La pianella di vetro

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LA PIANELLA DI VETRO

Commedie in tre atti

Di FERENC MOLNAR

Rappresentata con grande successo per la prima volta a Milano

dalla Compagnia Capodaglio –Racca-Olivieri al Manzoni il 15 ottobre 1928.

PERSONAGGI

SIPOS

ADELE

IRMA

Signora ROTICS

PAOLO CSÀSZÀR

Commissario di Polizia

Maresciallo

VIOLA

Portinaio

Portinaia

Madre di ADELE

ILONA KECZELI

Signor STETTNER

Medico di Polizia

Scrivano

Dama di compagnia

Capitano GAL

Cuoca

Fotografo

I° Suonatore di violino

GIULIA

Guardia

Usciere

Servitore

Convitati a nozze

Due poveri

Nel sobborgo del Quartiere Giuseppe a Budapest

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Piccola camera ammobiliata del sobborgo del quartiere Giuseppe a Budapest, in una. casa po­polare. Dietro, in un'alcova, un letto semplice. Sulla parete di fondo una finestra, con dei vasi da fiori, dà sul cortile dove è anche un giardino. Accanto alla finestra, sulla parete di fondo, la porta che si apre sul cortile. Lavabo, credenza, tavola, sedie. A sinistra avanti una porta. E' il mezzogiorno in punto, di una domenica di estate. Quando il sipario si alza, in camera non vi è nessuno. Le campane suonano il mezzodì. Entra dal fondo Irma, una piccola, povera servetta di diciannove anni. Tiene in braccio un bimbo di tre o quattro anni, e riesce appena a stento a sostenere il suo peso.

Irma                                 - (contemporaneamente ai tocchi di campana) Din nove, don dieci, din undici, don dodici! (depone il bimbo) Ora fa la brava, Liliana. Mettiti a sedere e sta zittina, perché l'Irma apparecchierà la tavola per il caro grand'uomo. La cenciosa Irma apparecchierà per quel te­soro di un uomo arrabbiato, (apre un cassetto) Su, pigrona di una tovaglia, svegliati, vieni a lavorare, non è mica l'ora di dormire, questa! (apparecchia) Liliana, impara come si deve ap­parecchiare la tavola! Deve anzitutto essere ben tesa, liscia. Ecco, qui, il caro uomo ar­rabbiato vi metterà sopra i gomiti; vedi? Vi sono quattro macchie: due di spinaci e due di pomodoro. Il tovagliolo lo mettiamo a de­stra. Il caro uomo arrabbiato vi si asciugherà la bocca, (bacia il tovagliolo) Bacio spedito con la posta del tovagliolo. Sebbene egli sia sempre arrabbiato contro di me. Questo è un tovagliolo felice, ed io sono il più cencioso ge­ranio di Budapest. Sai, Liliana? (depone sul­la tavola piatti e posate recitando) « Pol­line della mia felicita, delizioso zeffiro, angelo del mio dolore, acquazzone delle mie lagri­me! » Che bella poesia, nevvero? L'ho fatta io. Ma tu, Liliana, l'hai già udita delle altre volte. Il piatto deve essere messo proprio nel mezzo. Forchetta a sinistra, coltello a destra, il cucchiaio davanti, in croce, (mette a posto il bicchiere) Il bicchiere qui, a portata di mano. Da questo beve l'angelo della mia felicità, il caro uomo arrabbiato. Beve da qui! (bacia il bicchiere) Bacio spedito con la posta del bic­chiere, (recita) « Io non sarò mai felice, io non potrò aver mai dei godimenti! ». Questa è la mia più recente poesia. Il vino e il seltz vengono solo più tardi, altrimenti si riscalde­rebbero, capisci, zuccona? Tu sei il grillo più stupido di tutto il quartiere Giuseppe. No, non tu, Liliana. Io, io in persona. Caro, il mio rabbioso padrone, il più caro uomo rab­bioso di tutta Pest! Sale, paprica, stuzzicadenti. (recita) «nfelice piedino mio, polline del pia­cere, triste cavallo del piede mio! Dolce an­gelo! » Vattene nella tua scarpa rotta! (inco­mincia a infilarsi la scarpa, quando entra Adele dal cortile).

Adele                               - Che cosa fai qui?

Irma                                 - Apparecchio per il signor Sipos.

Adele                               - Con i piedi?

Irma                                 - Mi era andato un sasso in una scarpa.

Adele                               - Con chi gridavi?

Irma                                 - Con nessuno. Conversavo con Liliana sulla mia infelicità.

Adele                               - Sei diventata matta di nuovo?

Irma                                 - Io sono sempre matta: le bacio la mano.... (vuol baciarle la mano).

Adele                               - Lasciami in pace e non baciarmi, ma infilali piuttosto le scarpe e lavora senza far tanto baccano! (apre la porta e grida nel cortile) Caterina! Perché non vi tenete a casa vostro, figlio? (appare sulla soglia la portinaia)

Portinaia                          - Scusi, che cosa posso farci io se me lo porta sempre via? (prende il bimbo).

Adele                               (a Irma) Perché lo porti sempre via?

Irma                                 - Io adoro Liliana!

Portinaia                          - Signora, la prego, dica a quella co­sa lì che non chiami sempre Liliana il mio bimbo! Ha pure il suo nome, decentissimo! Si chiama Giannetto, ma no, lei lo abitua a sen­tirsi chiamare Liliana!

Adele                               - Ma che sciocchezze son queste? Ma se è un maschietto!

Irma                                 - Per me è una bimba. Ha un visino co­sì grazioso da femminuccia...

Adele                               - Che cosa hai fatto, stamattina?

Irma                                 - Nulla.

Adele                               - La Portinaia dice che alle sei di mattina hai camminato nuda per il cortile.

Irma                                 - Non è vero.

Portinaia                          - Ma se ho visto io con i miei occhi!

Irma                                 - Non è vero, perché non camminavo.

Adele                               - Ma eri nuda.

Irma                                 - Ho fatto il bagno.

Portinaia                          - Ecco, ha sentito anche lei?!

Adele                               - Dove hai fatto il bagno?

Irma                                 - Nella botte dove si tiene l'acqua piova­na. In fondo al cortile. Nessuno mi ha vista, perché dormivano ancora tutti, nella casa. Ho fatto il bagno, poi mi sono vestita subito.

Adele                               - Va bene, Caterina, potete andare.

Portinaia                          - (esce).

Adele                               - Ma come hai il coraggio di bagnarti nella botte dell'acqua piovana? Perché hai preso il bagno?

Irma                                 - Perché ero sporca.

Adele                               - Questa del bagno è la tua mania più recente! Ultimamente hai preso il bagno nella vasca del bucato!

Irma                                 - Anche allora ero infelice, perché dentro vi era molta polvere per inazzurrare là biancheria, e così per due giorni sono rimasta tutta turchina anch'io, come una dolce fata al raggio della luna.

Adele                               - Te lo darò io la dolce fata! Due schiaf­fi che ti faranno vedere tutte le stelle! Perché ti lavi?

Irma                                 - Non mi lavo... Ma lei vede come sono orribile!

Adele                               - Sei orribile, ma ti curi e ti adorni sem­pre. Dove sono il vino eil selz del signor Sipos?

Irma                                 - In ghiaccio. Non li porto dentro altri­menti si riscaldano e lui urla!

Adele                               - Ma che modo questo di dire « urla »? Come osi dire una cosa simile del signor Sipos?

Irma                                 - Eh, sì, mi sgrida, l'uomo, e come rab­biosamente!

Adele                               - Fa bene.

Irma                                 - Fa bene sì!...

Adele                               - Non contraddirmi. Taci.

Irma                                 - Allora taccio.

Adele                               - Taci dunque! Nemmeno una parola! Ma guarda! Infilati le scarpe! Perché sei così a piedi nudi?

Irma                                 - (si infila le scarpe).

Adele                               - Nel pomeriggio rimarrai a casa e sti­rerai, capito? Guarderai tutte le calze, ram­menderai quelle che sono rotte, poi le stirerai. E quando sarai pronta, porterai giù dal solaio « la biancheria, e la stirerai tutta. Questa sarà la tua domenica. E pei- tutta la settimana non andrai al Teatro Nazionale. Ti insegnerò io! Sei stata dall'orologiaio?

Irma                                 - L'orologio non è ancor pronto.

Adele                               - Non ti ho domandato questo. Ho do­mandato se sei stata dall'orologiaio.

Irma                                 - Ci sono stata.

Adele                               - Che cosa ti ha detto?

Irma                                 - Che l'orologio non è ancora pronto.

Adele                               - Così! Devi rispondere così quando ti rivolgo delle domande.

Irma                                 - Le bacio la mano e il di dietro, ma non si arrabbi, io non sono pazza; ho sol­tanto la mente un po' debole. Ma mi cambierò, sa? Ora sono ancora infelice.

Adele                               - Per questo hai dato le tue mammelle al gattino, ieri sera?

Irma                                 - Clic cosa, ho dato al gattino?

Adele                               - Hai dato le mammelle al gattino: vo­levi allattare quel micino di quattro mesi, perché sei stupida come una zucca e non stai più nella pelle per la tua stupidaggine! Il signor Szàsz ha visto e me lo ha raccontato. Mi vergogno per te, davanti ai pensionanti!

Irma                                 - Sono così infelice...

Adele                               - E per questo c'è bisogno di allattare a gattini?

Irma                                 - Gattini? Ma se era uno solo!

Adele                               - Scimmia mal riuscita! Dov'è il pane? Perché non c'è il pane, in tavola?

Irma                                 - Gesummaria! (corre alla credenza per il pane e ne toglie un tovagliolo che depone sulla favola).

Adele                               - Vedi che non hai mai la lesta a posto?! Ma per fare il bagno sì! Per il gatto sì! Per i nastri sì!

Irma                                 - Ma ai nastri io non ci penso!

Adele                               - Taci, con quella linguaccia! Nel tuo armadio ho trovato un mucchio di nastri. Dove li hai presi?

Irma                                 - (piange).

Adele                               - Smettila. Dove hai preso i nastri?

Irma                                 - Nel negozio di Sagàr e Eisner.

Adele                               - Con che cosa?

Irma                                 - (piange).

Adele                               - Con che cosa, con quali denari hai potuto comperare i nastri?

Irma                                 - Il signor Csàszar mi ha dato i soldi!

Adele                               - E tu accetti del denaro dal signor Csà­szar? Vanitosa!

Irma                                 - Io non sono vanitosa! Non dica una cosa simile! Dio m'è testimonio che non sono vanitosa! Ho portato un pacco a Buda in un negozio per il signor Csàszàr, e per questo e-gli mi ha dato una mancia. La metà l'ho mes­sa da parte per il biglietto del teatro Nazionale, e con l'altra metà ho comperato il nastro da Sagàr e Eisner. Domandi, se non ci crede!

Adele                               - Se osi ancora una volta accettare del denaro dal signor Csàszàr, vedi che cosa fac­cio di te! Ma guardate un po'!

Irma                                 - (piange).

(Entra Csàszàr dal cortile)

Adele                               - Desidera qualcosa?

Csàszàr                            - Nulla.

Adele                               - Allora che cosa viene a fare qui? Que­sta è la camera di Sipos.

Csàszàr                            - Ho sentito che litigavate e sono en­trato perché ho udito pronunciare il mio no­me, e mi sono domandato se non c'era per caso qualcosetta anche per me....

Adele                               - Non scherzi. Oggi non mi sento di scherzare. Anche loro si divertono ad usare questo tono con me perché sono nubile. Ma stia tranquillo, se mi sposerò, anche loro do­vranno usare maggior rispetto!

Csàszàr                            - Se diventerà sposa? Ma quando?

Adele                               - Oggi.

Csàszàr                            - Cooooooosa?

Adele                               - Se la interessa, oggi. Oggi sarò sposa

Csàszàr                            - Si sposa oggi?

Adele                               - Se voglio sì. Ma io voglio soltanto spo­sarmi la settimana ventura.

Csàszàr                            - Mi scusi... Dice seriamente?

Adele                               - (a Irma) Va fuori.

Irma                                 - Devo ancora preparare le pantofole e l'acqua nel lavabo.

Adele                               - Frena la lingua, li ho detto! Prepa­rerai dopo! Non ne posso più con quella scioc­ca! Mi la ammattire; oggi mi si è andata a bagnare nella botte dell'acqua piovana, ed ho trovato tanti nastri da riempirne un vagone, nel suo armadio. E lei le dà i denari. Che cosa vuole da Irma? Non si vergogna a cor­teggiare una servetta di diciannove anni, lei, un bel ragazzo? Non potrebbe trovarsi una donna più decente, in questi paraggi?

Csàszàr                            - E' molto nervosa davvero! Molto ner­vosa!

Adele                               - E' stato lei a darle i denari?

Csàszàr                            - Sì. per una commissione che l'ho mandata a fare a Buda, (a Irma) Ma tu, se non tieni a freno la lingua, li piglierai un cazzotto nelle costole che ti metterà tranquilla, se continuerai a far credere che io ho voluto far questo e far quest'altro!

Irma                                 - Giuro sulla mia felicità che non ho fatto credere nulla, sul signor Csàszàr; né questo né quest'altro.

Csàszàr                            - Io non voglio piacere a le, ma tu non far chiacchiere!

Irma                                 - Le chiacchiere non sono io che le fac­cio. Io lavoro come un cane, ma sono tutti contro di me: anche il signor Szàsz mi ha tradito, dicendo che volevo dare il latte al gattino: lo ha detto perché mi odia. Voleva fare ai morsi con me, ma io non ho permesso.

Adele                               - Che cosa voleva fare?

Irma                                 - Voleva spartire con me una ciliegia: lui la prendeva in bocca, ed io dovevo morderne via metà, cosi ci saremmo scambiato dei baci. Mi ha perseguitala per mezz'ora, per fare che io prendessi in bocca la ciliegia, per fargliela mordere, ma lui mi ha fatto schifo, sebbene mi avesse promesso il biglietto per il teatro perché sa che ne vado pazza. Ma io non ho voluto ugualmente, e mi ha preso a odia­re. Per questo mi ha aizzato contro la signora. Io non so più che fare! Metterò la testa nella botte dell'acqua piovana, e ve la terrò fin tanto che sarò soffocata! Io non ne posso più. Mi lascino in pace!

Adele                               - Fila via! Ma subito! Ma guardate! Vat­tene subito al tuo lavoro!

Irma                                 - (esce piangendo)

Csàszàr                            - Via che cos'ha, dica! Da un'ora che son qui, non faccio che sentir gridare: am­mazza la cuoca, tortura quel povero insello li, si sposa... Ma che cos'ha, infine?

Adele                               - Appunto perché mi sposo.

Csàszàr                            - E chi sposa?

Adele                               - Sipos.

Csàszàr                            - Ma è impazzita?

Adele                               - Sì.

(Pausa)

Csàszàr                            - Si sieda, prego. Dio. ma com'è ter­ribilmente nervosa! Ed ora in fretta. Non ca­pisco se è impazzita davvero. Ma che cosa c'è? Che affare è quello del nastro?... Eppoi io farei la corte alla serva?... (l'abbraccia  appassionatamente) Sei matta? Sei gelosa? (la bacia) Sciocca... sciocchina...

Adele                               - (si divincola) Lasciami! Lasciami in pace! Ma che stupidaggini sono codeste? Sipos potrebbe venire da un momento all'altro... Ascoltami, seriamente. Tutto questo è finito. Che guardi? E' finito. Non hai capito?

Csàszàr                            - Che cosa dovrebbe essere finito?

Adele                               - lo, io ho finito di essere la tua amante.

Csàszàr                            - Ma come... Ora, tutto a un tratto, Unito senza alcuna ragione, alle dodici e un quarto in punto?

Adele                               - Alle dodici e un quarto in punto. Mi lasci in pace, d'ora in. poi, per sempre.

Csàszàr                            - Ma' se anche ieri sera... Stanotte...

Adele                               - E oggi. no. Mai più. Lo giuro sulla vita di mia Madre. Perché sono innamorata di lei. Sono innamorata di lei, disgustoso, vanitoso, lezioso commesso di negozio, di lei, innamorata come un cane, ma ora tutto è finito perché io sono forte e ragiono. Io la detesto, l'odio e la disprezzo: finché non faceva che piacermi, le, cose andavano, ma ormai sono vecchia, mi sono innamorata di lei, e voglio liberarmene! La caccio via, e sposo Sipos. Ecco come stan­no le cose, figlio mio caro. Né più, né meno.

Csàszàr                            - Ma è terribile lutto questo che dice!

Adele                               - Le dispiace?

Csàszàr                            - Molto.

Adele                               - Ma a me dispiace ancora di più. Ma non saprai mai che mi dispiace. Non meriti nemmeno di saperlo. Ma chi sei tu? Una nul­lità. Hai carattere? No. Hai del denaro? No. Sei serio? No. Sei onesto? Io non lo posso sapere. Soltanto eri bello, ed io ero inferocita, mentre tu nemmeno allora mi salutavi: ed io mi sono morsa una mano per l'ira, e tu mi hai riso in faccia. E allora, quando sei giunto al colmo dell'impertinenza, e mi bai falla pian­gere, mi hai portala nella tua camera, quando Sipos era a Buda da mia Madre, èri io ho dormito con te, eppoi ancora ho dormito con le, ho pianto per te, ma soltanto di rabbia, ed ho continuato ugualmente a tradire Sipos pel­le, sempre, sempre, e tu sei una nullità vuota, un essere senza cuore. Ed ora, solo perché sei bello e impertinente e perché mi saluti, do­vrei depravarmi e morire?

Csàszàr                            - Dio santo, ma lei è nervosa in un modo tremendo! Ma che cosa vuole? Tutto procede a meraviglia, viviamo felici, io. ti amo come un pazzo, Sipos non sospetta di nulla, non ha nemmeno la più lontana idea di sposarti, la tua piccola pensione va bene - io non pago. Sipos non paga, ma gli altri pagano. sei bella, sei giovane, che cosa vuoi di più? Perché dare un calcio a tulio, così, d'un tratto?

Adele                               - Vuoi sposare la figlia di Balàszy? Vuoi sposare la figlia del falegname Balàszy?

Csàszàr                            - Non è vero.

Adele                               - Oh, mentire è nulla, per le! Naturale, tu dici: non è vero!

Csàszàr                            - Non è vero. Non è vero.

Adele                               - E' vero o non è vero che domenica eri con loro a Vallefresca?

Csàszàr                            - Sì, ma allora io ti dissi anticipatamen­te che...

Adele                               - Non balbettare. E' vero o non è vero che martedì eri al cinema con la ragazza?

Csàszàr                            - Non te ne ho domandato prima il permesso?

Adele                               -  Sei stata a cinema con lei sì o no?

Csàszàr                            - Ma Adele!

Adele                               - Stamattina hai scongiurato per un'ora il macellaio Brami di imprestarli la sua car­rozza per oggi al pomeriggio. Gli hai detto che vuoi condurre la tua fidanzata a Mariaremete.

Csàszàr                            - Io ho detto «la mia fidanzata»? Ho detto che vorrei condurre dei miei conoscenti...

Adele                               - Non. mentire! Hai detto la tua fidan­zata! Sei un impostore, un impostore, vuoi sposare la figlia del falegname Balàszy. perché suo padre è pieno di dollari! Sei un truffatore!

Csàszàr                            - Adele, tu mi... tu... mi....

Adele                               - Truffatore! Impostore!

Csàszàr                            - Adele, bada che non so più quello che faccio!

Adele                               - E battimi!

Csàszàr                            - (trincia l'aria con un gesto violento, poi si ferma) E' impazzita. Se continua così, me ne vado!

Adele                               - Io potrei porre degli ostacoli a tutto questo. Stia tranquillo... Mi basterebbe solo una parola. Ma sono forte e ragie no. Sposi pure la figlia del falegname Balàszy! Io mi rifugio con Sipos. E lui mi sposerà. Sipos è un uomo onesto e serio. E se una volta sarò la signora Sipos, allora mai più uomo mi toc­cherà. Lo giuro. Questo lo può sapere anche lei, se mi conosce! Allora respirerò e mi li­bererò da te.... Perché tu sei la mia dannazione.

Csàszàr                            - Si rifugia da Sipos? Da un vecchio garzone da falegname?

Adele                               - Non è garzone da falegname, prego. E’ disegnatore di mobili!

Csàszàr                            - Bel partito!

Adele                               - Se per dieci anni è stato buono come amante, potrà esserlo anche come marito.

Csàszàr                            - Ma se non ha nemmeno un soldo!

Adele                               - Ne ho io.

Csàszàr                            - E' vecchio.

Adele                               - E' meglio. Fra qualche anno sarò vec­chia anch'io.

Csàszàr                            - Non l'hai mai amato.

Adele                               - Appunto questo va bene. Una cosa bella e seria e silenziosa.

Csàszàr                            - lo non so nemmeno esprimere quello che provo ora!

Adele                               - Ma io lo so! Provi vergogna, perché la tua vanità è stata presa a schiaffi! So che è questo che ti duole, mio bell'orefice! Appunto per questo io mi rifugio da Sipos. Io ti scac­cio da qui, perché altrimenti saresti tu a scacciare me, ed allora io mi impiccherei, (la porta si apre ed entra Irma. Ha un braccio di nuovo il bimbo).

Adele                               - Che cosa vuoi? Che vieni qui a fare?

Irma                                 - A preparare.

Adele                               - Non è vero. Sei venuta ad origliare!

Irma                                 - (si avvia per uscire).

Adele                               - Dove vai?

Irma                                 - Vado fuori.

Adele                               - E perché vai fuori?

Irma                                 - Ma lei mi ha detto che io sono entrata per...

Adele                               - Non contraddirmi! Taci e fa il tuo la­voro. Prepara giacca, cuscino, acqua da la­varsi per il signor Sipos. Muoviti. E ancora ti trascini dietro quel bimbo?

Irma                                 - Scusi, me l'ha data sua mamma da ba­darle, perché lei se ne è andata a comperare la birra da Morbitzer. Davvero, non so più come fare!

Adele                               - Perché non sei andata tu a comperare la birra?

Irma                                 - Perché io debbo servire il signor Sipos, e non posso andar via perché è già arrivato ed è lì sulla strada che parla col signor Csàszàr. (Adele si avvia verso l'uscita).

Csàszàr                            - Adele, prego...

Adele                               - (si volta di scatto) Che cosa vuole?

Csàszàr                            - Vorrei parlarle, ma con calma... Solo cinque minuti... Vorrei spiegarle…..

Adele                               - Non mi spieghi nulla, (esce nel cortile e lascia aperta la porta).

Csàszàr                            - Ma Adele, per amor di Dio... Così non si può ragionare... (la segue parlando, ed esce. La porta rimane aperta).

Irma                                 - (chiude la porta) Riverisco! Vieni, Li­liana, ora prepareremo per il signor Sipos la giacca e il cuscino. Intanto tu siediti, non muo­verli, rimani in silenzio, (lo mette a sedere sulla tavola) Dà un bacino alla zia Irma, un bel bacino forte. Così. Vedi, questa è la giac­ca da casa. Il caro rabbioso se la infila sul corpo, (la annusa). Sa odor di tabacco. A Irma non, è permesso bagnarsi in quella bot­te. L'Irma deve essere soltanto sporca. Va bene. A Irma non è permesso essere azzurra come la fata della luna, perché scende dalle nuvole il bel pilota, si inginocchia davanti a lei, nel piacere della sua felicità, par avere un dolce bacio, il vero dolore, il piacere del mio cuore. Va bene. Dammi un bacetto, Li­liana! Ho dato il lattino al gatto. Mi giaceva così soffice sul seno... Gatto di quattro giorni, gatto di velluto, puro velluto. Vieni, cuscino, che voglio annusare anche te! Il mio caro dor­me sopra di te. Anche questo puzza di tabacco. L'amante del caro rabbioso lo tradisce con Paolo Csàszàr. Cuscino, ti prego, diglielo, quan­do lui ti dorme sopra con un orecchio, diglielo di non amare quella infedele di una Adele, ma di amare piuttosto il mio cuoricino fedele, e che non mi sgridino sempre! Tradiscono il ca­rissimo rabbioso... Oh, come mi duole il cuore per questo! Liliana, dì: duole.

Liliana                             - Duole.

Irma                                 - Bene, (posa il cuscino e porta una sedia) Ora mettiamo qui la sedia, vedi, al suo posto. Il suo padrone sarà qui a momenti, vi si siederà sopra, e si arrabbierà con tutti, perché lui non sa che per me è dolce come il miele, perché lui è il più bel pilota di Budapest. Pilota aviatore, pilota delle nuvole. E non vi è più bel raggio di sole di lui, anche se è arrabbiato. Egli è il mio unico amore, la catena di rose, la viola eterna, il magnifico pilota. Liliana, dì: pilota.

Liliana                             - Pilota.

Irma                                 - Molto bene. Nelle mie scarpe c'è sasso. Ma non lo prendo fuori. E' già tardi. Soffro, piuttosto, per essere infelice, (tende l’orecchio) E' arrivato il rabbioso. Oh, amor mio segreto! (entra Sipos).

Sipos                                - Prendi giù subito quel bimbo dal tavolo.

Irma                                 - (eseguisce, in fretta) Ahi... riverisco..

Sipos                                - E' il posto per un bimbo, la tavola apparecchiata? Ma chi ha mai sentito dire u cosa simile?

Irma                                 - (prende il cappello di Sipos e lo mette via) Scusi... riverisco... era un errore... Come si sente?

Sipos                                - Prima di pranzo sono di malumore. Non domandarmi nulla. Porta fuori quel bimbo! (si toglie la giubba).

Irma                                 - Vado. Vieni, Liliana. (la prende in brac­cio, esce, poi rientra sola) II signor Sipos è arrabbiato?

Sipos                                - Giacca.!

Irma                                 - (corre, la prende e la inette via).

Sipos                                - (si toglie la cravatta) Cravatta. Più!

Irma                                 - (corre, la prende e la ripone) Fa caldo!

Sipos                                - (si toglie il colletto) Non te lo ho do­mandato. Colletto.

Irma                                 - Colletto, (lo prende, corre, lo ripone, poi torna di corsa e porge là giacca da casa).

Sipos                                - Non la voglio.

Irma                                 - Respinta?

Sipos                                - Respinta.

Irma                                 - Maniche di camicia?

Sipos                                - Maniche di camicia, (si rimbocca le maniche) Acqua per le mani.

Irma                                 - (corre al lavabo) Acqua per lo mani. Fresca, (versa).

Sipos                                - Sapone.

Irma                                 - (porge) Sapone.

Sipos                                - (mentre si lava le mini) Asciugamano.

Irma                                 - Asciugamano., (glie lo porge) Pulito.

Sipos                                - (mentre si asciuga) Pantofole.

Irma                                 - (glie le porta ansimando. Si inginocchia)

                                        - Pantofole.

Sipos                                - (siede, continuando ad asciugarsi le mani)

                                        - Scarpe.

Irma                                 - (mentre gli toglie le scarpe) Una scarpa.

Sipos                                - (sempre asciugandosi allunga l'altro piede)

                                        - Altra scarpa.

Sipos                                - Una pantofola.

Irma                                 - (glie la infila) Una pantofola...

Sipos                                - Altra pantofola.

Irma                                 - ...e altra pantofola, (la infila).

Sipos                                - (si alza, e tiene per aria l'asciugamano) Asciugamano di ritorno.

Irma                                 - Asciugamano di ritorno (lo prende, va al lavabo e versa fuori t'acqua sporca) Vuo­tamente e ripulitura del catino.

Sipos                                - (frattanto si mette a sedere alla lavo/a) Giornale…..

Irma                                 - (glie lo porta dalla finestra dove era posato) Giornale.

Sipos                                - (mentre legge) Minestra.

Irma                                 - Minestra (corra fuori e lascia aperta la porla).

Sipos                                - (dietro il giornale, urla) Porla!!!

Irma                                 - (torna di corsa) Porla! (accenna a un bacio, e chiude dal di fuori la porta. Breve pausa. Sipos legge il giornale).

Irma                                 - (entra portando la minestra e vi versa sopra il brodo).

Sipos                                - (mentre mescola col cucchiaio) Che razza ?

Irma                                 - Tagliatelle.

Sipos                                - Freddo?

Irma                                 - Caldo.

Sipos                                - (dopo di avere assaggiato) Freddo.

Irma                                 - (allunga le mani per prendere il piatto) Rifiuto? Messa al caldo?

Sipos                                - No. Permanenza (mangia qualche cuc­chiaiata di brodo).

Irma                                 - (toglie il tovagliolo dall'anello, e lo mette avanti, spinge più vicino il sale e mette a posto il pane).

Sipos                                - Ma che cosa sono questi salti che fai? (mangia) Fai tutto col doppio delle .mosse sufficienti. Con calma: un7duè, giacca, sapone, acqua, scarpe, pantofole, brodo (mangia) Avresti ben potuto impararlo, in otto anni (mangia) Ogni giorno è così, esattamente, E in questo non avverrà mai un cambiamento.

Irma                                 - Otto anni fa ero una bimbetta di undici anni.

Sipos                                - Ma guarda un po'! Grillo! (mangia). Pausa. Irma, immobile, lo guarda felicemente).

Irma                                 - (dopo la pausa, sottovoce) Le bacio la mano.

Sipos                                - Che cosa?

Irma                                 - Nulla.

Sipos                                - Che cosa hai detto?

Irma                                 - Le bacio la mano.

Sipos                                - Dove vai?

Irma                                 - In nessun posto.

Sipos                                - Allora, perché lo hai dettò?

Irma                                 - L'ho detto soltanto, così.

Sipos                                - Sei scema?

Irma                                 - Sì……

Sipos                                - Grillo! (mangia. Silenzio. Irma sta immobile, con un sorriso doloroso. Poi parla ancora).

Irma                                 - Le bacio la mano.

Sipos                                - (la guarda) Ma perché mi baci la mano?

Irma                                 - Per rispetto.

Sipos                                - Allora, per rispetto, porta fuori il piatto, e porta dentro la carne, per rispetto (allunga le mani per afferrare il giornale).

Irma                                 - (prende il piatto) C'è fegato di vitello con spinaci.

Sipos                                - L'ho domandato?

Irma                                 - No. Solo perché gli altri prendono la coscia. Solo al signor Sipos il fegato (esce).

Sipos                                - (non le guarda nemmeno dietro) Porta!

Irma                                 - Ma se non l'ho nemmeno lasciata aperta!

Sipos                                - Ma la lascerai!

Irma                                 - Oh, no! (apre la porta, e dalla soglia accenna a un bacio: dimentica di chiudere, e va via in fretta).

Sipos                                - Porta!! !

Irma                                 - (salta indietro con spavento) Porta! (la sbatte dietro di sé).

Sipos                                - (legge tentennando il capo).

Irma                                 - (rientra, portando vino e seltz) Freddo gelato. Che bel vetro turchino! Nove gocce dopo il brodo, (senza alcuna ragione) Dolce, bel pilota.

Sipos                                - Chi è il pilota?

Irma                                 - Il signor Sipos.

Sipos                                - Io sono falegname mobiliere.

Irma                                 - Per me è pilota. Tutti gli ideali sono piloti.

Sipos                                - E io sono un ideale?

Irma                                 - Por la mia anima è l'ideale. Ideale pi­lota, vola giù dalle nuvole, sul prato fiorito, per rapir la fidanzata.

Sipos                                - Ma che sciocchezze mi stai spifferando?

Irma                                 - Tulle le notti sogno che il mio fidanzato è un pilota che vola nelle nuvole ed è caduto nel mare. E. in tutti i miei sogni il pillola ras­somiglia al signor Sipos.

Sipos                                - E piomba in mare.

Irma                                 - Sì.

Sipos                                - Grazie. E tu, che fai?

Irma                                 - Io mi dispero avanti e indietro sulla riva, con i capelli sciolti e una toga bianca, .ed apro le braccia verso il mare, e canto, nella tempesta, follemente. E' così bello!

Sipos                                - È' bello cantare da matta?

Irma                                 - No. Tutto. E' così bello 'il dolore, l'ideale... E il signor Sipos c'entra sempre.

Sipos                                - Nel mare?

Irma                                 - Nel dolce sogno……

Sipos                                - Ti ci vorrebbero venticinque sculac­ciale, cara figlia mia! Cominci ad agitarti troppo! Se io fossi tira padre ti svezzerei dai sogni!

Irma                                 - Oh, se il signor Sipos potesse essere mio padre!

Sipos                                - Ci mancherebbe altro!

Irma                                 - E' così bello l'amor filiale...

Sipos                                - Ma ora basta. Non ti vergogni? Non fai che adularmi sempre.

Irma                                 - Non mi vergogno, signor Sipos: sono fiera di potere adulare il signor Sipos (prende il piatto, lo porta fuori e lascia aperta la porta).

Sipos                                - Porta!!

Irma                                 - (spaventata) Sì, porta (chiude).

Sipos                                - (versa il seltz e legge il giornale).

Irma                                 - (rientra col dolce) Dolce ripieno di noci (lo posa).

Sipos                                - Sicuro ?

Irma                                 - Sicuro. Gli altri l'hanno avuto ripieno di pan grattugiato. Il nostro signor Sipos, invece, con le noci.

Sipos                                - (mangia) Tutta Pest racconta che tu all'alba danzi nuda nel cortile.

Irma                                 - Gesummaria! Dicono anche questo?

Sipos                                - Oggi avevo da fare al Municipio, od ho sentito che lo raccontavano al Sindaco. Ne hanno parlato anche in Parlamento, ed anzi, persino al Ministero.

Irma                                 - Al Ministero?

Sipos                                - Sì. Lo sanno anche tutti i ministri.

Irma                                 - Il signor Sipos scherza, ma io so da dove viene la voce. E' il signor Csàszàr che racconta questo a tutti-, per pura vendetta, sebbene io mi sia bagnata nella botte in se­greto, quando nessuno mi poteva vedere.

Sipos                                - E chi ha adottato il gallo?

Irma                                 - Che cosa vuol dire adottato?

Sipos                                - Prendere come proprio figlio. Fai la balia al gatto, e tutto il vicinato ride.

Irma                                 - E raccontano anche questo?

Sipos                                - In tutta Budapest.

Irma                                 - E' il signor Csàszàr che diffonde le chiacchiere. Il signor Csàszàr mi voleva ba­ciare.

Sipos                                - Perché non gii hai dato uno schiaffo?

Irma                                 - Io, scusi? Io, al signor pensionante'?

Sipos                                - Non fingerti santa, discola che non sei altro! Ma se fai l'occhiolino a tutti! Ne parlerò io con la signora Adele, e li manderemo in campagna.

Irma                                 - Io non faccio l'occhiolino a nessuno.

Sipos                                - Anche a me! Ma da me potresti bu­scarle!

Irma                                 - A Sipos faccio l'occhialino.

Sipos                                - E lo confessi? Impertinente!

Irma                                 - E perché lei si compiace di dirmi questo?

Sipos                                - Mi dici in faccia che mi fai l'occhiolino! ?

Irma                                 - Oh, questa è un'altra cosa: dolore e ideale.

Sipos                                - Capperi. Che cos'è?

Irma                                 - Dolore, è ideal d'amore!

Sipos                                - Fila, ma fila via in fretta da qui! (muo­ve verso di lei).

Irma                                 - (balza via) Dolore è ideal d'amore, perché io morirò, signor Sipos, se lei si am­moglierà! Io non ne sopravviverò.

Sipos                                - Come come? Che io mi compiaccia di sposarmi?

Irma                                 - Si sposerà, e sua moglie darà alla luce dei bimbi. Ed io, come potrò sopportare tanti dolorosi singhiozzi?

Sipos                                - Ma da dove arguisci che io mi sposi?

Irma                                 - Se mi dà la parola d'onore di non tra­dirmi glie lo dirò.

Sipos                                - Ah, questa poi è proprio singolare! Vattene via da qui, topa! Proprio io li darò la mia parola d'onore! E in fin dei conti, che discorsi, che chiacchiere sono codeste? Perché batti le mani? Rispondi, che cosa hai fallo col signor Csàszàr?

Irma                                 - Scusi signor Sipos, ma io non rispondo nemmeno, perché questo è troppo offensivo.

Sipos                                - Vattene, fila via! Ci penso io, ora!. Portami il caffè nero. Fila!

Irma                                 - (frema: con sempre crescente sentimentalità) Ma perché mi fai male, dolce, caro, unico pilota? Perché mi fai sempre male? Eppure. lutti, a questo mondo, mi fanno del male, come so fossi l'ultima delle sgualdrine: oh. si non m'importa, anche se mi scacci! Ormai non ne posso più: puoi anche battermi... (indie­treggia verso la ribalta) Ti confesso il mio unico, segreto, ideale amore; fin da quando era ancora una bambinella li adoravo, dolce rabbioso, tu che sei la cagione della mia morte e dei miei sogni! Se cullavo il gatto', anche questa era colpa tua, perché nel mio sogno ero la tua sposa, avevamo dei figli, ero la tua dolce donna e, appunto, il gatto era il nostro rampollo. Crepi, il signor Csàszàr, che ha sporcato il mio amore! lo per le sopporto lutto, soffro per te, per te prendo il bagno, e lutti mi trattano a calci, perché nessuno comprende il mio cuore pieno di ideale, e lo zef­firo della mia anima sulle tue labbra: e tu vuoi darmi sul sedere venticinque sculacciate! (si appoggia alla parete e singhiozza).

Sipos                                - (un, po' confuso) Ma come hai il coraggio di darmi del tu!? Come hai osato darmi del tu?

Irma                                 - Ormai, tanto è già fatta!

Sipos                                - (confuso) Asciugati la faccia, soffiati il naso, e va fuori. Non osare di comma comparirmi davanti agli occhi.

Irma                                 - (si avvia verso l'uscita. Sulla soglia si ferma piangendo) Lo so, lo so: porta! (chiude l'uscio dal di fuori).

Sipos                                - (nervoso, torna a sedere a tavola, mangia e beve, accende la sigaretta, si alza, siede, fuma. La porla si apre, ed entra Adele. Porta una tazza nera sfaccettata).

Adele                               - Ecco il caffè nero.

Sipos                                - Non si può più tener qui quella ragazza nemmeno per un istante. Non ha né padre né Madre, tu sei la sua più prossima parente, e siamo responsabili per lei. Ora incomincia a smaniare in lei la dama. Quel troppo andare a teatro le fa male, le ha montato la testa.

Adele                               - Ma senti, potrà pur andare al Teatro Nazionale! Io, del resto, le lascio vedere solo i classici.

Sipos                                - I grandi scrivono le più grandi osce­nità.

Adele                               - Ma questa non è mica colpa mia!

Sipos                                - Tra breve avrà vent'anni, e qualcuno la rovinerà.

Adele                               - Io credo che qualcuno l'abbia già rovinata.

Sipos                                - Chi?

Adele                               - Ma che ne so io? Il signor Szasz... Il signor Csàszàr... Forse tutti e due.

Sipos                                - C'è già lo zucchero, dentro?

Adele                               - Due zollette (siede) Voglio parlarti.

Sipos                                - Ebbene, sentiamo.

Adele                               - Luigi... Non so di che umore sei.

Sipos                                - Cattivo.

Adele                               - Eppure, hai già mangiato.

Sipos                                - Sono di malumore anche la domenica pomeriggio.

Adele                               - Del resto, fa lo stesso. Buon umore o malumore, una volta bisogna pure decidersi! Entro due settimane mi dovrai sposare.

Sipos                                - (appoggia il cucchiaino) Ma cara buona figlioletta mia, dimmelo un'altra volta!

Adele                               - Entro due settimane dovrai sposarmi.

Sipos                                - Bene (beve il caffè).

Adele                               - Non scherzare su questo! Io parlo il. più seriamente possibile. Sarà meglio se, al posto di qualsiasi discussione, ti abituerai a questo pensiero già in precedenza. E' un peccato per ogni istante perduto.

Sipos                                - E perché tanta urgenza?

Adele                               - E' urgente.

Sipos                                - Perche?

Adele                               - Perché è in scadenza.

Sipos                                - Ma che cosa... sei incinta?

Adele                               - Macché! E' spiritualmente in scadenza. Ed anche socialmente. Bisogna sistemare questa condizione. Io so bene che a te non piace pensare a queste cose, é che rimandi da un giorno all'altro... qualcosa si farà... e il giorno dopo difatti è accaduto che fieri è passato, in un modo o nell'altro... Ma ora non si va più avanti così.

Sipos                                - Questo è terribile, (si apre la porta ed entra Irma).

Irma                                 - (agitata) Signor Sipos, la signora ha detto che io dica al signor Sipos che sono stata dall'orologiaio, e che l'orologiaio mi ha risposto che l'orologio non è ancor pronto, ma che lo sarà nella settimana ventura.

Sipos                                - Va bene (lunga pausa) Dunque, vor­resti rimaner qui fino alla settimana ventura?

Irma                                 - No. (esce), (pausa).

Adele                               - Tu mi sposerai.

Sipos                                - Oh, senti, smettila!

Adele                               - Mi sposerai, ed ora sei arrabbiato perché senti di essere stato accalappiato. Sei pallido d'ira. Guardati nello specchio e vergognati.

Sipos                                - Adele, io mi freno fin che posso. Ma ti faccio osservare Che se mi conduci agli estremi ti farò una grande sorpresa.

Adele                               - Non ci credo. Da parte tua non aspetto che una sorpresa: che tu ti comporti da gen­tiluomo. Ma questa sorpresa non l'avrò mai.

Sipos                                - Per una cameriera sono abbastanza gen­tiluomo.

Adele                               - Non ero soltanto cameriera, ma la man­tenuta del giovane conte, per otto anni, e in questo commercio mi sono guadagnata una piccola casa e un figlio grande. Ti prego di ricordarti anche di questo.

Sipos                                - Bene. Almeno lo hai detto tu. Sì, ti spo­serò perché è il mio dovere morale. Mi sta bene, perché non me ne sono scandalizzato prima. Ma moralmente ero pigro.

Adele                               - Ed io avevo dei denari.

Sipos                                - Senti... bada... io...

Adele                               - Figlio mio. riposati un po'. Nel tuo viso non vi è nemmeno una goccia di sangue. Sei pallidissimo, adesso. Non sbarrare così gli occhi su di me. perché non mi fai paura. Non fair la commedia!

Sipos                                - Tu non mi hai mai amalo.

Adele                               - Questo non è vero. Ti ho amato, una volta, per una settimana.

Sipos                                - La prima settimana.

Adele                               - Nooo! Allora davvero no! Fu un altra settimana. Forse due. Ma voialtri non lo com­prendete mai. Quando avesti la polmonite, ed io credevo che morissi. Per la grande febbre nel tuo stomaco non rimaneva cibo, e mi dicevi che ero nauseata perché eri nauseante. Quella settimana io ti amai. Molte notti, poi. quando credevi che io fossi al settimo cielo, ti odiavo così che piangevo fino alla mattina.

Sipos                                - Per il conte.

Adele                               - Hai indovinato. Proprio per lui.

Sipos                                - E non mi ami nemmeno ora?

Adele                               - No.

Sipos                                - E vuoi che ti sposi?

Adele                               - Sì.

Sipos                                - E perché proprio io?

Adele                               - Perché ho deciso che tu mi sposerai.

Sipos                                - Ma se anch'io non ti amo? Se anch'io sono ancora con te solo per pura abitudine, per stanchezza, per vecchiaia, e ti odio, come tu odi me?

Adele                               - Mi sposerai lo stesso.

Sipos                                - (urla) Ma perché?

Adele                               - Non urlare. Perché io lo voglio. Non sono mica affascinata di te, sai, non temere! Non è per questo. Tu sei l'ultimo uomo di questo mondo.

Sipos                                - Benissimo. Ora ascoltami. Guardami bene, quanto sono e quando non sono pallido. Mia cara, ora sentirai il verdetto. Freddamente, con calma. Non ti sposo. Se vuoi, tutto resta come prima, altrimenti, prendo le mie valigie e me ne vado. Hai capito? Ti mostrerò che io, sì, ora, che io sono un uomo. Ed ora basta, con tutto questo. Se osi dire ancora una sola parola, ti schiaccio. Ti schiaccio. Ecco. Ades­so hai sentito (siede, e accende il sigaro che si era spento). Avevo detto che ti poteva spettare ancora ima grande sorpresa. Ora l'hai sentita. (pausa. Adele passeggia lentamente. La porla si apre, Irma entra, silenziosa, prende il catino dal lavabo e lo porta fuori in silenzio, mentre osserva angosciata. Pausa).

Sipos                                - Ora, cara, sei tu, pallida, (pausa). Adele (si ferma) Non val la pena di riscaldarsi tanto per l'odio. Siediti, infatti, e riposa un poco il cervello, (pausa) Ebbene, Luigi, io ora ti dico una cosa, ma la colpa è tua se te la dico. Io sono innamorata di Paolo Csàszàr.

Sipos                                - Sei la sua amante?

Adele                               - Buahh! Come sei cretino! Pfù, come sei vile! Come ti saprei odiare, ora se li volessi bene! Ma devi dirmelo ora, questo? Ma posso io essere la sua amante? Ma sarebbe successo tutto quanto è successo, qui, ora, se io fossi la sua amante? Mi metterei di fronte a te, e ti direi che lo amo? Ma se non oso nemmeno confessarlo a me stessa!... Luigi... Luigi, aiutami... Aiuta la mia vecchia, stupida testa... Aiuta il mio vecchio stupido cuore... Aiutami! Sono innamorata in un giovane! Sai che cosa vuol dire questo? Per amor di Dio, non lasciarmi, non abbandonarmi, non permet­tere che io gli corra dietro e che mi umili… che gli dia del denaro, che egli mi batta e che io gli baci per questo le mani... Luigi, tu sei un uomo savio... Io ho trentasei anni e lui ne ha ventitré... Non vedi che cosa avverrà? Non mi conosci? Non comprendi nemmeno, ora perché ti ho urlato, dalla mia miseria, che tu mi porti via, che tu mi sposi, che tu mi difendi!?

Sipos                                - (si asciuga la fronte) Qui vi è solo una questione.

Adele                               - Quale questione?...

Sipos                                - Non importa che ci pensi tu... Ora davvero perdonami, e non essere impaziente... Senza agitarti... Noi siamo davanti ad una svolta della nostra vita... Qui vi è solo una questione. A qual punto sei giunta con lui?

Adele                               - Ma come puoi domandarmi questo se non l'ho neppure guardato? Ma chi ti ha detto tutto? Non io, forse? E allora, se fosse di­versamente, non te lo avrei detto?

Sipos                                - Io sono un uomo onesto. Io ti lascio e ti darò a lui senza alcun rancore. Rispondimi onestamente. Lo sa egli che tu l’ami?

Adele                               - Se lo sapesse, non laavrei tollerato in casa mia (bussano).

Sipos                                - Avanti!  (entra Csàszar, dalla corte) Aahhh!... Il signor Csàszar! (si alza. Silenzio spasmodico,. Sipos cammina su e giù). In che cosa posso esserle utile, signor Csàszar? Adele (lo riproverà) Ma ti prego! ...

Csàszàr                            - (impacciato) Avrei voluto domandare alla signora... Scusi; mi sembra di avere di­sturbato la loro conversazione...

Adele                               - Non fa nulla. Dica pure che cosa vuole.

Csàszàr                            - Dunque... volevo... osavo dire che... il macellaio, quel certo Braun... ha quella car­rozza... Lei lo sa, vero?... quella carrozza da macellaio... Si può facilmente trasformare in vettura da passeggio... Ora l'ha fatta verniciare, ed è molto bella... B ha due cavalli sauri di sangue... Ebbene, oggi, per tutto il pomeriggio, questa carrozza è a mia disposizione. Vi pos­sono stare comodamente sedute sei persone. Ed io ho pensato... se lei avesse per caso voglia di andare a Vallefresca...

Sipos                                - Non ha voglia di andare a Vallefresca.

Adele                               - Però... la ringrazio, signor Csàszàr.

Csàszàr                            - Sempre volentieri, signore.

Sipos                                - Eppoi una carrozza da macellaio! Csàszàr (con un sorriso triste) E’ vero... Ma non ho ancora l'automobile!

Sipos                                - Lo sappiamo bene, (silenzio spasmodico). E' questo tutto quanto lei desiderava signor Csàszar?

Csàszàr                            - Sì, scusi.

Sipos                                - Ed ora desidererei io una cosa dal signor Csàszàr.

Adele                               - (con angoscia) Ti prego!

Csàszàr                            - Dica pure!

Sipos                                - Desidero che lei non dia dei denari alla serva per comprarsi i nastri.

Csàszàr                            - Ma scusi...

Sipos                                - (lo interrompe) Questa serva noi l'abbia­mo portata qui che era ancora una bimba, e ne siamo responsabili.

Adele                               - Ma Luigi...

Sipos                                - Non c'è Luigi che tenga. Ora qui non vi è nessun Luigi, ed io non tollero che dei signori qualunque, fossero anche il  signor Csàszàr stesso...

Csàszàr                            - Ma c'è un malinteso...

Sipos                                - (grida) ... fossero anche il  signor Csàszàr stesso, si permettano di toccare quella ragazzina; e se il signor Csàszàr ha dei simili ardori interni, vada dalle sgualdrine!

Csàszàr                            - Ma scusi, la signora Adele mi è testimone...

Sipos                                - La signora Adele non è sua testimone niente affatto. Ci mancherebbe altro!

Csàszàr                            - Ma scusi... Che cosa debbo fare... Se non mi ascolta...

Adele                               - Ti prego, il signor Csàszàr mi ha già spiegato...

Sipos                                - Lo ha spiegato a te, ma a me ne detto quello che ho detto.

Csàszàr                            - Dunque, io non posso dir niente e di ciò?? Davvero mi secca, signora Adele….

Adele                               - (nervosa) Va bene, va bene...lasci perdere, ora...

Csàszàr                            - Ma se io avessi potuto immaginare che da una sciocchezza simile...

Sipos                                - Scusi, scusi, questa non è una sciocchezza. Non ho bisogno di critici.

Csàszàr                            - Ma questa non è critica, scusi!

Sipos                                - Ora basta, però!

Csàszàr                            - Prego, (lunga pausa spasmodica)

Csàszàr                            - Scusi se l'ho disturbata. Riverisco.

Sipos                                - Riverisco. (Csàszàr esce).

Sipos                                - (siede al tavolo, e appoggia la testa su un braccio). Adele (gli si avvicina, sospira, e gli accarezza a lungo il capo).

Sipos                                - (senza alzare il capo) Sono un vecchio bue!

Adele                               - (gli accarezza ancora una volta i capelli, poi si allontana da lui) Sdraiati, fa un sonnellino, caro. Ormai hai l'abitudine. Ti mancherà. Per questo, sei nervoso!

Sipos                                - (si stropiccia gli occhi) Che ora fa?

Adele                               - (guarda l'orologio a polso) L'una e mezza.

Sipos                                - Beh, e il mio orologio?

Adele                               - L'Irma te l'ha già detto...

Sipos                                - Sì, sì. Avevo dimenticato. Ora mi corico un po'. Mi fa male la testa.

Adele                               - (chiama, fuori dalla porta) Irma! (ritorna) Quando debbo chiamarti?

Sipos                                - Alle quattro.

Adele                               - Ciao, caro (esce da sinistra avanti).

Sipos                                - (trae un profondo sospiro. Entra Irma col bimbo).

Sipos                                - (seduto, punta i gomiti sul tavolo e appoggia la testa sulle braccia) Fai di nuovo la balia? Prepara il letto, che mi corico.

Irma                                 - (depone il bimbo, si avvicina al letto e intanto guarda con inquietudine Sipos. Mette a posto le coperte e dà di gran colpi sul cuscino) Perché è triste il signor Sipos?

Sipos                                - Perché non ho altro da fare, figliola mia.

Irma                                 - Quando il signor Sipos è così triste, io mi sento tanto afflitta.

Sipos                                - Che cosa ti è .successo oggi, per amarmi così?

Irma                                 - Io ho sempre amato il signor Sipos.

Sipos                                - Di vero cuore?

Irma                                 - (china il capo).

Sipos                                - Come la colomba il pure frumento?

Irma                                 - Lei mi canzona!

Sipos                                - Ora, figlia mia, non ti canzone nemmeno troppo. Ora sono un po' disgustato di me stesso... di tutti, cara.

Irma                                 - Ma di me forse no!?

Sipos                                - E' questo il triste, cara! Se mi guardo attorno, in Europa, in Africa, in Asia, in  America... a questo mondo non vi è che un’ anima buona, e questa sei tu, figlia mia (improvvisamente severo) Beh. non guardare. Andiamo, sbrigati, un-dè, sonno  pomeridiano! Cuscino!

Irma                                 - C'è!

Sipos                                - Sedia al letto!

Irma                                 - (spinge una sedia contro al letto).

Sipos                                - Vino!

Irma                                 - (eseguisce).

Sipos                                - Selz!

Irma                                 - (eseguisce).

Sipos                                - Portacenere!

Irma                                 - (eseguisce).

Sipos                                - (siede sulla sponda del letto) Pantofole!

Irma                                 - (gli toglie le pantofole).

Sipos                                - (si sdraia) Ed ora, nemmeno una parola. Fare piano, andare e lasciare  in pace. Abbassamento delle tende, per via delle mosche! (si volge verso la parete).

Irma                                 - (abbassa le griglie delle finestre, si avvicina alla tavola in punta di piedi, sparecchia senza rumore, mentre parla sottovoce al bimbo) Zitta, non parlare, Liliana... andremo subito a giuocare nella sabbia... fa la brava (ascolta : a Sipos) Ha detto qualcosa, forse?

Sipos                                - No, figlia mia, ho soltanto sospirato.

Irma                                 - Non sospiri.

Sipos                                - Va bene, figlia mia. Non sospirerò. (piccola pausa).

Irma                                 - (sottovoce al bimbo) Andiamo subito.... Sparecchiamo soltanto la tavola... (prende il cucchiaio e lo guarda) Con questo poverino, ha mangiato la minestra... (lo bacia) con questo la carne... (bacia la forchetta e si volta a guardare) in questo si è asciugata la bocca... (bacia il tovagliolo) La tovaglia via…Il pane nel cestino... sale e paprica al loro posto... (guarda verso Sipos) Dorme già… Liliana, sta zitta. Ora, dunque, ti adoro martire. Tesoro mio, mia prediletta stella mio dolce rabbioso... Ti adoro in Europa, in Asia,  nella ricca America: adoro te solo e nessun altro... Ora sono una povera servetta ma andrò a prenderti al ballo, in veste d’oro e in pianelle di vetro... Ora che non sente glielo recito: «Polline della mia felicità, delizioso zeffiro, angelo del mio dolore, acquazzone del mio pianto!». Scritto da Irma Szabo. Ora non sente, perché dorme. Però, può anche darsi che finga di dormire, e allora sente... Allora sente! (ascolta un poco, poi prende in braccio il bimbo nella destra stringe le posate in punta di piedi si avvicina alla porta, l’apre con i piedi, esce. La porta resta aperta. Pausa breve.  Irma torna senza bimbo e senza posate, si fa sulla soglia, e dice sottovoce) Porta! (molto lentamente e con precauzione la chiude)

Sipario

ATTO SECONDO

La veranda della casa di Adele, e il piccolo cortile-giardino. Nel fondo del cortile, attorno ad una tavola apparecchiata, gli invitati a nozze, seduti. A sinistra indietro una porta adduce alla cucina. A destra avanti, una porta dà in casa. Sulla veranda, una credenza, e un barile di birra. Per terra vicino alla ringhiera, un enorme monte di bottiglie di vino messe in ghiaccio in pentole, sifoni di selz e qualche mellone. A destra avanti, sulla veranda, una tavola apparecchiata per la servitù. Estate. Crepuscolo. Quando si alza il sipario, il pranzo, incominciato a mezzogiorno, volge verso la fine. Buon umore, risale sommesse, conversazioni. Attorno alla tavola sono seduti: Sipos, vestilo da sposo, e Adele da sposa, Csàszàr, Viola, Stettner e gli altri, donne e uomini insieme. Fra loro vi è anche un prete e un capitano di navigazione fluviale. Caterina, la portinaia, porla via i piatti e le altre robe sporche dalla tavola, e fa continuamente la spola dalla cucina alla tavola. Il Portinaio cerca fra le bottiglie in ghiaccio. Irma è davanti alla credenza, e lavora fra le grandi pile di piatti e stoviglie. Ella fa la spola tra la cucina e la credenza. Liliana, vestila da ussaro, siede al ta­volo della veranda. Davanti di lui un bicchierone da birra. Talvolta Irma si avvicina a Liliana.

Madre di Adele               - (borghese benestante di campa­gna, vestita in abito festivo, avanza ora sulla veranda, dalla tavola nuziale) Vogliono caf­fè nero? Vogliono caffè nero?

Irma                                 - Lo abbiamo preparato già due volte!

Madre                              - C'è caffè bastante?

Irma                                 - Non so.

Portinaia                          - (avanza dal cortile).

Madre                              - Dica, c'è abbastanza caffè?

Portinaia                          - (grida alla cuoca) Cuoca, c'è caffè?

Cuoca                              - (appare sulla soglia di cucina) Ce n'è ancora per ima volta.

Portinaia                          - E noi, quando pranziamo? Son già le cinque e tre quarti, e non abbiamo ancora visto un boccone!

Cuoca                              - Eppure, quant'anitra c'era!

Irma                                 - Io l'ho vista quando era ancor viva. Era un'anitra nera.

Cuoca                              - Che cosa? Ma voi credete che fosse solo tin'anitra?

Irma                                 - Era una magnifica anitra nera, un bel­lissimo cigno nero.

Cuoca                              - Erano sei anitre intere!

Madre                              - C'è qualcuno che bada al bimbo?

Irma                                 - Ci bado io, a Liliana!

Sipos                                - (avanza verso i vini) Quante bottiglie dà vino hanno portato su?

Portinaio                          - Io non lo so, scusi.

Sipos                                - Che cosa? Non sa quante bottiglie di , vino ha portato su dalla cantina? (Irma si avvicina).

Portinaio                          - Il guaio più grande si è che non c'è più selz. Questi sono gli ultimi dieci si­foni.

Sipos                                - (a Irma) Lo sapevo! Le si era affidata questa unica cosa... e tu, grillo... Lo sapevi che oggi non vi sarebbe stato selz!

Irma                                 - Che cosa posso farci io se hanno bevuto tutto?

Sipos                                - Scimmia, è fatto apposta perché lo be­vano! Quanti sifoni ne avevi fatti portare?

Irma                                 - Trenta.

Sipos                                - Questo è inaudito! Ma tu, alle mie nozze, fai portare solo trenta sifoni di selz? Ce ne volevano sessanta!

Irma                                 - Ma di quei sifoni belli turchini ne ave­vano solo trenta!

Sipos                                - Ebbene?

Irma                                 - Questo è il mio colore adorato.

Sipos                                - Ma guardate! Il suo colore! (al Portinaio) Mandate subito all'osteria a dire che portino qui tutto il selz che hanno.

Irma                                 - Io sono la più triste invitata alle nozze del signor Sipos.

Sipos                                - Tu, qui, non sei invitata, ma serva. Che cosa stai qui a ciarlare?

Irma                                 - Quando vi sono state le congratulazioni, lei ha baciato tutti, fuorché me. Eppure io sono innamorata del signor Sipos, e lei lo sa bene.

Sipos                                - Beh, vieni qui, cenciosa, prendine imo anche tu!

Irma                                 - Ora non lo voglio più. Aspetterò quan­do sarà ubriaco, e me ne prenderò due. (va in fretta in cucina). Portinaio (urla verso la cucina) Giulia, an­date subito da Morbitzer a far portare il selz!

Sipos                                - Non urlate! A tavola siede un monsi­gnore, e qui si urla come sciacalli! Andate, e ditelo come si deve.

Giulia                               - (appare sulla soglia di cucina) Vado! (corre nel cortile e sparisce a destra).

Sipos                                - Questa è la casa dei pazzi. Ma perché tutta questa fretta? Calma e sistema occorrono! Un-duè, vino, selz, caffè. Un-duè, anitra, oca, dolce, popone. Ma non tutto all'impazzata! Che cosa c'è di nuovo coi suo­natori?

Portinaio                          - Non sono ancora arrivati.

Sipos                                - Per che ora li avete fatti chiamare?

Portinaio                          - Per le sei. Ora sono le sei in punto.

Sipos                                - Dio mio, quanto ritardo! (Movimento e rumore nel cortile)

Portinaio                          - Forse vengono ora.

Sipos                                - (si avvia verso il cortile) Che cosa c'è?

Stetter                              - Sono arrivati gli zingari. (Di nuovo movimento e rumore)

Sipos                                - (si allontana in fretta) Non sono gli zingari, sono i fotografi!  (subito, a destra dalla veranda nel cortile, appaiono due foto­grafi, con le loro macchine).

Fotografo                        - Riverisco. Ecco il Fotografo, con la sua macchina americana, e con i sinceri auguri magiari. Mi chiamo Stiasni. Signor spo­so novello, accolga i miei più sentiti rallegra­menti.

Sipos                                - Andiamo, andiamo, meno chiacchiere e più fotografie!

Irma                                 - (attraversa la ringhiera, a Sipos) Si­gnor Sipos!

Sipos                                - Ora lasciami in pace. Che cosa vuoi?

Irma                                 - Io non mi lascio fotografare!

Sipos                                - Non temere, non lo si voleva nemmeno!

Irma                                 - Lo dico appunto!

Portinaio                          - Quando la Giulia porterà il selz, mettetelo in ghiaccio, qui.

Irma                                 - Ditelo pure alla Giulia!

Portinaio                          - Ma siete voi la direttrice del selz!

Cuoca                              - (dalla soglia della cucina) Caterina, domandate alla signora la chiave della dispensa, perché lo zucchero è finito!

Portinaio                          - Ora non si può, c'è la fotografia! (si dispone nel gruppo, assieme col Portinaio).

Portinaio                          - Non disturbate ora il gruppo. La­sciate in pace lo zucchero! (frattanto i fotografi si piazzano, a destra)

Sipos                                - Silenzio, per favore. Ora un po' di pace, e tutta la compagnia sarà fotografata. Popolo, servitù, qui, in fondo, Cuoca e porti­nai! (la coppia dei portinai se ne sta, felice, davanti alla cucina).

Sipos                                - Irma!

Irma                                 - Non vengo!

Sipos                                - Se non vieni, rimani lì.

Portinaio                          - Fermi, fermi!

Sipos                                - Ma perché urlate sempre? Glie cosa ur­late a fare?

Portinaio                          - (indica il fondo del cortile) Sta entrando la Giulia, e quella è capace di attraversare tutto il gruppo! Fermi!

Sipos                                - (a Giulia) Rimani lì col selz. Non muo­verti!

Fotografo                        - Ora, per favore, restino tranquilli e guardino me. Non si spaventino, sarà fatto al magnesio, perché il sole non è ormai ab­bastanza forte. Attenzione, (silenzio intenso) Uno... Due!...

Cuoca                              - (grida, nel silenzio generale) Caterina, domandate la chiave, non c'è più zucchero!

Tutti                                 - Ssssss!

Sipos                                - Silenzio! Non movetevi. Restate dove siete.

Fotografo                        - Dunque, incomincio da capo a contare. Calma, e tutti guardino me. (silenzio generale) Uno... Due.... tre... (silenzio pro­fondo d'attesa. Grande lampo di magnesio. Generale sollievo. Risate, conversazione).

Liliana                             - (si mette a singhiozzare ad alta voce).

Irma                                 - (le si avvicina di corsa, e la palpa) Vie­ni, vieni in fretta, Liliana!

Sipos                                - Che cos'è? Che è successo?

Irma                                 - Da ussaro è divenuto marinaio! (lo porta via in fretta, di dietro).

Liliana                             - (piange a squarciagola) La mia bir­ra! La mia birra!

Irma                                 - Va bene, porteremo anche la birra, (gli dà in mano il bicchiere e così si avviano ver­so la porta delta cucina. Il bimbo porta la birra e piange a squarciagola. La Madre si avvicina alla credenza, e ne toglie un mucchio di posate, di stoviglie ecc. La Portinaia appa­recchia la tavola sulla veranda. Giulia ha at­traversato il cortile col selz, ed ora, col Portinaio mette i sifoni sotto ghiaccio).

Adele                               - (avanza verso la tavola sulla veranda) Le anitre che sono rimaste bisogna sistemarle bene sui piatti, poi metterle in ghiaccio, per più tardi. Anche i cetrioli, in ghiaccio. Mam­ma, non permetto che si stanchi tanto! Vada, vada dagli ospiti.

Madre                              - Ma Adele, lasciami essere d'aiuto, ne sono così felice!

Adele                               - No, mamma, non lo permetto. Vada tra gli invitati, perché lei, qui, è l'ospite più im­portante, (si baciano).

Madre                              - Sono così felice che tu sia tanto one­rata... Che bella corona di ospiti! C'è il pre­vosto e l'autorità!

Adele                               - E il capitano di navigazione fluviale! Creda, mamma, che dopo dieci anni di lavoro, fa piacere essere rispettati così! Ed io questo rispetto me lo sono guadagnato con l'onestà e con la dignità del mio comportamento.

Madre                              - Hai preveduto, per l'alba, la necessità della minestra di crauti, per gli ubriachi?

Adele                               - Sì, mamma, l'ho preveduto.

Madre                              - Con la salsiccia?

Irma                                 - Tutto preveduto!

Adele                               - Ma che modo di parlare è codesto?, Ma aspetta, domani faremo i conti!

Irma                                 - Chissà dove saremo, domani!

Sipos                                - (viene sulla veranda, dal cortile) Dove sono i sigari?

Adele                               - Li hai messi via tu. Hanno fumato tut­to?...

Sipos                                - Portinaio, correte in tabaccheria, portate una scatola di Britannici per il signor Prevosto, il capitano e il signor giurato. Agli altri, Cu­ba. Avete del denaro?

Portinaio                          - Sissignore.

Adele                               - Ma non li lasciamo mangiare!

Portinaio                          - Vado e torno. Le nozze ci sono solo una volta, (esce di corsa dalla porta di destra avanti, poi rientra dopo poco dal cor­tile con i sigari).

Sipos                                - E tu non star qui a dimenarti. Vieni dai tuoi ospiti. Parla un po' col monsignore!! Oggi non c’è bisogno di farsi in quattro. Calma e sistema. Ora tutto è a posto. Soltanto tua Madre abbandona sempre il capitano.

Adele                               - Perché non fa che parlarle di mare.

Sipos                                - E di che cosa vuoi che parli un ca­pitano di navigazione fluviale?

Adele                               - Va bene, ma mia Madre non lo sop­porta. Una volta è salita sul battello a Trieste, si è sentita male, e da allora solo che le si parli di mare le vengono i capogiri. (Appare Csàszàr e la signorina Viola).

Csazsar                            - (un po' brillo) Cara Viola mia, noi sentiamo la sua mancanza! Badi Szàsz suonerà il violino.

Viola                                - Finalmente si è ricordato di me!

Csazsar                            - (indicando Irma) Ma guardi, cara Viola mia, se non sembra nata principessa, in questo abito semplice!

Viola                                - Lei, dunque, le fa la corte?!

Irma                                 - No, scusi, non mi fa la corte. Vuole soltanto fare arrabbiare la signorina Viola contro di me. E contro la signorina Viola farà arrabbiare la signora Adele, perché l'ama.

Csàszàr                            - Come, hai il coraggio di dire una cosa simile?

Irma                                 - Oggi ci sarà qui uno scandalo. Io berrò ancora un bicchierino di grappa, e ci sarà lo scandalo.

 

 Viola                               - . Davvero? Che bella cosa che siamo venuti!

Csàszàr                            - Darò ordini per farti allontanare da qui! Cencio!

Viola                                - Si vergogni! Poco fa soltanto le ha fat­to la corte! Parlar cosi con una donna 1 lo la detesto! (lo squadra dall'alto in basso e si allontana in fretta verso la tavola, dove Ban­di Szàsz sta suonando).

Csazsar                            - (arrabbiato) Ed ora, che cosa mi hai combinato, qui?

Irma                                 - Mi duole tanto il cuore che non so che cosa faccio. Ma badino di non aizzarmi, al­trimenti accadrà una cosa inaudita.

Csàszàr                            - Sei ubriaca?

Irma                                 - Anche lei è ubriaco, perché anche il suo amore si è sposato, oggi.

Csàszàr                            - Il mio amore non si è sposato.

Irma                                 - Allora ha preso marito. E questo che le dispiace. Duole a te, ma duole anche a me.

Csàszàr                            - Ed ora mi dai anche del tu?

Irma                                 - (sempre più selvaggiamente) Oggi dò del tu a tutti! Vedrai! Ma che cosa vuoi stai lì a far la parte da marchesino! Non sei che uno straccione di orefice!

Csazsar                            - (minaccioso) Che cosa sono?

Irma                                 - Sono io che lavo la tua biancheria, e so che è tutta fatta di stracci!

Csàszàr                            - E tu, che cosa sei?

Irma                                 - Io sono una principessa nata.

Csàszàr                            - Sì, nata per sbaglio nel letame!

Irma                                 - E sì! Ma guarda il mio collo, le mie mani, il cavallo del mio piedino; queste non son cose da serva! Mio padre deve èssere stato di certo un gran signore. « Triste ca­vallo del mio piede, dolce angelo! » (appare Adele).

Adele                               - Venga, Bandi Szàsz suona il violino'. Ma cosa succede?

Csàszàr                            - La principessa beve la grappa di nascosto, ed è diventata definitivamente pazza furiosa, con pericolo di vita per gli altri!

Adele                               - (nervosa) Domattina ti metterò in treno. Basta, non ti sopporto più! Ti caccerei via adesso, ma non voglio fare uno scandalo.

Irma                                 - Io voglio, invece.

Adele                               - Che cosa ?

Csàszàr                            - L'ho detto, io?

Adele                               - E' fin da stamane che mi rende .ner­vosa. Non si riconosce più. Mi ha aiutato a vestirmi, e si è chinala così vicino al mio collo, che credevo mi volesse morsicare! Ed ora, ecco la grappa, per giunta!

Irma                                 - Si compiaccia di lasciarmi soffrire.

Csàszàr                            - Non urlare, quando il signor Szàsz suona il violino!

Irma                                 - Me ne infischio del signor Szàsz, io!

Adele                               - Guarda... ma guarda come le sfavillano gli occhi! Mi fissa come un gatto in agguato!

Csàszàr                            - « Sie ist verlibl in ihrem Mann ».

Irma                                 - Non  so che cosa ha detto, ma se ha voluto dire che sono, innamorata del signor Sipos, ha ragione anche in tedesco.

Adele                               - Va subito a prender fuori un fazzoletto pulito dall'armadio giallo.

Irma                                 - Vieni, Liliana, vogliono restare soli! (esce da destra con Liliana).

Adele                               - Ha sentito cosa ha detto?

Csàszàr                            - Non curarti di questo,ora. Abbiamo tin istante di tempo. Sicuro, che volevamo restar soli!

Adele                               - Non volevamo.

Csàszàr                            - Ma tu volevi. Non mentire. Hai gli occhi completamente rannuvolati. Mi ami.

Adele                               - Non è vero.

Csàszàr                            - Non ti ho mai amata lauto quanto oggi. Che cosa mi hai ridotto? Mi hai rovinato l'esistenza!

Adele                               - Non è vero.

Csàszàr                            - Ma ora, ti senti bene?

Adele                               - Io ora... mi sento atrocemente. Ma con questo abito e fra quella società che mi rispetta e mi onora così, sento anche urna gran forza. Bisognava pur fare questo passo! Poi, mi rassegnerò.

Csàszàr                            - Ed io ?

Adele                               - Andrai ad abitare altrove.

Csàszàr                            - E tu verrai con me.

Adele                               - Mai.

Csàszàr                            - Qualche volta!

Adele                               - (dolorosamente) Ma che cosa vuoi da me? Perché stai qui a mormorare?

Csàszàr                            - E tu, perché rispondi alle mie parole?

Adele                               - Che cosa vuoi?

Csàszàr                            - Ti voglio amare.

Adele                               - Non mi amerai mai. Solo io ti amerò, come una cagna, ma non a lungo, sempre meno, o sempre maggiormente, questo non lo so. Ma non mi vedrai mai più.

Csàszàr                            - Ti vedrò, invece.

Adele                               - Son qui che mi dispero! Dove hai l'anima?

Csàszàr                            - Sono io che mi dispero!

Adele                               - Perché l'ho voluto? Perché sei qui? Perché indosso questo vestito? Oh, che lotta nel mio petto!... Sono appena capace di trat­tenerla... E' così difficile... Però domani te ne andrai.

Csàszàr                            - Sì, ma lascerò il mio indirizzo.

Adele                               - Sei un mascalzone.

Csazsar                            - (sincero, con calore) No! (la guarda /issa negli occhi).

Adele                               - (lo guarda, ma amorosamente) Rimani... perché ho voluto rendermi infelice? (Irma entra da sinistra)

Irma                                 - Ecco il fazzoletto, signora.

Adele                               - (intontita) Che cosa vuoi?

Irma                                 - Le ho portato il fazzoletto.

Adele                               - Sì. (lo prende) Che cosa guardi?

Irma                                 - Io guardo tutto.

Adele                               - Tu... tu... hai negli occhi ima certa luce cattiva... Vattene subito! Va a dormire.

Irma                                 - No, non ci vado. E nei miei occhi c'è ama luce buona. E nel mio cuore c'è la luce più bella. Perché hai paura di me, pallida fi­danzata dalla corona di mirto, con la tua ve­ste candida? (atta tavola, Bandi Szàsz ha fi­nito di suonare. Applausi).

Adele                               - Vattene subito, non guardarmi così! Non sopporto il tuo sguardo!

Voce di Sipos                  - Adele, dove sei?

Adele                               - Subito, subito! (corre in cucina).

Irma                                 - (selvaggiamente) Ora è corsa in cucina perché il signor Sipos non si accorga che lei stava qui a sussurrare.

Csazsar                            - (molto agitato) Ma che cosa te ne importa?

Irma                                 - Da quando sono ubriaca, sento di dover dire tutto. Nove delle lue dodici camicie sono cenci. Non posso tenere chiuso niente dentro di me. Il mio cuore si è incrinato, ed ora per­de, come ama pentola fessa, (si avanza Sipos).

Sipos                                - Dov'è Adele? Credo che bisogni traspor­tarci in sala da pranzo, perché temo che ven­ga a piovere.

Csàszàr                            - Non credo.

Sipos                                - Ho già sentito qualche grossa goccia sulla testa. Dov'è Adele?

Irma                                 - (coraggiosamente) E' scappata in cu­cina perché il signor Sipos non si accorgesse che si era fermata qui a sussurrare con il si­gnor Csàszàr.

Csazsar                            - (scandalizzato) Ma questa ragazza bisogna rinchiuderla a chiave in una camera, perché ha bevuto della grappa, e non la si può sopportare!

Sipos                                - Ha bevuto della grappa?

Irma                                 - Sissignore. L'ho bevuta nel mio infi­nito dolore, per il suo sposalizio. Mi si è in­crinato il cuore.

Sipos                                - Che cosa hai osato dire di mia moglie?

Irma                                 - Non volevo dirlo, ma non ho potuto tacere. Caro, dolce martire, non arrabbiarti ora!

Csàszàr                            - Ma scusi, perché bisogna sopportare una cosa simile? Chi è costei? Non c'è modo da di fenderseli e ?

Sipos                                - Lei vada pure con gli ospiti. In quanto alla signorina la metterò a posto io!

Csàszàr                            - E' ridicolo! Però non se ne prenda anche lei!

Sipos                                - Prego, lasci fare a me.

Csazsar                            - (torna alla tavola, dove più tardi va an­che Adele, dalla cucina).

Sipos                                - (severo) Debbo chiuderli in una camera?

Irma                                 - (selvaggiamente) Sì, ma vieni anche tu con me, nuvola autunnale! Chiudiamoci in­sieme!

Sipos                                - Se qui non vi è nessuno capace di trat­tarti come si deve, io ti porterò in solaio e ti ci chiuderò!

Irma                                 - Allora lassù farò tanto baccano e tante urla che una cosa simile non si sarà mai vista

Sipos                                - Ma insomma, che cosa vuol dir ciò? L'ultima delle serve vuole turbare le mie noz­ze? TI faccio portare via dalla polizia!

Irma                                 - Non io farà.

Sipos                                - Perché?

Irma                                 - Perché io mi impiccherei.

Sipos                                - (calmandosi a stento) Ma dimmi, non c'è mezzo dì parlare un poco seriamente con te?...

Irma                                 - Ma sì che, si può!

Sipos                                - In fin dei conti, che cosa vuoi? Dim­melo, figlia mia, tranquillamente. Che cosa vuoi?

Irma                                 - Voglio essere tua moglie.

Sipos                                - Proprio oggi?

Irma                                 - No. Una volta, poi, ma lo voglio. Dim­mi, quando sarò tua?

Sipos                                - Quando il gallo farà l'uovo.

Irma                                 - Non amareggiarmi! Dimmi, quando sa­rai mio?

Sipos                                - Quando il leone cinguetterà.

Irma                                 - Mi canzoni? Eppure, ora tutto il mio corpicino arde.

Sipos                                - Lo vedo dai tuoi occhi! Nella tua sol­tana c'è della polvere da sparo. Vergognati. Tu non sei onesta.

Irma                                 - (minacciosa) Non dica questo!

Sipos                                - Non ti si può dar retta! Tu sei adatta a stare fra le donnacce!

Irma                                 - Perché ti amo?

Sipos                                - Chi ama così spudoratamente è adatto a quello.

Irma                                 - Ma come posso amarti, se tu non li la­sci amare in nessun altro modo?

Sipos                                - Non mi lascio amare nemmeno così.

Irma                                 - Baciami due volte.

Sipos                                - Ti cheterai, allora?

Irma                                 - Sì.

Sipos                                - Me lo prometti sul tuo onore?

Irma                                 - Sì, lo prometto. Ma allora baciami tre volte. .

Sipos                                - Ah, pollo ubriaco!

Irma                                 - Ma anche questo è per te.

Sipos                                - Beh, appropinquati.

Irma                                 - Guarda come sono bella, quando i miei occhioni navigano nelle lagrime! Dimmi di sì. solo una volta!

Sipos                                - Su, andiamo! (allunga le mani).

Irma                                 - Ma non così commercialmente! Io sono povera, ma bella! Per questo prendo' sempre il bagno. Se mi avessi, vista nuda quando ero color cielo...

Sipos                                - Non ciarlare tanto, (la attira a sé e la bacia forte) Dunque, ora starai calma?

Irma                                 - (ha le vertigini) Sì, sì... (tira il fiato con difficoltà) Quanti baci erano?

Sipos                                - Esattamente tre,

Irma                                 - Io credevo... un miliardo...

Sipos                                - Ed ora vai, mettiti a letto e cosa facevi qui con Csàszàr?

Irma                                 - Ma che cosa le importa?

Sipos                                - A me non importa affatto.

Irma                                 - Sì che le importa, invece!

Sipos                                - E perché dovrebbe importarmi?

Irma                                 - Perché vuole che gliele portino via tutte e due?

Sipos                                - Quali tutte e due?

Irma                                 - L'Adele glie l'ha già portata via e teme che porti via anche me.

Sipos                                - (incollerito davvero) Ora spiegami quello che hai detto, subito. Un-duè. Non te ne andrai finché non ti sarai spiegata.

Voci dal tavolo                - Sipos! Sipos!

Sipos                                - Subito! Parla! Uno, due!

Voce di Stettner              - Non subito, adesso.

Adele                               - Luigi, vieni, vieni!

Sipos                                - Vengo subito! Parla, altrimenti ti schiaccio.

Irma                                 - Sì. cuore sanguinante, ti hanno rubato la moglie! Io so tutto!

Voci dalla tavola             - Luigi! Sipos! Sipos!

Adele                               - Vieni! Stettner vuol leggere la poesia.

Portinaio                          - (con la Portinaia viene da sinistra coi piatti; a Irma) Andate in cucina e portate fuori il nostro pranzo.

Sipos                                - (molto nervoso) Non andare. Resta finché non torno. Mi dovrai dire tutto. Aspetta! (ritorna alla impaziente combriccola della tavola).

Irma                                 - (selvaggiamente) Sissignore. L’aspetterò. Sissignore, le dirò tutto. Ora viene il bello (tracanna da una bottiglia). (Sipos giunge alla tavola, dove è accolto da evviva).

Portinaio                          - E' già sera, è salita in cielo la stella della cena, e per noi non è ancor giunta l'ora del pranzo, (siede al tavolo della veranda) Dove hai messo Giannetto?

Irma                                 - Liliana? L'ho messa a nanna ( sta immobile nell'angolo sinistro della veranda come se guardasse il cielo).

Portinaia                          - Perché non ti porti fuori il pranzo? Che cosa fai lì?

Irma                                 - Ringrazio il buon Dio che mi ha fatto bruciare tre volte la bocca da Luigi

Portinaio                          - A quella gli sono andate fuor di posto tutte le rotelle.

Portinaia                          - Ma davvero! (mangiano)

Stettner                            - (al tavolo del giardino, con voce sonora) Rispettabile comitiva!

Voci                                 - Sentiamo, sentiamo! Sentiam Stettner

Stetter                              - Signore e signori!

Tutti                                 - Sentiamo!

Voce di donna                 - Piove!

Voci                                 - Zitto! Silenzio!

Voce di donna                 - Andiamo dentro. Piove.

Voci                                 - Silenzio! - Sentiamo. Non piove.   Sentiamo Stettner! Piove!

Stettner                            - Sarò tanto ardito da salutare in poesia i novelli sposi. Prego, per favore un  po' d'attenzione!

Adele                               - Sentiamo!

Stettner                            - « E' giunta ormai l'aurora del bel giorno: Gigi Sipos indossa la marsina e mentre si affatica ad infilarla  la corona di mirto, torno torno al bel capo si pone l'Adelina che dee promessa sposa incoronarla.  Noi, buoni amici, tutti radunati  abbiamo visto il prete che, all’altare, la sua benedizione v'ha impartito, poscia al banchetto siamo tutti andati dove voi vi .poteste rispecchiare nei nostri cuori come in un polito limpido specchio. Poi la bella sposa ci ha trattati con tutte le dovizie: Sipos ha dato il via con del buon Chianti e son seguiti in serie numerosa cibi, vivande e squisite delizie sì da farci crepare tutti quanti. Iddio conservi a voi sempre così questa lieta abitudine, e alle suole sempre vi stia, custode, Egli che vede lunedì, martedì e mercoledì. Prolificate come Bibbia vuole e provvedete tosto per l'Erede.

Tutti                                 - Evviva! Bene! Viva!

Stettner                            - « Squilla il grido di gioia nei dintorni: Felicità, sposini, ai vostri giorni! » (grande applauso generale, evviva, brindisi).

Molte voci                       - Sentiamo Sipos!

Irma                                 - (soia) Vogliamo Sipos!

Portinaia                          - Il signor Stettner ha recitato a meraviglia!

Portinaia                          - Non per niente è tipografo.

Voci                                 - Vogliamo Sipos!

Irma                                 - Vogliamo Sipos!

Sipos                                - (si alza, col bicchiere in mano. Grande applauso ed evviva. Anche Irma applaudisce  selvaggiamente).

Sipos                                - Signore e signori!

Qualche voce                   - Bene! Bravo! (« Zitto » generale).

Sipos                                - Cari amici! Prima di tutto rivolgo un caldo ringraziamento all'amico Stettner per la meravigliosa poesia con la quale ci ha reso omaggio. Io non sono poeta...

Irma                                 - (la sua voce fende l'aria) Csàszàr ha « sollevato » a Sipos l'Adele! (silenzio mortale)

Sipos                                - Cari amici! Io non sono poeta e  risponderò semplicemente in prosa al mio caro amico Stettner.

Irma                                 - (urla) Csàszàr ha sollevato l’Adele a Sipos!

Tutti                                 - Zitto!

Portinaio                          - Ma che cosa grida, quella lì?

Portinaia                          - Ma siete pazza?

Irma                                 - Lasciate andare! Voi non capite niente. Questo ormai è detto.

Sipos                                - Prima di tutto risponderò...

Adele                               - Ragazzi, piove davvero!

Voci                                 - Piove! Difatti gocciola! - Lo sento an­ch'io! - Andiamo dentro!

Sipos                                - Sarò breve, poi ci rifugeremo subito in sala da pranzo. Il buon pranzetto che ab­biamo mangialo oggi... (tuono).

Irma                                 - (grida a squarciagola) L'Adele a Szeged ha un figlio al Collegio Liceale, che por­ta la divisa come i soldati! L'Adele ama Csàszàr e non Sipos! Ha tradito Sipos! Ha tradito Sipos! (gran movimento e inquietu­dine alla tavola).

Sipos                                - (con la voce tonante) Silenzio, per fa­vore! (grande silenzio) Egregi amici, il buon pranzetto che ci è stato offerto qui, oggi, non è merito mio né della mia cara sposa. Credo di non svelare un segreto di stato, dicendo che per questo buon pranzo dobbiamo ringra­ziare la mia cara suocera, la vedova del si­gnor Carlo Rosinajer. (intanto che Sipos pro­nuncia questo discorso )

Csàszàr                            - (corre da Irma, e le dice sommessamente)

                                        - Perché urli così? Chiudi la bocca, altri­ menti li ammazzo! Ti picchio tanto da farli crepare, sai!

Madre                              - (accorre subito dopo Csàszàr) Ma per­dio, che cosa succede? La lasci! (si pone fra i  due) E In, perché fai queste cose?

Irma                                 - (fuori di sé, con voce sonora, quasi ispi­rata) Io non ho paura di nessuno! Io non ho paura di nessuno! Io non sono capace di lacere! Già da un anno tradiscono Luigi Sipos! Il venti maggio, nel pomeriggio, quando Sipos, il raggio di luce, era a Budaors, Adeile è andata dentro da Csàszàr, poi vi è tor­nata alle nove di sera in vestaglia, e si è fer­mata da lui a far l'amore fino alle quattro di mattina. Io ho vegliato tutta la notte. Lo giuro su Dio, che io sia felice tanto quanto è vero! (crescente confusione alla tavola).

Sipos                                - (con voce tonante) Silenzio, per favore! Esprimo la mia gratitudine ai nostri egregi si­gnori ospiti...

Irma                                 - (lo interrompe alle prime parole, e grida)

                                        - Era in vestaglia, che io crepi qui se non aveva la vestaglia di seta verde! (lotta contro Csàszàr che la vuole afferrare) Uccidetemi, ma io non lascio clic Luigi Sipos venga tradito! Giovedì, quattro giugno, la fidanzata ha dor­mito tutta notte con Csàszàr, e lo dirò anche se mi ammazzi, perché io sono andata dentro alla mattina, ho visto uscire Csàszàr, mentre la fidanzata Adele dormiva nel letto di Csàszàr perché aveva dimenticato di alzarsi! Tagliate­ mi a pezzi, fatemi impiccare, ma io non la­scerò lo stesso tradire Luigi Sipos! (enorme tuono, e scroscio d'acqua).

Una voce acuta                - Ecco l'uragano!

Il capitano gal                  - (salta fuori ubriaco) Tutti in coperta!

Portinaio                          - Dio santo, presto, presto, bisogna portar dentro tutto! Caterina, corri! (scappa in cortile).

Cuoca                              - (esce di corsa dalla cucina) Giulia! Giulia!

capitano                           - Burrasca! Tutti sulla tolda!

Csazsar                            - (corre vicino alla tavola).

Madre                              - (corre verso il cortile) Portate tutto in sala da pranzo!

Capitano                          - Tutti in coperta!

Giulia                               - (corre fuori dalla cucina) Gesummaria che tempesta! (lampi e tuoni). (Frastuono e confusione generale. Fretta. Ser­vi e invitati sparecchiano la tavola e lutti portano le robe dal cortile alla porla di destra)

Voci                                 - In sala da pranzo! - La tovaglia! - I bicchieri! - Oh, il mio abito!  E' svenuta! - Adele è svenuta! - Non è svenuta! Tutti sopracoperta! - In fretta! - Corria­mo! - Portate il piatto! - I cetrioli! - No, i cetrioli! A quelli non fa male l'acqua! Si­gnor capitano, i dolci! - Tutti sopracoperta!  Bisogna salvare la torta di cioccolata! Giu­lia! Irma! Irma!

Irma                                 - (frattanto se ne sta pallida, immobile, vol­gendo la schiena a tutto quell'andirivieni).

Madre                              - (vicino alla veranda) Sia lodato Iddio, come è giunto propizio questo acquazzone! Non poteva essere più opportuno!

Portinaia                          - (dal cortile) Irma! Vieni ad aiutare!

Irma                                 - Io non aiuto! Io muoio!

(Il rumore lentamente passa dal cortile a de­stra, e il giardino si vuota. Tuoni lontani, sof­focati. La pioggia cade, grossa e rumorosa. Da tutte le parti acqua, rumor di gocciole e di temporale. Oscurità. Sulla veranda si accende la lampada elettrica. Dietro la porta di destra, luce. Anche in cucina si accende la luce. Tuono. Passano di corsa attraverso il cortile, verso la cucina, tre uomini inzuppati d'acqua. Si fermano, e si scrollano di dosso la pioggia, ansimando: Sono gli zingari con gli strumenti musicali),

Primo suonatore              - Tuoni fulmini e compagnia bella! Mi si è bagnata persino la camicia! (avanzano) Ecco i tzigani.

Irma                                 - Buona sera, zingari.

I suonatore                      - Dove sono le nozze?

Irma                                 - Eccole lì! (indica la porta di destra). (I tzigani entrano dalla porta di destra nella sala da pranzo, dove sono ricevuti da un coro di grida trionfali. La porta, si chiude. Dopo poco, si sente incominciare la musica, che continua fino alla fine dell'atto, sommessamente. La porla di destra si apre, ed entra Sipos).

Sipos                                - (ad Irma) Ed ora, che debbo fare? Ammazzarti?

Irma                                 - (solenne, ad alta voce, con un singhiozzo soffocato in ogni parola) Ora non mi si può far del male, perché mi innalzo.

Sipos                                - Dove?

Irma                                 - Verso il cielo. Io vi dico addio. Addio,mio unico amore.

Sipos                                - Che cos'hai fatto? Che cos'hai fatto?

Irma                                 - Domattina io morirò. Ma non ti lascerò tradire, ingannare così. Non ho paura. Io sono la fidanzata della morte, e domattina av­verranno le mie nozze. Nella legnaia c'è un gran chiodo, e mi vi impiccherò. Io voglio morire.

Sipos                                - Creperai quando ti ammazzerò io! Ma ora parla! Voglio sapere lutto!

Irma                                 - Non dico niente,

Sipos                                - Ti rovino! Di' tutto quello che sai!

Irma                                 - Non c'è più niente.

Sipos                                - Ti schiaccio! (entra Adele da destra).

Adele                               - Che cosa succede?

Irma                                 - Il signor Sipos mi ammazza!

Adele                               - Non ti ammazzerà!

Sipos                                - Sì... e anche te!

Adele                               - Me poi, meno ancora! Non si può. Che cosa fai, sciocco?

Sipos                                - Ammazzo quella lì, poi faccio le valigie e me ne vado.

Adele                               - (sempre energicamente, lottando contro la sua emozione, decisa, fiera) Non la toccherai. Se vuoi, fa pure le tue valigie. Prima però fa un'altra cosa. Ti dirò io che cosa.

Sipos                                - Io...

Adele                               - Nemmeno una parola! Non è colpa tua. E' colpa mia. Il male è accaduto, ma non a me. Non temere, non mi discolpo! Ho delle cose più urgenti da fare. E prendo io la direzione, (entra Csàszàr da destra).

Adele                               - (duramente) Che cosa vuole?

Csàszàr                            - Mi metto a sua disposizione.

Adele                               - Vuole ammazzare anche lei? E' impaz­zito anche lei? E chi vuole uccidere? Me? O Sipos?

Csàszàr                            - Disponga di me. Sono venuto per questo: poi farò le valigie e me ne andrò.

Adele                               - Tutti vogliono far le valigie, ma nes­suno le farà. Non andrà via nessuno. Tutti resteranno. Se perdo la testa io, in questo piccolo mondo, crolla lutto. Non Occorre stu­pirsi e saltare qua e là. Ecco la mia testa. Io metterò tutto a posto. Lei ritorni a ballare. Capito ?

Csàszàr                            - Ma... scusi...

Adele                               - Ha capito?!...

Csàszàr                            - Ho capito.

Adele                               - Poi entrerò subito anch'io, e allora ballerà con me. Ci hanno massacrali lutti, ma non è accaduto nulla, per gli altri. Men­tre balleremo sorrideremo, capito? Non con impertinenza: modestamente, così. Come se io fossi felice, e lei ne fosse contento. Non biso­gna domandare, ma obbedire, i Entrare, e bal­lare.

Csàszàr                            - Sul serio?

Adele                               - Sul serio e subito. Entrare è ballare. Ridere e cantare. Un-duè! E sorridere con me, poi fare come farò io. Avanti.

Csàszàr                            - Ai suoi ordini, (esce in fretta da de­stra).

Adele                               - Ed ora a noi due.

Sipos                                - Per quanto riguarda questa ragazza...

Adele                               - Ora quella non conta. Non è possibile gridare della roba più brutta, ormai, di quel­la che ha gridato.

Irma                                 - Te lo farò vedere io, cara la mia fidan­zata dalla corona di mirto, coinè si deve amare un uomo!

Adele                               - Non risponderle.

Irma                                 - Lui non deve rispondere, ma tu sì!

Sipos                                - Ti punirò in modo tale che...

Adele                               - Taci. Ora non vi sono punizioni, masistemazioni. Io lascio correre la pazza. S può essere arrabbiati in qualunque momento, fuorché quando si tratta di mettere a posto le cose. E' molto difficile. Ma io posso. A te ordino di...

Sipos                                - Ma con che diritto mi dai degli ordini,  tu?...

Adele                               - Col diritto del più forte. Io ti sto da­vanti pura.

Sipos                                - Non è vero!

Adele                               - (tremando in tutto il corpo) Io te l’hodetto, che non ti amo. Ti ho anche detto ti amo. Ti ho detto che non ti sposo per amore ma che ti prendo per medicina contro l’amore. E nonostante questo mi hai sposata, mi hai vestita di bianco, così. Qui è accaduto un guaio, ma non una cosa nuova. L'importante lo hai saputo. Il resto non è altro che l'urlo isterico di una fanciulla pazza. Ma io non controbatto nemmeno quello. Ti dirò onestamente che non sarebbe nemmeno possibile. Questa è una catastrofe.

Sipos                                - Ora ti comporti sinceramente per poi prendermi di nuovo.

Adele                               - Io non ti prenderò più. Sarà quel che sarà. Ma oggi, in questa giornata, io non mi lascio infamare da un'oca ubriaca. Io oggi ho radunato qui tutti, e ci tengo... Ecco mia Madre, il prevosto, il giurato, il capitano Gal, Morbitzer, Schòja, Balàszy, Viola, tutti i miei parenti e i miei pensionati: non c'è dunque né bisogno di litigare, né di avere dei rancori, di far la morale o di volere la verità o la punizione. Qui vi deve essere della saggezza, per mettere a posto le cose.

Sipos                                - Ma io sono un uomo onesto.

Adele                               - Anche tu sei onesto come tutti gli al­tri uomini. E questo è troppo poco. Ora io, io sono onesta!

Sipos                                - Fra noi tutto è finito!

Adele                               - Quando ci saremo tolta l'uniforme e gli ospiti se ne saranno andati. Fino allora qui comando io. Ora andrò in mezzo agli invitati, e ballerò e canterò con loro.

Sipos                                - Oh, lo so che ne sei capace!

Adele                               - Se non ne fossi capace resterei sepolta. Ma ti dirò di più. Anche tu ne sarai capace.

Sipos                                - Io?

Adele                               - Sissignore.

Sipos                                - Di far la commedia?

Adele                               - (tremando) Entrerò in sala da pranzo fra gli ospiti. E tu farai la commedia. Hai bevuto abbastanza per non diventare lucido ad un tratto. Ora i tzigani suonano il valzer. Vado, e faccio un giro con Csàszàr. Poi ordi­nerò la « czàrdàs » e quando sentirai che in­ comincia, entrerai anche tu. Io sarò in mezzo alla camera col prevosto e il capitano, sotto la lampada. Tu verrai lì, mi afferrerai per la vita, e ballerai la « csàrdàs » con me.

Sipos                                - La « csàrdàs » ?

Adele                               - Prima lenta, poi svelta, per di più. E non solo per finzione, ma davvero, e bene, co­me fai sempre. Capito?

Sipos                                - Vorrei capire!!

Adele                               - Farai passare il tuo stomaco dal senso di scandalo alla « csàrdàs ». Non mi caccerete sott'acqua, signori lavoratori moralisti! Signo­ri lavoratori seduttori! Spremo ancora questo sforzo, da te, poi non ti voglio più. Con que­sto ballo pareggerai con me. Mi puoi ab­bandonare. Sono stata amante di un conte, e sono una signora. Per una Csàrdàs, ti restituirò il tuo onore. Hai capito?

Sipos                                - Ora finalmente sì. Ma, cara, ora sei pal­lida!

 

Adele                               - (quasi fiera) Ora lo credo, di essere molto pallida!

Sipos                                - Ti ho compresa, cara. Però credo di non doverti nulla; tutt'al più il fitto e la pen­sione, da oggi. Ma farò quanto mi hai pregato di fare, perché tu ti accorga che non temo i tuoi tentativi di « riseduzione ». Però tu pre­tendi molto, in quei pochi istanti.

Adele                               - Pensa quello che vuoi. A me interessa soltanto una cosa: appena sentirai il suono del­la csàrdàs entrerai subito. Io sarò sotto la lampada, col volto verso la porta. Prima len­ta, poi svelta. E mi guarderai negli occhi, poi mi bacerai. E allora, pari. Hai capito?

Sipos                                - Perfettamente.

Adele                               - Va bene. Ricordatelo. Cuoca! Un litro di caffè latte per la mamma! (va in fretta a destra),

Cuoca                              - (appare per un istante sulla soglia di cucina, e dice:) Sissignora! (pausa).

Sipos                                - Dunque, il sogno è divenuto realtà! Il pilota è caduto in acqua.

Irma                                 - Non vada in sala!

Sipos                                - Ma che debbo fare allora?

Irma                                 - Piuttosto mi uccida! (gli si fa contro).

Sipos                                - E che me ne vorrebbe? Vedi che cosa hai fatto? Va via! Non alitarmi addosso! Sei ardente! Va via!

Irma                                 - Sono ardente per te. Mi sono rovinata per te, tanto giovine che sono! Prendimi la vita. Ma non tornare da lei.

Sipos                                - Che cosa vuoi tu da me? Chi sei tu che frughi nella mia vita?

Irma                                 - Io sono innamorata di te.

Sipos                                - Questo non è amore. Sei una bimba sensuale. Mi hai desiderato perché ho i baffi e la voce profonda. Ma sei pazza e spudo­rata. Farai una brutta fine. La tua strada ti condurrà in una casa molto triste.

Irma                                 - Non dirmelo tante volte perché ci andrò.

Sipos                                - Se ci andrai, sarà il tuo posto!

Irma                                 - (febbrile) Sono tua! Non dirmi che non ti piaccio! Ora sei libero, grand'uomo! Tu sei al di sopra di tutti gli altri! Prendimi, fammi entrare nella tua triste vita! Ti farò rifiorire come le rose.

Sipos                                - E sei tu a sedurmi? Sporcacciona!

Irma                                 - (veemente) Sono pura come un angelo, mi bagno sempre, mi lavo sempre per te. Guarda come sono pulita! Pulita come la mia anima.

Sipos                                - Taci, taci... sciocca! .

Irma                                 - Sono un fiore nel mare.

Sipos                                - E che cosa sei, d'altro?

Irma                                 - Il dolente giglio nato sulla roccia.

Sipos                                - Beh, allora lascia andare il mio brac­cio. Allontana la testa. Depravata!

Irma                                 - Non dirmi sempre così! Portami a bal­lare. Ti amo, martire, perché ti hanno tra­dito e deriso. Ma non ti amo solo per que­sto. Sai perché ti amo? Perché non ti ama nessuno, fuorché me. (si curva sul petto di lui).

Sipos                                - (davanti di sé, amaramente) Belle noz­ze! Io me ne sto qui, e faccio all'amore con la serva!

Irma                                 - (sempre con maggiore veemenza) Io so­no una fata che fa la serva. Vedi, ero una povera cenerentola, e sono venuta al tuo' ballo, dove danzavano dei Re... La pianella di vetro che avevo avuta in dono dalle fate rimane qui, ed io ritorno a piedi nudi... Ma a te piace­vo... Eppoi tu mi seguirai, mi cercherai con la pianella di vetro... E mi cercherai in tutto il mondo, finché mi troverai, e allora ti in­chinerai davanti a me, con amore! Sì, Re Lui­gi, ti inchinerai innanzi a me, Re Sipos, caro Re Luigi! Ma io, perché non muoio qui, ora, subito subito, sul tuo forte petto? (istante di silenzio dietro alla porta di destra, poi con gran fracasso di musica, viene attaccata una «csardas » triste).

Sipos                                - (si allontana da Irma) Là «csàrdàs».,. (prestano attenzione. La Csàrdàs continua).

Irma                                 - (tremando) Non entrare! (pausa).

Irma                                 - (sottovoce) E' più furba di noi.

Sipos                                - Sì, sì, più furba!

Irma                                 - Non entrare! Io ne morrò!

Sipos                                - (guarda verso la porta) Dici di non andare?... (la porta si apre. Adele si fa sulla soglia, mentre l'uscio rimane aperto. La mu­sica suona).

Adele                               - La csardas! Non sente?

Sipos                                - (indeciso) Ma sì... (si avvicinano uno all'altra).

Adele                               - (prende a braccetto Sipos, e lentamente si avviano insieme, verso la sala dove suona la musica. Adele, a testa alta, dice, vivacemente) Su la testa, Sipos! (entrano e la porta si chiude dietro di loro).

Irma                                 - (fa qualche passo in direzione della porta. ascolta la csardas. Soffocando i singhiozzi, si mette al collo affrettatamente una sciarpa di lana, poi corre alla tavola, mette in un fazzoletto, un pezzo di pane e ne fa un fagottino, indi si volge verso la porta) Addio! « Angelo del mio dolore! Acquazzone delle mie lagrime! ».. Addio (corre lungo la terrazza, poi, dalla porta di cucina, entra nel cortile. Al rumore di un fioco suono lontano, ella grida, dolorosamente) Addio, caro rabbioso! (Attraversa il cortile a destra, come se corresse per la strada, nella bufera: e fra i tuoni soffocali, allontanatisi, si ode, sempre più lungi, il suo singhiozzante, doloroso grido, che si perde lentamente) Ad­dio! ,.. Addio! ,.. Addio! ...

SIPARIO

ATTO TERZO

 Sala d'aspetto di un Commissario di Polizia, in una vecchia casa del sobborgo. Lunga camera imbiancata, con. al fondo, due finestre e una porta vetrata, che si aprono tutte sa un piccolo cortile. Davanti, a sinistra, la porta che conduce all'ufficio del Commissario di Polizia. In fondo, vicino alla finestra di sinistra un armadio da documenti. Alla parete di destra uno scrittoio, e sopra la fotografia del Capo della Polizia, e sotto di questo qualche regolamento ufficiale e il telefono. Alcune seggiole. In fondo, accanto alla parete di sinistra, di fronte al pubblico, due lunghe panche per gli astanti, ognuna con cinque posti. Alla parete di sinistra, un altro scrittoio. Il giorno seguente all'ateo secondo. Quando il sipario si alza, lo scrivano lavora allo scrittoio di sinistra. A quello di destra è seduta una guardia grande e robusta, con i capelli grigiastri. In fondo, sulle panche, siedono, a sinistra Sipos, ancora vestito da sposo; accanto a lui la valigia, e su questa cappello e soprabito. Vicino a lui molli posti vuoti. Poi, in un angolo, Adele, già riposata, vestita diversamente. Lontano ancora da Adele, dall'altro lato della panca, la coppia dei portinai. Pausa lunga, mollo lunga. Lo scrivano e il maresciallo sono indifferenti. Adele fissa innanzi a sé, i portinai sono spaventati, Sipos è irrequieto.

Sipos                                - (allo scrivano) Scusi, non si potrebbe dunque sapere perché siamo stati citati qui?

scrivano                           - No.

Sipos                                - Non ne abbiamo nemmeno la più piccola idea, e stiamo già da una buona mezz'ora! Siamo stati citati d'urgenza per le dieci, ed ora sono già le dieci e mezza.

scrivano                           - Mi rincresce. Anzi, per dir così, mi rincresce assai, (continua a scrivere) . (Pausa).

Sipos                                - Non si potrebbe entrare dal signor Commissario?

Scrivano                          - (continuando a scrivere) No.

Sipos                                - Perché non si può entrare?

Scrivano                          - Perché non si può entrare.

Sipos                                - Questo è un altro conto! Grazie (torna a sedere al suo posto e alza le spalle).

Maresciallo                      - Dal signor Commissarioc'è ora un interrogatorio. Aspettino con pazienza il loro turno (pausa).

Sipos                                - Non ho la minima idea di che cosa vogliano da noi (guarda il foglio) «Alle dieci» e di fianco, col lapis blu, «urgente».

Portinaio                          - A quanto pare per loro non è ur­gente.

Sipos                                - Ha ragione, infatti. Non può essere che per via di quei tzigani. Ma fino a che ora hanno suonato quei mangiaufo?

Portinaio                          - Fino alle sette di mattina,

Sipos                                - E curioso, lo mi sono addormentato verso mezzanotte sulla veranda, e non ho più sentito niente.

Portinaio                          - Lei ha dormito fino alle otto, così, appoggiato alla tavola.

Sipos                                - Però, nel dormiveglia, ho sentito che Stettner strepitava ancora, a lungo...

Portinaio                          - Il signor Stettner ha guaito fino alle cinque.

Sipos                                - Che cosa faceva?

Portinaio                          - Scusi, guaiva come un cane. Reci­tava la sua poesia (pausa).

Sipos                                - Si vede che guaiva molto forte.

Portinaio                          - Terribilmente. Alle cinque gli ab­biamo buttato addosso dell'acqua gelata, e al­lora ha smesso e se ne è andato a casa .sua.

Sipos                                - Garantito che i vicini avranno sporto denuncia per lo schiamazzo notturno.

Portinaia                          - Ma quale schiamazzo! E' stata una bellissima notte! Il cielo tuonava che pareva volesse staccarsi!

Sipos                                - Oh, per lei sì! (la porta vetrata si apre, ed entrano due poveri diavoli).

Maresciallo                      - Che cosa desiderano? (toglie loro  dalle mani il foglio) Aspettino lì fuori: loro sono stati citati per le undici. Questi sono quelli delle dieci (rinchiude la porta dietro di loro, e siede al suo posto). (Pausa. La porta si apre, ed entra la signora Rotics con la dama di compagnia. La signora Rotics indossa un vestito fino da lutto).

Rotics                              - (porge il foglio al Maresciallo) Ecco. Sono stata citata.

Maresciallo                      -  (legge) Loro sono per le dieci. Siedano con gli altri delle dieci (la Rotics e la dama di compagnia seggono).

Sipos                                - Anche questa qui è stata citata per dieci? Assieme con noi?

Portinaio                          - Sembra!

Sipos                                - Ma loro, erano alle nozze?

Portinaio                          - Io non le ho viste.

Sipos                                - Chi sono?

Portinaio                          - Io non lo so. Può darsi che sia qualche vicina che ci ha denunciati.

Sipos                                - Delle dame così distinte non ne abita nemmeno una nel nostro quartiere.

Portinaio                          - Sarà certamente qualche Eccellenza…

(pausa).

Adele                               - Vorrei sapere che cosa ha deciso (Sipos non risponde) Ho domandato che cosa deciso.

Sipos                                - (senza guardarla) Questa valigia risponde in posto mio.

Adele                               - Dunque, se ne va.

Sipos                                - Sì.

Adele                               - Dove?

Sipos                                - Questo non lo so, ancora. Ma da lei mai più.

Adele                               - Io sono pronta a tutto, ma debbo sapere come comportarmi. Dunque, mi abbandona?

Sipos                                - Sì.

Adele                               - Per sempre?

Sipos                                - E' chiaro come un mobile inglese lucidato. Non val nemmeno la pena di parlarne. La prego. di avere del riguardo verso di me.

Adele                               - Avrò anche il riguardo. L'ho promesso, e mantengo la parola. Solo, mi interessa sapere che cosa avverrà della sua biancheria.

Sipos                                - E' nel baule grande, in alto.

Adele                               - E i suoi abiti?

Sipos                                - Nel baule grande, in basso. Stasera manderò due garzoni del laboratorio a prenderlo.

Adele                               - E in quella piccola valigia, che cosa c’è?

Sipos                                - Necessità del giorno.

Adele                               - Pettine... spazzola...

Sipos                                - Ci sono.

Adele                               - Gemelli per camicia...

Sipos                                - Ci sono.

Adele                               - Spazzolino da denti, dentifricio, alcool canforato?...

Sipos                                - Ci sono.

Adele                               - L'aspirina?

Sipos                                - C'è. Pennello per la barba, bicarbonato, infilascarpe, camicia da notte, cravatta, fazzoletto, sigari, acqua di colonia, colletto non tema, c'è tutto.

Adele                               - Pantofole?

Sipos                                - Capperi, quelle no!

Adele                               - Glie le farò mandare.

Sipos                                - Grazie (pausa). (La porta vetrata si apre, ed entra Csàszàr agitato).

Csàszàr                            - Ho saputo ora che... che loro sono qui. Che cosa è successo? (nessuno risponde)

Maresciallo                      - Il foglio, per cortesia.

Csàszàr                            - Io non ho nessun foglio. Io sono amico di questi signori.

Sipos                                - Di me no.

Maresciallo                      - Che cosa desidera?

Csàszàr                            - Ma…Adele, per carità, che cosa fa lei qui, alla Polizia?

Adele                               - Siamo stati citati, e non sappiamo perché. Probabilmente vi è stato troppo baccano alle nozze e i vicini ci hanno denunciato per schiamazzi.

Csàszàr                            - Ma è inaudito! Io mi metto a sua disposizione, e rimango qui, per essere testi­monio, in ogni eventualità... (al Maresciallo) Scusi, io sono testimonio.

Maresciallo                      - Allora si metta a sedere con gli altri.

Csazsar                            - (siede accanto alla Rotics) Sono ri­masto così sorpreso, quando stamane mi sono alzato, mi sono guardato attorno ed ho visto la casa deserta... Per fortuna vi era Giulia, la quale mi ha detto che loro erano qui. (ad Adele) E chi sono costoro?

Adele                               - Non lo sappiamo. Forse i denuncianti.

(pausa).

Csazsar                            - (alla Rotics) Scusi, con chi ho la fortuna?...

Rotics                              - Sono la signora Rotics.

Csàszàr                            - Scusi, ma non ne so nulla di più.

Rotics                              - Mi rincresce. Io non la conosco. Si presenti.

Csàszàr                            - Pardon. Sono Paolo Csàszàr.

Rotics                              - Signora Rotics. Che cosa desidera?

Csàszàr                            - Perché si trova qui, lei, signora?

Rotics                              - Lei non c'entra affatto.

Csàszàr                            - Grazie. Non ha altro da comunicarmi?

Rotics                              - No.

Csàszàr                            - La ringrazio anche per questo poco. silenzio. Pausa. La porta si apre; entra Elena con un foglio nelle mani, e si avvicina al Maresciallo).

Maresciallo                      -  (guarda il foglio) Elena Keczeli?

Elena                               - Sì.

Maresciallo                      - Prostituta patentata?

Elena                               - Sissignore.

Maresciallo                      - Anche lei è per le dieci. Segga con gli altri (movimento).

Sipos                                - Anche quella è citata per le dieci? Ora davvero incomincio ad essere confuso.

Maresciallo                      - Perché non siede?

Elena                               - Grazie, rimango volentieri in piedi (si ferma modestamente vicino all'angolo di destra della panca. La Portinaia si allontana da lei, e tutti si spostano, compreso Adele).

Sipos                                - Beh, mi chiamino pure Tizio se io ci. capisco un accidente di tutto 'sto pasticcio! (si alza, ed energicamente) Scusi, ma io ora oso davvero domandare che cosa vogliono da noi, qui, e in che razza di compagnia ci si mette!... (Tace improvvisamente, perché la porta dell'ufficio del Commissario si apre, e ne esce Irma. Porta un abito da sera moderno, color arancione, mollo scollato, ed è coperta di perle luccicanti. L'abito è però spiegazzalo, sporco, usato. Sul capo un diadema smagliante. Scarpe bianche da ballo, sporche, e calze aran­cione. Una calza le cade).

Irma                                 - (abbattuta, spezzata, affranta di singhiozzi, non riconosce nessuno, attraversa la camera e cade sulla seggiola che sta accanto alla scri­vania del Maresciallo: nasconde il volto fra le mani e piange amaramente).

Sipos                                - (la segue, muto, con lo sguardo) Irma? Sei tu?

Irma                                 - (invece di rispondere singhiozza).

Sipos                                - Irma! Che cosa c'è? Irma! Non parli?

Irma                                 - (singhiozzando) No!

Sipos                                - Ieri mi sono ubriacato, e questo lo so. Garantito che ora io sto dormendo in qualche sito del giardino, o in letto, e che sogno! (si palpa. Tutti guardano Irma, meravigliati).

Portinaio                          - Scusi, questo non è un sogno, ma Irma in persona!

Adele                               - Irma!

Irma                                 - (piangendo) No! No!

Sipos                                - Scusi, mi introduca subito dal signor Commissario, perché io divento pazzo e butto all'aria questa osteria!

Maresciallo                      - La prego di non usare simili ter­mini. Questa non è un'osteria!

Sipos                                - Io voglio andare alla Direzione. Chi è qui il direttore generale? (si avvia).

Scrivano                          - Non si può entrare perché c'è ancor dentro il medico di polizia.

Sipos                                - Era anche lui uno delle dieci?

Scrivano                          - Sì. E' lui il denunciante.

Sipos                                - E chi ha denunciato?

Scrivano                          - La signora Rotics.

Sipos                                - Quale signora Rotics?

Scrivano                          - Quella, seduta lì! La vedova Rotics, così detta proprietaria di una casa di malaffare.

Csàszàr                            - Pardon! (le si allontana).

Sipos                                - (fa una smorfia amara) Ora comincio ad essere certo, ben certo di stare dormendo in qualche luogo di via Tavaszmezo! Debbo dormire proprio sodo, perché non mi fa de­stare nemmeno tutto questo! (la porta di si­nistra si apre, e ne esce il medico assieme col Commissario di Polizia. Dietro di loro l'usciere. Scrivano   e Maresciallo si alzano).

Usciere                            -  (tiene in mano un foglio) Signora Adele Sipos !

Adele                               -  (si alza) Sono io.

Usciere                            - Si accomodi qua dentro (Adele esce da sinistra. La porta si chiude).

medico giud.                   - Non si incomodi, Commissario. Grazie, arrivederci!

Commissario                    - Ti ringrazio anch'io! Ciao, dot­tore. E ti ringrazio ancora una volta di badare così al mio onore. Sta tranquillo, metterò tutto a posto.

Medico                            - Ciao.

Commissario                    - Ciao. Se sarà possibile verremo. Bacia le mani per me a Erminia e a Marghe­rita, a Vilma, a Elisabetta e a Eugenia.

Medico                            - E per me a Lina.

Commissario                    - Sarà fatto, grazie. Ciao.

Medico                            - Ciao, (esce in fretta nel cortile).

Commissario                    - (vuole rientrare nel suo ufficio, ma Sipos gli si mette davanti).

 

Sipos                                - Le domando scusa, signor Commissario: ho la fortuna di presentarmi. Mi chiamo Luigi Sipos.

Commissario                    - Che cosa desiderate?

Sipos                                - Scusi, qui mi hanno detto che il Medico di Polizia è il denunciante, scusi, ed io sono spaventato, scusi. Infine, di che cosa si tratta, signor Commissario?

Commissario                    - Sì, è lui il denunciante: ha forse qualcosa da ridire?

Sipos                                - Macché, macché! Soltanto, non si sa perché siamo citati!

Commissario                    - Maresciallo, ma che razza di profumo c'è, qui dentro? Sembra di essere in una profumeria!

Irma                                 - (singhiozza ad alta voce).

Maresciallo                      -  (si alza) Rendo umilmente noto al signor Commissario che io non lo so, ma che c'è qualcuno qui dentro talmente profumato che anch'io non ne posso più! commissario (alla Rotics) Sarete certamente voi che vi siete profumata. Ma aspettate, ve ne daremo noi del profumo, oggi, per quello che avete fatto con codesta ragazza!

Rotics                              - Illustre signor Commissario, mi scop­pino le palle degli occhi qui, se io ho parlato con quella ragazza!

Commissario                    - Frenate la lingua, voi!

Sipos                                - A quanto pare non è eccellenza!

Commissario                    - E' vostra moglie quella che è entrata?

Sipos                                - Ancora sì.

Commissario                    - E voi non sapete di che cosa si tratta?

Sipos                                - No, scusi!

Commissario                    - Quella ragazza era a vostro servizio?

Sipos                                - Sissignore.

Commissario                    - Questa mattina, il medico dottor Tiberio Sagod, secondo il suo dovere di medico di polizia, ha fatto la visita alle così dette case di cattiva fama. In mia, di proprietà della signora Rotics, alle otto di questa mattina ha trovata la vostra serva, Irma Szabo, in questo abbigliamento come è ora e l'egregia signora stava proprio allora per assumerla in servizio come novizia, nel suo Istituto.

Rotics                              - Ma...

Commissario                    - Zitto!

Rotics                              - Scusi, signor Commissario... (siede).

Commissario                    - Maresciallo, aprite qualche fi­nestra, perché questo profumo di lavanda mi ha già fatto venire l'emicrania!

Maresciallo                      - Signor sì (apre la porla).

Commissario                    - La ragazza, questa signora in veste da ballo, era evidentemente molto bene ostruita, poiché ha difeso calorosamente la si­gnora Rotics; ha detto di essere andata di propria volontà, e di volersi dare alla mala­vita per colpa di una sua pena amorosa. Il signor dottore ha chiamato una guardia e l'ha fatta condurre qui, dopo di avere consta­tato che dice delle bugie e che è innocente.

Sipos                                - Come, innocente?

Commissario                    - Così, innocente!

Commissario                    - Sissignore. Perché vi stupite?

Sipos                                - Non mi stupisco, scusi! Ma questo è terribile!

Commissario                    - Non è poi tanto terribile.

Sipos                                - No.

Commissario                    - La ragazza era tutta amareggiala, diceva cose senza capo né coda, e voleva rac­contare di avere una figlia di nome Liliana.

Irma                                 - (singhiozza) Liliana!

Portinaia                          - Mentisce, scusi! E" a mio figlio che ha dato il nome di Liliana. Mentisce, scusi!

Commissario                    - E ha detto anche di essersi di­vertita tutta la notte con un ussaro.

Portinaia                          - Anche lui è mio figlio.

Commissario                    - Come, voi avete un figlio ussaro?

Portinaia                          - No, scusi. Quella certa Liliana!

Commissario                    - L'ussaro? Ma siete pazza?

 

Portinaia                          - E' lo stesso bimbo. Soltanto, era vestito da ussaro. E' ancora molto giovane per divertirsi con le ragazze.

Commissario                    - Quanti anni ha?

Portinaia                          - Tre e mezzo.

Commissario                    - Difatti, è molto giovine. A me è parso subito sospetto questo modo di auto­accusarsi. Isterismo giovanile. Per questo l'ha presa sotto le mie speciali cure.

Sipos                                - Scusi, scusi, è terribile!

Commissario                    - Eh, sì, è terribile che i suoi pa­droni l'abbiano custodita così! Ma metterò e posto anche voi. La ragazza ha confessato de essere innamorata di un certo disegnatore clic la torturava a morte, cosi che, nel suo dolore è andata a finire in quella casa di cattive fama.

Rotics                              - Scusi...

Commissario                    - Che cosa ho detto poco fa?

Rotics                              - Si è compiaciuto di dire: zitto!

Commissario                    - Va bene. Sapete cosa dovete fare

Rotics                              - Scusi, signor Commissario (siede).

Commissario                    - Ora, lì dentro, il capitano Racz sta indagando se si tratta di seduzione, di tratta delle bianche, o se è vero che questa povera creatura è stata spinta nella colpa da un porco.

Sipos                                - Oh, scusi!

Commissario                    - Da un certo porco.

Sipos                                - Sissignore. E' possibile.

Commissario                    - Allora farò cercare anche 1ui e lo metterò a posto io.

Sipos                                - Sissignore, è molto giusto.

Commissario                    - (si avvicina ad Irma) E metteremo a posto anche te. Tu sarai così cortese di dir il suo nome.

Sipos                                - Del porco?

Rotics                              - Si può parlare?

Commissario                    - No.

Rotics                              - Scusi, le domando scusa un milione di volte, ma lei ha detto che io ho una casa di cattiva fama.

Commissario                    - E che cosa avete, allora?

Rotics                              - Pardon, a Budapest la mia casa gode della più buona fama.

Commissario                    - Se ne terrà nota.

Rotics                              - Scusi, io non posso essere trattata come gli altri! Anche la polizia sa di me che io sono la più correttamente organizzata, e che sono famosa per la mia umanità! Tratto le mie ragazze come una Madre, e da me ci sono delle fanciulle, scusi, anche di trentacinque anni.

Commissario                    - Brava.

Rotics                              - La mia casa è la prima di Budapest e di simili non ve ne sono altre in tutto il mondo.

Commissario                    - La signora Rotics ne fa un elogio come se ambisse che noi le affidassimo le nostre figliole.

Rotics                              - Scusi, io non ho espresso...

Commissario                    - Meno male.

Rotics                              - Io dico soltanto che contro di me è impossibile sostenere un'accusa come quella del signor medico. Io non seduco nessuno; io so che questo è un reato, ed ho abbastanza memoria. La dama in questione ha suonato alla mia casa alle otto di mattina, in questo abbigliamento, come una pazza, con questo profumo, e mi ha domandato quando apriamo l'Istituto. Ma se lo avevamo appena chiuso! Allora dice che vuol divenire una donna di malaffare. Dico: Vada all'inferno, mi lasci in pace e diventi una donna di malaffare in un altro sito. Ma diceva che se io non la avessi lasciata divenire una donna dì malaffare, si sarebbe annegata nel Danubio. Beh, dico, tanti saluti ai pesci. E punto. Allora si è compiaciuto di venire il signor dottore, e subito si è messo a .strepitare, e si è comportato molto nervosamente, accusandomi di seduzione? di minorenni. Tutto questo perché la dama qui presente piangeva molto. Anche questo ha fatto colpo sul signor dottore. Ed a ragione, perché io in vita mia non ho mai sentito dire di una ragazza che voglia farsi accettare come donna di piacere, e che per questo pianga come una donna di dolore. Io capisco benissimo lo scandalo che ha provato il signor dottore, ma uscirò pura e netta da questa faccenda, perché io non ho fatto nulla, e soltanto ho avuto poca fortuna. Macché poca fortuna! Non ne ho avuta affatto! Stavo proprio per cacciarla via!

Commissario                    - Finito?

Rotics                              - Finito.

Commissario                    - Dite, signora Rotics, perché portate il lutto?

Rotics                              - Perché mio marito è morto.

Commissario                    - Quando?

Rotics                              - Nel millenovantanove.

Commissario                    - F lei porta il lutto da venti anni?

Rotics                              - Scusi, io sono costretta ad andare vestita in lutto, altrimenti non riceverei il dovuto rispetto.

Commissario                    - Da chi?

Rotics                              - Dall'umanità.

Commissario                    - E a che serve a lei il rispetto?

Rotics                              - Pardon, io pago più tasse di Gerbeaud.

Commissario                    - E lavora con più commesse!

Rotics                              - Prego, la mia vita è un libro, aperto. Io leggo Fleanor Glyn nell'originale, sono ab­bonata al Perster Lloyd e faccio tutti i giorni la cura elettrica. Il signor dottore mi perseguita! (piange).

Commissario                    - Non piangete, cara la mia bella figlia. Non bisogna avere paura. Noi siamo uomini giusti. E se voi avete ragione, nessuno vi mangerà la testa.

Rotics                              - Se qualcuno me la vuol mangiare, gli faccia buon pro come intendo io (il Com­missario fa un gesto in aria. La porta di si­nistra si apre e ne esce Adele).

Commissario                    - Le hanno letto la deposizione della ragazza?

Adele                               - Sissignore.

Commissario                    - Bene. Mandale dentro il se­guente.

Usciere                            - Vedova Rotics!

Rotics                              - Presente! (vuole entrare con la sua dama di compagnia).

Usciere                            - Alt Chi è costei?

Rotics                       - La mia dama di compagnia.

Usciere                            - Non è citata. Deve rimanere qui.

Rotics                                -  Allora rimanga pur qui! (alla donna) Please stay here and wait till. I comme back.

La dama                            - Yes, milady (torna a sedere al suo posto. La Rotics esce con l' Usciere e la porta si chiude).

Adele                               - (torna a sedere al suo posto).

Sipos                                - Che cosa le hanno domandato?

Adele                               - La vostra pazza si è presentata in una casa di malaffare per essere assunta come novizia.

Sipos                                - Questo l'ho già saputo.

Csaszau                           - E’ terribile.

Adele                               - Per giustificarsi, ha detto che è stato lei a mandarla.

Sipos                                 - Io?

Irma                                 - (singhiozza dolorosamente).

Csàszàr                            - Ma è tremendo!

Adele                               - E ritengono responsabile me, come pa­drona notificata.

Csàszàr                            - Inaudito! Ma perché tutto questo? Come ha fatto a venirle in mente?

Adele                               - A me hanno letto la sua deposizione. Ella è mortalmente innamorata del disegnatore di mobili signor Luigi Sipos. Il signor Luigi Sipos, disegnatore di mobili, rifiutava il suo amore. Questo fallo la amareggiava terribilmente. Allora il signor Luigi Sipos gli ha porto una speranza.

Sipos                                - Io ?

Adele                               - (non lo guarda nemmeno) Il signor Luigi Sipos, durante le proprie nozze, l'ha baciata ardentemente per tre volte.

Irma                                 - (singhiozza).

Adele                               - L'illustre signorina allora si è sentita felice, ed ha creduto di avere conquistata l'amore del signor Luigi Sipos. disegnatore di mobili. Ma allora il signor Sipos, intenzio­nalmente, l'ha respinta, supponendola sensuale. Il signor Sipos è una civetta. Più tardi faceva alla suaccennata dama una scena di gelosia.

Sipos                                - Io?

Adele                               - (non lo guarda) Durante le proprie nozze faceva le scenate di gelosia alla serva. La sospettava di essere in relazione amorosa con Paolo Csàszàr, orefice.

Csàszàr                            - Con me?

Adele                               - Io riferisco quello che mi hanno letto.

Csazsar                            - (spaventato) Ma questa è un'infamia! Ah, questa donna!

Adele                               - E il signor Sipos baciò e respinse la dama, finché l'amarezza della succitata giunse al colmo. E allora il signor Sipos, dicendole che era tendente verso il sensualismo l'istigò ad andare a finire a fare questo mestiere.

Sipos                                - Io l'ho istigata? E' una infame men­zogna!

Adele                               - E dopo di averle ripetuto più volte questo paterno consiglio. la dama, nella sua amarezza, scappò via. Nella cassetta aveva i denari risparmiati. Due dollari e dieci corone cecoslovacche. Li prese con se, ed andò al caffè Schoja.

Csàszàr                            - Perché?

Adele                               - Per compiere la missione affidatale dal signor Sipos. Al caffè fece conoscenza con una ragazza che esercitava già quel mestiere, la quale le portò via i due dollari con un imbroglio.

Irma                                 - (singhiozza) Non è vero!

Elena                               - (agitata) Prego, questo non è vero! La signorina piange giustamente! Sono io quella ragazza. Io non le ho portato via affatto i due dollari.

Adele                               - E chi, allora?

Elena                               - Scusi, è stata così: ella è entrata nel caffè ed era tutta un acqua perché fuori pio­veva: io era seduta accanto alla cassa, perché non si poteva uscire, per colpa della pioggia. E allora abbiamo fatto conoscenza, e lei mi ha raccontato tutto, ed io le ho raccontato a mia volta la storia della mia vita; anch'io ero pro­prio come lei, a Becskerek, per colpa di un farmacista ammalato di fegato. Così, ho rac­contato fino alle sei di mattina. Allora lei mi ha detto che le occorreva un abito da cocotte, perché così vestita non poteva presentarsi. Ed io le ho detto che ne avevo mio di crèpe giorgette orange ricamato di lamé e perle, che non avevo nemmeno indossato, e glie l'ho offerto gratis, perché era un po' sciupato a forza di ballarvi dentro. Ma ella pretendeva di comprarlo per due dollari, ed io glie l'ho venduto. E, scusi, quel diadema che ha in capo vale venti corone ceche, ed io glie lo ho dato per dieci. Guardi un po' dove si potrebbe comperare un simile oggetto così a buon mer­cato!

Csàszàr                            - Ebbene? Eppoi?

Elena                               - Eppoi è venuta da me, io l'ho vestita e l'ho dipinta, mi ha pagato quei pochi soldi, e siamo ritornate al caffè.

Adele                               - Dove l'avete fatta ubriacare.

Elena                               - No, scusi, è stata lei a fare ubriacare me. Io, scusi, non sopporto il vino, perché soffro di acidità di stomaco; abbiamo bevuto solo quello, unico: lei diventava sempre più lucida, mentre io non reggevo già più la lesta, quando il cameriere la volle condurre a casa sua.

Irma                                 - (singhiozza).

Sipos                                - Ma è terribile!

Elena                               - Piacque subito al capo-cameriere, perché si era accorto che si trattava di una pri­vata, e così voleva portarla via, scusi; ma io l'ho salvata.

Sipos                                - Come?

Elena                               - Ho chiamato nella cabina del telefono il capo-cameriere, gli ho spiegato le cose e gli ho dato anche due schiaffi; poi, per bontà di cuore, l'ho accompagnato io a casa sua.

Sipos                                - Povera martire!

Irma                                 - (singhiozza. Piccola pausa. La porta di sinistra si apre, ed escono la signora Rotics e l'Usciere ).

Uciere                              - Luigi Sipos!

Sipos                                - Presente! (si alza e si avvia).

Usciere                            - Andrea Popovics! Caterina Popovics! (i due portinai si alzano).

Sipos                                - Ma chi sono?

Portinaio                          - Sono io.

Sipos                                - E vi chiamate Popovics? Non ho mai saputo che vi chiamaste Popovics.

Portinaio                          - Andrea Popovics.

Sipos                                - Non lo sapevo.

Usciere                            - Si accomodino dentro (Sipos e la coppia dei portinai entrano dalla porta di si­nistra che l'Usciere chiude dietro di sé).

Rotics                              - (torna a sedere al suo posto. Squilla il telefono alla parete, dietro le spalle del Maresciallo) .

Maresciallo                      -  (al telefono) Pronto... pronto... Sì Sì! Questo... Sì. in persona, non sente?... Sì... Sì, è qui. Il signor direttore generale è qui, giù, in carcere. No, non resta qui. lo por­tano alla Centrale... No, non è possibile... Non si può... Il signor Direttore Generale non può venire al telefono... ma non capite che è in carcere chiuso, e che non può venire al tele­fono?... Questo, signora dovrebbe saperlo! Ha già abbastanza pratica!... Sì, è possibile  mandare il pranzo si può, sì... Anche il cuscino e la trapunta... Ne ha diritto. Anche le robe da letto... Sì, anche il pranzo è permesso. Prego, nulla. Buongiorno (torna a sedere alla scri­vania) .

Dama di compagnia        - (con cattiva pronuncia) Non poterre noi andere ancora casa?

Rotics                              - Stia tranquilla, andremo subito. Si dovrà ancora soltanto accertare che io prima non conoscevo quella signora (piccola pausa).

Adele                               - Per favore, Csàszàr, lei ritorni a casa.

Csàszàr                            - Perché?

Adele                               - Qui non c'è più bisogno di lei.

Csàszàr                            - E dove, a casa?

Adele                               - Dove ha abitato fino ad oggi.

Csàszàr                            - Ma lei non desidera che io traslochi?

Adele                               - No, desidero che rimanga dov'è.

Csàszàr                            - Grazie (si alza) Allora oggi non vado nemmeno al lavoro. L'aspetterò in casa.

Adele                               - Non importa nemmeno questo. Iddio ha voluto così. Mi ha punito, perché volevo es­sere saggia. Ma non si può essere più saggi di Lui. Ho avuto poca fortuna, e saggio è chi è fortunato. Torna a casa e aspettami finché tornerò.

Csazsar                            - (le bacia la mano in silenzio, ed esce dalla porta a vetri).

Adele                               - Perché singhiozzi?

Irma                                 - Perché quello lì prenderà ora la camera del signor Sipos!

Adele                               - Ora sei felice nevvero?

Irma                                 - (singhiozzando) Sì (la porta a vetri si apre ed entra una guardia).

Guardia                           -  (va dal Maresciallo) Annunzio umil­mente al signor  Maresciallo che ho eseguito la mansione affidatami. Sul nominato angolo di strada, la contessa sta facendo una raccolta di denaro per «La giornata del fanciullo»... La contessa…. Lei... Lei... (non sa leggere).

Maresciallo                      - Non urlate in codesto modo, davanti a dei testimoni! Questo è un segreto d’ufficio. Ditemelo in un orecchio (si alza e si china contro di lui).

Guardia                           - (sussurra a lungo in un orecchio del Maresciallo).

Maresciallo                      - Va bene (gli toglie di mano il foglio, siede al suo posto e scrive a lungo)

guardia                            - (fa un saluto rigido, ed esce dalla porta a vetri. Piccola pausa).

Rotics                              - (alla dama di compagnia) Please, wait patiently Miss Burnaby. I dont Think we shall have to wait long. In some minutes we shal come on anthen we may go home.

Dama                               - Oh, please! I dont mind to wait. (la porta di sinistra si apre, e ne escono i portinai e Sipos. Sipos si mette a sedere).

Portinaio                          - (ad Adele) Ed ora che cosa dobbiamo fare?

Adele                               - Vi ha lasciati liberi la polizia?

Portinaia                          - Sissignora. Ma se la signora avesse bisogno di noi...

Adele                               - Io non ho bisogno di nessuno  a questo mondo. Tornate a casa e fate ordine

I portinai                          - Riverisco! (vanno).

Usciere                            -  (entra da sinistra) Adele Sipos!

Adele                               - (si alza).

Rotics                              - (si alza) Ed io scusi?

Usciere                            -  La vedova Rotics può andarsene.

Rotics                              - (al Maresciallo) Ha visto? Riverisco.Goan! (va via con la dama di compagnia)

Adele                               - (entra nella porta di sinistra; l’usciere rimane fuori).

Usciere                            - Siete voi Luigi Sipos?

Sipos                                - Precisamente.

Usciere                            -  (dopo di avere guardato  il foglio che ha in mano) Potete andarvene anche voi.

Sipos                                - E' obbligatorio andarsene?

Usciere                            - Non si costringe nessuno.

Sipos                                - Allora rimango.

Usciere                            - Per conto mio. anche fino all’anno nuovo (entra dietro Adele. Sipos torna a sedersi, ed Elena pure, dall'altro lato della panca. Pausa. Intanto Sipos guarda Irma che piange, ed è molto  imbarazzato).

Sipos                                - Irma, dimmi, figlia mia...

Irma                                 - (lo guarda coraggiosamente),

Sipos                                - (abbassa gli occhi, impacciato) Dimmi… Sapevi tu che il Portinaio si chiama Popovics?

Irma                                 - (con voce lagrimosa. ogni tanto tirando su col naso) Sì. E sua moglie è la signora  Popovics (singhiozza).

Sipos                                - Questo ' l'ho pensato subito anch’io (pausa).

Sipos                                - Ed ora. che cosa sarà di te?

Irma                                 - Non lo so. Vorrei mettermi a sedere accanto a lei. E' permesso?

Sipos                                - Perché non dovrebbe essere permesso?

Irma                                 - Dopo una simile infamia?

Sipos                                - Anche dopo un'infamia peggiore!

Irma                                 - (siede accanto a Sipos felice) E’ stata una grande infamia, nevvero?

Sipos                                - No.

Irma                                 - Una infamia piccina?

Sipos                                - Così così. Media.

Irma                                 - Però è vero che io ho l'anima pura?

Sipos                                - Hai sentito che cos'ha detto? Chiudere a chiave la mia camera.

Irma                                 - Ora ci andrà a stare Csàszàr.

Sipos                                - Ci vada pure!

Irma                                 - Raggio di luce, arcangelo, perché è arrabbiato, ora?

Sipos                                - Cara figliola mia, io sono divenuto molto mansueto.

Irma                                 - Signor Sipos. io sarò felice.

Sipos                                - Dove?

Irma                                 - A Budapest.

Sipos                                - Sì?

Irma                                 - Con lei.

Sipos                                - Che cosa dici?

Irma                                 - Felicità eterna, deliziosa primavera di maggio.

Sipos                                - Ora, d'estate?

Irma                                 - Sempre, fino alla tomba... Tutta fioritura e voli di piloti. Non sia così triste stella purpurea, unico centro mediano!

Sipos                                - Oh, io sono un centro mediano molto stanco! Sono in piedi da ieri mattina. Sono stato a nozze, ed ora, se tre notti si appiccicassero una all'altra, dormirei lo stesso fino al giorno dopo (pausa). Perché hai fatto questo?

Irma                                 - Che cosa?

Sipos                                - Perché sei andata là... in quella casa?

Irma                                 - L'ho fatto per suicidarmi.

Sipos                                - Volevi suicidarti così?

Irma                                 - Sì. Se fossi saltata nel Danubio e morta, non avrei più potuto piangere. Così invece avrei eternamente rimpianto il puro amore della giovine anima (Elena si asciuga le  lagrime).

Sipos                                - Che idiozia! E' terribile! Una bimba andar lì... in quella casa!

Irma                                 - Mi disse lei che ero adatta ad andarvi.

Sipos                                - No, non sei adatta.

Irma                                 - Chi ci va è adatta.

Sipos                                - Non è vero. Tu ci sei andata per amarezza. 

Irma                                 - Anche le altre ci vanno così.

Sipos                                - Come fai a saperlo?

Irma                                 - Me lo ha detto Elena Keczeli. Anch’essa vi è andata così.

Sipos                                - Allora nemmeno lei è adatta.

Irma                                 - Allora, per che cosa è adatta?

Elena                               - Io sono adatta a fare la giardiniera in un piccolo giardino, ad innaffiare i fiori… e vorrei falciare dell'erba!  (piange silenziosamente).

Sipos                                - E perché... non falcia?

Elena                               - Non ho abbastanza denaro per farlo. Se diventerò ricca e potrò sposarmi... Ma per far questo ci vogliono molti denari!

Irma                                 - A me costa già due dollari!

Sipos                                - E tu ti sposerai?.

Irma                                             - Sì.

Sipos                                - E chi sposerai?

Irma                                             -  Te.

Sipos                                - Ne sei certa?

Irma                                 - Certa.

Elena                               - (piange).

Elena                               - Perché è tanto bello che lei la faccia diventar fiera... Questo è vero amore, io adoro vedere delle cose simili. Lo giuro che questo è un amore d'anteguerra (pausa).

Sipos                                - (impacciato, tenendo Ira le sue una mano di Irma) Ieri eri molto ubriaca?

Irma                                 - Molto, ma non di grappa.

Sipos                                - Di che cosa, allora?

Irma                                 - Dei tuoi tre baci (si china sulla spalla di lui).

Sipos                                - Ma che cosa dici! Sono così alcoolico io?

Irma                                 - Ma non lo sai?

Sipos                                - Non me lo aveva detto mai nessuno,

Irma                                 - Io te lo dirò sempre.

Sipos                                - Quando?

Irma                                 - Ora, quando sarò tua. Nevvero?

Sipos                                - Sì, figlia mia.

Irma                                 - Non dirmi sempre «figlia mia». Io non sono la tua figlia. Vedrai.

Sipos                                - Spero.

Irma                                 - Di'... Ora, il leone cinguetta?

Sipos                                - Pare anche a me che cominci a cin­guettare?

Irma                                 - Prenderemo molti bagni?

Sipos                                - Tutto il giorno.

Irma                                 - E andremo a vedere i classici?

Sipos                                - Mai.

Irma                                 - E mi sposerai?

Sipos                                - Appena sarà possibile

Irma                                 - E avremo dei figli?

Sipos                                - Subito.

Irma                                 - E la Madre sarò io?

Sipos                                -  Se farai la brava.

Irma                                 - E tu, che cosa farai per loro?

Sipos                                  - Il nonno (la porta di sinistra si apre e ne esce Adele, seguita dall'Usciere).

Usciere                            - Elena Keczeli!

Elena                               - (entra a sinistra).

Usciere                            -  (la segue).

Irma                                 - (si allontana da Sipos).

Adele                               - Ha ancora qualcosa da dirmi?

Sipos                                - La valigia parla, io taccio.

Adele                               - E vuol sentire che cosa ho deciso circa il mio destino?

Sipos                                - Oh, prego!

Adele                               - Non è curioso di sapere che cosa ho deciso?

Sipos                                - Se guardo bene, mi sembra di non es­serne curioso.

Adele                               - Lo dice seccamente. Senza una lagrima.

Sipos                                - Noi lavoratori ci bagniamo di dentro.

Adele                               - Chi le terrà in ordine la roba? (pausa).

Irma                                 - Io.

Adele                               - Ah, sì... Capito.

Sipos                                - Vede, se ci separiamo, l'orfano sono io. Per lei non ho timore.

Adele                               - Non occorre. . E’ male che ne abbia avuto fino ad ora. Ebbene, Sipos, vada pure. Io credevo che ora venisse la quiete, la silen­ziosa vecchiaia, insieme... Per lei, e anche per me. Va bene. Non sarà così. Ora succederà un bell'anno, forse anche solo un bel mese. Adele Rozmajezr rifiorirà ancora una volta, ringiovanirà, si dipingerà un poco, riderà, piangerà, soffrirà e gioirà, la ameranno, sarà innamorata, sarà regina, cagna, spasimerà per un bel giovinotto, e da lui glie ne verrà l'in­felicità, i pianti alla notte, e infine le spre­cherà il suo denaro, e tutto sarà finito. Il male era che io volevo più bene all'onore che a me stessa. Questo, almeno, lo riconosca.

Sipos                                - Lei è una brava donna, soltanto io non so più guardarla negli occhi. Però penserò sempre a lei.

Adele                               - Io invece non penserò molto a lei.

Sipos                                - Addio (Adele si incammina. Dopo pochi passi, improvvisamente si ferma. Parla con­temporaneamente ad Irma).

Irma e Adele                   - (contemporaneamente) Prego... Volevo dire...

Adele                               - Beh... Che cosa volevi dire?

Irma                                 - Dica prima lei... Io poi dopo...

Adele                               - Non dir nulla, figlia mia. perche temo che noi volessimo dire la stessa cosa. Tu volevi dirmi di non dimenticare...

Irma                                 - Le pantofole.

Adele                               - Precisamente. Anch’io volevo dire che non dimenticherò (esce dalla porta a vetri).

Sipos                                - (accenna col capo tristemente) «Squilla il grido di gioia nei dintorni: «felicità, sposini ai vostri giorni!».

Irma                                 - (crolla sul petto di lui) «polline della felicità, delizioso zeffiro, acquazzone delle mie lagrime! ».

Sipos                                - E' molto bello (un servitore di casa signorile entra dal cortile. Nella sinistra reca un «portavivande» e sulla destra una trapunta di seta rossa, un cuscino merlettato e delle lenzuola).

Maresciallo                      - Che cosa desiderate?

Servitore                          - Ho portato gli indumenti da letto e il pranzo per il signor Direttore Generale.

Maresciallo                      - Il signor Direttore Generale è già stato trasportato alla polizia centrale. La roba dovete portargliela là.

Servitore                          - Grazie (si avvia).

Maresciallo                      - Alla Direzione principale di Po­lizia. Sapete dov'è?

Servitore                          - E come farei anon saperlo se quest'anno è già la sesta volta che vi dormiamo? (esce). (La porta di sinistra si apre ed esce il Commissario di polizia, seguito da Elena e dall'Usciere. Tutti si alzano).

Commissario                    - E’ ancora qui la signora Sipos?

Sipos                                - No, scusi, è già andata via.

Commissario                    - Siete voi Sipos?

Sipos                                - Sissignore.

Commissario                    - Quanto denaro risparmiato aveva questa ragazza?

Sipos                                - A quanto ne so, due dollari e dieci corone ceche (guarda Irma).

Irma                                 - Sì.

Commissario                    - Questa ragazza non vuole ridarli i dollari. Dice che stamattina li ha messi nell'urna per «La giornata del fanciullo», sul piazzale Maria Teresa.

Elena                               - Vadano pure a vedere se è o non è vero!

Maresciallo                      - Rendo noto con umiltà al signor Commissario che ho mandato fuori per le in­dagini la guardia Horvath, la quale ha già steso di ritorno, il regolare rapporto (legge il foglio) «Sul lato sud-ovest del piazzale Maria Teresa, la contessa Lei... Lei... Lei...

Commissario                    - Il nome non importa. Avanti.

Maresciallo                      - «La signora contessa raccoglie il denaro. Alla domanda rivoltale se erano stati offerti due dollari, la signora contessa ha assi­curato che alle otto una ragazza ha messo nell'urna due dollari. Ella lo ricorda perché era quella la prima offerta che riceveva».

Commissario                    - Va bene, fate vedere (vuol pren­dere il foglio) Come si chiama la contessa?

Maresciallo                      -  (legge) Lei...

Commissario                              -  Io?

Maresciallo                      - No, scusi. Non il signor Com­missario. La contessa si chiama Lei...

Commissario                    - Ma c'è pur scritto dell'altro!

Maresciallo                      - ...nonce.

Commissario                    - Come non c'è?

Maresciallo                      - Leinonce.

Commissario                    - Io non ci sono?

Maresciallo                      - Non il signor Commissario. Essa, la contessa non c'è. Si chiama Leinonce.

Commissario                    - Non sono mai capace di ottenere che scrivano bene i nomi nei rapporti. E una disperazione (a Elena) Dunque, hai dato via il denaro appena ricevuta la citazione.

Maresciallo                      - Rendo noto con umiltà al signor Commissario che questo è avvenuto alle otto, mentre la citazione l'abbiamo mandata fuori alle nove.

Commissario                    -  E le dieci corone Ceche?

Elena                               - Glie le ho restituite la notte stessa perché non rimanesse senza denari.

Commissario                    - E’ vero?

Irma                                 - Sissignore, è vero.

Commissario                    - E dov'è ora questo denaro?

Irma                                 - Eccolo (toglie del denaro da una calza).

Sipos                                - Ma Dio santo, dove tieni il denaro?

Irma                                 - (indica Elena) L'ho imparato da lei. Diceva che si usa così, e che lo sapeva, perché è una cocotte.

Commissario                    - (a Elena) Che cosa sei tu?

Elena                               - Io, scusi, non capisco che cosa vuol dire, perché essa sa che io glielo ho detto, alla notte, solo per delicatezza. Sebbene io non abbia nulla da vergognarmi, perché ho avuto dalla polizia la patente di prostituta.

Commissario                    - Sì, quella ce l'hai (a Irma) Dal momento che lei ti ha restituito il denaro, re­stituiscile il cappello.

Irma                                 - (si toglie il diadema) Prego, questo non è un cappello.

Commissario                    - Vedo, è una giarrettiera.

Irma                                 - (porge ad Elena il diadema, ed Elena lo prende piangendo).

Commissario                    - Ed ora che hai? Non vi è nes­suna ragione per piangere. Ti dico, qui, in sede ufficiale, che hai agito onestamente. Puoi andartene con la coscienza tranquilla, e anche lontano, più presto che puoi.

Elena                               - Non piango per questo. Ho visto un amore così bello e puro, qui... (esce dalla porta a vetri).

Commissario                    - (dopo che Elena se ne è andata) Che cosa c'è, Maresciallo? Qui, nel mio ufficio, si vede il bello e puro amore?

Maresciallo                      - Prego, hanno soltanto parlato.

Irma                                 - Scusi, possiamo andarcene?

Commissario                    - Puoi andartene (a Sipos) E dove se ne andrà quella lì, adesso? Ha un tutore?

Sipos                                - Sì. Un avvocato ungherese.

Commissario                    - E certo, ungherese!

Sipos                                - Dico così, scusi, perché vive sempre a Vienna.

Commissario                    - Quello, naturalmente, non le baderà punto. Ma vedo che voi ve ne trovate bene, eh? (silenzio).

Irma                                 - Sì, se ne trova molto bene. Soltanto non risponde.

Commissario                    - Beh. io posso agire in fretta col tutore. Vorreste essere voi il suo tutore?

Sipos                                - No, scusi. Non è possibile badarle. Io non mi prendo una simile responsabilità. Piuttosto la sposo.

Commissario                    - Ma come... se avete celebrato le nozze soltanto ieri! (silenzio).

Irma                                 - Ieri, ma lui non fa la continuazione.

Commissario                    - Quanti anni avete?

Sipos                                - Quarantotto.

Commissario                    - E la ragazza?

Sipos                                - Ne avrà una ventina.

Commissario                    - Poco fa lì dentro, mi hai detto che ne hai ventitré. Perché hai mentito?

Irma                                 - Per essere un po' più vicina all’età del signor Sipos.

Sipos                                - Prego, in quanto a questo, sì, tra noi c'è un po' di differenza di età: quasi trenta anni. Ma di questo ci si accorge solo ora  perché fra settant'anni, lei ne avrà novanta e io centodiciotto. E allora diranno: ecco due vecchi.

Commissario                    - Anche questo è un punto di vista.  Fantastico. Beh, potete andarvene. Dio vi benedica (allo Scrivano) Creda, in nessun sito c'è tanta miseria come a questo mondo ( corre dentro a sinistra).

Sipos e Irma                    - (lo salutano con un inchino)

Sipos                                - (prende la valigia e guarda Irma)

Irma                                 - (allunga le mani per prendere la valigia e sua volta) La porto io!

Sipos                                - No.

Irma                                 - Macché! (glie la toglie. Piccola pausa) Ed ora Luigi, dove andremo?

Sipos                                - Luigi?

Irma                                 - Ma certo!

Sipos                                - Come, non più pilota?

Irma                                 - No. Ora soltanto Luigi.

Sipos                                - Perché?

Irma                                 - Perché il pilota è caduto in mare e il leone cinguetta.

Sipos                                - (al Maresciallo) Ha sentito? Dica che opinione ha di noi?

Maresciallo                      - Una piccola scema e un grande scemo.

Sipos                                - Grazie, grazie.

Irma                                 - Luigi, andiamo.

Sipos                                - Ed io dovrei andare con te per la strada così, di giorno? Dove hai il tuo abito?

Irma                                 - Andremo a prenderlo da Elena Keczeli.

Sipos                                - No, figlia mia. Ora con queste relazioni la si fa finita. Bene?

Irma                                 - Come vuoi, Luigi.

Sipos                                - Ti comprerò un modesto abito qui al negozio all'angolo.

Irma                                 - (triste) A buon mercato?

Sipos                                - E come a buon mercato! Vieni camerata, sarà quel che sarà: ora andiamo in due incontro al triste mondaccio! Dammi la valigia.

Irma                                 - No. Lascia che la porti io! La valigia la porterò sempre io.

Sipos                                - Bene. La valigia la porterai, sempre tu (la abbraccia, ed escono dalla porta che dà sul cortile. Irma trascina la valigia. Quando son già fuori).

Maresciallo                      -  (sempre seduto alla scrivania urla)

                                        - Porta!

Irma                                 - (corre indietro, ansimando) Porta! (chiude  dal di fuori e corre via).

FINE