La porta
di
Tommaso Urselli
Personaggi:
Pino, ha circa trent’anni
Mino, il suo fratello gemello
Alba, la madre dei due
Nota:
Alba, la madre dei due, apparirà e sparirà come fosse un fantasma sempre in uno
stesso angolo della scena. Questo luogo resterà al buio quando ad agire saranno
i due fratelli.
Scena 1
Una camera male illuminata e con pochissimi mobili. Stracci, cianfrusaglie
varie e vecchi quotidiani sono sparsi un po' dappertutto. Si ha la sensazione di
un imminente trasloco. Pino sembra essere solo nella camera. Dispone con cura
su di un vecchio tavolo, come fossero oggetti preziosi, una serie di lucchetti
di differenti dimensioni. Terminata l'operazione si allontana per guardare lo
strano insieme e si frega le mani soddisfatto.Subito dopo tira fuori da qualche
parte uno scatolone. Ne estrae orologi e sveglie dei modelli più disparati, li
esamina, dà loro la carica. Quindi li piazza sul tavolo, in mezzo alla
composizione di lucchetti, secondo una precisa geometria. Terminata anche
questa operazione si allontana per ammirare il tutto. Poi siede su di una
vecchia sdraio. Nel silenzio il ticchettio degli orologi diventa assordante. Di
colpo, le sveglie prendono a suonare tutte insieme e Pino, come non aspettasse
altro, ride di gusto. Continua a ridere finché non torna il silenzio. Di nuovo
il ticchettio. Pino si accende una sigaretta. Finito di fumare si alza a fatica
dalla sdraio, prende gli orologi, li depone con cura nello scatolone; sta per
raccogliere anche i lucchetti quando, colto improvvisamente da un dubbio, si
ferma e comincia a contarli.
PINO ...trentanove, quaranta, quarantuno. Ci sono tutti. Nessuno c'ha messo le
mani. Bene bene.
(si siede di nuovo, si guarda intorno) Mi piace, qua. Si sta bene, qua. Amo
questa stanza. La
amo. Sarà anche piccola ma è la più calda di tutta la casa.
Scena 2
Pino, seduto sulla sdraio, regge sulle ginocchia un registratore portatile;
canta una vecchia canzone dialettale, la registra sul nastro, la ascolta, canta
di nuovo, la riascolta...
Una lampada posata ai suoi piedi proietta sulla parete dietro la sdraio
un’ombra enorme. Nell'ombra, si intuisce la presenza del fratello che per il
momento non vediamo.
PINO ...la cucimanneddha la culipizzuta ce ste' faci n'tra sta' ruta e ste'
cusi nu filu d'azza pe cusire la
visazza la visazza ch'è cusuta la cucimanneddha la culipizzuta...
Bussano alla porta.
VOCE DI MINO (da dietro la sdraio) Hai sentito?
PINO Che?
VOCE DI MINO Avanti, smettila con quel coso e vai ad aprire.
PINO Vacci tu.
VOCE DI MINO E se...
PINO Non può essere lei, c'ha la chiave.
Pausa.
VOCE DI MINO Tu te ne approfitti, te ne approfitti perché sei il più
grande.
PINO Il più grande, io?
VOCE DI MINO Sei nato prima di me.
PINO Siamo nati insieme.
VOCE DI MINO No, sei nato prima tu.
PINO See...e tu come fai a saperlo?
VOCE DI MINO C'hai la testa più grossa, non c'era più molto spazio e io mi sono
intrufolato a forza;
tu, furbone, per uscire prima hai messo una mano sulla mia, di testa, e mi hai
spinto
giù, va’ che me ne ricordo benissimo.
PINO Va’ ad aprire...
VOCE DI MINO E' già aperto.
PINO E com'è che non entra?
VOCE DI MINO Boh...non lo saprà, che è già aperto...
PINO E tu vai...va’ a dirglielo...
VOCE DI MINO Piano, piano...non so neanche chi è. Non sei tu che dici di non
aprire a nessuno?
PINO Io?
VOCE DI MINO Sì sì, tu l'hai detto, tu sei il più grande.
PINO Daaagli. Aspetta aspetta, zitto... (urla) Chi è? Chi è? (si alza, va verso
la porta; Mino esce per
metà dall’ombra con l’intento di seguirlo ma Pino lo ricaccia subito
nell’oscurità) E no,
adesso tu te ne stai qua, fermo, e non ti muovi!
VOCE DI MINO Perché, voglio venire anch'io...
PINO Sei il più piccolo, potrebbe essere pericoloso!...E' chiusa, meno male.
VOCE DI MINO Chiusa! E che ti aspettavi...Sei tu, che la tieni chiusa "se
no viene aria". Senti...Pensi
che una porta possa aprirsi, da sola?
PINO Ma avevi detto tu che era aperta, no?
VOCE DI MINO Io?
PINO Un attimo fa!
Pino sta per sedersi di nuovo sulla sua sdraio ma Mino lo precede e si sistema
comodo al suo posto; finalmente possiamo vederlo: somiglia al fratello ma ha
dipinto sul volto una sorta di eterno e ingenuo sorriso che lo fa apparire più
giovane.
MINO Non mi ricordo. Non ricordo, d'aver detto così. Siedi, siediti qua, vicino
a me. (indicandogli il
pavimento)
Pino non si siede.
MINO Certo che oltre ad avercela bella grossa, ce l'hai anche dura quella
testa...E va bene, va
bene...(prende un vecchio giornale da un mucchio e legge)..Senti questa,
piuttosto: "Armato
d'arco e frecce se ne va in giro per la città a spaventare i
passanti"...Dici che era lui, alla porta?
Pensi che poteva essere lui? Devi saperlo. Sei il più grande, tu, e hai il
dovere di proteggermi.
PINO Ancora! Ancora con questa storia...
Pino non presta più attenzione al fratello. Si sistema in un angolino con il
suo registratore e ricomincia a canticchiare. Canta, registra e riascolta la
propria voce.
PINO ...la cucimanneddha la culipizzuta ce ste' faci 'ntra sta' ruta e ste'
cusi nu filu d'azza pe cusire la
visazza la visazza ch'è cusuta la cucimanneddha la culipizzuta...
(spegne il registratore) Ce la cantava quando, d'estate, passavamo il tempo a
guardare il cielo
stellato. C'erano figure di animali...animali fantastici che vivono solo la
notte. Appena la canzone
finiva dovevamo chiudere gli occhi e aspettare. Diceva che dovevamo dare il
tempo alla canzone
di salire fino al cielo, poi potevamo andare a dormire. Il giorno dopo, se la
canzone era arrivata
fino là, avremmo visto tra le stelle un animale nuovo, uno mai visto prima.
Scena 3
Pino, seduto sulla sua sdraio, fuma e ascolta una radio a basso volume.
Mino si prepara un caffè.
MINO Tu ridevi? Quand'eri bambino...
PINO Non lo so. Non mi vedevo.
MINO No che non ridevi, te lo dico io. Solo una volta, hai riso, nel sonno.
PINO Quando...
MINO Una notte. Stavi sognando qualcosa. Ti sei messo a sedere sul letto, a
occhi chiusi, e parlavi,
farfugliavi: era sicuramente qualche cosa contro di me perché dopo ridevi. Hai
pure acceso la
lampada sul comodino e te ne stavi là, nella luce, a occhi chiusi…e ridevi,
ridevi. Come un
matto. "Mio fratello è matto"...così, pensavo..."me lo
tengo".
PINO E tu?
MINO Io cosa...
PINO Che facevi, sveglio...
MINO Avevo paura.
PINO E di che...
Pausa.
MINO Non so, ce l'avevo...Della notte. Scendeva piano, nera…come l'inchiostro.
Pensavo che non
sarebbe finita mai, la notte; che al buio ci saremmo restati per
sempre…Scendeva la notte, tu
ridevi…e i cani, fuori, abbaiavano...Mi veniva paura, che c’è di strano! Uno, a
quell’età, ha
paura di cose così…
Pausa.
MINO Ma tu, i cani, non li sentivi? Erano cinque o sei…Tanti...
PINO Boh…
Pausa.
PINO (spegne la cicca per terra, spegne la radio, si guarda intorno) Si…lo amo,
questo posto. Questo,
e nessun altro. Anche quelle piccole crepe, là, sul soffitto…amo tutto, qua
dentro. Sarà pure
stretto, sporco e buio ma…
MINO (lo anticipa facendogli il verso)…ma è il posto più caldo di tutta la
casa!
Silenzio.
Pino sbadiglia; poi sistema la sdraio in modo da potersi distendere.
Mino gli si avvicina e gli racconta una storiella.
MINO C’è uno che ha sete e va a cercare un po’ d’acqua. Arriva a un pozzo, nero
e profondo, e ci cade
dentro…Grida, ma nessuno lo sente. Passano i giorni, i mesi, gli anni…Il pozzo
è diventato la
sua casa…
Pino si addormenta.
Mino lo osserva.
Buio.
Scena 4
Buio.
Pino sogna.
Di lui e del fratello udiamo solo le voci.
VOCE DI PINO Dove sei?
VOCE DI MINO Eh, sono qua…Più a sinistra…
VOCE DI PINO Che razza di gioco...Mi vuoi confondere.
VOCE DI MINO Cerca, cerca. Mi hai quasi toccato. Mi sei passato vicino e quasi
mi toccavi il petto.
VOCE DI PINO C'è acqua...E' bagnato…Vieni a vedere…Preso! Ti ho fregato.
VOCE DI MINO No, non mi hai fregato…l'acqua…c'è veramente…Metti la mano
qua….Senti? E'
fresca. Fresca.
VOCE DI PINO Non è da bere.
VOCE DI MINO No?
VOCE DI PINO Non lo sappiamo da dove viene.
VOCE DI MINO Che mi frega. Ho sete. Io bevo lo stesso. Ahhh...
Era una notte di luna. Ferragosto, mi pare. Il mare era calmo, uno specchio. La
sabbia, fresca. Mi bagnavo i piedi e mi sentivo diventare leggero. Seguivo con
gli
occhi la luna, le mille lune che si riflettevano sull'acqua scura. Mi sedetti e
mi
addormentai. Sognai di essere diventato un pesce. Guizzante. Leggero. Veloce.
Sognai che la vita di questo pesce era la mia. Lontana, da tutto.
Nascosta
nelle profondità.
Scena 5
La luce si alza in un angolo della scena, su di una donna intenta ad annaffiare
dei fiori: è Alba, la madre dei due.
Alba comincia a parlare, mentre parla dà acqua nei vasi.
ALBA Un giorno, vedete un giorno che viene, il sole. Lo so, lo so, non c'è
bisogno che lo dite a me: è
quest'oscurità che non vi da pace...ma è così, è così. Ti usano e poi ti
gettano; prima però un sacco
di belle parole..."come sei bella, come sei dolce"...Quando me ne
sono andata di casa è stata una
liberazione. Prima pure il sole mi sembrava una tomba scura e sopra la tomba
stavano scritti col
sangue nome e cognome mio. Come arrivava la sera e sentivo la porta che
s'apriva, il cuore mi
cominciava a battere forte forte...Entrava e manco mi guardava in faccia, si
sedeva, mangiava...E
sbatteva i pugni sulla tavola: " 'Sta carne è fetente",
gridava..."Piano, piano che stanno dormendo i
bambini", gli facevo...Ma lui s'adirava, non ci vedeva più dalla rabbia e
come una schiuma
bianca gli usciva dagli occhi..."Calmati", gli facevo,
“calmati"...Ma lo sapevo bene che cosa
voleva, lo teneva scritto in faccia: mi cominciava a guardare con due occhi che
sembravano senza
fondo e io non capivo più niente. "Chiudi la porta della camera"
diceva...Manco facevo in tempo
a chiudere la porta della camera dei bambini che già m'aveva sbattuta sulla
tavola. Era freddo, il
legno della tavola, così duro e freddo che me lo sento ancora dietro la
schiena.
Era come suo padre e come il padre di suo padre ma non era cattivo: era il
mestiere che faceva...
stare tutto il giorno in mezzo ai porci e al sangue che scola...La notte si
svegliava di soprassalto e
cominciava a ululare come un cane-lupo alla luna. Allora io gli prendevo la
testa tra le braccia e
me la stringevo al petto, come a un bambino. Quando stava così sembrava proprio
un bambino
che vuole la mamma sua. Io cantavo piano piano...così prendeva pace e la
smetteva di sognare.
Una notte mi raccontò che erano venuti per portarselo nel sonno un sacco di
uomini tutti neri...
portavano una croce...si portavano dietro questa croce e lo volevano appendere
come un cristo...
gridava che non voleva ma quelli se lo prendevano a forza...se lo portavano sul
monte del macello
vecchio e là lo volevano appendere insieme ai maiali a testa in giù. Così
s'accorse che quelli
appesi non erano maiali ma persone, persone che lo guardavano, lo guardavano e
piangevano...e
lui si sveglia piangendo e comincia a vedere sangue dappertutto, diceva che
tutta la camera
gocciolava sangue e che stavano venendo a prenderselo.
Buio.
Scena 6
Pino, seduto sulla sua sdraio, si è appena svegliato; ha lo sguardo perso nel
vuoto.
Mino gioca con una palla da tennis.
MINO Il mondo...il mondo è come una palla bianca...e dentro stanno le formiche,
nere...poi viene il
gigante brutto...e le scrafazza. (*)
PINO Hai sentito?
MINO Che dici...che vai dicendo...
PINO M'è passato come un fiato caldo sopra la faccia...doveva essere lei...
MINO Mi sa che tu cominci a dare i numeri!
PINO Quali numeri...numeri, dice!...m'ha pure detto una cosa dentro le
orecchie.
MINO Sì?…e che t'ha detto...ch'è andata a fare la spesa e adesso torna…che al
negozio ci sta la fila?
PINO No no...m'ha detto che dobbiamo aspettare ancora un po', ch'è ancora
presto per uscire...che là
fuori fa freddo e se usciamo, ci buschiamo il raffreddore. Ma tu, non hai
sentito niente?
MINO Proprio niente...niente di niente...di niente...(canticchia un infantile
ritornello e lo prende in
giro) am blim blò panarin'e cò...am blim blò panarin'e cò...naninananana…
PINO Non fare lo scemo.
MINO ...naninananana...naninananana...(fa una breve danza)
Pino si alza e accompagna il fratello nella danza.
MINO ...naninananana...na ni na na na na...stanotte...na na...me la sono
sognata...na ni...mi diceva...se
continui...na na...a tormentarti così...na ni...presto diventerai
un'ombra...insieme a lei
stavano...ni na...tante altre donne, ridevano...mi guardavano...e
ridevano...poi...ho fatto un altro
sogno...che faceva freddo e stavamo tutti e due sopra un lago ghiacciato...e si
vedeva il
fondo...c'erano pietre...alghe...pesci di tutti i colori...e c'erano
occhi...tanti occhi che ci
guardavano da là sotto...a un certo punto si sente...come un battito d'ali...un
grande cigno bianco
era venuto a prenderci...
(*) Le schiaccia.
Scena 7
Mino sfoglia dei giornali da un mucchio.
Pino traffica con i suoi lucchetti e orologi dietro la sdraio; è completamente
immerso nell’ombra e di lui udiamo solo la voce.
MINO...venticinque...ventiquattro...no no...ah, questo, è dell'anno
scorso...eccolo eccolo...L'ho trovato!
VOCE DI PINO Sì?
MINO L'articolo sui fratelli Pelazza.
VOCE DI PINO Pellazza?
MINO Quelli che se n'erano andati alla ricerca di loro stessi nella foresta
madre e invece c'è mancato
poco che, per la fame, si mangiassero l'uno con l'altro.
VOCE DI PINO (da dietro la sdraio spunta solo la sua mano) Dai qua!
MINO Va bene, va bene, non è andata proprio così.
VOCE DI PINO Senti senti...hanno fatto una tribù, invece...hanno fatto una
grande tribù.
MINO Già, me l'immagino...UELLCAM…BENVENUTI…IU’ ARR...FINALMENTE SIETE
ARRIVATI…IN PELAZZA’S TRAIBB...NELLA TRIBU’ DEI...mavaff...altro che
tribù…qua
dobbiamo pensare qualche cosa.
VOCE DI PINO Se è per questo, ne abbiamo tutto il tempo.
MINO (girando nervosamente per la stanza) E ci dev'essere...ci deve essere,
un'altra uscita...
VOCE DI PINO (gli fa il verso) E' uscita? Di dov'è uscita?
MINO Aiutooo...aiutooo...
VOCE DI PINO Tanto è inutile: non c'è nessuno là fuori.
MINO Sentilo! E tu come fai a saperlo...
VOCE DI PINO E' chiaro, sono il più...
MINO Ho capito, ho capito...
Silenzio.
Pino spunta da dietro la sdraio e comincia a passeggiare in lungo e in largo
per la stanza.
PINO Quando mi sposo voglio una casa come questa...solo un po' più grande.
MINO Sì?
PINO Perché, tu no? Che c'è che non va, qua?
MINO Tu, non vai.
PINO Ah...e poi? Continua, continua...
MINO Beh...non ci sono i mobili. L'hai vista mai una casa senza mobili?
PINO E' vero, dobbiamo farli venire.
MINO Proprio così, mi sono stufato di stare qua...uno di noi dovrà uscire a
prenderli. (s'alza e si infila
una giacca)
PINO Alt! Dove vai? Si può vivere senza mobili. Anzi certe volte sono solo
fonte di guai.
Pausa.
Pino si avvicina a Mino e gli sfila velocemente la giacca.
PINO Lo zio Pietro ci parlava, coi mobili, diceva che l'ascoltavano di più
della moglie. Così s'era
innamorato d'una pendola, una vecchia pendola a muro. Pure un nome le aveva
dato...Linda,
l'aveva chiamata. Un giorno che Linda non voleva più suonare lo zio ha
cominciato a darle
pugni e a scuoterla finché non se l'è tirata addosso e la sua bella pendola,
tracche, gli ha
fracassato la testa.
MINO Mamma che paura.
PINO E di che...Ci sono qua io...
MINO Appunto, appunto.
PINO Vieni, vieni qua.
MINO Che...che mi vuoi fare?
PINO Stavo solo scherzando.
MINO M'hai fatto paura, m'hai fatto paura lo stesso. Sembravi...
PINO Chi?
MINO Qualcuno...una maschera...sì, quella vecchia maschera che stava appesa di
fronte allo specchio.
PINO La maschera, lo specchio...Ma di che stai parlando...Tu ti inventi cose,
cose che non esistono...
MINO Esistono, esistono...Ci sono sempre una maschera e uno specchio...in ogni
casa...da qualche
parte...
PINO Non nella nostra.
La luce s'abbassa lentamente. Si vede solo Mino che viene avanti e racconta.
MINO Sentivo una mano che mi tirava i piedi, la notte...M'aveva preso le
caviglie e le stringeva. Io mi
aggrappavo al letto ma quella tirava, tirava...Ho cominciato a gridare e tirava
ancora più forte. Così
ho preso coraggio, ho alzato la testa e l'ho guardato dritto negli occhi...Con
la mano m'ha chiesto
scusa, poi m'ha sorriso...andandosene m'ha detto che non era me che stava
cercando...
Scena 8
Pino e Mino
sono seduti entrambi sull’unica sdraio.
MINO Pino…
PINO …
MINO Si sta bene, qua. Stiamo un po’ stretti, ma si sta bene…
PINO …
MINO Pino…
PINO …
MINO Chi sono, io?
PINO Come, chi sei…Mio fratello, sei…
MINO Si, ma…Ho fatto un sogno, stanotte. Ho sognato che ci scambiavamo i
vestiti. E non solo
i vestiti…Pure i nomi, ci scambiavamo…
PINO Embé?
MINO Il fatto è che non mi ricordo quante volte ce li scambiavamo…Perché, se ce
li scambiavamo
una volta sola, io sono diventato te e tu me…Ma se ce li scambiavamo due volte,
io alla fine
sono rimasto sempre io e tu, tu…E se invece ce li scambiavamo tre volte…
PINO (porgendogli un bicchiere d’acqua) Bevi, non ci pensare troppo…(pausa)…
La conosci la barzelletta del monaco?
MINO Non la conosco.
PINO Te la racconto io...C’era, in un convento, un monaco che portava la barba
molto lunga. Un altro
monaco un giorno gli dice: “Amico mio, tu mi devi dire la verità: la notte,
quando dormi, la
barba la tieni sopra o sotto le coperte?”. Il primo monaco non seppe
rispondere, ma l’altro gli
disse che non aveva fretta e che ci poteva pensare qualche giorno. Il monaco,
la notte, non prese
più pace: se dormiva, non poteva sapere dove stava la sua barba, e così rimase
sempre sveglio
per guardarla…la spostava continuamente, ora sopra e ora sotto le coperte,
nella speranza di
capire…
MINO E come finisce?
PINO Finisce che il monaco, dal convento dove stava, lo portarono al manicomio.
E là, al manicomio,
gli tagliarono barba, baffi e capelli…Il servizio completo, gli fecero…
MINO Pino…
PINO Eh…
MINO E’ lontano?
PINO Che cosa…
MINO Sto’ posto…Sto’ manicomio…E’ assai lontano da qua?…No, perché…le
basette…mi sono
cresciute troppo…hanno bisogno di una spuntatina…
PINO (gli porge un secondo bicchiere d’acqua) Bevi, bevi…Te le spunto io, le
basette…(si alza
e sistema attorno al collo del fratello un asciugamani bianco; poi tira fuori
da una tasca un
paio di forbici e comincia a spuntargli le basette)
MINO Tu me le lasci troppo lunghe. Là, al manicomio, me le fanno corte corte
come piacciono a
me…L’hai detto tu che sono bravi, là…
PINO Si…te le fanno corte corte…come piacciono a te…non ti lasciano niente…pure
la testa, ti
tagliano…
MINO La testa?
PINO La testa, la testa.
MINO E che se ne fanno, della mia testa?…(pausa)…Pino, m’è venuta un’idea…
PINO …
MINO …Io vado al manicomio, mi faccio spuntare le basette, mi faccio tagliare i
capelli, e pure la
testa mi faccio tagliare. Poi ti telefono, e al manicomio ci vieni anche tu…E pure
tu te la fai
tagliare, la testa…E dopo ce le facciamo scambiare…Gli diciamo, ai dottori
del
manicomio, che ci devono fare l’innesto…
PINO Il trapianto…
MINO Eh, il trapianto…Così, se non c’è il rigetto, io ho risolto il mio
problema...
PINO Quale problema…
MINO Il sogno che ho fatto…Sono sicuro, Pino, che dentro quel sogno ci siamo
scambiati i vestiti e il
nome per tre volte…e io, alla fine, ero diventato te…e tu, me. Se al manicomio
ci
facciamo scambiare pure la testa, le cose tornano come prima…io ritorno io…e
tu, tu…
(prende il bicchiere d’acqua, mima un brindisi, beve)…Alla nostra!
Scena 9
Sentiamo solo la voce di Alba che sussurra nel buio dolci parole ai propri
figli.
ALBA Ninì...ninì...le sentite le campane? Le campane stanno suonando. Venite,
ci dobbiamo
sbrigare. Dobbiamo fare presto. Venite qua, che vi pettino...Lo sapete? C'avete
gli
stessi capelli del nonno, gli stessi riccioli, e gli occhi: sono tali e quali a
quelli suoi. Era
contento, rideva, vi prendeva in braccio...Diceva che lui se ne stava andando e
che, al posto
suo, eravate arrivati voi...
Poi la luce, lentamente, si alza sulla donna.
ALBA C'era una confusione...La confusione era dentro e fuori di me. Pensai che
me ne dovevo andare,
che quello non era il posto mio. Una mattina, mentre stavo alla finestra e
pensavo, feci un sogno a
occhi aperti: sognai che là fuori c'era il temporale e io avevo tanta paura,
che la terra tremava e
tutte le pareti...Io mi stringevo le braccia al petto mentre l'acqua cadeva
forte, ma così forte che
sembrava che tutto il cielo voleva entrare dentro casa. Gettai un grido per lo
spavento e il
temporale si calmò. E quando mi sono svegliata, mi sono accorta che le rose che
stavano sopra la
finestra erano seccate. Perdonatemi. Era diventato impossibile
continuare...qualcuno, da dentro, un
verme lungo e schifoso come gli anni che erano passati mi stava divorando le
viscere.
Perdonatemi: avrei voluto essere albero, ma sono nata porta...mettere al mondo
frutti, invece
ho dato solo semi…
Quella notte…Quella notte sopra al cielo brillavano le stelle, e per la strada
non ci stava nessuno;
ho messo piano piano la testa fuori dalla porta e ho aspettato senza fare
rumore…non ci stava
veramente nessuno: solo i cani che raspavano contro i bidoni della spazzatura e
li rovesciavano,
per poter mangiare. Tutti gli altri, le persone, dormivano. Mi sono seduta un
po' sulla soglia e me
ne sono accorta, me ne sono accorta finalmente, che ero sola...che pensavo che
a fianco a me ci
stava qualcuno, ma non era vero...era bugia...come le bugie che mi dicevo
quando ero piccola, la
notte, che avevo paura che venisse poponni (*) e mi mangiava...così mi
stringevo la testa tra le
mani e chiudevo gli occhi, e pensavo che a fianco a me ci stava l'angelo colla
spada di fuoco...e
quando arrivava poponni, l'angelo con un colpo di spada gli spaccava la testa.
Ma mo' l'angelo
era sparito, s'era stufato di stare appresso a me. Così sono entrata dentro
casa...i bambini stavano
dormendo nella camera belli belli. Ho chiuso la porta della camera con la
chiave: lui, là dentro,
non ci doveva entrare. Poi me ne sono andata, me ne sono uscita di casa e ho
cominciato a
camminare. A camminare e a respirare.
Buio.
(*) L’uomo nero.
Scena 10
Pino fa un solitario con le carte.
Mino continua a gironzolare nervosamente di qua e di là.
MINO Devo fare la pipì!
PINO Adesso? Ma non puoi aspettare?
MINO Sono anni, che aspetto. Voglio fare questo, aspetta...Ho bisogno di
quello, aspetta...no, mi
dispiace…mi dispiace ma di pisciare io non posso fare a meno. Anzi, tu com'è
che fai? Dì, hai i
pannolini per caso? Sì sì, prima di andarsene deve avergli messo i pannolini,
al suo bel culetto
rosa.
PINO Non se n'è andata! Vieni, falla qua. (Gli mostra un mucchietto di terra)
MINO Terra...è terra...Ma lo sai che siamo ben organizzati! Sì sì, comincia a
piacermi 'sto
posto...Ahhhh...non c'è che dire...Abbiamo il nostro bel mondo, qua, e chi ci
sposta più? Ma
quando la terra sarà piena di piscio e qua dentro comincerà a puzzare, allora
ti voglio
vedere...come i topi finiamo...quella fine, facciamo.
Scena 11
Mino traffica con assi, corde e teli.
Pino ascolta la radio e lo osserva incuriosito.
PINO Ma si può sapere che diavolo stai facendo? Che è, un nuovo tipo di gioco
questo? E spiegalo
pure a me così lo facciamo insieme, no? Oh, qua siamo in due...Quello che c'ha
uno, anche
l'altro lo deve avere.
MINO Calmo, stai calmo che ti spiego tutto. (non dice una parola)
PINO Beh? Adesso pure il filosofo si mette a fare; avanti avanti, sentiamo come
funziona.
MINO Tu però siediti e stai zitto. E dice, e dice...E guarda un po', fallo
funzionare quel cavolfiore che
c'hai al posto del cervello. Secondo te, eh?...che posso farci col legno e
colla corda...una forca
così ci impicchiamo? Oppure...oppure ci metto un palo qua...un altro là...e ci
appendiamo i
panni da asciugare? Peccato però che dentro questa fogna il sole non arriva...
PINO Non lo so, non lo so.
MINO Come non lo so! Sai sempre tutto, tu! Avanti, sforzati, e sforzati!
PINO E' che proprio non ci riesco.
MINO Allora te lo dico io, te lo dico: una zattera, eccolo che cavolo sto
facendo...mi sto costruendo
una zattera...
PINO Una che...? E...e che ci vuoi fare, qua, con una zattera...Mica siamo al
mare, qua...Uh uh...hai
capito, il fesso? Una...e dimmi, dimmi un po'...quanti posti ci sono...insomma,
a quanti posti è
questa...questa zattera...
MINO Un posto, per un fesso solo.
PINO Ho capito, ho capito...e le provviste, chi te le passa poi, le provviste?
MINO Mi mangio i pesci del mare.
PINO Ohhh...ma dove credi di stare, a santropèz? E visto che ci sei, perché non
ti porti pure una bella
negretta che ti sciuscia, mentre te ne stai spaparanzato come un pascià?
MINO Ma chi t'ha invitato, chi t'ha chiesto niente! Tu se non vuoi venire non
ci vieni. Continua a
sentire la radio che solo quello puoi fare; falla andare notte e giorno, tutta
la notte e tutto il santo
giorno...tanto la radio, quella, va...
PINO Che vuoi dire? Che cos’è che vuoi dire?
La luce s'abbassa piano su Mino. Si vede solo Pino.
PINO Mino certe volte mi guarda e ride...Se la ride...senza motivo...
Scena 12
Mino apre cassetti e fruga disperatamente dappertutto come in cerca di
qualcosa.
Pino fuma e ascolta la radio seduto sulla sua sdraio.
MINO Il caffè! Il caffè è finito, io non posso stare senza...
PINO Ti farà bene, sei un po' nervoso in questi giorni. Ti vedo nervoso,
sì...te lo dico da fratello...anzi
no, da amico...fratello è una parola che non mi piace.
MINO Hai ragione. E' che non riesco a dormire.
PINO Devi cercare di stare calmo, calmo. Vedi?...Fai come me, fai conto che non
è successo niente.
MINO Per te è diverso...tu c'hai quella della drogheria...un giorno che la
porta si apre tu ti prendi una
casa con lei...ce ne sono tante in giro...
PINO Sììì...
MINO C'hai l'età per farlo.
PINO C'hai la stessa mia età!
MINO E' diverso, io...io sono più piccolo. E poi non sono fatto per quelle
cose. Invece è questo, questo
cavolo di buco: un budello senz'aria per respirare...E' un sacco che mi tieni
chiuso qua dentro. Si
può sapere perché, che t'ho fatto? E' così che m'hai trattato sempre, m'hai
spinto giù per non
farmi uscire ma io...sono sicuro, anche tu ti stai dannando l'anima...tutto il
giorno a tenermi a
bada, a controllare quello che faccio. Non puoi. Fosse qua, adesso, te lo
direbbe...stai sbagliando
proprio tutto...Ma se n'è andata...Puff, sparita! Vuoi ficcartelo in quella
testaccia? Ti verrà tutto
più facile, vedrai.
Mi ricordo vagamente: di là nell'altra stanza succedeva di sicuro qualcosa. Metto
piano
l'orecchio al legno bianco della porta, per sentire meglio: c'era uno strano
silenzio. Mi sarei
volentieri unìto ma nessuno venne a invitarmi. Così continuavo a carezzare con
tutte e due le
mani la porta che ci avrebbe separati per sempre. Poi uscì, da quel silenzio
bianco e senza fondo.
C'aveva gli occhi arrossati del pianto. Non mi guardò in faccia e andò dritta
verso la cucina. Di
lui, niente. Non so se era ancora là dentro. Mi resta però l'eco della sua voce
oltre quella porta
bianca. Forse, un urlo.
PINO Non ricordo...tutte queste cose...
MINO Dì la verità: speri che lei torni. Dici sempre a me non bere tanto caffè,
pensa a dormire. E tu?
Che pensi di risolvere stando tappato qua dentro? Vorresti che io ti dicessi
“non preoccuparti di
me, si sta bene anche qua, aspetteremo finché non sarà tornata...". Non
tornerà. Sta meglio di
noi. Siamo noi che marciremo in questo posto puzzolente se non apri quella
maledetta porta.
Scena 13
Pino sembra essere solo nella camera. Dispone con cura sul tavolo la sua serie
di lucchetti di differenti dimensioni. Terminata l'operazione si frega le mani
soddisfatto. Subito dopo tira fuori dallo scatolone sotto il tavolo orologi e
sveglie e da loro la carica. Li piazza sul tavolo, in mezzo alla composizione di
lucchetti, in precisi punti strategici. Si allontana per ammirare il
tutto.
Siede sulla vecchia sdraio.
Le sveglie suonano tutte insieme e Pino ride, continua a ridere fino al
silenzio.
Quindi si alza dalla sdraio, prende gli orologi e li depone con cura nello
scatolone. Sta per raccogliere anche i lucchetti ma d’un tratto, come colto da
un dubbio, si mette a contarli.
PINO ...trentanove, quaranta, quarantuno. Ci sono tutti. Nessuno c'ha messo le
mani. Bene bene. No,
perché…se qualcuno me li tocca…
BUIO.