La sera del sabato

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LA SERA DEL SABATO


LA SERA DEL SABATO

Dramma in tre atti

di GUGLIELMO GIANNINI

PERSONAGGI

TONY SAVARESE

ERICK BROWN, ispettore dì polizia

BARTOLO DI SARNO

ABELE SKIROTAS

AL­FREDO DERRICK

JACK D'ARIENZO

L'avvocato NORTON

NICOLA STEFANOPULOS

Il notaio ROBERTS

METAXAS

GLO­RIA WHITE

MABEL O' BRIEN

GINA MONDTNI

LUCIA SCIARRETTA

Un AGENTE

Un FACCHINO

Un altro AGENTE,  un altro FACCHINO     (che non parla­no)

Un OPERAIO

Tre ragazze. Operai, operaie, avventori del bar.

ATTO PRIMO

L'interno del «Piccolo Bar ». A sini­stra, avanti, entrata dalla strada: è una porta a grossi cristalli. In alto, sulla porta, si legge a ro­vescio l’insegna del « Piccolo Bar ». Do­po la porta a sini­stra un radiogram­mofono. Più indie­tro, quasi nell'ango­lo, una vetrina, in cima alla quale an­che si legge l'inse­gna a rovescio. Un tavolino, alcune se­die, un portamantelli nell’angolo a sinistra. Al fondo. verso sinistra, in ar­monia con la vetrina, una seconda entrata dalla strada, in tutto simile a quella a sinistra, con la solita insegna leggibile a rovescio. Oltre l’entrata la strada. Subito dopo l'entrata al fondo incomincia il banco, di legno e zinco, che piegando nell'angolo a destra, occupa quasi i due terzi della parete a destra: dietro il banco un grande specchio. Un'uscita dietro il banco, a destra, quasi verso il fondo (seconda a destra). Oltre il banco, altra uscita a destra (prima a destra). Entrambe le uscite a destra mettono nel retrobottega. Oltre la seconda a destra un altro banco, più piccolo, col registratore degli incassi. Avanti, verso destra, un altro tavolino con sedie. Davanti al banco varie sedie alte; senza schienale, da bar. Sul banco una macchina per fare il caffè, all’italiana: varie chiavi per spillare la birra, bicchieri, tazze, e quant'altro occorre per servire. Sono le otto del mat­tino, un operaio in tuta sta terminando di bere una tazza di caffè. Alfredo strofina e mette in ordine dietro il banco. Bartolo sonnecchia dietro la cassa.

Un Operaio              - (in tuta azzurra, senza cappello. Finisce di bere il caffè, depone la tazza sul piattino e guarda Al­fredo interrogativamente).

 Alfredo                   - (sui trent'anni, giacca bianca, pantaloni scuri) Quante paste?

L'Operaio                 - Un panino.

Alfredo                    - Diciotto soldi.

L'Operaio                 - (va verso la cassa cavando il borsellino, mette una moneta di nikel sull'apposito disco di vetro con iscrizioni reclamistiche, aspetta qualche secondo, poi, vedendo che Bartolo non si muove, riprende la mo­neta e la ribatte leggermente).

Alfredo                    - (che ha seguito la manovra) Ehi... Bartoloooo!

Bartolo                     - (si sveglia sussultando. Cinquantacinque anni, abito da passeggio un po' frusto. Prende la moneta. Ac­cento toscano marcatissimo) Cosa paga?

Alfredo                    - Diciotto soldi.

Bartolo                     - (manovra il registratore, dà il resto, richiude, riprende subito a dormire).

L'Operaio                 - (ha preso il resto, ed ora esce dalla sini­stra) Buongiorno.

Alfredo                    - ... giorno. (Pausa, strofina amorosamente la macchina per fare il caffè) Nessuno la voleva, tutti dicevano che sarebbe stato un nasco, e invece si fanno più di cinquecento caffè al giorno. Il pubblico ame­ricano non beve caffè... Si! Non vorrà bere cicoria, ed è naturale, ma il caffè, il vero caffè. (Guarda Bartolo, vede che s'è riaddormentato). Bartolooo! (Batte con un cucchiaio su un vassoio di metallo).

Bartolo                     - (sussultando) Eh!... eh... cosa c'è?

Alfredo                    - Sveglia!

Bartolo                     - E che sto dormendo, forse, animale?

Alfredo                    - E’ dalle sei che dormi!

Bartolo                     - Come dormo, se mi svegli ogni due mi­nuti!

Alfredo                    - Se non ci fossi io ti porterebbero via con tutta la cassa!

Bartolo                     - Se non ci fossi tu non dormirei... E' anche scusabile se m'addormento ogni tanto... Sono trent'anni che faccio questa vita!

Alfredo                    - Dopo trent'anni dovresti essere proprie­tario, non commesso di un bar... E non avresti bisogno di star su la notte!

Bartolo                     - Io sono come l'ancora, caro mio... Quando m'abbarbico ad un posto non so più strapparmene via!

Alfredo                    - Tu rassomigli all'ancora, ma non per questo...

Bartolo                     - Perché?

Alfredo                    - Perché l'ancora sta sempre nell'acqua e non impara a nuotare!

Bartolo                     - (seccato) Non fare l'idiota! Io potrei in-segnare a tutti voi come si porta avanti un locale!

Brown                      - (cinquanta anni, ispettore di polizia in borghese, tipo duro, angoloso, brusco. Entra dalla sinistra).

Alfredo                    - (con gentilezza professionale) Buongiorno, ispettore!

Brown                      - Buongiorno.

Bartolo                     - (si alza a metà, vagamente inquieto, fissa Brown).

Brown                      - (s'è avvicinato al banco) C'è la signorina?

Alfredo                    - Non ancora.

Brown                      - (si volge verso la cassa) Ah... Buongiorno, signor Bartolo.

Bartolo                     - (inghiottendo) Buongiorno, ispettore.

Brown                      - Ancora in piedi?

Bartolo                     - (sorridendo, umile) Questo è il mio de­stino.

Brown                      - (fa cenno ad Alfredo di servirlo, poi a Bar­tolo) Com'è che la signorina non è ancora scesa?

Bartolo                     - Sono appena le otto.

Brown                      - Le otto e un quarto.

Bartolo                     - (dopo una pausa, esitando) V'occorre qual­cosa?

Brown                      - (fissandolo) No.

Bartolo                     - (umile, esitando) Se posso esservi utile...

Brown                      - Sapete bene che non potete essere utile a nessuno... nemmeno a voi stesso.

Bartolo                     - (ride male, fissa Brown, poi comincia a con­tare delle monete per far qualcosa).

Alfredo                    - (avvicinando la bibita che ha finito di pre­parare) Ecco, ispettore.

Brown                      - Grazie... (Guarda ancora Bartolo che lo guardava e che precipitosamente ripiglia a contare il danaro, poi gli volge le spalle e comincia a bere).

Bartolo                     - (gii fa un gesto di minaccia).

Alfredo                    - (vede il gesto, ma rimane impassibile).

Brown                      - (ha bevuto metà della bibita, e, senza voltarsi) Badate che vi vedo nello specchio. (Oppure, se non c'è specchio) Vi vedo riflesso nella macchina      - (indica la macchina del caffè).

Bartolo                     - (sgomento) Ma...

Brown                      - (senso voltarsi) E' inutile minacciarmi. Inu­tile e pericoloso.

Bartolo                     - (c. s.) Ma io non ho minacciato affatto... L'avevo con Alfredo...

Alfredo                    - Già, stiamo litigando dalle sei.

Bartolo                     - Ispettore, io...

Brown                      - Voi avete bisogno di riflettere qualche an­netto in una bella celletta chiusa bene, al riparo delle correnti d'aria...

Bartolo                     - (contenendosi a stento) Ma cos'ho fatto che mi minacciate sempre?

Brown                      - (grave, minaccioso) Il giorno che potrò dirvi cosa avete fatto non vi minaccerò più!

Bartolo                     - Che prove avete contro di me?

Brown                      - Le cerco da tre anni, e le troverò!

Bartolo                     - Le troverete se ci sono.

Brown                      - (subito) Non ci sono più?

 Bartolo                    - (lo fissa incapace di rispondere subito, poi ride con un certo sforzo) Voi volete farmi ridere, ispettore.

Brown                      - Eh, già... E ridete, allora, ridete pure...

Bartolo                     - (ride).

Brown                      - Poi, a momento opportuno, riderò io!

Bartolo                     - (smette di ridere di scatto).

Brown                      - (si tocca la falda del cappello, esce dalla si­nistra).

Bartolo                     - (appena Brown è uscito ha un nuovo gesto di minaccia al suo indirizzo).

Alfredo                    - Non fare l'idiota.

Bartolo                     - Se ne pigliassi solo due anni di galera, mi leverei la soddisfazione!

Gloria                       - (trent’anni, entra dalla sinistra, abito sem­plice, ma molto elegante. Cappello) Buongiorno!

Alfredo e Bartolo     - (premurosi) Buongiorno, signo­rina!

Gloria                       - (viene avanti togliendosi il cappello) No­vità?

Alfredo                    - Nessuna. La macchina del caffè ha lavo­rato dalle cinque alle sette e mezzo senza interruzione L

Gloria                       - (contenta, dando a Bartolo il cappello e la borsetta) Vedete? Non avevo ragione?

Bartolo                     - (prendendo gli oggetti) Certo, signorina. (Esce dalla prima a destra).

Gloria                       - (siede alla cassa, comincia a contare il danaro).

Alfredo                    - C'è stato l'ispettore Brown.

Gloria                       - (senza alzare gli occhi) Ah.

Alfredo                    - Ha chiesto di voi.

Gloria                       - (c. s.) Che voleva?

Alfredo                    - Non lo 60... Forse il solito.

Gloria                       - (c. s.) Senza forse. Ho paura che se non trova nessuno finirà con l'arrestare me.

Alfredo                    - (con un sussulto) Non lo dite nemmeno per ischerzo. Sono pericolose certe idee... Se solo gli passa per la testa una cosa simile...

Gloria                       - (c. s. interrompendo) Gli è già passata e da parecchio. M'ha domandato diverse volte se ho gua­dagnato o perduto con la morte di papà...

Alfredo                    - Oh... ma è orribile... Gli avrete risposto a dovere!

Gloria                       - (c. s.) Gli ho risposto la verità.

Alfredo                    - Ossia?

Gloria                       - (c. s.) Che finanziariamente ho guadagnato.

Alfredo                    - Signorina!

Gloria                       - (alzando la testa e guardandolo) E' la ve­rità... Ho riscosso l'assicurazione... Il bar è andato meglio perché ci ho badato, mentre lui, poveretto, non ci ba­dava più tanto... sono io sola a spendere mentre prima eravamo in due... lui giuocava, io non giuoco... (mentre parla si commuove, e a questo punto ha un singhiozzo e piange).

Alfredo                    - (commosso) Signorina... (Esce in fretta dalla seconda a destra, rientra subito dalla prima, s'ac­costa a Gloria, la conforta) Signorina... Andiamo, non fate così, Dio santo...

Gloria                       - (asciugandosi gli occhi) Sempre qui a tor­mentarmi, a farmi sempre le stesse domande offensive, senza pietà, senza riguardo, come se non fossi stata una buona figlia...

Alfredo                    - Più che buona, e tutti lo possiamo giu­rare!

Gloria                       - Capisco che vuol trovare chi è stato, ma questo non deve fargli sospettare anche di me! E perché, poi? Per diventare la padrona del «Piccolo Bar»? E non ero lo stesso? E non lo sarei anche meglio, se ci fosse lui, a proteggermi contro... (s'interrompe). E' questo sospetto che mi strazia... Sapere che la gente può pensare che sono stata io...

Alfredo                    - Ah, per questo potete star sicura che non lo pensa nessuno!

Gloria                       - (si asciuga gli occhi).

Bartolo                     - (rientra dalla prima a destra, col cappello in testa, il bastone in mano, guarda i due) Cosa c'è?

Gloria                       - (vivamente) Niente.

Alfredo                    - (si stringe nelle spalle).

Bartolo                     - Le hai detto di Brown?

Alfredo                    - Per forza!

Bartolo                     - (ha un gesto di minaccia).

Gloria                       - Andate a dormire, Bartolo... Dovete essere di ritorno all'una.

Bartolo                     - Avete verificato l'incasso?

Gloria                       - Sì, grazie...

Bartolo                     - Buongiorno, signorina.

Gloria                       - Buongiorno.

Bartolo                     - (fa un cenno di saluto ad Alfredo).

Alfredo                    - (risponde con un altro cenno).

Bartolo                     - (va verso il fondo).

Alfredo                    - (è uscito dalla prima a destra ed è rien­trato per la seconda a destra dietro il banco).

Bartolo                     - (fa per uscire dal fondo).

Jack                          - (venticinque anni, in tuta di tela blu, un po' sporco sul viso e sulle mani, senza cappello, sigaretta non ancora accesa sull'orecchio. Fa per entrare, si fa da parte per dare il passo a Bartolo).

Bartolo                     - (facendosi da parte) Accomodatevi.

Jack                          - Accomodatevi voi.

Gloria                       - (alza gli occhi, guarda Jack, li riabbassa su­bito, continuando a far conti).

Bartolo                     - Ma venite, venite non fate tanti compli­menti.

Jack                          - (entrando) Grazie, allora.

Bartolo                     - Prego. (Esce dal fondo e chiude la porta).

Jack                          - (allegro) Buongiorno, signorina Gloria!

Gloria                       - (senza alzar la testa) Buongiorno...

Alfredo                    - Caffè?

Jack                          - Caffè... e un fiammifero, per favore. (Si toglie la sigaretta dall'orecchio).

Alfredo                    - (gli porge l'accenditore acceso).

Jack                          - (accende, fuma).

Alfredo                    - (si mette a preparare il caffè).

Jack                          - Ah, no, freddo, per favore.

Alfredo                    - Freddo, benissimo. (Prende una bottiglia con del caffè, versa in un bicchiere).

Jack                          - Qui si può prendere il caffè freddo... Si è sicuri che non è brodo di salvatacchi usati...

Gloria                       - (senza alzare gli occhi) Noi adoperiamo solo salvatacchi nuovi.

Jack                          - (bevendo) Come state, signorina?

Gloria                       - Bene, grazie.

Jack                          - Non mi chiedete come sto io?

 Gloria                      - No... che me ne importa?

Jack                          - Giustissimo. (Pausa, beve, cava il portafoglio, ne estrae un biglietto di grosso       taglio, e, avvicinandosi alla cassa) Vi dispiacerebbe di cambiarmi?

Gloria                       - Affatto... Se il biglietto non è falso... (Apre il cassetto).

Jack                          - (porgendo il biglietto) Vi giuro di no. L'ho fatto con le mie mani.

Gloria                       - (prende il biglietto, conta il resto da dare) Questa spiritosaggine ho cominciato a sentirla quando avevo tre anni.

Jack                          - (galante) Non molto tempo fa, allora.

Gloria                       - La prima volta che la sentii la trovai molto stupida. (Conta il resto).

Jack                          - Ed ora?

Gloria                       - Più stupida che mai.

Jack                          - Questo prova che le cose stupide sono le più resistenti.

Gloria                       - (ridendo con evidente sforzo) Ah ah. (Gli dà il resto).

Jack                          - Carina, non è vero? (Prende il resto).

Gloria                       - Assai. Volete un'altra risata?

Jack                          - Perché no? Mi piace sentirvi ridere.

Gloria                       - (ridendo e. s.) Ah ah.

Jack                          - Ma la vorrei un pochino più lunga.

Gloria                       - (c. s.) Ah ah ah. Siete contento?

Jack                          - Beato. Avete finito?

Gloria                       - Sì, non bisogna mai abusare dei diverti­menti.

Jack                          - E' giusto. Anche perché dobbiamo parlare di cose serie.

Gloria                       - Oh?!

Jack                          - Sicuro, d'affari. Sapete perché mi son fatto cambiare quel bigliettone?

Gloria                       - Oh, l'ho capito subito. Per darvi delle arie!

Jack                          - Non solo per questo, ma anche per farvi ve­dere che non sono più uno straccione...

Gloria                       - Ah... allora è proprio denaro vostro?

Jack                          - Sì, signorina.

Gloria                       - L'avete trovato per terra?

Jack                          - No.

Gloria                       - Avete vinto al lotto del signor Skirotas?

Jack                          - No.

Gloria                       - L'avete rubato?

Jack                          - No.

Gloria                       - Allora rinunzio a capire.

Jack                          - L'ho economizzato sulla mia paga.

Gloria                       - Oh, poveretto... Siete stato digiuno tanto tempo?

Jack                          - Certo non ho mangiato molto. Ecco perché vorrei organizzare qualcosa per oggi...

Gloria                       - No.

Jack                          - Siamo in tre...

Gloria                       - No.

Jack                          - Ma si starebbe tanto bene qui... io, il mio amico Wolf, la sua fidanzata...

Gloria                       - Peggio che mai... Donne qui non ne voglio.

Jack                          - Ma se nel bar s'è sempre fatto da mangiare-

Gloria                       - Ora non si fa più. Questo è un bar, non una trattoria.

Jack                          - Però per Tony continua ad essere una trat­toria.

Gloria                       - Tony è Tony e voi siete voi... E se non vi .serve altro potete anche andarvene.

Jack                          - Me ne vado, ma... (Ha un gesto nella pausa, di sorridente minaccia).

Gloria                       - Ma non rimetterete più piede nel bar? Mi dispiace, ma cercheremo di rassegnarci.

Jack                          - Al contrario, ci ritornerò... e più spesso, se mi riesce.

Gloria                       - (senza guardarlo, badando al danaro che sta contando) Peccato.

Jack                          - Io sono fatto così: più mi trattano male e più m'affeziono.

Gloria                       - Allora proveremo a trattarvi bene!

Jack                          - Ah, se mi trattano bene non m'affeziono più...

Gloria                       - Meno male!

Jack                          - ...m'appassiono!

Gloria                       - (sta contando il danaro sempre, quasi macchinalmente) Uff! (Si ferma, e riprende da capo a contare).

Jack                          - Ch'è successo?

Gloria                       - M'avete fatto sbagliare!

Jack                          - Mi dispiace!

Gloria                       - Anche a me! Cos'altro volete? Non avete da fare nell'officina?

Jack                          - Ma sì che ho da fare, signorina... Non v'ar­rabbiate!

Gloria                       - Se non volete che m'arrabbi, andatevene!

Abele                        - (quarant’anni, levantino, eleganza un po' chias­sosa, cappello, bastone, viene da sinistra).

Gloria                       - (alza gli occhi) Oh, buongiorno, signor Ski­rotas.

Abele                        - Buongiorno.

Alfredo                    - Buongiorno, signor Skirotas... Il solito?

Abele                        - Sì, mettici molto cognac, stamattina... e molta coca...

Alfredo                    - Perché così ci va molto zucchero...

Abele                        - Bravo... e ci si può mettere molta soda. (Ride).

Jack                          - (ridendo come Gloria nella scena precedente) Ah ah.

Abele                        - (volgendosi, bruscamente, fissandolo) Cosa c'è?

Jack                          - Niente... rido.

Abele                        - (quasi minaccioso) E perché ridi?

Jack                          - Perché così mi pare.

Abele                        - (stupito) Ma... parli con me?

Jack                          - Parlo con te!

Abele                        - (nervoso) Ti credi mio fratello che mi dai del tu?

Jack                          - E tu ti credi mio padre?

Abele                        - Ho conosciuto tante bagasce che potrebbe darsi...

Jack                          - ((movendosi) Ah, carogna...

Abele                        - (portando la mano al revolver) Calma!

Jack                          - (afferra una sedia di ferro, fa per farsene una arma).

Alfredo                    - (è uscito dalla seconda a destra ed è rien­trato dalla prima: fa per slanciarsi fra i due).

Gloria                       - (è saltata giù dalla cassa gridando) No! (e s'è messa tra Jack le Abele) No, vi dico... basta!

 Abele                       - Se lo trovo un'altra volta qua...

Jack                          - (cercando di scansare Gloria) Che fai? Se dici un'altra parola ti metto con la testa nel muro!

Abele                        - (cavando il revolver) A chi?

Gloria                       - (slanciandosi su Abele) No, no, per carità... (Quasi abbraccia Abele, gli prende la mano armata, poi ad Alfredo) E voi, là, cosa fate? Mandatelo via!

Alfredo                    - (cerca di disarmare Jack).

Abele                        - (fa per svincolarsi da Gloria).

Gloria                       - No, vi dico! Finitela! (Urlando).

Tony                         - (dal fondo. Quarantacinque anni, benissimo por­tati, abito da mattina, cappello, senza bastone, accento napoletano) Eh, eh, eh... Ch'è stato? (Avanza verso il gruppo, toglie la sedia dalle mani di Jack, fa cenno ad Alfredo di ritornarsene dietro il banco).

Alfredo                    - (esce per la seconda a destra, rientra per la prima dietro il banco).

Tony                         - (ad Abele, sorridendo) E voi, che aspettate per rimettere a posto quel cannone? (A Gloria) Lascia­telo, signorina...

Gloria                       - Ma...

Tony                         - Non spara, state sicura... non è ancora mez­zogiorno.

Gloria                       - (lascia Abele).

Tony                         - (fissa Jack, pausa, poi) Stai ancora qua?

Jack                          - Aspetto di vedergli rimettere il revolver io tasca!

Tony                         - (lo prende per un braccio, lo accompagna al fondo, apre la porta, lo spinge fuori).

Jack                          - (fa per parlare).

Tony                         - (si mette un dito sulle labbra, gli fa cenno di andarsene ed in fretta).

Jack                          - (via, stringendosi nelle spalle, contenendo un gesto di minaccia).

Tony                         - (si volge, vede Abele ancora con l'arma in mano) Be', e allora.. Io vi avevo pregato... Volete proprio far chiudere il bar?

Abele                        - Io?

Tony                         - Eh! Se entra qualcuno della polizia e vi vede con l'artiglieria da fuori, sono almeno quindici giorni di chiusura... Sarebbe una gran perdita per voi!

Gloria                       - Dite per me!

Tony                         - No, per lui... Perché certamente il signor Skirotas pagherebbe di tasca sua la perdita del locale.

Abele                        - (rimette la rivoltella con un gesto di stizza).

Gloria                       - Son cose che si dicono!

Tony                         - E che si fanno. Di questo potete star sicura. Il signor Skirotas non avrebbe nemmeno il fastidio di venire da voi a pagare, perché mi farei un dovere di andare io ad esigere.

Abele                        - (ha un sussulto, reprime un gesto di minaccia).

Tony                         - (lo fissa, gli sorride a bocca chiusa, gli fa un lieve inchino come per dire: « non è così? »).

Alfredo                    - (ha finito di preparare la bibita per Abele) Ecco, signor Skirotas.

Abele                        - (fissando Tony) Grazie. (Va al banco, co­mincia a bere lentamente, dando ogni tanto uno sguardo a Tony).

Gloria                       - (a Tony) Vi sto preparando il danaro, si­gnor 'Tony.

Tony                         - Non c'è fretta.

Gloria                       - Due minuti soltanto. Avete la ricevuta?

Tony                         - No... me la sono dimenticata. Non mi ricor­davo che oggi è giorno di pigione.

Alfredo                    - Questo capita quando si hanno troppi soldi.

Tony                         - (senza minaccia, ma senza cordialità) Non fare lo spiritoso, tu... Vammi a preparare la colazione...

Alfredo                    - Si, signor Tony... Uova e prosciutto, come al solito?

Tony                         - E qualche filetto d'aringa... con tre o quattro olive nere.

Alfredo                    - (si muove).

Tony                         - E un po' di birra... Non gelata!

Alfredo                    - (uscendo dalla seconda a destra) State tranquillo! (Esce).

Gloria                       - (ha messo del danaro in una busta e la porge a Tony) Ecco.

Tony                         - Cos'è? Ah, la pigione... l’ho detto che non ho la ricevuta.

Gloria                       - Me la darete più tardi.

Tony                         - (intascando la busta, senza verificare il da­naro) Grazie della fiducia.

Gloria                       - (accennando con gli occhi Abele) Tanto c'è un testimone.

Tony                         - Ah, già... Così siete più sicura.

Gloria                       - (comincia a preparare il tavolino dove dovrà far colazione Tony).

Abele                        - (dopo una pausa) Avete degli ottimi in­quilini, signor Savarese.

Tony                         - Me li so scegliere.

Abele                        - Vi pagano tutti così puntualmente?

Tony                         - (sedendo al tavolino) Con me sono tutti pun­tuali.

Abele                        - E pure sono pigioni forti.

Tony                         - Giuste.

Abele                        - Meno questa del bar.

Tony                         - E che ne sapete, voi?

Abele                        - Così... penso.

Tony                         - Non bisogna mai pensar troppo, se no il cervello si consuma.

Gloria                       - (continua a mettere a posto stoviglie e posate sul tavolino).

Abele                        - Penso che è una pigione bassa perché c'è la servitù della pensione...

Tony                         - Che volete, io ho mangiato qui per tanto tempo, e non mi troverei bene in un altro posto.

Abele                        - Siete innamorato del bar.

Tony                         - (fissandolo) Sì, sono innamorato del bar. (Pausa). Vi dispiace?

Abele                        - (guardando di sfuggita Gloria) Un poco. Ne sono geloso.

Gloria                       - (ha un gesto di fastidio).

Tony                         - (giocherellando con il coltello) Ah... e sof­frite, soffrite?

Abele                        - (sorridendo) Assai.

Tony                         - (c. s.) Allora vi consigliere un rimedio che non vi farà soffrire più...

Abele                        - (sorridendo, sedendosi, disponendosi ancora meglio ad una conversazione scherzosa) Oh, davve­ro?... Cosa dovrei fare?

Tony                         - (c. s.) Cambiare discorso.

Abele                        - (si morde le labbra) Mh.

Tony                         - E non tornarci più sopra.

Abele                        - Ho capito.

Tony                         - Era ora. (Pausa). Be'? E cosa fanno queste uova?

Gloria                       - Vado a vedere io (esce per la prima a de­stra).

Tony                         - Brava.

Abele                        - (vivamente, appena Gloria è uscita) Sentite, Savarese...

Tony                         - (interrompendo) Sentite, Skirotas... E' inutile che insistiate!

Abele                        - Io sono pronto a darvi mille dollari al mese!

Tony                         - Nemmeno duemila. Il bar è fittato alla ra­gazza, e finché vorrà starci ci starà!

Abele                        - Ma mi hanno detto che paga una miseria!

Tony                         - Paga quello che pagava il padre.

Abele                        - Ossia i prezzi di quindici anni fa!

Tony'                        - Ma scusate, Skirotas, 'o palazzo è mio o è vostro? Non ho il diritto di guadagnarci quello che mi piace?

Abele                        - Ma guadagnereste dieci volte di più, se sfruttaste il locale al suo giusto valore... Un negozio d'angolo con due ingressi! Pieno di sole e di vita, spe­cialmente adesso che s'è così avviato...

Tony                         - Già, e chi l'ha avviato? Quella povera figlia, lavorandoci dentro sedici ore al giorno...

Abele                        - Andiamo, Savarese... Se non c'eravate voi ad aiutarla quando è morto il padre, il « Piccolo Bar » sarebbe ancora quella baracca che è sempre stata! Oggi si potrebbero guadagnare dollari a cappellate qui den­tro... Far da mangiare per tutti anziché solo per voi, attirarci il pubblico sportivo con i notiziari e gli alto­parlanti, farci venire un po' di donne che sono sempre la grande risorsa dei locali...

Tony                         - Per far questo non ci vuole una ragazza sola, ma un uomo.

Abele                        - 'E' perciò che voglio venirci io!

Tony                         - (lo fissa) E impiantarci in grande il vostro giuoco del lotto!

Abele                        - E perché no?

Tony                         - Perché no. Il lotto clandestino, in casa mia, non lo voglio.

Abele                        - Come, voi che.„

Tony                         - Sì, io che!

Abele                        - Voi che avete ,fatto i liquori...

Tony                         - Io che ho fatto i liquori! Il contrabbando dei liquori, quando c'era quella legge benedetta, era un commercio onesto e onorato! Cera dentro il fiore delle autorità proibizionistiche! Io poi ci avevo addi­rittura il presidente della Lega Antialcoolica!  Era una attività pulita! Ma la cocaina, per esempio, non l'ho fatta mai, eppure c'era da guadagnare molto di più che sullo spirito. E come non ho fatto la cocaina non voglio fare il lotto.

Abele                        - Ma scusate, cosa avete contro il lotto? Non sarà peggio dei liquori, no?

Tony                         - (lo fissa, poi) Parola d'onore, mi sto accor­gendo che divento proprio vecchio.

Abele                        - (infastidito) Che c'entra questo...

Tony                         - C'entra perché mi meraviglio io stesso di starvi a sentire... Dieci anni fa non v'avrei fatto nem­meno cominciare...

Abele                        - Ma, caro Savarese, è un affare che...

Tony                         - (tagliando) Non è un affare!

Abele                        - Non è un affare guadagnare il trecento per cento...

Tony                         - ...sfruttanno 'e paisane mieie!

Abele                        - (dopo una pausa, protestando) Del resto io le ho pagate sempre le vincite!

Tony                         - Sempre, gli ambi...

Abele                        - E i terni!

Tony                         - Per quelli importanti so che avete sempre fatto la transazione!

Abele                        - Se i vincitori si contentano non c'è niente da dire!

Tony                         - Si debbono contentare per forza! Quale au­torità protegge il giuocatore del lotto clandestino? Va' va'... che lo conosco questo mestiere... e qui... (indica con l’indice in basso, varie volte) non lo voglio!

Abele                        - Io ho pagato delle quaterne e posso pro­varlo!

Tony                         - Sarà stata roba da pochi soldi!

Abele                        - Ho pagato una quaterna di quarantamila dollari!

Tony                         - Ah, ah! A chi?

Abele                        - Ad un notaio, che l'ha incassata per conto del vincitore. E posso mostrarvi la ricevuta del notaio!

Tony                         - Un notaio conosciuto?

Abele                        - Uno dei primi notai del distretto, Roberta, se non vi dispiace!

Tony                         - Il dottor Roberts?

Abele                        - Precisamente.

Tony                         - Sarei curioso di vedere.

Abele                        - Se vi faccio vedere facciamo l'affare?

Tony                         - Vediamo prima.

Abele                        - Vado a casa e torno (si muove).

Tony                         - Vengo io da voi, se aspettate che faccio cola­zione.

Abele                        - No, ho premura di concludere. In un quarto d'ora sono qui. (Esce dal fondo in fretta).

Alfredo                    - (dalla prima a destra con un vassoio sul quale è la colazione di Tony, Vede uscire Abele, ha una smorfia di stizza. Depone il vassoio sul tavolino, comincia a servire).

Tony                         - (comincia a mangiare).

Gloria                       - (viene dalla prima a destra, guarda intorno) E il signor Skirotas?

Alfredo                    - (con astio) Se n'è andato senza pagare e se ne dimenticherà certamente!

Tony                         - (divertito) Ah ah! Tu fai così, aumentagli le bibite di due soldi l'una fino a che non avrà pagato il debito...

Alfredo                    - Ah, per questo gliele ho aumentate di venti soldi l'una da sei mesi, e gli metto la metà del liquore...

Tony                         - Allora sei a posto... (Guarda sul tavolino) E la birra?

Alfredo                    - Volo!  (Fa per uscire dalla prima a destra).

Tony                         - Non gelata!

Alfredo                    - La spillerò direttamente dal fusto!

Tony                         - (mettendosi la mano sinistra a taglio sul soprac­ciglio sinistro, con il mignolo sotto) Qui ti dò un fusto, io!  Prendimi una mezza di quelle speciali, in cantina!

Alfredo                    - Volo! (Esce per la prima a destra).

Gloria                       - (dopo breve esitazione) Signor Tony..,

Tony                         - (mangiando) Signorina bella...

Gloria                       - Debbo chiedervi un gran favore...

Tony'                        - Tutto quello che volete.

Gloria ì                     - Si tratta dell'affitto...

Tony                         - Ah, a proposito... Eccovi la ricevuta (le porge un foglio che cava di tasca).

Gloria                       - L'avete trovata?

Tony                         - Non l'ho mai perduta. Ma non ho voluto darvela davanti a quel giudeo di Smirne, che certa­mente avrebbe trovato modo di leggere la cifra.

Gloria                       - Era proprio questo che volevo dirvi... Io riconosco che pago poco

Tony                         - Pagate quello che s'è sempre pagato per questo locale.

Gloria                       - Lo so, voi siete stato tanto buono con me, ed io non penso che a sdebitarmi...

Tony                         - Ma voi non avete nessun debito con me. Io ero amico di vostro padre, buonanima, e quando siete rimasta sola... (Esita, non trova le parole) Insom­ma ora il momento brutto è passato, il locale è a posto, voi ci potete rimanere fino a quando vi farà comodo, senza preoccuparvi di niente.

Gloria                       - (dopo una pausa, durante la quale porta via un piatto e riassetta la tovaglia, con tono determinato) Signor Tony, io incasso abbastanza oggi, e posso pa­gare un prezzo regolare. Non ho più bisogno di ele­mosine.

Tony                         - (stupito) Signorina Gloria...

Gloria                       - Non ho più bisogno ne d'elemosina né di protezione. E vi sarò molto grata se mi farete un af­fitto come a tutti gli altri vostri inquilini, al prezzo giusto, in modo da potermi sentire veramente padrona in casa mia.

Tony                         - (la guarda, poi) E' l'ebreo di Smirne che vi mette queste idee in testa?

Gloria                       - No... (Irritandosi) No, non è l'ebreo di Smirne, e non è nessun altro. A quest'ora avreste do­vuto già capire che non ci può essere nessun altro, né a darmi consigli ne ad essermi amico. Nessuno ci si prova, perché tutti hanno paura di voi!

Tony                         - (la fissa, stupito, un po' addoloralo, poi) E a voi vi dispiace?

Gloria                       - (c. e.) Molto! Moltissimo! Tutti hanno paura di voi, anch'io...

Tony                         - (addolorato) Voi?

Gloria                       - (c. s.) Io, e forse più degli altri... (Indi­cando con un ampio gesto la scena) Vedete? Non c’è nessuno... Nessuno ha il coraggio d'entrare nel «Piccolo Bar » perché Tony Savarese sta facendo colazione... Quando avrete finito comincerà a venire qualcuno: ma stasera, alle sette quando ritornerete per pranzare, ci sarà un'altra mezz'ora di deserto... La gente passerà da­vanti alla porta, vi vedrà attraverso i vetri, e si terrà lontana... C'è Tony Savarese che pranza... e andrà a prendere il caffè in un altro bar!

Tony                         - (ha avuto come uno scatto di dolore, poi s'è frenato e dominato, ed ora è tranquillo, benché l’amarezza sia rimasta in lui) La mia amicizia è una persecuzione, dunque.

Gloria                       - (colpita dal tono di voce di Tony, ma subito reagendo per ritornare al pensiero che la guida) E' stata una benedizione, specialmente nei primi giorni. Ma ora, lasciatemelo dire senza offendervi, è un peso, capite? Un peso... E diventerà certamente una perse­cuzione se continua... Non ho il coraggio di pensare a quello che la gente crede di me...

Tony                         - (ha anche lui un pensiero che lo guida, ed è paziente ora, benché il dolore e la collera lo tormen­tino) Ma che ve ne importa... Ma che ve ne importa «Iella gente?

Gloria                       - Me ne importa moltissimo.

Tony                         - Pure non dovete dar conto a nessuno.

Gloria                       - Debbo dar conto a me.

Tony '                       - Ma non avete niente da rimproverarvi.

Gloria                       - (fissandolo) Credete?

Tony                         - A meno che non si tratti di peccati di pensiero...

Gloria                       - Sono i soli peccati che posso commettere, sorvegliata come sono.

Tony                         - Io non vi ho sorvegliata mai...

Gloria                       - Sempre! Non sono mai libera... Mi sento continuamente i vostri occhi addosso...

Tony                         - (pensa, poi) Insomma voi vorreste che non rimettessi più piede nel bar...

Gloria                       - Vorrei esser libera... Pagare come un'in-quilina qualsiasi... avere un contratto d'affitto più gra­voso, ma senza quelle clausole che m'avete imposte in compenso del prezzo basso... chiudere non più tardi dell'una, aprire non prima delle cinque... far da man­giare solo per voi e servirvi nella sala... Si direbbe proprio che ci tenete a far sapere che mi sorvegliate, che sono tenuta ad obbedirvi... che siete il padrone qui... il padrone, insomma... voi e non io (Finisce la frase con un gesto nervoso).

Tony                         - (si alza, si muove nervoso, poi) Vostro pa­dre, che era mio buon amico...

Gloria                       - (fredda, risoluta) Mio padre non vi era amico...

Tony                         - Signurì!

Gloria                       - E voi non gli eravate amico. Lo so, signor Tony. Ricordo bene. Avevo cinque anni, ma ricordo...

Tony                         - (cercando di fermarla) Voi...

Gloria                       - Fu in questa stessa sala, lui era dove siete voi ora, e voi dove sono io adesso... Mia madre era già andata via da qualche giorno... e a me avevano detto ch'era volata in cielo... altro che cielo... Scappai là, dietro la cassa... Allora c'era ancora il banco rosso e verde... Mio padre vi gridò qualcosa in napoletano, che allora non capii... Parlavo inglese, allora... Pensavo in inglese, come m'aveva insegnato mia madre... Vidi nella vostra mano una cosa lucente... e poi la lama del coltello volare verso mio padre...

Tony                         - ... che aveva in mano uno splendido re­volver...

Gloria                       - Sì, lo aveva, ma non sparò!

Tony                         - Perché non fece a tempo...

Gloria                       - Perché non gliene deste il tempo!

Tony                         - (E che dovevo aspettare che prendesse bene la mira?

Alfredo                    - (rientra dalla prima a destra, con un vassoio in cui è una bottiglia di birra e un bicchiere) Ecco, signor Tony!

Tony                         - (voltandosi, furioso) Non ho più sete... Caffè.

Alfredo                    - (fa per andare alla prima a destra).

Gloria                       - Penso io.

Alfredo                    - (felice d'andarsene) Bene, signorina. (Esce dalla prima a destra).

Gloria                       - (va verso il banco).

Tony                         - ((trattenendola) No, aspettate... Adesso voglio dirvi io qualcosa che non sapete, e che vi può essere utile sapere e ricordare... Io non avevo fatto niente a vostro padre...

Gloria                       - (fredda, ostile) Niente?

Tony                         - (Niente. Tanto è vero che lui non cercò più di vendicarsi di me...

Gloria                       - Mio padre non ha mai fatto la spia a nes­suno... Voi italiani siete tutti così!

Tony                         - Noi italiani... Voi siete cinese?

Gloria                       - Mia madre era irlandese.

Tony                         - Certo, una donna come lei non poteva essere italiana!

Gloria                       - (aggressiva) Che volete dire?

Tony                         - Mi capisco io.

Gloria                       - Ne insultate anche la memoria, adesso? Non vi basta?

Tony                         - Non mi basta cosa?

Gloria                       - Quello che avete fatto... in casa di mio padre?

Tony                         - (scattando) Io non ho fatto niente in casa di vostro .padre... e lui ne ebbe le prove, perché ri­tornammo amici dopo quel giorno, e rimanemmo amici altri quindici anni... finché visse! Se vostro padre non fosse stato certo della mia innocenza sarebbe venuto a cercarmi appena guarito per regolare la cosa a modo nostro... Chi ha rovinato la sua vita non sono stato io ma il destino che gli ha fatto incontrare quella fem­mina...

Gloria                       - Mia madre!

Tony                         - Vostra madre, e ringraziate Iddio di non rassomigliarle né nel corpo né nell'anima! (Afferra il cappello, fa per metterselo).

Gloria                       - (furiosa) Signor Tony, questa è l'ultima volta che metterete piede nel mio bar!

Tony                         - Nel vostro bar?

Gloria                       - Nel mio bar! Da oggi dev'essere mio sol­tanto! Se non mi farete il contratto che voglio me ne andrò!

Tony                         - Ve ne andrete? Dove ve ne andrete? A far che? Ma credete sul serio di poter prendere in affitto un altro bar e andare avanti tranquillamente?

Gloria                       - Mi minacciate?

Tony                         - Io vi minaccio? Ma cosa credete di poter fare, voi, sola, senza di me? Credete che per mio di­vertimento vi abbia imposto di chiudere la notte, di non far giuocare, di non permettere alle donne di ma­laffare ed ai loro amici di fermarsi... Per mio capriccio forse? (Che so' nu munaciello francescano io? Che forse non ho fatto filare per dieci anni tutta la zona come volevo io? Che mi spavento delle femmine, io... o avite sentito dicere che non me piacciono? Ma se non fossi venuto per tre anni due volte al  giorno ad avve­lenarmi qui dentro... se non avessi fatto sapere, vedere e credere che voi eravate persona mia, protetta e rispet­tata da me... v'avrebbero levato di mano il bar dal primo giorno, v'avrebbero mangiata viva, sfruttata come si sfruttano le donne sole e abbandonate... Se nessuno s'azzarda di toccarvi è perché sanno che c'è Antonio Savarese che vi guarda... Tony il napoletano, con cui hanno 'mparato ca nun se pazzea... non si scherza! E pirciò, piccerè, senza tanta chiacchiere... voi rimarrete qui e farete quello che avete sempre fatto fino ad oggi... la donna onesta... la persona per bene... come vostro padre voleva... come io gli ho giurato!

Gloria                       - (sussultando) Giurato? Quando?

Tony                         - Un minuto prima che morisse!

Gloria                       - (guardandolo con gli occhi sbarrati, in preda ad una nuova paura) (Sulla via del Porto...

Tony                         - (fissandola come per sfidarla) Sulla via del Porto... Se questo vi può consolare in qualche modo vi dirò che non è morto solo e disperato... Ha avuto un amico vicino, negli ultimi momenti!

Gloria                       - Un amico...

Tony                         - Un amico.

Gloria                       - Che poi è scappato...

Tony                         - ...perché non poteva correre il rischio d'an­dare in galera senza aver fatto niente. (S'assesta il cap. petto, fa per muoversi).

Gloria                       - (toccandogli il braccio, fissandolo) Chi è stato?

Tony                         - Nun 'o saccio ancora...

Gloria                       - (ha un lieve sorriso, sdegnoso, possente).

Tony                         - (guardandola) Ma lo saprò. (Fa per muo­versi).

Gloria                       - (fissandolo e. s.) E quando lo saprete... lo denunzierete...

Tony                         - (volgendo verso di lei la testa di scatto) Lo denunzierò? Io? Ma i' so napulitano, signurì... Sezzione San Ferdinando... sezzione dei nobbili! (Si tocca la falda del cappello, esce dalla sinistra senza vol­tarsi).

Gloria                       - (si muove pensosa verso la cassa: dopo un istante batte sul campanello col palmo della mano, un solo colpo).

Alfredo                    - (fa capolino dalla seconda a destra, quindi viene a riprendere il suo posto dietro il banco).

Tre Ragazze e Gina  - (dall'interno a destra cominciano a cantare rallegro ritornello d'una canzonetta).

Alfredo                    - Ah ah... S'è aperto il gallinaio!

Gloria                       - Già le nove?

Alfredo                    - (guardando verso l'orologio che si suppone oltre la cassa, verso la destra: oppure, ove non fosse realizzabile questa finzione scenica, sul proprio oro­logio da polso) ...e cinque! (Sulla seconda a destra) Ehi, un po' di  sandwich », che arrivano le ragazze della tipografia!

Gina e le tre Ragazze - (arrivano sul fondo, sempre cantando, e fanno per entrare tutte in una volta, ri­dendo, spingendosi, esclamando, dandosi delle gomitate. Sono quattro ragazze di tipografia, allegre, spensie­rate, vestite con gli abiti da lavoro).

Gina                         - (è spinta avanti dalla stessa lotta, ed entra per la prima. Sui trent'anni, forte accento romagnolo) E piano, accidenti... che modo... (A Gloria) Buongiorno, signorina...

Gloria                       - Buongiorno!

Gina                         - Quattro caffè con l'anice!

La prima Ragazza    - A me col fernet!...

Gina                         - Andiamo, fernet.

La prima Ragazza    - A me piace il fernet!

Gina                         - (ad Alfredo) Quanto costa col fernet?

Alfredo                    - Venticinque soldi!

Gina                         - Venticinque... Oh... Brisa per avarissia, sa, ma non mi voglio mica rovinare! Più d'un dollaro non spendo...

Le tre Ragazze         - (protestano ridendo).

Alfredo                    - Quattro caffè a venticinque soldi fanno giusto un dollaro...

Gina                         - Già, e le paste? E un brisinino di mancia per il garzone non ce lo dovete calcolare? (Sorride amorosamente ad Alfredo).

Alfredo                    - (alza gli occhi al cielo) Ve l'ho già detto tante volte che per me è inutile che v'incomodiate! Io la mancia la pretendo solo dai signori...

Gina                         - Quando si sta da questa parte del banco, caro voi (e indica con energia la parte dove sta lei), si è sempre signori e si deve dare la mancia... Nel mentre che quando si sta da quell'altra parte... (indica dov'è Alfredo) dietro il banco, insomma... si è sempre il servo del pubblico, anche se si hanno i milioni nella borsa!

Alfredo                    - Oh... che borsa!

Gina                         - Mo', caro mio, e c'è poco da sborsare! Io pago e debbo essere servita!

Le Ragazze              - (ridono).

Gloria                       - (ha un breve riso).

Alfredo                    - (con pazienza) Quando mi direte cosa vi debbo servire vi servirò... Da quanto ho capito non avete intenzione di rovinarvi...

Gina                         - E invece mi voglio rovinare, guarda mo', caro il mio pivello... Quattro caffè col fernet, e quattro pa­ste... anzi otto, due per uno, e pago anticipato! Quanto è?

Gloria                       - Non occorre che paghiate ora... Servitevi prima...

Gina                         - No, voglio pagare subito, per dargli una le­zione a quel muso là... (Ha cavato il borsellino) Un dollaro per i caffè... e otto paste a sei soldi...

Alfredo                    - Sono quarantotto soldi...

Gina                         - (sbattendo due dollari sulla cassa) Là! Da­temi mezzo dollaro di resto, e i due soldi che avan­zano vanno a beneficio del banchiere!

Alfredo                    - Grazie, illustrissima!

Gina                         - (lo fulmina con un'occhiata sprezzante).

Alfredo                    - (si mette a fare il caffè).

Gloria                       - (ridendo, cambia il denaro e sta per dare il resto a Gina).

Un Ragazzo             - (s'affaccia sulla seconda a destra, e de­pone un vassoio con paste e «sandwich » sul banco, quindi esce dalla seconda a destra).

Alfredo                    - (indica sporgendo il mento verso il vas­soio) A voi... Servitevi...

Le tre Ragazze         - (ridendo e parlottando si servono ciascuna di due pezzi).

Gina                         - Ehi, quell’uomo, accostate la stoviglieria: io debbo essere servita, non servirmi!

Alfredo                    - Giusto! Avete dato anche la mancia!

Gina                         - Se non sbaglio!

Alfredo                    - Aspettate che finisco i caffè, signorina.

Gina                         - Aspetto bene!

Gloria                       - (contando il resto) Perché pagate tutto voi, Gina? E' la vostra festa?

Gina                         - Ho vinto al lotto!

Alfredo                    - (attento) Ah ah!

Le tre Ragazze         - (ridono e mangiano).

Alfredo                    - (servendo due tazze) Ecco i due primi!

La prima ragazza      - Col fernet!

Alfredo                    - (versando il fernet nel caffè) Eccovi servita!

Gloria                       - (a Gina) Avete vinto molto?

Gina                         - Un terno!

Alfredo                    - (c. s) Ah ah...

Gina                         - Tre, diciassette e cinquantuno! Ho giuocato dieci lire italiane per tutte le ruote ed è uscito a Bari...

Gloria                       - E quant'è la vincita?

Alfredo                    - (servendo altri due caffè) Ecco i due secondi!

Gina                         - (ha preso il resto ed ora s'avvicina al banco) Aspettate mo' che faccio il conto... (Prende la tazza) Sono dieci lire... Il terno vince quattromila e duecento­cinquanta volte la posta...

Abele                        - (viene dalla sinistra, guarda intorno) Il signor Tony?

Gloria                       - E’ andato via.

Gina                         - (voltandosi vivamente) Ah... signor Skirotas (Mette la tazza sul banco) Giusto voi... Ho vinto un terno, sapete?

Abele                        - (seccato) Ah, brava. Venite domani verso le quattro e vediamo...

Gina                         - Ma io non sono mai libera prima delle sei!

Abele                        - Non so che farvi. (A Gloria) Dov'è andato Tony?

Gloria                       - Non lo so.

Abele                        - Ritornerà subito?

Gloria                       - E che ne so, io? Sono la sua governante, forse? (Si alza seccata, esce per la prima a destra).

Abele                        - (guarda Alfredo).

Alfredo                    - ((gli fa cenno: c'è tempesta).

Abele                        - (batte nervosamente il piede a terra).

Gina                         - Allora, signor Scarotas?

Abele                        - Ma che Scarotas! Skirotas!

Gina                         - Questo terno?

Abele                        - Munitevi del biglietto, d'un documento che comprovi l'estrazione, e venite domani alle quattro al mio ufficio!

Gina                         - Ma se non posso uscire dalla tipografia prima delle sei... Ora, per venire a prendere un caffè, ho dovuto chiedere cento permessi...

La prima Ragazza    - Rientriamo, adesso... Se no chi li sente...

La seconda Ragazza   - Il proto è capacissimo di metterci una multa...

La terza Ragazza      - Vieni, Gina...

 Gina                        - (alle ragazze) Andate mo' là, voi... la pa­gherò io sola la multa, nel caso... Dite al proto che sono rimasta per incassare, lui già lo sa!

Le tre Ragazze         - (escono in fretta per il fondo).

Abele                        - (mentre Gina volta le spalle, ad Alfredo, basso) Sbrigala tu!

Alfredo                    - (risponde con un cenno d'assicurazione).

Gina                         - (si volta) Allora...

Abele                        - (interrompendola) Uff! (Ad Alfredo) Quando torna Tony ditegli che son Tenuto com'eravamo d'accordo. (Fa per uscire dalla sinistra).

Gina                         - (afferrandolo) E il mio terno? Non potete pagarmelo subito?

Abele                        - Subito? Ma siete pazza? Si deve prima di tutto verificare la matrice del biglietto, poi accer­tare che l'estrazione è veramente quella che credete voi...

Gina                         - Ma se c'è il giornale, arrivato dall'Italia stamattina... (Cava di sotto al camice di lavoro un gior­nale italiano e fa per porgerlo ad Abele).

Abele                        - (schermendosi) Sentite, io non ho tempo da perdere! Domani alle quattro presentatevi al mio ufficio... Gi sarò io o ci sarà il mio segretario Stefano-puloe... Io non tratto affari nei caffè! (Esce dalla si­nistra).

Gina                         - (dopo una pausa) Avevo fatto il conto di andare per un po' in 'Italia... In terza classe andare e venire c'entravo giusto giusto... Volevo portare un po' di fiori alla mia povera mamma, farle fare la nicchia... Rivedere la mia bella Bologna, Furie... Mangiare un piatto di tagliatelle al prosciutto con un bicchiere di lambrusco come si deve... e invezi... (Piange).

Alfredo                    - Ma, scusate, perché piangete? V'ha detto forse che non vi vuol pagare? Deve pure assicurarsi che tutto è in regola prima...

Gina                         - Se c'è il giornale! Più in regola di così...

Alfredo                    - Il giornale non è un documento ufficiale... Voi che lavorate in una tipografia sapete come sono facili gli errori di stampa...

Gina >                      - Ma iva' ben là... Errori di stampa nei nu­meri del lotto? Se i tipografi stanno più attenti a quelli che agli articoli di fondo!

Alfredo                    - Sarà, ma lui ha il diritto d'accertarsi...

Gina                         - Perché non succedono questi imbrogli in Italia? Perché c'è il Governo, caro lo! Qui invece, tutti fanno il comodo suo! i(Piange) E potevo avere una licenza di due mesi fra quindici giorni... Proprio come al furmai sui macaron...

Alfredo                    - Io vi consiglio di non piangere e di spic­ciarvi... Sapete che le vincite si prescrivono in un mese...

Gina                         - Cosa, un mese? Cos'è quest'altra suonata?

Alfredo                    - Patemi vedere il biglietto... Ce l'avete?

Gina                         - (gli porge un biglietto quasi simile a quello del lotto italiano) Caro il mio omarino, credevate che me lo fossi sognato? A voi!

Alfredo                    - (spiega il biglietto) Dunque dunque dun­que... (Legge) Giuocata di lire dieci... vale per la ruota di tutte... per l'estrazione del 29 agosto... (Guardando Gina, allarmato) E vi svegliate solo oggi?

Gina                         - E che posso farvi, io, se il giornale è arri­vato dall'Italia solo oggi?

Alfredo                    - (facendo i conti sulle dita) Siamo al nove di settembre, sono passati dunque... già undici giorni... Per arrivare alla prescrizione ce ne vogliono solo altri diciannove... Se scrivete oggi stesso in Italia per avere il documento ufficiale... otto giorni per l'an­data, otto per il ritorno sono sedici... Se non avvengono incidenti... Se il mare è calmo e non fa ritardare il piroscafo... Se la persona a cui scriverete non perderà tempo... forse riuscirete a incassare...

Gina                         - (piange di nuovo) Oh povera me, povera me... Ma dov'è scritto che la vincita non è più buona dopo un mese?

Alfredo                    - (indicando) Qui... (Leggendo, e piegandosi un po' sul banco) Le vincite sono prescritte dopo giorni trenta... ((A Gina) (Non sapete leggere?

Gina                         - (impaziente) Sì che so leggere., e leggo pure il resto... (Leggendo) ... salvo al giuocatore il diritto di denunsiare la vincita entro detto termine (Guarda Alfredo) Vedete? Lo posso denunsiare, e lo denunsio subito, se non mi paga, mo' ce lo dico me!

Alfredo                    - E a chi lo denunzierete?

Gina                         - Alla polizia!

Alfredo                    - A quale polizia? A quella italiana?

Gina                         - Che c'entra...

Alfredo                    - Solo la polizia italiana può accogliere la vostra denunzia! Ma qui siamo in America, non in Italia!

Gina                         - Ed ecco perché se ne approfittano. (Piange). Ecco perché... Perché sono una donna, sola... senza nes­suno... Se avessi anch'io un uomo vicino... (Piange). Oh puvreta me, puvreta me... E io che ci speravo tanto...

Alfredo                    - (dopo una pausa) Certo è una cosa dolo­rosa...

Gina                         - Ah sì! (Si soffia U naso).

Alfredo                    - Io vorrei tanto aiutarvi, ma… (Si ferma).

Gina                         - Oh lo so che m'aiutereste, potendo...

Alfredo                    - Ecco, io veramente, lo potrei pure, ma... (Si ferma).

Gina                         - (allettata dalla speranza) Cosa potreste?

Alfredo                    - Potrei pagarvi io la vincita e poi arran­giarmi con Skirotas, ma... (Si ferma).

Gina                         - (infervorata) Ma non dite sempre ma! Perché ma? Se davvero potete...

Alfredo                    - Non so come la prendereste voi, ecco perché sono indeciso...

Gina                         - Come la prenderei io? Ma se mi fate questa grazia vi sarò grata per tutta la vita... vi... (Esita, si ferma) Sì! Tutto quello ch« posso... e anche... se non v'offendete... Vi regalerò... (esita) trenta... (pensa) cin­quanta dollari!

Alfredo                    - (protestando) Ma nemmeno per sogno! Che faccio lo strozzino, io? Io non voglio un centesimo!

Gina                         - No, una coserellina la dovete accettare... Se non volete i soldi vi farò un regalo... ma mai una cosa che costi meno di cinquanta dollari!... Quando posso in­cassare?

Alfredo                    - Anche subito. Per fortuna mi trovo un po' di danaro addosso... Sapete quanto è?

Gina                         - Non mi riesce ancora a far il conto...

 Alfredo                   - Vediamo un po', datemi il biglietto»

Gina                         - (gli dà il biglietto).

Alfredo                    - (prendendo una matita, e scrivendo sul dorso d'un conto) Vediamo dunque.» Terno, quattromila­duecentocinquanta volte la posta... ,(Scrive).

 Gina                        - (contando sulle dita) La posta è di dieci lire italiane, e quattromiladuecentocinquanta volte sa­rebbero... (Esita, poi, stupita) (Quattrocentoventicinquemila lire?

Alfredo                    - No, calma... Quattromiladuecentocinquanta per dieci fa quarantaduemila e cinquecento...

Gina                         - Ah...

Alfredo                    - Somma che va divisa per otto, quante sono le estrazioni...

Gina                         - Già, veramente il proto m'aveva detto ch'era sulle cinquemila lire...

Alfredo                    - Ed aveva ragione... Sono difatti cinque­mila trecento dodici e cinquanta centesimi precisi... Mo­neta italiana.

Gina                         - Però l'è sempre una bella somma!

Alfredo                    - Certo! (Continua a scrivere) Da queste cinquemila trecentododici e cinquanta bisogna togliere la commissione del trentatrè per cento per spese di agenzia.

Gina                         - (con un balzo) Cosa?

Alfredo                    - (mostrandole il biglietto) Guardate: è scritto qua!

Gina                         - (guardando) Dove?

Alfredo                    - (Qua, su questo rigo...

Gina                         - (legge, poi lo guarda) In corpo cinque?

Alfredo                    - Come sarebbe a dire?

Gina                         - In corpo cinque? Coi caratteri più piccoli che ci sono in tipografia.

Alfredo ,                  - Ah, questo lo sapete voi che fate la tipo­grafa... Ma piccoli o grandi il rigo c'è e dice: sulle vin­cite spetta il trentatrè per cento al lottista per diritto d'agenzia... E' il regolamento del giuoco, e l'ha fatto Skirotas, non io...

Gina                         - A io capè, ma questo in Italia non succede!

Alfredo                    - (scrivendo) Il trentatrè per cento è uguale a lire... (fa il conto, poi legge) millesettecentocinquantatrè e dodici centesimi... Cinquemilatrecentododici e cinquanta... (Scrive) Meno., mille... sette... cento.»cinquantatrè... e dodici, fanno... (Scrive, poi) Tremilacinquecentocinquantanove e trentotto...

Gina                         - Siete sicuro?

Alfredo                    - Eh! (Le porge il foglietto dove ha fatto i conti).

Gina                         - (verifica con attenzione, poi si rassegna a non capire. Restituisce il foglio) E va bene... E' sempre qualcosa...

Alfredo                    - Dal conto vanno via i rotti...

Gina                         - Quali rotti?

Alfredo                    - Dalla cifra di tremilacinquecentocinquantanove e trentotto vanno via i rotti... E’ regola dell'agenzia!

Gina                         - Vanno via i trentotto centesimi...

Alfredo                    - (senza guardarla, scrivendo) Vanno via i cinquantanove e trentotto. (Restano tremila e cinque­cento!

Gina                         - (inghiottendo e dominandosi) Be', datemeli mo' e facciamola finita.

Alfredo                    - Questa somma, ridotta in moneta ameri­cana, fa... (scrive, poi) centosessantacinque dollari precisi.

Gina                         - (delusa) Centosessantacinque dollari?

Alfredo                    - Eh già, e togliendo i rotti...

Gina                         - Anche qui?

Alfredo                    - Eh già, regola bancaria, non si discute nemmeno... restano centocinquanta dollari... (Prende il portafoglio, ne cava dei dollari). Spero d'averceli tutti... (Conta).

Gina                         - Aspettate...

Alfredo                    - No, io non voglio niente, ve l'ho già detto...

Gina                         - E l'ho capito... Vorrei sapere: a quanto avete calcolato il dollaro?

Alfredo                    - (contando in fretta) A diciotto, natural­mente.

Gina                         - Ma oggi sta a quattordici...

Alfredo                    - Cara voi, queste sono le illusioni di voial­tri italiani, che per due o tre punti di squilibrio già credete che la lira sia diventata una moneta seria... Ci vuol altro! Le lire si gettano in Borsa! (Conta i dollari e mette i biglietti sul banco).

Gina                         - Ma se il dollaro sta a quattordici io lo voglio a quattordici!

Alfredo                    - A voi spetta il dollaro al valore del giorno in cui avete giuocato... A quanto stava, allora?

Gina                         - Io non lo so, non faccio il banchiere... Chi ci pensava allora?

Alfredo                    - Allora lasciate fare a me che di queste cose me ne intendo! ('Fa per continuare a contare).

Gina                         - (fermandolo) No! Fate una cosa... pagatemi in lire italiane!

Alfredo                    - E dove le prendo?

Gina                         - Dite che si gettano, in Borsa...

Alfredo                    - E' un modo di dire finanziario... Non esa­geriamo... in Borsa non si getta niente... Ecco a voi! (Prende i biglietti, li assesta, glieli porge).

Gina                         - (lo guarda e non prende i biglietti).

Alfredo                    - (seccato) Li volete o no?

Gina                         - (tende la mano, esita, la ritira, la stende di nuovo, prende i biglietti, guarda Alfredo, fa per par­lare, poi scoppia in un dirotto pianto ed esce dal fondo quasi correndo, stringendosi i dollari sul petto).

Alfredo                    - (si stringe nelle spalle, mette nel portafoglio il biglietto del lotto, comincia quindi a pulire la mac­china del caffè).

Brown                      - (viene dalla sinistra, guarda intorno) Be'? E' venuta?

Alfredo                    - Sì, signor ispettore... ve la chiamo subito. (Va verso la seconda a destra) Signorina... c'è l'ispettore Brown. (Torna avanti nel banco) Posso servirvi qualche cosa?

Brown                      - No, grazie.

Alfredo                    - (riprende a strofinare la macchina del caffè).

Gloria                       - (viene dalla prima a destra, evidentemente sec­cata, ma determinata ad aver tutta la pazienza neces­saria) Eccomi, ispettore.

Brown                      - (si tocca il cappello) Ho delle notizie da comunicarvi.

Gloria                       - (sedendo alla cassa) Ah!

 Brown                     - E delle domande da farvi.

Gloria                       - Ah!

Brown                      - Vostra madre si chiamava Mabel O’ Brien, è vero?

Gloria                       - (con lieve agitazione) Ispettore... ma non era finita con mia madre?

Brown                      - Un rapporto del sindaco di Westport, Ir­landa, arrivato ieri sera, avverte che da qui si stanno fa­cendo pratiche per la vendita d'una casa che ha lasciato Patrizio O’Brien, fratello di vostra madre, che ne è la presunta erede.

Gloria                       - Io non ho mai avuto relazione coi miei pa­renti d'Irlanda... Sapete che mio padre non...

Brown                      - Sì, sì, so tutto. So che sapevate anche della morte di vostro zio...

Gloria                       - Ho avuto la partecipazione, tre mesi fa...

Brown                      - E non m'avete detto nulla!

Gloria                       - Non credevo di dovervi dire anche questo.

Brown                      - (la guarda, poi) Alle corte... Siete voi che volete far vendere questa casa in Irlanda?

Gloria                       - Fino a un minuto fa non sapevo nemmeno che esistesse.

Brown                      - Ed asserite di non aver avuto recentemente notizie di vostra madre?

Gloria                       - Non ne ho da diciassette anni... da quando andò via... Ve l'ho già detto.

Brown                      - (la fissa) Mi occorre una fotografia di vostra madre.

Gloria                       - Le ho a casa. Stasera ve la porterò.

Brown                      - Mi occorre subito.

Gloria                       - (alzandosi) Andrò a prendervela.

Brown                      - Ed io v'accompagnerò.

Gloria                       - (lo guarda, ride brevemente, esce dalla prima a destra, rientra mettendosi il cappello: se lo aggiusta quindi davanti ad uno specchio, che ha sulla cassa, guarda di nuovo Brown e torna a ridere nervosamente a bocca chiusa) Mh mh mh!

Brown                      - Perché ridete?

Gloria                       - Potevate dirmelo senz'altro che volete fare una nuova perquisizione in casa mia!

Brown                      - E se fosse?

Gloria                       - Non c'era bisogno della scusa della fotogra­fia, lo sono sempre a vostra disposizione. (Va alla si­nistra, si ferma, accenna a Brown, che l'ha seguita, di uscire).

Brown                      - (protestando, burbero) Prego...

Gloria                       - Sono in casa mia... almeno finché lo permet­tete voi.

Brown                      - (esce, stringendosi nelle spalle).

Gloria                       - (lo segue).

Stefanopulos            - (cinquant’anni, tipo insignificante di contabile qualunque, senza capello, maniche di lustrino, penna dietro l'orecchio, accento greco-levantino. Guarda prima dalla vetrata a sinistra, poi s'affaccia sul fondo) Eh!

Alfredo                    - (alzando la testa e riconoscendolo) Oh!

Stefanopulos            - S'è visto il signor Skirotas?

Alfredo                    - Due volte, ma volando.

Stefanopulos            - Sai dov'è andato?

Alfredo                    - Cercava Tony Savarese... forse è nel suo studio.

 Stefanopulos           - No, perché Tony Savarese ha telefo­nato mezzo minuto fa cercando di lui... Dice che deve parlargli d'urgenza...

Alfredo                    - (contento) Allora si fa l'affare?

Stefanopulos            - Magari... Così esco da quel buco senza luce e senz'aria...

Alfredo                    - E mettiamo il lotto nel «Piccolo Bar »... La signorina granduchessa andrà dove le pare, e noi faremo dollari a canestri!

Stefanopulos            - Non c'è bisogno che vada via... Ba­sta che s'accordi con Skirotas...

Alfredo                    - Non le piacciono gli uomini fatti... Lo vuole giovane bello ricco e nobile...

Stefanopulos            - Si calmerà... Dammi un sorso di qualche cosa... E’ dalle sette che faccio conti...

Alfredo                    - (versandogli del liquore in un bicchierino) A proposito di conti... Ho saldato la Gina...

Stefanopulos            - (allegro) Ah ah... Quella del terno... E" una settimana che l'aspettavo...

Alfredo                    - Le ho dato centosettanta dollari...

Stefanopulos            - (scandalizzato) Eh?

Alfredo                    - Poco?

Stefanopulos            - Troppo! Centoventi bastavano! Sen­tirai Skirotas!

Alfredo                    - Se me l'ha detto lui di pagarla!

Stefanopulos            - Sì, fa sempre così... e dopo son do­lori... A me fa certe storie!

Alfredo                    - E l'hai arricchito!

Stefanopulos            - Hai visto? Se non fosse certo che so troppe cose, e che se parlassi sarebbero guai... mi caccerebbe con una pedata nella schiena... dopo venticinque anni... (Guardando verso la sinistra). Oh, ecco Tony Savarese!

Tony                         - (entra dalla sinistra).

Stefanopulos            - (col bicchierino in mano) Buon­giorno, signor Tony... il signor Skirotas non s'è ancora visto in ufficio.

Tony                         - Oh, non fa niente. Quello che devo dire a lui lo dico a voi...

Stefanopulos            - Ah ah... Si la l'affare, dunque?

Tony                         - Sì, un ottimo affare.

Stefanopulos            - Ne sono contentissimo.

Tony                         - Anch'io. Dunque c'è una ragazza della Tipo­grafia Moderna... (indica col pollice dietro le sue spalle verso destra), quella tale Gina Mondini...

Stefanopulos e Alfredo- (stanno a sentire al colmo dello stupore).

Tony                         - ...che ha vinto un terno... avete capito di chi si tratta?

Alfredo                    - ((inghiottendo) Sì, io...

Tony                         - (gli fa cenno di tacere) Le hanno dato cen­tocinquanta dollari d'anticipo...

Stefanopulos            - (balbettando) Centosettanta... (guar­da Alfredo).

Alfredo                    - Io...

Tony                         - (imponendo silenzio col gesto, senza irritarsi, senza minacciare, senza alzar la voce, ma col tono di chi non ammetterebbe nemmeno per vaga ipotesi di non essere creduto ed obbedito) Centocinquanta... Deve avere cinquemilatrecentododici e cinquanta lire italia­ne, secondo il conto che ho fatto io...

Stefanopulos            - Ecco, dev'esserci un errore perché voi non calcolate...

Tony                         - (interrompendo) Nei conti miei non ci sono mai errori. Le spettano (legge un appunto che cava di tasca) precisamente trecentosettantatrè dollari e venti­sei... Ne ha avuti centocinquanta, avanza ancora duecentoventitrè e ventisei. Glieli ho dati io adesso, e voi sarete tanto gentile da restituirmeli subito.

Stefanopulos            - (tremando) Ma signor Tony... io non so... come...

Tony                         - (interrompendo) Non sapete come? Ve lo dico subito. L'ho trovata che piangeva tornando alla tipografia. Le ho chiesto cos'era successo, e lei m'ha detto dello sbaglio ch'era capitato. Naturalmente, sic­come lo sbaglio è avvenuto nel bar... e voi sapete bene che sbagli, qui, non ne debbono succedere... così le ho fatto le scuse a nome del vostro principale, le ho dato la differenza e sono venuto subito a incassare. Non c'è altro: potete fare subito il versamento.

Stefanopulos            - Ma che dirà il signor Skirotas?

Tony                         - Ah, nun 'o saccio. Che faccio l'indovino, io?

Stefanopulos            - Ma cosa gli dirò io?

Tony                         - La verità... che sono venuto ad esigere io. Jammo, nun perdimmo tienxpo. (Lo spinge verso il fondo) Tengo nu sacco 'e cose 'a fa.

Stefanopulos            - (alza gli occhi al cielo).

Tony                         - (gli dà un nuovo spintone che lo fa arrivare sulla soglia del fondo. Ad Alfredo, voltandosi) Tu, pigliete 'e ccusarelle toie, viestete, prepara 'a cunzegna e telefona a Bartolo di venirla a prendere subito. Torno fra dieci minuti e te voglio truvà pronto.

Alfredo                    - (lo fissa immobile, con la bocca aperta).

Tony                         - (dopo una breve pausa) Hai capito?

Alfredo                    - (tentando protestare) Ma...

Tony                         - Ma che?

Alfredo                    - (fa per parlare).

Tony                         - (fa un passo verso di lui).

Alfredo                    - (fermandolo col gesto, spaventato) Vado... vado! (Si precipita alla seconda a destra, esce).

Tony                         - (a Stefanopulos, indicandogli il fondo) Jamme, jamme bello a zi-zi...

Stefanopulos            - (esce sbalordito).

Tony                         - (lo segue).

Jack                          - (dopo una pausa, appare sulla vetrata a sinistra, guarda dentro, quindi entra dalla sinistra. E' sempre in lutai ha in mano due rose rosse. Avanza cauto verso la cassa, mette le due rose sul registratore, poi si guar­da intorno, esce dalla sinistra).

Abele                        - (viene dal fondo) E' tornato Tony? (Guar­da, avanza, vede le due rose sul registratore, ha un gesto di fastidio, si guarda intorno) Ma non c'è nessuno? (Pausa). Ehi, Alfredo... Oh! (Bussa col bastone sul banco, aspetta, va alla seconda a destra, s'affaccia) Al­fredo? (Pausa, torna avanti, si guarda di nuovo intorno, esce dalla sinistra).

Gloria e Brown        - (arrivano insieme sul fondo, Gloria apre la porta, entra invitando Brown ad entrare) En­trate, ispettore.

Brown                      - (fuori dalla sinistra) No, grazie. Arrivar derci. (S'allontana).

Gloria                       - (viene avanti togliendosi il cappello, guarda stupita il banco vuoto) Alfredo?

(Squilla il campanello del telefono che è sulla cassa).

Gloria                       - (al telefono) Pronto... Chi è... Ah! Sì, sono io... No! Non ho visto niente... No... (Guarda sul re­gistratore, vede le due rose) Ah, sì, ci sono... (Seccata) No! \(Pausa). No! (Pausa). Che ne so, io, chi ce l'ha messe? (Pausa). No. \(Pausa). Ah, si vedono di là? (Guarda oltre la vetrata a sinistra) Ho piacere... Oh lo so che sono sorvegliata dovunque vado... (Pausa, poi col tono di chi dà una spiegazione senza voler riconoscere di darla) (No, niente affatto! Sono uscita con Brown e sono ritornata con lui... Sì, m'ha lasciata sulla porta... i(Pausa). Sì, è proprio il mio tipo... (Più tenera, dopo breve pausa) Stupido... (Pausa, poi spaventandosi) No! Ho paura... Addio... No... No, addio... Vattene o riattacco il telefono... (Tenera, suppliche­vole) No, non insistere... Ti vedo di qui e mi basta... (Guarda oltre la, vetrata) Ho paura per te, non per me... Tremo al solo pensarci...

(Un colpo di rivoltella scoppia nell'interno a sini­stra).

Gloria                       - (ha un urlo di spavento, guarda oltre la ve­trata, poi grida nel microfono) Pronto! (Batte due o tre volte sul gancio) Pronto... (Riattacca il telefono, si slancia verso il fondo. Vocio confuso, rumori di passi dalVinterno).

Stefanopulos            - (appare barcollando, nella strada, sul fondo, s'afferra al pomo della porta', fa per entrare).

Gloria                       - (spalanca il fondo, per uscire, senza ancora accorgersi di Stefanopulos).

Stefanopulos            - (le cade fra le braccia).

Gloria                       - (lo sostiene un istante barcollando anche lei) Ma... signor Stefanopulos... (Lo respinge).

Stefanopulos            - (alza la mano come per accusare, apre la bocca, piomba a terra morto, senza poter parlare).

Gloria                       - (urlando) Ah... (Si china su Stefanopulos, lo tocca, ritrae le mani con ribrezzo) Ma è ferito... Aiuto!

Alfredo                    - (irrompe dalla seconda a destra, in abito da città e cappello).

Tony e Brown          - (irrompono dalla sinistra urtandosi e precipitandosi verso Gloria e Stefanopulos).

Un Operaio              - (li segue dopo una pausa brevissima).

Jack e Abele             - (irrompono dal fondo urtandosi, guar­dandosi minacciosi).

Gina e le tre Ragazze - (vestite come prima arrivano quasi subito dopo sul fondo).

(Vocio confuso, Tony e Jack sollevano Stefanopulos e lo depongono su una sedia, accanto al tavolino della sinistra).

Jack                          - Un po' di cognac...

Tony                         - Dell'acqua...

Alfredo                    - (si precipita al banco, afferra a caso un bicchiere e una bottiglia).

Abele                        - Telefoniamo alla Guardia medica... (Corre al banco, afferra il telefono).

Brown                      - (che ha esaminato attentamente Stefanopulos) E' inutile... E' morto!

Tutti                         - (hanno un grido d'orrore).

 Brown                     - (guarda Tony, Alfredo, Jack: e ognuno dei personaggi reagisce sotto il suo sguardo).

Bartolo                     - (arriva sul fondo, si ferma sul limitare spa­ventato. Indirizzandosi a tutti) Ch'è successo?

Brown                      - (lo fissa).

Bartolo                     - (si turba, si leva il cappello e lo attacca col bastone all'attaccapanni).

Abele                        - (sta intanto telefonando) Pronto... pronto». Ma che Banca del Nord! (S'incollerisce, interrompe la comunicazione, forma un altro numero).

Brown                      - Chiamate 87-14, sergente Davidson.

Abele                        - (comincia a formare il nuovo numero).

Brown                      - (fissa Gloria).

Gloria                       - (lo guarda spaventata).

iBrown                     - (stupito) Signorina... Ma siete macchiata di sangue!

Gloria                       - (si guarda le mani, ha un grido, sviene).

Jack                          - (si slancia verso di lei).

Bartolo                     - (le è già vicino, la riceve fra le braccia).

(Vocio confuso).

Tutti                         - (meno Abele, s'affollano intorno a Gloria).

Abele                        - (col microtelefono all'orecchio, guardando verso il gruppo) Pronto... Pronto... C'è il sergente Da­vidson?

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

A due ore dal primo. Stesso ambiente: però il bar è stato chiuso, le saracinesche sono state calate sulla sinistra, sulla vetrata e sul fondo. Alfredo di nuovo in giacca bianca, è seduto verso il fondo, pensoso. Tony e Bartolo sono seduti al tavolino di destra. Sul tavo­lino un vassoio con due tazze da caffè e due bicchie­rini da liquore, vuoti).

Tony                         - (fuma, apparentemente calmo, ma ogni tanto un movimento brusco tradisce il suo nervosismo. Dopo una pausa) Eh... nun c'è che fa. Bisogna aver pa­zienza.

Bartolo                     - (dopo una pausa, torcendosi le mani) Io ci divento matto... In meno di due ore... che disastro!

Tony                         - Nessun disastro... Vi dico che prima di sera la signorina sarà rilasciata.

Bartolo                     - E il bar? Chiuso, sprangato?

Tony                         - Ah, di questo non me ne importa proprio niente.

Bartolo                     - (pausa) Cosa c'entriamo noi, cosa c'entra quella povera figlia!

Tony                         - La polizia deve fare il suo dovere. Quel disgraziato qua è morto...

Bartolo                     - E’ venuto a morire qui... non è la stessa cosa!

Tony                         - Appunto, e questo lo faremo presente, come è nostro dovere di amici. Vi dico che prima di sera la signorina sarà libera... e che prima di tre giorni il bar sarà riaperto.

Bartolo                     - (pausa, poi) Ma chi! Chi! Quel poveretto è caduto sulla porta... non ha potuto essere colpito da chi stava qui dentro!

Tony                         - E' stato colpito alla schiena, allo stesso punto dove fu colpito il padre di Gloria.

Alfredo                    - (ha un brivido, guarda attentamente Tony).

Bartolo                     - (fissando Tony) Ah già... difatti... Ora che ci penso...

Tony                         - E non gli hanno potuto sparare che dalla strada... e a due o tre passi di distanza.

Bartolo                     - Certo... e forse con la rivoltella in tasca!

Tony                         - Senza forse.

Bartolo                     - (pausa, poi battendo il pugno sul tavolino) Sapete cosa penso? Che forse è la stessa mano che ha fatto freddo il padre di Gloria!

Tony                         - (lo guarda, poi ha una smorfia) Mh.

Bartolo                     - Ma che c'entrava John "White col povero Stefanopulos?

Tony                         - E' quello che ho pensato anch'io.

Bartolo                     - Anche voi avete pensato come me, allora?

Tony                         - (calmo, dominando l’impazienza) Amico, so ddoie ore ca sto penzanno! (Ad Alfredo, con rabbia concentrata) Guarda si so' turnate!

Alfredo                    - (si alza, va alla cassa a telefonare).

Bartolo                     - Madonna mia, che disastro, che disastro!

Tony                         - Ma site proprio nu jettatore, sapite! E fini­tela con questo disastro...

Bartolo                     - Ma...

Tony                         - Non è successo nessun disastro, ma un equi­voco. Un uomo è morto nel bar... Che sia stato ucciso qui dentro o in mezzo alla strada non significa niente... ccà è venuto a muri! Quella disgraziata che se lo è visto cadere addosso aveva le mani e gli abiti sporchi di sangue... (Eccitandosi più per convincere se stesso che altro). E questo è naturale, poteva succedere a chiunque altro si fosse trovato al posto suo... Chillo povero Ddio era na fumana 'e sango... Io, voi, chiunque l'avesse te­nuto un secondo fra le braccia s'aveva spurcà comme 'a nu chianchiere!

Bartolo                     - (stupito) (Cosa?

Tony                         - Un chianchiere... un macellaio!  So vvint'anne ca parlate cu mme e nun ve site ancora 'mparato a pparlà ll'italiano!

Alfredo                    - (ha parlottato piano al telefono, ed ora, a Tony) (L'avvocato non c'è ancora.

Tony                         - (fra i denti) Pozz'essere acciso... chiama quell'altro!

Alfredo                    - (riprende a telefonare).

Tony                         - (a Bartolo) Di fronte a una situazione simile cosa deve fare un ufficiale di polizia? Far trasportare il morto al Deposito, fermare la persona con le macchie di sangue addosso, far chiudere il locale dov'è successo il delitto... E questo ha fatto Brown... Ringraziate Iddio che non ci ha portati tutti dentro! Al fresco!

Alfredo                    - (al telefono, in cui ha parlato a bassa voce) Il notaio è venuto ed è uscito subito...

Tony                         - (interrompendo) Oh pezzo d'animale! Non gli hanno detto che lo volevo?

 Alfredo                   - Appunto, gliel'hanno detto, e quando ha saputo che lo volevate voi dice ch'è corso subito...

Tony                         - (alzandosi con furia) . E dov'è corso? (Toglie sgarbatamente il microtelefono dalla mano di Alfredo) Pronto... Pronto... Sì, sono io, Savarese... Io vi avevo piegato... (Pausa). Ma dove è andato? (Pausa). Ma io non sono a casa mia. (Sto qui, al foar! (Pausa). Dovevate saperlo... si capisce! (Pausa, poi con maggiore impa­zienza) (Dovevate dirgli di telefonarmi al numero che v'avevo dato! Siete un cretino!... Sì voi! A voi. Io e voi stiamo parlando... Né, giuvinò.... Ca i' mò vengo lloco e ve tozzo cu 'a capa ini' 'o telefono... (Calmandosi). Ah... ah... Ora andiamo d'accordo... Vi dovete calmare! (Riat­tacca il telefono con rabbia, prende il cappello, se lo mette in testa) Vado a casa... (Si muove verso la seconda « destra, poi si ferma) Già, e se l'avvocato tele­fona qui?

Bartolo                     - Vi faccio telefonare a casa...

Tony                         - E se telefona quando sono già uscito o non ancora rientrato... (Si toglie il cappello e lo getta su una sedia, dicendo ad Alfredo) Corri a casa mia, e non muo­verti di là finché non arriva il notaio.

Alfredo                    - (si precipita alla seconda a destra).

Tony                         - ((staccando una chiave da un anello che ne ha varie) Aspetta... dove vai?

Alfredo                    - (gesto come per dire: corro...).

Tony                         - E chi t'apre?

Alfredo                    - Non c'è la governante?

Tony                         - Non c'è, se no a quest'ora le avrei già telefo­nato... (Ha staccato la chiave e la dà ad Alfredo) Corri!

Alfredo                    - (prende la chiave esce in fretta dalla seconda a destra).

Bartolo                     - (dopo una pausa) Che giornata... Che gior­nata...

Tony                         - ((sedendo nervoso) Eh... che notte che notte... che luna e che mare... stasera me pare... scetato 'e sunna... Site proprio nu guaio!

Bartolo                     - Io non so come fate voi a essere così sicuro che la signorina sarà rilasciata subito!

Tony                         - Perché pagheremo la cauzione... Qui la giu­stizia ha questo di bello... qualunque cosa hai fatto, pa­ghi la cauzione e esci a libertà!

Bartolo                     - Purché non ci siano prove certe!

Tony                         - E prove certe non ce ne stanno, ringraziando Iddio!

Bartolo                     - E purché la domanda sia fatta da persona incensurata...

Tony                         - E Gloria è incensurata.

Bartolo                     - Già, ma... (S'interrompe).

Tony                         - Ma che?

Bartolo                     - Deve essere incensurato anche chi offre cauzione.

Tony                         - E che so' stato mai cundannato, io?

Bartolo                     - No, ma si sa che... (Si ferma).

Tony                         - E' proprio perché si sa che... che ho chia­mato il notaio e l'avvocato... Il notaio pagherà la cau­zione e l'avvocato firmerà la domanda!

Babtolo                    - Ah...

Tony                         - (come per dire: stupido) Oh!

Bartolo                     - Vi costerà un subisso...

Tony                         - E che me ne importa?

Bartolo                     - Ah, certo, lo so che per la signorina fa­reste questo ed altro... (Lo guarda).

Tony                         - (lo fissa).

Bartolo                     - (tace imbarazzato).

(S'odono dei colpi nell’interno a destra).

Bartolo                     - (sussultando) Bussano!

Tony                         - Eh! Aggio 'ntiso.

Bartolo                     - Chi sarà?

Tony                         - C'è un solo modo per saperlo: andare ad aprire.

Bartolo                     - (si alza, guardando Tony, esce lentamente dalla seconda a destra).

Tony                         - (sentendosi solo, siede, si prende la testa fra le mani, disperato).

Bartolo                     - (dopo una pausa, dall'interno a destra) Oh... Signor Roberts... Accomodatevi, accomodateci...

Tony                         - (alza la testa, sorpreso).

Bartolo                     - (apparendo contento, sulla seconda a destra) C'è il notaio!

Tony                         - (balza in piedi).

Roberts                     - (appare sulla seconda a destra, cinquant’anni, tipo anglosassone, austero, evidentemente molto affezio­nato a Tony. Gli va incontro con le mani tese) Mio povero amico...

Tony                         - (gli corre incontro, gli stringe le mani) Caro signor Roberts... Vi ringrazio d'esser venuto subito...

Roberts                     - Non ci sarebbe mancato altro...

Tony                         - Siete stato a casa mia?

Roberts                     - No... Ho capito dal numero che avevate telefonato di qua e sono corso...

Tony                         - Bisogna farla uscire subito. (Prende il cap­pello).

Roberts                     - (trattenendolo) Vi avverto che la somma sarà forte.

Tony                         - (sorridendo) Signor notaio... (Si muove verso la destra).

Roberts                     - (trattenendolo) Aspettate, debbo dirvi an­cora...

_Tony                       - (avviandosi) Parleremo per via.

Roberts                     - No, per via non voglio farmi vedere a par­lare.

Tony                         - E' giusto. (A Bartolo) Andate a sedervi vicino alla porta e non aprite a nessuno senza prima sapere chi è, ed essermi venuto ad avvisare.

Bartolo                     - (lo guarda, esce dalla seconda a destra).

Tony                         - (aspetta che Bartolo sia uscito, poi s'affaccia alla seconda a destra a constatare che s'è seduto dov'egli ha detto) Bravo. Non vi movete di là! E nun v'addurmite, comm'o solito. (Torna verso Roberts) Dunque?

Roberts                     - (lo fissa, poi gli mette le mani sulle spalle, affettuosamente) Tony!

Tony                         - (lo guarda un po' inquieto, poi) Signor Ro­berts... che c'è? Ch'ato è succieso?

Roberts                     - Voi «tate facendo delle follie per quella ragazza! Nel quartiere non c'è chi non sa di questa vostra insensata passione...

Tony                         - Insensata?

Roberts                     - (con dolcezza) Potrebbe essere vostra figlia.

Tony                         - (ha un gesto vago, quasi di debole protesta, fa per parlare, poi tace).

Roberts------------- - (fissandolo) E molti dicono che lo è.

 Tony                        - (scattando) Ah no, eh? Ah no... Questo no! Non è vero!

Roberts                     - C'è chi lo dice...

Tony                         - Se so chi è...

Roberts                     - (interrompendolo) Lo sapete... Sono molti... e sono moltissimi che lo pensano e non lo dicono... (Si ferma e lo guarda).

Tony                         - (con amarezza) Anche voi?

Roberts                     - Qualche volta sì, Tony.

Tony                         - (subito) Signor Roberts... (Si ferma, poi si sbottona la camicia, tira fuori con le mani tremanti un abitino sacro, di stoffa, assicurato ad una finissima cate­nella d'oro) Guardate... Me lo mise al collo mia madre quando venni in America... ventitré anni fa, appena finii di fare il soldato... l'ho portato sempre da quel giorno, e lo considero una reliquia due volte benedetta... Ebbene, signor Roberts... su questa reliquia... sull'anima santa di mamma mia che mi guarda dal Paradiso che s'è meritato... io vi giuro che non è vero, non è vero!

Roberts                     - (colpito) Ma allora... quella donna...

Tony                         - (con forza) Mai, signor Roberts... mai, vi dico... L'ho forse desiderata... (Roberts lo guarda) Sì, come ne ho desiderate tante altre... Ma non ci ho pensato più quando ho capito chi era e cosa poteva succedere... Non era la donna che poteva stare vicina a un uomo di cuore... S'è visto col marito... S'è visto con la figlia... Abbandonati tutti e due senza pietà... uno a morire come è morto... l'altra a vivere come ha vissuto, esposta a tutti i pericoli... Se non ci fossi stato io... (Ha un gesto violento).

Roberts                     - (pensoso) Ah certo... Voi...

Tony                         - Io... e non solo io... pure 'o Padreterno che m'ha magnato 'o core e 'a capa... Voi lo sapete quello che sono stato... lo sapete che quello che ho voluto l'ho sempre avuto, con le buone o con le cattive...

Roberts                     - No, questo non è vero, Tony... La verità è che le volete molto bene!

Tony                         - E che mi ,sono ramollito...

Roberts                     - (protestando) E che avete un cuore d'oro. Tony, ed è per questo che vi sarò sempre amico.

Tony                         - Lassammo sta, signor Roberts. Ce ne vulimm'i'? (Fa per muoversi).

Roberts                     - E l'avvocato?

Tony                         - Ah già. (Va al telefono, forma il numero) Pronto? Pronto? (Pausa) Pronto? Parla Tony Savarese... Quest'avvocato... Buongiorno, signor avvocato... (Pausa) Ah... Va bene... non mi muovo. (Rimette U telefono a posto) Dice che chiama fra cinque minuti... Ha una per­sona nello studio davanti a cui non vuole parlarmi. (Ro­berts lo guarda) Sì, Brown... L'ispettore Brown!

Roberts                     - (stupito) E che cos'è andato a fare da lui?

Tony                         - Certamente a pregarlo di non occuparsi della ragazza...

Roberts                     - Questo mi sembra impossibile... Brown sarà rigido, ma è una persona per bene...

Tony                         - Ce l'ha con me.

Roberts i                   - Non vi montate la testa...

Tony                         - Ce l'ha con me, ce l'ha con lei, ce l'ha con tutti noi italiani...

Roberts                     - Ma se è d'origine italiana anche lui...

Tony                         - (ridendo) D'origine italiana? Voi... (s'inter­rompe) Ma, lasciamo correre, che voi siete americano e certe cose non vi si possono dire perché non le capireste... (Si muove nervosamente per la scena, pausa) Brown... Mh! quando può mandare in galera qualcuno di noi, quello... (S'interrompe, fra un gesto di rabbia).

Roberts                     - (dopo una pausa) Da quanto tempo man­cate dal vostro paese?

Tony                         - Saranno quindici anni fra poco... Dal '19, ap­pena finita la guerra.

Roberts                     - (guardandolo) (Perché non ci ritornate?

Tony                         - (dopo una pausa, fissandolo) Perché dovrei tornarci?

Roberts                     - Qui non avete più nessuno... Non fate più una vita... intensa come prima... La professione di pro­prietario di stabili non offre distrazioni... E' troppo mo­notona per un uomo del vostro carattere... Se volete io potrei farvi realizzare a buonissime condizioni questo fabbricato e anche gli altri due...

Tony                         - (con tristezza contenuta) Nemmeno in Italia ho più nessuno... Padre, madre, fratelli... tutti scom­parsi... Ho due sorelle, una a Napoli, una a Sorrento, tutte e due maritate... Teneno cinche figli perono e non potrebbero certo pensare a me! (Esita) Poi... Poi io sono stato socialista, che ci torno a fare in Italia?

Roberts                     - Temete d'essere perseguitato?

Tony                         - Io? E perché? Se sto nei migliori rapporti coi Fasci di qui!

Roberts                     - E allora?

Tony                         - Nun cunosco cchiù nisciuno... Nun truyarria manco cu chi fa na partita a scopa... Mi sono voluto le­vare idi mezzo per pensare solo a me, e mo' sono gli altri ca levano 'a miezo a me!

Roberts                     - Non vi capisco.

Tony                         - Non è facile... Voglio dirvi che è un'altra cosa in Italia, oggi... Io ci starei come a nu furastiero, corn­ine sto ccà, si nun peggio... Nun saparria che di', insom­ma... Capite che in questi quindici anni... mentre là si facevano tante cose che solo chi c'è nato po' capì, vera­mente... e mentre tanti e tanti ce so' muorte p' 'e ffà... io me ne stevo ccà a fa solde... a vennere 'o vino a dieci dollari 'o fiasco...

Roberts                     - Chi volete che in Italia venga a doman­darvi cosa facevate mentre loro...

Tony                         - Tutti me lo domanderebbero... L'aria stessa, 'o cielo, 'o mare... Quando tornai per la guerra... volon­tario, sapete? Perché se volevo restavo qui e non mi scrostava nessuno... Sbarcai a Genova e andai a Napoli col treno... Nuie tenimmo na campagna ca tene na fac­cia tutta soia... Le viti sono attaccate su certi alberi alti, verdi, dritti... 'e chiuppe... i pioppi... che corrono incon­tro ai finestrini e mentre il treno passa li vedete girare tutti quanti uno per uno e tutti insieme... Be', me pa­reva d' 'e ccunoscere a tutte quante chill'arbere... e quando 'e ccuminciavo a vede poco doppo Roma, m'a­veva a sosere... mi dovero alzare e mettermi in piedi nel corridoio a guardarli perché non potevo star più seduto... Quando tornai per la guerra mi pareva che tutti quegli alberi in movimento mi venissero a salu­tare e mi dicessero bravo... ci sei anche tu, non potevi mancare... Bravo! Mentre mo', adesso, se mi vedono tornare solo, col portafoglio pieno, ma cu 'e capille ca cummenceno a diventa janche... immalinconito, senza sapere da chi vado, che ssaccio... me pare che m'hanno 'a passa 'nnanze scure e cupe comme ll'amice ca so' state trarute e e' 'o sanno... gira e scumparì int' 'a campagna a perdita d'uocchie senza badare a me, senza dirme cchiù niente... oppure dicendomi: Che viene a ffà? Che viene a ffà, mo'? E passa vulanno 'nnanze 'o fenestiello cu nu sbuffo 'e viento, dicenno: nun ce sta cchiù nisciuno, nisciuno, nisciuno... Facenno 'nzieme a 'e rrote: vattènne... vattènne... vattènne... (Si nasconde la faccia fra le mani appoggiandosi al banco).

Roberts                     - (dopo una pausa) E se non ci tornaste... solo?

Tony                         - (rialza vivamente la testa, indica la cassa, in­terrogandolo con lo sguardo).

Roberts                     - Eh... sposatela... E tornate in Italia con lei.

Tony                         - (guarda Roberts, si muove, poi, fermandosi) Signor Roberts... Per sposarla bisogna prima parlarle... Chiederle se mi vuole sposare...

Roberts                     - (col tono di chi vuol dire: p che aspetti) Ebbene?

Tony                         - E se mi dicesse di no?

Roberts                     - Può dirvi anche di sì!

Tony                         - Ma può dire anche di no! E se mi dice di no come faccio a vederla, a parlarle, a starle vicino almeno un'ora al giorno...

(Squilla il campanello del telefono).

Tony                         - (corre al telefono) Pronto... Con chi... Ah, siete voi, avvocato... Benissimo. Sì, è qui... veniamo su­bito. (Lascia ti telefono, prende ti cappello).

Roberts                     - (s'è già mosso verso la seconda a destra).

Tony                         - (gli passa avanti, apre la porta, si fa da parte).

Roberts                     - (esce per la seconda a destra).

Tony                         - (lo segue).

Bartolo                     - (dopo una pausa, dall’interno) Benissimo, telefono subito... (Appare sulla seconda a destra: fa per avanzare, ma si ferma con la mano sul pomo della porta sentendosi chiamare) Eh? (Ascolta). Benissimo, telefono immediatamente e gli dico di portare qui la chiave... Sicuro. (Chiude la porta, viene verso ti tele­fono, forma il numero, pausa). Pronto... Sei tu Al­fredo?... (Pausa). Chi parla? Eh? (Pausa). Scusate che numero è il vostro?... (Pausa). Ah, sei tu?! Che stavi dicendo? (Pausa). Ma no, ho inteso benissimo... Mi pa­reva un'altra voce... Sei solo? Sì... Sì, forse un contatto... Certamente... il notaio è venuto, puoi tornare... Sì, dice di chiudere bene e portare la chiave qui... Sì... Ecco, bravo... No, ancora niente... Ma lui è certo, sì, sì..

Brown                      - (appare sulla seconda a destra, si ferma ad ascoltare).

Bartolo                     - E' andato col notaio... Sì, e andranno in­sieme con l'avvocato... Ah! se ci riesce, stasera stessa. Sarà proprio una consolazione... non foss'altro che per la faccia verde che farà quell'animale... Eh...

Brown                      - (tossisce).

Bartolo                     - (si volge di scatto, rimane interdetto) Eh... (Pausa, poi salutando Brown) Buongiorno... (Nel micro­fono, subito) Ah, sì, buongiorno, buongiorno, caro... (Riattacca il telefono, fa un breve inchino a Brown).

Brown                      - Dov'è Tony Savarese?

Bartolo                     - Non saprei.

Brown                      - Ora dicevate ch'è andato dall'avvocato.

Bartolo                     - Lui? Oh... non parlavo di lui.

Brown                      - Di chi parlavate?

Bartolo                     - Di un altro. Non lo conoscete... Un amico mio.

Brown                      - Se è un amico vostro lo conosco certamente.

Bartolo                     - Può darsi... Eh... può darsi.

Brown                      - Chi è?

Bartolo                     - Un... un certo... Aspettate... Un certo...

Brown                      - Un certo Tony Savarese che è andato dall'avvocato Norton, accompagnato dal notaio Roberts, per cercare di far mettere in libertà sotto cauzione Gloria White... Non c'è niente di illegale.

Bartolo                     - Appunto, dicevo... non c'è niente di ille­gale...

Brown                      - Allora perché tentavate d'ingannarmi?

Bartolo                     - (candido) Io?

Brown                      - No, io! (Pausa. Bartolo tace) Chi è ve­nuto, qui?

Bartolo                     - Qui?

Brown                      - Qui! Oltre al notaio, prima del notaio, oltre voi, oltre Alfredo, oltre Skirotas... chi altro è venuto, qui, in questa stanza, passando da quella porta (indica la seconda a destra) dopo aver attraversato il retrobottega, nel quale si entra da una porta che dà sul cortile del palazzo che fa angolo sul vicolo? (In­dica con la mano una direzione parallela alla destra).

Bartolo                     - (confuso) Ma... signor ispettore.. Ve l'ho già detto... nessuno...

Brown                      - Da voi altri non si può cavare mai niente... Costa più la sorveglianza di un vostro rione che quella di una provincia...

(S'ode bussare nell'interno a destra).

Brown                      - (forte) Chi è?

Jack                          - (dall’interno a destra) E' permesso?

Brown                      - Avanti, avanti!

Jack                          - (appare sulla seconda a destra, si ferma imba­razzato vedendo Brown).

Brown                      - Che volete?

Jack                          - Volevo... un caffè...

Brown                      - Il bar è chiuso, lo sapete.

Jack                          - Non ci avevo pensato... Allora... (Fa per an­darsene).

Brown                      - Dove andate?

Jack                          - In un altro bar... Ho voglia d'un caffè... (Si muove).

Brown                      - Fermo là... Voglio sapere cosa siete venuto a fare nel bar!

Jack                          - (come chi è deciso di non dire se non quello che vorrà dire) Ve l'ho detto: a prendere un caffè.

Brown                      - Mh... di dove siete voi?

Jack                          - Di Filadelfia.

Brown                      - E più precisamente?

Jack                          - Di Lancaster, P. A.

Brown                      - Pennsylvania?

Jack                          - Pennsylvania.

Brown                      - Documenti.

Jack                          - (cava di tasca un libretto, e lo porge a Brown).

Brown                      - (leggendo, scrollando la testa) Naturale... registrato a Lancaster, Pennsylvania, il 5 ottobre 1919... Giacomo D'Arienzo...

Jack                          - Giacomo, ossia Jack.

Brown                      - (lo guarda, poi riprende a leggere) Nato al Castellammare di Stabia, provincia di Napoli, Italia, ili 12 marzo 1908... immigrato in Pennsylvania il 26 giugno 1913...

Jack                          - A sei anni, precisamente.

Brown                      - (guardandolo) So contare anch'io.

Jack                          - Ve l'ho detto per farvi notare che sono in f regola.

Brown                      - Eh, già, voi altri credete sempre d'essere! in regola. Cosa siete venuto a fare, qui?

Jack                          - A lavorare nella fabbrica d'automobili...

Brown                      - (interrompendolo) No, cosa siete venuto a fare qui nel bar?

Jack                          - A prendere un caffè.

Brown                      - Conoscete bene Gloria White?

Jack                          - (gestendo) Così.

Brown                      - Così, come?

Jack                          - Così... Niente di particolare. So ch'è una! brava ragazza, onesta, tranquilla, incapace di commet­tere un'azione delittuosa...

Brown                      - Si direbbe che state testimoniando!

Jack                          - Certo! E testimonierò anche davanti al Tri­bunale!

Brown                      - Sapete già che la difesa vi citerà?

Jack                          - Se non mi cita mi farò citare io.

Brown                      - Ah? E per dire che?

Jack                          - Quello che so e che ho visto...

Brown                      - Cosa avete visto?

Jack i                        - Ve l'ho già detto stamattina.

Brown                      - Ripetetelo, voglio vedere se vi ricordate la lezione.

Jack                          - (paziente) Stavo passando per il corridoio della sala dei disegnatori quando ho sentito un colpo; di revolver nella strada... Mi sono affacciato alla fi­nestra...

Brown                      - Il corridoio ha finestre sulla strada?

Jack                          - Una, quella dove il corridoio finisce... Mi sono affacciato insieme a parecchi impiegati e potete domandarlo...

Brown                      - Grazie del permesso.

Jack                          - E così ho visto il greco che camminava bar­collando con le mani alzate... ho subito capito che l'ave­vano fatto alle spalle... E' andato avanti due o tre passi, e s'è afferrato alla porta del bar mentre la signorina Gloria usciva... Allora sono corso...

Brown                      - Siete certo che non voltava le spalle alla si­gnorina?

Jack                          - Sono certo non solo che non voltava le spalle, ma che è stato colpito nello studio di Skirotas, che è nella bottega, quasi dirimpetto al bar...

Brown                      - E uno che è stato colpito in una bottega. dovrebbe, secondo voi, attraversare tutta una strada e andare a morire in un locale dirimpetto?

Jack                          - Scusate, non è una strada, ma un vicolo, largo quattro o cinque metri.

Brown                      - Ma che bisogno aveva di alzarsi e uscire?

Jack                          - E che ne so, io?

Brown                      - E avrebbe avuto poi la forza d'alzarsi?

Jack                          - E chi vi dice che s'è alzato? E chi vi dice che è stato colpito mentre era seduto? Se era seduto? era difficile colpirlo alla schiena... Non può darsi invece che l'abbiano preso mentre usciva sulla strada?

Brown                      - Sparandogli addosso da dentro la bottega?

Jack                          - Può essere!

Brown                      - E chi può essere stato?

Jack                          - Ah, caro signore, se lo sapessi...

Brown                      - ...non lo direste!

Jack                          - Sì che lo direi!

Brown                      - (lo fissa, poi) Conclusione: cosa siete ve­nuto a fare, qui?

Jack                          - A prendere un caffè!

Brown                      - Ho capito. Allora andate in un altro bar!

Jack                          - Ora che me lo permettete ci vado. (Si muove verso la destra).

Brown                      - E ritornate alla fabbrica. Ho idea che ci lavorate poco perché non fate altro che andare in giro!

Jack                          - Ho chiesto il permesso di uscire un mo­mento...

Brown                      - ...per venire a prendere un caffè?!

Jack                          - Sì.

Brown                      - Non avete la cantina nella fabbrica?

Jack                          - Sì, ma il caffè non lo fa bene.

Brown                      - (seccandosi) Mh... (Pausa). Be', andate, an­date, o vi metteranno una multa.

Jack                          - Oh! Quando avrò detto che m'avete tratte­nuto voi sarò perfettamente a posto. Buongiorno, ispettò! (Saluta, esce dalla seconda a destra).

Brown                      - (guarda Bartolo).

Bartolo                     - (ha un gesto come per dire: eh! che volete farci?).

Brown                      - Sono tutti così!

Bartolo                     - Chi?

Brown                      - Non fate l'indiano! Perché è venuto qua quello lì?

Bartolo                     - Ma... a prendere un caffè...

Brown                      - E' venuto per aver notizie della signorina e l'ho capito dalla vostra risposta!

Bartolo                     - Se non ho aperto bocca!

Brown                      - Avete mosso la testa così (esegue) come per dire: no, la signorina non è stata ancora rilasciata!

Bartolo                     - Ma scusate, se me l'avesse chiesto gliel'avrei detto!

Brown                      - Ve l'ha chiesto e gliel'avete detto! Vi capite con un'occhiata, voialtri!

Bartolo                     - Anche se fosse vero non avremmo com­messo un delitto... Non c'è niente di male a interes­sarsi d'una persona che si conosce...

Brown                      - Il male sta nella vostra diffidenza, nella maledetta diffidenza... che vi fa vivere come in pri­gione, sempre in sospetto, qualunque cosa si voglia farvi, anche il bene... Ed è per questa diffidenza istin­tiva che avete nel sangue, ch'è nella razza... che un fatto naturale ed innocente come quello di chieder no­tizie d'una persona che interessa diventa un mistero... (Si ferma, guarda Bartolo).

Bartolo                     - (con le labbra strette, le mani incrociate die­tro la schiena, guarda a terra senza rispondere).

Brown                      - Eh? Non è vero, forse?

Bartolo                     - (vivente espressione della diffidenza) Io non diffido di nessuno, ispettore.

Brown                      - (ha un gesto d'impazienza. Il campanello del telefono squilla).

Bartolo                     - (va verso il telefono, prende il microtele­fono, poi a Brown) Che si pole?

Brown                      - (esita, poi) Vedete chi è.

Bartolo                     - Pronto... Ah, signor Tony... Sì, sono qui... C'è anche l'ispettore Brown... (Brown ha un gesto di rabbia) Sì, qui, qui, vicino a me, vicinissimo...

Brown                      - (ironico) Può sentire tutto quello che dite perché il telefono rimbomba un poco, state attento a non dire niente di compromettente...

Bartolo                     - Oh, ispettore...

Brown                      - Avanti, avanti, non vi perdete, vedete cosa vuole...

Bartolo                     - (al telefono) Ah? Ah sì, sono qui, sicuro... pronto... No, parlavo con l'ispettore... No, non ho sen­tito niente... (umilmente) scusatemi, signor Tony... (Pausa, poi al colmo della gioia) Ah? Oh, Dio sia rin­graziato... Corro a casa a far preparare... No? Non va a casa? Ah, va bene, va bene... Sicuro... faccio prepa­rare subito qui... Subito... No, Alfredo non è ancora tor­nato... No, ma penso io... Caffè, uova, tutto... c'è tutto... Sì... sì... sì, signor Tony... Benissimo! (Riattacca il telefono, corre alla seconda a destra, esce, rientra per la prima dietro il banco, assicurandosi una tovaglia da­vanti).

Brown                      - Così... l'hanno rilasciata?

Bartolo                     - (confuso) Ah... oh... (Guardandolo) Chi?

Brown                      - (piega le braccia sul petto, lo guarda fisso).

Bartolo                     - (ricomponendosi) Ah? Sì... sì! L'hanno rilasciata... Stanno venendo qui, perché la signorina crede che starà più tranquilla che a casa... senza secca­tori... E così se non v'interessa di vederla potete andar­vene subito subito che sarà qui fra dieci minuti.

Brown                      - (fissandolo) No, non voglio andarmene... ho tutto l'interesse di vederla...

Alfredo                    - (entra dalla seconda a destra, si ferma di colpo vedendo Brown) Oh... buongiorno, ispettore.

Brown                      - Dov'eravate voi?

Alfredo                    - Sono andato a comprare le sigarette...

Brown                      - Questo significa che siete andato a far qualunque altra cosa meno che a comprar sigarette!

Alfredo                    - Vi dò la mia parola...

Abele                        - (irrompendo dalla seconda a destra) Mi hanno detto che l'hanno... (Vede Brown s'interrompe).

Brown                      - Che l'hanno rilasciata? Sì, è vero. Sarà qui fra poco.

Abele                        - (respirando) Ah, sia lodato il Signore, po­vera ragazza... Cosa poteva saperne, lei?

Brown                      - Ah, certo, niente... Qui nessuno sa mai niente! Il padre è stato ucciso tre anni fa con una re­volverata alla schiena e in mezzo alla strada... Tutto il rione scommetto che sa com'è successo e chi è stato. Ma nessuno dirà niente! Oggi a un altro è capitato lo stesso, colpo alla schiena, in mezzo alla strada... In pieno giorno! E nessuno ha veduto niente. Misteri delle anime latine!

Abele                        - (con lieve alterigia) Io sono americano!

Brown                      - Sì, di Smirne, protetto francese, rifugiato nel Consolato inglese, imbarcato su una nave germa­nica e naturalizzato americano! Oh, sì, anche voi avete , una nazionalità molto chiara! (Fa per uscire dalla se­conda a destra).

Gina                         - (vestita da città, irrompe dalla seconda a destra, seguita da)

Lucia                        - (quarantacinque, cinquant’anni, accento roma­gnolo, veneto, piemontese o siciliano, governante di Tony, correttamente vestita di nero, senza cappello).

Gina e Lucia             - (insieme) E' vero che... (S'interrom­pono vedendo Brotvn).

Brown                      - (furioso) Sì, è vero! Edi è anche vero che non siete venute affatto a chiedere notizie di Gloria White, che non sapete che è stata arrestata stamattina da me, in seguito all'assassinio di un certo Stefanopulos, che non avete mai visto e di cui non avete mai sentito parlare!

Lucia                        - Ma io sono venuta solo...

Bbown                     - ...per prendere un caffè, non per vedere Tony Savarese che non conoscete affatto!

Lucia                        - Io sono la governante del signor Tony e lo sanno tutti!

Brown                      - (ironico) Oh? Sul serio ammettete d'essere Lucia Sciarretta, da sei anni governante di Tony Sa­varese?

Lucia                        - E me ne vanto!

Brown                      - Brava! Cosa siete voi? Americana, cana­dese, australiana?

Lucia                        - Sono di Forlì(cambiare città secondo l’accento dialettale dell'attrice) e me ne stravanto!

Brown                      - Oh, finalmente ce n'è una, d'italiana! Chissà come dovete seccarvi, sola in mezzo a tanti stra­nieri! (Fissando Gina) E voi? (Riconoscendola) Ah, è il vestito della festa che non mi faceva riconoscere la californiana Gina Mondini... Com'è che siete in fron­zoli? Avete vinto al lotto?

Gina                         - Io non giuoco mai al lotto!

Brown                      - Difatti, qui nessuno giuoca mai al lotto, non è vero, Skirotas?

Abele                        - Eh?

Brown                      - (a Gina) Bene, bene, continuate sempre così, e ne riparleremo!

Gina                         - Non credo, perché domani parto per l'Italia!

Brown                      - (stupito) Ah? E i soldi?

Gina                         - Li ho.

Brown                      - Questo lo capisco, ma come li avete?

Gina                         - Li ho risparmiati.

Brown                      - E brava! (Ride ironicamente, esce per la seconda a destra).

Tutti                         - (rimangono immobili ed in silenzio, meno Al­fredo che s'accosta alla seconda a destra dopo una pausa per vedere se Brown è uscito, quindi si volge e fa cenno che l’ispettore è andato via).

Tutti                         - (si muovono e respirano leggermente).

Bartolo                     - (con un gesto furioso) Se ne buscassi solo cinque anni... (gesto).

 Lucia                       - Ma non le dite queste cose!

Abele                        -  Sì... non bisognerebbe dirle...

Gina                         - Ah! Al solo pensiero che domani me ne vado a Nuova York per imbarcarmi... Ah! Mi viene un azzidente dalla gioia!

Abele -------------- - Prima d'andarvene dovremo parlare un poco noi due! Siete voi la causa di tutto! , ss

 Gina ,                      - Io? E che l'ho ammazzato io il vostro segretario?

Abele                        - L'ultima .persona che l'ha visto è stato il vostro protettore, ,Tony Savarese!

Lucia                        - (protestando) Oh? Ma che siete ammattito?

Abele ;                      - Sono usciti di qua dentro tutti e due in­sieme, e sono andati nella mia bottega e lo so!

Tutti                         - (vocìo, proteste).

Lucia                        - (furiosa) Chi ve l'ha ,detto, questo?

Abele                        - Lo so io, chi me Mia detto!

Lucia                        - Io non vi credo!

Bartolo                     - Chi li ha visti uscire di qui insieme?

Abele                        - Chi li ha visti uscire non debbo dirlo a voi! Ma c'è chi li ha visti ed è venuto a dirmelo!

Jack                          - (appare sulla seconda a destra, fa per parlare).

Lucia                        - (ad Abele) Dev'essere della razza vostra!

Abele                        - La razza mia governava il mondo quando la vostra camminava ancora con le mani!

Lucia                        - Cosa? Io con le mani? Ma guarda là quel muso di giudeo... (fa per slanciarsi contro di lui).

Gina                         - (la trattiene).

Abele                        - (indicando Alfredo) C'era anche lui quando Tony e Stefanopulos sono usciti insieme di qui!  Negalo! Negalo se hai il coraggio!

Alfredo                    - (ha un gesto vago).

Jack                          - Li ho visti uscire anch'io!

Tutti                         - (si voltano).

Abele                        - Ah! C'è un altro che li ha visti... E non vorrete dire che è un amico mio quel tipo là!

Jack                          - Io me ne vergognerei d'essere amico tuo!

Abele                        - (furioso) Senti...

Lucia                        - Oh! Non fate finta di litigare, adesso! Siete due bei campioni!

Jack                          - (vivamente) Cosa, voi potete credere che io; è quello...

Tony                         - (appare sulla seconda a destra).

Gloria                       - (lo segue).

Roberts                     - (segue).

Norton                      - (abito scuro, molto elegante, tipo anglosassone, segue).

Tony                         - (guarda stupito i presenti).

Gloria                       - (seccata) Oh!

Tony                         - (a Gloria) E non avete voluto andare a casal per evitare chiacchiere e visite...

Roberts                     - (dolcemente) Ebbene, non si può negare agli amici il diritto d'interessarsi a lei...

Abele                        - Ma certo... come state... povera signorina Gloria... (Le va incontro, le stringe le mani).

Lucia E Gina            - (s'affaccendano intorno a lei).

Norton                      - E' perfettamente giusto!

Tutti                         - (s'affollano intorno a Gloria, la fanno sedere, la confortano).

Tony                         - (a Bartolo) E quel caffè?

Bartolo                     - Ah... subito! Ecco a momenti... (Si affac­cenda dietro il banco).

Tony                         - (guardando Alfredo) Ah... sei tornato?

Alfredo                    - (umilmente) Due minuti fa... (Gli porge la chiave).

Tony                         - (prende la chiave la mette con le altre).

Bartolo                     - (ha preparato una tazza di caffè su un vas­soio e fa per uscire dalla prima a destra).

Alfredo                    - Da' a me! (Prende il vassoio che gli porge Bartolo dal banco).

Tony                         - (toglie il vassoio di mano ad Alfredo, serve Gloria).

Bartolo                     - (esce dalla prima a destra e rientra per la seconda).

Gloria                       - (beve un sorso di caffè, poi, a Tony, affet­tuosamente) Non so come ringraziarvi...

Tony                         - (offrendole un bicchierino di liquore che ha intanto riempito al banco) Ma non dite sciocchezze!

Gloria                       - No... No, non sono sciocchezze... Oggi sol­tanto ho capito tutto quello che vi debbo, e ci tengo a dirvelo davanti agli altri... perché qualche volta è stato davanti agli altri che mi sono lagnata di voi per certe cose che non riuscivo a capire... (Vocio som­messo).

Tony                         - (commosso, ma dominandosi) Non dite que­sto se no mi fate arrabbiare...

Gloria                       - No, no, debbo dirlo perché è la verità... L'ho visto oggi, quando parlavate di me al tribunale di polizia...

Tony                         - (c. s.) Ma che volete che siano per me pochi dollari di più o di meno...

Gloria                       - Non sono i dollari... Ho visto la faccia... Gli occhi che parlavano... (Vocio sommesso).

Bartolo                     - (commosso) Ah, sì, questo è vero... sa­crosanto!

Norton                      - E meritato!

Tony                         - (quasi vinto dalla commozione) Signorina, non dite più una parola se no... (Si ferma).

Gloria                       - (commossa) Voi mi volete bene come a una figlia... siete l'uomo più buono, più generoso, più leale che ho mai conosciuto! (Si porta la mano di Tony alle labbra e la bacia).

Tony                         - (sopraffatto dalla commozione, ritirando viva­mente la mano) Ma state ferma... Lasciatemi! Non Vedete che... (ha un 'singhiozzo che soffoca subito) mi fate... (Vuol dire: piangere, ma non lo dice) Mannaggia 'o diavulo... (S'asciuga vivamente gli occhi col dorso della mano).

Vocìo                       - Eh, no, ha ragione! E' giusto! La ve­rità sacrosanta! Poveretta, che doveva dire? E' naturale! Almeno lo riconosce.-

Tutti                         - (s'affollano intorno a Tony e Gloria. Vocio sommesso. Tony e Gloria s'asciugano gli occhi, comin­ciano a sorridere).

Agente                     - (in divisa, appare sulla seconda a destra. Si ferma. Nessuno lo vede, ed allora, dopo una pausa, chiede) C'era l'ispettore Brown, qui?

Tutti                         - (si voltano di scatto).

Tony                         - (dopo una pausa, durante la quale il silenzio ha pesalo angoscioso) Che volete?

Agente                     - Cerco l'ispettore Brown per una cosa molto urgente... So ch'era qui...

Tony                         - Io non l'ho visto! Agente!  Era qui cinque minuti fa. Sapete dov'è andato?

Tony                         - No...

Agente                     - Nessuno lo sa?

Bartolo, Abele, Alfredo e Jack          - (ano dopo Fabro)  No.

Agente                     - (ha un gesto di sdegno, esce dalla seconda a destra).

Gloria                       - ((dopo una pausa) Ma, insomma, quando potremo stare un po' in pace?

Bartolo                     - (furioso) Non vi lascia un minuto... Se non c'è lui c'è uno idei suoi satelliti... (Ha un gesto di rabbia).

Tony                         - (fermandolo) No... no... Non pigliatevela tanto con Brown... Non ha fatto nessuna opposizione alla do­manda di libertà cauzionata...

(Norton                    - E poteva farla...

Tutti                         - (sono stupiti, vocio sommesso).

Bartolo                     - E io m'aspettavo che la facesse... Dopo tutto è ufficiale di polizia, fa il suo dovere, e per farlo deve necessariamente agire come agisce...

Norton                      - Se si fosse opposto l'avremmo -spuntata lo stesso, ma certamente non oggi e nemmeno domani... Senza dire che avrebbero chiesto una somma molto più forte...

Skirotas                    - Ma allora perché l'ha arrestata?

Norton                      - Perché era suo dovere arrestarla... Se ci tenete a saperlo è venuto lui stesso da me, prevedendo che sarei stato io incaricato di difenderla, per avver­tirmi di far la domanda di scarcerazione prima di mez­zogiorno appunto per ottenere il rilascio nel pomeriggio di oggi...

Alfredo -                  - Se è così bisogna ringraziarlo...

Roberts                     - E l'abbiamo ringraziato...

Brown                      - (appare sulla seconda a destra, si ferma).

Bartolo                     - Chi sa quale trappola c'è sotto!

Lucia                        - (vede Brown, ha un gesto, poi, a voce alta) Guarda chi c'è!

Tutti                         - (si volgono).

(Una pausa).

Norton                      - Parlavamo male di voi, ispettore.

Roberts                     - Cioè bene!

Brown                      - Sì, lo so che tutte le bocche sono occupate a ripetere le mie lodi.

Tony                         - C'è qualcosa di nuovo, ispettore?

Brown                      - Ce qualcosa di nuovo...

Gloria                       - Dio santo... Ma allora... Ancora...?

Brown                      - Non potete andarvene a casa a riposare... e credo anzi che non avrete più molestie. La domanda per riaprire il bar è arrivata all'ufficio poco fa, e domani la firmerò.

Roberts                     - Spero con parere favorevole, ispettore.

Brown                      - Sì, signor Roberts.

Gloria                       - Vi ringrazio.

Brown                      - Non occorre ringraziarmi perché non vi faccio nessun favore.

Gloria                       - (fa per parlare, ma tace, ed ha un gesto vago).

Brown                      - (dopo una pausa) Potete tornare a casa vostra, signorina.

Gloria                       - (esita).

Tony                         - Sì, andate a casa, ora... V'accompagniamo tutti quanti, in processione!

Brown                      - Voi no, Savarese. Debbo parlarvi.

Gloria                       - (ha un gesto di terrore).

Lucia                        - (vivamente) Perché? Cosa volete?

Tony                         - (a Lucia) Zitta tu! (A Brown) Dite, ispettore,.. Ai vostri comandi.

Brown                      - Ora, ora... Quando questi signori se ne sa­ranno andati.

Tutti                         - (guardano stupiti, poi uno per uno cominciano ad uscire. Gli ultimi saranno Norton, Roberts, Gina, Glo­ria, Lucia).

Norton                      - (con tono di protezione, di cortese sfida verso Brown. Stringendo la mano a Tony) Voi sapete dove trovarmi, Tony...

Roberts                     - (stringendo la mano a Tony) A me anche, come sempre.

Gloria                       - (stringe la mano a Tony, esce con Norton e Roberts per la seconda a destra senza parlare).

Gina                         - Signor Tony... sapete che io sono tutta per voi... (Segue Gloria, Norton e Roberts).

Lucia                        - (guarda Brown) V'aspetto a casa... Dovete venir subito a dormire perché siete molto stanco! (Esce dalla seconda a destra dopo aver gettato un'occhiata di sprezzo a Brown).

Tony                         - (a Brown) Sono a voi.

Brown                      - Devo farvi alcune domande, Savarese.

Tony                         - Tutto quello che volete.

Brown                      - Innanzi tutto voi non siete naturalizzato americano, non è vero?

Tony                         - Lo sapete.

Brown                      - Quindi avete solo i diritti degli stra­nieri qui.

Tony                         - Fino ad un certo punto. Sono proprietario di tre immobili e pago regolarmente le tasse.

Brown                      - Dal punto di vista fiscale so che siete a posto.

Tony                         - Sono a posto da tutti i punti di vista. Sono immigrato regolarmente, con passaporto pulito, prima della quota... Nessuno può farmi niente.

Brown                      - Potete sempre essere espulso.

Tony                         - Me lo dovrò prima meritare.

Brown                      - E voi siete sicuro di non meritarvelo, è vero?

Tony                         - Certo.

Brown                      - Siete un cittadino esemplare...

Tony                         - Non sono stato mai in carcere...

Brown                      - Cioè ci siete stato venticinque o trenta volte... Ma ne siete uscito sempre pulito come un ermel­lino... Avete un buon avvocato...

Tony                         - Un ottimo notaio...

Brown                      - Avete potuto dimostrare luminosamente la legittimità dei guadagni che v'hanno permesso di com­prare tre stabili...

Tony                         - Quando si lavora...

Brown                      - Eh già, quando si lavora... Voi avete lavo­rato molto.

Tony                         - Ah, questo sì.

Brown                      - Siete stato fortunato...

Tony                         - Ho saputo fare.

Brown                      - Il commercio dei liquori...

Tony                         - Mai conosciuto i liquori io, mai visti.

Brown                      - Ah... Mai nemmeno bevuti, scommetto?

Tony                         - Mai, finché c'è stata la legge che li proibiva. Ora che sono permessi li bevo.

Brown                      - Vi piacciono, eh?

Tony                         - Non dico di no. (Fa per muoversi) Posso offrire?

Brown                      - No, grazie. Così dunque voi... non avendo mai inteso la parola liquore... (Tony ha un gesto, Brown rettifica) durante il proibizionismo, s'intende... siete riu­scito a guadagnare tanto da diventar proprietario.

Tony                         - Gli affari, si sa... quando s'indovinano...

Brown                      - Che affari?

Tony                         - Pummarole... patate... Oggi si compra un va­gone di cocozielli, domani un carico di cavolfiori... Affari.

Brown                      - Vedo. In meno di quindici anni si diventa milionari.

Tony                         - C'è chi è diventato miliardario.

Brown                      - Ah certo, certo. Io però, in venticinque anni, non ho guadagnato che il mio stipendio.

Tony                         - Perché avete preferito impiegarvi nella po­lizia anziché darvi al commercio. Chi non risica non rosica.

Brown                      - Ah, io non risico, io?

Tony                         - Non dico che fate una vita tranquilla.

Brown                      - Specialmente in certi quartieri.

Tony                         - Potreste sceglierne degli altri.

Brown                      - Non sono io che scelgo.

Tony                         - E allora rassegnatevi. Nei quartieri italiani la vita è movimentata, ma negli altri, credetemi, si sta molto peggio. Da noi la gente è sempre buona in fondo, mentre gli altri... (Si ferma) Ma voi li conoscete, gli altri, e come me, se non mèglio di me, e ne siete ri­masto scottato.

Brown                      - (lo fissa, poi) Che ne sapete, voi?

Tony                         - So che siete stato tre mesi al quartiere fran­cese e che avete chiesto voi stesso di ritornare agli ita­liani.

Brown                      - Ah? Avete fatto delle indagini sul conto mio?

Tony                         - E che c'è di male? Voi le fate sul conto mio, io le faccio sul conto vostro. Oggi a me, dimane a tte.

Brown                      - (ha un gesto brusco, si muove nervosamente, poi) Io ho della stima per voi, Savarese, e voi lo sapete...

Tony                         - E ve ne ringrazio.

Brown                      - Ve ne ho dato delle prove...

Tony                         - Sì, arrestandomi sei volte...

Brown                      - E facendovi rilasciare. Ma alla settima ho paura che non vi riuscirò.

Tony                         - Volete arrestarmi per la settima volta?

Brown                      - (con tristezza) V'ho già arrestato, Savarese.

Tony                         - (balza in piedi) Voi...

Brown                      - Non pensate di far resistenza, eh?

Tony                         - Me ne guardo bene... C'è l'avvocato per re­sistere...

Brown                      - Ho gli agenti fuori...

Tony                         - Non servono. Verrò con voi senza fare storie. Posso telefonare all'avvocato? (Si muove verso il te­lefono).

Brown                      - No, Tony. Ho da domandarvi ancora alcune cose.

Tony                         - A vostra disposizione.

Brown                      - Voi eravate l'amante della madre di Gloria White?

Tony                         - No.

Brown                      - No?

Tony                         - No.

Brown                      - Badate che se risultasse che siete il vero padre di Gloria la vostra posizione potrebbe diventare meno grave.

Tony                         - (fissandolo) Non vi capisco ispettore. (Brown ha un gesto, Tony l'interrompe con un altro gesto) E nun ve voglio capì!

Brown                      - II vostro interessamento per la ragazza sa­rebbe giustificato.

Tom                          - E' già giustificato.

Brown                      - Voi aveste, diciotto anni fa, una lite col vecchio John White a causa di sua moglie e lo feriste con una coltellata.

Tony                         - Non è vero.

Brown                      - Lo giurereste?

Tony                         - In tribunale sì.

Brown                      - Giuratelo a me.

Tony                         - V'ho già detto che non è vero.

Brown                      - La polizia lo sa.

Tony                         - A me non risulta.

Brown                      - John White non parlò.

Tony                         - Non poteva. Io lo portai all'ospedale, io lo curai, io gli rimasi amico per altri quindici anni.

Brown                      - Finché fu assassinato.

Tony                         - Finché fu assassinato, ali right.

Brown                      - Alle spalle.

Tony                         - Alle spalle, ali right.

Brown                      - Come Stefanopulos.

Tony                         - Come Stefanopulos, ali right... la stessa fe­rita... si direbbe la stessa mano...

Brown                      - Non si direbbe: è la stessa mano.

Tony                         - E ll'aggio capito subbeto.

Brown                      - (lo guarda, si muove per la scena, poi) Voi siete stato l'ultimo a vedere Stefanopulos.

Tony                         - Quando?

Brown                      - Non tentate di negare. Ho ricevuto una de­nunzia circostanziata. Anonima, naturalmente...

Tony                         - (come fra sé) Si troverà lo stesso...

Brown                      - Per punirlo a modo vostro, come si puni­scono le spie? Badate, Savarese, potrebbe costarvi più caro di quanto credete!

Tony                         - Ispettore, non parliamo dell'avvenire, ma del presente. Cosa ho fatto, di che mi si accusa? Si può sapere?

Brown                      - Siete accusato d'essere intervenuto in una questione sorta fra una certa Gina Mondini e lo Stefa­nopulos a proposito d'una giuocata al lotto clandestino tenuto verosimilmente dal levantino naturalizzato ame­ricano Abele Skirotas. Avete imposto al detto Stefano­pulos di restituirvi una somma da voi pagata alla Mon­dini, e siete uscito di qui in compagnia dello Stefano­pulos, minacciandolo.

Tony                         - (freddo) Testimoni?

Brown                      - Testimoni il commesso del bar Alfredo Der­rick che era dietro il banco...

Tony                         - Ah! (Da uno sguardo al banco).

Brown                      - E la persona che ha scritto la lettera ano­nima e che dichiara d'avervi visto attraverso la vetrata (aulica la vetrata a sinistra) e di essere disposta a testi­moniare quando voi sarete stato messo in grado di non nuocerle.

Tony                         - Ispettò, cca facimmo ridere 'e galline... Il mio avvocato mi farà uscire domani mattina prima di mezzo­giorno, e con meno di cinquecento dollari di cauzione!.

Brown                      - Stefanopulos è stato ucciso cinque minuti dopo essere uscito con voi.

Tony                         - E volete che io non possa giustificare cosa ho fatto e dove sono stato in quei cinque minuti? Ah, quant'è certa 'a morte, me facile ridere!

Brown                      - Dove siete stato?

Tony                         - Ve Io dirà il mio avvocato.

Brown                      - (con una sfumatura di dolcezza nel tono e nella voce di solito rude) Ditemelo, Tony... Io vorrei tanto esservi utile...

Tony                         - (lo guarda, scoppia a ridere).

Brown                      - (quasi dolente) Non mi credete?

Tony                         - (ridendo) Andiamo... nun facimmo chiagnere 'e pprete d'a via...

Brown                      - (e. s.) Non vi fidate di me?

Tony                         - Io? (Scoppia in una nuova risata, amara, feroce).

Brown                      - (scattando) La diffidenza! La maledetta dif­fidenza ch'è in tutti voi, come una seconda natura, come una pelle, una maschera d'acciaio... Non capite nem­meno quando vi si vorrebbe aiutare, sorreggere, guidare verso la salvezza... Belve siete, voialtri... selvagge, fe­roci, sospettose... Belve e nient'altro!

Tony                         - (scattando) E chi ce ha fatte accnssì? Chi ce ha fatte accussì? Non siete stati voi, forse? Non sono stati loro, anzi, e non voi, perché voi non siete dei loro ma dei nostri, benché traditore e rinnegato?

Brown                      - (emozionato) Io?

Tony                         - Sì, voi, voi! Voi, Erick Brown dei miei sti­vali, alias Errico Bruno di Amalfi, sbarcato trent'anni fa a Boston! Che ve credite ca nun ve cunosco? Ah, vi lagnate di fare il poliziotto nei quartieri italiani, ma dove vorreste andare? Con loro? Forse che vi ci vo­gliono? Forse che non trattano anche voi come un servo da sfruttare per sorvegliare noi, sfruttati e servi anche noi, ma con più coraggio e più cuore di voi? Noi al­meno siamo rimasti quelli che eravamo e non ce ne siamo vergognati! Io so' rimasto napulitano, io, acqua salata... Non ho voluto nemmeno il loro pezzo di carta di cittadinanza, non ne ho avuto bisogno, ho fatto il co modo mio e mi sono fatto rispettare da tutti!

Brow                        - Sì, da camorrista, col coltello!

Tony --------------- - Col coltello! Sicuro! C 'o curtiello!... Chi ci difendeva a noi? Che siamo venuti forse come lupi in mezzo alle pecore qui vent'anni fa? Siamo venuti come pecore in mezzo ai lupi invece... come pecore... così come ci cacciavano via da casa nostra... come pecore... con i governi che ci vedevano partire a mille, a diecimila al giorno senza far niente per trattenerci anzi mangian­ doci sopra a quella miseria che ci mandava lontani... e che chiamavano valvola di sfogo la nostra fame! Tutto quello che abbiamo sofferto, umiliazioni, maltrattamenti, sfruttamento, schiavitù... Io chiamavano fenomeno del­ l'emigrazione, loro! (Portandosi la destra a coltello sull'occhio destro con il mignolo al disotto) Cca ce vuleva nu fenomeno, 'o vi? 'N capa!  Chi ci proteg­geva a noi?... chistu vranco 'e pecore... che tutti vole­ vano tosare e tosavano? Chi c'era, per noi? Il Commis­sariato dell'emigrazione ca se pigliava otto lire 'a capa? Le Compagnie che ci facevano viaggiare come le bestie? Era diventata la nuova Africa, casa nostra... Bastimenti inglesi, francesi, tedeschi, austriaci facevano scalo a Napoli e Genova per riempirsi di carne italiana, di schiavi... schiavi... E quando arrivavano qui, i più intel­ligenti, i più istruiti, facevano quello che avete fatto voi... sparivano, cercavano di nascondersi, d'allontanarsi dal branco... perché si sta male con le pecore in mezzo ai lupi! E così Errico Bruno è diventato Erick Brown, Giovanni Bianco, John White, Di Roberto, Robertson... Nessuno voleva rimanere con le pecore... con le povere pecore, che invece avrebbero avuto bisogno d'essere aiutate, appoggiate, guidate dai migliori di noi! E come ha fatto, quel branco di pecore, a resistere, a fatica, ad arricchire se stesso e la terra dove ha sudato e penato? Come ha fatto a non disperdersi, a non farsi mangiare le carni vive dai lupi? (L'ha potuto fare perché in ognuna di quelle pecore ce Steve nu core 'e lione... perché il branco s'è guidato da sé, aiutato da sé, difeso da sé, col coltello, sì, col coltello, e' 'o curtiello ca fa paura Buia­mente a 'e ccarogne, pecche ce vo nu vraccio e nu core 'e fierro p'o tene stritto 'minano!

Brown                      - (dopo una lunga pausa, senza guardare Tony) Io non sono il solo che ha preso la cittadinanza...

Tony                         - No, non siete il solo... Né voglio dire che è una cosa disonorevole, benché io non l'abbia fatta... il disonore per me sta nel vergognarsi d'essere quello che si è... nel rinnegare la terra propria... della quale invece io mi sono sempre vantato!

Brown                      - (pensoso) Oggi è un'altra cosa...

Tony                         - (ridendo) Ah già... Oggi è facile vantarsi d'es­sere italiani... perché è comodo! Ma bisognava van­tarsene allora... caro signor Brown!

Brown                      - (ha un gesto di sconforto, fissa Tony) Avete ragione, Tony... Mi fa piacere d'avervi sentito parlare così... Vi ho sempre stimato ed ora vi stimo di più. Sono rattristato per la disgrazia che vi capita.

Tony                         - Fessane.

Brown                      - Volevo aiutarvi... Sinceramente.

Tony                         - Grazie, non vi mancherà modo domani, quando il mio avvocato farà la domanda, potrete benis­simo non opporvi.

Brown                      - (con tristezza) No, Tony. Dovrò oppormi, e vi dico fin da ora che la domanda verrà respinta.

Tony                         - (allarmato, ma trattenendosi) Ma perché, scu­sate? Io non ho fatto niente davvero...

Brown                      - L'arma con cui è stato ucciso Stefanopulos è una rivoltella Colt nove e mezzo...

Tony                         - (stupito, impaziente) Be'?

Brown                      - Ed è stata sequestrata...

Lucia                        - (gridando, dall'interno a destra) Lasciatemi passare! Lasciatemi passare!

Voci varie maschili   - (dall’interno a destra) Ferma!

Andate via! Signor Tony!

Non si passa            

Ferma, vi dico! Lasciatemi entrare..

Lucia                        - (c. s.) Signor Tony!

Brown                      - (aprendo la seconda a destra) Cosa c'è?

Un Agente               - (sulla destra) Signor ispettore... questa donna...

Lucia--------------- - (entrando con violenza dalla seconda a destra) Ma che donna! Sono una signora io, non una donna!  (A Tony) Signor Tony... sono venuti su... hanno buttato tutto per aria...

Tony                         - (allarmato) Ma che cosa, Dio santissimo?

Lucia                        - La casa! Hanno fatto la perquisizione!

Tony                         - (guardando Brown) Ma...

Brown                      - (cavando di tasca una rivoltella) E ci ab­biamo trovato questa, Tony... l'arma con cui è stato ucciso Stefanopulos!

Lucia                        - (gridando) Ma non è possibile... Non è vero! (A Brown) Voi ce l'avete messa! Voi che ci persegui­tate tutti! Assassino!

Brown                      - (all'agente) Portatela via.

L'Agente                  - (afferra Lucia).

Lucia                        - Ah, non mi toccate se no...

Tony                         - (eh'è rimasto atterrito, ma si è ripreso ora, a Lucia) Zitta, ora. Basta.

Lucia                        - Ma...

Tony                         - Zitta! Corri dall'avvocato Norton e digli che mi venga a trovare subito.

Lucia                        - (timidamente) Io

Tony                         - Va!

Lucia                        - (piega la testa, esce dalla seconda a destra asciugandosi gli occhi).

Tony                         - (a Brown) Andiamo, ispettore?

Brown                      - Sì, Tony.

L'Agente                  - (cava le manette dalla tasca posteriore dei pantaloni, fa per porgerle a Tony).

Tony                         - (fissando Brown) Ispettò... pure 'e braccia-lette?

Brown                      - (lo guarda, esita, poi ha un brusco gesto di diniego) No, Tony, no. Andiamo. (Fa cenno all’agente di mettere via le manette).

L'Agente                  - (esce per la seconda a destra intascando le manette).

Tony                         - (lo segue mettendosi il cappello).

Brown                      - (esce scuotendo la testa).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

A cinque mesi dal secondo, in un luminoso pome­riggio. Il sole color dell'albicocca, entra a fiotti dalla vetrata a sinistra. E' stato aggiunto un apparecchio radio sul banco verso sinistra, e l'altoparlante è stato fissato sullo stipite della porta in fondo. E* stato aggiunto un terzo tavolino verso sinistra. E' sabato, gli operai delle fabbriche vicine hanno riscosso la paga, smesso le tute fin dal mezzogiorno, e s'affollano nel bar.

Gloria                       - (è seduta alla cassa).

Alfredo e un Ragazzo - (sono dietro il banco servendo gli operai e le ragazze).

Jack e Bartolo          - (sono seduti al tavolino verso si­nistra, ed hanno davanti un vassoio con vari bicchieri di birra, due dei quali ancora mezzo pieni. Jack sta suonando la chitarra e cantando, e gli altri, meno Al­fredo, Gloria, il ragazzo e Bartolo gli fanno coro).

(Vocio - applausi - esclamazioni varie).

La prima Ragazza    - Sapete quella dell'operetta?

Jack                          - Quale operetta?

La prima Ragazza    - Quella che cantano all'« Excelsior »... c'eravate pure voi, ieri sera!

Jack                          - (guarda Gloria).

Gloria                       - (ha un mezzo sorriso, guarda altrove).

Bartolo                     - (aggrotta le sopracciglia, guarda in aria).

La prima Ragazza    - Quella del duetto... (Cantando): Bella bambina...

Jack                          - (canto accompagnandosi).

(Le ragazze e qualche operaio si sono aggiunti al coro, finito il quale riprende il vocìo, e scoppiano di nuovo risate ed applausi).

Bartolo                     - Be', ora basta. E' tardi.

Jack                          - Cosa basta? E' sabato... Che stiamo in car­cere?

Bartolo                     - (ha un gesto di fastidio).

Gloria                       - (china la testa, poi) Basta col baccano...

Alfredo                    - Poi c'è Skirotas che lavora dirimpetto... E' sabato anche per lui...

Jack                          - Ma che siamo soci col banco lotto, noi?

Gloria                       - No, ma è meglio evitare storie.

La prima Ragazza    - Quando c'era Tony Savarese non le faceva nessuno le storie!

Jack                          - E nemmeno adesso si fanno storie! Il greco l'ho messo a posto io, se ve ne ricordate...

Bartolo                     - Rompendo venti bicchieri e facendo cor­rere le guardie...

Jack                          - Ma mettendolo a posto!

Bartolo                     - La gente si mette a posto senza venire alle mani! A Tony Savarese, bastava uno sguardo...

Jack                          - (seccato) (Perché aveva gli occhi più belli dei miei!

Bartolo                     - (si stringe nelle spalle).

La prima Ragazza    - Poveraccio! Chissà quando lo faranno uscire...

Jack                          - Eh... campa cavallo...

Bartolo                     - Son cinque mesi che sta dentro.

Jack                          - E ci rimarrà per parecchio altro tempo.

Gloria                       - (seccata, alzandosi) Be', basta.

Jack                          - (ironico) Non si può suonare, non si può can­tare, non si può parlare nemmeno?

Gloria                       - Di questo no.

Jack                          - E va bene. Allora lassù (indica il fondo), invece di tenerci scritto « Piccolo Bar », mettiamoci monastero e facciamola finita. (Risate. Vocìo. Qualcuno incomincia a uscire. Bartolo si alza in piedi nervoso e passeggia, la prima ragazza esce dal fondo con le sue amiche. Il ragazzo esce dalla prima a destra).

Jack                          - (nervoso va all'apparecchio radio, manovra le chiavi).

Altoparlante             - (voce femminile, chiara, bella) At­tenzione... Radio locale... Questa sera alle nove e mezzo tutti al Teatro Excelsior per la quarta replica dell'ope­retta «Lo Sceicco»... Ora trasmetteremo il duetto del secondo atto... Attenzione...

Gloria                       - (chiude subito le chiavi).

Altoparlante             - (tace).

Jack                          - (dopo una pausa) Nemmeno la radio si può sentire...

 Gloria                      - No, nemmeno la radio!

Jack                          - Abbiamo i nervi oggi...

Bartolo                     - (a Jack) Diventate seccante certe volte.

Jack                          - E' meglio che me ne vada. (Si alza, depone la chitarra fra la vetrata e la sinistra, si mette il cap­pello, esce per il fondo senza salutare. L'operaio e gli altri eventuali avventori lo seguono poco dopo. Riman­gono in scena solo Gloria, Bartolo e Alfredo).

Gloria                       - (infastidita, a Bartolo) Avete un modo di fare le osservazioni, voi...

Bartolo                     - Quel ragazzo diventa troppo invadente... Tony è dentro, ma quando uscirà non sarà contento di sapere che s'è messo qui di casa e di bottega!

Gloria                       - Se non c'era lui ci venivano altri ed era peggio...

Bartolo                     - Sì... forse sì... è vero. Io sono vecchio-Accidenti alla vecchiaia!

Gloria                       - Vedete, dunque... E quando si deve subire, è meglio non parlare tanto... (Va alla cassa, prende il cappellino, se lo calca in testa) Io vado a casa... e torno fra una mezz'ora. State attento a non cacciar via la gente. (Esce per il fondo).

Bartolo                     - (scuote la testa poco convinto).

Alfredo                    - E' cotta!

Bartolo                     - Purtroppo!

Alfredo                    - Ora va a casa e lui fra due minuti la rag­giunge.

Bartolo                     - (scandalizzato)  A casa?

Alfredo                    - Non cadere dalle nuvole! Ha mandato via anche la serva... per quindici giorni, a rivedere i parenti... (Ride).

Bartolo                     - Far salire quello là in casa... Oh! Mi farei tagliare la testa!

Alfredo                    - Sì, e faresti una bella figura andando in giro con la testa in mano!

Bartolo                     - Se quello là dovesse diventare padrone qui dentro, io...

Alfredo                    - Tu saresti il primo a servirlo! Hai un co­raggio, tu!

Bartolo                     - (ha un balzo, poi s'accascia, si passa una mano sugli occhi) Hai ragione... E' la verità... sono un miserabile, io...

Alfredo                    - Questo no, ma...

Bartolo                     - No, senza ma.... Lo so quello che sono... Uno che ha avuto sempre paura... dico che sono vecchio, ma non è quello... Non subisco perché sono vecchio... ho sempre subito, anche quando avevo vent'anni... ma perché sono una carogna... è questa la verità...

Alfredo                    - Andiamo, non fare lo scemo...

Bartolo                     - E vo sempre co' i revolver in tasca, ma al solo pensiero di servirmene...

Alfredo                    - (ridendo)  Ti senti tremare le gambe..

Bartolo                     - Avrei potuto cento volte... mille volte-solo che avessi avuto un po' di coraggio... dire, parlare, evitare... (Si ferma, ha un gesto brusco).

Alfredo                    - (attento) Evitare che?

Bartolo                     - Niente, niente. Non ne parliamo più. (An­dando al fondo) Vado a comperarmi un sigaro. (Esce dal fondo stringendosi nelle spalle).

Alfredo                    - (scoppia a ridere, poi rimette un po' d'or­dine sul banco).

Mabel                       - (dalla sinistra, cinquant'anni, tipo molto equi­voco, capelli inverosimilmente biondi, labbra favolose, abito audace. Eventualmente cagnolino di prezzo).

Alfredo                    - (ossequioso) Buongiorno, signora.

Mabel                       - Buongiorno.

Alfredo                    - Comandate?

Mabel                       - (guardando intorno) Un... sì, un cocktail.. Champagne cocktail, très sec.

Alfredo                    - (sorridendo) Signora, noi non abbiamo d queste bibite... Questo è un bar popolare...

Mabel                       - Ah, vedo, vedo... (indicando fra le bottiglie lì c'è del Martini...

Alfredo                    - Sì, signora. (Prende la bottiglia indicata),

Mabel                       - E del gin. Basta per un Martini sec.

Alfredo                    - Ah, per questo posso farvi un ottimo Mar. lini... (Prende lo shaker, comincia a preparare il co­cktail, con ghiaccio e liquori diversi).

Mabel                       - (intanto siede davanti al banco).

Alfredo                    - (lavorando al cocktail) Sapete, io ero bar­man al Grand Hotel di Cincinnati, ma poi, la crisi... E così son finito in un bar d'operai... Ma quando c'è un cliente chic... Lo so riconoscere a prima vista!

Mabel                       - Grazie... Oh grazie, grazie... E' molto che è aperto questo bar?

Alfredo                    - Circa trent'anni.

Mabel                       - Ah? (Guarda intorno) Sembra nuovo!

Alfredo                    - E' stato rinnovato due anni fa dalla nuova proprietaria. Quello che c'era prima morì.

Mabel                       - Vedo, vedo... Una che ha rilevato il locale, naturalmente?

Alfredo                    - Ereditato... E' la figlia dell'antico proprie­tario.

Mabel                       - Ho capito. E voi siete suo marito forse?

Alfredo                    - (sorridendo, agitando lo shaker) Oh no, signora, vi pare? Ilo sono un povero commesso di bar!

Mabel                       - Anche un commesso di bar però può aspi­rare... quand'è un bel giovine come nel vostro caso...

Alfredo                    - (agitando lo shaker) Questo conta poco nell'ambiente operaio... nei grandi locali alla moda, dove ero una volta, forse... ma qui... siamo in un locale di terz'ordine, voi forse non ci avete fatto caso... ci siete capitata per combinazione...

Mabel                       - Oh! No! abito là... (Indica attraverso la vetrata) Come vedete, a pochi passi.

Alfredo                    - (stupito) In questo rione?

Mabel                       - E' un rione malfamato?

Alfredo                    - No, anzi, ma di povera gente... Mentre voi, si vede che... (Agita lo shaker).

Mabel                       - Sono andata dove mi ha indicato il porta-ceste... Faccio parte della Compagnia d'operette del Teatro Excelsior...

Alfredo                    - (contento) Ah ah... voi recitate allora?

Mabel                       - Eh! Sono la soubrette!

Alfredo                    - (stupito) La...?

Mabel                       - ... soubrette!  Vi sembra strano?

Alfredo                    - (stappando lo shaker) No, affatto... quando c'è l'arte... (Versa nel bicchiere).

Bartolo                     - (appare sul fondo fon un sigaro acceso in bocca. Entra salutando con un breve inchino, va alla cassa, guarda curiosamente Mabel).

Mabel                       - (gli ha sempre rivolto le spalle).

 Bartolo                    - (siede alla cassa, fa cenno ad Alfredo: e chi è?).

Alfredo                    - (si stringe nelle spalle; scuote la testa).

Mabel                       - (beve un sorso, o due, poi, ad Alfredo). Buono...

Bartolo                     - (sussulta).

Alfredo                    - (sorridendo) Troppo gentile, signora.

Mabel                       - No, è fatto molto bene, sul serio... da grande barman! Mi compiaccio!

Bartolo                     - (sembra istupidito, col sigaro pendente all'angolo della bocca, si muove, fa cadere a terra l'elenco degli abbonati al telefono).

Mabel                       - (si volge a Bartolo, lo saluta con un luminoso sorriso).

Bartolo                     - (balza in piedi).

Mabel                       - (calma, ad Alfredo) Si possono avere delle sigarette qui?

Alfredo                    - ((premuroso) Sì signora... che qualità?

Mabel                       - Sono certa che non avete le mie... Io fumo sigarette orientali... (Apre la borsetta, mostra un pac­chetto di sigarette) Queste... le avete?

Alfredo                    - No, ma posso andare a comprarle qui vi­cino... cinque minuti...

Mabel                       - Ecco, bravo, andate...

Alfredo                    - (premuroso) Subito, signora. (Esce dalla prima a destra e rientra dalla seconda).

Mabel                       - (porgendogli una moneta d'argento) Ecco...

Alfredo                    - Grazie. (Esce dal fondo).

Mabel                       - (continua a sorridere a Bartolo).

Bartolo                     - (al colmo dello stupore, e a poco a poco lasciandosi vincere dall'ira) Tu!

Mabel                       - (ridendo) Io, sì... che c'è di straordinario?

Bartolo                     - Che sei venuta a fare qui?

Mabel                       - A recitare! Sono Mara D'Ormeville, sou­brette della Compagnia Giocondissima che recita all'« Excelsior »... Non sei venuto a vedermi? E' stato un successo trionfale!

Bartolo                     - (tremando di rabbia) Che sei venuta a fare... Che sei venuta a fare, qui, nel bar... con quale coraggio... Con che faccia!

Mabel                       - Con la mia faccia, che si mantiene ancora fresca mentre la tua sembra quella di un vecchio di settant'anni!

Bartolo                     - (amaro) Mentre tu ti credi giovane, eh?

Mabel                       - Sempre giovane!

Bartolo                     - Ma se ti fossi incontrata con tua figlia?

Mabel                       - L'avrei salutata! Non mi dispiacerebbe af­fatto di rivederla... Sono sempre sua madre...

Bartolo                     - Madre... tigre, vuoi dire... tu non sei che una tigre...

Mabel                       - Una tigre... Non fare il tragico!  Non sai che le tigri sono delle buone mamme? Una volta, quando ero in circo equestre, ci fu una tigre...

Bartolo                     - (interrompendola) Alle corte! Cosa vuoi? Che sei venuta a fare qui?

Mabel                       - Per ora a prendere un cocktail!

Bartolo                     - E poi?

Mabel                       - A vedere, sentire, odorare... Comincio ad accorgermi che la gioventù sta passando anche per me... e debbo pensare all'avvenire.

Bartolo                     - Tuo fratello t'ha lasciato una casa in Irlanda.

Mabel                       - Lo so, me la sono fatta intestare il mese scorso... ma non si vive solo con una casa.

Bartolo                     - Hai quello che hai rubato a tuo marito e a me.

Mabel                       - (ridendo) Eh! Speso, sfumato, volatilizzato, quello... E' storia antica, caro mio... Sono diciannove anni a momenti...

Bartolo                     - E cosa hai intenzione di fare?

Mabel                       - Niente... Mia figlia è negoziante, ha un lo­cale avviato ed ha il dovere di pensare alla vecchia genitrice.

Bartolo                     - (fremendo di collera e di paura, andando verso di lei) Senti... tu mi conosci bene...

Mabel                       - (ridendo) Eh!

Bartolo                     - Sai che non sono mai stato tipo da botte e da coltellate... Ho tenuto sempre a vivere tranquillo...

Mabel                       - (ridendo) Di' che sei sempre stato un vi­gliacco, è più corto e più giusto.

Bartolo                     - (tremando) Sono sempre stato un vi­gliacco... Ho inghiottito umiliazioni e dolori tutta la vita... Ma bada...  (cava fulmineamente il revolver, lo punta sulla faccia di Mabel a due centimetri di di­stanza) ' Questa volta...

Mabel                       - (spaventata, tirandosi indietro, impossibilitata a fuggire perché seduta) Ma... sei pazzo?

Bartolo                     - (avvicinandole di più il revolver alla faccia) Sì, sono pazzo. Se non; te ne vai ora, subito... se non mi giuri sulla tomba di tuo padre che mai e poi mai ti permetterai di tornare qui, vederla, scriverle, telefo­narle... darle anche l'ombra d'un fastidio... t'ammazzo come una bestia feroce!

Mabel                       - (terrorizzata) Ma... Bartolo... Tu...

Bartolo                     - (feroce, tremante di collera e paura insieme) Ah, non m'avevi mai visto così, eh? Non immagi­navi che anch'io potessi diventare una tigre, eh? Me lo leggi negli occhi che questa volta non è come le altre, che hai la morte vicina per un capello?

Mabel                       - (c. s. tentando di scostarsi quanto più può, e riuscendo ad allontanarsi di qualche altro centimetro dalla bocca dell’arma) Io...

Bartolo                     - (piegandosi su lei, riportandole la bocca della canna quasi a contatto della faccia) Giura come t'ho detto... giura... non tardare un altro secondo, perché sento che ci vedono dalla via, e se entra qualcuno sparo senza misericordia... Giura...

Mabel                       - (Terrorizzata) Giuro...

Bartolo                     - (c. s.) Sulla tomba di tuo padre.

Mabel                       - (c. s.) Sulla tomba di mio padre...

Bartolo                     - (c. s.) Che mi considero morta per mia figlia...

Mabel                       - (c. s.) Che mi considero morta per mia figlia...

Bartolo                     - (c. s.) Che non cercherò di vederla...

Mabel                       - (c. s.) Di vederla...

Bartolo                     - (c. s.) Scriverle, telefonarle...

Mabel                       - (c. s.) Scriverle, telefonarle...

Bartolo                     - (c. s.) E ricordati... So che questo è l'unico giuramento che rispetti... ricordati che «e non dovessi mantenerlo, verrò ad ammazzarti come una cagna, anche a teatro, davanti a mille persone! E non m'importa se finirò sulla sedia elettrica. Hai capito? (Le accosta il revolver alla faccia).

Mabel                       - (con un urlo) Ho capito... lasciami...

Bartolo                     - (le tiene ancora per un secondo l'arma sulla faccia, poi si scosta da lei) Vattene!

Mabel                       - (si precipita dal seggiolino, corre verso il fondo).

Gloria                       - (appare sul fondo).

Bartolo                     - (intasca precipitosamente l'arma).

Gloria                       - (apre la porta, quasi si urta con Mabel) Oh, scusate...

Mabel                       - (esce in fretta, senza guardarla).

Gloria                       - (le chiude la porta dietro le spalle gentilmente, viene avanti togliendosi il cappello che metterà dietro la cassa) Chi è?

Bartolo                     - (tranquillo) Ah... una della Compagnia d'operette... Un'artista... (Vacilla, s'accosta al banco, vi si appoggia con la mano).

Gloria                       - (dietro la cassa, senza guardarlo) Che vo­leva?

Bartolo                     - (c. ,s.) Ma... una bibita curiosa... di quelle che bevono queste donne... (Guarda il bicchiere, ancora per tre quarti pieno di cocktail, lo prende con una mano, sempre sostenendosi al banco con l'altra, beve avida­mente, rabbrividisce poi respira forte) Ah...

Alfredo                    - (entrando dal fondo) Ecco le sigarette... (Porge un pacchetto di sigarette, che ha in mano, guarda stupito) E la signora?

Bartolo                     - (gli toglie le sigarette di mano quasi con violenza, sorridendo subito dopo) E' andata via e t'ha lasciato il resto...

Alfredo                    - (facendo per riprendere le sigarette) Allora gliele porto al teatro... Chissà che non mi dia una pol­trona...

Bartolo                     - (evitando Alfredo, sorridendo sempre) No... Non vuole nessuno a teatro... S'è seccata con me perché le ho chiesto un posto... (Si muove, vacilla, si ri­mette in piedi con uno sforzo).

Alfredo e Gloria       - (lo guardano stupiti).

Bartolo                     - (indicando il pacchetto di sigarette) Que­sto... Lo mandiamo a Tony Savarese... Poveretto... E' cin­que mesi che sta dentro! (Esce lentamente dalla se­conda a destra).

Alfredo e Gloria       -  (si guardano stupiti).

Alfredo                    - (gestendo come per dire: gli ha dato dì volta il cervello) Mah!

Gloria                       - (sospirando) Eh... Non c'è che fare!

Alfredo                    - (esce dalla seconda a destra, rientra dietro il bar, comincia a lavare e asciugare il bicchière in cui hanno bevuto Mabel e Bartolo. Un silenzio. Campa­nello del telefono).

Gloria                       - (al telefono) Pronto... «Piccolo Bar»... Sì, sono io... Ah, dite dite... Io? Perché? (Pausa). Ah, va bene, va bene... Il sedici maggio 1913... si qui... sì, sono nata nella casa dove sto ancora adesso... Certo! (Pausa). Fu John White e... Mabel O'Brien... (pausa) fu... fu... anche la maternità... (pausa) sì... sì... vengo io là... Al­lora venga lui qua... Come vuole. Lo aspetto... va bene. (Riattacca il telefono).

Alfredo                    - (ha seguito la conversazione stupito, ed Ora guarda Gloria con gli occhi sbarrati).

Gloria                       - (fissandolo) Ch'è successo? V'hanno ma­gnetizzato?

Alfredo                    - No, ma... ho sentito...

Gloria -                     - Ah già... eh, potete sentire, ormai. Non è più un mistero.

Alfredo                    - Vi sposate?

Gloria                       - (sussulta) Io? ÌE perché?

Alfredo                    - V'ho sentita dire quando siete nata... La paternità.

Gloria                       - (tace, poi) Le generalità si danno non solo per sposarsi!

Alfredo                    - Ah...

Gloria                       - Ma anche per fare un contratto!

Alfredo                    - Un contratto?

Gloria -                     - Sì, un contratto... Cedo il bar... me ne vado...

Bartolo                     - (appare più calmo, sulla seconda a destra, si ferma sbalordito udendo ciò che dice Gloria).

Alfredo                    - E chi è che... si prende il bar?

Gloria                       - 'Il signor Skirotas... Così la facciamo finita.

Alfredo                    - (contento, senza voler far parere) Certo... è forse meglio così... Ma non avete mai detto niente...

Gloria                       - (aggressiva) A chi avrei dovuto dirlo?

Alfredo                    - Ma... Non so... A me... a Bartolo...

Gloria                       - A voi... perché dovevo dirlo proprio a voi?

Alfredo                    - Se non altro per il fatto che ho servito qui tre anni... facendo sempre il mio dovere...

Gloria                       - (fredda) Voi avete solo fatto il vostro inte­resse qui.

Alfredo                    - (allarmato) Signorina...

Gloria                       - Avete tenuto il giuoco del lotto per due anni qui dentro... esponendomi cento volte al pericolo di farmi chiudere!

Alfredo                    - (protestando) Io...

Gloria                       - (interrompendolo) Avreste il coraggio di negarlo?

Alfredo                    - (audace) Tutti i barman giuocano, e se io ho giuocato qualche volta l'ho fatto con discrezione!

Gloria                       - Finché c'è stato Tony Savarese, di cui ave­vate una paura matta... ma da cinque mesi l'avete fatto sfacciatamente!

Alfredo                    - (con rabbia, battendo con forza sul banco il panno di cui si serve per pulire) Mah! Meno male ch'è finita!

Gloria                       - Non è ancora finita! Posso ancora cacciarvi via di qui dentro!

Alfredo                    - Se mi liquidate potete farlo anche subito!

Gloria                       - No, perché farebbe troppo comodo al vostro nuovo principale signor Skirotas... Nuovo per modo di dire, intendiamoci.

Alfredo                    - Certo si starà molto meglio con lui che con voi!

Bartolo                     - (tremando) Ma io?

Gloria                       - (guarda Bartolo).

Alfredo                    - (si stringe nelle spalle).

Bartolo                     - Io come starò, io? Skirotas non vorrà tenermi... ed anche se volesse come potrei rimanere?

Gloria                       - (gli tende le mani affettuosamente) Voi ver­rete con me, Bartolo... Domani, quando Skirotas pren­derà possesso del bar, pagherà anche la vostra liquida­zione... C'è sul contratto... L'ho voluto io!

 Bartolo                    - Dio vi benedica, signorina... non per quei pochi soldi che prenderò ma per il pensiero che avete avuto... Come avrei potuto vivere lontano da voi?

Gloria                       - Vedete che ci ho pensato anch'io.

Bartolo                     - (rasserenandosi dopo aver pensato) Sì... e meglio... Questa pare una casa stregata... ogni tanto ap­pare un'ombra... Quante volte ho desiderato d'andar­mene lontano... non vedere più certe facce... Andare a lavorare, sfacchinare, penare, ma col cuore più con­tento... e... (Si turba ad un pensiero improvviso) Ma.,. siete sicura d'aver fatto un buon contratto? Skirotas, lo sapete bene...

Gloria                       - (interrompendo) Il contratto l'ha fatto il notaio Roberts... potete star tranquillo...

Bartolo                     - (contento) Ah...

Gloria                       - Ce lo ha letto poco fa a me e Skirotas, a casa...

Bartolo                     - (guardando di sfuggita Alfredo) Siete stata a casa? Adesso?

Gloria                       - Sì, a casa... con Skirotas e Roberts...

Bartolo                     - (dando un altro sguardo ad Alfredo) E nessun altro?

Gloria                       - Nessun altro! Ho mandato la cameriera per quindici giorni al suo paese proprio per fare le tratta­tive senza testimoni!

Bartolo                     - (ad Alfredo) Cretino!

Alfredo                    - (si stringe nelle spalle).

Gloria                       - (stupita) Ma... perché?...

Bartolo                     - Mi capisco io... e mi capisce anche lui... (Torna accanto a Gloria) Signorina... signorina mia bella... l(Le prende le numi, gliele bacia) Voi non po­tete immaginare che consolazione mi date! Ah... (Guarda Alfredo) Impianteremo un altro bar, cento volte più bello di questo... cercherò io un posto come si deve...

Gloria                       - (sorride) No, Bartolo. La prima cosa che faremo sarà quella di riposarci... Voglio andare in Italia per qualche tempo...

Bartolo                     - (commosso) Signorina...

Gloria                       - A vedere dov'è nato mio padre...

Bartolo                     - (quasi strozzato) Ohv..

Abele                        - (entra dal fondo).

Roberts                     - (lo segue, con una busta di cuoio sotto il braccio).

Abele                        - Eccoci qui!

Roberts                     - (allegro) Tutto è a posto... non mancano che le firme... (Guardando Alfredo e Bartolo) Voi sarete i testimoni, ora vi spiegherò di che si tratta...

Bartolo                     - (contento) Oh, lo sappiamo già!

Roberts                     - Tanto meglio! Autenticherete le firme della signorina White e del signor Skirotas...

Bartolo                     - Non sarebbe meglio che il signor Skirotas avesse i suoi testimoni?

Roberts                     - Non è indispensabile.

Bartolo                     - Non si sa mai.

Abele                        - Non si sa mai che cosa?

Bartolo                     - Potrebbero sorgere delle questioni...

Abele                        - Io non ho intenzione di far questioni... Vo­glio solo il bar, per farci gli affari miei!

Roberts                     - E poi il versamento è stato già fatto alla banca, e la ricevuta l'ho io... E quando si hanno i soldi in mano... (apre contènto il portafogli).

Bartolo                     - Sarà, ma io vorrei altre due persone... Alfredo, per esempio, sta meglio come testimone del si­gnor Skirotas che della signorina...

Abele                        - (sbuffando) Quante storie!

Jack                          - (appare sulla sinistra, torvo, si ferma a guardare Gloria).

Gloria                       - (ridendo) Oh... ecco uno che può essere un buon testimone per me...

Roberts                     - (guardando Jack) Ah? Venite, venite, gio­vanotto...

Abele                        - (fra i denti). Non manca mai.

Jack                          - Io ho detto che entrerò sempre nel bar quando c'è Skirotas...

Abele                        - (ridendo) Firma, ora... non t'arrabbiare!

Roberts                     - (a Jack) Avete un documento d'identità?

Jack                          - Ho la carta.

Roberts                     - Bene. (Ad Abele) Voi, intanto, chiamate uno dei vostri.

Abele                        - Subito (Si volge, fa per andare al fondo).

Brown                      - (è apparso sul fondo con le mani in tasca, la pipa in bocca, tranquillo come chi va a spasso, quasi bef­fardo).

Abele                        - (si ferma di scatto, ha un'esclamazione).

Gloria, Bartolo e Jack - (hanno subito veduto Brown).

Roberts e Alfredo    - (si voltano alt'esclamazione di Abele).

Brown                      - (dopo una pausa) Be'? Che c'è? Un com­plotto?

Roberts                     - (freddo) Nessun complotto, ispettore. Si sta solo perfezionando un atto legale.

Brown                      - (entrando) Oh, scusatemi, signor Roberts, non vi avevo riconosciuto... Cos'è quest'atto legale? Si può sapere?

Roberts                     - Certamente... E' un contratto col quale la signorina White vende al signor Skirotas tutto quanto è contenuto nel « Piccolo Bar », e cede il contratto d'af­fitto del locale.

Brown                      - Ah! Questa è un'ottima idea, signorina... Voi non eravate fatta per condurre un locale come do­vrebbe essere questo. Vi ci voleva un socio energico... o un marito intelligente e affezionato.

Roberts                     - Articoli che non si trovano tanto fa­cilmente.

Brown                      - Purtroppo...

Abele                        - (con lieve ansia) Così voi approvate il con­tratto?

Brown                      - Senz'altro!

Abele                        - (c. s.) Allora, ispettore... poiché stavo uscendo proprio per cercare un altro testimone... volete farmi l'onore di metterci anche la vostra firma?

Brown                      - (fissa Abele, poi) No, Skirotas. E' meglio che cerchiate un altro testimone.

Abele                        - (fissa Brown, va al fondo, chiama fòrte) Metaxas! (Pausa, fa cenno a qualcuno di venire, torna verso il gruppo).

Brown                      - Sono passato per darvi un'importante noti­zia. Tony Savarese è uscito dal carcere di Atlanta nel pomeriggio di oggi, e probabilmente domattina sarà qui.

Gloria, Roberts e Bartolo       - (hanno un grido di gioia).

Abele                        - (ha un gesto d'approvazione).

Alfredo                    - (è atterrito).

Jack                          - (ha un gesto di fastidio).

 Metaxas                   - (tipo greco-orientale, balbuziente, berretto di seta, maniche di lustrino, penna dietro l'orecchio, sulla cinquantina, appare sul fondo. Non riesce mai a dire una battuta, ma si sforza per ripetere quelle a cui dovrebbe rispondere).

Bartolo                     - (emozionato) Com'è uscito? In cauzione?

Brown                      - Non lo so. Ma non credo, non è vero, si­gnor Roberts?

Roberts                     - Se c'era da versare una cauzione avrebbe telegrafato a me.

Brown                      - Comunque sia, il certo è che è libero... e che... (calcando, guardando prima Jack, poi Alfredo) domani mattina... al più tardi nel pomeriggio... sarà qui. L'ultimo treno da Atlanta parte alle sei, e lui non c'era.

Alfredo                    - (emozionato) Non può essere già arrivato senza che nessuno l'abbia veduto?

Brown                      - No, ero alla stazione, appunto ad aspettare quel treno... a scanso di complicazioni... capite, voi? Io odio le complicazioni. Mah... Ho piacere che ritorni, poveraccio.

Roberts                     - Lasciatemi dire, ispettore, che anche noi ne siamo felici... (fissandolo) e sinceramente...

Brown                      - Non ne dubito, non ne dubito... tutti voi o quasi tutti. Ma non trascurate gli affari... Perfezionate il vostro contratto.

Gloria                       - (fissa su Brown uno sguardo di sfida, poi prende la penna stilografica dalle mani di Roberts, firma il contratto che questi ha spiegato, porge la penna ad Abele, gli fa posto e guarda di nuovo Brown).

Brown                      - (accende la pipa).

Abele                        - (firma e passa la penna a Bartolo).

Bartolo                     - (firma e passa la penna a Jack).

Jack                          - (firma e fa per passare la penna ad Alfredo, ma essendo Alfredo più lontano, la passa a Metaxas).

Metaxas                    - (firma, poi, ad Abele) Posso andare?

Abele                        - Va.

Metaxas                    - (gli dà la penna, esce per il fondo).

Abele                        - (porge la penna ad Alfredo).

Alfredo                    - (prende, dopo una breve esitazione, la penna).

Brown                      - (lo guarda attentamente).

Alfredo                    - (s'avvicina al tavolo per firmare, esita, poi getta la penna sul tavolo) No! Io non firmo!

Tutti                         - (meno Brown, hanno un gesto ed una escla­mazione di stupore).

Abele                        - (seccato) Non firmi? Perché non firmi?

Alfredo                    - Non solo non firmo, ma mi oppongo al contratto!

Abele                        - (stupito e inquieto) Cosa? Ti opponi a che?

Roberts                     - (stupito) Vi opponete al contratto?

Alfredo                    - Sicuro!

Roberts                     - E con quale diritto?

Bartolo                     - (scattando) Ma non statelo a sentire che è ubriaco... (Prendendo la penna) Firmerò io anche per Skirotas e non ringrazieremo nessuno... (fa per firmare).

Roberts                     - Piano, prima ho il dovere di sentire quale diritto ha o crede d'avere questo giovanotto...

Bartolo                     - Non ha nessun diritto! Gli è scemo!

Roberts                     - (ad Alfredo) Rispondete a me, questo è un atto pubblico e chiunque può intervenirvi. Quale diritto credete di avere?

Alfredo                    - Quello d'impiegato!

Roberts                     - Dovete riscuotere stipendi arretrati?

Alfredo                    - No, ma...

Roberts                     - (tagliando) Basta. Non conta nient'altro. (Porge la penna a Bartolo).

Alfredo                    - Ho diritto all'indennità di licenziamento.

Roberts                     - (o Gloria) L'avete licenziato?

 Gloria                      - Io no. Il signor Skirota3 ha detto che lo conferma.

Roberts                     - (ad Alfredo) E allora? (Porge nuova­mente a lui la penna) Via, non fateci perdere tempo.

Alfredo                    - (respingendo la penna) Anche se la signo­rina non m'ha licenziato io ho diritto alla liquidazione per cambiamento di proprietario.

Roberts                     - Nessuno v'impedisce di tentare un ac­cordo col nuovo proprietario, ed io stesso v'aiuterò, se volete, domani...

Alfredo                    - Domani? Ma io voglio i miei soldi su­bito, e andarmene questa sera stessa!

Brown                      - (beffardo) Volete passare la notte in treno?

Alfredo                    - (ha un balzo, poi) Che c'entra?

Brown                      - Si direbbe che vogliate andarvene prima che arrivi Tony Savarese!

Alfredo                    - (guardandolo) E se fosse?

Bartolo                     - (fissa Alfredo con gli occhi sbarrati).

Brown                      - Perché non volete incontrarvi con Savarese?

Bartolo                     - (con indagine) Ah già, perché tanta furia?

Alfredo                    - E' un tipo che non mi piace.

Brown                      - Dite piuttosto che temete di dovervi sor­bire qualche rimprovero.

Alfredo                    - Certo! Ho paura proprio di questo! Tony non mi perdonerà di non averlo avvertito che la signorina voleva cedere il bar!

Brown                      - (calmo) Eravate la spia di Tony?

Alfredo                    - (con furia) Non sono mai stato la spia di nessuno, io!

Bartolo                     - (che ha sempre fissato su Alfredo gli occhi sbarrati, in preda d'una collera che va crescendo, scatta, sporgendo l'indice verso di lui) Tu gli hai fatto la spia a Tony e lo hai mandato in galera, tu...! Tu! Ora ricordo... (Alfredo ha un balzo, Bartolo grida) Ispettore, afferratelo... (Brown prende Alfredo per un braccio e lo trattiene) Ora ricordo... Ora ricordo, sicuro... Lui ti mandò a casa sua con la chiave... per aspettare il no­taio ed accompagnarlo qui per andare a versare la cau­zione per fare uscire la signorina...

Alfredo                    - (terrorizzato) Tu sei pazzo!

Bartolo                     - (c. s.) No, no... tu sei stato... tu hai na­scosto in casa sua la rivoltella... perché la polizia potesse trovarla!

Brown                      - (beffardo) Come difatti la trovò!

Bartolo                     - (appassionato) Vedi? Vedi? Ispettore, io sono certo che è stato lui... certo! E poi guardatelo... guardategli quella faccia di traditore...

Alfredo                    - (è sopraffatto dal terrore).

Brown                      - (calmo) Non basta la faccia per motivare i mandati di cattura... Se fosse cosi quanta gente sta­rebbe dentro... (Guarda Jack, Abele, Alfredo). Il sospetto d'un trucco simile io lo ebbi subito quando lessi la lettera anonima... ma non basta un sospetto... ci vuole una prova... una prova indiscutibile...

Bartolo                     - (battendosi la fronte) C'è... c’è... ora rico­struisco tutto, vedo tutto chiaro... quando Tony uscì col notaio mi ordinò di telefonare a casa sua... a quel mise­rabile... Io telefonai... e lui mi rispose con una voce che non riconobbi, tanto ch'era cambiata... Tanto che io credevo d'aver sbagliato numero e glielo dissi, insistendo, due volte... (ad Alfredo) E' vero o no?

Alfredo                    - (torvo) Tu sei pazzo!

Bartolo                     - (a Brown che è attentissimo) E' la verità, ispettore, la verità... E solo quando mi sentì insistere, lui rispose con la sua voce...

Brown                      - (pensoso) Con la sua voce...

Bartolo                     - Perché era così turbato?... Al punto che pareva avere la voce di un altro? Perché stava facendo il tradimento seppure non l'aveva già fatto...

Tutti                         - (sono attentissimi),

Brown                      - (ad Alfredo) Cos'avete da dire, giovanotto?

Alfredo                    - (sforzandosi per apparire beffardo) Io? niente. Questi sono sogni e fantasie, e niente altro. (Guardando Bartolo) E' l'età.

Brown                      - E cos'avete intenzione di fare?

Alfredo                    - Ve l'ho detto. Voglio i miei soldi e an­darmene subito.

Brown                      - (a Gloria) Cosa decidete, voi, signorina?

Gloria                       - (sussultando) Io? Da me non deve aver niente...

Alfredo                    - (ostinato) Vuol dire che mi pagherà Skirotas. Io ho il diritto d'esser pagato.

Abele                        - (guardandolo con disprezzo) Diritto? Tu ti permetti di parlare di diritti... con me?

Alfredo                    - (scattando) Io...

Brown                      - (interrompendo, con calma beffarda) I di­ritti si possono vantare verso chiunque. (Ad Abele) Voi rilevando il locale, ne rilevate anche gli obblighi. Se questo signore ha diritto a una liquidazione dal vecchio proprietario, voi gliela dovete.

Abele                        - Gliela devo se lo licenzio... e io non lo licenzio né lo licènzierò.

Alfredo                    - Mi licenzio io!

Abele                        - E allora non ti spetta niente! Fa' causa!

Brown                      - (con dolcezza) Ma non vedete che il pove­retto muore dalla voglia d'andarsene... e che se ne an­drebbe anche senza liquidazione, se avesse un po' di soldi per pagare il biglietto?

Alfredo                    - (subito) Ah certo... (Pentendosi e correg­gendosi) E poi non intendo perdere i miei diritti. Non posso andar via come un cane!

Brown                      - (c. s.) Vedete, Skirotas? E' una questione d'umanità.

Abele                        - (seccato) Domani... ne riparleremo domani... nemmeno io posso mandare avanti da domani il bar senza personale pratico.

Alfredo                    - (fissando Abele) Io domani qui non ci vengo!

Abele                        - Tu ci verrai! O non vedrai un soldo finché campi! Hai capito? (Ho un gesto di minaccia).

Alfredo                    - (indietreggia di un passo).

Brown                      - (guarda attentamente Jack, poi Skirotas ed Alfredo, sorride come se un'idea umoristica gli sia venuta all'improvviso, poi, ad Alfredo) Sentite, giova­notto... voglio farvi una proposta io... Tutto quanto ha detto il signor Bartolo sulla lieve distrazione in cui sa­reste caduto in casa di Tony Savarese non costituisce una prova certa contro di voi... siete libero come l'aria... Ora sentite la mia proposta... Se vi arrestassi? (Guarda Alfredo sorridendo).

Alfredo                    - (spaventato) Arrestarmi?

Brown                      - (c. s.) Eh... se vi arrestassi? Se, per dir meglio, acconsentiste voi a lasciarvi arrestare, pacifica­mente, volontariamente?

Alfredo                    - (c. s. disorientato) Ma scusate... perché?

Brown                      - (serio) Perché dentro si sta sicuri, e la pelle non corre nessun pericolo.

Tutti                         - (hanno una esclamazione di sorpresa).

Alfredo                    - (è atterrito).

Bkown                     - (dopo una pausa) Eh? Che ne dite dell'idea?

Alfredo                    - (deciso) Vengo, ispettore. (Esce dalla se­conda a destra, togliendosi la giacca di tela bianca, rien­trerà subito mettendosi il cappello e infilandosi la giacca di città).

Brown                      - Oh... lo dico sempre io che con la pazienza e le belle maniere si arriva a tutto...

Alfredo                    - (rientrando) Eccomi.

Brown                      - Io vi arresto dunque sotto l'accusa d'aver nascosto una rivoltella in casa di Tony Savarese con l'intenzione di fuorviare la giustizia.

Alfredo                    - (serio) Beninteso però che questo non è vero!

Brown                      - (perdendo la pazienza e dandogli uno spin­tone) E' vero, è vero! Mi credi proprio un imbecille .dunque?

Alfredo                    - (atterrito) Ispettore, io...

Brown                      - (dandogli un altro spintone) Sono cinque mesi che ti tengo fra le zampe come un topolino! Cam­mina! (Lo spinge verso la sinistra, verso gli agenti che entrano).

Il primo e il secondo Agente  - (si mostrano sul fondo. Prendono Alfredo per le braccia e si allontanano).

Brown                      - (guarda i presenti atterriti) Poi vedremo di chi era quell'altra voce al telefono... e in quanti era­vate a nascondere la rivoltella! Tutto arriva a chi sa aspettare! (Saluta toccandosi il cappello, esce per' il fondo).

(Un silenzio. I personaggi si guardano l'un l'altro, atterriti. Il sole è già tramontato da un pezzo e l'oscu­rità va guadagnando spazio nel piccolo bar).

Gloria                       - (scoppia in pianto).

Bartolo                     - (la riceve affettuosamente fra le braccia).

Gloria                       - (singhiozzando) Io non ne posso più... non ne posso più...

Jack                          - (silenziosamente va all'interruttore, lo gira. La scena si rischiara).

Roberts                     - (a Gloria) Calmatevi, signorina... Ormai siamo ad un punto in cui si può sperare che finiscano tutte le vostre noie...

Gloria                       - Oh, signor Roberts, lo spero di tutto cuore... (ad Abele) Signor Skirotas... contentatevi della firma di Bartolo e finiamola... Io non posso più vedermici qui.

Abele                        - (pensoso) Bartolo... .

Roberts                     - E' perfettamente legale... Firmerei io se non fossi il notaio estensore dell'atto.

Abele                        - (pensoso) Sto pensando... se non è forse meglio...

Gloria                       - (allarmata) Cosa?

Abele                        - (guardando prima Gloria, poi Jack) Riman­dare tutto a domani.

Jack                          - Domani c'è qui Tony.

Abele                        - E forse è meglio.

Gloria                       - (con forza) No, se c'è Tony il contratto non si firma più.

Abele                        - (guardandola) Credete?

Gloria                       - Ne sono certa!

Roberts                     - Sì, Skirotas... Tony si opporrebbe, si op­porrà... e io che sono amico di Tony, come sono amico della signorina, voglio che si faccia, questo contratto... per il bene di tutti e due... perché finisca un incubo...

Abele                        - (pensa, lunga pausa, poi tendendo la penna a Bartolo) Bene. Firmate.

Bartolo                     - (firma i due atti).

Abele                        - (porgendo uno degli atti a Roberts, intascando l'altro) Ecco. Domani potrete ritirare il danaro alla banca. Da questo momento il bar è mio. Considero la consegna come già fatta. Quello che c'è, c'è. Potete darmi le chiavi e andarvene.

Gloria                       - (andando alla cassa, ironica) Mi permette­rete di portar via l'incasso di oggi, se non vi dispiace.

Abele                        - Ah certo... giustissimo. (Guarda Jack, poi) Ora il bar è mio.

Jack                          - Tanto piacere.

Abele                        - E posso farci entrare solo chi voglio io.

Jack                          - A me non mi ci vedrai di sicuro. Io non giuoco al lotto!

Gloria                       - (ha tolto dalla cassa tutto il danaro e le carte che vi sono, e tentando di mettere il tutto nella borsetta, porge un anello con alcune chiavi a Skirotas).

Abele                        - (prende le chiavi) Grazie. Aspettate ancora un momento che chiamo il mio segretario. (Esce per il fondo).

Gloria                       - (fa per chiudere la borsetta senza riuscirvi).

Jack                          - Non c'entra, tutta la roba. (Fa per aiutare). Bartolo             - (fa un pacco di varie carte e conti).

Roberts                     - (offrendo il portafogli) Mettete qual­cosa qui.

Gloria                       - E voi?

Roberts                     - Me lo riporterete. Andate e tornate su­bito, così si andrà a mangiare un boccone insieme e combineremo per andare da Tony domani.

Gloria                       - (chiudendo la borsetta) Ah, certo, voi non dovete mancarmi, perché da sola non l'affronto. Roberts  - (sorridendo) Penserò io a calmarlo...

Gloria                       - (ha chiuso la borsetta) Ci conto.

Jack                          - (ha chiuso il portafogli di Roberts) Ecco.

Bartolo                     - Andiamo (Prende il pacchetto che ha formato).

Gloria                       - (prende la borsetta, si muove) Torniamo subito.

Jack                          - (ha preso il portafogli gonfio) Vengo anch'io se non disturbo.

Gloria                       - (gentile) Affatto. Grazie. (Va al fondo, esce).

Bartolo e Jack          - (la seguono).

Roberts                     - (guarda intorno, si frega le mani contento).

Abele                        - (appare sul fondo).

Metaxas                    - (lo segue).

Il primo e il secondo Facchino           - (lo seguono).

Abele                        - Ah? Sono già andati via?

Roberts                     - Tornano subito.

Abele                        - (guardando intorno) Hanno portato via niente?

Roberts                     - (ridendo) Andiamo, Skirotas... Come vi viene in mente...

Abele                        - Sapete, tutto fa brodo... Anche una bottiglia di liquore mi seccherebbe che me la soffiassero.

Roberts                     - (ridendo) Non v'hanno soffiato niente.

Abele                        - (a Metaxas) Tu... fa calare subito le saraci­nesche... tanto non potremmo servire nessuno...

Metaxas, il primo Facchino e il secondo Facchino    - (cominciano subito a calare le saracinesche della sini­stra, della vetrata e del fondo).

Abele                        - (a Roberts) Voglio far dipingere una grande striscia di tela bianca con grandi lettere nere... chiuso per restauri... nuovo proprietario... Abele Skirotas... Così capiscono.

Roberts                     - (ridendo) Certo.

Abele                        - Poi, dopo tre o quattro giorni, un'altra stri­scia... Abele Skirotas, ancora più grande...

Roberts                     - (ridendo) Così capiscono anche meglio...

Abele                        - (sorride, dà un colpetto sulla pancia di Roberts, poi si volge a Metaxas e al primo e secondo facchino che hanno chiuso, nel frattempo, le saracinesche) Oh, bene. Ora tu- (a Metaxas) vai lì dietro - (indica il banco) e mi tiri fuori tutto quello che c'è sotto, siste­mandolo sul banco...

Metaxas                    - (esce dalla seconda a destra, rientra per la prima dietro il banco e comincia a lavorare).

Abele                        - (al secondo facchino) Tu, vieni qui... (Va verso la cassa) Comincia a levarmi tutta la porcheria che c'è qui sotto... (indica sotto il banco della cassa).

Il secondo Facchino   - (comincia a eseguire).

Abele                        - (guardando il primo facchino, con impazienza) E tu? Dormi?

Il primo Facchino     - (scusandosi) Aspetto che mi comandiate...

Abele                        - Va ad aiutare Metaxas!

Metaxas                    - Il si... signor Metaxas!

Il primo Facchino     - (esce dalla seconda a destra, rien­tra per la prima dietro il banco, e s'affaccenda insieme a Metaxas).

                                 - (S'ode un continuo rumore di bottiglie smosse dietro al banco dove lavorano i due uomini).

Abele                        - (a Roberts) Voi vedrete cosa diventerà que­sto bar... il ritrovo di tutti gli sportivi del rione... il primo ad esserne contento sarà Tony... Ne sono sicuro...

Il primo Facchino e Metaxas  - (sì rialzano disputando a bassa voce. Il primo facchino ha in mano un vecchio, piccolo, polveroso portafoglio di cuoio nero, legato con una fettuccia nera).

Abele                        - (aspro) Cosa c'è?

Il primo Facchino     - Abbiamo trovato questo... (porge il portafoglio).

Metaxas                    - Cioè, l'ho trovato io!

Abele -------------- - Dov'era?  

 Metaxas                   - Qui, sotto le bottiglie... Spetta a me che l'ho trovato per il primo!

Il primo Facchino     - No, tu l'hai preso per il primo, ma chi l'ha trovato sono io che ho smosso le bottiglie!

Abele                        - Siete scemi tutti e due! Spetta a me che ho comprato il negozio con tutto quello che c'era dentro!

Roberts                     - Mi pare che sbagliate anche voi, Skirotas! Si tratta d'un portafoglio, d'un oggetto dimenticato... certamente è di Alfredo o del commesso che c'era prima... (Prende il portafoglio dalle mani di Skirotas) Vediamo un po'... (comincia a scioglierlo).

Tony                         - (appare sulla seconda a destra. E' vestito diversamente, ha un altro cappello, è un po' dimagrito, sem­bra sofferente. Si ferma stupito sulla soglia) Ch'è successo?

Abele e

Roberts                     - (si volgono di scatto).

Il primo Facchino, il secondo Facchino e Metaxas   -  (si fermano e si volgono a guardare Tony).

Roberts                     - (correndo incontro a Tony, abbracciandolo \ con effusione) Oh Tony... Oh che sorpresa, che pia-1 cere di rivedervi...

Tony                         - (ad Abele) Ch'è successo?

Roberts                     - Niente di grave, vi spiegherò ora, subito...! Ma voi, ditemi... come siete qui? Ci avevano detto chef non potevate arrivare prima di domani... Da Atlanta non ci sono che due treni...

Tony                         - E gli aeroplani che ci stanno a fare? (Guarda ancora Abele) Ch'è successo?

Roberts                     - Ora vi spiegherò... Ma ditemi di voi, ora...;. Non vedete come siamo in ansia...

Tony                         - Anch'io sono in ansia... in ansia di rivedere prima di tutto una persona...

Abele                        - La signorina...

Tony                         - No, Alfredo... Dov'è andato?

Roberts                     - (dopo una pausa, con voce grave) L'hanno arrestato poco fa, Tony...

Tony                         - (balzando) L'ispettore Brown!

Roberts                     - Brown, sì

Tony                         - (con rabbia) Me l'ha fatta!

Roberts                     - E' stato molto meglio, Tony.

Tony                         - Meglio che cosa? Non dovrà più uscire, o cre­dete che lo condanneranno a morte?

Roberts                     - Credo fermamente che voi partirete per il vostro paese... per un anno, per due... e intanto avrete tempo di dimenticare molte, tante cose, e tanti dolori.

Tony                         - Cinque mesi là dentro? Credete che si di­mentichino così facilmente?

Roberts                     - Appunto perché ci avete sofferto... ingiu­stamente sofferto... dovete desiderare di non tornarci, Tony.

Tony                         - Mh. Vedremo. Gloria dove sta?

Roeeets                    - Sarà qui a momenti, perché l'aspettiamo... e so che è impaziente di vedervi...

Tony                         - (contento) Ah?

Roberts                     - So che vi ha scritto tutti i giorni...

Tony                         - Sì, tutti i giorni almeno un saluto su una car­tolina. Ma a me la posta me la davano solo il sabato'; sera...

Abele                        - (Conciliante) Allora ne ricevevate sette tnt-l'insieme...

Tony                         - Sì, aspettando sette giorni con l'animo sospeso e con... (Si ferma, poi guarda i facchini e Metaxas) Ma si può sapere cosa state facendo?

Abele                        - Ecco, io... (Guarda Roberts) Spiegateglielo voi, notaio.

Roberts                     - Sentite, Tony... Tutto il tempo che siete stato lontano, le persone che vi amano e vi stimano... ed io primo, fra queste... si sono preoccupate solo del vostro bene... (si ferma).

Tony                         - Signor Roberts, parlate, non vi fermate... Voi mi state bruciando le carni a fuoco lento!

Roberts                     - Insomma, dopo quello che è successo, con­siderata la vostra assenza che non si poteva prevedere quanto sarebbe stata lunga sono stato io il primo ad approvare... anzi a consigliare la signorina di cedere il bar al signor Skirotas...

Tony                         - (ha un balzo),

Abele                        - (indietreggia).

Metaxas                    - (si nasconde dietro il banco).

Il primo e il secondo Facchino           - (hanno un gesto di spavento).

Roberts                     - (dolcemente) Ha fatto un buon affare, Tony... Voi dovete essere il primo ad esserne contento... E' una fortuna per lei!

Tony                         - Una fortuna?!

Abele j                      - Le dò ventimila dollari!

Tony                         - ((con violenza) Ma che sono ventimila dollari contro il fatto di non... (Vuol dire: vederla più, ma si ferma. Guarda in giro, disperato, poi) Ed tè finita... è fi­nita... finito il «Piccolo Bar », finito tutto... Ed io che già pensavo di... idi cenare qui, come tutte le sere... e ho preso un aeroplano tutto per me, per non perderla, per non tardare... ((Pausa, poi) Mh!... (Guarda Skirotas) Ci siete riuscito, dunque... ,Ora farete il vostro comodo, finalmente...

Roberts                     - In un certo senso voi avete sempre un di­ritto, ma non vi consiglierei... l(Si ferma).

'Tony I                      - Di oppormi? E perché? Perché mi dovrei opporre? E' lei che se n'è andata, lei che ha voluto andarsene... Skirotas... (Skirotas è un inquilino come un altro... Che pagherà come gli altri...

Abele i                      - Meglio degli altri... Alla scadenza dell'affitto riconosco anch'io che si dovrà accordarci sulla pigione...

Tony                         - Sicuro... Ci accorderemo... e voi mi pagherete con dei bei dollari, freschi, allegri, fruscianti come seta... faremo danari, ci arricchiremo, ho con la pigione, voi col giuoco del lotto...

Abele                        - (vivamente) Voi m'avete promesso...

Tony                         - Cosa v'avevo promesso?

Abele                        - M'avevate promesso che l'avreste tollerato se vi avessi dato la prova di pagare le vincite...

Tony                         - Sì, come le avete pagate sempre...

Abele                        - Io posso dimostrarvi...

Tony                         - (interrompendolo) E che me ne importa adesso?

Abele                        - Tony, vi ricordo che proprio il giorno che foste arrestato, io vi dissi che v'avrei provato d'aver pa­gato una quaterna... Una quaterna... Capite? Non un terno o un ambo... e ve lo dimostro adesso. Il notaio può testimoniarlo!

Roberts                     - Ah, sì, ricordo benissimo... )Sì, è vero, avete pagato una quaterna ad un mio cliente, per qua­rantamila dollari, mi pare...

Abele                        - Perfettamente.

Roberts                     - Circa tre anni o tre anni e mezzo fa...

Abele                        - (a Tony) Vedete? Ricordo ancora i numeri, 14, 19, 37 e i86!

Tony                         - 14, J9, 37, 86.... (A Roberts) Chi era questo vostro cliente?

Roberts                     - Non ricordo... Uno di Cincinnati, mi pare.

Tony                         - Cincinnati?

Roberts                     - Sì, Cincinnati, certamente... Ricordo la città perché gli dissi, quando gli versai i soldi, che poteva ritirarsi e coltivare la terra come Cincinnato, e non giuocare di nuovo per perdere quello che aveva così miracolosamente guadagnato...

Tony                         - Cincinnati... Mh...

Roberts                     - Proprio così... (Riprende il portafoglio che aveva messo in tasca, ricomincia a svolgere la fet­tuccia nera).

Tony                         - (attento) Cos'è quello?

Roberts                     - Un portafoglio che abbiamo trovato sotto il banco.

Metaxas                    - Io l'ho trovato!

Il primo Facchino     - Io, signor Tony!

Roberts                     - (continuando a scioglierlo) E' pieno di polvere e anche di grasso. (L'annusa) Chissà da quanti mesi era sotto il banco... Dev'essere caduto ad Alfredo...

Tony                         - (togliendoglielo di mano). E' caduto a Glo­ria... Lo riconosco... (L'apre con emozione, fa per esa­minare le carte che contiene).

Gloria                       - (appare sulla seconda a destra).

Bartolo                     - (la segue).

Jack                          - (la segue).

Gloria                       - (dopo un istante d'esitazione) (Ma è Tony!

Tony j                       - (si volge di scatto).

Roberts, Abele, il primo e il secondo Facchino e Metaxas   - ((si volgono).

Tony                         - Gloria!

Gloria                       - (gli corre incontro con le braccia tese, lo ab­braccia, si lascia abbracciare piangendo) Signor Tony, signor Tony... finalmente... Quanto ho sofferto... Quanto ho desiderato di rivedervi... (Gli prende la mano, gliela bacia).

Tony                         - (l'ha stretta fra le braccia, baciata con furia molte volte. Ora cerca di ritirare la mano, e dopo uno sforzo ci riesce).

Gloria                       - (fa per riprendergli la mano).

Tony                         - (ritirandola) No... No... Non voglio... la mano si bacia solo al proprio padre, Gloria.

Gloria                       - (lo guarda negli occhi, poi, con voce pacata, profonda, piena di un amore tranquillo e forte) Ed io so che posso baciarvela. '(Gli prende di nuovo la mano, gliela bacia con affetto e rispetto).

Tony                         - (terrorizzato) No... No... No, Gloria, no... non dite queste cose... E' come una pugnalata al cuore... Non dite più quella parola terribile... non potete nem­meno pensare che tortura è... per me che... ti ho voluto... tanto... (Ha la gola stretta dai singhiozzi, non può con­tinuare, si stringe di nuovo al seno Gloria, piangendo).

Gloria--------------- - (dopo una pausa, sciogliendosi da lui, con dol­cezza, prendendogli una mano, carezzandolo sulla spalla) Io dirò solo le parole che vorrete farmi dire... Sarete per me quello che vorrete essere... Ilo so cosa sono per voi, cosa avete fatto e sofferto per me... e non lo dimen­ticherò mai. Barò per Voi più di una figlia... avrò per voi tutto l'affetto, tutto il rispetto che meritate...

Tony                         - (mentre Gloria parla sì calma. E' la calma che segue alle grandi catastrofi) Sss... Basta... (Basta... (Con infinita tristezza) Era destino. Era scritto così  - (Fissa Jack).

Jack,                         - (abbassa la testa).

Tony                         - Mh. E sia fatta la volontà del cielo. (Fissa Gloria di nuovo, con gli occhi umidi) E va bene. Avrete tutto ciò che desiderate... Sarete... sarai tutto quello che desideri...

Gloria                       - (felice afferrandogli la mano) Oh...

Tony                         - (sforzandosi di sorridere) No... quella parola no. Io sono Tony, e resterò Tony. Ti starò vicino, que­sto si... Se non ti dispiacerà.

Gloria                       - Non desidero altro.

Tony                         - Ed io ti darò (guarda Jack, poi Gloria) tutto quello che il tuo cuore vuole.

Gloria                       - (lo abbraccia di nuovo con immenso affetto).

Tony                         - (respingendola dolcemente) Ora va... Torna a casa e aspettami... Ho qualche cosa da definire con Skirotas...

Abele                        - (stupito, un po' allarmato) Con me?

Tony                         - (con dolcezza) Sì, qualche sciocchezza... Vo­glio vedere i dettagli del contratto... (A Bartolo) Tu l'accompagni, Bartolo, e voi pure, notaio...

Roberts                     - Se avete bisogno di me per discutere...

Tony                         - (dolcemente) Oh, ci metteremo d'accordo in quattro e quattr'otto. (A Jack) Tu... (gli dà un buffetto sulla guancia). Vai anche tu...

Gloria e Bartolo       - (escono tranquilli per la seconda a destra).

Roberts                     - (uscendo) Non tardate.

Jack                          - (esce, dopo aver guardato fissamente Tony).

Tony                         - (a Metaxas e al primo facchino, che sono rima­sti stupiti in piedi dietro il banco) Andatevene.

Metaxas                    - E il pò... pò... pò...

Tony                         - Del portafoglio ne parleremo dopo.

Il primo Facchino e Metaxas  - (dopo brevissima esi­tazione escono dalla prima a destra premurosamente).

Abele                        - (ha un gesto d'inquietudine).

Tony                         - (al secondo facchino, in piedi vicino alla cassa, fa cenno con la testa: vattene!).

Il secondo Facchino - (esce stupito dalla seconda a destra).

Tony                         - (chiude la porta a chiave).

Abele                        - ((inquieto)  Ma... Tony... (si muove).

Tony                         - (con voce bassa, dura) Fermo!

Abele                        - (tentando di guadagnare la seconda a destra) Ma che volete farmi...

Tony                         - (frapponendosi fra Abele e la seconda a destra)Voglio vedere se devi morire o vivere... E lo vedrò qui (prende il portafoglio che si è messo in tasca) nel portafoglio del povero John White... Giovanni Bianco... il mio povero amico... assassinato a tradimento...

Abele                        - (con voce malferma) Cosa ci può entrare quel portafoglio...

Tony                         - C'entra, perché quando l'ho aperto poco fa la prima cosa che ho visto e stato uno dei tuoi biglietti del lotto... (Lo prende fra le altre carte che contiene il portafoglio, lo mostra a Skirotas) Eccolo qua... i nu­meri della quaterna che hai pagato pel tramite del no­taio èrano 14, 19, 37 e $6... li conosco... sono quelli che il povero Giovanni Bianco giuocava da sei anni...

Abele                        - (con un urlo) No...

Tony                         - ...puntualmente, ogni settimana, al tuo schifoso banco, levando il pane dalla bocca di sua figlia per | arricchire te... 14, 19, 37 e 86.... vedi che me li ricordo... ( gli stessi numeri che stanno su questo biglietto... (Legge),       - ( Vale per la giuocata del 18 agosto 1931... ecco la qua- 1 terna ch'è uscita, allora... Ed ecco perché Giovanni Bianco j è stato steso a terra con una revolverata alla schiena... f e perché Stefanopulos ha fatto la stessa fine... perché sa­peva, e te l'avrà detto che sapeva... Quando arrivai vi­cino a Giovanni lo sentii parlare d'un portafoglio... il poveretto disse due o tre parole confuse, ed io credetti che gliel'avessero rubato... mentre invece steva ccà... ccà... per darte dint' 'e mane meeie, finalmente...

Abele                        - (cavando fulmineamente la rivoltella) Bada... se ti muovi sparo!

Tony                         - (ridendo) Spari? E spara! (Ride, pausa). I Spara... che aspetti? (Ride ancora) Non hai coraggio di sparare... Sei buono solo a colpire alle «palle, a andare I per le case degli altri a nascondere rivoltelle insieme a | quell'altra carogna... (con gesto fulmineo cava dalla tasca della giacca un coltello già aperto).

Abele                        - (spora).

Tony                         - (gli si slancia contro col coltello alzato).

Abele                        - (indietreggia, ma incespica e vacilla).

Tony                         - (gli è a tiro, lo colpisce col coltello, cade!  con lui).

Abele                        - ((ha un gemito).

Tony                         - (si alza con sforzo, col volto contratto in una smorfia dolorosa che vorrebbe essere una risata. Si comprime una ferita che ha sotto il cuore, va al telefono  (barcollando, forma un numero, aspetta, poi) Pronto...  Pronto... Chi parla... Ah... Fate venire l'ispettore

Brown                      - (al telefono... ma presto... presto... parla Tony Savarese...  (Pausa,  guarda Abele, che s'agita a terra, sorride, comprime sotto il cuore di nuovo con una smorfia di  dolore, poi) Pronto... Buongiorno, ispettore... Sì, sono arrivato adesso... sì, sto bene, benone... benissimo... come 1 non sono stato mai... Avevo qualcosa che mi faceva male qui... al cuore... (si tocca il cuore, ha una nuova con­trazione di dolore) ma ora sta passando... sì, sparirà completamente... sentite... io non ho fatto mai la spia in vita mia... la faccio adesso per la prima volta... vi de­nunzio Abele Skirotas... come l'assassino di Giovanni Bianco... e Nicola Stefanopulos... Sì... ho le prove... Ha assassinato il primo per non pagargli una vincita al lotto... il secondo perché era un complice che sapeva ) troppo... troverete la giuocata vincente addosso a me... Sì, lui sta qui, con me... nel bar... sì, 'nchiuvato 'nterra  poco fa biglietti  nu­de! No quelli che cu na cartellata... No, nun l'aggio acciso... potevo ucci­derlo, ma non l'ho ucciso... deve vivere... vivere in ga­lera... morire è troppo poco... è niente... (Con voce quasi indistinta) Ma proprio niente... (Abbandona il telefono che cade e rimane sospeso al cordone. Dopo una pausa anche Tony cade, morto).

FINE