La sentinella morta

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LA SENTINELLA MORTA

Commedia in tre atti

di LUCIO D’AMBRA

PERSONAGGI

GAMBARA, non parla

TRARU'

CISTERNA

MARIOLINA

GIANNETTO

NINETTA

ROSARIA, non park

Una cameriera

Un domestico

Un servo, non parla

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

La grande sala a terreno d'una villa, tra rustica ed ele­gante. A sinistra è un grande caminetto antico, acceso. A destra è una scrivania con una biblioteca e poltrone e divani di pelle che fanno un angolo di lavoro. Al centro una tavoDa da giuoco, ora coperta di giocattoli. Fuori, nel giardino, è il crepu­scolo. Nella sala è la penombra. Sola luce, nella penombra, quella del caminetto in cui la legna fiammeggia. Accanto al ca­mino due grandi poltrone antiche dalle alte spalliere.

In una di queste poltrone è seduta Anna. Un bambino, Giannetto, è ai suoi piedi, seduto su uno sgabello. Sulle ginoc­chia della madre è interamente seduta, sorretta da un braccio di lei, la sorellina minore, Ninetta, che non parla. La madre, con la mano libera, volge l'ultima pagina d'un grande libro illu­strato, un libro di favole.

SCENA PRIMA

Anna, Giannetto, Ninetta, poi Luca Novate

Anna                             - (leggendo) E così, per opera della buona fata, la bella principessa e il nobile reuccio poterono sposarsi ed essere finalmente felici. È stretta la fogna, larga è la via, dite la vostra che ho detto la mia.....

Giannetto                      - Uh! Come finisce presto, mammina! (ferman­do la mano della mamma che era in atto di chiudere il libro). Un'altra, mamma, tu che sei tanto buona....

Anna                             - Buona sì, ma leggo da due ore e non ho più voce. E tu mi pesi, Ninetta, sulle ginocchia...

Giannetto                      - Mammina, un'altra sola...

Anna                             - No... Delle altre figure... E leggeremo domani...

Giannetto                      - Ma allora tante... tante figure... Fin quando arriverà papa. Vero, mamma?

Anna                             - Sì, va bene. Fin quando arriverà il papà.

(Dalla vetrata di fondo entra, piano, inavvertito, Luca Novale. È vestito modestamente, con un collo basso, una cravatta Lavallière, un cappello nero a larghe falde. Ha sulle spalle un gran mantello nero che, entrando, non abbandona. Anna e i bambini non l'hanno visto entrare. Anna mostra le figure ai bambini).

Giannetto                      - E questo, mamma, chi è?

Anna                             - È il mago, che fa i prodigi.

Giannetto                      - E questa, così bella?

Anna                             - È la fata più buona fra tutte le fate, quella che fa tanto contenti i bambini buoni.

Giannetto                      - E questo, mamma? Com'è brutto!

Anna                             - Questo è l'orco, che fa paura ai bambini cattivi.

Giannetto                      - Ho paura...

Anna                             - Tu non devi aver paura. Tu non sei cattivo.

Giannetto                      - E che ne sai tu? Io sono cattivo quando tu non mi vedi...

Anna                             - Ma bravo. Ma benissimo... (Intanto Luca Novate è venuto avanti, piano. È ora fermo dietro la poltrona di Anna, presso la grossa lampada a paralume rosso che è sulla tavola vicina a quella della poltrona. Il suo volto è nella penombra. Nessuno ancora s'è accorto di lui).

Giannetto                      - E questo, mamma?

Anna                             - Non ci si vede più... (Subito la mano di Luca Novate ha girato la chiavetta del lume e ora il suo volto è illuminato in pieno dal riflesso rosso del grande para­lume che è poco al disotto del suo mento. Anna ed i bimbi, alla luce improvvisa, si sono volti e lo hanno veduto).

Giannetto                      - Oh, lo zio...

Anna                             - Tu, Luca?... Entri sempre cosi piano, in punta di piedi... Ci si accorge sempre che tu ci sei quando non si può più venirti incontro...

Luca                              - Perché far rumore?... Occupo cosi poco posto io... E non valgo davvero la pena d'essere annunziato a suon di fanfare.

Anna                             - E Ines?

Luca                              - (dopo una breve esitazione) Bene.

Giannetto                      - Che fa, zio, Mariolina?

Anna                             - Perché non l'hai fatta venire con te?

Luca                              - È ancora a scuola.

Anna                             - Che ore sono?

Luca                              - Le cinque.

Anna                             - Appena? È già autunno inoltrato. La notte presto... E rimane a scuola fino a quest'ora?...

Luca                              - Oh, molto più tardi. Fino alle sette. Ines ha voluto così. A semiconvitto. Dice che a casa si distrae, non stu­dia. Torna a casa, così, coi compiti già fatti per l'indo­mani.

Anna                             - Ti mancherà.

Luca                              - Oh, molto. Era sempre con me. E non ho che lei...

(Una pausa. I bimbi aspettano).

Giannetto                      - (scuotendo il braccio alla mamma) Mammina, andiamo avanti...

Anna                             - Basta adesso... Lasciamo andare... Adesso c'è lo zio.

Luca                              - No, Anna, ti prego. Io mi metterò qui.., aspettando Marco... (ha girato attorno alla tavola ed è venuto a sedere nell'altra poltrona, accanto al caminetto). Non tarderà molto, che tu sappia?

Anna                             - Questa è la sua ora, quando non ha cause impor­tanti. Lo aspetto da un momento all'altro.

Luca                              - (guardando l'orologio) Ho ancora un'ora e mezzo.

Anna                             - Devi parlargli? (e a un cenno affermativo di Luca) Che c'è? Hai l'aria oscura, sconvolta...

Luca                              - Io? Ti sbagli... Non ho nulla…. È l'ora. Crepusco­lo. Lo sai. Melanconia,

Giannetto                      - (scuotendo il braccio alla mamma rimasta pensierosa) Mamma...

Luca                              - Ma tu va avanti, ti prego... Non ti dar pensiero di me... Io, se tu permetti... fumo (Riaccende la sua pipetta. E poi, gettando il fiammifero sul fuoco 🙂 E aspetto Marco.

Anna                             - (sfogliando le pagine) Questo è il reuccio che va alla guerra... Questo è il re dei giganti che fa un sol boccone d'un intero vitello... Questo è il principe dei nani che per mangiare una noce ci mette un giorno intero...

Giannetto                      - Bello!

(Un silenzio. E, nel silenzio, il crepitio del fuoco, il volgere d'una pagina e un profondo sospiro dì Luca. Anna leva il volto e guarda il cognato).

Giannetto                      - E poi?

Anna                             - No. Ora basta davvero... Andate lì, buoni senza far rumore, a giocare coi vostri giocattoli. (S'è levata, e, dopo aver accompagnati i ragazzi al tavolino dei gio­cattoli, è ritornata presso il cognato che è immobile, fu­mando. S'è seduta su la poltrona accanto a lui, protesa in avanti, in atto di prendergli la mano che trema). Che hai? Hai lo sguardo assorto... Ti treman le mani... Che hai? Dimmi.

Luca                              - Nulla, Anna. Te lo assicuro.

Anna                             - Tu mi nascondi la verità... Ines?... Un'altra contesa con Ines?

Luca                              - Ines... No. Ines non c'entra.

Anna                             - Sì... proprio Ines c'entra invece... E perché non vuoi dirmi? Un tempo ero la tua amica... Chiedevi il mio consiglio, il mio aiuto... Quando, dopo sette anni di relazione, Mariolina fattasi grande, hai voluto sposare Ines, hai chiesto a me di dire a tuo. fratello ciò che non osavi dirgli tu... Ed io ho potuto ottenere per te... non il suo consenso, che era impossibile... ma la sua neutralità che ti ha permesso almeno di non discutere, di non dover lottare con lui...

Luca                              - E te ne sono grato, Anna.

Anna                             - Ma ora non sei più lo stesso con me. Ora c'è sempre sul tuo volto un'ombra e tu non vuoi dirmi che cosa è che ti addolora. Oggi hai più abbandono con .tuo fratello che con me. Non hai più fiducia? Non credi più che io ti possa capire, che io ti sia sinceramente e interamente amica?

Luca                              - (stringendole la mano) Oh, Anna...

Anna                             - Per tutta l'estate ci siamo veduti poco, ci hai tra­scurati... Ah, le nostre belle chiacchierate d'una volta, le nostre belle passeggiate... E dire che tu quest'anno ci hai fatto affittare questa villa per tutta l'estate e per tutto l'autunno, vicino alla tua casetta, in queste tue campagne, per essere vicini, per tenerci compagnia... E Marco che detesta la solitudine, che sbraita contro i miei gusti campestri, lo tengo ancora qui, a metà no­vembre, costringendolo a far due volte al giorno qua­ranta minuti di ferrovia per andare in città pei suoi affari... Mi dicesti: « Staremo insieme. Ci vedremo tutto il giorno. Faremo musica. Tenterò finalmente il tuo ritratto ». E invece nulla. Una visitina di tanto in tanto, quando c'è Marco, due parole in fretta e poi, via, dentro a confabulare con lui... Preferisci sfogarti con lui, ora­mai. È giusto, del resto.... Marco è un grand'uomo, è un avvocato, ed io non sono che una povera donna qua­lunque con un cervellino piccolo così... (fa il gesto con le dita).

Luca                              - (fermandole la mano e baciandogliela) Tu sei un'a­nima bella e un cuore infinitamente buono.

Anna                             - Buono sì... Ma buono a nulla.... Se tu taci e non te ne servi...

Luca                              - Me ne servirò, cara, sempre che avrò bisogno... Ma ora non c'è nulla... Parlo con Marco... di affari... Ho vendite da fare... lo sai... al nostro paese... Il disbosca­mento... Le foreste d'abete... Un grosso affare col Go­verno... E Marco ha tante influenze... pezzi grossi pron­ti, lì, come una tastiera... E poi, lo sai, ha occhio pronto, deciso, sicuro... (guarda l'orologio) Quasi le cinque e mezzo... Come ritarda stasera...

Anna                             - Avrà racimolato amici, come fa spesso... Se li trascina dietro per forza... I compagni di partita... Una partita prima di pranzo e una dopo pranzo... poi, a dor­mire... E se li riporta via, domattina... E, quando non ne trova subito disponibili sotto mano, prende l'ultimo treno, ma li scova... Li va a cercare a casa, li fa levar di tavola... sai com'è: non conosce ostacoli.... La sua volontà di ferro... È, anche con gli amici, un despota....

Luca                              - È stato sempre così, anche da ragazzo... Era il padrone del paese... Avevano un bel gridare, babbi e mamme... Mandava a casa i suoi compagni quando fa­ceva comodo a lui...

Anna                             - E vince sempre... Ha un'autorità che s'impone a tutti. Lo crederesti? io che ero ribelle, individualista, orgogliosa, subisco il suo volere anche quando non è giu­sto, sento la sua volontà come una forza di suggestione e di suggestione... Nature fortunate, ricche, felici... destinate a comandare, destinate a vincere...

Luca                              - E io. invece... Natura remissiva... destinata a ub­bidire... destinata a perdere...

Anna                             - Tu sei un poeta...

Luca                              - Che non fa versi... La mia poesia non ha nep­pure questa scusa... Quante volte Marco me lo grida sul viso, per condannarmi coi suoi impeti: « Poeta »! E io non mi offendo. Trovo che ha ragione. Anzi mi vien fatto di chiedergli perdono.

Anna                             - È un poeta anche Marco, a modo suo... Domanda­gli un po' chi è per lui il poeta più grande...

Luca                              - Lo so: Napoleone.

Anna                             - Pensare: fratelli, e così diversi...

Luca                              - Lui il babbo... Io la mamma...

Anna                             - E ti vuol bene. sai... Ma ti detesta... Il suo cuore ti ama. La sua ragione ti condanna. Ti vuol bene, ma vorrebbe renderti come lui...

Luca                              - E invece io lo invidio, io l'ammiro cosi com'è. È un forte, lui. Ed io sono un cencio... Glielo dicevo an­che ieri... E mi ha gridato: « Si può essere anche un cencio, ma nel vento, nel vuoto, aperto, vibrante, vincen­te: una bandiera, la bandiera della nostra vittoria ». (S'ode lontano una scampanellata al cancello della villa).

Anna                             - Eccolo!

 Giannetto e Ninetta .- Papà! (Anna, Giannetto e Ninet­ta sono in piedi e sono corsi alla vetrata di fondo. Luca s'è levato in piedi anche lui, rimanendo però fermo al suo posto. Anna è corsa ad accendere la luce centrale. Ora la sala è in piena luce. Poi, sulla porta, sollecitando una cameriera che passa nel giardino 🙂

Anna                             - Presto.... Presto... È il padrone

Giannetto e Ninetta      - Papà! Papà! (e fanno per uscire. Anna li ferma).

Anna                             - No, non fuori. Fa già freddo.

(Fuori è un vocio d'uomini che si avvicinano, che di­scendono, appaiono nel giardino ed entrano nella sala preceduti da Marco).

SCENA SECONDA

Gli stessi, Marco, Gorea, Ardenti, Trarù, Gambara Leoni, Cisterna

Marco                            - Avanti! Avanti! Eaccio io strada... Buona sera, cara... (e bacia Anna sulla fronte) Te ne porto stasera quasi mezza dozzina... E guarda chi c'è. Trarù retour d'Amerique, Trarù milionario... E poi, guarda, c'è anche di meglio come sorpresa... Cisterna risuscitato...

Anna                             - Oh, Cisterna... Lei!

Cisterna                         - Io, signora... Dato per morto. Più vivo di pri­ma... Ma pronto a morire di nuovo per i suoi fascini che sono così felice di vedere.

Anna                             - Sempre lo stesso.

Giannetta e Ninetta      - (alle gambe del papà) Papà, papà, papino!

Marco                            - Che vuoi tu, paste? Cioccolatini? Dolciumi di tutti i generi e di tutte le qualità?... Chiedere a Gorla... (e i bambini assaltano Gorla... e Marco viene avanti to­gliendo il soprabito, consegnandolo alla cameriera) Senti, Trarù, che pace quassù, venendo da quell'inferno di au­tomobili e di tranvai, di seccature e di seccatori?... E tu, Leoni, che adori la campagna, rimpiangi l'ora che hai dovuto passare in piedi nel vagone?... Avanti, presto,, ragazzi... Due minuti per levarsi la polvere e subito una partita prima di pranzo... (venendo avanti, ha visto Luca immobile) Oh... ciao, tu, malinconia...

Luca                              - Buona sera, Marco...

Marco                            - Ti facevo già partito... Ma volevo ben dire... Se lo avevi stabilito, dovevo esser ben certo di trovarti an­cora qui... Quando tu hai deciso, allora cominci a doman­darti che cosa devi fare... Poeta!

Luca                              - Parto adesso. Alle sei e trenta.

Marco                            - Oh, meno male... e con la speranza che non ci torni più sopra...

Luca                              - Ma devo.... prima.... parlare con te..,.

Marco                            - Con me?... Ma se abbiamo già detto tutto... C'è altro? Daccapo?... Non vuoi più vendere? T'è venuta la pietà sentimentale anche per quegli abeti che bisogna abbattere al suolo?... Bisognava pensarci prima. L'ispettore della Direzione generale delle foreste ti aspetta lì, da stasera....

Luca                              - No... Parto... Vendo.... Ma devo parlarti....

Marco                            - Adesso? ... Non vedi? Son carico di amici... Par­leremo al ritorno.... Stai via due giorni... E poi, con te c'è sempre tempo... Tu vivi nel mondo della luna e li non scadono cambiali... Allora, ciao, melanconia.... E buon viaggio... (gli stringe la mano e fa per ritirarla, ma Luca la trattiene).

Luca                              - No... Devo parlarti... Subito... Prima di partire...

Marco                            - Brr! Che aria grave! Terremoto; e poi, quando avrai parlato, chi sa che bolla di sapone! ... Bè, se si deve parlare, alla svelta... Gorla, accompagna gli amici a spol­verarsi e tu, Anna, ti prego, via il bambino.... Quando sono fra i piedi — adorabili, ma insopportabili — non si riesce mai a giocare in pace.

(Gorla è uscito accompagnando gli amici. Trarù è con Anna che esce con lui e con i bambini. Marco va davan­ti alla sua scrivania e, in piedi, comincia ad aprire le sue lettere. Luca è vicino a lui anch'esso in piedi. Marco gli fa cenno di sedere, mentre, con un tagliacarte, continua ad aprire la posta).

SCENA TERZA

Marco e Luca

Marco                            - Avanti, fa presto... e parla. (Luca non risponde. Marco leva gli occhi e lo guarda) Che c'è? Aspetti che io abbia finito?... Credi che io non possegga due orecchie per ascoltare, se ho due occhi per scorrere queste sec­cature? ... (Luca accende la lampada sulla scrivania. Poi va alla parete e spegne la luce centrale, facendo nella sala la penombra, rotta solamente dalla luce rosse dei due paralumi. Marco, vedendo spegnere la luce, si volge). Che hai? Ti da noia la luce? Sei come le vergini che vogliono parlare d'amore al buio?

Luca                              - Perdonami... ti devo dir cose che mi riempiono il viso di rossore...

Marco                            - Io trovo che nel pieno sole e nel buio si possono dire le medesime cose.... Comunque, se preferisci la mi­steriosa penombra sotto i paralumi di sangue, accomo­dati... Il colore da tragedia c'è. Avanti... Sono a tuttoc-recchi. Aspetto le tremende parole... Le orribili cata­strofi... (Marco s'è seduto, ha smesso di aprire la posta. Ora, aspettando dietro la scrivania, batte sulla palma il dove cominciare. Poi abbassa il volto e comincia per in­terrompersi subito).

Luca                              - Ines,..

Marco                            - Ines non è parola tremenda... Ines è un nome, il nome di una donna che è stata la tua rovina e che lo sarà anche peggio... Avanti dunque. Ines...

Luca                              - Ines... Da qualche settimana, nella casetta accanto alla nostra, un giovane che è li a pensione... studente d'agronomia....

Marco                            - Fa presto!

Luca                              - Da qualche settimana questo nostro vicino fa ad Ines una corte sfacciata.

Marco                            - Oh, gran Dio, respiro.... Credevo che tu li avessi almeno trovati tutti e due ne! tuo letto...

Luca                              - Non ridere, Marco ti prego... Io ho nel cuore la tortura della più atroce gelosia... Nulla di concreto ho potuto cogliere... ma non so dirti, c'è una voce oscura, misteriosa, che mi ammonisce, che mi avverte dentro, che mi dice...

Marco                            - (ridendo sarcastico). La lettera anonima morale!

Luca                              - Non so dirti... È una presenza morale, una specie E di presentimento derivato non da fatti precisi, da impressioni avvertite dalla mia coscienza, ma apparse, sentite, 1 registrate in fondo al mio essere, nel fondo più profondo che io non conosco e di dove queste impressioni inavvertite risalgono d'un colpo, non sai perché, per avvertire, per preavvertire.... E poi... come farti capire?...

Marco                            - Va là, capisco...

Luca                              - Anche qualche cosa di più determinato, di più preciso. Certe insolite eleganze di Ines, una sovrabbondanza di fiori che riempiono la casa, un andare e i venire più frequente, un gran chiacchierare con le persone di servizio negli angoli delle camere, in fondo ai corridoi... e poi, da alcuni giorni, come se qualche cosa si fosse elevato fra noi, una cosa che ci allontana, che al­lontana Ines da me, da Mariolina, dalla casa, dalle sue più inveterate abitudini, qualche cosa che non so spie­garti, ma che sento, che c'è.... Capisci?...

Marco                            - Va avanti. .

Luca                              - Avanti... E che altro posso dirti? ... Come posso spiegarti quello che non riesco a spiegare a me stesso, come posso farti afferrare l'inafferrabile, sentir chiaro quello che io sento confuso, veder quello che io appena appena intravedo? È una rete d'impressioni, di sospetti, di dubbi che a poco a poco, giorno per giorno, mi si è fatta sempre più attorno e oggi, giunto il momento di partire, mi ha portato qui da te, a dirti tutta la mia an­goscia, a mostrarti tutta la mia miseria.

Marco                            - (sempre giocando col tagliacarte) Avanti!

Luca                              - Mi era già parso iersera che Ines mi chiedesse con troppa insistenza se ero deciso, proprio deciso, a partire. So quello che un'altra volta, su un'impressione analoga, mi rispondesti tu: « è tanto abituata a vederti mutar di parere e a fare e disfare, che, prima di mettersi a fare le valigie, vuole almeno sapere se non sprecherà la fati­ca... » L'altra volta risi con te, ti diedi ragione. Ma que­sta volta... Lo sai. Io non ho nulla. Non ho talento. Mez­zo pittore, mezzo poeta, mezzo musicista e, somma tutto questo, non valgo un fico né a dipingere, né a scrivere, né a comporre. Non ho energia, non ho carattere. Sono un timido, un incerto, un debole. Ma appunto per questo, la mia sensibilità che non si raccoglie, la mia impressio­nabilità che non si ferma a qualche cosa di concreto, si diffondono, si allargano, prendono, invadono, fan doloro­so il mio essere, da per tutto, come un cuscinetto per gli spilli sul quale, per quanti spilli ci siano, tu puoi sempre piantar spilli nuovi.... E questa ma sensibilità malata ma acuta, inutile ma esatta, questa volta non ha l'aria d'in­gannarmi... Dieci volte mi son detto che non dovevo par­tire. Dieci volte, pensando a te, mi son risposto: « Bi­sogna partire ». E, al momento in cui con le mie valigie pronte mi avviavo, una voce, una voce misteriosa, ma che mi parve riconoscere essere quella dei miei terribili e precisi presentimenti, mi ha gridato in fondo all'ani­ma: « No, no... Rimani! ... »

Marco                            - (scattando e prendendo sulla scrivania un dispac­cio) Ma se la voce che è tanto misteriosa, ma che tu conosci cosi bene, ti diceva di rimanere, qualche cosa di meno misterioso ma di più vero, di meno poetico, certo, ma di più preciso, e questo dispaccio, doveva dirti che altra gente a quest'ora è già partita per aspettare te.... Ah, perdio, ma quando la finirai, quando diventerai fi­nalmente un uomo, quando ti risolverai a veder nel mon­do qualche cosa di definito, di reale, capisci, e non le tue ubbie... ubbie?....

Marco                            - (lanciando su la scrivania il tagliacarte) Sì, ubbie... La parola giusta è questa, anche se ti dispiace... E se la vuoi più nobile, scegli fra fantasie e nuvole, fra fan­tasia e immaginazione. Ecco. Qua perché una donna ha in casa qualche rosa più del solito, perché esce tre volte al giorno, invece di due, perché questa donna, prima di affaticarsi a far su bagagli inutilmente, chiede se la par­tenza è veramente decisa, tu hai subito, sul niente, sul vuoto, su la nebbia, costruito un dramma, un romanzo che non sta né in cielo né in terra, che non ha punto di partenza se non l'eccitazione della tua gelosia, il molino a vento della tua montatura. No, caro. Non così, se si è uomini, si va avanti nella vita. Tu ti sei sempre fermato, per la lunga via che dovevi percorrere, a guardare i fio­rellini sui margini, a cercare il cielo nei riflessi dei corsi d'acqua, a seguir qua e là l'andirivieni delle formiche per non pestarle.... E mentre tu, gingillando col tuo cuore inconcludente e con la tua fantasia svagata, perdevi il tempo a piagnucolare, gli altri, quelli che non si per­dono come te in scrupoli inutili, in ansie fuori di luogo, in un romanzetto pasticcio, ti passavano davanti, ti co­privano di polvere, toccavano la loro mèta e conclude­vano. No, non così, si va avanti. Destra e sinistra ai lati, per chi cammina, non contano. Conta solo la mèta, lag­giù, ferma, fissa, davanti a noi. Ci vogliono i paraocchi come ai cavalli per chi vuol raggiungere il palo d'arrivo là dove da sé se l'è piantato. Paraocchi per vedere solo la strada che si deve fare e non quella, indifferente e inutile, bella o brutta che sia, che noi lasciamo dietro le nostre spalle. Tu, invece, che fai? Guardi a destra, guardi a sinistra, guardi dietro di te, di tutto hai paura, di tutto fai dolore, e ti fermi ad ogni passo1, per un filo d'erba che nasce, per uno stormire di fronde, per un in­setto che i puoi schiacciare, per una cicala che canta. E sei lì, smarrito, senza deciderti, né ad andare avanti, né a tornare indietro, circondato da mille paurosi fanta­smi che ti soffocano e che solo la tua fantasia crea attor­no a te... (Una pausa. Poi guarda l'orologio) Hai mezz'ora. Lascia Ines in pace, e da retta a me. Parti.

Luca                              - (lo guarda, poi nasconde, rompendo iti pianto, il volto nel fazzoletto.) Non posso.

Marco                            - (balzando in piedi e scuotendolo per le spalle) Ma allora perché l'hai sposata, in nome di Dio, quella prostituta, quell'avanzo di dieci amori venduti, se non avevi neppure una cieca fiducia in lei, se non ti illudevi, neppure tu, che fosse mutata? ...

Luca                              - L'ho fatto per Marzolina.... Per darle una casa... e l'ho fatto perché Ines io l'amo....

Marco                            - L'ami e, in questa donna che tu hai innalzata, pu­rificata, ricreata sposandola, dopo una collage di otto an­ni, non hai fiducia neppure per i primi mesi, neppure quando costei, a meno di essere l'ultima sgualdrina della terra, deve avere per te il cuore pieno, se non altro, di riconoscenza...

Luca                              - Sì, sì, è vero... Ho sposato Ines, nonostante il suo passato, e l'ho amata, perché nel suo amore per me s'è ripresa, s'è trasformata, s'è rifatta. Ma questa è l'opera mia di ogni giorno. È una mia lenta fatica di suggestio­ne, di sorveglianza, d'esempio. Ho dovuto sempre allon­tanare da lei ogni pericolo, ogni tentazione, perché la sua vita d'un tempo non la riprendesse. Ho dovuto sal­varla contro sé stessa, ora per ora. Ma adesso un peri­colo: c'è quel ragazzo... e proprio adesso io devo allonta­narmi per qualche giorno, lasciarla, libera di se, ascoltare parole che possono perderla ancora e per sempre...

Marco........................... - Insomma, mio caro, alle corte... Tutto questo è balbettio di fanciulli, non è parlare da uomini.... Se tu hai creduto questa donna così rifatta da poterle dare il tuo nome, pensare quel che tu oggi pensi non è possibile. Sol perché t'allontani da lei per pochi giorni, è contraddi­zione bella e buona... Non così parlavi quando a mia mo­ glie intermediaria affettuosa fra me e te per questo tuo pazzo e sciagurato matrimonio        - dicevi e ripetevi ogni giorno: «Non bisogna ricordare il passato di Ines. Con otto anni di amore per me e di fedeltà assoluta, ella lo ha cancellato. Ora è tutta consacrata a me e alla sua piccina. Ora è un'altra donna. Ha una coscienza.. » Son tue pa­role queste, cento volte ripetute. E allora? Mentivi? E sposavi quella donna senza neppure credere che, se non era stato il suo passato, sarebbe stato l'avvenire non in­ degno di te? E se queste tue parole erano sincere

Luca                              - Erano sincere...

Marco                            - Peggio. Se le tue parole d'allora erano sincere, le tue parole d'oggi sono pazze... Né io., (si leva) vo­glio più ascoltarle.... Ho gente di là che mi aspetta. Ec­coti il cappello.... Eccoti il mantello.... E vattene. Devi volare per fare a tempo a prendere il treno. (Luca gira un momento il cappello nelle mani, combattuto, incerto ancora. Poi si getta piangendo nelle braccia del fratello).

Luca                              - Perdonami...

SCENA QUARTA

Marco, Luca, Anna

Anna                             - Marco, i tuoi amici ti aspettano... (Vede Luca tra le braccia del fratello) Che c'è?

Marco                            - Nulla... Il solito... Ombre create dalla sua fantasia. Lo conosci.. È l'abitatore di un mondo di fantasmi che da ogni parte lo assalgono e lo soffocano... (Luca s'è tirato su. Si asciuga gli occhi. Affettuosa, tenera, Anna è andata a prendergli una mano).

Anna                             - Luca...

Marco                            - D'accordo dunque?... Si parte... Parola di uomo questa volta. (E gli tende la mano. Luca esita ancora. Guarda Marco. Guarda Anna. Poi lentamente mette la sua mano nella mano di Marco).

Anna                             - Bravo Luca...

Marco                            - E pensa a vender bene i tuoi boschi.. Non ti met­tere a far cerimonie anche col Governo.. Bada, gl'ispettori forestali trattano affari, non sentimentali. E un abe­te è un fatto, non è uno scrupolo...

Luca                              - (sorridendo pallidamente) Lo so... Imparo, sai, a non essere poeta.

Marco                            - E quanto a Ines sta tranquillo.. Tu sai che non ho voluto mai fra tua moglie ed Anna... Ma, per una volta, col pretesto di vedere se la tua bambina ha biso­gno di nulla, manderò domani Anna a casa tua....

Luca............................. - (prendendo, felice, una mano di Anna) Anna

(Anna e Marco accompagnano Luca fino al fondo).

Anna                             - Rasserenato?...

Luca                              - (bacia la mano di Anna, stringe quella di Marco) Perdonami e arrivederci.... (Luca è uscito. Marco è risa­lito alla porla laterale per chiamare gli amici. Anna è rimasta su la porta sul giardino).

Anna                             - (parlando fuori) Luca!.. Di buon animo, veh!....

SCENA QUINTA

Marco, Anna, Gorla, Trarli, Leoni, Ardenti, Gambara, Cisterna

Marco........................... - Avanti... Manca appena un'ora per pranzare Anna, ti prego, le carte... (prepara il tavolino da giuoco e dispone le sedie e prende le carte dalle mani di Anna).

Cisterna                         - Io guardo., non tocco carte. È un giuramento.

Ardenti                         - Allora siamo cinque: io, Marco, Gambara, Ci­sterna e Leoni.

Leoni                             - No. Siamo sei... Dimentichi Gorla.

Gorla                             - Io, no. Non giuoco.

Marco                            - Gorla non giuoca. Tiene compagnia a mia moglie. (Intanto Anna è risalita ed è venuta a sedere accanto al fuoco. Ha preso il libro sul caminetto, e l'ha aperto per leggerlo. Gorla s'è soffermato a guardarla da lontano, accendendo una sigaretta. Poi le si avvicina. Le toglie il libro dì mano, per guardarne il titolo...)

Gorla                             - Pardon... Qual'è il libro che v'interessa tanto?.... (Gorla ha aperto il libro, s'è guardato attorno per osser­vare se nessuno lo vede. Poi, rapidamente, ha tratto di tasca una lettera, l'ha inserita nel libro e ha restituito il libro, chiuso, ad Anna).

Anna                             - Perché fate così? ... È folle. Ed è inutile.

Gorla                             - Certo è inutile. Ma il grido dell'anima mia è trop­po grande perché io possa tenermelo dentro a soffocarmi.

Anna                             - (a Gorla dopo una pausa) Datemi una sigaretta. (Ancora voci dì giuocatori. Ora Gorla offre ad Anna il fiammifero per accendere. Così le mani dei due sono vi­cine e Gorla ne approfitta per stringer nelle sue la mano di Anna).

Gorla ........................... - (piano all' orecchio di Anna) Vi amo... vi amo

Anna                             - Tacete... Ve ne prego... Non posso, non devo a-scoltarvi... (e lotta per liberare la sua mano. Finalmente ci riesce. Gorla va a sedere incontro a lei, dall'altra parte del fuoco. Anna ha riaperto il libro e ha cominciato a leggere. Gorla, col pretesto di riattizzare il fuoco con le molle, si piega verso di lei per parlarle piano).

Gorla                             - Leggete la mia lettera.... (Anna abbassa il libro, fa un cenno negativo col capo e Gorla insiste) Ve ne scongiuro....

(Anna ha aperto il libro. Ha gettato nel fuoco la busta. E la lettera aperta ha inserito nelle pagine del libro. An­cora suonano le parole dei giuocatori nelle frasi rituali della partita).

Anna                             - Siete impaziente, ostinato... (Anna legge. Gorla ri­torna a riattizzare il fuoco con le molle, a parlarle piano).

 Gorla                            - Leggete a voce bassa... Son qui, accanto a voi.... vi ascolto... Amo di sentire le parole del mio amore nella vostra voce che trema un poco pronunziandole.... Mi par d'avere così qualche cosa di vostro... Quell'emozione vie­ne da me, è mia...

Anna                             - (leggendo) « Nulla vi chiedo. Nulla, se non la dol­cezza di soffrire per voi... » (una pausa) « Questo silen­zio nel martirio mi esalta.... » (ancora una pausa) « Amo nella giornata, in mezzo alla gente, in mezzo alla vita, lontano da voi, avvicinarmi a voi, nel mio segreto, ripe­tendovi cento, mille volte, a fior di labbra, in fondo al­l'anima, il vostro nome: Anna, Anna, Anna... » (ancora una pausa) « Nulla mi avete concesso e nulla mi è lecito sperare... Ma questo appunto è l'infinito amore: Anna, Anna.. » « Nulla mi avete concesso e nulla mi è lecito sperare.... Ma questo appunto è l'infinito amore: quello che sa chiusa ogni possibilità di gioia, quello che si sa inutile e non muore della sua impossibilità, ma anzi se ne alimenta, ne vive, e se ne esalta....» (ancora una pausa, più lunga, in mezzo alla quale suonano alte parole e le risate dei giuocatori).

Trarli                             - Vedo le duecento lire. Ele vinco.

Ardenti                         - No. Le vinco io. Pool d'assi.

Leoni                             - No, cari, piglio tutto io. IIj colore. Io vi aspetta­vo al varco.

Gorla                             - Ancora..

Anna                             - (riprendendo la lettura) « Porto in giro questa mia maschera fredda e serena. Tutti mi credono un forte, un vittorioso, con le braccia pronte a dominare e a scuo­tere la vita. E che dolcezza triste è invece per me, a notte alta, chiuso nella mia casa, trovarmi solo col se­greto, sentirmi per voi debole e vinto, senza coraggio, povero di un'infinita povertà, semplicemente, follemen­te e impossibilmente innamorato.. »

Marco                            - (dalla tavola dei giuocatori). Bella compagnia fa lei a mia moglie, caro Gorla... Le sta vicino e la lascia leggere...

(A queste parole Anna ha chiuso violentemente le pa­gine del libro su la lettera. Anche Gorla, di soprassalto, si è ritirato su).

Gorla                             - Ma io... la signora...

Cisterna                         - A te, Marco...

Marco                            - A me. Cento lire? Per cento lire vedo anch'io.

Anna                             - (piano a Gorla) Che imprudenza! (Ha preso la lettera dal libro. La straccia in pezzi minuti che getta sul fuoco). Non voglio più che mi scriviate... Non accet­terò più le vostre lettere...

Gorla                             - (dopo una pausa) Perché vi ribellate così?... Perché volete proibirmi questo sfogo che non vi offende, tanto il mio sentimento è puro, disinteressato...?

Anna                             - No... Voi sapete che nulla è possibile e che già è colpevole, per me, ascoltare le vostre parole. Or ora, quando la voce di Marco ci ha interrotti, ho sentito come un brivido... Ascoltarvi è già tradire... Parlarmi è già tradire... Io. mio marito... voi, il vostro amico, il vostro maestro... No, no; non scrivete più, ve ne prego... Ho mio marito, mio figlio... Sono felice...

Gorla                             - No, non siete felice... Lo dice la malinconia dei vostri occhi, lo grida questo vostro stesso smarrimento... Non siete felice... Qualche cosa di profondo, d'indispen­sabile vi manca... La gioia, l'ebbrezza di sentirvi amata...

Anna                             - Mio marito mi ama ed io lo amo....

Gorla                             - No... Vostro marito non vi ama... E voi lo sapete benissimo... È un egoista freddo, un dominatore matema­tico, un lottatore che vuol vincere... E solo questo sa, vede, vuole... Non altro.

Anna.                            - Non mi parlate così..

Gorla                             - E voi sentite un vuoto, una solitudine... Non sapete che siano... La casa è serena. Vostro marito v'è accanto. Avete vostro figlio. Ma questo non basta. È luce, non è fuoco. Illumina, ma non riscalda.

Anna                             - (mettendogli di sfuggita una mano sulla bocca). Tacete... Non voglio, non devo ascoltarvi... (ha riaperto il libro, ha ricominciato a leggere. Gorla ha acceso una sigaretta e tace. Ancora suonano, nel nuovo silenzio, le voci dei giuocatori.

Leoni                             - E dici che non sapevi giuocare...

Trarù                             - Ho rinfrescato la memoria...

Marco                            - Andiamo avanti... Carte a te, Ardenti... Cioè no: a me...

SCENA SESTA

Gli stessi e Luca

(Mentre le voci dei giuocatori continuano, la vetrata di fondo s'è aperta, pianamente. Luca N'ovate viene a-vanti a piccoli passi, come si trascinasse, pallido, curvo, esausto. Nessuno si accorge di lui. Ora è in piedi dietro le spalle del fratello, immobile, aspettando, mentre Mar­co distribuisce le carte).

Marco                            - Badate a voi, adesso. Mi sento terribile. Sento di aver la fortuna dietro le mie spalle.

Luca                              - (mettendogli una mano sulla spalla) Marco...

Marco                            - (volgendosi, lo vede) Tu, ancora qui? (e volgen­dosi agli amici) Falso allarme.. Non avevo la fortuna dietro le spalle.... Era mio fratello. (Lo guarda ridendo, ma il riso si spegne, nel vederlo pallido, convulso...) Che c'è? Che hai?

Luca                              - Devo parlarti.

Marco                            - Subito? Che c'è? Hai perduto il treno?... Ma in­somma, che c'è?

Luca                              - Devo parlarti... Subito...

Leoni                             - (levandosi) Noi vi lasciamo liberi.

Ardenti                         - (idem) Continueremo dopo. Ora mi sono rifat­to. C'è sempre tempo per disfarsi.

Trarù                             - Andiamo di là ad aspettarti... Tanto, è già tardi, l'ora del pranzo è vicina.

Marco                            - (chiamando) Gorla!

(Anna e Gorla si scuotono, vedono Luca, si levano. An­na è subito accorsa verso Luca)'.

Anna                             - Che hai?... Come sei pallido!... Tremi..

Marco                            - (a Gorla) Accompagnami di là gli amici... Vengo subito... Cinque minuti appena con mio fratello... (Agli amici) Scusatemi e scusatelo... (e a Luca) Sempre in­tempestivo, tu... 'ragazzo mio...

Anna                             - (a Luca) Devo andarmene? ...

(E mentre gli altri sono usciti, Anna ha fatto l'atto di ritirarsi a sua volta, ma subito, per un braccio, Luca l'ha trattenuta).

Luca                              - No. Rimani.

SCENA SETTIMA

Anna, Luca, Marco

Marco                            - Insomma, che c'è? ... Possibile che con te non si possa mai stare un'ora tranquilli? ... Sembravi calmato... Ti facevo già in treno.. E ripiombi qui, con quell'aria da funerale.

Anna                             - Marco...

(Luca è venuto avanti pian piano, appoggiato con una mano al braccio di Anna. Questa e Marco l'hanno segui­to, Anna commossa, Marco seccato. Ora Luca è davanti a una poltrona e, d'improvviso, vi si lascia cadere pesan­temente e scoppia a piangere, nascondendo le lacrime e soffocando i singhiozzi nel fazzoletto).

Anna                             - Ma che c'è? Perché piangi cosi?

Marco                            - (ritirandogli il fazzoletto) Andiamo! Smettila! ...

Anna                             - Ma che accade? Parla!

Marco                            - Ma parla, perdio!

(Ora Luca ha dominato il suo pianto. È pallido, treman­te, convulso e comincia a parlare seduto; a voce bassa, l'occhio sbarrato davanti a sé).

Luca                              - Sì, avevo promesso di partire... Avevo sinceramen­te promesso. E, uscendo di qui, sono andato, deciso, alla stazione... Il treno era in ritardo... Ho cominciato ad aspettare, lì, solo, dinanzi ai binari vuoti... Non mi reggevo in piedi... Avevo portato via da qui la forza se­rena che mi avevi data... Ma lì, d'improvviso, aspettan­do, in quella stazione deserta, tra quei fanali accesi in quella solitudine, i fantasmi sono ritornati... come un presentimento m'è passato nell'animo, sul corpo, mi ha gelato da capo a piedi, mi ha stroncato, sfinito... Ho dovuto appoggiarmi a un lampione, per non cadere... Che pensavo? Non saprei spiegarmi... Nulla e tutto.... Non un pensiero, ma mille pensieri... Non una paura, ma mil­le paure... E una voce dentro, nel tumulto, chiara, pre­cisa, che mi diceva: « Il treno sta per venire, ma tu non partirai... Tu' non devi partire... » e mi son detto: «No. Partirò. Ho dato la mia parola. Non posso non partire... » Il treno s'avvicinava, lo si vedeva in luce, lag­giù; lo si sentiva; a poco a poco il rumore si avvicina.. E ancora a giurarmi: «Partirò... » E il treno è giunto, mi è passato davanti come non dovesse fermarsi e poi d'un tratto, era li fermo; davanti a me, per raccogliermi... Per portarmi via. Un impiegato ha aperto uno scompar­timento proprio davanti a me, affinché salissi... E dicevo: «Ora vado ». E non potevo muovermi. Una forza gi­gantesca premeva sulle mie spalle, m'inchiodava lì, ap­poggiato a quel fanale... E un segnale, poi un altro... E la forza, la formidabile forza, inchiodava i miei piedi, tappava la mia bocca, irrigidiva tutta la mia persona. E hanno richiuso lo sportello... E il treno s'è mosso, ha ri­preso la sua corsa, lasciandomi lì, a guardarlo andar via, a vederlo perdersi nella campagna...

Marco                            - (fuori di se) E per raccontarmi questo sei tornato qui, per comunicarmi subito questa bella azione che ti fa tanto onore mi hai fatto interrompere la partita, al­lontanare gli amici? (a questo plinto, dalla sala vicina giungono le voci degli amici a coro e il suono di un pia­noforte... Canticchiano un motivo popolare: Salomè.)

Anna                             - E poi? Poi? Che hai fatto? Sei venuto qui diret­tamente? ...

 

Luca                              - No... No... Prima... (La commozione gl'impedisce di parlare. Poggia i gomiti sulle ginocchia, piega il volto nelle mani. Marco gli strappa le mani dal viso).

Marco                            - Ma parla, in nome di Dio... È intollerabile quello che tu fai...

Anna                             - Racconta, Luca... spiegati... Dì...

Luca                              - Sì, sì.... volevo subito ritornare qui. Quando le mie energie sono un po' ritornate, quando la mano di ferro che mi inchiodava s'è levata dalla mia testa... so­no risalito in vettura, per venire qui a chiederti scusa... Ma il cocchiere cui avevo dimenticato di dar l'ordine... ha creduto che volessi ritornare a casa mia... Io non mi sono accorto di nulla... Mi lasciavo trascinare.... Non vedevo nulla, non pensavo nulla... E, a un tratto, mi sono ritrovato a casa mia... Sono sceso... Non so perché, ti giuro... Non volevo... Volevo tornare indietro, venire qui. Ma la tentazione e quella voce, quella voce dentro!... Terribile, ostinata, implacabile: « Va, va a casa tua... A vedere... A vedere... » A vedere che co­sa?... Ma alla tentazione ho resistito... Mi sono allon­tanato... Con uno sforzo eroico son giunto fino in fondo alla strada... per svoltare... E ho guardato la casa, prima d'andarmene... E la tentazione mi ha riprese... E sono tornato indietro... E ancora la voce tremenda, formida­bile, che mi scuoteva tutta l'anima, incendiava il mio cervello, contraeva le mie mani: «Va, va a vedere.... » E non ho ceduto... E ho avuto ancora la forza di retro­cedere, fin quasi in fondo alla strada, una seconda volta, e lì ho pensato: «Son quasi le sette. Manca poco all'ora della scuola... Mariolina sta per ritornare a casa... Vado a prenderla. Sarà felice di vedere che non sono partito... » Felice! E la voce tremenda mi ha detto: «Fe­lice, sì, Mariolina... Ma Ines? ... » E ho sentito come un urtone, una spaventevole spinta in avanti, verso casa... Ho fatto dieci passi, quindici passi, a precipizio... Ma mi sono ancora fermato. Non volevo; ho chiamato a raccolta, disperatamente, tutte le mie energie. E sono rimasto fermo, lì, senza andare né avanti né indietro... Quanto? Due minuti? Cinque?... E mi son parsi un se­colo... E, ad un tratto, Ines, quel ragazzo, una terribile visione; davanti agli occhi, come se realmente vedessi... Erano lì, abbracciati, potevo toccarli, e mi guardavano, e ridevano... E ancora l'orribile voce, dentro: « Va... a vedere... » E ancora mentre m'irrigidivo per l'ultima resistenza, ancora l'urtone dietro, più violento, come se tutt'un popolo, e non un uomo, mi sospingesse, mi mandasse avanti... E quasi non sono corso io, ma mi son sentito sollevare, portar via, verso casa... (Nel silenzio affannoso, sospeso, ancora giunge, più al­to, nel canto degli amici, il ritornello: Salomè! Salomè! Marco va alla porta, la chiude con violenza. Il canto si spegne. E Marco torna di corsa al fratello).

Marco........................... - Ebbene? Va avanti

Luca                              - E ancora, a casa, il terribile duello tra la mia volontà e quella forza cieca, quella volontà fuori di me e più forte della mia ha continuato. Ancora sulle scale lottavo. Salivo, scendevo, ritornavo a salire. Ma facevo tre scalini salendo, ogni volta, e ogni volta, scendendo, ne facevo sempre di meno, prima tre, poi due, poi uno... E mi sono trovato, così, di fronte alla porta di casa, con la chiave nella mano, la mano alla serratura, la porta aperta, l'anticamera illuminata vuota, davanti a me... e il mio occhio ha visto subito, lì, nell'angolo so­pra una sedia... il cappellaccio grigio che conoscevo.... E allora... Non è stato più come prima... Allora è stato il contrario. Volevo io, adesso, andar avanti, vedere, sentire... E la forza che mi aveva spinto, adesso invece mi tirava indietro.. M'inchiodava sul posto... Non sen­tivo nulla.. Non una voce... Solo l'orologio lì al muro, col suo tic-tac... E, fuori, accanto alla finestra... l'acqua... nei condotti... E sono andato avanti più forte io, più forte di quella forza formidabile, che mi tirava indietro dopo avermi spinto fin sulla soglia della verità, fatto forte da tutto il mio amore, da tutto il mio dolore, da tutta la mia vergogna, da tanti anni d'illusione, di follia, d'imbecillità.. E ho chinato l'orecchio contro la porta... E ho udito le parole chiare, precise, le voci soffocate... E tutto il mio corpo s'è fatto enorme, formidabilmente pesante, e tutto s'è schiacciato contro quella porta, e col peso, senza che io girassi la maniglia l'ha aperta, l'ha spalancata... Ho visto Ines, nelle braccia di quel ragaz­zo, come nelle mie... È balzata giù, ha fatto per sfug­gire... Ma la mia mano, la mia mano aveva già preso... lì.... nella tasca.... E quando, fuggendo, m'è passata da­vanti... capelli sciolti.., bianca di terrore, non io... non io., ma il mio dito... solo il mio dito, ti giuro, ha pi­giato... Solo il mio dito ha fatto fuoco...

Marco                            - Uccisa?...

Anna                             - Luca! (Alle ultime parole, evocando la scena, Luci s'è solle­vato prima sulle braccia, poi in piedi. E, al grido dei due, è ricaduto giù di peso, le braccia abbandonate, gli occhi fissi, dilatati, vuoti... Ai due gridi è seguito il si­lenzio, rotto solo dall'affanno dei due respiri.. La porta s'apre e giunge ancora il canto: Salomè!.. E Ardenti entra, viene avanti).

Ardenti                         - Domando scusa... Siamo rimasti senza siga­rette... Ed io ho lasciato qui le mie, sul tavolino da giuoco. (Va, prende il suo porta-sigarette) Scusate... (Ancora giunge il canto. Poi Ardenti esce, rinchiude e il canto si spegne).

Marco                            - E l'altro?

Luca                              - Fuggito... Passandomi accanto, sfiorandomi col braccio... Mentre ero lì... Appoggiato alla porta... Da­vanti al cadavere di Ines... Inebetito... (Il domestico apre la porta. Ancora giunge il canto).

Ih domestico                 - Il pranzo è servito.

Marco                            - (scuotendosi) Ah,... sta bene... Chiamate il signor Gorla...

(Il domestico esce. Anna è andata a sedere accanto a Luca. Mentre il canto dura nella porta aperta, Gorla è entrato).

Gorla                             - Chiedeva di me?...

Marco                            - Ah, sì.. Gorla... Scusi... Faccia lei... Comincino a pranzare... Li conduca di là... Io... un gravissimo in­cidente di mio fratello.. Ancora un po' di pazienza... Mi scuseranno...

(Gorla esce. Richiude la porta. Il canto si spegne di nuovo).

Luca                              - (sollevando il capo) E... ora? (Marco non rispon­de) Ora?

Marco                            - (scuotendosi risoluto) Ora... una sola cosa da fa­re... Costituirsi...

Luca                              - (preso da sgomento) No... no... Tutto distrutto... In un attimo... Mariolina, sola nel mondo...

Marco                            - Costituirsi prima che ti arrestino... Che cosa è accaduto, dopo?...

Luca                              - Son rimasto lì... Finché ho sentito salire... accor­rere... L'istinto di salvarmi, di fuggire, mi ha ridato le forze, e... e ho potuto fuggire, correre, ripararmi qui... Solo per la via... ho incontrato Rosaria, la domestica... che andava a prendere Mariolina... e... perché la piccina non vedesse... tanto orrore... le ho detto... ie ho detto di prenderla... di condurla qui...

Marco                            - Hai fatto bene... Ora su, forza, levati... bisogna essere uomini... Sarai difeso, fortemente difeso, da me, dai miei amici... Ma ora occorre evitare la teatralità d'un arresto.-. Vieni via subito... con me... ti accompa­gno.... (Ha suonato. Raccoglie il cappello e il mantello di Luca, glieli da... e al domestico ch'entra:) Una vettura immediatamente... (e, quando il domestico è uscito:) Su, su, coraggio... Anche nella tragedia, forti, decisi... su... (lo fa levare, aiutato da Anna gli mette il cappello, il mantello, e Luca cade a piangere nelle sue braccia.)

Luca                              - Perdonami...

Marco                            - Via, via... non c'è tempo da perdere... penseranno subito a cercarti qui... saranno qui a momenti...

Luca                              - (terrorizzato) No... no... no... Difendimi, difendimi, Marco, tu che sei forte... Tu che puoi...

Marco                            - Difenderti, più tardi... Ora, per il momento non c'è che fare...

Luca                              - (stringendosi nelle braccia del fratello) Sono la tua vergogna, Marco.... Sono un pazzo, un assassino...

Marco                            - (ritirandolo su, dopo una pausa) No.... sei un di­sgraziato! ... E doveva finire così. L'ho detto, l'ho ripe­tuto... Ma recriminare è inutile... Andiamo, coraggio! (B Marco e Anna hanno preso Luca per le due braccia, lo sostengono, lo avviano... D'un tratto Luca, scoppiando di nuovo a piangere, prende la mano di Anna e la bacia).

Luca                              - Perdonami, Anna... Ho spezzato la vostra pace... Vi ho trascinati nella mia rovina... (s'è avviato, trasci­nato quasi dal fratello e .dalla cognata. Sopra un tavoli­no, passando, trova un giocattolo dei bambini di Anna, lo prende con profonda commozione...) E Mariolina?... Mariolina!

Marco                            - Su, via... coraggio... Mariolina sarà con noi... ci penseremo noi... Sta tranquillo... Ma andiamo, ti dico...

SCENA OTTAVA

Gli stessi, Mariolina e Rosaria (Sono quasi sulla porta, quando Mariolina entra, dì

corsa, accompagnata da Rosaria. Non appena la bimba vede il padre si slancia ad incontrarlo).

Mariouna                       - Papà!

Luca                              - (con un grido) Mariolina!

(Luca ha preso la bimba fra le braccia, la copre di baci e dì lacrime. Finalmente Marco gliela toglie dolcemente fra le braccia e la ripone a terra. Poi trascina via il fratello. Ma la bimba s'aggrappa alle gambe del padre).

Mariouna                       - E la mamma?... Dov'è la mamma?...

(Anna s'è chinata in ginocchio per abbracciare la bam­bina. In fondo, Rosaria piange. Luca s'è fermato di nuovo).

Marco                            - (a Rosaria) Voi, via, via... senza chiasso, senza lacrime...

Luca                              - (alla bimba, spingendola tra le braccia di Anna) La tua mamma... da oggi... eccola qui... (B mentre Luca è ripreso dalla commozione, Marco lo trascina via dopo aver allontanato la vecchia fantesca. La bambina è rimasta tra le braccia di Anna inginoc­chiata. Guarda lungamente verso la porta da cui il bab­bo è uscito e poi solleva il volto di Anna che piange).

Mariowna                      - Zia... dov'è andato... papà?...

 

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Un salotto a pianterreno nella casa di Marco Novate in città. Una larga finestra nel fondo a larghe vetrate oltre le quali si scorgono le case dirimpetto, i fanali accesi. Per un grande arco è una porta a vetri alla francese; il salotto comunica a destra con un'altra sala della quale si scorge solamente, quasi a fil di porta, il piano forte. Porte a destra e a sinistra, in primo piano. Anche a sinistra un caminetto. Qua e la varie lampade con paralumi, ora spente. Al centro della sala un tavolino e due grandi poltrone. Dovunque vasi di cristallo, di maiolica, di bronzo, pieni di fiori. Al levarsi del sipario la scena è vuota. Un orologio suona le quattro. Poi s'ode avvicinarsi un rullo di tam­buri e dalla porta di sinistra entrano Luca Novate, Mariolina, Giannetto e Ninetta, in fila indiana, ognuno suonando il suo tam­buro. Tutti hanno sul capo grandi feluche fatte con carta dei giornali e spioventi pennacchi. Così, a passo militare, suonando, traversano il salotto, entrano nella sala del piano forte e il rullo dei tamburi si allontana per la casa. Il silenzio è appena ritornato che il telefono suona. La porta di destra s'apre e ap­pare Gorla.

SCENA PRIMA Gorla poi Anna

Gorla                             - (al telefono) Pronto. Casa dell'avv. Novate... Sì... sono io, il suo sostituto. L'avvocato Gorla... Non dubiti... L'avvocato Novate non mancherà alla riunione... È già avvertito. Comunque glielo ricorderò... Tra un'ora... Sta bene... Buon giorno... (e, mentre riattacca il telefono, Anna entra) Scusate se adoperiamo questo telefono. Ma nello studio dell'avvocato l'apparecchio è guasto.

Anna                             - Figuratevi.

(Anna va a sedere al pianoforte e comincia a suonare. Gorla la guarda qualche istante e poi riesce da destra. Mentre ella suona si riavvicina il rullio dei tamburi e, venendo dalla sala del pianoforte, traversando la scena e riuscendo a sinistra, di nuovo passano, capitanati da Luca, i tamburini. Di nuovo il rullio s'allontana per la casa. E Gorla riappare. Dì m la soglia della vetrata parla ad Anna che continua a suonare).

Gorla                             - Rispondete, vi scongiuro, alla mia lettera... Io non resisto più a quest'incertezza, a questa attesa...

Anna                             - (continuando a suonare) Non devo rispondervi.

Gorla                             - Ma io vi amo, vi adoro... Io vi aspetto pazzamente ogni giorno, nella mia casa... Sono ore interminabili, in­fernali...

Anna                             - Vi ho detto di non aspettarmi, che non sarei ve­nuta...

Gorla                             - (abbassa la voce, guardando che nessuno venga) Non è vero. Dieci volte avete lasciato sperare, avete promesso... Ma io non so più aspettare... Io soffro pro­fondamente, Anna...

SCENA SECONDA Gli stessi e Marco

Marco                            - (apparendo sulla porta dì destra) Gorla! ... (ve­nendo presso la porta) Ah, è lì? ... (// suono del piano forte s'è interrotto). Veda, la prego, di rintracciarmi tutte le lettere del mio possibile collegio e dei miei probabili elettori. Alla riu­nione di oggi son documenti necessari. (Intanto Anna, levatasi dal piano, è entrata nel salotto, ha preso sedendo un libro. Gorla è uscito. Accendendo una sigaretta, Marco s'è avvicinalo a lei, ha preso un momento dalle mani di lei il libro che legge).

Marco                            - (vedendo il frontespizio) Baudelaire, (e vede altri libri sul tavolino) De Musset, Lamartine. Grande esposi­zione di poeti. Letture consigliate da Luca. Gli acchiappanuvole che lo hanno rovinato. E ora guasta la fan­tasia anche a te.

Anna                             - Oh, io...

Marco                            - Sì, anche a te... non sei più serena e tranquilla, come una volta. Sei distratta, scontenta, nervosa... ti perdi nelle nebbie anche tu... (guarda un altro libro) D'Annunzio... (e una pagina segnata) La passeggiata. (legge). Ma questo non è di Luca, è di Gorla. Toh! Poeta anche lui? La poesia mi ha rovinato la casa e ora anche il sostituto. (Ride, getta il libro sul tavolino con disprezzo) Perdigiorni che non siete altro! (Una pausa) Luca dov'è?

Anna                             - Dove vuoi che sia? Di là, coi ragazzi. Non hai sentito i tamburi? Fanno un fracasso che assorda. Ma Luca, poveretto, pare rasserenato, felice...

Marco                            - Sfido io! Quello è il suo paradiso. Tre ragazzi, una casa dove sta chiuso e tappato da mattina a sera, tutti quei poeti, un lapis per cominciare cento disegni e non finirne mai uno, un pianoforte per strimpellare il suo Chopin e non chiede altro...

Anna                             - Ha tanto sofferto... La prigione... Il processo... Che tremendi mesi per lui!... Per noi... E ora non par vero di vederlo così, tra i bambini, con Mariolina, fe­lice

(Si riavvicina il suono dei tamburi).

Marco                            - Oh Dio, eccoli... Io scappo... (ed esce). (Intanto da sinistra, stambureggiando, riappaiono Luca e i ragazzi e girano attorno ad Anna che ha ricomin­ciato a leggere).

SCENA TERZA

Anna, Luca, Mariolina, Giannetto, Ninetta

Luca                              - (compiuto il giro) Alt! (/ ragazzi si fermano di botto e smettono di suonare). E ora, via i tamburi.. Ora si giuoca con qualche altra cosa...

Mariolina                       - Sì... sì, papà....

(e, preso Giannetto per mano, lo trascina via).

Anna                             - Povero Luca... Ti stancheranno. Non ti lasciano in pace un minuto.

Luca                              - Ma ti pare... Li adoro. Non so che farei per diver­tirli, per divertirmi con loro... (una pausa) E Marco?...

Anna                             - È di là. Lavora.

Luca                              - Forse gli daranno noia con tutto quel fracasso... Ho tanta paura di disturbarlo... Già dò tanta noia io, qui, in casa vostra... Ma bisogna perdonarmi.. Uscito dal carcere, l'idea della solitudine con Mariolina in una casa nostra, mi ha fatto terrore. Ed ho accettato la vo­stra ospitalità con profonda riconoscenza, almeno per questi ultimi tempi, finché mi sarò abituato.

Anna                             - Non per questi primi -tempi, ma per sempre... Que­sta casa è oramai la tua.

Luca                              - E che bella e che buona casa... questa... dove un uomo nobilmente lavora, come mio fratello... dove degli amori di bimbi come i nostri vengono su... dove una donna pura e santa come te...

Anna                             - Zitto, Luca... Non esagerare... Son già due setti­mane, sai, che sei qui... e par ieri il giorno della tua assoluzione... Ti rammenti che gioia? E l'arringa di Marco... Come parlò di te, che seppe dire ai giurati...

Luca                              - E quando rividi Mariolina, quando mi ritrovai qui, in una casa... Rammento la prima sera... Fu quello, sai, il momento più felice. Non quando fui assolto, non quando rividi il sole, non quando riabbracciai Marco e te Ma verso sera, di là, nella tua stanza da la­voro. Tu lavoravi. Mariolina e Giannetto facevano sul­ la tavola i loro compiti. Ninetta, con un gran tazzone di caffè e latte davanti, faceva la sua merenda. Fuori pio­veva. E s'era fatto buio. E tu levasti la mano per ac­cendere e di sotto il paralume la luce cadde su noi, chiu­sa, limitata, in un cerchio d'oro che ci avvolse tutti, ci strinse... Vedi, mi è sempre sembrato che la lampada che si accende alla sera in una stanza raccolga vera­ mente una famiglia nel suo rifugio luminoso, in una piccola zona di luce fra tante ombre, che è sua, solo sua, e dove nessuno può venire a minacciarla... (men­tre parla Mariolina e Giannetto entrano trascinando a fatica una cesta che hanno riempita dì giuocattoli.. An­ che Ninetta ha preso un libro e lo ha portalo su le gi­nocchia della mamma che comincia a sfogliarlo per farle vedere le figure). Invece, di giorno, quando c'è il sole, quando la luce è di tutti ed è da per tutto...

Mariolina                       - Papà, fa andare la barca...

Giannetto                      - Zio, il treno, il treno...

(Luca ha preso nelle mani il treno e la barca a vele. Ha i dite bambini che aspettano appoggiati alle sue ginoc­chia. Ma continua a inseguire il suo pensiero, a parlar lontano...).

Luca                              - Quando c'è il sole, la casa è divisa, aperta a tutti, da tutto minacciata. Ma quando è sera, quando nel buio ci si raccoglie in un po' di luce, allora siamo tutti così vicini, che anch'io, che son così solo, non mi sento più solo nel cerchio della lampada accesa. (Anna, senza levarsi, ha acceso le lampade sul tavolino, e, nel buio della stanza, il gruppo sereno della famiglia è lì, nel cerchio dì luce...)

Luca                              - Ecco, Anna... così... così... (una pausa) Tutto il mio male è stato questo... Non aver mondo più vasto di questo... Non desiderare felicità più grande di questa semplice e buona serenità.

Anna                             - E l'hai ritrovata?

Luca                              - E sono felice... Mi pare d'avere, in mezzo alla tem­pesta del mondo, alla paura del buio, il mio cantuccio, un po' di luce per me..

Mariolina                       - Papà, fa andare la barca..

Luca                              - Sì, Mariolina... Eccomi... Io e te saliamo sopra e c'imbarchiamo e facciamo un viaggio lungo lungo... Do­ve vogliamo andare? ..

Mariolina                       - Lontano, lontano... Dove sei stato tu, papà... In America...

Luca                              - (grave) In America!... (poi si scuote, ride...) Ma sì, avanti... Partenza per l'America... Chi vuole imbar­carsi?

Mariolina                       - Io! Io! E anche la zia... E anche Giannetto...

Giannetto                      - No... Io vado in treno...

Luca                              - E ora ci vuole vento nelle vele. Ora bisogna sof­fiare (e soffia nelle vele. E soffia anche Mariolina. E soffia anche Giannetto).

Mariolina                       - E soffia anche tu, zia.... (Anche Anna si leva ed è dietro le spalle di Luca. Tutti sono attorno a lui e soffiano nelle vele del bastimento).

Luca ............................ - (sempre soffiando) Ecco... Vento in poppa..! Si va... Si va.... (oscilla, e tutti oscillano con lui come nel mo­vimento della barca) Si va.... Si va... Come si fila... Co­ m'è bello andare così!... Ma forza, ragazzi Soffiare, soffiare.... (quasi parlando a se stesso) Sì, così, soffian­do nella propria vela, si va in capo al mondo.... (E sof­fia, soffia, ma poi lascia cader la mano e la barca e an­cora dice a sé stesso 🙂 Ma che fatica...

Anna                             - Adesso, via, basta... lasciate in pace il papà e lo zio... Adesso è l'ora della merenda e poi lo studio... Tu, Giannetto, i tuoi compiti... E tu, Mariolina, la tua ora di pianoforte...

Mariolina                       - Zia, no, oggi non ho voglia.

Luca                              - No, Mariolina. Bisogna ubbidire alla zia. (Anna ha suonato e alla cameriera che è apparsa ha affidato i bambini. Ma tutti son venuti, uno dopo l'altro, ad abbrac­ciare lo zio. E son baci, e risate, e andirivieni... finche la cameriera riesce a raccoglierli tutti e a portarli via. Anna risiede a leggere. Luca è lì, pensieroso, la barca a vela nelle mani. Sorride, sospira forte).

Anna                             - Che hai?

Luca                              - Nulla, cara... vedi... ho tanto sofferto io... ma la vita è buona.... La vita, quand'è così, è tanto buona

(Ora Luca ha preso sul tavolino il libro di d'Annunzio. Anna ha veduto e fa cenno di toglierlo).

Anna                             - Nulla. Lascia. É D'Annunzio. Il poema paradisiaco.

Luca                              - (trattenendo il libro) Chi te l'ha dato?....

Anna                             - Non so. È di casa. Da tanto tempo...

Luca                              - (sfogliando) No. È di Gorla. C'è scritto Gorla.

Anna                             - Ah. sì?... Sarà suo... Portato qui.. Chi sa quando,,, Da tanto tempo....

Luca                              - (leggendo) « Poiché voi non m'amate ed io non vi amo... » (la guarda. Anna legge). « Pure qualche dolcez­za è nella vostra vita di ieri.. » (guarda ancora Anna). « La vostra mano è quella che non dona » (Anna, simu­landosi assorta nella sua lettura, guarda di tanto in tanto Luca che sfoglia il libro e legge). « E il dolore che è in voi forse m'attira più della vostra bocca e dei capelli.. » (ancora Luca la guarda). «Chi osa? Chi vi prende? Chi vi tiene? Siete come una spada senza l'elsa, pura e lu­cente e non brandita mai ». (gli sguardi di Luca e di Anna s'incontrano. Luca la fissa. Anna abbassa il suo sul libro). « Perdonate chi sogna. Perdonate, perdonate..» (e ancora guarda). « Noi cercheremo una tristezza ripo­sata e uguale...» (ancora una pausa). « ...Sommessi col­loqui, e sogni, e taciti pensieri...» (fissandola). Tutti versi segnati con il lapis.... Segnati da lui?

Anna                             - Che vuoi che sappia?

Luca                              - Per... te?

Anna                             - Che sciocchezza!

Luca                              - (gettando il libro sul tavolino e levandosi). Gorla non mi piace.

Anna                             - Perché? É un bravo ragazzo, intelligente, molto devoto a Marco.

Luca                              - Non mi piace. Non so perché.

Anna                             - È strano. .È ingiusto.

Luca                              - Non mi è mai piaciuto. E, da qualche tempo, ancora meno.

Anna                             - Oh, del resto lo vedi così poco.

Luca                              - Vede te... continuamente...

Anna                             - Che vuoi dire?

Luca                              - Nulla, Anna, che possa offenderti. Ma, accanto a te, non mi piace. Ha qualche cosa d'equivoco. Pare in ag­guato. Nessun gesto è spontaneo. Nessuno sguardo è chiaro.

Anna                             - Come sei strano... E come quello che dici...

Luca                              - Non è nulla, Anna. Ma sono impressioni, minime, profonde. Non c'è ombra, per piccola che sia, che non passi sul mio spirito. Non c'è sfioramento, per quanto sia lieve, che non segni questa mia esasperata sensibilità. Bisogna perdonarmi.

Anna                             - (tenendogli la mano) E ti perdono.

Luca                              - Vado di là. A veder la merenda dei ragazzi. Biso­gna fermar Mariolina. Quand'ha un barattolo di mar­mellata davanti, se non vede il fondo non è contenta....

Anna                             - Ritorni qui? . .

Luca                              - Ritorno.

SCENA QUARTA

Anna, Gorla, poi Luca

(Non appena è uscito, Anna si guarda attorno. Lascia il suo libro. Riprende il poema e legge a voce alta, gli occhi lontani, il verso segnato): « La vostra mano è quel­la che non dona »... (e l'altro) «E il dolore che è in voi mi attira...» (udendo un rumore, getta il libro sul tavolino, riprende l'altro: Gorla appare).

Gorla                             - Sola, sola, finalmente... Dieci volte ho spiato alla porta.... Volevo dirvi... Cento, mille cose volevo dirvi... E ora, ora che posso, che siamo soli, mi perdo mi smar­risco, e non so dirvi che una sola cosa, piccola, immensa, sempre uguale, in mille modi diversa: vi amo, vi amo....

Anna                             - Lasciatemi... (cerca di liberare la mano che Gorla le ha presa) Lasciatemi, possono entrare... Mio cognato stesso ha parlato or ora in modo strano.... Possono en­trare... Deve avere osservato, capito... Ha veduto i versi segnati in quel libro... Ha capito...

Gorla                             - E appunto per questo è pericoloso continuare a parlare qui, esposti a tutti i rischi, a tante imprudenze.Bisogna che fuori di qui io possa parlare liberamente, dirvi, ripetervi che vi amo, che vi amo. (È seduto accan­to a lei e le bacia appassionatamente la mano. D'improv­viso, dal fondo, Luca è apparso. Subito Gorla è in piedi. Anna, perduta, si ricompone).

Luca                              - Disturbo?

Anna                             - Ma ti pare.... Gorla mi leggeva la mano... Non sai? È un chiromante eccezionale... Devi farti leggere anche tu.... Vedrai. È straordinario.

Gorla                             - Posso riprendere, signora, il libro che vi ho dato ieri? L'avete già letto?

Anna                             - (smarrita) Sì, grazie, riprendetelo. (Gorla riprende il libro e rientra nello studio. Luca avanza lentamente verso Anna).

Luca                              - Perché hai mentito?

Anna                             - Luca...

Luca                              - Sì, hai mentito... E due volte... Per il libro e per la mano... Ho veduto chiaramente....

Anna                             - Ebbene, sì, Luca, ho mentito... É vero... Gorla mi perseguita, mi parla come non dovrebbe....

Luca                              - E tu lo ascolti...

Anna                             - Oh, lo ascolto... Tu non puoi capire... Sono così sola, Marco è così indifferente, così lontano da me....

SCENA QUINTA

Gli stessi, Marco.

 (Marco è apparso. Ha indosso il soprabito. Calza i guanti).

Marco                            - Venivo ad avvertirvi che stasera non pranzo a casa.

Anna                             - Nemméno stasera?

Marco                            - Un invito improvviso... Pranzo in una casa poli­tica, dove devo incontrare due ministri.

Anna                             - E ogni giorno così... Stasera eravamo invitati dai Rovani. Dovrò rinunziare anche a questo.

Marco                            - Puoi andare sola. Ti verrò a prendere, tardi.

Anna                             - Sola non vado. Lo sai. Non fa nulla. Rinunzierò. Tanto oramai mi abituo.. Io non faccio che rinunziare.

Marco                            - (a Luca) Sentila, sentila. Come se io andassi a divertirmi, come se non fossi trascinato in mille impegni, in mille relazioni, che devono assicurare la mia entrata alla Camera, il mio salto in avanti, la mia carriera, la mia fortuna. E lei, al momento buono della mia vita, anziché spianarmi la strada, me l'ostacola, me l'attraversa.

Anna                             - Io?

Marco                            - Sì, sì, tu. Che cosa credi? Che possa rimaner le­gato a te tutta la santa giornata, credi che io non abbia gente da vedere, relazioni d'allargare, influenze da rag­giungere? Tu non vedi in me che il piccolo marito bor­ghese, dal destino chiuso e segnato, dalla vita tutta uguale con l'orario fisso, le abitudini precise, la presenza conti­nua. Che vuoi tu da me alla fine?

Anna                             - Vorrei che tu mi amassi come mi amavi...

Marco                            - Sentila, sentila... Perché pranzo fuori non l'amo, perché non l'accompagno a perder la sera in una casa inutile non l'amo, perché la battaglia politica mi prende e mi trascina, perché non vivo cucito a fil doppio alle sue gonnelle la faccio profondamente, disperatamente, grottescamente infelice! ... Ah, senti, vorrei dirti cose du­rissime, che poi mi pentirei d'averti detto, ma che tu meriti.... Vorrei dirti, mia cara....

Luca                              - Marco!

Marco                            - Hai ragione. È più consigliabile per i miei nervi, già sovraeccitati dal lavoro, sfiaccati dalle preoccupa­zioni e dalle lotte, che io mi fermi a tempo.... Tanto che vale ragionare con lei? Non capisce. Non vede un palmo più in là del suo meschino egoismo. Sono forse per lei un uomo, io, un uomo della mia forza e della mia volontà cui la vita tutto promette sol che lotti per conquistare? Macché! Sono un marito, l'uomo finito, la concessione d'un individuo a perpetuità, quello che deve sopprimersi, annullarsi per non privar lei del pregiudizio dispotico dei suoi diritti.

Anna                             - Diritti! Quali diritti ho io se non mi rimane più neppure quello di lamentarmi? E poi... E poi... Dove pranzi? In casa Germani? Anche stasera?

Marco                            - Sì. In casa Germani. Precisamente. Anche stasera.

Anna                             - L'avrei giurato... Anzi lo sapevo.

Marco                            - Lo sapevi? ... Ho capito: siamo alle solite.... Dov'è , la lettera anonima, dolce pane nostro quotidiano? ... Fam­mela vedere. Facciamo presto.

 

Anna                             - Da stamattina. Non ho parlato. Credevo, speravo che non fosse la verità. Tieni (e consegna una lettera sgualcita, che trae dal seno).

Marco                            - Te l'ho detto che c'era? La sento in aria, quando c'è... Gliela leggo negli occhi... (apre, legge). Ecco: le solite (leggendo) « Anche stasera vostro marito pran­zerà in casa Germani. Gran fortunata la moglie del mi­nistro. Apre due camere alla volta; una al candidato po­litico e l'altra all'amante in carica... » (ride, lacera la let­tera in pezzi minuti). Sciocchezze (e getta a terra) e su­dicerie!

Anna                             - Son sudicerie la verità! Quante lettere, quante vo­ci lo dicono, quante evidenze lo confermano!

Marco                            - Anna, tu mi secchi, tu corri anche il rischio di seccarmi in modo definitivo... bada...

Luca                              - Marco!

Marco                            - Ancora una volta sono costretto a ripeterti che io non sono uomo da lasciarmi attraversare la strada per le irresponsabili nervosità di una donna. Su la mia strada non bisogna essere ostacoli, perché io non mi arresto da­vanti agli ostacoli, a qualunque costo li supero.

Anna                             - Tu, tu, tu... Sempre tu... Ma esisto anch'io ed esi­ste la mia solitudine, e questa mia malinconia vuota, que­sta mia noia, questa mia invincibile, insuperabile noia che mi stacca da tutto, che mi opprime il cuore con un peso molle, con un freddo che m'agghiaccia... ed esiste la mia fierezza di donna, di moglie, alla quale giungono per ogni via insinuazioni, sospetti, esplicite accuse d'o­gni genere. Riuscire? Certo; è il tuo diritto. Ma è anche diritto mio, mi sembra, alla fine, chiederti conto dei mez­zi che adoperi....

Marco                            - Io non ti rispondo. Si è attaccato a te il malanno di mio fratello. Ma io non inseguo, come voi, fantasmi. Io cammino con gli uomini.

Anna                             - E con le donne....

Marco                            - Ah, Anna, bada (fa per slanciarsi su lei, ma pronto Luca lo ferma). Sì, per una volta tanto hai ragio­ne... Non vale la pena di scaldarsi il sangue... Curati i nervi, mia cara... Niente altro. Il male è lì, nei nervi.... Buona sera (ed esce).

SCENA SESTA Anna e Gorla

(Anna, non appena Marco è uscito, cade in una poltrona e prorompe in pianto. Subito, chiamando il fratello, Lu­ca si è lanciato ad inseguirlo. Nel medesimo tempo la porta dello studio s'è aperta e Gorla è accanto ad Anna).

Anna                             - Gorla, Gorla, se sapeste... Come è duro, com'è cat­tivo con me... Ma voi non potete capire, nessuno può ca­pire....

Gori^a                           - Comprendo tutto il vostro dolore... Da tanto tempo lo vedo crescere nella vostra anima, riempirla tutta, far­la tutta così dolorosa, che dovunque una parola o un gesto vi tocchino è per voi uno spasimo, una tortura... Ma su, Anna, non piangete così... Non siete sola come credete di essere.... Io vi amo, io vi comprendo, io vorrei riempirvi l'anima e la vita di tutto ciò che vi manca... (Anna continua a piangere. Gorla è chino su lei, sfio­randole i capelli con una mano. Luca è rientrato. Senza essere udito è giunto accanto alla cognata. D'improvviso, levando il capo, Gorla se lo trova davanti, rigido, austero. Immediatamente Gorla si rialza, cerca di spiegare....) Ma che cos'ha?... Povera signora... Cercavo di farle dire, di farla sfogare... Aprirsi l'anima fa bene...

Luca                              - (duro, glaciale) Non si preoccupi. Ci sono io. Ri­torni pure al suo lavoro (e quando Gorla, dopo un'esita­zione, è uscito, Luca siede accanto alla cognata, ne solle­va il capo, asciuga le sue lagrime). Via, via, non voglio più sentir piangere.... Ci sono troppe lagrime dentro di me per poterne vedere negli occhi tuoi se così profonda­mente ti compatisco e ti voglio bene. Su, su, non pian­gere.. Ho parlato con Marco... vedrai: son malintesi che si chiariranno, ombre che svaniscono... L'antica serenità ritornerà in questa tua bella casa onesta e tranquilla, che nulla seriamente minaccia. Conosci Marco meglio di me... La volontà tesa., la mèta precisa... I suoi famosi paraocchi che non gli fanno vedere la strada davanti alla sua corsa... Oggi è impegnato in una battaglia... Vuol vincerla, vuol riuscire... A questo è tesa ogni sua energia. Per lui, ora, non «c'è altro. Chi gli si ponga oggi davanti, anche armato dei più sacrosanti diritti, corre il rischio di essere travolto dal suo impeto... Ma vincerà. La via mae­stra della sua ambizione gli sarà aperta e allora s'acquie­terà, si guarderà attorno nella sosta, rivedrà te, la sua casa, il tuo amore, i suoi figlioli... Me lo ha promesso. Sono le sue ultime parole, andandosene... «Fa che Anna capisca... È un periodo... È una battaglia. Chi combatte lascia sempre soli ad aspettarlo quelli che poi godranno del trionfo con lui...» Su, su, dunque, rasserenata, così... così... E ora senti... Un gran progetto... Resto con te tutto il giorno.. Se vuoi, se non ti do fastidio... Tu esci? Devi uscire? (s'ode, fuori, nel silenzio, la pioggia).

Anna                             - No. Non esco. Piove a dirotto. Senti? E non so dove andare ?

Luca                              - E allora io ti accaparro., (ha suonato) Faccio accen­dere un bel fuoco... (M dà l'ordine al domestico che è en­trato e subito riesce per eseguire). E tu mi fai preparare il thè... E, più tardi, faremo un po' di musica... Li ho scovati, sai, quei due notturni che non avevamo.... Li ho già passati in prima lettura, stamane. Sentirai... Divini! E io, io... Guarda.... Una grande idea. Mi decido a lavo­rare. Farò il tuo ritratto, quello che cento volte ti ho promesso... Quello che non ho mai dimenticato... Sei così bella, così, col viso del tuo dolore, che, con un sorriso, s'illumina d'una nuova speranza, d'una nuova certezza... Vuoi? Vuoi?.. Sento che farò un capolavoro... Il primo... Il solo.... Vuoi? (Anna accenna di sì col capo... Il dome­stico, chino al caminetto, accende il fuoco. Luca gli gri­da:) E legna, molta legna, una gran fiamma. Bisogna far caldo, molto caldo, qua dentro... Ma ho paura.... Davvero non ti disturbo?....

Anna                             - Ma no..

Luca                              - Davvero non devi uscire?

Anna                             - Ti assicuro...

Luca                              - Proprio no, proprio no?... Me lo giuri?

Anna                             - Te lo giuro....

Luca                              - E allora vado (e scompare).

SCENA SETTIMA

Anna poi Gorla

(Non appena Luca è uscito, il domestico reca il vassoio, col thè. Anna fa cenno di metterli sulla tavola centrale.

 Riuscito il domestico, il silenzio è profondo. S'ode sola- i mente lo scrosciar della pioggia nella strada. E lontano un rullar di tamburi, i tamburi dei bambini. Anna è ' fissa, immobile, col volto illuminato dalla fiamma. Ha un lungo e profondo sospiro. S'odono ancora lontani i tam­buri. Gorla, aperta, piano piano, la porta, appare. Anna non si muove).

Anna                             - Gorla, vi prego... Dite a Maria che faccia smettere ai bambini di suonare. È l'ora dei compiti... Mi racco­mando. (Gorla esce. Dopo poco ì tamburi tacciono. Nel silenzio Anna sospira una seconda volta. Gorla rientra rapidamente ed è presso di lei, in ginocchio, accanto d'i fuoco, prendendole, baciandole le mani).

Gorla                             - Ascoltatemi, Anna. Ve ne scongiuro, non prolun­gate ancora questo supplizio inutilmente poiché oramai, voi dovete sentirlo, come io lo sento, l'indugio non può cambiare ciò che il destino ha segnato. Per di più questo continuare a parlarci qua dentro, di sotterfugio, coglien­do il minuto, l'occasione, la fortuna del caso; con vostro marito alle spalle, con vostro cognato in sospetto, con la servitù che ci osserva, è la massima imprudenza, è un pericolo assurdo d'ogni minuto... Basterà un attimo d'im­prudenza e voi sarete perduta...

Anna                             - Sì, sì, è vero... Son tutta ansia e paura... E ve l'ho detto tante volte.... Non mi parlate più così... lasciatemi, ve ne prego...

Gorla                             - Ma io non posso vivere senza di voi. Io devo dirvi mille e mille cose che non ho mai potuto, ir: queste pa­role di sfuggita, dirvi, confessarvi, spiegarvi... Guardate, Anna... Io devo impormi, per decidervi, alla vostra vo­lontà, (guarda l'orologio al suo posto). Sono le cinque. Esco di qui, vado a casa mia. Vi aspetto.

Anna                             - No... No... No... Siete pazzo!

Gorla                             - Non vi chiedo, non v'impongo di venire.... Voglio che sappiate che io sono laggiù, solo, contando i minuti, spiando ogni rumore, ogni passo, ad aspettarvi con tinto il mio amore, con tutto la mia folle speranza.

Anna                             - Ma no... Non posso... Ascoltatemi... Non mi ten­tate così... Volete perdermi? Non sentite che non ho più forza, non ho volontà? Son sola, così sola e non so più che fare....

Gorla............................ - Ebbene, questo vostro smarrimento vi dice che appunto è il giorno della vostra decisione, che nulla più, oramai, fuori della nostra volontà, può dividerci An­na, Anna, vi adoro.. E vi aspetto, (le ha baciato appas­sionatamente la mano e fa per allontanarsi. Ma Anna trattiene la mano, s'aggrappa a lui disperata nella sua incertezza).

Anna                             - No... No.. Ascoltatemi... Ve ne supplico... Abbiate pietà... Non mi dite così... Non mi dite così...

Gorla                             - (a voce bassa, le parole sul viso) Vi aspetto.... (e, d'improvviso sciogliendosi da lei) Badate, vengono (e in­fatti il domestico è entrato recando un pacco).

SCENA OTTAVA

Gli stessi, il Domestico

Domestico                     - Hanno portato questo pacco di libri per la signora.

Anna                             - Ah, sì... mettete lì.... E, vi prego, versatemi il thè (il domestico eseguisce). Gorla, vi prego, fermatevi anco­ra cinque minuti... Una tazza di thè.

 Gorla                            - Vi ringrazio, signora, Ma è impossibile. Non ho un minuto di più. (Il domestico, dopo aver portato la tassa ad Anna, la porta a Gorla che rifiuta). Grazie, no... Perdonatemi. Devo andar subito a casa mia dove aspetto ansiosamente qualcuno il cui incontro ha per me la mas­sima importanza. (S'inchina ad Anna senza riprenderle la mano) A più tardi. (Esce).

(Anna è rimasta immobile, in piedi, con la tazza in mano. Il domestico è fermo ad aspettare che abbia bevuto. Anna lo vede, si scuote, beve un sorso).

Anna                             - Andate pure, Lorenzo.

(Il domestico s'è chinato ed uscito. Anna, bevuto il thè, lascia quasi ricader la sua tazza sul vassoio. Poi s'abbatte di piombo su una poltrona. È incerta, combattuta. Nel si­lenzio profondo della casa, da un orologio della stanza accanto suonan le cinque. Ella ha un sobbalzo. Poi d'un tratto decisa, si scuote, va a un campanello e suona. Con le mani sugli occhi vuol come coprire a se stessa l'orrore di ciò che ella sta per fare. E la cameriera entra).

SCENA NONA

Anna, la Cameriera, poi Luca

Cameriera                      - La signora ha chiamato?

Anna                             - (scuotendosi) Ah sì... Aiutatemi a vestirmi. Esco (Le due donne sono uscite. Dopo pochi istanti Luca en­tra, rapido, felice).

Luca                              - Eccomi qui. Come vedi, di volo... (ma si guarda attorno nella stanza vuota) Non c'è... (dopo una breve in­certezza sospettosa sì rassegna) Meglio... Preparerò.... (E va attorno alla stanza. Spegne varie luci. Concentra le luci in una lampada e nel riflesso del caminetto. Apre il cartoccio della carta, il cartoccio dei pastelli. Cava di tasca alcune puntine. Poi, vedendo apparire la cameriera, le dice:) Vi prego, Maria.... In camera mia c'è, su una

sedia, una piccola tavola di disegno... Vi sarò grato......

(Maria esce - Luca continua a preparare. Un campa­nello elettrico suona nel silenzio. Il domestico appare e, traversando la scena, entra nelle stanze di Anna. Poco dopo la cameriera porta la tavola da disegno. Luca la ringrazia con un sorriso). Grazie, cara... (e allegro, fi­schiettando, fissa la carta da disegno su una tavola, con le puntine; la cameriera è ferma accanto a lui a guardare. Luca, quando tutto è pronto e ha preso posto con la ta­vola da disegno su le ginocchia, dopo aver sotto la lam­pada preparato la poltrona per Anna, si volge alla ca­meriera) Ecco fatto. E ora chiama pure la signora. Dille che sono pronto.

Cameriera                      - Ma la signora esce. È già vestita.

Luca                              - Esce? (nella sorpresa ha deposto a terra la tavola, s'è levato in piedi).

Cameriera                      - (dopo una pausa) Comunque, vado ad avver­tirla.

Luca                              - (fermandola) No... lasciate... (è sopra pensiero. Cento incertezze si combattono in lui). Fermatevi... Av­vicinatevi... Aveva prima deciso di non uscire... Sapete dove va?

Cameriera                      - Non so.

Luca                              - Qualcuno ha telefonato?

Cameriera                      - Nessuno:

Luca                              - Ha ricevuto lettere?

 Cameriera                     - Che io sappia, no.

Luca                              - (dopo un'altra pausa) Sta bene: Andate pure, (e la cameriera esce).

SCENA DECIMA

Luca, poi il Domestico,, poi Mariolina, poi Anna

(Uscita la cameriera, il domestico appare dalle stanze di Anna, per traversare in fretta la scena. Luca lo ferma)

Luca                              - E voi, dove andate?

Ie domestico                 - Vado a cercare una carrozza chiusa per la signora (Il domestico fa due passi per avviarsi di nuovo, ma d'improvviso, secca, la voce di Luca lo ferma).

Luca                              - Fermatevi, (con un gesto nervoso indica le due tazze di thè) Chi ha preso il thè?

Ie domestico                 - La signora.

Luca                              - S'intende. Ma le tazze sono due.

Ie domestico                 - E l'avvocato Gorla.

Luca                              - Da quanto tempo l'avvocato Gorla è uscito da qui?

Ie domestico                 - Da un quarto d'ora.

Luca                              - Sapete dove sia andato?

Ie domestico                 - Credo che sia andato a casa sua.

Luca                              - Sta bene. Andate (resta assorto nel suo pensiero, nella certezza che lentamente si precisa. D'un tratto una decisione estrema lo precipita al telefono): 49-64.... Sì, 49-64.... Pronto... Parlo in casa dell'avvocato Gorla?.... L'avvocato è in casa?... Parlo col suo domestico?... Non è necessario che lei sappia con chi parla... Dica solamen­te all'avvocato che la signora che egli aspetta lo prega di scusarla se ritarderà di qualche minuto.... Prego per una risposta. (Ansiosamente Luca attende. Poi udendo parlar nel telefono esclama:) Lui! (e riattacca il ricevi­tore). É certo... È certo... (Ora il telefono suona. Il dome­stico appare e va a rispondere).

Ie domestico                 - Pronto. Casa Novate. (ascolta, poi a Luca) È l'avvocato Gorla che desidera sapere se cinque minuti fa qualcuno ha telefonato da Casa Novate.

Luca                              - (conquistata così la certezza) No. Rispondete che nessuno ha telefonato.

Ie domestico                 - (al telefono) No, signor avvocato. Non ha telefonato nessuno.. No, nessuno. Il signor Luca è rien­trato adesso... (pausa) la signora sta per uscire... (una pausa). Comanda altro? ... Buona sera. (Riattacca il tele­fono, poi a Luca) Vado ad avvertire la signora che la vettura è pronta.

Luca                              - Lasciate. Penserò io.

(Il domestico esce. Luca, fatti pochi passi, s'abbatte su una poltrona, gli occhi fissi, cercando il modo di salvare Anna. Mariolina appare nel fondo, traversa la scena ed entra nella sala del piano forte. Poco dopo suonano nel silenzio le prime note dei suoi esercizi. D'un tratto Lu­ca si leva. Vede la bimba. Corre verso di lei. La chia­ma): Mariolina... (e quando la bimba è entrata) Vieni qui, piccola... dammi retta... Lascia adesso i tuoi eserci­zi... e mettiti qui... (la fa sedere su una poltrona al cen­tro della scena. Poi raccoglie dai vari vasi i fiori e li ro­vescia su le ginocchia di Mariolina. Poi s'inginocchia ac­canto a lei, l'avvolge nelle sue braccia e le parla:) Ti di­menticavi, piccola, che domani è il 21, il giorno della morte della tua povera mamma. E dobbiamo, domattina, io e te, andare come sempre a portarle tutti questi fiori.. E tu, adesso, li prepari, ne fai un bel mazzo, metti in o-gnuno un tuo pensiero per la tua mamma... E poi... do­mattina... Su da brava, incomincia... (e le passa i primi fiori che la bimba aggiusta insieme).. Ecco, così, così.... (D'un tratto ode un rumore nella stanza di Anna. Balza in piedi. E poiché Mariolina fa per alzarsi a su-a volta:) Nulla, cara... È la zia che esce.. Ma non ti muovere... Continua... Continua.... Così.... Così... (così dicendo Luca s'allontana indietreggiando. E quando Anna appare, si getta rapido nella stanza del piano-forte rimanendo in­visibile dietro la vetrata, a seguire intensamente ciò che avviene tra Anna e Mariolina. Anna è chiusa in un abito semplice, coperto da una pelliccia, un cappellino nero sul capo, un velo fitto sul volto. Entra lentamente e si avvia per uscire, calzando i guanti. Giunta davanti a Mariolina si ferma).

Anna                             - Che fai, qui, piccina?

Mariolina                       - Preparo questi fiori per domani.

Anna                             - Per domani?

Mariolina                       - Sì, domani è il giorno che morì la mamma.

Anna                             - E tu questi fiori li porterai alla mamma?

Mariolina                       - Sì, il papà mi ha messa qui a prepararli. Tutti i mesi ci andiamo, quand'è il 21, dalla mamma.

Anna                             - Ci pensi sempre alla tua povera mamma?

Mariolina                       - Sempre, zia. E sempre che ci penso mi viene tanta voglia di piangere... (lentamente Anna s'è inginoc­chiata davanti alla bambina che è scoppiata a piangere. L'ha presa fra le braccia e la consola?).

Anna                             - Su, su, piccola.. Non piangere così... Perché piangi ' così?... Non hai il tuo papà.

Mariolina                       - Il papà non è la mamma. (E tra i singhiozzi-) Era tanto buona con me, la mamma... Tutti i piccoli, zia hanno la mamma... Ed io no, io no... E sono tanto sola... E piango tanto, piango sempre quando papà non vede... Era tanto bella, zia, la nostra casa... Ci si stava così bene (e poiché rompe di nuovo a piangere Anna la prende tra le braccia, dopo essersi tolta la pelliccia, e la consola).

Anna                             - Non piangere così, non voglio che tu pianga così.. (Poi, staccandosi dalla piccina, sempre inginocchiata qua­si parlasse a sé stessa, togliendosi lentamente i guanti). No... No.. Non posso... (Luca è apparso nella stanza. Anna, con un sobbalzo l'ha veduto. E togliendosi il cap­pello, fissi gli occhi su Luca, lo lascia cadere a terra mor­morando:) Non devo... (poi si stringe Mariolina tra le braccia e, sotto lo sguardo di Luca immobile al suo posto e lievemente sorridente, ripete ancora alla piccina): No... No... Non piangere così... Non piangere così. (Luca lentamente le si avvicina. Ora il pianto di Anna si confonde con quello di Mariolina. Quando è dietro di lei Luca pone una mano sulla spalla di Anna che si volge, singhiozzando, a guardarlo).

Luca                              - Ma nemmeno tu devi piangere così... Sei salva-Sei salva.... (Anna gli afferra una mano e vi inchioda so­pra le labbra frementi di pianto e di gratitudine.) Sei sal­va... E i tuoi piccini non piangeranno...

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Lo studio di Marco Novate, ricco ed austero. Grandi bibliote­che di libri giuridici alle pareti e pesanti arazzi. Una sola porta, nel fondo, a sinistra, comunica direttamente col salotto dell'atto precedente.

Quando il sipario si leva, la scena è buia. Solo splende, nel fondo a destra, il fuoco acceso in un camino monumentale sor­montato da un arazzo e da un busto di Napoleone.

SCENA PRIMA

Anna e Luca Novate

(La porta di fondo s'apre e si vede, dal buio della scena l'altro salotto illuminato. Luca Novate entra reggendo nelle braccia Anna che continua a piangere. Questa azione segue quasi immediatamente quella dell'atto pre­cedente. Mariolina, sospesa a un braccio del padre, i due bimbi di Anna abbracciandosi alle sue sottane, completa­no il gruppo che entra dalla luce viva del salotto nella semi-oscurità della scena. Le voci dei bimbi, entrando, interrogano:) Perché piangi, mamma?.. Che hai, mam­ma cara?... Papà, perché piange la zia?., (e la voce di Luca risponde 🙂 Zitti, zitti... Lasciatela tranquilla... (Va ad accendere una lampada sotto il paralume di tinta oscura. Intanto Anna cade in ginocchio abbracciando i suoi figliuoli e Mariolina, coprendone il volto febbrilmen­te di baci, con la sua povera testa dolorosa che, nei sus­sulti del pianto, sobbalza fra le testine dei ragazzi impie­tositi... Due volte la voce di Mariolina teneramente dice e prega:) Zia,., zia... (ed improvviso, vedendo piangere la mamma così, Giannetto scoppia in un pianto disperato. Mariolina accorre a consolarlo. Luca parla a Mariolina).

Luca                              - Via... Via... Portali via... Andate di là. Ora basta: bisogna che si calmi. (Mariolina allontana i ragazzi dal­la madre e li conduce via con se. Luca solleva Anna da terra, la fa sedere, le asciuga gli occhi. Anna gli prende una mano, e, prima che Luca la possa levare, gliela bacia.)

Anna                             - Come sei buono, tu...

Luca                              - Buono niente affatto.... Ci vuole altro ad essere buoni... Son buoni i santi e son pochi... e io sono un uo­mo, come milioni e milioni di uomini; niente più... (e poiché di nuovo Anna avvicina alla sua bocca la mano di Luca, egli la ritira ridendo:) Alto là... La mano si bacia ai vescovi.. Ed io non sono neppure un chierico...

Anna                             - Tu sei un santo...

Luca                              - Sì, anzi, santo e martire... Protomartire, anzi... San Luca, l'Evangelista, era fra gli apostoli il pittore... pit­tore come me... Ma lui riuscì a fare il ritratto della Santa Vergine e tu oggi non mi hai fatto riuscire a fare il ri­tratto della mia cognata... Del resto ho emulato il mio santo in un altro campo... San Luca era medico. E sono stato, oggi, medico anch'io. Credo di averti curata per sempre. Un vaccino, un vaccino fatto del dolore della mia vita, della disperazione della mia casa.... Al momen­to di perderti hai veduto quali tragedie possono nascere da tragedie come queste.... Tante cose noi facciamo, per­che non misuriamo le conseguenze dei nostri atti... Se potessimo sapere, se un'immagine concreta potesse rap­presentarci quello che da una nostra azione può venire contro di noi e contro gli altri, quanto male di meno noi faremmo, di quel male irreparabile che nasce per la vita da un momento di smarrimento.... Io sono giunto a tempo per farti vedere, per fermarti... Il minuto pericoloso della tua vita è passato per sempre. Ora sei vaccinata ed incolume.

Anna                             - Luca... Luca... (e abbandona il capo sulle mani riunite di lui.) Grazie per i miei bambini e per me...

Luca                              - Non merito ringraziamenti, io. L'ho fatto istinti­vamente, quello che ho potuto fare: non per difendere te o Marco, o i bambini, ma per difendere me e Mariolina che siamo soli, sperduti, senza casa, senza famiglia, sperduti in questo immenso mondo nemico e oscuro, do­ve contro la tempesta non c'è rifugio possibile che in un cantuccio... L'avevamo, Mariolina ed io, il nostro can­tuccio.... E ce lo hanno distrutto... Lo abbiamo mira­colosamente ritrovato qui, nella vostra casa, nella vostra pace... E non abbiamo voluto salvare nessuno... È troppo eroico... Ci siamo solamente difesi come potevamo... È tanto più semplice e tanto più umano...

Anna                             - Luca... Luca...

Luca                              - Solamente tutto questo può, grazie a Dio, servire e servirà. Ci sono nella guerra sentinelle morte al loro posto che, col loro umile ed oscuro sacrificio, salvano tutto un esercito. Son quelle che si mettono, sacrificate, agli avamposti. Una fucilata le uccide al loro posto. La loro morte pare oscura, pare inutile. È lì, a terrà, la sentinella morta, nel suo sonno eterno, senza sepoltura, senza compianto, senza gloria. Ma se il grosso dell'eser­cito viene a passare di là, vede in quella sentinella per­duta la presenza del nemico che l'ha uccisa, scopre la via pericolosa, ritorna indietro, prende un'altra strada sicura. Così il destino mi ha forse messo, sentinella sa­crificata, su la vostra strada. Voi non passerete, gio­vani, felici, destinati alla vittoria, per la via pericolosa dove io sono stato ucciso. Ma non inutilmente ucciso se il mio sacrificio risparmia il vostro; se lo spettacolo della mia morte vi fa vedere dov'è bella e sicura la vita.

Anna                             - Tu sei un poeta...

Luca                              - Oh, tutti gli uomini che hanno un dolore e che lo riconoscono e lo accettano sono poeti... Ma tu, tu, Come hai potuto, in un momento, non sentile più la poesia della tua casa, della tua maternità, della tua vita leale e bella?... Come ha potuto quell'uomo tentarti, farti de­viare dal tuo cammino, farti accettare l'idea di per­derti per sempre?...

Anna                             - Non so... Non so... È stato un attimo... Una follia improvvisa... Mi è parso che tutto mi mancasse, che avessi la vita inutile, il vuoto intorno...

Luca                              - E avevi, invece, nella stanza accanto i tuoi figliuoli, nel tuo dovere e nel tuo amore tuo marito...

Anna                             - Mio marito m'era parso perduto, lontano da me, unicamente preso dal suo egoismo di lotta e di con­quista.

Luca                              - E invece Marco ti ama, Marco ritornerà a te che avrai saputo aspettarlo... Non ti abbandona oggi, perché di te non gli importa... Ti trascura perché di te è sicu­ro... Fa la sua strada. È l'ora della sua ambizione, della sua vittoria... Ma combatte anche per te, vincerà anche per te e per i suoi figliuoli. Oggi, ambizioso com'è, non vede che questo: vincere... E tutto quello che gli è osta­colo gli è nemico. Ma quando avrà vinto, quando, pas­sata l'ebbrezza della lotta, stringerà la vittoria nel pu­gno e vedrà che non è niente: un po' di acqua che appena presa scivola via per tutte le dita allora, si volgerà a te, ai suoi figliuoli, al solo premio vero e certo che non sfugge con la gioia breve d'averlo conquistato, al solo premio profondo e durevole che la vita gli ha concesso e gli può concedere... (si volge parlando a vedere il busto di Napoleone. Si leva. Fa levare Anna. LA conduce al camino cui si appoggiano uno da una parte e l'altro dall'altra, Napoleone in messo a loro). Vedi... Guarda lui... Napoleone... Chi più di lui ha vinto? ... E, dopo avere conquistato il mondo, che cosa ha avuto an­che lui nelle mani se non un po' di fumo che il vento! portava via, se non un po' d'acqua che la mano non poteva trattenere?... E, solo, Napoleone imperatore d'un mondo, non ebbe rifugio che nella tenerezza di suo fi­glio lontano, nel rimpianto della donna che aveva sa­crificata alla sua ambizione. Tutti così, come lui, quelli che conquistano, quelli che vincono, quelli che inseguono la grande illusione. Ritornano. Tornano dalle cose gran­di alle cose piccine, dalle parole sonore alle parole vere, da un impero a una casa, da un popolo a un solo essere, da uno scettro alla mano d'un fanciullo, da una gloria immensa a un piccolo cuore di donna, da un gigan­tesco sogno bugiardo a una piccola realtà sicura.... E tornando, più nulla.. Tu devi, invece, aspettare che Mar­co ritorni. Tu devi custodire per lui la casa e te stessa. Dopo la sua inutile vittoria comincerà la tua vittoria, umi­le, sicura e profonda. Se per averla devi soffrire, ac­cetta questo dolore. Non c'è premio senza virtù e non c'è gloria senza sacrificio... (bussano alla porta, mentre Anna, nascosti gli occhi nel fazzoletto, silenziosamente piange) Avanti...

SCENA SECONDA

Gli stessi e il Domestico

(Il domestico entra, senza vedere nella penombra i due vicini al caminetto. Ha l'aria di cercarli).

Luca                              - Lorenzo, siamo qui... Che c'è?...

Il domestico                  - C'è l'avvocato Gorla... che chiede d'essere per un momento ricevuto dalla signora...

Luca                              - Ditegli che non è in casa...

Il domestico                  - Sa dall'anticamera che la signora c'è. E insiste. Dice che è cosa breve, ma urgente.

Luca                              - Sta bene. Quando suonerò fatelo entrare. (Il do­mestico esce. Luca dà alla stanza la piena luce. Poi toma ad Anna) Lo riceverò io.

Anna                             - Ma no... Tu...

Luca                              - Io, io lo riceverò... E tu va di là... Non deve ve­derti... Non deve parlarti... Gli dirò io quello che è ne­cessario...

Anna                             - Ma tu, Luca... È meglio che io spieghi, dica...

Luca                              - No, quello che vuole è evidente. Ha atteso. Non sei andata. Crede a un pentimento. Viene ad insistere, a perseguitarti... Vattene... Penserò io.

Anna                             - Ma tu... Ho paura... Ti prego...

Luca                              - Vattene, ti dico!

Anna                             - Ma ascoltami...

Luca                              - Non prego. Ordino.

(Anna sott'il comando dello sguardo di Luca esce. Quand'è uscita Luca suona. Poi s'appoggia con le spalle al caminetto e aspetta. Dopo pochi istanti il domestico apre la porta e Gorla appare).

SCENA TERZA

Luca, Gorla, poi Anna

Luca                              - (vedendolo entrare) S'accomodi.

Gorla                             - Buona sera.

Luca                              - Lei desidera?

Gorla                             - Desidero parlare un momento con sua cognata.

Luca                              - Mia cognata non è visibile. Può dire a me.

Gorla                             - Ma so che è in casa.

Luca                              - È in casa, ma non è visibile. Ma può dire a me, le ripeto. Riferirò.

Gorla                             - La signora mi aveva manifestato il desiderio d'aver due biglietti per il concerto di Vecsey. Ero ve­nuto a portarglieli.

Luca                              - Grazie. Metta pur lì. Penserò io a consegnarli. (Gorla mette i due biglietti su la tavola di Marco No­tiate. Poi fa per avviarsi. Ma si ferma, incerto) C'è altro?

Gorla                             - C'è... C'è che avrei anche bisogno di parlare un momento con la signora...

Luca                              - Torno a ripeterle per la terza volta che mia co­gnata non è visibile.

Gorla                             - È strano... Poiché è in casa... (e, dopo una pausa:) E poiché ella stessa mi ha or ora telefonato di venire.

Luca                              - Non è vero.

Gorla                             - Mi smentisce?

Luca                              - Non la smentisco. Ma le avranno riferito inesat­tamente. Mia cognata non può averle telefonato se da un'ora non s'è mai allontanata da me.

Gorla                             - Ma io, insomma, desidero sapere se potrò parlare

alla signora...

Luca                              - Le ho detto di no.

Gorla                             - Se non ora, più tardi...

Luca                              - Né ora né mai.

Gorla                             - Sarà lei a proibirmelo?

Luca                              - Sì, Io.

Gorla                             - Lei? E con quale diritto?

Luca                              - Un diritto che arrogo e di cui non a lei devo dar

conto.

Gorla                             - Tutto ciò mi stupisce oltremodo.

Luca                              - È naturalissimo. Domandi a sé stesso s'ella non ha qui abusato dell'ospitalità che le veniva accordata. L'a­buso fatto impone che quest'ospitalità le venga d'ora in­nanzi rifiutata.

Gorla                             - Da chi? Da lei?

Luca                              - Da me. Precisamente.

Gorla                             - La sua, qua dentro, è una nuovissima autorità.

Luca                              - Non le appartiene di discuterla. Può solo ricono­scerla.

Gorla                             - E se non la riconoscessi?... (ridendo siede).

Luca                              - Le ordinerei di uscire immediatamente...

Gorla                             - (balzando in piedi) Signor Novate! (Fino a questo punto, Luca ha sostenuto la scena senza mai muoversi dal caminetto contro il quale è appoggiato. Ma Gorla, balzato in piedi dì sotto l'affronto, sì riprende, ride. Depone su ima tavola cappello e bastone. Poi ac­cende una sigaretta e siede. Dal fondo, la voce di Luca lo raggiunge).

Luca                              - Le ho detto di uscire.

Gorla                             - Non ricevo ordini da lei in questa casa che non le appartiene.

 (A queste parole Luca avanza lentamente verso Gorla. Poi gli si pianta davanti. L'altro fuma. D'un tratto Luca gli strappa la sigaretta di bocca e la getta lontano).

Luca                              - Esca, le dico.

(Gorla di nuovo è balzato in piedi contro Luca che, col braccio, gli indica la porta. I due uomini sono di fronte nell'ancor contenuta violenza, quando improvvisamente Anna appare e si getta in mezzo a loro).

Anna                             - Per carità... Gorla, la scongiuro... Lo faccia per me. Eviti qualche cosa d'irreparabile... Lo facci? per me...

Luca                              - Tu, Anna, vattene. Il tuo posto non è qui. Basto io per sapermi regolare (l'accompagna via riluttante, mentre Anna supplica un po' lui, un po' Gorla).

Anna                             - La prego, Gorla... Ti prego... Luca, te ne scongiu­ro. Ah, è terribile... Non resisto... Non posso... Ho paura.

Luca                              - Ma paura di che?... Paura di che?... (E l'ha spinta fuori, richiudendo la porta. Quando ha ri­chiuso, si volge deciso a Gorla. Prende cappello e ba­stone di lui e glieli rimette) Ed ora, finiamola. Deve essere oramai evidente per lei che è ormai nota l'insidia che lei portava in questa casa ch'era degna di ogni suo rispetto. Prima che mio fra­tello sappia, per evitare che egli debba esserne informato, io la prego d'allontanarsi da qui per sempre, di tro­vare il modo di rinunziare immediatamente, con un pretesto plausibile, al posto che occupa presso mio fratello. È inteso?

Gorla                             - Io sono a ripeterle che non ho ordini da ricevere da lei.

Luca                              - Ma li riceverà, perdio, dalle mie braccia...

Gorla                             - C'è da aspettarsi anche questo, da lei... Le violenze, le peggiori violenze, non le sono certamente sconosciute.

Luca                              - Badi. La prego. Non mi metta al cimento.

Gorla                             - Non mi fa paura, sebbene con lei ci sia tutto da aspettarsi...

Luca                              - Badi. Esca.

Gorla                             - Con lei che brutalmente, selvaggiamente...

Luca                              - Badi! Esca!

Gorla                             - ... Ha già avuto ragione di una donna e ha già visto da vicino il sangue, la morte...

Luca                              - Badi! Badi! Badi!

Gorla                             - Con lei che è un assassino! ...

Luca                              - (slanciandosi sopra di lui) Ah, canaglia... Hai vo­luto dirlo, buttarmelo in faccia... E ora, fuori... fuori...

Gorla                             - Sì, assassino... Assassino! ...

Luca                              - Fuori...! Fuori...!

(I due uomini, stretti, avvinti, vanno lottando, verso la porta. Vi sono giunti e Gorla è per essere gettato fuori, quando improvvisamente la porta s'apre e Marco No­vate appare).

SCENA QUARTA

Gli stessi e Marco Novate

Marco                            - Fermi, perdio! (sì getta fra i due uomini per di­viderli. Non riesce. Riesce invece Luca a spinger con un ultimo urlone Gorla fuori della porta. Poi, quando l'avversario è uscito e la porta è richiusa, Luca Novate con passo malfermo viene sul davanti della scena, se­guito da Marco. Prende una mano di questi, cade a sedere, appoggia la fronte su la mano del fratello e pro­rompe in pianto).

SCENA QUINTA

Luca e Marco poi Anna e Mariolina

Marco                            - Ma che c'è?... Che accade...?

Luca                              - Nulla... nulla... Perdonami... Un incidente doloroso. Un alterco...

Marco                            - Tra Gorla e te, tra il mio fedele e devoto colla­boratore, mio discepolo, mio amico e te, mio fratello.... Ma spiegami, raccontami...

Luca                              - È inutile... Lascia, non interrogarmi...

Marco                            - Non interrogarti? ... Ma io voglio sapere, ho il diritto di sapere...

Luca                              - Che cosa? Un incidente fra me e lui... Tu non c'entri.

Marco                            - Come? Rientro in casa mia e trovo te, mio fra­tello, in una rissa violenta col mio amico più fedele e più devoto e non devo chiederti spiegazioni? su quan­to ha potuto determinare, me assente, un. episodio di così grande gravità? Io non ti chiedo di spiegarti. Io ti invito a parlare chiaro. Io ti ordino di spiegarti.

Luca                              - Parole vive... Una discussione, nata da nulla, da una sciocchezza... Ma ad un dato punto quel ragazzo ha perduto la testa e ha creduto di potermi rimprove­rare il più doloroso giorno del mio passato, il mio ter­ribile dramma...

Marco                            - Non basta. Tu non saresti arrivato per questo a levare le mani su di lui, a gettarlo in quel modo fuori della mia casa...

Luca                              - Le sue parole sono state gravi, offensive...

Marco                            - Per quanto gravi, erano le parole d'un mio amico dette in casa mia.... Tu avresti certamente sopportato, in queste condizioni, mille volte più di quanto, in condi­zioni diverse, avrebbe avuto severa sanzione da parte tua...

Luca                              - Perdonami, ho perduto la testa anch'io... Non ho più pensato ai vostri rapporti... alla tua casa...

Marco                            - Non si tratta di perdonare. Si tratta di capire. Tu spieghi senza spiegare. Tu non mi rispondi nulla di preciso. Io esigo, invece, la verità, la verità esplicita ed intera. Un incidente di tal gravità deve avere avuto, nelle condizioni e nelle circostanze in cui si è svolto, cause gravissime. Voglio, devo conoscerle.

Luca                              - Ma ti ho già detto... Parole... da una parte e dall'altra... Vive le sue... più vive le mie... Gravissime le sue... le ultime...

Marco                            - Quali?

Luca                              - Non so... non mi far ripetere. Non importa...

Marco                            - Quali, ti domando.

Luca                              - T'ho già detto: ho perduto la testa, mi ha gettato in faccia come un'offesa, il ricordo del mio dramma...

Marco                            - Come? In che modo?

Luca                              - Ma non so... Lascia, ti prego... Ha detto che con me era da aspettarsi ogni violenza...

Marco                            - E poi? Le altre?

Luca                              - Ma no... lascia... (e a un gesto di violenta irrita­zione di Marco) No... non t'irritare... ti dirò... Mi ha detto che avevo già veduto da vicino, io... il sangue... la morte...

Marco                            - Avanti... avanti...

Luca                              - Ti giuro, non c'è altro...

Marco                            - Sì... altre ce ne sono... Per queste, per un'allu­sione, per quanto brutale, per quanto cattiva, tu non avresti levato le mani... C'è altro, dunque, e voglio sapere...

Luca                              - Sì... Gli animi si sono accesi... Non abbiamo più da una parte e dall'altra misurato le parole.... e... .

Marco                            - E… e... avanti, ti dico!

Luca                              - E, a un dato punto... m'ha chiamato assassino!

Marco                            - Ah, vigliacco!

Luca                              - E, allora... non ho veduto più nulla... Il sangue mi ha annebbiato tempestosamente il cervello... E ho levato le mani, l'ho cacciato fuori.

Marco                            - Hai fatto bene...

Luca                              - (ricadendo a sedere) Ma non dovevi farmi dire-Perche, perché hai voluto sapere?...

(C'è una lunga pausa. Marco s'è seduto alla sua scrivania. Luca è caduto su una poltrona e cincischia nervo­samente il suo fazzoletto. Chiudendo violentemente un cassetto che, con gesto meccanico, aveva aperto, Marco sì leva, va al fondo e, mani dietro al dorso, si appoggia al caminetto. Poi, dopo aver riflettuto lungamente):

Marco                            - Ma tutto ciò motiva quanto è avvenuto. Non lo Spiega. Perché un uomo come Gorla, mio amico, in casa mia, abbia potuto gettare un'ingiuria simile sulla faccia di mio fratello, è necessario che avesse perduto la testa. Ma perché uno spirito equilibrato come il suo possa ave­re perduto ogni controllo il vostro diverbio deve essere partito da cause gravissime... Un uomo come te, delicato, timido, cauto, di tutti e di tutto riguardoso, non arriva, senza grave motivo, senza grave provocazione, a inveire contro un mio amico, in casa mia, sino al punto di pro­vocare da lui una tale reazione... Voglio sapere. Voglio veder chiaro... C'è in tutto questo qualche cosa di miste­rioso, d'oscuro, che non riesco a intuire, che non posso nemmeno immaginare...

Luca                              - Non insistere, ti prego... Non far l'incidente assai più grave di quanto è stato... Un minuto di pazzia, effet­ti sproporzionati alla causa, da una parte e dall'altra... Sai come si è... le parole vanno, si urtano, s'esaltano, diventano presto irreparabili...

(Improvvisamente Marco si stacca dal caminetto e viene rapidamente accanto al fratello su la cui spalla mette, con atto decisivo, una mano).

Marco                            - Alle corte. Tutte queste sono scappatoie, vicoli ciechi di chi vuol dire e non dire. Perché un incidente simile abbia potuto aver luogo fra Gorla e te, la causa deve essere stata gravissima.

Luca                              - Grave.... Ti ho detto. Se la guardi negli effetti.... Ma in sé....

Marco                            - Taci. Ora una causa grave non può avere per soggetto che te stesso o me...

Luca                              - Ma certo... Io... Questo è evidente....

Marco                            - No. Nessuna causa di conflitto poteva nascere tra te e Gorla. Quindi bisogna scartarli. Tu non dai ombra a nessuno. Vivi in un cantuccio. Tu non eri in giuoco. Quindi, scartato te, rimango io... In giuoco c'ero io....

Luca                              - Ma no... Credimi.... Di te non s'è parlato... Posso giurartelo... Sul mio onore...

Marco                            - Io... o i miei... Puoi giurarmi anche questo?.... (Luca non risponde) Vedi? T'inchiodo. Non scappi più. E i miei, chi? Parenti non ho. Due bambini e una moglie.

Luca                              - No... Lei no!....

Marco                            - Come gridi per dir no... E che vuol dire codesto no? no? « Lei no», che cosa? Non capisco... Par quasi che tu la difenda mentre qui nessuno l'accusa....

Luca                              - E nessuno, infatti, può accusarla...

Marco                            - Ma l'accuso io, suo marito, qui, davanti a te, suo spontaneo e malaccorto difensore... Hai troppa paura della verità perché di questa verità io non debba sospet­tare.. E poi... Non sospetto, ma certezza. Ora comincio a comprendere, ora tutto si chiarisce, in un lampo... .

Luca                              - Ma che cosa?... Che immagini?... Ti prego, cal­mati! ... Non farneticare così...

Marco                            - Alle corte. Tu non vuoi dirmi che cosa è accaduto fra te e Gorla, la ragione per cui tu hai creduto di poterti arrogare il diritto di metter Gorla fuori di questa casa... Sta bene. Mi informerò diversamente. Chiamerò Anna (e s'avvia).

Luca                              - (fermandolo) No... Ti prego... Che cosa vuoi che sappia tua moglie, che cosa può dirti?

Marco                            - Le strapperò di bocca una verità che tu vuoi na­scondermi, ma che per me non è più nascosta. Tutto quel­lo che avviene ha per centro lei. Di questo non v'ha dubbio. Qualunque altra fosse la causa di quanto è av­venuto fra te e Gorla, me lo diresti. In un solo caso è lo­gico che tu taccia: se mia moglie è in giuoco.

Luca                              - Ma no... Ma che pensi?.. Che follia immagini?...

Marco                            - Una cosa semplicissima. Atroce, ma semplicissi­ma. Tu hai veduto quello che io non vedevo, tu conosci quello che io ignoro. Gorla è l'amante di mia moglie. (E di nuovo s'avvia per chiamare Anna. Ma, nell'ansia, nella paura, Luca lo raggiunge, lo ferma, scioglie finalmente il suo silenzio, la sua reticenza).

Luca                              - No, no... Non credere questo... Anna è innocente. Se tu puoi credere possibile una colpa di Anna, io non posso più tacere... Speravo di evitar tutto questo, che tu potessi ignorare che l'amico tuo migliore, quello in cui riponevi ogni fiducia, ha insidiato la tua pace, minacciato il tuo onore. Parlato a tua moglie come mai avrebbe do­vuto parlare... Questo io ho saputo e questo ho voluto che avesse fine. Ed eccoti la spiegazione di quanto è av­venuto. Non ce n'è altra.

Marco                            - Non ti credo. Se Anna, come tu dici, è innocente, quanto è avvenuto fra te e Gorla non sarebbe giunto alle violenze di cui io sono stato testimone. Tu avresti parlato a me prima che a lui. Tu avresti lasciato a me marito il compito d'allontanare da mia moglie e dalla mia casa un uomo in cui fidavo e che era indegno dell'u­no e dell'altra. Perché tu non abbia sospettato, perché tu abbia creduto necessario d'agire direttamente e imme­diatamente, occorre che tu ti sia trovato improvvisamente davanti ad un fatto non ad una possibilità, a qualche co­sa di certo, non di possibile, a una vergogna da far ces­sare, non ad un pericolo da eliminare.

Luca                              - No. Questo, non altro. Un pericolo da eliminare... Non ho osato parlartene. Ho creduto di poter agire io. Ho parlato. Quell'uomo ha preso in mala parte le mie parole, gli animi si sono accesi...

Marco                            - E le tue si spiegano ad una ad una nello stento, nella bugia, nella restrizione mentale, nell'ingenuità di un povero brav'uomo che non sa mentire. Ti ripeto: non ti credo. Qui una sola persona può parlare: mia moglie! (Di corsa è andato alla porta laterale. Ha aperto. Ha chiamato): Anna!

 (Luca lo ha raggiunto, lo ha fermato, lo ha respinto).

Luca                              - No... No... Lasciala.... Ti dirò io, ti dirò tutto....

Marco                            - Ah, finalmente... C'è dunque qualche cosa da sa­pere. C'è una sporca verità che ho immaginata e veduta prima che tu fossi costretto a confessarmela... (Marco è caduto a sedere, ì gomiti su le ginocchia, il capo fra le mani. Luca è rimasto presso la porta. Questa s'è aperta e appare Anna. Subito Luca si volge, le parla, la re­spinge).

Luca                              - No... Vattene... Va di là... Ti prego... (e richiude la porta e va a sedere accanto al fratello. Gli mette un braccio attorno al collo, gli parla piano) No... Non la verità orribile, irreparabile che tu sospetti, ma una ve­rità triste, dolorosa, attraverso la quale la pace ritorne­rà, salvata a tempo, nella tua casa e nel tuo cuore... Sì, sospettavo da varie settimane. I movimenti di quell'uomo qua dentro non erano chiari. E avevo sorpreso in Anna, vigilando, qualche contraddizione, qualche punto oscuro., sì, sì, vedi, la verità, la triste verità, te la dico... Volevo nascondertela, ma non posso, se tu dai corso erroneamen­te, nel tuo spirito, a qualche cosa di ben più grave, di assai diverso... Sì, sì, tua moglie era al punto di perdersi. Da te trascurata, sentendosi sola, circuita, suggestionata da quell'uomo, oggi era per andare da lui.... Miracolosa­mente , in una intuizione di tutto il mio essere, l'ho sen­tito, l'ho veduto... E ho fatto a tempo a fermarla, a par­larle, ad aprire a tempo i suoi occhi smarriti... E poiché l'altro è venuto a cercarla, a tentare ancora di perderla, io, disperatamente, pazzamente, ho preso il tuo posto, ho parlato per te, ho ordinato quello che tu solo saresti stato in diritto di ordinare. E poiché quell'uomo ha rea­gito.. Ecco tutto. La verità, l'intera verità. (Marco sol­leva lo sguardo come per interrogarlo in un'ultima diffi­denza. Luca gli pone una mano nella mano). Posso giu­rarlo sul mio onore. (Una lunga pausa).

Marco                            - (sempre immobile, come parlando a sé stesso), E così, mentre io non vedevo, mentre io correvo per la mia strada credendomi al sicuro, la mia casa era per cadere su me, sui miei figliuoli... Ma tu hai veduto per me, tu vegliavi per questo tuo gran fratello stordito e orgoglio­so, che si credeva tanto più forte di te, tanto di te più sicuro, più chiaroveggente, più padrone della sua vita e del suo destino... E tu, che io ho tante volte deriso, hai salvato la mia casa dalla catastrofe che ha schiantato la tua... Senza parole, senza lacrime, virilmente, ti ringrazio.

Luca                              - Non mi devi ringraziare. Una tempesta minacciava il tuo giardino. Ma ora la nuvola è lontana.' E tutto è in fiore, come prima.

Marco                            - (sempre immobile, con gli occhi lontani) Mi ri­cordo... Mi ricordo un lontano episodio del nostro passa­to, quand'eravamo ragazzi... Una gran corsa giù per i monti... Io correvo... Tu guardavi, avvertivi, segnalavi i pericoli... Io ridevo, schernivo la tua paura, la tua prudenza... E, d'un tratto, fui davanti a un precipizio che non avevo veduto... Ma l'avevi veduto tu e, gettandoti davanti per trattenermi, mi salvasti a tempo,... Ricordo che per salvarmi cadesti, ti feristi gravemente. Hai zop­picato per un anno per salvare questo tuo cattivo fratello ambizioso, cieco e spensierato... Allora non capii tutta la differenza fra me e te.. Quasi il mio orgoglio te ne volle d'avermi salvato, quasi ti serbai rancore perché eri più previdente, più pronto di me... Oggi, invece, l'anima è diversa, il cuore è più profondo ed io capisco quello che tu hai fatto per me. Capisco tutt'il mio errore di tanti anni, la follia della mia cieca ambizione. Mi credevo il più forte. E il più forte, quello che un'altra volta mi sal­va, sei tu, il poeta...

Luca                              - Io non ti ho salvato. Io mi son difeso. Non ho nulla al mondo. Non ho che la tua casa per vivere in un ri­flesso di felicità. Ho lottato e vinto per me, per Mariolina....

Marco                            - E anche in questo sei più di me: nel non voler essere ringraziato...

Luca                              - Questo non conta. Una sola cosa conta. Che la tua casa è salva. Che tu sei ritornato a tempo... (Si leva. È incerto, poi parla).: Ma ho diritto a un premio: il premio che s'accorda a una sentinella diligente... E, come pre­mio, voglio che tu chiami Anna, che le parli, che tu ri­cominci nell'antica serenità la tua vita con lei...

Marco                            - No... Anna... E ha potuto giungere... Lei! E a quest'ora, se tu non fossi stato accanto a lei....

Luca                              - No, Marco. Anna è salva oramai per sèmpre .Tu non hai più nulla da temere da lei. Né, d'altra parte, tu sei senza colpa... L'hai abbandonata, offesa, tradita... Tu hai il dovere, oggi, di ricostruire: dovere verso di te, verso Anna, verso i tuoi figliuoli, verso me... Sì, sì ani che verso me, poiché ormai io posso vivere solamente di ciò che è tuo... Lascia dunque che Anna venga... Pen-1 sa: è di là, sa tutto, ha udito e compreso e soffre un'ora tremenda... Promettimi di non accoglierla come un giu­dice... Non parlarle di colpe e di perdono. Anche il per­dono umilia. Siate come due compagni di strada che si ritrovano, dopo aver per un momento, l'uno e l'altro, smarrita la via. Una mano nella mano, per non perdersi più, e si ricomincia serenamente a camminare...

Marco                            - (sempre senza muoversi) Chiamala...

Luca                              - (va alla porta e chiama): Anna... Vieni... (Anna entra.. Luca la spinge avanti, verso Marco. B Anna è, piangendo, ai piedi del marito seduto che, con gli occhi fissi lontano, senza parole, le accarezza lentamente i ca­pelli. Mariolina apre la porta di fondo. Avanza. Luca la vede. Corre a lei. La prende fra le braccia facendole cen­no di tacere).

Mariouna                       - Ma che hanno, papà?

Luca                              - (pianissimo) Nulla, cara; sono stanchi... E hanno bisogno d'un po' di silenzio... (E, mentre i due riman­gono silenziosi ed immobili, Luca si porta via la bara per l'uscio laterale, in punta di piedi).

FINE