC.

Le mie sventure

Non ancor son finite?

VOLP.

Grazie, grazie infinite

A ella, siora maschera, ghe rendo,

Che la m'ha fatto dar la roba mia,

E la fa che culia vaga a radicchi:

Per vita mia un regalo

Mandar ghe vogio de pastei bruicchi.

TASC.

Possibile che ancora

Si voglia ch'io sia donna?

PEL.

Oibò; adesso vu sè sior Tascadoro.

TASC.

Come! mi conoscete? (Oh mia vergogna!)

PEL.

(Che piacere è mai questo!)

VOLP.

Presto, figliuola, presto,

Il signor Conte attende...

TASC.

Che!

PEL.

Aspetti, io non ho fretta.

TASC.

Oh diavolo!

VOLP. PEL.   }a

Ah ah, la mascheretta. due

TASC.

Pelarina crudele,

Di tanti doni in premio

Ridurmi in questo stato?

Questo dunque è l'amor?...

PEL.

Stai ben burlato.

Mirate il bel galante,

L'adorabile amante!

TASC.

Ah, la rabbia m'accora!

VOLP.

Signora Tascadora,

Or v'uscirà dal capo la pazzia

Di dameggiar.

TASC.

Voglio la roba mia.

PEL.

Eh, vanne alla malora!

TASC.

Tal non parlavi allora

Che mi parlasti; or che rubato m'hai,

Io griderò altamente,

Finché mi renderai...

VOLP. PEL.   }a

Taci, insolente. due

TASC.

Soccorso, aiuto, o genti,

Amici miei, parenti,

Rubato,

Fracassato

Son io, pietà, pietà.

PEL.

Se chiamo il Conte a basso...


TASC.

Amici...

VOLP.

Questo chiasso

Finir ei ti farà.

PEL.

Sarai ben bastonato.

TASC.

Aiuto!

PEL.

Dai al matto.

VOLP.

Stè salda, siora Lea.

TASC.

Di razza vera ebrea

Voi siete, già si sa.

PEL.

Di' pur ciò che vuoi,

Spazzarti ora puoi

La bella bocchina.

VOLP.

Non è Pelarina

Boccone per te.

TASC.

Streghe, ladre, ribalde, assassine.

PEL.

VOLP. }a due

Matto, porco, baron, mascalzone

TASC.

A lasciarvi pelar dalle donne

Imparate, corrivi, da me.

VOLP.

Vegnì, sior Aron.

PEL.

Via, Conte, corrè,

Sbasilo, sbuselo.

TASC.

La roba truffata

Colui mangerà.

VOLP.

PEL.   }a due

Ah lingua sfacciata!

Briccon, via di qua.

Fine dell'Intermezzo.