La scuola delle mogli

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NOTA

Il teatro di Molière è qui presentato nella traduzione di Luigi Lunari, che per la BUR (Biblioteca Universale Rizzoli) ne sta traducendo l’opera omnia.

I testi sono qui pubblicati senza presentazioni o note: gli interessati possono comunque risalire – almeno per i titoli più noti – ai singoli volumetti pubblicati nella BUR, e per vari titoli minori al volume antologico  “Molière – Commedie”, sempre a cura di Luigi Lunari, nella collana “radiciBUR”.

Le traduzioni sono condotte su testi originali  in tutta fedeltà filologica;  ma di alcuni di essi esistono anche versioni e adattamenti – sempre ad opera del sottoscritto Luigi Lunari –  in occasione di particolari allestimenti, con interventi drammaturigici e aggiunte di canzoni (come ad esempio per Il Borghese Gentiluomo e per Le Furberie di Scapino). Queste rielaborazioni – ove interessino – si possono leggere chiedendone i testi a Luigi Lunari, tel. 039.883177 o via e-mail luigi.lunari@libero.it


M O L I E R E

LA SCUOLA DELLE MOGLI

Traduzione di Luigi Lunari

Copyright  Luigi Lunari Via Volturno 80  20047 Brugherio (MB)

Tel. +39.039.883177    e.mail   luigi.lunari@libero.it


PERSONAGGI

ARNOLFO, altrimenti detto signor DEL CEPPO

AGNESE, fanciulla innocente, allevata da Arnolfo

ORAZIO, innamorato di Agnese

ALANO, campagnolo, servitore di Arnolfo

GIORGINA, campagnola, cameriera di Arnolfo

CRISALDO, amico di Arnolfo

ENRICO, cognato di Crisaldo

ORONTE, padre di Orazio e grande amico di Arnolfo

(Il NOTAIO)


ATTO I

I – CRISALDO, ARNOLFO

CRISALDO Dunque, siete venuto qui per sposarvi?

ARNOLFO Sì, voglio concludere la cosa per domani.

CRISALDO Siamo qui soli, e mi pare che possiamo parlarne senza

paura d’essere ascoltati.Volete che in tutta amicizia vi apra

il mio cuore? Questo vostro progetto mi fa tremare di paura;

perché, in qualsiasi modo mettiate le cose, prender moglie nel

caso vostro è una faccenda piuttosto temeraria.

ARNOLFO Forse la verità, amico mio, è che pensando alla vostra

famiglia trovate motivo di preoccuparvi per la mia; ed è la vostra

fronte, credo, che vi fa pensare che le corna siano l’immancabile

corollario del matrimonio.

CRISALDO Le corna sono scherzi della sorte, che non dipendono

affatto da noi; e per me sono degli stupidi quelli che se ne

preoccupano tanto. Ma quando dico che ho paura per voi, è

perché penso ai furiosi sbeffeggiamenti cui avete sottoposto

tanti poveri mariti: perché lo sapete anche voi, la vostra satira

non risparmia né grandi né piccoli, e dovunque siate il vostro

maggior divertimento è quello di far cento scandali dei segreti

intrighi...

ARNOLFO Benissimo.Ma esiste al mondo un’altra città in cui vi

siano mariti tanto pazienti come qui? Quanti non se ne vedono,

e di tutti i generi, serviti a casa loro di barba e capelli? Uno accumula

denaro, e sua moglie lo distribuisce a coloro che si fanno

premura di mettergli le corna; un altro, un po’ più fortunato ma

non meno spregevole, vede sua moglie che riceve regali ogni

giorno, eppure non un’ombra di gelosia gli turba lo spirito, perché

lei gli dice che quei doni sono altrettanti omaggi alle sue

virtù. Questo fa un sacco di baccano, e non ottiene un bel niente;

quest’altro invece, pacifico e tranquillo, lascia che le cose vadano

per il loro verso, e quando si vede arrivare in casa il cavalier ser-

vente di sua moglie, discretissimo, prende guanti e mantello.

Questa signora, con femminile astuzia, racconta al fido sposo tutta

la corte che le fa il suo spasimante; e il marito, lusingato, dorme

tranquillo, e compiange lo spasimante per il tempo perso, che

quello invece non perde affatto; quest’altra, per giustificare i suoi

lussi, dice al marito che tutti i soldi che spende li vince al gioco, e

il dabbenuomo, senza chiedersi di che gioco si tratta, ringrazia il

Signore di avere una moglie tanto fortunata. Insomma, in tutto e

per tutto tipi da commedia; e vorreste che io, spettatore, non me

la rida? Vorreste che di tutti questi stupidi...

CRISALDO Va bene. Ma chi ride degli altri deve stare attento a

che mai gli altri possano ridere di lui. Io sento i discorsi del

mondo, e so di gente per cui è una festa poter andare in giro a

spifferare tutto quel che succede; ma dove abito io, qualsiasi cosa

venga messa in piazza, nessuno mi ha mai visto prendere gusto

alle chiacchiere. Io sono piuttosto discreto; e sebbene al caso

sappia condannare anch’io certe tolleranze, e non abbia nessuna

intenzione di sopportare quel che vari mariti sopportano

tanto tranquillamente, tuttavia mi guardo bene dal dirlo troppo

in giro; perché c’è sempre da aver paura che la ruota della satira

giri, ed è meglio non impegnarsi troppo su quel che si potrà

fare o non fare in casi del genere. Così, se per quel Fato che tutto

governa, una qualche umana sciagura si abbattesse sulla mia

fronte, io sono quasi sicuro, dato il mio modo di comportarmi,

che la gente si accontenterebbe di riderne un pochino sotto i

baffi; e può darsi addirittura che mi tocchi in sorte che qualche

brava persona dica: beh, peccato! Ma il vostro caso, amico mio,

è ben diverso; ve lo torno a dire, voi rischiate maledettamente.

Dato che la vostra lingua non ha fatto che battere sui mariti accusati

di tolleranza, e in questi casi siete un diavolo scatenato,

dovete rigare ben dritto se non volete finire alla berlina; perché

se vi capita di offrire anche il minimo appiglio, attento che non

suonino le trombe ai crocicchi, e...

ARNOLFO Santo cielo, amico mio, non datevi tanta pena.Tanto di

cappello a chi riuscirà a cogliermi in fallo su questo punto. Io le

conosco, le mosse astute e le sottili trame di cui sanno servirsi le

donne per piantarci le corna, e so bene come ci abbindolano con

le loro manovre; ma contro questa eventualità ho preso le mie

precauzioni, e colei che sposo è ingenua e innocente quanto basta

per preservare la mia fronte da ogni malefico influsso.

CRISALDO E cosa vorreste dire: che quanto più una è oca, insomma...

ARNOLFO Se sposo un’oca è per non esser fatto becco. Io, in

tutta sincerità, penso che vostra moglie sia donna di grande

giudizio; ma una moglie in gamba è un cattivo presagio, e io

lo so qual è il prezzo che taluni pagano per avere sposato

donne troppo intelligenti. Dovrei quindi sobbarcarmi una di

quelle intellettuali che non parlano che di salotti e di boudoirs,

che scrivono letterine galanti in prosa e in versi, che ricevono

in visita marchesi e begli spiriti, per poi ritrovarmi

con il titolo di marito di Madame, come un santo passata la

festa? No, no, cervelli eccelsi non ne voglio, e donna che sa

scrivere ne sa più del necessario. Io voglio che la mia abbia

tanta poca cultura da non sapere neanche che cos’è una rima;

e se si gioca al cesto, quando capita il suo turno e le domandano:

«Che ci mettiamo nel cestino?», voglio che risponda

«Una torta alla crema»Insomma, che sia di un’ignoranza

totale; le deve bastare saper pregare Iddio, volermi bene, cucire

e filare.

CRISALDO Il vostro ideale, dunque, è una moglie stupida.

ARNOLFO Al punto che preferirei una donna brutta, totalmente

stupida, a una donna bellissima e intelligentissima.

CRISALDO L’intelligenza e la bellezza...

ARNOLFO Basta l’onestà.

CRISALDO Ma poi, a parte tutto, cosa volete che sappia, una bestia,

di che cosa significa essere oneste? A parte il fatto che

dev’essere una bella noia passar tutta la vita con una bestia, siete

sicuro di agire per il meglio, e che questa teoria possa garantire

la sicurezza della vostra fronte? Una donna intelligente

può mancare ai suoi doveri, ma occorre almeno che essa osi volerlo;

una stupida invece può venir meno ai suoi senza neanche

averne voglia e addirittura senza rendersene conto.

ARNOLFO A questo bell’argomento, a questo discorso tanto

profondo, rispondo come Pantagruel a Panurgo:insistete pure

perché non sposi la mia oca, predicate, perorate da qui alla Pentecoste;

e una volta arrivato in fondo resterete a bocca aperta

nel vedere quanto poco mi avrete persuaso.

CRISALDO Non parlo più.

ARNOLFO Ognuno ha il suo metodo. Quanto alla moglie, come

in tutto il resto, io voglio fare a modo mio. Mi trovo ricco per

potermi prendere, credo, una donna che mi sarà debitrice di

tutto, che dipenderà da me in modo pieno e sottomesso, e che

non potrà farmi pesare né un patrimonio né una nascita illustre.

Quando essa non aveva che quattr’anni, la sua aria dolce

e posata, in mezzo agli altri bambini, mi ispirò amore per lei;

poiché sua madre viveva in grandi ristrettezze mi venne l’idea

di chiedergliela, e quella buona contadina, sentito il mio desiderio,

fu ben contenta di liberarsi di quel peso. L’ho fatta allevare

in un piccolo convento, lontana dal mondo, secondo la

mia politica: ordinando cioè tutti gli accorgimenti possibili per

farne quanto più possibile una bestia. Grazie a dio, il risultato

è stato all’altezza delle aspettative. E una volta cresciuta, l’ho

trovata di una tale ingenuità e di una tale ignoranza che ho

benedetto il cielo per avermi dato proprio quello che mi ci voleva

per farmi una moglie secondo i miei desideri. Sono andato

dunque a riprendermela, e siccome la mia casa è sempre

aperta a gente d’ogni sorta, l’ho tenuta in disparte – perché

bisogna prevederle tutte! – in quest’altra mia casa dove non

viene mai a trovarmi nessuno; e per non guastare la sua naturale

bontà vi tengo soltanto dei sempliciotti come lei. Mi chiederete

il perché di questo racconto. Per farvi vedere a che

punto arriva la mia prudenza. La conclusione è che, quale mio

fedele amico, vi invito stasera a cenare con lei; voglio che possiate

esaminarla un po’, e vedere se mi si può biasimare per la

mia scelta.

CRISALDO D’accordo.

ARNOLFO Durante questo incontro potrete farvi un’idea di lei e

della sua innocenza.

CRISALDO Se è per questo, dopo quel che mi avete detto non si

può certo...

ARNOLFO La realtà supera anche la mia descrizione. Io non ho

ancora smesso di meravigliarmi per le sue ingenuità, e qualche

volta ce ne ha di quelle che mi fanno proprio crepar dal ridere.

L’altro giorno – ma vi par possibile? – era tutta preoccupata, ed

è venuta a domandarmi, con un candore impareggiabile, se è

vero che i bambini nascono dalle orecchie.

CRISALDO Io mi rallegro, caro signor Arnolfo...

ARNOLFO E dài! Non la smetterete mai di chiamarmi con questo

nome?

CRISALDO Ah! Mio malgrado mi vien sempre alle labbra Arnolfo,

e il signor del Ceppo non me lo ricordo mai. Ma chi dia-

mine vi ha messo in testa, a quarantadue anni, di sbattezzarvi, e

di prendere un vecchio tronco mezzo marcio del vostro podere

per farvi un titolo nobiliare?

ARNOLFO A parte il fatto che questo nome dà prestigio alla casa,

del Ceppo mi suona meglio di Arnolfo.

CRISALDO Bel vizio, quello di abbandonare il nome dei propri

padri per prendersene uno costruito su delle chimere! È un

prurito che hanno quasi tutti, e senza volervi coinvolgere nel

paragone, so di un contadino che si chiamava Pierone, il quale,

fatto scavare un fossato pieno di fango attorno a un pezzetto di

terra che era tutta la sua sostanza, si è preso il nome altisonante

di signore dell’Isola.

ARNOLFO Esempi del genere potreste risparmiarveli. Comunque,

del Ceppo è il nome che mi son dato. Ho le mie ragioni, vi

trovo una certa suggestione, e chi mi chiama in quell’altro modo

mi usa una scortesia.

CRISALDO Però la gente fa fatica ad adattarsi, e vedo che ricevete

ancora lettere indirizzate a...

ARNOLFO Sono ben disposto a tollerarlo da parte di chi non è

informato, ma voi...

CRISALDO E va bene. Non litigheremo certo per questo; cercherò

di abituare la mia lingua a non chiamarvi con altro nome

che con quello di signor del Ceppo.

ARNOLFO Addio. Busso qui in casa per salutare un momento e

per dire che sono tornato.

CRISALDO (andandosene) Parola mia, per me è matto completo.

ARNOLFO Per certi argomenti è un po’ tocco in testa. Che cosa

strana che è, fino a che punto uno può intestardirsi nelle sue

idee! Olà!...

II – ALANO, GIORGINA, ARNOLFO

ALANO Chi è che bussa?

ARNOLFO Aprite. Chissà come saranno contenti di vedermi dopo

dieci giorni che manco da casa.

ALANO Chi va là?

ARNOLFO Io.

ALANO Giorgina.

GIORGINA Sì?

ALANO Va ad aprire.

GIORGINA Vacci tu.

ALANO Vacci tu.

GIORGINA Io non ci vado.

ALANO Non ci vado neanch’io.

ARNOLFO Bella cerimonia, per lasciarmi fuori! Olà oh! Per favore!

GIORGINA Chi è?

ARNOLFO Il vostro padrone.

GIORGINA Alano?

ALANO Cosa c’è?

GIORGINA È il padrone. Apri, svelto.

ALANO Apri tu.

GIORGINA Io sto soffiando sul fuoco.

ALANO E io, col gatto in casa, sto attento che non esca il passerotto.

ARNOLFO Chi di voi due non mi aprirà la porta starà quattro

giorni senza mangiare.Ah!

GIORGINA Cosa corri a fare, che sto andando io?

ALANO E perché tu sì e io no? Brava furba!

GIORGINA Tirati via di lì.

ALANO Tirati via tu.

GIORGINA Devo aprire la porta.

ALANO Voglio aprirla io.

GIORGINA Tu non la apri.

ALANO Non la apri neanche tu.

GIORGINA Neanche tu.

ARNOLFO Bisogna avere una bella pazienza!

ALANO Ecco fatto, signore: sono stato io.

GIORGINA Serva vostra, signore: sono stata io.

ALANO Salvo il rispetto qui per il signore, io ti...

ARNOLFO (ricevendo un colpo da Alano) Accidenti!

ALANO Scusate.

ARNOLFO Ma guarda che tanghero!

ALANO È stata anche lei, signore...

ARNOLFO Zitti tutti e due. Badate a rispondermi e piantiamola

con questi scherzi. Beh, Alano, come vanno qui le cose?

ALANO Noi, signore... Signore, noi stia... Grazie a dio, noi si sta...

(Arnolfo cava per tre volte il cappello di testa ad Alano)

ARNOLFO Chi vi ha insegnato, bestione impertinente, a rivolgermi

la parola con il cappello in testa?

ALANO Avete ragione, ho torto.

ARNOLFO (a Alano) Dite ad Agnese di scendere. (Alano esce)

(A Giorgina) Era molto triste mentre ero via?

GIORGINA Triste? No.

ARNOLFO No?

GIORGINA Proprio!

ARNOLFO E perché?...

GIORGINA Possa morire qui, credeva sempre di vedervi tornare.

E ogni cavallo, asino o mulo che passava qui davanti, le sembrava

sempre che foste voi.

III – AGNESE, ALANO, GIORGINA, ARNOLFO

ARNOLFO Con in mano il lavoro, è un buon segno! Ebbene,

Agnese, eccomi tornato dal mio viaggio. Ne siete contenta?

AGNESE Sì, signore, e ne ringrazio iddio.

ARNOLFO E anch’io sono contento di rivedervi. Siete sempre

stata bene, così come vi vedo?

AGNESE A parte le pulci, che di notte mi disturbano un poco.

ARNOLFO Ah? Avrete presto qualcuno che penserà a cacciarle.

AGNESE Sarà un vero piacere.

ARNOLFO Lo credo bene. Che cosa state facendo?

AGNESE Una cuffietta. Le vostre camicie e i berretti da notte sono

già pronti.

ARNOLFO Ah, molto bene! Ed ora andate, salite in camera vostra.

Non preoccupatevi; tornerò tra poco, per parlarvi di cose

importanti. (Quando tutti sono usciti) Eroine del giorno d’oggi,

signore saccenti, mantici di tenerezze e di sentimenti preziosi,

io sfido tutti insieme i vostri versi, i romanzi, le lettere, le dolci

missive, e tutta la vostra cultura, a valere questa onesta e pudica

ignoranza.

IV – ORAZIO, ARNOLFO

ARNOLFO Non è dalle ricchezze che bisogna lasciarsi incantare,

e purché l’onore sia... Che vedo? Che sia... Sì. No, mi sbaglio.

Macché. Ma sì. Ma no, è proprio lui.Voi...

ORAZIO Voi...

ARNOLFO Orazio.

ORAZIO Arnolfo.

ARNOLFO Ah, ma che piacere! Da quanto tempo siete qui?

ORAZIO Da nove giorni.

ARNOLFO Davvero?

ORAZIO Sono passato subito da voi, ma inutilmente.

ARNOLFO Ero andato in campagna.

ORAZIO Sì, due giorni prima.

ARNOLFO Ah, come crescono in fretta questi ragazzi! Mi pare

perfino impossibile, grande e grosso com’è, di averlo visto piccolo

così.

ORAZIO Eppure.

ARNOLFO E ditemi; vostro padre, Oronte, che ammiro e venero,

come mio buono e caro amico, che cosa fa? che cosa dice? è sempre

così in gamba? Lui sa che prendo viva parte a tutto ciò che lo

riguarda. Sono quattro anni, se non sbaglio, che non ci vediamo.

ORAZIO E – peggio ancora – che non vi scrivete. È ancora più

vispo di noi, caro signor Arnolfo.Avevo una sua lettera da darvi;

ma poi, con un’altra lettera, mi ha annunciato che sta per arrivare,

sebbene io non sappia ancora perché mai viene qui. Sapete

per caso chi potrebbe essere, un vostro concittadino che

torna a casa con molte ricchezze, accumulate in quattordici anni

d’America?

ARNOLFO No. Non sapete come si chiami?

ORAZIO Enrico.

ARNOLFO No.

ORAZIO È mio padre che mi dice che questo Enrico è tornato, e

da come me ne parla pare che dovrei conoscerlo benissimo.Mi

scrive che faranno questo viaggio assieme, per un affare molto

importante, di cui però nella sua lettera non dice niente.

ARNOLFO Sarò veramente felice di rivederlo, e farò di tutto

per fargli grandi feste. (Dopo aver letto la lettera) Agli amici

non si scrivono lettere tanto cerimoniose, tutti complimenti

inutili. Non c’era bisogno che si prendesse la briga di scrivermelo,

perché voi possiate liberamente disporre di tutto quello

che ho.

ORAZIO Io sono uno che prende la gente in parola, avrei proprio

bisogno di cento pistole.

ARNOLFO Parola mia, mi fa piacere che ne approfittiate così. E

sono ben lieto di averle qui con me.Tenete pure anche la borsa.

ORAZIO Bisogna allora che...

ARNOLFO Lasciate perdere. Ebbene, che ve ne pare di questa

città?

ORAZIO Piena di gente, con superbi palazzi, e credo che i divertimenti

siano meravigliosi.

ARNOLFO Ciascuno trova da divertirsi come crede; ma per quelli

che passano per uomini di mondo, qui c’è davvero di che cavarsi

la voglia, perché le donne sembran fatte apposta per civettare.

Bionde o brune che siano, sono tutte di umore ben di-

sposto, e anche i mariti sono i mariti più comprensivi del mondo.

È un divertimento principesco, e con certi giretti che mi capita

di vedere, tante volte è come se fossi a teatro.Magari anche

voi avete già preso al laccio qualcosa? O non avete ancora

avuto fortuna? Un bel giovanotto conclude di più di un sacco

di scudi, e voi col vostro fisico ne potete fare di cornuti!

ORAZIO Per non nascondervi niente della pura verità, mi è capitata

sì una certa avventura da queste parti; e l’amicizia che ho

per voi mi impegna a raccontarvela.

ARNOLFO Bene! Ecco un’altra storiella piccante, di cui bisognerà

prender nota.

ORAZIO Però, vi prego, che queste cose restino segrete.

ARNOLFO Oh!

ORAZIO Sapete bene che in questi casi svelare un segreto vuol

dire mandare a monte tutte le nostre precauzioni. Devo dunque

confessarvi, in tutta sincerità, che il mio cuore si è invaghito

qui di una rara bellezza. Le mie piccole attenzioni hanno

avuto subito tanto successo, che mi sono aperto un dolce varco

alla casa di lei; e posso dire, senza vantarmi e senza mancare a

lei di rispetto, che la mia situazione là dentro è molto buona.

ARNOLFO (ridendo) E chi sarebbe?

ORAZIO (indicandogli la dimora di Agnese) Una giovane creatura

che abita in quella casa, che vedete da qui con i muri dipinti

di rosso. Un po’ sempliciotta, a dire il vero, per la colpa incredibile

di un uomo che le impedisce ogni contatto col mondo;

ma che però, nell’ignoranza in cui è tenuta schiava, fa risplendere

una sua grazia ben in grado di incantare: un’aria così seducente,

un non so che di delicato, cui nessuno saprebbe resistere.

Ma può darsi che anche voi la conosciate, questa giovane stella

così affascinante: Agnese è il suo nome.

ARNOLFO (a parte) Ah, mi sento morire!

ORAZIO Lui, invece, mi pare si chiami del Zeppo o del Ceppo;

non ho badato molto al suo nome. Ricco, mi è stato detto, ma

non di buon senso, evidentemente; me ne hanno parlato come

di un personaggio ridicolo. Non lo conoscete?

ARNOLFO (a parte) Amara pillola!

ORAZIO Eh? Non dite niente?

ARNOLFO Eh, sì, lo conosco!

ORAZIO Un pazzo, non è vero?

ARNOLFO Beh!...

ORAZIO Che cosa ne dite? Come? Eh, insomma sì. Geloso fino

al ridicolo? Uno stupido? Vedo proprio che è come me l’hanno

descritto. Insomma, l’adorabile Agnese ha saputo conquistarmi.

È un gioiello squisito, e sarebbe proprio un delitto lasciare

una così rara bellezza in balia di quell’originale. Quanto a me,

tutti i miei sforzi, tutti i miei desideri più dolci non mirano ad

altro che a farla mia, a dispetto di quel gelosone; e il denaro che

con tanto ardire mi faccio prestare da voi, mi serve solo a condurre

a buon fine questa santa impresa.Voi sapete meglio di

me che al di là di tutti i nostri sforzi la chiave di tutti i grandi

meccanismi è l’oro; e che questo dolce metallo, che folgora tanti

cervelli, è, in amore come in guerra, il propiziatore di tutte le

conquiste.Vi vedo di cattivo umore; per caso disapprovate il

mio progetto?

ARNOLFO No, stavo solo pensando...

ORAZIO Le mie chiacchiere vi hanno stancato.Addio.Verrò presto

da voi a ringraziarvi ancora.(Si avvia.)

ARNOLFO Ah, bisogna dunque...

ORAZIO (tornando sui suoi passi) Ancora una volta, mi raccomando:

siate discreto. Per piacere, non divulgate i miei segreti.

(Si avvia)

ARNOLFO Sento nell’animo mio...

ORAZIO (tornando sui suoi passi) E soprattutto con mio padre,

che sarebbe capace di arrabbiarsi. (Esce)

ARNOLFO (credendo che Orazio torni indietro ancora) Oh!...

Oh, quanto ho sofferto durante questo colloquio! Mai turbamento

d’animo fu pari al mio. Con quanta imprudenza, con

quale fretta esagerata è venuto a raccontarmi la sua avventura,

e proprio a me! È vero che il mio nuovo nome lo ha tratto in inganno,

ma si è mai visto nessuno comportarsi con tanta folle incoscienza?

Eppure, pur con il mio tormento, avrei dovuto dominarmi,

fino a che fossi riuscito a sapere di che cosa devo aver

paura; incoraggiare fino in fondo quel chiacchierone petulante

e indiscreto, per arrivare a sapere tutto della loro tresca. Cerchiamo

di raggiungerlo, non dovrebbe essere lontano; facciamoci

confidare tutto quel che è successo.Tremo al pensiero del

dolore che può derivarmene, ma spesso si cerca più di quanto si

voglia trovare.

ATTO II

I – ARNOLFO

A pensarci bene, è stato meglio senz’altro aver fatto la strada per

niente e non esser riuscito a trovarlo; perché son sicuro che non

avrei saputo nascondergli del tutto il turbamento che regna nel mio

cuore.Avrebbe capito la disperazione che mi divora, e io non voglio

assolutamente che venga a sapere quel che ancora non sa. Non sono

uomo da abboccare all’amo e lasciar campo libero ai capricci di

quel damerino; voglio anzi sventarglieli, e sapere al più presto fino a

che punto sono arrivati. La cosa mi interessa molto, perché è in gioco

il mio onore. Al punto a cui siamo arrivati, io la considero mia

moglie; essa non può mancare senza coprirmi di vergogna, e tutto

quello che fa va a finire sul mio conto. Che assenza fatale! Che viaggio

disgraziato! (Bussando alla porta)

II – ALANO, GIORGINA, ARNOLFO

ALANO Ah, signore! Stavolta...

ARNOLFO Zitto! Venite qua tutti e due. Di là, di là.Venite qua,

avanti, ho detto!

GIORGINA Ah, mi fate una paura che mi si gela il sangue.

ARNOLFO Dunque, è così che mi avete obbedito in mia assenza?

Tutti e due, vi siete messi d’accordo per tradirmi.

GIORGINA Oh, non ammazzatemi, signore, vi scongiuro.

ALANO (a parte) L’ha morsicato senz’altro un cane idrofobo.

ARNOLFO Uff! Ho tanti brutti presentimenti in testa che non

riesco neanche a parlare. Soffoco, vorrei mettermi nudo.Voi,

canaglie maledette, avete dunque lasciato che un uomo venisse...

? Vorresti dartela a gambe, eh? Bisogna che immediatamente...

Prova a muoverti!...Voglio che mi diciate subito... Ehi!

Ho detto: voglio che tutti e due... Il primo che fa un passo, perdio,

lo ammazzo! Com’è che quest’uomo si è introdotto in casa

mia? Ehi, parlate, sbrigatevi, in fretta, subito, dài, senza star lì

con la bocca aperta. E allora?

ALANO E GIORGINAAh! Ah

GIORGINA Il mio cuore!

ALANO Io muoio!

ARNOLFO Sono un lago di sudore: cerchiamo di riprender fiato.

Ho bisogno di un po’ d’aria e di far quattro passi. E chi l’avrebbe

immaginato, quando lo vedevo da piccolo, che sarebbe cresciuto

per far questo? Cielo, il male che ho al cuore! Forse è

meglio che provi con lei, a cavarle di bocca piano piano tutto

quello che voglio sapere. Bisogna che mi sforzi di dominare

questa agitazione. Pazienza, povero cuor mio, calmati, calmati.

Alzatevi! Tornate in casa e dite ad Agnese di scendere. Fermi!

La sorpresa sarebbe minore, perché questi andrebbero subito a

dirle che io sono in collera. È meglio che vada a chiamarla io

personalmente. Aspettatemi qui. (Esce)

III – ALANO, GIORGINA

GIORGINA Mio dio, com’era terribile! I suoi occhi mi hanno fatto

paura, ma una paura spaventosa; e non ho mai visto un cristiano

così come un mostro.

ALANO Quel giovanotto gli ha dato fastidio: te lo dicevo io!

GIORGINA Ma che cosa diavolo è tutta questa cattiveria, di voler

che teniamo la padrona sempre chiusa in casa? Perché la tiene

nascosta a tutti quanti, e non vuol che nessuno le vada mai

neanche vicino?

ALANO Il fatto è che questo lo mette in gelosia.

GIORGINA E questa idea della gelosia com’è che gli è venuta?

ALANO Gli è venuta... gli è venuta per il fatto che è geloso.

GIORGINA Sì, ma perché è geloso? E perché si è arrabbiato?

ALANO Il fatto è che la gelosia... vedi, Giorgina, è una cosa che...

ecco: che fa venire il nervoso alla gente... e che non vuole vedersi

nessuno tra i piedi. Adesso ti faccio un esempio, che così

vedrai che capisci meglio. Dimmi un po’: è vero o non è vero,

che se tu sei lì con la tua minestra, e un altro, affamato, ti vien

vicino per mangiartela, tu ti arrabbi e gli dài addosso?

GIORGINA Sì, lo credo bene.

ALANO Ebbene, è tale e quale. La donna è proprio come la minestra

dell’uomo; e quando un uomo vede per caso un altro che

vuol venire lì a ficcare il mestolo nella sua minestra, questo gli

fa venire una rabbia che non finisce più.

GIORGINA Sì, ma allora com’è che non fanno tutti così? Com’è

che se ne vedono di quelli che sembrano contenti, quando la

moglie è con un gran signore elegante?

ALANO È che non tutti in amore sono così ingordi da non voler

dar niente agli altri.

GIORGINA Se non ho le traveggole, eccolo che ritorna.

ALANO Hai la vista buona: è proprio lui.

GIORGINA Guarda che faccia scura.

ALANO È che anche lui ha i suoi fastidi.

IV – ARNOLFO, AGNESE, ALANO, GIORGINA

ARNOLFO Un giorno, non so qual greco antico, disse all’imperatore

Augusto, a mo’ di consiglio tanto utile quanto saggio, che

ogni volta che qualcosa ci fa andare in collera, bisogna come

prima cosa dire tutto l’alfabeto, in modo che nel frattempo la

bile si temperi e non ci faccia far niente di quel che è meglio

non fare. Ho seguito questa lezione a proposito di Agnese; le

ho detto di venir qui subito, col pretesto di fare quattro passi:

così potrò condurre abilmente il discorso sull’argomento e, sondandole

il cuore, chiarire a poco a poco i sospetti che mi tormentano

il cervello.Venite,Agnese. E voi, a casa.

(Giorgina e Alano escono)

V – ARNOLFO, AGNESE

ARNOLFO Una bella passeggiata.

AGNESE Bellissima.

ARNOLFO E che bel sole!

AGNESE Bellissimo.

ARNOLFO Novità nessuna?

AGNESE È morto il gattino.

ARNOLFO Che peccato! Ma che volete: siamo tutti destinati a

morire, e ciascuno non bada che a se stesso. Ha mai piovuto,

mentre ero in campagna?

AGNESE No.

ARNOLFO Vi siete annoiata?

AGNESE Io non mi annoio mai.

ARNOLFO E poi, cosa avete fatto in questi nove o dieci giorni?

AGNESE Ho fatto sei camicie, mi pare, e anche sei cuffiette.

ARNOLFO (dopo esser rimasto un poco soprapensiero) Il mondo,

cara Agnese, è una ben strana cosa. Pensate cos’è la maldicenza,

e come tutti parlano: alcuni nostri vicini mi hanno detto che

un giovanotto sconosciuto è venuto a casa nostra durante la

mia assenza, e che voi l’avete visto, gli avete parlato... Non che

io abbia prestato fede a quelle malelingue; ho anzi scommesso

che era senz’altro falso...

AGNESE Dio mio, non scommettete, vi dico io che perdereste.

ARNOLFO Come?! Ma allora è vero che un uomo...

AGNESE Ma sì. Non si è quasi mai mosso da casa nostra, ve lo giuro.

ARNOLFO (a parte) Questa confessione, resa così sinceramente,

mi dimostra se non altro la sua ingenuità. (Ad alta voce) Però,

Agnese, se la memoria non mi inganna, mi pareva di avervi

proibito di ricevere chicchessia.

AGNESE Sì, ma voi non sapete perché l’ho ricevuto. E sono sicura

che anche voi avreste fatto quel che ho fatto io.

ARNOLFO Può darsi. Ma adesso raccontatemi tutta la storia.

AGNESE È una storia stranissima, quasi da non credere.Mi ero

messa sul balcone per lavorare un po’ al fresco, quando ho visto

passare sotto gli alberi di fronte un giovane di bell’aspetto

che, incontrando il mio sguardo, subito mi saluta inchinandosi

profondamente. Io, per non mancare alla buona creanza, a mia

volta gli fo la riverenza. Lui subito mi rifà l’inchino, e io, anch’io

gli rifaccio la riverenza; e poiché lui risponde con un terzo inchino,

immediatamente anch’io rispondo con una terza riverenza.

Lui passa, torna, ripassa, e ogni volta mi fa un nuovo inchino,

e sempre più bello; e anch’io, che osservavo attentamente

tutti questi suoi giri, ogni volta gli rispondo con una nuova riverenza;

tanto che, se a un certo punto non fosse scesa la notte,

sarei andata avanti così per sempre, poiché non volevo cedere e

lasciargli magari credere che fossi meno educata di lui.

ARNOLFO Benissimo.

AGNESE Il giorno dopo ero sulla porta di casa, e una vecchia mi

si avvicina e mi dice così: «Bambina mia, che il Signore vi benedica

e vi conservi il più a lungo possibile con tutte le vostre grazie!

Badate però che Egli non vi ha fatta così bella perché voi

usiate male dei suoi doni; dovete sapere che avete ferito al cuore

una persona, che oggi è costretta a lamentarsene!».

ARNOLFO (a parte) Ah, cortigiana di Satana! Maledetta dannata!

AGNESE «Io, avrei ferito qualcuno?!» ho detto tutta meraviglia-

ta. «Sì, dice lei: ferito, ma ferito sul serio; ed è quell’uomo che

avete visto ieri dal balcone.» «Oh santo cielo, dico io; e come

può essere successo? Forse, senza accorgermene, gli ho fatto cadere

addosso qualcosa?» «No, fa lei; sono stati i vostri occhi a

dare il colpo fatale, e tutto il suo male gli è venuto dai loro

sguardi.» «Oh dio mio, ma io sono sbalordita, dico io; che nei

miei occhi ci sia una malattia, perché possano aver contagiato

qualcuno?» «Sì, fa lei; i vostri occhi hanno in sé un veleno che

voi non conoscete, figlia mia, e che causa la morte. Insomma,

quel povero infelice si sta spegnendo; e se davvero siete così

crudele da rifiutargli un aiuto, ha continuato quella buona e caritatevole

vecchietta, quell’uomo entro due giorni è da metter

sotterra!» «Mio dio, mi dispiacerebbe moltissimo, dico io; ma

che cosa posso fare per aiutarlo?» «Bambina mia, dice la vecchia;

egli non chiede altro che il bene di vedervi e di parlare con

voi; solo i vostri occhi possono impedire la sua morte e guarire

la malattia che han provocato.» «Oh santo cielo, volentieri, dico

io; se è così, venga pure a trovarmi quando vuole.»

ARNOLFO (a parte) Ah, strega maledetta, avvelenatrice d’anime!

Possa l’inferno essere il compenso dei tuoi caritatevoli intrighi!

AGNESE E così è stato che ci siamo visti e che è guarito. E anche

voi, cosa ne dite: non ho fatto bene? E potevo in coscienza lasciarlo

morire, io, che provo tanta pena per la gente che soffre,

e che non posso vedere ammazzare un pollo senza mettermi a

piangere?

ARNOLFO (piano) Tutto questo non è che il frutto della sua ingenuità;

la colpa è tutta della mia imprudente assenza, che ha

lasciato questa perla di bontà e di gentilezza senza una guida,

in balia degli agguati di seduttori senza scrupoli. Spero solo che

quel delinquente, con i suoi temerari capricci, non abbia spinto

il gioco troppo in là.

AGNESE Che avete? Mi sembrate un po’ arrabbiato. Ho forse

fatto male a far quel che vi ho detto?

ARNOLFO No. Ma raccontatemi anche il seguito: cosa faceva

quel giovanotto durante le sue visite?

AGNESE Oh, se aveste visto come era felice, come è guarito subito

non appena mi ha visto, la bella cassettina che mi ha regalato,

e i soldi che ha dato ad Alano e a Giorgina, vi sarebbe piaciuto

certamente, e direste anche voi...

ARNOLFO Sì, ma cosa faceva quand’era solo con voi?

AGNESE Giurava che mi amava come nessuno aveva mai amato,

mi diceva le frasi più gentili del mondo, e cose di cui non vi è

niente di più bello, e così dolci che tutte le volte che gliene sento

parlare mi fan come un solletico qui dentro, e mi rimescolano

un certo non so che, per cui son tutta emozionata.

ARNOLFO (a parte) Tormentoso esame di un mistero fatale, in

cui chi soffre è l’esaminatore! (Ad Agnese) Oltre a tutti questi

discorsi, a tutte queste gentilezze, non ha per caso cercato anche

di accarezzarvi?

AGNESE Oh, eccome! Mi prendeva le mani e le braccia, e non si

stancava mai di baciarmele.

ARNOLFO E per caso non vi ha preso anche qualche altra cosa?

(Vedendola esitante) Uff!

AGNESE Beh, mi ha...

ARNOLFO Come?

AGNESE Mi ha preso...

ARNOLFO Eh?

AGNESE La...

ARNOLFO Prego?

AGNESE Non ne ho il coraggio. Poi magari vi inquietate con me.

ARNOLFO No.

AGNESE Invece sì.

ARNOLFO Dio mio, no!

AGNESE Allora datemi la vostra parola.

ARNOLFO Parola mia, va bene.

AGNESE Mi ha preso... Adesso andate in collera.

ARNOLFO No.

AGNESE Sì.

ARNOLFO No, no, no e no.Accidenti, quanti misteri! Che cos’è

che vi ha preso?

AGNESE Mi ha preso...

ARNOLFO (a parte) Soffro come un dannato.

AGNESE Mi ha preso la coccarda che mi avevate regalata voi. E

per essere sincera, non ho proprio potuto impedirglielo.

ARNOLFO (riprendendo fiato) Per la coccarda passi. Quel che volevo

sapere è se oltre a baciarvi le braccia vi ha fatto qualcos’altro.

AGNESE Perché, che cos’altro si può fare?

ARNOLFO Niente! Ma per guarire dalla malattia che diceva di

avere, non vi ha chiesto per caso qualche altro rimedio?

AGNESE No.Ma potete star sicuro che qualsiasi cosa mi avesse

chiesto, pur di aiutarlo a guarire gli avrei dato tutto.

ARNOLFO (a parte) Sian rese grazie alla bontà celeste, me la sono

cavata a buon mercato. Se mai ci ricasco, che me la facciano

fino in fondo. Basta! (Ad Agnese) La causa di tutto è la vostra

ingenuità, Agnese. Io non vi dico niente; quel che è stato è stato.

Ma io so che quel giovanotto, lusingandovi, non desidera altro

che approfittare di voi, per poi farsene due belle risate.

AGNESE Oh, no; me l’ha assicurato più di venti volte, a me in

persona.

ARNOLFO Ah, voi non potete sapere che valore ha la sua parola.

Ma quel che dovete imparare è questo: che accettare delle cassettine

in dono, ascoltare le chiacchiere di questi bellimbusti,

lasciarsi baciar le mani e far solletico al cuore, a forza di languori

e di sospiri, è uno dei più grossi peccati mortali che si possano

commettere.

AGNESE Un peccato, dite? E perché mai, scusate?

ARNOLFO Perché mai? Perché sta scritto che Dio va in collera

quando vede queste cose.

AGNESE In collera?! Ma perché dovrebbe andare in collera? È

una cosa, se sapeste, così piacevole e dolce! Trovo delizioso quel

che si prova in quei momenti; e pensare che io non ne sapevo

ancora niente.

ARNOLFO Sì, è vero: tutte quelle tenerezze, quei discorsi gentili,

quelle carezze ci danno un grande piacere; ma è un piacere che

va gustato in tutta onestà, una volta sposati, in modo che sia un

piacere lecito.

AGNESE Una volta che ci si è sposati non è più peccato?

ARNOLFO Certo.

AGNESE Allora sposatemi subito; vi prego.

ARNOLFO Se voi lo desiderate, lo desidero anch’io: son qui proprio

per sposarvi.

AGNESE Davvero?

ARNOLFO Sì.

AGNESE Come mi farete felice!

ARNOLFO Sì, non dubito che il matrimonio vi piacerà.

AGNESE E volete davvero che noi due...

ARNOLFO Ma naturalmente!

AGNESE Se si farà, come vi colmerò di carezze!

ARNOLFO Beh, per quello che mi riguarda la cosa sarà reciproca.

AGNESE Io non capisco mai quando mi si prende in giro. State

parlando proprio sul serio?

ARNOLFO Sì, lo vedrete da voi.

AGNESE Ci sposeremo?

ARNOLFO Sì.

AGNESE Ma quando?

ARNOLFO Stasera stessa.

AGNESE (ridendo) Stasera?

ARNOLFO Stasera.Vi fa ridere?

AGNESE Sì.

ARNOLFO Vedervi contenta è quel che desidero.

AGNESE Oh dio, come vi sono riconoscente! E come starò bene

con lui!

ARNOLFO Con chi?

AGNESE Con... beh...

ARNOLFO Beh... Il signor beh non lo conosco. Mi pare che facciate

un po’ presto a scegliervi il marito. È un altro, mia cara,

l’uomo che ho in serbo per voi, e quanto a quel signore, il signor

beh, io esigo, se non vi dispiace, a costo che il male di cui

ciancia lo porti alla tomba, che voi rompiate ogni rapporto con

lui; e se viene a casa a salutarvi, che gli chiudiate la porta sul naso

come si conviene a una fanciulla per bene, e se insiste, che gli

gettiate un bel sasso dalla finestra, in modo da persuaderlo a

non farsi vedere mai più.Avete capito, Agnese? E io, nascosto

in qualche angolo, sarò il testimone della vostra condotta.

AGNESE Ahimè! È bellino! È così...

ARNOLFO Ah, che modo di parlare!

AGNESE Io non avrò la forza di...

ARNOLFO Non voglio sentir altro. Salite in camera vostra.

AGNESE Ma come! Volete che...

ARNOLFO Basta così. Io sono il padrone, io parlo: andare, obbedire.

ATTO III

I – ARNOLFO, AGNESE, ALANO, GIORGINA

ARNOLFO Sì, tutto è andato bene, la mia gioia non ha eguali.

Avete eseguito i miei ordini a meraviglia e sistemato di tutto

punto quel damerino di un seduttore; ed ecco che cosa vuol dire

avere qualcuno che ci guidi con saggezza. Si era tentato di

sorprendere la vostra innocenza, Agnese. Ora vedete dove vi

eravate cacciata, senza pensarci; priva dei miei insegnamenti,

stavate imboccando dritta filata la grande via che conduce all’inferno

e alla perdizione. Tutti questi giovanottelli galanti,

sappiamo anche troppo bene che intenzioni hanno! Bellissimi

pizzi, un sacco di nastri e di piume, grandi parrucche, dei bei

denti, discorsi molto seducenti; ma, come già vi ho detto, li sotto

c’è la zampa del demonio: sono tutti altrettanti Satana, dalle

fauci fameliche sempre in cerca di una donna cui sbranare l’onore.

Ma per questa volta almeno, grazie al mio intervento, ne

siete uscita con onore. Il modo in cui vi ho visto tirargli quel

sasso, che ha demolito ogni speranza di successo per i suoi progetti,

mi rafforza ancor più nel proposito di non differire oltre

le nozze, cui, come vi ho detto, dovete prepararvi. Ma prima di

ogni altra cosa, mi par giusto farvi un discorsetto salutare, a vostra

edificazione. Una sedia qui al fresco. E quanto a voi, se mai

in nulla...

GIORGINA Tutto quel che ci avete insegnato ce lo ricorderemo

bene. Quell’altro signore là, ce ne dava da bere! Ma...

ALANO Se fa tanto di tornare non voglio bere più niente.E poi è

uno stupido: l’altra volta ci ha dato due scudi d’oro che non erano

neanche di peso giusto.

ARNOLFO Comprate per cena tutto quello che occorre; e come

già vi ho detto, tornando, uno di voi vada a chiamare il notaio

che abita qui al bivio, per il contratto di nozze.

(Alano e Giorgina escono)

II – ARNOLFO, AGNESE

ARNOLFO (seduto) Agnese, lasciate il vostro lavoro e ascoltatemi.

Alzate un po’ di più la testa, e voltatevi un po’ da questa

parte. Qui; mentre vi parlo guardatemi qui,e imprimetevi bene

nella memoria fino alla più piccola parola di quel che vi sto

per dire. Io vi sposo,Agnese; e cento volte al giorno voi dovrete

benedire la fortuna che vi è toccata in sorte, e considerare

l’infima condizione in cui vi trovavate, e conseguentemente

apprezzare la mia bontà, che da quel vile stato di povera contadina

vi eleva al rango di rispettabile borghese e cittadina, e

vi chiama a gioire del talamo e dei baci di un uomo che è finora

rifuggito da ogni legame di tal sorta, e che a venti partiti

tutt’altro che disprezzabili ha rifiutato l’onore che si accinge a

farvi.Voi, insomma, dovrete sempre avere davanti agli occhi il

poco che sareste senza questo nodo glorioso, affinché una tal

visione vi sia di sempre maggior stimolo a meritarvi la condizione

alla quale vi avrò sollevata, a rendervi conto di quel che

siete, e a far sì che io non abbia mai a pentirmi del passo che

compio. Il matrimonio,Agnese, è una cosa seria: il rango di moglie

impegna a compiti austeri, e a questo rango voi non ascendete,

a quanto io la intendo, per prendervi le vostre libertà e

darvi al buon tempo. Alla donna spetta solo obbedire: padrone

onnipotente è colui che porta i calzoni. Sebbene l’uomo e la

donna siano le due metà di questa società che è la famiglia,

non è che queste due metà siano uguali: l’una è la metà suprema,

e l’altra è la subalterna; l’una è sottomessa in tutto all’altra

che comanda; e l’obbedienza che il perfetto soldato porta al

suo comandante, che il servo porta al padrone, il figlio al padre,

e l’ultimo dei conversi al priore, è ancora nulla rispetto all’obbedienza,

alla docilità, all’umiltà e al profondo rispetto che

la donna deve dimostrare nei confronti di colui che è suo marito,

sua guida, suo signore e padrone. Se egli la guarda con occhio

severo, il suo dovere è quello di abbassare subito gli occhi,

e di non osare più guardarlo in faccia finché egli non vorrà

farle la grazia di uno sguardo benevolo.A queste cose le donne

del giorno d’oggi mal si adattano; ma voi non guastatevi sull’esempio

altrui. Guardatevi sempre dall’imitare quelle sfacciate

di cui tutta la città echeggia le follie, e dal lasciarvi coglie-

re dagli assalti del Maligno, cioè a dire prestare orecchio a

qualche giovane bellimbusto. Ricordatevi che facendo di voi la

mia metà, è il mio onore,Agnese, che io affido a voi; che questo

onore è delicatissimo, e poco basta a ferirlo; e che all’inferno

vi sono delle grandi caldaie bollenti, in cui vengono gettate

per sempre le mogli che non si comportano bene. Quel che vi

sto dicendo non sono frottole; e questi insegnamenti dovreste

berveli avidamente, con tutto il cuore. Se saprete metterli in

pratica, ed evitare ogni civetteria, la vostra anima sarà sempre

candida e immacolata come un giglio; ma se accadrà invece

che l’onor vostro faccia un passo falso, essa diventerà nera come

un pezzo di carbone; agli occhi di tutti sarete un essere

spregevole, e alla fine, preda del demonio, andrete all’inferno a

bollire per tutta l’eternità; dal che vi guardi la misericordia celeste!

Fate la riverenza. Come una novizia in convento deve

imparare a memoria le sue devozioni, così, accostandosi al matrimonio,

una fanciulla deve fare altrettanto; ed ecco che ho

qui in tasca un’opera molto importante (si alza) che vi insegnerà

le devozioni della buona moglie. Non so chi ne sia l’autore,

ma certo si tratta di un’anima nobile; e io voglio che questo

sia il vostro unico svago. Prendetelo.Vediamo un po’ come

lo leggete.

AGNESE (legge)

Le massime del matrimonio

ovvero

I doveri della donna maritata

(con l’esercizio quotidiano)

I massima

Colei che un sacro nodo

fa entrar nel letto altrui

si metta in testa che

malgrado l’uso – oggi più diffuso –

chi se la sposa se la sposa solo per sé.

ARNOLFO Vi spiegherò poi ciò che questo significa; per ora dovete

soltanto leggere.

AGNESE (prosegue)

II massima

Farsi bella è proibito

più di quanto desideri colui che è tuo marito.

Solo a lui la tua bellezza è destinata,

e non importa niente

se per gli altri sei brutta e repellente.

III massima

Al bando certe occhiate,

bando alle creme, ai profumi, alle pomate;

il colorito danno di un bel fiore

ma son droghe mortali per l’onore.

Chi si fa troppo bella, è garantito,

non lo fa per piacere a suo marito.

IV massima

Sotto la cuffia, uscendo per la strada,

celi la sposa l’occhio pudibondo,

perché solo così allo sposo aggrada:

quando non piace a nessun altro al mondo.

V massima

Mai nessun uomo venga ricevuto

all’infuori di chi esclusivamente

pe’l padrone di casa sia venuto;

i damerini arditi

che vengon per le mogli solamente

non piacciono ai mariti.

VI massima

Dai regali di un uomo

guardarsi assolutamente;

a questo mondo nessuno

dà mai niente per niente.

VII massima

Per la tua dote, se c’è qualche guaio,

non ti abbisogna carta o calamaio:

in una casa in cui ben si sappia vivere

scrive il marito tutto quel che c’è da scrivere.

VIII massima

Società di corrotti

che s’adunan nei salotti

delle spose corrompon la prudenza.

Se la tua casa è onesta, fanne senza;

perché lì le tristi sorti

si maturan dei consorti.

IX massima

La donna che ha il proprio onore a caro

stia alla larga dal gioco

che è un piacere funesto;

si comincia col perdere il denaro

e poi a poco a poco

si gioca tutto il resto.

X massima

Passeggiate e colazioni

in allegra brigata

non son cose da fare:

ogni mente bennata

sa che in queste occasioni

è il marito a pagare.

XI massima...

ARNOLFO Finirete per conto vostro; e punto per punto vi spiegherò

poi tutto quanto per bene. Mi è venuta in mente una piccola

faccenda; devo solo andare a dire una cosa e torno subito.

Rientrate in casa, e conservate questo libretto come una cosa

preziosa. Se viene il notaio, che mi aspetti un momento.

(Agnese esce)

III – ARNOLFO

Farne mia moglie è la cosa migliore che possa fare. Plasmerò

quell’anima a mio piacimento; nelle mie mani essa è come un

pezzo di cera e posso darle la forma che più mi aggrada. Poco è

mancato, durante la mia assenza, che non rimanessi anch’io intrappolato,

per colpa della sua eccessiva ingenuità. Molto meglio

lei, comunque, di una donna che ne abbia troppo poca. Agli

errori di ingenuità si rimedia facilmente; le persone semplici accettano

docilmente i consigli, e se qualcosa le allontana dalla

retta via, bastano due paroline a riportarvele subito. Ma una

moglie intelligente, che sappia il fatto suo, è ben altra bestia. La

nostra sorte dipende solo dal suo cervello; quando si mette in

testa una cosa, non c’è niente che possa farle cambiare idea, e

tutti i nostri insegnamenti non sono che acqua fresca. La sua intelligenza

le serve solo per farsi beffe delle nostre massime, per

trasformare in virtù i suoi peccati, e, pur di raggiungere i suoi

colpevoli scopi, per escogitare raggiri tali da ingannare il più

astuto e il più attento dei mariti. Darsi da fare per parare il colpo

è inutile; quanto a intrighi, una donna intelligente è un demonio;

e dal momento in cui il suo capriccio pronuncia contro

il nostro onore una sentenza di condanna, non c’è che da chinar

la testa; conosco un sacco di gentiluomini che potrebbero raccontarne

delle belle. Comunque, il nostro caro sbadato non

avrà di che ridere molto; la sua lingua lunga avrà quel che si me-

rita. Ecco il solito difetto di noi francesi; quando ci capita qualche

colpo di fortuna, quello che più ci secca è il tenerlo segreto;

e il vantarsene stupidamente è una cosa tanto allettante che ci

faremmo impiccare piuttosto di tenere la bocca chiusa. Ah, come

è vero che è il demonio che le tenta, le donne, quando si

scelgono di questi scriteriati, e come...! Ma eccolo qui; continuiamo

a fingere, e cerchiamo di scoprire un po’ che cos’è che

lo tormenta.

IV – ORAZIO, ARNOLFO

ORAZIO Vengo da casa vostra, e si vede che è destino che non vi

ci debba mai trovare. Ma ci andrò tante volte che un giorno o

l’altro finalmente...

ARNOLFO Oh, mio dio, non cominciamo con i complimenti

inutili! Per me non c’è niente di più irritante di tutte queste

cerimonie, e se dessero retta a me le proibirebbero per legge.

È una maledetta abitudine e la maggior parte della gente vi

perde stupidamente i due terzi del proprio tempo. Teniamoci

dunque il cappello, e stiamo comodi. Ebbene, e il vostro romanzetto?

Posso sapere, signor Orazio, a che punto siete? Poco

fa ero distratto dietro certi miei pensieri ma poi ci ho riflettuto:

mi congratulo per questi vostri primi, rapidissimi

progressi, e vi assicuro che la vostra avventura mi sta molto a

cuore.

ORAZIO A dire il vero, dopo che vi ho aperto l’animo mio ho

avuto un po’ di sfortuna.

ARNOLFO Oh, oh, e come mai?

ORAZIO La sfortuna ha voluto che il padrone di casa della mia

bella tornasse dalla campagna.

ARNOLFO Che disgrazia!

ORAZIO Di più, con mio grande rammarico, è venuto a sapere

tutto della nostra tresca.

ARNOLFO E come diavolo ha fatto, così presto?

ORAZIO Non lo so, comunque è cosa sicura. Oggi, più o meno

alla solita ora, stavo andando a far la mia visitina alla giovane

bellezza, quando, con faccia diversa e diverso tono dal solito,

sia la cameriera che il servitore mi hanno sbarrato la strada, e

con un «Andatevene, smettetela di importunarci!» mi hanno

chiuso di malagrazia la porta in faccia.

ARNOLFO La porta in faccia?!

ORAZIO In faccia.

ARNOLFO Mi sembra un po’ forte.

ORAZIO Ho cercato di parlargli attraverso la porta, ma a tutto

quel che dicevo non hanno risposto altro che «Qui non si entra,

ordine del padrone».

ARNOLFO E così non hanno aperto.

ORAZIO No. E dalla finestra, Agnese mi ha confermato il ritorno

di quell’uomo; mi ha cacciato via con un tono tutto altezzoso,

e tirandomi per giunta dietro un sasso.

ARNOLFO Come! Un sasso?!

ORAZIO Un sasso, e neppure tanto piccolo: il ringraziamento

per la mia visita, dritto dalle sue mani.

ARNOLFO Diavolo, non sono mica bazzecole; e io trovo la vostra

situazione piuttosto irritante.

ORAZIO È vero, questo maledetto ritorno non ci voleva.

ARNOLFO Vi assicuro che mi dispiace moltissimo per voi.

ORAZIO Quell’uomo mi rovina tutto.

ARNOLFO Sì, ma in fondo non è niente. Troverete senz’altro il

modo di riallacciare.

ORAZIO Bisognerà cercare qualche espediente per superare

l’attenta vigilanza di quel gelosone.

ARNOLFO Non vi dovrebbe esser difficile. La ragazza, dopo tutto,

non vi ama?

ORAZIO Senz’altro.

ARNOLFO Allora ce la farete.

ORAZIO Lo spero.

ARNOLFO Quel sasso vi ha costretto alla fuga, ma non dovreste

stupirvene.

ORAZIO Ah, naturalmente! Ho subito capito che lì nascosto c’era

il mio uomo, che senza farsi vedere dirigeva tutta la scena. Ma

quello che mi ha sorpreso, e che sorprenderà anche voi, è un altro

fatto che adesso vi racconto; un gesto piuttosto audace della bella

fanciulla, che mai mi sarei aspettato dalla sua ingenuità. Bisogna

proprio riconoscere che l’amore è un grande maestro, che ci fa diventare

come non siamo mai stati; e spesso succede che tutto il

nostro modo d’essere e di fare cambi in un attimo radicalmente

grazie alle sue lezioni; l’amore supera gli ostacoli che la nostra

stessa natura gli pone, e i suoi rapidi effetti hanno un che di miracoloso:

in un istante trasforma un avaro in un prodigo, un coraggioso

in un vigliacco, un uomo per bene in un mostro; rende agilissimo

in tutto lo spirito più goffo e pesante, e dà un’intelligenza

brillante al cervello più ingenuo e innocente. Sì, e questo è il miracolo

che si è rivelato in Agnese, perché, mentre mi scacciava con

queste parole: «Andatevene, il mio cuore rinuncia a vedervi; so

quali sono le vostre intenzioni, e questa è la mia risposta!», quel

sasso, o quella pietra, di cui vi siete tanto meravigliato, mi è caduto

ai piedi avvolto in una lettera; e io sono ancora stupefatto, per

come il contenuto di quella lettera si adatta alle parole che mi ha

detto e al sasso che mi ha gettato. Non vi sorprende che essa abbia

fatto una cosa del genere? È vero o non è vero che l’amore

aguzza l’ingegno? Si può forse negare che la sua fiamma produca

in un cuore effetti stupefacenti? Che cosa ne dite di questo trucco

e dell’idea della lettera? Eh? Non è ammirevole questa finezza

d’ingegno? Non trovate divertente la parte che finisce col fare il

mio gelosone in tutto questo scherzetto? Dite pure.

ARNOLFO Sì, molto divertente.

ORAZIO Allora fatevi una bella risata. (Arnolfo ride di un riso

forzato) Questo signore, che subito si mette a fare il gendarme

contro la mia passione, che si barrica in casa e fa sfoggio di sassi

come se io volessi espugnargliela, che per respingermi, preso

da un panico folle, mi aizza contro i suoi servi, e che si fa prendere

in giro sotto i suoi occhi, e con le sue stesse armi, proprio

da colei che vorrebbe tenere nella più totale ignoranza...! io, ve

lo confesso, sebbene il suo ritorno crei dei gran fastidi al mio

amore trovo che questa è la cosa più divertente del mondo, e

non riesco a pensarci senza ridere proprio di gusto; voi, invece,

mi pare che non ridiate poi tanto.

ARNOLFO (Con un riso forzato) Chiedo scusa, ne rido per quanto

posso.

ORAZIO Ma bisogna assolutamente che, da amico a amico, vi

faccia vedere la lettera.Tutto quel che il suo cuore deve provare,

la sua mano ha saputo scriverlo; e con parole così commoventi,

così piene di bontà, di ingenuità, di tenera innocenza... insomma:

proprio come l’anima più semplice e pura può descrivere

la prima ferita d’amore.

ARNOLFO (piano) Ecco, sciagurata, a che cosa ti serve saper scrivere!

Io non volevo, che te lo insegnassero.

ORAZIO (legge) «Voglio scrivervi, ma sono in gran pena perché

non so di dove cominciare. Desidererei tanto che voi conosceste

i miei pensieri in questo momento; ma non so come fare a

dirveli, e delle mie parole non mi fido. Comincio ora a capire di

essere sempre stata tenuta nell’ignoranza, e per questo ho paura

di scrivere cose che non stia bene, e di dire più di quel che

dovrei. A dire il vero, io non so che cosa mi abbiate fatto, ma

sento che mi dispiace da morire quel che mi obbligano a fare

contro di voi, che soffrirò tutte le pene del mondo a non vedervi,

e che mi piacerebbe tanto essere vostra. Può darsi che non

stia bene dire queste cose; ma non posso proprio fare a meno di

dirle, e spero comunque che non ci sia niente di male.Mi continuano

a dire che tutti i giovanotti ingannano le fanciulle, che

non bisogna starli a sentire, e che tutto quello che voi mi avete

detto era solo per prendermi in giro; ma vi assicuro che non sono

ancora riuscita a convincermene, non solo; ma le vostre parole

mi hanno così commossa che proprio non posso crederle

bugiarde. Ditemi francamente se ho ragione o torto; badate

però, che siccome io sono molto ingenua, fareste malissimo a

volermi ingannare, e credo che ne morrei dal dispiacere.»

ARNOLFO Ah, cagna!

ORAZIO Cosa avete detto?

ARNOLFO Io? Niente: ho tossito.

ORAZIO Avete mai sentito espressioni più dolci? Avete mai visto

un’anima più bella, manifestarsi così, malgrado tutti gli sforzi

di quel maledetto tiranno? Ed è o non è un delitto, aver la

malvagità di guastare queste doti meravigliose, aver tentato di

soffocare tanta luce d’intelligenza nell’ignoranza e nella stupidità?

Ecco che però l’amore ha cominciato a squarciarne i veli,

e se con l’aiuto di una qualche buona stella, io riesco, come spero,

a far sì che quell’animale calzato e vestito, quel vigliacco,

quel delinquente, quel buonanulla, quella bestia...

ARNOLFO Addio.

ORAZIO Come, così in fretta?

ARNOLFO Tutto a un tratto mi son ricordato di una faccenda urgente

da sbrigare.

ORAZIO Ma non sapreste per caso, dato che la sorvegliano così

da vicino, chi potrebbe riuscire a entrare in quella casa? Vi parlo

senza scrupoli di sorta, perché penso che tra amici non ci sia

niente di strano a scambiarsi dei favori. In quella casa ormai c’è

solo gente che mi tiene d’occhio; anche i due servi, da cui sono

stato poco fa, per qualsiasi verso cercassi di prenderli, non hanno

mai smesso la faccia feroce neanche quel tanto per starmi a

sentire. Per questo genere di servizi avevo per le mani una vecchia

di un’abilità – ve lo dico io – sovrumana; in principio infatti

mi ha dato ottimi risultati, ma quattro giorni fa è morta, povera

diavola. Non sapreste per caso indicarmi qualche altro sistema?

ARNOLFO Io no, purtroppo, ma lo troverete senz’altro.

ORAZIO Addio, allora.Vedete che a voi confido tutto. (esce)

V – ARNOLFO

A quali mortificazioni devo piegarmi di fronte a lui! Che tormento

nascondere il mio dolore cocente! Ma come! Così ingenua,

e una tal presenza di spirito? Ha fatto finta per me, di essere

un’ingenua, la sciagurata! Oppure quel trucco glielo ha soffiato

nell’anima il demonio! E adesso eccomi qui, assassinato da

quella maledetta lettera. È evidente che quel traditore la tiene in

pugno, che si è avvinghiato a lei e mi ha tolto di mezzo; e questa

è la mia disperazione, la mia pena mortale. Mi ha rubato il suo

cuore, e io ne soffro doppiamente, perché ne son rimasti offesi

l’amore e l’onore.Vedere il mio posto usurpato mi fa impazzire,

e mi fa impazzire veder beffata la mia previdenza. So bene che

per punirla del suo amore colpevole non debbo far altro che lasciarla

andare per la sua cattiva strada, che penserà lei stessa e

vendicarmi; però è seccante perdere una cosa che piace. Cielo!

Con tutto quel che ho pensato e ponzato prima di fare la mia

scelta, dovevo proprio perder la testa a questo modo, per quella

là! Non ha genitori, nessuno su cui contare, non un soldo; tradisce

le mie attenzioni, la mia bontà, il mio affetto: eppure le voglio

bene, anche dopo questo scherzo infame, al punto che non

posso fare a meno di lei. Stupido, ma non ti vergogni? Ah, io crepo,

impazzisco, mi piglierei mille volte a schiaffi in faccia.Voglio

andare a casa un momento, ma solo per vedere come si comporta

dopo averne fatta una così sporca. Dio, fa che la mia fronte sia

esente da disgrazie; oppure, se proprio è scritto che anch’io debba

passare per di lì, dammi almeno la serena forza d’animo che

vediamo in certa gente!

ATTO IV

I – ARNOLFO

Faccio fatica a star fermo, lo confesso; e ho il cervello ingombro

di mille pensieri sul come organizzarmi, in casa e fuori, per sventare

tutti i tentativi di quel farfallone. Con che faccia quella sciagurata

ha retto al mio sguardo ! Con tutto quel che ha fatto non

lascia a vedere la benché minima emozione; mi ha spinto a due

dita dalla tomba, ma a vederla si direbbe che lei sia lì di passaggio.

E più, guardandola, la vedevo pacifica e tranquilla, più sentivo

scaldarmisi la bile; e il mio cuore infiammarsi di bollenti impulsi,

che parevano raddoppiare la mia passione d’amore. Ero irritato

contro di lei, disgustato, disperato; eppure mai l’ho vista così

bella, mai i suoi occhi erano apparsi così penetranti ai miei, mai

avevo avvertito per quegli occhi un desiderio così vivo ed insistente;

e sento qui dentro che mi toccherà morire, se del mio triste

fato si compirà la sciagura. Ma come! E io l’avrei educata con

tanta tenerezza, con tante precauzioni, l’avrei tenuta con me fin

dall’infanzia, carezzandone le più tenere speranze; sulla sua nascente

bellezza avrei costruito castelli nel mio cuore, per tredici

anni me la sarei tenuta nella bambagia perché questo sbarbatello

pazzo di cui lei si è incapricciata venga a portarmela via di sotto il

naso, quando è ormai mia moglie per metà? No, perbacco! No,

perbacco! Caro piccolo sciocco amico mio, datevi pur da fare

quanto vi aggrada; se non spreco il mio tempo, parola mia, renderò

vane le vostre speranze, e comunque non riderete alle mie

spalle.

II – IL NOTAIO, ARNOLFO

IL NOTAIO Ah, eccolo lì! Buon giorno; eccomi qua, puntuale, per

redigere il contratto che volete fare.

ARNOLFO (senza vederlo) Come si può fare?

IL NOTAIO Bisogna farlo nella forma consueta.

ARNOLFO (senza vederlo) Voglio stare ben attento a prender le

mie precauzioni.

IL NOTAIO Non farò figurare nulla che sia contro i vostri interessi.

ARNOLFO (senza vederlo) Bisogna garantirsi da ogni possibile

sorpresa.

IL NOTAIO Basta che lasciate i vostri affari nelle mie mani. Se

non volete correre rischi, non mettete la firma di quietanza prima

di aver riscosso.

ARNOLFO (senza vederlo) La mia paura è che se faccio nascere

qualche sconquasso, tutta la città parli dell’incidente.

IL NOTAIO Beh, è facile impedirlo: potete fare il contratto in segreto.

ARNOLFO (senza vederlo) E con lei come dovrò regolarmi?

IL NOTAIO Il donativo alla sposa è proporzionato alla dote.

ARNOLFO (senza vederlo) Io l’amo, ed è questo che mi mette a

disagio.

IL NOTAIO In questo caso si può favorire la sposa.

ARNOLFO (senza vederlo) Come potrei trattarla in una circostanza

del genere?

IL NOTAIO La regola è che lo sposo intesti alla sposa un terzo

della dote ricevuta. Ma è una regola che vale quel che vale, e

volendo si può fare anche di più.

ARNOLFO (senza vederlo) E se...

IL NOTAIO (Arnolfo accorgendosi di lui) In caso di morte la

legge è identica per ambedue. Quel che voglio dire è che lo

sposo può fare alla sposa un donativo alle condizioni che crede.

ARNOLFO (che si è accorto del notaio) Eh?

IL NOTAIO Può benissimo favorirla, nel caso che le voglia bene

e che voglia farle cosa gradita; e può farlo mercé donativo: o il

cosiddetto prestabilito, che si annulla alla morte di lei, oppure

a fondo perduto, che va agli eredi della de cuius, oppure ancora

secondo usi e costumi, come si preferisce; ovvero mercé

clausola espressa di donazione inclusa nel contratto di nozze,

che può essere fatta come donazione pura e semplice, oppure

a condizioni di reciprocità. Ma perché alzate le spalle? Sto forse

parlando a vanvera, o credete che non sappia come si faccia

un contratto? E chi me lo insegna, allora? Nessuno, immagino.

Non lo so forse che una volta uniti in matrimonio diventano

per consuetudine comuni i beni mobili, gli immobili e gli acquisti,

salvo espresso atto di rinuncia? Non lo so forse che un

terzo dei beni della sposa entra a far parte del patrimonio famigliare

per ...

ARNOLFO Sì, è certo, sapete tutto quanto; ma chi vi ha detto

niente?

IL NOTAIO Voi! Che volete farmi passare per stupido, alzando le

spalle e facendo quelle smorfie.

ARNOLFO La peste lo colga, lui e la sua sporca faccia! Addio; è

l’unico modo di farvela smettere.

IL NOTAIO Chi è che mi ha fatto venir qui per un contratto?

ARNOLFO Sono stato io; ma la cosa è rimandata: vi farò chiamare

quando sarà il momento. Guarda questo maledetto come la

fa lunga!

IL NOTAIO Io dico che è un po’ tocco, e non credo di sbagliare.

III – IL NOTAIO, ALANO, GIORGINA, ARNOLFO

IL NOTAIO Non eravate venuto a chiamarmi per conto del vostro

padrone?

ALANO Sì.

IL NOTAIO Non so cosa risulti a voi, ma andate subito a dirgli da

parte mia che è un pazzo fatto e finito.

GIORGINA Non mancheremo. (Il Notaio esce)

IV – ALANO, GIORGINA, ARNOLFO

ALANO Signor padrone...

ARNOLFO Avvicinatevi, voi che siete i miei cari, sinceri e fedeli

amici. Ci sono novità.

ALANO Il Notaio...

ARNOLFO Lasciamo perdere, sarà per un altro giorno. Qui si sta

cercando di fare un brutto scherzo al mio onore; e quale affronto

sarebbe anche per voi, figli miei, se infangassero l’onore del

vostro padrone. Non potreste neanche più osare farvi vedere in

giro, perché tutti vi segnerebbero a dito. Dunque, poiché la cosa

riguarda tanto me che voi, bisogna che da parte vostra facciate

una tal guardia che quel bellimbusto non possa più in alcun

modo...

GIORGINA Ci avete già spiegato la lezione poco fa.

ARNOLFO Ma state bene attenti a non lasciarvi conquistare dalle

sue belle parole.

ALANO Oh, proprio!

GIORGINA Sappiamo difenderci.

ARNOLFO (a Alano) Se venisse a dire, tutto gentile: «Alano, amico

mio, aiutami tu, dà sollievo alle mie pene».

ALANO Siete un idiota.

ARNOLFO Bene! (A Giorgina) «Giorgina, tesoro mio, tu che sei

così dolce e così buona!»

GIORGINA Siete uno stupido.

ARNOLFO Bene! (Ad Alano) «Ma che cosa c’è di male nelle mie

oneste, virtuose intenzioni?»

ALANO Siete un furfante.

ARNOLFO Molto bene. (A Giorgina) «La mia morte è cosa fatta,

se tu non avrai pietà delle mie sofferenze.»

GIORGINA Siete un somaro, uno svergognato.

ARNOLFO Molto bene. «Io non sono di quelli che chiedono senza

voler dare, e se mi si fa un favore so ricordarmelo; perciò, anzitutto,

ecco qui per berti un bicchiere di vino,Alano, e a te, Giorgina,

ecco qua per comperarti una bella sottana. (Tutti e due tendono

la mano e prendono il denaro) Questo non è che un piccolo

scampolo della mia munificenza.Tutto il favore che vi chiedo,

in fondo, è solo quello di poter vedere la vostra bella padrona.

GIORGINA (con uno spintone) Provate con un’altra!

ARNOLFO Bene, così.

ALANO (con uno spintone) Fuori di qui!

ARNOLFO Bene.

GIORGINA (con uno spintone) E in fretta.

ARNOLFO Bene. Olà! Basta così!

GIORGINA Non ho mica fatto giusto?

ALANO Non è così che volevate dire?

ARNOLFO Sì, benissimo. Fuori i soldi, però, che non c’era nessun

bisogno di prenderli.

GIORGINA Ce ne eravamo dimenticati.

ALANO Volete che ve lo rifacciamo vedere un’altra volta?

ARNOLFO No, va bene così.Tornate a casa tutti e due.

ALANO Basta che ce lo diciate.

ARNOLFO No, vi ho detto. Quel che voglio è che andiate in casa.

Tenetevi pure i soldi. Andate, adesso vengo anch’io. State

con gli occhi sempre bene aperti, e secondate bene i miei piani.

(Alano e Giorgina escono)

V – ARNOLFO

Voglio prendere il ciabattino che sta all’angolo della via, e che ha

la vista acuta, a farmi da spione. Ho deciso di tenere Agnese sem-

pre in casa, sotto buona guardia, e soprattutto di mettere al bando

da casa mia venditrici di nastri, parrucchiere, pettinatrici, fazzolettaie,

guantaie, merciaie; tutta gente che non fa altro che brigare

sotto banco per questo o quel misterioso traffico d’amore.

Non per nulla sono uomo di mondo, e certe astuzie le conosco. Il

giovanotto dovrà essere molto in gamba, se vuol riuscire a fare

entrare anche solo un messaggio o un bigliettino in casa mia.

VI – ORAZIO, ARNOLFO

ORAZIO Questa piazza, evidentemente, è propizia ai nostri incontri.

Poco fa, parola mia, l’ho proprio scampata bella. Dopo

avervi lasciato, mentre meno me l’aspettavo, ho visto Agnese

affacciarsi da sola al balcone a prendere un po’ il fresco di quegli

alberi vicini. Dopo avermi fatto segno è scesa e mi ha aperto

la porta del giardino; ma eravamo appena giunti in camera sua,

quando si sono sentiti su per le scale i passi del nostro gelosone;

data la circostanza, Agnese non ha potuto far altro che chiudermi

in un grande armadio. Subito quello è entrato; io non potevo

vederlo, ma lo sentivo camminare a grandi passi, senza dire

una parola; e di tanto in tanto tirava fuori dei sospiri da

strappare il cuore, e dava dei gran pugni sul tavolo, e pigliava a

pedate un cagnolino che gli faceva le feste tutt’intorno, e tutti i

vestiti che trovava li buttava per aria; con un gesto infuriato ha

perfino rotto dei vasi con cui la mia bella aveva ornato il caminetto;

senz’altro quel becco cornuto doveva aver saputo qualcosa

dello scherzo che lei gli aveva fatto. Finalmente, dopo cento

giri avanti e indietro e dopo aver sfogato la sua rabbia su un

sacco di cose che non c’entravano per niente, senza neanche

aver detto perché aveva il nervoso, il pazzo geloso esce dalla

stanza, e io dal mio armadio. Per paura dell’amico, abbiamo

pensato fosse più prudente separarci: il rischio era troppo grosso;

ma stasera sul tardi potrò entrare zitto zitto in camera sua.

Mi farò riconoscere con tre colpetti di tosse, e a questo segnale

dovrei vedere aprirsi la finestra che grazie ad una scala e con

l’aiuto di Agnese, cercherò di espugnare in nome dell’amore.

Lo dico a voi volentieri, che siete il mio solo amico. Quando si

ha una gioia nel cuore, il piacere aumenta a dividerla con altri,

e quand’anche si gustasse cento volte la più perfetta delle felicità,

se nessuno lo sa non si è contenti. Sono certo che voi prendete

viva parte al successo dei miei affari. Addio.Vado a fare i

preparativi necessari. (Esce)

VII – ARNOLFO

Dunque è così? Gli astri che si ostinano a disperarmi non mi lasceranno

neppure il tempo di tirare il fiato? Dovrò vedere la vigile

prudenza delle mie precauzioni confusa colpo su colpo dalla

loro intesa? Io, nella mia maturità, dovrò essere lo zimbello

di una ragazzina ingenua e di un giovanotto incosciente? Con

filosofica saggezza, per vent’anni, il mondo mi ha visto contemplare

le tristi vicende dei mariti, erudirmi su tutti gli incidenti

che fanno cadere in quella disgrazia anche i più prudenti; facendo

tesoro in cuor mio delle disavventure altrui, e volendo prender

moglie, ho studiato tutti i mezzi con cui garantire la mia

fronte da ogni affronto e far sì che si distingua in mezzo a tutte

le altre. Per questo nobile disegno credevo di aver messo in pratica

tutto ciò che può escogitare l’umana lungimiranza; ma come

se il fato avesse decretato che nessun uomo quaggiù può andarne

esente, con tutta l’esperienza e la cultura da me accumulate

in materia, con i venti e più anni di meditazione per arrivare

a non commettere imprudenze, avrei evitato di seguir le orme

di tanti altri mariti per ritrovarmi alla fine coinvolto nella

stessa disgrazia? Ah, sorte assassina, mi hai dunque illuso! Ma

la bella contesa è ancora nelle mie mani; se quel maledetto bellimbusto

mi ha rubato il suo cuore, impedirò almeno che si impadronisca

anche del resto, e la notte che si avvicina, destinata

all’impresa galante, non passerà così liscia come si potrebbe

pensare. Mi fa comunque piacere, in mezzo a tanta tristezza, che

mi si avverta almeno della trappola che mi si sta preparando, e

che quello scriteriato, mentre cerca di rovinarmi, scelga per confidente

proprio il suo rivale.

VIII – CRISALDO, ARNOLFO

CRISALDO Ebbene, si cena prima della passeggiata?

ARNOLFO No, stasera digiuno.

CRISALDO Cos’è questa barzelletta?

ARNOLFO Per piacere, scusatemi: mi sono capitati dei fastidi.

CRISALDO Le vostre nozze, già decise, non si fanno più?

ARNOLFO Sono affari miei; non occorre che ve ne occupiate tanto.

CRISALDO Oh, oh, che modi! Quali sono i vostri dispiaceri? Per

caso, compare, l’amore comincia a farvi tribolare? A guardarvi

in faccia, giurerei quasi di sì.

ARNOLFO Qualsiasi cosa succeda, potrò per lo meno vantarmi

di non assomigliare a certa gente che sopporta tranquillamente

la vicinanza di tanti cavalier serventi.

CRISALDO Però è una ben strana cosa che voi, con la vostra cultura

e la vostra intelligenza, siate sempre lì a scaldarvi tanto sulla

questione delle corna; e che la suprema felicità per voi consista

nel non averle in testa e che non concepiate altro onore al

mondo. L’essere un avaro, un violento, un disonesto, un malvagio,

un vigliacco, per voi non è niente di fronte a questa macchia

infamante, e per quanto onestamente si possa essere vissuti

non si è uomini onorati se non quando ci si trova senza corna.

Ma in fondo in fondo, perché dovete credere che tutta la nostra

rispettabilità dipenda solo da quel fortuitissimo caso, e che un

galantuomo debba sentire come una propria colpa un male che

non è in suo potere evitare? Perché volete, dico io, che un uomo

che ha preso moglie sia degno di lode o di biasimo a seconda

di come lei si comporta, e che il torto che essa ci può fare

mancando alla parola data diventi ai nostri occhi uno spauracchio

mostruoso? Quel che dovreste mettervi in testa è che a

questo mondo ci si può anche fare delle corna un’idea un po’

meno disastrosa; e che dato che nessuno può considerarsi al sicuro

dai colpi della sorte, anche gli incidenti del genere in sé e

per sé non significano nulla, e che insomma, checché ne dica la

gente, tutto dipende dal modo con cui si prendono le cose; perché

anche in queste difficili circostanze, come sempre del resto,

è buona norma evitare gli estremi. Non bisogna comportarsi né

come quei mariti un po’ troppo accomodanti, che di queste cose

se ne fanno un vanto, che girano a elencare gli spasimanti

della moglie, tessendone grandi elogi ed esaltandone i meriti, e

che con loro ostentano grande familiarità, partecipano a tutti i

loro ricevimenti, a tutti i pranzi che danno, facendo in modo insomma

che tutti giustamente si chiedano dove trovino tanta

faccia tosta. Non c’è dubbio che questo modo di fare è del tutto

biasimevole; ma anche l’eccesso opposto è altrettanto condannabile.

Se non approvo questi amici degli amici delle loro mogli,

non per questo mi piacciono quei mariti turbolenti che nella

disgrazia fanno fuoco e fiamme, attirando con il loro imprudente

baccano l’attenzione di tutto il mondo, e che sembrano

proprio decisi a far sì che nessuno abbia dubbi su quel che può

essergli successo. Tra questi due partiti estremi ve n’è uno più

ragionevole, al quale, all’occasione, un uomo di buon senso può

attenersi; basta convincersene, e non vi è più motivo di arrossire,

per quanto male un donna possa comportarsi con noi. In-

somma, checché se ne possa dire, la condizione del cornuto può

anche essere dipinta con colori meno foschi; e come vi ho già

detto, tutta l’abilità sta nel prendere le cose per il giusto verso.

ARNOLFO Dopo questo bel discorso, tutta la confraternita deve

un ringraziamento a vostra signoria; chiunque avrà il bene di

sentirvene parlare non vedrà l’ora di potersi iscrivere anche lui.

CRISALDO Non dico questo; perché alle corna sono contrario

anch’io. Ma siccome la moglie ce la dà la sorte, io dico che bisogna

fare come quando si gioca ai dadi: che, se non vien fuori

quel che si vorrebbe, si cerca di giocare d’astuzia; e quindi rassegnarsi

e vedere di compensare la sfortuna comportandosi se

non altro con giudizio.

ARNOLFO In altre parole, continuare a mangiare e a dormire, e

convincersi che son cose da niente.

CRISALDO Voi credete di scherzare; ma per dirvela tutta, a me

pare che al mondo ci siano cento cose ben più temibili, e in grado

di rendermi ben più triste e infelice di quell’incidente che a

voi fa tanta paura. Dovendo scegliere tra le due cose, cosa credete

che preferirei: essere quel che dite voi, o fare il marito di

una di quelle mogli tanto per bene ma dal pessimo carattere, che

di un nonnulla fanno una tragedia; uno di quei mostri di virtù, di

quelle streghe della purezza, sempre trincerate dietro le loro virtuosissime

prodezze, che in cambio di quel piccolo torto che non

fanno al marito si credono in diritto di trattar la gente dall’alto

al basso, e che con la storia che gli sono fedeli lo obbligano a

sopportare tutto il resto? Insomma, caro compare, io vi dico che

all’atto pratico le corna sono come noi ce le facciamo, che per

certi aspetti ci sarebbe addirittura da augurarsele, e che come

ogni cosa anche quelle hanno il loro lato simpatico.

ARNOLFO Contento voi!... Io, da parte mia, preferisco girare al

largo; e giuro che piuttosto che incappare in una disavventura

di questo genere...

CRISALDO Per carità, non giurate, che non vi capiti di dover essere

spergiuro. Se è destino che sia così, è inutile che vi diate da

fare: nessuno verrà a chiedervi il vostro parere.

ARNOLFO Io, con le corna?!

CRISALDO Ma è proprio una mania, la vostra! Ci sono un sacco

di persone che hanno le corna e che, senza offesa, non si cambierebbero

con voi né per l’aspetto, né per doti morali, ricchezza

o nascita illustre.

ARNOLFO E neanch’io mi cambierei con loro. Ma questi scherzi,

scusate, mi danno fastidio; se non vi dispiace, piantiamola lì.

CRISALDO Avete i nervi; o presto o tardi sapremo il perché. Addio.

E ricordatevi, qualsiasi cosa vi suggerisca in proposito l’onore,

che giurare che non si sarà mai cornuti è come esserlo già

a metà. (Esce)

ARNOLFO E io torno a giurarlo, e vado subito a organizzarmi bene

per evitare questo incidente.

IX – ALANO, GIORGINA, ARNOLFO

ARNOLFO Amici, è giunto il momento in cui devo implorare il

vostro aiuto. Sono commosso per il vostro affetto, ma questa è

l’occasione in cui occorre darmene la prova lampante; e se saprete

servirmi senza deludermi, potete esser certi che sarete ben

ricompensati.L’uomo che sapete (tenetevelo per voi) stanotte, a

quanto ho saputo, ha intenzione di farmela: vuole entrare in camera

di Agnese scalando la finestra; e bisogna che noi tre gli

prepariamo un’imboscata. Ciascuno di voi deve prendere un bel

bastone, e quando quello sarà arrivato all’ultimo scalino (poiché

io al momento giusto aprirò la finestra), tutti e due, a gara, saltate

addosso a quel mascalzone, in modo che la schiena gli conservi

il ricordo e gli insegni a non riprovarcisi mai più; però, senza

mai nominarmi e senza far capire che lì dietro ci sono anch’io.

Vi sentite in grado di soddisfare il mio desiderio di vendetta?

ALANO Se non si tratta che di picchiare, signore, lasciate fare a

noi.Vedrete se quando bastono non ci metto i muscoli.

GIORGINA E io, anche se a vedermi sembro meno forte, farò anch’io

la mia parte a strigliarlo per bene.

ARNOLFO Adesso tornate in casa, e soprattutto state attenti a non

far chiacchiere in giro. Ecco un’utile lezione per il mio prossimo:

e se tutti i mariti di questa città ricevessero così gli spasimanti

della moglie, non ci sarebbero in giro tutti i cornuti che ci sono.

ATTO V

I – ALANO, GIORGINA, ARNOLFO

ARNOLFO Disgraziati, visto cos’avete fatto a pestar con tanta

forza?

ALANO Abbiamo obbedito ai vosti ordini, signore.

ARNOLFO È inutile tirar fuori questa scusa; l’ordine era di picchiarlo,

non di massacrarlo; e sulla schiena, e non sulla testa, vi

avevo detto di tempestarlo. Cielo, in che razza di guaio mi ha

precipitato la sorte! E che cosa faccio adesso con quel morto?

Tornatevene in casa, e guardatevi bene dal far cenno a chicchessia

dell’innocente ordine che vi avevo dato. (Alano e Giorgina

escono) Sta per spuntare il giorno, e bisogna che rifletta

bene su come comportarmi in questa disgrazia. Accidenti, che

cosa mi succederà? E cosa dirà suo padre, quando tutto ad un

tratto verrà a saperlo?

II – ORAZIO, ARNOLFO

ORAZIO Bisogna che vada un momento a vedere chi è.

ARNOLFO Ma chi avrebbe potuto prevedere... Chi va là, di grazia?

ORAZIO Siete voi, signor Arnolfo?

ARNOLFO Sì. Ma voi?...

ORAZIO Sono Orazio. Stavo proprio andando a casa vostra, per

chiedervi un favore. Uscite presto al mattino!

ARNOLFO (piano) Non so più dove sono! È un incantamento? È

un’illusione?

ORAZIO Non vi nascondo che ero molto preoccupato, e benedico

l’infinita bontà del Cielo che fa sì che io vi incontri sempre al

momento opportuno.Volevo avvertirvi che è andato tutto bene,

anche più di quel che avrei osato sperare, e proprio grazie ad un

incidente che poteva mandare tutto quanto a monte. Io non so

proprio come abbiano fatto a saperlo, dell’appuntamento di stanotte;

il fatto è che mentre ero sul punto di raggiungere la finestra,

contrariamente a ogni mia speranza, ho visto affacciarsi

della gente, armata di bastone, che mi ha dato addosso, tanto che

per la sorpresa ho messo un piede in fallo e son rotolato giù fino

in fondo; caduta che comunque, a prezzo di qualche ammaccatura,

mi ha risparmiato una ventina di bastonate.Allora quelli,

tra i quali – dico io – doveva esserci anche il mio gelosone, hanno

attribuito la mia caduta ai colpi che mi avevano dato; e siccome

per il dolore io me ne sono stato per un certo tempo steso a

terra immobile, hanno creduto davvero di avermi ammazzato e

si son presi una bella paura. Nel profondo silenzio, sentivo le loro

voci: si accusavano l’un l’altro del misfatto, e senza neanche

una lanterna, imprecando al destino, piano piano sono venuti a

toccar con mano se davvero ero morto; e lascio a voi immaginare

se, con l’oscurità della notte, non sono riuscito a far bene la

parte del defunto.Tutti impauriti se ne tornano a casa, e mentre

anch’io sto pensando di andarmene, ecco che Agnese, sconvolta

da questa falsa morte, corre da me.Aveva sentito tutto quello

che gli altri si eran detti tra di loro e, meno sorvegliata del solito

in tutto questo trambusto, non aveva avuto difficoltà a scappare

di casa; ma vedendo che non mi ero fatto niente ha dato libero

sfogo a una contentezza ben difficile a descriversi. Che altro

posso dirvi? Il risultato è che quell’adorabile creatura ha seguito

ciò che le dettava l’amore; di tornare a casa sua non ha neanche

voluto sentir parlare ed ha affidato a me se stessa per la vita.

Giudicate ora un po’ voi, da questo gesto così ingenuo, a che

cosa la espone l’enorme irresponsabilità di quel pazzo, a quali

brutti rischi potrebbe andare incontro se io non le volessi il bene

che le voglio. Ma il mio cuore arde di un amore troppo puro,

e morirei piuttosto che approfittare di lei; le sue grazie la rendono

degna ai miei occhi di ben altro destino, e nulla potrà farmi

rinunciare a lei se non la morte. Prevedo già a questo proposito

l’arrabbiatura di mio padre, ma troverò il modo di fargliela passare.

A un fascino così dolce io non so resistere, e poi insomma:

a questo mondo bisogna fare anche un po’ quello che piace.

Quel che volevo chiedere, alla vostra amicizia e discrezione, è di

potervi affidare la fanciulla, affinché le diate rifugio a casa vostra

per lo meno per un giorno o due. Bisogna tener nascosta la

sua fuga agli occhi del mondo, non solo perché non la inseguano,

ma anche perché voi sapete che il vedere una signorina come

lei con un giovanotto può far nascere strani sospetti; e sicco-

me non ho dubbi sulla vostra discrezione, tanto che vi ho sempre

confidato per intero i miei sentimenti, solo a voi, come al più

generoso dei miei amici, posso affidare questo tesoro d’amore.

ARNOLFO Sono a vostra completa disposizione, siatene certo.

ORAZIO Davvero mi rendete un così prezioso favore?

ARNOLFO Molto volentieri, vi dico; e sono anzi felicissimo che mi

si presenti questa occasione di servirvi, ringrazio il cielo per il dono

che mi fa, e non mi son preso un incarico con altrettanta gioia.

ORAZIO Di quante cortesie vi sono debitore! Temevo che mi

avreste fatto delle difficoltà; ma voi siete uomo di mondo, e nella

vostra saggezza sapete anche comprendere e scusare gli ardori

della gioventù. Agnese è là, dietro quell’angolo, con uno

dei miei servitori.

ARNOLFO È già abbastanza chiaro: come potremmo fare? Se

me la portate qui, può darsi che ci vedano; se invece venite

voi a casa mia, ci sono i servi che chiacchierano. Per andare

più sul sicuro, è meglio che me la portiate in qualche luogo

un po’ più buio. L’androne di casa mia può andar bene; l’aspetterò

lì.

ORAZIO Precauzioni più che giuste. Quanto a me, mi limito a

porla nelle vostre mani e poi me ne torno subito zitto zitto a casa

mia. (Esce)

ARNOLFO (solo) Ah, cielo, questo colpo di fortuna compensa

tutti i mali che il tuo capriccio mi ha procurato. (Si avvolge nel

mantello fino al naso)

III – AGNESE, ARNOLFO, ORAZIO

ORAZIO Non abbiate paura del luogo in cui andrete: vi ho trovato

un alloggio sicuro. Portarvi a casa mia vorrebbe dire distruggere

tutto: entrate in questa porta e lasciatevi guidare. (Arnolfo

la prende per la mano senza che essa lo riconosca)

AGNESE E voi mi lasciate?

ORAZIO Agnese cara, è necessario.

AGNESE Allora, per piacere, pensate a ritornare presto.

ORAZIO Anche il mio amore ardente me ne sollecita.

AGNESE Se non vi vedo non sono affatto contenta.

ORAZIO E anch’io son triste, lontano da voi.

AGNESE Ahimè, se fosse vero restereste qui!

ORAZIO Come? Dubitereste dell’immensità del mio amore?

AGNESE Oh, voi non mi amate come vi amo io. (Arnolfo la tira)

Ah, non tiratemi così!

ORAZIO Perché sarebbe pericoloso, Agnese cara, farci vedere

qui insieme; e l’eccellente amico la cui mano vi sollecita obbedisce

allo zelo prudente che lo fa partecipe dei nostri casi.

AGNESE Ma seguire uno sconosciuto che...

ORAZIO Non abbiate alcun timore: nelle sue mani non potrete

che star bene.

AGNESE Meglio assai starei in quelle di Orazio.

ORAZIO E anch’io vorrei...

AGNESE (a colui che la tiene) Aspettate.

ORAZIO Addio: si fa giorno, devo fuggire.

AGNESE E quando vi rivedrò?

ORAZIO Tra poco, ve l’assicuro.

AGNESE Quanto dovrò soffrire fino a quel momento!

ORAZIO Grazie al cielo, la mia felicità non mi è più contesa; ora

posso finalmente dormire tranquillo. (Esce)

IV – ARNOLFO, AGNESE

ARNOLFO (con il mantello fin sul naso) Venite, non è qui che

verrete ad abitare. Il vostro rifugio l’ho preparato altrove; voglio

mettervi in un luogo sicuro. Mi conoscete?

AGNESE (riconoscendolo) Ah!

ARNOLFO La mia faccia stavolta vi spaventa, malandrina! E non

vi fa tanto piacere vedermi qui, a turbare i piani della passione

di cui siete schiava. (Agnese cerca con lo sguardo Orazio) È

inutile che con gli occhi chiamiate il vostro amante in aiuto; è

troppo lontano ormai per soccorrervi. Ah, ah, così giovane ancora

fate già di questi scherzi! Ingenua come nessun’altra, venite

a chiedermi se è vero che i bambini nascono dalle orecchie;

ma poi prendete appuntamenti per la notte, e tagliate la corda

per seguire uno spasimante! Perdio, con che lingua sapete cinguettare

con lui! Dovete aver frequentato un’ottima scuola!

Chi diavolo ve ne ha insegnate tante, tutte così ad un tratto?

Non avete più paura di incontrare i fantasmi? O il vostro innamorato,

stanotte, vi ha fatto coraggio? Ah, sciagurata, arrivare a

questo punto di perfidia! Dopo tutto il bene che vi ho fatto,

escogitare un piano del genere! Piccola serpe che ho rianimato

in seno, e che appena riprende a vivere, mostro di ingratitudine,

cerca di far del male a chi la colma di carezze!

AGNESE Perché mi sgridate?

ARNOLFO Già, ho proprio torto!

AGNESE Non vedo nulla di male in quel che ho fatto.

ARNOLFO Scappare con un uomo non è un’azione infame?

AGNESE È l’uomo che mi vuole per moglie. Ho seguito i vostri

insegnamenti, non mi avevate detto che per non fare peccato

bisogna sposarsi?

ARNOLFO Sì, ma la mia intenzione era che sposaste me, e mi pareva

di averlo fatto capire.

AGNESE Sì, ma francamente, detto fra noi, quell’altro è più di

mio gusto. L’idea di sposarmi con voi mi è triste e penosa, e i

vostri discorsi danno del matrimonio un quadro terribile. Lui

invece, che volete! ne dà un’immagine così gradevole e dolce,

che vien proprio voglia di sposarsi.

ARNOLFO Ah, allora lo amate, sciagurata !

AGNESE Sì, infatti.

ARNOLFO E avete la faccia tosta di venirmelo a dire!

AGNESE E perché non dovrei dirvelo, se è vero?

ARNOLFO Dovevate proprio innamorarvene, piccola impertinente?

AGNESE Oh dio, è forse colpa mia? La causa di tutto è solamente

lui: quando è successo, io neppure ci pensavo.

ARNOLFO Bisognava allora scacciarlo, quel desiderio d’amore.

AGNESE E perché scacciare un qualcosa che piace?

ARNOLFO E non sapevate di darmi un dispiacere?

AGNESE Io? Niente affatto! Perché dovrebbe dispiacervi?

ARNOLFO Già, dovrei essere contento! Insomma, voi non mi

amate?

AGNESE Voi?

ARNOLFO Sì.

AGNESE Oh dio, no!

ARNOLFO Come, no?

AGNESE Volete che vi dica una bugia?

ARNOLFO E perché non mi amate, signorina sfacciata?

AGNESE Mio dio! Non è con me che dovete prendervela; perché

non vi siete fatto amare, come ha fatto lui? A me non pare di

avervelo impedito.

ARNOLFO Ho provato in tutti i modi possibili; ma tutte le mie

fatiche sono state inutili.

AGNESE Bisogna dire allora che lui ne sa molto più di voi, perché

a farsi amare non ha fatto nessuna fatica.

ARNOLFO Sentite come ragiona e come risponde questa contadina!

Maledetta! Potrebbe dirne di più una preziosa? Ah, o

io non l’ho mai capita, oppure, parola mia, in questo campo

una stupida qualsiasi ne sa più dell’uomo più in gamba.Visto

che il vostro cervello fa tanto sfoggio di acutezze, mio bel

dottor sottile: vi avrei mantenuta tutto questo tempo per

quell’altro?

AGNESE No certo: vi rimborserà tutto fino all’ultimo soldo.

ARNOLFO Vien fuori con delle parole che mi raddoppiano la

rabbia. E potrà anche restituirmi, canaglia, tutti gli obblighi di

riconoscenza che avete nei miei riguardi?

AGNESE Non mi sembra di averne poi di così grandi.

ARNOLFO L’avervi allevata, educata, non è niente?

AGNESE Quanto a questo vi siete comportato bene davvero, e

mi avete dato proprio una bella istruzione! Credete forse che

io mi illuda, e che dentro di me non me ne accorga che sono una

povera ignorante? Me ne vergogno io stessa, e se possibile non

voglio più passare per un’oca alla mia età.

ARNOLFO È per togliervi dall’ignoranza che, costi quel che costi,

volete prender lezione da quel bellimbusto?

AGNESE Certo. Quel poco che so l’ho saputo da lui, e sento di

dovergli molto più che a voi.

ARNOLFO Non so chi mi tiene dal rispondere con un bel ceffone

a questi discorsi da sfrontata.Vederla così fredda e sprezzante

mi fa impazzire, e qualche pugno ben assestato mi metterebbe

il cuore in pace.

AGNESE Oh dio, potete farlo, se vi fa piacere.

ARNOLFO Queste parole, e quegli occhi, disarmano la mia collera,

tornano a riempire il mio cuore di una tenerezza che cancella

la sua azione nefanda. Che cosa strana è l’amore, e il vedere

come per queste traditrici gli uomini siano soggetti a tante debolezze!

Tutti conosciamo i loro grandi difetti; che altro sono se

non stravaganti e superficiali, cattive d’animo e fragili di cuore?

Non vi è nulla di più debole e di più sciocco delle donne. E

nessuno che sia più infedele di loro; e malgrado tutto questo,

nel mondo si fa tutto per quelle bestiole! Ebbene, facciamo la

pace! Vieni, piccola traditrice, ti perdono ogni cosa, ti restituisco

il mio affetto. Giudica da questo gesto quanto grande è il

bene che ti voglio, vedi come sono buono, e in cambio dammi il

tuo amore.

AGNESE Con tutta l’anima vorrei accontentarvi. Che cosa mi costerebbe,

se potessi?

ARNOLFO Musetto mio, puoi farlo, se lo vuoi. (Sospira) Ascolta

questo sospiro d’amore; guarda questi occhi che muoiono,

guarda me, e lascia quel moccioso e l’amore che ti offre. È una

qualche stregoneria che deve averti buttata addosso; e con me

sarai mille volte più felice.A te piace tanto essere bella e elegante;

lo sarai sempre, ecco: te lo prometto. E sempre, giorno

e notte, ti accarezzerò, ti coccolerò, ti bacerò, ti mangerò. Potrai

far sempre tutto quello che vorrai. Non dico altro, ma questo

vuol dire tutto. (A parte) A che punto può condurci la passione!

(Ad alta voce) Insomma, il mio amore non ha eguali al

mondo. Come devo dimostrartelo, ingrata? Vuoi vedermi

piangere? Vuoi che mi picchi? Vuoi che mi strappi tutta una

zona di capelli? Vuoi che mi uccida? Va bene; se lo vuoi dimmelo.

Eccomi pronto, crudele, a darti la prova della mia passione.

AGNESE Ecco, vedete? I vostri discorsi non riescono proprio a

darmi nessuna emozione. Orazio con due parole avrebbe fatto

di più.

ARNOLFO Ah, questo è troppo! Vuol dire sfidarmi, aizzare la

mia collera! E allora farò quel che avevo deciso, bestia troppo

indocile; e voi sloggerete subito da questa città.Avete respinto i

miei voti, mi avete ridotto allo stremo; ma una buia cella di convento

mi vendicherà di tutto quanto.

V – ALANO, ARNOLFO, AGNESE

ALANO Non so come sia, signore, ma credo che Agnese e il morto

se ne siano andati insieme.

ARNOLFO Eccola qui. Sbattetela in camera mia: là non verranno

certo a cercarla; e poi si tratta soltanto di una mezz’ora: vado

a cercare una vettura per portarla in un posto sicuro. Chiudetevi

in casa quanto più possibile, e soprattutto badate di tenerla

sempre sott’occhio. (Escono Alano e Agnese) Potrebbe

anche darsi che il suo cuore, strappato da qui, si dimentichi di

quell’altro.

VI – ARNOLFO, ORAZIO

ORAZIO Ah, vengo da voi stroncato dal dolore! Il Cielo, signor

Arnolfo, ha portato al colmo la mia disgrazia, e con un tocco fatale

di estrema ingiustizia mi vuol privare a forza della donna

che amo. Per arrivare qui più in fretta mio padre ha viaggiato di

notte; l’ho trovato che stava mettendo piede a terra poco lontano

da qui. E in poche parole, la ragione di questo viaggio, della

quale, come vi ho detto, non sapevo niente, è che mi ha sposato

senza neanche scrivermelo, e viene qui appunto per celebrare

le nozze. Giudicate voi, prendendo parte alla mia agitazione, se

poteva capitarmi un peggior contrattempo. Quell’Enrico di cui

ieri vi chiedevo notizie è la causa della disgrazia di cui sto subendo

i colpi; sta arrivando anche lui con mio padre per completare

la mia rovina, e quella che mi è destinata in moglie è la

sua unica figlia. Fin dalle loro prime parole ho creduto di svenire;

e subito, senza volerli star oltre a sentire, avendo mio padre

parlato di venire a rendervi visita gli sono corso davanti, con

l’animo pieno di sgomento. Per piacere guardatevi bene dal dirgli

niente dell’impegno che ho preso, ché non si arrabbi; e visto

che ha tanta stima per voi, cercate di dissuaderlo dal concluder

quelle nozze.

ARNOLFO Va bene.

ORAZIO Consigliategli magari di rimandare un po’. Siete un

amico: rendete questo servizio al mio amore.

ARNOLFO Non mancherò.

ORAZIO Confido in voi.

ARNOLFO Benissimo.

ORAZIO E vi considero il mio vero padre. Ditegli che la mia

età... Ah, eccolo che arriva.Vi dico le ragioni che potreste tirar

fuori. (Si trattengono in un angolo della scena)

VII – ENRICO, ORONTE, CRISALDO, ORAZIO, ARNOLFO

ENRICO (a Crisaldo) Come mi siete apparso davanti agli occhi,

quand’anche nessuno mi avesse detto niente, vi avrei riconosciuto.

Vedo in voi tutti i lineamenti di quella vostra amabile sorella

di cui le nozze a suo tempo mi hanno reso signore; e sarei ben

felice se la Parca crudele mi avesse lasciato ricondurre quella fedele

sposa a gioire con me di queste vive dolcezze nel rivedere

tutti i suoi cari dopo le nostre lunghe disgrazie. Ma poiché il fatale

volere del destino ci ha privati per sempre della sua cara

presenza, è d’uopo farci forza, e accontentarci del solo frutto che

del suo amore ci è rimasto. Poiché vi riguarda da vicino, non potrei,

senza il vostro suffragio, disporre di questo pegno. La scelta

del figlio di Oronte è di per se stessa altamente apprezzabile,ma

bisogna che questa scelta piaccia a voi come a me.

CRISALDO Dovete avere una cattiva opinione del mio discernimento,

per pensare che io possa disapprovare una scelta tanto

legittima.

ARNOLFO (a Orazio) Sì, vi servirò a puntino.

ORAZIO Sentite anche questa...

ARNOLFO State tranquillo.

ORONTE (a Arnolfo) Ah, quanto tenero affetto in questo abbraccio!

ARNOLFO Ah, che gran felicità nel rivedervi!

ORONTE Sono venuto qui per...

ARNOLFO Non occorre che me lo raccontiate: so già il perché.

ORONTE Ve l’hanno già detto?

ARNOLFO Sì.

ORONTE Tanto meglio.

ARNOLFO Vostro figlio si oppone a queste nozze; prevenuto

com’è, non vi vede che occasioni di tristezza, e mi ha anche

pregato di dissuadervene. Ma io, tutto quel che posso consigliarvi,

è di non permettere che questo contratto venga rimandato,

e di far valere la vostra autorità paterna. I giovani

bisogna farli rigar dritti; ad essere indulgenti si fa il loro danno.

ORAZIO Ah, traditore!

CRISALDO Se queste nozze ripugnano al suo cuore, io penso che

non sia giusto fargli violenza. Mio cognato, a quanto credo, sarà

del mio stesso avviso.

ARNOLFO Come?! E lui si lascerà comandare da suo figlio? Volete

che un padre sia tanto debole da non sapersi far obbedire?

Sarebbe bella davvero, se venisse qui a farsi dettar legge da colui

cui dovrebbe dettarla! No, no, il signor Oronte è mio intimo

amico e la sua reputazione è la mia; ha dato la sua parola, bisogna

che la mantenga, che non abbia cedimenti di sorta e che

forzi le decisioni di suo figlio.

ORONTE Avete detto bene; e quanto all’impegno che ho preso,

rispondo io della sua obbedienza.

CRISALDO (a Arnolfo) A me, a dire il vero, sorprende il gran daffare

che vi date per questo matrimonio, e non riesco a indovinarne

il motivo.

ARNOLFO So quel che faccio e dico quel che va detto.

ORONTE Sì, sì, signor Arnolfo, è...

CRISALDO Quel nome lo indispone; è il signor del Ceppo, ve l’ho

già detto.

ARNOLFO Non importa.

ORAZIO Che sento?

ARNOLFO (volgendosi verso Orazio) Sì, ecco svelato il mistero.

Ditemi voi che altro dovevo fare.

ORAZIO In quale impaccio...

VIII – GIORGINA, ENRICO, ORONTE, CRISALDO, ORAZIO, ARNOLFO

GIORGINA Signore, se non venite voi, noi non ce la facciamo più

a tenere Agnese; continua a cercar di scappare, e può darsi anche

che si butti dalla finestra.

ARNOLFO Ditele di venire qui; voglio portarla via subito. (A

Orazio) Non abbiatevene a male: se all’uomo andasse sempre

tutto bene metterebbe superbia; e come dice il proverbio, oggi

a me domani a te.

ORAZIO Quali sciagure, o cielo, possono valere i miei tormenti?

Chi si è mai visto nell’abisso in cui mi trovo?

ARNOLFO (a Oronte) Affrettate il giorno della cerimonia; la cosa

mi interessa molto, e vi invito da solo fin d’ora.

ORONTE È quel che abbiamo intenzione di fare.

IX – AGNESE, ALANO, GIORGINA, ORONTE,

ENRICO, ARNOLFO, ORAZIO, CRISALDO

ARNOLFO (a Agnese) Venite, carina, venite, visto che non vi si

può tenere e che continuate a ribellarvi. Ecco qui il vostro innamorato,

al quale, per tutta ricompensa, potete fare un umile e

dolce inchino. Addio. La conclusione delude un po’ le vostre

speranze, ma non tutti gli amori trovano sempre un lieto fine.

AGNESE E voi, Orazio, mi lasciate portar via così?

ORAZIO Non so più chi sono, tanto grande è il mio dolore.

ARNOLFO Andiamo, chiacchierona, andiamo.

AGNESE Voglio restare qui.

ORONTE Dite anche a noi che cos’è questo mistero; siamo qui

che ci guardiamo in faccia senza capirci niente.

ARNOLFO Avrò modo di raccontarvi tutto con più comodo. Per

intanto, arrivederci.

ORONTE E dove avreste intenzione di andare? Questi modi di

fare non son quelli che dovreste usare con noi.

ARNOLFO Vi ho consigliato di concludere il matrimonio, senza

badare alle sue proteste.

ORONTE Sì, ma a questo proposito, se davvero vi hanno detto

tutto, non sapete anche che si trova a casa vostra colei di cui

stiamo parlando? La figlia che un giorno dall’amabile Angelica

sotto segreto legame nacque al signor Enrico? Su che cosa si

fondavano dunque tutti i vostri discorsi?

CRISALDO Anch’io trovavo strano il suo comportamento.

ARNOLFO Come?...

CRISALDO Sposatasi in segreto mia sorella ebbe una figlia, che

però tenne nascosta a tutta la famiglia.

ORONTE E tosto suo marito, perché nulla trapelasse, la diè a una

contadina che in campagna l’allevasse.

CRISALDO Ma in quel gli si fè avverso il rio destin fatale, obbligandolo

a partirsene dalla sua terra natale.

ORONTE E a correre avventure e rischi straordinari, in terre separate

a noi da molti mari.

CRISALDO Dove il lavoro suo indefesso gli procura ciò che qui

gli han negato l’invidia e l’impostura.

ORONTE E ritornato in Francia ha subito cercato colei cui di sua

figlia la sorte avea affidato.

CRISALDO Ma per sentirsi dire da quella contadina, che consegnata

a voi l’aveva ancor bambina.

ORONTE E che ben conoscendo la vostra carità, così avea fatto,

oppressa da estrema povertà.

CRISALDO E allora lui col cuore pieno di gioia vera, ha chiesto a

quella donna di venir qui entro sera.

ORONTE E presto la vedrete in questo luogo stesso, spiegare a

tutti quanti tutto quel che è successo.

CRISALDO Immagino più o meno qual è la vostra sofferenza; ma

la sorte in questo non vi è stata affatto avversa. Se il non essere

cornuto ha per voi tanto valore, il sistema più sicuro è quello di

non sposarsi.

ARNOLFO (andandosene tutto sconvolto, senza poter parlare) Oh!

ORONTE Cos’è questa storia, che se n’è andato senza dir niente?

ORAZIO Ah, padre mio, vi dirò tutto io di questo sorprendente

mistero! Il caso ha già realizzato tutto quello che la vostra saggezza

aveva deciso. La mia fede, grazie ai dolci nodi di un reciproco

ardore, io già l’avevo data a questa bella fanciulla; è lei,

insomma, quella che cercate, ed è per amor suo che il mio rifiuto

ha osato importunarvi.

ENRICO Ne sono stato certo fin dal momento in cui l’ho vista, e

da allora il mio cuore non ha cessato un istante d’essere commosso.

Ah, figlia mia, a sì dolci trasporti mi abbandono!

CRISALDO E anch’io, fratello mio, farò di buon grado altrettanto,

ma il luogo non si addice molto a tutto questo. Entriamo in

casa a dipanare tutti questi misteri, a ripagare il nostro amico di

tutte le sue servizievoli premure, e a render grazie al cielo che

fa sempre tutto per il meglio.