La segretaria

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Commedia in tre atti

 


Commedia in tre atti

di Natalia Ginzburg

PERSONAGGI

Sofia

Nino, fratello di Sofia

Titina, moglie di Nino

Enrico

Perfetta, donna di servizio

Silvana

La scena si svolge in una casa di campagna, nelle vicinanze di Roma.


ATTO PRIMO

sofia Pronto, Luisa? Ciao Luisa. Domani vengo a Roma e mangio da te. Non mi fare trippa. A te ti piace tanto, a me no. Nemmeno rognoni per carità. I rognoni mi ri­cordano mio marito. E' l'ultima pietanza che gli ho cuci­nato prima di partire. In Inghilterra quelle cose costa­vano poco. Ho dormito così male stanotte. C'era un gran vento. Il bambino piccolo piangeva. Sì, perché mia co­gnata ha poco latte. I cani abbaiavano e avevo proprio voglia di portargli una piccola polpetta avvelenata. Sono scesa in cucina per farmi un caffè, ma niente, la macchi­na del caffè non funziona. Ho un fortissimo raffreddore. Ho anche un dolore nella schiena quando respiro. Non so se ho la febbre, non trovo il termometro. Sì, chiamerò Enrico. È vicinissimo. ci mette cinque minuti. In questa casa i termosifoni scaldano poco. Sono a letto. Sto per finire la mia traduzione. Un romanzo giallo. Trovano una ragazza morta nel cestino della biancheria. Una mulatta con un impermeabile di plastica giallo. È vero, ce l'ho anch'io un impermeabile così, non lo metterò più. L'as­sassino è il figliastro del custode. Con una zappa. L'aveva scambiata per un'altra. C'è anche un traffico di droga. Edoardo spera di far soldi con questi gialli. Povero Edoardo! È un'altra illusione. Non si vendono. I gialli di Edoardo non si vendono. Povero Edoardo! Dimmi tu se è una vita la sua, passa le giornate in quel lettone, sotto il piumino di raso rosa, con Isabellita che si cura le un­ghie. Poi vengono quei ragazzotti del loro paese a gioca­re a tarocchi. Sono dei ragazzotti neri neri, bassotti, ve­stiti di nero. Nino li chiama la banda dei bassotti. Oppure vengono i Conocchia, quei due cretini, tanto amici di Isabellita, che lei li ha conosciuti l'altra estate a Rimini. Cucinano, fanno delle mangiate. E nessuno che lavi i piatti. Viene su la portinaia quando si ricorda. Ti pare urta vita questa per un uomo di cultura, per un editore? Con chi scambia delle idee? Con quei ragazzotti del suo paese, rozzi, buoni soltanto di lisciargli la coda? Edoar­do mi deve ancora centomila lire per altri libri che gli ho tradotto. Questa volta bisogna che mi paghi. Non ho una lira. Mio marito? S'è perso nella notte dei tempi. Sarà un anno che non si fa vivo. Dicono che è nel Venezuela e pare che adesso guadagna bene, però a me non mi man­da niente. Sì, lo so che Edoardo deve soldi anche a te. Prima però mi faccio pagare io. Tu hai un appartamento, io non ho niente. Questa casa? la casa dove sto? Non è mica solo mia, è anche di mio fratello. Lo so, non paghia­mo affitto, però c'è sempre da spendere perché casca tut­ta a pezzi questa casa. Io poi sono stufa di stare in cam­pagna. E sono anche stufa di abitare con mio fratello e mia cognata. Ti invidio a te che hai quell'appartamenti­no a Roma, carino, senza impicci di patenti, te lo godi tutto per te. E hai anche un inquilino delizioso. Non è delizioso Gildo? Te l'ho trovato io. Lo devi e me. A Edoardo, e a me. Te l'abbiamo trovato noi due. E ti bec­chi quindicimila lire al mese. Quindicimila lire per quel buco di stanza. Ah sì? Non ti paga l'affitto? Be', ma cosa sono due mesi, non fare la strega. Gildo è una persona deliziosa. Potresti sposartelo. Sarebbe un marito ideale. Certo le donne non sono il suo forte. Ma tanti si sposano anche se sono così. Almeno avresti un marito. Io? spo­sarlo io? io ce l'ho già un marito. Un po' lontanuccio. No, non gli chiedo gli alimenti perché sennò magari lui mi denuncia per abbandono del tetto coniugale. Eh già, perché sono io che l'ho piantato. Avevo cucinato rogno­ni. A Londra costano poco. Rognoni con le cipolle. Per lui, non per me, io odio tutte quelle cose. Poi ho fatto su la valigia e ho preso un treno per l'Italia. Ciao Luisa, allora vengo lì domani. Non in treno. Con la mia seicento. Se cammina. Forse mi fermo anche la notte. Non hai posto? come non hai posto? Ah ci sono due zie di Gildo? le hai messe in sala da pranzo? come sono? due vecchie tigne? Ho capito. Senti, passami un momento Gildo. Gildo? ciao Gildo. Credo che verrò a Roma domani. Se sono guarita. Sì, perché ho il raffreddore e mi fa male la schiena. Macché aspirina, l'aspirina non si usa più. Senti, com'è che tu non paghi l'affitto? Non farmi fare brutta fi­gura con Luisa. Edoardo? Edoardo ti deve dei soldi? E a chi non deve soldi Edoardo. A me deve delle cifre astronomiche. Ho quasi finito quella traduzione e domani gliela porto. Un romanzo che si chiama La iena. La jena è un vecchio colonnello. Lo chiamano così perché ha i denti lunghi. Non è l'assassino. L'assassino è il figliastro del cu­stode. C'è una ragazza mulatta nel cesto della biancheria sudicia. Morta. Con un impermeabile giallo. Povero Edoardo! Non è mica possibile che vada avanti così. E non si vendono! i gialli di Edoardo non si vendono! Almeno facesse soldi, si potrebbe capire. Invece fa questi orrori e non becca un soldo. Era un editore così squisito. Ti ricor­di « Le Cicerchie »? Cos'era, quattro anni fa? Quei bei li-brettini lindi, piccoli piccoli, con sopra quell'animaletto nero... cos'era? un geco? Ah certo, era in perdita. Che soldi vuoi che facesse con una collana di poeti? Ma alme­no come editore aveva un nome. Adesso, con questi li-bracci, non ha fatto soldi e si è screditato. Cosa vuoi, prende i diritti a caso, senza aver letto i libri. Come li leg­ge? lui non sa né ilfrancese né l'inglese. Li legge dopo che sono tradotti e gli viene da vomitare. Ma ormai ha comprato i diritti ed è obbligato a stamparli. Ma poi con chi scambia delle idee? Sì, va bene, le scambia con te, ma poi basta, e tu non è che sei questa sorgente di idee, non per offenderti ma anche tu ti sei inaridito. Povero Edoar­do. Tutto il giorno sta dentro al lettone. di notte esce, gi­ra la città. Con dietro quel corteo di ragazzotti neri. La banda dei bassotti. Poi beve. Beve moltissimo. Sì, lo so che bevi anche tu. Fai male. Fra qualche anno avrete tutti e due il fegato atrofizzato. Te l'ha detto a te Edoardo del­la rivista? Ma si, vuoi fare una rivista mensile. Com'è che non te l'ha detto? Ah, è una settimana che non lo vedi? Sei stato malato? Una rivista che si chiamerà « II fischio­ne ». Gli darà i soldi quella principessa Farina, quella che sta in quella torre, al Lido dei Pini. Lui col « Fischione » spera di riprendere quota. Ma io me la vedo brutta. Ciao Gildo. Salutami le tue zie. Come sono? due care vecchiettine? Luisa m'ha detto che sono due tigne. Ciao Gildo. (Fa un altro numero) Pronto, Enrico? Devi passare un momento da me. Sto malissimo. Ho una gran tosse, e ho un dolore nella schiena, a destra, quando tiro su il fiato. Febbre non so, non trovo il termometro. Avrò la pleu­rite? Ho dormito malissimo stanotte. Chi dice che in campagna c'è silenzio? C'era il vento, sbattevano le im­poste, tutti i cani abbaiavano. Il tuo cane ha cominciato e il nostro ha risposto. Certo, il tuo è la mamma del no­stro, allora il nostro sente la sua mamma e risponde. Ave­vo molta voglia di portargli una piccola polpetta. Senti, Enrico, ho finito le sigarette. Vorrei delle Kent, Non de­vo fumare? figurati, se non fumo divento matta. E poi non ho più kleenex. Fattene dare da tua madre una sca­tola, lei ne ha sempre. Sì, sono a letto, traduco le ultime pagine di quel romanzo. Il figliastro del custode. Con una zappa. No, questo non mi £a paura, è tanto idiota che non mi fa nemmeno paura. Spero che mi paghi. Deve pagarmi. Povero Edoardo! Lo sai che fa una rivista? « Il fischione ».È il nome d'una trattoria dove lui va a man­giare, la sera, con tutti quei ragazzotti. Non so cosa ci trova in quei ragazzotti. Gli lisciano la coda. No, la sera Isabellita non se la porta dietro. Isabellita ha sonno alle nove di sera. Isabellita, sai, è un tale impiastro. Non fa niente tutto il giorno, però alle nove di sera casca dal sonno. Lui Edoardo mangia in trattoria con quei ragaz­zotti, mangia e soprattutto beve. Poi gira la città con quel corteo di ragazzi. Parla, parla. Dio quanto parla.

Piccolo, con quei capelli lunghi sulla nuca, il cappotto consumato, i calzoni sfilacciati, avanti e indietro di notte per tutte le strade. Povero Edoardo. Senti, Enrico, por­tami anche una macchinetta da caffè. La nostra non fun­ziona. Si dev'essere consumata la guarnizione. No, non ho bisogno d'altro, Enrico, grazie di tutto. (Posa il rice­vitore).

Entra Nino.

nino    Parlavi con Enrico?

sofia    Sì. Gli ho detto di venire qua. Non mi sento bene.

nino Così gli faccio vedere il cavallo. Non mangia. Caca sangue. Ho paura che abbia ingoiato un chiodo.

sofia    Ma Enrico non è mica un veterinario.

nino Non importa, credo che se ne intenda un po' di ca­valli. E poi voglio che mi accompagni dal veterinario con la sua macchina. La mia non va. Credo che abbia il carburatore sporco,

sofia    Prendi pure la seicento. Io te la impresto.

nino Veramente non me la puoi imprestare perché è an­che mia. L'abbiamo comprata metà per ciascuno.

sofia    Però tu la tua metà non l'hai ancora tirata fuori.

nino Perché non avevo liquido disponibile. Ti rimborso subito, appena Edoardo mi paga per quella traduzione.

sofia    Campa cavallo.

nino Non parlarmi di cavalli. D'altronde la seicento non la prendo perché si ferma ogni dieci metri.

sofia Siamo sfortunati nelle macchine. Anche quella del caffè non funziona. Il caffè non sale su. Siamo sfortunati nelle macchine e nei cavalli.

nino No, il cavallo fino a ieri stava benissimo. Poi non so cosa gli è successo. Deve avere ingoiato un, chiodo. Stanotte, ho preso una coperta e mi son trasferito nella stalla. Non ho mai dormito. Lo sorvegliavo. Mi sorve­gliava anche lui. Mi guardava come se avesse pietà di me. Mi fissava coi suoi occhioni tristi. Io ti giuro che avevo quasi voglia di piangere.

Suona il telefono.

sofia Pronto? Oh Isabellita, ciao. Cosa? I miei pantalo­ni? Sì, li ho presi in liquidazione da Nordio. Ottomila lire. Le ultime ottomila lire che avevo. Non penserai di comperarti dei pantaloni. Cosa? No, senti, guarda, non è proprio il caso. Hai un sedere che sembra un tamburo. No, da Nordio è inutile che ci vai perché hanno solo pan­taloni e maglioni. E poi ti prego di non andare in giro a spender soldi, che tuo marito è pieno di debiti. Deve sol­di a me, a Nino, a Gildo, a tutti. No, non ti tratto male, Isabellita, non seccare. Piuttosto chiamami Edoardo. No, dorme? Come fa a fare l'editore se dorme sempre? Cosa avete fatto ieri? Ai tarocchi? ai tarocchi con i Co­nocchia? Sai che divertimento. Povero Edoardo. Cosa? ce l'hai con me? tu ce l'hai con me? Ho detto che sei u­na piccola-borghese? quando? a chi l'ho detto? Ma no. Avrò detto che sei un impiastro. Ciao Isabellita, ti la­scio perché ho da fare, Edoardo? S'è svegliato? Sì, dam­melo.

Pronto, Edoardo? Domani vengo a via degli Incappuc­ciati. Ti porto la traduzione. Non ti dico che cos'è quel libro. Ti farà vomitare. Sì, lo so che hai comprato i dirit­ti, ma perché li hai comprati? Edoardo, voglio i soldi. Questa volta li voglio. Non ho più nemmeno una lira. Mi son comprata un paio di pantaloni da Nordio e le ul­time ottomila lire sono partite. Mio marito? Ma mio ma­rito non mi manda più soldi. Non ci spero più. Non so più nemmeno dov'è. S'è perso nella notte dei tempi. Edoardo, senti, questi gialli che fai sono una pietà. Non puoi continuare. È grottesco. Sai, ho pensato molto al « Fischione » stanotte. Forse tu col « Fischione » potresti riprendere quota. Domani vengo da te e ne parliamo. Sei a casa solo la mattina? e dopo? dopo dove vai? Dalla Fa­rina? Potrei venire anch'io dalla Farina, Potrei portarvi là con la mia seicento.

nino (prende il ricevitore) Tener conto che la sua seicen­to si ferma ogni dieci metri.

sofia (riprende il ricevitore) Sì, ma basta una piccola spinta. Come? Ah, vi portano i Conocchia? No. Coi Co­nocchia io no. Non li sopporto.

nino (riprende il ricevitore) Edoardo, te ne intendi tu di cavalli? No? Ho un cavallo che non sta bene. Sono preoc­cupato. Si, verrò giù una di queste sere, appena il cavallo è guarito. Va avanti la tua rivista? Per caso ti serve un servizio fotografico su Paestum? No? niente fotografie? Be', io so fare solo fotografie. Pazienza. (Posa il ricevi­tore).

Entra Titina.

titina M'è andato via il latte. Ieri sera ne ha presi set­tanta grammi. Stamattina ottanta.

sofia    È mica tanto poco.

titina È pochissimo. E poi se tu vedessi, è un latte gri­gio, non deve avere nessuna sostanza.

sofia    Perché non gli dai la giunta?

titina Perché Enrico non vuole. È fissato col latte mater­no e non vuole giunte. Però ha fame quel bambino. Sta­notte ha pianto sempre. Siccome volevo dormire un po­co, ho chiamato Perfetta a dondolare il lettino. È venuta con due cappotti uno sopra l'altro e la testa involtata in uno scialle di lana. Mi ha detto: « Per questa volta sono venuta, ma un'altra volta non stia a chiamare la notte perché io ho bisogno del mio riposo ».

nino     Giusto.

titina Però anch'io ho bisogno del mio riposo. Se non dormo, non mi viene il latte. Tu fai presto. Tu appena un bambino piange te ne vai.

nino   Certo, sono andato nella stalla. Non per dormire. Per guardare il cavallo. Del resto se i bambini piangono è colpa tua. Li hai viziati.

titina Non li ho viziati. Questo piange di fame. Acci­denti a Enrico. Tanto fissato sul latte materno. Ma io sono stanca. Sono esaurita. Sono anemica. Stamattina, quando mi son guardata nello specchio, mi sono spaven­tata a vedere come son pallida.

nino    Sei sempre stata pallida.

titina No. Da ragazza ero un fiore. Avevo l'incarnato d'un fiore. Me lo dicevano tutti. Una pelle di camelia. Adesso ho la pelle ruvida, terrosa.

nino    Io non me la ricordo questa camelia.

titina E ho paura che sono un'altra volta incinta. Ho un forte ritardo.

sofia    Non mi dire.

nino    Avrai sbagliato i conti.

titina No. Io non sbaglio mai. Che pensiero. Non è mica giusto. Pesa tutto sulle mie spalle. La casa, i bambini, tutto. Uno di questi giorni me ne vado e salute al re.

nino    Quale re? Abbiamo la repubblica.

titina Salute al re. Me ne vado. Torno da mia madre. Al mio paese.

nino Se non ci vai d'accordo con tua madre. Non fate che litigare.

titina Mia madre mi ha detto che quando voglio tornare, c'è sempre la mia cameretta.

nino    Scendo un momento a vedere il cavallo. (Via).

titina    Lui non ha testa che per il cavallo.

sofia In tre anni hai fatto due bambini. Adesso ti arriva il terzo. Quanti figli fai?

titina A te cosa te ne importa? Non sei mica tu che te ne devi occupare. Te ne infischi, tu. La notte, quando piangono, non c'è mai pericolo che ti alzi a vedere se c'è bisogno di qualche cosa. Te ne stai sempre qui con la macchina da scrivere, col telefono, e intanto può crolla­re la casa.

sofia    Non mi diverto mica. Lavoro.

titina Un bel lavoro. Tradurre libri per un editore che non ti dà un soldo.

sofia    Me li darà.

titina    Non te li darà mai. Tu lavori per lui perché sei innamorata. Questa è la verità.

sofia    Io? sono innamorata di Edoardo? io?

titina Sì. Non credere che non l'ho capito. L'ho capito da un pezzo.

sofia    Non diciamo stupidaggini,

titina Ecco, adesso per esempio mi gira terribilmente la testa. Dev'essere debolezza. Come faccio, se sono un'al­tra volta incinta, con questa debolezza che ho.

sofia    Perché non usi le pillole antifecondative?

titina    Sono contraria. La Chiesa è contraria.

sofia    Tu non sei mica tanto di chiesa.

titina Ti sbagli. Ho un profondo senso religioso. Non ci vado in chiesa, ma prego sempre. Prego dappertutto. In bagno. In cucina. Dove mi trovo.

sofia    “Non vado sempre a messa.                                                             Ma prego assai il Signor...”

titina    Dove li hai presi quei pantaloni?

sofia    Da Nordio.

titina Mi piacerebbe anche a me comperarmi un bel paio di pantaloni. Ma non ho soldi.

sofia    Se sei incinta cosa te ne fai dei pantaloni?

titina    Già. Questo è vero.

sofia Del resto la Chiesa non è contraria alle pillole. Di­scutono. Stanno discutendo.

titina Finché non hanno finito di discutere, io non le prendo quelle cose. E poi ho anche letto di certe donne, che le hanno prese, e gli sono cresciuti i baffi.

sofia    Meglio un po' di baffi che dieci figli.

titina    No, io i baffi non li voglio avere.

sofia Sto pensando a quello che m'hai detto. Come puoi immaginarti che sono innamorata di Edoardo? io?

Entra Perfetta con Silvana.

perfetta C'è questa signorina che cerca di loro. Volevo anche dire che la macchinetta del caffè non va.

sofia    Lo so. Si è consumata la guarnizione.

perfetta No. La guarnizione è ancora buona. Si è ottu­rato il filtro. Ho provato a stapparlo con una forcina, ma non si stappa. Ho passato tutta la notte in piedi a dondo­lare il bambino, e adesso mi sento lo stomaco duro, come una pietra. Ho bisogno di un sorso di caffè. (Via).

titina    Com'è antipatica certe volte, questa Perfetta.

sofia    Lei desidera, signorina?

silvana Mi manda la signora Coltellacci. Dice che loro cercano una segretaria.

sofia    Una segretaria? noi? no. Direi di no.

titina    E chi è la signora Coltellacci?

sofia Dev'esserci un errore, signorina. Mi dispiace. Noi abbiamo bisogno di tante cose, ma di una segretaria, no.

silvana Eppure la signora Coltellacci mi ha detto pro­prio di venire qui. Mi ha dato questo indirizzo. Me l'ha scritto su un pezzo di carta.

sofia Faccia vedere il pezzo di carta. (Legge) Nino Azzarita, Tolfa, vicolo del Moro 23. È scritto chiaro. Ha una bella calligrafia, la signora Coltellacci.

titina Nino Azzarita è mio marito. Però non ha bisogno d'una segretaria.

sofia Sì. È il marito di questa signora. È mio fratello. È disoccupato, È un disoccupato cronico. Non ha bisogno di una segretaria,

titina Mio marito non è un disoccupato cronico. Lavora. Lavora molto. Cura le nostre terre. Ha molti interessi. Si occupa di musica, di filosofia, di fotografie, di cavalli. Ma per adesso, non ha bisogno d'una segretaria.

sofia Vede, noi abbiamo bisogno di molte cose. Di una macchinetta da caffè. Di un veterinario. Di un medico. Di una balia da latte. Abbiamo bisogno di tutto, ma di una segretaria, no,

silvana    Ho capito. Pazienza,

sofia    E lei era venuta da Roma apposta? in treno?

silvana    In vespa.

sofia Ah, in vespa? anch'io avevo una vespa, ma l'ho venduta. Adesso, ho una seicento. Però si ferma ogni dieci metri. Non se ne vada via, si riposi un poco. Vuole un caffè? Tra poco viene Enrico, il nostro dottore, e ci porta una macchinetta da caffè.

silvana Grazie. Mi siederò un minuto. Mi chiamo Sil­vana Scotti.

sofia Qui viviamo piuttosto isolati. Vedere un viso nuo­vo è per noi una vera distrazione.

silvana Veramente io m'adatterei a fare qualunque la­voro. Sono di Viterbo. Qualche mese fa sono venuta a Roma e mi sono iscritta all'Accademia d'Arte drammati­ca. Ma ho paura che non ho una vera vocazione per il teatro. I miei non mi mandano soldi. Siamo in lite. Vole­vano che restassi a Viterbo. Però io non ci voglio tornare a casa mia. A Roma ho fatto un po' la baby-sitter, ho da­to lezioni, ho aiutato la signora Coltellacci nel suo nego­zio. Ma non ce la faccio a tirare avanti. Ieri stavo per vendere la vespa. Poi la signora Coltellacci mi ha detto di provare a venire qui.

titina    Ma chi è la signora Coltellacci?

sofia Non è una che ha un negozio di lumi liberty in via del Babuino? Dev'essere un'amica di Gildo.

silvana Sì, ha un negozio di lumi. È stata sempre molto gentile con me. Dormivo in casa sua. Nel mio sacco a pelo.

sofia Ho un amico, che forse potrebbe darle del lavoro. È un editore. Forse avrebbe bisogno d'una segretaria. Però ha un difetto. Non paga. Non paga mai.

silvana    Allora non va bene per me.

titina Certo che non va bene per lei. Non va bene per nessuno.

sofia    Povero Edoardo!

silvana    Edoardo?

sofia    Sì. Edoardo Sequi. Lo conosce?

silvana    Sì. Ho tradotto un libro per lui. Un giallo.

sofia    L'ha pagata?

silvana     No.

sofia    Non paga. Non paga mai.

titina    Ha fatto la baby-sitter? le piacciono i bambini?

silvana No, non mi piacciono. Non ho pazienza. A casa mia, a Viterbo, ho quattro fratelli piccoli. Dovevo guar­darli io, perché mia madre ha spesso mal di testa, e sta chiusa al buio nella sua stanza. Era un inferno, erano pe­stiferi. così m'è venuta una forte antipatia per i bambi­ni. Però guarderei anche bambini, se trovassi. Farei tut­to. Quello che trovo,

titina E adesso che lei se n'è andata, come fa sua madre? chi le guarda i bambini?

silvana Non lo so. Ci penserà la donna di servizio. Però è sempre senza donna mia madre. Ha un pessimo caratte­re, e nessuna donna ci resiste. Soffre da tanti anni di que­sti mali di testa. Ha una nevrosi.

titina E quando sua madre è senza donna, chi guarda i bambini?

silvana Appunto. Non lo so. Mio padre è sempre via. Quando è in casa, non si occupa dei bambini, È un gran­de egoista mio padre. Forse è diventato egoista perché aveva troppi fastidi. Per non angustiarsi troppo, s'è abi­tuato a pensare solo a se stesso. I suoi libri, i suoi vestiti, la sua collezione. Ha una collezione di porcellane antiche.

titina Sua madre mi fa molta pena. Lei non doveva la­sciarla sola,

silvana E come facevo? se non me ne andavo, mi veni­va anche a me una nevrosi. C'è un'aria in casa mia che non si respira. Mia madre se ne sta sempre a letto, al buio, geme, piange, suona il campanello. Ha paura d'a­vere il cancro. Ha paura che mio padre abbia un'altra famiglia. Ha paura che la casa sia in disordine. Che i miei fratelli vadano a scuola senza bere il latte. Non ha il can­cro, ma per tutto il resto ha ragione d'aver paura. Mio padre ha un'altra famiglia e i miei fratelli il latte non lo prendono. Certe volte non vanno nemmeno a scuola. Vanno a giocare in strada. Mio padre in casa ci viene po­co. Viaggia. È nel commercio. Quando è a casa, se ne sta nel suo studio. Con la sua collezione di porcellane anti­che. Lui ci perde la testa. Le tira fuori dalla vetrina. Le guarda con la lente. Le spolvera. Mia madre fa ogni tan­to un grido lungo, acuto, come la sirena d'una fabbrica. Io a sentire quel grido diventavo pazza. Invece lui, nien­te. Credo che non la mette in clinica perché costerebbe troppo. Non ci potevo più stare in casa mia. Non potevo.

Entra Nino.

nino    Non doveva venire Enrico?

sofia Non si è ancora visto. È venuta questa signorina. E capitata qui per un errore. La manda la signora Coltel­lacci. Quella che ha quel negozio di lumi liberty. Credeva che avessimo bisogno d'una segretaria.

nino    Io ho bisogno d'una segretaria.

titina    Hai bisogno d'una segretaria? tu?

nino Sì. Ne avevo accennato appunto alla signora Coltel­lacci.

sofia    Cosa te ne fai d'una segretaria, tu?

nino    Mi serve. Ho molta posta inevasa.

titina    Hai della posta inevasa?

sofia    Se non c'è mai un cane che ti scrive?

nino E poi devo riordinare il mio archivio di fotografie. Le mie carte. I miei quaderni d'appunti. Devo mettere un poco di ordine nella mia vita. L'ha mandata la signo­ra Coltellacci? Bene. Mi aveva promesso che mi avrebbe mandato qualcuno,

silvana    Io ho molto bisogno di un lavoro,

nino E io ho molto bisogno di una segretaria. Lei abiterà qui. Abbiamo una casa grande, con molte stanze. Venga di là con me. Le farò vedere la casa, il giardino. Le farò vedere anche il mio cavallo. Se ne intende di cavalli?

Nino e Silvana via.


ATTO SECONDO

titina    Senti, Sofia. Io credo che Nino sia matto.

sofia    Credi?

titina Vuoi smetterla di scrivere a macchina? vuoi star­mi a sentire?

sofia    Parla pure. Ti ascolto.

titina No. Se scrivi a macchina, non puoi ascoltarmi. Ho bisogno di qualcuno che mi ascolti. Sennò finisce che mi metto a parlare coi muri.

sofia Coi muri si parla bene, Io, qualche volta, parlo con Enrico. Parlare con Enrico é come parlare col muro. Qualche volta, fa segno di sì.

titina    Allora meglio del muro.

sofia    Un po' meglio. Poca differenza,

titina Ti dico, ho paura che Nino è matto. Io sono stu­fa. Sono stufa. Gli avevo chiesto trentamila lire per far­mi un cappotto. Ho un cappotto che mi vergogno a por­tarlo. Lui mi ha detto di no, che non le aveva. E ora s'è preso una segretaria. Con che soldi la paga?

sofia    Non lo so,

titina E non è neanche una che mi possa aiutare con i bambini. Hai sentito, dice che odia i bambini. Una ragaz-zetta stramba, sbandata, scappata di casa. Una di queste ragazzette che girano oggi. Senza cuore, senza sentimen­ti, senza affetti. Una di queste ragazzette randagie. Hai visto com'è vestita? Hai visto i capelli?

sofia    Un topo ripescato dall'acqua.

titina Non la voglio qui. Non mi sogno. Cosa me ne fac­cio? È matto. Nino è matto. Io non ci voglio stare con un matto. Io torno a casa mia. Da mia madre.

Entra Perfetta con Enrico.

perfetta C'è il dottore. Avevo sentito dire che portava una macchinetta da caffè. Ma lui dice che se n'èdimen­ticato. Io ho bevuto il caffè dalla contadina. Loro come fanno?

sofia    Non preoccuparti.

perfetta    Il bambino piange.

titina    Vallo a dondolare.

perfetta    Non ho tempo. Devo fare i piatti.

titina    Perché non li hai fatti ieri sera?

perfetta Non si ricorda che sono andata in paese? C'era la festa del paese. Mi ha detto lei di andarci. Non si ri­corda? (Via).

titina Com'è antipatica, questa Perfetta. Io non ho più latte, Enrico. Ieri sera sessanta grammi. Stamattina ot­tanta. Piange sempre il bambino. Ti decidi a dirmi se posso dargli la giunta?

enrico    Dagli la giunta.

titina    Finalmente! cosa gli do? Nestogen mezza crema?

enrico    No. Dagli del Pelargon.

titina Mi hanno detto che il Nestogen mezza crema è meglio di tutto. Me l'ha detto la signora qui vicino.

enrico    Allora se lo sai perché me lo chiedi?

titina Enrico, io ho paura di essere un'altra volta incin­ta. Ho un ritardo di dieci giorni. Cosa dici?

enrico    Cosa vuoi che dica?

titina Sono anemica, Enrico. Sono stanca. Sono esaurita. Guarda come sono anemica. Guardami le labbra. Non posso avere ancora un altro bambino.

enrico Non sei anemica. Stai benissimo. Sei sana come un cavallo.

titina Non parlarmi di cavalli. Il cavallo sta male. Sta­notte ha cacato sangue.

sofia    Sai che Nino s'è preso una segretaria?

enrico    Una segretaria?

titina    Sì. Come se non avessimo abbastanza problemi. Come se fossimo dei miliardari. io ho un cappotto da in­verno che fa pietà, abbiamo le lenzuola tutte rotte, e lui si prende una segretaria.

sofia    Mandata dalla signora Coltellacci.

enrico    E chi è la signora Coltellacci?

sofia Non importa chi è, È una che ha un negozio di lumi. Poco £a arriva qui questa ragazza, in calzamaglia nera, con un berrettone di pelo, un vestitino tutto spie­gazzato, i capelli sparsi. Un topo ripescato dall'acqua. E lui dice: Benissimo. Io ho bisogno d'una segretaria. Per­ché ho molta posta inevasa.

enrico    Ha della posta inevasa? Chi gli scrive?

titina Nessuno, Enrico, nessuno. Gli scrive ogni tanto mia madre, per chiedergli indietro trecentomila lire, che ci ha imprestato. Mia madre, poveretta, non è mica ric­ca. Ha un piccolo negozio di stoffe, al mio paese. E poi ha la pensione di mio padre, che è morto, era un ferro­viere. Non è ricca. Quando mi sono sposata era tutta contenta, perché credeva che sposassi un ricco. E invece non abbiamo fatto mai altro che chiederle soldi. E mia madre quando viene qui si dispera, perché trova che avremmo bisogno di tante cose, che lo mi stanco, che non abbiamo la biancheria necessaria. La terra rende niente. Dobbiamo vivere, noi, i bambini, Sofia, tutti sul reddito della terra. Sofia, suo marito non le manda più un soldo da tanto tempo. Fa delle traduzioni per Edoardo. Edoardo non paga.

sofia    Povero Edoardo!

titina Povero Edoardo un corno. Insomma ti pare che era il caso di prendere una segretaria?

sofia    Non dimenticare che dovete soldi anche a Enrico.

titina «Dovete »? Dobbiamo dei soldi a Enrico. Tu stai con noi. Siamo tutti sulla stessa barca. Tu l'altro giorno ti sei comprata un paio di pantaloni. Non per dire, ma io è un pezzo che non mi compro niente di nuovo.

sofia    Ottomila lire. Le ultime ottomila lire che avevo. Non m'è rimasto niente. Ho paura che dovrai farmi un prestito, Enrico. Fino a quando Edoardo non mi paga.

titina È innamorata di Edoardo. É per questo che lavo­ra per lui senza farsi pagare.

sofia Non diciamo stupidaggini. Sono innamorata di Edoardo! figurati! Vattene, Titina. Ora Enrico deve visi­tarmi, perché non mi sento bene. È venuto apposta.

titina Anch'io sto male. Sto peggio di te. Ho un forte esaurimento. Sono sfinita. Tu Enrico hai un bel dire che sto bene. Io so di avere una forte anemia. Mi ha visto lo zio Gaetano. Lo zio Gaetano è medico. Non esercita la professione, perché aiuta mia madre al negozio. Ma è laureato in medicina. Mi ha visto il Natale scorso; quan­do sono andata a casa mia. Appena mi ha visto ha detto: « Gesù. Non hai più neanche una goccia di sangue. Un'a­nemia terribile ».

Entra Perfetta.

perfetta Il bambino piange. Ha fame. Si morde le ma­ni. È una pietà. Se non viene a dargli da mangiare, gli do da mangiare io. Sa cosa gli do? Pane e brodo. Mia sorel­la i suoi bambini li ha cresciuti tutti a pane e brodo. Le son venuti su certi bambini!

Perfetta e Titina via.

enrico    Allora?

sofia    Mi fa male la schiena. Qui. Ogni volta che tiro su il fiato.

enrico    Dove?

sofia    Qui.

enrico    Non è niente. È uno strappo muscolare.

sofia    Uno strappo muscolare, dici? Sei sicuro che non ho la pleurite?

enrico    No, non hai la pleurite. Sei sana come un cavallo.

sofia    Non parlarmi di cavalli.

enrico    Prendi una pastiglia d'aspirina. Ti passerà.

sofia    Cosa c'entra con gli strappi muscolari, l'aspirina? Io            non ci credo all'aspirina. E un rimedio vecchio come il cucco. Nessuno la prende più. Senti Enrico. Voglio andarmene da questa casa. Cercami una sistemazione.

enrico    Che specie di sistemazione?

sofia    Non hai bisogno d'una segretaria?

enrico     Io? no.

sofia Voglio andarmene da questa casa. Non ci sto bene. Sai; non è mica allegro, alla mia età, vivere col fratello e la cognata. In fondo mi sopportano. Gli sono di peso. E poi qui mi sento una fuori posto. In verità è anche mia la casa, perché il povero babbo l'ha lasciata a tutti e due, a mio fratello e a me. Ma io qui mi sento di troppo. Pen­so sempre che sarebbero più contenti, Nino e Titina, se non ci fossi io. E poi è tanto brutto essere una come me, una divisa dal marito. Non mi sento né zitella, né vedova. Portami via da questa casa, Enrico. Sposami, Perché non mi sposi?

enrico    Come faccio a sposarti, che sei già sposata?

sofia Mio marito s'è perso nella notte dei tempi. È tan­to che non mi scrive più. Dicono che è nel Venezuela. Ma forse è morto. Forse sono vedova. Del resto non c'è mica bisogno che tu proprio mi sposi. Possiamo convive­re. A tua madre, diamo da intendere che sono vedova, e che ci siamo sposati. Dato che lei forse a queste cose ci tiene.

enrico    Ma guarda che idea t'è venuta.

sofia Perché no? Ti terrei a posto la casa. Annaffierei le piante. Farei compagnia a tua madre. Giocherei a rami­no con tua madre. Tua madre ha simpatia per me. Starei là, nella tua casa, tranquilla, a coltivare le rose, a leggere dei libri.

enrico Perché non annaffi un po' le rose qui a casa tua? sono tutte secche,

sofia Perché non ne ho voglia qui. Ogni tanto, invite­remmo a cena qualcuno. Non sarebbe una brutta vita.

Enrico Noi due siamo cresciuti insieme. Siamo amici d'infanzia. Siamo stati compagni di scuola. Ci siamo sempre visti. Ormai vederci, chiacchierare insieme è di­ventata una abitudine. Non possiamo trasformare que­sta abitudine in un'abitudine coniugale. Sarebbe uno sbaglio.

sofia Non mi vuoi? Ho capito. Non mi vuoi. Pazienza. Eri tanto innamorato di me, quando avevamo dicianno­ve anni. Ti ricordi?

enrico     Sì.

sofia Però io allora non ti volevo. Poi, tanto tempo do­po, ci sono stati quei giorni in Carnia.

enrico    Sì.

sofia    È stato bruttissimo.

enrico     Sì.

sofia Ma forse era perché io stavo così male e la cucina di quell'albergo era perfida... Strano, di tutti quei giorni io mi ricordo così poco! Mi ricordo solo che stavo male e avevo un gran freddo e c'era nella nostra camera una le­pre impagliata. Come piangevo, la mattina! Perché pian­gevo così?

enrico    Perché non eri innamorata di me.

sofia Già. Tu mi consolavi ma eri anche tu così triste. Perché non eri innamorato di me, neanche tu. Perché eravamo là, insieme, senza amore. Poi sono scappata. Ti ricordi?

enrico    Sì. Mi hai lasciato una lettera.

sofia Sì. Quando era? otto anni fa, dieci? Dopo, mi so­no iscritta all'università, E dopo ho avuto un pasticcio con un attore greco. E dopo ancora, lavoravo in quel giornale e mi hanno mandata a Londra. A Londra, ho incontrato Filippo. L'ho sposato. È andato tutto molto male subito, però abbiamo tirato avanti un bel po' di an­ni. La mattina mi svegliavo, e cacciavo la testa sotto il lenzuolo per non vedere, sul cuscino vicino a me, la sua faccia. Però veniva il momento che lo dovevo guardare. Aveva una faccia da imperatore romano, grande, regolare, il naso profilato, l'incarnato olivastro. Era un uomo bello, ma era proprio il tipo di bellezza che io detestavo. Perché l'ho sposato? Sai che non ho mai smesso di chie­dermelo, in tanti anni? Mi alzavo, facevo il bucato sul balcone, dove c'era una vasca per lavare. Si vedeva un cortile stretto, con delle grondaie nere. Perché in Inghilterra verniciano di nero le grondaie?

enrico    Non lo so.

sofia Facevo da mangiare su una stufa elettrica rovescia­ta, perché la padrona di casa non voleva fornelli. Filippo si alzava, si vestiva, infilava il suo paltò di cammello, si lisciava il bavero, le maniche, si lisciava la sua testa nera, e usciva col suo passo da imperatore. Faceva cartelloni pubblicitari per una fabbrica di biscotti. Lo pagavano poco. Non avevamo un soldo. Io restavo a casa, cucina­vo inginocchiata per terra, e appena sentivo i passi della padrona correvo a portare il tegame sul balcone. Stavo delle ore affacciata al balcone, a contemplare i muri e le grondaie. Mio marito rientrava, si metteva seduto sul let­to e guardava nel vuoto. Era disperato. Ma non per i soldi. Era disperato di dover vivere con me. Ero dispera­ta anch'io, ma non dicevamo niente, s'era formato fra noi due un gran silenzio, un silenzio gonfio, nero, che co­priva sconfinate distanze. In quel silenzio, tutti e due non facevamo che chiederci perché mai eravamo là insie­me, in quella camera, con quel balcone, quella vasca per lavare e quelle grondaie. Sono scappata via una mattina. Gli ho lasciato una lettera. Una lettera e una pietanza già cotta, che bastava scaldarla. Rognoni. Rognoni con le ci­polle. Ho preso il treno, son tornata in Italia. Non l'ho mai rivisto. Sai una cosa? Quando ero là affacciata a quel balcone, avevo una tremenda nostalgia dell'Italia, In confronto a quelle grondaie nere, la lepre impagliata di quell'albergo in Carnia dov'ero con te, era quasi un ri­cordo delizioso.

enrico    Perché era un ricordo.

sofia    Sì. Il tempo rende le cose inoffensive e perciò crediamo di averle amate. In verità era orribile, anche la le­pre impagliata. La mia vita è disseminata di cose orribi­li. E se io ora andassi a stare con te, con tua madre, a gio­care a ramino, a curare i fiori, dopo un poco troverei qualcosa anche là, in quella tua casa, come qui, come a Londra, come dappertutto, qualcosa che mi darebbe vo­glia di scappar via.

enrico     Sì.

sofia E allora? allora cosa faccio? dove vado, Enrico? Forse quello che a me fa tanto orrore sono le cose reali. Forse io sono di quelle persone che odiano la realtà. Tu pensi che io sono così?

enrico    È possibile.

sofia È possibile! è possibile, dici? Mi dici una cosa così spaventosa, come fosse niente? Sei un mio amico, hai af­fetto per me, siamo anche stati amanti, e mi dici una co­sa tanto spaventosa?

enrico Perché non devo dirti la verità? Non è la verità che vuoi?

sofia    Dove vado, Enrico? dove posso andare?

enrico     Non lo so.

sofia    Parlare con te è proprio come parlare col muro.

Entra Nino.

nino Ciao, Enrico. Devi accompagnarmi dal veterinario. Se gli telefono, non viene. Bisogna andare a prenderlo e portarlo qui.

enrico    Ho sentito che hai una segretaria.

nino Sì. È di sopra. Fa il bagno. Si sentiva sudata. E' ve­nuta da Roma in vespa.

Entra Titina.

titina    Tu hai detto a Perfetta di preparare la camera de­gli ospiti?

nino     Sì.

titina    Per quella ragazza? Pensi di farla dormire qui?

nino    Sicuro. E dove vuoi che dorma? E la mia segretaria.

titina Ma io non voglio in casa una ragazza che non co­nosco!

nino    La conoscerai. E una simpatica ragazza.

titina Sei matto. Enrico, senti, è matto. Chiamate un dottore!

nino    Non abbiamo già qui Enrico?

titina Un dottore dei matti. Ha preso una segretaria! Enrico, sai la nostra situazione, non abbiamo un soldo, abbiamo debiti, siamo pieni di guai, e lui si permette di assumere una segretaria!

nino Non avete capito niente. Non devo pagarla io, que­sta ragazza. La pagherà la signora Coltellacci. È un pia­cere che faccio alla signora Coltellacci. La signora Col­tellacci voleva aiutarla. L'ha conosciuta per caso, attra­verso amici. Mi ha pregato di farla lavorare e la paga lei alla fine del mese. Cioè mi dà i soldi a me e io la pago. La signora Coltellacci è molto di cuore, e questa ragazza le fa compassione. Però non poteva tenerla in casa sua. Non ha posto.

titina E perché devi fare dei piaceri alla signora Coltel­lacci? Chi diavolo è, questa signora Coltellacci? è una tua amante?

nino No. È una vecchietta. Una vecchietta coi capelli tin­ti di rosso. Molto di cuore. La ragazza ci aiuterà anche per i bambini. Aiuterà Perfetta in cucina. È disposta a tutto. Non ha un soldo. E scappata di casa sua. Ha dei genitori spaventosi. Una madre mezza matta. Ha biso­gno del calore d'una casa.

titina Questa casa non manda nessun calore. È una ca­sa fredda come un pozzo,

nino    In che senso lo dici?

titina    In tutti i sensi. I termosifoni scaldano poco,

nino Tu non sai cosa vuol dire sentirsi soli al mondo, sen­za casa, costretti a dormire nel bagno della signora Col­tellacci.

sofia Perché, non ha la stanza degli ospiti, la signora Coltellacci? non è una riccona?

nino È una riccona, ma non ha la stanza degli ospiti. Ha un appartamento minuscolo, tutto a piastrelle venezia­ne, bello, ma pieno come un uovo, stipato di mobili fino al soffitto. E poi ha un mucchio di cagnolini.

titina Io me ne vado. Io torno da mia madre. Io là da mia madre, a casa mia, ho sempre la mia cameretta così tranquilla, piena di sole, coi gerani sulla finestra. Sono stanca. Ho bisogno di pace.

enrico Forse questa ragazza davvero ti aiuterà coi bam­bini.

titina No. Ha detto che detesta i bambini. È scappata di casa sua, È una vagabonda. Magari è anche una puttana e una ladra. Io sono stanca. Questa casa è un porto di mare. La gente entra, esce, mangia, dorme.

nino Se qui non ci capita mai nessuno, e ti lamenti che non vediamo anima viva?

titina Io sono stanca, Enrico. Sono incinta. Ho paura d'essere incinta. Ho una forte anemia. Non mi reggo in piedi. Tu sai che io sono cattolica, Enrico, sono profon­damente cattolica, e perciò sono contraria all'aborto. Ma questo bambino non lo voglio. Paolo ha solo due anni, Furietto ha tre mesi e gli do ancora il latte. Voglio qual­cosa che mi mandi via questo bambino.

Enrico    E cosa?

titina Non lo so. Trova tu qualcosa. Non sei un medico? Ho un marito che è matto. Non pensa che ai problemi della signora Coltellacci, pieni di guai come siamo. Aiu­tami, Enrico.

nino    Vieni via, Enrico. Portami dal veterinario.

titina Sì. Lui pensa solo al cavallo. Alla ragazza, alla si­gnora Coltellacci, e al cavallo.

Enrico e Nino via. Entra Perfetta.

perfetta Quella signorina ha fatto il bagno e ha allaga­to tutto. M'è toccato raccogliere l'acqua col secchio. Ave­vo le patate sul fuoco e sì sono bruciate.

sofia    Non poteva fare il bagno dalla signora Coltellacci?

perfetta Mi ha chiesto un altro asciugamano. Ha detto che quello che le aveva dato il signor Nino era piccolo. Asciugamani grandi da bagno noi non ne abbiamo. Allo­ra le ho portato l'accappatoio della signora Sofia, Ha detto che era umido. Però l'ha preso.

sofia Come mai era umido, che io stamattina non ho fat­to il bagno e non l'ho usato?

titina    L'ho usato io.

sofia    Perché non usi il tuo, la mattina?

titina    II mio è agli sporchi.

perfetta Quella signorina mangia qui? Perché allora c'è poco.

titina    Basterà.

perfetta Si, basterà. Basterà per loro. Mi tocca mandar tutto a tavola e io resto senza niente,

titina    Ti farai un uovo.

perfetta    No, lo sa che a me le uova mi fanno male.

sofia    Ma è un topo. Mangerà come un topo.

perfetta È un topo? quella signorina? sta fresca. Sono quelle magre, che il mangiare non gli basta mai.

titina Anche per il mantenimento, ci penserà la signora Coltellacci?

Perfetta via. Entra Silvana.

silvana    Mi piace la casa.

sofia    Meglio così.

silvana Mi piace anche la campagna intorno. L'aria del­la campagna mi fa bene. Mi fa mangiare.

sofia Oggi credo che ci siano patate. Il nostro menù del mezzogiorno è di solito coniglio con le patate. Il nostro menu, la sera, è caffelatte e broccoletti in padella. Le piace il caffelatte?

silvana Mica tanto. Ma non importa. Mi basta un pez­zetto di formaggio.

sofia    Proprio un topo.

silvana    Cosa?

sofia    Niente.

titina Signorina, io non credo che lei potrà restare qui molto tempo. Non siamo abituati a avere ospiti qui.

silvana Ma io non sono un ospite. Sono qui per lavora­re. Non chiedo che di rendermi utile.

titina Sa cucire? stirare? cucinare? rammendare il bu­cato?

silvana    Non l'ho mai fatto. Ma posso provare.

titina    Sua madre non le ha insegnato niente?

silvana No. Le ho detto come è mia madre. Ha una nevrosi. Sta sempre a letto, al buio, e suona il campanello. Erano tre scampanellate per me, due per la donna, quat­tro per mio padre. Se non andava nessuno, allora faceva un grido lungo, acuto, come la sirena d'una fabbrica. Era malata, avrei dovuto trattarla come una malata. Ma non mi riusciva. Cercavo di mettermi a ragionare con lei. Li­tigavamo, e lei si disperava. Le giuro che non tirava aria di rammendare. Io non la sopportavo più mia madre. così ho fatto su una valigia e sono scappata.

titina E come pensa di fare? come s'immagina di poter vivere, se non sa fare niente?

silvana Mi sono iscritta all'Accademia d'Arte dramma­tica. Ma non credo d'esser fatta per recitare.

titina    E allora?

silvana Allora niente. Mi basta di non stare in casa mia. M'adatto a fare tutto.

titina Vada in cucina. Ha visto dov'è la cucina? Ha vi­sto Perfetta? Dica a Perfetta di darle il bucato da stira­re. Sa stirare?

silvana    No. Ma proverò. Non dev'essere mica difficile.

titina    Invece è difficilissimo.

silvana    M'insegnerà Perfetta.

titina Perfetta non sa stirare. In questa casa nessuno sa stirare. Solo io.

silvana    Può insegnarmi lei.

titina    Senti, ragazza. Io non ti insegnerò niente. Non ho tempo. Devo andare dal bambino. È tardi. Devo preparare il Pelargon. Senti, tu non puoi restare qui. Torna a casa tua. Pensa a tua madre. È chiaro che tua madre ha bisogno di te.

silvana Non ci posso tornare a casa mia, le dico. Piut­tosto dormirei sotto i ponti o sulle panchine. Ho un sac­co a pelo. Con un sacco a pelo si può dormire dapper­tutto. Glielo posso preparare io il Pelargon. Intanto lei stira. Il Pelargon lo so preparare. Lo facevo per mio fra­tello.

titina Intanto lei stira! Mi dà anche degli ordini! Com'è che adesso vuole fare il Pelargon? Non ha detto che non ama i bambini?

silvana Non c'è mica bisogno di amare i bambini, per fare un po' di Pelargon.

Titina e Silvana via. Entrano Enrico e Nino.

nino Niente veterinario. Non c'era. Enrico dice che forse potrei fargli un clistere.

sofia    Un clistere al cavallo? Si fanno clisteri ai cavalli?

nino Perché no? Si fanno clisteri a tutti. Però non mi fi­do di Enrico. Mi pare che di cavalli ne capisce poco. Tira a indovinare. Per ora non farò niente. Aspetterò. Dov'è la segretaria?

sofia   E' andata a preparare il Pelargon.

nino    Che brava ragazza. Come si presta a tutto.

enrico    Titina non gli dava il Nestogen?

sofia    Ha cambiato. Adesso gli da il Pelargon.

nino Quella ragazza ci sarà di grande aiuto. Risolverà tut­ti i nostri problemi. Si occuperà dei bambini, della casa. Andrà a far la spesa in paese, con la sua vespa. È una ragazza semplice, senza fisime. Ricopierà a macchina tutti i miei appunti. Ho un mucchio d'appunti sparsi, osser­vazioni, note di viaggio, pensieri. Metterà un po' d'ordi­ne nella nostra vita. Sarà un'ottima segretaria.

sofia    Sei sicuro che sa scrivere a macchina?

nino    Certo. Sennò, non sarebbe una segretaria.

enrico Dovrete ringraziare la signora Coltellacci. Mi pia­cerebbe una volta vederla in faccia, questa signora Col­tellacci. Se ne sente tanto parlare.

nino Oh, una vecchietta coi capelli tinti di rosso. Con tanti cagnolini. Volete sapere la verità? Non è mica vero che è stato per fare un piacere alla signora Coltellacci, che io ho preso quella ragazza in casa. L'ho detto a Titina, ma non è vero. Sapete chi è quella ragazza?

enrico     Chi è?

nino    È la ragazza di Edoardo.

sofia    La ragazza di Edoardo!

enrico    Ha una ragazza, Edoardo? E la moglie lo sa?

nino No, non ne sa niente, la moglie. Lui dice che si è in­namorato. Dice che lascerà la moglie e andrà a stare con questa ragazza. Non sa quando. Lo dirà a Isabellita a po­co a poco.

enrico    E t'ha pregato di prenderla in casa?

nino Sì. M'ha pregato tanto. Per un periodo di tempo. Finché lui non va a stare con lei. La ragazza abitava dalla Coltellacci, ma la Coltellacci non poteva più ospitarla. così ho telefonato alla Coltellacci e le ho detto di man­darla qui. Però non dite niente a Titina. Titina se sa che è la ragazza di Edoardo, la mette subito fuori di casa. Lei Edoardo non lo può soffrire. E poi mi accuserebbe di essere immorale. Di proteggere un adulterio. In verità io credo che Edoardo non si deciderà mai a lasciare la moglie. E intanto c'era questa disgraziata che non sapeva dove andare.

sofia    La ragazza di Edoardo! Una così? un topo?

nino Dice che si è innamorato. Ma va a sapere. Io penso che sia tutta una montatura. Lui s'annoia, e ogni tanto s'inventa qualche grande amore. Gli è già successo altre volte,

enrico    E la ragazza? è innamorata di lui, la ragazza?

nino La ragazza? Sì. Dice di sì. Però l'avete vista com'è. Una lucertolina. Una di queste ragazzette che girano a-desso. Non hanno dei sentimenti veri. Non hanno fu­turo.

sofia    Un topo.

nino Esatto. I topi, le lucertole, non hanno futuro. Han­no quei piccoli occhi fissi, tristi. Scappano sempre di qua e di là. Si rimpiattano sotto ai sassi. Non chiedono nien­te, e non hanno da dare niente a nessuno.

sofia A me non ne ha mai parlato di questa ragazza, Edoardo. Eppure è più amico mio che tuo.

nino Forse non è molto mio amico, ma l'altra notte si è confidato con me. Abbiamo camminato per delle ore, io e lui, avanti e indietro lungo il Muro Torto. Era lì vicino a me, piccolo, con quei lunghi capelli grigi riccioluti, col bavero del paltò consumato, la sua cravattina a farfalla. Quando parla ti agita le mani sotto il mento, sotto il na­so, quelle mani fini, bianche, sempre un po' sudice per­ché non si lava mai. Mi ha detto che pensa di lasciare sua moglie. Che il suo rapporto con la moglie è ormai logoro, non hanno piti niente da dirsi. Ma cos'abbia mai avuto da dire a sua moglie, non so. Ha conosciuto questa ragaz­za qualche mese fa, credo nel negozio della signora Col­tellacci. Se n'è innamorato. Se ne deve essere innamora­to perché è una specie di lucertola, sfuggente, malinco­nica, indecifrabile. Quando l'avrà decifrata, smetterà di amarla. Anche Isabellita doveva piacergli perché, a mo­do suo, anche Isabellita è un essere indecifrabile.

sofia Non so come fai a dire che Isabellita è indecifrabi­le. E' una polenta. La polenta non ha niente di miste­rioso.

nino Lo dici te. Isabellita è un essere pieno di mistero. È grande, immobile, stupida come una montagna. Come un bue. I buoi, le montagne, sono pieni di mistero.

enrico    Così allora lui vuole lasciare sua moglie?

nino Sì, mi ha detto che vuole lasciarla. Stare con la ra­gazza. Dare via la casa editrice, i gialli, questa rivista che non ha ancora nemmeno cominciato, e occuparsi di altro. Di qualcosa che ancora non sa. Studiare astrologia, o ma­tematica. Perché è stanco di tutto quello che ha fatto fi­nora.

sofia    E Isabellita? Isabellita, se lui la lascia, cosa farà?

nino Ma non la lascia. Non ci credo. Son tutti discorsi. Torna a casa, la sera, dopo le passeggiate e le chiacchiere. S'infila, nel lettone, dove c'è Isabellita che dorme. Trova subito il groppone di Isabellita, grande, grosso, caldo, ci si scalda come contro una stufa. Ha il fiasco del vino sul pavimento, e prima di dormire butta giù ancora qualche sorso. La mattina non si alza, resta lì seduto nel lettone, col piumino rosa, e Intanto Isabellita va e viene col suo vestaglione celeste, con i suoi riccioloni ossigenati, tutta piena di sonno. Poi lui le detta le lettere e lei batte a mac­china, adagio adagio, con un dito solo. Poi vengono quei ragazzotti del loro paese, vestiti di nero, perché quei ra­gazzotti sono sempre vestiti di nero, sì siedono sul letto­ne, discutono di politica. Edoardo di politica non ne ca­pisce un accidente, ma lo stesso dice la sua. Poi viene Gildo, e discutono, lui, Edoardo, i ragazzotti. Sulla poli­tica, sui soldi, sulla rivista, sui gialli. Isabellita sempre zitta, torreggiante come una montagna. Poi vengono i Conocchia, e allora nessuno discute più di niente. Si mettono tutti a giocare a tarocchi. Poi tutti quanti insie­me cucinano, mangiano, bevono vino. Questa è la vita di Edoardo, Non la cambierà. Non se ne andrà con la ra­gazza. Macché.

enrico Tu ne parli con allegria. Il ritratto che fai di Edoardo è quello di un uomo felice. Ma io lo credo invece una persona profondamente infelice. Credo che né la moglie, né la ragazza contino niente per lui. Credo che lui sia uno che si studia di fare la sua vita a pezzettini, la sua vita, la sua intelligenza, i suoi affetti. Giorno per giorno, lui li pesta, li straccia, li butta via. Ne fa strame.

sofia    Povero Edoardo.

enrico    Povero Edoardo. Sì.

Entra Titina.

titina Ho avuto un telegramma dallo zio Gaetano. Mia madre ha la broncopolmonite. È gravissima. Devo parti­re. Come faccio? Con chi lascio i bambini?

sofia    Ci sono io. C'è Perfetta, E c'è anche la segretaria.

titina Nessuno che voglia bene ai bambini. Tu te ne in-fischi. Non hai nessuna tenerezza per i bambini. Perfetta si sa com'è. Un'antipatica. Riguardo alla segretaria, l'ho licenziata.

nino    L'hai licenziata?

titina Sì. Le avevo detto di preparare il Nestogen. Lo doveva sbattere con la forchetta. L'ha sbattuto male, è venuto tutto a grumi. E poi deve avere sbagliato la dose.

sofia    Non gli davi il Pelargon?

titina    Ho cambiato. Ho deciso di dargli il Nestogen.

nino Che diritto hai di licenziare la mia segretaria? Non la lascerò andar via. Rimarrà qui. Non è mica un delitto, sbagliare la dose del latte in polvere.

titina Lo dici tu che non è un delitto. E se al bambino gli viene la gastroenterite? Le ho strappato di mano la bottiglia, e ho versato il latte nel lavandino. Le ho detto di andarsene fuori dai piedi. M'ha detto vecchia scema. Io le ho detto vipera. Le ho dato uno schiaffo.

sofia    Non è una vipera, è una lucertola. Un topo.

titina Io non so cosa farmene dei topi. Devi darmi dei soldi, Nino. E poi voglio l'orario dei treni. Mia madre è gravissima. Non so se la troverò viva.

nino Soldi in casa non ne ho. Forse ce li può imprestare Enrico.

titina    Telefona a Enrico. Digli se ci porta dei soldi. E anche l'orario dei treni, E una valigia. La mia ha la chiu­sura lampo rotta. Chi guarderà i bambini?

nino Come, telefona a Enrico? non vedi che Enrico è qui?

titina Ah, sì, Enrico. Non t'avevo visto. Sono tutta scon­volta. Sbrigati, Va' a casa tua e portarmi queste cose.

nino Anche tu muoviti, Sofia. Vai dalla ragazza. Cerca di calmarla. Falla restare.

Entra Silvana.

silvana Penso che devo andarmene via. La signora non mi vuole. Mi ha detto vipera. Io le ho detto vecchia sce­ma. Allora m'ha dato un piccolo schiaffo. Io non mi sono mica offesa. Sono abituata a pigliare schiaffi. Me ne dava sempre mia madre. Non mi fanno né caldo né freddo. Però penso che me ne vado. Alla signora gli sono antipa­tica, E anche lei non è simpatica a me. così me ne vado. Mi rincresce, perché mi piaceva qui. Tanto posso dormi­re anche all'aperto. Ho il mio sacco a pelo.

titina Senti, ragazza. Io non ti conosco. Non so chi sei e non so perché sei capitata qua. Non ti voglio nei piedi. Non ho tempo di occuparmi dei tuoi problemi. Devo partire, perché sta male mia madre. Cosa fai ancora qui, Enrico? Muoviti. Portami subito queste cose. Dovrò viaggiare tutta la notte. È uno strapazzo. Dopo il treno c'è la corriera, una corriera che dà scossoni. Ho paura che questo viaggio mi farà abortire,

sofia    E non è questo che vuoi?

titina Sta' zitta. Posso anche lasciarci la pelle. E cosa faccio, se appena arrivata devo mettermi a letto? Chi mi assisterà? Chi assisterà mia madre?

Entra Perfetta.

perfetta    È morto il cavallo.

nino     No?

perfetta      Eh sì. È morto.

nino    E me lo dici così?

perfetta    E come glielo devo dire?


ATTO TERZO

sofia Pronto, Luisa? ciao Luisa. Domani vengo a Roma e mangio da te. Non mi fare trippa. Ho un mucchio di cose da raccontarti. Da quando sei tornata da Parigi non ci siamo viste che un minuto. È un bel po' di tempo che non chiacchieriamo. Quanto sei stata via? Otto mesi? Un bel po'. Sì, sono a letto. Finisco la mia traduzione. Un romanzo giallo. Trovano un cadavere nell'aereo, nel cesso dell'aereo, un uomo che non sanno chi sia perché non è iscritto nella lista dei passeggeri. Gli trovano nel portafoglio una carta da gioco dov'è scarabocchiato l'in­dirizzo d'un motel. Vanno a quel motel e trovano un al­tro morto nell'ascensore, con in tasca anche lui una carta da gioco. E così di cadavere in cadavere arrivano all'asso di spade, che è in tasca a una ragazza, però viva, una ra­gazza che versa la minestra in un ricovero di mendicanti. C'entra la droga. Se mi ha pagato? Macché. Ma sai, ades­so la casa editrice forse la rileva la signora Coltellacci. Se ne occuperà Gildo. Sì, Gildo. Il tuo ex inquilino. Ora Gildo ha una mansarda bellissima, con una moquette. Non tornerà da te, non se lo sogna nemmeno, la mansar­da è dei Conocchia e non gli fanno pagare l'affitto. Tu in­vece gli facevi pagare quindicimila lire al mese, per quel buco di stanza. Non t'ha mai pagata? Non poteva, pove­ro Gildo. Edoardo gli deve un mucchio di soldi. Non li vedrà mai. Per caso non hai incontrato mio marito, a Pa­rigi? Qualcuno m:ha detto che adesso è a Parigi, Non mi ricordo chi, forse Gildo. Lo sai che Edoardo e Isabellita non sono più insieme? No. Non sono più insieme. Sa­pessi quante cose sono successe mentre tu eri via. Isabellita sta dai Conocchia. Cerca un appartamento. Cosa? Quella stanza che hai tu? Ma è un buco. No, vuole un intero appartamento. Sì, ha rotto con Edoardo. È una rottura definitiva. Dice che le piacerebbe adottare un or­fano. È successo poco dopo che tu sei partita. Ti ricordi quella ragazza che era capitata da noi? La segretaria? Be', era la ragazza di Edoardo. Sì. Allora figurati che io ero rimasta qui sola con lei, Nino e Titina erano partiti. Era morta la madre di Titina. Eravamo sole con i bam­bini e Perfetta e stavamo bene. Avevamo quasi fatto a-micizia. Veniva Enrico la sera e la ragazza suonava la chi­tarra. Be', e poi succede che un giorno lei ha tentato di suicidarsi. Vado in camera sua e la vedo che dorme. Do­po un poco ritorno e dorme sempre. Mi spavento e tele­fono a Enrico. Non c'è. Trovo in terra un tubetto di son­nifero. Telefona a Edoardo. Non c'è. C'è solo Isabellita. Le dico: «Fai venire qui Edoardo subito perché la sua ragazza si è suicidata». Così. Avevo perso la bussola. Chiamo un'autoambulanza. Intanto arriva Enrico. Parte con la ragazza sull'autoambulanza. Dopo un poco arriva­no qui Edoardo e Isabellita, lui pallido, lei con i suoi ric-cioloni tutti arruffati e con la pelliccia sopra la camicia da notte. Mi viene una crisi di lagrime e mi metto a in-sultare tutti, Edoardo, Isabellita, tutti. Isabellita fin al­lora non sapeva nemmeno che esistesse quella ragazza. Le è venuta anche a lei una crisi di lagrime. Che notte. I bambini che si erano svegliati e gridavano e Perfetta che girava come un fantasma con gli occhi sbarrati. Isabelli­ta in singhiozzi e Edoardo buttato come un morto su una poltrona. Finalmente al mattino torna Enrico. Dice che la ragazza sta meglio. Edoardo e Isabellita se ne vanno via. Vado nel pomeriggio a casa loro e trovo Isabellita che fa le valige. Dice; « Io le corna non le sopporto. Neanche piccole. Io sono una donna all'antica. Sopporto tutto, ma le corna non le sopporto ». Edoardo? Edoardo sdraiato sul lettone con addosso il piumino. Muto. Palli­do. Un cadavere. Vengono i Conocchia, e Isabellita con i Conocchia se ne va via. Resto sola con Edoardo. Cerco di tirargli fuori una parola. Niente. Vado dalla ragazza. Anche lei muta. Le dico: «Ma perché ti volevi suicidare? » Silenzio. Non so cosa le è girato. Fino alla sera pri­ma era allegra e suonava la chitarra. Poi si prende un tu­betto di sonnifero. Perché? Perché così. Impossibile ca­varle fuori una spiegazione. Enrico ha telefonato al pa­dre, a Viterbo. Viene il padre, un uomo alto, bello, con gli occhiali neri. Niente impressionato. Dice che è un'a­bitudine di famiglia. Che tutti loro hanno i nervi malati. così appena lei è in piedi se la riporta a Viterbo, a casa. A casa, la ragazza ci resta neanche un mese. Poi torna di nuovo a Roma. Va a stare con Edoardo. Per un poco, vivono insieme la ragazza e Edoardo. Un paio di settima­ne. Intanto Isabellita fa tempeste e piange tutto il gior­no, in casa dei Conocchia, che la consolano e le danno dei sedobrol. Be', ma poi la ragazza è ritornata qua. Sì, qua. È di nuovo con noi. La sera che ce la siamo vista ricapi­tare, Titina s'è messa a urlare che non la voleva in casa. Era tornata da poco dal suo paese Titina, era in lutto, in­cinta, con la nausea, di un umore insopportabile. Non la voleva proprio quella ragazza. Non l'aveva mai avuta in simpatia e adesso era anche gelosa. Dopo che era venuta fuori la storia di Edoardo, s'era messa in testa che quella ragazza stregava gli uomini, vedeva un pericolo pubbli­co in quella specie di topo. Io e Nino abbiamo cercato di calmarla. Abbiamo chiamato Enrico. Enrico le ha spie­gato che non si poteva metterla fuori di casa, che maga­ri tentava un'altra volta di suicidarsi. Insomma, morale questa ragazza è ancora qui da noi. Fino a quando? e chi sa? Edoardo? Povero Edoardo. È sempre là. Nella sua casa in via degli Incappucciati. Una casa che è diventata una vera spelonca. Nessuno apre mai le finestre. I Co­nocchia gli hanno mandato due o tre volte una loro vec­chia cameriera, ma poi questa ha dichiarato che non ci voleva più andare, che lui molto gentile però le aveva fatto capire che gli dava fastidio. Lui è là, sdraiato sul lettone, fuma una sigaretta dopo l'altra, non mangia, be­ve. Dio come beve. Ti ricordi che faceva una rivista? « Il fischione »? Be', ne è uscito un numero. Uno di quei ragazzoni che Edoardo aveva sempre intorno, gli ha da­to un articolo che era piuttosto filo-cinese, e Edoardo l'ha stampato sul « Fischione » ma senza neanche legger­lo. Sai che lui è difficile che legga qualcosa, e poi era pro­prio il periodo che era successo il dramma della ragazza. La principessa Farina su quell'articolo s'è infuriata e ha soppresso i finanziamenti. Così addio « Fischione», Buo-nanotte. Edoardo non s'era mai sognato di essere filo-ci­nese, del resto lui di politica ne capisce poco. Però allora per ripicca è diventato subito filo-cinese, ha ritagliato da un giornale un ritratto di Mao e l'ha puntato a capo del suo letto. Povero Edoardo. Come è solo. Cosa sia suc­cesso con la ragazza, non so. La ragazza, di Edoardo non vuole sentirne parlare. Dice che è andata via da lui per­ché sennò di nuovo le tornava la voglia di suicidarsi. Co­sa vuoi, Edoardo è un sadico. Un sadico-masochista. Ba­sta vedere cos'ha fatto della sua vita. Era un uomo così intelligente. così vivo. così pieno di fascino. Tutti lo stavano a sentire. Si è preso Isabellita che è una cretina. Poi s'è innamorato della ragazza che è una lucertola. Ha preso la sua vita e l'ha fatta a pezzi. L'ha buttata via. Ne ha fatto strame. (Piange) Cosa? No, ma non sto mica piangendo. A me non me ne importa niente. Non mi ri­guarda. Forse Isabellita sarebbe ritornata da lui ma ora è lui che non la vuole più. Non vuole nemmeno la ragaz­za. Non vuole nessuno. Niente. Ora ti saluto, ciao Luisa.

(Piange. Si soffia il naso. Fa un altro numero) Pronto, Gildo? Ciao Gildo, Bisogna che vai da Edoardo a vedere se gli occorre qualcosa. Bisogna che gli porti un po' da mangiare. Non lo so se oggi ci vanno i ragazzotti, ma tan­to anche se ci vanno non gli portano mica da mangiare, non hanno una lira. Sì, lo so che anche tu non hai una li­ra, ma puoi sempre farti fare un prestito dai Conocchia. Cosa ci stanno a fare i Conocchia se non gli si chiedono soldi. Domani sono a Roma e da Edoardo ci vado io. La ragazza? La ragazza sta bene. Non so adesso dov'è, credo che Titina le abbia rifilato i bambini. Brava con i bambi­ni? Macché. Detesta i bambini. Dovrebbe guardarli, ma non so se li guarda per davvero. Legge Freud seduta sul­l'altalena mentre loro giocano. Gildo, lo sai che è ritor­nata Luisa? Chi è? Come chi è? È quella mia amica che ti affittava la stanza. Affittava per modo di dire perché tu non le hai mai pagato un soldo. Hai portato a dormire lì le tue zie, le tue cugine, le tue nonne, senza mai darti pena di pagare un soldo per l'affitto. Mi hai fatto fare una figura orrenda con lei. Sì, orrenda. Non ne parliamo. Dovresti almeno portarle un mazzo di rose. Non hai sol­di? Lo so che non hai soldi. Però le rose le potresti co­gliere nel giardino di Enrico. Va bene, domani quando vengo ti porto queste rose di Enrico e tu le metti in una bella carta velina e gliele porti a Luisa. Ti devo portare anche la carta velina? Si compra dal cartolaio per dieci lire. Sei noioso Gildo. (Riattacca il telefono).

Entra Titina.

titina Non fai che telefonare. Per questo noi di telefono paghiamo delle cifre spaventose.

sofia    Il telefono è il mio solo conforto.

titina Beata te che hai questo conforto. Io non ne ho nessuno.

SOFIA Tu hai un marito e dei bambini. Dunque non hai bisogno di conforto. Hai l'essenziale.

titina    Sono stanca. Pesa tutto su di me.

sofia    L'essenziale è sempre pesante.

titina Io ne farei a meno dell'essenziale. Sono stanca. Sono esaurita. La sera, casco sul letto come se fossi mor­ta. Tutto il giorno sgobbo come un cavallo.

sofia    Non parliamo di cavalli.

titina    Quando era viva la mia povera mamma, pensavo sempre che potevo andare a riposarmi da lei. A casa mia. Al mio paese. Nella mia stanzetta. C'erano dei gerani sul­la finestra. Che pace. Adesso la casa della mamma è ven­duta e io non ho più casa. Questa dovrebbe essere la mia casa. Però qui io non ho mai un minuto di pace, È tutto così pesante qui. Tu scrivi a macchina e telefoni, telefoni e scrivi a macchina, Nino va e viene con i suoi stivali in­fangati sempre perso dietro alle cose sue, i suoi dischi, e poi la ragazza, e il veterinario, e i cavalli. Sono io che porto il peso di tutta la casa e a me nessuno mi rivolge mai la parola. Non si ricorda nemmeno che esisto, Nino. Non mi vede nemmeno più.

sofia    Sei gelosa della ragazza?

titina No. Non sono gelosa. Non ho tempo d'esser gelo­sa. Però sono stufa d'averla qui. Non so perché dobbia­mo mantenere una ragazza che per noi non è niente, non rappresenta niente. Una volta, c'erano le famiglie.

sofia    Come le famiglie?

titina Sì, le famiglie. Ogni famiglia era una specie di gu­scio chiuso. Adesso non ci sono più le famiglie, chi va, chi viene, le porte sono sempre aperte a tutti, bisogna occuparsi del primo venuto come se fosse un tuo stretto parente, gli estranei vengono in casa tua e fanno il nido. Mi sai dire perché questa ragazza sta qui? Nino dice che non è proprio il caso di dirle di andarsene; sennò se la mettiamo per strada magari cerca un'altra volta di suici­darsi. Un bel regalo ci ha fatto, il tuo amico Edoardo.

sofia    Povero Edoardo.

titina Non solo ti sfrutta, perché ti fa tradurre quei ro­manzi che poi non ti paga. Dobbiamo anche tenerci in casa la sua stupida amante. La segretaria. Che bella se­gretaria. Non sa nemmeno scrivere a macchina. Non sa nemmeno fare un uovo al tegame. Vuoi che ti dica una cosa, Sofia? Non ce la toglieremo mai. Ci si è appiccicata addosso, È come una malattia. Come un cancro.

sofia Ma no. Se ne andrà. A un bel momento se ne an­drà.

titina Non se ne andrà mai. Se n'era andata, è tornata. L'avremo sempre.

sofia Ma in fondo che noia ci dà? Un poco aiuta in casa. Ieri ha lavato le scale.

tutina Sì, le ha lavate così bene che ho dovuto lavarle un'altra volta. Sta' zitta, Sofia. Neanche tu la vuoi que­sta ragazza. Ci ha dato abbastanza guai. Anche a te ti di­sturba d'averla qui. Perché è stata l'amante di Edoardo. Tu soffri a vedertela intorno, perché sempre pensi che lei è andata a letto con lui e tu no.

sofia Sai cosa me ne importa. A me con chi va a letto Edoardo non me ne importa niente. Non mi fa proprio né caldo né freddo.

titina    Tu sei innamorata di Edoardo, Sofia.

sofia    Non sono innamorata di nessuno.

Entra Enrico.

sofia    Ciao, Enrico.

titina Oh, Enrico. Volevo giusto te. Volevo sapere se al bambino gli posso aumentare la dose del Guigoz. Ora ne prende sette misurini e mezzo e tre parti d'acqua. Ha fi­nito dieci mesi ieri.

enrico    Ma non gli davi il Pelargon?

sofia    Ha cambiato. Adesso gli dà il Guigoz.

enrico    Ormai potresti dargli latte di mucca,

titina Latte di mucca? No, io del latte di mucca non mi fido.

enrico Perché mi chiedi dei consigli, se poi non intendi seguirli?

titina Non mi fa mai dormire quel bambino. Fra poco ci sarà il bambino nuovo e anche lui piangerà. Io non dor­mirò mai. Certe volte penso che non potrò dormire mai più.

sofia    Quello nuovo lo farai dormire con la segretaria.

titina    Perché non smettiamo di chiamarla la segretaria? Non è una segretaria. Non è nemmeno una serva. Non si riesce a capire perché sta qui.

enrico    Starà qui da voi ancora per poco.

titina    Ah, sì? e perché?

enrico Perché presto noi ci sposiamo. Ero appunto ve­nuto a dirvelo. Ci sposiamo in settembre.

sofia    Hai deciso di sposarla? Sposi il topo?

enrico    Sì. Sposo il topo.

titina Io sono stupefatta, Enrico. Non mi ero nemmeno accorta che le facevi il filo.

enrico Non le ho mai fatto il filo. Non uso fare il filo, co­me tu dici. Semplicemente, qualche tempo fa, ho comin­ciato a pensare che mi sarebbe piaciuto di poterla sposa­re. Gliel'ho detto, ieri che abbiamo fatto una passeggia­ta. Mi ha detto di sì.

titina Lo credo. Ci mancava ancora che ti dicesse di no. Sposarsi con te, un medico benestante, proprietario di terre. Lei, una lucertola senza casa. Senza neanche una sottoveste. Come sei ingenuo, Enrico. Ingenuo, e all'an­tica. Le vai a fare una domanda di matrimonio. Queste cose che nessuno fa più.

Entra Nino.

nino Ho bisogno d'un cacciavite. S'è guastato l'interrut­tore della pompa elettrica. Non c'è acqua per i cavalli.

titina Lui non ha cuore che per i cavalli. Noi qui dentro possiamo morire di sete, non si scompone. Lui si muove solo per i cavalli.

sofia    Enrico sposerà il topo.

nino    Che topo?

sofia    Silvana, La ragazza. La nostra segretaria.

nino    Lo so. Me l'ha detto. Forse non è una cattiva idea.

titina È un'idea pessima. C'era qui una persona equili­brata, con la testa sulle spalle, era Enrico, Mi dava con­forto. Adesso ha perso la tramontana anche lui. Sposar­si con quella piccola sventurata. Stiamo freschi. Salute al re. Io ringrazio Dio perché almeno ce la togliamo dai piedi. Però mi dispiace per te, Enrico. E per tua madre. Cosa dirà tua madre?

Enrico    Non so. Non gliel'ho ancora detto.

nino Enrico dev'essersi innamorato di lei quando l'ha ac­compagnata all'ospedale. Lui usa innamorarsi delle ma­late. Ma io sono contento che tu la sposi, Enrico. È una buona ragazza. È una ragazza che ha bisogno d'affetto. Un affetto semplice, tranquillo, sicuro. I sentimenti di Edoardo erano troppo complicati per lei. È soltanto una ragazzina. Una povera lucertolina inseguita, un povero topo. Ha bisogno di qualcuno che la protegga. E forse tu, Enrico, hai bisogno di proteggere qualcuno.

titina E io invece penso che peggio di così non potevi cascare, Enrico. Però non me ne importa niente. Sono fatti tuoi. A me basta che me la levate dai piedi. Non ve­do l'ora di essermela levata dai piedi, con la sua vespa, il suo zaino, la sua chitarra, E noi sempre qui con l'incubo che le venisse in testa di suicidarsi. Io sono diventata egoista, Enrico. Penso prima di tutto al mio vantaggio. Sono diventata egoista e cinica. Non lo ero. Da ragazza, ero una romantica, una sentimentale. Ma ora sono diven­tata così. Me ne infischio degli altri, Enrico. Sposati con chi vuoi.

nino Certo che si sposa con chi vuole. Ci mancherebbe al­tro che chiedesse il permesso a te per sposare qualcuno.

sofia E Silvana? è contenta di sposarti? Ha già dimenti­cato Edoardo?

titina Come sei ingenua, Sofia. Non ha dimenticato Edoardo semplicemente perché Edoardo non è mai esi­stito per lei. Sono queste ragazzette di oggi, strampalate, assurde, senza cuore, senza sentimenti, senza memoria. Piccoli topi. Dove si trovano, fanno il nido. Mangiano quelle briciole che trovano. Dimenticato Edoardo! Mi fai ridere. Ragioni come se quella fosse una della tua spe­cie. Sei tu che devi dimenticare Edoardo, e non lei. Sicu­ro, tu, Sofìa. Sei innamorata di Edoardo. Lo sanno tutti.

sofia Se fossi innamorata di Edoardo, andrei a stare con lui, adesso che è solo.

titina Già. Ma non ci vai, perché lui non ti vuole. Di te non vuole saperne. È chiaro.

nino Niente è chiaro, di quello che riguarda Edoardo. È così difficile capirlo, quell'uomo. L'unica cosa chiara è che adesso non ha più voglia di vivere.

enrico    Sì. Non ne ha più voglia.

nino    Allora ce l'hai questo cacciavite, Enrico?

enrico Io? perché dovrei andare in giro con un cacciavi­te? ce l'ho a casa.

nino Allora andiamo a prenderlo. Intanto ti farò vedere il cavallo. Ho un cavallo nuovo, bellissimo. Me l'hanno venduto i Conocchia. Glielo pago a rate. Però non gli so­no affezionato com'ero affezionato a quell'altro cavallo, che mi è morto, diversi mesi fa. Mi pare che è morto il giorno che è arrivata la segretaria. Quello era un cavallo speciale. Unico. Io gli volevo bene come a un padre,

enrico    O come a un figlio?

nino No. Come a un figlio no. Come a un padre. Dal mo­do come mi guardava, sentivo in lui una protezione pa­terna.

Entra Perfetta.

perfetta Hanno bisogno di qualcosa? Perché io ho pen­sato che me ne vado un poco in paese. Vado a vedere la televisione al bar.

nino Prima aiutami a portare nella stalla il divano. Io non ho dove sedermi, quando sto a sentir musica nella stalla. Ho messo lì il grammofono. È un cavallo che è matto per la musica. Se tu vedessi come ascolta, Enrico.

titina    Che divano? Mica quello del corridoio?

nino   Sì, quello.

titina No. Era della mia povera mamma. Non voglio che finisca nella stalla.

perfetta    Portare giù il divano? Non poteva dirmelo prima? C'è mia sorella che m'aspetta. E poi non devo fa­re sforzi. Ho fatto l'operazione dell'appendicite. Con niente, mi si infiamma la ferita. No, è meglio che lo por­tano giù loro il divano. Lei e il dottore. Sono uomini. Senta, signorina Sofia. M'impresta il suo cappuccio im­permeabile? Piove, e io non mi posso bagnare la testa. Mi fa male.

sofia    Prendilo.

perfetta    Grazie. (Via).

nino    Guai a te se tocchi quel divano.

nino Dopo ne discutiamo. Vieni, Enrico. Sai, non so co­me faremo senza Silvana, la nostra segretaria. Faceva tante cose. Lavava la stalla. Puliva la gabbia dei conigli. Guardava i bambini. Una persona preziosa.

titina Preziosa. Davvero preziosa. Non sa nemmeno at­taccare un bottone. Povero Enrico. Non potevi scegliere peggio. Ma non importa. Io basta che me la tolgo dai piedi.

Enrico Nino e Titina via. Entra Silvana.

silvana    Ho aiutato Perfetta a sbucciare le patate. Mi so­no tagliata un dito. Hai un cerotto, Sofia?

sofia    No. Forse ce l'ha Enrico.

silvana    Me lo farò dare da Enrico.

sofia    Così ti sposi.

silvana    Sì. Mi sposo.

sofia    Sei contenta?

silvana    Né contenta né scontenta. Non so.

silvana    Vuoi bene a Enrico?

silvana Non so. Mi pare che è una persona molto ragio­nevole e giudiziosa. Se lui vuole sposarmi, forse vuol di­re che va bene così.

sofia    E Edoardo? Non sei più innamorata di lui?

silvana Mi tormentava. Mi faceva star male. Mi faceva venir voglia di morire.

sofia    Perché?

silvana Io non so perché. Parlava e parlava e non capi­vo più niente. Mi veniva l'angoscia. Oppure stava muto e non riuscivo a tirargli fuori una sillaba. Era un buio. Un incubo. Un'angoscia. Io morivo. Io volevo morire. Vorrei provare a stare con un uomo giudizioso, tranquil­lo. Vorrei vedere se mi riesce di non pensare sempre a morire.

sofia E Edoardo? hai pensato mai che forse lui ha sof­ferto, quando l'hai lasciato?

silvana Siamo stati insieme per quelle due settimane. Lui era sempre sdraiato su quel suo lettone, con il piumino. Un piumino color albicocca. Una mattina viene Isabellita a ripigliarsi il piumino. Glielo strappa di dosso e lo caccia dentro una borsa. Mi guarda. Io la guardo. Mi tira uno schiaffo. Io sono abituata agli schiaffi. Me ne da­va sempre tanti mia madre. Mi metto a ridere. Edoardo si mette a ridere anche lui. Era ubriaco. Ero ubriaca anch'io, perché quando beveva mi faceva bere anche a me. Isabellita se ne va col piumino. Noi di nuovo giù a ride­re. I momenti belli con Edoardo erano le risate che face­vamo ogni tanto. Però quella è stata l'ultima risata che abbiamo fatto. Quella mattina, quando abbiamo smesso di ridere, lui è diventato muto, e io lo guardavo e aveva un viso grigio, scavato, faceva una bocca amara. E a me è venuta una tremenda disperazione. Lui era là sul letto, senza più il piumino, coi piedi nei calzini di lana tutti pieni di buchi. Gli ho detto: « Gli volevi bene, a Isabellita? » Ha detto: « Sì, gli volevo bene. Era mia moglie». Gli ho detto: «E io? » «Tu cosa? » «Io cosa sono? » Lui si è girato, ha allungato la mano, quella sua mano lunga, magra, sempre sudicia, e mi ha tirato un po' i ca­pelli. Poi sono passati degli altri giorni, e lui sempre si­lenzioso. E un giorno m'ha detto che dovevo andarmene perché voleva restare un po' solo. Gli ho detto: « Vuoi che chiami Isabellita? » Ha detto «No». Voleva stare solo. Non con Isabellita e non con me. Solo. Mi ha det­to: « Lo sai cosa sei stata tu per me? Un modo per liberarmi di Isabellita. Nient'altro. Volevo che se ne andas­se e mi sono servito di te. Inconsciamente, sai. Incon­sciamente. Però era questo che volevo, nel mio incon­scio. Essere solo ». Gli ho detto: « Sai che io per delle parole così, posso anche ammazzarmi? » E lui ha detto: « Il male è che non me ne importa più niente. Chi si am­mazza, chi non si ammazza, non mi fa né caldo né fred­do. Sono lontanissimo da te, lontanissimo, ho superato la barriera del suono. Vattene via ragazzina, stupida ra­gazzina, lasciami solo. Sono morto ». Allora ho preso la mia chitarra, il mio zaino, la giacca a vento. Ho detto: « Ciao ». Lui aveva voltato la testa contro la parete. Mi ha risposto « Ciao ». Sono uscita. Ho telefonato alla si­gnora Coltellacci. Non c'era. Ho telefonato a Enrico. È venuto. Siamo andati a prendere la mia vespa, che avevo lasciato nel garage della signora Coltellacci. Sono ritor­nata qua.

sofia    E hai deciso di sposare Enrico.

silvana Sì. Perché non so cos'altro fare. Non so dove an­dare.

sofia Io sono contenta. Così rimarrai vicina. Ho preso a volerti bene.

silvana    Forse starò bene con Enrico.

sofia    Vuoi avere dei bambini?

silvana No. Lo sai che detesto i bambini. E tu? Vuoi avere dei bambini, tu, Sofia?

sofia    Con chi?

silvana    Non so.

sofia Non saprei con chi averli questi bambini. Mio ma­rito s'è perso nella notte dei tempi.

silvana    È vero che sei innamorata di Edoardo, Sofia?

sofia    Chi te l'ha detto?

silvana    Me l'ha detto Enrico.

sofia È vero. Ma tanto lui non mi vuole. Era forse l'uni­co uomo che andava bene per me, e io l'unica donna che andava bene per lui, ma non l'ha capito... non mi ha vo­luta. così, niente.

silvana La vita è una cosa tanto brutta. Miserabile. Su­dicia. Viene proprio voglia di morire.

Entrano Enrico, Titina, Nino.

titina Più presto ti sposi e meglio è, Enrico. Ti confesso che lo dico nel mio interesse. Non vedo l'ora che mi por­ti via questa ragazza di qua. Non l'ho mai potuta soffrire. Soltanto, mi dispiace che forse dopo non ci frequentere­mo più. Siccome sposi una donna che non mi è simpati­ca, non ti farò più venire molto spesso in casa. Ti chia­merò soltanto quando avrò bisogno di te.

nino Tu hai bisogno di Enrico sette volte al giorno. Ogni volta che un bambino sbatte le ciglia, o sbadiglia, o si stropiccia un orecchio, tu mandi subito a chiamare Enrico.

titina Sì. Ho una natura molto apprensiva. Però d'ora innanzi, Enrico lo userò soltanto come medico. Come amico, forse non più, perché sposa una donna che non mi piace.

enrico    Forse imparerai a conoscerla e le vorrai bene.

titina La conosco anche troppo. Ce l'ho in casa da tanto tempo. Le ho sempre detto con tutta franchezza che non mi andava. È rimasta lo stesso. Non ha orgoglio. Sono queste ragazzette moderne, senza orgoglio, senza digni­tà. Ragazzette che non arrossiscono mai. La gioventù, oggi, può ricevere tutte le umiliazioni di questo mondo, senza né impallidire né arrossire. Eccola li. Mi guarda. Ridacchia. Posso dirle in faccia tutto quello che mi pare. Non è buona di far niente. Non si rifà il letto. Lo tira su senza mai rifarlo. Non si lava i capelli. Questa è la mo­glie che ti prendi, Enrico.

enrico    Cambierà.

titina No. Ti sbagli. Non cambierà. Anzi diventerà sem­pre peggio. Voglio vedere la faccia che farà tua madre, quando se la vedrà arrivare in casa.

enrico    Mia madre desidera molto che io mi sposi.

titina Sono andata a prendere il tè con tua madre qual­che giorno fa. Mi ha detto « Quella matta con quella chi­tarra, cosa ci fa ancora in casa vostra? Non vi ha già com­binato abbastanza guai? » Se avesse potuto immaginare, povera donna, che la chitarra stava per diventare sua nuora.

Suona il telefono.

sofia Pronto? Isabellita? ciao. Cosa vuoi? Nino? Si, è qui. Cosa ti è successo, Isabellita? Edoardo? cosa è suc­cesso a Edoardo? Parla, cretina. Cosa?

Nino prende il ricevitore.

nino Pronto? sì? cosa? Oh! Sì, subito. Vengo. (Riat­tacca).

enrico    Edoardo sta male?

nino    Si è sparato.

enrico    E morto?

nino    Sì.

sofia    Morto! Edoardo è morto?

silvana    È morto? si è ammazzato?

titina Si è ammazzato, sì. Si è sparato. Hai capito? Per colpa tua. Perché hai fatto un po' l'amore con lui e poi ti sei stancata e l'hai piantato. Le persone come te, non si ammazzano, fanno soltanto finta di ammazzarsi, per at­tirar l'attenzione, per essere sul centro della scena. Ma ci sono le persone vere, che si ammazzano e muoiono dav­vero. Povero Edoardo.

nino Vieni, Enrico. Andiamo a Roma subito. Povera Isa­bellita.

Enrico e Nino via.

titina Povera Isabellita un corno. Anche lei non doveva lasciarlo. Per due corna. Io Nino non lo lascerei per due corna. Gli resterei vicino. Il matrimonio è una cosa se­ria. Oggi è venuto l'uso di buttarlo via dalla finestra. E anche la vita, non si butta via. Non si deve buttarla via come un secchio d'acqua, la vita. Piangi, Sofia? Stai piangendo? Hai ragione di piangere. Era il tuo amore. Invece guardala qui questa ragazza. Lei non piange. Non ha nemmeno una lagrima. Prende, piglia, va, ritorna, si prende un uomo, se ne prende un altro, butta via quello, butta via quell'altro. Senza una lagrima, senza un brivi­do, senza un soprassalto. Così,

silvana Mi lasci in pace. Per piacere, per piacere, mi la­sci in pace.

titina Mi lasci in pace! Troppo comodo. Vivi in casa mia da tanti mesi. Mangi, bevi, dormi in casa mia. Almeno avrò il diritto di dirti cosa penso di te. Penso che sei una piccola puttana. Una vipera, col veleno nei denti. Io, quando te ne sarai andata di qui, tirerò il fiato. Ogni mattina mi svegliavo e dicevo a Nino: «Quando se ne andrà? » Lui diceva: «Pazienza. Se ne andrà, quando avrà trovato una sistemazione». Ma io avevo paura. Per me, per Nino, per i bambini. Io ho paura delle vipere. Ho paura dei topi.

Entra Enrico.

enrico    La mia macchina non parte. E anche quella di Nino è in riparazione. Sofia, dammi le chiavi della tua sei­cento.

titina    La sua seicento si ferma ogni dieci metri.

sofia No. Non più. L'ho fatta aggiustare. Vengo anch'io con voi, Enrico.

enrico    No, Sofia. Forse è meglio se non vieni.

Entra Perfetta.

perfetta    Il bambino s'è svegliato e grida.

titina    Tiralo su.

perfetta    No. Io non posso badare anche al bambino. Devo far da mangiare. Non ho mica venti braccia.

titina    Enrico!

enrico     Eh?

titina Non mi sento molto bene, Enrico. Sono vicina al mio tempo. Ho sentito un dolore. Come faccio se mi ven­gono i dolori, stanotte? Qualcuno è meglio che riman­ga qui. O tu, o Nino. Per accompagnarmi in clinica, se ho i dolori.

enrico    C'è Sofia. Ti porta Sofia in clinica, nel caso.

titina No, Sofia non vedi in che stato è? E poi come mi porta in clinica, a piedi? Cosa avete da fare tutt'e due in città? Tanto ormai Edoardo è morto. Per lui non c'è più niente da fare. Bisogna pensare ai vivi, non ai morti. Io non voglio restare qui sola in casa, stanotte.

Entra Nino.

nino    Andiamo, Enrico?

Enrico    Tua moglie ha paura a restare qui sola stanotte.

titina    Senza un uomo. Senza una macchina. Ho paura. Sono vicina al mio tempo. Non ti ricordi che sono vicina al mio tempo? Mi lasci così?

silvana    C'è la mia vespa. Se stanotte si sente male.

itina    Sì, vado in clinica sulla tua vespa? coi dolori?

perfetta    La pancia è ancora su. Non è ancora venuta giù. Non lo fa stanotte, il bambino. Ci vorrà un mese. Quando cambia la luna. Quando cambia la luna, lei lo fa. Sente quell'altro che grida? Vadano a preparargli la bottiglia.

titina    Mi sento male. Va' a preparare la bottiglia per il bambino, ragazza. Fa' qualcosa. Cerca di renderti utile. Otto misurini di Pelargon. Tre parti d'acqua.

silvana    Non gli dava il Guigoz?

titina    Ho cambiato. Adesso gli do il Pelargon.

nino    Queste chiavi? le chiavi della seicento?

sofia Le avevo nelle tasche dei calzoni. Dove sono i miei calzoni?

perfetta I suoi calzoni? devono essere rimasti nella stalla. Se li è messi il signor Nino ieri, perché i suoi era­no pieni di fango.

Perfetta, Titina, Silvana, Nino via.

sofia Povero Edoardo, Enrico! Povero Edoardo! (Pian­ge) Ero tanto innamorata di lui. Ma non gliel'ho mai det­to. Ero sicura che non mi voleva. Forse non mi voleva ma chissà se non l'avrebbe aiutato sapere che lo amavo così? E adesso come farò a vivere io? Per che cosa vi­vrò? Io me ne stavo qui, nella mia stanza, a tradurre per lui quei romanzi idioti. Era la sola cosa che potevo fare per lui. Ero felice, perché sapevo che lui esisteva. Ubria­co, sporco, pieno di debiti, senza più niente, senza più nemmeno una moglie, ma esisteva. Tante volte mi la­mentavo, ma ero felice. Adesso che senso c'è? Cosa fa­rò? cosa devo fare? Io non voglio più stare qui. Non c'è senso. Dove vado, Enrico? Rispondimi. Io ti parlo e tu non mi rispondi. Parlare con te è come parlare col muro.

Entra Nino.

nino A Titina pare che le siano davvero venuti i dolori. Io la porto in clinica con la seicento. Vieni, Enrico. Pas­sando, ti lascio da Isabellita. Qualcuno ci deve pure an­dare da Isabellita, povera donna.

sofia    Sì. Vai, Enrico.

Enrico e Nino via. Entra Silvana.

silvana    Posso dormire qui, Sofia? Ho paura a dormire

sola, stanotte.

sofia    Qui? in questa stanza? Ma non c'è un altro letto, qui.

silvana Non ho bisogno del letto. Ho il mio sacco a pe­lo. Mi stendo in terra, dentro il sacco a pelo. Anche dal­la signora Coltellacci, dormivo così.

sofia    Va bene. Va' a prendere il tuo sacco a pelo.

silvana    Grazie. Vuoi che ti faccia una tazza di tè?

sofia    No. Grazie.

silvana Il tè lo so fare. Lo facevo anche per mia madre. Io ho paura, Sofia. Ho una paura terribile. Se chiudo gli occhi, mi vedo davanti Edoardo.

sofia E tu non chiudere gli occhi. Io non ho bisogno di chiudere gli occhi per vederlo. Non ho altro che lui, ne­gli occhi. Sono tanti anni che ce l'ho dentro gli occhi.

silvana Sofia, io non credo che sposerò Enrico, Che sen­so c'è? Ho paura che se mi sposo, se faccio bambini, poi faccio la fine di mia madre. Con una nevrosi. (Pausa). Io domani mattina me ne vado. Ho pensato che me ne vado.

sofia  Te ne vai? dove vai?

silvana    Perché non mi va più di stare qui.

sofia Mi dispiace che te ne vai. Mi dispiace in un modo terribile.

silvana Domani, sarò sulla mia vespa, con davanti la strada. Non penserò a niente. Mi dimenticherò di Edoardo. Mi dimenticherò anche di te, e di tutti voi. Mi vuoi bene, Sofia? Io sì. Ti voglio molto bene. Sei l'unica per­sona qui che mi è cara. Qui? In tutto il mondo. Ma vedi, non mi piace voler bene alla gente. Trovo che fa male al cuore.

sofia Va' a prendere il sacco a pelo. Va' a fare il tè. Por­tami il tè, e poi mettiti qui nel sacco a pelo, ma zitta, per­ché non ho voglia di sentirti parlare.

silvana    Sì. (Via).

Sofia fa un numero.

sofia Pronto, Luisa? Luisa, Edoardo è morto. Si è spa­rato. È morto. Luisa? Sì, doveva succedere. Però siamo tutti dei cani. L'abbiamo lasciato morire lì solo. Siamo tutti dei cani, io, Nino, Enrico, Isabellita, Gildo. Dei ca­ni. La ragazza? la ragazza non c'entra. Lei non è un cane perché è solo un topo. Sì, è qui. È andata a prendere un sacco a pelo. Domani non vengo a Roma, Luisa, non ver­rò più a Roma, venivo per Edoardo, per vedere Edoardo, non per altro. I funerali? Non lo so. Cosa me ne importa dei funerali. La gente butta via la vita come se fosse un secchio d'acqua sporca. Mica solo Edoardo. Tutti, Luisa. Come se fosse un secchio d'acqua sporca. Siamo dei cani con la vita. La vita è cagna con noi e noi siamo dei cani con la vita. Mi sai dire perché, Luisa? Rispondimi. Ac­cidenti, rispondimi. Parlare con te è come parlare col muro.

Aprile 1967