La scuola moderna

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Carlo Goldoni

Carlo Goldoni

LA SCUOLA MODERNA

o sia

LA MAESTRA DI BUON GUSTO

Dramma Giocoso per Musica da rappresentarsi nel Teatro Giustiniano di S. Moisè l'Autunno

dell'Anno 1748.

AMICO LETTORE

NON avendo servito il tempo per mutar tutta l'opera, come erasi divisato, si è mutata tutta la materia buffa, la quale, se non parerà bene intrecciata colla seria, ciò è provenuto per la necessaria brevità, e vivi felice.

Personaggi

DORALBA

La Sig. Livia Segantini. ROSMIRA

La Sig. Redegonda Travaglia. ERGASTO

La Sig. Anna Bastiglia. LINDORO

Il Sig. Giuseppe Cosmi. DRUSILLA

La Sig. Maria Angela Paganini. BELFIORE

Il Sig. Carlo Paganini. LEONORA

La Sig. Catterina Baratti.

Li Balli del Sig. Gio. Battista Nesti detto Scaramuccia.

Le Scene del Sig. Pietro Zampieri.

Il Vestiario del Sig. Giuseppe Compstoff.

La Scena è in Venezia.


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Galleria.

Leonora ricamando, Drusilla lavorando merletti, Lindoro scrivendo al tavolino; altre Ragazze

che sono alla scola, indi Belfiore che arriva.

BELF.                        Benedetti! sì vi voglio.

Tutt'intenti a lavorar.
LEON.                       Adorato genitore, (s'alza, e gli bacia la mano)

A' suoi cenni io sono qua.
BELF.                        Che modestia! che bontà!

LEON.                       Con licenza, a lei m'inchino. (torna al suo loco)

BELF.                        Oh che garbo modestino!

LEON.                       Mio signore, io non m'imbroglio;

Son sua serva, già lo sa.
BELF.                        Oh che donna di giudizio!

LIND.                        E Lindoro al suo servizio,

Signor zio, ognor sarà.
BELF.                        Oh che gran semplicità! (ognun torna al suo posto)

Bravi! così mi piace.

E viva la maestra. Io molto lodo

La buona costumanza

D'insegnar la modestia e la creanza.
DRUS.                   Oh in quanto a questo poi,

Tutti i scolari miei mi fanno onore;

Qui si fa scola, e non si fa l'amore.

Io di quelle non sono

Che, invece d'insegnar a far calzette,

Le ragazze fan far le morosette.
BELF.                    Lo conosco, lo so, di voi mi fido;

Ma per questa ragione

Tra le vostre fanciulle

Non mi par che stia ben quel bernardone.
DRUS.                   Chi? Lindoro, signor, vostro nipote?

Pensate! è un buon ragazzo,

Buono, ve lo dich'io.

(Bonin per il cor mio).

Non ha malizia alcuna;

È marzocco e minchion come la luna.
BELF.                    Alle vostre ragion taccio e m'acquadro,

Ma so che l'occasion fa l'uomo ladro.


DRUS.

Con Drusilla? Marmeo! son scaltra e destra.

Zitto, ragazzi, in faccia alla maestra.

Non si fa ci, ci, ci; bassi quegli occhi;

Spicciate quel lavoro.

Eh Lindoro, Lindoro,

Se non starai più attento...

Guardami. (Oh vita mia, morir mi sento).

BELF.

Oh che donna! oh che donna!

Voi siete al mondo sola.

Una ve ne vorria per ogni scuola.

LIND.

(Maledetto quel vecchio, e quando va?)

LEON.

(Or ora venirà

Il mio futuro sposo).

LIND.

(Non la finisce mai).

LEON.

(Quanto è noioso!)

BELF.

Ma voi, maestrina cara,

Uno scolaro avete

Di più, che non sapete.

DRUS.

E chi è questo novel scolaro mio?

BELF.

Lo scolaro novel, cara, son io.

DRUS.

Voi?

BELF.

Sì.

DRUS.

Che mai insegnar vi potrei?

BELF.

Tutto, basta... Vorrei...

Quel bocchin... quel sestin... (Mi trema il core;

Mi ballano i ginocchi).

Zitto, che il bernardon fa tanto d'occhi.

DRUS.

Animo, a chi dich'io?

Badate a' fatti vostri. Eh simoncina,

Con quel menar il capo

Che sì, che sì... Tu ridi? Maledetta!

Datemi la bacchetta.

Oh che fior di virtù! che cose rare!

Che garbate scolare!

Siete mal avvezzate;

N'è causa vostra madre.

Signor sì, signor sì, le madri pazze

Rovinan le ragazze;

Lascian che le figliole vedan tutto,

E questo è poi del bell'esempio il frutto.

BELF.

(Oh che donna! oh che donna! Una per casa).

DRUS.

Orsù, con sua licenza;

Il tempo è prezioso.

Lindoro, alla lezion.

LIND.

Ma qual lezione?...

BELF.

Mo su via, bernardone;

Si vede ben che siete

Per far numero nato.

LIND.

(Son più furbo di te, vecchio insensato).

DRUS.

Animo, all'ABC.


LIND.

Come?

DRUS.

Su, dico.

M'intendi?

LIND.

Io l'alfabeto

Imparar a quest'ora?

DRUS.

(Nella scuola d'amor sei rozzo ancora).

LIND.

(Ho capito).

BELF.

Gnor sì. Che vi par troppo?

Veramente è portento,

Che un bambinel da latte

Impari l'alfabeto.

Bernardon maledetto!

DRUS.

Animo, qui.

LIND.

(Che intrico!)

DRUS.

Inginocchiati, dico.

BELF.

Inginocchione.

LIND.

Così?

DRUS.

Così, così.

BELF.

Gran bernardone!

DRUS.

Di' forte, e non fallar, o la bacchetta

Ti rompo sulle man, se dici un fallo.

BELF.

Ed io, se falli, ti darò un cavallo.

LIND.

A, b, c, qu. Oh diavolo!

Maestra, son stroppiato.

(Che semplice!) c, d,

E, effe, (oh allocco!) qu,

Erre, sior no, sior sì,

Mi sono già imbrogliato,

H, i, i (che animale!)

K, elle (oh bestiale!)

Emme, enne, pe, qu,

Erre, esse, t, u,

V, ichese, ipsilon, zetta,

Ette, con, ron, e busse,

Corpo di chi non fusse!

Mi duole questo braccio.

Errori più non faccio,

Sono dottore già.

DRUS.

Or va pure a merenda.

LIND.

Signora, ho merendato;

M'avete rovinato.

Ahi che dolor! (Si siegua la finzione). (piange)

BELF.

Guardate come piange il bernardone.

LIND.

(Cara, mi duol da vero).

DRUS.

(Io ti medicherò).

LIND.

(Sì, così spero). (parte)

SCENA SECONDA


Belfiore, Drusilla, Leonora e le Ragazze.

BELF.                    Cara Drusilla mia,

Potreste mandar via quelle figliole;

V'ho da dir a quattro occhi due parole.
DRUS.                   Volentieri vi servo. Oh via, ragazze,

Basta così per ora;

Sempre non si lavora;

Care, andate frattanto (le Ragazze partono)

Qualche ristoro a prendere col canto.

Ah Leonora, che fate?

Così via ve ne andate

Senza baciar la mano al signor padre?

Che bella educazion! causa la madre.

Meglio, meglio per voi, ch'ella sia morta.

Io ben vi educherò. (Se vien l'amico,

Tenetelo celato).
BELF.                    (Oh che donna da ben! sono incantato!)

LEON.                   Signor padre, temevo

D'esser troppo importuna, e a tal motivo

Io venir non ardivo... (gli bacia la mano)

Ma per altro v'accerto

Che ormai son fatta destra

Sotto l'abilità di tal maestra.
BELF.                    Così credo ancor io. Figlia, obbedisci

Ogni di lei precetto.

Ti giuro e ti prometto

Che, facendo così, t'acquisterai

La mia predilezione.
LEON.                   Vado dunque a eseguir la sua lezione. (parte)

SCENA TERZA BELFIORE e DRUSILLA

BELF.                    Or dunque che siam soli,

Bella maestra mia, voglio spiegarmi: Vi dirò cosa avete ad insegnarmi.

DRUS.                   Dica pur, mio signore.

BELF.                    Vuò che voi m'insegnate a far l'amore.

DRUS.                   Eh, che voi ne saprete

Forse assai più di me. Foste ammogliato.

BELF.                    Ho già disimparato.

Dieci anni son che vedovo son io, E bench'io senta incanutir le chiome, Vorrei ricominciar, ma non so come.

DRUS.                   (Se incanutito è il crin, verde è la borsa).


Buon per me, buon per me!

Ma piano un poco.

Impegnato non siete con Rosmira,

Di Dorisbe nipote?
BELF.                                                   Io non la voglio.

Giovine? capricciosa? oibò, che imbroglio!
DRUS.                   Caro signor Belfiore,

Voi siete appunto un fior. Siete alla ciera

Un fior di primavera,

E con un buon governo

Goderete l'estate in mezzo al verno.

Se volete imparar a far l'amore,

Siete a tempo, signore;

Il punto sta, che per un tal bisogno

So ch'io buona non sono, e mi vergogno.
BELF.                    Vergognarvi di che? Cara, non voglio,

Intendiamoci ben...
DRUS.                                                  Come?...

BELF.                                                                 Vuò dire...

DRUS.                   Che cosa?...

BELF.                                       Il desir mio...

DRUS.                   Sarebbe...

BELF.                                     Sì... ma mi vergogno anch'io.

DRUS.                   Eh v'intendo, v'intendo.

So che volete dire, ah furbacchiotto!

Parete un giovinotto,

Siete robusto e saldo;

Mi fate venir caldo.

Perché siete vecchietto,

Voi mi piacete più:

Io non posso veder la gioventù.
BELF.                    Da vero? mi burlate?

DRUS.                   Da vero, da verone.

Che vale un chiacchiarone?

Un uom senza giudizio?

Passato quel capriccio,

Vi resta il pentimento.

Per me così la sento.

Solo è il mio cor della vecchiezza amico,

E i giovinotti non li stimo un fico.

Io li vedo a tutte l'ore, Tutti ricci e incipriati, Far la ronda alle signore, Far con esse i spasimati, Ma che cavino un quattrino Dall'afflitto borsellino Lo credete? oh questo no.

Se vogliamo de' sospiri, Gran promesse e gran parole,


Lor ne danno a chi ne vuole, Ma regali non si può. (parte)

SCENA QUARTA

BELFIORE solo.

Cantando se n'è andata.

Si mostra innamorata;

Sprezza la gioventù, ma intanto io sento

Che il borsellin può farle il cuor contento.

E di ragion; la donna

Si deve regalar. Presto, Belfiore,

Si dia mano alla borsa,

Lo scrigno si fracassi...

Ma pian, che li denari non son sassi.

S'io spendo, se io profondo,

Chi fa la sicurtà

Che Drusilla abbia a dir la verità?

È donna, e tanto basta...

Ah sento che contrasta

L'interesse e l'amor dentro il mio petto.

Mi punge quel sospetto

Che non dica colei la verità.

V'è nessun che mi faccia sicurtà?

Sent'un che mi dice:

«La donna è mendace».

Ma l'altro risponde:

«S'è bella, se piace,

Comprarla convien». Ma adagio, adagio un poco;

Se deggio comprarla,

Io voglio provarla

S'è fida con me. V'è un altro che aggiunge:

«Se fida la vuoi,

Trovarla non puoi,

Ché donna fedele

Al mondo non v'è». (parte)

SCENA QUINTA
Rosmira, Ergasto e Doralba
DOR.                     Che ne dite, o signori?


Si può veder giammai

Spettacolo più bello?
ERG.                                                       Io, benché nato

Sotto cielo sì chiaro,

Nondimen, perché vissi

Lunga stagion fuori di patria, ammiro

La pompa misteriosa

In cui dal Venezian l'Adria si sposa.
ROS.                      Tal festa si rinnova

Ogn'anno in questo dì, ma più serena

Né tranquilla così mai la vid'io,

Perché vicina a te, bell'idol mio. (piano)
DOR.                     Signora nipotina,

Parlate forte. Ergasto,

Non badate a costei. Non apre bocca,

Che non dica freddure e scioccherie.
ROS.                      (L'usate gelosie).

ERG.                     Anzi mi par che molto ben ragioni.

DOR.                     Ah di grazia, signor, non la lodate.

Ergasto, e voi che dite

Dell'aureo Bucintoro?

Allor che grave preme il dorso al mare,

Agli occhi miei sempre più bello appare.
ERG.                     Tutto è bello: ma senza un amoretto

Che qui mi tien legato,

Alla mia patria ormai sarei tornato.
ROS.                      Segno che quivi ancora

Amor impera. Egli il suo trono inalza

Dov'è bellezza e gioventù.
DOR.                     Che sciocca!

Spirito, e non bellezza,

Senno, non gioventù richiede amore.
ROS.                      Ma so ben...

DOR.                                         Che sapete?

Pria di parlar d'amor, trent'anni almeno

Studiarlo è d'uopo.
ROS.                                                   Adunque

Crederete voi sola...
DOR.                     Silenzio, nipotina, e più rispetto;

Intanto vi ringrazio

Della vostra gentil conversazione.

Già voi sapete, Ergasto,

Che m'è caro il vedervi a me dappresso.

Non sia quell'alma vostra

Tanto verso di noi di grazie avara.
ERG.                     Verrò (ma sol per voi, Rosmira cara).

ROS.                      (Ah che giova, o mio ben? Voi ben sapete

Che vuol fato tiranno

Ch'io v'adori e non speri un dì sereno,

Ma viva ognor alle procelle in seno).


DOR.                     Già m'intendeste, Ergasto;

Qualor mi degnerete Delle visite vostre, Ben veduto sarete: al vostro merto Tutto si deve, ed io Che lo conosco appieno, Con rispetto e con stima Vi consacro quel cuor che chiudo in seno.

Vedrai che son fedele, Vedrai che non t'inganno; Non posso, oh Dio! l'affanno Nel seno più celar.

Amante, è ver, son io, Ma fido l'amor mio Pace non sa trovar. (parte)

SCENA SESTA

Ergasto solo.

La vedova Doralba, che pretende

D'avere un grande spirito, in mancanza

Di giovinezza e di beltà, vorrebbe

Un marito novello;

Avvilisce perciò della nipote

Ogni pregio più bello.

Io che Rosmira adoro,

Doralba adulo, e questo

Per vagheggiar l'amata è il mio pretesto;

Ma lieto esser non posso. Ha già Doralba

Promessa la nipote

Ad un certo Belfiore,

E contrari mi son la sorte e amore.

L'alma gelar mi sento, Sento mancarmi il cor: Oh che crudel momento! Che sfortunato amor!

Questo è un morir d'affanno In sì penoso stato; Quelli infelici il sanno Che van penando ognor. (parte)

SCENA SETTIMA


Galleria.

Lindoro e Drusilla

LIND.                    Oh, cospetto di Bacco!

Farmi dir l'alfabeto?

Farmi star in ginocchio, e bacchettarmi?

Ed ancora non viene a medicarmi?

Ma eccola che giunge.
DRUS.                                                       Lindorino,

Dimmi, che fai, mia vita?
LIND.                    Mi duol le man, mi bruciano le dita.

DRUS.                   Soffri in pace, mio ben, che nel mio core

Sento per causa tua brucior maggiore.
LIND.                    E poi soffrir non posso

Che quel brutto vecchione

Mi dica ogni parola bernardone.
DRUS.                   È tuo zio; non importa.

Fingi semplicità,

Se vuoi la libertà di vagheggiarmi;

Procura d'imitarmi,

Anch'io nella finzion solo confido;

Tutto il mondo mi crede, io godo, e rido.
LIND.                    Ma finger sempre, non mi par che sia

Cosa troppo onorata.
DRUS.                                                     Uh che pazzia!

Tutti fingono, tutti. I mercadanti,

Per mantener i vizi e le gran spese,

Fingon la roba di lontan paese;

Gli orefici, vendendo

La tombacca per oro,

Guadagnano un tesoro. Gli avvocati

Fingono che il cliente abbia ragione,

Sol per mangiargli il fegato e il polmone;

E i medici, fingendo

La malattia mortale,

Traggon il proprio ben dall'altrui male;

Fingon gli uomini affetto, ed è interesse;

Fingon le donne anch'esse:

Vedrai un bel visin, ma quello è finto,

Con la biacca e il carmin coperto e tinto.
LIND.                    Mi piace la lezion; ma col mio zio

Perché finger degg'io?
DRUS.                                                       Perché egli mi ama,

E sua sposa mi brama.
LIND.                                                        E soffrir deggio

Per lui la gelosia?
DRUS.                   Che! geloso? geloso? Uh che pazzia!

Nel mondo più non s'usa;

Fu dal buon gusto esclusa.


Vuol l'odierna moda

Che l'uomo di giudizio e taccia e goda.
LIND.                    Queste usanze non so.

DRUS.                   La maestra son io, t'insegnerò.

SCENA OTTAVA Leonora e detti.

LEON.                   Drusilla, ahimè! son morta;

Oggi l'amante mio non ho veduto.

Oh Dei! son disperata;

Temo d'esser dall'empio abbandonata.
DRUS.                   E perciò disperarvi!

Vuò il rimedio insegnarvi:

Amatene più d'uno;

Con tal costume scaltro,

S'uno vi mancherà, vedrete l'altro.
LEON.                   Ma la costanza poi?

DRUS.                                                  Non è all'usanza.

Figlia mia, la costanza. Io vedo e sento

Che ognun suol navigar secondo il vento.
LEON.                   E la fede?...

DRUS.                   Che fede? Io vi rispondo,

La mia Leonoretta,

Come dice il poeta in un'arietta:

È la fede degli amanti Come l'araba fenice; Che vi sia, ciascun lo dice Dove sia, nessun lo sa. (parte)

SCENA NONA

Leonora e Lindoro

LIND.                    Cara cugina mia, via, non piangete.

Piuttosto, se volete,

M'impiegherò per voi.
LEON.                                                       Deh per pietade

Mio cugin, mio Lindoro,

Cercate il mio tesoro,

Ditegli il mio tormento,

Ditegli che per lui morir mi sento.
LIND.                    Lo farò volentieri, e non fia strano

Ch'io vi faccia il mezzano;


Con la ragion mi scuso

Che fra parenti un tal mestiere è in uso. (parte)

SCENA DECIMA

Leonora sola.

Troppo è crudel tormento

Questo che in cor mi sento. Un giorno intero

Senza veder l'amante,

È pena da morir. Ditelo voi,

Anime innamorate,

Se fia tormento e duolo

Star lontan dal suo bene un giorno solo.

Fanciulle semplici Che molle e tenero Avete il cor, Quel duolo barbaro Che il sen mi lacera, Potrete dir, Se il fier tormento Che in sen mi sento Può far morir. (parte)

SCENA UNDICESIMA Rosmira, Doralba, e poi Ergasto in disparte.

DOR.                     Ve l'ho detto, Rosmira; io più non voglio

Vedervi in casa.
ROS.                                                 Ed io

Fuori n'andrò. Mia madre

Mi lasciò tal ricchezza

Da viver sola ancor.
DOR.                                                     Non partirete

Da qui senza marito.
ROS.                      Ma s'io l'abborro. Oh quanto

Bella è la libertà! Dono del cielo

È questa, e chi la perde

Per stringersi in catene,

Perder merita ancor ogn'altro bene.

Di più, degli anni miei

Troppo tenero è il fior. Quando alle nozze

Così presto si va, presto svanisce

Nostra bellezza ancor, e senza questa


Ci abbandona ciascun, e ci detesta.

DOR.

Ma lo spirito è un pregio

Che non si perde mai. Questo supplisce

Alla beltà che manca.

Or basta, un tal pretesto

È inutile, Rosmira,

Per ricusar Belfior per vostro sposo.

ERG.

(Oh decreto inumano!)

ROS.

Un tal passo però...

DOR.

Questo contrasto

Si termini fra noi... Venite, Ergasto.

Ma mesto mi sembrate.

ERG.

(Spieghiam l'occulto ardore).

Voi togliete la pace a questo cuore.

DOR.

Io?

ERG.

Sì.

DOR.

(Me fortunata!) E come?

ERG.

Oh Dio!

Siete troppo crudele all'amor mio.

ROS.

(Ed in Ergasto amor per me si smorza).

DOR.

(Lo spirto finalmente ha una gran forza).

ERG.

Di me pietade abbiate, e non prendete

Di vedermi morire il fier diletto.

DOR.

(Mi muove a compassione).

Tutto da me sperate.

ERG.

Dunque otterrò colei che m'innamora?

DOR.

Chi?

ERG.

Rosmira.

DOR.

Rosmira?

ERG.

Ella è il mio nume.

ROS.

(Anima mia, respira).

DOR.

(Oh me ingannata!) Ergasto, altrui promessa

Di Rosmira è la mano,

E lo sperarla è uno sperarla invano.

Ah se la dolce fiamma

Abbandonar degg'io,

Lasciami almen, ben mio,

Lasciami sospirar.

Questo ti chiedo solo,

E lascierò d'amarti

Se non m'uccide il duolo

Che sento il cor piagar. (parte)

SCENA DODICESIMA

Rosmira, Ergasto


ERG.                     Come? vorrà Doralba

Forzarvi di Belfiore

Alle nozze abborrite?
ROS.                      A momenti si attende;

Stringere il sacro nodo ella pretende.
ERG.                     Ahimè! che ascolto!

ROS.                                                     Io non vi posso, Ergasto,

Esprimere il dolor che mi tormenta.

Belfiore è ricco, e questo

Abbaglia le pupille

D'una tiranna zia.
ERG.                     Dunque disposta siete

Ad accettar la destra

D'un vecchio scimunito? di Belfiore?
ROS.                      Ah forse pria m'ucciderà il dolore!

Allo splendor di quelle Care pupille e belle, Resistere non sa L'anima amante.

Arde sì sì il mio core Tutto per te d'amore, E sempre l'alma mia Sarà costante. (partono)

SCENA TREDICESIMA

Camera.

Drusilla e Lindoro

DRUS.                   Su via, con queste smorfie,

Con questo farmi il grugno,

Se non mi parli io ti regalo un pugno.
LIND.                    Su, datemi, ammazzatemi,

Battetemi, scannatemi,

Ma non sperate già ch'io soffra e taccia.

Come! su la mia faccia

Ho da vedervi accarezzar mio zio?

No, non lo soffrirò, cor...
DRUS.                   Eh via, che tu sei matto.

Sai che ti voglio bene,

Sei caro, sei bellino,

Ma non hai un quattrino.

Se fingo con Belfiore,

Sol lo fo per tuo amore; e se mi crede,

E se spende l'avaro,

Su la tua vita investirà il denaro.


LIND.                    Questa ragion m'appaga;

Cara, di voi mi fido;

Accarezzatel pur, vi do licenza,

Ma non lo fate almeno in mia presenza.
DRUS.                   Ritirati, ch'ei viene.

A chi vuole goder, soffrir conviene.
LIND.                    Legge crudel dei poveri meschini!

Gran brutta cosa è il non aver quattrini! (si ritira)

SCENA QUATTORDICESIMA Drusilla, Belfiore e Lindoro in disparte.

DRUS.

Venga, venga, signore;

Ben venga il più bel fiore

Degli uomini di garbo e di virtù,

Scorno della più fresca gioventù.

BELF.

Cara Drusilla, voi mi consolate,

Ma temo che adulate

Per troppa cortesia...

DRUS.

Vi dico il ver, su l'innocenza mia;

Ma voi di me piuttosto

Vi prenderete spasso; (fingendo tenerezza)

Vorrete innamorarmi

Col pensiero crudel d'abbandonarmi.

LIND.

(Troppo, troppo).

BELF.

Drusilla,

Mi fate intenerire...

Io mi sento morire...

Vi giuro fedeltà.

DRUS.

Di questa verità

Qual segno a me darete?

BELF.

Ecco la mano.

DRUS.

L'accetterei, signore;

Ma se vuota è la man, non credo al core.

LIND.

(Brava, brava!)

BELF.

(Caduta è sul proposito.

Farei... Ma non vorrei far un sproposito).

DRUS.

(L'interesse e l'amor sono in duello).

BELF.

(Belfior, stiamo in cervello.

Ma sono innamorato:

Ragion non sento, ed il cervello è andato).

DRUS.

(Che mai risolverà?)

BELF.

Maestrina cara,

Son nelle vostre mani;

Tutto farò per voi; d'amore in segno,

Eccovi in questo anello il primo pegno.

LIND.

(Bene, bene).


DRUS.

Signore, io son confusa;

A prender non son usa;

Mi son tutta commossa,

Vengo dalla vergogna rossa rossa.

BELF.

Ma voi, voi, se mi amate,

Qual prova a me ne date?

LIND.

(Or viene il buono!)

DRUS.

Io tutta vostra sono,

Caro il mio bel vecchietto.

Con questo bel visin, che par di cera,

Tutta vostra sarò mattina e sera.

LIND.

(Troppo, troppo).

BELF.

(Mi sento intenerire).

LIND.

(Più non posso soffrire).

DRUS.

Quegli occhietti

Sono così furbetti! Questa mano

Io bacio per rispetto.

LIND.

(Più soffrire non posso).

BELF.

Oh che diletto!

Cara, fra queste braccia...

LIND.

Signor, buon pro vi faccia.

Vi rendo soggezione?

BELF.

Via di qua, bernardone.

DRUS.

(Sta in cervello).

Signor, mirate in quello,

Che franco a noi sen viene,

Un nipote fedel che vi vuol bene.

S'è accorto che mi amate,

Che per me sospirate, e tutto il giorno

Di voi mi parla, e con ragioni accorte

Mi persuade ad esservi consorte.

(Seconda, abbi giudizio).

BELF.

Tu sei ancor novizio,

Ma spero ti farai. Bravo! ne godo,

Bernardoncin, ti lodo;

E perché grato io sono,

Prendi tu questa borsa: io te la dono.

LIND.

(Una borsa? Drusilla, io mi contento).

DRUS.

(Gran virtude dell'oro e dell'argento!)

BELF.

Dunque sarete mia?

DRUS.

Con mio diletto

Sarò di quel visetto. (mirando Lindoro)

BELF.

E sperar posso

Al mio sincero amor premio e mercede?

DRUS.

Con questa man vi giuro la mia fede.

(stringe la mano a Lindoro dietro a Belfiore)

LIND.

Quanto ne godo anch'io!

Viva il mio caro zio!

DRUS.

Per voi mi moro.

BELF.

Cara Drusilla mia, caro Lindoro.


Dolce e caro il mio tesoro,

Per te peno, per te moro.

DRUS.

Ah pur troppo peno anch'io,

E perché lo sa il cor mio.

BELF.

Cara, cara.

DRUS.

Caro, caro.

LIND.

Senta, senta, mio padrone. (a Belfiore)

BELF.

Bernardone, bernardone. (a Lindoro)

Mia sarete? (a Drusilla)

DRUS.

Se vorrete.

LIND.

Domandato è in verità. (a Belfiore)

BELF.

Va in malora, via di qua.

DRUS.

Zitto, zitto, taci là.

BELF.

Per te, cara, io vivo in pene.

DRUS.

Io vi voglio tanto bene.

LIND.

Sì signore, viene, viene. (verso la scena)

BELF.

Con chi parli?

DRUS.

È domandato.

LIND.

Traditora! (a Drusilla)

DRUS.

Sconsigliato! (a Lindoro)

BELF.

Bernardone, m'hai beffato.

LIND.

No, davvero, ve lo giuro.

DRUS.

È innocente, v'assicuro.

LIND.

La mia fede a voi prometto.

DRUS.

Io vi stringo stretto stretto.

BELF.

Oh che gioia, oh che diletto!

a tre

Che piacere amor mi dà!

Viva, viva la bontà! (partono)


ATTO SECONDO SCENA PRIMA

Rosmira e Doralba

DOR.                     Tacete...

ROSM.                                 Ma degg'io?...

DOR.                                                            Sì ben, dovete,

Stabilito che sia, farvi la sposa.
ROSM.                  Pretenderete dunque

Della mia libertà farvi tiranna?

Ed io per compiacervi

Dovrò sacrificarmi

Ad un uom così vecchio, e difettoso?
DOR.                     Non avete giudizio:

Egli è ricco, e ciò basti;

Quest'è il solo pensier che tocca a noi.
ROSM.                  Ma prendetelo voi.

DOR.                     Io non cerco marito.

ROSM.                                                  E pur Ergasto

Vi piacerebbe.
DOR.                                             A me? mi meraviglio.

Ma trovar non potria

Congiuntura migliore della mia.
ROSM.                  Credo però ch'ei non vi pensi punto.

DOR.                     Casca morto di me.

ROSM.                                                  Vi lusingate;

Altrove son diretti

I suoi sguardi, i sospiri,
E leggo nel suo volto
Ciò che gli sta nel cor.

DOR.                                                         Brava di molto!

Ora non più parole: A Belfior v'ho promessa;

II mancargli sarebbe inconvenienza.
ROSM.                  E perdere dovrò chi tanto adoro

Per unirmi a costui? No, che il mio duolo, Giunto allora all'eccesso, M'ucciderebbe nel momento istesso.

Non voglio all'idol mio Mancar di fé giammai: Ah, che chiudendo i rai, Saprò adorarlo ancor.

L'ultimo estremo addio Io gli darò morendo:


L'amo fedel, e intendo Fido serbargli il cor. (parte)

SCENA SECONDA

Doralba sola.

Fremi pure a tua voglia;

Di Belfior ti vuò sposa, e liberarmi

Così d'una rival. Allor che Ergasto

Perduta abbia la speme,

Forse che gradirà di questo core

La viva fiamma, e il mio cocente amore.

Per me troppo è ingiusto amore, Ma son dolci le sue pene, E costante al caro bene Vo' serbargli fedeltà.

Vuoi che peni questo core Il rigor d'avverso fato; Ma pietoso e alfin placato Forse un dì si renderà. (parte)

SCENA TERZA

Drusilla e Lindoro

LIND.                    Credetemi, Drusilla,

Che quella mia cugina

Quasi pianger mi fa. Trovai Lesbino,

Parlai per essa, e par che sia pentito

D'aver promesso d'essergli marito.
DRUS.                   Ei n'ha ragion: quel vecchio di Belfiore

Vuol maritar la figlia

Senza dargli la dote. Al giorno d'oggi,

Credimi, non è in uso

Le figlie maritar per il bel muso.

Voglion esser quattrini in quantità.

Ricchezza e non beltà si stima adesso.

Un tempo il nostro sesso

Era più rispettato;

Ora sono le donne a bon mercato.
LIND.                    Io per altro fo stima

Di voi, non della dote.
DRUS.                                                       Eh scioccarello,

Non diresti così se tu provasti


Meco i giorni infelici:

Son la fame e l'amor due gran nemici.

Buon per noi che il tuo zio

Fa il tuo negozio e il mio.
LIND.                                                             Sì, dite bene;

Credo sia doppia pena

Aver la sposa, e non aver da cena.
DRUS.                   Vanne; mandami qua le mie ragazze.

Vuò divertirmi un poco,

Voglio farle cantar.
LIND.                    Siete una donna

In tutto saggia e destra,

Ma nell'innamorar siete maestra.

Siete furba, siete scaltra, Ne sapete più d'ogn'altra. Chi lo sente, chi lo sa, Bravo, bravo mi dirà. (parte)

SCENA QUARTA Drusilla, poi Belfiore

DRUS.                   Gli è ver, so il fatto mio,

Certo l'accordo anch'io;

Ma si san contenere i spirti accorti

Più delle bocche strette e i colli torti.

Questo è lo stil ch'ho in uso:

Non domando, non dono, e non ricuso.
BELF.                    Si può venir? (di dentro)

DRUS.                                         Padron, signor Belfiore;

Venga pur, mi fa onore.
BELF.                                                        Io non vorrei

Cotante cerimonie;

Vuò che andiamo alla buona:

Fra noi non ci è padrone, né padrona.
DRUS.                   Fo il mio dover. (fa una riverenza)

BELF.                                               Eh via con quest'inchini:

Io non stimo le smorfie, ma i quattrini.
DRUS.                   E pur al giorno d'oggi

Le riverenze e i titoli

Più del disnar si stimano.

Vi son di quei che mangiano

A desinar pochissimo,

E si sazian col titol d'illustrissimo.

Per le strade ognor si sente Illustrissimo di qua,


Illustrissimo di là,

Ma la fame li tormenta,

Ma si stenta, e non si sa.

BELF.

Orsù, risoluzione.

Mi piace il vostro spirito;

Io non parlai per gioco.

Su, datemi la mano.

DRUS.

Adagio un poco.

Così tutto ad un tratto?

Vuò che prima facciam un qualche patto.

BELF.

Dite su, che v'ascolto.

DRUS.

Sapete, io non ho dote.

BELF.

Lo so, ma non importa.

DRUS.

Voi siete un po' vecchietto.

BELF.

Sì, ma senza difetto.

DRUS.

La morte può venire.

BELF.

Tutti dobbiam morire.

DRUS.

Ma se morite voi, che farò io?

BELF.

Vi farò donazion di tutto il mio.

DRUS.

Va ben, ma dopo morte

Non la potrete far; fatela adesso.

BELF.

Gran drittura del sesso!

Dunque tutto interesse è il vostro amore?

DRUS.

Caro signor Belfiore,

La donna ama ed apprezza

O gioventù, o ricchezza;

Se giovine non siete,

Senza che parli più, voi m'intendete.

BELF.

Cara, avete ragione,

Vi farò donazione:

Tutto a voi lascierò l'argento e l'oro.

DRUS.

(Ed io lo goderò col mio Lindoro).

BELF.

Ma chi è quella fanciulla,

Che viene a disturbarci?

DRUS.

È una brava scolara,

Che oltre il ricamo, anche la solfa impara.

BELF.

Voi gl'insegnate il canto?

DRUS.

Sì signor, sì signor.

BELF.

Siete un incanto.

SCENA QUINTA

LAURETTA e detti, poi NINET

LAUR.

Eccomi a' vostri cenni.

DRUS.

Cara la mia Lauretta,

Cantatemi un'arietta:


Su via, fatevi onore

Alla presenza del signor Belfiore.
BELF.                    Sì, la mia ragazzotta,

Cantate con bravura.
DRUS.                   Che poi vi donerà qualche freddura.

LAUR.                  Signore, io non ne so;

Farò quel che potrò.

Professora non son, ma dilettante,

E sono principiante.

E poi farò con voi la scusa usata:

Io non posso cantar, son raffreddata.

Lungi da questo core, Barbaro ingrato amore; Fuggo gli acuti strali, Pace sol bramo al cor.

So che l'amor tiranno Solo è cagion d'affanno; No, che provar non voglio D'un barbaro il rigor.

BELF.                    Brava, brava, fanciulla!

Vi vorrei regalar, ma non ho nulla.
LAUR.                  Signor, io vi ringrazio.

Per or mi basta d'essere lodata;

Ma quando sarò grande,

Vorrò esser al certo ben pagata.
BELF.                    Canta assai di buon gusto;

Con il tempo farà di gran fortune.
DRUS.                   Eh signor, con il canto

Può far poca fortuna:

Se non avrà bel viso,

Se non sarà vezzosa ed avvenente,

Tutta la sua virtù non varrà niente.
BELF.                    E questa piccinina

Che cosa vien a far?
DRUS.                                                  Canta ancor ella,

Ed ha spirito molto.
BELF.                                                   Oh questa è bella!

NIN.                      Son qua; che mi comanda

La signora maestra?
DRUS.                                                  Io bramerei

Che mi diceste un'aria

Col suo recitativo.
NIN.                                                   Volentieri.

Io non sono di quelle

Che si fanno pregar; sappia o non sappia,

Sol d'obbedir mi vanto.

Voi volete che canti? ed io vi canto.
BELF.                    Oh che spirto! oh che spirto!


Canta anch'essa il contralto?
NIN.                                                                    Io son soprana,

Per servirla, signor.
BELF.                                                   Pare una rana.

DRUS.                   Animo, in positura.

NIN.                      Eccomi pronta a far la mia figura.

Idolo mio diletto,

Ardo per te d'affetto;

Per te, dolce tesoro,

Penso, languisco e moro.

Ahimè! così tiranno,

Tu non curi il mio duol, sprezzi l'affanno?

Ma vanne, alma crudele,

Va tra le belve ircane,

Furia, barbaro, cane.

Stelle, chi mi conforta?

Ahi che pena! che duolo! ahimè, son morta.

Ma qual morte è la mia?

Morir per un amante è gran pazzia.

Meglio, mi par, sarebbe

Vivere un poco ancora,

E gli uomini mandar alla malora.

Che bel contento,

Che bel diletto,

Senza il tormento

Che crucia il petto

Goder in pace

La libertà! Chi vive amante

Pena e sospira;

Ché un cuor costante

Più non si dà.

BELF.                    Evviva, evviva! io vi prometto e giuro

Che ricchezze farà; ne son sicuro.

DRUS.                   Ed io vi torno a dire,

Come di sua sorella, Che ricchezze farà se sarà bella.

BELF.                    Pur troppo è ver; nel mondo

V'è questo pregiudizio, Che più della virtute alletta il vizio.

DRUS.                   Se volete sentir...

BELF.                                              Per dirvi il vero,

Piaccionmi le ragazze e il loro canto;

Ma più assai mi consolo

Quando sono con voi da solo a solo.

DRUS.                   Ma sì presto, signor...

BELF.                                                      Via, conclusione.

Andiamo a far rogar la donazione.


DRUS.

Vengo subito, andiamo.

Ragazze, qui restate anche un pochino:

Divertitevi pur per il giardino.

(Mi preme di tirar il vecchio in rete).

Signor, quando volete.

BELF.

Eccomi pronto;

Se Drusilla è mia moglie, oh me beato! (parte)

DRUS.

Chi non si sa aiutar, muore annegato. (parte)

SCENA SESTA

Lauretta e Ninetta

LAUR.

Sorella, che volete che facciamo?

NIN.

È meglio che cantiamo.

LAUR.

E che cosa cantar?

NIN.

Qualche duetto.

LAUR.

Senza compagnatura?

NIN.

E cosa importa?

Noi siam ragazze alfine,

E vi sarà qualche virtuosa vecchia

Che mostra di saperne, e canta a orecchia.

LAUR.

Dunque a orecchia cantiamo.

Chi ci sente, lo sa; non ne sappiamo.

a due

Spietato, oh Dio! non tanto rigor.

Oh Dio! che pena, che rio dolor! Non v'è più crudele, crudele, di te; Non v'è più fedele, più fido di me. Va tra l'ircane belve, barbaro traditor; Va tra le crude belve, esercita il tuo rigor. Intanto io vado, io vado a morir. (partono)

SCENA SETTIMA

Camera in casa di Doralba.

Rosmira, Doralba, e poi Ergasto

DOR.                     Al certo dunque ricusar volete

Belfior per vostro sposo?
ROSM.                  Sempre farò così.

DOR.                                                Se lo perdete,

Lieta nel suo dolor voi non sarete.
ROSM.                  Esercitate meco

La vostra crudeltà; non mi spaventa.


Mi chiuderò dentro un romito albergo,

Abbraccierò la morte,

Pria che prender Belfiore per consorte.

Dove sei, madre mia?

Se tu vedessi come

Si tratta la tua figlia abbandonata!
ERG.                     Vengo, o Doralba... Ma perché Rosmira

Versa pianto, e sospira?
DOR.                     Già sposa di Belfiore,

Piange solo perché lasciar mi deve.
ROSM.                  Anzi...

DOR.                               Non più.

ERG.                                              Rosmira,

Consolatevi pur.
ROSM.                                             Ch'io mi consoli?

Come farlo poss'io,

Se perdo...?
DOR.                                         Or via, partite,

E tanta debolezza nascondete.
ROSM.                  Partirò, ma contenta non sarete. (parte)

SCENA OTTAVA Doralba ed Ergasto

ERG.                     Doralba, e pur comprendo

L'affanno di Rosmira: all'abborrito

Imeneo di Belfior voi la sforzate.

Ah, perché la negate

A me che sì l'adoro? Ah sospendete...

Eccomi al vostro piede.
DOR.                                                            Oh Dio, sorgete.

(Intenerir mi sento).
ERG.                     Sospendete, o signora,

Per qualche tempo almen questi sponsali.

Questa grazia dimando.
DOR.                                                         (Ei mi ricerca

Rosmira in guisa tal, che più non posso

A lui negarla). Io sentirò Belfiore;

S'egli sarà contento

Di cedervi Rosmira, allora (oh Dio!

Dirlo non so) sarò contenta anch'io.
ERG.                     Qual ricompensa mai...

DOR.                     Potevi del mio core...

Basta... nol so... sempre fu cieco amore.
ERG.                     Ma, Doralba, perdona;

Par che dagli occhi scenda

A te furtivo il pianto.


Che t'affligge? che fia?
DOR.                                                         Nol so, ma sento

Un'incognita forza

Che a lagrimar m'astringe. Io non vorrei, In vece di dolore, Che fosse il pianto mio pianto d'amore.

Se lagrimar mi vedi, Pianto sarà d'amore; Non viene dal dolore, Ma rende a me piacer.

Celar mi sia permesso Quel che nascondo in seno. (Ei m'intendesse almeno, Che allor gradir mia fiamma Sarebbe il mio piacer). (parte)

SCENA NONA

Ergasto solo.

Io ti ringrazio, Amor. La tua catena

Or mi diventa cara,

Se mi cangi in piacer la pena amara.

In questo sen contento Sento brillare amor, E il languido mio cor Ritorna in pace.

Dopo un crudel tormento, Dopo il più rio penar, La calma ritrovar Consola e piace. (parte)

SCENA DECIMA

Drusilla, poi Belfiore

DRUS.                   Ecco qui; carta canta e villan dorme.

Benedetto notaro! Fatt'ha la donazione a modo mio. Crede Belfior che serva Sol dopo la sua morte, ed io, se voglio, Con questa donazion oggi lo spoglio. Chi fingere non sa, non val un cavolo. Noi donne ne sappiam più assai del diavolo.


BELF.

Dove siete, Drusilla?

Dove mai vi cacciate?

Sul più bel m'impiantate?

DRUS.

Eccomi qua.

BELF.

Non mi fate penar, per carità.

DRUS.

Ma da me che volete?

BELF.

Cara, voi lo sapete:

Stringervi fra le braccia

Col nodo marital. La donazione

Fatta per questo v'ho.

DRUS.

(Quanto è minchione!)

Per far i matrimoni

Vi voglion testimoni,

Altre solennità voglionvi ancora.

Non si può far per ora.

BELF.

Ed io mi sento

Struggere per la pena ogni momento.

DRUS.

Cancaro! siete vecchio,

Ma avete del gran foco!...

Siate più buono, ed aspettate un poco.

BELF.

Ma se aspettar non posso;

Ma se ho l'inferno addosso;

Se mi sento abbruciar...

DRUS.

Uh poverino!

Acqua fresca, acqua fresca.

BELF.

Eh, vi vuol altro.

DRUS.

E che mai vi vorria per consolarvi?

BELF.

Stringere il matrimonio, ed abbracciarvi.

DRUS.

Voi mi amate davver?

BELF.

Crepo per voi.

DRUS.

Sospirate per me?

BELF.

Divento matto,

Smanio, peno, deliro.

DRUS.

(Io niente affatto).

BELF.

Ma voi per me che fate?

Mi amate, o non mi amate?

DRUS.

Io mi dileguo

Come la neve al sol, la cera al foco;

Mi sento a poco a poco

Mancar il cor nel petto.

Caro il mio bel vecchietto,

Amo, credete a me;

Peno anch'io per amor (ma non per te).

BELF.

Dunque, se voi mi amate ed io vi adoro,

Che facciamo noi qui belli e impalati?

Eh andiam.

DRUS.

Dove?

BELF.

A sposarci.

DRUS.

È ancora presto.

BELF.

Creperò, se si tarda.


DRUS.                                                  (Il ciel volesse!)

BELF.                    Oimè! non posso star, convien che vada.

DRUS.                   Vadi, signor (e crepi per la strada).

BELF.                               Visetto bello, amabile,

Oimè! non posso più. Mi sento venir su Un certo non so che; Vorrei, mio ben, con te... So che m'intendi già. La pena mia insoffribile Più tollerar non so; Via, cara, se si può, Via, ditemi di sì; Più vivere così Belfiore non potrà. (parte)

SCENA UNDICESIMA Drusilla, poi Leonora, poi Belfiore

DRUS.                   Giovinotti, vedete

Come i vecchi da noi trattati sono.

Finché godete il dono

Di bella gioventù, sposa cercate:

Che se voi aspettate

A maritarvi con il pel canuto,

Piangerete il bel tempo invan perduto.
LEON.                   Eh, signora maestra mia padrona,

Favorisca di grazia. Ho inteso dire

Un certo non so che. Di sincerarmi

Son venuta a pregarla.
DRUS.                   Io son pronta, signora, a sincerarla.

(Questa frasca mi punge).
LEON.                                                            Un certo fatto

Raccontato mi fu, ma non lo credo.

Diconmi che mio padre,

Senza alcuna ragione,

Faccia a lei donazione;

Ma ciò creder non puote il mio pensiero.
DRUS.                   Eh lo creda, lo creda, è vero, è vero.

LEON.                   Come? dispone il padre

Con danno della figlia?

Chi a far ciò lo consiglia?
DRUS.                                                            Il proprio core.

LEON.                   Dite piuttosto il vostro finto amore.

Tutto so, signorina;

Ma innanzi domattina


Domanderò giustizia,

Scoprirò la malizia,

E mio padre saprà che il suo tesoro,

Lui fingendo d'amar, ama Lindoro.
DRUS.                   Non è vero, mentite;

Non fingo, come voi, semplicità.

Ma il padre lo saprà;

Saprà che quel visetto modestino,

Fingendo amar la scola, ama Lesbino.
LEON.                   Tutta vostra bontà; son fatta destra

Sotto l'abilità di tal maestra.
DRUS.                   Povera semplicetta!

Tu ne sai più di me.
LEON.                                                  Ma io non rubo

La roba altrui, per far la mia fortuna.
DRUS.                   A me questo? Cospetto della luna!

Io non so chi mi tenga

Non ti faccia provar lo sdegno mio

Con queste mani.
LEON.                                              Eh, ho le mani anch'io.

DRUS.                   Temeraria, insolente,

Sfacciata, impertinente:

Or or prendo un bastone.

LEON.

Ma tagliata sarà la donazione.

DRUS.

Questo non sarà mai.

LEON.

Dimani lo vedrai.

DRUS.

Ed io ti scannerò pria di domani.

LEON.

Alto vi dico, che ho ancor io le mani.

DRUS.

Petulante, sfacciatella.

LEON.

Assassina, menzognera.

a due

Sì, mi voglio vendicar.

BELF.

Alto, alto, pazzarella.

DRUS.

Venga qua, signor Belfiore.

LEON.

Signor padre, ascolti me.

DRUS.

Sposo amato.

LEON.

Genitore.

BELF.

Cosa è stato? Cosa c'è?

DRUS.

Quella vostra figliolina...

LEON.

Quella sposa modestina...

DRUS.

Vi schernisce.

LEON.

Vi tradisce.

a due

Ve lo giuro in verità.

BELF.

Ahi, che sento! che sarà?

Dimmi tu, ma come è andata? (a Leonora)

DRUS.

Tutto, tutto io vi dirò.

BELF.

La mia figlia è innamorata? (a Drusilla)

LEON.

Tutto, tutto io scoprirò.

BELF.

Maledette, state zitte,

Nulla intendo, e nulla so.


DRUS.

Voglio dirvi...

LEON.

Dir volea...

BELF.

Oh che imbroglio! Più non voglio

Con due pazze delirar.

DRUS.

Qua venite...

LEON.

Qua sentite...

BELF.

Siete pazze da legar.

a tre

Che dispetto - che ho nel petto!

Mi potessi almen sfogar! (partono)


ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Stanze.

Doralba, Rosmira, Ergasto

DOR.                     Caro Ergasto, scusatemi,

Tutto quel che potrò, farò per voi;

Penso ad altro per or.
ROSM.                                                    Ma che pensate?

DOR.                     Chetati, se lo vuoi. Ho già risolto;

E cotesto Belfiore,

Che da voi si disprezza,

Forse qualche bellezza

Più rara ancor ritroverà.
ERG.                                                            La trovi,

Purché resti Rosmira alla mia fede.
ROSM.                  Troverà l'amor mio qualche mercede.

DOR.                     Vi parlo chiaro, Ergasto. Io prima intendo

Di maritarmi, e poi

Otterrete Rosmira.

Non voglio che si dica

Che una sciocca sia stata

Sposa avanti di me, che, senza vanto,

Ho spirito, e non son di lei men bella.
ROSM.                  (Oh cecità!)

DOR.                     Soffrite: è assai migliore,

Quando costa un piacer qualche dolore.

Tra l'affanno il mio core smarrito, Palpitando, penando d'amore, Sperare, temere, risolver non sa.

Va ognor passando di pene in pene, Quella che viene peggior si fa. Povero core, core infelice, Forse il dolore t'ucciderà. (parte)

SCENA SECONDA Rosmira ed Ergasto


ROSM.                  Ergasto, che vi par? Può ritrovarsi

Debolezza maggior?
ERG.                                                     Non vi stupite.

La maggior parte delle donne ha questo

Vergognoso difetto. Allorché in esse

Passò la fresca età, né più soccorso

Hanno dalla bellezza,

Si pongono a tacciar d'insipidezza

Le giovanette, e in pregio

Pretendono avanzarle

Affettando di spirito presenza,

Che in fondo altro non è che maldicenza.
ROSM.                  Detesto un tal costume, e lo compiango

Nella mia zia. Ma udiste?

Non vuol farci felici

Sinché marito ella non trova.
ERG.                                                                   Io voglio,

O Rosmira, sperar che di Belfiore

Il genio la vedrete

Tosto impegnar, ond'ei la prenda in moglie.

Egli a tutte s'adatta, e facilmente

Ella i suoi anni soffrirà.
ROSM.                                                         Si mostri

Favorevole il cielo a' desir nostri.

Già torna la pace, Mi lascia il timore: L'amante mio core Contento sarà.

Vicina al suo bene, Non teme quest'alma, Ma pace, ma calma, Godere saprà. (parte)

SCENA TERZA Ergasto solo.

Nel tempestoso mar dell'amor mio Già vedo in lontananza Rasserenarsi il cielo, onde non temo Più di restar tra le procelle assorto, Ma de' contenti miei già miro il porto.

Amore premiate, Pupille vezzose; Pietose mirate Chi v'ama fedele, Né sorte crudele


Nemico vi renda Chi colpa non ha. Ma pur, se volete, Begli occhi, che mora, Chi fido v'adora, Morire saprà. (parte)

SCENA QUARTA

Galleria.

Drusilla e Lindoro

DRUS.

Siam scoperti, Lindoro;

Leonora disgraziata ha detto il tutto:

Perduto abbiam di mie fatiche il frutto.

Fuggi, che se Belfiore

Ti trova a parlar meco,

Tutta la rabbia sua sfogherà teco.

LIND.

Dunque devo lasciarvi?

Fuggirvi, abbandonarvi? Oh questo no!

Il vecchio aspetterò,

E se per causa sua sarò in pericolo,

Gli darò una stoccata nel ventricolo.

DRUS.

A tuo zio?

LIND.

A mio zio.

DRUS.

Impiccar ti farai, ragazzo mio.

LIND.

Non m'importa. Quel vecchio

Io voglio trucidar; con questa spada

Voglio cavargli il fegato, il polmone;

E vederà se io sono un bernardone.

DRUS.

Dunque hai spirito e ardir?

LIND.

Son tutto foco.

DRUS.

Coraggioso l'aspetti?

LIND.

Oh il ciel volesse

Che ora qui capitasse!

DRUS.

Non hai timor?

LIND.

Non temo alcuno al mondo.

DRUS.

Ecco, ecco Belfior.

LIND.

Dove m'ascondo?

DRUS.

Il coraggio dov'è?

LIND.

Già se n'è andato.

DRUS.

Asconditi colà.

LIND.

Sono imbrogliato. (entra in una stanza)

SCENA QUINTA


Drusilla, poi Belfiore

DRUS.

Misera me!

BELF.

Drusilla,

Chi è colui che colà s'andò nascondere?

DRUS.

(Io non so che rispondere).

BELF.

Presto, parla, o t'ammazzo.

DRUS.

Via, via, manco strapazzo.

Lo volete saper? io ve lo dico:

Della vostra figliuola egli è l'amico.

BELF.

Di Leonora?

DRUS.

Gnor sì...

BELF.

Che mai direte?

Non può star, non può star.

DRUS.

Voi lo vedrete.

BELF.

E voi, signora bella,

Voi dunque siete quella

Che, giurando d'amarmi,

Tendeva a trappolarmi?

DRUS.

Ah non è vero.

BELF.

Ne posso star sicuro?

DRUS.

Su l'innocenza mia, signor, lo giuro.

BELF.

Uh che bestemmia! Basta,

Mi chiarirò. Ma intanto quel briccone

Voglio cacciar di qua, vuò bastonarlo,

E se fa il bell'umor, voglio scannarlo.

DRUS.

Ah non fate, non fate.

BELF.

Eh lasciate, lasciate.

DRUS.

Farete un precipizio.

BELF.

Oprerò con giudizio.

DRUS.

Andate a trovar gente.

BELF.

Di lui non temo niente.

DRUS.

Ah, voi andate ad incontrar la morte.

BELF.

Benché vecchio io sia, son ancor forte.

DRUS.

Ma voi...

BELF.

Ma tu...

DRUS.

Ma poi...

BELF.

Ma questo è troppo.

DRUS.

Non andrete...

BELF.

V'andrò...

Che sì!

DRUS.

Che no!

BELF.

La bestia è superata. (entra nella camera)

DRUS.

Oh me meschina! è fatta la frittata.

SCENA SESTA


Belfiore scacciando Lindoro, e detta.

BELF.

Fuori, fuori, guidone.

LIND.

Oimè... pietà...

BELF.

Che vedo! Il bernardone

Come qui?

LIND.

Vi dirò...

Son venuto... gnor sì... ma partirò...

DRUS.

Mai dice, che stia bene, una parola.

È venuto alla scola.

BELF.

L'amante di Leonora? Disgraziata!

DRUS.

Via compatite, mi sarò ingannata.

BELF.

Via di qua, temerario.

LIND.

Drusilla...

BELF.

Quest'è troppo.

Parti, o t'ammazzo.

LIND.

Io vado di galoppo. (parte)

SCENA SETTIMA

Drusilla e Belfiore

BELF.

Qua la mia donazione.

DRUS.

Perché? Per qual ragione?

BELF.

Perché siete bugiarda,

Menzognera, maliarda;

Perché voi mi credeste un bel minchione.

Presto, datemi qua la donazione.

DRUS.

Carta canta e villan dorme;

Chi l'ha fatta se la goda.

Buon vecchietto,

Poveretto,

Questo è l'uso della moda,

Con chi è gonzo così va.

Voi credevi con quel muso

Di poter innamorarmi,

Di piacermi, di sposarmi;

Siete pazzo in verità. (parte)

SCENA OTTAVA

Belfiore, poi Ergasto

BELF.

Ancora mi dileggia? Ah cospettone!

Mi saprò vendicar con questa cagna.


Già m'è andato l'amor per le calcagna.

Smanio, sbuffo, deliro,

Con me stesso m'adiro.

Che ardir! che impertinenza!

ERG.

Signor Belfior, vi faccio riverenza.

BELF.

Lasciatemi in buon'ora.

ERG.

Oh ciel! ch'è stato?

Con chi l'avete mai?

BELF.

Son disperato.

ERG.

Perché?

BELF.

Per una donna.

ERG.

Per Rosmira, signor?

BELF.

Non so che farne.

ERG.

Dunque per chi?

BELF.

Per un demonio in carne.

ERG.

Ma l'avete lasciata?

BELF.

Sì, sì, l'ho abbandonata.

ERG.

Né Rosmira v'aggrada?

BELF.

Ella è giovine troppo. Vada, vada.

ERG.

Volete moglie?

BELF.

Sì, ma da par mio.

ERG.

Voglio trovarla io.

BELF.

Volesse il cielo!

ERG.

Venite a casa mia; colà vedrete

Una giovine sì, ma non ragazza,

Che sospira un marito

Di tempo ancor, ma come voi pulito.

BELF.

Oggi verrò. (Mi voglio maritare,

Se credessi sposar anche una gatta).

ERG.

(Doralba non è matta;

Lo sposerà per risparmiar la dote,

E sarà mia così la sua nipote). (parte)

SCENA NONA

Belfiore solo.

Drusilla traditora,

Vanne, vanne in malora.

Mi voglio maritar per tuo dispetto,

E di me troverò più degno oggetto.

Ma penso che una donna

Sempre dovrò sposar: che vale a dire,

Mi converrà soffrire,

Se faccio il matrimonio,

Per un verso, o per l'altro, un gran demonio.

Se la donna è bella, bella,


Non è nostra tutta, tutta;

E se brutta, si fa odiosa;

Peggio poi s'è virtuosa.

Non possiamo, non vogliamo

Quinci e quindi, noi e tu.

Donna, donne, e poi non più. (parte)

SCENA DECIMA

Sala in casa d'Ergasto.

Ergasto, Doralba e Rosmira

ERG.

Compatite, Doralba,

Se in casa mia venir v'ho supplicato.

DOR.

Io non avrei negato

Ad Ergasto gentil favor sì lieve.

ERG.

Ed il perché voi lo saprete in breve.

DOR.

Non mi fate penar. Son donna alfine;

Vi è noto della donna

Il curioso desio.

ERG.

Udite, già il cor mio

Smania, pena, sospira

Per amor di Rosmira. Io so che voi

Sdegnate la nipote

Mirar prima di voi fatta la sposa;

Onde, se desiate aver marito,

Vi ho trovato, Doralba, un buon partito.

DOR.

E chi mai?

ERG.

Quello stesso

Signor Belfior che sdegna una ragazza,

E che per vostro amor smania ed impazza.

DOR.

Che ne dite, Rosmira?

ROSM.

Io non contrasto,

Purché mi diate Ergasto.

DOR.

Lo cedo al vostro amore,

Purché sia mio Belfiore.

ERG.

Ecco ch'ei viene.

DOR.

(Far di necessità virtù conviene).

SCENA UNDICESIMA

Belfiore e detti.

BELF.

Ecco, signor Ergasto:


Giusto l'impegno mio, son io venuto.

ERG.

Voi siete ben veduto

Da tutti noi. Mirate:

Ecco la sposa ch'è da voi bramata.

BELF.

Sposa mia, ben trovata.

Senz'altro complimento,

Se mi date la man, io son contento.

DOR.

Ed io, perché rilevo il vostro affetto,

Porgendovi la man la vostra accetto.

SCENA ULTIMA

Drusilla, Leonora e detti; poi Lindoro

LEON.

Signor padre, che fate?

DRUS.

Alto, alto, fermate.

LEON.

Prima avete a formar lo stato mio.

DRUS.

Pria di sposarmi, l'ho a sapere anch'io.

DOR.

Queste donne chi sono?

BELF.

Una è mia figlia.

DOR.

E l'altra?

BELF.

Non lo so.

DRUS.

S'egli nega saperlo, io lo dirò.

Son una a cui Belfiore,

Spronato dall'amore

E senza instigazione,

Di tutto il suo già fece donazione.

Ma io di ciò non curo;

La pace aver procuro.

Bastami che la dote egli mi faccia,

Ed io la donazion gli straccio in faccia.

ERG.

È giusto.

DOR.

È di dover.

BELF.

Finiamo il giuoco:

Darò duecento scudi.

TUTTI

È poco, è poco.

BELF.

Trecento.

TUTTI

È poco ancora.

BELF.

Oh vattene in malora;

Ne darò cinquecento.

Basta ancor?

TUTTI

Basta, basta.

LIND.

Io mi contento.

BELF.

Ah, sei qui, bernardone!

LIND.

Sì, signor, per servirla.

BELF.

Bravo! bravo! Orsù via, convien finirla.

Sposa la tua Drusilla; e tu, Leonora,

Lesbino avrai. Sposi Rosmira Ergasto,


Ch'io, per non restar senza,
Rosalba(1) sposerò in vostra presenza.
DRUS.                   Così tutti contenti

Ci goderemo in pace

Quel bel piacer che tanto alletta e piace.

Io mi sento - dal diletto

Tutto in petto - il cor brillar.

ROSM.

ERG.     } a due  Bel contento - è un dolce amore.

TUTTI                               Sento il core - a giubilar.

BELF.                               Amor mio.

LIND.                                                 Se tuo son io,

Deh, non farmi sospirar.

DRUS.

DOR.     } a due  Sarò fida nell'amar.

TUTTI                               Io mi sento - dal diletto

Tutto in petto - il cor brillar.

Fine del Dramma


(1)


Così nel testo, ma è evidentemente "Doralba" [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]