La scelta migliore

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LA SCELTA MIGLIORE

Un testo che richiama l’attenzione dei giovani sulla questione delle discriminazioni – razziali in questo caso – e di come il peso del pregiudizio e della diversità sia avvertito anche in ambienti che dovrebbero essere “stagni” e tra individui (i ragazzi) per i quali il progresso ambientale e culturale non sempre riesce ad essere agile strumento per eliminare le barriere.

(ESTER ANNETTA

Via del Casale Giuliani n. 46

00141 Roma

Cell. 339 3034840

Posizione SIAE n. 212341 – Sez. D.O.R. Autori)

LA SCELTA MIGLIORE

Scena I

Un angolo di bosco; un grande ramo frondoso sembra fare da tetto ad un piccolo spazio contornato da erba e fiori; piccoli panchetti fatti di cortecce di sughero sono allineati come i banchi di una classe; su un’estremità, la cattedra e la lavagna.

Fuori campo si odono versi e cinguettii.

VOCE NARRANTE - E’ la vigilia della tanto attesa festa di primavera e, a Cricetown, i preparativi sono quasi ultimati.

Il grande spiazzo al centro del bosco è stato allestito con piccole capannine di sterpi intrecciati, da cui già si diffonde il dolce e intenso odore dello zucchero caramellato che avvolge semi di sesamo, nocciole e mandorle.

Tutt’intorno è in un via vai di zampette laboriose e squittii gorgoglianti che si sovrappongono e confondono.

Anche a scuola, tra i criceti di tutte le età, l’atmosfera è più allegra e concitata che mai.

E’ appena terminata la ricreazione, e dal cortile della “Hamster School” un gruppo si giovani studenti rientra in classe discorrendo.

ADAM – Hai fatto una pessima partita: sei rimasto fermo in mezzo all’area senza mai inseguire la palla, e così quei rotoli di pelo degli avversari hanno riempito il canestro! Che t’è preso, Bertold? Che schifo!

Avrei voluto sostituirti già dal primo minuto, ma oggi mi sento buono all’idea che domani sarà festa!

BERTOLD – Scusatemi ragazzi, ma comincia a far caldo…poi sudo e…non mi piace lavarmi!

CONRAD – Vuoi dire che l’hai fatto apposta?

ADAM – Tanto non cambia nulla: ti lavi così poco che hai comunque un pessimo odore! Sfido qualunque cricetina ad avvicinarsi a te domani! Fossi in te, ci penserei. Che schifo!

BERTOLD – Beh, no! Domani mi laverò: lo faccio sempre per la festa di primavera, e poi basta.

CONRAD – Avete visto che enorme ruota panoramica hanno piantato al centro dello spiazzo nel bosco? Da lassù forse si possono vedere persino le luci della città degli umani, oltre il fiume.

E le stelle, miliardi di stelle, più luminose e vicine.

ADAM – Puah! Che schifo! Che schifoso romantico!

BERTOLD – Uffa! Sempre “Che schifo!” Non sai dire altro? C’è una cosa che ti piace?

ADAM – Si, ma non ve lo dico! Non voglio sembrare anch’io uno…schifoso romantico!

BERNARD e CONRAD – (Ridono)  Ahhh! Non sarà mica Lucy? (lo canzonano).

Durante questa conversazione, Miguel è rimasto appartato accanto al suo panchetto, nell’angolo più remoto della classe.

Miguel è un Porcellino d’India, originario delle Ande, come la sua razza.   

Più volte ha accennato ad avvicinarsi al gruppetto, esitando.

Infine si dirige verso Adam.

MIGUEL – Ola!

ADAM– Ola? Ehi, quechua, ancora non hai imparato a salutare nella nostra lingua? Non sei più nel tuo bosco tra le Ande, ricordi?

MIGUEL – Scusa Adam. Ciao!

ADAM – Hai fatto quello che dovevi fare?

MIGUEL – Ecco, volevo parlarti proprio di questo….

In quel mentre rientra in classe il Prof. Crunch, occhiali spessi e baffi arrotolati, con l’aria più severa del solito. E’ seguito da Jimmy, visibilmente contrariato.

Tutti i criceti si affrettano a tornare sui loro panchetti.

Il Prof. Crunch poggia pesantemente sulla cattedra il suo registro e lancia un’occhiata fiammeggiante intorno.

PROF. – E’ accaduto qualcosa di davvero vergognoso, un’infamia per voi e per tutta Cricetown,  finora fiore all’occhiello delle comunità roditrici abitanti nel Bosco dei Merli.

Giovani cari, a cosa vi serve essere volenterosi e diligenti se non siete anche corretti e rispettosi? Siete nati liberi; non vivete chiusi in gabbia in case di umani, uccisi dalla noia di far girare una ruota tutto il giorno.

Ma questa libertà ha un prezzo: il rispetto degli altri e dei valori.

Abbiate il coraggio delle vostre azioni, mostrate virtù e debolezze. Siate veri, perché è sull’autenticità che cresce la stima, non sulla temerarietà!

Sapete a cosa mi riferisco: due giorni fa qualcuno ha sottratto a Jimmy il suo campionario di semi, quelli che osserva in laboratorio. Sarò costretto a punire tutta la classe se il colpevole non si farà avanti al più presto.

E ora potete andare. Il Preside, in vista della festa, vi concede l’uscita anticipata.

In silenzio tutti si alzano ed escono. Adam, Bernard e Conrad uscendo lanciano un’occhiata furtiva a Miguel che è rimasto seduto nel suo panchetto, immobile, con lo sguardo basso.

Jimmy sta sistemando il suo zaino. Quando è ormai sulla porta e sta per uscire, Miguel quasi di scatto lo raggiunge e lo ferma.

 

MIGUEL – Jimmy, aspetta. Devo parlarti.

Jimmy si volta sorpreso, posa lo zaino a terra e guarda Miguel cupo, senza parlare.

MIGUEL – Sono stato io.

Ecco i tuoi semi (e nel dirlo tira fuori da suo zaino un sacchetto). Ora vado a cercare il Prof. Crunch per raccontargli quello che è successo.

Perdonami se puoi. Mi dispiace davvero.

Jimmy strappa dalle mani di Miguel il sacchetto che gli tende, e nell’atto di andarsene, sibila:

JIMMY – Te la farò pagare, brutto quechua!

MIGUEL – Lo so quant’è grave quello che ho fatto: ho sentito dire che ci sono paesi degli umani dove tagliano le mani a chi ruba.

Volevo solo non essere più invisibile…

JIMMY – (Si ferma, sorpreso e incuriosito) Che vuoi dire?

MIGUEL -  Ho cambiato villaggio e tana un sacco di volte prima di arrivare qui; i miei genitori cominciano ad invecchiare, ed è ormai un po’che viviamo a Cricetown.  Eppure da quando sono nella vostra classe non ho mai cambiato posto: sono rimasto sempre lì, in fondo a tutti, ultimo di tutti.

Sono l’unico Porcellino d’India in mezzo a sedici criceti; questa è la Vostra classe, non è mai diventata anche la mia.

Nessuno mi cerca mai, gioca con me, mi offre la sua merenda, né mi ha mai invitato nella sua tana o chiesto di raccontargli della mia terra o la mia storia.

Non che mi trattiate male, no: semplicemente mi ignorate.

Mi mancano tante cose: i sorrisi, gli sguardi complici, anche solo uno squittio di saluto.

Osservo i vostri giochi in disparte, e non mi invitate mai: sono ciccione, è vero, ma non sono meno agile di voi!

Spesso, nella mia stanza, squittisco a lungo cercando di rendere il suono più simile possibile al vostro, e questo trasformarmi quasi mi fa sentire in compagnia.

E poi c’è Lucy, quella cricetina con gli occhi grandissimi.

Mi piace tantissimo, ma non trovo il coraggio di parlarle; ho paura ad avvicinarla: se ridesse di me, della mia goffaggine? forse mi disprezza, come tutti. E allora io mi accontento di guardarla da lontano, quando non se ne accorge, e le parlo nei miei pensieri.

JIMMY–  Senti, mi dispiace dei tuoi problemi e pure della cotta che hai preso per mia sorella; ma certo non ti aiuterò con lei solo perché mi hai reso i semi dopo averli rubati!

 

MIGUEL – Non è come pensi; non è stata una mia scelta.

JIMMY – Non capisco.

MIGUEL – Adam. Lui è un po’ il “capo”, il più coraggioso, il più spavaldo. Tutti fanno quello che dice lui.

Credevo che, diventando suo amico, anche gli altri lo sarebbero diventati e sarei stato finalmente uno di voi.

JIMMY – Adam! Quello sbruffone! Lo sai? Credevo che fosse stato lui a rubarmi i semi! Una bravata delle sue per farsi ammirare da quegli stupidi dei suoi amici! Perché ti interessa tanto piacergli?

MIGUEL –Te l’ho detto: ho capito che solo se piaccio a lui anche gli altri si accorgono di me. Perfino tua sorella.

Gli ho chiesto se potevo far parte del suo gruppo, diventare uno di loro.

Mi basterebbe che almeno vi ricordaste tutti il mio nome, invece di chiamarmi Quechua!

Lui mi ha risposto che si poteva fare, ma che dovevo superare una prova.

JIMMY – Una prova? Una specie di rito di iniziazione?

MIGUEL – Si. Per dimostrare il mio coraggio e poter stare con loro, avrei dovuto rubare i semi da studio del “criceto da laboratorio” - così ti chiamano! – , il più bravo della classe: tu, che sei pure il fratello di Lucy!  

JIMMY - Fammi capire, Miguel: ma se dovevi dimostrare il tuo coraggio, perché allora mi hai restituito i semi? Forse non è bastato? Non hanno mantenuto la promessa? Ti hanno solo preso in giro?...

MIGUEL – (Interrompendolo) Perché l’amicizia che avrei ottenuto in cambio sarebbe stata “rubata”, proprio come i tuoi semi.

Cosa me ne faccio di un legame che non è leale e corretto? L’amicizia è una conquista,  non una merce di scambio; soprattutto se il prezzo da pagare è la propria onestà.

Ad un ordine di Adam, forse tutti in classe avreste cominciato a darmi retta; ma non mi sarebbe sembrato un interesse vero, un’amicizia sincera. E, soprattutto, non avrei mai più trovato il coraggio di avvicinare Lucy.

Ho tenuto con me due giorni i tuoi semi, e tutto quello che ho provato non è stato né orgoglio né gioia, ma solo disagio, rabbia e vergogna.

Sono rimasto chiuso nella mia camera tutto il tempo, anche per evitare le domande dei miei genitori che mi vedevano inquieto; finché ho deciso che non mi importava niente di Adam e di tutti voi se la colpa mi faceva stare così male.

Ecco, ora sai tutto, e lo so che adesso tutti mi eviterete più di prima e mi odierete.

Me lo merito.

Ma tu almeno, riconoscimi di aver avuto più coraggio adesso di quello che mi è servito per rubare.

Mi dispiace davvero, Jimmy.

Miguel abbassa gli occhi e lentamente si avvia verso l’uscita.

Jimmy ha un moto istintivo, come se volesse trattenerlo; ma Miguel non lo vede ed esce. Jimmy rimane ancora un momento incerto, poi raccoglie i semi e il suo zaino e va via.

Scena II

Tardo pomeriggio.

Nella tana ricavata all’interno del tronco cavo di un grande albero abbattuto da tempo, ai margini del bosco, Miguel è chiuso nella sua stanza. E’ seduto sul suo panchetto, intento a scrivere su di un quaderno sopra cui - attraverso una piccola feritoia - sembra concentrarsi la luce di uno degli ultimi raggi del sole.

Scrive i pensieri che intanto racconta:

MIGUEL – Caro diario, mi sforzo di sembrare simile più che posso a chi continua a non volermi.

In questo bosco, in questo villaggio dove io e la mia famiglia siamo gli unici diversi, fatico a trovare uno spazio. Ma non voglio comprarlo, voglio conquistarlo, perché solo così un giorno potrò sentirmi uguale agli altri, anche se sono di un’altra razza, anche se sono così goffo e ciccione, anche se il mio squittire suona diverso da quello di tutti.

Un giorno forse diventerò qualcuno, un ingegnere famoso che avrà costruito un’altissima ruota panoramica o dei congegni di comunicazione che, inseriti nelle gabbiette dei criceti di città, li possano tenere in contatto con i loro amici del bosco!

E allora tutti mi vorranno bene, e mi accoglieranno, e non mi vedranno più diverso.

Ma oggi non è ancora così; oggi è solo fatica e dolore. Si aggiungono a quelli che ogni straniero come me - anche umano, forse - prova nel lasciare le sue cose, la sua casa, i suoi amici.

E’ la fatica di farsi vedere, di non essere trasparenti, di dimostrare di essere come tutti.

E’ il dolore di mancanze che non si colmano, di sguardi che non siano di diffidenza o compassione, di parole buone, di sorrisi veri, di amicizia.

Mia madre mi aveva promesso che presto avrei avuto nuovi amici e imparato nuovi giochi; ma la vedo la tristezza nei suoi occhi quando le chiedo se un giorno rivedrò il mio amico Josè. Lei capisce, lei sa.

E in più adesso, dopo questo errore, cosa posso aspettarmi? ho infranto la regola del rispetto e dell’onestà per seguire il mio egoismo, il mio bisogno.

Mi sono pentito e ho rimediato per quello che potevo. Ma il conto resta in sospeso: se non con la mia coscienza, con il giudizio degli altri.

Pagherò, lo so, con la solitudine e l’assenza…che in fondo non sono nulla di nuovo o di più di ciò che è sempre stato finora; solo saranno ancora più estreme.

Da oggi in poi, più che mai, saremo soli tu ed io, caro Diario.  

Miguel richiude il quaderno. Alla luce ormai morente le lacrime brillano in bilico sui suoi grandi occhi.

In quel mentre qualcuno bussa. Passi sottili, squittii leggeri….

Un breve silenzio; poi nella penombra, un musetto si affaccia nella stanza.

MIGUEL –  Chi è?

Una figura sottile entra in luce: è una cricetina con un sorriso dolcissimo che accentua gradualmente la luce in quello spazio.

Si avvicina a Miguel:

LUCY – Ciao Miguel, sono Lucy.

Ti andrebbe di portarmi a fare un giro sulla ruota panoramica?

Buio.