La ragazza al balcone

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LA RAGAZZA AL BALCONE

Radiocommedia

diEDOARDO ANTON

                                   

PERSONAGGI

LA CUGINA LILIANA

VITTORIO

ALFREDO

IL DOTTORE

LIDIA

BERNARDINA

SUO PADRE

SUA MADRE

LA SORELLINA TITTA

L'azione si svolge in un grosso paese della provincia di napoli

Commedia formattata da

(Un assolo di tromba giunge da una certa distanza. Esprime disperata solitudine, impossi­bilità di comunicare. Ogni poco una pausa e riprende. Pernii resto, assoluto silenzio nel fondo e una sorta d'eco nella voce del dottore. Sarà sempre così, quando il dottore non è per­sonaggio, ma narratore).

Dottore                         - (accento toscano, ma leggero. U più possibile piacevole) Sono il medico con­dotto di questo paese campano. Ci venni, per concorso, venticinque anni fa. Mi ci trovo bene anche se ne dico male. E ne dico male solo perché sono toscano e ho la lingua tagliente. Ma in verità voglio molto bene a questa gente. Certo la provincia logora i nervi più dei viaggi spaziali. Li avete guar­dati questi astronauti? Vanno e tornano calmi, sorridenti... Ma dopo anni di pro­vincia vorrei vederli. Qui più o meno segre­tamente siamo tutti straniti. Gli è che... è faticoso vivere con gli occhi degli altri con­tinuamente addosso. Ci piaccia o no... c'è sempre differenza fra ciò che uno è e ciò che vuol parere. E qui deve sempre parere. In città ci si può isolare: anche fra la folla uno sconosciuto è solo, non si sforza a parere diverso ; si riposa. Qui mai. A meno che non si metta a spiare gli altri da dietro le per­siane socchiuse. Ecco perché qui tutti stanno ore a guardare attraverso le persiane soc­chiuse: per riposare un poco l'anima e la faccia. Bernardina no. Bernardina non spiava la vita altrui, ma la propria. Sopra tutto quando suonava il pianoforte. (Un piano­forte sostituisce la tromba con una suonata di Chopin) Il suo balcone dà sul fianco della mia casa; e da quella parte non abbiamo finestre: soltanto lo sfiatatoio d'uno sgabuz­zino dove mi fabbrico le cartucce. Per questo particolare edilizio conosco tanto bene la storia di Bernardina. Essa comincia - come ogni altra - dalla nascita della protagonista ; ma ufficialmente inizia in una certa sera di settembre. Era una sera come questa. (È sfumato il pianoforte, è tornata la tromba. In primo piano il cinguettìo di molti uccelli in urìuccelliera. Dopo qualche istante, il reite­rato squillo del telefono, mentre la tromba cessa. Ora grida) O sordaa! (Altro squillo) Lidiaa! Il telefono! (Squillo interrotto a metà. Il dottore borbotta) E poi dice che non è vero che le zitelle diventano sorde prima delle altre. ,

Lidia                             - (dall'altra stanza - accento campano - grida) È di nuovo don Augusto 'o pasticcere di S. Angelo. Vo' sape se 'a mogliera di don Peppino 'o pasticcere nostro s'è già sgravata.

Dottore                         - (urla) Noo! E che non telefoni più sennò m'arrabbio! (Borbotta) Maledetta la provincia! Pettegoli! Sempre con l'occhio nel piatto del vicino!

Lidia                             - (entra ciabattando) Tenete raggione, dottore. Ce l'ho detto. Ma pecche s'impiccia de 'a mogliera di don Peppino!

Dottore                         - Perché hanno fatto una scom­messa, quei due cretini. Hanno le mogli prossime entrambe... Insomma... fanno a chi diventa padre prima. E chi perde paga il corredino all'altro.

Lidia                             - Gesù mio che sfacciati! Stateci accorto che quello, 'o pasticcere di S. Angelo, nei babà ce mette 'o rumme finto! Quello è capace che ci dà la medicina alla moglie pe' vince la scommessa!

Dottore                         - Chetati pure tu, linguaccia. E piuttosto va' in cucina a prendere un po' d'acqua per questi poveri uccelli che li hai lasciati a secco.

Lidia                             - Dottore... vui che siete un pozzo di scienza...

Dottore                         - Sono soltanto il medico condotto di questo schifosissimo paese. Lidia             - Eh! Vui tenete 'na capa tanto! Di­teme... La gente qua me pare che s'ammat­tisce ogni giorno di più! Che sarà?

Dottore                         - Gli è che s'annoia.

Lidia                             - Quant'è vero, dottore! Certe mat­tine... esco sul balcone e guardo... come se tenessi 'a speranza non so... che è successo qualche cosa... che va a fuoco 'o municipio... o che 'a guardia comunale è cambiata... e tiene 'na faccia che non conosco. E me ne sto incantata lì sul balcone a guardare. Come una stupida. Pecche? Che cerco? Che voglio?

Dottore                         - Ottanta chili di marito vorresti.

Lidia                             - (strilla) Nun cominciate, dottò!

Dottore                         - D'accordo, ormai hai passato l'età.

Lidia                             - (litigando) Ma è possibile che spie­gate tutt'e cose sempre co' la stessa schi­fezza?

Dottore                         - Non tutte. Molte. E poi, perché la chiami «schifezza»? Eh! n rancore per­ché non l'hai avuta.

Lidia                             - Quanto siete pungicoso! E poi che c'entra il balcone!

Dottore                         - C'entra. Ignorante. Stai lì - sul balcone - a guardare la vita degli altri per­ché è scarsa la tua. E adesso sta' attenta. Se telefona la signora Scognamiglio le dici che l'analisi è negativa. È scritto qua.

Lidia                             - Vabbene.

Dottore                         - Se c'è qualcosa d'urgente, fra mezz'ora torno.

Lidia                             - Ih! Urgente? (Sospira) Cà tutto è « coieto » : pure la morte improvvisa!

Dottore                         - Vado a comprare polvere e pal­lini che son rimasto senza e domani è dome­nica e vo' a caccia.

Lidia                             - Allora stasera...

Dottore                         - Certo, come al solito: m'aiuti a far le cartucce.

Lidia                             - (altro tono, interessato) Uh! Dottò! Guardate là... quella ragazza...

Dottore                         - È Bernardina che corre verso casa sua, no?

Lidia                             - Eh! corre! Quella fugge! Uh! S'è persa pure un sandalo e nun se ferma a rac­coglierlo! (Felice) Dottò, qua è successo qual­che cosa! Forse una disgrazia!

Dottore                         - E tu esci sul balcone e goditela.

Lidia                             - Quella, io, Bernardina, non la ca­pisco !

Dottore                         - Strano! È com'eri tu venticin­que anni fa.

Lidia                             - Ah, sì! (Pausa) Beh... stasera le car­tucce ve le fate da voi! Che non rientrano nei doveri della serva.

Dottore                         - E che, t'offendi?

Lidia                             - San Gennaro mio! Quando siete arrivato qua, venticinque anni fa...

Dottore                         - Sì, che bell'affare feci!

Lidia                             - ... e m'avete presa a servizio... Te-nevo gli occhi storti come Bernardina, io? O quelle macchie rosse in faccia? Oppure balbettavo come lei? E quella Bernardina me pare 'na scampata dal terremoto 'e Casa-mìcciola! Oh! E perciò le cartucce ve le fate da voi!

Dottore                         - Chetati o ti caccio.

Lidia                             - Sii! Co' venticinque anni di tredi­cesima e di vacanze non godute... per cac­ciarmi dovreste sborsare milioni. E voi da uno ve fate pagare e da tre no! Soldi ne avete fatti pochi!

Dottore                         - Acida zitella.

Lidia                             - Sì. Acida. Ma co' la coscienza sin­dacale. Il Sud s'è svegliato, caro dottore!

Dottore                         - Ti stai un po' zitta? (Pausa) Ha girato dietro al municipio per non farsi vedere.

Lidia                             - (entra in casa come una schioppettata) Stavolta le è successo qualche cosa dav­vero! (Via i gorgheggi dalla voliera. Rumore di passi di corsa ma un piede con un sandalo e un piede nudo: arresto brusco, breve pausa, poi un grido acuto, stracciato).

Bernardina                    - Aaah! Mammàaa! (Bernardina di napoletano ha soltanto un certo accento molto più leggero di quello di Lidia o di Quello dei suoi stessi genitori. Ogni tanto s'impunta ali 'inizio di una parola: ma la cosa va resa con discrezione. Ora, uno sbattere di porte e un rumore di passi quieti, giù per la scala di legno. Subito si scioglie il pianto di Bernardina che tra i singhiozzi ripete piano) Mammà!

Madre di Bernardina    - Che c'è stato, cuore mio?

Bernardina                    - Oh, Dio! Dio! mammà!

Madre di Bernardina    - (con un tono d'accorata pazienza più che di preoccupazione) Bernar­dina! No! Nun me dì ch'è succiesso n'ata vota!

Bernardina                    - Sì! Sì! È successo di nuovo! Ma peggio! Questo era un altro.

Madre di Bernardina    -  Ma come! Dalla cugina !

Bernardina                    - No! no! (Tono diverso) Ero stata dalla cugina ma... non ho ballato mai... lo sai quanto mi scoccia ballare... e così sono venuta via presto e ho preso la strada alta: per farmi quattro passi. Be'... quando sono sopra il camposanto... la strada è soli­taria a quest'ora... vedo uno che esce dal bosco di castagni e mi segue. Io non mi prendo paura ma... allungo. (In crescendo) E lui pure. Mammà... mi metto a correre... e lui dietro... taglio per il pratone e lui appresso... Corre più di me... Sta a pochi passi... Già mi sento addosso il suo fiato...

Madre di Bernardina    - (taglia) Basta. (Leg­gera pausa, poi più dolce) Te fa male, fìglietta mia. Adesso mammà ti dà 'na bella camo­milla e te ne vai a letto presto. Nun ce pen­sare più.

Bernardina                    - (smarrita) E come faccio? Non... Non vuoi sapere come è stato?... Ma io... a chi mi confido se nemmeno mammà mi vuol sentire? (Piange).

Madre di Bernardina    -  Non è che non ti voglio sentire... È che... 'o riesto me lo im­magino. Ti... è successo altre volte, vero Bernardina?

Bernardina                    - Ma perché? perché proprio a me? Non lo avevo mai visto prima, mammà.

Madre di Bernardina    -  Uno sconosciuto, si capisce.

Bernardina                    - Perché dici « si capisce »?

Madre di Bernardina    - (un po' imbarazzata, rimediando) Eh... Vuoi che un giovane che te conosce... te fa una cosa simile? Te sei persa un sandalo.

Bernardina                    - Mi potevo perdere pure di peggio, mammà! Era alto, robusto... mi ha acchiappata alle spalle... teneva le mani che parevano di ferro... M'ha rivoltata come una pupa e...

Titta                              - ... Ti ha baciata?

Madre di Bernardina    -  Titta! Che viziacelo che tieni! Sempre a spiare quello che dicono i grandi.

Titta                              - Quali grandi! Mammà! Io tengo dodici anni! E poi non spio! Capito.

Madre di Bernardina    -  A sproposito capiti. Vattene.

Titta                              - Uffaa! Ci vediamo dopo Bernardi. (Tonfo di porta).

Madre di Bernardina    -  Insomma... 'na gran paura e basta...

Bernardina                    - Eh... fino a un certo punto, mammà. Mi stringeva... mi baciava... mi di­ceva che tante volte m'aveva seguito per la strada... e che... mi... mi voleva... Io cercavo di liberarmi... Ma lui era così forte... (Pausa e altro tono) Mi stai a sentire?

Madre di Bernardina    -  E come no? Come no?

Bernardina                    - La voce gli si era arrochita... Tu capisci cosa voglio dire...

Madre di Bernardina    -  Ma che vvoi capì, fìglietta mia, tu di queste cose!

Bernardina                    - (fonda, vera, triste) Tengo ven­ticinque anni, mammà. (Di nuovo il tono di prima) Allora mi sono proprio impaurita. Ho dato uno strattone e ho gridato. S'è sentito il rumore di un'automobile... Sono scappata verso il paese e lui non ha osato più rincor­rermi. (Breve pausa durante la quale giungono da lontanissimo alcune note della tromba).

Madre di Bernardina    -  Be', mo' vieni che ti pigli 'sta camomilla.

Bernardina                    - (come se non avesse udito e seguisse un proprio angoscioso pensiero) Mammà... Perché succedono sempre a me 'ste cose orribili?

Madre di Bernardina    - (sempre tranquilla) Eh! il mondo è brutto, fìglietta mia!

Bernardina                    - Ma alle altre ragazze non suc­cede mai...

Madre di Bernardina    -  E chi 'o sape?

Bernardina                    - Le altre ragazze... ballano coi giovanotti... ci scherzano... so' civette... eppure non gli succede.

Madre di Bernardina    -  Forse gli succede, ma so' meno sincere di te e nun lo raccontano.

Bernardina                    - (più fonda) Non è che... sono io che li attiro?

Madre di Bernardina    -  Che dici?! Tu! Ti conci come 'na monachella... cammini co' gli occhi bassi... mezza faccia drento 'o scialle...

Bernardina                    - Non sarà che... (in un scoppio di lacrime)... io so' sporca dentro e loro lo sentono? (Corre via - ricordare: un piede è senza il sandalo - passi di corsa su per le scale di legno).

Madre di Bernardina    -  Ah! Ma tu pazza sei! E fai uscì pazza pure a me! E dove corri? Bernardi! (Tonfo di porta e giro di chiave) Nun te chiudere, Bernardi! (Si lamenta) Ah, ma io che ho fatto de male? Nun me fido chiù co' 'sta figlia! Nun me fido! Sant'An­tonio mio, levateme 'sta croce che diventa ogni giorno più pesante! (Sbatte la porta di casa. Passo d'uomo) Sei tu? Padre di

Bernardina                    - Ciao. (Altri passi) Novità?

Madre di Bernardina    - (mugola) Umh!

Padre di Bernardina      - Roba da matti! Oggi è venuta a negozio Assuntina 'a merciaia. Dice «cambiatemi 'o televisore che mo' ch'è morto mio marito me basta chiù piccolo ». Ci ho risposto « signò... teniamo pure tele­visori da 'na piazza e mezza! ». (Ride, poi smorza. Breve pausa) Che è succiesso?

Madre di Bernardina    - (querula, prossima al pianto) Nun me fido chiù, Vinciè! Padre di

Bernardina                    - Bernardina?

Madre di Bernardina    -  Eh!

Padre di Bernardina      - Chilla povera guagliona è 'a croce nostra. Madre dì

Bernardina                    - Tutto pe' quel cane lupo !

Padre di Bernardina      - (scettico) Ih! 'O cane lupo!

Madre di Bernardina    -  Sì, sì! 'O cane lupo l'ha spaventata. Teniva due anni 'a piccirilla! E da allora balbetta, je vennero e mac­chioline e gli s'intorcinarono l'occhi. Prima nun era cussi!

Padre di Bernardina      - Eh! 'O cane lupo! E a zia tua pure 'o cane lupo è stato?

Madre di Bernardina    -  Che c'entra! Padre di

Bernardina                    - Eh! 'o sangue da parte tua nun è sincero.

Madre di Bernardina    - (con gemito) Ah! e mo' è colpa mia!

Padre di Bernardina      - Lassamo perdere. Dimmi che è stato.

Madre di Bernardina    -  'O solito. Che è arrivato 'nu giovine... che s'è innammurato de lei... che quasi j'è zompato addosso... 'O solito.

Padre di Bernardina      - Povera guagliona. Se ne inventa tanti pecche nun ce n'ha manco uno.

Madre di Bernardina    -  E chi se la piglia così com'è quell'infelice? Era stata da 'a cugina... Nessun l'avrà fatta ballare... e così lei s'è stranita...

Padre di Bernardina      - Hai fatto mostra di credere quando raccontava? .

Madre di Bernardina    -  E si capisce! Sennò je pigliava 'na crisi!

Padre di Bernardina      - Che devo fa pe' 'sta figlia mia? Tutto ho fatto. Istruzione... pia­noforte... un dente nuovo che manco se conosce e costa più d'una fonovaliggia... Non so... Che deve fare un padre? (Altro tono) Je l'hai detto a 'o medico?

Madre di Bernardina    -  Ih, quello! Padre di

Bernardina                    - E mo' lo telefono. (Cinguettio delVuccelliera indi il campanello del telefono).

Dottore                         - Pronto.

Padre di Bernardina      - (nel microfono) Pronto. So' io, Vincenzo. Dottore, s'affacci che le devo parlare. (Il clic di chiusura del telefono e il silenzio con Veco).

Dottore                         - Questo è il tipo di telefonata più frequente, qui. Il resto della conversazione avviene da finestra a finestra, obbligandosi a forme allusive, reticenti, coperte, nell'illu­sione che gli altri non capiscano... ciò che del resto sanno già. Quel giorno... che altro potevo fare per Bernardina? Ordinai dieci gocce di più del solito. Bromuro, natural­mente. In provincia lo si consuma a tonnel­late. Ora ci sono anche i tranquillanti. Ottimi. Però... io sono un po' contrario a tenere la gente troppo tranquilla. Se uno s'ha da agi­tare... è bene che s'agiti. Entro certi limiti l'agitazione è vita. La quiete è un po' la morte, no? E io come medico... Be', lo so... Bernardina era proprio un'isterica. (Il piano­forte, lontanissimo, sale: Chopin) Povera ra­gazza. Sempre, dopo che s'era inventato l'incontro con un uomo, suonava Chopin... Del resto, a parte che se l'inventava... Voglio dire: se uno non avesse saputo che se l'era inventato, a sentirla parlare era una ragazza del tutto normale... (Sale il pianoforte con Chopin in primo piano; poi il bussare a una porta, un paio di volte, indi la voce soffocata di Titta).

Titta                              - Bernardina, apri! Sono io, Titta. (Il pianoforte cessa. Passi. La chiave. Porta).

Bernardina                    - (piano) Che vuoi? È notte.

Titta                              - Parlare. (Porta richiusa) Dormono tutti. (Passi delle due. Il pianoforte riprende, ma poi cesserà a tratti. Bernardina a volte riem­pirà di note le pause tra una frase e l’altra).

Bernardina                    - Parlare di cosa?

Titta                              - Dell'amore.

Bernardina                    - (ridacchia, un po' superiore) Ma senti senti 'sta guaglioncella!

Titta                              - Quando ti baciano... cosa si sente?

Bernardina                    - 'Na dolcezza.

Titta                              - In bocca.

Bernardina                    - Dappertutto.

Titta                              - Anche se non vuoi.

Bernardina                    - E certo che non voglio! So' mascalzoni. Chi li conosce? Ci ho paura.

Titta                              - Però...

Bernardina                    - Però... eh! (Ride) 'Sta dolcezza entra lo stesso nelle ossa. Non ci puoi far niente.

Titta                              - E com'era quello di oggi?

Bernardina                    - Bello e forte.

Titta                              - Ti sei presa una grossa paura, eh!

Bernardina                    - Sì. Grossa. Ma... (Segreta) Lo dico solo a te, Titta... Mi posso fidare?

Titta                              - Sul mio onore.

Bernardina                    - Beh... mi sono presa una grossa paura... ma dopo sono stata contenta.

Titta                              - Per i baci.

Bernardina                    - Anche.

Titta                              - Gesù! Che altro t'ha fatto?

Bernardina                    - Ha parlato.

Titta                              - (delusa) Ah!

Bernardina                    - Tu non sai cos'è quando un uomo ti tiene la bocca vicina vicina che senti le parole prima che gli escano dalle labbra... E ti dice che... sei bella, che gli piaci, che... te vo' bene, insomma.

Titta                              - E tu?

Bernardina                    - Mica ci credo. Io... si sa che so' brutta.

Titta                              - Pure io lo credevo ch'eri brutta, Bernardi. Ma ora dico che tu... ci devi avere un fascino segreto, porco mondo!

Bernardina                    - (rifiuta ma è lusingata) Sii! Figurati !

Titta                              - (altro tono) Oh, lo sai... i vecchi geni­tori mica ci credono a questi che ti vengono appresso...

Bernardina                    - Ah, no?

Titta                              - Li ho sentiti io!

Bernardina                    - Che stupidi!

Titta                              - Meglio, no? E sennò magari non ti farebbero più uscire.

Bernardina                    - (rancorosa) Non ci credono, eh! Un giorno o l'altro... quando mi capita qualche cosa... se ne accorgono?!

Titta                              - Che t'ha da capitare?

Bernardina                    - Uffa! Mo' scocci! Mica si può spiegare tutto a una bambina! Vattene a letto, Ti!

Titta                              - (umiliata) E va be'! (Passi. Poi drammatica) Sei come gli altri : al momento buono diventi una bambina!

Bernardina                    - (ride) Buona notte, signorina.

Titta                              - E io come ti devo dire? Buonanotte, signora?

Bernardina                    - (sgomenta) Titta!

Titta                              - Bernardi! (Chiude la porta. Un sospiro di Bernardina. Dopo una brevissima pausa ri­prende il pianoforte, prima a note stracciate, esitanti, poi una folata di passione. È sempre Chopin. Poi sfuma nell’« aria larga » di quando il dottore racconta. Qualche nota di tromba lontana, ogni tanto, ma rara, stracciata).

Dottore                         - Erano passate giusto due setti­mane da quell'episodio. Era di nuovo la notte d'un sabato. E il giorno dopo sarei uscito a caccia. Mi stavo facendo le ultime cartucce prima d'andarmene a letto per qual­che ora... quando dal finestrino vedo qualcosa d'insolito. Subito spensi la luce e guardai meglio. Un camioncino s'era fermato all'an­golo della tabaccheria sotto la casa di Ber­nardina. Due uomini s'erano issati sul tetto della macchina e ora agilmente s'arrampica­vano sino al secondo piano scomparendo alla vista su di una transenna che unisce la casa vicina al balcone della nostra ragazza. Capii subito cosa volevano: entrare nel solaio at­traverso una finestrella sbarrata; poi di lì, forando il pavimento, calarsi nella tabac­cheria e svaligiarla. Non avevo che da tele­fonare al maresciallo. (Spariscono Veco e la tromba).

Lidia                             - A quest'ora! State ancora alzato!

Dottore                         - Sst! (Si sente il tic-tac di una sveglia).

Lidia                             - V'ho portato la sveglia per domat­tina.

Dottore                         - Sstt! (Da qui dialogo soffiato in primo piano).

Lidia                             - Che è? (Pausa) San Gennaro mio! I ladri! Chiamate subito i carabinieri.

Dottore                         - Non c'è fretta; devono segare le sbarre. Sono molto grosse.

Lidia                             - Che coraggio che ci hanno!

Dottore                         - Non è studiato male. Dalla parte nostra hanno un muro senza finestre. Questo sfiatatoio non dà nell'occhio. Levati che se guardi tu non vedo più io.

Lidia                             - Un po' per uno, dottò! Fino a mo' ce siete stato voi. Io ve racconto tutto.

Dottore                         - Cocciuta come una mula sei. (Altro tono, rassegnato) Che fanno?

Lidia                             - Uno lavora e l'altro s'è appoggiato al balcone di Bernardina.

Dottore                         - Ma... la tabaccaia non dorme nel retrobottega?

Lidia                             - Non al sabato sera. Tutti i sabati donna Rosina va dalla figlia, a Pozzuoli.

Dottore                         - Sono bene informati.

Lidia                             - Non è gente di qua, però. (L'orologio del campanile batte la una. Improvviso) Uh, Madre Santissima!

Dottore                         - Che c'è?

Lidia                             - S'è accesa 'a luce al balcone di Ber­nardina !

Dottore                         - S'è svegliata.

Lidia                             - (angosciata) Je facessero del male, dottò !

Dottore                         - Levati. Semmai sparo in aria. (Cessa il tic-tac della sveglia. Alfredo e Vittorio parlano con accento romanesco greve. Vittorio quando parlerà con Bernardina tenterà di par­lare « civile ». Ora il loro dialogo è a bassa voce, naturalmente).

Vittorio                         - E accuccete!

Alfredo                         - Vitto, nun ci aveveno detto che questi der balcone stavano in villeggiatura?

Vittorio                         - Che t'ho da dì, Alfrè. Le informa­zioni fasulle che gireno al giorno d'oggi! Uno schifo.

Bernardina                    - (da lontano, voce esitante, impau­rita) Chi è?

Alfredo                         - Voce de donna. Manco male.

Vittorio                         - Strilleno più dell'altri.

Alfredo                         - Vedo l'ombra. Se esce, ce vede... (insieme con Vittorio) ...e semo fregati.

Vittorio                         - Famme dà 'na guardata... Aoh... è 'na rigazza in camicia da notte...

Bernardina                    - (un po' più vicina) Chi è?

Vittorio                         - (preoccupato) Vie' fori! (Altro tono) Alfrè... ce provo.

Alfredo                         - Vie' qua, Vitto! Dove vai?... 'A matto! (Il tic-tac della sveglia).

Lidia                             - Che sta facendo?

Dottore                         - È entrato...

Lidia                             - (al colmo dell'angoscia) È un assassino!

Dottore                         - No, è un dritto. Mette un ginoc­chio a terra e una mano sul cuore. (Cessa il tic-tac della sveglia).

Vittorio                         - Fata! Non mi scacciare. Perdona il mio ardire.

Bernardina                    - Ma chi,., chi... chi... è lei?

Vittorio                         - (lirico) E che importa er nome? Fata, so' uno che t'ha visto e da quer mo­mento nun dorme più...

Bernardina                    - Vada... via subito!

Vittorio                         - Pupa, nun gridare. So' innammorato marcio. Nun chiamare! Io sto qui rispet­toso sur balcone.

Bernardina                    - (più debole) Vada via!

Vittorio                         - All'ammore non si commanda!

Bernardina                    - È... è qui per... per... amore?

Vittorio                         - E che altra raggione ce potrebbe da esse? Per ammore. Sicuro.

Bernardina                    - Amore... di... di... di me?

Vittorio                         - Ah! famo a non capisse! Io so' pazzo de te... so' scimunito... Te seguo sem­pre. Tu vai in chiesa, no? Be'... te seguo quanno che vai in chiesa e... e ovunque... Me so' impazzito... tanto che me so' rampicato sino a qua pe' dirtelo. Ecco. E nun fa' così... E mo' che fai? (Tonfo) Mannaggia!... (Altro flato) Aoh! Alfrè! Questa s'è svinuta!

Alfredo                         - (da più lontano) Mejo. Ricomincio a sega 'ste sbarre.

Vittorio                         - La tiro dentro, sur tappeto. (Rumore leggero da sega da ferro).

Alfredo                         - (da lontano) E tiratela dove te pare! (Tic-tac. della sveglia).

Dottore                         - Non dev'essere un cattivo sog­getto: le stende una coperta per non farle prendere freddo.

Lidia                             - Mo' è 'nu gentiluomo! Dottò, tele­fonate 'o maresciallo.

Dottore                         - Eh, no! Adesso ho l'uzzolo di veder come finisce!

Lidia                             - Allora lo telefono io.

Dottore                         - Stai cheta. Ma è possibile che tu non senta il piacere intellettuale di veder nascere una storia sotto i tuoi occhi?

Lidia                             - Che storia! questo è un furto. E se non telefoniamo, noi siamo complici.

Dottore                         - (con una certa stanchezza) In ogni modo siamo sempre tutti complici di quel che succede, Lidia. Aspettiamo. (Cessa il tic­tac della sveglia. Rumore della sega).

Alfredo                         - L'hai lassata sola?

Vittorio                         - Dorme come 'na creatura.

Alfredo                         - Com'è? Bona?

Vittorio                         - Boh? Tra il lusco e er brusco me sembra racchia. Me pare che zagaja pure...

Alfredo                         - Che?

Vittorio                         - Zagaja... tartaja... come te devo dì? Se inceppa.

Alfredo                         - Vitto, io qua però... se devo lavora solo...

Vittorio                         - E se capisce! Invece che due sab­bati ce ne mettiamo tre. Tanto 'sti ferri segati nun li vede nissuno.

Alfredo                         - Bravo. Due sabbati pe' 'sta fer­riata e uno pe' er pavimento. Che qua... che te credi? lavoramo ancora pe' poco. Qua cominceno a annà a messa alle cinque, sa!

Vittorio                         - Se confesseno.

Alfredo                         - E che ci avranno mai da dì le mar­motte di 'sto paese!

Vittorio                         - Eh, ognuno sa i fatti suoi.

Alfredo                         - Ma che vuoi che Gesù Cristo s'impicci de...

Vittorio                         - (troncando) Alfrè, piantala. Io so' religgioso e co' me certi discorsi nun li fai. Capito! Pariamo de scassi, de casseforti, de scippi, de truffe, de bidonate finché te pare, ma... de mano armata e de religgione... chiuso. Gnente.

Alfredo                         - A Vitto, nun fa er fanatico.

Vittorio                         - (piano) E mo' torno da quella. Hai visto mai che se sveja e se mette a strilla? (Tic-tac della sveglia. L'orologio del campanile batte le quattro e tre quarti).

Dottore                         - Vattene a letto, Lidia.

Lidia                             - Già! Vi volete sbarazzare di un testi­mone, vero? Noo! Io sto qua per vedere se arrivate fino al punto di lasciarli andar via!

Dottore                         - La veglia come una madre, guarda.

Lidia                             - Rispettate almeno mammà vostra, dottò! (Il rumore d'una Lambretta che passa veloce un po' lontana).

Dottore                         - Tra poco è l'alba. La gente si alza. Dovranno scappare.

Lidia                             - (severa) Appunto. E quando vi faranno il processo testimonierò contro di voi.

Dottore                         - Finora hanno fatto poco danno. Guarda... mi pare che Bernardina si stia sve­gliando... (Cessa il tic-tac della sveglia).

Bernardina                    - (ancora vaga) Che ora è?... Dove sono?

Vittorio                         - Eh!... e ora che smammo, bam­bola! È tardi.

Bernardina                    - (torna alla realtà e dà in un picco­lissimo grido) Ah!

Vittorio                         - Nun te spaventa. So sempre io. Il medesimo amore tuo che t'ha guardato mentre che tu ronfavi come un angelo.

Bernardina                    - Ma... lei ha passato la notte nella mia stanza...

Vittorio                         - Eh, ce lo so!... Se semo compro­messi tutti e due... Destino. Però... io so' un rigazzo d'onore e torno. Nun t'ho detto tutto. E torno sabbato prossimo a ditte il resto, ammore mio. (S'accende il motore del camion­cino).

Bernardina                    - Torna... sempre dal balcone?

Vittorio                         - Eh, sì. La porta è... è ufficiale. Per il momento è mejo che st'ammore nostro resta segreto. Torno sabbato notte, amore mio. Vabbene? E damme un bacio, pupazza bella. E vie'... così... (Pausa. Poi altro tono) E no! E tu ci hai er vizio !... Ah cosa! Ce rifai? (Alfredo, giù, dà qualche accelerata al motore per chiamare Vittorio) Aoh! e io te lasso pe' terra... (Ora il motore in primo piano come se fossimo nel camioncino. Qualche altra acce­lerata).

Alfredo                         - E manco male che sei arrivato! Monta. (Sportello che si apre e si chiude).

Vittorio                         - Quella s'è svinuta di nuovo!

Alfredo                         - E che j'hai fatto?

Vittorio                         - L'ho baciata.

Alfredo                         - E se vede che ci hai er bacio proibbito... (Avvia) Annamo che sti carognoni già sbattono le finestre. Se ci annusano in giro, sabbato che viene... (insieme a Vittorio) ...semo fregati. (TI camioncino fila via. Iniziano a suo­nare e salgono in pianissimo le campane della prima Messa. Poi sfumano e scompaiono sul ronzio di un rasoio elettrico).

Lidia                             - 'O cafè. (Pausa) Chista è 'a quarta tazzulilla, dottò. (Pausa) Sì, sì! fatevi 'a barba. Fatevi bello che nelle giurie popolari ce stanno pure 'e femmene! (S'arresta il ronzio).

Dottore                         - Suonava il telefono?

Lidia                             - No, no. (Riprende il ronzio) Forse era 'a campanella della coscienza vostra che comincia a rimordere.

Dottore                         - Ma perché non ti viene un colpo e diventi muta?

Lidia                             - Proprio mo' ve farebbe comodo, eh! (Pausa) E quando adesso telefonano... pecche mo' Vincenzino o la moglie telefonano... tenete 'o coraggio di non dirgli niente? (Cessa il ronzio).

Dottore                         - Tu hai visto che l'ha baciata?

Lidia                             - (seccatissima) Sì. Un bacio menzo­gnero.

Dottore                         - Ma per lei è stato un bacio d'a­more! Se le dai una delusione ora, l'avvilisci per sempre, la finisci. Invece questo bacio chi sa quanto bene le può fare!

Lidia                             - Un bacio falso non può fare bene vero.

Dottore                         - Ha parlato l'esperta!

Lidia                             - (punta sul vivo) E allora copriamo un furto di tabacchi con una finzione d'amore e giustifichiamo 'sta finzione co'... io lo so dove andate a parare voi!... agli ormoni e le altre vostre cose zozze. (Campanello del telefono).

Dottore                         - Pronto. Oh, buongiorno Vin­cenzo...

Padre di Bernardina      - (nel microfono) Dot­tore, non s'affacci perché tanto deve proprio venire. La figlia è chiù aggitata e friccicosa del solito.

Dottore                         - Vengo subito.

Bernardina                    - (con una sorta di affanno febbrile e balbettando forse un poco più del solito) Vi dico che l'ho visto!... l'ho toccato... Era lì... guardate. (Si strugge) Io lo so che non mi credete !

Madre di Bernardina    -  Calmati, Bernar­dina. Calmati.

Bernardina                    - È entrato dal balcone...

Madre di Bernardina    -  Uno sconosciuto. Al solito.

Bernardina                    - Mammà, se non mi credi faccio imo sproposito! Mi credi?

Madre di Bernardina    -  E come no! È entrato un uomo, sicuro. Ma adesso bevi questa.

Bernardina                    - È rimasto seduto accanto a me tutta la notte...

Madre di Bernardina    -  Certo, cara. Seduto lì.

Bernardina                    - (quasi grida) No, sul tappeto.

Madre di Bernardina    -  Titta, mettile dietro un altro cuscino. Ah, lì. Sicuro. Seduto lì sul tappeto. Bevi, core di mammà tua. Padre di

Bernardina                    - (entrando) Metteteve in ordine che il dottore è qua. (Passi della madre che ora dice al marito, piano).

Madre di Bernardina    -  Che castigo, Madre Santissima !

Padre di Bernardina      - Non piangere che nun serve.

Madre di Bernardina    -  Ma aiuta. Padre di

Bernardina                    - Speriamo che ci aiuti il dottore, adesso. Eccolo: Accomodatevi... entrate.

Dottore                         - Dunque... come va la nostra Ber­nardina?

Bernardina                    - Vi assicuro che sto benissimo, dottore.

Dottore                         - Oh, così mi piace! (Altro tono) Ma non vedete che ha un febbrone da cavallo? Tutti via. Chiudete la finestra.

Madre di Bernardina    -  Sissignore. (Rumore della finestra).

Dottore                         - Così. Lasciatela riposare. Datele queste pasticche. Due. E altre due quando si sveglia.

Madre di Bernardina    -  Sissignore.

Dottore                         - E non ti preoccupare, Bernardina.

Bernardina                    - (filo di voce) No.

Dottore                         - Dormi e sogna.

Bernardina                    - Sì. (Varia rarefatta di quando il dottore racconta; Veco leggera alle sue parole e, nel fondo, qualche folata di una allegra fisar­monica lontana).

Dottore                         - Tre giorni le durò il febbrone. E al mercoledì avvenne « la cosa » o almeno al mercoledì fu notata. Era scientificamente spiegabilissima, s'intende. Niente di miste­rioso. Uno shock. Il primo shock vero subito da Bernardina. E - in più - a venticin­que anni. Tuttavia «la cosa» non era meno stupefacente a vedersi. E commovente, anche. (La nota scatenata di un festoso valzer di Strauss al pianoforte).

Titta                              - (rumore di porta che si spalanca. Entra con la madre e grida) Eccola! Guardala, mammà!

Madre di Bernardina    -  Ma come! T'è appena andata via la febbre... e ti alzi in camicia a suonare!

Titta                              - Ma guardala bene, mammà! Non ti accorgi di niente?

Madre di Bernardina    - (sbigottita) Dritti!

Titta                              - Dritti. Ha gli occhi dritti. E la pelle?

Madre di Bernardina    -  Gesù, Gesù!

Titta                              - Dove sono le macchie rosse?

Madre di Bernardina    -  Eh!

Titta                              - Scomparse!

Madre di Bernardina    -  Figlia mia! Te sei guardata allo specchio?

Bernardina                    - (parla d’ora in poi fluente senza un'impuntatura : ride) Ah! Ah! Ah! Mammà! Non lo vedi che lo specchio lo tengo sul leg­gìo?! Sto suonando la mia nuova faccia, mammà! Non lo sentivi anche da sotto? 'Na faccia nuova nuova « andante vivace » mam­mà! Ah! Ah! Ah!

Madre di Bernardina    -  Piglia mia!

Titta                              - E senti come parla!

Bernardina                    - E tengo fame e voglia di bal­lare! Voglio pizza e vino! E voglio dire « preci­pitevolissimevolmente » e... scuorno a chi ce vo' male! (Tutto ciò suonando sempre con foga maggiore).

Titta                              - (fa eco saltellando e « facendo fantasia ») Scuorno! Scuorno! Scuorno!

Madre di Bernardina    - (lancia uno di quei gridi acuti che solo una donna napoletana sa produrre) Iiiih! (E urla) Scuorno a chillo rognoso 'e cane lupo! Toh! Toh! È muorto 'o cane lupo! Viciè! (Esce gridando) Vi eie! È muorto 'o cane lupo! Viciè! È muorto chilla carogna 'e cane lupo! (Qualche altro attimo di valzer che poi sfuma sul pacato cin­guettare delVuccelliera in casa del dottore).

Dottore                         - Allora, Vincenzo... alla salute di Bernardina.

Padre di Bernardina      - Alla salute della fi­glia mia, sì. Grazie, dottore. (Tintinnare di bicchieri che si toccano - tempo di bere - poi) E grazie pure a voi... (Cauto) Quest'ultima medicina che le avete dato... è stata una cannonata.

Dottore                         - Umh... ci credo poco alle medi­cine, io. Ha avuto una scossa... e... insomma, tutto è andato bene.

Bernardina                    - (ancora più cauto) Ecco. De questo ve volevo parlare. Come è possibile che un fatto inventato... porta con­seguenze... reali?

Lidia                             - (tossisce con ovvia intenzione).

Dottore                         - O Lidia, se hai la tosse vattene in cucina.

Lidia                             - Scusate.

Padre di Bernardina      - (riprende) Sì, dico: come può una fantasia portare effetti che se vedono e se toccano?

Dottore                         - Umh! questa è la sola cosa che è difficile far credere alla gente... Padre di

Bernardina                    - Ma io sono un padre.

Dottore                         - Anche ai padri. Oggi la gente è aperta a credere a tutto: che si vada a far colazione nella luna... che vengano i mar­ziani sul disco... A tutto credono facilmente... tranne che a una cosa: che un'idea sia già di per sé qualcosa di reale, di concreto e che perciò niente di più naturale se ha effetti concreti e reali.

Padre di Bernardina      - (per niente convinto) Umh... già. Già. Ma...

Dottore                         - Avete mai avuto un pollaio? Padre di

Bernardina                    - Sì, a la casa di mio padre, da giovane.

Dottore                         - Be'... allora sapete che quando una gallina da tempo ha voglia di far la chioccia e non glielo fanno fare... s'inventa tutto. Anche senza uova... si trova un sasso rotondo e si mette a covare. E - questo è l'effetto reale, misurabile - le viene la febbre a quaranta: la febbre della cova. Padre di

Bernardina                    - (sempre non convinto) Già. Sì. Già. (Si alza. Passi dei due verso la porta) Be'!... Non voglio farvi perdere altro tempo, dottore. Grazie di tutto. (Cigolio di porta aperta).

Dottore                         - Arrivederci. Padre di

Bernardina                    - Però... con quel sasso rotondo... la gallina... non ha mai fatto un pulcino !

Dottore                         - E nemmeno vostra figlia lo farà. Padre di

Bernardina                    - Oh! Ecco che ce siamo, dottò. (Abbassa la voce) Ma se ci fosse stato veramente un uomo nella stanza di mia figlia?

Dottore                         - Ma che dite! (Calcolando bene le parole) Anche se lo avessi visto coi miei occhi, direi di no. (Soddisfatto) Ecco. Padre di

Bernardina                    - (rassicurato) Ah! Grazie. Bacio le mani, dottò! (Porta chiusa).

Lidia                             - Se ve basta un gioco de parole per mettervi in pace la coscienza!

Dottore                         - Via! In cucina! Ma perché non si trova uno scassinatore, un assassino pure per questa?! (Il cinguettio di fondo della uccel-liera dissolve. Si rifa Varia sonora di quando il dottore racconta. Dal fondo, lontano, folate di fisarmonica allegra) Il resto venne da sé, con una rapidità che lasciò la gente a bocca aperta. In due giorni Bernardina si fece ta­gliare i capelli che prima portava a crocchia su la nuca: con la permanente li acconciò in belle onde morbide che quando camminava per la strada seguivano il ritmo del passo. E anche il passo, mutò: più elastico, forse proprio per muovere, fra l'altro, anche i capelli. Un filo di rossetto su le labbra... Vi dico: la gente del paese era a bocca aperta. Non solo per lo stupore, si capisce : anche per commentare. E Bernardina passava tra i suoi primi fischi di giovanotto. Così s'arrivò al nuovo sabato notte. E vedemmo il solito camioncino... Dico vedemmo perché figurarsi se potevo liberarmi di quella pettegola di Lidia!... I due salirono. Uno al lavoro e l'altro a tener a bada la ragazza. La luce nella stanza di Bernardina era già accesa. (Cessa la riso­nanza, continua nel fondo, a tratti, la fisar­monica).

Vittorio                         - (esuberante «piazzista») Pupazza mia! M'aspettavi?

Bernardina                    - Sì.

Vittorio                         - Che cara! « Sì ». Come lo dice! (Altro tono) Fatte un po' vede... Aoh, mica me n'ero accorto ch'eri così bella! Vojo dì che... (tenta di rimediare) ogni volta che te vedo... (Canterella) «Carina! Diventi ogni giorno più carina! ». Lo dai un bacetto a Vittorio tuo? A proposito... come te chiami?

Bernardina                    - Bernardina. -

Vittorio                         - Umh! Un po' lungo ma origginale... Be'? 'Sto bacetto? E nun fa scherzi. Guarda... Me lo dai tu. Io sto fermo. Così te lo gradui da te e nun te fa male... Ecco... brava. Un po' scarsetto, ma insomma... (Piano) Be'? famo nottata in piedi? Ce acco­modiamo da... qualche parte?

Bernardina                    - Guarda... ho preparato...

Vittorio                         - Li cuscini pe' terra contro '1 pia­noforte! Che idea delicata. E noi ci asset­tiamo. Ecco. - (Tonfo) E sbattemo pure la capoccia contro lo strumento!

Bernardina                    - Ti sei fatto male?

Vittorio                         - E sì! Co' la capoccia mia! Lo suoni tu? Da sola?

Bernardina                    - E certo! Con chi vuoi che lo suoni?

Vittorio                         - No, dico... ce so' quelli che lo suonano a quattro mani... Io poi de musica nun me ne intendo! (Ride. Breve pausa) Ma lo sai che sei proprio un gran bel pezzo de figliola? (Pausa) Te posso dàunaltrobacetto... un po' più a modo mio?... Vie' qua... Dai... (Canterella) « Dai, dai, dai! Bernardina dai...! dammi un bacio e nun te pentirai! ». (Ride. Poi di colpo serio) Aon, qua mica ce disturba nissuno, vero?

Bernardina                    - No. Sta' tranquillo.

Vittorio                         - E allora... vie' qua... (Sussurrato) Vie' qua che me piaci proprio tanto, sa'?... (Pausa abbastanza lunga. Ora - dopo il bacio -riprendono fiato. Bernardina ansima. Poi fa un piccolo sospiro).

Bernardina                    - Ab!

Vittorio                         - E nun te sei svinuta! Stiamo faccendo dei bei progressi! Ma tu quanti anni ci bai?

Bernardina                    - Venticinque.

Vittorio                         - Ma... ci avrai avuto un... un fidanzato... uno cne te baciava...

Bernardina                    - No.

Vittorio                         - (stupefatto) No? E... e com'è che nun t'hanno visto da 'ste parti?

Bernardina                    - Non so. (Poi ride per alleggerire) Avevo le cortine fumogene!

Vittorio                         - Ah! Ah! Ah! Anch'io dovevo andare in marina. De leva. Ma poi... figlio unico de madre vedova... Mo' ci ho trent'anni, sai.

Bernardina                    - Che studi hai fatto?

Vittorio                         - (compunto) Eh! È stata 'na lotta! Io che pe' studia... pe' i libbri ci avevo una passione... Perfino me ce sedevo sopra ai libbri, m'arricordo. E invece... fin da ragaz­zino me dovevo arrangia a porta a casa quar-che cosa... Tubbi de piombo... fili de rame... vojo dì pe' i trasporti. Se lavorava nei tra­sporti e io aiutavo come potevo. Poi, quando che divenni giovanotto...

Bernardina                    - (civettina) Umh! Chissà che gal­letto che eri...

Vittorio                         - Come ci hai indovinato! 'Na vorta me fecero regginòtto der quartiere.

Bernardina                    - (ride).

Vittorio                         - E tu ridi! Me fecero una festa! E fu allora che me conobbe Denise, 'na fran­cese. Ricchissima. Se volle fidanza co' me. Aoh, nun sentiva raggioni. E me portò su la Costa Azzurra.

Bernardina                    - (esitante) E... l'hai sposata?

Vittorio                         - (sincero) Magari! (Rimedia) Dico, magari avessi voluto! Ma... queste tanto ric­che... viziate... te fanno pesa ogni pacchetto de sigarette, ogni cravatta... Mentre tra fi­danzati... vero? nun ce se dovrebbe da bada... E invece, sta micragnosa... Allora, sai... io so' un tipo orgoglioso... Dopo un anno l'ho piantata. Così, pe' strada... Allungai il passo e via...

Bernardina                    - No! E non ti è corsa dietro?

Vittorio                         - E come poteva?... Sai, aveva una certa età... Mica poteva correre.

Bernardina                    - Hai avuto una vita avventu­rosa!

Vittorio                         - Eh! So' un rigazzo moderno che balla sulla corda... e senza rete sotto. Ah! Ah! Ah!

Bernardina                    - Perché? Che fai adesso?

Vittorio                         - Commercio.

Bernardina                    - Be', mica è un mestiere peri­coloso.

Vittorio                         - Eh! secondo!

Bernardina                    - Anche mio padre è commer­ciante. Televisori, radio, radiogrammofoni. Ma non...

Vittorio                         - Ci ha il negozio! Eh! Un guadagno medio, ma'tranquillo. Noi no. Noi... facciamo colpi grossi. Preleviamo un blocco a forfait. Ci può andar bene e ci può andar male. Capi­sci? Prelevo qua e piazzo là. Ci ho un socio: Alfredo. Lavoriamo insieme. Pensa: siamo usciti lo stesso giorno!

Bernardina                    - Da dove?

Vittorio                         - Da... dalla scuola di perfeziona­mento commerciale. (Bussano alla porta. Vit­torio - scalpiccio - mormora impauritissimo) Aoh... chi è?

Bernardina                    - (sussurra) Dove scappi? Vieni qua. (Bussano di nuovo) Non ti spaventare! (Fingendo benissimo una voce assonnata) Sei tu, mammà? Che voi?

Madre di Bernardina    -  Te sei addormita co' la luce accesa, core mio. Spegni.

Bernardina                    - Sì. Buonanotte. Torna a letto. (R tac delVinterruttore).

Madre di Bernardina    -  Buonanotte.

Vittorio                         - (sussurra) Mammà! Eh, tu ci hai ancora mammà!

Bernardina                    - Tu... no?

Vittorio                         - (scoppia in singhiozzi soffocati) No. M'è... m'è morta già da due anni... Quanto ce volevamo bene!... Lei poi mi adorava. Anche se nun ce parlavamo da cinque anni...

Bernardina                    - Che brutta cosa.

Vittorio                         - Veramente era lei. M'adorava ma... non me voleva vedere.

Bernardina                    - E perché?

Vittorio                         - 'Na sciocchezza... Era come 'na regazzina... Pe' 'na catenina d'oro... S'era messa in mente che je l'avevo fregata io...(Di colpo senza commozione) Insisteva che pe­sava trentadue grammi e invece era venti­due. Aoh, io nun me sbajo a pesa l'oro così su la mano. Ma come je lo dicevo? (Di nuovo commosso) Comme 'na regazzina era! Travedeva pe' Vittorio suo! Eh, mammà! Beato chi ce l'ha ancora!

Bernardina                    - Devi essere molto buono di cuore, tu.

Vittorio                         - Oh? (Pausa) Lo sai che mammà tua ha avuto 'na gran bella idea a farti spegnere la luce?

Bernardina                    - Però sta' buono.

Vittorio                         - Tanto, 'sta faccetta bella la vedo lo stesso co' a luna.

Bernardina                    - E io voglio vedere sempre le tue mani lì. Su, sta' buono.

Vittorio                         - Uh! aspetta. Ho portato una cosa. To'!

Bernardina                    - Cos'è?

Vittorio                         - 'Na bottiglietta de cognacche francese. Te piace?

Bernardina                    - Veramente... non ho mai...

Vittorio                         - E prova. Ce n'abbiamo 'na partita per le mani... Bevi, bevi.

Bernardina                    - (si strozza un po' e tossisce) Buono, però...

Vittorio                         - Vero? Un sorso a me.

Bernardina                    - Uh come fa caldo, dentro! (Idea improvvisa) Ah, aspetta un po'!... Dove sta? Eccolo qui. Tu che sei bravo a pesare l'oro... senti un po' questo.

Vittorio                         - (fischietto d'approvazione e tono sec­co, professionale, ritmo svelto) Oro?

Bernardina                    - Sì.

Vittorio                         - A diciotto?

Bernardina                    - Sì.

Vittorio                         - Sicuro?

Bernardina                    - Credo.

Vittorio                         - Braccialetto, eh? - Meno le cer­niere interne - quelle nun so' mai d'oro -Ammazzelo! è sui settanta grammi.

Bernardina                    - Me l'ha regalato mia zia per il compleanno mio... Volevo sapere quanto...

Vittorio                         - (come sopra) Quanto vale. Sì. Ci sono due valori per gli oggetti: uno a com­prarli e uno a venderli. Molto distanti. Per l'oro meno. Questo tua zia l'ha pagato almeno ottantamila lire. Il sor Cesare me ne da­rebbe quaranta.

Bernardina                    - Chi è il sor Cesare?

Vittorio                         - Un ladrone sozzo.

Bernardina                    - Dammi un altro po' di cognac.

Vittorio                         - Te piace, eh! Toh! (Piano) E nun me dì che è la prima volta che lo bevi.

Bernardina                    - Non dico bugie, io!

Vittorio                         - Ammappelo! E come le dici bene! (Rifacendole il verso) « Sei tu, mammà? Che voi? ». Ah! Ah! Pareva proprio che dormivi!

Bernardina                    - (ride) È vero. Le dico bene.(Si sente che comincia l'effetto del cognac, ma solo come piacevole euforia, languore e sincerità).

Vittorio                         - Oh! E mo' sei sincera.

Bernardina                    - Capirai! ci ho vissuto di bugie !

Vittorio                         - Vorrebbe dì?

Bernardina                    - Che m'inventavo... quello di cui avevo bisogno.

Vittorio                         - Sarebbe?

Bernardina                    - Un altro sorso... sennò mi vergogno...

Vittorio                         - E poi canti!

Bernardina                    - Beh, uno nel deserto... se muore di sete... a che pensa? Che s'immagina?

Vittorio                         - L'acqua, no?

Bernardina                    - (con grande pudore) Bravo. E io m'immaginavo... m'inventavo l'amore. E a forza d'inventarmelo... ecco che sei qua... Abbracciami, Vittorio... Sì... Così... Forte forte... Oh, amore... baciami... (Pausa).  

Vittorio                         - (voce un po' roca e rotta da piccole pause) Me fai perde la testa, Bernardi... Eppoi dice che io so' mascalzone...

Bernardina                    - (come lui) Sì, amore... questa volta sei vero... Sei caldo... c'è differenza... Tanta... i fantasmi sono freddi... Oh, caro!... Amore...

Vittorio                         - (mormora) Bernardi... (Il tic-tac della sveglia in primo piano. Poi).

Lidia                             - Sul quadrante luminoso di questa sveglia so' già tre ore e quarantasette mi­nuti che quelli hanno stutata 'a luce, insom­ma hanno spento.

Dottore                         - Si spegne la luce per tanti motivi, Lidia.

Lidia                             - Ma il classico è uno solo.

Dottore                         - Quanto sei maligna. E invidiosa. Mi piacerebbe misurarti la pressione in que­sto momento. Ma tra poco è l'alba. Anche Romeo all'alba dovette lasciare Giulietta!

Lidia                             - Conoscete pe' nome tutte 'e male-femmene, voi!

Dottore                         - Ecco il lavoratore che scende per primo !

Lidia                             - E poi scenderà pure l'altro lavora­tore! Il tutto sotto 'a protezione dell'auto­rità sanitaria qui presente pe' fa' sparì i bruffoli da la faccia de 'na ragazza isterica! Iiih! (Dissolve il tic-tac della sveglia su lo schioccare leggero di piccolissimi baci fitti fitti di Bernardina. Intanto l'orologio del campanile batte le cinque).

Bernardina                    - (ridendo un po' mentre parla ) Quanto è bello! Per quanto uno abbia imma­ginazione... macché!

Vittorio                         - (vero e un po' timido) Sai... È pro­prio vero quello che hai detto prima... che uno s'inventa... Lì del deserto e dell'acqua... Io... nùn l'ho mai detto a nissuno... ma mia madre... a me non mi ha mai voluto bene... neanche da bambino. Chissà perché... E io ci pativo tanto... che poi... mi sono inventato che mi adorava... Eh! (Tenta di scherzarci sopra) Lo raccontavo a tutti!

Bernardina                    - Povero Vittorio.

Vittorio                         - Porse - chissà - se mi voleva bene io... venivo su diverso. Migliore. (Altro tono) Però... 'a catenina je la fregai davvero. Te lo devo confessare. (Piano) Te dispiace?

Bernardina                    - No. (Il motorino del camioncino).

Vittorio                         - Ueh! Ma è tardi... Io... Bernardi... me ne devo andare...

Bernardina                    - Così presto?

Vittorio                         - Eh! Senti che m'è venuto a pren­dere Alfredo?

Bernardina                    - Quanto è gentile!

Vittorio                         - Uh! 'Na pasta d'uomo.

Bernardina                    - Quando torni?

Vittorio                         - Sabato. Durante la settimana lavoro. Arrivederci, ammore.

Bernardina                    - Arrivederci. (Un brevissimo bacio) Grazie. Di tutto.

Vittorio                         - (sbalordito) Ma... tu che dici! (Come ricordando) Oh... guarda bene: il tuo braccialetto sta lì sul piano, sa'!

Bernardina                    - (ride) E che me lo rubavi? Sta' attento amore... Non farti male... (Sale grada­tamente un « impressionante » pezzo di jazz al pianoforte; ma siamo in una stanza di sotto).

Madre di Bernardina    -  No, non lo so a che ora scende. Buongiorno. (Rumore di porta chiu­sa. Sospiro della signora e subito campanello. La porta si riapre) Ancora! (Altro tono) Ah, sei tu Liliana!

Liliana                           - Buongiorno, zia. Ma che è che m'hai chiuso la porta in faccia?

Madre di Bernardina    -  Non t'ho visto. Capirai! già so' tre giovanotti in un quarto d'ora che vengono a domandare a che ora Bernardina va a messa!

 Liliana                          - E per cosa?

Madre di Bernardina    -  Per accompagnarla, no?

Liliana                           - (fischio d'apprezzamento) M'hanno parlato della trasformazione. Ma non cre­devo...

Madre di Bernardina    -  Uno dei tre... (confi­denziale e soddisfatta) è Luigino 'o figlio de 'o sindaco.

Liliana                           - E brava Bernardina! Posso salire?

Madre di Bernardina    -  Vedi tu. È da sta­mattina che suona ste' cose pazze.

Liliana                           - (salendo per la scala di legno) Già. Ha cambiato musica. (Ora sale la musica del pianoforte: siamo nella stanza di Bernardina. Bussano).

Bernardina                    - (senza smettere) Avanti. (Porta) Ueh, Liliana!

Liliana                           - (porta chiusa) Cugina carissima... Fammete guarda. (Cessa la musica di botto. Pausa. Poi) Santi Numi! E tu sei diventata la più pericolosa femmina della nostra pro­vincia! (Scoppiano a ridere insieme. Poi, un po' addino) E chi è venuto a strapparti baci, stanotte?

Bernardina                    - Nessuno. Mi so' fatta un sonno solo.

Liliana                           - Nessuno t'ha assaltato? strizzato? vendemmiato?

Bernardina                    - Purtroppo nessuno. (Renden­dole il tono addino) Ma appena sarà, te lo avverto, va bene?

Liliana                           - Vieni a messa co' me?

Bernardina                    - Meglio no, Lilia. Nella casa del Signore meglio che non hai pensieri d'in­vidia e gelosia.

Liliana                           - Ueh, ueh! Non solo l'occhio ti s'è drizzato... ma anche il pelo su la schiena! Statti bene, cugina! (Porta sbattuta. Ber­nardina ride, ride e intanto riprende a suonare pazzamente il pezzo di jazz al piano sino a che questo sfuma in un lontano assolo di saxophon nell'atmosfera astratta della narrazione del dottore).

Dottore                         - La settimana seguente recò molta confusione nella testa della mia povera Lidia. Le cose non volevano proprio seguire alcuno schema narrativo popolare. E lei ne soffriva come per un insulto personale. (Cessa l'eco. Subentra il cinguettio della voliera).

Lidia                             - Ieri sera l'aggio vista in automobbile co' 'a cuggina e due giovanotti.

Dottore                         - Chi?

Lidia                             - A quella Bernardina. Sono andati a Napoli, a ballare.

Dottore                         - Beh? Che c'è di male?

Lidia                             - So' tornati alle due.

Dottore                         - Ma tu non dormi mai?

Lidia                             - E oggi 'a medesima Bernardina è uscita co' Luigino 'o figlio de 'o sindaco.

Dottore                         - E allora?

Lidia                             - Se tratta de 'a stessa medesima Ber­nardina che sabbato notte, col delinquente forestiero... non dico niente perché non c'ero, ma a lumi spenti come la nave dei contrab­bandieri.

Dottore                         - Si vede, povera figlia, che deve recuperare il tempo perduto.

Lidia                             - (con improvvisa timida grazia) Dottò... lo so che io so' ignorante e voi tenete istru­zione e capa fina, però non mi dovete sfot­tere. Se io ve domando d'aiutamme a capire, è comme 'na chiamata urgente che voi nun ve potete rifiuta d'andarci.

Dottore                         - (arrabbiandosi perché ha torto) Ma non ti spieghi! Stai lì a brontolare! Che vuoi sapere? Dillo chiaro, senza giri. Accidenti al Sud! è un labirinto di giri di parole!

Lidia                             - (sforzandosi d'essere fredda) Ce provo. Vie' qua uno pe' rubbà, caccia un grimaldello e scassina una ragazza disgraziata. Fino a mo' è giusto?

Dottore                         - Sì.

Lidia                             - Sfruculiando sfruculiando co' 'sto grimaldello risana la ragazza, pecche... 'a Natura... 'sta cosa degli ormoni e l'altre schi­fezze vostre... D'accordo. Io mi sforzo de capì e dico pacienza! se 'ste schifezze servono a qualche cosa di buono... accettiamole. Mi faccio grande, mi faccio superiore... dottò, faccio uno sforzo per seguirvi...

Dottore                         - E fallo!

Lidia                             - E dico « Viva l'ammore »!

Dottore                         - Oh! Sarai esausta.

Lidia                             - Già. Ma se dopo che ho fatto 'sto sforzo de manda giù ladri, grimaldelli e por-carie, corno risultato me trovo in mano, con rispetto parlando, 'na malafemmena... Al­lora, che l'ho fatto a fa'?

Dottore                         - (pensieroso) Tu che vorresti, Lidia?

Lidia                             - Be'... un ladro ha dato a 'na ragazza de buona famiglia quello che non le aveva dato mai nessuno... la risana, la fa bella... Lei lo ama per sempre anche quando scopre chi è lui e attraverso questo ammore lo riscatta, ne fa un uomo onesto.

Dottore                         - E vissero a lungo felici e con­tenti.

Lidia                             - Be', che c'è di male?

Dottore                         - Niente. Ma purtroppo sono finali per le favole e - mi dicono, perché grazie a Dio non ci vado mai - per il cinema. Nella vita le cose vanno sempre in altro modo. Due personaggi s'incontrano... non è detto che la storia si debba concludere tra di loro.

Lidia                             - E allora che s'incontrano a fa'?

Dottore                         - S'incontrano per scambiarsi qual­che cosa che ciascuno si porta appresso den­tro e poi forse offrirà ad altri. La vita non ha fretta di concludere i finali. Anzi forse non li conclude mai. (Più fondo) O li con­clude tutti nello stesso modo.

Lidia                             - (in buona fede) Ho capito: quando o coso... o personaggio arriva a voi. A voi come medico voglio dire.

Dottore                         - Grazie tante!

Lidia                             - (accorgendosi) Scusate! Nun volevo... Me dovete credere... Mica li ammazzate tutti voi... Anzi...

Dottore                         - Non importa. Dimmi invece che hai capito: quei due si mangiano pezzetti l'uno dell'altro. E chi ha più fame mangia di più.

Lidia                             - (con sforzo) Sì... forse ho capito: cannibbali. Ma nun me piace.

Dottore                         - Questo non è colpa mia. Però... puoi ancora sperare, Lidia. Non sappiamo ancora come finisce questa storia. Può anche finire come piace a te. O anche - misera­mente - in un volgare furto di tabacchi. (Via il cinguettio dell’uccelliera. Di nuovo l’effetto dell’ eco per un attimo rotto dalle parole del dottore) S'arrivò così con una certa tensione alla notte del nuovo sabato, che doveva essere l'ultimo. Il camioncino s'arrestò nello stesso posto. Il balcone di Bernardina era buio. Lidia si mise in vedetta. Io no. Me ne andai a letto. (Via l’effetto dell’ eco. In primo piano rumore di motore d'auto al minimo).

Alfredo                         - Ch'ora fai?

Vittorio                         - Mezzanotte e quaranta.

Alfredo                         - Pure io.

Vittorio                         - Quanto ce metti?

Alfredo                         - Pe' la ferriata niente. (Spegne il motore. Ora si sente da lontano una samba al pianoforte di Bernardina) È appena appog­giata. Ma pe' sfonda er pavimento... aoh, so' solo!

Vittorio                         - Quanto ce metti?

Alfredo                         - Armeno tre ore. Guarda, tu vie' a le quattro in punto. Me cali nella tabac­cheria e te tiri su la roba che te passo. Che tanto a guer punto nun famo rumore.

Vittorio                         - Ma pure prima stacci attento che semo vicini e quella sente. (Scendono: rumore di sportelli aperti e poi richiusi. Intanto).

Alfredo                         - Aoh! e tu canta! E vie' alle quat­tro precise che io da solo nun me calo.

Vittorio                         - Sta bono. Ce so' io.

Alfredo                         - E nun famo li fessi perché 'na vorta forato 'sto soffitto, addio! nun è che ce potemo torna n'antra vorta.

Vittorio                         - Discorsi! E se capisce!

Alfredo                         - (già più da lontano, soffia) E poi se dovremo pure da sbriga pecche io a le quattro e mezzo smammo!

Vittorio                         - (anche lui più da lontano, soffia) Sta' tranquillo. Sento tutte l'ore al cam­panile! (La « samba » al pianoforte in primo piano. Dopo qualche istante, la voce di Vit­torio) Aoh! e 'ndo stai, pupa?

Bernardina                    - Qua.

Vittorio                         - Me credevo ch'eri tu che sonavi!

Bernardina                    - È un disco che m'hanno rega­lato. Ciao.

Vittorio                         - Fatte vede, pupa bella. Lo sai che ho pensato sempre a te? Aoh, nun pas­sava mai 'sta settimana. Bacetto. (Pausa) Mejo de così. (Pausa più lunga) Brava.

Bernardina                    - Ti basta?

Vittorio                         - Per il momento. (Finisce la « sam­ba ») Bellino 'sto disco. Che c'è dall'altra parte?

Bernardina                    - Un cha-cha-cha.

Vittorio                         - E mettilo.

Bernardina                    - - No. Adesso no.

Vittorio                         - Allora passiamo al pratico.

Bernardina                    - Che significa?

Vittorio                         - Che t'ho portato le castagne dolci. Aoh, a rampicarme co' sta scatola in mano! Solo Vittorio lo poteva fa'!

Bernardina                    - Ah, i marrons glacés! (Ride) Parli in un modo!

Vittorio                         - Te piacciono?

Bernardina                    - Sì, sì.

Vittorio                         - (pausa) Be'! Stavolta nun li hai messi li cuscini pe' terra.

Bernardina                    - Vieni a sederti qua.

Vittorio                         - (fischietto di soddisfazione) Famo progressi, famo!

Bernardina                    - Apparenti, Vittorio.

Vittorio                         - (deluso) Ah! (Pausa).

Bernardina                    - Buoni.

Vittorio                         - (a bocca piena) Bernardi... che| niente niente me vói meno bene?

Bernardina                    - E perché?

Vittorio                         - Così. (Inghiotte, poi, vero) Sarebbe un brutto colpo perché io... è la prima vorta che me succede... ma... me so' proprio innamorato. Pe' tutti 'sti giorni nun me potevo! leva de la testa 'na parola che m'hai detto...!

Bernardina                    - Quale?

Vittorio                         - Proprio quando che me ne annavo... m'hai detto « grazie ».

Bernardina                    - Davvero?

Vittorio                         - Proprio così. Tu a me! Tu colom­bella hai detto grazie a 'sto sparviero in­degno !

Bernardina                    - Non mi ricordo. Ma se te l'ho I detto... si vede che lo sentivo. (Rumore di  carta) Prendine un altro. Sono in comune.

Vittorio                         - (continuando) 'Na cosa enorme, Io me so' sentito un pizzico. Gnente. (Risol­vendosi, ma a bocca piena) Bernardi... te vojo troppo bene e te lo devo dì... io so' un gran mascalzone.

Bernardina                    - (tranquilla) Be', certo. Altri|menti non facevi quello che hai fatto...

Vittorio                         - (stupefatto) Nun... hai altro da dì?

Bernardina                    - Dici che t'ho già ringraziato.

Vittorio                         - Boh! Io me spaccherebbe 'n due se te capisco!

Bernardina                    - Non lo fare, Vittorio. Sei tanto bello così intero. Il reginotto del quar­tiere! Non ti sciupare. Resta sempre così.

Vittorio                         - Che, gnente gnente, me sfottessi, Bernardi?

Bernardina                    - No. Davvero mi piaci così.

Vittorio                         - E meno male. (Pausa, poi altro tono, esitante) Sai dopo stasera nun potrò venire a trovarti per... qualche tempo.

Bernardina                    - Perché?

Vittorio                         - Perché... devo fare un viaggio. Affari. Vado... in Spagna.

Bernardina                    - Stai via molto?

Vittorio                         - Un mesetto. Ma... nun pensa mai male di me.

Bernardina                    - (risatina) Che mi tradisci?

Vittorio                         - Dico... in generale. Che poi, quando torno...

Bernardina                    - (rapida taglia) Non facciamo troppi progetti.

Vittorio                         - Hai ragione. Che poi tanto l'uo­mo propone e Dio dispone. Io poi credo nel destino. Perché - dico io - come se fa a pen­sare... guarda, anche una formicola che è una formicola...

Bernardina                    - (voce bassa) Vitto...

Vittorio                         - (interrotto) Che c'è?

Bernardina                    - Baciami. Che è il tuo forte.

Vittorio                         - (travolto) Ammore... (Leggerissimo sospiro dì lei. Tic-tac della sveglia in primo piano. Al campanile suonano le tre. Il tic-tac della sveglia. Al campanile suonano le quattro. Il tic-tac della sveglia. Al campanile suonano le quattro e un quarto. Una porta si apre. Passi).

Lidia                             - (piano) Siete già vestito, dottò? So' le quattro e un quarto.

Dottore                         - Vo' a caccia. Se perdo anche questa domenica... mi finisce il passo delle quaglie. Tu... non ti sei mossa?

Lidia                             - No. Ma 'a quaglia mia non s'è vista.

Dottore                         - Non hanno rubato?

Lidia                             - Niente. Non s'è visto nessuno. Se mi sostituite un momento ve faccio 'o cafè.

Dottore                         - Me lo sto facendo.

Lidia                             - Scusate. (Piano) E là da Bernardina è sempre buio. (Via il tic-tac della sveglia).

Vittorio                         - (vero, sta mormorando) ... non ci ho istruzione, d'accordo, ma ci ho senti­mento... E adesso, Bernardi... 'sta cosa che tu me vói bene... pe' me è tutto, sa? È la primma vorta che quarcuno me vo' bene veramente... Ma ce pensi? la primma vorta da quanno che so' nato. E chi lo sa? forse 'sto fatto può cambia tutto. (Piano) Che dici? Eh? (Piano) Me voi bene quanto te ne vojo io, Ni?

Bernardina                    - (un po' vaga) È così difficile capire quello che si ha dentro... (La suoneria d'una sveglia, lontana, appena udibile).

Vittorio                         - E manco tu lo sai quanto bene me vói!

Bernardina                    - Dev'essere bello sentirsi così sicuri !

Vittorio                         - Per forza. Raggiona. Se è vero che io non potevo fare quello che ho fatto se non ero mascalzone, tu non lo potevi fare se nun me volevi bene! Eh! Eh! Tu sei arri­vata a venticinque anni ragazza perbene. Oh! mica sei una di quelle! (Suonano al campanile le quattro e mezza. Vittorio scatta, e d'ora in poi dirà tutto in fretta) Che è? Ma hai sentito? Accendi un po'... (Il tac dell''inter­ruttore) Famme vede... Ma so' le quattro e mezza! Accidentaccio! E mo'?

Bernardina                    - Te ne devi andare?

Vittorio                         - E come no! Ma che m'è suc­cesso? Dovevo andarmene alle quattro! E mo' emo perso l'autobusse!

Bernardina                    - Ma non hai la macchina?

Vittorio                         - E mo' Alfredo! E chi lo sente! Ma tu... tu m'hai stregato! M'hai fatto fa' 'na cosa... (Gli viene da ridere) Mai successo! Bernardi... ecco questa è la prova de quanto te vojo bene! Guarda... so' quasi contento pecche mo' celo so proprio... (Motoredel ca­mioncino e rabbiosa accelerata) Aoh! e quello me lassa a terra... Addio, amore! (Bacetto) Amore mio!

Bernardina                    - Addio.

Vittorio                         - Aspetteme! (Già fuori) Addio, pupazza! (Altre rabbiose accelerate giungono da fuori. Bernardina ha messo il disco che ora diffonde in primo piano ma a poco volume un « cha-cha-cha » cantato. Si ode bussare discretamente. Passi - a piedi nudi - di Ber­nardina).

Bernardina                    - Chi è?

Titta                              - So io. Titta. Apri. (Rumore di porta)

Bernardina                    - Che vuoi?

Titta                              - (porta chiusa) Avevo messo la sveglia per alzarmi e vederlo dalla finestra mia. Un fusto, Bernardi!

Bernardina                    - Dici?

Titta                              - Quando te lo sposi?

Bernardina                    - Mah! (Piano) Ti dirò, Titta mia... m'è un po' calato. Io... forse mi merito di meglio, non ti pare?

Titta                              - (ridendo) Ih! Che tipo di sorella che ci ho! (Anche Bernardina ride rumorosamente con lei) Che tipo! (Scende e tace il cha-cha-cha: sale il tic-tac della sveglia; passi del dot­tore e tintinnio del cucchiaino che rimescola la tazza).

Dottore                         - Novità?

Lidia                             - Davanti a 'o specchio... stanno a sghignazzare 'e sorelline.

Dottore                         - E com'è finita?

Lidia                             - (sospira) 'E femmene! Dottore... me sa che 'a ragazza 'e buona famiglia s'è man­giata 'o povero ladrone! È proprio vero, cannibbali! come dicevate voi. Sta storia è finita proprio a schifio! (Sale cantato da voce fem­minile il « cha-cha-cha »).

FINE