La rivincita delle mogli

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LA RIVINCITA DELLE MOGLI

Commedia in tre atti

Di GINO VALORI

Rappresentata con grande successo da

Dina Galli e Gandusio

PERSONAGGI

ATTILIO

MARIA

ANNA

NOTAIO

GUSTAVO

CAROLINA

LODOVICO

SOFIA

ALDO

DUE TESTIMONI

SILVIA

UNA CAMERIERA

L’azione si svolge nel 1930

Cateragia per il Sito GTTEMPO

Di questa commedia RENATO SIMONI ha scritto nel «COR­RIERE DELLA SERA»: « Gino Valori, divertendo mol­to il pubblico, ha voluto mostra­re gli imbarazzi nei quali una moglie tradita potrebbe mettere il marito se le piacesse vendi­carsi. Le sarebbe concesso di ap­plicare, con la più lieta e bef­farda incolumità, la legge del taglione, solo se fosse tanto ac­corta da chiedere consiglio e ausilio al Codice penale. Per la verità, si tratta del Codice Za-nardelli, non del Codice fascista; e, infatti, l'azione della comme­dia è riportata a qualche anno fa. Ma il tema è comico di per sé, e gaio ne è lo svolgimento. Perciò, se le condizioni giuri­diche sono mutate, non per que­sto i tre atti del Valori perdono

la loro animazione. « C'è, nei tre atti, una certa monotonia di procedimenti che poteva essere pericolosissima. Sempre Attilio s'illude di avere il sopravvento sulla moglie, e, sempre, il notaio, col Codice alla mano, gli dimostra che, invece, è la moglie che lo ha sopra di lui. L'autore ha trovato modo di dare valore comico a queste ripetizioni e a queste insistenze. Esse, anzi, hanno contribuito a conservare e ad accrescere il buonumore del pubblico, che ap­plaudi cinque volte dopo il pri­mo atto, sette dopo il secondo e sei o sette dopo il terzo, e una volta a scena aperta. Più gio­condi e coloriti interpreti, Gino Valori non poteva avere. Dina Galli, nella parte della moglie, con un'ironia pungente e una vivacità amenissima di simula­zione caricaturale, il Gandusio, che s'è agitato e dibattuto tra le maglie del Codice con una successione comicissima di stu­pori, di avvilimenti, di proteste, di sdegni, il Gianotti che ci pre­sentò con gustosa finezza una piacevole figura di notaio spie­tatamente pedante e pur soave­mente ilare e cortese, la signo­rina Carli, il Piamonti, l'Anni-celli, la signorina Alessandroni e il Tommei, divisero meritata­mente gli applausi con l'autore, che fu più volte chiamato alla ribalta ».

 

ATTO PRIMO

Nel salottino moderno di una garsonnière. Nel fondo, porta esterna; a destra, altra porta. Pomeriggio di settembre.

(All'alzarsi del sipario, la scena è vuota. Si ode suonare un campanello. Segue il rumore di due voci nell'interno a destra; poi, compare sulla soglia Attilio. E' in veste da camera).

Attilio                         - (parla verso l'interno) Ma no, cara. Sta' tranquilla: ti assicuro che è Gustavo! Deve venire a portarmi un documento. (Pausa) Glie-l'ho detto io... Non può essere altri. Non lo sa nessuno !

(Squillo di campanello).

Attilio                         - (c. s.) Non aver paura! Sta' tran­quilla! Lo liquido subito e torno da te. (Getta un bacio verso l'interno) Amore! (Si avvia al fondo) È Gustavo! (Canterellando) Gustavo, Gustavo! (Apre la porta).

Maria                          - (furibonda, entra seguita dal Notaio e da due uomini) Ah, ci sei, eh? Mascalzone!

Attilio                         - (intontito) Eh?!

Maria                          - Non mi aspettavi, vero? Che fai qui? Avanti! Parla (fa per slanciarsi contro At­tilio).

Notaio                         -  (trattiene Maria).

Attilio                         - Io...

Maria                          - Oh, non hai bisogno di spiegarlo! Basta vederti! In veste da camera! E lei dov'è? Dov'è? (Si dirige alla porta).

Attilio                         - (tentando di impedirle il passo) Chi lei?

Maria                          - La tua amante! Credi che non lo sappia?

Attilio                         - (imbarazzatissimo) Io non...

Maria                          - Dov'è? Dov'è?

Notaio                         - Evidentemente, signora, in quella stanza (accenna a destra). Non ce ne sono altre...

Attilio                         - (al Notaio) Signor Commissario, la prego...

Notaio                         - (offeso) Non sono un commissario : sono un regio notaio chiamato dalla signora per constatare e verbalizzare in presenza di due te­stimoni... (accenna ai due uomini).

Attilio                         - Ma qui, non c'è nulla da consta­tare. Qui non ci sono che io...

Maria                          - Ah, sì?

Anna                           - (d. d.) Tillo! Tillo! Fa' presto! Muoio di freddo!

Maria                          - (ironica e irata) Ah! Tillo! Tillo! Saresti tu Tillo! La senti? Ha freddo! Adesso vado a riscaldarla io (si avvia a destra).

Attilio                         - (sbarrandole il passo) Maria !

Notaio                         - (frapponendosi) Perdoni, signora: la constatazione spetta a me e ai testimoni. (Fa cenno ai due di seguirlo, e si avvia a destra; a Attilio) Lei permette?

Attilio                         - Ma io...

Notaio                         - (entrando a destra coi testimoni) Una semplice formalità.

Maria                          - Vorresti, forse, opporti?

Attilio                         - (risoluto a Maria) Ti prego di spie­garmi che cosa intendi fare.

Anna                           - (d. d. getta un grido acutissimo e chia­ma) Tillo! Tillo!

Attilio                         - (fa per correre a destra).

Notaio                         - (compare sulla porta di destra coi due testimoni).

Attilio                         - (al Notaio) Signore, mi stupisco...

Notaio                         - Non si inquieti. Già fatto. (Entra in scena; ai due) I signori testimoni hanno veduto?

Testimoni                    - (accennano di sì).

Notaio                         - (si avvia a un tavolino) Allora, se il signore permette, possiamo verbalizzare.

Attilio                         - (irritato) Ma che verbalizzare! Che cosa vuole verbalizzare?

Notaio                         - Quello che abbiamo veduto : la sua presenza e quella della signorina... Il suo abbi­gliamento e quello della signorina...

Maria                          - Me lo immagino, l'abbigliamento della signorina. Credo sarà difficile descriverlo.

Notaio                         - Mi proverò. Certamente non lascia dubbi sulla ragione della sua presenza qui. (A Attilio) Il signore è disposto ad ammetterlo?

Attilio                         - Io non ammetto nulla.

Notaio                         - Allora si compiaccia di spiegare perchè si trova qui con la signorina. Verbaliz­zerò tutto. Quali sono queste ragioni?

Attilio                         - Ragioni... private... personali...

Notaio                         - Appunto. Nessuno ne dubita.

Maria                          - Faresti miglior figura ad ammettere che sei qui con la tua amante.

Attilio                         - Non m'importa nulla di fare mi­gliore o peggiore figura.

Notaio                         - (siede al tavolino e scrive).

Attilio                         - Vorrei piuttosto sapere...

Maria                          - (guardando intorno, con ironia) Uhm, hum! C'è anche Vabat-jour per le luci suggestive... Ne avevamo bisogno di uno per il salotto, ma non hai mai voluto comperarlo... Si capisce. Quando si ha da ammobiliare la gar­sonnière... .

Attilio                         - Non è mia.

Maria                          - Ah, no? Te la sei fatta prestare? Non è chic... {Improvvisamente irata) Ma que­sto... (prende un bruciaprofumi su un tavolino). Questo è il mio bruciaprofumi!

Attilio                         - No!

Maria                          - Mascalzone! Lo hai regalato alla tua amante!

Atttilio                        - No!

Maria                          - Ecco perchè non lo trovavo più! Non vorrai negare...

Attilio                         - (risoluto) Voglio soltanto sapere quali sono le tue intenzioni.

Maria                          - Non hai ancora capito?

Attilio                         - Non saprei...

Anna                           - (vestita da passeggio, entra da destra).

Maria                          - (vedendo Anna, fa per andarle incon­tro con aria minacciosa) Ahn!... Lei... Attilio - (si interpone) Maria!

Maria                          - (ironica, frenandosi) Buon giorno, signorina. Bene alzata.

Anna                           - (a Attilio,  con aria interrogati­va) Ma?...

Maria                          - (a Anna, presentandosi e accennando Attilio) Sua moglie.

Anna                           - (affranta) Me lo immaginavo!

Maria                          - Non ci voleva molta fantasia.

Anna                           - E ora?

Attilio                         - Niente... Sai?

Anna                           - (a Attilio) Non mi farai avere delle noie, spero.

Maria                          - Lui? No! Sarò io che farò avere del­le noie a lui.

Attilio                         - E cioè?

Maria                          - (scandendo le sillabe) Voglio man­darti in prigione.

Attilio                         - (atterrito) Eh? Anna - In prigione?!

Maria                          - (a Attilio) Non crederai che abbia fatto tutto questo per il semplice divertimento di vedere la tua amante... Ti ho risparmiato la sorpresa del commissario perchè non ero certa del tutto, ma, ora, in prigione, ti mando lo stesso. Attilio     - Ma...

Anna                           - Anche me?!

Maria                          - (a Anna) Oh ! Lei se ne vada pure ! Che cosa vuol contare, lei? (A Attilio) Ma te, sì, caro: in prigione.

Notaio                         - (s'interrompe mentre sta scrivendo, apre un codice; a Maria) Un momento! Permetta, signora. (Legge) « Articolo 356. - La querela si estende necessariamente alla concu­bina ». Se la signorina è la concubina, sarà con­dannata anche lei. (Si rimette a scrivere).

Anna                           - Io? Condannata? Ma perchè? Io...

Notaio                         - Dura lex, sed lex. Questa è la legge.

Maria                          - Che vuole sappia, io, della legge? Io parlo per mio marito, e voglio mandarlo in prigione.

Attilio                         - Ma che gusto...?

Maria                          - Un gusto come un altro. Sarà catti­veria, sarà perfidia, non importa: voglio man­darti in prigione. (A Anna) E se dovrà andarci anche lei, non so che farci. Peggio per lei. Do­veva pensarci prima.

Anna                           - Ma... signora... la prego... rifletta: avrò fatto male, avrò sbagliato, lo riconosco, ma... non posso andare incontro a uno scanda­lo, a un processo... per la mia famiglia... Maria   - Non so che farci. Anna            - Non potevo immaginare... Maria      - ... Che aprissi gli occhi, vero? E, invece, li ho aperti. Mi dispiace per lei.

Attilio                         - (intercedendo) Maria, rifletti un momento... Riconosco anch'io di avere tor­to, ma... Maria - Sfido a non riconoscerlo!

Attilio                         - Insomma, devi considerare...

Maria                          - Ho già considerato tutto. Non insi­stere, non pregarmi, perchè potrei vederti mo­rire, non cederei.

Attilio                         - (inquietandosi) Ma ragiona! Che cosa vuoi ottenere? Vuoi la separazione? Vuoi che convenga della mia colpa? Ti ho già detto che riconosco di aver torto... Non basta?

Maria                          - No, non basta. La separazione, si intende; ma voglio anche mandarti in prigione.

Attilio                         - E' una fissazione!

Anna                           - Ma me, no!

Maria                          - E' una soddisfazione.

Attilio                         - Magra.

Maria                          - Ingrasserà. Oh, non voglio davvero che tutti dicano: « Mah! Sarà vero, non sarà vero, sarà colpa di lui, sarà colpa di lei... ». No! Devono saperlo tutti, senza equivoci. E io lo dirò a tutti: «Mio marito è in prigione». A tutti.

Attilio                         - Ma...

Maria                          - E' inutile che tu parli, perchè l'ho deciso fino dal primo momento che ho incomin­ciato a sospettare, e non mi rimuto.

Attilio                         - Si può almeno sapere come hai fatto a avere l'indirizzo?

Maria                          - Credi che sia una cosa tanto diffi­cile? Sono ricorsa a un detective...

Attilio                         - E io avevo sempre creduto che i detective fossero soltanto dei truffatori...

Maria                          - Oh, caro! Mi ha informato a pun­tino!

Attilio                         - Me ne sono accorto. Ma non è una buona ragione per mandarmi in gattabuia.

Maria                          - Pare di sì.

Anna                           - Ma io, scusi... Capisco la mia posi­zione; mi rendo conto di essere colpevole; am­metto di non avere il diritto di rivolgermi al suo cuore, ma...

Maria                          - Signorina, la consiglio di rispar­miarsi il fiato. E' inutile: non mi lascio com­muovere. Quando ho preso una decisione, non c'è nessuno che riesca a farmela mutare.

Attilio                         - Verità sacrosanta!

Maria                          - (a Attilio) Risparmiati l'ironia. Ri­serbatela a quando dovrai meditare sui tuoi amori.

Attilio                         - (risoluto) Senti, io...

Maria                          - Tu... niente, caro! Niente! Sono in­sensibile! Hai riso di me, tu? Ti sei burlato di me! La sera avevi le adunanze di affari, le riunioni di comitati, i consigli di amministra­zione... Le terrai in prigione, le tue adunanze.

Attilio                         - (infuriato) Ah, sì?

Anna                           - Ma io...

Attilio                         - (a Anna) Non temere, Ninna!...

Maria                          - (con ironia) Oh! Ninna!

Attilio                         - Ti prego, Maria! La metti alla di­sperazione, e...

Maria                          - (a Attilio) ...Tu la consoli. (Va verso il Notaio).

Attilio                         - (fa una spallucciata e si avvicina a Anna) Cara, non preoccuparti, sai? In questi casi c'è sempre la condanna condizionale...

Anna                           - Ma io non posso essere condannata! Non posso espormi a uno scandalo... Perderei l'impiego...

Attilio                         - Ma no...

Anna                           - Sì, sì! Quando fui assunta, dovetti presentare il certificato penale: se mi fa con­dannare, sarò licenziata... E, poi, mio padre... i miei fratelli... (Piange).

Attilio                         - (irato, a Maria) Senti, Maria: io non posso tollerare che tu commetta una cat­tiveria simile ai danni di una povera ragaz­za che...

Maria                          - (ironica) Oh! Povera innocente!

Attilio                         - (c. s.) Sì, innocente: sì. La re­sponsabilità è tutta mia, la colpa è tutta mia, soltanto mia, e non posso permettere...

Maria                          - Non permetterlo!

Attilio                         - (minaccioso) Bada, sai?, perchè...

Notaio                         - (intervenendo) Calma, signore. Le minacce aggraverebbero la sua situazione. Do­vrei verbalizzarle.

Attilio                         - E verbalizzi! Me ne infischio! Ma mia moglie non ha il diritto di rovinare una povera creatura...

Notaio                         - Lei s'inganna. Ha il diritto: per legge.

Attilio                         - Che importa? Prima della legge c'è il cuore, e...

Maria                          - Non ho bisogno di insegnamenti da nessuno. (A Anna) Mi dispiace molto per lei, signorina: mi pare di essere anche troppo gen­tile a dirle questo. Se ci sarà modo di rispar­miare lei, potrò transigere. Altrimenti, non so che farci.

Notaio                         - Impossibile. Articolo 356.

Anna                           - Sente, signora? Sente? Impossibile! E, allora, perchè vuole rovinarmi? Che gusto ci trova a mandare in prigione suo marito?

Maria                          - Un gusto pazzo!

Attilio                         - Da pazza! E' una vendetta stu­pida.

Notaio                         - Un diritto. La legge lo accorda, e la signora se ne serve.

Attilio                         - (al Notaio) Ma a quale scopo? Vorrei sapere a quale scopo. Che vantaggio ne ha?

(Suono di campanello).

Maria                          - Un'altra amante?

Attilio                         - Sciocca! E' Gustavo. Poteva arri­vare prima, quell'animale. (Va ad aprire).

Maria                          - Anche Gustavo? E' la casa di tutti.

Gustavo                      - (entrando) Ciao, caro. Disturbo?

Attilio                         - Oramai, non disturbi più. (Gli ac­cenna la moglie).

Gustavo                      - (imbarazzato) Oh, Dio...

Maria                          - Sapeva tutto, eh? E gli teneva di mano. Mi congratulo con lei della bella parte..

Gustavo                      - Signora, veramente, io...

Maria                          - Lei che frequentava la mia casa, e fingeva di essere un amico, poteva anche com­portarsi diversamente... Invece, rideva alle mie spalle, con Tillo. Sì, perchè saprà anche che si chiama Tillo. Tillo e Ninna! Carini! E ora sa che cosa accadrà? Tillo e Ninna andranno in prigione.

Gustavo                      - Eh, via!

Maria                          - No, no! C'è poco da dire « via ». Ce li manderò io. Sì. Ora, rido io. E le dirò che mi dispiace molto, ma proprio molto, di non poterci mandare anche lei.

Gustavo                      - (sorpreso) Me? Ma, scusi, si­gnora, io...

Maria                          - Oh, lo so, quello che vuol dirmi. Questi sono piccoli favori che si fanno, tra uo­mini, vero? Niente di male. Quando si tratta di ingannare una donna, vi fate in quattro... (A Attilio) Ma, ora, mi metterò in quattro io: per farti le corna, caro!

Attilio                         - (con rimprovero) Maria!

Maria                          - E' inutile che tu dica « Maria ». Quel che è fatto è reso. La legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente, corno per corno. Mi troverò un Ninno! E non credere che mi sia difficile, sai? Non ho che l'imbarazzo della scelta.

Attilio                         - Ah, sì? Occhio per occhio, dente per dente, prigione per prigione. E io manderò in prigione te.

Maria                          - Staremo a vedere.

Notaio                         - (a Attilio) Permette? C'è un errore. (Legge il codice) « Articolo 356 : Non è ammessa la querela del coniuge per colpa del quale sia stata pronunciata sentenza di separazione per­sonale ». Il che significa che, siccome la signora otterrà certamente la separazione personale per colpa sua, ella si troverà nell'impossibilità le­gale di presentare querela contro la signora.

Attilio                         - Come? Ma, allora, io dovrei...

Notaio                         - Rassegnarsi, signore.

Attilio                         - E mia moglie, no?

Notaio                         - La signora è nel suo diritto. Il ma­trimonio è un patto di reciproca fedeltà: lei ha infranto il patto coniugale, non può lagnarsi se la signora lo infrange.

Maria                          - (ironica) Logico! Rassegnarsi, caro. Rassegnarsi a portare le corna. Mi ci sono rasse­gnata io? Puoi rassegnarti tu. E te le farò, sai. Il più presto possibile. Specialmente ora che ho imparato l'articolo 346.

Notaio                         - Cinquantasei: trecentocinquantasei.

Attilio                         - (al Notaio) Bravo! Glielo insegni bene! La ringrazio molto. (A Maria) Non sape­vo che tu avessi queste buone intenzioni, ma, dal momento che così è, mi rallegro di essere stato il primo.

Maria                          - Bravo! Rallegrati! Salta! Balla! Avrai un po' poco spazio per ballare, in prigio­ne, ma, insomma, ti arrangerai.

Attilio                         - Se credi di farmi paura con certe minacce...

Maria                          - Allora, non lagnartene.

Attilio                         - Ma dovresti avere compassione di questa povera figliola...

Maria                          - Oh, questo, poi... Ma ti rendi conto che « questa povera figliola » è la tua amante? Te ne rendi conto?

Anna                           - (a Maria) Ma, dunque, signora, non posso proprio sperare nulla?

Maria                          - Lo domandi a Tillo.

Gustavo                      - (a Maria) Signora, io...

Maria                          - Lei ha una bella faccia tosta a rivol­germi la parola...

Notaio                         - (a Gustavo) Il signore potrebbe fungere da testimone?

Gustavo                      - (sgarbato) Nemmeno per sogno!

Maria                          - Naturalmente. Omertà.

Gustavo                      - (a Maria) Non pretenderà certo che io...

Maria                          - Non pretendo nulla. Le pare?

Notaio                         - Permettono? Una piccola formali­tà. La signora dichiara di riconoscere nel si­gnore (accenna Attilio) suo marito?

Maria                          - Naturalmente.

Notaio                         - E' per regolarità. (A Attilio) E il signore dichiara di riconoscere nella signora (accenna Maria) sua moglie?

Attilio                         - (rabbioso) No!

Notaio                         - (stupito) No?!

Attilio                         - No! Non è mia moglie. Non la ri­conosco. Non potrà costringermi a riconoscerla.

Notaio                         - Infatti... Verbalizzo. (Scrive).

Attilio                         - E verbalizzi.

Maria                          - (al Notaio) Dal momento che non mi riconosce non potrei andarmene?

Notaio                         - Per me, la signora è in libertà.

Maria                          - (a Attilio) Capito? In libertà. Io. Tu, invece, no: in prigione. Ti farò mandare il vitto speciale. (Facendo segno con la mano) Addio.

Attilio                         - Maria, ti prego ancora una volta di riflettere.

Maria                          - Buon giorno, signor notaio. (A An­na) Signorina, le cedo il posto. (Saluta con la testa, e esce dal fondo).

Gustavo                      - (dopo uscita Maria) Ma come è andata ?

Attilio                         - Che ne so io? E' andata.

Anna                           - (a Attilio) Bella vipera, tua moglie!

Attilio                         - A chi lo dici!

Anna                           - Quando si ha una moglie simile, bi­sogna essere più prudenti!

Attilio                         - Adesso non farmi dei rimproveri fuori di posto... Che cosa potevo fare? Ci ha spiati. Avevo preso tutte le precauzioni... (Ri­cordandosi del Notaio) Ma lei verbalizza an­cora?

Notaio                         - (facendo firmare i testimoni) Ho terminato.

Anna                           - Intanto, io, sono rovinata. Se mi fa condannare...

Gustavo                      - Ma no, ma no! Vedremo... Tente­remo...

Notaio                         - (riponendo le carte) Ecco fatto.

Attilio                         - Contento, eh, lei? Ha fatto un bel capo di lavoro.

Notaio                         - Il mio dovere. Nulla più che il mio dovere... Purtroppo, la circostanza è dolorosa...

Attilio                         - E' più doloroso per me, le assicu­ro. Per lo meno, poteva risparmiarsi di citare l'articolo che le dà diritto di farmi le corna.

Notaio                         - Oh! Glielo avrebbe citato il suo avvocato. E, poi, è una materia nella quale non occorrono insegnamenti. Basta l'intuito.

Attilio                         - Grazie tante! Ha una bella stima della sua cliente.

Notaio                         - Oh, non dico questo. Ma la prati­ca insegna... Del resto, non si sa mai. La signora potrebbe anche non approfittarne...

Attilio                         - (amaro e ironico) Molto gentile!

Notaio                         - (per congedarsi) Ma sì. Forse, la si­gnora, riflettendo...

Attilio                         - Oh, sulla riflessione di mia moglie non faccio assegnamento...

Notaio                         - Non si sa mai... La signora potreb­be ritornare sui suoi passi.

Anna                           - E cioè?

Notaio                         - Non fare la querela, o ritirarla.

Anna                           - E, allora, non sarei condannata?

Notaio                         - No, naturalmente.

Anna                           - (al Notaio) Oh! Perchè non tenta di convincerla?

Notaio                         - Io?

Attilio                         - Convincere mia moglie? Ma non l'hai veduta?

Gustavo                      - Scusi, signor Notaio, vedo che lei, oltre che un perfetto uomo di legge, è uomo di mondo. Lei capisce come avvengono certe cose... La passione... l'amore... al cuore non si co­manda...

Notaio                         - Capisco. Non si sa mai.

Gustavo                      - Ecco: non si sa mai. Oggi a me, domani a te.

Notaio                         - Fatalità.

Gustavo                      - Fatalità ! Lei ha capito benissimo la situazione. Allora, rendendosi conto di que­sto, non potrebbe suggerire al mio amico un espediente... Non saprei... La legge, a volte, of­fre qualche pretesto, qualche scappatoia... Un cavillo, insomma : un cavillo per cui il mio ami­co possa evitare la querela, e, soprattutto, sal­vare la signorina da una posizione così incre­sciosa. Mi rivolgo all'uomo di cuore...

 Notaio                        - (con importanza, tirando fuori il co­dice e consultandolo) Oh, Dio... Sì... Lei dice benissimo: la legge si presta a molte interpreta­zioni, senza dubbio, ma... Veramente, qui, la situazione è chiara. Certo, se potessi... se sa­pessi suggerire una via di uscita, sarei felice per il primo... Mi duole, mi duole molto per la si­gnorina, ma il codice è tassativo. (Legge) « La querela si estende necessariamente alla concu­bina ». Non c'è scampo.

Gustavo                      - Sì, ma un uomo come lei... Cono­sco di fama il suo valore... Veda se può trova­re qualche forma...

Notaio                         - Sa? Questa è più materia di avvo­cato che di notaio...

Gustavo                      - Oh, ma lei... ne sa più di un av­vocato.

Notaio                         - (consultando il codice) Mio Dio, mio Dio! Non c'è proprio scampo... (Pausa) A meno che...

Tutti                            - (gli si fanno intorno).

Anna                           - A meno che?

Attilio                         - Dica, dica!

Notaio                         - Mah! Non si sa mai... A meno che non fosse applicabile il secondo comma dell'ar­ticolo 357.

Anna                           - E cioè?

Attilio                         - E cioè?

Notaio                         - La signora intende di sporgere querela in quanto vuole far condannare il suo signor marito.

Attilio                         - Su questo non c'è dubbio.

Notaio                         - Dunque, se, per una determinata circostanza questa condanna non fosse possibile, la signora rinuncerebbe alla querela.

Attilio                         - Certamente, ma...

Gustavo                      - (a Attilio) Taci!

Anna                           - Lascia dire, Tillo!

Notaio                         - Ecco: l'articolo 357 dice appunto: (Legge a volta a volta) « Va esente da pena »... (sottolineando) « Va esente da pena... ». Cioè non viene condannato, e quindi non va in pri­gione... « Va esente da pena chi commette al­cuno dei fatti preveduti negli articoli preceden­ti... ». E cioè tradisca il coniuge... « Va esente da pena, se la querela sia stata data dalla mo­glie »... come in questo caso... « qualora il ma­rito... » (A Attilio) « provi che essa stessa... ». Cioè la moglie... « nei cinque anni anteriori al fatto... ». Vale a dire nei cinque anni prima di oggi... ce Abbia commesso il delitto preveduto nell'articolo 353 », e cioè abbia essa stessa tra­dito il marito. Mi spiego? (A Attilio) Se ella ha la fortuna di poter dimostrare che, negli ultimi cinque anni, la sua signora lo ha tradito, non sarà condannato. Eh? (Sorride, soddisfatto) Contento ?

Attilio                         - Contento? Ma che cosa è andato a immaginare? Mia moglie non mi ha mai tra­dito.

Anna                           - (a Attilio, sconfortata) Ne sei pro­prio sicuro?

Attilio                         - (con rimprovero) Ninna!

Notaio                         - (stringendosi nelle spalle) Non si sa mai.

Attilio                         - Oh, no! In questo caso, lo so io.

Notaio                         - Oh! In certi casi, il marito è sem­pre l'ultimo a sapere.

Attilio                         - Grazie tante! Del resto, dal mo­mento che non lo so, non posso dimostrarlo.

Notaio                         - Peccato!

Attilio                         - Eh?!

Notaio                         - Sarebbe stata una magnifica porta aperta.

Attilio                         - Preferisco sia chiusa.

Anna                           - Io, no!

Attilio                         - (con rimprovero) Ma insomma!

Gustavo                      - E non c'è altra via di scampo?

Notaio                         - Nessun'altra. Assolutamente.

Attilio                         - Non potrebbe aprire una portici­na un poco più comoda?

Notaio                         - Impossibile.

Attilio                         - E, allora, pazienza.

Anna                           - Pazienza' per te, ma per me?

Gustavo                      - (a Anna) Vedremo... cerche­remo...,

Attilio                         - (a Gustavo) Che intendi dire? Cer­care che cosa? Non facciamo scherzi, eh? Caro signor Notaio, io la ringrazio molto dei suoi consigli, ma sono ben lieto di non poterne ap­profittare. Spero di rivederla in una migliore occasione.

Notaio                         - Mah! Avrei preferito portarle l'an­nuncio di una eredità... Sarà per un'altra vol­ta... (Gli porge la mano).

Attilio                         - (salutandolo) Speriamo.

Notaio                         - Non si sa mai. (Si inchina agli altri e si avvia alla porta di fondo coi testimoni).

Attilio                         - Le assicuro che lo preferirei... (Apre la porta).

Notaio                         - Tuttavia ripensi all'espediente che gli ho suggerito... Non posso fare di più.

Attilio                         - (facendo gli scongiuri) Grazie, gra­zie. Troppo gentile... La ringrazio molto.

Notaio                         - Prego. (Esce coi testimoni).

Attilio                         - (richiude la porta e va verso destra, in silenzio).

Anna                           - (imbronciata, è a sinistra).

 Gustavo                     - (è nel mezzo) Mah!

(Pausa).

Anna                           - Scusa, Tillo: ti rammenti che, una volta, mi parlasti di un certo ingegnere...

Attilio                         - Un ingegnere?

Anna                           - Sì: uno che costruiva canali, non so... Mi dicesti che faceva la corte a tua moglie.

Attilio                         - Ebbene?

Anna                           - Sei proprio sicuro che non ci sia stato nulla tra loro?

Attilio                         - (risentito) Ma, Ninna!

Anna                           - Scusa, ma, capirai: bisogna pensare a difendersi...

Attilio                         - E vuoi difenderti con la mia testa?

Anna                           - Se non c'è altro mezzo!

Attilio                         - Grazie tante!

Anna                           - Preferiresti espormi a uno scandalo, farmi scacciare da casa, farmi perdere l'impie­go, piuttosto che passare per un marito tradito?

Attilio                         - Certamente, non sono cose che fanno piacere...

Anna                           - E a me sì, deve far piacere la rovi­na di tutta la mia vita? Saresti egoista fino a questo punto?

Attilio                         - Non parliamo di egoismo... Se vuoi, ti dirò, anzi, che io sarei disposto a qua­lunque sacrificio per toglierti da questa situa­zione. Ma non puoi domandarmi l'impossibile!

Anna                           - Non c'è nulla di impossibile. E' pos­sibilissimo, invece, che tua moglie ti abbia tra­dito con l'ingegnere dei canali.

Attilio                         - Ma che ingegnere dei canali... e dei ponti! Ti dico che non c'è stato assoluta­mente nulla. Nemmeno un flirt.

Anna                           - Non si sa mai, dice il notaio.

Attilio                         - Ma come non si sa mai? Ti faccio notare che non è affatto di buon gusto insistere su questo argomento. Dal momento che ti dico che non ci fu nulla, vuol dire che ne sono si­curo!

Anna                           - Vorrei sapere come fai a esserne si­curo.

Attilio                         - Ma è una fissazione! Vuoi per for­za che io sia stato tradito?

Gustavo                      - Ora, francamente, la sicurezza non c'è mai.

Attilio                         - Benissimo! Mettitici anche tu. Adesso, vieni a dirmi che mia moglie ha passato la vita a tradirmi!

Anna                           - Non è necessario che abbia passato la vita a tradirti: basterebbe aver la fortuna di dimostrare che ti ha tradito una volta.

Attilio                         - (furibondo) E la chiami fortuna?

Anna                           - Già, anche se tu ne avessi le prove, non lo diresti.

Attilio                         - Ti prego di credere che se avessi avuto soltanto un sospetto, non avrei continuato a vivere con mia moglie.

Anna                           - A parole!

Attilio                         - Ma che cosa devo fare? Devo creare gli amanti a mia moglie?

Anna                           - (ironica) Oh, no! E anche se fosse possibile, non lo faresti. L'ho capito benissimo. Non vorresti certo passare da marito tradito per salvarmi. Il tuo orgoglio di uomo sarebbe più forte della pena per una povera disgraziata che ha avuto il solo torto di crederti e di volerti bene. Che domani scoppi uno scandalo, e tutti mi segnino a dito cóme una sgualdrina che porta via i mariti alle mogli, non conta nulla. Che mio padre muoia di crepacuore e di vergogna quando saprà la verità, e mi vedrà condannata, non conta nulla. Che io perda l'impiego non conta nulla. Ma che tu possa passare agli occhi del mondo per un marito tradito come tanti altri, questo, sì, conta, questo conta, perchè tu vuoi tradire tua moglie, ma non vuoi che tua moglie tradisca te, e se ti tradisse non si deve sapere perchè non vuoi essere menomato nel tuo orgo­glio, non vuoi che la gente rida di te. Ti par­rebbe di essere diminuito, disprezzato, anche se con questo tu dovessi salvare tutta l'esistenza di una povera ragazza, perchè non vale la pena, vero? Non vale la pena... Non vale la pena... (Scoppia in pianto).

Attilio                         - (commosso, avvicinandosi a Anna) Ninna, Ninna! Per carità! Non dire così! Non è vero! Sai che ti voglio bene! Non è vero che io mi disinteresso di te. Sono pronto a tutto. A tutto. Ma non chiedermi l'impossibile! Ti giuro che se potessi trovare soltanto un appi­glio per dimostrare la minima colpa di mia mo­glie, e liberarti da questa situazione, lo farei senza esitare... Ma, d'altra parte, non puoi pre­tendere che trovi quello che non c'è.

Anna                           - (ironica) Oh! Lo dici appunto per questo !

Attilio                         - Ma come debbo fare? Dimmelo tu! Dimmelo tu! Chiedi tu quello che vuoi! Ti giuro che sono pronto a dare la mia vita per non vederti così.

Gustavo                      - (a Attilio) Non occorre tanto.

Attilio                         - Come?

Gustavo                      - II caso della signorina è vera­mente molto doloroso. In coscienza, bisogna aiutarla.

Attilio                         - Naturalmente. Ma hai veduto l'atteggiamento di mia moglie. Come fare a convin­cerla ?...

Gustavo                      - Oh, lo so. Non è possibile.

Attilio                         - E allora ?

Gustavo                      - Allora... Non rimane che accu­sarla.

Attilio                         - Accusarla?

Gustavo                      - Sì. Accusarla di averti tradito. Come ha detto il notaio.

Attilio                         - Ma come è possibile?

Gustavo                      - ; E' possibile. Tu puoi dimostrare che tua moglie ti ha tradito.

Attilio                         - (trasecolato) Eh?!

Anna                           - (balza in piedi, felice) Davvero?

Attilio                         - (atterrito) Ma che dici?

Gustavo                      - La verità.

Attilio                         - Impossibile.

Anna                           - (esultante) Dica, dica!

Gustavo                      - Ti rammenti quell'estate in cui tua moglie era ai bagni a Rimini?

Attilio                         - Mi rammento.

Gustavo                      - Ricorderai che andammo a tro­varla insieme.

Attilio                         - Ricordo. Ma...

Gustavo                      - Poi ripartisti, e io rimasi. Ti rammenti ?

Attilio                         - (impaziente) Sì, rammento, ram­mento.

Gustavo                      - Io rimasi, e... senza domandare nulla, così come accade nei posti di villeggia­tura, venni a conoscenza di alcune voci...

Attilio                         - (allarmato) Voci?

Gustavo                      - ... Pettegolezzi, insomma, che ri­guardavano tua moglie.

Attilio                         - (senza fiato) Davvero?

Gustavo                      - Si parlava di un ufficiale di lun­go corso...

Attilio                         - (c. s.) Lungo... corso...?

Gustavo                      - ... un giovanotto simpaticissimo...

Attilio                         - (c. s.) Lascia stare la simpatia.

Gustavo                      - Abitava nello stesso albergo del­la signora. Come me. Allora, io volli rendermi conto: interrogai senza parere, domandai... e seppi che tutti dicevano che l'ufficiale di lungo corso era l'amante della signora.

Attilio                         - (annientato) No!

Anna                           - (raggiante) Davvero?

Gustavo                      - Era la voce generale.

Anna                           - (c. s., a Gustavo) Allora, lei può te­stimoniare !

Gustavo                      - Per la verità, io non vidi nulla, e, anzi, ebbi l'impressione che la cosa non fosse vera.

Attilio                         - (sollevato) Non era vero! Non era vero!

Anna                           - Che cosa ne sai, tu?

Gustavo                      - Ma tutto il personale dell'albergo ne parlava come di una cosa sicura.

Attilio                         - Pettegolezzi da gente di servizio! E mi stupisco...

Anna                           - (a Attilio) Lascialo dire!

Gustavo                      - Può darsi. In ogni modo, lo di­cevano.

Anna                           - Allora si possono chiamare a testi­moniare.

Gustavo                      - E' appunto quello che bisogna fare.

Attilio                         - (risentito) Come? Prima di tutto non è vero.

Anna                           - Chi ti dice che non sia vero?

Attilio                         - (accenna Gustavo) Lui!

Gustavo                      - Sì, ma questo non ha impor­tanza.

Attilio                         - Come non ha importanza?

 Gustavo                     - No. Il personale di servizio ne parlava come di una cosa vera, accennava a dei piccoli episodi...

Attilio                         - Piccoli episodi?

Gustavo                      - Magari non saranno veri; non importa.

Attilio                         - Come non importa? Importa mol­tissimo.

Gustavo                      - No. Se si riesce a rintracciare due o tre persone, con qualche piccola mancia si pos­sono persuadere a ingrandire quelli episodi, e si può procurarsi delle testimonianze preziose.

Anna                           - Sicuro! Bravo! Benissimo!

Attilio                         - Benissimo! Vuoi che io mi metta a corrompere i testimoni perchè dicano che sono stato tradito quando non lo sono?

Anna                           - Intanto, non è certo: tua moglie può benissimo averti tradito...

Attilio                         - (accennando Gustavo) Ma se lui stesso ha detto di no! Non hai sentito? (A Gu­stavo) E' vero o non è vero?

Gustavo                      - Verissimo.

Attilio                         - Come verissimo?

Gustavo                      - Verissimo che io credo non sia vero. Ma lo dicevano.

Attilio                         - (risentito, a Gustavo) Allora, sen­ti: o tutto quello che tu stai dicendo è una fal­sità, o tu sei un miserabile, perchè sapendo quello che dici di aver sentito, hai taciuto fino a ora, e aspetti proprio questo momento per...

Gustavo                      - Per renderti un servigio. Natu­rale!

Attilio                         - Bel servigio!

Gustavo                      - (a Attilio) Lascia stare le frasi. Ricordati che, quando accadevano questi fatti, tu eri innamoratissimo di tua moglie.

Anna                           - (risentita a Attilio) Ah! E mi dicevi di non averla amata mai!

Attilio                         - Non è il momento di badare a questo.

Gustavo                      - (a Attilio) Del resto, io appurai le voci che correvano, e non mi risultò assolu­tamente nulla.

Attilio                         - Vedi?

Anna                           - Però, poteva essere vero.

Attilio                         - È un'ostinazione. Mi volete tradi­to per forza!

Gustavo                      - In ogni modo, dopo pochi giorni che ero lì, l'ufficiale fu richiamato in servizio e partì per un viaggio in oriente che doveva du­rare oltre un anno. Perchè raccontarti dei pet­tegolezzi? Non ci avresti creduto allora come non credi oggi. Ma allora, sarebbe stato inutile: oggi, può esserti utile.

Anna                           - (con entusiasmo) Giustissimo!

Attilio                         - Ah sì? Utile? E tu credi che io voglia rivangare adesso quei pettegolezzi e quel­le menzogne, per dire a tutti, anche se non è vero: « sapete? Mia moglie mi ha tradito »? Credi che farò una cosa simile?

Anna                           - Non la farai? E tutti i tuoi giura­menti, tutta la tua preoccupazione per me? Dunque, non era vero nulla! Giuravi perchè ti ritenevi sicuro dell'impossibilità di mantenere, e ora che puoi, ora che devi, vorresti sottrarti, sfuggire...? Ah, no! Se non vuoi tu, voglio io. Non mi sfuggi! Adesso le prove le ho, perchè ho trovato un amico, un vero amico (accenna Gustavo) e, se non te ne servirai tu, me ne ser­virò io.

Attilio                         - Ma prove di che, se non è vero?

Anna                           - Lo dici tu che non è vero!

Attilio                         - Oh, insomma! Io non darò mai il consenso a una cosa simile.

Gustavo                      - Hai torto. Non puoi negarlo.

Attilio                         - (a Gustavo, risentito) Tu non par­lare, sai? Non parlare perchè mi fai venire il sangue alla testa! Hai taciuto finora, e dovevi aspettare proprio questo momento...

Anna                           - Il momento opportuno!

Attilio                         - Lo chiami opportuno!

Gustavo                      - Ha ragione,

Attilio                         - Ha anche ragione?

Gustavo                      - Certamente. Hai giurato di voler risolvere un caso di coscienza di fronte alla si­gnorina, e io te ne offro il modo.

Attilio                         - Mi offri il modo di rendermi ridi­colo agli occhi di tutti!

Gustavo                      - Ma lascia andare il ridicolo che non può essere legato alla vertigine di una donna! In questo momento, tu devi pensare soltanto a difendere la signorina. Del resto, che cosa temi? Quando avrai portato a tua moglie le prove della sua colpa...

Attilio                         - Ma se è innocente!

Anna                           - Come ne sembri sicuro!

Gustavo                      - Innocente o no, basta che ci sie-no le prove. E, quando avrai le prove, tua moglie rinuncerà a darti ancora dei fastidi. Vi separerete... Tanto, oramai, non potreste più vivere insieme... E nessuno ne saprà nulla.

Anna                           - È vero! Se non accetti a queste con­dizioni, vuol dire che vuoi proprio perdermi.

Attilio                         - (incerto) Allora, secondo voi, io dovrei andare a mendicare le prove di una colpa inesistente...

Anna                           - Ti sei ficcato in testa che sia ine­sistente...

 Attilio                        - (irato, ad Anna) Se tu credi che sia vero, allora ti dico che ti sfido a trovare le prove.

Gustavo                      - (conciliante) Ma no, ma no! Nessuno ne dubita... Questo non vuol dire che tu non possa ugualmente crearle, le prove.

Attilio                         - Insomma, volete che io... mi tra­disca da me? Volete che vada a raccomandarmi perchè mi si dichiari che mia moglie mi tra­diva?...

Anna                           - (conciliante) Se vuoi, Tillo, potrò incaricarmene io...

Attilio                         - (ironico) Troppo gentile!

Anna                           - Allora, non perdiamo tempo: met­tiamoci subito all'opera.

Gustavo                      - Oh, certamente!

Attilio                         - All'opera?

Anna                           - (esultante) Io chiederò un permes­so al mio capo-ufficio, e domani partiremo per Rimini, alla ricerca delle prove. (Accostandosi a Attilio) Sei contento?

Attilio                         - Eh! Raggiante!

Anna                           - Su, su, andiamo! (Lo prende a braccetto).

Attilio                         - (liberandosi) Nemmeno per so­gno! Credete che io sia rimbecillito del tutto?

Anna                           - 0 rimbecillito o no, devi venire! (Lo riprende a braccetto).

Gustavo                      - (prendendolo a braccetto) Certa­mente! È il tuo dovere! (Gli mette il cappello e lo trascina) Mettiti il cappello, e andiamo!

Attilio                         - Ma non è mio!

Gustavo                      - Non importa!

Attilio                         - Ma non vedete che sono ancora in veste da camera? (Si toglie il cappello che, essendo quello dell'amico, gli arrivava fino al collo).

Gustavo                      - Be', allora, vestiti e vieni a rag­giungerci a casa mia. (A Anna) Andiamo, si­gnorina.

Attilio                         - Ma...

Gustavo                      - (risoluto) Finiscila! Che cosa te ne importa? Tanto... Non è vero...

Anna                           - (uscendo con Gustavo) Sta' tran­quillo: penseremo a tutto noi... Tanto, non è vero...

Attilio                         - (rimasto solo, è indeciso: pensa; poi, risoluto) Ma sì: tanto, non è vero... (Si av­via alla porta della camera) Tanto non è vero... (Improvvisamente, si ferma, preso da un dub­bio e cade su una sedia) Oh, Dio! E se, poi, fosse vero?

FINE DEL PRIMO ATTO

 

ATTO SECONDO

Lo studio del Notaio. Porta in fondo, nel mezzo. Scrivania a destra con poltrone davanti. Mobili vari.

Notaio                         - (è seduto alla scrivania, e legge al­cuni documenti).

(Squillo di telefono).

Notaio                         - (solleva il ricevitore e ascolta) Faccia entrare. (Si alza, va alla porta di fondo, l'apre).

Attilio                         - (entra dal fondo).

Notaio                         - Buon giorno, signor...

Attilio                         - (interrompendolo) E mia moglie? Non c'è nemmeno questa volta? Ma è uno scherzo di cattivo gusto!

Notaio                         - Si calmi, la prego, si calmi, e si accomodi. La signora dovrebbe essere qui tra pochi minuti.

Attilio                         - Dovrebbe!

Notaio                         - Dico « dovrebbe » ma mi ha assi­curato che non mancherà. A meno che non ab­bia perduto il treno. Non si sa mai.

Attilio                         - Io so che mi tira in ballo da più di tre mesi, rimandando l'appuntamento da una settimana all'altra. Adesso basta. Non vo­glio più fare il comodo di mia moglie: se oggi non verrà, provvedere diversamente.

Notaio                         - Lei sa benissimo che la signora abita in riviera: capirà: il disturbo del viag­gio... In ogni caso, sono certo che oggi noni mancherà. E mi auguro che il colloquio si svolga tranquillamente.

Attilio                         - Per parte mia, non ho nulla di nuovo da dire a mia moglie.

Notaio                         - Allora, scusi, perchè ha doman­dato il colloquio?

Attilio                         - Intendo dire che non ho da co­municare a mia moglie nulla che mia moglie non sappia.

Notaio                         - Non sarà un colloquio molto in­teressante.

Attilio                         - Più di quanto possa immagi­nare lei.

Notaio                         - Allora c'è speranza che possa uscirne una riconciliazione?

Attilio                         - (quasi indignato) Riconciliazione? Io sono qui per dettare delle condizioni.

Notaio                         - Oh, condizioni!

Attilio                         - Sissignore! E la vedremo, final­mente !

(Squillo di telefono).

Notaio                         - (ascolta e risponde al telefono) Be­nissimo. Faccia entrare. (A Attilio) La signora è qui. Non occorre che le raccomandi la calma. (Va alla porta di fondo) Mi affido a lei. (Va ad aprire).

Attilio                         - (prende una posa solenne e digni­tosa appoggiando il pugno destro sulla scri­vania-. Poi, si pente, appoggia il sinistro e aspetta).

Maria                          - (elegantissima, entra dal fondo) Buon giorno, signor Notaio.

Notaio                         - (inchinandosi) Signora...

Maria                          - (a Attilio) Ah, sei già qui? Ciao.

Attilio                         - (solenne) Buon giorno, signora.

Maria                          - (ride) Signora? Mi chiami signora? Mi darai del «lei» allora, spero. (Al Notaio) Posso sedermi?

Notaio                         - (a Maria) Prego!

Maria                          - (siede presso la scrivania).

Attilio                         - (rimane nella posa assunta).

Maria                          - Spero avrai qualche cosa di inte­ressante da dirmi. Mi sono sobbarcata il viag­gio esclusivamente per te... E ti raccomando di non farmi perdere tempo, perchè ho appunta­mento con la sarta, con la modista e col par­rucchiere, con la manicure, con...

Attilio                         - Ti ringrazio di essere venuta esclusivamente per me.

Maria                          - Non cominciare con l'ironia.

Attilio                           - Prendo atto delle tue affermazioni.

Notaio                           - (conciliante) Signori, mi permetto di raccomandare la serenità.

Maria                             - Oh, io posso anche andarmene subito.

Attilio                           - Se questa è la tua sola maniera di essere serena... Del resto non mi sembri molto afflitta: pare tu curi molto la tua ele­ganza...

Maria                             - (con civetteria) L'hai notato? Me­no male! Quando eravamo marito e moglie non te ne accorgevi.

Attilio                           - Marito e moglie siamo ancora.

Maria                             - Purtroppo.

Attilio                           - Purtroppo dovrei dirlo io.

Maria                             - Perchè tu solo?

Attilio                           - Allora, diciamolo insieme: pur­troppo.

Maria                             - Mi hai fatto venire qui per dirmi queste sciocchezze?

Attilio                           - No. Ti ho fatto venire qui per dirti delle cose serie.

Maria                             - Sentiamo.

Attilio                           - Prima di tutto, vorrei sapere se continui a ostinarti nella querela per mandare in prigione me e quella povera figliola...

Maria                             - Sì. Mi ostino. Mi ostino per te. Della povera figliola, come dici tu, non m'im­porta nulla.

Attilio                           - Benissimo. Tra parentesi, ti dirò che ormai tra me e quella ragazza non c'è più nulla.

Maria                             - (con interesse) Davvero? (Ripren­dendosi) Me ne infischio. Per me, puoi avere tutte le amanti che vuoi.

Attilio                           - Grazie. Molto gentile. Ma non ne ho.

Maria                             - Segno che non sai procurartene.

Attilio                           - Mi pare di aver dimostrato il con­trario.

Maria                             - Se chiami amanti delle avventure che durano due mesi...

Attilio                           - No: quanto a questo, è durata venticinque giorni...

Maria                             - Insomma, ho capito; non hai più l'amante, vuoi che io ti perdoni, che ti ab­bracci, pace in famiglia, e tutti felici... Nem­meno per sogno.

Attilio                           - Nemmeno per sogno? Allora, dirò anch'io «nemmeno per sogno». (Solenne) Si­gnor Notaio, ho l'onore di significarle che mia moglie mi ha tradito.

Maria                             - (scattando) Io?

 Attilio                          - Tu. Tu mi hai tradito.

Notaio                           - Benissimo.

Attilio                           - (risentito) Benissimo?

Maria                             - Credo scherzerai.

Attilio                           - (solenne) Signor Notaio, in que­sto verbale (estrae un documento da una busta) sono consacrate le prove del tradimento di mia moglie. (Sorride, soddisfatto).

Maria                             - (stupita) Eh?

Attilio                           - (legge il verbale) «...L'anno, ec­cetera, a questo dì, eccetera, comparisce... ». Ecco. « Comparisce la signora Carolina Mercati fu eccetera, nata eccetera, la quale dichiara che nell'anno eccetera, trovandosi al servizio della Pensione Marechiaro in Rimini in qua­lità di cameriera, ebbe nozione di una rela­zione tra la signora Maria... » (accennando) mia moglie, « ospite della pensione, e il si­gnor...». Il nome non occorre perchè mia mo­glie lo conosce certamente... «e più precisa­mente dichiara di poter affermare che più di una volta, di nottetempo » (sottolineando) « di nottetempo, vide il detto signore entrare od uscire dalla camera della signora ».

Maria                             - (scattando) È un'infamia! Una menzogna! Una vigliaccheria! Vorrei vedere chi sarebbe capace di sostenere una cosa simile davanti a me, e mi stupisco, mi stupisco che tu abbia perduto la tua dignità fino al punto di cacciare le mani tra queste sozzure!

Attilio                           - Allora, neghi?

Maria                             - Con tutte le mie forze. E vedremo se questa sedicente cameriera lo sosterrà da­vanti a me.

Attilio                           - Lo vedremo subito. (Va alla porta nel fondo e chiama:) Carolina Mercati!

Maria                             - (alzandosi, furibonda) Ah, è qui? (Va verso il fondo).

Notaio                           - (frapponendosi) Raccomando, si­gnora: niente vie di fatto.

Carolina                        - (entra dal fondo).

Attilio                           - Ecco Carolina.

Maria                             - (aggressiva, a Carolina) Che cosa potete dire, voi, di me? Sentiamo! Avete il coraggio di sostenere tutte le vostre menzogne?

Carolina                        - (spaurita) Io?

Maria                             - Voi, sì: voi!

Attilio                           - Ma che maniera è questa di trat­tare i testimoni?

Maria                             - Potete affermare di aver veduto un uomo entrare in camera mia?

Attilio                           - Di nottetempo.

Maria                             - Intanto, chi era questo signore? Che lo sappia anch'io, una buona volta!

 Carolina                       - (tremante e incerta) Era il ca­pitano... Giacomi...

Maria                             - Il capitano Giacomi? E chi è?

Attilio                           - (a Maria) Come? Non te ne ram­menti neanche più?

Maria                             - Che cosa devo saperne io? Ne avrò conosciuti mille, di capitani...

Attilio                           - (atterrito) Mille?!

Maria                             - Avanti, sentiamo! Che cosa potete dire?

Carolina                        - (c. s.) Scusi... signora... Mi pa­reva di aver visto qualche volta... il capitano Giacomi...

Notaio                           - Le pareva! Le pareva! Noti bene: le pareva! Non è certa!

Attilio -                         - Ma sissignore che è certa! Qui, nel verbale, è detto chiaramente... (Cerca nel verbale e legge) «... dichiara di poter affermare che più di una volta, di nottetempo...» (a Ca­rolina) È vero o non è vero?

Carolina                        - Sì, signore: anche di giorno-tempo mi è parso qualche volta...

Notaio                           - Le è parso!

Attilio                           - Ma come vi è parso?

Maria                             - (a Carolina) Insomma, lo affermate o non lo affermate?

Carolina                        - (più franca) Ecco, signora: io sono sicura che il capitano Giacomi entrava di nascosto...

Attilio                           - (soddisfatto) Ecco!

Maria                             - Nella mia camera?

Attilio                           - (c. s.) Certamente.

Carolina                        - Veramente, non potrei proprio giurare che si trattasse della camera della si­gnora.

Maria                             - (trionfante) Ah!

Attilio                           - (contrariato e stupito) Come?!

Carolina                        - Ma lo dicevano tutti.

Attilio                           - (trionfante) Ecco! Lo dicevano tutti!

Maria                             - Me ne infischio che lo dicessero.

Attilio                           - (seccato) Ma non me ne infi­schio io!

Notaio                           - Era una voce... vaga... Non fa prova. La testimone è incerta: le pareva.

Maria                             - (avanzando verso Carolina) E se io vi dessi quattro schiaffi, vi parrebbe ancora?

Carolina                        - (si ritrae, spaventata) Oh, si­gnora!

Notaio                           - (trae in disparte Maria) Signora, le raccomando di stare tranquilla... (Continua a parlarle a bassa voce).

Attilio                           - (quando è certo che Maria è tratte­nuta dal Notaio, si pone davanti a Carolina per ripararla, con gesto cavalleresco) La difen­derò io! (Piano a Carolina) Bel modo di so­stenere le vostre testimonianze! Non le vedrete mai, le altre mille lire.

Carolina                        - (piano a Attilio) Ma non era nei patti che dovessi lasciarmi prendere a schiaffi!

Notaio                           - (calmando Maria) Si sieda qui, e lasci fare a me.

Maria                             - (siede).

Notaio                           - (a Attilio) Come vede, signore, lei porta contro la sua consorte delle testimonianze del tutto inattendibili, e noi ci domandiamo...

Attilio                           - Signor Notaio, lei non crederà che io sia venuto armato soltanto di una Carolina. (Con dignità) Io sono un marito tradito, e in­tendo di dare la prova del tradimento di mia moglie. La vedremo. (Va alla porta di fondo, fa un gesto ampio e introduce Lodovico e Sil­via) Ecco qua: Lodovico, cameriere della Pen­sione Marechiaro; la signora Silvia, guardaro­biera. Questi signori possono testimoniare che mia moglie mi ha fatto le corna. È vero o non è vero?

Lodovico                      - (molto ossequioso) Verissimo, signore.

Maria                             - Verissimo, dovete dirlo a me.

Lodovico                      - (inchinandosi) I miei rispetti, signora.

Maria                             - Che cosa potete dire di me?

Lodovico                      - (come ripetendo una lezione impa­rata a memoria) Sono in grado di affermare che trovandomi al servizio della Pensione Ma­rechiaro, più e più volte, vidi il signor capi­tano Giacomi introdursi nella camera...

Attilio                           - (che segue la deposizione sul ver­bale, suggerisce) Furtivamente.

Lodovico                      - (a Attilio) Pardon?

Attilio                           - Furtivamente. Introdursi furtiva­mente.

Lodovico                      - Ah, pardon (ricomincia) ...in­trodursi furtivamente nella camera occupata dalla signora Maria Rossi, vuoi di giorno, vuoi di nottetempo, e...

Maria                             - (a Lodovico) Potete affermare questo?

Lodovico                      - Come la signora ha potuto sen­tire. Ma senza alcun secondo fine. La signora mi permetta di ignorare le ragioni di queste visite...

Maria                             - (furibonda) Voi sapete di mentire.

Lodovico                      - È un'opinione, signora.

Notaio                           - (a Lodovico) Badate bene a quanto affermate: potreste andare incontro a gravi re­sponsabilità. Anche penali. La legge...

Lodovico                      - Il signor Notaio vuole usarmi la cortesia di spiegarmi più chiaramente?

Notaio                           - Dico che potreste essere proces­sato e condannato per diffamazione, e forse anche per calunnia, se quanto affermate risul­tasse falso.

Lodovico                      - Il signor Notaio ne è ben certo?

Notaio                           - Certissimo, naturalmente.

Lodovico                      - Ma, allora... (Si consulta a bassa voce con Carolina e con Silvia). Il signor No­taio vorrà concedermi un breve rinvio per ri­flettere.

Maria                             - (trionfante) Ah!

Attilio                           - Come? Riflettere? Ma se è la verità!

Lodovico                      - Il signore sa che la verità ha molti aspetti!

Maria                             - (ironica) Specialmente quando la verità è una menzogna!

Attilio                           - (accalorandosi) Niente affatto! È la verità! Niente altro che la verità! Mia mo­glie mi ha tradito! (A Lodovico) È vero o non è vero?

Lodovico                      - (allarga le braccia in modo ambi­guo) Se fa piacere al signore.

Attilio                           - Vedete? Lo conferma.

Maria                             - Non conferma un bel nulla!

Attilio                           - In ogni caso, questo è il verbale (consegna il documento al Notaio). Signor No­taio, io la deposito nelle sue mani, e dichiaro che mia moglie mi ha fatto le corna.

Maria                             - Tu sei padrone di dichiarare tutto quello che ti fa piacere.

Attilio                           - Quanto a far piacere, è un'altra cosa...

Maria                             - Ma, allora, scusa: perchè vuoi so­stenere per forza di essere stato tradito quando non è vero?

Attilio                           - È vero, è verissimo. E lo so­stengo.

Maria                             - Ma a che scopo?

Attilio                           - Ah! Ecco! A che scopo! Adesso te lo spiego subito. (Cava di tasca un codice e l'apre) Codice alla mano, mia cara: oramai, non l'abbandono più. Tu vuoi mandarmi in prigione? Ebbene: articolo 357...

Maria                             - Sì, lo so: è proibita l'affissione.

Attilio                           - Macché affissione! Non ci man­cherebbe altro che l'affissione, ora! Articolo 357 (legge) : « Va esente da pena chi commetta alcuno dei fatti preveduti negli articoli pre­cedenti»... Tradimento coniugale... «se la que­rela sia data dalla moglie, qualora il marito provi che essa stessa, nei cinque anni anteriori al fatto, abbia commesso il delitto preveduto nell'articolo 353 », cioè abbia tradito il marito. Io l'ho dimostrato, e tu puoi ritirare la tua querela perchè, tanto, in prigione, non mi ci mandi più. (Siede, trionfante).

Maria                             - Che cosa?

Attilio                           - Eh, cara mia, ora tutto è mutato.

Maria                             - (al Notaio) Possibile? Ma che cosa significa tutta questa faccenda? Mi spiegherà...

Notaio                           - Signora, la citazione della legge è esattissima. In realtà, se lei avesse avuto la debolezza di tradire suo marito nei cinque anni anteriori alla scoperta della colpa di lui, non potrebbe più dare querela.

Maria                             - Ma...

Notaio                           - Permetta. Soltanto che, qui, non abbiamo affatto la prova.

Attilio                           - Come? C'è il verbale!

Notaio                           - Il verbale, sì, ma i testimoni non confermano il loro asserto...

Lodovico                      - Il signore ci aveva detto che si trattava di una semplice formalità...

Attilio                           - Come formalità?

Notaio                           - I testimoni disdicono, chiedono tempo a riflettere...

Lodovico                      - Oh, sì.

Notaio                           - Dov'è la prova? La signora nega...

Maria                             - Ma, signor Notaio. No. C'è un pic­colo errore.

Notaio                           - Un errore?

Maria                             - Io non nego.

Tutti                              - Eh?

Maria                             - Non nego.

Notaio                           - Possibile?

Attilio                           - Ma che dici?

Maria                             - (caricaturalmente) Ebbene, sì: a che varrebbe negare davanti a tre testimoni che tanto risolutamente affermano?

Tutti                              - (la guardano stupefatti).

Maria                             - E soprattutto perchè negare davanti alla mia coscienza, il mio passato? No, non ne­ gherò. Mi parrebbe di profanare il ricordo di un amore violento, di una passione irresistibile che arse tutte le mie vene, che bruciò tutto il mio sangue, che fece di me una creatura di fuoco consacrandomi al rogo della fatalità. Sì, lo amai; lo amai con tutta me stessa: sì, fui sua perchè volli essere sua, con piena coscienza, con tutto il mio desiderio. Fu il mio amante, sì: sì, ogni notte egli veniva a raggiungermi nel talamo dell'amore, e io gli aprivo le brac­ cia, anelante, felice, demente, fremente, per­ chè era il mio amore, così grande e così fatale che nemmeno a distanza di anni ho potuto dimenticarlo, e non voglio, non debbo, non posso rinnegarlo mai più, per tutta la vita.

Attilio                           - (è rimasto annichilito).

Notaio                           - (che ha tentato invano di interrom­perla) Ma lei impazzisce, signora! Non può essere vero!

Maria                             - Sì, è vero, è vero! Voglio procla­marlo al mondo...

Attilio                           - (atterrito) No! No!

Notaio                           - Ma è una follìa, signora!

Maria                             - Sì. Era una follìa. Una follìa d'a­more!

Notaio                           - Ma non doveva confessarlo!

Maria                             - A che prò? (Riacquistando a poco a poco il tono naturale) Per non perdere i di­ritti contro mio marito? Non li perdo ugual­mente. (Con tono calmissimo) Signor Notaio, le faccio notare che io lasciai Rimini il 31 ago­sto del 1925 e che sorpresi mio marito il 4 set­tembre del 1930. Quindi, è vero che io tradii mio marito, ma ormai erano trascorsi i cinque anni di quel tale articolo e perciò nessuno mi vieta, dopo avergli fatto le corna, di dirlo a tutti e di mandarlo ugualmente in prigione.

Attilio                           - (intontito) Ma... ma... (fa il conto sulle dita) Ma è assurdo!

Notaio                           - La signora ha perfettamente ra­gione.

Attilio                           - Ragione?

Notaio                           - È nel suo diritto!

Attilio                           - Che diritto e non diritto! Prima di tutto, non è affatto vero che mi abbia tra­dito!

Maria                             - Oh! sì, sì: è vero, è vero! Te lo dichiaro io stessa.

Attilio                           - La tua dichiarazione non conta nulla!

Maria                             - Come non conta nulla?

Attilio                           - No. È un ripicco, una menzogna...

Maria                             - Ma ci sono i testimoni (li indica).

Attilio                           - I testimoni hanno detto un muc­chio di menzogne.

Maria                             - Non è vero! Hanno detto la verità. (Ai testimoni) È vero che avete detto la verità?

Lodovico                      - (dopo essersi consultato con Caro­lina e Silvia) Se la signora lo ammette...

Attilio                           - (furibondo) Non lo ammetto io! Che razza di storie! Avete inventato tutto di sana pianta! È vero o non è vero?

Lodovico                      - (dopo essersi consultato e. s.) Se il signore lo afferma...

Attilio                           - Si capisce che lo affermo.

Maria                             - In ogni caso, c'è il verbale a smen­tirli.

 Attilio                          - Me ne infischio, io, del verbale,. E' uno straccio di carta, il verbale (fa per pren-ì derlo, ma il Notaio vi mette una mano sopra),\

Notaio                           - Sarebbe perfettamente inutile di­struggerlo: si può sempre averne copia quando occorra.

Maria                             - Si può averne copia? Ne farò fare migliaia di copie, e le manderò a tutti i tuoi amici.

Attilio                           - (furibondo) Ah, sì? Ah, cara mia,| la legge è uguale per tutti! Tu dichiari di] avermi tradito? E io ti mando in prigione.

Maria                             - Me? Non puoi! Si tratta di cinque anni fa!

Attilio                           - Ah, ma io l'ho saputo adesso! Vorrei vedere un po' che la legge non ammet­tesse...

Notaio                           - Infatti, la legge ammette...

Attilio                           - (trionfante) Ah!

Maria                             - (interdetta) Come?

Notaio                           - La legge ammette la decorrenza del termine dal giorno in cui il coniuge offeso sia venuto a conoscenza dell'offesa subita.

Attilio                           - (e. s.) Ah! Io ne sono venuto a conoscenza adesso, e ti mando in prigione.

Notaio                           - Tuttavia...

Attilio                           - (interdetto) Eh? Che tuttavia...?

Notaio                           - Vedo che questo verbale porta la data del 22 settembre ultimo scorso, e cioè di tre mesi e sei giorni fa. Quindi, oramai, lei non può più presentare la querela contro la signora.

Attilio                           - (annientato) Come?

Maria                             - Non può più farmi niente?

Notaio                           - Assolutamente, no.

Attilio                           - (c. s.) Ma...

Maria                             - E, allora, ti ripeto che è vero, che è vero, che è vero: che ti tradii cinque anni fa col capitano Giacomi, che ero pazza di lui, che passavo tutte le notti folle d'amore tra le sue braccia...

Attilio                           - Non ci credo!

Maria                             - (ironica) I mariti non credono mai.

Attilio                           - (minaccioso) Maria, bada!

Notaio                           - (redarguendo Attilio) Signore!

Lodovico                      - (a Attilio) Il signore passerebbe veramente dalla parte del torto se...

Attilio                           - (a Lodovico, Carolina e Silvia) Ma siete sempre qui, voi? Che cosa volete an­cora? Sentiamo!

Lodovico                      - (sottovoce) Le altre mille lire a testa, signore.

Attilio                           - Ah, sì? Per il bel modo in cui vi siete comportati?

Lodovico                      - Se il signore desidera, noi siamo prontissimi a riconfermare che il signore è stato tradito. Dal momento che lo ammette anche la signora...

Attilio                           - Ma non è vero niente!

Maria                             - È verissimo!

Attilio                           - (a Lodovico, Carolina e Silvia) Andatevene! Levatevi di qui! Non voglio sen­tire altro!

Lodovico                      - Il signore non si inquieti. Sol­tanto il signore abbia la compiacenza di dirci come dobbiamo comportarci: la signora deve o non deve essere stata l'amante del capitano Giacomi?

Maria                             - Certamente!

Attilio                           - Non ci mancherebbe altro!

Maria                             - E vi autorizzo ad andare a dirlo a tutti!

Attilio                           - Vi darò querela.

Lodovico                      - (sottovoce) Il signore potrebbe fare una cosa più semplice: darci quelle mille lire, e noi ci disinteresseremo della questione.

Attilio                           - (sottovoce a Lodovico) Bene. Pas­sate domani da casa mia. (Forte) Ma, ora, an­datevene!

Lodovico, Carolina, Silvia (si inchinano).

Maria                             - Andate a raccontarlo a tutti!

Lodovico                      - La signora sarà servita! (Si in­china e esce con Carolina e Silvia).

(Pausa).

Maria                             - (ironica, a Attilio) Soddisfatto?

Attilio                           - (irato) Ti prego di non fare del­l'ironia.

Maria                             - Non ne faccio. Ho detto la verità.

Attilio                           - Non è vero!

Maria                             - Ma come? Ti sei affaticato tanto per dimostrare che io sono stata l'amante del capitano Giacomi, e ora che lo confesso io stessa sostieni che non è vero.

Attilio                           - Perchè non è vero.

Maria                             - Tutto sta nell'immaginarselo.

Attilio                           - Maria, ti prego, ti scongiuro, non dire nemmeno per scherzo certe cose.

Maria                             - No, no: non lo dico per scherzo: lo dico sul serio.

Attilio                           - (spazientito) Ma, insomma...

Maria                             - Del resto, non so perchè ti preoc­cupi tanto.

Attilio                           - Perchè sono sicuro che tu sei in­capace di...

Maria                             - Di aver un amante? E chi ti dice che non l'abbia?

Attilio                           - Ah, no! Questa volta, non sono trascorsi né cinque anni, né tre mesi! Questa volta sarei ancora in tempo a mandare in pri­gione te come tu vuoi mandare in prigione me.

Notaio                           - (a Attilio) Domando scusa: non sono trascorsi cinque anni per la signora, ma non sono trascorsi nemmeno per lei.

Attilio (interdetto) Come?

Notaio                           - Eh, sì: lei non potrebbe agire contro la signora perchè si è reso per primo responsabile di infedeltà. Quindi, anche se la signora avesse un amante, non potrebbe agire contro di lei.

Attilio                           - (e. s.) Non potrei...?

Maria                             - Lascia il condizionale, caro. Di' pure: «Non posso» perchè, dal momento che le cose stanno così, preferisco dirti tutto, an­che quello che ti avrei voluto tacere.

Attilio                           - (allarmato) Tutto? C'è dell'altro?

Maria                             - Sì, caro: c'è dell'altro. Ti ram­menti quello che ti dissi quando ti sorpresi con la tua Ninna?

Attilio                           - No!

Maria                             - Hai poca memoria: io lo ricordo benissimo. Ti dissi: occhio per occhio, dente per dente, corna per corna.

Attilio                           - Sono cose che si dicono...

Maria                             - E si fanno. Almeno, io le ho fatte. Ho mantenuto la promessa.

Attilio                           - Eh?! Hai un amante?

Maria                             - Ho un amante.

Attilio                           - No!

Maria                             - Sì! E perchè non dovrei averlo? Avrei dovuto sacrificarmi a passare tutta la vita sola e triste, soltanto perchè mio marito mi aveva tradita? No. Ho incontrato un uomo che è il mio ideale: se fossi stata libera, avrei po­tuto sposarlo; non potendo sposarlo, mi sono unita a lui.

Attilio                           - Ma è inaudito!

Maria                             - Inaudito? Non hai mai sentito dire che una signora si è preso un amante?

Attilio                           - Ma tu... tu...!

Maria                             - Io come un'altra. Potevo sposarlo? No! Dunque...

Attilio                           - Piuttosto che questo, preferisco accondiscendere al divorzio.

Maria                             - Perchè? Per vendicarti mettendo il giogo sul collo a un altro uomo? No. Non lo voglio io, il divorzio. Non lo sposerei ugual­mente. Lo amo troppo.

Attilio                           - E vieni a dirlo a me?

Maria                             - Giacché me ne capita l'occasione...

Attilio                           - Ah, ma non credere di passarla liscia, sai? Vedremo se è proprio vero che la legge non mi consente nessuna tutela.

Notaio                           - Nessuna, signore.

Attilio                           - (al Notaio) Lei non faccia l'uc­cello del malaugurio.

Maria                             - Oh, non ce n'è bisogno! Credi che non mi sia informata bene prima di venire qui? Me lo ha detto anche il mio avvocato.

Attilio                           - Bel servizio rendono gli avvocati! Ma io me ne infischio della legge e dei codici! Lo troverò io, questo signore, e vedremo se occorrerà la carta bollata, tra noi.

Maria                             - Tu? Tu?

Attilio                           - Io, sì.

Maria                             - Ma che c'entri tu?

Attilio                           - Come che c'entro?

Maria                             - Che cosa rappresenti, tu?

Attilio                           - Ma sono tuo marito!

Maria                             - Eri. Adesso, per me, sei nessuno. Non ho più marito, io. Ho un amante.

Attilio                           - (appassionato) Maria!

Maria                             - Libero amore! Che gioia! Non mi è mai parso tanto bella la vita come adesso!

Attilio                           - (al Notaio) E io non posso farle nulla?

Notaio                           - Legalmente, no.

Attilio                           - Ma è una bella porcheria!

Maria                             - (caricaturale e romantica) No! Una poesia! Libero amore! Senti che dolcezza in queste parole? Nessuno ci obbliga a vivere insieme, e viviamo uniti indissolubilmente.

Attilio                           - Ah, vivete anche insieme?

Maria                             - (c. s.) E come potrei vivere lontano da lui? Oggi, è stata la prima volta che ci siamo separati, ma soltanto per qualche ora. Del re­sto, la natura, oramai, ci ha uniti per la vita: i fiori dell'amore si tramuteranno presto in dol­ci frutti.

Attilio                           - Dolci frutti?

Maria                             - (c. s.) Sì! Oh, sì! Avremo una crea­tura nata da noi, dalla nostra passione...

Attilio                           - Un bambino?

Maria                             - (c. s.) Sì, un figlio! Un figlio! E io mi sento così orgogliosa di diventare madre, così altera, così felice, così raggiante di mettere al mondo una creatura, di offrirla a lui come un pegno del nostro amore...

Attilio                           - Ma...

Maria                             - (c. s.) ... di darla alla luce, al mon­do, alla vita, di allevarla, di crescerla, di guidar­la... Non avrà il mio nome... Non importa: avrà il suo: il suo nome è ormai il solo nome che adoro!

Attilio                           - Ma è impazzita! Non può essere vero!

Notaio                           - No. La signora è semplicemente in errore. Non può dare al nascituro il nome del suo signor amante.

Maria                             - Come no?

Notaio                           - No, signora. Con ogni probabilità, secondo la legge, il nascituro non è figlio del! suo signor amante.

Maria                             - No?

Notaio                           - No. E' figlio del suo signor marito.

Attilio                           - (con un balzo) Mio?!

Notaio                           - Sì, signore.

Attilio                           - Non facciamo scherzi! Se mia mo­glie stessa dichiara che il figlio è dell'amante.

Notaio                           - Non ha importanza.

Attilio                           - Come non ha importanza?

Notaio                           - Per la legge, no. Il figlio nato durante il matrimonio viene attribuito al marito.

Attilio                           - Macché, attribuito!

Notaio                           - Oh, certamente vi sono delle provvide disposizioni: lei può disconoscere la paternità, se vuole.

Attilio                           - Si capisce che voglio! Non pensera che io mi assuma i figli degli amanti di mia  moglie!

Notaio                           - Ecco : la signora vuol dirci da quanto tempo data la sua relazione?

Attilio                           - (al Notaio) Ma, scusi: lei vuole che io stia qui a sentirmi dire in faccia certe cose?

Notaio                           - E' nel suo interesse. Dunque, signora?

Maria                             - Dal quattro di ottobre.

Attilio                           - E come se lo ricorda bene!

Maria                             - Sono date che non si dimenticano!

Notaio                           - Benissimo!

Attilio                           - E dice anche benissimo!

Notaio                           - Ecco: (a Attilio) Se il figlio nasce entro i trecento giorni dalla sua separazione dalla signora, il figlio è suo.

Attilio                           - Come mio? (Fa i conti sulle dita) Trecento giorni sono dieci mesi! E un figlio nasce in nove!

Notaio                           - Per legge, no.

Attilio                           - Ma non sarà mica la legge che fa i figlioli!

Notaio                           - No. Ma la legge li attribuisce. (Fa i conti sulle dita).

Attilio                           - Grazie tante! Io non voglio che mi attribuisca nulla!

Notaio                           - Che lei non voglia, è un altro fatto (c. s.).

Attilio                           - Ma, che cosa fa?

Notaio                           - Ecco: lei cessò di coabitare con la signora il 5 settembre. Allora aggiunga due gior­ni di luglio...

Attilio                           - Aggiunga pure.

Notaio                           - E fanno 300. Se il bambino nasce entro il 2 di luglio, viene attribuito a lei.

Attilio                           - Ma come...?

Notaio                           - Se nasce dopo, lei può intentare la causa di disconoscimento.

Attilio                           - (a Maria) Senti : in coscienza : ades­so, dimmi la verità : quando deve nascere questo bambino?

Maria                             - (serafica) Tra la fine di giugno e i primi di luglio.

Attilio                           - Ma, allora?

Notaio                           - Allora, la cosa sta come le ho detto io. Se nascerà prima del 2 luglio, non avrà nul­la da fare. Se nascerà dopo il 2 luglio...

Attilio                           - Ma deve nascere dopo!...

Notaio                           - Questo non dipenderà certo da me.

Maria                             - (c. s.) E nemmeno da me.

Attilio                           - (a Maria) Senti, ti prego di non assumere quell'aria angelica! Qui stanno acca­dendo delle cose inaudite! Mia moglie mi tradi­sce, e io non posso farle nulla: fa dei figli, e io debbo dar loro il mio nome... Ma, insomma!

Maria                             - (c. s.) Insomma, caro, hai dimenti­cato un piccolo particolare.

Attilio                           - Un particolare?

Maria                             - (c. s.) Certamente.

Attilio                           - Quale?

Maria                             - Che prima, tu hai tradito me.

Attilio                           - Ma questo non ha importanza!

Maria                             - Ah, no? Non ha importanza? Siete voi, uomini, che volete non dargli importanza perchè volete fare il vostro comodo. E fatelo. Ma il giorno in cui trovate la legge contro di voi, non lagnatevi. L'avete voluto : e così sia.

Attilio                           - E hai anche il coraggio di farmi la lezioncina morale, dopo quanto hai fatto!

Maria                             - Ho fatto quello che hai fatto tu!

Attilio                           - Ma io è un'altra cosa.

Maria                             - Perchè è un'altra cosa?

Attilio                           - Perchè... Perchè... Intanto, io non faccio dei figli.

Maria                             - E io, sì, invece. C'è soltanto questa piccola differenza.

Attilio                           - E ti par poco? Ah, ma non pre­tenderai che io li riconosca e li mantenga!

Notaio                           - Non occorre il riconoscimento. (A Attilio) Il figlio è suo di diritto!

Attilio                           - Come di diritto? E' mio un cor­no!... (Si pente della parola) Uhm! Che cosa mi fate dire!

Maria                             - E' tuo se nasce prima del due di luglio.

Attilio                           - Ma nascerà certamente prima! Volete che impieghi dieci mesi a nascere, come gli asini?

Notaio                           - Non si sa mai...

Attilio                           - Ma, allora?

Notaio                           - Allora, non c'è che aspettare il due di luglio.

Attilio                           - Non è mica una lotteria.

Maria                             - Sì, caro. Una lotteria. E a premio. Ritiro la querela, e rinuncio a far condannare te e la tua Ninna, in vista del fausto evento. Am­nistia.

Attilio                           - Ah, no! Credi che io voglia appro­fittare di una circostanza simile?

Maria                             - (decisa) No? Allora, rifiuti?

Attilio                           - (un po' pentito) Oh, Dio! Non ho detto che rifiuto, ma certamente non pretende­rai che te ne sia grato...

Notaio                           - E' un gesto generoso.

Attilio                           - Ah, sì? Anche quello di fare dei figli con gli amanti è un gesto generoso?

(Squillo di telefono).

Notaio                           - (al telefono) Pronto... Subito... (A Maria) Signora è desiderata al telefono.

Maria                             - Io? (Prende il ricevitore) Pronto... Ah, sei tu, caro?... Sì, scusami, sai? Ho fatto ardi... Sono stata trattenuta dal solito secca­tore...

Attilio                           - Ma...

Maria                             - Sì, amore mio: tra cinque minuti sarò da te.

Attilio                           - Ma, dico... (Fa per togliere il rice­vitore a Maria).

Maria                             - (allontana Attilio con un gesto).

Notaio                           - La prego di non disturbare la si­gnora.

Attilio                           - Ma non posso permettere...

Maria                             - (irritata) Ma tacete, un momento! (Al telefono) Scusa, tesoro mio: ti raggiungo subito.

Attilio                           - (al Notaio) Vuole che le lasci dire anche tesoro?

Maria                             - Sì, sì : prendo un tassì. Addio, amo­re. (Posa il ricevitore).

Attilio                           - Si può sapere a chi telefonavi?

Maria                             - Non hai capito? Al mio amante.

Attilio                           - (al Notaio) E io debbo stare a sen­tire...?

Maria                             - (disponendosi a uscire) Turati le orecchie.

Attilio                           - Ma insomma... Te ne vai così?

Maria                             - Certamente.

Attilio                           - E credi che io ti lasci andare?

Maria                             - Non puoi trattenermi.

Attilio                           - Ma in­somma... Te ne vai così?

Maria                             - Certamen­te.

Attilio                           - E credi che io ti lasci andare?

Maria                             - Non puoi trattenermi.

Attilio                           - Ma, in­somma, per lo me­no, decidiamo qualche cosa.

Maria                             - Che cosa vuoi decidere? Ormai, ci siamo già detto tut­to; non c'è più nulla da aggiungere.

Attilio                           - Ma c'è qualche cosa da levare. Tu hai un amante...

Maria                             - E tu non l'avevi?

Attilio                           - Ma tu stai per mettere al mondo un bambino!

Notaio                           - E' una conseguenza di avere un amante.

Attilio                           - (al Notaio) Ah, così, a lei par tutto molto semplice, molto logico, molto normale...

Maria                             - Mi pare che non ci sia nulla di eccezionale.

Attilio                           - Ma come?

Maria                             - Buon gior­no, signor Notaio.

Notaio                           - Signora... (Fa per accompagnar­la).

Maria                             - (a Attilio) Addio, papà.

Attilio                           - Papà?

Maria                             - Ah, no! E' vero! Questo, lo sa­premo il due luglio. Ciao.

 

FINE DEL SECONDO ATTO

 

ATTO TERZO

Salotto in casa di Maria. Porta nel fondo e a destra. Un calendario segna la data del 2 luglio. Un grande orologio a pendolo è nella parete di fondo e segna le 23,29.

Notaio                           - (è seduto a un tavolino e scrive) Allora, siamo d'accordo? (Vedendo entrare At­tilio) Nata?

Sofia                             - (davanti a lui) ... Nata a Caltanis-setta.

Notaio                           - Piano, mese e anno.

Sofia                             - Il 30 aprile 1895.

Notaio                           - (termina di scrivere) Benissimo. Non appena si verifichi il lieto evento, lei do­vrà correre subito qui ad avvertirmi.

Sofia                             - Sissignore.

Notaio                           - Le raccomando di non perdere un solo minuto: badi bene che anche un secondo può essere prezioso in una circostanza simile.

Sofia                             - Non dubiti.

Notaio                           - Conto su di lei. E badi bene di non lasciarsi impietosire dalle preghiere. L'avverto che potrebbe, andare incontro a gravissime re­sponsabilità, anche penali.

Sofia                             - Oh, stia sicuro! Non voglio seccature io. Non ne ho mai avute.

Notaio                           - Tanto meglio.

Attilio                           - (depone una grande scatola mentre la cameriera porta un apparecchio radio. E' ac­cigliato) Nulla di nuovo, dunque?

Notaio                           - (alzandosi) Riverisco, signore. Non ancora. Aspettiamo.

Attilio                           - (guarda l'orologio a pendolo; alla cameriera) Deponete lì.

Cameriera                      -  (depone l'apparecchio e si ritira dal fondo).

Attilio                           - (apre la scatola e ne trae un crono­metro da tavolino) Le faccio notare che quel­l'orologio (accenna la pendola) è indietro di trenta secondi.

Notaio                           - (cavando il proprio orologio di tasca)

                                      - Non direi :

Attilio                           - (mostrando il cronometro da tavolo)

                                      - Lo direi io.

Notaio                           - Non basta: io debbo regolarmi al­l'orologio della casa.

Sofia                             - (esce a destra).

Attilio                           - Chi l'ha detto? E se l'orologio del­la casa ritardasse di un'ora? Questo è un crono­metro esattissimo, infallibile, e segna precisa­mente le 23,29, ora media dell'Europa centrale.

Notaio                           - Non ho alcun motivo per dubitar­ne, ma...

Attilio                           - Del resto, sa? Io immaginavo che ci sarebbero state delle contestazioni, e appunto per questo mi sono premunito portando un ap­parecchio radio.

Notaio                           - Per farne che?

Attilio                           - Ah, caro lei! Sentiamo il segnale orario della mezzanotte. Non vorrà dubitare...

Notaio                           - Oh, io non dubito mai. Posso ri­mettermi al segnale orario.

Attilio                           - Naturalmente. Lei non penserà che, per un difetto di orologio, io debba assu­mermi la paternità di un figlio che non è mio.

Notaio                           - Non ho mai preteso questo.

Attilio                           - Meno male.

Notaio                           - Come lei può capire, io non ho al­cun interesse particolare in questa faccenda. Per me, che il figlio nasca prima di mezzanotte o dopo mezzanotte è perfettamente la stessa cosa. Verbalizzo, e basta.

Attilio                           - Beato lei. Io invece...

Notaio                           - Sono le fortune della vita, caro si­gnore.

Attilio                           - Fortune?

Notaio                           - Il destino.

 (Suono di campanello).

Attilio                           - (regola la radio).

Radio                            - La cultura delle barbabietole nel Pe­rù è certamente...

Attilio                           - (chiude la radio).

Cameriera                      - (introduce dal fondo Aldo) Si accomodi.

Aldo                              - (va incontro al Notaio) Buona sera, signor Notaio.

Notaio                           - (dandogli la mano) Buona sera. Lei sta bene?

Aldo                              - Bene, grazie. Nulla di nuovo anco­ra, eh?

Notaio                           - Non ancora. Siamo qui...

Aldo                              - (guardando l'orologio da tasca) Man­cano ventisei minuti. Oramai, credo...

Notaio                           - Mah!

Attilio                           - (che ha guardato Aldo con stupore) Scusi, io non ho il piacere di conoscerla, ma mancano 25 minuti e mezzo.

Aldo                              - Ah, sì? Tanto meglio. (Rimette l'oro­logio).

Attilio                           - (guarda il notaio con aria interroga­tiva).

Notaio                           - (impacciato) Veramente, non so se debbo...

Aldo                              - Oh, per me... (Va verso Attilio).

Attilio                           - (porge la mano, poi, insospettito) Ma... (Al notaio) Chi è?

Notaio                           - E'... l'altro interessato.

Attilio                           - L'amante di mia moglie?

Aldo                              - Oh, Dio, signore: capisco che possa non farle piacere vedermi.

Attilio                           - Ah, no, davvero!

Notaio                           - D'altra parte, lei deve convenire che il signore non avrebbe potuto mancare al lieto evento.

Attilio                           - Lo chiami lieto.

Aldo                              - Certamente. Lei non può immagina­re l'ansia e la gioia della paternità.

Attilio                           - E viene a dirlo proprio a me?

Aldo                              - Scusi.

Attilio                           - Scuso un bel niente.

Aldo                              - D'altra parte, oramai, quello che è stato è stato...

Attilio                           - Ah, no! Per fortuna non è ancora stato nulla!

Aldo                              - Come?

Attilio                           - Per lo meno, non è ancora stato tutto. Eh, no! Perchè il lieto evento, come lo chiama lei, poteva essersi verificato già da qual­che settimana, ma fortunatamente siamo arri­vati fino a ora, e io le assicuro che, se passiamo questi ultimi minuti e arriviamo fino a mezza notte, io faccio una tale festa di gioia che non può nemmeno immaginarsela.

Aldo                              - Quanto a questo, le assicuro che non ha la più pallida idea della festa che farò il se il bambino nascerà dopo mezzanotte.

Attilio                           - (stupito) Come?

Aldo                              - Naturalmente. Il bambino è mio. Mi lo crede forse suo?

Attilio                           - Nemmeno per sogno!

Aldo                              - E allora? Suppone forse che io voglia rinnegare mio figlio?

Attilio                           - (soddisfatto) Ah, no?

Aldo                              - Il figlio del mio amore?

Attilio                           -  (urtato) Lasci stare l'amore, adesso.

Aldo                              - Nossignore: il figlio è mio, mio, mio,

Attilio                           - E se lo tenga! Allora, siamo per­fettamente d'accordo.

Aldo                              - Perfettamente. E non vedo il motivo di tutte queste precauzioni... Non c'è che rfl mettersi al destino.

Attilio                           - (traendo in disparte Aldo e parlan­dogli sottovoce) Giacché vedo che lei è una. persona ragionevole, e, a parte tutto, magari uni gentiluomo...

Aldo                              - Magari?!

Attilio                           - Non potrà pretendere che proprio io le rilasci una patente di gentilomeria.

Aldo                              - Non pretendo tanto.

Attilio                           - E, allora, potremo aiutale un po-| chino... Sa? basta un pochino... Potremo aiu­tare un pochino il destino...

Aldo                              - In che modo?

Attilio                           - In un modo molto semplice. Lea trova giusto che il figlio venga assegnato a lei; anzi, lo desidera...

Aldo                              - Lo esigo...

Attilio                           - Tanto meglio. Lo esige. Siccome lo esigo anch'io, non capisco perchè non potrem­mo metterci tranquillamente d'accordo: si sta­bilisce fino d'ora che il bambino è nato dopo la mezzanotte. E tutti pari.

Aldo                              - Per parte mia non ho nessuna diffi­coltà.

Attilio                           - (felice) Benissimo! Allora, siamo d'accordo... (Nell'entusiasmo, fa per dargli la mano, ma, poi, si ritrae, e ripete, per darsi un contegno) Siamo d'accordo. Non manca che av­vertire il notaio.

Aldo                              - Se mi permette, intanto che lei av­verte il notaio, io vado a salutare un momento la signora. (Esce da destra).

Attilio                           - (rimane male) Faccia pure. (Poi, al notaio) Signor notaio, tra me e il signor... Non so nemmeno come si chiami. Strano! Non mi è una fisonomia nuova: debbo averlo incon­trato in qualche posto...

Notaio                           - Maffi, Aldo Maffi.

Attilio                           - Maffi? Non ricordo. Non importa. Dunque, tra me e il signor Maffi, siamo venuti a un accordo. Siccome tutti e due abbiamo inte­resse che la nascita avvenga dopo mezzanotte, abbiamo deciso senz'altro che il lieto evento av­venga dopo mezzanotte...

Notaio                           - Non mi pare che questo possa di­pendere da loro.

Attilio                           - Certamente: dal momento che chiudiamo un occhio tutti e due...

Notaio                           - Ah, no! No, egregio signore. Loro possono benissimo chiudere un occhio. Ma, io, no.

Attilio                           - (stupito) Lei, no? E che cosa c'en­tra, lei?

Notaio                           - Ah! Io, qui, rappresento la legge. Io sono chiamato qui a verbalizzare la verità, e nessuno potrà mai indurmi a dichiarare il falso.

Attilio                           - Ma dal momento che siamo con­tenti noi...

Notaio                           - Non sono contento io!

Attilio                           - Ma questa è bella!

Notaio                           - 0 bella o brutta, è così. Io sono un pubblico ufficiale, caro signore.

Attilio                           - Ma qui siamo in casa nostra.

Notaio                           - Ma loro mi hanno chiamato...

Attilio                           - Benissimo! Noi l'abbiamo chia­mato: adesso, non abbiamo più bisogno di lei, e, allora, le diciamo: «Caro signor notaio, gra­zie mille delle sue prestazioni, ci presenti la nota dei suoi onorari, noi la saldiamo, arrivederci, e tutti pari... ».

Notaio                           - Questo, sì: lei è padronissimo di rinunciare quando vuole all'opera mia.

Attilio                           - E io ci rinuncio.

Notaio                           - Non ho nulla da obiettare. (Racco­glie i suoi fogli in una busta).

Attilio                           - Se vuol dirmi quanto è il suo ono­rario.

Notaio                           - Oh! Provvederemo poi, provvede­remo poi... (Prende il cappello).

Attilio                           - Come crede. (Accompagnandolo alla porta) Naturalmente, vero?, parliamo tra gentiluomini.,, rimane tutto tra noi...

Notaio                           - Questo, no.

Attilio                           - (stupito) No?!

Notaio                           - Io sono un pubblico ufficiale : ho il sospetto che qui si stia per commettere un falso...

Attilio                           - Un falso?

Notaio                           - Certamente. E, io, come pubblico ufficiale, ho il dovere di avvertirne la polizia.

Attilio                           - Non ci mancherebbe altro!

Notaio                           - Ah, certamente, signore! Uscendo di qui, io ho il dovere di dare comunicazione del mio sospetto al commissario di pubblica si­curezza.

Attilio                           - Ma come?

Notaio                           - Del resto, mi pare che, oramai, lei abbia molte probabilità di essere accontentato.

Attilio                           - Mancano ancora dieci minuti.

Notaio                           - Dieci minuti non sono un'eternità.

Attilio                           - Ma bastano per far nascere dieci bambini!

Notaio                           - Insomma, io non so che farci.

Attilio                           - Ma no, scusi, signor notaio, venga qui: ragioni... (Gli prende la busta e il cappello e lo riconduce verso una sedia) Dal momento che noi siamo d'accordo...

Aldo                              - (entra da destra).

Attilio                           - Ecco: ecco qua. (A Aldo) Siamo o non siamo d'accordo che il bambino nasca do­po la mezzanotte?

Aldo                              - Certamente.

Attilio                           - E il notaio dice che non vuol sa­perne.

Aldo                              - (al Notaio) Ma come? Scusi...

Notaio                           - E' inutile, sa? Non si provi a con­vincermi perchè l'avverto che lei commetterebbe un reato: tentativo di corruzione di pubblico ufficiale.

Aldo                              - Dio ine ne guardi. Io volevo soltanto farle osservare...

Attilio                           - (si è alzato piano piano; va alla pen­dola e dà una ditata alla lancetta spingendola verso mezzanotte; poi, va a regolare il crono­metro).

Notaio                           - Non c'è nulla da farmi osservare. La miglior cosa che lor signori possano fare è quella di aspettare la mezzanotte, e... (La pen­dola suona la mezzanotte).

Aldo                              - (in piedi, raggiante) Mezzanotte!

Attilio                           - (rimettendo in fretta l'orologio in ta­sca) Mezzanotte!

Notaio                           - (calmo, traendo di tasca Vorologio) Mezzanotte?!

Attilio                           - Certamente! (Mostra l'orologio da tasca e il cronometro).

Notaio                           - (portandosi l'orologio all'orecchio) Ah, no! Qui mi si vuole ingarbugliare! Qui si tenta un reato! Mancano ancora dieci minuti!

Attilio                           - Ma non è vero! Il suo orologio si sarà fermato!

Notaio                           - Impossibile!

Aldo                              - (guardando il cronometro) Qui, mez­zanotte e due minuti!

Notaio                           - Nemmeno per sogno! (Va al telefo­no e chiama) Adesso sentiremo (ascolta). Le Ventitré e quarantanove, cari signori! A me, non la si fa!

Attilio                           - (sconfortato) E' finita!

Aldo                              - (a Attilio) Vede che cosa ha portato con la sua smania di chiamare il notaio?

Attilio                           - Ma chi avrebbe pensato...

Notaio                           - (a Aldo) Io non capisco, poi, per­chè lei si picchi a volere per forza che il bam­bino nasca dopo la mezzanotte.

Attilio                           - Non capisce? Si vede che, proprio, lei non intende l'orgoglio della paternità, e...

Aldo                              - (al Notaio) Vorrebbe forse che io permettessi che mio figlio risultasse figlio di un altro? Ma è sangue mio, sa?

Attilio                           - Sangue suo!

Aldo                              - E io dovrei volere che questa creatura nata dal mio amore...

Attilio                           - (seccato) Ma lasci stare l'amore...

Aldo                              - Sì, dal mio amore!

Attilio                           - E vada anche per l'amore! E' una fissazione!

Aldo                              - Io non potrò mai permettere che questa creatura vada nel mondo con un nome che non le appartiene: voglio darle il nome mio! Sono orgoglioso di darle il nome.

Attilio                           - Bravo! È orgoglioso.

Notaio                           - Ma il nascituro non potrà mai por­tare il suo nome.

Aldo                              - Come no?

Notaio                           - Eh, no. Perchè la madre è sposata. Quindi, o il figlio porta il nome del padre o, in caso di disconoscimento, il nome della madre, risultando il padre ignoto.

Aldo                              - Di padre ignoto? Mio figlio dovreb­be risultare di padre ignoto?

Notaio                           - Oppure portare il nome del signore (accenna Attilio) come marito della madre.

Attilio                           - Ah, no! Intanto siamo d'accordo che nascerà dopo la mezzanotte.

Aldo                              - No, no, no, no! Non siamo d'accor­do affatto!

Attilio                           - Come no?

Aldo                              - Eravamo d'accordo. Adesso, non lo siamo più.

Attilio                           - Ma come?

Aldo                              - Eh, no! Eravamo d'accordo perchè io credevo di poter dare il mio nome a mio figlio. Ma adesso, tutto è mutato! (Guarda l'orologio e rimette a posto le lancette della pen­dola).

Attilio                           - Ma non è mutato per me.

Aldo                              - Sì. Anche per lei.

Attilio                           - Come?

Aldo                              - Anche per lei. Perchè io non posso credere che un uomo di coscienza e di cuore voglia permettere che una creatura innocente porti per tutta la vita il marchio della paternità ignota.

Attilio                           - Doveva pensarci prima!

Aldo                              - (severo) Mi stupisco, signore, che lei osi parlare così.

Attilio                           - Ma questa è bellissima. Ma lei dimentica di essere l'amante di mia moglie?

Aldo                              - Anzi! Appunto perchè sono l'amante di sua moglie le parlo così,

Attilio                           - E vorrebbe che io fossi contento di dare il nome ai suoi figli?

Aldo                              - Non esageriamo: ai miei figli! A un figlio.

Attilio                           - E le par poco?

Aldo                              - Meno di uno, non saprei.

Attilio                           - Ma io non mi rendo più conto: mi pare di essere impazzito! Quasi quasi sembra che io sia dalla parte del torto.

Aldo                              - Non sembra: è: lei è dalla parte del torto.

Attilio                           - E' straordinario! Senta, caro si­gnore: io mi conforto soltanto di una cosa: che mancano quattro minuti a mezzanotte...

Notaio                           - (guardando l'orologio) E due se­condi...

Attilio                           - E diamogli anche i due secondi... Ma oramai lei può star certo che questo lietis­simo evento non avverrà prima della mezzanotte suonata, e quindi...

Sofia                             - (entra di corsa da destra) Maschio! Maschio! È nato ora! Maschio! (Rientra a de­stra di corsa).

Attilio                           - Ah, no! Questo, poi, no! Per quattro minuti!...

Aldo                              - (caricaturale) Oh! Che momento di ineffabile gioia!

Attilio                           - Ma io voglio vedere. (Fa per av­viarsi a destra).

Aldo                              - (frapponendosi) Ah, no! Non le per­metto di disturbare la signora.

Notaio                           - Andrò io. (Va a destra).

Aldo                              - Lui, sì.

Attilio                           - Ma perchè io no? Se fosse tutta un'impostura? Tutta una menzogna?

Lei osa dubitare?          - Oramai, dubito di tutto. C'è il notaio per questo. Lo ha chiamato lei!

Attilio                           - Bell'affare ho fatto a chiamarlo! Ah, ma se lei crede che con questo sia tutto finito, si sbaglia!

Notaio                           - (entrando) La puerpera e il neona­to godono ottima salute.

Attilio                           - Tanto piacere!

Aldo                              - (melodrammatico) Ah! Mio figlio! Mio figlio! (Entra a destra).

Notaio                           - Non rimane che verbalizzare. Scusi: l'ora esatta: erano, mi pare, le 23,56.

Attilio                           - Senta, signor Notaio: per quattro minuti... Facciamo un accomodamento... Pote­va andarle male l'orologio...

Notaio                           - Le ho già detto che non transigo.

Attilio                           - Ma lei capisce che io debbo sorbir­mi un figlio non mio?

Aldo                              - (entrando) Oh, se lei lo vedesse, se lo vedesse...

Attilio                           - Non me ne importa nulla.

Aldo                              - Non dica così: se lo vedesse! Può essere l'elice di dare il suo nome a una crea­tura così bella...

Attilio                           - Eh, altro che felice!

Aldo                              - Le assicuro che io preferisco non lo veda perchè, avrei paura che, vedendolo, me lo portasse via.

Attilio                           - (pensa un attimo. Poi) Avrebbe paura che glielo portassi via?

Aldo                              - Quasi.

Attilio                           - Lasci il quasi, e si tenga la paura.

Aldo                              - Come?

Attilio                           - Ah, sì! Lei ha voluto per forza che il bambino portasse il mio nome? Bene. Allo­ra, io mi prendo il bambino.

Aldo                              - Vorrà scherzare.

Attilio                           - Non scherzo affatto.

Notaio                           - E' nel suo diritto.

Attilio                           - Oh, meno male che, una volta tanto, ho un diritto anch'io!

Aldo                              - Ma perchè?

Attilio                           - Perchè è nato prima della mezza­notte.

Notaio                           - Alle 23,56.

Aldo                              - Ah, ma non sente la voce del sangue?

Radio                            - Attenti al segnale orario delle ore ventiquattro. Ventitré e cinquantanove...

Attilio                           - E lei, allora, se sente la voce del sangue, perchè vuole per forza dare a suo figlio il mio nome?

Aldo                              - Perchè non posso dargli il mio.

Attilio                           - Bella ragione!

Radio                            - Meno trenta...

Notaio                           - La soluzione è una sola: il nome conta fino a un certo punto: il signore (ac­cenna Aldo) conosce il suo dovere, e speriamo che voglia compierlo.

Attilio                           - Cioè?

Notaio                           - Speriamo che pensi ad allevare e mantenere il figlio.

Attilio                           - Perchè? Se non ci pensasse...?

Notaio                           - Toccherebbe a lei, naturalmente.

Attilio                           - Naturalmente?

Radio                            - Meno quindici...

Aldo                              - Quanto a questo, io sono qui pronto a prendere qualunque impegno.

Attilio                           - Sì, ne convengo, ma...

Radio                            - Meno dieci...

Aldo                              - Anche in caso che lei dovesse mo­rire...

Attilio                           - Ma le pensano proprio tutte!

Radio                            - Meno cinque... quattro... tre... due... uno... (squillo).

Attilio                           - Ma guardate un po' che cos'è la vita: sarebbe bastato che quel piccolo squillo si fosse sentito quattro minuti prima, e tutto sa­rebbe mutato...

Notaio                           - Ma! Fatalità! Posso chiudere il ver­bale?

Attilio                           - Eh! Se non c'è altro da fare...

Notaio                           - Come testimoni fungeranno l'infer­miera e la cameriera. Vado a far firmare... (Si avvia a destra. Presso la porta si scontra con Sofia).

Sofia                             - (esce a corsa da destra) Un'altra! Un'altra! Una bambina! Una bambina! Una bambina!...

Attilio                           - (trionfante a Aldo) Ah! questa è tutta sua! E poi dicono che il destino è cieco! Finalmente, mi è stata resa giustizia!

Aldo                              - (si precipita di corsa a destra).

Notaio                           - Ma, allora, bisogna riaprire il ver­bale! (Va al tavolino).

Attilio                           - Sì. E, questa volta, scriva: era mezzanotte passata, era il 3 luglio, erano tra­scorsi i 300 giorni dalla separazione dal marito, e la bambina è figlia del signor Aldo Mani. E che, una buona volta, un verbale serva a qual­che cosa!

Notaio                           - Mi dispiace, ma io non posso scri­vere tutto questo.

Attilio                           - Neanche ora? Ma è mezzanotte suonata!

Notaio                           - Io mi limito a narrare i fatti: il giudizio spetterà al magistrato. Ma ho i miei dubbi che la sentenza possa essere favorevole a lei, perchè c'è l'articolo...

Attilio                           - Eh?! E, allora?

Notaio                           - Allora, penso che con ogni proba­bilità, tutti e due i neonati saranno attribuiti a lei.

Attilio                           - Non ci mancherebbe altro! Ma, allora, io debbo assolutamente essere becco e bastonato?

Maria                             - (compare nel fondo in toilette e man­tello da sera) Ne l'uno né l'altro, mio caro.

Attilio                           - (si volta, e dà un balzo) Eh? Tu? Di dove vieni?

Maria                             - Dal teatro.

Attilio                           - Ma come? E i bambini...?

Maria                             - I bambini non ci sono, natural­mente.

Attilio                           - Ma che significa...?

Maria                             - Significa che spero tu abbia impa­rato che se le mogli, quando sono tradite, vi rendessero davvero dente per dente, potreste andare incontro a tali conseguenze che non im­maginate nemmeno.

Attilio                           - Ma, allora, tu...?

Maria                             - Io? Io ho sofferto, come ogni don­na che ama; e ho voluto darti una lezione: ma sta' certo, senza far nulla che possa dispia­certi.

Attilio                           - (va per abbracciarla) Maria! (Ve­de entrare Aldo, si tira indietro) Un momento! E quel signore?

Maria                             - (presentando) Silvio Mari, attore drammatico, mio biscugino che si è prestato gen­tilmente a interpretare la parte deliziosa di fu­turo papà.

Attilio                           - Per Bacco! Mi pareva, di averlo veduto qualche altra volta! (Porgendogli la mano) Molto piacere. Lei, un interprete per­fetto.

Aldo                              - Grazie. Ma anche il signor notaio... Ha un avvenire artistico dei più lusinghieri. Ne faremo un filodrammatico.

Attilio                           - Così smetterà finalmente di verba­lizzare.

Notaio                           - Dico bene: e i verbali?

Attilio                           - Li stracci pure!

Maria                             - No, no.

Attilio                           - Perchè?

Maria                             - (guardando Attilio) Con lui? Non si sa mai...

FINE DELLA COMMEDIA