La scuola del dolore

Stampa questo copione

 


Moralità in un atto

di Félicien MARCEAU

Titolo originale dell'opera L'ÉCOLE DES MOROSES

Versione italiana di Gian Renzo MORTEO

da IL DRAMMA n. 208

del 1° Luglio 1954

LE PERSONE

LEI: sulla trentina, ma senza freschezza né brio.

Cappello e soprabito di colore smorto

LUI: trentacinque anni

* Tutti i diritti riservati e per qualsiasi adattamento, al rappresentante in Italia dell'autore Belisario L. Randone - Via Campania 10 - Roma.

Félicien Marceau è uno dei più giovani ed apprezzati scrittori frantesi: ha quarant'anni, ed ha al suo attivo romanzi come Chasseneiul; Capri, petite île; L'homme du roi; Bergère légère, ed in questi giorni è uscito un suo volume di novelle En de secrètes noces. La commedia in un atto che pubblichiamo e il suo primo contatto col teatro ed è servita a completare per duecento sere lo spettacolo al Théâtre Hébertot, insieme a Fils de personne di Montherlant. Anche da questa scena è facile riconoscere uno scrittore di romanzi, ma l'originalità di École des moroses consiste nell'aver portato sulla scena, in modo così brutale ed insieme felice, una morale che urta la maggior parte del pubblico: quella della infelicità come condizione normale. Mettendo in scena questa piccola commedia Jacques Hébertot ha dichiarato che non sempre un « lever de rideaut » deve essere un divertimento secondo la tradizione, e che egli stesso aveva proposto all'autore di indicare il suo atto unico come « moralità » e non commedia. Una moralità, infatti, molto indicativa per combattere, secondo il desiderio dell'autore, quelle persone che hanno la tendenza al dramma, che vivono in un perenne stato di depressione, che fanno scuola di dolore e di tristezza e non riescono a concepire come si possa invece essere felici, dal momento che essi ritengono l'esistenza « una valle di lacrime » nella quale « siamo nati per soffrire »: è il primo passo verso la sventura, cercata, voluta, desiderata. Occorreva un autore di grande sensibilità ed accortezza per trattare sulla scena, felicemente, un simile tema.

(La scena si svolge a Roma, in una stanza di sog­giorno. Una porta a sinistra. Un'altra in fondo. Una vetrata. Lei è sola, in piedi, aspetta; si capisce che è in visita. Quando si apre la porta di sinistra, ha un piccolo slancio, ma si ferma subito, stupita).

LUI   (entrando)   Buon giorno, signorina. Devo farle tutte le mie scuse. Ho cercato di telefonarle poco fa, ma lei era già uscita.

LEI   Ho pranzato fuori. Aveva qualcosa da dirmi?

(Lui parla educatamente, ma senza cordialità e quasi senza inflessioni, come se recitasse frasi imparate a memoria. Di primo acchito si indovina che tra i due personaggi esiste una certa ostilità).

LUI  Mia moglie mi aveva incaricato di presen­tarle le sue scuse. Una forte emicrania le impe­disce di riceverla.

LEI    Un'emicrania?  Povera  cara.  (Su un tono più vivace ma sforzato)  Faccio un salto in camera sua a salutarla.

(Lei si avvia verso la porta da cui l'uomo è entrato, ma anche lui si muove).

LUI   Non insista. Si tratta di una fortissima emicrania.

LEI   Per un'amica come me...

LUI  Anche per un'amica come lei.

LEI    (cambiando tono)   E se ritorno domani?

LUI      Non sono medico,  ma credo di poterle assicurare che questa emicrania durerà alcuni giorni.

LEI   E dopo questi... alcuni giorni?

LUI  Conto sul suo tatto.

LEI   Mi preclude dunque la sua porta?

LUI   (con una secca risatina)   La mia porta, no. Il mio appartamento, sì.

LEI    (sconcertata)   Siamo a questo punto?

LUI  A questo punto.

LEI   E Sandra è d'accordo?

LUI  Sì.

LEI   Lei però non ha avuto il coraggio di lasciare a Sandra il compito di congedarmi.

LUI  Sarebbe stato un rischio inutile.

LEI    (prendendo subito il sopravvento) Dunque lei non era tanto sicuro del fatto suo?

LUI  Non ha alcuna importanza.

LEI   E potrei sapere quale ragione, quale pre­testo, quale calunnia ha escogitato per farla accon­sentire?

LUI  Nessun pretesto. Per parte mia ho espresso un desiderio e mia moglie ha avuto la bontà di accontentarmi.

LEI   Povera cara!

LUI   (irritato)   L'ha già detto. Non vedo però che cosa possa giustificare il fatto che si chiami mia moglie « povera cara » due volte nel giro di tre minuti.

LEI   Niente? Le pare? Una reclusa...

LUI  Se lei fosse sposata, signorina, o più sempli­cemente se le fosse capitato di essere amata, saprebbe che in una coppia unita è talvolta un piacere farsi delle concessioni anche senza vederne l'utilità o la ragione. O meglio, senza vedervi altra utilità ed altra ragione se non quelle appunto di far un piacere.

LEI   Concessioni? Mi sembra di sentir parlare una suocera.

LUI  Non è detto che le suocere abbiano sempre torto.

LEI   Difatti non è un segreto che lei ha fatto lega con la sua.

LUI  Al solo scopo di assicurare la felicità di mia moglie.

LEI   Impedendole di vedere la sua fedele amica...

LUI  Non voglio cavillare sul suo diritto a questo titolo; mi permetta però di ricordarle che, durante i tre primi anni del nostro matrimonio, lei non ci ha dato alcun segno di vita.

LEI   Eravate in Svizzera.

LUI  Si possono dire molte cose sul conto della Svizzera, ma non mi sono mai accorto che la posta non vi arrivi. D'altronde, anche dopo il nostro ritorno a Roma, per più di un anno Sandra non ha sentito parlare di lei.

LEI   Avevo le mie ragioni.

LUI  Non ne dubito. Volevo semplicemente farle notare che la sua fedeltà si è rivelata piuttosto intermittente.

LEI   Dove vuole arrivare?

LUI  In nessun posto. Non pretendo di gareggiare con lei in sottintesi o in doppi sensi. Preferisco non dire mai più di quello che dico.

(Un silenzio).

LEI   Immagino che non mi resti altro da fare che andarmene...

LUI  Penso di sì.

(Lei va verso la porta del fondo, si ferma).

LEI   C'è una domanda alla quale non ha risposto. Senza dubbio perché rispondere la mette in imbarazzo.

LUI  Quale domanda?

LEI   Le sue ragioni. Le ragioni per cacciarmi in questo modo. Con Sandra le sarà stato facile imporre la sua volontà. Con me, invece, è diverso, la prevengo. Ho il diritto di conoscere le sue ragioni.

LUI  Non sarebbe meglio che ci separassimo con quest'innocente pretesto dell'emicrania?

LEI    (aggressiva)    Si tira indietro adesso? Troppo tardi. Io voglio conoscere le sue ragioni.

LUI  Se le fa piacere... Lei ne ha il diritto, del resto. In questo momento io le faccio ciò che, nel suo linguaggio, si chiama un affronto. Le devo una spiegazione. Si accomodi.

LEI   Durerà molto?

LUI  Potrebbe darsi. D'altronde mi diverte par­lare con lei. Adesso che ho evitato il pericolo, la sua storia mi interessa. Ma si accomodi... Un giorno dunque... Mi scuserà, debbo risalire molto indietro.

LEI    (ironica)    La faccenda interessa anche me.

LUI  Un giorno dunque, dopo quattro anni d'una felicità, io credo, davvero perfetta, mi è sembrato intravedere che mia moglie non fosse più così felice come prima.

LEI   Perché, lei se ne sarebbe accorto?... Mi stupisce.

LUI  La ragione?

LEI   Lei non deve capire gran che della sensibilità di una donna.

LUI  So che cosa chiama sensibilità. Quello strano gusto per il lamentevole, il sospiroso: quel curioso capovolgimento dei valori, per cui lo scacco trionfa sul successo, la malattia sulla salute, la sconfitta sulla vittoria; quella visione opaca d'un mondo grigio, pieno d'amarezza e di delusioni; quell'importanza attribuita a cose da nulla purché spiacevoli; quel sorriso piagnucoloso; quel riso fatto di sottintesi; insomma il gusto della sventura.

LEI    (gravemente, come se enunciasse un dogma)   Il rispetto della sventura.

LUI  Io, per conto mio, rispetto gli uomini, non le loro sventure. Il rispetto per il malato consiste nell'aiutarlo a guarire; per il povero, nell'aiutarlo ad arricchirsi.

LEI   La povertà arricchisce ben di più.

LUI  Frottole! Se le parole hanno un senso, dica lei come la povertà può arricchire? Come espe­rienza forse sì, ma a patto di poterne uscire... Da ragazza, mia moglie aveva un gusto per il morboso. Ma questo gusto, vicino a me, l'aveva perduto. Infatti, ecco un'altra cosa che la gente come lei sembra ignorare: che cioè una persona può cam­biare Non c'è alcun amore senza creazione, senza la creazione d'un figlio, o di due, o di sei, ma la creazione anche, in noi stessi, di un nuovo essere che può non avere molto in comune con quelli che eravamo. Sandra era cambiata. Era divenuta quella cosa rara, ma sana e naturale ch'è una donna felice. Avevamo avuto in Svizzera qualche momento difficile. Mai la sua felicità ne era stata toccata. Ed ecco che ungiorno mi vedo costretto a constatare che in lei è avvenuto un subdolo ritorno di grigiore, di  morbosità, di  lamentele.  Ho cercato le cause. Non ho trovato che una coincidenza. La coincidenza tra questa ondata di tristezza  ed  il  suo apparire nella vita di Sandra, la sua assiduità presso di lei.

LEI   Evidentemente.

LUI  Perché evidentemente?

LEI   Doveva pur trovare qualcosa contro di me. Fin dal primo giorno lei mi ha detestata.

LUI   Anche questo fa parte della sua visione del mondo: questa pretesa di suscitare dovunque amore o odio. È una mania che ha un nome. Ma sono desolato di doverla deludere su questo punto. Io non l'ho detestata. Mi era semplicemente indiffe­rente. A quell'epoca avevo ancora la debolezza di non prestare attenzione alle amiche di mia moglie. Un giorno mia moglie mi ha domandato come la trovassi. Ho risposto: racchia. Non una parola di più, glielo giuro.

LEI    (soffocata)    Oh! È fin troppo gentile.

LUI  Non ha mai detto a Sandra niente di peggio sul mio conto? (Lei non risponde)   Quella coinci­denza, d'altronde, a tutta prima m'ha rassicurato. Ho creduto che Sandra fosse soltanto rattristata dal racconto delle sue sventure e che vi partecipasse. Perché lei, beninteso, aveva dei dispiaceri. Le donne della sua specie ne hanno sempre. In mancanza di meglio, se li creano.

LEI    (alzandosi)    Non sono venuta qui per farmi insultare.

LUI  Suvvia, non finga un'indignazione che certa­mente non sente. Lei adora le scenate. Questa non deve dispiacerle.

LEI   Lei è ignobile.

LUI  Lo sappiamo... (Riprendendo)   Io dunque... Ma si rimetta a sedere. (Lei siede)   Io dunque ho creduto che lei fosse una di quelle anime lugubri che, dissimulando i loro appetiti sotto lunghi veli neri, cercano di mescolare le loro pene alla felicità altrui per guastarla, incrinarla, distruggerla. E non me ne sono preoccupato. Ho creduto che tutto sa­rebbe finito da sé. Mi sono sbagliato.

LEI    (cercando d'essere ironica)    A lei capita di sbagliarsi qualche volta?

LUI  Sì, mi sono sbagliato. Ho creduto che quell'ondata di tristezza sarebbe passata. E invece non passava. L'amicizia di Sandra per lei non era più una spiegazione sufficiente. Condividere il dispia­cere di un'amica, anche per una sola ora, domanda già un sentimento molto, molto vivo. Condividerla per più di un mese, questo, lo confesso, mi è sembrato un po' eccessivo

LEI   Lo dice lei.

LUI   Per forza, sono io che parlo... Doveva dun­que essere qualche altra cosa alla quale Sandra fosse personalmente interessata. Ma che cosa? Un dolore segreto, un amore contrastato? Il nostro modo di vivere rendeva l'ipotesi poco probabile. Una vec­chia storia tornata a galla? Finse. Il diavolo, si dice, lascia un odore di zolfo. Anche i fantasmi hanno il loro odore. Io fiutavo un fantasma, un ricordo.

LEI   Lei ha paura dei fantasmi e dei ricordi? Non me lo sarei aspettata.

LUI  Io non amo i fantasmi e non sopporto che i ricordi allegri. Gli altri no. Avevo paura, non lo nego. Un uomo che difende un bene prezioso come la felicità della moglie ha il diritto d'aver paura persino delle ombre. Allora ho cercato tra i fan­tasmi. Ma il fantasma di chi, di che cosa? Di un primo amore? Impossibile. (Lentamente, guardan­dola)  Il primo amore di Sandra sono io.

LEI    (con un piccolo sorriso acidulo)    Ammiro la sua modestia!

LUI  Ed io la sua imprudenza! Il modo con cui sorride mi dice fin troppo chiaramente che ho col­pito nel segno. Sandra mi ha sposato a diciannove anni. Contrariamente a lei, io credo nel modo più fermo che tutto ciò che una persona può sentire prima di quell'età non ha alcuna importanza.

(Lei alza le spalle)  

Lo so, lo so, lei pensa a Vittorio.

LEI    (colpita)    Sandra le ha parlato? Ma...

LUI  Ma che cosa? Perché mai non avrebbe dovuto dirmelo? Le aveva raccomandato il segreto? Perché? Era una cosa tanto inconfessabile? Sandra d'altronde non mi ha detto niente. Ma io mi sono ricordato di una confidenza che mi aveva fatto un giorno, un pomeriggio, a bordo del vaporetto che fa servizio tra Losanna e Ginevra. Un uomo un tempo l'aveva amata... Me ne ha parlato come di una storia lontana, senz'importanza, ridendo, via, adesso esagero, sorridendo.

LEI    (con un grido)    Non è vero!

LUI  Sia onesta! Che cosa le ha detto la prima volta che lei le ha riparlato di quell'uomo? Cerchi di ricordarsene. L'aveva quasi completamente dimenticato.

LEI   Fingeva.

LUI  Dunque è lei che gliene ha riparlato?

LEI   Ma...

LUI  Non importa, lo sapevo. Dunque fingeva! Non sa trovare niente di meglio? È proprio vero che per la gente come lei ogni felicità è una finzione e che soltanto i dolori sono sinceri. È una cosa che le faccio notare di sfuggita. Un uomo ride? Secondo lei, egli non fa che dissimulare la propria angoscia. Quale angoscia? Ci sono forse tante cose che meritino l'onore di un'angoscia? Un uomo scherza? Secondo lei, è un clown che calpesta il proprio cuore, e leisospira, lo compiange, mentre lui non le domandava niente. Mia moglie non fingeva. Aveva semplicemente dimenticato, o poco meno.

LEI       Come avrebbe  potuto?

LUI  Perché Dio, signorina, nella sua infinita bontà ci ha concesso per aiutarci a vivere due grandi virtù: l'oblio e l'indifferenza.

LEI   Lei sta bestemmiando.

LUI  Crede? È provvidenziale invece che esi­stano delle cose e delle persone alle quali non pensiamo più. È provvidenziale che esistano delle cose e delle persone che ci sono indifferenti.

LEI    (di nuovo aggressiva)    Quell'uomo, dunque, Sandra non lo amava più, nevvero?

LUI  D'un piccolo amore lontano, forse.

LEI   Davvero? Sandra le ha detto che, quell'uo­mo, lei aveva accettato di sposarlo?

LUI  Sì.

LEI   Per un piccolo amore lontano non è mica male. E le ha anche detto che, se non l'ha sposato, fu unicamente per l'opposizione dei genitori?

LUI  Sì.

LEI   E le ha detto infine perché i  genitori, i suoi cari suoceri, non hanno dato il consenso?

LUI  Me l'ha detto. Perché lui era ammalato.

LEI   E lei non trova tutto ciò ignobile?

LUI  No.

LEI    (non riuscendo a credere ai propri orecchi)  No?

LUI   (con calma)   No.

LEI   No? È... è tutto quello che le suggerisce questo dramma?

LUI   (sempre calmo)  Dov'è il dramma? Una ra­gazza si invaghisce di un uomo. Vuole sposarlo. Ne parla ai suoi genitori. Dov'è il dramma? I geni­tori prendono delle informazioni, scoprono che il candidato presenta degli inconvenienti, che è povero, o idiota, o bigamo. Si oppongono. Dov'è il dramma? Casi del genere succedono tutti i giorni.

LEI   Dunque lei approva?

LUI  Sì.

LEI   Durante la sola conversazione che per l'innanzi lei si sia degnato di concedermi, mi aveva parlato della libertà come della più indispensabile delle... condizioni per vivere.

LUI  A ciascuno la sua libertà. Ai genitori quella di opporsi, se ne hanno una ragione. Ai figli, quella di interrogarsi e, eventualmente, fare di loro testa. La vita non è una valle di lacrime ma un'arena dove ciascuno va al combattimento con la propria libertà.  Io approvo i  genitori che si oppongono. E allo stesso tempo approvo i figli che fanno di loro testa  Di loro testa, o che non insistono, a seconda che il loro amore è forte odebole. Nel caso che ci interessa l'amore non era molto forte.

LEI   Che ne sa lei?

LUI  Mi dica,  che cosa dovrei pensare di un amore che si infrange contro il primo ostacolo? E quale ostacolo! Il consenso dei genitori! Ci sarebbero ben pochi figli legittimi sulla terra se la prima ostilità dei genitori fosse sufficiente ad impedire i matrimoni. Quell'uomo amava Sandra? Perché non l'ha rapita? Sandra l'amava? Avrebbe potuto aspet­tare, piegare i genitori a forza di preghiere. Niente di tutto ciò è stato fatto. Ne concludo che quell'amore doveva essere piuttosto debole. Può darsi però che quell'uomo fosse simile a lei, che appar­tenesse alla specie dei piagnoni, che si dilettasse della propria  sconfitta,  che gioisse della propria sventura. E questo sarebbe l'uomo che lei vorrebbe che Sandra rimpiangesse di non avere sposato?

LEI   Lei non immagina quanto è ignobile ciò che dice. Non sa, questa è la sua sola scusante. Quest'uomo che insulta, che schiaccia sotto il peso della sua felicità, quest'uomo è morto.

LUI  Lo so.

LEI   Lo sa?

LUI  Sì.

LEI   Ma allora Sandra le ha parlato. O qualcun altro. Lei dunque mentiva poco fa.

LUI  Mia moglie non mi ha detto niente. I miei suoceri neppure. Essi ignoravano questa morte.

LEI   O hanno preferito tenergliela nascosta.

LUI  A quale scopo? No, quell'uomo, essi l'ave­vano perso di vista. Ci si perde di vista, qualche volta, a questo mondo. Fortunatamente... Una sola persona me ne ha parlato ed è proprio lei.

LEI   Io?

LUI  Lei. Bisogna essere criminali ben incalliti per non lasciare tracce. Lei ne ha lasciate.

LEI   Mi tratta da criminale?

LUI  Il termine mi pare molto appropriato. Le dicevo poco fa che ho cercato. Le dirò che ho cercato persino nei cassetti di mia moglie.

LEI   Bella occupazione!

LUI  Non conosco un'occupazione più bella per un marito che difendere la felicità di sua moglie. È una cosa per cui si può anche passar sopra al rispetto umano. Ho cercato e ho trovato. Ho tro­vato una partecipazione di morte.

LEI    (turbata e molto rapidamente, per dire qualcosa)  Che cosa? Una partecipazione di morte...

LUI  Una partecipazione di morte che presentava la particolarità di non recare né indirizzo né fran­cobollo; e che era stata quindi consegnata diretta­mente a mia moglie.

LEI   È un romanzo giallo.

LUI  Ha ragione! Più di quanto non creda. Infatti, proprio come nei romanzi gialli, fin dalle prime pagine, che cosa trovo? Un morto. Qual era il significato di quell'annuncio? Chi l'aveva dato a mia moglie? Chi aveva interesse, e quale interesse, ad introdurre di nuovo nella sua vita un fantasma dimenticato, quel Vittorio a cui lei non pensava più? Chi? Ho cercato. La partecipazione recava l'in­dirizzo della clinica in cui l'uomo era morto. Ci sono andato.

LEI   Ha osato far questo? Non rispetta proprio nulla.

LUI  No, io non rispetto ciò che mi dà fastidio. Ci sono andato. E là ho saputo che quell'uomo che aveva amato mia moglie era morto tra le sue braccia.

LEI   Me lo rimprovera?

LUI  Non amo le coincidenze. Non amo le storie dove si gira in rotondo fra tre o quattro persone, sempre le stesse. (Animandosi, parlando bruscamente)   Perché è andata verso quell'uomo? Era la sua amica, la sua fidanzata, la sua amante? Lo sapeva perlomeno lei che cos'era? Con le donne della sua razza si è sempre incerti tra due verità, tra due parole, tra la carne e il pesce. Il torbido vi si addice, il chiaroscuro vi piace. Voleva conso­larlo? Approfittare della sua debolezza per infi­larsi nel suo letto?

LEI    (in piedi)    Basta! Basta! Le proibisco...

LUI  Si segga... Se lei fosse stata la sua amante, perché dovrei rimproverarglielo? Ma la verità, io lo indovino, io lo fiuto, io lo so, si è che lei era attratta verso quell'uomo non per lui stesso, ma per la sua disgrazia, per l'odore della sua disgrazia, l'odore al quale lei non sa resistere. L'odore dei drammi, delle scenate, delle confidenze fatte a cuore sanguinante.

LEI   Ma c'era un dramma.

LUI  Un principio di dramma, e niente di più. Ci sono dei drammi orribili, lo so bene, dei drammi venuti dal di fuori e contro i quali non possiamo fare altro se non aiutarci gli uni gli altri assai misera­mente. Ma ce ne sono altri, i drammi che ci fabbri­chiamo noi stessi, con le nostre passioni, i nostri de­sideri, i nostri disordini. In questi drammi c'è sempre un momento in cui essi non sono che degli abbozzi e in cui sta a noi padroneggiarli. Dal momento m cui quell'uomo rinunziava a prendere Sandra in altro modo se non col consenso dei genitori, dal mo­mento in cui accettava che il consenso gli fosse rifiu­tato, egli doveva cercare di cancellare in sé l'amore, cercare di cacciarne il ricordo, di frapporre tra Sandra e sé un'altra cosa, non importa quale, un viaggio o la preghiera, un braccio rotto o un altro amore,  un altro corpo. Lei però è arrivata in tempo per impedirgli di agire in questo modo. Per sprofondarlo, per sotterrarlo, per imbalsamarlo nel dolore, del quale, senza di  lei, avrebbe  potuto fare bellamente a meno.

LEI   Lei, per parlare così, non ha dunque proprio mai conosciuto l'amore, il dolore? Quella pena che lei tratta tanto leggermente, quella pena è stata sufficiente ad uccidere un uomo.

LUI  Parole. Non si muore di dispiacere, ma di malattia.

LEI   Ma lui era ammalato.

LUI  Allora non è morto di dispiacere. (Breve silenzio. Poi lui sognante)   Un amore abbastanza forte per ucciderlo?... (Riprendendo in tono più alto)   Ma perché in questo caso aver accettato di perderla? Possibile che non abbia saputo convincere Sandra? Io, se me l'avessero rifiutata, avrei messo a soqquadro il mondo. La verità si è però che que­st'amore, quest'amore mortale, quest'amore tanto forte da ucciderlo, questo amore non esisteva. Sof­friva? Soffriva senza dubbio, ma di una sofferenza simile a quasi tutte le nostre sofferenze, perfetta­mente sopportabili e di breve durata. Lei, alla sua età, non ha ancora imparato che un uomo quando soffre qualche volta bisogna lasciarlo nel suo an­golo, come una bestia, perché possa sbrigarsela da solo con la sua piaga? O distrarlo. E invece, quando lei andava a trovarlo, di che cosa gli parlava? È inutile che mi risponda. Ormai la conosco abba­stanza per sapere che gli parlava di Sandra.

LEI   Potevo non parlargliene?

LUI  Nella sua vita non c'era che una piccola delusione d'amore lenta a guarire. Di questa pic­cola delusione lei ha fatto una tragedia. Era un germoglio che prima o poi sarebbe seccato, no, lei l'ha curato, l'ha coltivato, l'ha innaffiato, gli ha attaccato sempre nuovi rami per farne un albero, un albero gigantesco e mostruoso. E allora sì, la malattia aiutando, l'amore ha potuto diventare mor­tale. Per guarire bisogna voler guarire, voler vivere. Ma questa volontà lei gliel'aveva soffocata. A forza di gemiti, di smorfie, di sospiri, lei è riuscita ad attirarlo nel suo cerchio infernale dove tutto è veleno e corruzione. Lei ha saputo persuaderlo, « dopo », che il suo amore per Sandra era di quelli che una volta persi sono perse anche tutte le ragioni di vita. Ha saputo persuaderlo che la sua disgrazia era più grande di quanto in realtà non fosse e che dopo un amore come quello solo la morte poteva concludere il canto funebre che pretendeva non l'anima di lui, ma la sua, non il destino dell'uomo, ma il suo. Per saziare un gusto per il dramma, quell'uomo, lei l'ha ucciso.

LEI    (allo stremo delle forze)  L'ho ucciso?  Io? Ma io lo amavo.

LUI  Spesso si prova un debole per le proprie vittime.

LEI   Ma io l'amavo davvero, io l'amavo con tutto il cuore. Lo amavo come... come lui amava Sandra.

LUI   (stupito)    Lei lo amava?... (Riattaccando)   Ma dove aveva la testa allora? Perché parlargli di Sandra? Bisognava al contrario fargliela dimenticare. Con l'amore che lei gli offriva bisognava fare uno schermo, tra Sandra e lui. L'avrebbe salvato.

LEI    (singhiozzando)    Era condannato.

LUI  Che anima tenebrosa è mai la sua! Credevo di conoscerla, e invece, via via che avanzo, scopro nuove caverne, nuovi mostri. Di quali voluttà ha dunque bisogno? Era là, lo amava e gli parlava di Sandra. Gli parlava proprio di ciò che poteva ucci­derlo, di ciò che era un ostacolo fra voi, di ciò che poteva essere un motivo di sconfitta per l'amore che lei gli portava.

LEI   Sandra sarebbe esistita, che io ne parlassi o no.

LUI  Non  bisogna parlare dei  fantasmi.  Mai. I fantasmi sono vento. I ricordi pesano meno di una piuma. Ma a forza di parlarne, si dà loro una spe­cie di esistenza,  e allora diventano pericolosi.  Io stesso, nonostante la mia certezza che tutta questa storia è morta, non ho mai osato parlarne a Sandra. Lei l'amava? (Più forte)   Ma no, lei non lo amava. O lo amava male, che è la stessa cosa. Non amava che la sua disgrazia. Non amava che i lunghi veli a lutto di cui, ai suoi occhi, era rivestito. Ha certa­mente cominciato ad interessarla soltanto il giorno in cui aveva perduto Sandra. Ed ha cominciato ad amarlo solo quando i medici non gli hanno lasciato speranze. Non è vero? Confessi. Ma sì, l'ha detto un momento fa, era condannato. Condannato! Per lei  non  ce  n'era abbastanza,  il dramma  non  era sufficiente.  È stato necessario  aggiungere che lei lo amasse.  Io amo un uomo che sta  per morire. Ah! La parte le andava a pennello. È al di sopra delle sue forze passare accanto ad un dramma senza metterci il naso, senza cercare di lucrarne un pezzetto. E lei l'avrebbe amato... L'amava sì, ma allo stesso tempo era indispensabile che lui non si sot­traesse alla morte. Lei ne aveva bisogno per potersi rimpinzare di patetico. La parte che le piaceva non era quella di amare un convalescente, ma un morto. Guarito, felice, non l'avrebbe interessata più. L'a­mava, ma continuava ad ucciderlo, a fuoco lento, le mani nelle mani, sotto le coperte, parlando non dell'amore che poteva salvarlo, ma di Sandra, di un ricordo che lo uccideva; questo faceva, senza smettere un momento di inoculargli il suo veleno.

LEI   È tutto falso! Falso! Io ero sincera.

LUI  Niente a questo mondo è più sincero di un vizio che trova il modo di sfogarsi

LEI    (pensierosa, guardando davanti a sé)  Un vizio? Il mio amore?

LUI  Perché gli parlava di Sandra? Perché gli mesceva quel succo nero che lo consumava?

LEI   Perché... (Esita).

LUI  Perché Sandra era l'arma contro di lui, per ucciderlo a colpo sicuro.

LEI    Taccia, taccia, la prego. Mi fa troppo male.

LUI  Tacere? Così presto? Ma non siamo mica al fondo delle nostre sofferenze, non abbiamo esau­rito i nostri delitti. Glielo avevo detto che questo colloquio non sarebbe stato inutile. Molte cose che a tutta prima non avevo capito adesso diventano chiare. Tra le altre quel lasso di tempo tra la morte di Vittorio e la sua prima visita a Sandra. Fra i due fatti, sono trascorsi quasi due anni. Mi domandavo in che modo lei li avesse impiegati. Ignoravo l'esi­stenza del suo amore. Quei due anni sono il tempo che le è stato necessario per satollarsi della sua sventura, per succhiare tutto il sapore del suo dramma di vedova immaginaria. Ma si è indotti a credere che quel sapore evapori e che quel genere di godimenti non resista al tempo. Un bel giorno lei si è stancata di quel piacere solitario e ha cercato un altro svago. Scomparsa la prima vittima, gliene è occorsa un'altra e allora lei è venuta da Sandra. Si era servita di mia moglie e del suo ricordo per uccidere un uomo, ora intendeva servirsi di lui e della sua morte per cercare di uccidere lei. O di ucci­dere la sua felicità.

LEI   Non avevo forse il diritto di comunicarle quella morte?

LUI  Non è di questo che la rimprovero. Bensì d'aver fatto di quella morte una cosa che la riguardava.

LEI   Quella morte le appartiene.

LUI  No. Quell'uomo, lei, signorina, lo amava. Dunque apparteneva a lei. Questa però è una cosa che a mia moglie non ha detto. Nevvero? Confessi, lei non ha detto a Sandra di averlo amato.

LEI   Non volevo aumentare il suo dolore.

LUI  Siamo dunque al punto che due esseri coa­bitano in lei, uno per fare il male, un altro per escogitargli delle graziose giustificazioni? Questo nuovo amore, al contrario, sarebbe stato per Sandra una ragione per affliggersi meno. Ed èqui il motivo per cui il suo essere profondo, il suo essere nefasto, non ha voluto parlarne. Perché questo amore avrebbe potuto frapporsi tra il morto e Sandra. Perché Sandra non avrebbe più versato che qualche lacrimetta, le lacrimette dovute alla memoria di coloro che abbiamo amato e un po' dimenticato E a lei non bastavano alcune lacrimette. Le occorre­vano una nuova disperazione, nuovi singhiozzi, nuovi sospiri. Le occorreva creare un nuovo dramma. C'era già il dramma dell'uomo che muore d'amore. C'era il dramma della donna che ama un morente. Le  occorreva ancora il dramma di Sandra. Il dramma del povero giovane che agonizza all'ospedale mentre l'infinitamente-amata, sposata a tradimento a un bru­tale uomo d'affari, versa lacrime di sangue sul suo grande amore distrutto.

LEI    (di nuovo con forza)  È questo che la col­pisce, nevvero, che la ferisce. Non è vero?

LUI  Non una parola è vera.

LEI   Lui è morto pronunciando il suo nome.

LUI  Era lei che glielo suggeriva.

LEI   È morto pensando a lei.

LUI  Era lei che l'obbligava  a  pensare.

LEI   Il ricordo di Sandra gli ha addolcito l'agonia.

LUI      Tanto meglio per lui. Ma Sandra non c'entra per nulla. Ciascuno di noi ha potuto popo­lare i sogni, i rimpianti di un altro. Non ne siamo responsabili. Sandra, il giorno della sua morte, non pensava a lui.

LEI   Che ne sa lei?

LUI  Quel giorno Sandra era con me. Era felice con me. (Più lentamente e chino su di lei)   Nel momento della sua morte - ci ha pensato? - forse noi facevamo l'amore.

LEI   Questo è orribile.

LUI  Perché orribile? Durante ciascuno dei nostri gesti c'è qualcuno al mondo che muore. Sandra non pensava a lui...

LEI   Non avevo il diritto di rimproverarglielo? Lui (urlando)   Lei non ha il diritto di rimpro­verare niente! Sandra non ha niente da rimprove­rarsi. Niente, salvo d'aver ascoltato le sue ciarle. Il rimpianto dunque non le bastava? Bisognava aggiungere anche il rimorso. Il rimorso di che cosa, domando.

LEI   Ma è morto per colpa sua.

LUI   (sempre molto forte)    Storie! È morto per colpa sua. Lei gli aveva versato il veleno, lei aveva succhiato la sua volontà di vivere, come una sangui­suga, come un vampiro.

LEI   È meschino ciò che sta dicendo. Al suo capezzale, io pregavo.

LUI  Anche per questo io la odio. Per quel vapore nerastro che la gente della sua razza cerca subdolamente di soffiare nelle chiese. Ma guardi la cupola di San Pietro e la sua gloriosa linea contro il cielo. È mai andata a vedere là sotto? Vi tro­verebbe delle tombe, sì, ma sormontate d'angeli doro e papi dalla muscolatura possente intenti a sollevare ostensori di cento chili. Ecco la presenza di Dio. Sofferenza, sì, ma accettata in vista di un  domani radioso. Martiri,  ma più gloriosi, più grandi, più liberi e più felici del beffardo impera­tore che dal suo palco li condanna. Ma dimenti­cavo che la gente come lei ostenta disprezzo per San Pietro. Voi preferite le catacombe, senza ac­corgervi che sono, a dispetto di tutto, la stessa cosa, che le une significano il combattimento e l'altro la vittoria, due parole che vi sono ugualmente estranee. Dove sono i vostri combattimenti, dove sono le vostre vittorie? Cerchi nei suoi ricordi. Trova qualcosa che non sia morti, cimiteri, veli neri? Dov'è la sua anima? È malata, la sua anima. Malata e contagiosa. Perché le persone come lei sono con­tagiose.  Sa che poco c'è mancato che contagiasse anche me?

(Ella alza la testa)  

Quando ho fiutato attorno a me quell'odore di patetico di cui sentivo Sandra prigioniera ho pensato un attimo, per ricon­quistare mia moglie, sì, ho pensato di darmi un'aria patetica, un patetico qualunque accanto al quale il suo patetico da ospedale, cara signorina, non sa­rebbe stato che roba da dilettanti. Poi ho riso. Basta ridere per aggiustare molte cose. E ho pensato che era più semplice e più facile mandarla fuori dai piedi. La verità qualche volta è facile. E tra due soluzioni, qualche volta la più facile è la migliore. Ecco un'altra cosa che probabilmente lei ignorava.

(Lei si è alzata. Parla con calma, come se questo colloquio l'avesse sfinita).

LEI   Insiste a volermi cacciare?

LUI  Sì.

LEI   Senza pensare neppure un momento che la presenza di Sandra, la sua amicizia, i nostri collo­qui sono la sola risorsa che mi resta.

LUI  Non posso aiutarla a prezzo della nostra felicità.

LEI   Senza neppure domandarsi che cosa sarà di me?

LUI   (esita un momento. Poi lentamente)    Lei è sincera o comincia un nuovo dramma?

LEI    (con uno slancio verso di lui)    Sono sincera, glielo giuro.

LUI   (riprendendosi)    Sincera! Le persone come lei sono ugualmente nefaste tanto quando sono sin­cere come quando mentono. Sì, mi sono domandato che ne sarà di lei. E credo d'aver trovato.

LEI   Che cosa ha trovato?

LUI   (con calma)  Il suicidio. Oppure...

LEI   Oppure?

LUI   (secco)    Il manicomio.

LEI    La ringrazio. Preferisco ancora il suicidio.

LUI    Per darmi dei rimorsi? Fatica sprecata. Non ne avrò.

F I N E