La poverina

Stampa questo copione

LA PORVERINA

commedia in due atti in vernacolo pisano di Giorgio Casini

Personaggi

FIORAVANTE - fissato sui topi

AMALIA - fissata sui quattrini

AMPELIA - fissata Tivvù

MASSIMINO - fissato sui polli

VITO - fissato sui libri

L'azione succede ai nostri tempi, in casa di Fioravante,

fra topi, teleromanzi, penne di pollo, soldi e... gorilla.

PRIMO ATTO

Stanza soggiorno-ingresso in casa di Fioravante.

Due porte: a destra verso l'interno dell'abitazione, a sinistra verso le scale.

Arredamento sobrio, addirittura modesto.

SCENA 1 - FIORAVANTE, AMPELIA

FIORAVANTE- (Di dentro) Vieni fòri!... Se t'agguanto ci faccio le salcicce!

(Entra con una scopa in mano. Capo famiglia, non riesce mai a imporre la propria

autorità). Ti voglio dà' una granatata da fattici rimané' citrullo!... Vieni

fòri, se hai coraggio!... Se mi riesce d’agguantarti, ti cavo le budella, te le

lesso e te le faccio mangià'... figliol d'un gatto! Ma ti ci 'ntoppo, eh! Allora

me le paghi tutt'assieme!

AMPELIA- (Sorella di Fioravante: nubile, mezza età, accanita telespettatrice.

Entra a metà battuta, osserva non vista) O Fioravante, o cos'hai da urlà' tanto?

Ti si sente di fondo le scale. Stai un po' bonino, sennò fai corre' gente.

FIORAVANTE- Ma come si fa a sta' carmi! Finché 'un l'ho ammazzato 'un son

tranquillo! Lì, lì lo voglio vedé' per la terra a panciallaria, a tirà' l'urtima

pedata. Gni voglio dà' l'urtima granatata prima che mòia!

AMPELIA- O mamma mia! Ma così mi fai paura! Fioravante, Fiore... Fiorellino...

Dimmelo a me che son la tu' sorella, la tu' Ampelia: con chi ce l'hai?... Bada;

se ammazzi qualcuno e ti stioccano in galera io, a portatti il fagottino della

merenda, non ci vengo. Mi vergogno!... Me n'andrò lontana, dove nessuno saprà

che sono la sorella d'un assassino...

FIORAVANTE- Stai tranquilla: in galera 'un mi ci mettano.. Mi danno la medaglia,

se gli metto le mani addosso a quel figliaccio d'un serpente!... Ma ce lo becco,

eh! Tanto l'ho scoperto di dove viene. A costo di facci nottata, ci monto la

guardia 'olla granata 'n mano, lo faccio a pezzettini!

AMPELIA- Via, Fiore, 'un ti ci mette' ne' pelaghi. Se hai scoperto il covo de'

banditi, facci andà' la pulizia. Chiama 'r centotredici... o sennò il tenente

'Olombo, Maiami Vaice, ll'ispettore Dèrricche... L'altra sera ho visto un filme,

c'ho pianto tanto... c'era quell'ispettore... come si chiama, quel bell'òmo...

ll'ispettore Càllaan: alla fine arrestò tutti. Chiami luilì, te lo 'mpacchetta

subito.

FIORAVANTE- No, questa è una quistione personale! Gliè entrato nel mi' cassetto

del canterale, dove ci tengo tutte le mi' 'ose: la fotografia di quando mi

sposiedi, il libbretto della pensione. il tabacco della pipa! Nato d'un cane, me

l'ha portato via guasi tutto; l'ho ritrovato sparso per tutta la 'amera! E poi,

guarda 'vì, m'ha rosïato tutto 'r cannello della pipa! (Mostra la pipa)

AMPELIA- (Lo osserva) Uh davvero! Però dev'esse' un ladro parecchio bischero:

rubare un po' di tabacco andato a male. O di cosa se ne farà? E poi mettisi s

rosicare il cannello. Io 'un me ne gioverei. Dev'esse' un maniaco! Io ho

paura!... Sarà bene cambià' la serratura?

FIORAVANTE- Ma 'un passa mïa dall'uscio. S'è scavata una fessitura lì 'n camera,

in fond'al muro, fra l'armadio e la toeletta. Ma ce lo 'ntoppo, figliaccio d'un

rospaccio assatanato!

AMPELIA- Fioravante, ma ti sbaglierai? O come fa un òmo a passà' da una

fessiturina sotto l'armadio?

FIORAVANTE- Ampelia; ma te 'un sei punto normale! Ma chi t'ha parlato d'un òmo?

AMPELIA- 'Un è un òmo?! O cos'è: un marziano?

FIORAVANTE- Ma che marziano: gliè un topo!

AMPELIA-(Spaventata, monta su una sedia) Un topo?! Fiorellino, ammazzalo! Io ho

paura de' topi!

FIORAVANTE- Lo vedi, anche te mi dài ragione. Ma 'un avé' paura c'ha l'ore

contate quella berva... Si crede d'esse' furbo... ma 'un lo sa chi c'ha davanti!

io son più furbo di lui!... Gnene faccio vedé' io a quella bestiaccia!... Digià

vado subito a trovà' Caffiero 'r muratore: mi faccio prestà' una manatina di

cemento e ce lo muro dentro, quer po' po' di figliol d'un topo!... Vivo, ce lo

voglio murà', dentro la fessitura!

AMPELIA- Bravo, muracelo vivo! Come 'n quer firme: La Sepolta Viva. Quanto ci

piansi, povera donna... Dïo bene, Fiore: se ci muri cor cimento, ci rimane la

patacca nel muro.

FIORAVANTE- Mi faccio dà' un po' di cimento bianco, se ne servano per fa' le

rifiniture, vedrai 'un si vede nulla.

AMPELIA- O, Amalia, la tu' moglie, lo sa del topo?

FIORAVANTE- No, 'un gli ho anche detto nulla per 'un falla 'mpressionà'. Lo sai

'ome gliè sensibile: è capace 'un averebbe più potuto dormì'... e io, a

sopportammela sveglia tutte le notti, 'un ce la faccio mïa.

AMPELIA- Di certo: 'un sei mïa più un giovanotto. E poi, anche lei povera

donna... una ventina d'anni fa, poteva esse' passabile... ma ora, ci vòle 'r tu'

stomaco.

FIORAVANTE- 'Un rihai 'apito un'artra vorta. Voglio di' che se rimane sveglia,

sta tutta la notte a chiaccherà', a letïà', a rimbarzammi. Se dorme, russa, a

quello oramai c'ho fatto 'r callo.

AMPELIA- Allora, quer topo guarda di murallo prima 'he ritorni Amalia, così 'un

s'accorge di nulla.

FIORAVANTE- Prima di stasera, ha finito di scorrazzà'. Con du' mestolate di

cimento lo sistemo, quel po' po' di delinguente!

SCENA 2 - MASSIMINO, FIORAVANTE, AMPELIA

MASSIMINO- (Figlio di Fioravante e Amalia: giovane sfaticato: poca voglia di

lavorare. Viene da fuori casa) Zia, c'avevo da chiediti un piacé'. Guà, ci sei

anche te, babbo?

FIORAVANTE- O te, cosa giri? 'Un ci sei andato dar sor Parmiro, quello che ha la

polleria 'n via Capponi? Ha detto gli s'è rotta la macchina per pelà' ' polli,

gli ci vòle qualcuno che gleli peli a mano.

MASSIMINO- No, 'un ci sono andato, c'ho avuto da ffà'.

FIORAVANTE- 'Un è mïa un mestiere fatïoso: ti metti a sedé', cor un grembiulino,

i polli 'n collo... Armeno per le sigarette li rimediavi. Sei sempre senza una

lira, sempre a giro a bighellonà' con quei tu' amici che 'un si sa nemmen chi

siano.

MASSIMINO- I mi' amici, lo so io come trovammeli e vi posso assïurà' che sono un

po' po' più meglio der sor Parmiro... Ma vi pare possibile 'he possa andà' a

pelà' ' polli?! Io c'ho tutt'artre idee per er capo. Io voglio quarcosa di più!

AMPELIA- Ha ragione! Bravo Massimino! 'Un bisogna mai accontentassi nella vita.

Come quel teleromanzo che fanno sur canale trecentoventitré. Dopo ottocento

puntate 'un la smettano mïa. Quanto c'ho pianto! ci avrò sconsumato una

canterata di fazzoletti!... Principiarono eran tutti bimbetti; ora sono sposati,

c'hanno ' figlioli, quarcuno anche ' nepoti ma 'un ismettano. Dice ll'urtima

puntata la faranno dall’ospizio...

FIORAVANTE- Si vedrà noi, dall’ospizio!! Perché co' tu' discorsi; levato 'he llì

dove vòi andà' a rifinì'!!... E se poi speri ne' figlioli, ti ci pòi prenotà’

subito 'r posto!

AMPELIA- In fin de' 'onti, Massimino ha ragione! Bravo! te 'un sei nato per

pelà' ' polli!... magari du' anatre, quarche fagiano... un bel tacchino...

FIORAVANTE- Mettigli nel capo anche 'r tacchino, allora si che 'un fa più nulla.

Cosa vorrai fa' nella tu' vita? Alle scòle dovesti smette' perché glieri 'r più

ciuo di tutti: bocciavi sempre! L'unïo sistema per restà' a scòla era di sposà'

la maestra, ma 'un ti volle.

AMPELIA- Toh, andò a sposà' un omino piccino, tutto brutto, le gambe storte

MASSIMINO- O zia, lo sai: 'un è bello quel che è bello ma è bello quel che

piace!

AMPELIA- Ma per vedé' bello quell'òmo lì, gli ci sarebbano voluti l'occhiali

neri!

FIORAVANTE- Poi andaste a fa' 'r fattorino dal Serra, quello de' fiori; ci

potevi avé' un bell'avvenire, fiorito... Portaste una 'orona nella chiesa dove

c'era un matrimonio. Quel povero sposino manca pòo l'ammazzano; sur nastro c'era

scritto: alla moglie adorata, un marito felice.

MASSIMINO- Vedrete che tutto si rimedia. Uno di questi giorni mi vedete arrivà'

a casa con un pacco di bigliettoni così... Ma ve l'ho a dire: c'ho un affare per

le mani se tutto mi va bene mi sistemo!

AMPELIA- Ti sistema tu' padre se continui così... Sei già grandino, un mestiere

ce lo dovreste avé'. Cosa vorrai fa' nella tu' vita?

MASSIMINO- Il signore! Avecci tanti quattrini, esse' servito e riverito. Vi

credete che 'un sia possibile? aspettate e ve n'accorgerete... Ma 'un dovete

pensà' che sono un egoista: faccio sta' bene anche voi: a mamma gni 'ompro la

pelliccia, così potrà andà' a giro a fa' la pottaiona, gli è sempre garbato. A

te, babbo ti compro una canterata di pipe: una per ogni giorno dell'anno. E a

te, zia, cosa ti garberebbe?

AMPELIA- A me mi garberebbe andà' a fa' un bèr viaggio, in quell'isole laggiù,

come si chiamano... che si vedano sempre alla televisione ne' caroselli de'

bagni schiuma; dove c'enno tutte le donne more, che ballano mezze gnude colle

'ollane de' fiori... e ll'òmini, certi pezzi d'òmini... anche loro tutti mezzi

gnudi.

FIORAVANTE- V'ha dato di barta 'r cervello a tutt'e ddue? Si pòr sentì' una

donna guasi vecchia, cor un piede nella fossa, che pensa all'òmini mezzi gnudi,

colle gonnelline di fiori e 'r bagno schiuma... E te, brutto citrullo, invece di

mettiti a ffa' qualcosa di serio, a trovà' un lavoro; c'hai da pensà' a ffa' la

bella vita, a spende ' 'varini!... Stioccatelo bene nella 'hiorba, ranocchiaio,

che 'n casa mia 'un c'è posto per i vagabondi! Cerca di trovatti un lavoro

serio... e principia da subito, sennò qui dentro, te 'un ci mangi più... Ora

c'ho da sortì'. Quando ritorno ti voglio trovà'... cor un polllo 'n mano... e la

'asa piena di penne! (Esce, si riaffaccia) Ho detto un pollo! No un tacchino!

Intendemosi!! (Esce definitivamente)

MASSIMINO- No, 'un è possibile andà' avanti così: rifinì' fra polli e galline!

Ma che si fa la burletta? L'altra settimana mi mandò 'n bottega di Piallino 'r

falegname a addirizzà' ' chiodi: siccome Piallino gliè mezzo cèo, i chiodi gli

vanno sempre di traverso. Allora per risparmià', li leva e li riaddirizza.

Guarda qui: mi son troncato du' diti ma di chiodi 'un n'ho addirizzato nemmeno

uno.

AMPELIA- Vedi, Massimino, tu' padre lo fa per fatti imparà' un mestiere, per

datti una posizione. Gliè guasi vecchio, poveròmo e prima di chiude' ll'occhi ti

vòle vedé sistemato.

MASSIMINO- O zia, fra poco vedrai, mi sistemo da me. Vedrai uno di questi giorni

quanti soldi porterò a casa... ma 'un mi fa' chiaccherà'.

AMPELIA- Bene, c'ho a piacé'. Anco l'artra sera alla televisione; c'ho pianto

tanto: c'era 'r teleromanzo d'un giovane povero. Poverino, aveva tanta fame. Ma

ora ha trovato una donna ricca e se gliè bòno a sposalla, vedrai ha finito di

patì'. O te 'un te la potreste trovà' una ragazza benestante?

MASSIMINO- Sei sempre la solita. Ner cervello c'hai sempre le novelle e '

principi azzurri come a' tu' tempi... Ma ora mi devi fa' un piacé'. Stai a

sentì': deve venì' un mi' amïo, si 'hiama Vito, a prende' questo pacchettino. io

ora devo andà' via perché c'ho da vedè' una persona: te lo lascio a te, gne ne

dài. Mi raccomando 'un lo fa' vedé a nessuno perché gliè una 'osa delïata. Vito,

quer mi' amïo, fa finta di venì' e vende' ' libri, ti dirrà: son venuto a

ritirare l'enciclopedia. Te capisci, pigli il pacchetto e glielo dài. Ora vallo

a rimpiattà' che 'un lo trovi nessuno.

AMPELIA- Mamma mia 'ome mi batte 'r còre. Mi sembra d'esse' come ne' firmi delle

spie. N'ho visto uno l'altro giorno, quanto c'ho pianto... c'era lui 'he si

'hiamava... 00035 mi pare, era una spia, ma era bello, alto, biondo, du'

spalle... Poi 'ncontrò lei che si credeva fosse una puliziotta ma invece era una

spia anco lei, ma da quell'artra parte. Allora, per 'un fassi scoprì', gni toccò

'ngollà' un bigliettino dove c'era 'r numero der telefano... der macellaro, der

fruttivendolo... 'un me lo rïordo mïa. Insomma senza quer numero 'un poteva più

ordinà' 'r mangià'. C'insecchì guasi quaranta chili... mi c'ha fatto sta' tanto

male... (Esce per rientrare a tempo)

SCENA 3 - AMALIA, MASSIMINO, AMPELIA

AMALIA- (Donna di casa; mezza età, autoritaria. Entra con la borsa della spesa

in mano). 'Un ci vado più! No no: 'un ci vado più a fa' la spesa. Ma che si

ruzza!? Ogni vorta che entri 'n una bottega trovi sempre 'varcosa 'he gosta di

più. Quando, perché fa freddo e le verdure enno tutte strinate, quando perché fa

cardo e glienno andate a male... 'un ti ci raccapezzi più (Rientra Ampelia).

MASSIMINO- O mamma, 'un ti devi sgomentà'; vedrai fra poïno si rimedia ogni

cosa.

AMPELIA- Sì sì: ha detto 'r tu' figliolo, a fa' la spesa c'anderai 'olla

pelliccia.

AMALIA- Ma siete rincoglioniti? Di te, Ampelia, 'un me ne faccio maraviglia

perché un po'... (mimica) sei sempre stata; ma da te, Massimino, 'un me lo sarei

mai aspettato! T'ho tirato su co' biscottini da pràsmonne, t'ho fatto fa' la

'ura der baccalà per vedé' di fattici entrà' un po' di fosforo 'n cotesta

'hiorbaccia, ma si vede 'un è servito. Positivo hai preso dalla parte di tu'

padre, che anche lui, in quanto a cervello 'un è che sii tanto stabile... Vi dïo

'un c'ho più quarini, 'un so come fa' a tirà' avanti, e voi venite fòri 'olla

pelliccia: me la farò co' peli der gatto... perché levato 'he quelli, oramai...

MASSIMINO- 'Un te la piglià', mamma... Piuttosto, me l'hai 'omprato 'r paté,

quello francese che t'avevo detto?

AMALIA- Ma te. il mi' portamonete lo devi avé' preso per lo sportellino della

'Assa di Rispiarmo! Ti dïo alle botteghe le 'nventano di tutte per levatti '

'varini di tasca. Ieri, quando 'omprai 'r pescio, mi ci volevano vende' per

forza anche un ombrello, perché, dice, se piove, poverino si bagna. Coll’euro

poi, ‘un ci si ‘apisce più nulla: mille lire di prima dovrebbano esse’ cinquanta

centesimi d’ora, ma quelli ti dicano: mille! E te gni stiocchi in mano mille…

mille cosa? Mille euri no, perché ‘un so nemmeno come son fatti, allora gni do

mille centesimi ma a trovalli mille centesimini ‘un è mïa tanto facile, nemmeno

‘n chiesa nella ‘assetta delle limosine; il prete letica se gni ci stiocchi

dentro du’ centesimini! Insomma, ora coll’€uri, ‘un pole più andà’ nemmeno ‘n

chiesa! E lui viene a cercà' 'r pa...pa... come si 'hiama, quello francese. Gliè

capace mi toccava fa' 'r passaporto!

AMPELIA- Io, quand'andrò laggiù in quell'isole... quelle del bagno schiuma...

voglio mangià' 'r mango, 'r chivi... e le pesche sciroppate... colla gonnellina

di fiori.

AMALIA- Ma, me lo fate apposta? Di sïuro v'ha dato di barta 'r cervello! Ner

capo c'avete sortanto 'otesti troiai?... D'ora 'n avanti: semolino e òva sòde!

Ar massimo, la domenïa, una patata lessa!... Parlo per te, bèr cosino. Se 'un ti

metti a lavorà' e 'un porti a casa du' sordini, er paté lo pòi vedé dar

binoccolo! Ma che è possibile vedé' un giovanotto grande e grosso, sta' tutto 'r

giorno a bighellonà' senza fa' nulla. era meglio se 'nvece di datti ' biscottini

ar pràsmonne te li davo all'arsenico!

MASSIMINO- Ti dovreste guardà' allo specchio quando t'arrabbi. tu vedessi 'ome

siei bella, mamma, sembri un quadro di Raffaello... la Gioònda, ecco: sembri

propio la Gioònda... ti ci manca la 'ornice. Ma te la 'ompro, 'un avé' paura. Su

mamma, fagli una bella risatina ar tu' bimbo. Brava, così. Ora devo andà' via ma

quando ritorno ti voglio ritrovà' così, cor sorriso sulla bocca... Bella mi'

madre! (Esce)

AMPELIA- Po' po' di rufiano! Guasi guasi ti ci fa crede': la pelliccia, ll'isole

co' fiori. Ora poi t'ha tirato fòri anche 'r quadro... e t'ha messa 'n cornice!

AMALIA- Gliè tutto figliolo di su' padre. anche lui le sapeva raccontà'! Quando

mi faceva la corte, per convincemi a pigliallo, mi raccontò' che gliera

'ntrufolato 'n un' impresa di 'ostruzioni. E didifatti c'era 'ntrugolato.

portava le paioline della calcina. C'aveva 'r geometra sotto di lui, diceva. Per

forza: 'r geometra stava nella baracchina a dirige' e lui 'n cima

all'imparcatura a passà' ' mattoni a' muratori; faceva 'r manovale!

AMPELIA- Der resto, s'è sempre saputo barcamenà', e la famiglia, in una maniera

o nell'artra, l'ha tirata avanti.

AMALIA- Quello gliè vero: ha sempre lavorato 'om'un ciuo per mantené' la moglie,

'r figliolo... e quella rimbambita della su' sorella.

AMPELIA- Di chi 'ntendereste di discorre'?

AMALIA- Di te! Mi ce ne vòle a sopportatti! C'hai sempre ner capo que'

teleromanzi, le telenovelle, sconsumi ' fazzoletti davanti alla televisione ma

le faccende 'un le sai fa'! Guarda 'vi che casa: par d'esse' ner castro del

maiale... guarda 'vi che porvere! Le tende der salotto son nere di sudicio

sembran quelle della 'appellina de' morti! Hai rifatto 'r letto c'hai lasciato

tutto 'r lenzolo appallottolato, a entracci drento pare d'esse' ner sacchino

della spazzatura!... E meno male 'un ti sei sposata, sennò quer poveròmo sarebbe

'n galera! Si, perché t'avrebbbe ammazzata doppo du' giorni!

SCENA 4 - FIORAVANTE, AMALIA, AMPELIA

FIORAVANTE- (Entra con un pacchetto) Sì sì, lo sistemo io, quer coso... Guà,

Amalia, o te cosa ci fai?

AMALIA- Passavo, ho detto: mi fai andà' a fa' una visitina a quella gente, gliè

tanto che 'un li vedo, chissà se stanno bene... Ma sei rimbecillito anche te?

Sono o 'un sono la tu' moglie? Allora ce l'avrò 'r diritto di sta' 'n questa

'asa!

FIORAVANTE- No, volevo di'... 'un ti ci facevo. Mi credevo tu fosse sempre fòri.

AMALIA- O quel pacchettino cos'è?

FIORAVANTE- Nulla... gliè... gliè tabacco. Mi son fermato da Pipetta 'r

tabaccaio, aveva ripulito la 'antera, me n'ha rimediato una fogliata... Ampelia,

fammi 'r piacé': portalo di là, poi lo metto ar posto.

AMPELIA- Sì, te lo metto sulla 'onsòlle. Fra che ci sono mi traccheggio a

guardà' quella telenovella che c'era lui che poverino... (mimica per impotenza)

e 'nvece lei...(mimica per desiderio). Allora mandarano a chiamà' quell'artro

che gliera un dottore, per fallo guarì'. ma 'r dottore, furbo, invece di fa'

guarì' lui scappò con lei e si sposarano doppo venticinque puntate. Allora lui,

disperato, scappò 'n Argentina... in Australia, 'un me lo rïordo mïa tanto

bene... Sì sì , gliera propio 'n Australia perché s'era messo a vende le borse

de' canguri cor un banchino 'he girava tutte le fiere... oggi dovrebbe esse’ ar

mercato di San Giuliano: mi fai andà' a vedé?... (Esce portando via il

pacchetto).

AMALIA- Speriamo ci mettano una bomba sur Monte Serra! Ne tiran tante ma una

dove ci vorrebbe 'un ce la tiran mai!... Si pòr vedé' una donna 'he passa tutte

le su' giornate davanti a quer troiaio di bussolo colle figurine dentro... In

casa mi tocca fa' tutto a me! E io, 'nvece c'ho da fa', 'un c'ho mïa tempo da

perde'!

FIORAVANTE- O cosa c'hai da fa'?

AMALIA- C'ho da guardà' quer teleromanzo... che lui e lei scappano...si

ritrovarano 'n una foresta...

co' lupi da tutte le parte... che gni toccò rifugiassi sur un arbero...

FIORAVANTE- Vai: anche lei t'ha preso la malattia!... Ci vado io sur Monte

Serra! Ci metto una bomba grossa 'osì! Lo spiano! Armeno si starà tranquilli!

(Campanello). Chi sarà?... Se è quello 'he accomòda le televisioni, l'ammazzo!

(Va ad aprire. Rientra con Vito).

SCENA 5 - VITO, FIORAVANTE, AMALIA

VITO- Posso entrare?

FIORAVANTE- Venga, s'accomòdi. 'Un ci stii 'nsull'uscio.

AMALIA- O com'esse', chi sarebbe lei? Chi cercava?

VITO- Son venuto a ritirà' ll'enciclopedia.

FIORAVANTE- (A Amalia) Gnen'hai scorciata?

AMALIA- Cosa?

FIORAVANTE- Quella roba lì, l'enci... com'ha detto lui. Se la vòr fa' ritirà'

vòr di' che gliè troppo lunga.

AMALIA- Basterà mettila a molle in una 'atinellina d'acqua. (A Vito) Gnene porto

subito. Intanto sìaccomòdi... Carda o fredda?

VITO- Cosa?

AMALIA- L'acqua

VITO- No, niente acqua, mi raccomando. Dev'ese' bell'asciutta. Si rovina.

FIORAVANTE- Portagni un par di forbici. Ce ne taglia una fetta, sarà l'istesso.

O com'esse', dove la tiene?

VITO- Cosa'

FIORAVANTE- Quella 'osa, quella da scorcià'.

VITO- Veramente 'un c'ho propio nulla da scorciare... Ho detto che devo ritirare

l'enciclopedia.

AMALIA- Appunto. Ma se 'un si sa cos'è, come si fa a fagnene ritirà'. Gni posso

da' una tazzina di 'affè... bello ritirato, ristretto, colla stiuma.

VITO- Grazie, 'r caffè l'ho preso propio prima di venì' sù. Mi rendo conto che

forse 'un ho 'ncontrato la persona giusta.

FIORAVANTE- 'Un si periti. Se ha bisogno... facci 'onto d'esse' 'n casa mia.

AMALIA- Ma se 'un ci dice cos'è questa cicro pediatrìa 'un si pòle mïa aitallo.

VITO- Certo... Sarà meglio tergiversare... l'enciclopedia... è un libro.

FIORAVANTE- Ecco chi è: un libraio! A me mi garba legge'... guardà' le figure.

Ma lo sa che una vorte mi prestarano un giornalino di Topolino, la sera ci

stetti fino guasi alle dieci a leggilo! Mi frizzavano ll'occhi da un potenne

più.

AMALIA- Gliè vero. ar mi' marito glienno sempre garbate le 'ose curturali. Digni

di 'vella vorta 'he ti 'hiamarano giù ar circolo da Dreino... Sarebbe 'vell'òmo

'he tiene 'r barre ar circolo gutturale.

VITO- Circolo gutturale?!

AMALIA- Si, dell'associazzione sporte e curtura.

VITO- Ah, circolo culturale. allora.

AMALIA- O io com'ho detto? Insomma, deve sapé' che lo 'hiamarano per fa' la gara

dell'assaggiatori di vino. Ritornò a casa tutto briao, ma gni diedero 'r premio:

'r chiccolo d'uva d'oro! Gliera una pallina gialla che 'r mi' bimbo ci ruzzò un

fottïo.

VITO- Sono propio 'ontento d'avé' incontrato degli estimatori di letteratura. Ar

giorno d'oggi, mi dite un po'; chi li 'onosce più l'autori contemporanei... o '

crassici: Dante, Petrarca, Boccaccio?...

FIORAVANTE- La mi' moglie. La dovrebbe sentì' quand'è a letto 'he russa: certe

boccacce!

AMALIA- Ti 'heti... Sor dottore, io 'un sono alletterata, 'un l'ho mïa fatte le

scòle. Mi sposiedi gliero sempre giovana, c'ho avuto tanto da fa' per la 'asa.

Invece la su' moglie saddìo 'ome sarà addottorata.

VITO- 'Un sono mïa sposato.

AMALIA- Noo? Peccato, gliè tanto un bell'òmo! Mi dice un po', sor dottore.

VITO- 'Un sono dottore.

AMALIA- (A Fioravante) Ma luilì', 'un è nulla?

FIORAVANTE- La mi' moglie 'un voleva mïa di' dottore, per di'... quello de'

malati. Voleva di' dottore per di'... istruito, un cranio!

VITO- Siete gentili ma, figurativi, 'un son nemmeno dipromato. Sono una persona

comunissima... terra terra.

FIORAVANTE- Piacere. Io sono Fioravante e questa gliè la mi' moglie Amalia. Di

'asato si fa Ppallini.

AMALIA- Io da ragazza facevo Arrighini. Poi mi sposiedi.

FIORAVANTE- (Ad Amalia) Luilì si 'hiama uguale di nome e di 'ognome: Terra,

Terra... Su' padre doveva esse' un po' citrullo. Chissà quante vorte ha

sbagliato e l'ha chiamato Terra 'r cognome, invece di chiamallo Terra 'r nome.

AMALIA- Gliè capace la su' dama, quando gni vòle fa' un comprimento, lo

'hiama... Orticello: o sennò Mota... Senta, sor Motoso...

VITO- Dice a me?

AMALIA- Scusi, m'è scappato... tanto per sapessi regolà': quando si 'hiama, si

deve di' Terra 'r nome o Terra 'r cognome?

VITO- Come sarebbe a di'?... Se mi vòle chiamà', adopri 'r mi' nome: Vito.

FIORAVANTE- Allora ce l'ha un nome... Dev'esse' 'r fratello della vite.

AMALIA- Didifatti la vite sta per terra. Allora su' padre 'un era tanto

citrullo.

FIORAVANTE- Senta sor Campetto... voglio di', Pianura... Collina, insomma: Vito!

Ce l'averebbe quarche bèr libbro che chiaccheri della storia, o puramente della

giografia...che ci siino tante figure...

VITO- Ci sarebbe un atlante storico illustrato: In tutte le pagine ci sono

armeno due illustrazioni a colori, colle 'artine d'ogni parte der mondo e la

scheda colle principali notizie storiche. Insomma è una vera e propia storia

della Terra, una fotografia delle su' particolarità.

FIORAVANTE- O che c'hanno fatto anche un libbro sulla vita di su' madre? E lei

gni c'ha fatto mette' le fotografie? Speriamo che 'un siino 'n costume da bagno.

VITO- Cosa c'entra mi' madre? Ormai è morta e seppellita già da tanto tempo,

poveretta.

AMALIA- (A Fioravante) Luilì ha tante chiacchere. Vedrai alla fine ti dà un

santino di su' madre e sotto c'è scritto: la madre Terra, 'un era bella ma era

tanto bòna.

FIORAVANTE- Allora sarà meglio cambià'. Quarcosa 'he dice delle bestie,

presempio de' polli? Farebbe 'omodo ar mi' figliolo: fra poïno si dovrebbe

mette' nell'industria della polleria.

VITO- C'è la vita dell'animali. Un'opera in ventiquattro volumi, bellissima.

FIORAVANTE- No, 'un è 'r caso: la vita dell'animali. Lui i polli li spenna da

morti, mïa da vivi.

AMALIA- A me mi garberebbe 'ver libbro 'he si vidde 'vella vorta in casa der sor

Giacinto... 'Un te lo rïordi? Che c'erano tutte quelle gente gnude, quarcuna

l'avevano messa a arrostì' sur fòo, quell'artro ner diaccio, sennò gni 'ndava a

male... che a un certo punto traversò cor barchetto di 'vell'òmo 'olla barba...

si 'hiamava... Ca... Carosi. No... Baronti, Caronti.

VITO- Caronte! Lei vòle dire La Divina 'Ommedia.

FIORAVANTE- Si, me lo rïordo: era un libbrone colla 'opertina rossa. C'era quer

punto quando si mettano a mangià' e quello sbaglia. invece della pastasciutta

t'invia a rosicchià' 'r capo di 'vell'artro disgraziato.

VITO- Il Conte Ugolino. La legge der contrappasso... Era morto di fame doppo

avé' mangiato figlioli e nipoti.

FIORAVANTE- O cosa gni ci voleva per levassi la fame? Tutto 'r corteo der Giòo

der Ponte?

AMALIA- Se que' bimbetti 'un glieran bastati neanche da antipasto, avanti di

rivà' alla frutta luilì era 'apace sporveratti tutta ll'Arena Garibardi quando

c'è la partita cor Livorno... co' gioatori, le riserve, i raccattapalle,

ll'allenatori, i segnalinee e ll'arbitro, senza piglià' nemmeno una presina di

citrato per digerì'!

VITO- Povero Dante! Ho paura che quel libro 'un sia adatto alla vostra...

sensibilità. Ma piuttosto, ditemi una cosa. C'è qualcun'altro della famiglia che

io 'un ho ancora incontrato?

FIORAVANTE- Ci sarebbe 'r mi' figliolo che ora gliè fòri e la mi' sorella

Ampelia che gliè di là. Positivo sarà a guardà' la telenovella.

AMALIA- Ma tanto loro 'un leggano; 'un c'hanno mïa interessi curturali, loro lì.

VITO- Mi piacerebbe conosce' questa sua cognata. Sì, avrei piacere di incontrà'

questa signorina Ampelia.

AMALIA- (A Fioravante) 'Un sarà mïa venuto qui colla scusa de' libbri, per vedé'

di fa' la 'orte a Ampelia? No, 'un pòl'esse': gliè tanto un bell'òmo. Come fa a

essisi 'nvaghito di 'vella scorfana della tu' sorella.

FIORAVANTE- Cotesto 'un si pòr mai di'. Lo sai: l'amore è cèo.

AMALIA- Ma per istà' cor Ampelia, uno ci dovrebbe avé' le 'ateratte!

FIORAVANTE- Se la vòr vedé', io gnene 'hiamo. (Chiama fuori quinta) Ampelia!

Vieni di 'và ti vogliano.

SCENA 6 - AMPELIA, FIORAVANTE, AMALIA, VITO

AMPELIA- (Entra) Cosa c'è? propio sul più bello mi venite a chiamà'!

FIORAVANTE- C'è questo signore ti vuol conosce'... Sor Terra, questa è la mi'

sorella Ampelia... Magari ora c'ha 'r vestitino di tutti ' giorni ma la vedesse

la domenïa, la su' figura la fa sempre.

VITO- Tanto piacere signorina; mi dispiace d'esse' capitato a disturballa. Forse

stava a guardà' qualche programma interessante?

AMPELIA- Sì, c'era le recrami; a me mi garbano, enno meglio di Màicche

Bongiorno. Pigli 'vella der caffè, che per benne una tazzina un po' decente

bisogna andà' addirittura 'n Paradiso. Anche San Pietro, poveròmo, a furia di

bello, chissà come sarà doventato nebrastenïo! Io penso alla su' moglie, povera

donna, come farà a sopportallo!

FIORAVANTE- Ma ar signore 'un gni interesa mïa: lui è terra... terreno... sta ar

pianterreno, dove c'ha una bottega di libbri. Positivo deve avé' bisogno d'una

commessa... o quarcosa di più. vai, citrulla, vai a sentì' cosa vòle.

VITO- Cara signorina Ampelia. Dunque, si faccia vedere.

FIORAVANTE- Mettiti di profilo, citrulla! (Si apparta con Amalia).

VITO- Deve sapé' che io m' interesso di libri. Gli dice niente questo?

AMPELIA- L'unïo libro che ho letto fu quello delle devozioni quando feci la

prima 'omunione.

VITO- Il libro 'he dico io è un'opera molto importante. Si tratta di

un'enciclopedia. Signorina Ampelia: son venuto a ritirare l'enciclopedia.

AMPELIA- Facci facci, 'un mi dà mïa noia... Aspetti un po'... Com'ha detto?

VITO- Son venuto a ritirare l'enciclopedia.

AMPELIA- Ho capito! Lo poteva di' subito. Me l'ha detto Massimino (Vito la

interrompe). Ah, sì: gnene vado subito a piglià'. (Esce)

FIORAVANTE- (Ad Amalia) Ti dïo 'un c'era in quer libbro 'he si vidde dar sor

Giacinto. Ti sbagli 'on quer giornaletto 'he ci 'rivo ieri 'n là.

AMALIA- Quello era la recrame der supermercato. Io voglio di' di que’ du'

'nnamorati 'he volano 'n sur una nuvola tutt'abbarbïati. (Continuano la

discussione fra loro).

AMPELIA- (Rientra con un pacchetto che consegna a Vito) Ecco sor coso. Sono

stata brava? Mamma mia, è capace mi fanno fa' un firme.... Però deve finì' bene!

VITO- Certo, firrà cor una bella festa: suoni, balli, canti e fuochi

artificiali. Ora devo propio andà', arrivedella e tante grazie. Signori...

signori Arrighini...

AMALIA- No, si sbaglia. Io ero Arrighini da ragazza, poi son doventata Ppallini.

VITO- 'Un ha 'mportanza. Ora bisogna propio 'he vadi via. Scusatimi per er

disturbo e arrivedecci a tutti. (Esce)

FIORAVANTE- Arrivedeglielo, sor coso. (Ad Amalia) Gliè digià ito via... s'enno

'ntesi subito: amore a prima vista.

AMALIA- Gliè più facile 'he l'abbi riguardata bene e ha deciso d'un fanne di

nulla. Chiedignene.

FIORAVANTE- Sì. (Ad Ampelia) Quell'òmo lì, mi sembra un tipo 'nteressante,

distinto, 'struito... Com'esse', di cos' avete chiaccherato?

AMPELIA- Si diceva de' libri... dell'encicropedie... Si parlava di letteratura.

Dite 'osa vi pare ma io, quando trovo una persona che mi sa comprendere, mi

trasformo, mi sento un'altra. Il mio subcoscente sale in superficie e la mia

personalità si estrinseca nell'archètipo filosofico antropomorfico; a livello

esistenziale. Mi sembra di sentirmi trasportare in un universo microcosmico

intimistico, a contatto con i grandi pensatori: Kant, Freud, Orgasmo da

Rotterdam, Einstein... Pippo Baudo, Frizzi... Bonolis... (Amalia e Fioravante si

guardano allibiti).

SCENA 7 - MASSIMINO, FIORAVANTE, AMALIA, AMPELIA

MASSIMINO-(Entra) O cosa fate: le belle statuine? Dïo a voi.. state bene? 'Un vi

sentite mïa male?

FIORAVANTE- No no, s'era 'vì che si stava a sentì' la tu' zia... t'ha tirato

fòri certi paragoni... Ma 'un è nulla, si sta bene.

MASSIMINO- Meglio 'osì! Perché c'ho da davvi una notizia 'he vi farà sta' male!

AMALIA- Ti ci metti anche te? assai, guà: son mezza rimbambita da' discorsi di

quella... filosofa.

MASSIMINO- 'Un avete 'apito! Voglio di' che c'ho da divvi una 'osa 'he vi farà

sta' male da tanto 'he vi farà sta' bene.

FIORAVANTE- Vai! S'è rimesso a fa' que' troiai di parole 'ncrociate!

AMPELIA- A me 'un mi garbano; 'un ne 'ndovino mai una.

MASSIMINO- 'Un avete paura; gliè una bella 'osa. Dovete sta' allegri! 'Un avrete

più da sgomentavvi per e 'vadrini... Ve l'avevo accennato che c'avevo la

prospettiva di fa' un affare dimolto grosso. L'ho combinato... e ho guadagnato

tanto... ma tanto... che 'un ve lo 'mmaginate nemmeno.

AMALIA- Massimino, 'un avrai mïa 'ombinato quarcosa di pòo serio?

FIORAVANTE- E' capace ha venduto le penne de' polli! Ma 'un enno mïa tue!

Glienno der sor Parmiro!

MASSIMINO- Ma quali penne? O babbo, ma li sai fa' du' 'onticini? Dimmi un po'

quante penne ci vogliano per fa'... tanti ma tanti… euri! A migliaia!

AMPELIA- O mamma! Ha venduto le penne co' polli attaccati!

MASSIMINO- Ma siete fissati su' polli! La volete sapè' una 'osa? Da qui 'n

avanti, io, i polli 'un li mangio più! Mangerò sortanto caviale e sciampagna!

AMALIA- Ma l’Usle li passa?

MASSIMINO- Mamma...

AMALIA- Perché? 'Un enno medicine?

MASSIMINO- Enno robba bòna! E ora ce li possiamo permette'! Tanto per invià',

oggi si va a mangià' fòri. Potete andà' a ordinà'... Guardate 'vì: dite che

basteranno? (Estrae di tasca un pacco di banconote)

FIORAVANTE- Maremma sordona!... enno tutti tua?

AMPELIA- Er malloppo!...U

SIPARIO