La signora col cagnolino (e altri frammenti teatrali)

Stampa questo copione

“ LA SIGNORA COL CAGNOLINO “

e altri frammenti teatrali di

ANTON CECHOV

adattamento di Marco Parodi

******

primo tempo:

1.UNA NATURA ENIGMATICA:

personaggi: L’uomo

                    La donna.

2.LA NOTTE PRIMA DEL PROCESSO:

personaggi: Gusev, signore di veneranda età

                               Zinocka, sua giovane moglie
                               Aleksej Zajcev, viaggiatore
                               L’ostessa.

3.UN NOME EQUINO:

personaggi: La signora

                     L’economa

                     Maxime

                     L’amministratore.

4.LA CORISTA:

personaggi: Valia, corista

                     Nina, moglie tradita

                     Kolpakov, marito di Nina

5.TRAGICO CONTRO VOGLIA:

personaggi: Tolkacov, padre di famiglia

                     Muraskin, suo amico.

secondo tempo:

1.LA SIGNORA COL CAGNOLINO:

personaggi: Lui

                     Lei

                     Il signore.

******

Nota:

I due tempi dello spettacolo ripropongono in qualche modo la dicotomia stranota tra il Cechov primo e secondo: il “giornalista” delle novelle a taglio fisso, umorista sottile e apparentemente privo di problemi e il Cechov più maturo e riconoscibile dei racconti di maggiore impegno, tra cui quel famoso “La signora col cagnolino” che qui occupa per intero la seconda metà della rappresentazione.

Pure, a scorno delle suddivisioni critiche troppo facili e rigide, certe spensierate delicatezze nella seconda parte e certi improvvisi toni mesti o mestamente ironici nella prima, saldano unitariamente lo spettacolo riconducendolo senza dubbio possibile al suo autore. Per non dire di quanto si trova ne “La signora col cagnolino”, dove l’incontro dei due amanti sul molo, il lungo perdersi nella contemplazione fanciullesca delle navi che partono, i sospiri su città lontane (“Parigi, Parigi...”), irraggiungibili per la piccola provinciale in vacanza, anticipano il tono di scorata elegia de “Le tre sorelle” e di altri personaggi immersi nel grigio ovattato e ramingo di esistenze ravvivate d’improvviso ma inutilmente da eventi imprevedibili.

PRIMO TEMPO

La scena è vuota e buia. Entra un uomo vestito piuttosto modestamente, ma dall’aspetto e dal portamento testimonianti una costante ricerca di decoro e di dignità. Pur non essendo decisamente ubriaco, bisogna ammettere che i fumi dell’alcool gli han dato un poco alla testa e il nostro ondeggia leggermente.

L’UOMO

...Dire che sono ubriaco non sarebbe giusto... Ma dire che non ho bevuto sarebbe ancora meno giusto... Ho bevuto coscienziosamente. Prova ne sia... che sto ritornando tranquillamente a casa, senza l’appoggio di nessuno... come un onesto nottambulo... Cammino e medito... sull’Uomo e sul suo Destino... Forse questa è la dimostrazione che sono brillo?... Può darsi... Altro interrogativo che resterà senza risposta. Ma gli interrogativi senza risposta sono il tesoro dell’uomo!...L’Uomo!... Penso alla gioia del Padreterno, la prima volta, quando vide questo strano animale muoversi, fare i primi passi, metter fuori i primi suoni. Il primo uomo, questo neonato-adulto! Il Re dell’Universo! E per dimostrargli il suo compiacimento, l’Eterno Padre gli fece un regalo unico, eccezionale, la “Parola”. La parola che rilega ogni cosa e che governa il Mondo!... State attenti! E vedrete... vedrete come sono belli gli uomini, come sono grandi! Prima però bisogna che presenti la femmina dell’uomo.. Noi diciamo la donna... E questa parola “donna” è così piena di fascino, di grazia, di dolcezza che, solo a pronunciarla, ecco, mi vengono le lacrime agli occhi... Donna...

Appare una giovane donna. Sta lavorando – cuce, ricama – posa il lavoro in grembo e, lo sguardo illuminato, prende a dire:

LA DONNA

Un uomo, che cosa meravigliosa... Per una donna, incontrare un uomo, è scoprire il mondo... Cos’ero io prima di incontrare un uomo... Una signorina... dicevano graziosa, che sapeva cucire, cucinare, ballare... Andavo a sedermi su una panchina, al sole, in giardino... Prendevo il tè e guardavo ondeggiare i rami delle acacie cariche di fiori, fremere le argentee foglie dei pioppi... E la mia anima era come quegli alberi – piena di profumi e di sussurri, di fremiti leggeri... Che dolcezza... Che soavità!... e tutto si faceva e si disfaceva come le nuvole... Lievemente...Poi, un giorno, apparve Lui...

Al centro della scena s’illumina uno scompartimento ferroviario. La Donna va ad occuparne un sedile.

L’UOMO

(entrando) Mai notato come il treno favorisca e acceleri le relazioni invitando alla confidenza? Lo scompartimento ferroviario è la cornice ideale per un’avventura... (getta, per galanteria, dal finestrino il sigaro che stava fumando).

LA DONNA

Il fumo non mi dà fastidio, signore. E poi lo scompartimento è per fumatori...

L’UOMO

Ragione di più, cara signora: visto che siamo col diritto, ragione di più per raddoppiare in cortesia. (S’inchina e bacia la mano alla signora) Piotr Sobolev, funzionario alle Finanze.

LA DONNA

Anna Iguy.Tarakan. Ma fumi, la prego. Non mi obblighi a chiederle un sigaro per sentirsi a suo agio.

L’UOMO

Cedo. (S’inchina ancora, siede, e accende un nuovo sigaro) Iguy-Tarakan, l’industriale?

LA  DONNA

Sì.

L’UOMO

(galante) Lei ne sarà, naturalmente, la figlia?...

LA DONNA

No, la moglie.

L’UOMO

Credevo... insomma, mi sembrava, che fosse... piuttosto su con gli anni...

LA DONNA

(un pò piccata) Infatti.

L’UOMO

(discreto) Ah. (Fuma).

LA DONNA

So cosa sta pensando. “Un’altra che si  è venduta a un vecchio ricco”.

L’UOMO

Oh no, signora! Io mi vieto di pensare alcunché.

LA DONNA

Perché? Se è la verità, la pura verità. Sì, mi sono venduta. Lei è alla presenza di una prostituta legale.

L’UOMO

(conciliante) Comunque niente mi proibisce di supporre che sentimenti fors’anche profondi e... come dire...

LA DONNA

Niente le proibisce di supporre, ma lei non suppone. E, d’altronde, non nego l’evidenza. Io non ho mai amato mio marito. L’ho sposato unicamente per i suoi soldi.

L’UOMO

Mi permetta, almeno, signora di dirle quanto mi senta onorato d’una confidenza così spontanea e lusingato di esser fatto partecipe di un tale segreto.

LA  DONNA

Non è un segreto per nessuno. E’ la favola della città... Vero che lei è il primo a cui ne parlo personalmente.

L’UOMO

Anche se non fosse esattamente vero, la ringrazio di questa, come dire... prova... di... fiducia...

LA DONNA

E così lei è al corrente dell’essenziale.

L’UOMO

Visto che l’essenziale mi dà modo di compiacermi apprendendo che ella è padrona di una simile ricchezza e mi offre l’occasione di complimentarmi con lei, viva l’essenziale! (Una pausa)

LA DONNA

E lei non si chiede come, perché, io abbia venduto la mia giovinezza, la mia libertà a un uomo che potrebbe essere mio nonno?

L’UOMO

(nobile) Sensibile alla sua giovinezza, ammiratore della sua bellezza, mi proibisco di formulare domanda qualsivoglia, sia mentalmente che oralmente.

LA DONNA

(spontanea) Le dirò tutto, come al mio... confessore.

L’UOMO

Dica solo ciò che giudica sia bene dire.

LA DONNA

Mio padre era un piccolo impiegato statale. Impiegato piccolo, ma bevitore grande. Quando morì lasciò pressoché in miseria mia madre, un mio giovane fratello e me. Le risparmio le prove cui fummo sottoposti. Solo sappia che io le affrontai con coraggio. E se non si fosse trattato che di me, mai e poi mai sarei arrivata a tanto. Ma mia madre si ammalò, il mio giovane fratello manifestava tali disposizioni allo studio... che... sarebbe stato criminale non cercare di aiutarli.

         L’UOMO

Anche a costo di un tale sacrificio.

LA DONNA

Anche a costo di un tale sacrificio.

L’UOMO

(baciandole ardentemente la mano) Non è a lei che bacio la mano, signora. M’inchino dinanzi alla sofferenza umana.

LA DONNA

(commossa) Grazie.

L’UOMO

Voglio sperare che il suo sacrificio non sia stato vano, che sua madre...

LA DONNA

Morta...

L’UOMO

L’età... Finiremo tutti... così. Ma almeno avrà avuto la soddisfazione, la gioia, di vedere suo fratello, per così dire, a cavallo, avviato a una sicura carriera...

LA DONNA

(sospirando) ... Morto...

L’UOMO

Ah!

LA DONNA

Caduto da cavallo...

L’UOMO

Oh! Questi cavalli... Che fatalità! Eschilo, Sofocle!...

LA DONNA

No... Ivan...

L’UOMO

Ah... Ivan... Povero Ivan, falciato nel fiore degli anni, vittima di un destino crudele. (Realizzando) Ma no, è lei la vittima, lei che ha tutto donato e che tutto ha perduto. (Le prende le mani)

LA DONNA

Oh! grazie, grazie.

L’UOMO

Non troverò mai le parole... (S’avvicina vieppiù alla signora, restando punto dalla sua spilla di diamanti) Ahi!

LA DONNA

Oh! La spilla; s’è fatto male?

L’UOMO

Non è niente, cos’è mai una modesta trafittura se raffrontata alla di lei sofferenza...(Ma il suo sguardo è attratto dalla spilla) Che magnifico gioiello! (Avvicinandosi scopre altre gioie della bella signora e le sue idee cambiano direzione)

LA DONNA

(incontrando lo sguardo di lui) Sì, mi coccola molto...

L’UOMO

Misera mercede... Ma io penso, cara signora, lungi da me l’intenzione di attirare un nuovo dramma sulla sua incantevole testolina, già tanto crudelmente provata...(Sospiro della donna) ... penso, dicevo, che siamo tutti mortali... E se una certa logica vorrà infine trionfare...

LA DONNA

(spontanea) E’ quello che mi dicevo io...

L’UOMO

Ma sì... Il suo calvario non potrà durare a lungo... E poi, ricca, giovane, bella, intelligente, nobile, spiritosa... finalmente vedova, ella potrà rifarsi una vita... Un uomo che l’amerà, che lei amerà, saprà farla felice... Felice d’una felicità pagata a caro prezzo... che io, di tutto cuore le auspico. (Buio)

L’Uomo dal fondo con passo spedito attraversa diagonalmente la scena. In senso inverso arriva la signora, ombrellino aperto, passo spedito e leggero. Si incrociano, quasi senza notarsi. Ma lo sguardo furtivo che si sono scambiati scatta subito dopo, ed essi si girano simultaneamente.

L’UOMO

(levandosi il cappello) Ma noi ci conosciamo...

LA DONNA

Oh, lei? Che strano incontro!

L’UOMO

Il destino si diverte talvolta a incrociare le strade. Ma, a proposito. Sarebbe per caso vera la ferale notizia che mi giunse... Suo marito... l’avrebbe davvero lasciata verso un mondo migliore?

LA DONNA

Sì, è morto.

L’UOMO

Finalmente vedova, dunque! Permetta, i miei rallegramenti. (Improvvisamente realizza, rimane imbarazzato per l’espressione mesta della signora) Scusi... volevo dire... Permetta ch’io prenda viva parte al suo dolore...

LA DONNA

(soffocando un singhiozzo) ... Sono così sfortunata!

L’UOMO

(via via esaltandosi) Ah! capisco, certo, non poteva essere altrimenti con un nobile cuore come il suo... Quell’uomo che sulle prime le faceva forse orrore, via via ella imparò a considerarlo, ad apprezzarlo, a stimarlo, fors’anche ad amarlo. Ed ecco che, brutalmente...

LA DONNA

(calma) Perché mentire?... Attendevo con ansia la liberazione! E fervidamente speravo d’incontrare... un giorno... un uomo...(Abbassa lo sguardo) Quest’uomo esiste...(Sguardo pudico a lui) Ora so che esiste...

L’UOMO

(osando capire) Ma, allora, perché quel visino triste, quell’aria rassegnata? Se la felicità le si offre, bisogna afferrarla, signora! Afferrarla al volo!

LA DONNA

Felicità impossibile. Perché sognare? Ah! Sono sempre stata sfortunata!

L’UOMO

(interdetto) Come, anche ora che la fortuna sembra venirle incontro? (Singhiozzo soffocato della signora) Ma insomma, signora, che le è capitato ancora?

LA DONNA

(in un singhiozzo) Un altro vecchio ricco!

Buio.

Quando le luci si riaccendono, appare Aleksej Zajcev, in tenuta da viaggio, con una valigia. Ha l’aspetto di un uomo che qualcuno abbia coperto di neve, innaffiato d’acqua e vigorosamente frustato.

ALEKSEJ

Il mio avvenire è senza speranza; e questo tempo è terribile. Mi sto recando al tribunale circondariale, ove devo sedere sul banco degli accusati sotto l’imputazione di bigamia. Devo passare la notte qui, nella stazione di posta; e il mio naso non si abituerà al puzzo di roba andata a male, di cimici schiacciate.

Fa il suo ingresso l’Ostessa, con una candela.

ALEKSEJ

Che puzza qui da voi, seiñora! Non si respira! C’è odore di putridume, di cimici... Puah!

OSTESSA

Tutte le cose hanno un odore. Vi fa effetto per via del gelo. I postiglioni dormono coi cavalli, e i signori non hanno odore.

ALEKSEJ

Svegliatemi alle sei domattina... E che la trojka sia pronta... Devo arrivare in città per le nove.

OSTESSA

Va bene...

ALEKSEJ

Che ora è adesso?

OSTESSA

L’una e mezza... (Esce)

ALEKSEJ

(cominciando a spogliarsi) Che freddo! Mi ha persino stordito... Dei mucchi di neve così alto, questa tormenta d’inferno, se fossi rimasto altri cinque minuti all’aperto, sarebbe stata la fine. Sono sfinito. E perché poi? Ancora se andassi ad un appuntamento, o a ritirare un’eredità, invece sto andando alla mia rovina... Fa paura a pensarci... Domani in città si riunisce il tribunale distrettuale: mi processeranno per tentata bigamia, per falsificazione del testamento di mia nonna e per tentato omicidio di un segnapunti di bigliardo. I giurati mi conceranno per le feste, non c’è dubbio. Oggi sono qui, domani sera sarò in prigione, e fra cinque o sei mesi nei freddi territori della Siberia... Brrr! (Pausa) Comunque, una scappatoia ce l’ho! Nel caso i giurati si accaniscano contro di me, mi rivolgerò al mio

ALEKSEJ

vecchio amico... Fedele e affidabile amico! (Estrae dalla valigia un vecchio revolver) Eccolo! Bel tipo, no? L’ho scambiato con Cerpakov per due cani. Che bellezza! Persino spararsi un colpo diventa quasi un piacere... (Teneramente) Ragazzo mio, sei carico? (Con voce sottile, come se rispondesse per conto del revolver) Carico... (Con la propria voce) Farai un gran scoppio? A tutta forza? (Con voce sottile) A tutta forza... (Con la propria voce) Ah, stupidello mio, tesoro mio... Su, coricati, dormi...(Bacia il revolver e lo nasconde in valigia) Appena sentirò: “Sì, colpevole”, immediatamente un colpo in testa e saluti a casa... Intanto sono tutto infreddolito... Brrr! Mi devo scaldare... (Fa ginnastica con le braccia e saltella) Brrr!

Zinocka fa capolino alla porta e si ritira subito.

ALEKSEJ

Che c’è? Mi sembra che qualcuno si sia affacciato a quella porta... Hmm... sì, qualcuno ha sbirciato... Dunque ho dei vicini? (Si mette in ascolto accanto alla porta) Non si sente niente... Neanche il minimo rumore... Devono essere viaggiatori anche loro... Sarebbe bello svegliarli e, se fossero gente per bene, fare insieme una bella partita a carte... Un grande slam senza atout! Una prospettiva avvincente, perdinci... Ancora meglio se ci fosse una donna. Non c’è niente che mi piaccia, lo ammetto, quanto le avventure di viaggio... Certe volte mentre viaggi capitano di quelle storie, che nessun Turgenev riuscirebbe a inventare... Mi ricordo che una volta, proprio come ora, stavo viaggiando per il distretto di Samara. Mi ero fermato ad una stazione di posta, come questa... Era notte, il grillo cantava

ALEKSEJ

nella stufa, silenzio... Stavo seduto a tavola e bevevo il tè... Ad un tratto sento un misterioso fruscio... La porta si apre e...

ZINOCKA

(da dietro la porta) E’ scandaloso! Da non crederci! Questa non è una stazione di posta, è una vergogna! (Si affaccia alla porta e grida) Mastro! Mastro di posta! Dove siete?

ALEKSEJ

(a parte) Che bellezza! (A lei) Signora, il mastro non c’è. Quel villanzone sta dormendo. Che cosa desiderate? Non posso esservi utile?

ZINOCKA

E’ terribile, terribile! Le cinici mi vogliono mangiare viva!

ALEKSEJ

Davvero? Le cimici? Ah... come osano?

ZINOCKA

In una parola, è terribile! Me ne vado! Dite a quel furfante di mastro che attacchi i miei cavalli! Le cimici mi hanno succhiato tutto il sangue!

ALEKSEJ

Poveretta! Siete così bella, e pensate un pò... No, non è possibile!

ZINOCKA

(grida) Mastro!

ALEKSEJ

Signorina...mademoiselle...

ZINOCKA

Non sono mademoiselle... sono sposata...

ALEKSEJ

Tanto meglio... (a parte) Che delizia! (a lei) Voglio dire che non avendo il piacere di conoscere, signora, il vostro nome e patronimico ed essendo a mia volta una persona nobile e onesta, mi permetto di offrirvi i miei servizi... Posso alleviare il vostro dolore...

ZINOCKA

In che modo?

ALEKSEJ

Ho una splendida abitudine, mi porto sempre appresso la polvere insetticida... Permettetemi di offrirvela di tutto cuore, dal profondo dell’anima!

ZINOCKA

Ah, vi prego!

ALEKSEJ

In tal caso subito... farò in un attimo... La tiro fuori dalla valigia. (Corre verso la valigia e fruga all’interno) Che occhietti, che nasino... Deve saltar fuori un’avventura! Lo sento! (Fregandosi le mani) E’ il mio destino: appena mi impantano in una stazione di posta, salta fuori l’avventura... E’ così bella che mi sprizzano le scintille dagli occhi... Eccola! (Tornando alla porta) Eccola, la sua salvezza... (Zinocka tende la mano da dietro la porta) No, permettete, verrò nella vostra stanza a spargerla io stesso...

ZINOCKA

No, no... Come potete entrare nella mia stanza?

ALEKSEJ

Perché no? Non c’è niente di così strano, tanto più... tanto più che io sono medico, e dottori e parrucchieri per signora hanno il diritto di penetrare nella vita privata...

ZINOCKA

Non mi ingannate, siete veramente un dottore? Sul serio?

ALEKSEJ

Parola d’onore!

ZINOCKA

Beh, se siete un dottore... prego... Ma perché vi date tanto disturbo? Posso mandarvi mio marito... Fedja! Fedja! Svegliati, dormiglione. (La voce di Gusev: “Eh?”) Vieni qui, il dottore è così gentile da prestarci la polvere insetticida. (Si ritira)

ALEKSEJ

Fedja! Grazie tante, non me l’aspettavo! Ci mancava soltanto Fedja! Gli pigliasse un accidente! Ero appena riuscito a fare conoscenza come si deve, a raccontare la frottola giusta, a farmi passare per dottore, che ti spunta fuori questo Fedja... E’ come se mi avesse buttato addosso dell’acqua fredda... E io non glielo do l’insetticida! E lei non è poi neanche tanto bella... Una cosa così, un faccino... né carne né pesce... Non le sopporto le donne così!

GUSEV

(in vestaglia e berretto da notte) I miei rispetti, dottore... Mia moglie mi ha appena detto che voi avete della polvere insetticida.

ALEKSEJ

(rozzamente) Già!

GUSEV

Siate gentile, prestatecene un pò. La cimiceria ci fa dannare...

ALEKSEJ

Prendete!

GUSEV

Vi ringrazio sentitamente... Vi sono molto riconoscente. Anche voi siete stato sorpreso in viaggio dalla bufera?

ALEKSEJ

Sì.

GUSEV

Già... che tempaccio!... Dove eravate diretto?

ALEKSEJ

In città.

GUSEV

Anche noi andiamo in città. Domani in città mi aspetta un duro lavoro, dovrei farmi una bella dormita adesso, ma questa cimiceria, non ne posso più... Nel nostro paese le stazioni di posta sono terribili. Cimici, scarafaggi, scorpioni persino... Se dipendesse da me denuncerei tutti i mastri di posta per cimiceria in base all’articolo centododici del Codice che prevede le sanzioni applicate dai giudici conciliatori a riguardo del bestiame randagio. Vi sono molto riconoscente, dottore... Voi di quali malattie siete specialista?

ALEKSEJ

Di petto e... di capo.

GUSEV

Ah, è così... I miei rispetti... (Esce)

ALEKSEJ

(solo) Spaventapasseri! Se dipendesse da me lo seppellirei da capo a piedi nella polvere insetticida. Poterlo vincere al gioco, quel mascalzone, almeno dieci volte di fila e lasciarlo nudo come un verme! O meglio ancora giocare con lui a biliardo e dargli, senza parere, un tale colpo con la stecca che se lo

ALEKSEJ

ricordi per una settimana... Al posto del naso c’ha un bitorzolo, la faccia è tutta coperta di vene blu, sulla fronte una verruca e... e si permette pure di avere una moglie come quella! Che diritto ha? E’ scandaloso! No, addirittura meschino... E poi mi vengono a chiedere perché sono così pessimista nei confronti della vita? Come si fa a non essere pessimista?

GUSEV

(sulla soglia) Zinocka, non aver soggezione... E’ un dottore! Non fare complimenti, chiediglielo... Non c’è niente da temere... Servecov non ti è stato di alcun aiuto, mentre lui potrebbe aiutarti... Scusate, dottore, se vi disturbo... Ditemi, per favore, perché mia moglie ha sempre un peso nel petto? La tosse, sapete... la opprime, proprio come se qualcosa la bruciasse... Perché mai?

ALEKSEJ

E’ un discorso lungo... Non si può definirlo in quattro e quattr’otto...

GUSEV

E allora? Di tempo ne abbiamo... intanto non riusciamo a dormire. Visitatela, mio caro!

ALEKSEJ

(a parte) Sto fresco!

GUSEV

(grida) Zina! Ah, come sei... Si vergogna... timida, proprio come me... La virtù è una bella cosa, ma non si deve esagerare. Avere soggezione del dottore quando si è malati è un’assurdità...

ZINOCKA

(entra) Davvero, mi vergogno tanto...

GUSEV

Basta, basta... Ci tengo a sottolineare che l’ha in cura Servecov. Bravissima persona, anima santa, buontempone, che sa il fatto suo, ma... non gli credo! Non gli do fiducia! Vedo, dottore, che non siete in vena, ma fateci questo favore!

ALEKSEJ

Io... io non ho niente in contrario... Niente... (a parte) che situazione!

GUSEV

Mentre voi la visitate io andrò  a far preparare il tè... (esce)

ALEKSEJ

Sedetevi, vi prego... (Zinocka obbedisce) Fatevi sentire il polso! (Le tasta il polso) Hmm... Già... (Pausa) Perché ridete?

ZINOCKA

Non ci state ingannando? Siete un vero dottore?

ALEKSEJ

Ma pensa un pò! Per che mi avete preso! Hmm... il polso è in ordine... Hmm, già... E la manina è sottile, rotondetta... Accidenti, mi piacciono le avventure di viaggio! Vai, vai e d’un tratto incontri una manina... così... Amate la medicina?

ZINOCKA

Sì.

ALEKSEJ

Che piacere! Che grande piacere! Favoritemi ancora il polso!

ZINOCKA

Ma, ma, ma... Non andate oltre i limiti!

ALEKSEJ

Che vocina, gli occhi sono così vivaci... C’è da impazzire solo per un sorriso... Vostro marito è geloso? Molto? Il vostro polso... soltanto il vostro polso e morirò di felicità!

ZINOCKA

Scusate, insomma, egregio signore... Egregio signore! Vedo che mi avete scambiata per una... Vi sbagliate, egregio signore! Io sono sposata, mio marito ha una posizione.

ALEKSEJ

Lo so, lo so, ma è colpa mia forse se siete così bella?

ZINOCKA

Io, egregio signore, non vi permetto... Lasciatemi, altrimenti sarò costretta a prendere delle misure... Egregio signore! Io amo e rispetto troppo mio marito per permettere al primo sfrontato di passaggio di usarmi attenzioni grossolane... Vi sbagliate di grosso, se pensate che io... Ecco mi sembra che mio marito stia arrivando... Sì, sì, sta arrivando... Perché tacete? Che state aspettando... Su, su... baciatemi insomma!

ALEKSEJ

Cara. (La bacia) Bambolina! Uccellino! (La bacia)

ZINOCKA

Ma, ma, ma...

ALEKSEJ

Micino mio... (La bacia) Ciccina... (Vedendo Gusev che entra) Ancora una domanda: quando tossite di più, di martedì o di giovedì?

ZINOCKA

Di sabato...

ALEKSEJ

Hmm...Sentiamo il polso!

GUSEV

(a parte) Tira aria di baci... Proprio come da Servecov... Non ci capisco niente di medicina... (alla moglie) Zinocka, sii seria... Non si fa così... Con la salute non si scherza! Devi ascoltare attentamente quello che ti dice il dottore. La medicina sta facendo enormi passi avanti! Enormi progressi!

ALEKSEJ

Oh sì! Vi devo dire una cosa... Nella salute di vostra moglie per il momento non c’è nulla di pericoloso, ma se non si curerà seriamente, la sua malattia potrà finire male: un colpo al cuore o un’infiammazione al cervello.

GUSEV

Vedi, Zinocka! Vedi! Che preoccupazioni mi dai... da non sopportare, davvero!

ALEKSEJ

Adesso la prescrizione. (Strappa dal registro della stazione un pezzo di carta, si siede e scrive) Sic transit... due dracme... Gloria mundi... un’oncia.. Aquae distillatae... due grani... Prenderete le polverine tre volte al giorno...

GUSEV

Nell’acqua o nel vino?

 ALEKSEJ

Nell’acqua.

GUSEV

Bollita?

ALEKSEJ

Sì, bollita.

GUSEV

Vi sono tanto sentitamente riconoscente, dottore... E vorrei accettaste questo biglietto da dieci rubli...

ALEKSEJ

Assolutamente, no!

GUSEV

Insisto!... Vi prego. Siete obbligato a prenderlo! Sono abituato a ricompensare ogni onesto lavoro! Voi avete studiato, avete lavorato! Le vostre cognizioni vi sono costate sudore e sangue! Io lo capisco questo! (Aleksej è costretto ad accettare) E adesso, ritiriamoci, Zinocka. Vediamo se ci riesce di dormire un pò. Ci attende una dura giornata, domani! (Escono)

ALEKSEJ

(rimasto solo) E dura lo fu davvero, perché non so descrivervi le sensazioni che provai l’indomani, nell’aula del tribunale, quando al mio processo vidi fungere da procuratore, indovinate un pò chi? Fedja! Guardandolo mi ricordai delle cimici, di Zinocka, della mia diagnosi, e non il gelo, ma tutto l’Oceano Glaciale sentii scorrere per la mia schiena... Quando alzò gli occhi su di me, da principio non mi riconobbe, ma poi le sue pupille si dilatarono, la sua mascella rimase penzoloni, la mano gli tremò. Lentamente egli si alzò e fissò su di me il suo sguardo. Capii subito che aveva deciso di conciarmi per le feste. Per tutto il processo non fece che adirarsi, scartabellare nelle deposizioni testimoniali, fare i capricci, brontolare... E fra poco terrà la sua requisitoria. Che sarà di me? (Buio)

 

Quando ritorna la luce, sono in scena la signora e l’economa. Da fuori arriva un mugolio di dolore.

SIGNORA

(le mani nei capelli) Dio mio, che tragedia! Oh! è una cosa atroce, atroce! Non so più cosa fare. Soffrire così!

ECONOMA

Al villaggio c’è un mugik; sembra sia molto forte.

SIGNORA

Lo sapete, no, che non ci crede. Non c’è modo più sicuro per mandarlo in bestia. (Un urlo doloroso e prolungato arriva da fuori. La signora si torce le braccia) Ah! Mio Dio! Come soffre! Impazzirò. Se solo potesse sapere cosa provo!

ECONOMA

Oh! sì, si vede. Lei soffre più di lui.

SIGNORA

(nobilmente) Se almeno questo potesse dargli sollievo! (Altro urlo) Oh! non ne posso più. Credo che finirò per sentirmi male...

ECONOMA

Un sorso di vodka le farebbe bene.

SIGNORA

Credi? Dammi. (L’economa gliene versa un bicchiere. Se ne beve tre uno dopo l’altro. Entra Maxime, una fascia intorno al viso, la testa fra le mani. Lo segue l’amministratore)

MAXIME

(tuonando) Ecco! Io crepo... e loro si scolano la mia vodka!

SIGNORA

Sei ingiusto, Maxime.

ECONOMA

La signora sta per svenire.

MAXIME

Di bene in meglio. Io soffro come un dannato, e chi sviene è lei. Dammi questa vodka.

SIGNORA

Potrebbe farti male.

MAXIME

(prendendo la bottiglietta e bevendo a garganella) Niente può farmi più male di così.

AMMINISTRATORE

Se solo volesse ascoltarmi, Maxime Petrovic...

MAXIME

Cosa ancora?...

AMMINISTRATORE

(imbarazzato) Il veterinario!...

MAXIME

Come, il veterinario?

AMMINISTRATORE

E’ anche dentista, nei giorni di festa. L’ho visto strappare certi denti... Paf! così. (Relativo gesto eloquente)

MAXIME

(prendendolo per il bavero) Se mi parli ancora di strappare!... Io ti...

SIGNORA

Maxime, ti supplico!

MAXIME

(lasciando l’amministratore) Lasciatemi in pace tutti! In pace! Ah! Dio mio, che male!

ECONOMA

Provi ancora con i gargarismi. Un pò di sollievo lo danno.

MAXIME

Al diavolo! Mi son già bruciato la gola con i tuoi intrugli da strega! Ah! Siete tutti bravi voi: uno vuol farmi strappare i denti che Dio m’ha dato... da un veterinario! L’altra vuole lessarmi vivo! (Nuovo accesso di dolore) Oh! Oh! (E appena ha un attimo di tregua) Cari voi! Ho capito una grande verità. Non ci sono che due specie di uomini: quelli che hanno mal di denti, e quelli che non l’hanno! E quelli che non l’hanno non capiranno mai gli altri. (Altro dolore) Ahi!...Ahi!... Oh!...

ECONOMA

Ci vorrebbe della camomilla. Mia nonna...

MAXIME

Che tua nonna e la camomilla vadano a farsi...

SIGNORA

Maxime, ti prego! Abbi rispetto di te stesso se non vuoi rispettare me...

MAXIME

(all’economa) Trova qualcosa d’altro!

ECONOMA

Non oso più!

MAXIME

Osa, vecchia lucertola, osa!

ECONOMA

Ci sarebbe un mugik...

SIGNORA

Ancora col mugik!

MAXIME

Quale mugik?

ECONOMA

Zakaria!

SIGNORA

Uno stregone!

ECONOMA

No, un innocente!

MAXIME

Innocente di che?

ECONOMA

Innocente e basta. (Indica la fronte) Ha un potere...

MAXIME

Un potere?

ECONOMA

Conosce un incantesimo che toglie il mal di denti in un soffio.

MAXIME

E’ vera questa storia di donnicciole?

ECONOMA

Che il cielo mi fulmini! (Segno di croce)

MAXIME

Allora? Che si aspetta? Portatemelo qui! Non potevate pensarci prima?

ECONOMA

E’ che...

SIGNORA

Andiamo Maxime, non vorrai credere a queste fandonie!

MAXIME

Quando si ha mal  di denti come ho male io, signora, si crede a qualunque cosa. Portatemi quest’uomo! Come diavolo si chiama?

ECONOMA

Zakaria...

MAXIME

(all’amministratore) Mandate qualcuno a cercarmi questo Zakaria subito!

AMMINISTRATORE

E’ che non c’è più al villaggio, Zakaria...

ECONOMA

Non c’è più?

MAXIME

Dov’è?

AMMINISTRATORE

Diventava vecchio, allora suo genero l’ha condotto con sé in città...

MAXIME

(verso le quinte) Attaccate i cavalli e andate in città a cercarmi questo Zakaria. Presto! Conosci l’indirizzo?

AMMINISTRATORE

No.

MAXIME

‘St’imbecille!

AMMINISTRATORE

Ma conosco il nome del genero. Col nome del genero è facile trovarlo.

MAXIME

Allora? Il nome di questo genero?

AMMINISTRATORE

Oh!... ce l’avevo sulla punta della lingua. Tu non ricordi, Annuska?

ECONOMA

Io non l’ho mai saputo... Non conosco il genero, io.

SIGNORA

(torcendosi le mani) Non ci mancava altro!

MAXIME

Per tutti i fulmini! Il nome!

AMMINISTRATORE

(tremando) Dio, che stupido! L’avevo qui, sulla lingua... E m’è volato via, come un uccello!

MAXIME

Io me ne fotto dei tuoi uccelli! (urlando dal male) Ah!... Oh!... Dio mio, Dio mio! Crocifiggetemi, uccidetemi. Non ne posso più!

AMMINISTRATORE

...Un nome così facile... un nome di cavallo.

SIGNORA

Di cavallo?

AMMINISTRATORE

Sì, sì, sì, sono sicuro, un nome di cavallo... o di qualcosa che riguarda il cavallo.

SIGNORA

Come, che riguarda? Ah! Qualcosa come le briglie...

AMMINISTRATORE

Ecco, proprio! Ma non sono le briglie...

MAXIME

Trottatov?

AMMINISTRATORE

Pardon?

MAXIME

Ho detto Trottatov.

AMMINISTRATORE

Ah! Trottatov? No, non è Trottatov.

ECONOMA

Forse Galoppin?

AMMINISTRATORE

Cosa Galoppin! Che vai a pensare? Galoppin!

ECONOMA

Forse Sellaskin? o Frustalev? (L’amministratore scuote la testa negativamente, mentre Maxime scarta con la mano simili sciocchezze)

MAXIME

Frusta eh?, è a quella che pensi?

SIGNORA

Stallonian, Scuderian, Abbeveratov.

AMMINISTRATORE

No.

MAZIME

Zoccolewsky, Crinievsky? Staffavic? Staffievesky?

AMMINISTRATORE

Ahimé, no.

SIGNORA

(con dolcezza materna) Andrej caro, forse Calessin? Birroccin?

MAXIME

(implorante) Stanghewsky? Cinghiev? Cinghialev? Ah! merda!

SIGNORA

E perché no Cavallov? o Equinov?

AMMINISTRATORE

(addolorato) No, no, no. (D’improvviso, come illuminato) Un momento... Un momento...(Tutti pendono dalle sue labbra) ... No, se n’è andato... Qualcosa come ovino.

MAXIME

Siamo completamente fuori binario...

AMMINISTRATORE

C’era l’assonanza...

MAXIME

Va a farti fottere tu e l’assonanza!

SIGNORA

... E non potrebbe essere... Stallonin?...

MAXIME

Eh? (L’amministratore fa cenno di no) Potrebbe essere...? Ma non è! Cavalkin? Asinoski?

AMMINISTRATORE

No!

SIGNORA

Ippov? Ippicov? Ippocampov? Ippopotamov?

MAXIME

Ippopotamov? Un nome che c’entri col cavallo, s’è detto!...

SIGNORA

Gli ippopotami sono i cavalli dei fiumi.

MAXIME

Ma siccome ti diciamo che non è Ippopotamov!

SIGNORA

(vicina alle lacrime) Volevo solo spiegarti...

MAXIME

Al diavolo le spiegazioni!

SIGNORA

(superandosi) Pegasov?

 MAXIME

(volgendosi all’amministratore con speranza) Pegasov? (L’amministratore non ha più ormai che la forza di scuotere debolmente la testa in segno di diniego) Pegasov! Trovami un uomo che si chiami Pegasov! Ma si può essere stupidi fino a questo punto? Pegasov, un contadino russo? Cretina!

SIGNORA

Ti prego di essere educato.

MAXIME

Sono come sono e un’imbecillità è un’imbecillità.

SIGNORA

Ignorante! Grossolano!

MAXIME

(insieme dolorante, stizzito e ilare, mentre la moglie cerca di spiegarsi) Pegasov! Pegasov! Pegasov!

SIGNORA

Villano!

E senza sapere cosa fa, gli allenta una formidabile sberla. Stupore generale. Maxime lancia un urlo terribile. La signora, spaventata, cade in ginocchio davanti a lui, mentre l’economa e l’amministratore restano impietriti. Il viso di Maxime esprime dolore, furore, sorpresa. Si fa un silenzio pesante. Può accadere di tutto. La signora è prostrata ai piedi del marito.

SIGNORA

Oh! perdono! Maxime, perdono, risparmiami! Ho due bambini... in tenera età!...

MAXIME

(brusco) Il catino, presto e la camomilla!

Subito si affrettano a portargli quanto ha richiesto. Egli si volta e si gargarizza a lungo, tra il silenzio terrorizzato degli altri. Poi, di colpo, si rivolta, ha il viso raggiante, si strappa la benda, e, tra lo stupore generale, bacia la mano alla moglie.

MAXIME

L’ascesso è scoppiato... grazie a questa piccola e premurosa manina...(La ribacia)

ECONOMA

Dio sia lodato! Ero sicura che la signora avrebbe trovato!

AMMINISTRATORE

(insoddisfatto) Comunque è stupido. Un nome che so da vent’anni, che ho sulla punta della lingua.

SIGNORA

Ma visto che non serve più!

ECONOMA

E abbiamo fatto attaccare i cavalli per niente...

SIGNORA

No, anzi, benissimo. Andrete in città. Ho una lista di commissioni, per Maxime Petrovic, per me, per la casa...

MAXIME

Aspetta? Di già guardo se c’è bisogno d’avena per i cavalli.

AMMINISTRATORE

(gli manca il fiato) Ah! (Le gambe gli cedono e crolla a sedere per terra. Gli vanno tutti attorno)

SIGNORA

Che avete, Andrej? Vi sentite male?

AMMINISTRATORE

Avenov! Avenov! Avenov! (Buio)

Quando torna la luce, l’Uomo è al centro della scena.

L’UOMO

Voglio presentarvi Valia: non molto giovane, non molto bella, non molto intelligente. Fa la corista in una compagnia teatrale di provincia. Una brava ragazza che piace agli uomini, accomodante e non complicata, che non può aspirare certo a protettori facoltosi. E così concede i suoi favori ad ammiratori piuttosto modesti e attempati, come me, i quali del resto non si trovano affatto male.

Così dicendo si mette – come si suol dire – a proprio agio e va a prendere posto su un divano accanto a Valia, anche lei “en desabillé”.

L’UOMO

Non avrei dovuto bere quel Porto, dopo pranzo.

VALIA

Perché?

L’UOMO

Prima di tutto perché il Porto si beve prima di pranzo. Poi perché non era vero Porto.

VALIA

Bé allora, se non era vero, non conta.

L’UOMO

Comunque era disgustoso. Ho lo stomaco delicato io, stomaco aristocratico. Mica come Popov, il tuo mercante. Ti piace, eh, quel Popov, quella specie di enorme bruto...

VALIA

Per essere bruto, è bruto...

L’UOMO

(rutta) Mi è rimasto sullo stomaco il tuo Porto.

VALIA

Posso darle la bouillotte...

L’UOMO

Brava! Col caldo che fa! Trova qualcosa di meglio.

VALIA

Col mal di stomaco so che non si deve bere ghiacciato. (Suono di campanello alla porta)

L’UOMO

(ricomponendosi) Dio buono, chi è?

VALIA

Sarà il fattore... O forse Katia che mi riporta il vestito che le ho prestato.

L’UOMO

Ah, bene. (Si abbandona sul divano, mentre Valia esce in anticamera)

UNA VOCE

Abita qui la cantante Valeria Pitak?

VALIA

Sono io, signora.

L’UOMO

Cielo, mia moglie! (Raccoglie in fretta giacca e scarpe e si precipita nella camera vicina)

LA VOCE

Mio marito è qui, lo so!

Una signora elegante, senza trucco, vestita di nero, irrompe nella stanza, seguita da Valia, dapprima spaventata, poi, constatata la sparizione dell’Uomo, rassicurata.

NINA

Sono Nina Nicolaevna, moglie di Aleksandr Kolpakov. So che è qui.

VALIA

Vede bene di no.

NINA

Sì, vedo. Ma qui è entrato. Lo sto seguendo da quando è uscito dal ristorante.

VALIA

Non posso dire. Io non c’ero al ristorante.

NINA

Senti questa sfrontata! Lei non c’era al ristorante! Lo credo bene che lei non c’era al ristorante.

VALIA

Vede... Qui non c’è nessuno!

NINA

Si sarà nascosto quando m’ha sentita entrare. Ma io non mi abbasserò a perquisire il suo appartamento! Non conti su me per una rappresentazione di questo genere! E non tenti di mentire. Io so! So che è il suo amante!

VALIA

E allora! Se lo sa, che cosa vuole da me?

NINA

Ah no, questo tono no, carina! Non le si addice proprio. (Afferra Valia, la costringe a girarsi, la esamina attentamente, a lungo, impietosamente. Sotto questo sguardo inquisitore, Valia si rannicchia in se stessa. Evidentemente darebbe non so cosa per sparire) Allora tutto qui! Tutto qui quello che gli ha fatto girare la testa. Dieci copechi di cipria, rossetto e capelli tinti, e il signore pianta la famiglia, umilia la moglie, distrugge un focolare. Mi vuol dire lei che cos’è? Lei che cos’ha da dargli che io non ho?

VALIA

Io non lo so.

NINA

Che cosa trova qui che gli manca a casa sua? Eh? Me lo dice?

VALIA

Io non lo so. Io non sono mai stata a casa sua.

NINA

(mugolando) Ah, sfotte anche! Villana, d’una sfrontata, d’una traviata! Come si permette di venire a ridermi in faccia con tanta impudenza?!

VALIA

Io non sono venuta. E’ lei che è venuta.

NINA

A cercare mio marito, non a espormi al suo sarcasmo.

VALIA

Non capisco niente di che cosa dice.

NINA

Non si faccia più stupida di quello che è. Capito il gioco!... Giochiamo all’ingenua, alla semplice col cuore in mano... e intanto affiliamo gli artigli. Lei è un animale da preda, un rapace! (Afferrandole le braccia) Voglio sapere tutto! Lei deve dirmi come l’ha attirato nel suo antro.

VALIA

Io non ho mai attirato nessuno. Noi artisti...

NINA

Oh! Un’artista!

VALIA

Non abbiamo il diritto di rifiutare quando un ammiratore (sghignazzata nervosa di Nina) viene a trovarci, se no il direttore ci licenzia.

NINA

La poverina! Vittima del dovere! Vuole che pianga con lei?

VALIA

Io non voglio niente.

NINA

Allora fuori, racconti. Dica in che modo gli ha fatto girare la testa.

VALIA

Io non ho fatto niente. Gli ammir... i signori che vogliono vederci vengono a trovarci. Alexandr è venuto con gli altri.

NINA

(braccia al cielo) Alexandr! Come osa chiamarlo Alexandr!

VALIA

E’ il nome che mi ha detto lui. Non m’ha voluto dire altro.

NINA

E a che titolo, di grazia, doveva “dirle altro”? E così è venuto qui, e poi...

VALIA

Dipende...

NINA

In che senso “dipende”?

VALIA

Qualche volta gli faccio del té... Altre volte mi chiede di cantare qualcosa.

NINA

Cantare!

VALIA

Adesso sono corista, ma prima ero solista.

NINA

Ah, viene qui per prendere il té e per sentirla cantare. E basta.

VALIA

(con un sorriso semplice) Oh, bé, sa...

NINA

So cosa?

VALIA

Certe volte, quando ci vuole ci vuole!

NINA

(scuotendola) Seduttrice! Confessi! Hai confessato. L’hai attirato, l’hai spinto al vizio, alla depravazione!

VALIA

(liberandosi) Lui quelle cose non le chiama mica così...

NINA

Taci. Non una parola. Non voglio sentire simili orrori. Dio ti punirà. (Crolla in una poltrona, la testa fra le mani) Dio mio, Dio mio, che miseria, che miseria! (Singhiozza) Eravamo una coppia unita, una famiglia modello, quattro bambini! E a un tratto la rovina si abbatte su di noi. Il padre non conosce più il suo dovere, abbandona la casa e per chi? per una... per una... corista... il cui corpo lo ossessiona... per la quale è pronto a qualunque follia!... E il piccolo che ha la rosolia!...

VALIA

(commossa) Non c’è da piangere, signora, non è niente di grave.

NINA

Non è niente di grave, non è niente di grave!... Novecento rubli andati in fumo... di cui non può rendermi conto...

VALIA

Io non c’entro!

NINA

Lei non c’entra! Povera innocente! Ma per chi mi prende? Crede ch’io non sappia quanto costa a un uomo mantenersi un’amante...

VALIA

No... le giuro... non mi ha mai dato soldi...

NINA

Non giochiamo con le parole. C’è modo e modo di dare soldi! Basta che le paghi l’affitto, che le faccia dei regali!

VALIA

No, io non sono una prostituta. Io mi guadagno la mia vita.

NINA

(sghignazzando) Oh! Oh! Vedo! Che brava bambina, meritevole! coraggiosa! il socialismo! Allora, vuole dirmi cosa sono diventati i miei novecento rubli?

VALIA

Non so. Lui non me l’ha detto.

NINA

Dopo tutto, lei ha così scarsa nozione del denaro che può anche darsi che non si renda conto delle spese a cui lo manda incontro. Sappiamo che razza di cicale siete... Non vi rovinate certo gli occhi a cucire o le mani a fare il bucato, voi... Per voi tutto è facile, non avete da far conti, voi.

VALIA

Oh! Sì, li faccio i conti... Il mio cachet di corista non è gran che...

NINA

Ah certo che se avesse solo il suo cachet di corista!... Ma non sono qui per giudicarla... Forse qualcuno le avrà fatto del male e lei avrà le sue ragioni per vendicarsi, per distruggere la felicità altrui, per ridurre in schiavitù un uomo, per rovinarlo con i suoi capricci, per trasformarlo in un relitto, in un rifiuto...

VALIA

Che cosa posso fare per lei?

NINA

Deve rifiutarsi di rivederlo...

VALIA

Va bene, glielo prometto... Non lo vedrò più...

NINA

E restituirmi i novecento rubli.

VALIA

Novecento rubli! Ma non li ho!

NINA

(ghignando) Lei scherza! Non avrà forse novecento rubli liquidi, ma avrà gioielli, pellicce...

VALIA

Aleksandr non mi ha mai regalato gioielli.

NINA

Andiamo! E questi? (Indica gli orecchini di Valia)

VALIA

Gli orecchini? Ma non me li ha mica regalati lui. E’ stato il signor Popov.

NINA

Allora, dove sono quelli che le ha regalato lui?...

VALIA

(ricordandosi) Ha ragione... Mi regalò un paio di orecchini all’inizio... E’ l’unico regalo che mi ha fatto. (Va al comò, da una scatola portagioie prende un paio di orecchini che porge a Nina) Ecco, li tenga pure.

NINA

Questi? Ma questi valgono sì e no venti rubli!

VALIA

Lo so!

NINA

Voglio i miei novecento rubli!

VALIA

Non mi ha mai dato nient’altro... Ogni tanto portava qualche pasticcino!

NINA

Pasticcini! Mentre ai suoi figli manca il pane! Eh? Vuole che la scongiuri in ginocchio? Ebbene, ecco! Sia felice! Sia felice! Goda! (Si mette in ginocchio) Eccomi ai suoi piedi!

VALIA

(commossa) La prego. Si alzi, per favore.

NINA

Per il pane dei miei figli sono pronta a strisciare! A umiliarmi!

VALIA

No, no! Le darò tutti i miei gioielli! (Le dà collane, braccialetti, ecc...) Anche se non me li ha dati Aleksandr...

NINA

Saranno sì e no, cinquecento rubli.

VALIA

Ecco. Prenda tutto. (Le dà tutta la scatola delle gioie, prende anche un candeliere d’argento sul caminetto) Prenda anche questo. E’ d’argento... E questi! (Si toglie gli orecchini e glieli dà) Ma si alzi, per l’amor del cielo!

NINA

Tutta questa roba non arriva a novecento rubli.

VALIA

Avrei ancora l’orologio d’oro di mio padre con la catena e i ciondoli... e la sua tabacchiera...(Va a prenderli in un altro cassetto e dà tutto a Nina.

VALIA

Mentre Nina valuta il nuovo bottino, Valia ritorna dal cassetto) E i suoi gemelli. Ecco. Adesso non ho più niente. (Nina si alza) Va bene così?

 NINA

(Mette tutto nella borsa) Che Dio la perdoni. (Esce dignitosa)

Appare Kolpakov costernato.

 L’UOMO

Oh! Che vergogna!

VALIA

Le ho dato tutto. Tutto quello che avevo.

L’UOMO

 Lei, così nobile, così orgogliosa, così pulita, in ginocchio davanti a te, davanti a “te”!

VALIA

Che gioielli mi avete mai portato? Quando mai, se posso chiedere?

L’UOMO

Gioielli... cose da nulla, i gioielli! Lei si è messa inginocchio davanti a te, davanti a una sgualdrina! E sono io che l’ho condotta a questo punto! Io che l’ho permesso! No, non mi perdonerò mai questa cosa! Non me la perdonerò!

VALIA

Io vi domando: che gioielli mi avete mai portato?

L’UOMO

Scostati da me, via... creatura spregevole! Si è messa in ginocchio!... e davanti a chi? Oh, Dio mio! (S’infila rapidamente la giacca e, tenendosi schifiltosamente discosto da Valia, si avvia alla porta ed esce)

Mentre Valia scoppia in un pianto disperato, si fa Buio.

La luce illumina Muraskin seduto alla scrivania. Entra Tolkacov che tiene in mano un globo di vetro per lampada, una bicicletta da bambini, tre cappelliere, un grosso fagotto con un vestito, un sacchetto con bottiglie di birra e molti pacchettini. Fa ruotare lo sguardo in modo insensato e si lascia cadere sfinito sul divano.

MURASKIN

Buon giorno, Ivan Ivanyc! Sono contento di vederti! Da dove vieni?

TOLPACOV

(respirando affannosamente) Caro, mio caro... Ho un favore da chiederti... Ti supplico... prestami fino a domani una pistola. Siimi amico!

MURASKIN

A che ti serve una pistola?

TOLKACOV

Mi serve... Oh, santo cielo!... Dammi dell’acqua... Presto, dell’acqua!... Mi serve... Questa notte dovrò andare in un bosco buio, e così... per ogni eventualità. Prestamela, fammi il piacere!

MURASKIN

Conti storie, Ivan Ivanyc! Ma che razza di bosco e bosco? Ti sarai fatto venire qualche idea? Dalla tua faccia direi un’idea poco felice! Ma che ti prende? Stai male?

TOLKACOV

Aspetta, fammi respirare... Oh, Dio mio. Sono stanco come una bestia. Ho in tutto il corpo e nella zucca la sensazione che di me abbiano fatto polpette. Non posso sopportare oltre. Per favore, non chiedermi niente, non entrare in particolari... dammi la pistola! Ti supplico!

MURASKIN

Basta adesso! Ivan Ivanyc, non ti abbattere così! Un padre di famiglia, consigliere di stato! Vergogna!

TOLKACOV

Ma che padre di famiglia? Un martire sono! Una bestia da soma, un negro, uno schiavo, un vigliacco che continua ad aspettare chissà che invece di spedirsi all’altro mondo! Sono uno straccio, un cretino, un idiota! Perché sono al mondo? Per che cosa? (Scatta in piedi) Dimmelo tu, perché sono al mondo? A che serve questa serie ininterrotta di sofferenze morali e fisiche? Capisco essere martire a causa di un’idea, sì! Ma essere martire per chissà quali accidenti, per le gonnelle di una donna o i globi di un paralume, no! Tante grazie! No, no, no! Ne ho abbastanza! Basta!

MURASKIN

Non gridare, i vicini sentono!

TOLKACOV

Che sentano pure, non me ne importa niente! Non mi dai tu la pistola, me la darà un altro, ma io tra i vivi non ci resto! E’ deciso!

MURASKIN

Aspetta, mi hai strappato un bottone. Parla a mente fredda. Io continuo a non capire che cosa non va nella tua vita.

TOLKACOV

Che cosa, mi chiedi: che cosa? Sono lieto di raccontartelo! Volentieri! Ti racconterò tutto e, forse, mi si alleggerirà un poco l’anima. Sediamoci. Dunque ascolta... Oh, santo cielo, fammi prendere fiato!... Prendiamo ad esempio la giornata di oggi. Dunque. Come sai, dalle dieci alle quattro mi tocca sgobbare alla cancelleria. Calura, afa, mosche e un caos, caro mio, dei più incredibili. Il segretario ha preso le ferie, Chrapov è andato a sposarsi, la bassa manovalanza impiegatizia ha perso la testa per la villeggiatura, gli amorazzi e gli spettacoli filodrammatici. Sono tutti addormentati, svogliati, stracchi da non cavarci proprio niente... Le veci del segretario le fa un tale, sordo dall’orecchio sinistro e innamorato; la gente è sbalordita, vanno tutti di fretta, corrono, si arrabbiano, minacciano; un tale finimondo da non saper che pesci pigliare. Una confusione, un baccano del diavolo. E il lavoro una dannazione: sempre le stesse cose, le stesse cose: certificato, notifica, certificato, notifica, monotono e piatto come un mare in bonaccia. Capisci, da farti cascare gli occhi fuori dalle orbite. Dammi dell’acqua... Esci dal lavoro che sei a pezzi, sfinito, con l’unico desiderio di andare a mangiare e buttarti a letto, invece no! Ricordati che sei un villeggiante, vale a dire uno schiavo, una carogna, uno straccio, una nullità e come un figlio d’un cane devi sbrigarti a fare le commissioni. Nei nostri posti di villeggiatura si è stabilita una bella abitudine: se un villeggiante va in città, allora, per non parlare della sua consorte, qualsiasi becero che è lì in vacanza ha il potere e il diritto di addossargli un sacco di commissioni. Mia moglie vuole che io passi dalla modista e che la copra di improperi

TOLKACOV

perché il vestito è venuto largo in vita e stretto di spalle; Sonja ha bisogno di scarpe nuove, mia cognata vuole della seta scarlatta come da campione per venti copechi e due metri di cordoncino... Aspetta, adesso te lo leggo. (Tira fuori di tasca un biglietto e legge) Un globo per lampada; una libbra di prosciutto; chiodi di garofano e cannella per cinque copechi; olio di ricino per Misa; 10 libbre di zucchero; prendere a casa il catino di rame e il mortaio per lo zucchero; acido fenico, polvere insetticida, 10 copechi di cipria; 20 bottiglie di birra; estratto d’aceto e un corsetto per M.lle Chanceau N° 82... uff! e prendere a casa il cappotto autunnale di Misa e le galosce. Questi sono gli ordini della moglie e della famiglia. Adesso gli incarichi dei cari conoscenti e vicini, che il diavolo li portasse. I Vlasin festeggiano domani l’onomastico di Volodja, bisogna comprargli una bicicletta; la moglie del tenente colonnello Vichrin è in stato interessante, e per questa ragione sono obbligato a passare ogni giorno dalla levatrice e pregarla di andare da loro. Eccetera, eccetera. Ho cinque biglietti in tasca e il fazzoletto pieno di nodi. E così, mio caro, nell’intervallo fra il lavoro e il treno corri per la città come un somaro, con la lingua fuori, corri, corri e maledici la vita. Da un negozio in farmacia, dalla farmacia alla modista, dalla modista alla salumeria,  e poi di nuovo in farmacia. Qui inciampi, da un’altra parte perdi i soldi, dall’altra di dimentichi di pagare e quelli ti rincorrono facendo un gran chiasso, dall’altra ancora pesti lo strascico a una signora... Diavolo! Dopo una passeggiata del genere sei talmente disgustato e a pezzi che poi per tutta la notte le ossa ti scricchiolano e vedi in sogno i coccodrilli. Ebbene, le commissioni sono fatte, tutto è comprato, ma dimmi tu come fare a impacchettare tutto quanto? Come fai, per esempio, a mettere insieme il pesante mortaio di rame e il pestello con il

TOLKACOV

globo per lampada oppure l’acido fenico e il tè? Come puoi combinare le bottiglie di birra e questa bicicletta? Roba da matti, un rompicapo, un rebus! Rompiti la testa fin che vuoi, inventa quel che ti pare, ma alla fin fine qualcosa lo devi spaccare o rovesciare per forza, e alla stazione e in treno devi startene a braccia spalancate e gambe divaricate, reggendo un fagotto col mento, tutto pieno di sacchetti, cappelliere e altre porcherie del genere. Appena il treno parte, la gente comincia a sbattere da tutte le parti il tuo bagaglio: con i tuoi pacchi hai occupato i posti degli altri. Gridano, chiamano il controllore, minacciano di farti scendere, e io che posso fare? Resto lì e strabuzzo gli occhi, come un asino preso a botte. Adesso senti il resto. Arrivo a casa mia. Avresti voglia di berti qualche bel bicchierino, di mettere qualcosa sotto i denti e andare a nanna, per rifarti delle meritorie fatiche, non è vero? Invece no. La mia consorte già da un pezzo sta in vedetta. Hai appena fatto in tempo a mandar giù un pò di zuppa, che lei zacchete, dà addosso a questo poveraccio: che ne direste di un qualche spettacolo di filodrammatici o di una pista da ballo? Protestare non serve. Tu sei il marito, e la parola marito, nella lingua della villeggiatura, significa animale muto che si può cavalcare e caricare a piacimento, senza temere intromissioni della società protettrice degli animali. Ci vai e assisti con gli occhi sbarrati allo Scandalo in una nobile famiglia piuttosto che a Motja, applaudendo su comando della consorte, languisci, languisci, languisci e aspetti da un minuto all’altro che ti prenda un accidente. E alla sala da ballo guardi le danze e cerchi cavalieri per la moglie, e se un cavaliere non si trova, ti metti tu a ballare la quadriglia. Balli con una Krivulja Ivanovna qualunque, sorridi come uno scemo e intanto pensi: “Fino a quando, Signore?”. Rientri dopo mezzanotte da teatro o dal ballo, e non sei più  un

TOLKACOV

essere umano, bensì un relitto da buttar via. Ma ecco che finalmente raggiungi lo scopo: ti spogli e ti corichi a letto. Chiudi meravigliosamente gli occhi e dormi... Tutto è così bello, poetico: stai al caldo, i bambini nella stanza accanto non strillano, la consorte non c’è, la coscienza è pulita: altro non puoi desiderare. Ti addormenti e all’improvviso... all’improvviso senti: zzz!... Le zanzare! (Sobbalza) Le zanzare siano stramaledette, su di loro anatema! (Agita i pugni) Le zanzare! Una delle piaghe d’Egitto, l’inquisizione spagnola! Zzz!,,, Ronzano in modo così malinconico, triste come se chiedessero perdono, ma intanto ti pungono, maledette carogne, e tu per un’ora intera ti stai a grattare. Le affumichi, le ammazzi, ti copri fin sopra la testa: non c’è salvezza! Alla fine rinunci e ti concedi in pasto; mangiate, maledette! Non fai in tempo ad abituarti alle zanzare che si manifesta un’altra delle piaghe d’Egitto: in sala la tua consorte comincia a studiare le romanze con i suoi tenori. Di giorno dormono, ma di notte si preparano ai concerti per dilettanti. O, Dio mio! I tenori sono un tale tormento che le zanzare non reggono il confronto. (Canta) “Non dir che la gioventù è perduta...” “Ancor incantato son qui innanzi a te...” Oh, perfidi! Mi hanno seccato a morte! Per coprire almeno un pò i loro gorgheggi ricorro a questo trucco: batto col dito sulla tempia vicino all’orecchio. Vado avanti a battere così fin verso le quattro, finché se ne vanno. Fratello mio, ancora un pò d’acqua... Non ne posso più... Bene, così senza aver chiuso occhio, ti alzi alle sei e: marsh, alla stazione a prendere il treno. Corri, hai paura di far tardi, e tutt’intorno fango, nebbia, freddo, brr! Arrivi in città e ricarichi l’organetto da capo. E’ così, caro mio. Una vita, credimi, schifosa, al peggior nemico non l’augurerei. Capisci che mi sono ammalato! Mi manca il fiato, ho dei bruciori, ho sempre paura di qualcosa,

TOLKACOV

non digerisco, gli occhi mi si annebbiano... Credimi, son diventato psicopatico...(Si guarda intorno) Detto fra noi... Voglio andare da Cecott o da Merceevskìj. Talvolta mi succedono cose tanto strane. Nei momenti di stizza o di stordimento, quando le zanzare mordono o i tenori cantano, all’improvviso mi si annebbia la vista, scatto in piedi, corro come un ossesso per tutta la casa e grido: “Ho sete di sangue! Sangue!” E in realtà, in quei momenti, mi vien voglia di accoltellare qualcuno o di spaccargli una sedia sulla testa. Ecco dove porta la vita di villeggiatura! E nessuno che mi compianga, che mi sia vicino, come se tutto fosse nell’ordine delle cose. Ne ridono persino. Ma capiscimi, io sono un animale, voglio vivere! Non è un vaudeville questo, è una tragedia! Ascolta, se non vuoi darmi la pistola, dammi almeno la tua comprensione!

MURASKIN

Quanta ne vuoi.

TOLKACOV

Lo vedo, come mi comprendete... Addio. Vado a comprare le acciughe, il salame... manca ancora il dentifricio, e poi alla stazione.

MURASKIN

Dove sei a villeggiare?

TOLKACOV

Al fiume Morto.

MURASKIN

(con gioia) Davvero? Ascolta, non conosci Ol’ga Pavlovna Finberg?

TOLKACOV

La conosco. Bene anche.

MURASKIN

Ma cosa mi dici? Che combinazione! Viene giusto a proposito, come è gentile da parte tua...

TOLKACOV

Ma che dici?

MURASKIN

Caro, amico mio, mi puoi fare un piccolo piacere? Sii cortese! Dammi la tua parola che lo farai!

TOLKACOV

Che cosa?

MURASKIN

Per la nostra amicizia! Ti supplico, amico mio. Per prima cosa porti a Ol’ga Pavlovna i miei saluti e le dici che sto bene e che le bacio le mani. In secondo luogo, le porti una cosetta. Mi aveva incaricato di comprarle una macchina da cucire a mano, ma non so come fargliela avere... Portagliela, mio caro! A proposito, anche questa gabbietta col canarino... fai solo attenzione, se no si rompe lo sportello... Cos’hai da guardarmi così?

TOLKACOV

Una macchina da cucire... il canarino con la gabbietta... fringuelli, lucherini...

MURASKIN

Ivan Ivanovic, cosa ti prende? Perché sei diventato tutto rosso?

TOLKACOV

(pestando i piedi) Dammi la macchina! Dov’è la gabbia? Salimi in groppa! Sbranami! Finiscimi! Dammi il colpo di grazia! (Agitando i pugni) Sete di sangue! Sangue! Sangue!

MURASKIN

Sei impazzito!

TOLKACOV

(avanzando verso di lui) Sete di sangue! Sangue!

MURASKIN

E’ impazzito! (Grida) Petruska! Mar’ja! Dove siete? Aiutatemi!

TOLKACOV

(inseguendolo per la stanza) Sete di sangue! Sangue!

- FINE DEL PRIMO TEMPO -

SECONDO TEMPO

Terrazza di un caffé lungo la passeggiata a mare d’una città sul Mar Nero. Due uomini seduti a un tavolino.

LUI

Cerco di non giudicarmi migliore di quello che sono, sopratutto non peggiore, il che sarebbe indice di compiacimento volgare. Mi considero, questo sì, prototipo d’un certo ambiente, d’un certo ceto sociale, giunto a una certa età. Insomma, sono un vecchio...cinghiale. Non ho detto maiale: un vecchio cinghiale ancora goloso, ancora attirato da piccole femmine d’occasione. Onesto cittadino, sposo esemplare, padre di ragazzi già grandi, con una invidiabile posizione sociale, sono rimasto – o forse diventato – quel che si dice “un cacciatore”. La presenza d’una donna sconosciuta mi risveglia, mi mette in allarme, mi fa ritrovare una mia... carica. Per questo mi sono deciso a venire in villeggiatura solo, assolutamente solo e disponibile... Non creda con ciò che io limiti le mie avventure alla villeggiatura estiva. Si tratta certo di due modi differenti d’esercizio cinegenetici, dell’applicazione di due metodi diversissimi.

SIGNORE

 Di due metodi?...

LUI

Eh sì. Il metodo estivo non è il metodo invernale... Ma lei ignora nozioni così elementari?

SIGNORE

Non si caccia allo stesso modo d’estate e d’inverno?

LUI

Più che di clima e temperatura si tratta di una questione di tipo di selvaggina. D’inverno, in città, ci si trova fatalmente costretti a operare in un settore limitato di relazioni, si ha cioè a che fare con esemplari catalogati.

SIGNORE

No! Non accetterò mai un simile linguaggio... esemplari, selvaggina!...

LUI

Lei non ama le donne!

SIGNORE

Al contrario, appunto perché le amo e le rispetto...

LUI

Ecco due sentimenti che non vanno d’accordo fra loro.

SIGNORE

Lei disprezza le donne come il cacciatore disprezza la lepre e il fagiano, quando le ficca nel carniere...

LUI

E’ lei che non ama le bestie!... che non ama la caccia... che non ama un bel niente!

SIGNORE

Ma che gioia si può trarre da una conquista fatta con manovre, con calcoli?

LUI

La gioia dell’agguato... In vacanza tutto induce all’avventura, l’avventura invade il viaggiatore fin dal marciapiede della stazione... Il problema consiste nell’entrare in contatto e nel farsi preferire...

SIGNORE

E lei ha già... qualcuna, qui?

LUI

Non ancora... Per dirle la verità, una giovane signora compare sul molo da due giorni, sempre sola, il genere colomba...

SIGNORE

Per lei sarà “preda” facile.

LUI

Mai fidarsi delle apparenze... La chiamo “la signora senza cagnolino”.

SIGNORE

Perché?

LUI

(ridendo) Perché non ha il cagnolino. E’ un indizio preoccupante. Una donna disposta all’avventura conosce l’efficacia di un cagnolino per entrare in argomento...

E’ comparsa una giovane donna, che viene a prendere una bibita sulla terrazza del caffé, dopo il passeggio. Si siede senza guardare nessuno.

SIGNORE

(alzandosi) E’ lei? E’ ora che mi ricordi che sono atteso...

LUI

Ma resti pure! Nonostante i suoi rimproveri sento che la sua curiosità s’è ridestata.

SIGNORE

Bé, le confesso che sono abbastanza incuriosito.

Ma Lui s’è già alzato, e si è messo a cercare qualcosa, prima attorno al suo tavolino, poi sotto quelli vicini e sotto le sedie. Si sta avvicinando alla donna. Questa, un pò sorpresa, sembra curiosa di conoscere la ragione di tale comportamento.

LEI

(timidamente) Cerca qualcosa?... Ha perduto qualcosa, signore?

LUI

Prego? Dice a me?

LEI

Sì. Le domandavo se ha perduto qualcosa.

LUI

Io? Niente.

LEI

Scusi... Sembrava che cercasse...

LUI

(ridendo) Sì, è vero... Fingevo...

LEI

Fingeva... di cercare?

LUI

Sì. Il suo cane.

LEI

Il mio cane? Ma io non ho cani!

LUI

Appunto! Ed è un fatto esasperante!

LEI

(sconcertata) Pardon?

LUI

Il cane è un magnifico intermediario tra due persone che non si conoscono. Tutte le belle donne dovrebbero avere un cane! (Sorrisino di lei) Faccia mente locale... Lei è lì seduta, indifferente. (Si siede al tavolino vicino) Il suo cagnolino sente il tintinnio del mio cucchiaino da caffé... E viene a mendicare un pò di zucchero...

LEI

(vivacemente) Che orrore! Dare zucchero ai cani! E’ dallo zucchero che comincia la schiavitù... “qua la zampa”... “su in piedi”... “a cuccia”...

LUI

Obbedisco. Gli rifiuto lo zucchero. (Al cane immaginario) “Niente zucchero... la padroncina non permette” (alzando la voce)...”E non voglio la zampa, ti prego!”

LEI

(sussultando) Oh! Gli ha fatto paura... E anche a me... col suo vocione...

LUI

Davvero! Guardi come torna mogio mogio a ripararsi all’ombra della sua gonna.

LEI

Poverino...

LUI

Fatto!

LEI

Cosa?

LUI

Ha riso... il ghiaccio è rotto...

LEI

(come scusandosi) Rido molto facilmente, qualunque sciocchezza mi fa ridere. (Accorgendosi subito della gaffe: confusa, sorridendo) Oh! Scusi!

LUI

Pronto a pagare questo pedaggio in cambio del piacere di conoscerla.

LEI

Lei voleva conoscermi? Se sono stata io a rivolgerle la parola per prima.

LUI

In un certo senso...Ho dovuto “dare la zampa” anch’io... Ecco a che siamo ridotti, noi miseri mortali, se vogliamo far conoscenza.

LEI

(spontaneamente) Invece, è tanto semplice.

LUI

Crede? Proviamo. (Ritorna al suo posto) Signora, mi permetterebbe di discorrere con lei? (Smorfia) Vede! Prima di tutto, suona falso, poi, anche ammettendo che lei risponda subito: “Molto volentieri, signore”, cosa le dico? Preso in contropiede, cercherei d’esser spiritoso, interessante, forse senza successo. Una piccola commedia ci ha invece messi subito a nostro agio. E così ci accorgiamo di parlare dopo che già lo stiamo facendo.

LEI

(sorpresa e divertita) Verissimo! (e curiosamente tacciono tutti e due, lei un pò imbarazzata, lui piuttosto divertito. Poi lei si decide a rompere il silenzio) Ci s’annoia molto qui.

LUI

Ci si annoia quando si è soli.

LEI

E’ vero... m’attendevo chissà che da queste vacanze... Poi, la solitudine!

LUI

Vede che ingiustizia sarebbe stata! Io solo, lei sola e saremmo rimasti qui ad annoiarci esclusivamente per la sua mancanza di cane!

LEI

(ridendo) Sì, sono in colpa.

LUI

Non dobbiamo rammaricarcene. Se lei avesse avuto il cane, poteva anche presentarsi un altro. Non me ne sarei mai consolato...

LEI

Non esageri.

LUI

Scherzi a parte, sono molto contento, molto fiero di esser riuscito a parlarle, a farla ridere... Veramente lei ha detto che ride spesso...

LEI

No. Rido facilmente, ma non ne ho spesso l’occasione.

LUI

E suo marito? Lei è sposata, no?

LEI

Non ride mai.

LUI

Bene, se permette mi impegnerò a farla ridere io...

LEI

Oh, sì. Ho tanta voglia di ridere!

LUI

Pare che le donne si ricordino eternamente degli uomini che le han fatte ridere.

LEI

Sono molte le donne che si ricordano di lei?

LUI

(modesto, ma lasciando intuire una risposta affermativa) Oh!

LEI

E’ solito esibirsi in questo numero per attaccare discorso?

LUI

(intuendo il pericolo) Le farò una confessione. Oggi è stata la prima volta... Mi sono buttato. In realtà, io sono... timido...

LEI

Anch’io!

LUI

Sì, ma lei lo è davvero. (Ridono tutti e due. Cambiando tono) Indovino cosa pensa... Mi sta giudicando severamente. Tutta questa commedia era di una puerilità, di una goffaggine!...

LEI

Ma no! Se mi ha divertita...

LUI

Certo... Perché ero ridicolo! Ma lei non vede il momento di piantarmi!

LEI

Assolutamente no!

LUI

(baciandole la mano) Davvero? Accetterebbe di condurmi a fare un giretto sul molo?

LEI

Certamente!

LUI

Oh! Molto gentile...(si alza) Guardi... una nave... verrà da lontano, forse.

LEI

(pure alzandosi) Deve essere una nave assai grande... Ha le luci molto alte...(Lui le offre il braccio. Lei s’abbandona fiduciosamente al braccio di lui. Lui lancia un’occhiata di trionfo verso il signore. Mentre stanno uscendo)

LUI

Dimentichiamo qualcuno.

LEI

Come?

LUI

(fischiando) Medoro!

LEI

(ridendo) Oh no! Non Medoro. Medoro è un cagnone grosso. (Escono ridendo. Buio)

(Stessa terrazza. I due personaggi maschili seduti vicino)

SIGNORE

... Sa, l’ho osservata attentamente l’altro giorno, ho seguito la sua manovra nei minimi particolari... Va ammesso che in presenza di una donna lei rifiorisce, ogni sua freccia colpisce nel segno...

LUI

Mi sta prendendo in giro?

SIGNORE

Al contrario. Ora capisco ciò che lei definisce “amare le donne”. E ora trovo persino una giustificazione al suo comportamento. L’uomo cacciatore

SIGNORE

diventa più vivo in presenza di una donna... E appunto questo lo autorizza a ingannarle, a far loro dichiarazioni appassionate, a fingere emozioni...

LUI

Oh! si finge... e non si finge... Il desiderio è un’emozione vera, ogni volta si può vincere o si può perdere... Lei pensa che al tavolo del baccarà l’emozione si finga?

SIGNORE

Il fatto non toglie che, parlando loro d’amore, voi le inganniate...

LUI

Dice? In generale sanno perfettamente di che si tratta, ma le paroline dolci, i toni commossi, sono una musica inebriante per loro...

SIGNORE

Non le è capitato mai d’incontrare donne che prendano sul serio le sue dichiarazioni?

LUI

Capita qualche volta, e mi pare una forma di perversione...

SIGNORE

Lei vuole scherzare?

LUI

Per niente! Il loro istinto le avverte, ma esse preferiscono cullarsi nell’illusione. Il cielo  mi salvi da quelle donne!

SIGNORE

Il cielo salvi le donne da lei!... A quella signora, ha già parlato d’amore?

LUI

Non ancora. Sono alla fase vellutata... Natura... musica... poesia... Ha un invidiabile appetito... E anch’io non scherzo!

SIGNORE

Le offre dei pranzetti...

LUI

Con sottofondo musicale... la sto a guardare, mi diverte... Ha un suo certo gusto... non necessariamente del buon gusto, ma qualcosa di suo personale, e di genuinamente sincero... Sa osservare cose e persone e avere idee su quelle cose e su quelle persone... Deve essersi molto annoiata nella vita. Non racconta niente di se stessa. Non perché abbia segreti particolari ma... perché avida di cose nuove... bramosa di uscire, interamente magari per un istante dal suo passato... Io lascio fare, non sono curioso... e non ho fretta...

SIGNORE

Allora, per il momento...

LUI

Oh! Un giorno o l’altro ci cascherà, pur che capiti l’occasione.

SIGNORE

Lei continua a esprimersi volgarmente sopratutto per farmi colpo, lo ammetta.

LUI

Lo ammetto. Vederla arrossire e indignarsi mi diverte: sa, “se lei ci cascasse”, “ci cascherei anch’io”. Esistono donne voraci che scelgono premeditatamente la loro vittima. Chissà, magari proprio questa mi aspetta al varco, piccola furba gattina, mentre il faccio il tacchino... (Buio)

Crepuscolo. Lui e lei in piedi all’imbarcadero. Una nave ha appena attraccato ed essi si divertono allo spettacolo dei passeggeri e di chi gli è andato incontro.

LEI

Gaia, allegra, vivace) E’ un’ora magnifica. Il sole non è ancora tramontato e c’è già la luna, una pallida scia sui riflessi violetti dell’acqua.

LUI

Se il violetto la intenerisce, osservi il naso di quel vistoso generale sulla passerella: è a un punto di maturazione rara, anche per un naso russo.

LEI

Zoppica. Forse qualche vecchia ferita.

LUI

Più probabilmente la gotta.

LEI

Che cattivo!

LUI

Senza pietà con i generali.

LEI

Perché proprio con i generali?

LUI

Per via dei cavalli. Si figuri che sotto il monumento a un generale lessi questa lapide: “Nove campagne, trentasei battaglie, dodici ferite, sedici cavalli caduti sotto di lui.”

LEI

(ridendo) Povere bestie.

LUI

 Vede, l’ho fatta ridere.

LEI

Oh! guardi laggiù, con quell’ombrellino giallo.

LUI

Una ragazza molto carina, si direbbe.

LEI

Molto carina sì, ma non nota nient’altro? Guardi bene.

LUI

Vestita un pò audacemente, ma con gusto.

LEI

No, non questo. Ha un cagnolino, non ha visto il cagnolino.

LUI

(ridendo) Perbacco, è vero! Un volpino bianco.

LEI

Un’altra.

LUI

Con un San Bernardo.

LEI

Lei è contraria al San Bernardo?

LUI

Sono animali dall’abbordaggio difficile. Tutto sommato, preferisco i volpini, i bassotti e i barboncini , in genere i cani verso i quali ci si possa inchinare impunemente.

LEI

A me piacerebbe una coppia di cuccioli.

LUI

Perché una coppia?

LEI

In due non s’annoiano e sono più indipendenti.

LUI

Lei è molto indipendente?

LEI

Io? Per niente.

LUI

Già, m’ha detto che qui s’annoia, senza suo marito.

LEI

(vivacemente) Non ho mai detto questo!

LUI

E’ possibile. Forse m’ha detto soltanto che qui s’annoia.

LEI

Sì, e lei mi prende in giro...

LUI

Ecco una bella famigliola. Due maschi, due femmine, più un marmocchio di sesso indefinibile, in braccio alla balia.

LEI

E’ una bambina!

LUI

Che vista acuta! La mia è in declino. (Lei ride)

LEI

Si capisce dai nastri.

LUI

Non sono troppo al corrente di questo simbolismo curioso... E’ lei che ha partorito, ma è lui a sembrare esausto.

LEI

Eh! porta le valigie!

LUI

Ah! è sicuramente per questo. (Ridono)

LEI

Com’è allegro, un imbarcadero. Mi piacciono gli imbarcaderi e i marciapiedi delle stazioni.

LUI

All’andata o al ritorno?

LEI

(con un brivido) All’andata, naturalmente... La sola idea del ritorno mi dà tristezza...

LUI

Lei dove abita?

LEI

(in fretta) Non parliamone, la prego! (Un silenzio)

LUI

Quella nave la incanta...

LEI

Sì... Quand’ero bambina, sognavo di viaggiare...

LUI

Grecia, India?...

LEI

(in estasi) Parigi!

LUI

Sono stato a Parigi!

LEI

Dicono che le donne sono bellissime a Parigi...

LUI

Oh sì? La parigina è unica! Delicata e insolente, fragile e originale e sopratutto viva, viva!

LEI

Lei ha mai amato una parigina?

LUI

(senza rispondere) Il sole è tramontato, ormai. Guardi come la notte è scesa rapidamente.

LEI

Sì, è quasi buio.

LUI

E subito salirà il fresco, Non ha freddo?

LEI

No...

LUI

Forse vuole che prendiamo una carrozza? Andiamo da qualche parte?... A cenare dove ci sia della musica?

LEI

Se vuole.

LUI

Ah no! A lei la scelta.

LEI

Non so scegliere.

LUI

Allora non ha proprio voglia... di musica? (Lungo silenzio) L’ultimo viaggiatore se n’è andato da molto tempo... Hanno anche ritirato la passerella...(Una pausa) Cosa aspettiamo?

LEI

(sottovoce) Non so.

LUI

(la guarda un momento negli occhi, poi all’improvviso la prende fra le braccia, un momento di silenzio) Andiamo... (le prende il braccio ed escono. Buio)

La sua camera. Lei semisvestita, seduta rigida sul letto, lo sguardo fisso. Lui in piedi, davanti a un tavolino. In un piatto, un’anguria tagliata a fette. Accanto un cesto d’uva.

LEI

Ecco... adesso mi disprezzerà.

LUI

Andiamo... Perché dovrei disprezzarla?

LEI

Perché sono... disprezzabile... E non tenti di consolarmi, so benissimo quel che ho fatto. Tutto così banale... E non (molto sottovoce e in fretta) perché mi sia data a lei... No, questo non mi rincresce! Potrebbe essere una giustificazione, anzi. Ma, solo ora, mi rendo conto che è accaduto con lei e che sarebbe potuto accadere con un altro, con chiunque altro, con il primo venuto! Di questo mi vergogno. Se ancora fossi una donna piena di desiderio, molto sensuale...

LUI

Ma lo è... (prende una fetta d’anguria)

LEI

Non voglio dire questo. L’importante è vedere le cose come sono. Non mentire, non mentire a se stessi. Capisce, io mi sposai molto giovane, perché credevo che il matrimonio mi avrebbe dato qualcosa di essenziale, che mancava alla mia vita. Lo credevo tanto che volutamente chiusi gli occhi su tutto. Mio marito è un uomo onesto, un uomo buono, gentile, persino premuroso. Ha un’ottima posizione. Ma so che è un lacché. E questo lo capii subito. Appena lo vidi. Di lì cominciai a mentire a me stessa. (Lui prende un grappolo d’uva) Allo stesso modo ho creduto a questo viaggio... a questa città... magica, il cui nome mi incantava... dove doveva immancabilmente capitarmi qualcosa di magnifico... E ho agito come se cercassi questo qualcosa che doveva capitarmi...

LUI

Anna, perché sminuire?...

LEI

Non sminuisco. Cerco di veder chiaro. Voglio veder chiaro. Capire. (Vivamente) Ciò che lei non sa, è che sono stata io a combinare tutto. Io a buttarmi. Sì, non avevo il cagnolino, ma avevo tutto il resto. Io non pensavo... non aspettavo che... che...

LUI

Un incontro...

LEI

Quando lei mi parlò, la guardai appena, neppure vidi il colore dei suoi occhi. Parlavo a un uomo e tanto mi bastava... E anche dopo, in questi giorni, e poco fa al molo, non era a lei che pensavo. Pensavo soltanto: “Mi prenderà fra le sue braccia? Accadrà finalmente?” Capisce?

LUI

Benché non sia molto lusinghiero, capisco.

LEI

No, lei non c’entra per niente!

LUI

Appunto.

LEI

No, no, non in questo senso! (Gli prende in fretta la mano e gliela bacia) Non posso perdonarmi questo sbaglio: io ho incontrato lei, “lei”, e mi sono comportata come se avessi incontrato un altro qualunque.

LUI

Ma insomma, Anna, è la prima volta che lei si dà a un uomo?

LEI

Sì... per questo è grave... per questo lei potrebbe disprezzarmi.

LUI

(gentilmente) Creda... In questi casi, nel disprezzo degli uomini si insinua sempre una sfumatura di gratitudine. Penso di capire i suoi scrupoli e ciò che la tormenta... Vede, non c’è mai nulla di totalmente puro nei nostri sentimenti, e nelle nostre azioni. Ammettiamo che lei si sia data al primo venuto. Ammettiamo che lui l’abbia cercata come avrebbe fatto con qualunque altra donna con o senza cagnolino. Ma che cosa davvero ci ha spinti l’uno verso l’altra? La solitudine, lo smarrimento, il caso. E che cosa, dopo tutto, spinse l’uno verso l’altra il primo uomo e la prima donna? Sì, bello quell’impulso preistorico? Ma bello e basta. Che cosa più importa in certi casi? Conoscersi profondamente? O non piuttosto, per un uomo, prendere una donna fra le braccia e, per una donna, trovarsi bene fra le braccia di un uomo? Siamo come nel deserto dove le carovane s’incontrano

LUI

e si lasciano per sempre. Può darsi che da quell’incontro sbocci il miracolo del quale non sospettavamo... E può darsi che lei domani, quando scoprirà sul mio naso questa verruca, scoppi a ridere allegramente. Anna, bisogna soltanto disimparare tutte le sciocchezze che ci hanno insegnato, liberarsi di tutto ciò che non è semplice e sincero.

La prende fra le braccia. Lei si abbandona. Buio.

Stessa terrazza. Il Signore è seduto a un tavolino, solo. Lui passa lentamente, ma con l’evidente intenzione di non sedersi. Il Signore gli fa un cenno amichevole e come un invito, ai quali lui risponde levando leggermente il cappello.

SIGNORE

Non vuole prendere un bicchierino con me? Un bianchino di Crimea, luminoso e inebriante come un Porto?

LUI

Grazie, non ho tempo. (Comunque s’è avvicinato e dà la mano al Signore)

SIGNORE

Allora? Chi dei due “ci è cascato”?

LUI

Né l’uno né l’altra.

SIGNORE

Oh! Fiasco?

LUI

In un certo senso.

SIGNORE

Perdoni la curiosità, ma era cominciato tutto così bene...

LUI

Sì.

SIGNORE

Poi sono spariti. Ero convinto filassero di perfetto amore.

LUI

Logico.

SIGNORE

E’ piuttosto laconico lei, oggi.

LUI

Sì. Le sarei grato se non mi parlasse più di questa storia.

SIGNORE

Mi scusi...

LUI

Lei non ha colpa. Sono stato io a importunarla con le mie confidenze. Lei mi prestò compiacentemente attenzione, e adesso ho quasi l’aria di rimproverarle un’indiscrezione. Ma non è così. Permetta solo che, una volta l’anno, mi capiti d’esser disgustato dalla mia vanità... (saluta e si allontana).

Buio.

Lungo il marciapiede di una stazione, lui e lei camminano fianco a fianco.

LUI

Mi sono informato. C’è il vagone ristorante. Le ho prenotato un posto...

LEI

Non ho molta fame...(Silenzio)

LUI

E’ coperta abbastanza?

LEI

Sì, sì. I treni sono surriscaldati... Se mai, ho una sciarpa nella borsa... (Silenzio)

LUI

Ah! è insopportabile! Meglio lasciarci senza parlare, appena ricevuto quel telegramma che la obbliga a partire... Adesso, stiamo qui a cercare le parole...

LEI

Io non cercavo le parole... Pensavo: “Vorrò ricordarmi sempre quel suo modo di stuzzicarsi il naso quand’è nervoso”.

LUI

(ridendo) Perché proprio quello?

LEI

Non so... Come non si sa perché si mette nella valigia all’ultimo momento un foulard che non useremo... Dimitri... Voglio guardarla ancora una volta... un’ultima volta...(Guardandolo) Poi tornerò alla mia vita di ruminante... Talvolta, con l’erba che bruca, la capra ingoia un fiore. Perché quel fiore? Per caso? Per necessità? Ma il fiore ormai le appartiene, farà corpo con lei, alimenterà una goccia del suo sangue. (Gli afferra le mani, gliele bacia, poi si gira e se ne va, in fretta, senza più voltarsi)

Buio.

La scena è immersa nell’oscurità. Appare Lui, in un cerchio di luce che gli illumina il volto.

LUI

Anch’io sono poi ripartito verso il Nord. Tornai a Mosca, a casa mia... E come rimisi la mia pelliccia, come, nell’intimità della casa, ritrovai i miei libri, il fuoco del caminetto, le voci di là dei ragazzi, fui automaticamente ripreso dal conforto della mia vita abituale. Come tutte le altre volte che ritornavo dalle vacanze... Giornali, ristoranti, ricevimenti, circolo, amici, relazioni avevano preso il sopravvento sui ricordi di avventure inconsistenti. Talvolta, un volto si formava nel fumo del mio sigaro, e svaniva con esso. talvolta una musica evocava tenuemente un momento sparito... Provavo il benessere dell’uomo sazio. Ero nel mio ambiente, felice di essere rientrato... Ma perché, come mai, questa tranquillità ristabilita per breve tempo, tutt’a un tratto ora mi abbandona? Perché i miei ragazzi affettuosi, educati, mia moglie un pò sostenuta, ma attenta ai miei capricci e preoccupata di piacermi, perché ora mi sembrano estranei? Le sere con gli amici, i tentativi con le donne, perché improvvisamente hanno perduto il loro sapore? Perché sono infelice? Cosa cercavo mettendo i piedi nelle mie pantofole, i passi nei miei passi, il corpo nelle sue abitudini, la vita nei suoi orari? Chi cercavo di ingannare? Perché, ieri, dagli zigani è bastata una melodia sentita tra due porte, poche brevi parole d’una romanza, per far crollare improvvisamente tutto l’edificio della mia vita, per farmi ritrovare di colpo solo e smarrito?

LEI

(apparendo a sua volta in un alone di luce) Lei non mi ama, non mi ha mai amato... Perché dovrebbe amarmi? Sono così uguale a tante altre donne –

LEI

con o senza cagnolino – donne che, così presto come me, le hanno sorriso e le sono cadute tra le braccia. Ma io almeno le feci sentire che era lei, e non un altro qualunque, che avevo incontrato... Un giorno disse che si guardano le persone ma non le si “vedono”. Io invece “ho veduto lei”.

LUI

Cos’hai di attraente, Anna, con i tuoi cappellini posati di sghimbescio sulla massa dei capelli biondi, col tuo esile collo e il piccolo viso dagli occhi chiari? Ti trovavo abbastanza comune, abbastanza semplice, abbastanza ingenua...

LEI

Ridevo... Ridevo così volentieri con lei...

LUI

Una sola cosa ti dava una consistenza particolare: il totale silenzio sulla tua vita. Non nascondevi niente. Si sarebbe detto che avessi tutto dimenticato, come se fossi appena nata, adulta, per dedicare a me quei tuoi giorni...

LEI

Quei giorni, ogni istante di quei giorni, vissi come una donna amata. Mi guardavo allo specchio, mi toccavo i capelli, mi carezzavo le spalle e dicevo: “E’ questo, essere amata, questa festa del cuore e del corpo?”

LUI

Mi piaceva guardare il tuo corpo delicato, le tue piccole mani quando infilavi gli anelli. Mi divertiva la tua rapidità, la tua sicurezza nel scegliere quando dovevi comperare qualcosa, adoravo il tuo allegro appetito. Mi piaceva il tuo guardarmi, che si insinuava un pò di sotto in su, quando si camminava fianco a fianco. Ma quante donne sono più o meno così?

LUI

Perché oggi devo scoprire in modo così pungente che senza saperlo ho cominciato ad amarti? Che ti porto nel cuore?

LEI

Lei intuì senza dubbio, lei che tutto capisce, l’importanza che andava prendendo per me quell’”avventura”, e seppe fingere di amarmi... I fiori che trovavo ogni mattina svegliandomi! Le passeggiate senza meta! Quelle giornate futili e pur così dense in cui lei mi dedicava tutta la sua attenzione!

 Amore mio, lei m’ha fatto credere all’amore... Un giorno sono ripiombata nella mia vita, quella che merito... Ho ritrovato la mia casa, i miei mobili... mio marito... Un uomo senza difetti, senza debolezze, un debole! Non amo i deboli... Amo gli uomini che hanno debolezze. La supplico! sopratutto non immagini che io pensi a un nuovo viaggio, l’estate prossima, con la speranza di un altro incontro, con qualcun altro... Non si ripeterà più... E’ tutto finito. (Una pausa. La luce cambia. Sono passati degli anni)

LUI

Anna, mi guardo senza compiacimento e senza compassione. Che sono? Un uomo che invecchia, sazio, titolato, ricco. Un uomo che ha “la sua parola da dire”, e la cui parola “ha un peso”, un uomo che “le braccia lunghe”... e il fiato corto... Ogni giorno le scale mi fanno sapere che sono più adatto a discenderle... e sono ormai più le scuse che cerco per giustificare le mie insufficienze che le mete che vorrei raggiungere, i desideri che vorrei soddisfare... E ora sono solo, a mani vuote, grigio. La mia vita mi scivola via come sabbia tra le dita... Queste mani, avrei potuto richiuderle sul tuo viso, potevo dirti: “Vieni, Anna”, e tu, forse, saresti venuta. Invece ho giocato un gioco che mi piaceva... Ho mentito a me stesso cercando di soffocare la verità. Anna, piccolo viso ridente dagli occhi subito appannati, Anna, ti amo, grido verso di te! Se avessi il coraggio di accettare ciò che conta, sarei venuto a cercarti anche oggi, t’avrei ritrovata su una terrazza lungo il mare, mi sarei seduto accanto a te, t’avrei preso la mano e sarei rimasto con te... Ma ho paura. Ho paura, adesso, di vederti volgere la testa verso di me e di scoprire che non esisto più... Addio, Anna. L’uomo comincia a morire quando capisce che nessuno può più sognare di lui. (Si allontana, sparisce lentamente nel buio)

LEI

Adesso sono quasi serena. Non desidero nulla, perché desidero l’impossibile. Che cosa desidero? Oh! è una storia che mi racconto spesso. Una sera mi trovo al concerto, sola, come al solito. Amo ancora di più la musica, se non la capisco meglio. Ma mi porta lontano, e mi manda in estasi!... I miei occhi scivolano sui volti che si confondono nella penombra, sugli ori, i velluti, i ridicoli affreschi del vecchio teatro, e, tutt’a un tratto, “lei” è lì... So che lei è lì. Lei è venuto e s’è seduto, accanto a me, nella poltrona vuota di mio marito. Riconosco il suo profumo e quel leggero odore di sigaro che impregna i suoi abiti. Intuisco nella poltrona il peso del suo corpo, e la sento ogni tanto mormorare le note di un motivo. E resto immobile, non oso muovermi. Non oso volgere il minimo sguardo dalla sua parte, tanta è la paura di vederla sparire, di perderla ancora... Spero solo che un giorno, di nuovo, lei posi la sua mano sulla mia... E adesso... aspetto... (Buio)

- F I N E -