La sedicesima notte

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LA SEDICESIMA NOTTE

LA SEDICESIMA  NOTTE

Commedia in tre quadri

Di CURIO MORTARI

PERSONAGGI

IL SOLDATO X

IL TENENTE

IL SERGENTE

LA VEDETTA

BILLI

MILLI

WILLI

LA SIGNORA

TILLI

LA CAMERIERA

Cateragia per il Sito GTTEMPO

Fronte montano della Guerra d'Italia. Inverno 1916.

Vedetta                         - Chi va là?

Tenente                         - Cambio.

Vedetta                         - Parola d'ordine!

Tenente                         - « Isonzo ».

Vedetta                         - « ITALIA ». Ostrega, se cre­pa! (ti Tenente, il Sergente e il Soldato X si avanzano).

Sergente                        - Esci!

Vedetta                         - Giùteme. Son duro...

Tenente                         - Taci! Vi possono essere delle pattuglie, in giro. (Aiutandolo a uscire) Mi sembri ribattuto coi chiodi, ragazzo mio!

Vedetta                         - Fa un fredo porco. (Batte i denti e si scrolla).

Tenente                         - Batti, stupido! Il «cecchino» ti sentirà. Ti credevo addormentato.

Vedetta                         - Se more, ma no se dorme.

Tenente                         - Bravo. Eccoti un premio. Acqua­vite. Bevi... (Porge la boraccia). Vedetta (facendo schioccare la lingua) Bo­na, la graspa!

Tenente                         - Mezz'ora fa hai sparato. Novità?

Vedetta                         - Ghe gera, in fondo vale, 'na patuglia de tàtari. Ma apena i ga sentìo el colpo, i xe scampai.

Tenente                         - (puntando il binocolo verso il fondo della valle) Si vedono ancora delle orme, laggiù..., sulla neve, verso est. Poi, girano die­tro un roccione... Si sono incavernati dietro la montagna, i cani! (Alla Vedetta) Altre novità?

Vedetta                         - Enne Enne. (Si ode una fucilata lontana, seguita a un certo intervallo da un'al­tra).

Sergente                        - Ricominciano!

Tenente                         - Sparano per non addormentarsi...

Vedetta                         - I se scalda le man col cagafogo.

Tenente                         - Vi è troppo mistero. Bisognerà aspettarsi, da un giorno all'altro, una sorpre­sa. (Dal fondo della valle si leva un razzo ta­citurno, che poi scende filando, e illumina di una luce verde, spettrale, tutta la scena).

Sergente                        - Son qui!

Tenente                         - A terra! (Gli uomini si gettano carponi. Si ode da sinistra il crepitìo fioco d'u­na mitragliatrice) Sparano sulle nostre caverne di sinistra. Speriamo che i nostri non rispon­dano. Sarebbero munizioni sprecate. (Agli uo­mini che stanno per risollevarsi) Voi! Aspettate ad alzarvi. E tu, recluta, che fai? (Il Soldato X che si era sollevato per primo, si ridistende).

Sergente                        - Hanno sparato convinti di distur­bare il cambio.

Tenente                         - Il fuoco è cessato. (Al Soldato X) Tu, perchè ti eri alzato?

Soldato X                     - Guardavo, signor Tenente!

Tenente                         - Di guardare avrai tempo quando sarai di vedetta! (Puntando il binocolo in fon­do valle) E' stato un falso allarme. Almeno per ora. (Piano) Ma c'è troppo mistero... L'altra notte eravamo di pattuglia verso Sehluderbach, a 2600 di quota. C'era una grande calma. Si sa­rebbero sentiti bisbigliare i morti. (Piano) A un tratto ci hanno colpito dei rumori sordi, che so?, come se martelli battessero, come se man­tici pompassero in una caverna.

Sergente                        - Sembrava che ferrassero dei muli.

Tenente                         - Già! I muli di Belzebù... Vi dico che non si vedeva anima viva. La neve era liscia come un lenzuolo. Non tirava un sof-fio di vento. E pure i (rumori dannati continua­vano; proprio sotto di noi. Ma sotto c'era uno strapiombo d'aquile. Un salto di almeno 800 metri! Che fare? Ci buttammo a terra...

Vedetta                         - A scollar se la gramegiia naseva.

Sergente                        - Taci, scemo! (Lo tira indietro e\ si mette al suo posto).

Tenente                         -... e si sentiva: Te-tric, te-trac, te-tric, te-trac..., come nelle fiabe che ci raccontavano le nostre nonne. Infine s'è scoperto...

Sergente e Soldato X    - (con ansia) Che cosa?

Tenente                         - I rumori venivano proprio dal roccione sul quale stavamo.

Sergente                        - (pensieroso) Rodono..., come l'acqua.

Tenente                         - Poi il rumore, come per incanto, è cessato. Forse il loro lavoro, per quella notte, era finito. Erano le 3. La luna tramontava, come ora... Tornammo in linea e segnalammo la cosa al Comando. Da allora non si è saputo più niente. Che cosa pensare?

Sergente                        -... che forse, in questo momen­to, lavorano sotto i nostri piedi.

Vedetta                         - I ne cuse le siòe de le scarpe.

Tenente                         - E forse, stanotte stessa, saltere­mo. Bisogna stare in allarme. (Al Soldato X) Hai capito, tu?

Soldato X                     - Sì, signor Tenente!

Tenente                         - Sei forse impressionato?

Soldato X                     - No, signor Tenente.

Tenente                         - Bene. (Si alza) Prima, mentre la vecchia Schwartzlose batteva i denti, ti sei esposto. Ciò è stupido! La pelle non bisogna sprecarla ma rischiararla al momento buono. Vedo però (squadrandolo) che sarai una buo­na scolta. Se non ti addormenterai... Bada! (Sillabando le parole) Vorrebbe dire il congela­mento; o la fucilazione. Hai capito? Il con­gelamento, o la fucilazione.

Soldato X                     - Sì, signor Tenente. (Con voce strana e pacata) Ma non dormirò.

Tenente                         - Di che classe sei?

Soldato X                     - Del 97.

Tenente                         - Una recluta.

Soldato X                     - Sono già stato al fuoco, signor Tenente! A quota 2600 e alla Forcella dei Morti.

Tenente                         - Buon battesimo! Hai famiglia?

Soldato X                     - Mia madre.

Sergente                        - E' tornato oggi dalla licenza.

Tenente                         - Brutto segno! Dalla licenza si torna fiacchi e sentimentali., (Al Soldato X) Co­munque speriamo! Verrò a rilevarti all'alba. Bada: è una notte importante. Fa il tuo do­vere, e vedremo... (// Soldato X aiutato dal Sergente si cala nella fossa) Forse avrai una nuova licenza, in premio. Ed ora non pensare all'amante. Ci dormiresti su...

Sergente e Vedetta       - (ridono sommessamente).

Tenente                         - Addio, coscritto. (Agli altri dopo aver dato una occhiata all'orologio da polso, fosforescen >) Sono le 3 e 5. Andiamo. (Il grup­petto si incammina a sinistra. Si ode la voce del Tenente dileguare:) Occhi aperti! Cammi­nate curvi. E attenti a sinistra...

INTERMEZZO

// Soldato X è rimasto immobile, appoggiato al fucile. Mentre cala lentamente una foschia violetta che cancella mano a mano il quadro e immerge la scena in un crepuscolo di sogno, si ode una voce remota di cornetta militare che suona le note del « Silenzio ».

SECONDO QUADRO

Un elegante salotto, che nell'arredamento ri­vela un gusto spiccatamente femminile. Tap­pezzerie fantasista, sopra uno sfondo violetto. In fondo un uscio sul vestibolo. A sinistra e a destra usci d'interno. Arredamento semplice e signorile. Vasto canapé con cuscini e pellicce Poltrone da fumo. Tavolini bassi e laccati. Due grandi lumiere a parasole, piovono, da oppost canti, una luce di crepuscolo leggermente san guigna.

Di quando in quando si disegnano sulle pa reti ombre strane, che si dilatano, si respingo no, quasi camminano, come nella agitazione d'un sogno.

Billi, Milli, Witti, uomini elegantemente in­definibili, fumano sdraiati nelle poltrone. Di fronte ad essi, coricata sul canapé, Titti; don­nina manierata in abito da sera, molto scottato. La cameriera in piedi, davanti a loro.

Billi                               - Se la signora è disposta a passare una sera a teatro, ha tempo una buona mez­z'ora per abbigliarsi! L'aspetteremo. Tanto più che non c'è nessuna fretta di entrare in teatro all'ora dei provinciali...

Milli                              - E ditele che, dopo la mezzanotte, si combinerà all'Hotel una love-party. Saremo in una bella brigata.

Cameriera                      - Veramente la signora ha un po' d'emicrania...

Willi                              - Lo champagne è un ottimo antinevralgico.

Billi                               - Tutto dipende da voi. Se saprete abbigliarla presto, evitando diplomaticamente ogni impazienza. (Le fa scivolare in una mano una moneta).

Willi                              - (grave) Il tempo è moneta.

Cameriera                      - Riferirò alla signora. Del re­sto una toilette da sera è presto messa. E poi la signora è così ben fatta che le toilettes van­no subito a posto.

Willi                              - (alzandosi vivacemente) Ben fatta? Dite, dite!

Cameriera                      - (ridendo) Più tardi, signore. (Esce).

Tilli (ironica)                 - Quando si è così ben fatte, non vale la pena di vestirsi.

Milli                              - Non ti fare il sangue cattivo, Tilli!

Tilli                                - Non capisco la necessità, da parte vostra, di venirla a pregare tutte le sere. Co­me se fosse una regina...

Willi                              - Infatti, una regina professionale...

Tilli                                -... proprio non lo capisco; mentre lei non ci nasconde la sua freddezza, la sua noia. Scommetto ohe all'ultimo momento tro­verà una scusa per non uscire.

Billi                               - (risentito) E io scommetto che ver­rà. Quanto vuoi puntare, cara Tilli? (Gesto di Titti).

Willi                              - Vuoi rovinarti? Hai già dato uno scudo alla cameriera.

Milli                              - Non sei abbastanza splendido, caro Billi. Questa non è gente da prendere per fa­me.

Billi                               - Volevate che le dessi un luigi?

Tilli                                - Sentite! Io me ne vado. Tanto at­tenderemo inutilmente. Me ne intendo io...

Billi                               - (fermandola) Non far piazzate, Til­li! E poi ti ripeto che verrà. (La fa sedere).

Milli                              - Che ostinazione eroica!

Willi                              - In ogni uomo noioso c'è la stoffa del seduttore. (Entra la cameriera).

Billi                               - (alla cameriera) Dunque si va?

Cameriera                      - La signora manda a dire che fra dieci minuti sarà pronta. Ha un po' d'e­micrania; ma pensa che, in buona compagnia, le passerà. Inoltre vuol sapere se piove o se è sereno, per ordinare la Rolls o la limousine di tutti i giorni.

Tilli                                - Oh, piove senza discussione. Basterebbe pigliarsi la briga di guardare dalle ve­trate...

Willi                              - (sentenzioso) Le regine hanno il dovere di non essere informate e il diritto di essere avvertite.

Tilli                                - (stizzita) Smettila, Willi, con queste battute da operetta! Mi fai venire i nervi.

Cameriera                      - Intanto se i signori desiderano qualche liquore, Cherry Brandy, Anisette, op­pure un dito di Porto...

Tilli                                - Grazie, grazie. Abbiamo cenato e, naturalmente, al dessert abbiamo preso anche i liquori.

Cameriera                      - Come desiderano i signori.

In questo momento un'ombra di soldato, in cappotto e tascapane, si profila nel vestibolo e vi rimane immobile.

Milli                              - E' sempre un delitto, cara, rifiu­tare l’ Anisette Marie Brizafrd. Qui si tengono le marche buone. Si spende senza risparmio.

Tilli                                - Già, c'è chi paga.

Milli                              - Dove c'è una bella donna vi sono sempre dei caratisti.

Tilli                                - Non volevo dir questo...

Billi                               - (seccato) Spiegati.

Tilli                                - Io non so niente. E poi sono affari che non mi riguardano. Certo i segreti di que­sta dama troppo bionda e troppo cosmopolita, devono essere parecchi...

Billi                               - Tu che sei senza segreti, puoi par­lare.

Tilli                                - Vecchio scimpanzè, preferisco essere senza segreti come dici tu, ohe avere amanti e predilezioni spiccate per certe città della zona di guerra. Spiegatemi: come mai questa donna si riduce a vivere in una città vicina al fronte, nell'incubo di queste notti senza lampade, sot­to le minacce aeree, nel disagio infine, mentre starebbe più comodamente in una grande cit­tà lontana...

Billi                               - Per amore, forse...

Tilli                                - (sarcastica) Oh, l'amore!

Milli                              - (andando ad origliare all'uscio di si­nistra) Tilli. Rispetta almeno l'ospitalità.

Willi                              - Può darsi, dopo tutto, che la da­ma abbia questo snobismo.

Milli                              - Oppure abbia voluto seguire qual­cuno che le sta a cuore.

Tilli                                -...e dal quale dipende.

Willi                              - Dietro gli eserciti ci son sempre delle famose schiave.

Milli                              - (che si è avvicinato alla porta di fon­do) Parlate piano. C'è nel vestibolo un soldato che aspetta.

Billi                               - Quando è entrato? Quando siamo venuti non c'era.

Milli                              - Non capisco. E' entrato senza suo­nare.

Tilli                                - Sarà di famiglia. Forse un atten­dente con qualche messaggio. Servizio nottur­no.

Milli                              - Non può essere un attendente per­chè ha il capotto e il tascapane. Si vede che non sei mai stato sotto le armi.

Willi                              - Se ha il tascapane sarà l'attendente povero.

Tilli                                - L'attendente dell'amante del cuore.

Milli                              - Zitti, c'è la cameriera.

Billi                               - Dunque? E' pronta?

Cameriera                      - La signora è molto, molto de­solata...

Tilli                                - (trionfante) L'avevo detto!

Billi                               - Come, come!

Cameriera                      - Ecco, signore: la signora era sofferente, ma aveva cominciato ad abbigliarsi. Ad un tratto un attacco più forte d'emicrania l'ha costretta a coricarsi.

Billi                               - Se c'è bisogno di aiuto, di assisten­za, siamo qui.

Tilli                                - (fra i denti) Imbecille!

Cameriera                      - Grazie, signore. Ma io sono abituata alle crisi della signora e conosco i rimedi. La signora è molto spiacente di quanto avviene e prega i signori di scusarla. Sarà cer­eamente per un'altra volta.

Tilli                                - (alzandosi) Andiamo. (Alla came­riera) Fate alla signora i nostri auguri.

Milli                              - Anche i nostri.

Billi                               - Anche i miei.

(Escono).

Entra la signora. Una bellissima dama bion­da: 25 anni. Porta una vestaglia molto negli­gente che lascia intravvedere nudi ed ombre.

Signora                          - Hanno protestato?

Cameriera                      - Erano seccati. La signorina borbottava.

Signora                          - Ingrata! Senza di me avrà tutto da guadagnare. Certo la scusa dell'emicrania erta banale, ma dovevo pur sbarazzarmi di quel­la piccola perfida e dei tre vanesi. Ora ne faranno un interminabile pettegolezzo... Dio mio com'è fatica vivere! (Piano) Senti? I ve­tri tremano!

Cameriera                      - E' un bombardamento lonta­no. Viene dalla linea dei monti. Si parla di brutte cose, signora!

Signora                          - (pensosa) Già: se ne parla... For­se una grande offensiva dal Nord. E questa gente, i Billi, i Milli, le Tilli, i Willi che pen­sano soltanto a vivere la loro piccola vita. (Va alla finestra) E piove, piove a dirotto! E' de­solante. Il mio « signore amico » avrebbe fatto meglio a portarmi con sé...

Cameriera                      - Già: il signore era piuttosto di cattivo umore.

Signora                          - Piuttosto? Era infuriato! Che co­sa ti ha detto salendo in auto?

Cameriera                      - Ha detto che non sarebbe ri­tornato prima di 48 ore.

Signora                          - E' partito per un viaggo di 48 ore in abito da sera? Andrà a trovare qualche altra danna. Pazienza! Non avrò mai passata una notte così tranquilla. E quando credi che tornerà ?

Cameriera                      - Non più tardi di domani.

Signora                          - Il tempo per annoiarsi con una altra donna. (Silenzio) Dio mio, com'è desolante questa serata. Forse avrei fatto meglio accettare l'invito di Milli, Billi e Willi. Dopo tutto mi avrebbero divertita.

Cameriera                      - E' ciò che io avevo suggerito alla signora.

Signora                          - Inutile pensarci. Preparami il bagno, ho bisogno di ridistendermi i nervi. Poi vedrò. Va.

Cameriera                      - Subito, signora.

Signora                          - (avvicinandosi alla vetrata e guar­dando nella notte) Che notte di inferno! (Va al calendario e stacca un foglio. Quindi da una scatola laccata toglie una sigaretta. Accende. Qualche passo per la stanza. Siede su di una poltrona. Fuma. Un piccolo piede roseo si agi­ta nervosamente. Intanto il soldato ignoto, in cappotto, tascapane a tracolla, è entrato silen­ziosamente, fermandosi sulla soglia. La signora a un tratto si alza e si volge. Scorge il soldato. Un grido le muore nella strozza).

Signora                          - Un soldato!

Soldato                         - (la guarda senza pronunciar parola).

Signora                          - Che cosa vuoi?

Soldato                         - Nulla!

Signora                          - Ah, sei forse l'attendente del co­lonnello? Mi aveva detto, mi pare, che avrebbe mandato un attendente nuovo. Sei tu?

Soldato                         - No, signora!

Signora                          - Ma chi sei dunque?

Soldato                         - Un soldato!

Signora                          - Lo vedo, ma chi cerchi?

Soldato                         - Nessuno.

Signora                          - Forse hai sbagliato indirizzo!

Soldato                         - No.

Signora                          - Volevi entrar qui?

Soldato                         - Proprio qui.

Signora                          - E perchè?

Soldato                         - Non lo so.

Signora                          - Sembri un automa, ragazzo mio. Svegliati.

Soldato                         - (con voce strana) E' vero; non devo dormire. Sarebbe il congelamento o la fucilazione.

Signora                          - (perplessa) Che cosa dice? (Al soldato) Che cosa dici? (Colta da, un sospetto) E' forse ubbriaco?

Soldato                         - (fissandola) Ubbriaco?

Signora                          - No, volevo dire... (Cerca di in­dietreggiare).

Soldato                         - Perchè mi guardate così?

Signora                          - (con una mimica dolce, voluta) Caro... caro... tu non capisci. E' tardi. Lo sai, che è molto tardi? Bisogna dormire, ora, dormire...

Soldato                         - Ma io non devo dormire, sono coscritto, ma so resistere...

Signora                          - (smarrita, cercando di avvicinarsi ai-l'uscio di sinistra. A bassa voce) Mio Dio, è pazzo! (A voce alta) Ma sì, sì, devo andare a dormire.

Soldato                         - E' là, la vostra stanza?

Signora                          - No... no... E' là! (Indica l'uscio di destra) Ma dimmi come sei entrato? Non riesco a comprendere.

Soldato                         - La porta era aperta.

Signora                          - Eh, la cameriera non aveva chiuso! (Sempre arretrando) Non sai, caro, che non si entra nelle case degli altri, così? senza suonare? senza chiedere?

Soldato                         - Lo so. (Facendo un passo avanti) Perchè ve ne andate?

Signora                          - No caro, non me ne vado... Sei tu ohe...

Soldato                         - Io che... (Un altro passo).

Signora                          - (accasciandosi all'improvviso tinta dal terrore) No, no. Non mi toccare!

Soldato                         - (indietreggia).

Signora                          - (riprendendo il fiato) Grido se mi tocchi!

Soldato t                       - Io non voglio farvi del male.

Signora                          - Allora? Allora?

Soldato                         - (timidamente) Io volevo soltanto dirvi che...

Signora                          - (rialzandosi e prendendo tono) Non voglio saper nulla. Che cosa può dirmi un soldato? Vattene.

Soldato                         - E' vero. Non avevo nulla da dire che importasse. Che cosa può importare alla gente di un soldato?

 Signora                         - (sdegnosa) E mi hai tanto spa­ventato per dirmi tutto questo? E' un cattivo scherzo! Vattene ti dico!

Soldato                         - (rassegnato) E' ciò che volevo fare. Ora ho visto ciò che volevo vedere. Do­mando scusa. Buona notte. (Si volge e s'avvia).

Signora                          - (con un sospiro di sollievo) E' utn finto pazzo! Che cosa voleva vedere? (Si­lenzio. Improvvisamente) Soldato!

Soldato                         - (si volge).

Signora                          - Senti! Mi hai messo in curiosità. Che cosa volevi vedere qui? Parla!

Soldato                         - Volevo vedere una signora! Una bella signora!

Signora                          - (stupefatta) Non ne hai mai vi­ste?

Soldato                         - Ho sempre visto delle donne, non delle signore.

Signora                          - E sei entrato soltanto per questo?

Soldato                         - Soltanto.

Signora                          - • E' strano. (Un silenzioi Don­de vieni?

Soldato                         - Dalla licenza.

Signora                          - E dove vai?

Soldato                         - In guerra.

Signora                          - Quanti anni hai?

Soldato                         - Venti.

Signora                          - (fra se) Un ragazzo! (A voce alta) E hai famiglia?

Soldato                         - Mia madre.

Signora                          - E tuo padre?

Soldato                         - E' morto tanti anni fa. (Un si­lenzio) Non volete saper altro? Ora me ne va­do. Addio! (Si avvia).

Signora                          - (imperiosa) Aspetta! Ho il diritto di trattenerti. Infine tu sei in casa mia. Io po­trei esigere che tu mi spiegassi. Potrei telefo­nare infine che ti venissero ad arrestare. Lo sai che potrei telefonare?

Soldato                         - Lo so. (Rassegnato) Lo so. Ma so anche che voi non lo farete.

Signora                          - Chi me lo impedisce?

Soldato                         - Nessuno. Ma voi sapete ch'io so­no entrato non per farvi del male. Dunque la­sciatemi andare. (Si riavvia).

Signora                          - (risoluta) Aspetta ti dico! Non senti come piove? Diluvia! Non vorrai uscire proprio ora.

Soldato                         - (con un sorriso paziente) Siamo abituati, ormai... (Gesto).

Signora                          - Rimani, ti dico. Vedi? Non ho più paura. Parlo con te tranquillamente. Quan­do devi partire per il fronte?

Soldato                         - Domani nel pomeriggio.

Signora                          - Hai tempo... Togliti il pastrano. E' inzuppato.

Soldato                         - (ride).

Signora                          - Perchè ridi? Togliti il pastrano.

Soldato                         - Non ho il coraggio.

Signora                          - Te lo toglierò io.

Soldato                         - Oh, aio! Allora me lo levo io. (Pausa) Voi siete troppo bianca...

Signora                          - Che cosa vuol dire « troppo bian­ca », sciocchino?

Cameriera                      - (entrando a colpo di vento) Si­gnora, il bagno... (Stupefazione) La signora mi aveva detto...

Signora                          - Va bene. Che cosa fai lì? Ah, il soldato? E' il nuovo attendente del colonnel­lo. Prendi il suo pastrano.

Cameriera                      - Il suo pastiano?

Signora                          -... e mettilo ad asciugare. Che cosa c'è di straordinario?

Cameriera                      - Come desidera la signora.

Signora                          - A proposito: la porta d'entrata era aperta.

Cameriera                      - Aperta?

Signora                          - Sì. L'avevi lasciata aperta. L'at­tendente è entrato senza suonare. Poteva en­trare anche una persona qualunque. E' un ser­vizio molto distratto quello che fai.

Cameriera                      - La porta aperta? Ma sono si­cura, sicurissima, signora, d'averla chiusa.

Signora                          - Insomma, tu lo vedi! (Indicando il soldato).

Cameriera                      - E' inspiegabile! Inspiegabile!

Signora                          - - Mi sembra invece spiegabilissimo. Ne riparleremo domani. Metti il pastrano ad asciugare.

Cameriera                      - Il bagno si raffredda, signora.

Signora                          - Tornerai a scaldarlo. Via pure.

Cameriera                      - Come vuole la signora. (Esce col pastrano facendo un gesto di costernazio­ne).

Signora                          - (al soldato) Avvicinati.

Soldato                         - Temo di sporcare quei bei tap­peti. Ho le scarpe infangate.

Signora                          - Via! Siedi...

Soldato                         - (siede).

Signora                          - Sai che prima ani hai fatto molta paura?

Soldato                         - Lo so. Mi dispiace di avervi fatto paura. Il soldato è curioso, ma non fa male a nessuno.

Signora                          - E a combattere come fai?

Soldato                         - Se i nemici non fossero tanto fe­roci non si penserebbe ad uccidere. La vita è tanto dolce...

Signora                          - E come ti chiami?

Soldato                         - Benedetto.

Signora                          - Benedetto! Non è un nome di mio gusto! Se ti chiamassi Giorgio o Aldo...

Soldato                         - Mia madre mi chiama Benedetto e dice che per lei è il nome più bello.

Signora                          - (pensosa) Sì, ha ragione tua ma­dre. Ed ora dimmi: hai sete? Hai fame? Che cosa vuoi? Parla, caro!

Soldato                         - Veramente!

Signora                          - Aspetta. Ci sono dolci. (Va ad uno stipetto a muro. Toglie un plum-kake, una bottiglia dì Porto, due calicetti) Prendi! (Ta­glia e versa) Mangia! E' buono!

Soldato                         - Non oso.

Signora                          - Ebbene guarda. Ne mangio an­ch'io. Ti piace?

Soldato                         - Certo, è molto buono!

Signora                          - (levando il suo calicetto) Tocchia­mo. Alla tua salute, caro. Alla tua salvezza. Al tuo ritorno. Quando tornerai?

Soldato                         - (scotendo il capo) Sarà difficile, signora !

Signora                          - Non dir sciocchezze! Tornenai! Ma ti ricorderai allora di passare per questa via, in questa casa? Da me? Ti ricorderai?

Soldato                         - Certo che mi ricorderei (sospiro)... se non morissi!

Signora                          - Ti proibisco di pronunciare que­sta brutta parola. Quando tornenai io ti farò preparare un buon pranzetto. Ti preparerò un regalo per tua mamma, Benedetto! Sei con­tento?

Soldato                         - Troppo contento...

Signora                          - Bevi! (Toccano e bevono).

Cameriera                      - Il pastrano è asciutto, signora. E il bagno è caldo per la seconda volta.

Signora                          - Sta bene. Ora va pure a dor­mire.

Cameriera                      - Credevo di dover aspettare per aprire al soldato...

Signora                          - Gli aprirai domattina.

Cameriera                      - (spalancando le braccia con rasse-gnazione) Come desidera la signora. Forse la signora è ancora arrabbiata per la porta? E' strano...

Signora                          - Non se ne parli più. Va pure.

Cameriera                      - (dando un'occhiata al soldato) Buona notte, signora. (Esce).

Signora                          - (avvicinando la sua poltrona a quel­la di Benedetto e prendendogli le mani) Vuoi dello champagne?

Soldato                         - Ne ho sentito parlare. Ne be­vono qualche volta gli ufficiali a mensa, la sera prima  del  combattimento.   In  verità  non ne ho mai assaggiato.

Signora                           - (alzandosi) — Non devi che parlare. (Va allo stipetto e prende una bottiglia) Aiu­tami a stappare. Scopipierà. Ma tu non hai pauna di questi scoppi! (Ride) Ecco! (Deto­nazione. Versa nelle coppe, traboccanti di spu­ma) Bevi! Ti piace?

Soldato                           -  Se mi piace!

Signora                           - Vogliamo fare un po' di festa stanotte? Prendine ancora.

Soldato                           - Ma poi... (Si tocca il capo).

Signora                           - Poi... si vedrà. Lo champagne scioglie la parola, muove la fantasia, vince la timidezza. (Piano) Fammi una piccola confi­denza: un'amante, una piccola fidanzata ce l'hai, là,  al tuo paese?

Soldato                           - Eh, no, perchè non ho fatto a tempo.

Signora                           - (ridendo follemente) Ah, non hai fatto a tempo?  Che cosa significa?

Soldato                           - Avevo cominciato a guardare le donne, ima ho dovuto partire.

Signora                           - (rabbuiandosi) Già. Tu vai dun­que in guerra e non conosci neppure l'amore.

Soldato                           - (con un sospiro) Vorrei cono­scerlo.

Signora                           - (chinandosi verso di lui) Ti piac­ciono i miei capelli?   Sentili...

Soldato                           - Come sono fini!

Signora                           - Sei dunque contento di essere qui con me? Lo avresti pensato di trovarti ora con me?

Soldato                           - Non avevo il coraggio di pensarlo. Lo sognavo.

Signora                           - Bevi ancora... Vedi? Bevo an­ch'io. (Silenzio) Senti, caro, se ti dicessi: sta­sera restami vicino, resta con me fino a do­mani?

Soldato                           - Crederei che dopo questa felicità non ci può essere che la morte.

Signora                           -  (afferrandogli le mani) Non lo dire! (Pausa) Senti! Rimani con me! (Alzan­dosi) Qui si soffoca, è vero? Fa caldo! Anche tu... Vedi? Io ti darò un abito da notte leg­gerissimo. E' di seta... Ti potrai togliere questa giubba così pesante. Aspetta... (Fa per sgan­ciare il colletto).

Soldato                           - No, no.

Signora                           - Domani la rimetterai.

Soldato                           - Non posso togliermi questa giub­ba.

Signora                           - Perchè?

Soldato                           -  (grave) Perché ho le stellette.

Signora                           - Che cosa significa?

Soldato                           - Ho giurato al Re di portarle.

Signora                           - (mettendogli le braccia bianche al collo) Ah, ma sei adorabile! Il Re, caro, non può proibirti di conoscere per un momento, almeno per un momento, la gioia, la vita... Tu ne hai diritto. Perchè chini il capo? Guar­dami   negli   occhi...   Guardami.

Soldato                           - Non posso.

Signora                           - Ma io... (Gli prende il volto con le mani, lo guarda un attimo negli occhi, quin­di avvicina la sua bocca fin quasi a baciarlo).

Improvvisamente sì odono colpi lontani, ma violenti, battuti come ad un portone ferrato.

Signora                          - (volgendosi di scatto) Che? (Corre alla vetrata) Un uomo al cancello. (Al soldato) Aspetta. Non temere. La cameriera. (Va al tavolinetto; suona il campanello; nuovi colpi).

Cameriera                      - (accorrendo) Signora!

Signora                          - Sì, presto, hanno bussato

Cameriera                      - Sarà il signore!

Signora                          - Ma ha le chiavi!

Cameriera                      - No, cambiandosi le aveva di­menticate. Eccole. (Le mostra).

Signora                          - Avrebbe suonato! (In questo mo­mento un campanello suona rabbiosamente nel vestibolo) Va ad aprire!

Cameriera                      - (guardando esitante il soldato).

Signora                          - Va! A lui penso io!

Cameriera                      - (esce a precipizio) Che notte!

Soldato                         - (nel frattempo, senza precipitazione si è rimesso cappotto e tascapane).

Signora                          - Senti, caro. E' arrivato il mio a-mico. Perdonami. E' una situazione angoscio­sa... Tu comprendi. Vorrei inasconderti. Ma poi? (Si ode di fuori un fragore) Hanno chiuso il cancello. Egli traversa già il viale.

Soldato                         - Chi?

Signora                          - Non posso spiegarti così... Torna Domani! domani sera. Troverò un pretesto. (Lo abbraccia).

Soldato                         - Domani partirò. La tradotta non aspetta nessuno.

Signora                          - (smarrita) Mio Dio! Allora ci ve­dremo, che so? Quando tornerai.

Soldato                         - Non tonnerò più.

Signora                          - Via, ti supplico... Senti? Egli sale già...

Soldato                         - Egli!

Signora                          - (con precipitazione) Presto: esci di dà. (Segna a sinistra) C'è una scaletta di servizio. Conduce in giardino. (Rudemente) Ma presto, su! Arrivederci! (Esce dal vestibolo dopo aver fatto un cenno con la mano).

Soldato                         - (fa per avvicinarsi all'uscio di si­nistra. Barcolla. Si appoggia alla soglia. Con un gesto disperato porta la mano al petto sul cuore, premendo. La suu voce è un rantolo) Mamma, mamma mia! (Tenta con un estremo sforzo di fare un gesto con la mano verso la porta, dalla quale la signora è uscita, e mormo­ra) Addio! (Sparisce, quasi cade nel buio delle scale).

Signora                          - (rientrando, seguita dalla cameriera)

Cameriera                      - Un dispaccio! Il fattorino, non trovando il campanello... sotto il diluvio bat­teva...

Signora                          - Dammi. (Strappa, straccia il foglio) Lui! Idiota! Si scusa. Verrà domani. (Sgomenta) Ma ora... il soldato, quel soldato... Cercalo! di qui... (Segna la scaletta) Nel giar­dino...

Cameriera                      - (esce di corsa).

Signora                          - (alle vetrate) Dov'è? Forse non è ancora sceso... No?... Al cancello! Ritorna...

Cameriera                      - (rientrando) Signora!

Signora                          - (concitata) Dov'è...

Cameriera                      - Non c'è più!

Signora                          - Impossibile! Nel viale...

Cameriera                      - Nessuno!

Signora                          - Il cancello era chiuso davanti a lui! L'ho udito chiudere, prima, dal fattorino!

Cameriera                      - Sì; ma ora...

Signora                          - Ora?

Cameriera                      -  (imprimendo alle parole un senso di misteriosa angoscia)... il cancello era aperto !

INTERMEZZO

La scena si va lentamente offuscando in una nebbia violetta con lontane gradazioni argen­tee. Suono di cornette lontanissime su motivi della « sveglia ».

TERZO QUADRO

La scena che si era andata lentamente offu­scando alla fine del secondo quadro, si rischia­ra ancora con dolcezza, fino a rivelare il pae­saggio del quadro primo; soltanto è l'alba. Si scorge fuori della buca la baionetta alla quale è appoggiato il capo della vedetta.

Da sinistra riappaiono il tenente, il sergente e un nuovo soldato. Sostano a distanza.

Tenente                         - Non si muove. L'avevo detto che si sarebbe addormentato.

Sergente                        - (con voce sommessa) Svegliati, vedetta! Svegliati...

Tenente                         - Proviamo la parola d'ordine. Olà! Kambresco! Non risponde. (Al sergente) Scuotetelo.

Sergente                        - (avanza chino verso la vedetta che rimane sempre immobile; la raggiunge, si piega su di lei e mormora) Svegliati, dunque! (Ma si rialza di scatto).

Tenente                         - Che cosa?

Sergente                        - Morto!

Tenente                         - Morto?

Sergente                        - Una pallottola... (Segnando il cuore)...qui!

FINE