La recita di Bolzano

Stampa questo copione

 L a   r e c i t a   d i  o l z a n B o

“LA RECITA DI BOLZANO”

 d i

SANDOR MARAI

 a d a t t a m e n t o   t e a t r a l e Marco d i Parodi

 t r a d u z i o n e Marinella d i  D’Alessandro

 ( E d i z i o n i   A d e l p h i )

 " C r e d o   n e l l ’ a m o r e   e   n e l l a   m u t e v o l e z z a   d e l l a   f o r t u n a .   E   c r e d o   n e l l   s c r i t t u r a ,  p e r c h Ø   l a   s c r i t t u r a   h a   p o t e r e   s u l   d e s t i n o   e   s u l   t e m p o  N u l l a   d i   c i     c h e   f a i ,   d e s i d e r i ,   a m i   e   d i c i   Ł   d e s t i n a t o   a   d  P a s s a n o   l e   d o n n e ,   t r a m o n t a n o   g l i   a m o r i .   S f u m a n o   l e   e m o z i o n i ,   e   l a   p o l v e r e   d e l   t e m p o   r i c o p r e   l e   t r a c c e   d e l l e   a z i o n i   c o m p i u t e .   M a

 s c r i t t u r a   r i m a n e .S   n d o r  " (  M   r a i )

Via Eleonora D’Arborea, 58 – 09127 Cagliari – tel. 070 655321

www.fabbricailluminata.it


La recita di Bolzano

2

PRIMA PARTE

Il Conte di Parma indossa uno spolverino da viaggio viola simile a un

sudario, che gli arriva fino alle caviglie ed è di fattura estremamente

sobria, a parte l’ampio collo di castoro che gli avviluppa il collo e le

spalle; si appoggia ad un bastone dal manico d’argento.

CONTE DI PARMA

Devo parlarti, Giacomo. Posso pregarti di concedermi un poco di

tempo? Non ti disturberò a lungo… Ti ringrazio.

Siede davanti al camino, su di una poltrona. Allunga le mani bianche,

delicate e sottili, verso il fuoco, e rimane a scaldarsi per un po’ in

silenzio, assaporando il tepore e la luce soffusa.

Ti faccio sorvegliare da otto giorni e sono informato di ogni tuo

movimento.  Con   quale   diritto?   Per  legittima   difesa.   Sai   bene,

Giacomo, che a questo mondo, accanto ai poteri ufficiali, ne esistono

anche di altro genere. Io non posso affidarmi alle autorità. La mia

posizione, la mia età e il mio rango mi obbligano a cautelarmi contro

ogni pericolo.   I miei uomini tengono gli occhi e le orecchie aperti.

Sono stati loro ad informarmi del tuo arrivo prima ancora che la

polizia ne venisse a conoscenza. Ma l’avrei saputo lo stesso, perché la

tua fama ti ha preceduto seminando inquietudine nell’animo della

gente. Sai che da quando hai messo piede qui a Bolzano la vita è

diventata più turbolenta?… Sembra quasi che porti nel tuo bagaglio le

passioni umane come un venditore ambulante porta con sé il proprio


campionario. Nei giorni scorsi una casa è andata a fuoco, un vignaiolo


La recita di Bolzano

3

ha ucciso la moglie in un accesso di gelosia, una donna è fuggita

abbandonando il marito. Di tutto ciò non sei certo responsabile tu,

non direttamente almeno. Ma vedi, l’irrequietudine cova dentro di te

come il fulmine dentro una nube. Ovunque tu vada, susciti emozioni e

attizzi passioni. Come dicevo prima, sei stato preceduto dalla tua

fama. Tu, figliolo, oggi sei un uomo celebre. La notizia della tua

evasione  ha  colpito  ed  entusiasmato  gli  animi.  Anch’io  mi  sono

lasciato trascinare dalla curiosità e dal desiderio di vederti. Perché è

venuto qui? mi sono chiesto. Il nostro accordo è valido e definitivo,

l’accordo che strinsi con lui alle porte di Firenze, dopo il nostro duello

e prima di affidare il suo corpo sanguinante ai chirurghi e il suo

destino al mondo. Lui mi conosce bene, ho pensato, e sa che non

potrei mai venir meno alla parola data. Gli ho giurato che l’avrei

ucciso se avesse posato ancora una volta gli occhi su Francesca. E

adesso è qui. Lui sa, mi dicevo, che venendo qui mette in gioco la sua

vita, perché ha deciso di venire comunque? Qual è il suo scopo? Ama

ancora  la  contessa? L’ha mai amata?… E’ una domanda difficile.

Francesca, questo lo sappiamo entrambi, non gli è mai appartenuta.

Durante questi anni mi è capitato talvolta di sentirmi molto solo, e in

quei  momenti  mi  sono  sempre  detto:  che  peccato!  La  cosa  ti

stupisce?… Mi meraviglio del tuo stupore. Esiste una fase della vita in

cui ogni cosa ci abbandona, vanità, egoismo, false ambizioni, e noi

non desideriamo più nient’altro che la realtà, e pur di ottenerla siamo

disposti a pagare qualsiasi prezzo. Ecco perché a volte pensavo: che


La recita di Bolzano

4

peccato! Perché se un giorno, in un momento qualsiasi, Francesca

fosse stata sua, la mia vanità e il mio egoismo ne avrebbero sofferto,

è vero, ma io saprei che qualcosa, un tempo, è iniziato e poi si è

concluso, secondo la legge che governa il cuore degli uomini. Perché è

questo che si impara col passare degli anni: che le faccende umane

non si possono concludere prima del tempo, ma non si possono

neppure lasciare in sospeso, perché tra gli uomini vige una sorta di

ordine, un sistema di regole che non lasciano scampo – sì, figliolo, è

molto più difficile sfuggire a un sentimento lasciato in sospeso che

evadere di notte dai Piombi calandosi giù per una scaletta di corda! Tu

non puoi ancora saperlo, perché la tua anima, i tuoi nervi e il tuo

intelletto  sono  fatti  in  maniera  diversa.  Non  ti  sto chiedendo di

credermi. Ti ho soltanto giurato che ti avrei ucciso, se fossi tornato

ancora una volta da noi e avessi osato alzare gli occhi sulla contessa.

Mi credi se ti dico che quando ho appreso la notizia che tu ti eri

precipitato  qui da noi mi sono rallegrato? Si, Giacomo, mi sono

rallegrato e ho provato un senso di sollievo. “Rallegrarsi”, in verità, è

un termine banale, che evoca per così dire, un gesto quotidiano, come

quando uno si stropiccia le mani ridacchiando. Io non mi sono certo

stropicciato le mani alla notizia del tuo arrivo, né mi sono messo a

ridacchiare: piuttosto ho avvertito un tuffo al cuore e un’eccitazione

che somigliavano stranamente all’allegria, con cui sono imparentati

senz’altro, poiché le emozioni umane nascono dalle stesse acque

abissali. “J’étais touché”, potrei forse dire; “qualcosa mi ha toccato” è


La recita di Bolzano

5

già forse un’espressione più esatta; tu che sei uno scrittore – come ho

sentito dire – sarai senz’altro in grado di comprendere e di apprezzare

questa definizione. Quando mi hanno detto che sei uno scrittore, sono

rimasto   piacevolmente  colpito;   non   ho   mai   dubitato   della   tua

vocazione, ho sempre creduto che tu avessi una missione particolare

da compiere tra gli uomini. Anche se tu sei uno scrittore che intinge la

penna ora nel sangue ora nell’inchiostro, anche se per il momento, a

giudicare dai risultati, si potrebbe pensare che tu preferisca scrivere le

tue opere con il pugnale e con il sangue! Non protestare! Chi potrebbe

comprendere questo genere meglio di me, un uomo i cui antenati

hanno creato autentici capolavori con la spada e con il sangue? E

l’ultima volta non ci siamo forse affrontati con la spada in pugno, nel

bel  mezzo  di  un  racconto  che  non  è  mai stato scritto, sebbene

possegga una struttura perfetta, un racconto che allora, in quegli

attimi illuminati dal chiaro di luna, pensavamo di poter concludere

mettendovi un punto fermo? Adesso ho capito. Uno scrittore, sì. Uno

scrittore che gira il mondo raccogliendo materiale per la sua opera! E

adesso stai terminando i tuoi anni di apprendistato! Io invece non ho

creato opere di nessun genere. L’unica opera che porta il mio nome è

la vita, che ho dovuto trascorrere secondo regole, prescrizioni e leggi

precise – e a questo punto, ahimé, ci sono quasi riuscito. Ho detto

“quasi”,   e   ti   prego,   figliolo,   di   non   disprezzarmi   per   questa

precisazione così pignola: una cosa l’ho imparata anch’io, ed è che

nella  vita  dobbiamo  usare  le  parole  con  la  maggior  precisione


La recita di Bolzano

6

possibile, se vogliamo che abbiano un valore. Ho detto “quasi” perché,

vedi, io, che non sono uno scrittore, adesso lotto con le parole, e

mentre sto seduto qui di fronte a te, mi rendo conto delle difficoltà

che comporta qualsiasi forma di espressione, specialmente quando

colui che parla sa che le sue parole sono definitive e che dietro ogni

sua frase si cela la morte. La morte in senso letterale e immediato,

voglio dire: la tua o la mia. Non è una minaccia, Giacomo. Fra noi due

non c’è più spazio per le minacce. Parlo della morte in senso letterale;

la morte concreta, che ci riguarda personalmente, e la cui scadenza è

ormai  prossima,  se  non  riusciremo   a  escogitare  una  soluzione

ragionevole per accordarci in qualche modo. Perché, vedi, non ho più

alcuna voglia di battermi; non ne ho voglia, semplicemente, perché la

violenza non risolve nulla tra gli esseri umani. Si impara sempre

troppo   tardi.   Quanti   anni   hai,   Giacomo?   Stai   per   compierne

quaranta?… E’ una bella stagione per uno scrittore. Lo dico senza

invidia, con la voce della memoria. Il passato è una realtà, e non

esiste alcun motivo per rimpiangerlo. Non ho alcuna nostalgia della

mia giovinezza, piena di concetti fasulli e di parole inesatte, segnata

dagli errori teneri e commoventi, altezzosi e confusi, adolescenziali e

brufolosi del cuore e dell’intelletto. Quello che è stato è stato, anzi

esiste tuttora. E’ il futuro che mi attrae, perché la vita non è ancora

giunta al suo termine ultimo. Rimane ancora qualcosa da dire e da

sistemare prima che questa storia finisca, una storia talmente banale

che forse non troverà nemmeno spazio nella tua opera, se un giorno ti


La recita di Bolzano

7

deciderai a scriverla; ma per noi due, o forse per noi tre, essa è più

avvincente di tutti i poemi, più avvincente di quanto non sia la discesa

agli inferi del divino poeta. Noi, invece, rimaniamo sulla terra. E quel

che resta da fare, affinché la frase sia completata e tutte le i abbiano

il loro puntino, non è altro che la sistemazione e la conclusione, la fine

di una storia che coinvolge noi due, o forse noi tre, e che potrebbe

rivelarsi inutilmente truce e luttuosa, o al contrario umanamente

ragionevole e serena. Per questo sono venuto: perché è giunto il

momento. E sono venuto a quest’ora, mentre nella mia casa fervono i

preparativi per la festa, i valletti apparecchiano, i musicisti accordano

gli strumenti, tutti indossano le maschere, e ogni cosa viene fatta

come si deve, secondo le regole del gioco e la gioia di vivere, in un

modo in cui io stesso mi rallegro: perché quello che più mi piace,

ormai, è osservare da un cantuccio, nascosto dietro una maschera, la

festa sfrenata e tumultuosa della vita. Fra poco devo tornare a casa,

per cambiarmi d’abito prima che inizi la serata. Ti piacerebbe sapere

quale sarà la mia maschera, Giacomo?… Se verrai a casa nostra

stasera – perché spero che tu ci onori della tua presenza, e ti prego di

accettare le mie parole come un invito tardivo – mi riconoscerai

senz’altro dal mio travestimento, che sarà assolutamente originale,

anche se ti confesso che non sono stato io ad inventarlo: l’ho copiato

dal  “Sogno  di  una  notte  di  mezza  estate”    di  Shakespeare.

Stasera, in poche parole, indosserò una testa d’asino. Ti piace l’idea?

Sai, nella commedia la indossa colui che viene vezzeggiato da Titania,


La recita di Bolzano

8

la dea della giovinezza, che la copre di baci ardenti, lei, la dea della

bellezza e della gioventù, con quella cieca passione che è l’unico

significato dell’amore. Ecco perché stasera indosserò anch’io una testa

d’asino – per tenere viva la speranza e forse perché voglio che il

mondo rida di me, anonimo e mascherato, voglio udire con le mie

orecchie d’asino, per la prima volta in vita mia, le risate della folla, al

culmine  della  mia  vita,  prima  che  la  frase  finisca  e  che  noi  la

completiamo mettendo i puntini sulle i. Perché voglio udirli mentre

ridono di me, dell’innamorato con le orecchie d’asino. Perché è giunto

il tempo, Giacomo, di indossare la testa d’asino, come si conviene a

un innamorato della mia specie. E non è escluso che domattina io,

magari,  possa  già   indossarne   un’altra,   per   esempio  la   corona

ramificata  che  adorna  il                     capo  dei  cervi,  come  ci    insegna  una

espressione popolare che non ho mai capito del tutto… Vedo che

ancora ti chiedi perché sono qui e cosa voglio da te. Sono venuto

perché  ho   un   impegno   improrogabile   con  te.   Improrogabile  e

definitivo. Ti ho portato una lettera. Indubbiamente colei che l’ha

scritta non immaginava che l’avrei consegnata proprio io, e da parte

mia confesso di considerarlo un ruolo abbastanza ingrato, che lede la

mia dignità. Ciò nonostante ti ho portato questa lettera, ovviamente

di mano della contessa, che lei ha scritto oggi dopo mezzogiorno,

poco dopo il lever. Non è lunga, perché i grandi scrittori e le donne

innamorate                                                              scrivono  sempre  in       maniera  succinta,                                                                 come   tu,  da

scrittore e innamorato esperto, certamente saprai. No, la contessa


La recita di Bolzano

9

non poteva immaginare che sarei stato io il postino, e adesso attende

una risposta con l’impazienza tipica degli innamorati che credono di

poter cambiare, con la loro volontà ferrea e cieca, le leggi del tempo e

dello spazio, sì, talvolta credono addirittura di poter dominare le cose

eterne, di essere padroni della vita e della morte! E non è detto che si

sbaglino! Perché adesso, mentre distolgo gli occhi dal passato ormai

concluso  e  li  rivolgo  al  futuro,  mentre  sto  per  pronunciare  una

domanda che è anche un preghiera, non riesco a stupirmi e a scuotere

il capo di fronte alla fiducia cieca degli innamorati, convinti che il loro

sentimento dissennato faccia crollare le montagne, arresti il tempo e

così via. Adesso che devo guardare avanti, comprendo la terribile

forza  di  volontà  degli  inna-morati,  e  credo  anch’io  che  con  una

letterina profumata, seppur poco corretta nell’ortografia – ti prego,

scrittore, di considerarla con benevolenza quando la leggerai! – con

un sentimento nebuloso e palesemente infantile, facendo leva sul

desiderio, sia possibile smuovere l’ordine universale e per un certo

periodo,                                                                      ossia        entro  i  limiti  di                                                                                  un’eternità  relativa,  si  possano

effettivamente dominare la vita e la morte. E anche io, adesso che

devo  rispondere   a  una   domanda  postami   dalla   vita,  comincio

veramente a credere che esista una forza, un’unica forza, capace di

prevalere su tutte le leggi, anche su quelle che governano il tempo e

la gravità. Questa forza è l’amore, che prima o poi giunge a tentare

tutti nella vita, perfino una belva triste e sanguinaria come te. Perché

una volta, a Pistoia, l’amore ha tentato anche te. Allora ti scacciai con


La recita di Bolzano

10

la punta della mia spada – che follia! Avresti fatto bene ad esclamare:

Vecchio pazzo! Vecchio rimbecillito e innamorato! Credi che esistano

pugnali veneziani temprati nel ghiaccio e nel fuoco o lame fuse e

forgiate    a    Damasco    capaci    di    trafiggere    l’amore    fino    a

distruggerlo?…Ecco perché stavolta non mi sono presentato da te con

una spada appuntita o una lama affilata. Stavolta, Giacomo, sono

venuto con un’arma diversa: l’arma della ragione. E’ l’unica arma che

esista. Intendo la ragione, quella vera, che non vuole né discutere né

contrattare, anzi, non vuole neanche convincere. Te lo ripeto, non

sono venuto né per supplicare né per minacciare. Sono venuto per

constatare e per porre domande: e nella mia condizione, che è al

tempo stesso deplorevole e pericolosa, ho buoni motivi per credere

che quest’arma fredda e scintillante, la ragione, sia più forte delle

fanfaronate plateali dei sentimenti. Tu e la contessa, figliolo, siete

stati toccati dall’amore. E’ un dato di fatto che non pretendo di

spiegare. Sai bene che non amiamo nessuno per le sue virtù. Ormai

sono diventato vecchio, e so che i peccati e gli errori non ci spingono

ad amare qualcuno più di quanto non facciano la bellezza, la bontà o

la  virtù.  Tu  e  la  contessa  siete  innamorati,  ed  è  un’accoppiata

abbastanza stupefacente e incomprensibile. La contessa ti ama, e tu

sai bene che questo sentimento è una ribellione contro la legge della

tua vita. Non c’è nulla che ti terrorizzi e ti spinga alla fuga quanto un

simile   sentimento,   perché  è   l’unico   capace  di   schiacciarti,   di

annientarti, e che per te equivale un poco alla morte. Ma qual è la


La recita di Bolzano

11

natura  del  vostro  amore?  E’  una  questione  su  cui  ho  meditato

parecchio.  Tu  hai  creduto  a  lungo  che  si  trattasse  soltanto  di

un’avventura  fra  tante,  non  perfettamente  riuscita,  in  cui  avevi

provato un pizzico di pietà. Ma, vedi, la pietà è sempre sospetta. Tu,

Giacomo, non sei di quelli che conoscono la compassione: dormi

tranquillo mentre la donna da te abbandonata arrotola le lenzuola del

vostro letto d’amore per farne una corda con cui si impiccherà davanti

alla tua porta, e allora tu esclamerai “Perbacco!” e scuoterai il capo.

Sei fatto così. Una volta, diversi anni fa, ti ho visto a Bologna, a

teatro, dove la gente sussurrava il tuo nome. Ti sei presentato in

maniera eccellente, meglio di un attore, ti sei fermato in prima fila

voltando le spalle al palcoscenico, e dopo esserti tolto l’occhialetto ti

sei guardato intorno. E a un tratto hai sbadigliato. Uno sbadiglio come

si deve, uno sbadiglio che faceva paura, come lo sbadiglio di una

belva attempata che più tardi finirà per sbranare il suo domatore.

Allora pensai che se ti avessi sorpreso accanto a una donna che

piaceva anche a me ti avrei catturato gettandoti addosso una rete e ti

avrei trapassato il petto con un tridente. E invece, adesso, ti ho

portato la lettera di Francesca.

Con gesti lenti e misurati, trae dalla tasca interna del suo mantello

con il collo di pelliccia una lettera piegata in due e la tiene alta:

Ti   ho   già   pregato   di   essere   indulgente   per   quanto   riguarda

l’ortografia;  ha  imparato   a  scrivere  da  poco.  Si  vede  che  era

emozionata  mentre  la  scriveva:  non  conosce  bene  le  maiuscole,


La recita di Bolzano

12

poverina, e me la immagino intenta a scarabocchiare, con la testa in

fiamme e le dita gelide e tremanti. E’ una lettera breve: permetti che

sia io a leggerla per primo. Puoi permettermelo, anche perché non è la

prima volta che la leggo; l’ho già letta alle quattro del pomeriggio,

quando è stata consegnata allo stalliere che doveva recapitarla, e poi

più  tardi,  verso  sera,  prima  di  recarmi  da  te  come  postino  e

messaggero, perché una lettera come questa non va affidata ad un

estraneo.  Non  ho  mai  aperto  la  lettera  di  una  donna,  per  non

contravvenire alle regole ma anche perché nessuna lettera mi ha mai

interessato  al  punto  da  indurmi  a  infrangerle. Questa invece mi

interessava molto. Francesca non mi ha mai scritto una lettera, né

sarebbe stata in grado di farlo, visto che un anno fa non conosceva

ancora i segreti della scrittura. Fu appunto un anno fa, quando da

Venezia si sparse la voce che eri stato imprigionato dall’Inquisizione,

che cominciò a mostrare interesse per la scrittura. Imparò a scrivere

perché voleva scrivere a te. In questo le donne sono fantastiche: se

amano  qualcuno, sono capaci di autentici atti di eroismo. E ora

finalmente  è  riuscita  a  scriverti,  abbandonandosi  al  primo  atto

impudico della  sua  vita.  Ha scritto una lettera d’amore, anzi ha

commesso qualcosa di più grave e di più pericoloso: si è lasciata

andare completamente, affidandosi alla carta e all’inchiostro, ossia al

mondo    e    all’eternità.    Ha    scritto    un    testo    breve,    ma

sorprendentemente corretto, limitandosi alle parole essenziali, come


La recita di Bolzano

13

facevano  Ovidio  e  Dante.  Aspetta,  adesso  ti  leggo  la  lettera  di

Francesca.

Apre con calma il foglio di pergamena, lo solleva in alto con una mano

come fanno i presbiti, mentre con l’altra sistema gli occhiali sul naso;

quindi comincia a decifrare il testo.

Dunque ascolta. Ecco che cosa ha scritto Francesca, la contessa di

Parma, a Giacomo, otto giorni dopo che il suo innamorato, evaso dalla

prigione in cui languiva a causa della sua natura e del suo carattere, è

arrivato qui a Bolzano: “Ti devo vedere.” Quindi ha firmato, ornando

l’iniziale del suo nome, con una serie di ghirigori e svolazzi. Questa è

la  lettera.  Cosa  te  ne  pare  del  suo  stile?  Io  ne  sono  rimasto

affascinato, e spero che tocchi anche te, che ti tocchi nel profondo

dell’animo. Io ho avuto l’impressione, leggendo questo messaggio una

prima e poi una seconda volta – e adesso che l’ho sotto gli occhi per

la terza volta il mio parere non è cambiato – che sia scritto alla

perfezione.  Perdona   la   mia   debolezza,   non   sorridere   del   mio

entusiasmo di marito: devi riconoscere che un dilettante non sarebbe

in grado di scrivere nulla di simile. Sono tre parole in tutto, più

l’iniziale del nome; osserva con che precisione sono unite fra loro,

come se fossero forgiate nello stesso ferro, come gli anelli di una

catena. Vogliamo analizzarla?… “Ti devo vedere”. Non vi è una sola

parola di troppo. “Ti”  è una parola grandiosa. Capisci bene cosa

significa? A questo mondo esistono milioni e milioni di uomini, ma lei

vuole  vedere  “te”.  Rifletti  un  istante  sull’infinità  di  uomini  che


La recita di Bolzano

14

meriterebbero di essere visti, anche da Francesca, anche se non si

“deve” vederli, uomini in grado di offrirle qualcosa di più pregiato,

autentico e significativo, di quel che potresti offrirle tu, uomini che

hanno visto il Nuovo Mondo e le Indie, scienziati che hanno decifrato i

segreti della natura e hanno compilato nuove tavole della legge;

eppure lei vuole vedere proprio “te”… E con questa parola ti chiama

per nome, ed è come se ti facesse rinascere una seconda volta. E poi

“devo”. Non “vorrei”, non “desidero”, non “voglio”. Lei esprime subito,

come fanno i testi sacri, l’irrevocabile. E’ un imperativo, una parola

regale, è più di un ordine. Avrebbe potuto scrivere semplicemente

“voglio”, il che sarebbe stato altrettanto regale ma un po’ arrogante.

Invece no: dice “devo”, e confessa che mentre impone la sua volontà,

obbedisce a sua volta a un ordine misterioso. E infine scrive “vedere”,

ed è una parola palpabile, quasi sensuale. E’ un verbo magico che

racchiude  in  sé  il  desiderio,  il  segreto  ardente  ed  il  significato

recondito della vita, perché il mondo esiste soltanto nella misura in cui

lo vediamo, e anche tu, stando allo spirito di questa lettera, esisti

soltanto nella misura in cui Francesca ti vede. Dunque lei ti vuole

vedere. Non so se leggo bene, ma tutta la frase potrebbe anche

essere il primo verso di una poesia, emana un senso di smarrimento e

di impotenza, come quando una persona si ferma sotto le stelle, di

fronte al suo destino, e poi si decide a dire la verità, la triste e

magnifica verità. La sua voce chiede aiuto ed è colma di angoscia,

impone la sua volontà, ma nello stesso tempo confessa di essere a


La recita di Bolzano

15

sua  volta  vittima  della  stessa  imposizione.  Dunque  è  questo  il

significato del testo. E poi la firma, molto modesta, l’iniziale del suo

nome – perché è superfluo firmare per esteso una vera lettera:

l’opera designa in sé il suo autore, è tutt’uno con lui.

Solleva quasi controvoglia, con due dita, la pergamena per porgerla

con noncuranza al padrone di casa.

E con questo abbiamo terminato. Ecco la lettera.

Vedendo che Giacomo non la prende, si limita a posare la lettera sulla

mensola del camino.

La leggerai più tardi?…Sì, ti capisco. Credo che la leggerai più volte

nella tua vita, in seguito, quando sarai vecchio. Allora forse la capirai.

Ho raggiunto uno degli scopi della mia visita: ti ho consegnato la

lettera della contessa. Spero che tu ne abbia cura. Non vorrei che la

lettera d’amore della contessa di Parma finisse su qualche sudicio

tavolo di osteria macchiato di vino, o che tu la declamassi ad alta

voce, con aria tronfia e vanagloriosa, nel letto di qualche prostituta.

Non posso impedirlo, tuttavia ne sarei molto addolorato. Ma a questo

punto dobbiamo fare attenzione a non allontanarci dai compiti che ci

assegna la realtà: perché, vedi, noi due ci siamo talmente concentrati

sull’analisi del testo che per poco non abbiamo dimenticato la persona

che ha scritto questa frase impeccabile. Eppure è di lei che stiamo

parlando, di Francesca, che ritiene di doverti vedere. Questa è la

realtà a cui dobbiamo tornare. Il significato concreto di questo testo è

che la contessa di Parma, ahimé, è innamorata di te e deve vederti. E’

un ordine di fronte al quale non puoi tirarti indietro, neanche se lo


La recita di Bolzano

16

volessi. Non è una minaccia, non irrigidirti, non allarmarti, è escluso

che ci capiti nuovamente di affrontarci con la spada in pugno. Il

tempo mi ha costretto a gettare la spada alle ortiche. Naturalmente

potrei comprare spade più agili ed efficienti di quanto sia stata la mia.

Nemmeno questa è una minaccia: è una semplice constatazione. La

tua vita è nelle mie mani, non è servito a nulla che tu fuggissi

lasciandoti alle spalle i confini della Repubblica. Per legge e per

tradizione, tu qui sei inviolabile e intoccabile. Ma chi potrebbe sapere

meglio di te che esiste anche una legge diversa e più sottile, non

codificata, un complesso di usanze e di pratiche che si cela dietro le

leggi visibili, applicate e registrate nei codici. E questa legge diversa è

quella vera, valida ed efficace ovunque. Ed è la mia legge, quella di

cui sono io a disporre – io e pochi altri al mondo. Se io lo voglio,

domani a quest’ora, dopo il tramonto, tu avrai già passato e il confine

e ti troverai di nuovo tra le grinfie di Messer Grande; puoi metterci la

mano sul fuoco. Ecco perché non ho bisogno di ricorrere alle minacce.

E se ti lascio andare non è né per magnanimità né per un senso di

pietà tanto nobile quanto ipocrita – perché dovrai andartene via di

corsa, Giacomo, con cavalli dagli zoccoli veloci, prima che la notte

finisca, non appena avremo messo il punto finale alla frase, non

appena la contessa ti avrà visto. Per questo sono venuto da te. Voglio

che tu rimanga qui fino a domani mattina e obbedisca al desiderio

della contessa. Devo forse minacciarti? Devo supplicarti? Devo darti

spiegazioni?  Devo  ucciderti?  Sarebbe  un  grave  errore.  Un  uomo


La recita di Bolzano

17

amato, una volta morto, diventa un rivale temibile; saresti al nostro

fianco a tavola, condivideresti il letto della contessa, ci precederesti

furtivo, con il passo leggero dei morti, attraverso le stanze o lungo i

sentieri del giardino, saresti presente ovunque. E la nube purpurea

della vendetta si librerebbe sulle orme della tua memoria, le fiaccole

rossastre di una vendetta muta e fuligginosa illuminerebbero la via del

tuo ricordo. No, figliolo, non ti ucciderò! Io ti tengo in pugno. E quel

mattino di un anno e mezzo fa, quando gli sbirri veneziani irruppero

nella tua camera, e tu protestavi indignato, esigendo con la bava alla

bocca che ti spiegassero qual era la tua colpa, per poi marcire in

quell’inferno, disteso su un mucchio di paglia, avrei potuto anche

essere io colui che si era intromesso nella tua vita. Avrei potuto,

ripeto; non sto dicendo di averlo fatto. Impallidisci? Indietreggi?… I

tuoi occhi cercano il pugnale? Vuoi la vendetta?… Controlla le tue

emozioni, figliolo. Sarebbe un gesto davvero insensato. Perderesti

tutto, e anche la vendetta di lascerebbe l’amaro in bocca… Credo di

aver trovato l’unica soluzione possibile: stipulerò un contratto con te.

E’ un contratto che non sarà né più ignobile né più onorevole di

quanto siano generalmente i vincoli e gli accordi tra esseri umani. Io ti

comprerò, figliolo, e tu mi dirai il prezzo. Ti comprerò. So che non sei

una merce di poco conto. Io sono ricco e potente e pagherò per te in

oro e compassione. Sei indignato? Fissi il pavimento, ti mordi le

labbra?… Ti comprerò perché sei un essere umano. Io so che con te è

possibile contrattare. Riceverai, diciamo, mille ducati d’oro, stanotte


La recita di Bolzano

18

stessa… E’ poco?… Va bene: duemila. E altri duemila in cambiali da

riscuotere a Monaco e a Parigi. E’ ancora poco?… D’accordo, ragazzo

mio, continua così, ti capisco. Allora riceverai diecimila ducati, con una

lettera di credito da convertire a Parigi. E’ poco? Capisco, figliolo,

capisco.  Riceverai  un salvacondotto per il viaggio, sarà come se

Monsieur de Condé in persona si recasse dal Principe Elettore, il quale

sarà  felice  di  apprendere  dalla  tua  bocca  la  storia dell’evasione.

Riceverai… E’ poco?… Ebbene, sia, voglio essere generoso. D’accordo,

riceverai una lettera per Luigi, mio cugino. Ti rendi conto del suo

valore? Luigi ti riceverà a Versailles. La mia lettera ti aprirà i confini di

tutti i paesi; la polizia non potrà più molestarti; basterà che tu mostri

questa lettera sul tuo cammino e i nemici più accaniti e feroci si

trasformeranno in amici devoti. Questo è il prezzo del contratto. Che

cosa esigo in cambio? Molto, com’è naturale. Esigo che tu obbedisca al

desiderio della contessa di Parma. Esigo che tu trascorra questa notte

con la contessa di Parma.

Solleva il bastone dal pomo d’argento e batte due colpi leggeri sul

pavimento, come per apporre il sigillo a ciò che ha detto.

Ho deciso così perché la vita, per me, è quasi finita, e voglio riempire

quel poco che ne rimane con l’unico contenuto possibile. Questo

contenuto è mia moglie, la mia donna. Il suo amore per te è una

rivolta, magari legittima, che lede però i miei interessi. Soffocherò

questa  rivolta,  così   come  ho  soffocato  tutte  le  rivolte  che  ho


La recita di Bolzano

19

incontrato fino ad oggi in vita mia, perché credo nell’ordine. Dove non

regna l’ordine non esiste gioia. Sali sulla scena, Giacomo, e tieni una

recita  a  Bolzano,  stanotte.  Mostraci  che  cosa  sai  fare,  sta  a  te

riscuotere l’applauso del pubblico o essere fischiato alla fine dello

spettacolo!…Continui a tacere? Stai lottando con te stesso? Ridiamo,

figliolo! Ridiamo, perché siamo soli, fuori dal mondo, faccia a faccia

con la verità! Perché esiti ancora? Tu pensi che io ti abbia fatto una

proposta indecente. Può anche darsi che sia vero, ma il mio tempo è

scaduto, e non sono più in grado di occuparmi della morale e del

giudizio altrui. Io amo una donna che ama te: ma tu non sei fatto per

amare una donna con sentimento sincero, perché appartieni a una

razza che si porta in giro per il mondo un’eterna insoddisfazione, e

nessuno può farci nulla. E ignori che per amore si può anche essere

immorali, ignori che una persona che ama è capace di rinunciare sul

serio a qualcuno, per una notte o per sempre. Perché amare significa

semplicemente servire. E se io sapessi che tu non sei quello che sei,

forse permetterei che Francesca parta insieme a te. Invece non posso

permetterlo, perché tu non puoi offrirle altro che un’avventura. Ma

l’avventura, per definizione, non può che concludersi in breve tempo.

E allora crea un capolavoro, Giacomo! Prendi questa avventura e

fanne un capolavoro. Tutti gli accessori sono a tua disposizione: la

notte e il mistero, la maschera e il giuramento, le belle parole, i

sospiri,  un  biglietto,  un  messaggio  segreto,  quindi  la  fuga  nella

tormenta di neve, il tenero rapimento, l’istante supremo in cui la


La recita di Bolzano

20

preda palpita fiduciosa fra le tue braccia e lancia un grido, e poi il

lento declino e la fine. Voglio che lei guarisca da te come si guarisce

da una malattia. Ecco perché sono venuto, ecco perché ti prego di

trascorrere questa notte con mia moglie. Voglio che alle prime luci del

mattino  Francesca  faccia  ritorno  al  mio  palazzo  come  se  avesse

superato una malattia. A testa alta, non di nascosto, strisciando,

perché anche lei è di nobile rango, e non sono disposto ad accettare

che il suo rango venga minimamente intaccato da questa avventura.

Giacomo, sento che stai per creare un’opera perfetta! E bisogna fare

in fretta, Giacomo, in fretta, perché il tempo incalza. Ti prometto che

non parleremo mai più di questa notte, comunque vada a finire e

qualsiasi cosa ci riservi ancora la vita. Voglio che nel giro di poche ore

tu sveli alla contessa il segreto della tua persona, e voglio che entro

poche ore questo segreto diventi solo un ricordo. Sii buono con lei,

consolala  e  feriscila  come  faresti  se  avessi  molto  tempo  a  tua

disposizione. E poi rimandala da me, perché io la amo e tu, in ogni

caso, non avrai più nulla a che fare con lei. (Si alza in piedi) Siamo

d’accordo,  Giacomo?  (Attraversa  la  stanza  con  passo  svelto,  ma

giunto sulla soglia si volta e soggiunge) Un’ultima cosa: ti ho detto

che dovrai consolarla e ferirla. Non ferirla troppo, ti prego. (Esce

senza richiudere la porta).


La recita di Bolzano

21

 S E C O N D A   P A R T E

La porta si apre e la fiamma delle candele vacilla nella corrente. In

piedi sulla soglia c’è un giovinetto mascherato in abito di gala, con

calzoni di seta al ginocchio, scarpe ornate di fibbie, con uno spadino

dall’impugnatura d’oro al fianco e il tricorno in mano. Fa un inchino:

CONTESSA DI PARMA

Sono io, Giacomo.

Chiude accuratamente la porta e attraversa la stanza a piccoli passi

cauti e un po’ maldestri, come se non si trovasse perfettamente a suo

agio in quegli abiti maschili.

Ti ho aspettato invano. Perciò sono venuta io. (Lo guarda, e scoppia in

una risata) Vestito da donna! Che idea geniale! Fatti vedere: gonna,

camicia, calze bianche, un finto neo, una cuffia e una maschera di

seta bianca. Per un capriccio del destino, stanotte abbiamo invertito le

parti, ciascuno di noi ha scambiato il suo costume e il suo ruolo con

quelli dell’altro: io sono l’innamorato, lo spasimante, mentre tu sei la

dama, colei che si difende. Non credi che questo sia più di un semplice

caso?… Oggi pomeriggio non sapevo ancora che stasera mi sarei

vestita da uomo, come tu non potevi sapere che il conte di Parma

sarebbe venuto a farti visita e ti avrebbe consegnato la mia lettera

invitandoti al ballo, e che allora ti saresti vestito da donna… Io non so


nulla dell’ordine che governa le vicende umane, Giacomo, però mi


La recita di Bolzano

22

sembra di intuire qualcosa, comincio a sospettare che in tutto ciò che

è importante e immutabile il caso non esista, e che in fondo a

ciascuno  di   noi,   uomini   e  donne,  i  sentimenti  e    i  desideri,  i

travestimenti e le parti si aggroviglino in maniera inestricabile, e che a

volte la vita giochi con noi capovolgendo tutto ciò che credevamo

fosse                                                                               definitivo      e                                                                                      immutabile.  Io  credo  al  mio  intuito.                                                                      Mentre

aspettavo la risposta alla mia lettera, ho avuto la sensazione che le

fosse accaduto qualcosa. E difatti era finita nelle mani di mio marito.

Che  ne  dici,   sarà  ancora  vivo  lo  stalliere  che  si  è  offerto  di

consegnartela?… Mi dispiacerebbe se gli fosse accaduto qualcosa,

perché è ancora giovane, mi lancia sempre degli sguardi così tristi e

nostalgici quando usciamo a cavallo… Dunque è stato il conte di

Parma a portarti la lettera?… Poverino. Non sarà stata una decisione

facile per lui. Orgoglioso e solitario com’è, posso immaginare cosa

deve aver provato. Avete stipulato un contratto? Ti ha offerto del

denaro, la libertà, una lettera in grado di proteggerti e di aiutarti a

varcare le frontiere. E tu ti sei impegnato ad agire secondo la sua

volontà e secondo ciò che ti ho scritto. E’ stato deciso che ci saremmo

visti stanotte. E che ci saremmo amati. E allora fallo, Giacomo.

Fallo.(Rimane a fissare il vuoto con aria assente.) Fallo. Cosa aspetti,

amico mio? Comincia pure, è il momento giusto. Qui dentro regnano il

silenzio e un tepore profumato. Sento un profumo di rose e ambra. Il

letto è stato rifatto. La tavola è apparecchiata per due. Mezzanotte è

passata, è arrivato il momento del souper. In che modo comincerai?


La recita di Bolzano

23

Sono   talmente   curiosa,   Giacomo!   Chissà   cosa   farai…   Farai   il

prepotente o ti mostrerai astuto e galante? Ti sei impegnato a creare

un capolavoro, e realizzarlo sarà tutt’altro che facile. Perché adesso,

vedi, non siamo più completamente soli, ci troviamo qui con l’assenso

del conte, è come se in questa stanza fossimo in tre. Dunque mettiti

all’opera e crea un capolavoro! Questo è tutto ciò che lui è riuscito a

inventarsi e che tu ti sei impegnato a realizzare? Ti ha portato il mio

messaggio  e  l’ha  spiegato?  Forse  non  te  l’ha  spiegato  a  fondo,

Giacomo, amore mio. Perché nel momento in cui ho tracciato quelle

lettere, mi sono spaventata al pensiero di quanto siano eloquenti le

parole… Sono tre parole, vedi, e per effetto di quelle tre parole tu hai

indossato panni femminili, e lui ha lasciato il suo palazzo e si è

improvvisato  postino…  E  tuttavia  credo  che  lui  non  abbia capito

perfettamente la lettera. Lascia che te la spieghi io. Ti sembro una

donna che esce da casa sua a notte fonda per capriccio, per il piacere

di un’avventura, andando in cerca di un uomo appena uscito dalla

galera, di uno che ha una pessima fama, tanto che a Bolzano le madri

e le donne di una certa età si fanno il segno della croce al solo sentir

pronunciare il suo nome?… Mi conosci così poco? E il conte di Parma,

con cui divido il mio letto, mi conosce in maniera così superficiale? E

io, creatura candida e infantile, inseguirei un sogno nel tempo per poi

scrivere le parole destinate a informare te, il conte e il mondo intero

che ti devo vedere? Ma io non sono l’avventura, amore mio, non sono

il materiale da cui trarre un capolavoro, non sono né l’oggetto né la


La recita di Bolzano

24

lettera  di  questo  contratto  così  ben  studiato.  Non  sono la dolce

fanciulla che arriva qui di nascosto per trascorrere una notte con il suo

amante. Non sono l’oca che sogna ad occhi aperti nella vana attesa di

un uomo. Non sono né un’oca né una libertina, Giacomo. Io sono la

vita. E la vita, amore mio, è la pienezza. La vita sono un uomo e una

donna che si incontrano perché sono fatti l’uno per l’altro, ciò che la

pioggia  è  per  il  mare:  l’uno  torna  sempre  nell’altro,  l’uno  è  la

condizione dell’altro. Da tale pienezza nasce l’armonia; una cosa

rarissima fra gli esseri umani. Io so che senza di me tu non sei in

grado di realizzare nulla in maniera perfetta; senza di me tu non puoi

nemmeno considerarti un avventuriero autentico, senza di me non

puoi neanche sedurre del tutto le altre donne. Perché stai lì impalato,

Giacomo, come se ti avessero colpito?… Cominci a capire qualcosa? Io

sì che ho capito. Altrimenti stasera non mi sarei allontanata dal conte

di Parma, che mi ama e mi mostra tutto ciò che vale la pena di vedere

a questo mondo: il potere e il lusso, lo sfarzo e l’intelligenza, e anche

le sembianze austere e tristi dell’amore. Perché l’amore ha mille volti,

e anche il conte di Parma ne porta uno. In questo momento, nel suo

palazzo, indossa una testa d’asino, perché il nostro amore lo ha offeso

e lui ha la morte nel cuore. E sa che nulla potrà modificare il corso

degli eventi. Ma non c’è nulla che possa aiutarlo. Ha vissuto con

prepotenza e morirà da presuntuoso. Io non posso fare nulla per lui.

Sono una donna, Giacomo, anche se adesso sto seduta qui in abiti

maschili, una donna che sa qualcosa con certezza assoluta e agisce di


La recita di Bolzano

25

conseguenza. Io so di essere intimamente legata a te, e so che tu sei

intimamente legato a me, anche se sarai sempre circondato da sciami

di donne, e io ne soffrirò; è questo che so, e lo sa bene anche il conte

di Parma. Ecco perché ti ha portato la lettera; ecco perché si è

affrettato ad accordarsi con te, e tu ti sei affrettato ad accordarti con

lui contro di me, perché mi temi, come si teme la vita, la vita che è

pienezza e dunque destino… cioè qualcosa che fa un po’ paura a tutti.

Ma io non la temo più, perché ti amo. Sarò forte come un lottatore,

perché  ti  amo.  Sarò  intelligente  come  il  papa,  perché  ti  amo.

Imparerò a scrivere bene, e destreggiarmi con le carte, anzi, sto già

imparando in che modo si devono segnare il re e il matto; mi sono

fatta portare della cera e dei nuovi mazzi da Napoli, potremo truccarli

insieme prima che tu ti ripresenti in società; e io ti aspetterò a casa,

mentre tu vuoti le tasche a quei furfanti che si atteggiano a modelli di

virtù, e poi dilapideremo quell’oro restituendolo al mondo. A Parigi

sarò la più bella, Giacomo, vedrai come saprò sedurre il capo della

polizia, ti garantirò una protezione migliore di quella che può offrirti la

lettera del conte di Parma. E se una baldracca ti attaccherà una

malattia, sarò io a curarti, ti strofinerò il corpo con l’argento vivo e

preparerò   dei    decotti   di    erbe.   Sarò   astuta    come   le   spie

dell’Inquisizione, sedurrò il Doge e gli chiederò di concederti la grazia;

sarò la tua ruffiana e ti procurerò gratuitamente, per una notte, la

famosa Giulia, per il quale il principe di Norfolk sborsò centomila

monete d’oro. Sarò così bella, Giacomo, che talvolta, quando avremo


La recita di Bolzano

26

del denaro e tu mi coprirai di velluti, di sete e di gioielli, mi porterai

all’opera a Londra e affitterai un palco per me, e tutti gli sguardi

saranno puntati su di me; tutti sapranno che il tuo trionfo è completo,

perché io sono la contessa di Parma, che ha abbandonato suo marito

e i suoi castelli pur di stare con te. Perché tu puoi fare di me quello

che vuoi. Puoi vendermi al nostro cugino Luigi per il suo harem di

Versailles, puoi vendermi a peso d’oro. Puoi proibirmi di posare gli

occhi sugli altri uomini. Ma se il desiderio di altri uomini servisse a

rinfocolare il tuo amore, sarò volubile e sfrontata. Puoi tagliarmi i

capelli,                                                                          puoi       marchiarmi il                                                                                   seno  con        un  ferro  arroventato:  ciò

nonostante io sarò ancora bella per te, se un giorno, più tardi, vorrai

ancora  amarmi.  E  se vorrai umiliarmi, sappi che non riuscirai a

inventare nessun tipo di umiliazione che io non sia pronta ad accettare

con gioia. Non esiste una sola donna nei bordelli di Venezia che

conosca i segreti della tenerezza e della tortura, delle pozioni amorose

e delle carezze come li conosco io. Se preferisci che io sia volgare,

conosco certe parole italiane, francesi, tedesche e inglesi che talvolta,

se mi vengono in mente quando sono sola, mi fanno arrossire: sono

parole che ho imparato per te, e le sussurrerò soltanto a te, se lo

vorrai. Ho imparato tutte questo cose perché ti amo. E’ poco? Ma

certo che è poco. Questi sono soltanto strumenti, amore mio, squallidi

strumenti e nulla di più. Se li ho nominati è solo perché volevo ti

rendessi conto che puoi pretendere qualsiasi cosa da me. Perché

l’amore dispone di due palcoscenici sui quali si recita il grande duetto,


La recita di Bolzano

27

e sono entrambi infiniti: il letto e il mondo. E non basta sapere che

cosa può darti la felicità, ti devo decifrare, scoprire. Devo scoprire

perché temi la felicità; devo scoprire cosa brami con tanta passione da

non avere il coraggio di confessarlo neanche a te stesso, e poi devo

tacerti  questo  segreto,  perché  le  mie  parole  potrebbero  soltanto

offenderti. E dovrò vivere in maniera tale che tu scopra e comprenda

anche senza parole il motivo di tutto quello che è stato – la solitudine,

la noia, la curiosità, le passioni perverse, le donne, le carte, i bagordi,

la  vita   raminga  –  il   motivo  che   ti  ha   spinto  a  diventare  un

avventuriero. Devo farlo perché ti amo. E l’amore è anche complicità e

alleanza; non è fatto soltanto di frenesia e di giuramenti, di lacrime e

di  grida,  è  un’alleanza  molto  seria  e  salda.  E  io  terrò  fede  a

quest’alleanza  fino                                        alla  morte.      Non  ho  motivo  di  giurare  o  di

prometterti nulla, perché io so qual è la realtà, amore mio, e la realtà

è semplicemente che tu per me sei l’unico. Puoi anche andartene via

da me, l’hai già fatto un’altra volta, tagliando la corda come un

vigliacco. Ma sei fuggito invano, perché adesso siamo di nuovo qui,

l’uno di fronte all’altro, e aspettiamo il momento in cui potremo

toglierci la maschera e vederci finalmente in viso. Una volta mi hai

regalato uno specchio, Giacomo, uno di quegli specchi veneziani che

hanno fama di mostrare il vero volto degli uomini. Uno specchio con

una cornice d’argento e un pettine, un pettine con il manico d’argento.

E’ tutto quanto abbia mai ricevuto da te. Sono passati gli anni e io,

tutti i giorni, prendo in mano il pettine e lo specchio, mi acconcio i


La recita di Bolzano

28

capelli e guardo il mio volto a lungo e ripetutamente. Non regalare

mai uno specchio alla donna che ami, perché le donne, guardandosi

allo specchio, finiscono per conoscersi e diventano tristi. Perché c’è

stato                                                                               un  tempo  in        cui  non  mi                                                                                   conoscevo  ancora,  mi  limitavo

semplicemente a crescere, a Pistoia, nel vecchio giardino. A volte, se

torno indietro a quei tempi, mi sento cogliere dalle vertigini e divento

rossa, perché credo che nel primo istante in cui ti ho visto, nel salone

della casa di Pistoia, tra i mobili logori e malandati, mentre conversavi

educatamente con papà raccontandogli con molta disinvoltura qualche

bugia, ti ho capito molto di più che in seguito. Sei stato vigliacco,

Giacomo,  troppo  vigliacco  per  seguire  ciò  che  il  cuore  ti  aveva

suggerito nel primo istante in cui ci siamo visti. Ed è una grave colpa.

Perché hai lasciato che il conte di Parma mi comprasse come un

vitello? Perché hai lasciato che lo seguissi nei suoi castelli e in città

sconosciute,  quando  sapevi  che  per  me  eri  l’unico?  Questo  mi

chiedevo. Più tardi ho capito, perché ti amo. E adesso comprendimi

bene, amore mio, queste parole,“ti amo”, non le pronuncio né con

dolcezza né con struggimento, no, le pronuncio piuttosto con collera,

te le grido in faccia come un’accusa e un ordine. Hai capito, Giacomo?

Ti amo, e non lo dico in un sussurro. Ti sto intimando qualcosa, come

un giudice, capisci? Ti amo e dunque ti giudico. Ti amo, e dunque

pretendo che tu sia coraggioso. Ti amo, e dunque ti trascinerò via con

me, e anche se tu fossi forte come una stella vincolata al raggio

adamantino di una qualche orbita celeste, ti porterei comunque via


La recita di Bolzano

29

con me, ti strapperei alle leggi che governano l’universo, alla tua

legge: perché ti amo. Questa non è una preghiera, Giacomo, bensì

un’accusa, sì, un’accusa capitale. Ti guardo con collera, indignata,

come si guarda un nemico. Ti porterò via con me e tu mi seguirai in

questo amore, perché io sono la più forte. Non avere paura, perché io

ti amo. Mi senti? Ti amo. Il destino mi ha condannata ad amarti. Ti

amo da cinque anni, dal momento in cui ti ho visto per la prima volta

a Pistoia, e tu hai detto una grossa bugia, e ti sei battuto in duello per

me, a torso nudo, sotto il chiaro di luna, e infine ti sei dato alla fuga,

mentre io ti disprezzavo e ti amavo. So che hai paura, che hai ancora

paura.  Non  chiudere  gli  occhi  sotto  la  maschera:  adesso  riesco

finalmente a vederti nonostante la maschera, vedo soltanto i tuoi

occhi, che un attimo fa brillavano come quelli di una belva appostata a

spiare la preda e ora sono più opachi. Non avere paura, Giacomo!

Devo insegnarti ad essere coraggioso verso te stesso e verso di noi,

verso la nostra storia. Non avere paura, perché io ti amo. Lo so, è una

colpa grave. Devi perdonarmi. Farò tutto il possibile perché tu non

debba soffrirne troppo. Tu non sai ancora, non puoi sapere cosa

significhi amare qualcuno. Tu hai paura dei tuoi desideri, della tua

curiosità, delle nuove donne che ti sorrideranno in tutte le locande, da

tutte le finestre e nelle piazze di tutte le città sconosciute, da tutte le

carrozze,  perché  pensi  che  non  le  potrai  rincorrere  a  causa  del

sentimento che ti lega a me?… Non sono certa che avrai voglia di

correre dietro alle donne, Giacomo, se io ti amerò. Ma qualora un


La recita di Bolzano

30

giorno tu andassi via, spinto dalla curiosità o dalla noia, io vivrò da

qualche  parte  e  ti  aspetterò.  Voglio  vivere  a  lungo  per  poterti

aspettare fino a quando tornerai a casa. Dove? A casa mia, Giacomo.

Dovunque io dorma, sarà casa tua. Dovunque io prepari il mio letto di

sera, uno dei cuscini sarà sempre pronto per te. Se splenderà il sole e

il cielo sarà azzurro, sappi che guarderò in alto e mi dirò: “Adesso

Giacomo vede il cielo ed è contento!” Ogni volta che spezzerò una

pagnotta, una metà sarà per te. So che è troppo, amore mio, ed è per

questo che ti chiedo perdono. Vedi, sono in ginocchio davanti a te.

travestita da spasimante che implora e seduce una dama. E tu siedi

qui davanti a me, in abiti femminili e con la maschera. Stanotte tutto

si svolgerà secondo le clausole del contratto, ma forse la distribuzione

delle parti sarà un po’ diversa da quella predisposta dal conte di

Parma. Sono io che ti supplico, caro, di accettare il mio amore, sono

io che ti voglio consolare, perché ti amo e non sopporto che tu sia

triste, sono io e non tu il cavaliere e l’aggressore, sono stata io a

venire da te perché ti devo vedere. E adesso sono qui e tu taci, come

esige la tua parte, offrendomi lo spunto per le mie repliche, secondo

quanto prescrive il contratto. Non mi vuoi, amore mio? Mi fai paura

quando taci così, calandoti così bene nel tuo ruolo… Guarda il fuoco,

Giacomo, la fiamma divampa come se volesse dire qualcosa. Forse

cerca di dirci che occorre morire di passione, che occorre rinascere

grazie a un sentimento, perché in questo consistono la pienezza e la

vita. Tutto il passato divamperà e si consumerà, se tu lo vorrai, ma


La recita di Bolzano

31

bisognerà  ricominciare  tutto  daccapo,  perché  questa  è  la grande

magia dell’amore. Continui a tacere?… Non mi vuoi?… Non posso

consolarti in nessun modo? Non è servito a nulla che io ti abbia offerto

la voluttà e la pace, la purezza e la rigenerazione? Guardami, sto qui

in ginocchio davanti a te, e sai bene che sono bella. Non sono la più

bella, perché la più bella non esiste da nessuna parte, tuttavia sono

bella. Tu, Giacomo, credi ancora alle donne che fanno sfoggio della

loro bellezza, la esibiscono passeggiando orgogliose e non sanno che

nel crogiolo dell’amore la bellezza si dissolve, e a distanza di un mese

o di un anno nessuno la vede più. Il volto, le gambe, le braccia, i bei

seni, tutto si dissolve in quella fiamma che è l’amore, e ciò che rimane

è una donna che può dare e aiutare anche quando la bellezza non si

vede più. La mia è una bellezza di questo genere. Ma il Creatore,

dandomi il dono della bellezza, mi ha anche punita: sono bella, quindi

ho un compito da svolgere, devo piacerti. Però non piaccio soltanto a

te, Giacomo. Non temi che nasconda anch’io dei segreti, e che forse

potrei confessarti che non riuscii a rassegnarmi alla tua fuga e alla tua

pavidità, e che accettai i baci di altri uomini prima di concedermi al

conte di Parma? E se ti raccontassi cosa accadde a Pistoia quando, in

seguito alla tua fuga, mi gettai fra le braccia del giardiniere che tu

conoscevi? Non vuoi sentire cosa accadde quella sera, non vuoi che ti

racconti in tutti i dettagli la storia della notte successiva al duello e

alla tua fuga? E anche ciò che avvenne dopo, quando passarono mesi

e poi anni senza che tu dessi tue notizie, e io cominciai a sentirmi


La recita di Bolzano

32

bruciare da questa fiamma, che è peggiore del fumo e delle fiamme

dell’inferno? Vuoi che ti racconti cosa accade quando una donna è

costretta a cercare tra le braccia di dieci, venti, cento uomini la

tenerezza che non avrebbe mai voluto ricevere da nessun altro se non

dall’unico uomo che abbia mai amato e che è fuggito via da lei? Vuoi

che ti faccia dei nomi, Giacomo? Vuoi delle prove? Che fai, estrai il

pugnale?  Oh,  il  pugnale!  L’eterna  risposta,  amore  mio!  L’unica

risposta che tu sappia dare alle ingiurie della vita! Metti via il pugnale,

caro. E’ un monosillabo che non spiega nulla, una risposta insulsa e

banale. Non gesticolare con dita tremanti, cercando di toglierti la

maschera, mantieni la calma. Per quale motivo dovresti gettare la

maschera? Cosa può dirmi il volto che vi è nascosto dietro? Ciò che

volevo vedere non era un volto, ma un uomo, l’uomo che per me era

l’unico, e che si era comportato da vigliacco, vedendomi e fuggendo

via da me, anche se ho sempre continuato a sperare che un giorno

avrei avuto la forza di strappargli dal volto l’ultima maschera e di

vederlo, e di perdonarlo. Per questo ho imparato a scrivere. Per

questo ho continuato ad attenderti, e quando non sei venuto sono

venuta io, vestita da uomo. Adesso ascolta bene, amore mio: adesso

ti ho visto, e non voglio più vederti in maniera diversa: devo tornare a

casa, dai miei ospiti. E tu vattene in giro per il mondo, vivi, menti,

ruba corpi e quattrini. Ma intanto saprai sempre, nel sonno e durante

la veglia, che io per te ero l’unica, ero la pienezza, la vita, e che tu mi

hai offesa e venduta. Saprai che avresti potuto avere tutto quanto un


La recita di Bolzano

33

essere umano può avere dalla vita, e invece ti sei accontentato di

stipulare un contratto, e dalla vita non potrai ricevere più nulla. Saprai

che il mio corpo, che è parte del tuo corpo, non potrà mai essere tuo,

mentre potrà essere di chiunque lo voglia. Io volevo vivere con te una

vita pura come quella che si viveva nel giardino dell’Eden. Volevo

salvarti dal tuo destino. E non c’è sofferenza, non c’è miseria, malattia

o vergogna, che non avrei condiviso con te. Tu sapevi tutto ciò e sei

rimasto in silenzio, fedele al contratto stipulato con te stesso e con il

conte di Parma. Ebbene, allora sappi che ti ho visto e che ti condanno

all’infelicità, sappi che non ci sarà un solo istante in cui potrai sentire

sulle labbra la dolcezza della vita, sappi che dovrai sempre pensare a

me, tutti i giorni, un’ora dopo l’altra. Sì, ora posso anche tornarmene

a casa, al mio palazzo e alla mia vita, che senza di te sarà una vita

dimezzata. Dunque vivi la tua vita, viaggia e crea dei capolavori,

amico  mio.  Forse  un  giorno  la  tua  vita  sarà  effettivamente  un

capolavoro, un’opera d’arte fredda che irradia una luce perversa…Può

darsi che questa sia la tua legge, che per te sia questa la cosa più

importante. Per me, la cosa più importante eri tu, amore mio, e

adesso so che il tuo cuore si stringerà sempre al pensiero di questa

notte, perché non sono soltanto io ad averti visto, no, anche tu mi hai

vista, e non dimenticherai mai il mio volto diverso, quello che una

maschera occulta agli occhi del mondo. Perché anche nella vendetta si

cela un piacere voluttuoso. Io non sono nessuno, Giacomo, non sono

un artista né un uomo potente, sono soltanto una donna, Francesca,


La recita di Bolzano

34

una toscana, che non è degna di occupare un posto importante nella

tua grande opera. Ma d’ora in poi vivrai in modo diverso, amore mio,

come  se  ti  avessero  iniettato  un  veleno  estremamente  invasivo,

sentirai un dolore che non ti abbandonerà per tutta la vita: a questo

ho provveduto io. Perché anch’io ho le mie armi, più raffinate di un

pugnale. Metti via il pugnale, amore mio. Non sono riuscita a essere la

più forte nella vita e nell’amore, ma nella vendetta sono io la più

forte; dunque. metti via il pugnale. Oppure, se vuoi, donalo a me in

ricordo di questa notte… Lo conserverò accanto ai tuoi regali, il pettine

e lo specchio. Vuoi che facciamo uno scambio?… Guarda, ora estraggo

dal fodero questo spadino sottile dall’impugnatura dorata e te lo offro

in cambio. Accetta come ricordo quest’arma sottile, portala con te in

giro per il mondo. Non potendo scambiarci i cuori, ci scambiamo

almeno le armi. E adesso continuiamo a vivere come dobbiamo.

Grazie per questa notte. Avrò ancora tue notizie?… Non lo so. Se ti

aspetterò? Te l’ho già detto, Giacomo, ti aspetterò per sempre. Perché

ciò che esiste tra noi non passa con il tempo. Non soltanto l’amore è

eterno, Giacomo, è eterna anche la vendetta, come tutti i sentimenti

veri.

Si slaccia lo spadino e lo posa sul tavolo, quindi lega a una catenella

dorata della cintura il pugnale veneziano che raccoglie da terra.

Albeggia. Devo andare. Non accompagnarmi, Giacomo. Se ho trovato

da sola la strada che mi ha portata fino a te, troverò anche la strada

che mi ricondurrà alla mia vita e alla mia casa. Che silenzio… Il vento


La recita di Bolzano

35

si è placato. E il fuoco, vedi, si è spento, come se volesse darci un

segnale, nella lingua dell’universo e dei fenomeni, per indicarci che un

giorno tutte le passioni diverranno cenere. Ma io mi rifiuto di crederlo.

Perché tu sai, non è vero?, che nonostante tutto stanotte ci siamo

incontrati e conosciuti, anche se non esattamente come immaginava il

conte di Parma e nel senso inteso dalla Bibbia. A questo punto il

contratto è stato sigillato, Giacomo: e il sigillo – è giusto che tu lo

sappia – il sigillo è la vendetta. E’ un sigillo forte, che ha la stessa

forza dell’amore, della vita e della morte. Puoi riferire al conte di

Parma che hai mantenuto la tua parola e rispettato il contratto; non

sei un istrione, amore mio, non ti sei lasciato vincere dalla debolezza,

ti sei guadagnato fino in fondo il tuo compenso. E la notte è finita,

tutto si è svolto  secondo le clausole del contratto, io ti ho conosciuto

e adesso tornerò dall’uomo che mi ama e mi attende, per alleviare il

suo congedo dalla vita. Fa buon viaggio e percorri con passo leggero

le vie del mondo. Ma al momento di congedarci voglio chiederti

qualcosa anch’io: ti ho scritto una lettera, ed è un avvenimento raro

nella mia vita. Se un giorno avrai la sensazione di averla capita e

vorrai rispondermi, non essere pigro o timoroso e rispondimi come si

deve, con la penna e l’inchiostro, da quel letterato esperto che sei. Me

lo  prometti?…  Non  rispondi?  Hai  così  tanta  paura  della  risposta,

Giacomo? Beh, che posso fare?… Vivrò nell’attesa che tu risponda alla

mia lettera, amore mio.


La recita di Bolzano

36

Si avvia verso la porta. Ma al centro della stanza si ferma e molto

affettuosamente, in tono di preghiera, dice:

Lo spettacolo è terminato, la recita è finita. Torniamo alla nostra vita

e sbarazziamoci delle maschere e dei travestimenti. Tutto si è svolto

secondo la tua volontà. Sono certa che si è svolto secondo qualche

strana legge. Ma devi sapere che è avvenuto anche secondo la mia

volontà: ti ho visto, ti ho conosciuto e ti ho ferito.

Si volta, si rizza sulla punta dei piedi per guardarsi allo specchio e con

gesto lieve si calca il tricorno sulla parrucca. In quella posizione, in

tono confidenziale, con tenerezza, quasi di sfuggita:

Spero di non averti ferito troppo!

Ma non attende la risposta. Lascia la stanza con passo rapido e sicuro,

senza voltarsi, e chiude silenziosamente la porta dietro di sé.

FINE