LA PROCURA
Tre atti di Turi Vasile
LE PERSONE
LUCIETTA
PAOLO
DON MICIO
DONNA FELICIA, 50 anni
IL PODESTÀ
'GNA 'NZULA, 22 anni 'GNA MARA, 25 anni PADRE DON SANTO IL SIGNOR 'NTONI IL CARABINIERE
VINCENZO, 30 anni
SPERANZA
MARIA
LUCIANO
BRASI COSADUCIARO
MASTRO JACHINO
VANNI L'ORBO
MASSARO PEPPE
Ragazze, uomini, donne, bambini A Caropepe
ATTO PRIMO
LA SCENA
La piazzetta di Caropepe.
Di fronte: Verso la sinistra dello spettatore la chiesa con scalinata: verso la destra una strada che si apre tra la chiesa e un muro, e ha per sfondo il cielo.
Lato destro: Casa di Donna Felicia e casa di 'gna 'Nzula, entrambe con finestra al primo piano, e sportello alla porta d'entrata.
Lato sinistro: Casa del Podestà con balconcino e casa di 'gna Mara con finestra.
Nel mezzo: Verso destra, un sedile di ferro rotondo, attorno ad un lampione.
(Altalzarsi del sipario la scena è vuota. Un coro di voci bianche si avvicina: è un canto siculo, melodico e fascinoso. Si distinguono il suono di una fisarmonica, e scoppi di risa argentine. Incuriosita la 'gna Mara sporge il capo dalla finestra di casa sua e sta a guardare le scene seguenti. Sulla strada compaiono Lucietta e sua madre, seguite da Don Micio e da alcune ragazze. Tutte portano sottobraccio grosse brocche colme d acqua).
Le ragazze - Evviva la sposa!
Felicia - Grazie, grazie ragazze. Ma ora lasciatela: non vedete come è pallida? Da più di un mese non dorme quasi e mangia poco.
Le ragazze - Evviva Lucietta!
Felicia - Non le fate confusione, per carità. M'atterrisco che domani lo sposo la trovi dimagrita e brutta.
Micio - Ce ne andiamo subito, donna Felicia, se pensate così. Noi volevamo farle un po' di festa.
Lucietta - (impacciata) Ed io ringrazio di cuore tutta la compagnia.
Speranza - Donna Felicia, è l'ultimo giorno che Lucietta sta con noi e ci contate le parole e i minuti... Poi col marito e coi figli che verranno ci penserà più di mettersi a ballare e cantare come noi?
Maria - Meglio così, per quanto è vero Iddio. Ah! mi potessi maritare pure io domani.
Micio - Ad una ad una tutte se ne vanno e non tornano più. Io solo non me ne vado mai.
Speranza - Sentiremo la tua mancanza, Lucietta, specialmente i primi giorni. Più di quando se ne andò Nella, tua cugina e Rosa la Pagliuzza...
Maria - Beate loro! Che ne abbiamo della vka in questa terra? I figli e la religione, Gesuzzo benedetto!
Micio - Tu eri la migliore per cantare e intonavi così bene, che tutti si fermavano a sentirti. Ed ora te ne vai. Per sempre.
Lucietta - (trasognata) Per sempre...
Felicia - (visibilmente commossa) Che me la piangete per invidia mia figlia che domani va sposa, ah! Male lingue! (Entra bruscamente in casa).
Micio - Pure tua madre è commossa, ma non c'è che fare. Il tempo passa e il sentimento cambia: sì attacca alla madre al marito ai figli, ed è sempre un altro, che so, come un'altra vita. Quand'ero piccolino mi tenevo stretto alle sottane di mia madre, e mi pareva che non si potesse campare in un altro modo. Invece ora se me ne ricordo mi addolora sì, ma penso che è una cosa già passata. E i miei fratelli! L'ultimo che mori faceva il meccanico a Catania. Due estranei diventammo. Ogni tanto veniva a Caropepe: un abbraccio un saluto e partenza. Quanto tempo è passato da allora... Maledetta la chiacchiera, ragazze! Lucietta ha bisogno di riposo. A casa! A casa!
Speranza - Addio Lucietta. Sii felice e contenta e... non piangere domani sull'altare quando ...Dicono che si piange dicono.
Maria - Di gioia si piange.
Micio - E di dolore no?
Speranza - Addio. Domani canteremo per te tutta la Messa.
Le ragazze - Addio, Lucietta, addio!
(il gruppo si sparpaglia e scompare da parti diverse. Sull'angolo della casa è Paolo)
Paolo - Lucietta!
Lucietta - (che stava per entrare, spaventata) Gesuzzo!
Paolo - Ti ho spaventata?
Lucietta - Assai assai, Paolo. Ma ora vattene. Se ti vede mia madre!
Paolo - Lucietta: mi vuoi bene?
Lucietta - E lo puoi dubitare?
Paolo - Dimmelo allora.
Lucietta - Paolo. Ti voglio bene.
(Dalla finestra la 'gna Mara scoppia in una risata sguaiata. Lucietta entra svelta svelta in casa quasi a nascondersi per la vergogna).
Paolo - 'Gna Mara! 'gna Mara! Sempre in mezzo ai piedi vi ho!
Mara - Gua! Non si può ridere alla finestra?
Paolo - Siete una mala erba. Meritereste...
Mara - Per quello che merito c'è solo mio marito.
Paolo - Vostro marito!
Mara - Ci avreste a ridire?
Paolo - Sono fatti che non mi interessano.
Mara - E allora voi tubate ed... io rido. Ah! Ah! Ah!
Paolo - 'Gna Mara, ricordatevi che noi due non abbiamo niente da dividere.
Mara - E chi dice questo?
Paolo - Ridete, che vi fa buon sangue, ma a tempo e a luogo.
Mara - Io rido di Donna Felicia che accompagna la figlia all'acqua e la nasconde al fidanzato. E il fidanzato invece...
Paolo - Basta e non mi fate gridare. Se no per l'anima...
Mara - Calmatevi. Non avete nessun diritto sopra di me. Non l'avete voluto e basta. Pigliatevi quella smorfiosa di Lucietta morta di fame. (Chiude con furia le imposte).
Paolo - (urlando) È questo eh? È questo che ti scioglie la lingua e ti apre gli occhi, strega maledetta. Non avevo a che farmene di una viperaccia come te. Ci hai ancora il veleno cne t'esce fuor del naso perchè non t'ho voluto?
Felicia - (uscendo dalla porta di casa sua) Ma Paolo, che fai qua? Non è giusto farti vedere da queste parti a gridare come un pazzo.
Paolo - Io... io sono contento, e gridavo, sì gridavo la mia gioia.
Felicia - Ma parlavi di veleno. E che c'entra il veleno?
Paolo - Già. Mi son tolto un veleno...
Felicia - Come?
Paolo - No... Un veleno.
Felicia - O avevi a ridire con qualcuna? Che so! mi pare...
Paolo - Ma, donna Felicia, che andate pensando ancora alle mie spalle. Mi avete tormentato per mesi e mesi di domande; vi siete informata con tutte le comari del pese fino alla mia terza generazione passata, ed ora, alla vigilia... Dio di fede e d'amore!...
Felicia - Senti, Paolo: io ti dò Lucietta. Ma statti accorto. Sono una femmina di forza e che vigila sempre: ho gli occhi aperti io. Mi è morto il marito sei anni fa, sei anni fa a novembre che viene, per disgrazia; e l'uomo a casa mia l'ho fatto io. Stai accorto, ti dico.
Paolo - A che pensate...
Felicia - Da queste parti poi non ri ci voglio. La gente mormora, la gente sparla, e tu non devi vedere Lucietta prima di domani mattina.
Paolo - Va bene, donna Felicia, va bene. Raccomandatemi a Lucietta. Io penso sempre a lei.
Felicia - Hai parlato col dolciere?
Paolo - Ci ha pensato mio padre. Verrà stasera a parlare con voi.
Felicia - Non ti ci vuoi occupare affatto di questo matrimonio, figlio santo! Lasci rare a tuo padre. Eppure sei un uomo ormai, e hai fatto il soldato in marina.
Paolo - È che a certe cose non ci voglio pensare.
Felicia - Ma quando sarai sposato a tutto penserai tu, a tutto dico. Devi fare Tinteresse della tua casa, capisci? e non l'interesse dei tuoi fratelli o che so, dei gabellotti. E quello che ti spetta governalo tu, con le tue stesse mani; tu mi ascolti? Ma poi ci sarò io, fino a che il Signore mi darà un po' di vita. A me mi ascolterai, mi ascolterai; non è vero?
Paolo - Va bene, donna Felicia, va bene. Ma ricordatemi a Lucietta mi raccomando. Voglio che non si emozioni troppo e ditele che io mi sognerò a lei stanotte, tutta bella, con una corona di oro sulla fronte come una regina, e un mazzo di bàlico sul petto.
Felicia - Pulcinella, che lingua! Ci penso io, non dubitare. Ed ora vattene.
Paolo - Beneditemi, donna Felicia.
Felicia - Amen e così sia.
(Felicia guarda Paolo che va via, e poi fa per entrare in casa).
Micio - (sopraggiungendo) Donna Felicia! O donna Felicia!
Felicia - Che c'è, don Micio?
Micio - Mi manda Turiddu il pastore.
Felicia - Che vi ha detto?
Micio - Ha detto che va bene.
(Felicia entra in casa sua. Don Micio sic. de, con un sospirone di sollievo, al sedile di ferro, e prova ad accordare qualche nota. È un pomeriggio estenuante di primavera. Si oae il canto di un carrettiere giungere e allontanarsi nello stradale: Sta finistredda di cammira scura quanti suspiri m'ha fattu jttari!)
Mara - (dal di dentro della sua casa) Pi ruzzi! Piruzzi! Piruzzi! (Si affaccia sulla soglia di casa col grembiule raccolto e chiamando ancora le galline che la seguono) Piruzzi! Piruzzi! Piruzzi! (lascia cadere il mangime e scuote il grembiule, poi accorgendosi di Don Micio) Ah, don Micio. Vi ripassate la suonata per il festino di domani?
Micio - (guardandola) Siete una gran bella femmina, 'gna Mara, una gran bella femmina ringraziato Dio. Specialmente quando date il granone alle galline.
Mara - Che vergogna! Un vecchio come voi.
Micio - E per questo lo dico, perchè sono vecchio. (Sospira) Ai mie tempi non ve l'avrei detto che siete bella: ve l'avrei fatto capire. Che gran bella femmina che siete 'gna Mara quando date i\ granone alle galline. Ma io sono un vecchio chiacchierone, il vecchio più chiacchierone di tutta Caropepe. E quando non parlo, suono. (Suona una leggiera tarantella in sordina).
Mara - Con quei due soldi di pensione che vi danno spassate il tempo a rompere le teste alle persone. E quella cricca di ragazze che va all'acqua! Non si sente altro che musica e canzoni in tutta Caropepe. Ma quanto è vero Dio non la contate giusta don Micio, non la contate giusta. Ci sentite piacere a stare in mezzo a auella gioventù, a tutte quelle vergini... (vedendo TnTzula comparire sulla soglia di casa, e correndole incontro) 'Gna Nzula finalmente!
'Nzula - Che c'è 'ena -Mara?
Mara - Avete visto? Stamattina donna Felicia non ha pensato che a vendersi il suo vino. Pensate: oggi, vigilia di domani che si sposa sua figlia Lucietta.
'Nzula - È miserabile; per un soldo si farebbe sparare.
Micio - Mhl Avete la lingua lunga tutte e due!
Mara - Voi fatevi gli affari vostri.
Micio - Sì, come ve li fate voi!
Mara - Pareva una generalessa. Bastiano di qua, Jano di là. Presto, che il tempo è peso d'oro. Non le scappava manco una mezza goccia del suo vino.
'Nzula - Dobbiamo dire la verità: donna Felicia è una femmina fina che sa fare.
Mara - E invece i due fidanzati gliela fanno a modo loro sotto il naso.
‘Nzula - Andate là, che dite!
Mara - Sui sette sacramenti!
'Nzula - Io non ci posso credere. Con quella sorveglianza!
Mara - Che vi pare di essere, 'gna 'Nzula?
'Nzula - E chi gliela può fare se ha più di cento occhi!
Mara - Mi dovessero portare a Mazzarà, al Santuario di San Vito, morsicata da un cane.
Micio - Magari Dio!
'Nzula - E che sapete? Che avete visto? È mezz'ora che parlate e non avete detto niente. Che hanno fatto?
('Ntoni e il podestà vengono ragionando tra di loro. Di lì a poco sopraggtungeranno Maria e Speranza)
Mara - Guardate, c'è il podestà con il padre di Paolo. Ora non ve lo posso raccontare.
'Nzula - Deve rifletterci prima con la fantasia. Ho già capito. Basta.
Mara - Se è così... venite a casa mia!
(La 'gna Mara e la 'gna 'Nzula entrano nella casa della prima).
'Ntoni - Per chi conclude un matrimonio, compare signor podestà, sapìte che ci deve 'ssìre la convenienza. Oggi o domani mi capita un partito migliore: io mi aggiusto per il bene di mio figlio. Va bene che in confidenza non c'è più che fare un giorno prima dello sposalizio, ma non è giusto cne una villana si prenda gioco di me e dei miei denari Non saccio la vostra 'piniòne in proposito, ma immagino, compare signor podestà, ch'essa sia favorevole a quello che io voglio sostenere.
Il Podestà - Signor 'Ntoni: come compare e come primo cittadino cM Caropepe vi prometto il mio aiuto. Ma vi confesso che donna Felicia mi pare un osso duro da rodere.
'Ntoni - Ossa dure ce ne ha più di uno, compare signor podestà; ma vi pare giusto che oltre al mobilio - ce lo fazzo io a Paolo perchè è l'usanza - vi pare giusto che oltre al mobilio devo pagare il trattamento di domani?
Il Podestà - Qui ci avete ragione. Ah, ecco don Micio che sì prende il sole.
Micio - Benedìcite, signor podestà. Benedicite, signor 'Ntoni.
'Ntoni - Buongiorno.
Micio - Se disturbo...
'Ntoni - Ma no, Don Micio, potìte restare. Si tratta di quella avara di donna Felicia. Mi deve dare metà del trattamento, o per lo meno...
Il Podestà - Metà del trattamento è buono. Intercederò per voi.
‘Ntoni - Vi arringrazio. Venite con me da commare Felicia e sono sicuro che si persuaderà se ci sarìte voi.
Il Podestà - E allora, compare, andiamo.
'Ntoni - (in saluto) Don Micio!
Micio - Servo.
(/ due entrano in casa di donna Felicia).
Speranza - Le altre stanno venendo.
Micio - (rivolto a Maria) Viva Maria! Sempre con il muso? Luciano come ti sopporta?
Maria - Luciano. Ci credete, don Micio, che mi vuol bene?
Micio - Ma che hai nel cuore tu? Certe volte mi fai spaventare. Ci hai una bocca del Mongibello nel tuo cuore, per quanto è vero Dio.
Maria - Il meglio di me si sta pigliando, e sposare non mi vuole. Qualche giorno farò qualche pazzia. Lasciamo stare, don Micio: quello che è destino è destino. (Vengono le altre ragazze).
Le racazze - Don Micio! Don Micio!
Micio - Finalmente. Era un pezzo che vi aspettavo per andare all'acqua assieme.
Speranza - E Lucietta? È in carcere sempre?
Micio - E che carcere! Figuratevi che ci son sopra il podestà e il signor 'Ntoni che parlano di affari.
Le ragazze - Di affari?
Speranza - Che affari hanno da spartire insieme tutti e tre?
Micio - Ma come! II matrimonio di Paolo e Lucietta. Il podestà, sapete, è un testimonio. Ora pare che non si vogliono accordare all'ultimo momento. Il Signor 'Ntoni vuole metà del trattamento di domani.
Le ragazze - E perchè?
Micio - Perchè? Che vi pare che è il matrimonio? Un contratto come un altro. Si-pigliano prima tutti gli accordi e poi se conviene si firma. Io so che in città uno si può fidanzare magari per mezzo dei giornali. Si mette un annunzio, sì, assieme a quelli delle occasioni, delle vendite all'asta, e dopo un paio di giorni ecco trovato uno sposo o una sposa con tutte le misure domandate. Così dalle parti nostre. Il primo che capita, basta che sia sempre un buon partito, riingraziando a Dio. Ah! Magari io un tempo lontano lontano mi ero montata la testa di chi sa che cosa. Avevo il fuoco di Mongibello nelle vene. Ora sono vecchio.
Maria - Ma Paolo e Lucietta si amano!
Li ragazzi - Si amano!
Micio - Si amano. Belle parolel Dite invece che l'una piace all'altro. La 'gna Grazia ha fatto da ruffiana: 'Ntoni e Felicia hanno steso il contratto, e Paolo e Lucietta si a-fiia-no. (Ride). Passerà pure il tempo dell'amore e speriamo che abbiano la pazienza di sopportarsi e di compatirsi dopo i primi giorni.
Speranza - Ma don Micio!
Le ragazze - Don Micio!
Micio - (sospira) Avete ragione, ragazze, io parlo troppo. Sono il vecchio più chiacchierone di Caropepe. Andiamo all'acqua ora che è tardi, e cantate per tutta la strada. L'amore è come la lava del Mongibello: trabocca, arde, brucia tutto, poi si spegne, si indurisce. Ma non mi date intesa, e credeteci all'amore, credeteci! Ma andiamo che e tardi ora, maledetta la chiacchiera, e l'acqua è lontana quasi un miglio. (Se ne vanno cantando. La 'gna Mara e la 'gna 'Nzula si afacciano alla finestra incuriosite),
Mara - Che c'è?
'Nzula - Quel pazzo di don Micio: immagino che se ne va all'acqua con le ragazze appresso.
Mara - Già, è proprio lui. Se sapeste quello che m'ha detto. Pure i vecchi» mi guardano e mi ammirano. Tutti m'avrebbero voluto, e quello smorfioso di Paolo Ballasciocchi ...lasciamo stare... a me, a me, la figlia del carrettiere di Carlentini.
'Nzula - Manco se diceste: la baronessa di Palagonìa!
Mara - Vi sentite migliore di me?
'Nzula - Ho buon marito e basta.
Mara - Andate là, che pure a voi Paolo ha fatto gola. Vi ricordate quando venne in licenza vestito da marinaio?
'Nzula - Eccolo! È con Padre don Santo. (Padre don Santo e Paolo, provenienti calla strada entrano in chiesa),
Mara - Si va a confessare, immagino.
'Nzula - SI. Va a confessarsi.
Mara - Deve averne sulla coscienza.
'Nzula - E perchè?
Mara - Ha girato il mondo con la nave lui.
'Nzula - E che c'entra questo con la religione? E poi come siete esagerata, tutto il mondo!
Mara - Ve lo giuro sull'anima di mia madre. Me lo ha detto lui quando...
'Nzula - Siete una vera bugiarda, 'gna Mara. E chi vi crede più?
Mara - Basta. Con voi non si può andare mai d'accordo.
'Nzula - La colpa è vostra.
Mara - Gua! La colpa è mia?
'Nzula - Sì, vostra e della lingua che ci avete.
Mara - 'Gna *Nzula, non mi mettete con le spalle al muro.
'Nzula - Che mi vorreste dire...
Mara - Non costringetemi a buttarvi fuori.
'Nzula - A me, a me, questa falsa e strafallaria! (Scompare dalla finestra, seguita da 'gna Mara. Ma le voci si odono gridare dall'interno della casa). Me ne vado con i miei piedi da questa casa che puzza.
Mara - Che vi pare che è, la casa di un villano? È la casa di un carrettiere, di Vicenzo il carrettiere.
'Nzula - Vi strappo gli occhi dalle orbite se parlate ancora e vi mozzo la lingua. Che vi pare: non lo so che avete gettato la iettatura nella mia casa? Ma non ce la fate, ve lo dico io.
- (Mentre le due comari si insultano sulla soglia di casa, compare un carabiniere seguito da due o tre monelli sbrindellati e sporchi, curiosi e intontiti spettatori delle scene seguenti. I ragazzi hanno tra le mani un cerchio di ferro per uno).
Il carabiniere - (a 'Nzula che è uscita) Signora!
Mara - E che mi avete preso per una maiara, villanaccia che non siete altra! Dite piuttosto che voi ci avete gettato il malocchio sulla mia casa per invidia.
'Nzula - (tremando tutta) Se non sta zitta io faccio qualche cosa... Mi sento tremare fino alle midolla.
Il carabiniere - Signore!
Mara e 'Nzula - (spaventate) Oh?!
Mara - La colpa è sua, signor brigadiere. L'avete sentita voi stesso. « Io faccio qualche cosa »... minaccia... minaccia a me. (Scoppia in singhiozzi).
Il carabiniere - Ma che lagrime ora. M'importa poco delle vostre chiacchiere a me! Io cercavo Paolo Rcstuccia.
'Nzula - Prendeva impresa per non restare indietro, signor maresciallo; ma la colpa è tutta sua che mi voleva cacciare da casa sua.
Il carabiniere - O insomma lo avete visto Paolo Restuccia? Questo m'interessa.
'Nzula - Paolo Restuccia? E chi lo conosce?
Mara - Paolo Rcstuccia!
'Nzula - Ma non dev'essere del paese immagino.
Mara - E manco di Carlentini perchè se no...
Il carabiniere - Ma è nato e cresciuto qua. Paolo... sì... quel giovane... Paolo che ha fatto il marinaio.
Mara - Ah, Paolo Ballasciocchi! Se non vi spiegate chiaro!
Il carabiniere - Paolo Restuccia: più chiaro di» così!
'Nzula - Ma se non dite l'ingiuria come si fa a conoscere la gente?
Il carabiniere - Insomma ho capito: con voi ci perdo le parole.
Mara - Ma no, aspettate. Lo abbiamo visto.
'Nzula - È qua.
Il carabiniere - Dove?
Mara - In chiesa che si confessa. Ma se si tratta di informazioni... vi giuro che di me vi potete fidare.
'Nzula - Che ha fatto di male?
Mara - Di noi potete fidarvi come di voi stesso.
Il carabiniere - Uhi Siete curiose!
Mara - Se non si può sapere niente, pazienza.
'Nzula - Noi avevamo tutte le buone intenzioni per favorirvi.
Il carabiniere - Grazie. Troppo gentili.
Mara - Ma se sono cose segrete... che so...
Il carabiniere - Non c'è niente di segreto. È una chiamata alle armi.
'Nzula - Una chiamata alle armi?
Il carabiniere - (leggendo) Si. Deve presentarsi domani ad Augusta.
Mara - Domani? (scoppia a ridere) Domani! Domani! Viva lo sposo di Lucietta! Cucù!
Il carabiniere - Ma che vi prende?
'Nzula - La vipera ride sul dolore degli altri.
Mara - (isterica) 'Gna 'Nzula! 'Gna 'Nzula!
Il carabiniere - Non ricominciate adesso, per carità; ne ho abbastanza delle vostre chiacchiere. In sostanza avete detto che Paolo è in chiesa. Se è vero che si confessa...
Mara - Sull'anima di mia madre!
Il carabiniere - Grazie, ma lasciate stare i morti: non vi avevo detto di giurare. Se è vero dunque che si confessa mi conviene di aspettarlo qua. E niente chiacchiere, eh! In caso contrario vi spedisco a casa vostra tutte e due, oppure...
Mara - (spaventata) Bella Madre di Dio! È lei la mala lingua.
(Escono dalla casa, di Donna Felicia il Podestà e 'Ntoni, insoddisfatti per la cattiva riuscita del colpo).
Il podestà - Che vi dicevo, compare 'Ntoni? È una vecchia stagionata che non cede mai.
'Nzula - Guardate. Là c'è il padre di lui, di Paolo, quello col podestà.
'Ntoni - Se ne approfitta compare signor podestà, se ne approfitta perchè non si può tornare indietro a questo punto.
Il carabiniere - Buon giorno» podestà. Buongiorno.
Mara - (con gioia perversa) Questo e matrimonio che va all'aria. Sciù! Sciù! Paradiso!
Il carabiniere - Signor Restuccia, avrei una cosa per vostro figlio Pao!o.
'Ntoni - Per mio figlio... Paolo?! Che ci ha a vedere mio figlio con i Reali Carabinieri ?
Il carabiniere - In sostanza niente di male. E’ solo una chiamata alle armi.
Il podestà - Solo?!
'Ntoni - Avite detto... una chiamata alle armi?
Il carabiniere - Sì. O meglio, rettifico, un richiamo. Deve presentarsi domani ad Augusta.
'Ntoni - Domani! Domani! E che siete pazzo? Domani! E chi gliela leva la caparra al dolciere ora! Chi glieli leva i soldi al sarto al macellaio al pastaro al parroco... Voi siete pazzo! Facciamo magari dopodomani.
Il carabiniere - Signor podestà, fatelo zittire, se no sarò costretto a metterlo dentro per oltraggio alla divisa.
Il podestà - Compare 'Ntoni, calmatevi. Calmatevi, compare "Ntoni, per l'amor di Dio.
'Ntoni - Domani! Domani! Io ci perdo tutto il capitale! Bigliettoni da mille compare signor podestà. E come campo e come campo con questa pietra nel cuore? Domani!
I monelli - (schernendolo saltellano, e corrono via a dare la notizia per il paese gridando) Domani! Domani!
'Ntoni - Figli di cani. (Si agita, e disperato. Si precipita alla porta ai Donna Felicia e batta) Commare Felicia! Commare Felicia! Sangue di...
Felicia - (affacciandosi dalla finestra) Che c'è, compare 'Ntoni? O che siete impazzito?
'Ntoni - Scendete! Scendete!
Felicia - Adagio. Adagio. Con la calma si arriva a tutto. Ih! che furia (Scompare).
Mara - Questo è un matrimonio che non si combina più!
'Nzula - Ci godete sopra, anima dannata?
Mara - Paolo se Io merita. È la mano di Dio che si fa sentire.
Felicia - (uscendo di casa) Eccomi. Che c'è?
'Ntoni - Benedetta la vostra santa calma! C'è che domani questo matrimonio non s'a da fare.
Felicia - Madonna Santa! Non s'ha da fare?
II podestà - Sopportate, sopportate con pazienza donna Felicia, voi siete forte...
'Nzula - Ora donna Felicia schiattai
Mara - E Lucietta, l'angelo dell'altare!
'Ntoni - Domani, capite, il matrimonio non s'ha da fare. Ed i miei soldi via! via! via! come se li avessi rubati...
Felicia - Compare 'Ntoni che mi volete coprire di ridicolo per tutto il paese di Caropepe? Ah! no. A questo non ci voglio arrivare. Siete più avaro dì un ebreo e indietro non volete restare per l'orgoglio che ci portate nel cuore. Ma così davvero non me la aspettavo.
'Ntoni - Eoreo! Cuore! Che diavolo dite. Il matrimonio non si può fare.
Felicia - (eroica) Va bene. E cedo. (Con un sospiro) Vi pagherò metà del trattamento. Ma ha da essere mLgliore del migliore che s'è visto in Catania.
'Ntoni - Che trattamento del diavolo! Il matrimonio non si può fare perchè Paolo domani parte per soldato.
Felicia - Paolo... parte per soldato? Per soldato avete detto? E mia figlia come mi resta ora? Come mi resta mia figlia?
'Ntoni - Ai miei soldi, sangue di Giuda ladro, ai miei soldi che squagliano non ci pensate voi? Quasi tutto ho pagato per domani, quasi tutto, capite? Io mi faccio morire per un soldo, e Dio lo sa come, tanto ch'ero venuto da voi per accordarmi... Vado per farmi la croce e mi accieco un occhio.
Felicia - I soldi. Sempre coi soldi voi. Ma mia figlia ha avuto cento partiti, signori miei, cento partiti da scegliere. Tano, Jano, Santo, Luciano: il fiore dei giovani per mia figlia LucLetta. Ed ora mi capita questa malanova sulla schiena. Ahimè! Ahimè! Che male ho fatto io Maria, Madre di Dio!...
'Ntoni - Vostra figlia! Maritatela con un altro allora.
Felicia - E chi la vuole, e chi la vuole, figlia sventurata, dopo che vostro figlio ha preso impegno?
(Richiamata dai lamenti della madre, Lucietta si fa alla soglia di casa sua).
Mara - Eccola quella dei cento partiti. Guardatela 'gna 'Nzula, la vostra Lucietta.
'Nzula - Siete una vipera siete!
Mara - Sciù! Sciò! Paradiso!
Lucietta - Mamma, mamma, che ti piglia ora?
Felicia - Figlia delle mie visceri, figlia degli occhi miei. È il destino, è il destino! Non c'è che fare. Sei nata sotto cattiva stella.
Lucietta - Mamma I Che è successo di male? Mamma I
Felicia - Oh, lo scandalo, lo scandalo. E lei mi resta nubile, e nessuno la vuole perchè è stata una volta fidanzata.
'Ntoni - E ì miei soldi, sangue di Giuda, dove li trovo più?
Lucietta - Madre Santissima del Rosario! Che è successo?!
Il podestà - Ecco Lucietta: non ti impressionare. Paolo domani parte.
Lucietta - Domani parte? E come? E perchè?
Il podestà - Lo hanno richiamato per soldato.
Lucietta - Signore Iddio, ho aspettato da lunghi mesi questo giorno di liberazione: ho aspettato con tanta pazienza. (si ode un coro dt voci bianche avvicinarsi),
'Ntoni - Che c'è ora? Che c'è?
Il carabiniere - Sono le ragazze che tornano dall'acqua. C'è don Micio con loro.
'Ntoni - E Paolo auel bacchettone non si fa vedere. Dove si e ficcato?
Mara - È in chiesa che si confessa.
'Ntoni - Chiamatelo, sangue di Giuda! Pensa a confessarsi lui di questi momenti. (Mara entra in chiesa). (Entrano intanto Don Micio e le ragazze. La scena andrà man mano animandosi di gente che verso la fine delVatto sarà una piccola folla. I personaggi principali, sospinti verso la ribalta, rimarranno sempre ai primo piano).
Le ragazze - (colpite perchè Lucietta piange) Lucietta!
Micio - Tu piangi, Lucietta: che hai?
Felicia - Oh, voi! Non me la tormentate.
Lucietta - Don Micio, don Micio, domani non mi sposo più.
Le ragazze - Non si sposa? - Come? - Che dice Lucietta? - Ah, non si marita. - E Paolo che fa? Già, Paolo...
Micio - Non ti. sposi più? perchè?
Lucietta - Perchè Paolo parte per soldato-domani.
'Ntoni - Stasera, diavolone!
Micio - E piangi?
(Lucietta scoppia in singhiozzi).
Micio - E ti metti a piangere? Come se non ti dovessi maritare più; come se Paolo partisse... per non tornare più, mai più. No Lucietta, così no. Hai poca fede allora, hai poca fede! Non ti ricordi quando strappaste insieme - tu e Paolo - i petali della margherita bianca? E la margherita disse sì. L'avevo colta lontano, in un cimitero dell'Etna, e il fiore che nasce in terra sacra non sbaglia mai. Tu piangi. Ed egli forse va alla guerra. Fuori da questa monotonia dove non c'è niente eia sperare. Non piangere, Lucietta: vi amerete lo stesso e sempre; vi amerete in modo nuovo, in modo vero, e il Mongibello e il cielo e le sciare e i fiori ti parranno diversi e ti parleranno di lui.
Felicia - E zitto, linguaccia del diavolo! Lo intossicate di più il cuore di mia figlia.
'Ntoni - Aspetta! Aspetta! Fiori! Zagara! E i denari, sangue di Giuda?
La gente - Le congiunture della vita! - Tanti progetti, immagino, tanti sogni. - Era destinato così, non c'è che fare donna Felicia. Domani? - È possibile questa fatalità? - Qualcuno ha gettato il malocchio sulla cosa. - Domani.! Domani!
Il podestà - (non sapendo che dire) Basta, basta! Se no faccio sgombrare la piazza.
La gente - Paolo va soldato - Dicono che ci sarà la guerra. Gesummaria! - Povera Lucietta! - Povero lui! - Amaro per chi parte non per chi resta in questo caso - Coraggio -. Donna Felicia...
Felicia - Bastai Andatevene a casa e fatevi t fattacci vostri.
(Paolo è apparso sulla scalinata della chiesa: L folla tace d'incanto e fa ala mentre egli passa. Dietro a Paolo sono Padre don Santo e Mara).
Paolo - Lucietta!
Lucietta - Paolo! (Si abbracciano).
Felicia - Scandalo! Scandalo! Gesummaria, la figlia mi rovina. Divideteli, figli di cani, divideteli. (La trattengono).
Paolo - Tu mi aspetterai.
Lucietta - Paolo, ti aspetterò.
Paolo - (improvviso) E ci sposeremo. Ci sposeremo lo stesso! Fosse anche per procura.
Lucietta - Sì. Per procura.
'Ntoni - Sangue di Giuda ladro!
Felicia - Ma è uno scandalo! È uno scandalo! Degenerati!
(Ma la parola che corre sulle labbra della folla prima mormorata poi gridata in ondata d'entusiasmo è una sola: La procura! La procura! Paolo ragiona a bassa voce col parroco e col podestà!).
Paolo - (alzando la voce) Voi, voi signor podestà, sarete a rappresentarmi dinanzi al santo altare. (Applausi).
'Ntoni - Io spese non ne faccio più, manco se mi dovessero scannare!
Felicia - A me sta da decidere, non vogliol
La gente - Il podestà! Che parli il podestà! Si. Fuori il podestà - Fuori, fuori. Vogliamo il podestà!
(Il podestà sì ritira in casa e presto appare al balcone).
La folla - Bene! Bene!
Il podestà - Cittadine e cittadini di Caropepe. La Patria ha richiamato alle armi il vostro concittadino Paolo inteso Ballasciocchi. Egli doveva sposare domani mattina Lucietta intesa Cannizzara. Come lo può fare più? Quindi lo sposalizio per domani sfumo. Ma i due su nominati giurano davanti a Dio e davanti agli uomini che si sposeranno lo stesso, al giorno della Madonna del Carmine, anche se Paolo non sarà allora tornato dal richiamo militare. Nel quale caso io, primo cittadino di Ca-ropepe, lo rappresenterò orgoglioso dinanzi all'altare e onorato di fare la presenza di un grande marinaio d'Italia! Si sposeranno, vuol dire, per procura. (Applausi).
Il podestà - (rivolto ai fidanzati) Ed ora abbracciatevi, e il Signore vi benedica.
Felicia - (al massimo dellesasperazione vedendo i due giovani abbracciati) Scandalo! Scandalo! Figlia ti maledico! Ti maledico!
TELA
ATTO SECONDO
(Don Micio e le ragazze sostano nella piazza sperando di vedere almeno Lucietta, la promessa sposa maledetta dalla madre).
Micio - (declamando): « ... Cu voli puisia vegna 'n Sicilia ca porta la bannera di Vittoria; li so nnimici n'avirannu 'nvidia ca Diu ci desi ad idda tanta gloria. Canti e canzuni 'avi a centu milia e lu pò diri cu grannizza e boria: evviva evviva sempre la Sicilia la terra di l'amuri e di la gloriai ».
Le ragazze - (gridano, poi restano come in attesa) Bene! Bravo a Don Micio!
Speranza - (infine) È inutile, Don Micio; non la fa manco affacciare alla finestra.
Micio - Manco affacciare! A questo punto siamo arrivati.
Speranza - Meglio che ce ne andiamo. Si dice che le maledizioni delle madri non fanno avere ne luce né pace ai figli che l'hanno meritate. Povera Lucictta!
Micio - Non è giusto tenerla carcerata così! Piange davanti a Dio come un delitto.
Speranza - Dicono che le maledizioni delle madri hanno effetto, fino alla morte. Magari se sposa per procura, Lucietta non vedrà provvidenza.
Micio - Magari? Ormai per forza si deve maritare.
Speranza - Si. Ma provvidenza non ne vedrà, povera Lucietta!
Micio - E chi lo sa? Tutto per due parole dette da una madre che non ragiona più, in un momento di collera?
Speranza - Ma dicono che Iddio l'ascolta, e la maledizione resta in questa vita e nell'altra.
Micio - Tutti dicono così: ma poi chi sa?
Speranza - E Paolo è lontano... con questa guerra...
Micio - Beato lui che è partito lontano. Io sempre qua tutta la vita, inchiodato a questa terra; mai ho passato, mai, lo stretto di Messina. Sempre a Caropepe si può dire. Dicono che al di là dello stretto la Sicilia diventa agli occhi tuoi bella dieci volte tanto, e le vuoi bene cento volte tanto.
Speranza - E la povera Lucietta se ne va giorno per giorno dal dolore e dalla desolazione. È diventata un pane cotto, come una pera sfatta.
Micio - Andarsene all'altro mondo è anche un modo per passare lo stretto di Messina.
Le ragazze - Don Micio!
Micio - Non c'è pericolo che mi morsichi la lingua quando parlo così, diavolone! Ma dicevo per me, non vi impressionate, non per Lucietta, che beata lei! si trova nel fiore degli anni, noi E dopo tutto che siamo nati a fare in questo mondo? Perchè ci torturiamo sotto il sole, chi zappa e chi mangia sul lavoro degli altri, chi se la passa bene e chi muore di fame?... Il signor 'Ntoni che pensa al suo denaro, donna Felicia che ha il suo egoismo di madre, la 'gna Mara che non accorcia mai lo scilinguagnolo, il podestà che non sa da quale lato voltarsi... e nessuno ha pace, nessuno ha calma. Tutto perchè? Per un matrimonio che ha da essere un contratto con gli utili di banca e una funzione di moralità.
Maria - Ma ormai niente potrà dividerli, beati loro che si vogliono bene tutti e due. Niente, e il giorno della Madonna del Carmine si sposeranno.
Micio - Eh, Signore Iddio, questa è una cosa vera. Si sposeranno lo stesso. Gli altri non vogliono, gli altri maledicono, e Lucietta fa la volontà di Paolo che è lontano. Poi anche lei se ne andrà via da questa Caro-pepe dove si campa ogni giorno la stessa vita, e si metterà a camminare su strade nuove e grandi, su strade, lo sapete? più lunghe assai, più larghe dello stradone di Valcorrente. Se ne andrà in spirito, sì capisce... (ride nervoso e tormentato) Chiacchiere! Chiacchiere! Hai ragione, Speranza. Lucietta diventa come il pane cotto, come una pera sfatta: se ne va Lucietta, se la squaglia. Questo ci ha (guadagnato. E io mi diverto a fare quattro chiacchiere con voi... Malandrinerie, ragazze, e basta. Bisogna esserci dentro nelle cose per capirle al completo. Bello parlare discutere impiantare magari un sistema di filosofia, ma chi lo sa quello che c'è nel cuore di Lucietta! Paolo le ha data una parola. Sì, qui ci vuole, le ha dato l'amore. Ma per una parola vera che dice l'amore, dieci ne dice donna Fe-licia, cento il Signor 'Ntoni, mille la 'gna Mara. E quella che l'ha detta la parola, se ne va, se ne va, non la sostiene... perchè l'hanno condannata a morte.
Le ragazze - (spaventate) Maria Vergine! Don Micio!
Mìcio - Che mi esce dalla bocca io non lo so. È la vecchiaia, sì, è la vecchiaia, ragazze, non ci fate caso. E ora via! via! a ca... a casa. Non so manco io quello che dico. Le vostre madri vi aspettano e ini malediranno l'anima se ritardate. Le maledizioni restano... evvero Speranza? (Le ragazze fanno per allontanarsi ma Speranza si avvicina titubante a Don Mìcio).
Speranza - (timida) Don Micio!
Micio - Che c'è, Speranza?
Speranza - C'è qui Maria, che è triste.
Micio - Maria, che ti succede?
Maria - Luciano... non mi vuole più.
Micio - Ah! Luciano non vuole questo fiore di ragazza? Beh, fallo schiattare dalla rabbia: c'è Turi che ti va appresso da mesi e mesi.
Maria -Ma io... ma io, Don Micio... gli voglio bene. Vi giuro che commetto una pazzia.
Mìcio - Ah, gli ti sei attaccata con tutta l'anima, cuore di zucchero! Gli vuoi bene! Scommetto che non pensi ad altro che a lui, che sogni lui, che sei triste per lui! Guardate che zolfanelli sono le ragazze. E gli uomini vi pigliano pel naso. Giocano scherzano e quando si stancano basta! È difficile che pure essi la prendano sul serio come voi. Ah, no Maria, non piangere ora. Farabutto! Un fiore di ragazza. Non piangere: hai due occhi belli come due pianeti e te li sciupi così. Mascalzone! Ma ci penserò io, non dubitare, ci penserò io, don Micio il suonatore, per quanto è vero che sono figlio del Mongibello. E ora non piangere Maria, e presto a casa, a casa, via! ragazze!
Le ragazze - Arrivederci Don Micio, arrivederci!
(Don Micio saluta con un gesto stanco e siede sul sedile di ferro, scotendo il capo e
borbottando frasi incomprensibili. Le ragazze si soarpagliano ed escono per patti diverse dalla scena).
Mara (al solito affacciata alla finestra) L'avete finita con le ragazze, Don Micio, la vostra predica?
Micio - Ah, ci siete anche voi, bella femmina? E già, dove non siete voi?
Mara - Che ci vorreste dire?
'Nzula - (di rimando, dalla sua finestra) Ve lo spiego io, 'gna Mara. Voi siete sempre negli affari degli altri. Vi basta?
Mara - Guarda chi parla! La lingua lunga di tutto il quartiere.
'Nzula - Ma se con voi nessuno ce la vince...
Mara - Perchè? Voi ci sputate?
'Nzula - Io mi interesso sempre delle cose giuste.
Mara - Gua! La santarella...
‘Nzula - E voi siete un'anima d'inferno!
Mara - Che ci avete da dire, 'gna 'Nzula? Parlate chiaro se vi basta l'animo.
'Nzula - Lo sa tutto il paese che vi siete messa d'accordo con donna Felicia per pungere Lucietta a disdire la procura.
Mara - E perchè? Voi non siete dalla parte di Lucietta? Questione di partito...
'Nzula - Io sono dalla parte delle cose giuste.
Mara - Gua! Voi siete sempre dalla parte che va contro di me, vi pare che non l'ho capito? Quando fu l'affare della gallina - non me lo posso scordare più 'gna 'Nzula - quando fu l'affare della gallina voi sola mi foste contraria in tutto Caropepe.
'Nzula - Parlate quanto un giudice orbo.
Mara - E già! Perchè voi ci sputate!
Micio - E basta oca, che porcheria è! Non si può stare un momento in pace a prendere un po' di fresco sulla pubblica piazza. Se continuate ancora me ne vado...
Mara - E chi vi tiene?
Micio - Linguacce maledette! (E se ne va brontolando)
'Nzula - Voi lo sapete che nessuno a Caropepe vi può vedere.
Mara - Dovrei avere un naso di patata e le gambe storte come voi.
'Nzula - Ah, questa non me la tengo, brutta ruffiana.
Mara - Ruffiana, Ruffiana a me! E chi lo dice, non siete degna di portarmi le scarpe-Ruffiana! Scendete nella piazza se vi basta l'animo.
(Gna Mara e 'gna Nzula scompaiono di botto dalle finestre, ed escono poco dopo dalle porte insultandosi a vicenda. Il podestà che entra in quei momento fa in tempo ad evitare lo scontro).
'Nzula - Le gambe storte a me! A me che ce l'ho dritte...
Mara - Sì. Gambe a cancello!
Il Podestà - Ohe, Ohe! Mi parete due galli parati. Ferme, ferme, diavolone! È possibile che passiate tutto il santo giorno a leticare, è possibile? A casa mia non c'è più un minuto di pace per i vostri gridi. Avete una voce, gna Mara, che si porta la testa.
'Nzula - Non si può resistere con questa strafallaria...
Mara - Sentite? Sentite, signor podestà? Provoca e non vuol essere toccata...
Il Podestà - (bonario e divertito) Fate la pace e non se ne parli più.
'Nzula - La pace?
Mara - La pace!
Il Podestà - La pace. Non sono questioni mortali le vostre, le conosco. Tutto al più la 'gna Mara dirà che le hanno rubato una jallina, e voi giurate invece che se l'è :Ila e mangiata lei stessa... Mettetevi d'accordo, che diavolo! I cittadini devono rispettare il vicinato e devono essere cortesi educati gentili con tutti... È una «sciocchezza...
'Nzula - No, signor podestà, qui non è una sciocchezza.
Il podestà - Non è una sciocchezza?
'Nzula - Quella là non fa altro che pungere la povera Lucietta per farle rinunciare alla procura...
Il Podestà - Rinunciare alla procura?... Voi? Ah, voi? Badate ai fatti vostri! Badate ai fatti vostri 'gna Mara.
Una voce - (dalla casa del podestà) Mariddo! o Mariddo!
Il Podestà - Vengo, sto. venendo. Un momento. Badate ai fatti vostri che mi state facendo spazientare. Finché è donna Felicia, passa! perchè la madre vale avanti a tutto e si compatisce, ma voi no, voi no, per quanto è vero Iddio. E ricordatevi che ora e è la guerra, che Paolo è là, con la morte a un passo per il bene vostro, mio, di tutti quanti. Quello che vuole lui è sacro. Guai a toccarlo.
'La voce - Mariddo!
Il Podestà - Sì vengo! (A padre don Santo che è uscito in quell istante dalla chiesa) Ah! Padre don Santo, io ho che fare: vi raccomando queste pecorelle... (se ne va in casa).
(La 'gna 'Nzula è tutta un sorriso di trionfo e di sfida. La 'gna Mara trema dalla rabbia, tanto che volta sdegnosamente le spalle, e infila la porta di casa senza parlare. Poco dopo comparirà di nuovo alla finestra).
Il Parroco - Sante figliole, sempre a leticare, evvero?
'Nzula - È lei che va contro la procura.
Il Parroco - Già, la procura. Non si parla di altro nel paese. Ho sentito dire persino che... Oh! venite qui, finalmente! (Sono entrati tre bambini dai quattro ai cinque anni. Uno di essi ha un piccolo tamburo a tracolla e le mazzole nei pugni).
bambini - (in coro) Benedicite, padre don Santo.
Parroco - Benedetti figlioli. Aspettate che vi prendo il crocifisso. (Entra in chiesa).
'Nzula - (chinandosi verso un bambino) Vieni qua, dammi un backizzo, ninnarcllo mio, vieni. Ahò! Ahò! Cittì babau! Dammi un baciuzzo.
Il bambino - (piagnucolando) No, no. Brutta, brutta tu.
Mara - (dalla finestra, con una risata stentata) Ah! ah! ahi (Scompare, e la 'gna 'Nzula si volta inviperita, ma sopraggiunge don Santo con un crocifisso di legno tra le mani).
Il Parroco - (consegnando il crocifisso ad un bambino) Mi raccomando, gridate forte. Poi vi darò le caramelle.
bambini - (in coro) Benedìcite, padre don Santo.
Parroco - Benedetti. (E’ li guarda andare verso la strada', il bambino col crocifisso avanti, seguito dal tamburino che batte il tempo).
I bambini - (monotonamente canterellando) Tutti i bambini alla dottrina nella parrocchia domani mattina...
II Parroco - Che dicevo? Ah! La procura è una gran bella cosa, una cosa santa. Egli è là, tra mare e cielo, e Lucietta, qua, a Caropepe, gli diviene sua sposa nel nome di Dio. La guerra! Tra tante cose brutte, permette alle anime nobili entusiasmi nuovi e sacrifici sublimi... Già, anche la guerra è una volontà del Signore.
'Nzula - Pure mio marito è laggiù. Dev'essere lontano lontano, se le sue lettere non mi arrivano più. L'ultima volta mi scrisse tante cose belle, che mi sono messa a piangere per la gioia...
Il Parroco - (pensoso) Dov'è ora lui?
'Nzula - In Africa. Chi lo poteva dire che lui, un contadino dopo tutto, dovesse andare cosi lontano, dove ci sono i neri. (Una pausa).
Il Parroco - Tra poco comincerà il Rosario (Si avvia).
'Nzula - Benedicite, padre don Santo.
Il Parroco - Benedetta. (Entra in chiesa). ('Gna 'Nzula fa per entrarsene, ma sulla soglia si arresta per un attimo: vede donna Felicia, che è uscita, andare dritta alla casa di 'gna Mara. La porta di 'gna 'Nzula ha il caratteristico sportello: cercherà di vedere senza essere veduta).
Felicia - (bussando) 'Gna Mara, o 'gna Mara.
Mara - (aprendo) Commaruccia Felicia, benedicite.
Felicia - A voi!
Mara - Entrate, avanti, avanti!
Felicia - Non posso entrare: ho da dirvi soltanto due parole.
Mara - Come volete, commare.
Felicia - lo... ora me ne vado dal podestà.
Mara - Dal podestà?
Felicia - Sì. Vado a tentare l'ultima botta. Se ci riesco a convincerlo, Lucietta è cosa facile.
Mara - Sante parole! Voi siete la testa, e Lucietta è il cuore...
Felicia - Perciò, dicevo, vado dal podestà. A voi vi raccomando la mia casa.
Mara - State tranquilla, commare Felicia, e non dubitate.
Felicia - Quella è la porta, quella è la finestra. Nessuno si deve avvicinare; è fidanzata mia figlia.
Mara - Quanto è vero Dio, non s'avvicinerà nessuno.
Felicia - Il Signore ve le renda, 'gna Mara. (Mentre Felicia entra dal podestà, Mara siede sulla soglia della casa di donna Felicia, come un segugio disposto a far buona guardia. Passa qualche' uomo che torna dal lavoro, mentre si ode il suono della fisarmonica di don Micio avvicinarsi).
Mara - (desiderosa di attaccare discorso con qualcuno) Ohe! Massaro Peppe, come andrà la vendemmia quest'anno?
Il Massaro - Non dire oggi quello che sarà domani.
Mara - (a Don Micio che è entrato) E basta che diavolo! Suonate sempre una cosa! Zi-ghiti Zughi ti Zìghiti Zùghiti. Cambiatela maestro!
Micio - (smettendo di suonare) Vi disturba?
Mara - Sicuro che mi disturba: si porta la testa.
Micio - Quando è cosi... (riattacca a suonare)
Mara - E a chi parlo, al muro?
Micio - lo sono sulla pubblica piazza, e posso suonare fino a quando mi stanco, bella mia. Se non vi piace io non la cambio e voi ve ne potete andare.
Mara - E... no.
Micio - (smettendo di suonare e fissandola) Perchè no? Che ci avete la còlla a quello scalino là?
Mara - È come se ce l'avessi.
Micio - Uh! Uh! Ci sono intrighi nell'aria. Mi pareva!
Mara - Intrighi? Per chi m'avete presa?
Micio - Per carità, non vi volevo offendere 'gna Mara. Lo sapete, io vi rispetto sempre. (E tace volutamente).
Mara - (dopo un po') È che io sono prudente, se no me ne passerei dei piaceri a raccontarvi certe cose...
Micio - Avete sempre l'aria dei misteri voi, e all'ultimo invece... di sotto non c'è niente. Tutto fumo.
Mara - Guai Volete farmi parlare? Ma è come se mi avessero cucita la bocca col fil di ferro.
Micio - (comprende che è andato oltre e vuole tastare il terreno in altro senso) Non me ne importa niente. Io cercavo donna Felicia e basta.
Mara - Commare Felicia non'c'è più.
Micio - E che, è morta?
Mara - Non c'è più in casa volevo dire, che spirito di patata!
Micio - Allora io me ne vado (Pausa) Me ne posso andare.
Mara - Andatevene. Chi vi tiene?
Micio - Avete ragione. (Si avvia verso la strada, ma si volta vivacemente battendosi la fronte con la palma della mano) La vostra chiacchiera mi ha fatto scordare che... Povera gente! Hanno bisogno del mio aiuto e io me ne sto qui a chiacchierare con voi. (Annusando) Sentite? Il fumo arriva fino al nostro naso. Ahi il fuoco, il fuoco. Ffff... Ti porta via la roba come se niente fosse. (Fa finta di andarsene).
Mara - (impressionata) Don Micio! Ma che andate dicendo... U fuoco?
Micio - È che io sono prudente, se no me ne passerei dei piaceri a raccontarvi certe cose.
Mara - (alzandosi) Ho gli occhi io... vedrò se c'è da vedere. Gesummaria! È vero, il fuoco!
Micio - E perchè, che ho forse due lingue io?
Mara - Dov'è, dov'è, santo cristiano? Parlate!
Micio - Alla roba... alla roba di Massaro Pietro.
Mara - Gesummaria! Da mio cognato!
Micio - Ah, già. È vostro cognato... non ci pensavo...
Mara - E ditemi, ditemi dove andate con questa boria! tutta la casa?
Micio - Quando c'ero io, si. Ora vado a vedere. Può darsi che abbia preso fuoco anche il magazzeno.
Mara - Ah! Se ci potessi arrivare io là sottoI
Micio - E chi ve l'impedisce?
Mara - Ho degli impegni.
Micio - E allora fate morire come cani il parentado.
Mara - No. Questo no. Sentite, Don Micio, voi non ci avete interessi, evvero? Già, che interessi ci avreste, santo cristiano?... Restate a far la guardia voi alla casa di donna Felicia, ed io vado e torno.
Mici - - (negando) Mai, Maral
Mara - Siete proprio di cattivo sangue.
Micio - E poi perchè? Che ci starei a fare sullo scalino di una casa che non è mia...
Mara - Donna Felicia... Signore Iddio quante cose che nù fate dire...
Micio - Non ci siete abituata, femmina di poche parole?
Mara - Donna Felicia è andata dal podestà e non vuole che si avvicini nessuno a casa sua. Lucietta è sola...
Micio - Diavolone! A voi non si può dire di no; come si fa? Tornate presto. (Vedendo che Mara sta per andarsene) Portatevi un secchio almeno, e riempitelo alla fontana. Che cuore avete? Così aiutate almeno il parentado...
Mara - (corre in casa e torna col secchio) Io vado. Don Micio, mi raccomando.
Micio - Non avete pensiero. (A quella che è scomparsa) Giacché ci siete, tornate domani mattina.
'Nzula - (balzando fuori) Don MicioI È vero? La roba di Massaro Pietro piglia fuoco? E perchè non suonano le campane allora? Signore Iddio che disgrazia! Cinque figli ci aveva, sventurato.
Micio - Mi avete fatto spaventare, 'gna 'Nzula.
'Nzuia - E perciò, è vero?
Micio - Caspita! Qui pure i muri hanno gli orecchi. Come avete sentito?
'Nzula - Ma è vero? È vero?
Micio - Io che ne so!
'Nzula - Come? E che avete imbrogliato alla 'gna Mara?
Micio - Quello che mi pare 'gna 'Nzula, quello che mi pare. Ho visto un po' di fumo alle Casazze e mi è venuto di dire quello che ho detto. La verità è che debbo vedere Lucietta.
'Nzula - Io casco dall'aria: che ci avete a che fare con Lucietta voi?
Micio - Devo darle una lettera.
'Nzula - Una lettera?! E che siete pazzo?
Micio - Una lettera di Paolo.
'Nzula - Ma se si scrivono di fitto!
Micio - Chi, Paolo e donna Pelicia volete dire? Lo sapete meglio di me chi le legge e le controlla quelle lettere che partono, e quelle che arrivano diventano di tutti, ringraziando la lingua di 'gna Mara. Ora che e in sacra alleanza con donna Felicia, la commare Felicia, non gliene scappa una. Paolo immaginava qualche cosa, quando mi disse che avrebbe mandato a me una lettera ogni tanto per Lucietta. Questa qua è la prima che mi arriva. Pensate: dicono che è venuta in aeroplano, beata lei.
'Nzula - E allora fate presto a darle quella lettera, chiacchieronel prima che ritorni la vipera.
Micio - Faccio presto, sì. Ma quella ci metterà una setumana per andare e tornare, dato che si ferma a tutte le porte per fare la pettegola. La conosco bene. (Don Micio sta per bussare alia porta di Feucia).
Felicia - (affacciandosi dal balcone del podestà)
'Gna - (Mara! O 'gna Mara!
'Nzula - Maria Santìssima!
Felicia - Dove si è ficcata quella strafai lana! (Al balcone si affaccia pure il Podestà) E voi, che fate lì vicino alla mia porta? Non mi posso fidare di nessuno, di nessuno, Santa Rosalia benedetta!
Miao - Facciamo noi la guardia ; state tranquilla donna Felicia.
Felicia - Ma la 'gna Mara dove se ne è andata? Io a lei conosco e basta!
Micio - Non so. È venuta... è venuta una femmina a chiamarla.
Felicia - Che butti sangucl
Il podestà - Beh! Fatemi un piacere voi, don Micio, non vi seccate: andateci voi a chiamare 'Ntoni Ballasciocchi È qui a due passi.
Micio - Va bene, signor Podestà.
Il podestà - E subito, mi raccomando. (A Felicia) Perciò voi mi capite, voi mi capite donna Felicia: io non posso cedere. A me mi pare un delitto francamente, e poi che c'entro io? Io, fino a un certo punto. Se Lucietta non vuole, allora, sono disposto...
Felicia - Vedrete, vedrete signor podestà che vi convincerete. Ci pensate dov'è Paolo in auesti momenti? A me mi dissero che 1 Africa è come se fosse un altro mondo a parte: a parte, capite? Solo gli aeroplani vanno e vengono una volta ogni tanto. E io marito mia figlia con uno di laggiù, e per procura? Manco se fossi pazza! Vedrete che compare ‘Ntoni vi convincerà: voi siete un uomo di buon senso... e poi... (Felicia e il Podestà si ritirano).
Micio - (che ha fatto finta in cento modi di darsi da fare e di andarsene) Ahimè! (Dando la lettera alla 'cna Nzula) Pensateci voi, per carità. (Esce).
('Gna 'Nzula non si sa decidere, infine baste alla porta, ma si affacciano di nuovo donna Felicia e il Podestà).
Felicia - 'Gna 'Nzula!
'Nzula - (spaventata) Che c'è?
Felicia - (scorgendo la porta di casa sua aperta e Lucietta sulla soglia) Che fai tu fuori? Chiudi subito ti dico.
Lucietta - Battevano ed ho aperto. (Si ritira).
Felicia - Siete stata voi, 'gna 'Nzula?
*Nzula - (confutai - Sì... io, sono stata io, donna Felicia. Ma non l'ho fatto apposta. SI, vi giuro che non l'ho fatto apposta. Ho battuto... ho battuto la testa.
Felicia - Ma non vi sto mangiando!
'Nzula - Eh! Dicevo...
Felicia - Chiamatemi il parroco, per carità.
'Nzula - Subito, donna Felicia, subito.
Felicia - Vi ringrazio.
Il podestà - Ditegli di venire un momento a casa mia. (La 'gna 'Nzula entra in chiesa).
Felicia - Dunque, signor podestà, eravamo rimasti...
Il podestà - Eravamo rimasti che io non so nemmeno che vi debbo dire. Ci avete tanta insistenza e tanta perseveranza che pure la pietra dura si rammolla... Ah! Qui ce compare 'Ntoni. Respiro!
Felicia - Le cose si aggiusteranno meglio, meno male!
'Ntoni - (rumoroso) Baciamo le mani.
Felicia - Salite, salite, signor 'Ntoni.
Il podestà - (formalmente, e abbattuto nell’intimo) Salite... compare. (Quando 'Ntoni Ballasciocchi è entrato, e Felicia e il Podestà si sono ritirati, don Micio si guarda attorno ansiosamente. Ma eccol 'Gna 'Nzula esce dalla chiesa assieme a Padre don Santo. Quest'ultimo va in silenzio dal Podestà).
Micio - (a "Nzula) Che avete fatto?
'Nzula - Niente.
Micio - Che iettatura!
'Nzula - Stavo per dargliela la lettera a Lucietta, quando mi richiamò donna Felicia.
Micio - (scotendo il capo) Ahimè! C'è consiglio in casa del podestà. Il buon senso siede a tavolino e vuol decidere lui...
'Nzula - Che volete dire?
Micio - Bah! Cose che passano per la testa di un vecchio chiacchierone. Ma non ci vedo chiaro in questa seduta plenaria,
'Ntoni - (affacciandosi, con un vocione) Gente! Gente!
Micio - Che c'è?
'Ntoni - Facìtemi il piacere don Miciuzzo, chiamatemi un momento a Brasi, il cosaduciàro (Si ritira).
Micio - È divenuto un quartiere generale! (Parte).
('Nzula siede melanconicamente sul gradino di casa sua, ma ha pace per poco),
'Ntoni - (affacciandosi ancora come un bolide) Don Micio! Ohe don Micio, un momento I
'Nzula - Se ne è andato don Micio.
'Ntoni - A me mi giova pure Jachino il falegname: e ora come faccio!
'Nzula - (con un respiro di rassegnazione) E va bene! Ci vado io, ci vado io. Tanto... (Esce).
Felicia - (affacciandosi lei pure) E che è, non arrivano?
'Ntoni - Li ho mandati a chiamare ora ora: che perdite la calma, commaruccia bella?
Felicia - Io, la calma? Siete voi piuttosto che v'eccitate tutto.
'Ntoni - (parlando con se stesso) Aspettate... vediamo. Uno là; due... tre... sì. Un altro a Brasi. No no, a Brasi niente manco. Beh! insomma caparra questa volta non ce n'è con nessuno, grazie al Signore... già... non ce n'è. Oh, la parola sono sicuro me la re-stituis... (Si confonde) restituisc... restitu-tuiscono, botta di sangue! E poi cos'è la parola, signori miei? Una perdita di fiato e niente più.
Felicia - Se l'altra volta vi hanno restituita la caparra, figuriamoci ora la parola!
Il podestà - (che non si vede) A Caro pepe son tutti brava gente. Gli affari non li guardano quando si tratta di alleggerire le pene del prossimo.
Felicia - Oh, gli affari chi» li guarda certi momenti?
'Ntoni - (evidentemente poco persuaso) Già... già... Ah! ecco qui Jachino. 'Gna *Nzula ha Latto presto! Salite, salite pure, Mastro Jachino simpaticone.
(Infatti sono comparsi 'Nzula, e Jachino in abito di lavoro da falegname).
Iachino - Sempre agli ordini, padrone "Ntoni. (Entra in casa).
'Ntoni - (nell'atto di ritirarst) Avite detto che se va bene, poi ci farete l'intero trattamento?
Felicia - Meno i confetti, si capisce.
'Ntoni - È patto?
Felicia - (solennemente) Io, una volta parlo: è patto. (Si stringono la mano, poi rientrano).
(Sopraggiunge don Micio che cerca di sorreggere il dolciere, brillo e buffissimo, piecolo e rotondo com'è).
Brasi - Ma dove mi portate, comparuccio mio, ma dove mi portate con questi chiari di luna?
Micio - Coraggio Brasi, siamo arrivati.
Brasi - Che vuole da me la gente non lo capisco. Io sono maffìoso, sangue di Giuda: tenetemi, tenetemi che l'ammazzo. (La trattengono su richiesta).
Tutti - Finitela. Che v'è successo sangue di Giuda! Calmatevi.
Il podestà - Si può sapere che avete?
Mara - Mi ha imbrogliato che bruciava la roba di mio cognato Pietro: imbrogliato dico, a me! A me, capite. M'aveva fatto credere che casa e magazzeno erano in mezzo al fuoco. Aaaah! L'ammazzo! Tenetemi, tenetemi, se no faccio qualche pazzia. Lo zimbello del paese mi fa diventare questo vecchio rimbambito. E donna Fclicia, che mi dirà ora? Mi aveva lasciata la casa nelle mie mani, mi aveva lasciato pure Lucietta.
Il parroco - Calmatevi. Tanto donna Felicia ha altro da pensare in questi momenti. (A Don Micio) E voi, perchè imbrogliate? Che vergognai
Micio - Padre don Santo io...
(Ma compare Donna Felicia nel vano della corta. Ha un sorriso di trionfo sulle labbra).
Tutti - Ebbene, donna Felicia?
Felicia - Ha ceduto, Viva Maria! La lettera la scriverà!
'Ntoni - Ah! Ah! Lo dicevo io, a mani vostre... Còsi va bene! Ora v'invito tutti a bere un bicchierino a casa mia. Alla salute di Paolo e del suo matrimonio, quando ritornerà. Tutto alla sua salute; capirete, è mio figlio!
Brasi - (singulto) A me manco tre bicchierini di rosolio mi fanno male. Andiamo, facciamo presto prima che scuri.
('Ntoni, il podestà. Brasi e Jachino via dalla strada. Il Parroco entra in chiesa. La 'gna Mara si volge verso la 'gna 'Nzula, e scoppia in una risata trionfante e provocatoria, alla quale 'Nzula non risponde, ma che riceve con quel suo nuovo essere inerte e pensoso. Mara poi entra da donna Felicia a congratularsi). Ìli rosso del tramonto accarezza di se tutta a scena).
Micio - 'Gna 'Nzula, la lettera.
'Nzula - Eccola. No. Non la strappate don Micio, non la strappate. Leggiamola piuttosto. È come se mi scrivesse mio marito. Via, Don Micio, non mi dite di no. (Dopo questa breve agitazione la donna si ricompone e attende).
Micio - (ci pensa un po' su, poi scuote il capo e apre la lettera) «Carissima Lucietta, immagino che le mie lettere vanno per tutto il quartiere, certamente per causa di cjuella mala lingua di 'gna Mara. Perciò ti scrivo a mezzo di don Micio per dirti che ti penso sempre e che ti voglio tanto bene. Aggiungo pure che abbiamo affondato due piroscafi e che mi hanno promosso Sottocapo. Queste cose le voglio dire solo a te, perchè non ne sia pieno tutto il paese. Sei contenta di questo privilegio? Aspetto con ansia la giornata della Madonna del Carmine che quando verrà io sarò felice. Mi pensi sempre? Io di giorno ti penso e di notte ti sogno. Basta, sperando che la presente ti trovi in buona salute come ti posso assicurare di me, riceviti baci ed abbracci dal tuo affezionatissimo Paolo che ti vuole tanto, tanto bene ». (Pausa)
'Nzula - Datemela don Micio, per favore. (Don Micio le dà la lettera e 'Nzula se la stringe al petto) Sono due mesi che non ricevo posta e mi pare che qui mi scriva (È giunta sulla soglia di casa sua e ripete trasognata) e mi pare che qui mi scriva lui... Tra qualche mese saremo in due ad aspettarlo. Mi palpita. Mi palpita aua dentro. Il cuore mi dice che sarà maschio... (entra). (Don Micio è rimasto silenzioso, e scuote ancora il capo).
I bambini - (entrando e ancora in processione, stagliandosi sul cielo di fuoco) Tutti i bambini alla dottrina nella parrocchia domani mattina.
(« / primi rintocchi dell’Ave Maria »).
TELA
ATTO TERZO
La stessa scena degli altri atti. È il giorno dei-Madonna del Carmine: sui gradini della chiesa sta accoccohto Vanni l'orbo, massa di stracci vecchi e sporchi. Una fascia annodata alla nmea gli passa sugli occhi, e la mano destra protende un capace barattolo di latta. Le ultime due tre comari escono dalla prima Messa)
Vanni - (lamentevole) Per l'anima dei vostri morti fatemi la carità... Per l'anime sante del Purgatorio fate la carità ad un povero padre di sette figlie femmine... Dagli occhi non ci vedo, dagli orecchi ci sento poco... Fatemi la carità in questo santo giorno della Madonna del Carmine... fatemi la carità per il rinfresco delle anime dei vostri morti in omnia sechila se-chilòrum amen. (Nessuna gli ha dato retta, e allora scatta energico in piedi e prorompe disperatamente) Disgraziati! Cornuti! Che vi pigli una botta di veleno e una botta di sangue, speriamo a Dio! Maledico ogni ora e ogni momento... no, a voi! a voi! Vi maledico, e all'anima dei vostri... (Udendo rumore si accoccola di botto, e uscendo da chi sa dove una grossa corona da Rosario, recita a modo suo le Litanie) Va s'insigna a divozione, ora pro-nòbi. Consulàti st'afflittori, ora pronòbi. Ausilio ‘n cristianòrum ora pronòbi...
Il Parroco - (uscendo) Vanni!
Vanni - Padre don Santo.
Il Parroco - (dandogli qualcosa) Pigliati questo, basta che te ne vai!
Vanni - Già, e lo sposalizio?
Il Parroco - Quale sposalizio?
Vanni - Ma come! Quello della procura...
Il Parroco - Che state dando numeri? Non si fa più.
Vanni - Bella Madre di Dio, e come faccio? Che ne sapevo niente,.altro che numeri! Se no che ci venivo a Caropepe per la Madonna del Carmine!... Ffurfù! Popolo di pezzenti e di mangioni.
Il parroco - Sono povera gente, tu lo sai. Beato chi dà loro qualche soldo!
Vanni - Ma quando venni l'ultima volta il matrimonio si doveva fare.
Il Parroco - SI. Dopo, la procura è andata in fumo.
Vanni - E che so io! Sono tre settimane che ci manco da Caropepe, e credevo che oggi poteva essere una buona piazza. Ma già... la procura... la procura... Che sono queste cose! Quando mai s'è letto! Con le mie figlie o marito vicino o niente. Però a me mi doveva capitare la congiuntura! A quando a quando speravo di pigliarci qualche soldo...
Il Parroco - Ed ora vattene, Vanni, vattene. Tra poco verrà la gente per la seconda Messa ed io so le tue chiacchiere e le tue maledizioni, offendono la santa Casa di Dio.
Vanni - Mi cacciate, Padre don Santo? Non mi fate bestemmiare se siete un uomo rimorato di Dio. Non ho niente da mangiare per oggi.
Il Parroco - Vanni! E quello che t'ho dato?
Vanni - Padre don Santo, oggi non ho dove andare.
Il Parroco - È inutile, davanti alla chiesa non ti ci voglio; hai capito? (Vanni protesta borbottando).
'Nzula - (facendosi sulla soglia della chiesa) Siamo pronte per la prova, padre don Santo.
Il Parroco - Vengo vengo. ('Nzula rientra) Perciò, Vanni, addio. Il Signore t'accompagni.
Micio - (venendo dalla strada, vestito a festa) Benedicite, padre don Santo, che c'è?
Il Parroco - Vanni voleva istallarsi qui per oggi. Credeva che ci fosse lo sposalizio.
Micio - Quale sposalizio?
Il Parroco - Quello di Lucietta... La procura.
Micio - Già.
Vanni - Ma io non ho dove andare, sangue di... (ma un gesto del parroco Vinterrompe, facendolo mugolare) Abbiate pietà di un povero orbo che dagli occhi non ci vede e dagli orecchi ci sente poco.
Il Parroco - Ho da fare le ultime prove con il coro, per la Messa di mezzogiorno. Don Micio, a Vanni pensateci voi, per favore. (Entra in chiesa)
Micio - Andatevene di qua. Voi lo sapete che padre don Santo non ci vuole nessuno.
Vanni - A questo mondo un povero orbo non si può guadagnare onestamente la vita.
Micio - Orbo! Orbo! Cantateglielo agli asini! Voi siete orbo come io sono zoppo.
Vanni - Ehi! Ehi! Compare, tenete la lingua a posto.
Micio - Io sono vecchio, ma la lingua Gesummaria ce l'ho pronta come in gioventù.
Vanni - Tcnctevela per voi la vostra lingua, senza offendere il prossimo ingiustamente. (Un coro di voci bianche ha già intonato il Kyrie con accompagnamento di organo).
Micio - Ma se vi ha visto Brasi il Cosaducia-ro, a Catania; senza fazzoletto davanti agli occhi! A chi gliela contate? Orbo! Ci avete fatta la professione su di una disgrazia che può capitare agli uomini; ci avete fatta tutta la vita. Coniglio siete, coniglio compare Vanni l'orbo. Il pane si guadagna lavorando, si guadagna sudando e buttando il sangue dalla mattina alla sera. Io mi sono rotta la schiena per cinquantanni a zappare la terra. Ora son vecchio e non servo più a niente. Per questo sono un povero infelice, per questo parlo sempre come un giudice orbo, compare. (Pausa) E ora filate via; non mi fate uscir le scaglie.
Vanni - Maledetto I Che vi si spezzino le gambe in quattro e la lingua in due. Me ne vado sì, me ne vado. Ma spero in Dio che non ritorniate a casa se non stecchito sopra un cataletto.
Micio - (facendo le coma) Corna, compare, cornai
Vanni - Gesù! Gesù! Fulminatelo all'istante questo cuore di macigno, fategli venire una morte subitanea...
Luciano - (dalla strada e investendolo) Camminate proprio come un orbo, Vanni.
Vanni - Chi sei? A momenti mi scaricavi a terra...
Luciano - Sono Lucifero in persona.
Vanni - Portati don Micio all'inferno. Io non ci vengo.
Luciano - Manco Lucifero vi vuole, per quanto siete brutto. (Le campane suonano per la seconda Messa)
Vanni - Me la fai un po' di carità, oer l'anima dei tuoi morti che piangono in Purgatorio? Sono un povero padre di sette figlie femmine...
Luciano - Ai cani si, ma a voi no. Dicono che ci avete i bigliettoni da mille...
Vanni - Disgraziati e bastardi! Ma c’è Dio che vi guarda e vi maledice. Quello che farete all'ultimo dei miei lo farete a me, amen. Ricordatevene in eterno, amen.
Luciano - Non cominciate a rompermi la testa col vostro latinorum. O ve ne andate oppure...
Vanni - (levando malediente le braccia al cielo) Dici Dio! Che ci stai a fare là? (Se ne va via, dalla strada, maledicendo ancora).
Luciano - Voglio vedere chi c'è in Chiesa (fa per andarsene).
Miao - (fermandolo) Luciano!
Luciano - (diffidente) Ah, mi volete parlare don Micio?
Micio - Sì. Tanto in Chiesa non c'è nessuno che ti può interessare. La prima Messa è finita da un pezzo.
Luciano - Per certe cose sono sordo, caro don Micio.
Mìcio - Ah, sei sordo evvero? Luciano - Per certe cose si.
Micio - Ma non eri né sordo né muto né orbo quando mettesti gli occhi su Maria e la facesti innamorare pazza.
Luciano - Don Micio... cose passate.
Mìcio - Passate per te!» Ma per lei no, pezzo di mascherato, per lei no. L'hai stregata, capisci? Ed ora non pensa che a te, non sogna che te, piange pure, piange. Come se tu fossi tutto su questa terra...
Luciano - Ma don Micio, nemmeno voi mi parete. Che me ne faccio delle lagrime io! Non si vendono... Voglio l'onore, sia lodato Iddio. Voi lo sapete che sua nonna, morta e buona dov'è, lasciò figli e marito per andarsene col carabiniere.
Micio - Che te ne importa, Luciano, di sua nonna? Maria era un fiore immacolato, e tu, solo tu...
Luciano - E la gente, don Micio! La gente parla e sparla. Si dice che certi vizi si portano nel sangue dalla nascita...
Micio - Dove troverai un cuore più sincero? E due occhi più belli in tutta Caropepe? Una bocca più rossa, un nasino di pasta reale?... Luciano, Luciano, vedi che il tuo delitto piange davanti a Dio.
Luciano - Basta, don Micio. Indietro non si può tornare.
Micio - Che hai impegni?
Luciano - (esitante) Sì...
Micio - Con chi?!
Luciano - Con Grazia la Nera.
Micio - Grazia la Nera, quella di quarantanni!?
Luciano - Sì.
Micio - E tu la cambi con Maria? Cambi un mazzo di balico con un fascio di sarmenti?
Luciano - Don Micio, l'onore (si bacia la destra dopo avere con questa accennato a terra) l'onore, ringraziando a Dio, due case, una vigna, un palmento e l'assennatezza dei trentacinque anni, perchè tanti ne ha.
Micio - Ma da dove t'è venuto in testa.
Luciano - La colpa manco è mia. Fu Concetta la Pinta a fare da ruffiana. Mille lire di sensalìa m'è costato! Glielo disse a mia madre e a mio padre, ed ieri sera mi sono fidanzato. Basta. Non ho tempo da perdere io. Dite a Maria che la finisca di fare la smorfiosa. Io vezzi non ne mangio. Per ora mi marito, e poi... chi lo sa... se non fa scontroserie... Basta. Baciamo le mani e buona mattinata. (Via dalla strada).
Micio - (disperandosi) Come Vanni l'orbo mi metterei a gridare, a maledire. O Dio, perchè mi avete fatto nascere sano, con tutti i sentimenti, in questa terra dove il sole non manca mai, vicino alla montagna, vicino al mare più bello che si può vedere, in mezzo al profumo delle zagare e del balico? Ahimè! Che vale poi la bella vista di Catania e di Acitrezza, i lumi dei carretti che tremano sullo stradone di Valcorrente, i canti d'amore che i carrettieri cantano nella notte? Sì, come Vanni l'orbo mi metterei a maledire, perdonatemi Signore... Ci lusinghiamo, ci esaltiamo. No che non ci colpiamo noi se il mondo è tanto bello, se Mongibello pare che è fatto per dire: Sono maffioso e me ne vanto... (ride di follia; ride) Luciano, 'Ntoni, Felicia: tutti gli stessi, tutti con l'interesse, tutti attaccati allo stesso carretto con una sonagliera al collo, e si trascinano gli altri... (È uscita dalla sua casa Lucietta. Il coro ha ripreso a provare, lontano, è il Gloria).
Lucietta - Don Micio!
Micio - Ah, Lucietta.
Lucietta - (con lentezza) Don Micio. Era la mia giornata, era tutto per me, oggi. Anche lui, Paolo, in qualunque parte della terra si trovasse: era mio, tutto mio. (Pausa) L'organo. Il coro. (Piange) Le campane. Tutto per me, tutto per me...
Micio - Lucietta
Lucietta - Tutto per me in questo santo giorno, bella madre di Dio. Vi pare, non lo so che voi mi date torto? Ma che potevo fare? Una contro cento, una contro cento, don Micio, non si può.
Micio - No, Lucietta. Tu non dovevi cedere se credevi... se credi ancora.
Lucietta - Tutti contro di me, don Micio. Mia madre che piangeva come se la scannassero, che malediceva come se io fossi una pupa di pezza senza cuore. Ed ora ne ho rimorso per quello che ho fatto; per quello che mi hanno fatto fare. Gli uomini partono, se ne vanno lontano lontano, perchè c'è la guerra. E se li abbandoniamo noi davanti alla morte, se li lasciamo soli, che ci sono andati a fare là, che ci vanno a sperare?
Micio - Lucietta, Lucietta! Signore Iddio è vero? E allora non ti angustiare, non avere questa pietra che ti macina il cervello. Tu non l'hai abbandonato: tu sei con lui! Lucietta. La procura, che vale? Sono poche parole che un uomo dice, sono due si tutt'al più. Che valgono le parole, che vale la cerimonia il velo il coro l'organo le bestemmie di Vanni l'orbo ormai?... (Sono entrate altre persone in chiesa. La na Mara che ha fatto la spia sulla soglia i casa interviene interrompendo il dialogo).
Mara - Lucietta, sola? E tua madre dov'è?
Lucietta - Ha la febbre. A messa non ci può venire.
Mara - Si fida di te allora, ti manda sola, e tu vai chiacchierando piazze piazze con i maschi, non ti vergogni, dico?
Lucietta - Me ne stavo andando a Messa, 'gna Mara. Don Micio, don Micio! Ditele voi di chi stavamo parlando...
Mara - Don Micio è sempre un maschio, come tu sci una ragazza. Guarda che finta ingenuità, ci può credere una? Bell'amore che ci porti a Paolo! Te ne approfitti...
Lucietta - (improvvisamente aggressiva) 'Gna Mara!
Mara - Buona, buona! Quando toccano quel tasto diventa come una tigre. (Viene avanti dalla strada Vicenzo, il marito di 'gna Mara, vestito a festa e con un involto portato con ostentazione),
Vicenzo - Bacio le mani a tutta la compagnia! (scorgendo la moglie) Ohe! Mara! Che ci fai qua?
Mara - Niente, Vicenzo. Due parole con Lucietta e me ne andavo. Sai, donna Felicia ha la febbre, e a Messa non d può andare.
Vicenzo - Fila dritta a casa! (Poiché 'gna Mara lo ubbidisce, si rivolge a Don Micio) Sono stato a comprare tre quarti di carne di prima qualità. Alle feste ci tengo io, sono cattolico apostolico romano, (a Lucietta) Così la procura è andata in fumo, eh? Ma certo, voi siete una picciotta ragionevole, e sale ne avete nella testa in quantità-Bacio le mani. (Entra in casa).
Lucietta - (riprendendo il dialogo) No, don Micio. L'intenzione, il sentimento, oh! sono parole che non impegnano. L'intenzione senza i fatti è niente.
Felicia - (uscendo precipitosa) Figlia scellerata, figlia snaturata! Nemmeno con la febbre mi dai un minuto di pace. In piazza, ancora in piazza, ed io ti mando in chiesa per la Santa Messa. Gesùl Gesù! che male mi è capitato. La festa mi scoppia, mi scoppia; oh! crescete figlie, allattatele, portatele avanti con tutte le cure e poi... Gesù! Gesù! Questa disgrazia non ci voleva. Presto, presto, ora. Perchè mi guardi?
Lucietta - Me ne vado, me ne vado, mamma.
Micio - Le ho data chiacchiera io, donna Felicia, non vi agitate, Gesummaria. Che sta facendo Lucietta di male? (Lucietta entra in chiesa)
Felicia - (guardandola andar via) Non mi da pace. (Viene gente dalla strada).
Micio - Ma le volete bene davvero, donna Felicia, a vostra figlia Lucietta?
Fklicia - Certe volte siete sconclusionato quando parlate...
Micio - E che vi ho detto? Se le volete bene, a vostra figliai
Fblicia - (incamminandosi) La testa mi sta scoppiando. Non ho tempo da perdere con voi. (Don Micio la segue insistente. Spazientita) Che diavolo volete si può sapere ?
Micio - Io vi domando se le volete bene a vostra figlia.
Feucia - E torna! Che mi volete far perdere la pazienza? Certo che le voglio bene: è sangue mio!
Micio - No che non le volete bene!
FelicU - Ma che state impazzendo?
Micio - Magari! Non le starei a vedere a capire certe cose...
Feucia - Insomma: che mi volete dire?
Micio - Vi voglio dire di maritarla vostra figlia se le volete bene. Oggi, in quattro e quattr'otto, per procura. Non vedete che se ne va, che sta squagliando giorno per giorno come una campana al fuoco? E le volete bene? Era un bottone di rosa, ora non si conosce più.
Felicia - Pensate ai fatti vostri, che ci sperate... Avete la pensione, tanto per campare con una gamba a cavallo questi altri pochi giorni, e vi date pensiero per le disgrazie degli altri...
Micio - (testardo) Voi non le volete bene, donna Felicia, per quanto è vero Iddio.
Felicia - Vi compatisco, don Micio poveretto, vi compatisco.
Micio - C'è poco da compatire. Se le voleste bene le lascereste cascare la carne addosso giorno per giorno?
Felicia - Basta! Ne avete avuto figli don Micio? No? E allora state zitto e non parlate. Voi non potete considerare quello che ci ho qua dentro, quando penso che deperisce giorno per giorno. Vi pare non la guardo io mia figlia, non la curo? Ma lei manco mi calcola, manco si confida... E io che sono, non l'ho fatta io mia figlia, non le ho dato io la vita? Perchè mi tormentate pure voi? Non mi basta il pensiero che ho e che mi martella il cervello? Non sono niente io per mia figlia di fronte a Paolo? E lui chi è? Lui Te ha dato forse la luce e il sentimento, lui? Lasciatemi in pace, don Micio. Mi fate dire cose che non vanno per la via, santo crisdano benedetto.
Il carabiniere - (comparendo improvviso) Buon giorno. Il podestà è in casa?
Micro - Sì, mi pare; non lo so.
Felicia - Che portate?
Il carabiniere - Niente. Un telegramma.
Felicia - Gesummaria! Un telegramma? Male nuove allora...
Il carabiniere - Mi pare, ma non sono sicuro.
Felicia - Buone notizie voi non ne portate mai.
Micro - Andiamo andiamo. Il podestà a quest'ora è ancora in casa o sta per uscire.
Felicia - No. Aspettate che lo chiamo io mio compare. (Feucia si avvicina con gli altri alla porta del podestà e batte forte).
Il Podestà - (uscendo) Che c'è? Ah! Buon giorno a tutti.
Il carabiniere - Ho un telegramma per voi, signor podestà.
Il podestà - Per me?! Vi ringrazio. Vediamo. (Le mani gli tremano mentre straccia la carta) Paolo! Paolo... Restuccia... è prigioniero! (Si fa verso il sedile e siede pesantemente asciugandosi la fronte con un ampio fazzoletto variopinto) Santa Rosalia benedetta! Paolo... Paolo Ballasciocchi è prigioniero! (Pausa).
Il carabiniere - Non è mica morto poi. In sostanza non c'è da lamentarsi, poteva andare peggio...
Mara - (irruente da casa) L'ultima che è suonata era la terza, evvero? O la seconda? (Nessuno risponde) Uh! Ma... che è successo, si può sapere?
Il carabiniere - Leggete.
Mara - (leggendo) Santa Luciuzza benedetta!
Vicenzo - (irato da casa) Mara, o Mara! E dove te ne vai di tutta mattina, sfaccendata? Pare che la tua casa ti puzzi, sangue di Giuda. Cammina dritta a casa se no ri dò una scarozzata di bastonate sulla schiena... ma che avete? Pare che è morto qualcuno (Tenta di accennare a un riso banale).
Mara - Paolo Ballasciocchi... è morto!
Il carabiniere - Non morto, prigioniero. Non pigliate una cosa per un'altra.
Vicenzo - Prigioniero? Uhm! Gli faranno la pelle quei cannibali, o di dritto o di storto.
Mara - (sfogandosi finalmente) O… povero giovane che peccato grande che è! Ma ora isogna... bisogna avvertire la famiglia il signor 'Ntoni il parentado il vicinato il paese... Io corro allora...
Vicenzo - (fermandola) Non ti pigliare tanta premura. Può darsi che a loro non fa tanto piacere.
Il Podestà - (dolorosamente) Sì, ‘gna Mara. Fatemi questo favore. Avvisate suo padre. O prima o poi Io deve sapere sempre. Ditegli che l'andrò a trovare tra qualche ora e... fategli coraggio.
Mara - Vicenzo, non ci vieni? A quest'ora la Messa è già dopo il Vangelo. Il calice è scoperto, e l’abbiamo perduta. Non fa niente, andiamo: è per opera di carità. Vieni! Sentiremo la Messa cantata... (Marito e moglie si allontanano). (Felicia siede accanto al podestà mentre aon Micio scuote di tanto in tanto le mani congiunte e piange, e il carabiniere guarda impassibile, freadó).
Felicia - Signor podestà! Signor podestà!
Il Podestà - Donna Felicia.
Felicia - Vi ringrazio.
Il Podestà - Di che?
Felicia - Vi ringrazio per avermi aiutata. Avevo ragione; vedete, a non volere la procura, e a fare... quello che ho fatto... (Pausa) A me mi dispiace, quanto è vero Dio; un pezzo di giovane che da una porta non ci passava, tanto era alto. (Pausa) Ma avevo ragione a pensarle certe brutte cose io. Vi ringrazio, signor podestà, vi ringrazio con tutto il cuore...
Il Podestà - Non c'è di che ringraziarmi in questo momento, donna Felicia. Quello che di male ho fatto, ormai lo feci.
Felicia - Di male? Ma di male non faceste niente...
Il Podestà - Niente? Ci vedete poco questa volta nelle cose della vita, donna Felicia. E Paolo come è partito? Col dolore nell'animo, donna Felicia, col dolore nell'animo. Ma a voi non interessa questo; a voi interessa che il matrimonio non è andato a male, e non vi curate di vostra figlia che ci perde l'anima al pensiero di aver tradito il picciotto che le vuol bene, e un soldato della Patria. Che vi interessa se il cuore di vostra figlia sanguina come quello di Cristo all'orto degli ulivi?...
Felicia - (disperandosi) Gesù, Gesù! che mi state dicendo, podestà!
Il Podestà - Tutti contro di lei, povera anima innocente. Tutti con la brutta scusa della ragionevolezza; e il signor 'Ntoni per volere gli interessi suoi, e voi, donna Felicia..
Felicia - E io?
Il podestà - Per gelosia, per egoismo di madre, e questo è vero.
Felicia - (scoppiando in singhiozzi) Che diritto ci avete pure voi a straziarmi cosi, signor podestà? La vita mia ci ho perso dietro una figlia sola. Mio marito, morto è buono, era un cane per me: mi trattava come una schiava e basta... Io non avevo che una figlia sola, e Paolo me l'ha presa con tutto il sentimento, come se non fosse carne della mia carne, sangue del mio sangue. Che diritto avete a straziare cosi il cuore di una madre, signor podestà, che diritto ci avete!... (Singhtozzi).
Il podestà - (commosso) Calmatevi, donna Felicia, per carità. È una cosa dolorosa. Io so: è il dolore di tutte le madri quando le figlie vergini escono di casa, e non ritornano più, mai più. Le madri che l'hanno fatte, allattate, cresciute, gonfiate, le madri non hanno più diritto sul cuore delle figlie, dopo tanto soffrire. È doloroso, donna Felir eia, e... vi domando scusa se vi ho fatto pensare a certe cose. Ma è l'amore! è l'amore da cui nasce la vita... (Vociare di gente che viene dalla strada. In testa è 'Ntoni, seguito da Mara, Vicenzo e paesani. 'Ntoni si pianta nel mezzo della scena e si lamenta senza manco una lagrima),
'Ntoni - (ululando) O figlio mio! Fiato dell'anima mia! che morte che facesti... Come eri bello. Quando ritornavi - vestito da soldato - fiato mio! Comeri bello - quando mi ridevi e quando mi chiamavi - padre mio! - A sei mesi parlavi! - a un anno camminavi... Ahimè! Che gran disgrazia! - Che gran disgrazia, Signore Iddio...
Il podestà -Compare, abbracciamoci. Ma senza piangere, perchè pure è un peccato avanti a Dio.
Il carabiniere - Paolo è un prigioniero, non si può dire affatto che... è morto. (La gente mormora sommessa e interessata).
'Ntoni - Che mi diclte? Ah, non è morto Pauluzzo mio?
Il podestà - C'è speranza, compare, c'è speranza. E quando c'è speranza - dice un motto antico che non si sbaglia mai - c'è vita. Leggete, leggete il telegramma.
Il carabiniere - Ecco. Qua. Vedete? In sostanza...
'Ntoni - Ma sempre c'è pericolo!
Il podestà - Fatevi coraggio, siete un uomo.
'Ntoni - Come potrei campare senza Paolo? Mi ha tirato sempre l'acqua al mio mulino, mi guadagnava un sacco di palanche la settimana...
Il podestà - li parroco non c'è?
Mara - Dice la Messa.
(Gente comincia ad uscire dalla chiesa).
Vicenzo - È all'ultimo Vangelo.
Felicia - (presa da un pensiero improvviso) Gesummaria, e Lucietta, e Lucietta?... e mia figlia?
Il podestà - Povera innocente!
Micio - La chiamo?
Il podestà - Aspettiamo che esca.
Micio - Non le diciamo niente?
Felicia - No, bisogna darle tutto. Così capisce come aveva ragione sua madre...
Il podestà - È meglio che le diciamo tutto. Se... va peggio, almeno è preparata.
('Ntoni rompe finalmente in singhiozzi, scuotendo tutto il suo massiccio corpo).
(Altra gente esce dalla chiesa. Commenti, domande si intrecciano si rincorrono si confondono).
La gente - È morto? - Chi? - Ma no, che dite... È morto. - L'ha detto il podestà! - Prigioniero - Non lo so. – E 'Lucietta? - Si doveva maritare con lui, povera figlia! - È inutile, non c'è destino. - Non c'è che fare! - Benedetta sua madre che ci ha pensato... Benedetta davvero...
Vanni - (sulle prime si ode soltanto la sua voce, alta e rocd) Fate la carità a un povero orbo! Per l'anima dei vostri morti non mi abbandonate. Dagli occhi non ci vedo... dagli orecchi ci sento poco. Fatemi la carità! (È comparsa sul portone della chiesa Lucietta. Ella sta parlando con Padre don Santo e con 'gna 'Nzula quando si accorge della folla che ha taciuto di botto e si è rivolta a lei, al suo apparire. Tutti volgono infatti le spalle al pubblico. Lucietta è affascinata. La scena diviene statica e si fissa in un attimo di suprema aspettazione. Infine Il podestà si fa varco, seguito da donna Felicia, e sale la scalinata della chiesa).
Il podestà - (mostrando a Lucietta il telegramma) Lucietta cara, non ti impressionare. È cosa da niente. Cose che succedono ai vivi; tutto si accomoderà. E non ti impressionare che non è niente ti dico...
Lucietta - Paolo! Allora l'hanno preso? Me lo diceva il cuore che sarebbe successa una disgrazia.
Felicia - Vedi tua madre come ha la testa a posto? Vedi come si ragiona, figlia mia?
Lucietta - (dì botto, supplichevole) Signor Podestà, voi che siete tanto buono, signor podestà, per l'anima di vostro padre, sposatemi! È Paolo che lo vuole, è Paolo che lo dice. È tanto solo, lontano. Sposatemi, podestà! (La gente mormora si agita freme).
Lucietta - Ricordatevi le sue parole: « sarete voi a rappresentarmi davanti al santo Altare ». Vi ricordate? Vi ricordate signor podestà?
Felicia - Dio di Fede e d'amore, è pazza! è pazza!
Lucietta - Non sono pazza. Egli è nell'incerto: io debbo essere accanto a lui. Lo vuole lui, l'ha detto lui...
Felicia - Gesummaria! 'È pazza! Pazza è! attaccatela prima che commetta qualche pazzia!
Vanni - Fate la carità a un povero orbo, fate la carità, per l'anime sante del Purgatorio...
Lucietta - Sposatemi, podestà! Io sono sua, sposatemi! Lo voglio! Padre don Santo, aiutatemi voi! 'Gna 'Nzula, don Micio, dove siete? Venite qua, venite. Padre don Santo, aiutatemi voi! Lo vuole lui, l'ha detto lui! La procura! La procura!
La folla - La procura! La procura! La procura!
( I protagonisti, mischiati nella folla si perdono, non si notano più).
La folla - La procura! La procura!
(il Podestà ritto sulla scalinata accanto alla sposa vuole parlare. Tutti tacciono. Ecco: distende lento, solenne il braccio, prende fiato, sta per dire: Cittadini! il silenzio è perfetto).
Il podestà - Citt...
Micio - (riprendendolo mentre cade in ginocchio) Cittadini di Caropepe, per quanto è vero Iddio io vi dichiaro che in questo momento si può credere all'amore!...
TELA