La porta

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LA PORTA

LA PORTA

di Serafino Filoni

Personaggi:

Lucia (La madre)

Giulio (Il figlio)

Fabio Berti

Gianna (Moglie di Fabio)

Marta (Figlia di Gianna)

Sig. Fonzai (Amministratore)

Sig. Rinaldi

Maria Rinaldi

Sig. Tanafili

Antonella Tanafili

Federico Castello (Un amico di famiglia)

Avvocato Martelli

Un medico

Un vigile

Un panettiere

LA PORTA

Scena:                 La prima ad entrare è Lucia, che si toglie il cappotto, lo appende e va nelle altre stanze. La stanza è buia. La porta viene riaperta dal di fuori, entra Giulio, magro, sui quaranta, capelli in disordine, impermeabile scuro. Apre la porta cautamente, si guarda intorno. Attraversa la stanza ed esca dall’altra porta. Rientra con in mano un pacco di fogli ma attraversando la stanza qualcosa cade, il rumore fa entrare Lucia.

*****

Lucia         -        (impaurita)Chi c’è qui ?

                   (Giulio non si muove, poi guadagna l’uscita, parlando sottovoce)

Giulio         -        No basta, ti prego basta. (esce).

                   (Lucia si guarda intorno poi ritorna fuori scena. Entrano in scena Gianna e Marta -madre e figlia- . E’ inverno fuori, indossano cappotti e guanti. Portano buste della spesa. Dopo, a seguire, entra Fabio -il padre- con una scatola molto pesante. In principio l’unica illuminazione sarà data dalla luce del corridoio).

Gianna      -        Non si vede un accidente.

Marta        -        Dov’è l’interruttore ?

Gianna      -        Dovrebbe essere nel corridoio a sinistra.

Marta        -        Vado io.(esce a destra. Suonano al citofono).

Gianna      -        Rispondo io, appena scopro dov’é.

                   (in quel momento si accende la luce.)

Gianna      -        Trovato !(risponde)Chi è? (rimane in ascolto, poi apre il portone)

Marta        -        (rientra) Certo che il colore me lo aspettavo diverso.

Gianna      -        Te lo avevo detto che una volta steso cambiava.

Marta        -        Dove ci si potrà sedere un attimo ? C’è solo quella sedia col telefono sopra.

Gianna      -        Oh bhe,  il telefono non è ancora allacciato, comunque quella sedia è troppo sporca.

Marta        -        La spesa dove la mettiamo ?

Gianna      -        In cucina, di là. (bussano)Apro io.

                   (Lucia entra e va alla finestra, la apre, chiama)

Lucia         -        Signor Follone ! Signor Follone !

                   (Rispondono da fuori, in strada)

                   -        Signorina Lucia, dica.

                   (Entra Fabio)

Lucia         -        Me lo porta domani, poi, su il pane?

                   -        A che ora posso ?

Lucia         -        Va bene alle otto ?

                   -        Sarà fatto.

Lucia         -        Grazie tante (chiude la finestra e riesce)

Marta        -        Papà, ti sei ricordato le tendine per lo specchio ?

Fabio         -        Ma si, si.

Gianna      -        Ma dai, pure le tendine per lo specchio ?

Marta        -        L’ho visto su un giornale a casa di zia Marisa. Sono un’amore.

Fabio         -        (prende in giro) L’ha da zia Marisa.

Gianna      -        (c.s.)Ah va bene allora.

Fabio         -        Hai già guardato nelle altre stanze ?

Marta        -        Abbiamo solo acceso le luci.

Fabio         -        Allora vado a vedere, l’idraulico ha finito il bagno (esce)

Gianna      -        Ma, i sanitari ? (lo segue uscendo)

Fabio         -        Li hanno montati Giovedì, vieni a vedere. (escono)

                   (Lucia entra con delle bottiglie di liquore e dei bicchieri, li va a posare in un mobile, un bicchiere le cade. Marta salta per il rumore improvviso. Marta rimane sola nella stanza, si guarda intorno, guarda dalla finestra. Prende le cose dalla scatola: le tendine, i detersivi, la carta igienica, vari piccoli oggetti. Poi dalla busta della spesa prende un pezzo di pane. Gianna rientra)

Gianna      -        Ecco cosa succede a lasciar fare. Hanno montato i rubinetti al contrario.

Fabio         -        Non ci vuole niente a rimetterli a posto.

Gianna      -        Ti è venuta fame ? (rivolta a Marta)

Marta        -        Un po'.

Gianna      -        Adesso ci facciamo due fili di pasta. Dammi una mano.

                   (Prendono le buste ed escono. Fabio si toglie il cappotto, si guarda intorno, guarda dalla finestra, va al telefono e controlla che sia in funzione. Prende il cappotto e lo appoggia sullo schienale della sedia, facendo attenzione a non farlo sporcare.)

Marta        -        (da fuori)Non c’é gas ?

Gianna      -        Fabio, dov’è il rubinetto del gas ?

Fabio                   -             Fuori, sul terrazzino a sinistra.

Marta        -        (entrando)Papà, quando ci allacciano il telefono ?

Fabio                   -             Martedì dovremmo avere la linea.

Marta        -        Martedì ?! E’ un secolo.

Fabio         -        Stanno cambiando le centraline.

Marta        -        Allora scendo a telefonare.

Gianna      -        (da fuori) Compra il sale !

Marta        -        Si. (a Fabio) Qual’é la chiave del portone ?

Fabio         -        Usa le mie (le da le sue chiavi)

Marta        -        Faccio presto. (esce. Gianna rientra)

Gianna      -        Speriamo bene.

Fabio         -        Per cosa ?

Gianna      -        Mha, così, per tutto.

Fabio         -        Sei preoccupata.

Gianna      -        E’ una casa nuova, é un quartiere nuovo.

Fabio         -        La città é la stessa. Non é cambiato niente.

Gianna      -        Hai telefonato a Giulio ?

Fabio         -        C’é tempo.

Gianna      -        E se poi parte per lavoro ? Non lo rintracci più.

Fabio         -        C’è tempo. (guardandosi intorno) Ho lasciato la valigia con le coperte in macchina.

Gianna      -        Cosa ti costa fargli una telefonata ?

Fabio         -        Non mi costa niente. Aspetto colo che ci sistemiamo per bene.

Gianna      -        Io dico che hai paura.

Fabio         -        Paura di che ?

Gianna      -        Dai che hai capito benissimo.

                   (Una breve pausa, nel silenzio si sente il rumore della strada)

Fabio         -        Scendo a prendere la valigia (esce)

                   (Gianna riordina le poche cose che occupano la stanza. Suonano alla porta. Gianna apre. Entra il signor Fonzai, L’amministratore dello stabile)

Fonzai        -        La signora Berti, vero?

Gianna      -        Si ?

Fonzai        -        Sono Fonzai, l’amministratore.

Gianna      -        Oh buonasera, entri, entri pure.

Fonzai        -        Vi ho visti arrivare e allora ho pensato:”Gli faccio una visitina”.

Gianna      -        Ha fatto bene. Non so, però, se posso offrirle un caffè.

Fonzai        -        Oh non si preoccupi. Di sera non lo prendo mai, mi irrita lo stomaco.(si guarda

                            intorno) Però, l’avete sistemata bene la casa.

Gianna      -        Ci ha pensato mia figlia, si è sbizzarrita sui colori.

Fonzai        -        Certo, tutta un’altra cosa rispetto a quando c’era il signor Giulio.

Gianna      -        (con tono basso)Eh si.

Fonzai        -        Una brutta storia. Ne rimase sconvolto, me lo ricordo.

Gianna      -        Come la prese Giulio ?

Fonzai        -        Mah, cosa vuole, in un primo momento sembrava senza speranza. Subito dopo l’incidente aveva l’aria di aver perso la testa.

Gianna      -        Quando lo vidi al funerale era distrutto.

Fonzai        -        Anzi, era già migliorato, di parecchio. Gliel’ho detto, era senza speranza. Poi la decisione di vendere questa casa. Improvvisamente.

Gianna      -        E’ comprensibile, dopo la morte della madre.

Fonzai        -        Ma era la casa di sua madre, apparteneva alla sua famiglia quasi da quando è stato costruito il palazzo.

Gianna      -        Bisogna capirlo, troppi brutti ricordi lo legavano alla famiglia. Le mura, i mobili, gli odori,...

Fonzai        -        ...le voci.

Gianna      -        Le voci ?

Fonzai        -        Non lo ha saputo ?

Gianna      -        Che voci ?

Fonzai        -        Quando la madre morì in quel brutto incidente, il signor Giulio era in uno stato veramente preoccupante e in quel periodo parlava di voci che gli si rivolgevano, anche in pieno giorno, e che pare lo spinsero a vendere la casa.

                   (entra Fabio)

Fabio         -        Signor Fonzai, buonasera.

Fonzai        -        Oh buonasera signor Berti, mi scusi se vi piombo in casa così. ero passato per dare un saluto.

Fabio         -        Ha fatto bene. Sarei passato io da lei, non appena sistemati.

                   (Gianna annuisce poco convinta)

Fonzai        -        Parlavamo, con la sua signora, dei fatti di questa casa.

Gianna      -        Di Giulio.

Fabio         -        E’ una bella casa, sono ancora convinto di aver fatto un affare.

Fonzai        -        Il signor Giulio l’ha data via comunque a malincuore. Le voci (ammiccando)

Fabio         -        Già, le voci, la scocciatura delle pareti sottili.

Fonzai        -        Già, già, le pareti sottili (tralasciando).

Fabio         -        Ho già provveduto a far insonorizzare i muri.

Fonzai        -        Quando é così, io vado. Ho ancora qualche pratica di condominio da evadere. Ci vediamo signora, arrivederci.

Gianna      -        Arrivederci.

                   (Fonzai esce. Gianna guarda Fabio curiosa. Fabio ne incontra lo sguardo poi lo evita e

                            si occupa di qualcosa.)

Gianna      -        (che non si trattiene) Lo sapevi delle voci ?

Fabio         -        Me ne parlò Giulio. Si vedeva che non stava bene.

Gianna      -        Perché non ma lo avevi detto, allora ?

Fabio         -        Era inutile, non potevi farci niente.

Gianna      -        Telefonagli.

Fabio         -        Poi.

Gianna      -        Per ringraziarlo, almeno.

Fabio         -        C’è tempo. Abbiamo tutto il tempo. Quando avremo la linea del telefono.

Gianna      -        Perché poi hai voluto far cambiare la linea.

Fabio         -        Me lo chiese Giulio stesso. Mi chiese di cambiare la faccia di questa casa. Sapeva che potevo farlo.

Gianna      -        Che bel samaritano.

                   (Si aprirà la porta d’ingresso. Entreranno due signori vestiti eleganti ma alla moda di un’altra epoca. ne Gianna ne Fabio daranno l’aria di accorgersi di questo.)

Tanafili      -        Ci siamo di nuovo.

Rinaldi       -        Ho un senso di pena. Chi saranno stavolta ?

Tanafili      -        E chi può saperlo.

Fabio         -        Non me la sarei sentita di dirgli di no.

Gianna      -        I quadri della famiglia se li è ripresi lui ?

Tanafili      -        Spie, dicono, ma a me sembravano solo dei poveracci.

Rinaldi       -        L’avvocato Martelli, l’hai più sentito ?

Fabio         -        Li ha portati via lui, non so dove.

Gianna      -        Giù al paese.

Tanafili      -        No, é andato via in fretta e furia.

Rinaldi       -        Io dico che ha esagerato.

Fabio         -        Sicuramente, li avrà sicuramente dati al prete del paese. Avevano il loro valore.Mi ha lasciato il quadro del padre.

Gianna      -        Fabio, era anche tuo padre.

Fabio         -        Patrigno, non era che il mio patrigno.

Gianna      -        (vedendo che Fabio inizia ad agitarsi, cambia discorso) Marta che fine ha fatto ?

Tanafili      -        Ma si, lasciare una casa come questa e andare a finire chissà dove, solo per delle dicerie.

                   (Suonano alla porta. Si sente il rumore di chiavi)

Rinaldi       -        Lascia, vado io.

                   (Va ad aprire. Marta appare sulla porta mentre toglie la chiave dalla toppa. Insieme a lei, più indietro, due signore distinte.)

Marta        -        Mamma mia, ho fatto una fila esagerata solo per il sale.

Maria         -        Scusate il ritardo, le nostre chiacchiere ci hanno rallentato.

Antonella   -        Le bugie hanno le gambe corte.

Maria         -        Si ma quelle degli altri.

Gianna      -        L’hai trovato ?

Marta        -        Il sale ?

Gianna      -        Ma no, Paolo.

Marta        -        Si.

Fabio         -        Datemi una mano. Portiamo di là questa roba.

Antonella   -        Allora, ce lo offrite questo tè ?

Rinaldi       -        Sicuramente ! (Suona un campanello)

                   (Entra Lucia in tenuta da cameriera. Vestitino nero e grembiulino)

Lucia         -        Buonasera signori, non vi ho sentiti entrare.

Rinaldi       -        Lucia, ci prepara un tè, per favore ?

Lucia         -        Si, subito.(esce)

Antonella   -        Ma quella non è la cameriera dell’avvocato Martelli ?

Maria         -        E’ lei, si.

Tanafili      -        Ma non era un po' tocca ?

Rinaldi       -        Ma no, son solo voci.

Antonella   -        Ecco si, le voci. Non era lei che sentiva le voci ?

Maria         -        Forse è soltanto una diceria. Da quando siamo venuti ad abitare in questa casa, non ha mai dato alcun cenno di squilibrio.

Rinaldi       -        Ma si, sono state le chiacchiere dei pettegoli a creare questo castello di dicerie.

Tanafili      -        E’ vero però che mi sembra strano che una persona decisa come il Martelli, lasci

                            una casa e tutto il resto solo per delle dicerie.

Antonella   -        Di questi tempi le dicerie possono farti più danni dei fatti veri.

Maria         -        Passando davanti alla caffetteria abbiamo sentito di un arresto in piazza Da Vinci.

Rinaldi       -        Due agitatori, sembra, ma non ci scommetterei neanche un danaro.

                   (rientra Lucia che comincia a ordinare per il tè. Apparecchierà il mobile al centro della stanza)

Tanafili      -        Troppe volte la realtà non è stata rispettata. Arrestano chi non cammina dal lato giusto della strada, chi porta il cappello troppo storto.

Maria         -        ma non è che il Martelli avesse, invece, qualcosa con la giustizia...

Tanafili      -        Ma no, figuriamoci. Sta per essere promosso a Rettore della Regia Università.

                   (entra Marta per portare due sedie)

Marta        -        (strilla verso fuori)Mamma, dove le metto ?

                   (Lucia ha un sussulto)

Gianna      -        (da fuori)Vicino alla cassa.

                   (Lucia esce velocemente. Marta mette in posizione le sedie poi dà uno sguardo fuori della finestra, esce)

Maria         -        Eppure questa fuga dell’avvocato sa di losco.

Antonella   -        Non più di tanto. Sembra che l’avvocato se la intendesse con una persona molto vicina e che, improvvisamente, questa persona abbia dato segni di squilibrio.

Maria         -        E, chi era questa persona ?

                   (Entra Lucia con il tè)

Lucia                   -             Verso, signori ?(si guarda intorno)

Rinaldi       -        Lasci pure Lucia, grazie.

                   (esce guardandosi intorno)

Maria         -        Sembra nervosa.

                   (Entra Gianna con una tovaglia. Apparecchierà la cassa in maniera tale che il vassoio con il tè resti avanti e la tavola apparecchiata dietro)

Antonella   -        Ci avrà sentiti parlare dell’avvocato, é normale.

Tanafili      -        (Per cambiare discorso)Insomma, ci volete dire come vi trovate in questa nuova casa ?

Maria         -        Niente male, davvero. Le finestre danno proprio sulla piazza e poi la posizione è quasi centrale. E’ stata un’occasione. Un fulmine a ciel sereno.

Rinaldi       -        Anche il prezzo ci ha stupito.

Antonella   -        Non sarà mica infestata dagli spiriti  ? (ridono)

Rinaldi       -        Nel caso, meglio così. Non amo la solitudine.

Maria         -        E poi fa sempre piacere parlare con persone nuove.

Tanafili      -        Se sono fantasmi, tanto nuove non saranno.

Gianna      -        Marta, porta i piatti.

                   (Fabio entra con un quadro in mano. Un ritratto)

Fabio         -        Che ne dici se il ritratto del mio patrigno lo mettiamo qui ? (alzerà il quadro ad altezza media, magari davanti ad uno dei personaggi)

Gianna      -        Ma no, li ci va il mobile.

Fabio         -        E’ vero.

                   (Entra Lucia)

Lucia         -        Porto via, signori ?

Maria         -        Si, grazie.

                   (Fabio appenderà il quadro su una parete. la cameriera riordinando il vassoio lo guarderà, poi con un gemito sverrà. Entra Marta con i piatti).

Rinaldi       -        Lucia, che avete ?

Maria         -        E’ svenuta.

Tanafili      -        Appoggiamola sul divano.

Lucia         -        E’ lui, hanno messo qui lui .. (indicherà il quadro).

Tanafili      -        Lui chi ?

Rinaldi       -        Ah guarda quel quadro.

Maria         -        Te l’avevo detto di toglierlo.

Rinaldi       -        Contavo di toglierlo.

                   (Toglierà il quadro facendo in modo che ne resti un altro identico al suo posto).

Marta        -        In nonno lo mettiamo li ?(delusa)

Gianna      -        Lascia stare, tanto gli cambieremo posto trenta volte. Già lo so.

Fabio         -        E va bene, ma per ora lo mettiamo li.

Maria         -        Ora va meglio ?

Lucia         -        Loro non capiscono, non sanno. (con voce rauca)

Rinaldi       -        Non sappiamo ?

Lucia         -        Devo andare, perdonate.

Antonella   -        Ma si, meglio che vi andiate a dare una rinfrescatina.

Rinaldi       -        Maria, va con lei, è meglio.

Maria         -        Si, si, vado, è meglio.

Gianna      -        Dopodomani arrivano i mobili, speriamo che il calcinaccio in camera da letto si sia già posato.

Marta        -        Non vedo l’ora.

Maria         -        (da fuori) Correte, è svenuta di nuovo.

Marta        -        Avete sentito ? Ci deve essere qualcuno che sta male. Forse al piano di sopra.

Gianna      -        Io non ho sentito nulla.

Rinaldi       -        Meglio andare a vedere (esce con Antonella)

Tanafili      -        (a voce alta)Io faccio un  salto a chiamare il medico della farmacia qui sotto. (esce).

Marta        -        Deve stare proprio male, vanno a chiamare un medico.

Gianna      -        Beata te che ci senti tanto bene.

Marta        -        Non capisco se siano quelli di sopra o di lato.

Fabio         -        Che diavolo ti interessa.

Marta        -        Ma niente, così, siccome l’ho sentito sono stata ad ascoltare.

Fabio         -        Vado ad assaggiare la pasta. (esce).

Marta        -        Cos’ha ? E’ nervoso ?

Gianna      -        Colpa mia, gli ho ricordato un dovere.

Marta        -        Ancora Giulio ?

Gianna      -        E’ suo fratello. Non lo abbiamo più sentito, neanche a ringraziarlo per la casa.

Marta        -        Quando parte per Monaco ?

Gianna      -        Non lo so, tra poco. Sempre a scappare, sempre di corsa.

Marta        -        Non si sente più niente, chissà com’è andata.

                   (suonano alla porta, ad aprire va Maria. Entra Tanafili con un medico in camice bianco.)

Maria         -        Hai trovato il dottore, meno male.

Dottore      -        Facciamo presto, ho lasciato il ragazzo solo a servire in farmacia.

Maria         -        Di qua, faccio strada.

Marta        -        Hanno trovato il dottore, meno male.

Gianna      -        Chi ?

Marta        -        Quelli di prima.

Fabio         -        Guardate che vinello avevamo nella cassa.

Rinaldi       -        (rientra)E’ strana questa ricaduta così violenta.

Tanafili      -        Quel quadro deve averla colpita.

Rinaldi       -        Non fila il discorso, quel quadro era lì da giorni. Lo poteva vedere in qualsiasi momento, in ogni ora della giornata.

Fabio         -        Pensate è proprio di queste parti.

Gianna      -        Ma si brindiamo alla nuova casa.

Marta        -        Alla salute di tutti e tre.

                   (bevono).

Gianna      -        La pasta! (esce di corsa)

                   (entra il medico con Maria).

Dottore      -        Comunque niente di grave, è una cosa lieve non fatela agitare. Piuttosto bisognerà fare attenzione al suo stato. Sarà al secondo mese o giù di li.

Maria         -        E’ incinta ?

Dottore      -        I segni sono piuttosto chiari, bisognerebbe sapere se la signorina ne sia a conoscenza. Probabilmente un indebolimento ha alimentato il tutto.

Rinaldi       -        Allora dottore ?

Dottore      -        Nulla di grave, ha bisogno di qualche ora di riposo. Tenete questi tranquillanti, sono leggerissimi. Giusto una mano per il sonno.

Marta        -        Quando potremo invitare Paolo ?

Gianna      -        Un pò di pazienza, voglio che sia tutto in ordine.

Tanafili      -        E’ strana una ricaduta così improvvisa.

Dottore      -        Qualcosa di inaspettato deve aver scosso i suoi nervi. Ora sembra più calma. Se ci sono miglioramenti o peggioramenti, fatemelo sapere.

Maria         -        Va bene, grazie. (Tanafili e Maria tornano fuori).

Rinaldi       -        L’accompagno dottore.

                   (Rinaldi uscendo mette una mano in tasca, usciranno fuori dalla porta e la terranno socchiusa. Poi Rinaldi rientrerà.).

Marta        -        Ogni tanto si sente un’aria fredda dalla porta.

Gianna      -        Figurati che io sto sudando.

                   (entra Fabio, porta una casseruola con la pasta).

Fabio         -        Eccomi qua.

Marta        -        Che profumino.

Gianna      -        Passami il piatto.

                   (Rinaldi rientra, entra Tanafili).

Tanafili      -        Che ha detto ?

Rinaldi       -        L’aveva già curata in precedenza. Non si aspetta una crisi così violenta.

                   (entra Antonella).

Antonella   -        E’ meglio andare, ora.

Tanafili      -        Dobbiamo passare alla stireria prima che chiuda.

Fabio         -        Se volete c’è anche un’aranciata.

Gianna      -        Con la pasta !?

Marta        -        La prendo io.

Rinaldi       -        Ci vediamo domani pomeriggio, allora.

Tanafili      -        Al circolo della lettura.

Rinaldi       -        A proposito, ho letto il libro di Mastrantoni sulle scienze occulte. Le risate !

Maria         -        Ma dai.

Marta        -        (rientra) E’ ancora calda

Fabio         -        L’ho messa poco fa, ci vuole tempo.

Gianna      -        Ghiaccio ce n’é ?

Marta        -        Vado a vedere.

Tanafili      -        Fateci sapere come va la signorina.

Rinaldi       -        State tranquilli.

                   (si salutano ed escono)

Fabio         -        Lo credo che non ingrassa, non sta mai ferma.

Gianna      -        Tutta invidia, signor commendatore.

Fabio         -        (si guarda e si tocca la pancia) Che vuoi dire, mi sono ingrossato ?

Gianna      -        Ah io non dico niente.

Maria         -        Che ti stava dicendo il dottore ?

Rinaldi       -        Mentre la stava visitando, dice che Lucia continuava a mormorare parole confuse. Tra queste gli è sembrato di capire che parlasse dell’avvocato o comunque di qualcuno di questa casa.

Maria         -        Non credi sia il caso di telefonare all’avvocato ?

Rinaldi       -        A Martelli ?

Lucia         -        (entra in quel momento) No !

Marta        -        (entra in quel momento) Oddìo. (le cadono i ghiaccioli di mano)

Maria         -        Lucia, cos’ha ?

Gianna      -        Marta, che t’è preso ?

Lucia         -        (lamentandosi) Non fate sapere niente all’avvocato, vi prego.

Marta        -        Ho sentito uno strillo, così vicino che sembrava venisse da qui.

Rinaldi       -        Ma era soltanto un pensiero.

Maria         -        Ma si, si pensava a voce alta.

Lucia         -        Non lo fate, ve ne prego, è stato solo un brutto momento. Niente di più.

Fabio         -        Ti senti meglio ?

Marta        -        Eh ? Si, è stato solo un momento, niente di più.

Gianna      -        Stai seduta prendo uno straccio.

Marta        -        Ma no, sto benissimo.

Rinaldi       -        Dovete stare a letto, lo ha detto anche il dottore.

Lucia         -        Il dottore conosce bene solo i mali del corpo. Cos’altro ne può sapere lui.

Maria         -        Questa sera non avete niente da fare, potete restarvene in camera vostra o uscire, se preferite.

Fabio         -        Che t’è preso ?

Marta        -        Ho sentito come se qualcuno strillasse in questa stanza. Strillava per paura, sembrava.

Gianna      -        Fine del ghiaccio. Abbiamo inaugurato il pavimento.

                   (si sente il campanello d’ingresso)

Marta        -        Vado io.

Fabio         -        Dove ?

Gianna      -        Ma che hai ?

Rinaldi       -        Dev’essere Federico. Apro io.

Maria         -        Di già ?

                   (Marta aprirà la porta ma non vedrà nessuno all’ingresso. entrerà Federico. Marta resterà di schiena davanti alla porta).

Federico    -        Buonasera a tutti.

Marta        -        Eppure mi era sembrato.

Rinaldi       -        Un pò in anticipo.

Maria         -        Dacci il tempo di prepararci.(esce).

Fabio         -        Si può sapere che ti sta prendendo? Allora ?

Rinaldi       -        Lucia si è sentita poco bene, per questo non siamo ancora pronti.

Federico    -        Oh già, Lucia, buonasera.

Lucia         -        Buonasera signor Castello.

                   (Rinaldi offre da bere)

Gianna      -        (va alla porta, la chiude, accompagna Marta a sedersi) Mi sa che ti sei stancata un po troppo. Adesso mangi e te ne vai subito a dormire.

Marta        -        Si, è meglio.

Gianna      -        Ti preparo il letto. (esce)

Marta        -        L’ho sentito così chiaramente, pà.

Fabio         -        Non ingrandire le cose, non sei ancora abituata ai rumori della città. Magari era un clacson giù in strada.

Federico    -        Il teatro inizia alle ventuno, ho la carrozza qui sotto. Arriveremo in anticipo.

Lucia         -        Se i signori mi permettono, vorrei ritirarmi.

Rinaldi       -        Vada, vada pure, non si preoccupi.

Lucia         -        Buona serata. (esce lentamente)

Federico    -        Cosa gli capita ?

Rinaldi       -        Si è sentita male.

Federico    -        Ancora le voci ?

Rinaldi       -        Cosa c’entrano le voci ?

Federico    -        Non era lei che sentiva le voci ?

Rinaldi       -        Io sapevo che il Martelli avesse questo problema.

Gianna      -        Fatto, tu come stai ?

Marta        -        Sto bene.

Gianna      -        Finisci di mangiare. Fabio mi dai una mano con i piatti ? Sono un po stanca.

Fabio         -        E lo credo. E’ da stamattina che giriamo come trottole.

                   (escono entrambe. Marta rimane sola, ha finito di mangiare, ogni tanto sorseggia un bicchiere d’acqua).

Rinaldi       -        Dico comunque che chi ha avuto la peggio è stata Lucia.

Federico    -        Bhe si, devo ammettere che il Martelli ne è uscito abbastanza leggero da questa storia.

Rinaldi       -        Merito dei suoi soldi.

Federico    -        Siano benedetti ora e sempre. (beve).

Rinaldi       -        Spudorato. (beve)

Maria         -        (entra).Spero sia il primo bicchiere.

Federico    -        Se non lo fosse, vedremmo già la signora Rinaldi con la sua gemella ondeggiare davanti a noi. Siccome, però, di signore incantevoli ne vediamo solo una, vuol dire che possiamo andare.

Maria         -        Sfacciato intrigante.

Rinaldi       -        Lucia, noi andiamo.

Marta        -        (si scuote) Lucia.

Lucia         -        (entra) Bene, signori, buon divertimento.

Rinaldi       -        Non ci aspettate alzata.

Lucia         -        No, certo. Buonanotte, buonanotte signor Castello.

Federico    -        Buonanotte, e fate la brava.

                   (Escono. Lucia e Marta rimangono nella stanza. Lucia va alla finestra. Guarda fuori poi la apre e chiude le ante esterne. Marta è seduta, sopra pensiero. Entra Gianna.)

Gianna      -        Oh !

Marta        -        (si distoglie).

Gianna      -        Va a dormire. Sparecchio domattina.

Marta        -        Si, vado.

                   (Lucia riordina il vassoio per il tè che era rimasto sulla cassa. Marta si alza, si guarda intorno, esce spegnendo la luce. Lucia continuerà a ordinare tranquillamente, poi uscirà anche lei. La finestra chiusa non lascerà vedere la strada ma fulmine tuoni illumineranno saltuariamente la scena. Lunga pausa. Entra Marta in pigiama).

Marta        -        Che palle, non si dorme stasera.

                   (Guarda dalla finestra)

Marta        -        Guarda come piove.

                   (Rimane un momento immobile. Si volta ed esce. Subito si accende una luce rettangolare che illumina la scena -luce della cucina-. Un’ombra occupa lentamente lo spazio illuminato. Entra Lucia, con un fazzoletto si asciuga gli occhi. Fuori continua il temporale.

Lucia         -        Non si dorme questa sera.

                   (Guarda fuori. Torna Marta con un  bicchiere d’aranciata. Si mette alla finestra, come Lucia. Restano ferme per un po'. Entra Gianna)

Gianna      -        Che fai, non dormi ?

Marta        -        Non ce la faccio.

Gianna      -        Perché non ti fai un po di latte caldo ?

Marta        -        No, mi manda al bagno. Meglio l’aranciata.

Gianna      -        Hai ragione, prendo un bicchiere.

                   (esce e rientra, si siede vicino a Marta. Si guarda intorno).

Gianna      -        Certo che si vede che la casa è antica, Eh ?

Marta        -        Quanto antica ?

Gianna      -        Fu costruita nel dodici

Marta        -        Salute.

Gianna      -        Tanto di cappello.

Marta        -        Chissà quanta gente prima di noi.

Gianna      -        Non tanta. Già nel venticinque la comprò la madre di Giulio.

Marta        -        E adesso Giulio ce l’ha venduta a noi.

Gianna      -        Si ma, una pena nel farlo.

Marta        -        Com’era la madre di Giulio ?

Gianna      -        Me la ricordo appena, la vedevo quando veniva a prendere Giulio a scuola, alle elementari. Eravamo in classe insieme. una donna sempre attenta. Faceva la cameriera allora. L’uomo con cui viveva la abbandonò per chissà quale ragione e lei lo allevò da sola. Poi non so, un colpo di fortuna, gli piovve addosso un’eredità o qualcosa di simile, e lei poté comprare la casa dove abitava. Questa.

Marta        -        Come si chiamava sua madre?

Gianna      -        Giulio la chiamava Pietra, perché non si smuoveva mai. Non me ne voleva mai parlare, ne di lei ne di suo padre.

Marta        -        Perché Giulio ha venduto ?

Gianna      -        Ma stanotte che c’è nell’aria ?

Marta        -        Mannò, così per sapere.

Gianna      -        Giulio dice che doveva cambiare aria, cambiare città. Che era stanco di questo quartiere caotico. Voleva la tranquillità.

Marta        -        E l’ha trovata ?

Gianna      -        Non so. Non credo la volesse cercare. Lui voleva solo lasciare questa casa. Tutta colpa dell’incidente. Quando tua nonna ha avuto un incidentale lui ne è rimasto sconvolto. Il dolore lo ha preso con violenza. Dicono che straparlava. Poi, un giorno, mi telefona. Glielo avevo detto che cercavamo casa, così eccoci qua.

Marta        -        Povero Giulio.

Gianna      -        Domani gli telefono.

Marta        -        Giusto.

Gianna      -        Ancora aranciata ?

Marta        -        No basta, non vorrei che mi desse alla testa.

                   (Lucia ha un sussulto, si porta le mani al ventre con una smorfia di dolore)

Lucia         -        Perché?! (con tono basso).

Gianna      -        Non è che ti è venuto sonno, per caso ?

Marta        -        Proverò a dormire.

Gianna      -        Ecco brava. Così domattina mi accompagni a prendere la macchina dal meccanico. (escono).

Lucia         -        Perché deve succedere? Perché basta fermarsi a pensare, e subito torna il presente, doloroso più che mai. non è stato sufficiente separarsi, ora devo sostenere un male che porterà a qualcosa di incredibile. Che male ho avuto a legarmi con un uomo il cui solo merito è stato quello di dare luce ai miei bisogni. Ora sono io a dar luce ai suoi pudori. Lui se n’è andato, e l’unica cosa a essermi rimasta era una voce. Cattiva come una foglia amara, lontana come una sorgente in fondo a un baratro. Dove siete voci maledette, che mi parlate del mio futuro rinfacciandomi il vostro passato, che altro non è che il mio assurdo presente. (silenzio).

                            Ditemi se sono soltanto pazza o se il mondo intorno a me ha cambiato le regole. Chi ha deciso cosa è normale e cosa no ?

                   (Tenendosi il ventre fa come se dovesse vomitare poi fugge di corsa verso le stanze. Il temporale risuona per un po. la porta d’ingresso viene aperta ed entrano Rinaldi e Maria. Il tempo sembra cambiarsi.)

Rinaldi       -        Che silenzio.

Maria         -        Lucia starà già dormendo.

Rinaldi       -        Facciamo piano.

Maria         -        Sembriamo due ladri.

Rinaldi       -        Ladri gentiluomini, che invece di rubare portano oggetti. passami il cappotto. (lo appende)

Maria         -        Proprio una bella serata. Anche il tempo è stato clemente, hai visto che cielo stellato ?

Rinaldi       -        Non male davvero.

Maria         -        Quando sarà pronta la nostra casa incentro ?

Rinaldi       -        Un anno sembra, forse meno. Per ora dobbiamo tenerci questa.

Maria         -        Te lo chiedevo per Lucia.

Rinaldi       -        Per Lucia ?

Maria         -        Si insomma, non so se vorrà seguirci lontano da questa casa. Per tante ragioni, specialmente ora.

Rinaldi       -        E allora, che dovremmo fare?

Maria         -        Non lo so, ci devo pensare. Vorrei aiutarla in qualche modo. Ricordi quando le dicemmo di rimanere, quando l’avvocato Martelli se ne andò ? Sembrava illuminata di una luce propria. La faccia che prima era piena di lacrime e disperazione si calmò di colpo.

Rinaldi       -        Me lo ricordo bene. Non mi sono affatto pentito di questo.

Maria         -        Ah vorrei vedere. Sono sempre convinta che abbiamo guadagnato un’amica fedele, più che una cameriera.

                   (entra Lucia spaventata)

Lucia         -        Gesù, siete voi, che paura.

Maria         -        Lucia, vi siete spaventata.

Rinaldi       -        Vi abbiamo svegliata ?

Lucia         -        Oh no, no, ero in piedi.

Maria         -        Non riuscite a dormire? Volete qualcosa per addormentarvi ?

Lucia         -        Grazie signora, non posso, davvero.

Rinaldi       -        Senza complimenti.

Lucia         -        Non potrei davvero, non faccio complimenti.

Maria         -        Avete preso le pillole che vi ha dato il dottore ?

Lucia         -        Non ancora, ho timore.

Rinaldi       -        Dovreste seguire le cure che vi si danno.

Lucia         -        Vi prego, non costringetemi.

Maria         -        Ma nessuno vi costringe, Lucia. E’ soltanto che avete avuto una ricaduta e rischiate una crisi. Tutto qui.

Lucia         -        Ma io capisco questo, signora.

Rinaldi       -        Meno male.

Lucia         -        Ma nel mio caso, ecco, forse dovrei mettervi al corrente. Ho una gran paura nel prendere medicine che non conosco.

Rinaldi       -        Questo può essere normale.

Lucia         -        Ma non per me, per il bambino.

                   (Rinaldi e Maria si guardano in silenzio)

Maria         -        Da quando lo sapete?

Lucia         -        Da poco tempo, qualche settimana.

Maria         -        Lucia, voi siete sola. Sono indiscreto se vi chiedo chi è il padre ?

Lucia         -        Signora non me lo chiedete, ve ne prego. Troppi guai ho portato in giro. Non mi fate combinare anche questo. Ricordate che, quando mi prendeste al vostro servizio, mi impegnai a servirvi fedelmente per l’eterna gratitudine che vi devo, sicuramente. Ora so che questa mia situazione mette in crisi la vita di questa casa. Non potrei biasimarvi se, con il mio rifiuto a rivelarvi il nome del padre, io vi portassi a mandarmi via di casa.

Maria         -        Ma Lucia, come potete pensare, conoscendoci, che vogliamo lasciarvi in mezzo a una strada, specialmente ora.

Rinaldi       -        Figuriamoci. Credete che potrei mandarvi via e continuare a farmi la barba nello specchio ? (ride con Maria)

Lucia         -        Io, non so cosa dire.

Rinaldi       -        Bhe allora, è il caso di andare a festeggiare. Su vestitevi.

Maria         -        Dove vuoi andare ?

Lucia         -        Signore, con questa pioggia ?

Rinaldi       -        Pioggia ? ma se non c’è una nuvola in cielo.

Lucia         -        M’era sembrato di sentire un temporale poco fa.

Maria         -        Per carità. C’è un bel cielo stellato.

Rinaldi       -        Vestitevi in fretta, in centro c’è ancora vita. Berrete qualcosa con noi.

Lucia         -        (timorosa)Farò in un attimo (esce)

Maria         -        Che ne dici ?

Rinaldi       -        Non so, fammici pensare.

Lucia         -        (rientra)Sono pronta.

Rinaldi       -        Benissimo, questa sera tutta vita.

                   (escono. La stanza si illumina per il  giorno. Entra Fabio, vestito, prende il cappotto)

Fabio         -        Io vado.

Gianna      -        (entra) Passi tu in farmacia ?

Fabio         -        Dove sta di preciso ?

Gianna      -        Marta dice che è qui sotto.

Fabio         -        L’ha vista ?

Gianna      -        Non lo so, ma vai o no ?

Fabio         -        Vado, vado.

                   (Marta entra da fuori, con il cappotto ed una confezione di latte. Fabio si ferma)

Marta        -        Eppure avrei giurato che ci fosse una farmacia qui sotto.

Fabio         -        Non c’é ?

Marta        -        Macché, niente. Dicono che ce n’è una ma è lontana, ci vuole la macchina.

Fabio         -        Tu dicevi che c’era.

Marta        -        Ma perché avevo sentito questi di sopra, parlavano di una farmacia proprio qui sotto.

Fabio         -        Vabbè, allora io vado. (esce, Marta va nell’altra stanza)

Lucia         -        (entrando)Signora, alle finestre penso io.

                   (apre le finestre)

Maria         -        Lucia, siete già in piedi.

Lucia         -        Ma signora, io non sono malata.

Maria         -        Si lo so, ma nel vostro stato dovete fare attenzione a non stancarvi.

                   (Suona il telefono, lo sentirà Gianna)

Gianna      -        (accorrendo)Lo hanno già allacciato ! (risponde)Pronto ? Si, sono io...Giulio ! Ma dove sei ?...Ma tu pensa, ti avrei cercato proprio oggi. Mah, così, siamo appena entrati in casa... Si da ieri...Fabio sta bene, è andato al lavoro. Si, tutto a posto.(resta in ascolto per un po) Marta sta bene. Mi ha chiesto di te. No, non ti preoccupare, non gli ho parlato di niente.....Ieri è stata strana....Non lo so, parlava insistentemente delle voci dei vicini, la stanchezza .... No,non ti preoccupare, ora le è passata. Tu cosa fai ?.....Davvero?.....Ci vieni a trovare. Ti farò un caffè......Così, un momento di generosità......Va bene, ciao. Ci vediamo dopo.

                   (Marta è entrata a metà telefonata, senza far troppo caso alla madre, poi verso la fine, realizza che è al telefono)

Marta        -        Abbiamo il telefono !

Gianna      -        Non cominciamo, modera le telefonate.

                   (suona il telefono, lo sente Lucia)

Lucia         -        Buongiorno, casa Rinaldi. No, il signore non è in casa.... La signora ? Un attimo, chi devo dire ?....Si, un momento.(poggia il telefono ed esce).

Marta        -        Solo una telefonatina, ci metto un secondo.

                   (prende il telefono ma non compone il numero).

Marta        -        Che strano, non sento il segnale. E’ come se...(sente qualcosa)Pronto? Come ? No, sono Marta, ma chi parla ? L’avvocato....? Martelli? Mi spiace credo che ci sia un’interferenza. Prego, si figuri.

                   (entra Lucia e Maria. Marta abbassa la cornetta)

Maria         -        Ma andiamo Lucia, almeno fatevi dire il nome da chi chiama.”Un amico” non è la maniera di presentarsi.

Marta        -        Era uno che diceva di chiamarsi avvocato Martelli. Neanche ce lo allacciano, già interferenze.

                   (Maria prende la cornetta)

Maria         -        Pronto? Pronto! Dev’essere caduta la linea. Fatemi un favore Lucia, la prossima volta vi fate lasciare il nome, altrimenti non passerete la telefonata a nessuno.

Lucia         -        Si signora.

Maria         -        La gente è sempre più strana.(escono)

Marta        -        Io riprovo a telefonare.

                   (compone il numero, aspetta)

                            Buongiorno, potrei parlare con Paolo, sono Marta

                   (aspetta)

Gianna      -        Telefonate brevi.

Marta        -        Ciao, ti telefono da casa.....si, devono averlo allacciato stamattina.....si, e già abbiamo avuto un’interferenza......come? Non lo so, un avvocato, ma che te ne frega ?....Tu che fai?

                   (Lucia entra con uno straccio e inizia a pulire)

                            Dove? No, non mi va. Perché non andiamo alla sagra del pesce ?(alza il tono)Con chi ci sei già andato ?

                   (Lucia si scuote)

                            Non provare a scusarti, razza di imbroglione, hai detto che non volevi uscire, e poi te ne vai in giro con quella....Non me ne frega niente se c’erano anche gli altri.

                   (Lucia comincia a guardarsi in giro, molto tesa)

                            Sai quanto si saranno divertiti alle tue spalle. Sai che ti dico? Quando vorrai uscire con me mi dovrai mandare un telegramma. (Attacca furiosa)

                   (Lucia avanza al centro della stanza. Lo straccio in mano, lo sguardo perso nel vuoto).

Lucia         -        Sono tornate le voci. (tremando) Siete di nuovo qui.

                   (Marta ha una smorfia, avverte qualcosa che non riesce a capire)

Lucia         -        Perché ? Cosa cercate ?

Marta        -        Mamma, hai chiamato tu ? (incerta)

Gianna      -        (da fuori)No.

Lucia         -        Andate via da questa casa, non c’è ragione di restare.

Maria         -        (da fuori, poi entra) Lucia , allora le medicine gliele lascio in bagno.

Lucia         -        (cambia atteggiamento) Si, va bene signora.

Gianna      -        Io comincio a scendere. Ricordati di spegnere le luci. La finestra lasciala un po aperta, facciamo cambiare aria alla stanza.

Maria         -        (si infila il cappotto)Allora io vado, se il signore rientra digli che sono passata da mia madre.

                   (Stanno uscendo, suona il telefono. Lo sentiranno entrambe)

Lucia         -        Vada pure, ci penso io.

Marta        -        Rispondo io, tu comincia a scendere.

                   (Le due donne escono. Marta e Lucia sollevano insieme la cornetta).

Lucia         -        Buongiorno, casa Rinaldi.

Marta        -        Pronto ?

Lucia         -        (ripete)Casa Rinaldi.

Marta        -        Cosa desidera ?

Lucia         -        Ma scusi, è lei che ha chiamato.

Marta        -        Ma no, io ho solo risposto. Il telefono squillava.

Lucia         -        Allora dev’esserci un contatto.

Marta        -        Credo di si, da stamattina è già il secondo.

Lucia         -        Beh, le linee sono nuove, si sa. Il collaudo è sempre incerto.

Marta        -        Si, è vero. (stupita) Come fa a sapere che questa linea è nuova ?

Lucia         -        Mia cara signora, dopo la guerra quasi tutte le linee telefoniche sono nuove.

Marta        -        La guerra ?

Lucia         -        Ma lei da dove chiama ?

Marta        -        Io ? Siamo vicino a piazza Verdi Rocca.

Lucia         -        Anche noi. Allora dobbiamo essere proprio vicine.

                   (suona una macchina in strada)

Marta        -        Devo andare, mi aspettano. Buona giornata.

Lucia         -        Buona giornata a lei.

                   (Riattaccano. Marta si veste di corsa ed esce. Lucia rimane silenziosa, ferma davanti al telefono. Bussano alla porta, Lucia posa gli stracci per spolverare, va ad aprire. Appare sulla porta un uomo non molto alto con i baffi e un completo scuro. E’ l’uomo del ritratto sulla parete)

Lucia         -        Che cosa ci fai qui ?

Martelli      -        Ho capito che eri tu quando hai risposto al telefono.

Lucia         -        Perché non mi hai detto chi eri ?

Martelli      -        Posso entrare ?

Lucia         -        Questa era casa tua.

Martelli      -        Sono qui per una ragione.

Lucia         -        Spero sia importante.

Martelli      -        Ho parlato con Rinaldi...

Lucia         -        ...e ti ha detto in che stato sono, vero ?

Martelli      -        Se hai bisogno di qualcosa...

Lucia         -        Avrei bisogno di un padre per mio figlio, ma che non abbia paura di me.

Martelli      -        Non dire così.

Lucia         -        Te ne sei andato.

Martelli      -        E’ stato meglio così, ti assicuro. Era l’unico modo per distoglierti dalla tua fissazione. Le tue voci, le tue paure.

Lucia         -        E’ tutto vero, e tu lo sai.

Martelli      -        Non chiedermelo. (esitante) Quando nascerà ?

Lucia         -        Cosa t’interessa ? (pausa) A marzo.

Martelli      -        Che nome gli darai ?

Lucia         -        Giulio, e sarà come me.

Martelli      -        Che vuoi dire ?

Lucia         -        Che sentirà le voci che sento io, che saprà la verità.

Martelli      -        Sei pazza.

Lucia         -        Non più di tutti voi.

Martelli      -        Accetti il mio aiuto ?

Lucia         -        Mi aiuteresti solo a cadere. Sei già scappato una volta, puoi scappare anche adesso.

                   (Martelli si avvicina all’uscita)

Martelli      -        (si ferma) Hai sentito ancora le voci ?

Lucia         -        Preoccupati delle tue carte e delle tue cause. Non ti preoccupare di ciò che non capisci.

                   (Martelli la guarda, poi si volta ed esce. Lucia scoppia a piangere. La porta viene aperta dall’esterno con le chiavi. Entra Giulio, si guarda intorno, gira per la stanza tra i mobili improvvisati e le casse. Vede il quadro, vi si avvicina per toccarlo. Si ferma, sembra ascoltare il pianto della donna)

Giulio         -        Chi piange qui ?

Lucia         -        (sussulta) Chi c’è ?

Giulio         -        (capisce) Madre, ci sei ancora.

Lucia         -        (non vede, cerca nel buio)Sei ancora la voce di chi si chiama Giulio, come si chiamerà mio figlio.

Giulio         -        Si, sono tornato qui, per una volta ancora.

Lucia         -        Tu sei a voce che mi fa passare per pazza.

Giulio         -        Non darmene colpa, tu me ne hai sempre dato colpa.

Lucia         -        Dove sei ora ?

Giulio         -        Perché ?

Lucia         -        Devo sapere verso cosa devo guardare.

Giulio         -        A che serve. Il mio presente non è il tuo presente.

Lucia         -        Cosa dici ?

Giulio         -        Tu avevi il fardello di sentire il tuo futuro, io ho quello di ascoltare il mio passato. E qui ci siamo incontrati.

Lucia         -        Prima ti sentivo sempre, poi scomparso dalle mie orecchie.

Giulio         -        Impazzivo. Sentivo la tua voce che ripeteva ora le cose che mi sospirava da bambino. Ero qui ed ero là nello stesso momento. C’era da perdere la testa.

Lucia         -        Ho sentito altre voci.

Giulio         -        Ho venduto la tua casa. Sono scappato dal mio incubo.

Lucia         -        Perché é cominciato tutto questo? qual è la mia colpa ?

Giulio         -        Certo non la mia. Vivevamo tranquilli in questa casa, poi tu... (si ferma)

Lucia         -        Che succede, perché non parli ?

Giulio         -        Niente. Ero passato solo per vedere una persona in questa casa. Ma non c’è nessuno, ora me ne andrò.

Lucia         -        Aspetta! Parlami di loro, li ho sentiti.

Giulio         -        No, non hai sentito loro, hai sentito lei, Marta.

Lucia         -        Marta ?

Giulio         -        Povera ragazzina, non sa ancora quale eredità le possa aver lasciato.

Lucia         -        E’ una nostra parente.

Giulio         -        E’ mia figlia. (si affretta) Ma questo le non lo sa, non lo deve sapere. Forse, se ignora la propria natura si salverà da questo incubo.

Lucia         -        Parlami di lei.

Giulio         -        Questa è una conversazione assurda, non dovrebbe essere eppure è. E mi chiedi di parlarti di chi nascerà tra decine di anni.

Lucia         -        E’ lei che dovevi vedere ?

Giulio         -        No,non lei, sua madre. Devo metterla in guardia.

Lucia         -        In guardia da cosa ?

Giulio         -        Da te.

                   (silenzio)

Lucia         -        Così, sei andato via.

Giulio         -        E’ meglio così.

                   (si sentono rumori di chiavi)

Giulio         -        Viene qualcuno. Non parlarmi, non ti risponderò.

                   (Si apre la porta. Entrano Gianna e Marta. Gianna rimane sulla porta, Marta lo saluta con un abbraccio)

Gianna      -        Giulio !

Marta        -        (entra e lo abbraccia) Ciao.

Gianna      -        Che ci fai qui ? Ti aspettavo per stasera.

Giulio         -        Sono passato ora perché ha anticipato la partenza, per lavoro.

Lucia         -        Come si sente che fingi, sei come tuo padre.

Marta        -        Io faccio un caffè, vi va ?

Lucia         -        Questa voce, è tua figlia ?

Giulio         -        (titubante) Si.

Marta        -        Allora faccio in un attimo. (esce)

Gianna      -        (lo saluta molto fraternamente)Sono contenta che tu sia venuto.

Giulio         -        Non sarei potuto partire senza rivedervi. Fabio c’è ?

Gianna      -        E’ al lavoro, prima di stasera non lo vedremo.

Giulio         -        Bhe forse è meglio. Ti devo parlare di una cosa.

Gianna      -        Tu come stai ?

Giulio         -        Bene, ma non sono qui per parlare della mia salute. Marta sta bene ?

Gianna      -        Ma si, non l’hai vista ?

Giulio         -        Non parlo della sua salute fisica.

Gianna      -        (che ha capito) No, ti prego, non cominciare.

Giulio         -        Non capisci.

Lucia         -        E come potrebbe?

Gianna      -        Non mi serve capire. Giulio, sei cambiato, molto.

Giulio         -        Io non sono cambiato. niente è cambiato, non ho chiesto io di sentire quello che gli altri non sentono.

Lucia         -        Neanche io.

Giulio         -        Non è una cosa normale, non è comune per nessuno, figurati per me. Figurati per Marta.

Gianna      -        Che c’entra Marta ?

Giulio         -        Te ne sei già dimenticata. A furia di cercare di non ricordartene, finisce che anche tu ne ignori l’esistenza

Gianna      -        Non ho dimenticato che Marta è tua figlia.

Giulio         -        E neanche della mia eredità.

Gianna      -        Basta, smettila. Marta è diversa.

Giulio         -        Marta può sentire !

Gianna      -        Come lo sai ? Sono solo fissazioni.

Lucia         -        Povera donna illusa.

Marta        -        (rientra)Ecco il caffè. Quanto zucchero, Giulio ?

Giulio         -        Due cucchiaini, grazie.

Lucia         -        Non serviranno ad addolcirti la vita. (ad alta voce)

Marta        -        Come dici ? (verso Gianna)

Gianna      -        Io non dico niente.

Marta        -        M’era sembrato. Allora Giulio, che ci racconti ?

Giulio         -        Sto quasi per partire. La Danimarca è lontana.

Lucia         -        Danimarca!? Devi essere disperato.

                   (Marta si ferma e guarda nel vuoto)

Gianna      -        C’era bisogno di andarsene così lontano ?

Lucia         -        Danimarca !? In mezzo ai barbari.

                   (Marta avanza verso il punto dove è Lucia)

Lucia         -        Anche tuo padre ha il vizio dei paesi lontani.

                   (Marta rivolgerà la domanda verso Lucia m risponderà Giulio)

Marta        -        Come si chiamava suo padre ?

Giulio         -        Giovanni, perché me lo chiedi ora ?

Marta        -        Non l’ho chiesto a te, l’ho chiesto a lei.

Gianna      -        A me ?

Lucia         -        (capisce) Lo hai chiesto a me.

Giulio         -        Ti sente!

Lucia         -        Giovanni, si chiama, Martelli di cognome. Fa l’avvocato.

Marta        -        Eri tu al telefono (verso Giulio) Faceva l’avvocato, come te.

Gianna      -        Ma che succede ?

Giulio         -        Ci deve essere un modo per uscire da questo circolo vizioso.

Lucia         -        Come sei impulsivo.

Marta        -        Lo è sempre stato.

Lucia         -        Come sei tranquilla.

Marta        -        Di cosa dovrei essere agitata ?

Giulio         -        Ammetti che non è normale. Stai parlando tranquillamente con la mia giovane madre all’età di vent’anni, morta all’età di settanta.

Lucia         -        (ha un tentennamento) Morirò.

Giulio         -        E’ la tua unica certezza, non ti pare ?

Lucia         -        Allora tu mi hai sentito solo dopo la mia morte ?

Marta        -        E da allora è quasi impazzito.

Giulio         -        Non ho potuto fare niente. Eri in mezzo alla strada, quel camion era veloce, troppo per la mia paura. Era blu, come la tua faccia immobile sull’asfalto. Ma il mio terrore è cominciato dopo. Tu eri morta ma la tua voce mi rincorreva per la casa.

Gianna      -        (gli si avvicina) Giulio, stai calmo.

Giulio         -        Ma tu eri morta. Ma tu eri qui, a parlare come facevi quand’ero ragazzo. Le tue canzoncine mentre lavoravi.

Lucia         -        Tu non capisci.

Marta        -        Io si.

Giulio         -        Era un incubo, un continuo incolparmi della tua morte. La tua voce di quando eri viva mi rinfacciava l’incapacità di averti salvato.

Lucia         -        Io non ti rinfacciavo niente.

Giulio         -        Lo facevi, con la tua vita.

Lucia         -        Ora basta, chiudi la bocca e ascolta.

Giulio         -        Eccola li, la madre di polso. Con il potere nella voce.

Marta        -        Giulio, ascoltala, ti prego.

Giulio         -        L’ho ascoltata per una vita.

Marta        -        Adesso ascoltala per la tua stessa vita.

Gianna      -        Spiegatemi, fatemi capire.

Lucia         -        Ascolta adesso. La morte è una porta, un passaggio stretto e difficile da attraversare, ma facile da raggiungere. Quando questa porta si apre, tutto ciò che deve passa attraverso di essa. Noi abbiamo potuto ascoltare noi stessi perché questa porta è rimasta aperta.

Marta        -        E ora noi guardiamo attraverso la porta.

Lucia         -        Una porta che dev’essere richiusa.

Marta        -        E il modo per farlo è uno solo.

Lucia         -        La porta è rimasta aperta con la mia morte. Forse la mia morte vuole una replica.

Marta        -        Una replica ?

Lucia         -        La porta va richiusa.

Giulio         -        Ma non così. Se tu muori da giovane io non potrò nascere. Marta non potrà nascere. Sei egoista, non pensi a ciò che verrà?

Lucia         -        Hai una soluzione?

Giulio         -        Si, l’ho pensata. Ora è tutto chiaro. E riuscirò a chiudere un cerchio più grande di quello che vediamo. Tu che muori ora, io che ti sento, e Marta che sente tutti. E tutto è successo ora. So come richiudere la porta. Tu , madre, l’hai aperta ma non puoi richiuderla, perché anche la morte ha il suo tempo e bisogna seguirlo.

Marta        -        Tu vuoi morire !

Giulio         -        Meglio io, adesso, che te. Tu sei giovane, hai un futuro. Io ho già rovinato la mia vita. Forse con la mia morte potrò riordinare la follia.

Lucia         -        No.

Gianna      -        Ma che state dicendo ? Perché dovresti morire ? Parlate perdìo!

Giulio         -        E’ la soluzione.

Marta        -        E la vita proseguirà parallela alla morte, ma senza disturbarla.

                   (Gianna corre verso il telefono e compone un numero)

Marta        -        Mamma, chi stai chiamando ?

Gianna      -        Chiamo Fabio, lo faccio venire.

                   (Lucia prende l’altra cornetta)

Gianna      -        Pronto, Fabio?

Lucia         -        Lascia fare a Giulio ciò che ha deciso.

Gianna      -        Ma chi è ?

Lucia         -        Lascia finire tutto questo, dai retta a me. E’ mio figlio, non posso avergli insegnato altro che il bene della sua famiglia, o almeno spero.

Gianna      -        Lucia.

Lucia         -        Si fanno strane conversazioni al telefono in questi giorni. (triste)

                   (Gianna e Lucia sono ferme davanti al telefono. Giulio abbraccia Marta e va verso la finestra, Marta si volta per non guardare. Giulio ha uno slancio e si getta dalla finestra)

Gianna      -        (si volta) Giulio ! No!

                   (Corre alla finestra, Marta la insegue e ne arresta la corsa)

Lucia         -        (sconsolata)Che destino è questo? Dover conoscere il proprio figlio prima che nasca. Conoscerne i difetti prima che gli vengano suggeriti dalla vita e sentirne la morte prima ancora di averlo visto in volto. A quante domande non ha risposto, quanti dubbi non gli ho sfatato. Lui che cercava soluzioni e che ne ha trovato una soltanto, la soluzione più estrema.

Marta        -        Ma io ti sento ancora.

Lucia         -        Solo per il tempo che Giulio arrivi alla porta e che la chiuda per sempre.

Marta        -        Era mio padre, saperlo ora è triste.

Lucia         -        E’ triste conoscere la propria fine, e la fine del proprio figlio. Noi sappiamo di morire, e di dover morire, ma resta per noi una speranza di non arrivare a farlo mai. Passi per la propria di morte, la rassegnazione sembra far parte del compito di madre, la conoscenza di dover essere abbandonati dai figli, la solitudine che verrà. Ma essere testimone della morte di un figlio futuro, una morte per conquistarsi la pace. Fa male al cuore.

Marta        -        Lucia, non ti sento più.

Lucia         -        La porta si è richiusa.

Marta        -        Allora Giulio è morto.

Lucia         -        Ora conosco quello che verrà.

Marta        -        Vedrai mamma, Lucia cambierà tutto.

Gianna      -        Perché è morto ?

Marta        -        Per non morire più.

Gianna      -        Che vuol dire? Che stai dicendo ?

Lucia         -        Dovrò solo fare attenzione ad un camion di colore blu e tutto rimarrà pulito e chiaro. Nessuno dovrà morire. Cambierà tutto.

                   (Suonano insistentemente. Marta va ad aprire. Entra Fonzai con un vigile)

Fonzai        -        Signora Berti ! Che cosa è successo ? Il signor Giulio....

Marta        -        Lasci stare, lo sappiamo. Si è buttato da qui.

Fonzai        -        Ma perché ?

Marta        -        Non ce la faceva più.

Fonzai        -        (al vigile)Venga.

                   (Il vigile entra e comincia a parlare con Gianna. Entrano Rinaldi e Maria)

Rinaldi       -        Buongiorno Lucia.

Lucia         -        Buongiorno

Rinaldi       -        Come si sente stamani ?

Lucia         -        Bene grazie.

Maria         -        Facevamo una discussione, poco fa. A me piace il nome di Antonio, a lui piace Franco. Che nome vuole dare a suo figlio ?

                   (Lucia pensa un momento. Poi sorride tristemente).

Lucia         -        Emanuele.

                   (cala il sipario)

FINE