La Regina
delle rane
di
AQUILINO
Metto giù la valigia perché pesa.
I vestiti non mi stavano tutti addosso... Meno male che c’era la valigia.
Capito perché ho la valigia?
Non sapevo dove mettere i vestiti belli. Ne ho due. Uno di un colore e l’altro
diverso. Ho anche la biancheria rosa. Meno una mutanda, che è gialla. Me l’ha
regalata la mia amica Piera per Natale.
Io le ho detto: Piera, va bene che hai sessant’anni, però anche tu dovresti
sapere che a Natale si regalano le mutande rosse, perché si indossano
all’ultimo dell’anno e portano fortuna.
Piera ha risposto: La fortuna non guarda il culo della gente e le mutande rosse
le mettono quelle che si spogliano e dopo le fanno la festa... tu ti spogli
davanti a un uomo?
Per adesso no . Però non si sa mai che ne trovi uno.
E se lo trovi, ti spogli?
Se me lo chiede...
E se vuole fare l’amore?
Ormai che mi sono spogliata...
Senti… non è che puoi invitare anche me alla festa?
Piera! Hai sessant’anni!
Appunto. Se non approfitto fin che sono giovane...
Ho capito subito che aveva ragione.
Piera non è brutta. E' senza capelli e ha le chiazze sulla pelle, però non è
brutta. Ha un occhio quasi azzurro. E’ anche simpatica, quando non picchia. A
me non picchiava mai, perché eravamo amiche. Quando mi picchiava, aveva la mano
leggera, perché eravamo proprio amiche amiche.
Se a qualcuno interessa, gliela faccio conoscere. Un’ora fa l’ho vista nella
metropolitana.
Piera, che cosa fai qui?
Aspetto il treno per Cremona.
Ma questa è la metropolitana.
Che cosa me ne frega della metropolitana? Io aspetto il treno per Cremona.
Sì, ma devi andare alla stazione dei treni.
Alla stazione c’è un’aria che mi prende subito la cervicale. Senti che bel
caldo che fa qui?
Allora non le ho spiegato più niente, perché la Piera ha la testa dura e io
dovevo andare a cercare il fiume.
Magari, con tutti i treni che passavano, prima o poi uno andava davvero a
Cremona.
Chissà che cosa va a fare la Piera a Cremona. Lei è svizzera.
Però, se uno vuole conoscere la Piera, prima deve trovare un altro che vuole
conoscere me e che mi invita alla festa, così dopo posso invitare la Piera. A
me spogliarmi non dà fastidio, perché le rane non portano i vestiti. Adesso
sono
vestita, perché se dico che sono una rana mi prendono per matta. Invece, per
fare l’amore, ci devo pensare, perché non l’ho mai fatto, a parte quelle volte
che Giuseppe mi veniva sopra e faceva versi che credevo che si sentisse male.
Io gli dicevo: Giuseppe, l’amore non si fa così, non hai visto in televisione
come sono gentili? Lui diceva parolacce, non paroline. Puzzava, anche. Una
volta si è arrabbiato perché non riusciva a togliermi le mutande. Ne avevo
sette e dentro ognuna avevo ficcato le pagine della Famiglia Cristiana che
avevo preso in chiesa, perché in quei giorni dovevo fare le uova e tenevo la
pancia al caldo.
Adesso che ci ho pensato su, magari l’amore si può fare, tanto non è il periodo
delle uova. Però senza parolacce… e prima è meglio farsi un bagno.
Dio come puzzava il Giuseppe. Di rospo.
E perchè gialle, le mutande? - avevo chiesto alla Piera.
Scema - lei mi dice sempre scema, ma io non mi arrabbio, perché siamo amiche
amiche - te le ho prese gialle così non si vede la pipì.
Aveva ragione.
Almeno non c’è bisogno di lavarle.
Adesso avete capito perché ho la valigia. Avevo riempito quattro sacchetti di
plastica con scritto Coop, proprio belli, ma uno si era rotto subito.
Allora avevo preso un lenzuolo dalla cesta, che era un poco giallo anche
quello, e ci avevo buttato i vestiti e avevo annodato gli angoli.
Così avevo un pacco solo. Però non sapevo come portarlo, perché sottobraccio
non ci stava.
E poi l’infermiera Rossana, quella che non voleva che il Luigi facesse la cacca
nel letto e lo faceva dormire per terra, mi ha detto: Guarda che le lenzuola
sono dell’ospedale, bellina.
A me non è antipatica, perché mi dice bellina.
Tanto è pieno di buchi - le ho detto.
Guarda che se lo prendi è come rubare e vai in prigione, bellina.
Io non rubo mai, lo giuro.
Magari in prigione ci sto anche bene - le ho detto - Non faccio mica la
difficile, io.
Ma non c’è stato verso e ho dovuto svuotare il lenzuolo e meno male che l'ho
fatto… perché i vestiti avevano già preso odore di pipì.
Allora la dottoressa mi ha regalato la valigia.
Che brava.
E’ sempre nervosa e una volta mi ha rotto l’ago nella vena, ma io non sono una
che si lamenta. E mi dava le medicine buone, quelle che sanno di frutta e dopo
sembra proprio di stare sopra un albero.
Io volevo baciarla per ringraziarla, ma lei aveva fretta ed è scappata via.
Allora sono riuscita a baciare la Rossana, che con uno spintone mi ha buttata
sul letto e io mi sono messa a ridere, perché mi piace giocare a fare la lotta.
Non con la Piera, però.
La Piera ha un pugno che per un’ora non capisco più niente.
E’ una bella valigia. Ha anche i manici...
Quando sono uscita dall’ospedale, mi sentivo importante. Avevo paura a uscire,
perché dovevo andare in mezzo alla gente. La gente è brava, ma la
maggior parte ti ammazza. Con una valigia in mano... tutta un’altra cosa. Senza
la valigia, potevano pensare: Chi è quella lì? dove va? non sarà una matta
scappata dal manicomio?
Invece, con la valigia, la gente pensa: Quella è una che è appena arrivata,
oppure una che deve partire.
Se una ha un posto da cui partire o in cui arrivare, non può essere una matta
scappata dal manicomio.
Io, in confidenza, non ho un posto. Magari lo cerco, ma per adesso proprio un
posto non ce l’ho. Però non sono una matta scappata dal manicomio.
Me l’hanno detto loro di uscire.
L’unica cosa che mi è sembrata strana, quando mi sono trovata in mezzo alla
gente vera, è stata questa: come mai non si stupivano di vedere una rana con la
valigia?
Oh, non preoccupatevi. Davvero, non è il caso. Il fatto di non avere un posto
non è un problema. Non l’ho mai avuto, un posto. Anche quando ero piccola e
stavo in uno stagno, che posto era? Più melma che acqua. Più scarico di fogna
che melma. Non ci stavo proprio male, però c’erano troppi rospi. Io, di
preciso, non ricordo più niente, però credo che di cose brutte quei rospi me ne
hanno fatte. Peggio del Giuseppe.
Meno male che dimentico tutto. Quello che ricordo, è meglio se lo dimentico.
Per questo non sono andata a scuola, perché mi avevano detto che per prendere
una laurea bisogna ricordare con precisione. Allora ho rinunciato a diventare
dottoressa. Io sono brava a dimenticare, non a ricordare. Sono fortunata.
Quando mi succede qualcosa di terribile, non me ne accorgo nemmeno.
Come è brutto essere intelligenti. Poverini. Ogni libro che leggono, è un pugno
in un occhio.
La vita è stata generosa con me.
Questo è un bel posto. Un posto di lusso. Confortevole, tranquillo... Fin
troppo. Non cè nessuno. Eh, voi non contate. Se uno paga, diceva la Piera, non
vale. Di là ci sono i gabinetti. Tanto belli che così belli li avevo visti solo
quella volta che mi avevano fatto gli esami specialistici. Per la paura,
continuavo a chiedere di andare al bagno. Perché avevo paura? Perché la Piera
mi aveva detto di stare attenta che mi aprivano la testa.
La Piera crede di sapere tutto, ma non sempre è vero.
Non mi hanno aperto la testa, anche perché dicevano che dentro non c’è niente.
Mi avevano fatto la radiografia e l’infermiere aveva detto: Ma in questa testa
non c’è proprio niente!
Hai guardato bene? - ho domandato io, che mi ero preoccupata.
Mi ha fatto vedere la lastra. Si vedeva il teschio... che impressioneeee!... e
dentro era tutto bianco.
Magari il mio cervello è invisibile - ho detto.
Tu non ce l’hai il cervello, carina - mi ha detto.
A me quell’infermiere era simpatico, perché mi diceva carina e rideva come un
matto. Però la matta ero io.
Se mi fermo qui do fastidio a qualcuno?
Boh. Nessuno dice niente. Io mi fermo. Allora mi fermo? Boh. No, non è che sono
indecisa. Da stamattina mi sono fermata in cinque posti, ma soltanto per un
minuto, perché arrivava qualcuno e mi diceva: Via! via! qui non si può stare a
chiedere l’elemosina!
Io rispondevo: Guardi che ho la valigia.
Niente. Se non andavo, chiamavano la polizia.
Uno mi ha detto anche vagabonda. Un altro matta e una signora mi ha detto che
le sporcavo il marciapiede davanti al negozio e un’altra che facevo scappare i
clienti...
Ognuno diceva la sua.
Io dicevo la mia, però andavo via.
Se c’era la Piera, neanche con il carro attrezzi la spostavano. Ma la Piera è
capace di fare a pugni, io no.
C’era tanto di quel posto!... un marciapiede largo così!… lungo da qui a là!...
tutto libero!... io mi mettevo seduta su un gradino!... sembrava che gli
portassi via l’aria per respirare!...
Allora ho visto i giardini e c’erano tutte le panchine libere, meno quella con
un signore che dormiva sotto i giornali. Forse era un professore...
Io non sono stata tanto scema da sedermi proprio su quella. Mi sono seduta su
un’altra libera e mi sono tolta le scarpe, perché me le avevano date di due
misure più piccole.
Potevo stare tranquilla? Macché! Arriva uno e mi chiede quanti soldi
volevo.
Era una brava persona. Io lo sapevo che al mondo ci sono tante persone brave.
Non è come dice la Piera, che vogliono soltanto ammazzarti. Gli ho spiegato che
prima di lasciarmi andare mi avevano dato cinquantamila lire e gliele ho fatte
vedere... che mi bastavano... e tante grazie… era uno vestito elegante, come
quelli che fanno la politica… però non sono andata con lui, anche se mi tirava
per un braccio, perché mi facevano male i piedi…
E dopo è venuto un vigile e io non capivo che cosa diceva, perché non mi
guardava in faccia.
Poi ho capito che lì non potevo stare.
Boh. Forse portavo via l’ossigeno alle piante.
Allora, posso fermarmi qui?
Boh. Nessuno dice niente. Boh. Io mi fermo. C’è anche il gabinetto. Anzi, prima
che mi mandino via vado a fare pipì. E’ da questo pomeriggio che devo farla e
mi sa che un pochino se ne è già uscita. Meno male che ho le mutande gialle.
Posso lasciare qui la valigia? Se dà fastidio, ditelo. Boh. Nessuno dice
niente.
ESCE E RIENTRA IMMEDIATAMENTE. PRENDE LA VALIGIA.
Mi è venuta in mente la Piera che dice sempre che più sembrano bravi più sono
ladri. Senza offesa.
ESCE.
Ah, come sto bene! C’era un lavandino e mi sono lavata qualche pezzo. Ho lavato
anche le mutande gialle, perché non è vero che non si vede niente. Le ho
lasciate là ad asciugare... Speriamo che non le rubino. La Piera diceva che più
sono ricchi più sono avidi. Senza offesa.
Mi sono messa comoda, tanto non dà fastidio a nessuno, no?
Non ero più abituata a portare le mutande e adesso mi sento più libera. Ah,
come sto bene!
Bella la vestaglia, èh? Me l’ha regalata la mamma della Maria Maddalena, perché
quando aveva partorito in bagno io avevo tirato fuori il bambino dal sacchetto
dell’immondizia. Lei voleva buttarlo via.
E’ cacca - diceva - è cacca.
Ma io vedevo bene che non era merda, anche se faceva un poco schifo, così lo
avevo portato alla Rossana.
Uh, come si era arrabbiata!
Invece le pantofole me le aveva regalate la dottoressa quando era morta la
Giuditta, che era proprio matta. Come si fa a buttarsi da una finestra del
pianterreno? Bisogna essere matte. Per fortuna il Peppino le aveva spiegato che
doveva salire almeno al terzo piano, così la seconda volta è andata come voleva
lei.
Adesso vi faccio vedere che cosa c’è nella valigia. L’abbiamo fatta un po’ io
un po’ la Piera e non so proprio che cosa c’ è dentro.
Allora...
Ma che bella! Una seggiolina pieghevole. Questa è la Piera che l’ha rubata in
giardino. La Piera rubava tutto quello che poteva rubare e dopo non sapeva mai
dove metterlo, così lo nascondeva sotto il letto di quelli che lei diceva che
non capivano niente. Gli infermieri trovavano la roba e picchiavano quelli che
non capivano niente, tanto non capivano niente e soffrivano meno.
In giardino non si poteva andare, però la Piera scappava sempre e si metteva
sotto il fico ad aspettare il treno per Cremona. Noi guardavamo dalle finestre,
qualche volta.
Era bello vedere il sole.
Ma era più bello vedere la vasca. In mezzo aveva un delfino.
Era rotonda e c’era acqua abbastanza per i pesci rossi. Le rane no. A noi rane
piace l’acqua che sotto ha il fango, non il cemento.
Io guardavo la vasca e gracidavo. Grè grè grè grè grè…
Quando
ero piccola trascorrevo ore e ore a farmi passare l’acqua tra le dita. Sedevo
per terra davanti a una bacinella e prendevo l’acqua nelle mani, allargavo le
dita e ascoltavo il rumore della cascatella, a occhi chiusi. Poi veniva la
mamma, urlava: Regina, basta! - e mi dava un ceffone. Regina è il mio nome.
Prima dicevano soltanto la Regina, ma quando ho cominciato a fare la rana, in
paese mi chiamavano la Regina delle rane.
Ma che cosa ci sarà ancora nella valigia?... Una tovaglia!… la tovaglia della
mensa. Riconosco le macchie di sugo. Che brava, la Piera.
Questa è una tovaglia che va bene per fare merenda all’aperto. I dottori la
facevano e noi guardavamo dalle finestre. La stendo qui, perché mi sta venendo
fame e adesso anch’io posso fare la merenda all’aperto... Qui non siamo all’aperto,
però di là ho visto delle cose pitturate... il sole bellissimo e le nuvole
bellissime e anche la casa bellissima e l' albero bellissimo.
Sono piccoli, ma tanto io sono una rana e come misure ci siamo.
VA A PRENDERE LE SAGOME E LE SISTEMA. NEL FRATTEMPO CANTA.
Cra cra cra
la rana eccola qua.
Saltella nella mota
fa salti ad alta quota.
Se bella è la serata
ti fa la serenata.
Grè grè grè
la rana qui non c’è.
E’ andata a fare un bagno
va a fondo nello stagno.
Chissà se tornerà
chissà se annegherà.
Cra cra cra
la rana eccola qua...
PASSEGGIA.
E’ la prima volta che faccio una passeggiata in campagna.
Uhmmmm! Che aria buona! Quasi quasi mi trasferisco. La città puzza di rospo.
Cra cra cra
la rana eccola qua...
Ma che cosa ci sarà ancora nella valigia?... Un panino al formaggio!
Che schifo. Io non sono un topo. Questo è un dispetto della Piera. Lei mangiava
soltanto formaggio.
Se tu sei una rana - diceva - io voglio diventare un topo.
E perché vuoi diventare un topo?
Perché sono la Regina dei topi e li comando.
Io lo so perché voleva comandarli. Così di notte li mandava dall’altra parte, a
morsicare i dottori.
I topi sono cattivi.
Hanno mangiato il vecchio Giannino.
Però anche i dottori, qualche volta, avevano la faccia da topo.
Ma sapete qual è la verità? Che la Piera era gelosa di me, perché sono la
Regina delle rane. Anche lei vorrebbe essere una regina, ma il destino è
destino. Se uno è destinato, succede. Se no, passa gli anni ad aspettare il
treno per Cremona.
Non posso tenere qui questo panino al formaggio!… attirerà i topi!… se i topi
si accorgono che sono una rana, mi mangiano!… Io lo regalo a qualcuno. Un
panino al formaggio fa sempre comodo.
SCENDE IN PLATEA.
Signore, è contento se le regalo questo panino al formaggio? Non è di quelli per
gli infermieri che la Piera ci sputava dentro. Guardi, guardi pure. Se trova
uno sputo, lo riprendo indietro. Quello della Piera era violetto. Se è giallo,
è del Giuseppe.
Signora, lei lo vuole? Magari lo porta a casa per il suo bambino. I bambini mangiano
tutto, anche gli sputi.
Noi rane mangiamo poco. Anzi, niente. Tanto... quello che va dentro, dopo va
fuori. Allora nessuno vuole il panino? Magari lo tengo per ricordo.
Mi ricordo quella volta che il papà ha portato me e la mamma in pizzeria e che
mi ha rotto un dente con una sberla, perché non volevo mangiare le rane fritte.
Io le ho mangiate, anche se avevo la bocca piena di sangue, però dopo ho
vomitato sulla macchina nuova.
Ero felice, perché avevo capito che anch'io sono una rana. Mi era piaciuto
vomitare. Ho vomitato anche in salotto.
Quando pioveva, trovavo sempre il modo di scappare fuori. Mi spogliavo... però
tenevo le mutandine... e ballavo sotto la pioggia.
Ballavo così... e gridavo... LALLLA LA’ LALLA LA’...
Il fango non è sporco. Il fango è bello.
Mi sedevo in una pozzanghera e guardavo le mutandine bianche che diventavano
marroni. Prendevo manciate di fango e me lo spalmavo sulla testa e sulla
faccia.
Un pochino lo mangiavo, anche. Non era cattivo.
Uh, papà come si arrabbiava! Infatti, mi mancano cinque denti.
Mamma, invece, piangeva. Infatti, papà si è innamorato di una brasiliana.
Io ridevo. Infatti, mi hanno messa all’ospedale.
Sono stanca.
E’ l’ora delle medicine, ma adesso chi me le dà? Dovrei distendermi e stare lì,
ferma ferma ferma... con i colori nei pensieri... che girano girano girano... e
piangere... perché mi veniva sempre da piangere... come la mamma... così...
uuuuhhhhhhhhh....
Provo a mettermi distesa.
Chiudo gli occhi.
Non ci sono colori. E’ tutto nero.
E’ meglio andare sotto l’acqua.
Mi sono tuffata. Vado a fondo a fondo a fondo...
Uh, come è tutto fondo qua in fondo!
E’ come volare. Volo volo volo... Come volare in basso. Più volo, più vado a
fondo...
Meno male che c’è l’acqua.
Mi piace l’acqua. Mi accarezza. Mi accarezza qui... e qui... e qui...
Se apro la bocca, l’acqua mi viene dentro e io vado fuori.
Se vado fuori, dove vado?
In un posto. Ma che posto sarà?
Un posto diverso.
Sarà bello un posto diverso? Eh, sì, basta che sia diverso. E come sarà un
posto diverso?
Un posto dove l’acqua è calda.
Aaaahhh, come è calda questa acqua!
Uuuhhh, che bel fango… caldo!… sono tutta dentro il fango... mi rotolo... mi
piace toccarlo... mi piace sentirlo sulla pancia... sulla schiena... dentro la
bocca...
EMETTE SUONI GUTTURALI, LAMENTI, NENIE, VOCALIZZI...
SILENZIO.
Che cosa ci sarà ancora nella valigia?...
Un ombrello. Mi sembra da deficienti regalare un ombrello a una rana. Ah, sì,
la Rossana. Non ha mai capito niente.
Che cosa me ne faccio? Se lo tengo così, la pioggia non mi bagna.
Che cosa vado a fare sotto la pioggia, se non mi bagno?
Se lo giro al contrario... toh, sembra la vasca dei pesci rossi... basta fare
finta che il manico sia il delfino... Però manca... ma io avevo una bottiglia
d’acqua!...
FRUGA NELLA VALIGIA.
Eccola qua. Io non vado mai in giro senza l’acqua. Non sono mica scema. E
adesso... anch’io ho la vasca. Peccato che non ci sia nemmeno un dottore, a
vedere che adesso siamo uguali, io e lui.
Scommetto che direbbe che è solo un ombrello, perché non sa vedere al di là di
quello che vede.
VERSA L’ACQUA.
Non sarà un lago, nemmeno uno stagno... ma se ci tenessi la faccia dentro,
potrei perfino annegare.
Guarda che bello!
Se mi sporgo, mi vedo riflessa.
Ciao! Sono io! Lo sai che tu sei me? Siamo noi, sì. Siamo dentro l’acqua.
Quella sono proprio io. Dentro l’acqua. E’ così che devo stare. Dentro l’acqua.
Altrimenti, tutta questa luce mi brucia.
La prima volta che ho visto il mare... mi è proprio mancato il respiro.
Sono rimasta così... Ho anche pensato: Adesso muoio, se non respiro più. Ma non
potevo respirare, fintanto che guardavo il mare.
Per fortuna ero vicina al papà. Mi ha fatto tornare il respiro, però mi ha
fatto andare via la vista. Vedevo la nebbia con i fuochi artificiali.
Papà non ha mai perso tempo con me. Sapeva come farmi ragionare. Però non
sapeva che il mio cervello anfibio non ragionava come il suo. Nemmeno papà
sapeva tutto. Come la Piera.
Io sapevo, ma le rane non raccontano i fatti propri agli estranei.
Il mare è troppo per una rana.
Ma sapete che non si vede dove finisce? A me sembra una cosa da matti. Come si
fa a fare una cosa che non si vede dove finisce? E se non finisce? E se
continua così ancora e ancora e ancora? Ci pensate a quanta acqua ci
vuole?
Mi era venuta voglia di vedere dove finiva... allora ho cominciato a
camminare... e mi piaceva perché l’onda mi leccava la faccia... ma cammina
cammina ho cominciato ad andare giù giù…
Uh, quante me ne ha suonate il papà!... Ma io pensavo al mare che non finiva
mai né davanti né sotto. Peggio del cielo.
Sono andata anche sulla barca, io.
C’era anche il papà. Mi aveva detto: Fa’ ancora la matta, che ti butto in
acqua.
Io non facevo la matta, facevo la rana.
Non voleva che io fossi una rana.
Eppure lui era un rospo.
Papà mi diceva: Guarda che pesce!
Ma io non potevo guardare giù. Come si può guardare giù dove non finisce mai?
A me il mare piace quando si chiama piscina.
Non c’è il fango, però ci faccio sempre la pipì, così l’acqua diventa più
calda.
Tenevo anche la testa sotto l’acqua. Guardavo il fondo e pensavo: Meno male che
c'è il pavimento. Chi ha inventato la piscina, ha fatto un bel dispetto al
mare. Gli sta bene. Che bisogno aveva di allargarsi tanto?
In piscina sono andata solo una volta. Dopo mi hanno fatto la respirazione
artificiale e non mi hanno più portata. Tutta invidia. Nessuno stava sott’acqua
per tanto tempo come me.
Ma che cosa ci sarà ancora dentro la valigia?...
Il vestito della Rossa... non è possibile... chi lo avrà messo?..
La Piera no. Odiava la Rossa. Il vestito della Rossa... E’ proprio quello. E’
il vestito della Rossa... Mi viene da piangere. Io non piango mai... Sì, quando
mi davano le medicine. Ma erano le medicine a piangere, non ero io. Non
piangevo mai, io. Perché dovevo piangere? Ero fortunata, ero la Regina delle
rane. Una volta sola ho pianto, quando la Rossa... Perché io volevo bene alla
Rossa. La Piera mi diceva: Ma tu sei innamorata di quella matta? Sì, e allora?…
io mi innamoro di chi mi pare! Ma non sapevo neanche che cosa fosse l’amore e
nemmeno adesso lo so, però io con la Rossa...
Adesso devo piangere un pochino.
Però mi giro.
Mi state tutti con gli occhi addosso... Non è facile stare qui e sentire che
tutto il mondo mi guarda...
La Rossa si chiamava così per via dei capelli. Ero io a spazzolarglieli e le
dicevo: Una volta o l’altra ti prende fuoco la testa. Lei rideva. Come rideva
la Rossa non c’è nessuna musica che faccia sentire così allegri. Io facevo
apposta a dire stupidate per farla ridere, perché mi sentivo ridere dentro,
quando rideva lei.
La Rossa rideva sempre, cantava sempre, parlava sempre, era proprio matta.
Diceva di quelle cose...
Io mi incantavo ad ascoltare, anche se non capivo niente e dopo le dicevo:
Rossa, sei proprio matta a dire cose che non si capisce niente.
Lei rideva e io ero felice.
La Rossa era l’unica che rideva.
Tutti gli altri bestemmiavano, dicevano parolacce e gridavano...
La Rossa invece cantava e rideva. Tutto un altro stile.
Io credo proprio che l’amavo.
Mi aveva insegnato una canzone.
Bambina mia
sei andata via
mi hai abbandonata
anch'io ti ho lasciata
dove sarai
tu non lo sai
dove sarò
neanch'io lo so
E’ una canzone triste. Le chiedevo: Rossa, perché la tua canzone è
triste?
Perché le canzoni allegre fanno piangere.
E rideva.
La dottoressa le dava le medicine per non farla ridere, ma lei rideva di
nascosto e io la spiavo. Mi mettevo la mano sulla bocca e ridevo anch’io.
C’era un uomo che veniva a trovarla. Anche lui era triste. Una volta le ha
portato questo vestito. Dopo non è venuto più.
Non se lo toglieva mai. Sempre con questo vestito. Mi sembrava una rana con le
fiamme sulla testa. Forse doveva essere lei la Regina delle rane, non io. Però…
forse le rane si sarebbero spaventate, a vedere quelle fiamme sulla testa. Con
me hanno confidenza.
ESCE PER INDOSSARE IL VESTITO. RIENTRA DANZANDO E CANTANDO.
Grazie, Rossa. Mi spiace che non ti ho vista quando sei morta.
Dicevano che avevo una crisi e che non potevo vederti. Credevano di sapere
tutto loro e comandavano anche sui sentimenti.
Le rane sanno tutto, eppure non comandano. E hanno rispetto per gli altri.
Che cosa ci sarà ancora nella valigia?... Sorpresa sorpresa sorpresa...
SOLLEVA UNA BAMBOLA SENZA VESTITI. RIMANE SCIOCCATA. LA LASCIA CADERE. SI
ALLONTANA DI ALCUNI PASSI. RIMANE IMMOBILE A FISSARLA.
E’ stata lei. Invidiosa. A lei il Giuseppe piaceva. Troppo vecchia per fare un
figlio. Troppo cattiva. Io lo sapevo, ma non volevo saperlo. Eravamo amiche
amiche. E mi odiava. Lo sapevo. Ma certe cose si sanno e non si vogliono.
Voleva diventare una rana. Troppo cattiva. Le rane sono buone. Lei troppo
cattiva.
SI AVVICINA CAUTAMENTE ALLA BAMBOLA.
Senza vestiti. E’ il modo di mandarla in giro? Da prendersi una polmonite. Non
piange. Avrà perso la voce per il freddo. Sarà morta. Non si sente nemmeno il
cuore.
PRENDE UN INDUMENTO DALLA VALIGIA E CI AVVOLGE LA BAMBOLA, CHE STRINGE AL
PETTO.
Ma no, che è ancora viva. Il cuore non batte, ma si vede che non è morta. Si
vede subito. E’ stanca e dorme.
Sembra morta perché non sogna, come me.
LA CULLA.
Ninna nanna
la bambina
sta vicina
alla mammina
ninna nanna
ninna-o
Era stanca morta. Aveva un sonno da morire.
La piccolina bella della sua mamma...
Io vedevo che mi cresceva la pancia, ma pensavo che fosse a causa dei fagioli
che ci davano tutti i giorni.
Le mie cose non venivano più, ma la dottoressa aveva detto che era una fortuna
e che dovevo ringraziare le medicine.
Avevo le nausee, ma la Rossana aveva detto che facevo poco movimento e mi aveva
messa a pulire le scale.
Mi veniva anche voglia di mangiare l’anguria o le paste con la panna, ma la
Piera diceva che ero piena di vizi e mi portava via la roba dal piatto.
Sentivo che c’era qualcosa nella pancia, ma tutti dicevano che erano i fagioli.
Quel giorno sono andata al gabinetto.
Per fortuna non mi sono chiusa dentro, tanto non c’è nemmeno la chiave.
Mi sono seduta sulla tazza per fare la pipì e la pipì è venuta fuori a secchi e
non si fermava mai.
Io ho pensato: Come faccio ad avere tutta questa pipì dentro, se oggi ho bevuto
solo un bicchiere?
Non ero preoccupata, ero solo curiosa di capire.
Ho anche pensato che magari le rane sono piene d’acqua.
Allora mi sono preoccupata.
Già ero una rana che viveva fuori dell’acqua... se perdevo anche l’acqua
dentro… addio rana.
Ho provato a fermarla con uno straccio, ma... niente da fare.
Adesso divento secca e dura come un baccalà - ho pensato.
Intanto, mi era venuto un mal di pancia!...
Poi la pipì si è fermata.
Ma avevo una cosa... lì, in mezzo alle gambe... mi tocco e non trovo il solito
buchino... trovo la pancia tutta aperta... e qualcosa che viene fuori...
Che spavento.
Credevo che fosse la cacca che mi usciva davanti. Credevo che, dentro, mi si
fosse ribaltato tutto in fuori.
Magari per colpa dei fagioli.
E mi veniva da spingere.
Ma mi faceva un male...
Io non avevo mai pianto, nemmeno quando mi avevano sbattuto la testa per
ventitré volte contro il muro.
Quella volta al gabinetto, invece, piangevo e gridavo, anche se io non piango
mai.
Allora è arrivata Maria Maddalena.
Ha aperto la porta e ha detto: E’ dura?
E io: Mi viene fuori qualcosa, ma davanti!
E lei: Allora è un bambino.
E io: Scema, non so nemmeno come si fanno i bambini!
E lei: Si fanno proprio così.
E io: Non stare lì a guardarmi! aiutami!
E lei: Lo tiro?
E io: Non lo so! fa’ qualcosa
Allora ha preso la testa e si è messa a tirare e la bambina è venuta fuori, le
è scivolata di mano, è caduta sul pavimento, c’era una corda che mi entrava
dentro, sangue dappertutto, era tutta sporca, piccolina piccolina, non si muoveva,
il sangue sgocciolava, Maria Maddalena si guardava le mani, ero tutta sudata,
ho toccato la bambina con un piede, non si muoveva, Maria Maddalena si lavava
le mani nel lavandino...
Si lavava le mani e io la guardavo.
L’acqua faceva un bel rumore.
Un poco schizzava sul pavimento, sopra la bambina. Ma non le dava fastidio. Non
si muoveva nemmeno.
Tiravo respiri profondi e fissavo il getto dell’acqua.
Come era bella fresca e pulita!
Sembrava la Rossa quando cantava.
Pensavo: L’acqua prende il sangue e lo fa diventare rosa e poi bianco.
Maria Maddalena non la smetteva di sfregare le mani sotto l’acqua.
Mi faceva invidia.
Anch’io volevo andare sotto l’acqua.
Ninna nanna
la bambina
sta vicina
alla mammina
ninna nanna
ninna-o
Dorme tanto che non si sente nemmeno il respiro. Il cuore è troppo piccolo per
farsi sentire. Come il mio. L’infermiere diceva: Il tuo cuore non si sente
nemmeno. Le rane hanno il cuore muto.
Maria Maddalena mi ha detto: E’ morta.
E io: Dorme.
E lei: E’ morta.
E io: Dorme.
E lei: E’ morta.
E io: Dorme.
E lei: E’ morta.
E io: Dorme
E lei: E’ morta.
E io: Dorme!
Dormiva sul pavimento, come le ranocchiette. Aveva la pelle verde, come le
ranocchie. Non era un tipo da dare fastidi. Proprio come me.
Ma che cosa ci sarà ancora nella valigia?... Che cosa ci sarà ancora?... Che
cosa ci sarà nella valigia?
Tu aspettami qui brava brava fa’ la nanna la tua mamma è qui vicino sogni d’oro
bella ranocchietta che dopo ti do la pappa dormi dormi ma che cosa ci sarà
ancora nella valigia? dormi tranquilla che poi andremo a cercare il fiume
vedrai che meraviglia ninna nanna ninna nanna ninna nanna...
Nella valigia...
Ma no!... Il registratore del Luciano. Ma no!... Questo è il registratore del
Luciano!... Ma guarda se... Come è finito nella valigia?.. Ma... chi glielo
avrà rubato?
Meno male che io non rubo, se no dicevano che ero stata io.
Il Luciano!... Quanto mi piaceva!... Bello era bello, lo dicevano tutti, ma era
di un bello che nemmeno alla televisione ne ho mai visto uno più bello. E intelligente.
Non c’era neanche bisogno di parlare, con lui. Ti capiva al volo. Ti capiva
anche dentro. A me, per esempio, la prima volta che mi ha vista, ha detto: Tu
sei una rana. Così, lo giuro. Mi ha puntato il dito contro e ha detto: Tu
sei una rana. Serio. Come niente fosse. Disinvolto, ma serio. Quando diceva le
cose serie, Luciano era proprio serio. Quando faceva ridere, no.
E come hai fatto a capirlo? - gli ho chiesto.
Sapete che cosa ha risposto?
Basta guardarti, si vede subito che sei una rana.
Non sapeva che ero la Regina, però come inizio andava bene.
Ho pensato che quello era un vero dottore.
Infatti, non mi dava nemmeno le medicine.
Ma guarda qua il suo registratore... Io lo avevo preso una volta, ma soltanto
in prestito. Chissà come ha fatto a finire nella mia valigia?...
Chissà chi ce lo ha messo?... Boh. Mistero.
Meno male che io non sono una ladra.
Luciano ci faceva sedere in cerchio e attaccava il registratore per farci
sentire quello che dicevamo.
Faceva un ridere!
Magari funziona ancora. Adesso provo ad accenderlo.
SI SENTONO VOCI CONFUSE.
Sì, sì!... Siamo noi!... C’erano la Piera e il Giuseppe e Maria Maddalena e
tutti gli altri... Ma li avete sentiti?... A me viene ancora da ridere...
RIDE.
Adesso vi spiego perché mi faceva ridere.
Ci diceva di metterci seduti per terra, in cerchio. E già c’era da ridere,
perché nessuno sapeva come si faceva un cerchio e... Aveva una pazienza!..
Diceva: Anche se non viene un cerchio perfetto, non fa niente.
Allora perché non facciamo un quadrato? - diceva la Piera.
Ma nessuno sapeva come fare un quadrato e... alla fine ognuno si metteva dove
voleva e qualcuno andava via.
Ma Luciano rimaneva sempre. Aveva una pazienza!.. Si arrabbiava soltanto quando
rimaneva da solo, perché eravamo andati via tutti. Allora ci faceva dare una
medicina.
Ascoltate. Ascoltate ancora.
SI SENTE CANTARE.
Sììì!... Era quando ci faceva cantare quella canzoncina da ridere.
Nella vecchia fattoria
ia ia ò....
Luciano aveva una pazienza!... Si arrabbiava soltanto quando non volevamo
cantarla. A me piaceva e lui era tanto bello... Però, dopo la settima volta che
la cantavamo, gli altri si stancavano e si mettevano a litigare, allora lui
si
arrabbiava perché diceva che dovevamo cantarla almeno dodici volte di seguito, altrimenti
non avrebbe funzionato.
Alla fine, tutti facevano soltanto i versi degli animali e non cantavano... Un
ridere!... Ma Luciano si arrabbiava, forse perché aveva troppa pazienza.
O forse perché era bello.
Diceva delle cose... Queste me le ricordo a memoria... Che strano. Sta’ a
vedere che sto diventando intelligente.
Dovete scatenare l’energia... liberare i fantasmi...
A me, quella storia dei fantasmi, dava fastidio. Mi guardavo intorno per paura
che i fantasmi arrivassero davvero.
La Piera mi faceva gli spaventi. Si metteva una tovaglia sulla testa e gridava:
Uuuhhh!...
Una confusione!..
Meno male che Luciano aveva una pazienza!..
Poi abbiamo smesso di cantare “Nella vecchia fattoria”, perché Carlo aveva
tirato il collo alla Giuditta, che faceva la gallina.
E Giovanni aveva morso l’Alberto, perché faceva il gatto. E la Costanza voleva
mungere Battista, che faceva la mucca. E Giuseppe voleva fare il toro, ma io mi
ero seccata, perché davanti al Luciano bisognava essere più signorili, secondo
me.
Peccato, perché mi piaceva cantare e Luciano era proprio bravo ad arrabbiarsi.
E quando ci faceva fare la ginnastica?
Che bello che era!
Che ridere mi faceva!
RIDE
Non era la ginnastica normale. Era quella adatta a noi. Ne sapeva di cose,
Luciano... e aveva una pazienza!..
Per esempio, bisognava allargare le gambe e fare come le scimmie.
ESEGUE
Per me non era facile, che ero una rana. Ma la Piera... la Piera lo faceva
tanto bene che quando faceva finta di spidocchiarsi trovava davvero i
pidocchi.
Peccato che Giuseppe volesse fare il mandrillo.
Perché vuoi fare il mandrillo? - gli avevo chiesto, dato che non sapevo nemmeno
che cosa fosse, il mandrillo.
Te lo faccio vedere - mi aveva risposto.
Io ero proprio stufa di lui.
Come facevo a dare retta al Luciano con il Giuseppe che mi sudava sopra?
Luciano aveva pazienza, ma noi no.
Luciano sì che era intelligente. Forse troppo. Ma noi no.
La Piera non era intelligente, Il Giuseppe non era intelligente, la Maria
Maddalena non era intelligente... Io peggio di tutti.
Adesso una è qua!... una è là!... l’altro chissà dov’è!... qualcuno non c’è
più!... io cammino per tutto il giorno!... non posso nemmeno fermarmi a
riposare!... mi mandano via!... la Piera va a Cremona!... il Giuseppe starà
schiacciando qualche poveretta!...
Non mi pare che tutto questo sia logico.
Chissà che cosa c’è ancora nella valigia?...
Magari c’è qualcosa di bello.
Magari ci trovo il Giuseppe. Appena mi vede, mi salta addosso.
Non era cattivo. Puzzava, pesava, sudava e alitava... e basta. Non era buono,
ma non era nemmeno cattivo. Era il Giuseppe.
Però nella valigia non ci sta una persona. Peccato. Avrei potuto metterci la
Piera e il Giuseppe e la Maria Maddalena... La Giovanna no. Le rane e le bisce
non vanno d’accordo.
Avrei potuto metterci la mia stanza... Che scema che sono! Una stanza dentro la
valigia! Però sarebbe bello. Almeno, avrei ancora un posto.
E quando mi mandano via, apro la valigia, tiro fuori la mia stanza, mi butto
sul letto e nessuno avrebbe niente da criticare.
E se viene il vigile gli dico: Scusi, guardi che questa è la mia stanza. E lui
se ne va arrabbiato perché non può darmi la multa.
Che cosa ci sarà ancora nella valigia?...
Magari non c’è più niente. Io non avevo tanta roba. Giusto il necessario per credere
di avere qualcosa e non sentirmi una disgraziata. Maria Maddalena, per esempio,
era una poveretta che aveva perso tutto, anche i genitori… e le rimaneva
soltanto un cugino in Australia, però nel deserto… e chi lo trova?
La Piera glielo diceva sempre. Morta di fame! Morta di fame!… La Piera ha una
lingua… però non è proprio cattiva… non sempre. Maria Maddalena di suo non
aveva nemmeno un paio di mutande e si faceva prestare quelle sporche o le
rubava alle vecchie legate al letto.
La mia mamma, l’ultima volta che è venuta, tre anni fa, me ne aveva portate sei
paia, tutte rosa.
Le mutande rosa sono più belle di quelle gialle.
Quelle rosse, dopo un po’ di volte che le lavi, diventano rosa.
Chissà se c’è ancora qualcosa nella valigia?...
Magari un cioccolatino. Ricordo quella volta che ne avevo mangiati tre. Eh, mi
piacevano tanto!...
Chissà se...
Anche se c’è ancora qualcosa, sono stanca di guardare in quella valigia.
Ci sono tante cose, ma non c’è niente.
Io le tiro fuori, ricordo, piango, mi commuovo, rido... ma non c’è proprio
niente.
E pensare che era una valigia piena.
Pesava, anche.
Ho fatto una fatica! Magari per niente. Se la lasciavo là, magari era meglio.
Tanto, che cosa me ne faccio di una valigia?
Non ci stanno nemmeno le persone...
Se uno non può portarsi dietro le persone, che cosa si porta?
Niente.
Invece, una rana ha bisogno soltanto di un poco d’acqua.
Noi rane stiamo tranquille tranquille in un angolino. Aspettiamo che venga la
pioggia. Appena c’è una pozzanghera, ci mettiamo a saltare e a cantare.
A noi rane basta una pozzanghera per essere felici.
Bello, questo posto.
C’è il sole. Ci sono le nuvole. C’è un albero. C’è anche una vasca. C'è un
delfino che sembra un manico d' ombrello…
Però io devo partire.
Eh, sì. Qui sto anche bene, ma... Non posso stare qui per sempre. Anche voi
dovete tornare a casa, se no pagate l'affitto per niente.
Chissà com’è tornare a casa.
E’ una cosa che mi fa pensare che uno possa dire: Adesso torno a casa. Io, se
avessi una casa, ci tornerei ancora prima di esserne uscita.
Vi dà fastidio se lascio qui il sole le nuvole l’albero la vasca la mia bambina
la valigia il registratore e tutto il resto?
Non risponde nessuno. Boh, si vede che a nessuno interessa.
Eh, sì, devo partire.
Le rane mi aspettano. Mi hanno detto: Tu prendi la strada d’acqua e lasciati
trasportare, che ci penserà l’acqua a portarti nel regno delle rane, dove
potrai fare la Regina per tutta la vita e anche dopo.
Io mi chiedevo: Che cosa sarà la strada d’acqua?
Ma la Piera me l’ha spiegato.
Io e la Piera siamo amiche amiche, anche se lei mi odia e io ho paura, perché i
topi mangiano tutto, anche le rane.
Mi ha detto: Chiedi dov’è il fiume, che è quella la strada d’acqua.
E ha detto ancora: Chiedi dov’è il ponte, così guardi giù e vedi il fiume.
Io ho pensato: Non sarà come guardare giù nel mare, che non si vede dove
finisce?
Ma non è così.
Il fiume è tutto diverso.
E’ un’acqua che corre e porta via, comodi comodi, senza bisogno di camminare.
Finalmente potrò buttare quelle scarpe strette.
Per una come me, che è una rana e che nell’acqua sta bene, è il modo migliore
di viaggiare.
Nessuno mi manda via, nel fiume. Se una rana mi vede, dice: C'è la Regina!…
venite tutte che facciamo quattro salti! Tutto un altro trattamento.
Mi viene da ridere, a pensarci.
RIDE
Una come me... Regina delle rane! Chissà quante mi invidiano! Ma è destino. E'
toccato a me. Il vestito adatto ce l’ho. Meglio di questo...
Ci pensate? Regina. La mia mamma, se lo sapesse, sarebbe contenta. Magari anche
il papà, però è meglio non dirglielo. Vorrebbe fare il re. Le rane hanno
soltanto la Regina, non hanno il re.
E allora vado.
Non fa niente se lascio in disordine?
Ah, già, qui non risponde nessuno.
Tanto, ci sono abituata.
Una parla parla parla… nessuno risponde nessuno risponde… e allora lei parla
con i pensieri, che sono tutti un po' matti…
Allora vado.
E voi restate lì?
RIDE
Mi viene da ridere a vedervi seduti a guardare me. Ma non perdete tempo a
guardare me?
Si vede che non avete proprio niente da fare.
Non avete le rane che vi aspettano.
Eh, io sono fortunata.
E’ destino.
Mi spiace per voi, ma è destino.
Io sono la Regina delle rane, voi non lo so che cosa siete.
Forse niente.
Scommetto che se vi chiedo dov’è il fiume non sapete nemmeno rispondermi.
Allora? Dov’è il fiume? Boh - rispondete tutti. Che figura!
Tanto, lo so trovare da sola.
Ci sono abituata, a fare da sola.
Quando si sveglia la mia bambina, ditele...
Non ditele niente.
Le cose... dirle o non dirle... è come acqua che passa... come acqua che passa
tra le dita... e poi il sole asciuga tutto… il fango diventa duro duro duro… e
le rane non sanno più dove andare…
Allora... vado.
Avevo in mente una cosa… Io dimentico tutto... I ricordi no... lascio lì la
valigia, ma i ricordi mi vengono dietro. Ah, sì. E’ meglio che la mia bambina
venga con me.
La Piera diceva che più sono bravi e ricchi, meno stanno dietro ai bambini.
Non che io mi fidi della Piera...
Però, anche voi... Senza offesa.
Una ranocchietta come questa starà a meraviglia con la Regina delle rane.
Bambina mia
sei andata via
mi hai abbandonata
anch'io ti ho lasciata
Se qualcuno di voi prende la metropolitana, guardi se c’è un mucchio di stracci
in un angolo. E’ la Piera.
Ditele che la Regina delle rane...
Non ditele niente.
Le rane non hanno più niente da dire.
Un poco mi spiace andare via.
Non è vero che non ho più niente da dire. Mi vengono in mente tante cose,
alcune belle altre brutte... storie da raccontare... domande...
Ma se faccio domande, nessuno mi risponde.
C’è qualcuno qui che mi risponde?
Boh. Mi sa che qui non c’è proprio nessuno. Se ci fosse qualcuno, mi avrebbe
già mandata via. Allora è meglio che non ci sia nessuno.
Meglio che me ne vada prima che venga qualcuno.
E' brutto quando mi mandano via.
E’ come guardare in giù e non vedere dove finisce. Come guardare in alto e
vedere la superficie dell’acqua sopra la testa.
Io sono anfibia. Dovrei stare un poco nell’acqua un poco sulla terra.
Ma dalla terra mi mandano via.
Allora vado.
Sono sicura che, appena uscita da qui, troverò un fiume. Posso fare a meno del
ponte. Posso fare a meno di tutto.
Dove sarai
tu non lo sai
dove sarò
adesso lo so
fine