La signora delle camelie

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ATTO PRIMO

La signora delle camelie          

DI Alessandro DUMAS (Figlio)

 

 


       SCENA I

NANNINA, VARVILLE

VARVILLE

Hanno suonato.

NANNINA 

Và  ad aprire: Valentino

VARVILLE

E’ Margherita, di sicuro.

NANNINA

No; non tornerà prima delle dieci e mezzo sono appena le dieci. (Entra Micia) Oh! La signorina Micia.

                SCENA II

MICIA e detti

MICIA

Non c’è Margherita?

NANNINA

No, Signorina… Vi occorreva qualche cosa da lei?

MICIA

Passavo, e sono salita per salutarla: non importa: bisogna che scappi subito.

NANNINA

Se volete aspettarla non può star molto a tornare.

MICIA

Non ha tempo, Nannina: Gustavo mi aspetta di sotto

Margherita Sta’ bene?

NANNINA

Sempre lo stesso.

MICIA

Le direte che tornerò presto. Addio, Nannina. Buona sera. Signore

(Esce)

                SCENA III

NANNINA e VARVILLE

VARVILLE

Chi è?

NANNINA

La signorina Micia.

VARVILLE

Micia? È un nome di gatta, non di donna.

NANNINA

Appunto: la chiamano così, per tutti quei ricci che la fanno

sembrare una gattina. Era compagna di Margherita, quando

lavoravano nella Casa di mode.

VARVILLE

Margherita lavorava in una Casa di mode?

NANNINA

Era cucitrice.

VARVILLE

Tò!

NANNINA

Non lo sapevate? Non è mica un segreto!

VARVILLE

E’ carina quella Micia:

NANNINA

E molto per bene.

VARVILLE

Ma…. Gustavo?

NANNINA

Quale Gustavo?

VARVILLE

Quello che aspettava di sotto.

NANNINA

E’ suo marito.

VARVILLE

Allora il signor Micia.

NANNINA

Non è ancora marito, ma lo sarà.

VARVILLE

E’ il suo amante, via. Ho capito. E’ molto per bene, ma ha un

amante.

NANNINA

Ma lui non ama che lei, e lei non ama  e non ha mai amato altri che lui, e si sposeranno, credete a me. La signorina Micia è una gran brava figliola.

VARVILLE

Del resto, questo non m’interessa. Gli affari miei, qui, non avanzano neanche di un passo.

NANNINA

Proprio così.

VARVILLE

Dovete convenire che Margherita …

NANNINA

Ebbene?

VARVILLE

… che è un’idea stramba quella di Margherita,, di sacrificare tutti a quel Mauriac, che non dev’essere molto divertente.

NANNINA

Poverino! Non ha altra consolazione. E’ suo padre, o press’a poco.

VARVILLE

Eh, lo so, c’è una storiella molto patetica. Peccato che….

NANNINA

Peccato… che cosa?

VARVILLE

…. Che non ci credo, alla storiella patetica.

NANNINA

Sentite, signor Varville: ci sono molte cose vere da dire sul conto della Signora: dunque non bisogna dire quelle false. Ora, state a sentire quello che posso assicurarvi, perché l’ho visto, visto coi miei occhi, e Dio sa che non m’ha imbeccata la Signora, perché non ha nessuna ragione d’ingannarvi, e non ci tiene né a piacervi né a dispiacervi. Dunque, due anni fa la Signora, dopo una lunga malattia, è andata alle acque per ristabilirsi del tutto. Io l’accompagnavo. Tra i convalescenti dello stabilimento c’era una signorina press’a poco della sua età, che aveva lo stesso male di lei, ma al terzo grado: e si somigliavano come due gemelle. Era la figlia di lui, del Duca di Mauriac.

VARVILLE

La signorina è morta…

NANNINA

Appunto.

VARVILLE

E il Duca , disperato, ritrovando nei lineamenti, nell’età, perfino nella malattia di Margherita, l’immagine di sua figlia, supplicò lei di riceverlo in casa Margherita sua e permettergli di amarla come un padre. Allora Margherita gli confessò la propria condizione… 

NANNINA

Perché la Signora non mente mai.

VARVILLE

Naturalmente! E poiché Margherita non somigliava alla morte nel morale come nel fisico, il Duca le promise tutto quello che voleva se consentiva a cambiar vita. Margherita promise; poi, naturalmente, appena tornata a Parigi si guardò bene dal mantenere la parola. Il Duca, visto che lei non gli dava anche metà della felicità promessa, ridusse a metà la rendita. Conclusione: lei oggi ha cinquantamila franchi di debiti.

NANNINA

E voi vorreste pagarli. Ma c’è qualcuno che preferisce dover del danaro ad altri che della riconoscenza a voi:

VARVILLE

Tanto più fin che c’è il Conte di Giray.

NANNINA

Siete insopportabile! Tutto quello che posso dirvi è che la storia del Duca è vera; ve lo giuro. Quanto al Conte, è un amico.

VARVILLE

Pronunciate meglio!

NANNINA

Un amico, sì! Che mala lingua!… Suonano. E’ la Signora… Debbo ripeterle tutto quello che avete detto?

VARVILLE

Guradatevene bene!

                SCENA IV

MARGHERITA e detti.

MARGHERITA

Fai preparare la cena: ora arrivano Olimpia e Saint-Gaudens; li ho incontrati all’Opera. (a Varville) Ci siete!

VARVILLE

Non è il mio destino aspettarvi?

MARGHERITA

Non è il mio destino vedervi intorno a me?

VARVILLE

Fino a che non metterete la consegna alla porta, verrò.

MARGHERITA

Infatti non mi riesce di entrare in casa una volta senza trovarvi qui. Che avete di nuovo da dirmi?

VARVILLE

Lo sapete:

MARGHERITA

Sempre la stessa cosa? Siete monotono caro Varville.

VARVILLE

E’ colpa mia, se vi amo?

MARGHERITA

Bella ragione. Se dovessi star a sentire tutti quelli che mi amano, non avrei neppure il tempo di pranzare. Ve lo ridico per la centesima volta: è tempo perduto! Vi permetto di venire a tutte le ore, di entrare quando non ci sono, di aspettarmi: chi sa perché? Ma se dovete parlarmi continuamente del vostro amore, darò ordine di non ricevervi.

VARVILLE

Ma l’anno scorso, a Bagnères, mi avete dato qualche speranza.

MARGHERITA

Ma là era Bagnères; io ero ammalata, m’annoiavo. Qui è un’altra cosa. Sto meglio, e non mi annoio.

VARVILLE

Si capisce: quando si è amati dal Duca di Mauriac….

MARGHERITA

Stupido!

VARVILLE

… e si ama il Conte di Giray….

MARGHERITA

Sono padrona d’amare chi voglio; questo non riguarda nessuno, e voi meno d’un altro; e se non avete altro da dirmi, ve lo ripeto, andatevene. Non volete andarvene?

VARVILLE

No

MARGHERITA

Allora mettetevi al piano: è il solo posto dove siate sopportabile.

VARVILLE

Che cosa debbo sonare?

MARGHERITA

Quel che volete.

                SCENA V

NANNINA e detti

MARGHERITA

Hai pensato alla cena?

NANNINA

Sissignora.

 MARGHERITA

Che cosa sonate?

VARVILLE

Una “rèverie” di Roselleu.

MARGHERITA

E’ carino!

VARVILLE

State a sentire, Margherita: ho ottantamila franchi di rendita….

MARGHERITA

E io cento. ( a Nannina) Hai visto Prudenzia?

NANNINA

Sissignora.

MARGHERITA

Verrà stasera?

NANNINA

Sì, quando torna a casa. E’ venuta anche la signorina Micia.

MARGHERITA

Perché non mi ha spettato?

NANNINA

C’era il signor Gustavo.

MARGHERITA

Povera piccola!

NANNINA

E’ venuto il dottore

MARGHERITA

Che cosa dice?

NANNINA

Raccomanda riposo.

MARGHERITA

Quanto è buono! Nient’altro?

NANNINA

Nossignora. Hanno portato questi fiori.

VARVILLE

Da parte mia.

MARGHERITA

Rose e lillà. Questo mazzo portalo in camera tua, Nannina.

VARVILLE

Non li volete?

MARGHERITA

Lo sapete come mi chiamo?

VARVILLE

Margherita Gautier.

MARGHERITA

Ma come mi chiamano?

VARVILLE

La Signora della Camelie.

MARGHERITA

Perché?

VARVILLE

Perché è il solo fiore che portate.

MARGHERITA

Questo vuol dire che non mi piacciono che le camelie, e che è inutile mandarmi altri fiori. Se credete che farò un’eccezione per voi, v’ingannate. I profumi mi rovinano.

VARVILLE

Non me ne va bene una. Addio Margherita.

MARGHERITA

Addio.

                SCENA VI

OLIMPIA, SAINT-GAUDENS, NANNINA e detti

NANNINA

Signora: la signorina Olimpia e il signor Saint-Gauden

MARGHERITA

Oh, Olimpia, credevo che tu non venissi più.

OLIMPIA

La colpa è sua.

SAINT-GAUDENS

La colpa è sempre mia. Buongiorno Varville.

VARVILLE

Addio caro.

SAINT-GAUDENS

Cenate con noi?

MARGHERITA

No, no.

SAINT-GAUDENS

E voi, Margherita, come state?

MARGHERITA

Benissimo.

SAINT-GAUDENS

Bene! Ci divertiremo.

OLIMPIA

Dove siete voi, ci si diverte sempre.

SAINT-GAUDENS

Cattiva! Mi dispiace enormemente che il nostro caro Varville non stia a cena con noi! Passando davanti alla “Casa d’oro”, ho ordinato delle ostriche, e un certo Champagne che non danno che a me.  Straordinario!

OLIMPIA

Perché non hai invitato Edmondo?

MARGHERITA

Potevi condurlo tu.

OLIMPIA

E Saint-Gaudens?

MARGHERITA

Non c’è abituato?

OLIMPIA

Non ancora; alla sua età  si prendono difficilmente delle abitudini: specialmente quelle buone.

MARGHERITA

Non è pronto ancora?

NANNINA

Cinque minuti, Signora. Dove vuol servita la cena? In sala da pranzo?

MARGHERITA

No; stiamo meglio qui. – Ebbene Varaville, non ve ne siete ancora andato?

VARVILLE

Vado.

MARGHERITA

Prudenzia!…

OLIMPIA

Oh, la Prudenzia  abita qui in faccia?

MARGHERITA

Nello stesso palazzo, dall’altra parte del cortile; quasi tutte le nostre finestre si corrispondono. E’ comodissimo.

SAINT-GAUDENS

Ma che fa, questa Prudenzia?

OLIMPIA

La modista.

MARGHERITA

Ma non ci sono che io che compro di suoi cappelli.

OLIMPIA

E non li metti mai.

MARGHERITA

Sono orrendi! Ma è una brava donna, e ha bisogno di quattrini.   Prudenzia!…

PRUDENZIA

(dall’interno) Eccomi!

MARGHERITA

E allora, perché non venite?

PRUDENZIA

Non posso.

MARGHERITA

Perché?

PRUDENZIA

Ho qui due signori; debbo andare a cena con loro.

MARGHERITA

Conduceteli; ceneranno qui. Chi sono?

PRUDENZIA

Uno lo conoscete. Gastone Rieux.

MARGHERITA

Oh, Gastone! E l’altro?

PRUDENZIA

Un suo amico.

MARGHERITA

Benissimo: fate presto… Fa freddo, questa sera. (Tosse) Varville, un po’ di legno sul fuoco, qui si gela; visto che non sapete essere divertente, siate almeno utile (Varville ubbidisce)

                SCENA VII

GASTONE, ARMANDO, PRUDENZIA,

un domestico e detti.

DOMESTICO

Il signor di Rieux, il signor Duval, la signora Duvernoy.

OLIMPIA

Che sono tutte queste cerimonie?

PRUDENZIA

Credevo che ci fossero invitati di riguardo.

SAINT-GAUDENS

Sempre amabile, la signora Duvernoy!

GASTONE

Come sta, Signora, la vostra preziosa salute?

MARGHERITA

Bene; e la vostra, Signore?

PRUDENZIA

Par d’essere a Corte!

MARGHERITA

Gastone s’è fatto molto mondano; e poi Eugenia mi strapperebbe gli occhi, se lo trattassi più alla buona.

GASTONE

Le mani di Eugenia sono troppo piccole, e i vostri occhi troppo grandi.

PRUDENZIA

Basta, con le chiacchiere. Margherita, permettetemi di presentarvi Armando Duval….. l’uomo più innamorato di voi in tutta Parigi.

MARGHERITA

(a Prudenzia) Allora, fate mettere due posti di più; spero che l’amore non gli impedirà di cenare.

SAINT-GAUDENS

Caro Gastone! Come sono contento di vedervi!

GASTONE

Eternamente giovane il nostro Saint-Gaudens.

SAINT-GAUDENS

Naturale.

GASTONE

E gli amori?

SAINT-GAUDENS

(accennando a Olimpia) Eccoli.

GASTONE

I miei rallegramenti.

SAINT-GAUDENS

Avevo una gran paura di trovar qui Armanda.

GASTONE

Povera Armanda! Vi voleva tanto bene!

SAINT-GAUDENS

Me ne voleva troppo. E c’era un giovane dal quale non sapeva star lontana un momento: il banchiere.  (ridono) Avevo sempre paura di farle perdere la sua posizione: ero l’amante del cuore. Comodissimo: m a mi toccava nascondermi negli armadi, vagabondare per le scale di servizio, aspettare agli angoli delle vie….

GASTONE

Avrete preso dei reumatismi.

SAINT-GAUDENS

No. Ma il tempo passa. Quanto mi dispiace di questo caro  Varville, che non stia a cena con noi.

GASTONE

(a margherita) E’ straordinario.

MARGHERITA

Non ci sono che i vecchi che non invecchiano.

SAINT-GAUDENS

Siete parente del ricevitore generale Duval?

ARMANDO

E’ mio padre.

SAINT-GAUDENS

L’ho conosciuto in altri tempi, dalla Baronessa di Nersay; anche vostra madre, una signora molto bella e gentile.

ARMANDO

E’ morta tre anni fa.

SAINT-GAUDENS

Oh, perdonatemi d’aver ricordato questo dolore.

ARMANDO

Mi è sempre dolce che mi si ricordi mia madre. Gli affetti grandi e puri hanno questo di bello: che dopo la gioia d’averli provati, rimane la gioia di ricordarli.

SAINT-GAUDENS

Siete figlio unico?

ARMANDO

Ho una sorella….

MARGHERITA

(piano) E’ simpatico il vostro amico.

GASTONE

Lo credo! E per giunta è innamorato pazzo di voi; non è vero Prudenzia?

PRUDENZIA

Che dite?

GASTONE

Dicevo a Margherita che Armando è pazzo di lei.

PRUDENZIA

E’ verissimo: non potete averne un’idea.

GASTONE

Via ama fino al punto di non avere il coraggio di dirvelo.

MARGHERITA

Finitela dunque, Varville!

VARVILLE

Mi dite sempre di sonare!…

MARGHERITA

Quando siamo soli voi ed io: quando c’è gente, no.

OLIMPIA

Di che cosa parlate così sottovoce?

MARGHERITA

Sta’ ad ascoltare, e lo saprai.

PRUDENZIA

(sottovoce) E questo amore dura da due anni

MARGHERITA

Allora, è un vecchio questo amore.

PRUDENZIA

Armando passa le sue giornate a casa di Gustavo e di Micia per sentir parlare di voi.

GASTONE

Quando siete stata malata, l’altro anno, prima d’andare a Bagnères, ricordate che vi hanno parlato di un giovine che tutti i giorni veniva a chieder notizie di voi, senza mai dire il suo nome?

MARGHERITA

Me ne ricordo.

GASTONE

Era lui.

MARGHERITA

Ma è molto carino questo. Signor Duval!

ARMANDO

Signora?….

MARGHERITA

Sapete che cosa mi stavano dicendo?… Mi dicevano che, quando sono stata ammalata, voi siete venuto tutti i giorni a chieder mie notizie.

ARMANDO

E’ vero, Signora.

MARGHERITA

Bisogna almeno che vi dica “grazie”…. Avete capito, Varville? Voi non avete fatto niente di simile, voi.

VARVILLE

Se vi conosco da meno di un anno!….

MARGHERITA

E il Signore mi conosce da cinque minuti. Vedete, che dite sempre delle sciocchezze?

PRUDENZIA

A tavola!…  Muoio di fame.

VARVILLE

A rivederci, Margherita….

MARGHERITA

A rivederci? Quando?

VARVILLE

Quando vi farà piacere vedermi.

MARGHERITA

Allora, addio.

VARVILLE

Signori…..(salutando uscendo)

OLIMPIA

Addio Varville! Addio simpaticone!

                SCENA VIII

Detti, meno VARVILLE

PRUDENZIA

Siete troppo dura col Barone.

MARGHERITA

E’ insopportabile. Sta sempre a propormi di farmi una rendita.

OLIMPIA

Ve ne lamentate? Io sarei felicissima di una proposta simile.

SANTI-GAUDENS

Oh, come sei gentile!…

OLIMPIA

Vi prego, Signore, di non darmi del “tu”. Io non vi conosco.

MARGHERITA

Ragazzi: servitevi, mangiate, bevete, e litigate appena quel tanto che serve per far subito la pace.

OLIMPIA

Sapete che regalo m’ha fatto per la mia festa?

MARGHERITA

Chi?

OLIMPIA

Lui

MARGHERITA

No.

OLIMPIA

M’ha regalato una carrozza.

SANTI-GAUDENS

E della migliore fabbrica.

OLIMPIA

Sì, ma non sono riuscita a fargli comperare i cavalli

PRUDENZIA

Una carrozza è sempre una carrozza.

SANTI-GAUDENS

Sono rovinato; voglio che mi amiate per me.

OLIMPIA

Bel lavoro!…

PRUDENZIA

Che cosa sono quelle bestiole?

GASTONE

Pernici.

PRUDENZIA

Dammene una.

GASTONE

Una per volta! È discreta.  È una forchetta di prim’ordine. Fosse costei che  ha rovinato Saint-Gaudens?

PRUDENZIA

Costei! Costei! Bel modo di parlare di una donna!  Ai miei tempi….

GASTONE

Ai suoi tempi? Ora ci parla di Luigi decimoquinto… Margherita, versa da bere ad Armando: è malinconico come un brindisi.

MARGHERITA

Su, signor Armando, bevete, bevete alla mia salute.

TUTTI

Alla salute di Margherita!

GASTONE

Io credo in due grandi verità: la vita è bella, e Prudenzia è grassona.

OLIMPIA

Lo è da trent’anni.

PRUDENZIA

Finiamola con questo scherzo: che età credete voi che io abbia?

OLIMPIA

Io direi quaranta sonati.

PRUDENZIA

Ma vatti a nascondere: ne ho compiuti trentacinque…. L’anno scorso.

GASTONE

Che per intanto fa trentasei: eppure, ti do la mia parola che non ne mostri più di quaranta.

 MARGHERITA

Oh, Saint-Gaudens; a proposito di età, mi hanno raccontato una storiella che vi riguarda.

OLIMPIA

Sì, sì, la so anch’io.

SANTI-GAUDENS

Che storiella?

MARGHERITA

Si tratta di una carrozza gialla….

OLIMPIA

È’ autentica.

PRUDENZIA

Fuori, fuori la storia della carrozza gialla.

GASTONE

Ma intanto lasciate che mi sieda vicino a Margherita; di Prudenzia ne ho abbastanza.

PRUDENZIA

Bella educazione!

MARGHERITA

Gastone, cercate di stare come si deve.

SANTI-GAUDENS

Una cena squisita!

OLIMPIA

Ho capito: vuole evitare la storia della carrozza…

MARGHERITA

Gialla!

SANTI-GAUDENS

Per conto mio, raccontatela fin che vi pare.

OLIMPIA

Dunque, Saint-Gaudens era innamorato di Armanda…

GASTONE

Sono troppo commosso; bisogna che dia un bacio a Margherita.

OLIMPIA

Siete insopportabile!

GASTONE

Olimpia va in collera, perché le ho fatto mancare il suo effetto.

MARGHERITA

Olimpia ha ragione! Gastone è noioso come Varville: lo metteremo nell’angolo, come i ragazzi maleducati.

OLIMPIA

Sì, sì; andate nell’angolo.

GASTONE

Ci vado, a patto che poi le signore verranno tutte a darmi un bacio.

MARGHERITA

Incaricheremo Prudenzia di darvelo a nome di tutte.

GASTONE

No, no; ognuna deve darmi il suo.

OLIMPIA

Va bene; ve lo daremo: basta che andiate là e stiate zitto. Ricomincio: un giorno, o meglio una sera….

GASTONE

E’ scordato, questo piano.

MARGHERITA

Non diamogli retta.

GASTONE

E’ seccante la storiella.

SANTI-GAUDENS

Ha ragione.

GASTONE

E poi, che cosa dimostra la famosa storiella, che io conosco benissimo, e che ha l’età venerabile di Prudenzia? Dimostra che Saint-Gaudens ha seguito a piedi una carrozza gialla, dalla quale finalmente ha visto scendere Agenore alla porta di Armanda; conclusione: Armanda tradiva Saint-Gaudens… bella novità! Chi non è stato tradito? E’ chiaro che si è sempre traditi dai propri amici e dalle proprie amanti.

SANTI-GAUDENS

E io sapevo allora che Armanda mi tradiva con Agenore, esattamente come ora so che Olimpia mi tradisce con Edmondo.

MARGHERITA

Bravo! Ma questo Saint-Gaudens è un eroe!… impazziremo tutte per Saint-Gaudens!… tutte quelle che adorano Saint-Gaudens alzino la mano. (tutte) Unanimità! Viva Saint-Gaudens! Gastone, sonate qualcosa per far ballare Saint-Gaudens.

GASTONE

So sonare soltanto una “polka”.

MARGHERITA

Vada per la “polka”! andiamo: Saint-Gaudens e Armando spostate in là la tavola.

PRUDENZIA

Ma io non ha finito…

OLIMPIA

Signori! Margherita lo ha chiamato “Armando”.

GASTONE

Sbrigatevi qui c’è un passaggio dove m’imbroglio.

OLIMPIA

E io devo ballare con Saint-Gaudens?

MARGHERITA

No; ballo io con lui. Venite, caro, venite.

OLIMPIA

Qui, Armando, qui,

MARGHERITA

(fa qualche passo di polka e s’interrompe tutt’a un tratto)

SANTI-GAUDENS

Che cosa avete?

MARGHERITA

Niente: mi è mancato il respiro.

ARMANDO

Signora, vi sentite poco bene?

MARGHERITA

Non è niente: continuiamo.

GASTONE

(suona di gran forza)

MARGHERITA

(riprova ancora, ma di nuovo s’interrompe)

ARMANDO

Ma basta, Gastone!

PRUDENZIA

Margherita sta male.

MARGHERITA

(soffoca) Datemi un po’ d’acqua.

PRUDENZIA

Ma che cosa avete?

MARGHERITA

Il solito. Niente. Passate un momento di là: troverete da fumare. Vi raggiungo subito.

PRUDENZIA

Sì, andiamo: quando la prende questo male preferisce restar sola.

MARGHERITA

Andate; ora vengo.

PRUDENZIA

Venite! (tra se) Non si può mai divertirsi in pace.

ARMANDO

Poverina!

                SCENA IX

MARGHERITA sola

MARGHERITA

(cerca di riprender respiro) Ah!… (si guarda allo specchio) Come sono pallida!… Ah!… (si prende la testa con le mani e si appoggia al caminetto).

                SCENA X

MARGHERITA e ARMANDO

ARMANDO

Signora, come state?

MARGHERITA

Voi Signor Duval! Grazie, sto meglio… e poi, ci sono abituata.

ARMANDO

Voi vi uccidete! Vorrei essere vostro amico, vostro parente, per impedirvi di farvi tanto male.

MARGHERITA

Non ci riuscirete… su, venite avanti… ma che cosa avete?

ARMANDO

Quello che vedo…

MARGHERITA

Siete molto buono, voi. Vedete che gli altri non si occupano di me…

ARMANDO

Gli altri non vi amano come vi amo io.

MARGHERITA

Oh, è vero; non mi ricordavo più del vostro grande amore.

ARMANDO

Vi fa ridere?

MARGHERITA

Dio me ne guardi! Da tanto tempo mi sento dire di queste cose!… non ne rido più.

ARMANDO

Sia pure; ma questo amore vale almeno una promessa da parte vostra.

MARGHERITA

Quale?

ARMANDO

Quella di curarvi.

MARGHERITA

Curarmi? Credete che sia possibile?

ARMANDO

Perché no?

MARGHERITA

Ma, se mi curassi, morirei. L’unica cosa che mi sostiene è la vita febbrile che faccio. E poi, curarsi, sta bene per le signore che hanno una famiglia e degli amici. Noi, quando non possiamo più servire al piacere o alla vanità di qualcuno, ci abbandonano; e allora la vita non è che una serie di giorni interminabili e di interminabili notti. Lo so per prova, via. Sono stata a letto due mesi; dopo le prime tre settimane, nessuno più veniva a trovarmi.

ARMANDO

E’ vero che io non sono niente per voi. Ma se volete, Margherita, vi curerò come un fratello, non vi lascerò mai sola, e vi farò guarire. Allora, quando sarete in forze, riprenderete questa vita, se ne avrete voglia; ma sono sicuro che invece preferite una esistenza più calma.

MARGHERITA

Il vino vi dà in malinconie, caro amico.

ARMANDO

Oh, Margherita, davvero non avete un po’ di cuore?

MARGHERITA

Il cuore! Nella traversata che sto facendo, il cuore è la sola cosa che faccia naufragare. Dunque è una cosa seria?

ARMANDO

Molto seria.

MARGHERITA

Allora aveva ragione Prudenzia, quando mi diceva che siete un sentimentale… e mi fareste da infermiere?

ARMANDO

Si.

MARGHERITA

Stareste sempre vicino a me?

ARMANDO

Fin che non vi desse noia.

MARGHERITA

E questo si chiama?…

ARMANDO

Devozione.

MARGHERITA

E da dove nasce questa devozione?

ARMANDO

Da una simpatia irresistibile che sento per voi.

MARGHERITA

Da quando?

ARMANDO

Da due anni. Un giorno vi ho vista passare, bella e sorridente. Da quel giorno ho seguito da lontano e in silenzio la vostra vita.

MARGHERITA

E come mai me lo dite soltanto oggi?

ARMANDO

Non vi conoscevo, Margherita.

MARGHERITA

Dovevate cercare di conoscermi… perché, quando sono stata malata e voi venivate con tanta assiduità a chiedere mie notizie, perché non siete mai salito?

ARMANDO

Con qual diritto sari salito?

MARGHERITA

C’era da aver soggezione di una donna come me?

ARMANDO

Si deve sempre aver soggezione di una donna… e poi…

MARGHERITA

E poi?…

ARMANDO

Avevo paura dell’influsso che potevate prendere sulla mia vita.

MARGHERITA

Per concludere, siete innamorato di me?

ARMANDO

(guardandola e vedendola ridere) Se è destino che ve lo dica, non è oggi il giorno.

MARGHERITA

Non ditelo mai.

ARMANDO

Perché?

MARGHERITA

Perché da una confessione di questo genere non possono derivare che due cose. O che io non ci creda, e ve ne avrete a male. O che ci creda, e allora vi sarete procurata una ben triste compagnia; quella di una donna nervosa, malata, malinconica, o allegra d’una allegrezza più triste del dolore. Una donna che spende centomila franchi l’anno va bene per un vecchio milionario come il Duca, ma è molto noiosa per un giovane come voi…. Via, noi stiamo perdendo il tempo a dire delle cose puerili. Datemi la vostra mano, e andiamo di là anche noi. Chissà che congetture fanno sulla nostra assenza.

ARMANDO

Andateci voi, se credete; io vi chiedo il permesso di rimanere di qua.

MARGHERITA

Perché?

ARMANDO

Perché a vedervi allegra a quel modo, soffro.

MARGHERITA

Volete un consiglio?

ARMANDO

Dite.

MARGHERITA

Se tutto quello che m’avete detto è vero, prendete la prima posta è fuggite. Oppure, vogliatemi bene come un amico, soltanto come un amico….  Venite a trovarmi: rideremo, staremo a chiacchierare; ma non esagerate il mio valore; non valgo gran che. Voi siete buono, avete bisogno di essere amato. Siete troppo giovane e sensitivo per vivere nel nostro mondo. Cercate di amare un’altra donna. Oppure, prendente moglie… vedete che sono una buona figliola e che vi parlo a cuore aperto.

SCENA XI

PRUDENZIA e detti

PRUDENZIA

Che diavolo state facendo?

MARGHERITA

Facciamo dei discorsi seri. Lasciateci in pace un momento. Veniamo subito.

PRUDENZIA

Bene, bene; fate pure, ragazzi.

SCENA XII

ARMANDO e MARGHERITA

MARGHERITA

Allora, siamo intesi? Non mi amate più?

ARMANDO

Seguirò il vostro consiglio: partirò.

MARGHERITA

A questo punto?!

ARMANDO

Si.

MARGHERITA

Molti me l’hanno detto, ma non sono partiti.

ARMANDO

Li avete trattenuti voi.

MARGHERITA

No, davvero!

ARMANDO

Dunque voi non siete mai stata innamorata di nessuno?

MARGHERITA

No, se Dio vuole.

ARMANDO

Oh! Grazie.

MARGHERITA

Di che?

ARMANDO

Di questo che mi avete detto. Nulla poteva farmi più piacere.

MARGHERITA

Che uomo strano!

ARMANDO

Se vi dicessi, Margherita, che ho passato notti intere sotto le vostre finestre, che conservo da sei mesi un bottone caduto da  un vostro guanto?

MARGHERITA

Non vi crederei.

ARMANDO

Avete ragione; sono un pazzo, ridete di me, non c’è altro da fare… Addio.

MARGHERITA

Armando!

ARMANDO

Mi richiamate?

MARGHERITA

Non voglio vedervi partire in collera.

ARMANDO

In collera con voi? E vi pare possibile?

MARGHERITA

Vediamo: in tutto ciò che mi dite, c’è un po’ di vero?

ARMANDO

E me lo domandate?

MARGHERITA

Ebbene: datemi una stretta di mano; venite a trovarmi qualche volta, anzi spesso; ne riparleremo.

ARMANDO

E’ troppo, ed è troppo poco.

MARGHERITA

Allora, chiedete voi: presentatemi voi il conto, visto che, a quel che sembra, vi  debbo qualche cosa.

ARMANDO

Non parlate così. Non voglio più vedervi ridere di cose serie.

MARGHERITA

Non rido più.

ARMANDO

Rispondetemi.

MARGHERITA

Sentiamo.

ARMANDO

Volete essere amata?

MARGHERITA

Secondo… Da chi’?

ARMANDO

Da me.

MARGHERITA

E poi?

ARMANDO

Essere amata d’un amore profondo, eterno?

MARGHERITA

Eterno?

ARMANDO

Sì.

MARGHERITA

E, se vi credo subito, che cosa direte di me?

ARMANDO

(con passione) Dirò….

MARGHERITA

Direte quel che ne dicono tutti. Che importa? Poiché debbo vivere meno degli altri, bisogna pure che viva più in fretta. Ma, calmatevi; per eterno che sia il vostro amore, e per breve che debba essere la mia vita, vivrò sempre più del vostro amore.

ARMANDO

Margherita!…

MARGHERITA

Per il momento, lo so, siete commosso, la vostra voce è sincera, siete convinto di quel che dite. Questo merita un premio… tenete questo fiore.

ARMANDO

Che debbo fare?

MARGHERITA

Me la riporterete.

ARMANDO

Quando?

MARGHERITA

Quando sarà appassita.

ARMANDO

E quanto tempo ci metterà ad appassire?

MARGHERITA

Mio Dio; come tutti i fiori: una serata, o una mattinata.

ARMANDO

Oh, Margherita! Come sono felice!

MARGHERITA

E allora ditemi di nuovo che mi amate.

ARMANDO

Sì, vi amo!

MARGHERITA

Ora andatevene.

ARMANDO

Vado, Margherita.

                SCENA XIII

Detta poi  GASTONE, SAINT-GAUDENS,

OLIMPIA e PRUDENZIA

MARGHERITA

Perché? – E perché no? – Tra l’una e l’altra di queste due domande scorre e si consuma la mia vita.

GASTONE

Avanti il coro nunziale: Hymen bymenaee, io!

SAINT-GAUDENS

Viva i coniugi Duval!

OLIMPIA

Forza. Il ballo di nozze!

MARGHERITA

Ora vi faccio ballare davvero!

SAINT-GAUDENS

Oh, come mi diverto.

 


                SCENA I

MARGHERITA, PRUDENZIA e NANNINA
MARGHERITA

Buona sera, Prudenzia. Avete visto il Duca?

PRUDENZIA

Sì.

MARGHERITA

Ha dato ….?

PRUDENZIA

(consegnando dei biglietti di banca) Ecco… Potreste prestarmi tre o quattrocento franchi?

MARGHERITA

Prendete… Avete detto al Duca che ho intenzione di andare in campagna?

PRUDENZIA

Sì.

MARGHERITA

Che cosa ha risposto?

PRUDENZIA

Che fate bene, che certo vi gioverà… Ci andrete?

MARGHERITA

Spero…Oggi sono andata a vedere la villa.

PRUDENZIA

Quanto ne vogliono d’affitto?

MARGHERITA

Quattromila franchi.

PRUDENZIA

Oh! Questo si chiama amore!

MARGHERITA

Ho paura di sì. Forse passione; forse solamente capriccio; qualche cosa è, certamente.

PRUDENZIA

E’ venuto, ieri?

MARGHERITA

C’è bisogno di domandarlo?

PRUDENZIA

E questa sera torna?

MARGHERITA

A momenti.

PRUDENZIA

Lo so. E’ stato da me tre o quattro ore.

MARGHERITA

Via ha parlato di me?

PRUDENZIA

Di che cosa volete che mi parli?

MARGHERITA

Che cosa vi ha detto?

PRUDENZIA

Che vi ama, perbacco!

MARGHERITA

E’ un pezzo che lo conoscete?

PRUDENZIA

Sì.

MARGHERITA

L’avete mai visto innamorato di qualcuna?

PRUDENZIA

Mai.

MARGHERITA

Giuratelo.

PRUDENZIA

Sul mio onore.

MARGHERITA

Se sapeste quanto è buono! Come parla di sua madre e di sua sorella!

PRUDENZIA

Che disgrazia che le persone così non abbiano centomila franchi di rendita!

MARGHERITA

Anzi, che fortuna! Almeno sono sicuri che li amiamo proprio per loro.

(prende una mano a Prudenzia e se la mette sul petto) Sentite!

PRUDENZIA

Che cosa?

MARGHERITA

Non sentite battere il cuore?

PRUDENZIA

Perché batte così?

MARGHERITA

Perché sono le dieci, e sta per venire.

PRUDENZIA

A questo punto?!… Scappo… Dite un  po’: non sarà mica contagioso?

MARGHERITA

(a Nannina, che va e viene ordinando la stanza) Và ad aprire, Nannina.

NANNINA

Non hanno mica sonato.

MARGHERITA

Ti dico di sì.

                SCENA II

PRUDENZIA e MARGHERITA

PRUDENZIA

Cara, vado a pregare per voi.

MARGHERITA

Perché?

PRUDENZIA

Perché siete in pericolo.

MARGHERITA

Può darsi.

                SCENA III

ARMANDO e dette

ARMANDO

Margherita!

PRUDENZIA

E a me niente?… ingrato!

ARMANDO

Perdonatemi, cara Prudenzia… Come state?

PRUDENZIA

Meno male… Vi lascio, ragazzi: ho un appuntamento… Addio.

                SCENA IV

ARMANDO e MARGHERITA

MARGHERITA

Via, venite qui, signor Armando.

ARMANDO

(s’inginocchia vicino a le) Cosi?…

MARGHERITA

Mi amate ancora come ieri?

ARMANDO

No!

MARGHERITA

Come?!

ARMANDO

Vi amo mille volte di più

MARGHERITA

Che cosa avete fatto, oggi?

ARMANDO

Sono stato a trovare Prudenzia, Gustavo  e la Micia: sono andato dappertutto dove potevano parlarmi di Margherita.

MARGHERITA

E questa sera?

ARMANDO

Mia padre mi aveva scritto che m’aspettava a  Tours. Gli ho risposto di non aspettarmi. Ho proprio voglia di andare a Tours! 

MARGHERITA

Ma non dovete disgustare vostro padre, Armando.

ARMANDO

Non c’è pericolo. E voi, che cosa avete fatto? Raccontate.

MARGHERITA

Ho pensato a voi.

ARMANDO

Davvero?

MARGHERITA

Davvero! Ho fatto un bel piano.

ARMANDO

Si!

MARGHERITA

Si.

ARMANDO

Dimmelo.

MARGHERITA

Più tardi.

ARMANDO

Perché non subito?

MARGHERITA

Forse non mi vuoi ancora abbastanza bene. Quando il mio piano sarà pronto, allora potrò dirtelo. Ti dico soltanto che riguarda te.

ARMANDO

Riguarda me?

MARGHERITA

Si, te, che amo troppo.

ARMANDO

Sentiamo: di che cosa si tratta?

MARGHERITA

Ma perché?

ARMANDO

Te ne supplico!

MARGHERITA

Tanto, non posso nasconderti nulla.

ARMANDO

Sto a sentire.

MARGHERITA

Ho trovato un sistema.

ARMANDO

Che sistema?

MARGHERITA

Posso dirti soltanto il risultato del mio sistema.

ARMANDO

Ebbene, che risultato?

MARGHERITA

Saresti contento di passare l’estate in campagna, solo con me?

ARMANDO

C’è da domandarlo.

MARGHERITA

Ebbene, se il mio sistema riesce, e certo che riesce, tra quindici giorni sarò libera, non avrò più debiti, e andremo insieme a passare l’estate in campagna

ARMANDO

E non puoi dirmi in che modo?

MARGHERITA

No.

ARMANDO

E, questo sistema, l’hai trovato da te sola.

MARGHERITA

Che cosa vuol dire questo tono?

ARMANDO

Rispondi.

MARGHERITA

Si, si; l’ho trovato da me sola.

ARMANDO

E lo puoi seguire da te sola?

MARGHERITA

( con una esitazione) Da me sola.

ARMANDO

Margherita, avete letto il romanzo di Manon Lescaut?

MARGHERITA

Si: c’è il libro, di là.

ARMANDO

Avete stima di Des-Grieux?

MARGHERITA

Perché me lo domandate?

ARMANDO

Perché c’è un momento dove racconta la Manon, anche lei, ha trovato un sistema: farsi dare del denaro dal Marchese, e spenderlo con Des-Grieux. Margherita, voi siete più buona di Manon, io sono più onesto di Des-Grieux.

MARGHERITA

E allora?

ARMANDO

E allora, se il vostro sistema è del genere di quello, io non l’accetto.

MARGHERITA

E va bene, amico mio; non parliamone più…. Bel tempo oggi;…. Non è vero!

ARMANDO

Bellissimo.

MARGHERITA

C’era molta gente al corso!

ARMANDO

Molta.

MARGHERITA

Questo tempo potrà durare fino alla luna nuova!

ARMANDO

E che volete che mi interessi la luna!

MARGHERITA

Di che volte che vi parli?…. Quando vi dico che vi amo; quando voglio darvene la prova, vi viene il cattivo umore…. Allora vi parlo della luna.

ARMANDO

Che vuoi, Margherita; io sono geloso del momento dei tuoi pensieri! Quello che tu mi proponevi…

MARGHERITA

Daccapo?

ARMANDO

Si, daccapo. Quello che tu mi proponevi, mi farebbe impazzire di gioia; ma il mistero di cui avvolgi l’esecuzione del piano…

MARGHERITA

Ragioniamo un momento tu mi ami, e vorresti passare un po’ di tempo con me, in un angolo qualunque che non fosse quest’orribile Parigi.

ARMANDO

Sì, sì; questo.

MARGHERITA

E anch’io ti amo e anch’io lo desidero. Ma, per farlo, occorre quello che ho. Tu non sei geloso del Duca, tu sai com’è puro il suo sentimento a mio riguardo. Dunque lasciami fare.

ARMANDO

Ma….

MARGHERITA

Ti amo. Dunque, siamo d’accordo?

ARMANDO

Volevo dire…

MARGHERITA

Siamo d’accordo, dì?

ARMANDO

Non ancora.

MARGHERITA

Allora, vieni a trovarmi domani e ne riparleremo.

ARMANDO

Domani? Mi mandi già via?

MARGHERITA

No, non ti mando via: puoi rimanere ancora un po’.

ARMANDO

Un po’? Aspetti qualcuno!

MARGHERITA

Ricominciamo!

ARMANDO

Margherita, tu mi inganni?

MARGHERITA

Da quanto tempo ti conosco?

ARMANDO

Da quattro giorni.

MARGHERITA

Che cosa mi obbligava a riceverti?

ARMANDO

Nulla.

MARGHERITA

Se non ti amassi avrei il diritto di metterti alla porta, come faccio con Varville e con tanti altri?

ARMANDO

Certamente.

 MARGHERITA

Allora, amico mio, lasciati amare e non lamentarti.

ARMANDO

Perdonami, te ne prego, perdonami.

MARGHERITA

Andando avanti di questo passo, passerò la vita a perdonarti.

ARMANDO

No, è l’ultima volta. Ecco: me ne vado.

MARGHERITA

Torna domani a mezzogiorno; faremo colazione insieme.

ARMANDO

Allora, a domani.

MARGHERITA

A domani.

ARMANDO

A mezzogiorno?

MARGHERITA

A mezzogiorno.

ARMANDO

Mi giuri…

MARGHERITA

Che cosa?

ARMANDO

Che non aspetti nessuno?

MARGHERITA

Eccolo! Ti giuro che ti amo e che amo te solo nel mondo!

ARMANDO

Addio!

MARGHERITA

Addio, bambino.

                SCENA V

MARGHERITA sola

MARGHERITA

Chi m’avesse detto, otto giorni sono, che quest’uomo, di cui non immaginavo l’esistenza doveva impadronirsi a questo modo e così rapidamente del mio cuore e del mio pensiero! Mi ama davvero? Oh, non so neppure se lo amo davvero io, io che non avevo mai amato! Ma perché rinunciare a una gioia? Perché non lasciarsi andare ai capricci del cuore? Che cosa sono io? Una creatura del caso! Lasciamo dunque che il caso faccia di me quel che gli pare. – Mi  sembra di essere felice come non sono mai stata. Forse è di cattivo augurio. Noi donne prevediamo sempre che saremo amate, non sospettiamo mai che ameremo; così, ai primi sintomi di questa malattia imprevista ci troviamo disorientate.

SCENA VI

MAGHERITA, NANNINA e  il

CONTE DI GIRAY

NANNINA

Il Conte di Giray.

MARGHERITA

Buonasera, Conte.

CONTE

Buonasera, cara amica. Come state?

MARGHERITA

A meraviglia.

CONTE

Fa un freddo cane! M’avete scritto di venire alle dieci e mezzo. Vedete che sono puntuale.

MARGHERITA

Grazie. Dobbiamo discorrere, caro Conte.

CONTE

Avete cenato?

MARGHERITA

Perché?

CONTE

Perché si potrebbe andare a cena insieme e discorrere cenando.

MARGHERITA

Avete fame?

CONTE

Si ha sempre abbastanza fame per cenare. Ho pranzato molto male al circolo.

MARGHERITA

Che cosa facevano al circolo?

CONTE

Giocavano.

MARGHERITA

Saint-Gaudens perdeva?

CONTE

Perdeva cinquecento franchi, ma bestemmiava per cinquemila:

MARGHERITA

L’altra sera è stato qui a cena, con Olimpia.

CONTE

Non c’erano altri?

MARGHERITA

C’era Gastone Rieux. Lo conoscete?

CONTE

Sì.

MARGHERITA

C’era Armando Duval.

CONTE

Chi è questo Armando Duval?

MARGHERITA

Un amico di Gastone. E poi Prudenzia e io. Ci siamo divertiti un mondo.

CONTE

Se lo avessi saputo, sarei venuto anch’io.

Dite un po’: c’era qualcuno, qui da voi, poco prima che venissi io?

MARGHERITA

No, nessuno.

CONTE

Proprio quando stavo per scendere di carrozza, un tale mi è corso incontro, per vedere chi ero; appena mi ha visto, se ne è andato.

MARGHERITA

(tra se) Fosse Armando?

CONTE

Vi occorre qualcosa.

MARGHERITA

Sì; debbo dire una parola a Nannina. (piano) Vai giù in strada. Senza farti scorgere, vedi se c’è il signor Duval, e torna a dirmelo.

NANNINA

Si, signora.

CONTE

Abbiamo una novità.

MARGHERITA

Quale?

CONTE

Gagouki  prende moglie.

MARGHERITA

Il principe piccolo?

CONTE

Lui.

MARGHERITA

Chi sposa?

CONTE

Indovinate.

MARGHERITA

Che ne so!

CONTE

Sposa la piccola Adele.

MARGHERITA

La piccola Adele fa male.

CONTE
Io direi che fa male lui.

MARGHERITA

Mio caro: quando un signore sposa una ragazza come Adele, non è lui che fa una sciocchezza, e lei che fa un cattivo affare. Il vostro polacco è rovinato, ha una pessima reputazione, e se sposa Adele è per quei dodici o quindicimila franchi di rendita che le avete fatto voi.

NANNINA

(Piano) No, signora, non c’è nessuno.

MARGHERITA

E ora, Conte, parliamo di cose serie.

CONTE

Di cose serie? Preferirei parlare di cose allegre.

MARGHERITA

Stà a voi prenderle allegramente.

CONTE

Sentiamo.

MARGHERITA

Avete del denaro liquido?

CONTE

Io? Non ne ho mai.

MARGHERITA

Allora, firmate un effetto.

CONTE

Vi occorre del denaro?

MARGHERITA

Aimè, sì. Mi occorrono quindicimila franchi.

CONTE

Perbacco! Non è una somma da niente! Perché proprio quindicimila franchi?

MARGHERITA

Perché debbo.

CONTE

Voi pagate i vostri creditori?

MARGHERITA

Sono loro che vogliono essere pagati.

CONTE

E’ proprio necessario?

MARGHERITA

Assolutamente.

CONTE

E va bene; firmerò.

                SCENA VII

NANNINA e detti

NANNINA

Signora, hanno portato questa lettera urgente.

MARGHERITA

Chi può scrivermi a quest’ora? Armando! Che cosa accade?… “Non intendo di recitare una parte ridicola, nemmeno davanti alla donna che amo. Mentre io uscivo, veniva da voi il Conte di Giray. Non ha né l’età né le abitudini di Saint-Gaudens. Perdonatemi la mia sola colpa, che è quella di non essere milionario. Dimentichiamo entrambi che ci siamo conosciuti, e che per un memento abbiamo creduto di amarci. Quando riceverete questa lettera, sarò già partito da Parigi. – Armando Duval”.

NANNINA

C’è risposta?

MARGHERITA

No: dì che sta bene.

                SCENA VIII

CONTE DI GIRAY e MARGHERITA

Poi  NANNINA

MARGHERITA

Un sogno svanito! Peccato!…

CONTE

Che diavolo c’era in quella lettera?

MARGHERITA

Che c’era? Una buona notizia per voi.

CONTE

Come mai?

MARGHERITA

Quella lettera vi fa guadagnare quindicimila franchi.

CONTE

E’ la prima lettera che mi rende tanto.

MARGHERITA

Non ho più bisogno di quello che vi chiedevo.

CONTE

I vostri creditori vi mandano il conto sladato? Questo è molto cortese da parte loro.

MARGHERITA

No. Ero innamorata.

CONTE

Voi?

MARGHERITA

Proprio io.

CONTE

E di chi mai?

MARGHERITA

Di un uomo che non mi amava, come avviene spesso; d’un uomo senza quattrini, come avviene sempre.

CONTE

Lo so: con questi amori credete di redimervi da quegli altri.

MARGHERITA

Ecco che cosa mi scrive

CONTE

“Cara Margherita”.. Oh, è di quel Duval. E’ molto geloso questo signore. Ora capisco l’utilità degli assegni con girata. L’avevate pensata carina!

MARGHERITA

(suona, e getta la lettera sulla tavola) Mi avevate inviata a cena.

CONTE

E mantengo l’invito. Non mangerete certo per quindicimila franchi; è sempre un’economia che faccio.

MARGHERITA

E allora andiamo: ho bisogno di prendere un po’ d’aria.

CONTE

Pare che fosse una cosa grave: siete molto agitata.

MARGHERITA

Non è niente. Dammi uno scialel e un cappello.

NANNINA

Quale, Signora?

MARGHERITA

Quello che credi. Uno scialle leggero. Amico mio, dovete prenderci come siamo.

CONTE

Oh, conosco queste cose!

NANNINA

La signora avrà freddo.

MARGHERITA

No.

NANNINA

La Signora vuole che l’aspetti alzata?

MARGHERITA

No, vai a letto; forse tornerò molto tardi… Andiamo Conte?

                SCENA IX

NANNINA

NANNINA

E’ accaduto qualche cosa: la Signora è agitatissima. Dev’essere colpa di quella lettera; non c’è dubbio. Eccola. Diavolo! Il signor Armando l’ha atta bella! Eletto due giorni fa, dimissionario oggi. Ha vissuto quanto vive una rosa, o un ministro… Tò, la signora Duvernoy.

                SCENA X

NANNINA, PRUDENZIA, un DOMESTICO e

La voce di Armando

PRUDENZIA

Margherita è fuori?

NANNINA

E’ uscita in questo momento.

PRUDENZIA

Dov’è andata?

NANNINA

A cena.

PRUDENZIA

Non ha ricevuto una lettera poco fa?

NANNINA

Sì, del signor Armando.

PRUDENZIA

E che cosa ha detto?

NANNINA

Niente.

PRUDENZIA

A che ora tornerà?

NANNINA

Tardi, certamente. Credevo che foste a letto da un pezzo.

PRUDENZIA

C’ero, e dormivo già; mi ha svegliata una scampanellata che non finiva più; sono andata ad aprire…. (bussano)

NANNINA

Avanti!

UN DOMESTICO

La Signora vuole una pelliccia.

PRUDENZIA

La Signora è giù?

DOMESTICO

Sì, in carrozza.

PRUDENZIA

Pregatela di salire; dite che sono io che debbo parlarle di premura.

DOMESTICO

Ma la Signora non è sola nella carrozza.

PRUDENZIA

Non importa; andate!

ARMANDO

(di dentro) Prudenzia!

PRUDENZIA

(aprendo la finestra) O Dio; ecco l’altro che s’impazienta! Questi innamorati gelosi sono tutti uguali.

ARMANDO

(c. s.) Ebbene?

PRUDENZIA

Un momento, un momento: vi chiamerò io.

                SCENA XI

MARGHERITA, PRUDENZIA e NANNINA

MARGHERITA

Che cosa  c’è, Prudenzia?

PRUDENZIA

C’è Armando, là da me.

MARGHERITA

Che m’importa?

PRUDENZIA

Vuole parlarvi.

MARGHERITA

E io non voglio vederlo. E poi non posso: mi aspettano giù: diteglielo.

PRUDENZIA

Me ne guarderei bene. Sarebbe capace di provocare il Conte.

MARGHERITA

Ma che cosa vuole?

PRUDENZIA

Che ne so io? Se non lo sa neanche lui! Come se non sapessimo che cos’è un innamorato!

NANNINA

La Signora ha chiesto una pelliccia?

MARGHERITA

Un momento…

PRUDENZIA

Ebbene, che pensate di fare?

MARGHERITA

Quel ragazzo mi farà morire.

PRUDENZIA

Allora è meglio che non lo rivediate. E’ meglio chele cose si fermino qui.

MARGHERITA

Ah! Così vi sembra?

PRUDENZIA

Certamente.

MARGHERITA

Non vi ha detto altro?

PRUDENZIA

Ho capito: volete parlargli. Vado a chiamarlo. E il Conte?

MARGHERITA

Il Conte? Aspetterà.

PRUDENZIA

Sarebbe meglio mandarlo via del tutto.

MARGHERITA

E’ vero – Nannina, scendi a dire al Conte che proprio sto poco bene, e che non vado più a cena. Che mi scusi.

NANNINA

Si, Signora.

PRUDENZIA

Armando! Venite! – Non se lo fa mica dire due volte!

MARGHERITA

Voi rimarrete qui mentre c’è lui.

PRUDENZIA

No, no: verrebbe un momento in cui mi mandereste via. Allora è meglio che me ne vada subito.

NANNINA

Il Conte se n’è andato, Signora.

MARGHERITA

Non ha detto niente?

NANNINA

No.

                SCENA XII

MARGHERITA, ARMANDO e PRUDENZIA

ARMANDO

Margherita!… Finalmente!

PRUDENZIA

Buona notte, ragazzi.

               

SCENA XIII

MARGHERITA e ARMANDO

ARMANDO

Margherita!…

MARGHERITA

Che volte?

ARMANDO

Voglio che mi perdoniate!

MARGHERITA

Non lo meritate! Ammetto che siate geloso e che mi scriviate una lettera irritata, ma non una lettera ironica e impertinente. M’avete dato un gran dolore, e mi avete fatto tanto, tanto male.

ARMANDO

E voi, Margherita, non ne avete fatto a me?

MARGHERITA

Se mai, è stato mio malgrado.

ARMANDO

Quando ho visto venire il Conte, quando ho capito che era per lui che mi avete mandato via, son diventato come matto, ho perduto la testa, vi ho scritto. Ma quando poi, invece di rispondermi come speravo, invece di scolparvi, avete detto “sta bene”, allora mi sono domandato che cosa sarebbe stato di me, se non vi avessi riveduta. Intorno a me s’è fatto il vuoto d’un tratto. Non dimenticate, Margherita, che se vi conosco da pochi giorni, vi amo da due anni.

MARGHERITA

Ebbene; avevate presa una risoluzione molto savia.

ARMANDO

Quale?

MARGHERITA

Quella di partire. Non me lo avete scritto?

ARMANDO

E credete che potrei?….

MARGHERITA

Eppure è necessario.

ARMANDO

Necessario?

MARGHERITA

Sì, non solamente per voi, ma per me. Le mie condizioni mi obbligano a non vedervi più, tutto mi proibisce d’amarvi.

ARMANDO

Mi amate un poco, Margherita?

MARGHERITA

Vi amavo.

ARMANDO

E ora?

MARGHERITA

Ora, ci ho pensato; quello che speravo è impossibile.

ARMANDO

Ma, se mi aveste amato, non avreste fatto venire il Conte, specialmente questa sera.

MARGHERITA

Ecco perché e meglio che non spingiamo più innanzi le cose. Sono giovane, sono bella, vi piacevo, sono una buona figliola; voi siete un ragazzo intelligente: bisogna prendere il buono, lasciare il male, e occuparsi di altro.

ARMANDO

Oh, non mi parlavate così poco fa, Margherita, quando mi facevate sognare di passare qualche mese con voi, voi sola, lontani da Parigi, lontani dal mondo. E nel vedere dileguarsi questo sogno che mi son sentito così crudelmente ferito.

MARGHERITA

(malinconicamente) E’ vero. Avevo pensato: “un po’ di riposo mi farà bene. A lui sta a cuore la mia salute. Se ci fosse il modo di passare in calma l’estate con lui, in campagna, in fondo a qualche bosco, sarebbe un po’ di felicità presa ai cattivi giorni avvenire”. Dopo tre o quattro mesi saremmo tornati a Parigi, ci saremmo fabbricati un’amicizia. Era molto, perché l’amore che si può sentire per me, per violento che sia, non sempre ha in sé di che farne più tardi un po’ d’amicizia. Tu non hai voluto. Il tuo cuore è un gran signore, non accetta niente! Non parliamone più. Vieni a trovarmi da quattro giorni, sei rimasto qualche volta a cena; mandami un regalo con un biglietto di visita, e saremo pari.

ARMANDO

Margherita, sei pazza! Ti amo! Questo non si chiama trovarti bella e star bene tre o quattro mesi con te. Tu sei tutta la mia speranza, tutto il mio pensiero, tutta la mia vita. Ti amo, ti amo: che cosa posso dirti di più?

MARGHERITA

Allora hai ragione: è meglio rinunciare fin d’ora a vederci più.

ARMANDO

E’ naturale, perché tu non mi ami, tu!

MARGHERITA

Perché…. Non sai quello che dici.

ARMANDO

Perché, allora?

MARGHERITA

Perché? Vuoi saperlo? Perché ci sono dei momenti in cui questo sogno, che avevo cominciato, lo porto avanti, fino alla fine. Perché ci sono dei giorni, in cui sono stanca della vita che faccio, e me ne sorrido un’altra. Perché in mezzo alla nostra esistenza turbinosa, la nostra testa, il nostro orgoglio, i nostri sensi vivono; ma il cuore rigonfia, e non trovando ove espandersi,  ci soffoca. Sembriamo felici: ci invidiano. Infatti, abbiamo degli amanti che si rovinano, non per noi come dicono, ma per la loro vanità. Siamo le prime del loro amor proprio, le ultime per la loro stima. Abbiamo qualche amica, sì; amiche come Prudenzia: amicizia che va qualche volta fino alla schiavitù, mai fino al disinteresse. A loro poco importa quel che facciamo, purchè le vedano nel nostro palco, purchè possano adagiarsi nelle nostre carrozze. Così tutto intorno a noi è rovina, vergogna, falsità. E per questo io sognavo, qualche momento, senza osare parlarne con nessuno, sognavo d’incontrare un uomo abbastanza elevato  per non chiedermi ragione di niente, per accettare d’essere l’amante delle mie impressioni. Lo avevo trovato: il Duca. Ma la vecchiezza non  protegge, non consola: la mia anima ha ben altre esigenze. E ti ho incontrato: te, giovane, ardente, felice; le lacrime che ti ho visto versare per me, l’interesse che hai preso alla mia salute, le visite misteriose durante la mia malattia, la tua freschezza, il tuo entusiasmo, tutto mi spingeva a vedere in te colui ch’io chiamavo dal fondo della mia rumorosa solitudine. In un minuto, come una pazza, ho costruito tutto un avvenire sul tuo amore; ho fatto sogni di campagna, di purezza; mi son ricordata  della mia infanzia – tutti hanno avuto un infanzia – sognavo l’impossibile: una tua parola me lo ha dimostrato…. Hai voluto sapere tutto. Ti ho detto tutto…

ARMANDO

E tu credi che dopo le tue parole io ti lacerò? Quando la felicità ci viene incontro, noi la fuggiremo? No, Margherita, no; il tuo sogno si compirà, te lo giuro. Non stiamo a ragionare. Siamo giovani, ci amiamo: camminiamo dietro i nostro amore.

MARGHERITA

Non ingannarmi, Armando; pensa che una commozione troppo forte può uccidermi. Ricordati chi sono, che cosa sono.

ARMANDO

Sei un angelo, e ti amo!

NANNINA

Signora…

MARGHERITA

Che c’e?

NANNINA

Hanno portato una lettera.

MARGHERITA

(ridendo) Ma è la notte delle lettere! Di chi?

NANNINA

Del signor Conte.

MARGHERITA

Aspetta una rispota?

NANNINA

Sì, signora.

MARGHERITA

(attaccandosi al collo di Armando) Dì che non c’è risposta.

 


SCENA I

NANNINA, PRUDENZIA, poi ARMANDO

PRUDENZIA

Dov’è Margherita?

NANNINA

La Signora è in giardino con la signorina Micia e il signor Gustavo, che hanno fatto colazione qui e ci passeranno tutta la giornate.

PRUDENZIA

Vai a cercarli.

ARMANDO

Prudenzia, debbo parlarvi. Quindici giorni fa siete partita di qua, nella carrozza di Margherita?

PRUDENZIA

Si.

ARMANDO

Da quel giorno, non ho più riveduto né la carrozza, né i cavalli. Otto giorni fa, lasciandoci, diceste che avevate paura di aver freddo, e Margherita vi prestò un cachemire, che non avete più riportato. Ieri poi lei vi ha consegnato dei braccialetti e dei diamanti, per farli rimontare, diceva. Che fine hanno fatto i cavalli, la carrozza, il cachemire  e i diamanti?

PRUDENZIA

Debbo parlarvi francamente?

ARMANDO

Ve ne scongiuro.

PRUDENZIA

I cavalli li ha ripresi quello che ce li aveva venduti, a metà prezzo.

ARMANDO

Il cachemire?

PRUDENZIA

Venduto.

ARMANDO

I diamanti?

PRUDENZIA

Impegnati. Ho qui le polizze.

ARMANDO

E perché non mi avete mai detto niente?

PRUDENZIA

Margherita non voleva.

ARMANDO

E perché vendere e mettere in pegno?

PRUDENZIA

Per pagare. Caro mio, voi credete che basti volersi bene, e andare in campagna a vivere d’una vita pastorale ed eterea. V’ingannate. Accanto alla vita poetica, c’è la vita reale. Sono stata a cercare il Duca, perché, se era possibile, volevo evitare tutti questi sacrifici. Ebbene: il Duca non vuol più dar niente a Margherita se non vi lascia, e sa Dio che voglia ha lei di lasciarvi.

ARMANDO

Cara  Margherita!…

PRUDENZIA

Cara, sì: troppo cara: chi sa come andrà a finire questa faccenda? Senza contare che, per pagare il rimanente dei debiti, vuol disfarsi di quello che le resta. Ho qui un preventivo di vendita che il suo procuratore m’ha consegnato.

ARMANDO

Quanto ocorre?

PRUDENZIA

Almeno trentamila franchi.

ARMANDO

Chiedete ai creditori quindici giorni di respiro. Tra quindici giorni pagherò tutto.

PRUDENZIA

Li troverete a prestito?

ARMANDO

Sì.

PRUDENZIA

Bell’affare! Vi guasterete con vostro padre, vi creerete una quantità d’imbarazzi….

ARMANDO

Sospettavo quello che accadeva. Ho scritto al mio notaio che volevo far donazione della parte che mi spetta sull’eredità di mia madre. Ho avuto la risposta. L’atto è pronto; non c’è più che qualche formalità, e oggi stesso vado a Parigi a firmare. Intanto, impedite che Margherita…

PRUDENZIA

Ma le carte del procuratore?

ARMANDO

Quando sarò partito gliele consegnerete, come se non ne avessimo parlato: non deve saper niente di quello che abbiamo detto. Eccola: state zitta!

               

SCENA II

MARGHERITA, MICIA, GUSTAVO,

ARMANDO e PRUDENZIA

MARGHERITA

(Entrando, con un dito sulle labbra fa segno  a Prudenzia di tacere)

ARMANDO

Cara, fa una ramanzina a Prudenzia.

MARGHERITA

Perché?

ARMANDO

Ieri la pregai di passare a casa mia e portarmi la mia corrispondenza, perché sono quindici giorni che non vado a Parigi: la prima cosa che fa, è di scordarsene; così mi tocca lasciarti per un paio d’ore. Da un mese non ho più a mio padre. Nessuno sa dove sono, neppure il mio domestico, perché volevo sfuggire i seccatori. Il tempo è bello, Gustavo e la Micia ti faranno compagnia. Salto in una carrozza, arrivo a casa, e torno subito.

MARGHERITA

Vai, caro, vai. Se non hai scritto a tuo padre, la colpa non è mia: te l’ho detto tante volte di scrivergli! Torna presto. Ci ritroverai qui tutti a chiacchierare e lavorare.

ARMANDO

A tra un ‘ora.

MARGHERITA

(Margherita lo accompagna, poi tornando)

Tutto fatto?

PRUDENZIA

Sì.

MARGHERITA

Le carte?

PRUDENZIA

Eccole. Verrà il procuratore a intendersi con voi. Io vado a far colazione: muoio di fame.

MARGHERITA

Andate. Nannina vi darà tutto quello che volete.

SCENA III

MARGHERITA, MICIA, GUSTAVO,

poi NANNINA

MARGHERITA

Hai visto, Micia? Questa è la nostra vita: da tre mesi.

MICIA

Sei felice.

MARGHERITA

Tanto!

MICIA

Te l’avevo detto tante volte che la vera felicità è nel riposo e nella calma dell’animo! Lo dicevamo sempre parlando di te con Gustavo: Quando riuscirà a innamorarsi di qualcuno, e a fare una vita più tranquilla?

MARGHERITA

Ebbene: il vostro augurio s’è avverato. Sono innamorata, e sono felice. E’ il vostro amore e la vostra felicità che m’hanno invogliata.

GUSTAVO

Felici lo siamo davvero; non è vero, Micia?

MICIA

Lo credo; e non costa caro. Tu sei una gran signora, tu, e non vieni mai a trovarci; se no, vorresti vivere proprio come noi; a te pare una vita semplice, questa; che cosa diresti se vedessi le mie due camerette al quinto piano? Le finestre guardano su certi giardini, dove i loro padroni no vanno mai! C’è della gente che ha un giardino, e non ci va a passeggiare!

GUSTAVO

Sembriamo un romanzo tedesco; oppure un idillio di Goethe, con musica di Schubert.

MICIA

Sì; tu mi pigli in giro, perché c’è Margherita. Quando siamo soli non parli mica così: sei dolce come un agnellino e tenero come una tortora… Lo sai che voleva farmi  sloggiare? Dice che la nostra vita è troppo semplice.

GUSTAVO

Non è vero: dico soltanto che il nostro alloggio è troppo in alto.

MICIA

Basta che tu non ne esca, e non saprai a che piano è.

MARGHERITA

Siete tanto carini , tutti e due…

MICIA

Con la scusa che ha seimila franchi di rendita, vuole che io non lavori più: una di questi giorni pretenderà di comperarmi una carrozza!

GUSTAVO

Chi sa che un giorno non venga anche quella.

MICIA

Deve passarne dell’acqua sotto i ponti! Prima di tutto bisogna che tuo zio mi guardi più di buon occhio, e faccia te suo erede, e me sua nipote.

GUSTAVO

Comincia a ricredersi sul tuo conto.

MARGHERITA

Che? Non ti conosce?… Se ti conoscesse, ti vorrebbe subito bene.

MICIA

No; il suo signor zio non ha mai voluto vedermi. E’ di quella vecchia razza di zii che credono che le sartine siano una cosa inventata per rovinare i nipoti: vorrebbe fargli sposare una signora per bene. E io non sono una signora per bene?

GUSTAVO

Si calmerà. Del resto, da quando ho preso la laurea, è già più indulgente.

MICIA

Oh, non te lo avevo detto: Gustavo è avvocato.

MARGHERITA

Gli affiderò la mia prossima causa.

MICIA

Ha già parlato: io c’ero all’udienza.

MARGHERITA

Ha vinto?

GUSTAVO

Ho perduto in pieno. Il mio cliente ha preso dieci anni di lavori forzati.

MICIA

Per fortuna.

MARGHERITA

Perché, per fortuna?

MICIA

Era una canaglia. Che mestiere buffo l’avvocato! Un avvocato è un grand’uomo quando può dire:  - C’era un assassino che aveva ucciso suo padre, sua madre e i suoi bambini; io sono così bravo, che l’ho fatto assolvere, e ho restituito alla società quel gioiello che le avevano tolto.-

MARGHERITA

Ora che è avvocato, mangeremo presto i confetti!…

GUSTAVO

Se mi risolverò a prendere moglie.

MICIA

Come, se vi risolverete? Spero bene che vi risolverete a prender moglie, e sarò io quella. Non ne troverete mai più una così buona, e che vi voglia tanto bene.

MARGHERITA

Allora, a quando?

MICIA

A presto.

MARGHERITA

Come sei fortunata!…

MICIA

Ma anche tu finirai per fare come noi.

MARGHERITA

E chi vuoi che sposi?

MICIA

Armando.

MARGHERITA

Armando? Ha il diritto di amarmi, ma non di sposarmi. Sono disposta a prendergli il suo cuore; non gli prenderò mai il suo nome. Ci sono cose, cara Micia, che una donna non cancella mai dalla propria vita, cose che essa non deve mai dare al marito il diritto di rimproverarle. Se volessi, Armando mi sposerebbe domani; ma gli voglio troppo bene per chiedergli un tale sacrificio! Non ho ragione, signor Gustavo?

GUSTAVO

Siete una brava ragazza, Margherita.

MARGHERITA

No, ma penso da persona onesta. E’ sempre così. Sono felice, d’una felicità che no avrei mai osato sperare: ne ringrazio Dio e non voglio forzare la Provvidenza.

MICIA

Gustavo ti sposerebbe, se fosse al posto di Armando, non è vero?

GUSTAVO

Forse sì. D’altra parte, la verginità delle donne appartiene al loro primo amore, non al loro primo amante.

MICIA

A meno che il loro primo amante non sia anche il loro primo amore. Ce ne sono degli esempi.

GUSTAVO

E abbastanza vicini, mi pare!…

MICIA

Tutto sommato, purchè tu sia felice, il resto importa poco.

MARGHERITA

Sì, sono felice. Ma chi avrebbe potuto immaginare che un giorno io, Margherita Gautier, sarei vissuta tutta nell’amore di un uomo: che  avrei passate giornate intere seduta al suo fianco, a lavorare, leggere, starlo a sentire?

MICIA

Come noi!…

MARGHERITA

Con voi due posso parlare a cuore aperto: così mi crederete, perché è il vostro cuore che mi ascolta. In certi momenti dimentico quello che sono stata, e il mio “io” d’un tempo si separa talmente da mio “io” d’oggi, che ne risultano due donne distinte, e la seconda riesce a stento a ricordarsi della prima. Quando, vestita di bianco, con un grande cappello di paglia e la pelliccia sul braccio, salgo con Armando in una barca, che noi lasciamo scendere alla deriva e che si ferma da sé sotto i salici dell’isola più vicina, nessuno sospetta, neanch’io, che quell’ombra bianca è Margherita Gautier. In altri tempi ho fatto spendere in fiori, in una sera, somme che sarebbero bastate a mantenere per un anno una famiglia modesta: oggi un fiore come questo, che Armando mi ha dato questa mattina, basta a riempire del suo profumo tutta lamia giornata. E , voi sapete che cosa vuol dire amare: come le ore volano e ci portano, senza scosse e senza fatica, al termine delle settimane e dei mesi. Sì, sono molto felice. Ma voglio esser anche più felice: voi non sapete tutto…

MICIA

Che cosa?

MARGHERITA

Poco fa dicevate che la mia vita è diversa dalla vostra. Tra poco no potrete più dirlo.

MICIA

Come?

MARGHERITA

Senza farmene accorgere da Armando, sto vendendo tutta la mobilia del mio appartamento di Parigi, dove non voglio metter più piede. Pagherò tutti i debiti, prenderò in affitto un alloggio vicino al vostro, lo mobilierò semplicemente, e vivremo così dimenticando e facendoci dimenticare. L’estate torneremo in campagna, ma in una casa più modesta di questa… C’è qualcuno che vuol sapere che cosa voglia dire felicità? A me lo avete insegnato voi: ora potrò insegnarlo io agli altri.

NANNINA

Un signore che chiede di parlare alla Signora.

MARGHERITA

Certo è il procuratore, che aspettavo. Andate ad attendermi in giardino. Poi partiremo per Parigi, tutto questo affare lo concluderemo insieme. (a Nannina) Fallo passare.

SCENA IV

GIORGIO DUVAL e MARGHERITA

DUVAL

La Signorina Margherita Gautier?

MARGHERITA

Sono io, Signore. A chi ho l’onore di parlare?

DUVAL

A Giorgio Duval.

MARGHERITA

Duval!….

DUVAL

Sì, Signorina: il padre di Armando.

MARGHERITA

Armando non c’è , Signore.

DUVAL

Lo so, Signorina… e’ con voi che desidero avere una spiegazione. Abbiate la bontà di ascoltarmi… mio figlio, Signorina, si compromette e si rovina per voi.

MARGHERITA

V’ingannate, Signore, Grazie a Dio, nessuno ha più nulla da dire sul conto mio, e io non accetto niente da Armando.

DUVAL

Ciò vuol dire, poiché il vostro lusso e le vostre spese sono una cosa nota, ciò vuol dire che mio figlio è abbastanza miserabile per dissipare con voi il denaro  che voi accettate da altri.

MARGHERITA

Perdonate: sono una donna, e sono in casa mia: due ragioni che dovrebbero raccomandarmi alla vostra cortesia; il tono con cui mi parlate non è quello che dovevo aspettarmi da un uomo di mondo, che ho l’onore di vedere per la prima volta. Perciò…

DUVAL

Perciò?

MARGHERITA

Perciò permettetemi, vi prego, di ritirarmi; ve ne prego, più che per voi che per me.

DUVAL

Davvero che a intendere queste parole, a veder queste maniere, si stenta a credere che siano parole e maniere prese a prestito. Me lo avevano detto, che siete una creatura pericolosa.

MARGHERITA

Sì, Signore: pericolosa, ma per me sola, non per gli altri.

DUVAL

Pericolosa o no, non è men vero che Armando si rovina per voi.

MARGHERITA

Vi ripeto, Signore, con tutto il rispetto che debbo al padre di Armando, che v’ingannate.

DUVAL

Ditemi, allora, che cosa significa questa lettera, in cui il mio notaio mi avverte che Armando vuol fare donazione di un suo avere.

MARGHERITA

Vi accerto, Signore, che se Armando ha fatto questo, lo ha fatto a mia insaputa. Sapeva bene che avrei rifiutato.

DUVAL

Eppure, non avete sempre parlato a questo modo.

MARGHERITA

E’ vero, Signore; ma allora non amavo.

DUVAL

E ora?

MARGHERITA

Ora, amo con tutto quello che una donna può ritrovare di puro in fondo al proprio cuore, quando Dio si muove a  pietà di lei e le concede la grazia di pentirsi.

DUVAL

Ecco le grandi frasi!….

MARGHERITA

Ascoltatemi. Lo so, mio Dio; non si  crede molto ai giuramenti delle donne come me. Ma, per quello che ho di più caro al mondo, per il mio amore per Armando, vi giuro che non sapevo nulla di questa donazione.

DUVAL

Eppure, Signorina, bisogna pure che viviate in qualche modo.

MARGHERITA

Mi costringete a dirvi quello che avrei voluto tacere, ma tengo troppo alla stima del padre di Armando. Da quando conosco vostro figlio, poiché questo mio amore non assomiglia in nulla a ciò che una volta chiamavo amore, ho impegnato e venduto stoffe, gioielli, carrozze: e quando, poco fa, mi hanno annunciato una visita, ho creduto che fosse un procuratore che ho incaricato di vendere i miei monili, i quadri, le tappezzerie, i resti di quel lusso che voi mi rimproverate. Se dubitate delle mie parole, guardate: sapete bene che non vi aspettavo, e non potete credere che questo atto di vendita fosse preparato per voi. Leggete.

DUVAL

Vendita di mobili e arredi, con l’incarico al compratore di pagare i creditori, e di rimettervi il di più della somma ricavata…. Ch’io mi fossi ingannato?

MARGHERITA

Sì, Signore, vi siete ingannato, o meglio, vi hanno ingannato. Sì: ero una pazza, ho un triste passato, ma per cancellarlo, dal giorno che amo, darei fino all’ultima goccia del mio sangue. Oh! Qualunque cosa vi abbiano detto di me, ho un po’ di cuore, sì: il mio animo è buono: lo capirete, Signore, quando mi conoscerete meglio. Armando mi ha trasformata! Mi ha amata, mi ama. Voi siete suo padre; certo siete buono come lui. Ve ne scongiuro: non ditegli male di me. Vi crederebbe, perché vi vuol bene. E io vi rispetto, e vi voglio bene, perché siete suo padre.

DUVAL

Perdonatemi, Signora: poco fa mi sono presentato a voi molto male. Non  vi conoscevo, non potevo immaginare le qualità che scopro in voi. Sono venuto qui, offeso dal silenzio di mio figlio e dalla sua ingratitudine, della quale accusavo voi. Perdonatemi.

MARGHERITA

Grazie, Signore, di queste buone parole.

DUVAL

E, in nome di questi nobili sentimenti, sto per chiedervi di dare a Armando la più grande prova d’amore che possiate immaginare.

MARGHERITA

Dio! Non dite; ve ne prego: state per chiedermi una cosa terribile. Lo so; tanto più terribile quanto più l’avevo preveduta. Lo sapevo  che sareste venuto. Ero troppo felice.

DUVAL

In me non c’è più un’ombra di collera. Possiamo conversare come due cuori onesti, che nutrono in forme diverse, lo stesso affetto, e ansiosi tutti e due, non è vero?, di dimostrare questo affetto alla persona che ci è tanto cara.

MARGHERITA

Sì, Signore; sì, sì.

DUVAL

La vostra anima è capace di generosità, inaccessibile a molte donne. Per questo, vi parlo come un padre, Margherita, come un padre che viene a chiedervi la felicità dei sui due figli.

MARGHERITA

Dei suoi due figli?

DUVAL

Sì, Margherita. Ho una figlia, giovane, bella, pura, come un angelo. Ama un giovine, e ha fatto anche lei di questo amore la speranza della sua vita. E ha diritto a questo amore. Voglio che sposi. Lo avevo scritto a Armando, ma Armando, preso da voi, non ha neppure ricevute le mie lettere. Avrei potuto morire senza che ne avesse notizia. Dunque, Bianca,  la mia cara  figlia, sposa un uomo per bene, entra in una famiglia onorata, la quale pretende che nulla di inonorato sia nella mia. La società ha le sue esigenze, e più che mai la società di provincia… Per quanto voi siate purificata agli occhi di Armando, e anche ai miei, dal vostro nuovo sentimento, voi non lo siete agli occhi di un uomo che in voi no potrà vedere mai altro che il vostro passato, e che vi chiuderà spietatamente le sue porte. La famiglia dell’uomo che deve diventare mio genero, sa della vita di Armando, e ha dichiarato che interromperà ogni trattativa, se Armando la continua. Così, voi potete spezzare l’avvenire di una fanciulla che non vi ha fatto niente di male… Margherita, in nome del vostro amore, datemi la felicità di mia figlia.

MARGHERITA

Siete molto buono, Signore, degnandovi di parlarmi così. Che cosa potrei rifiutare a parole come le vostre? Sì, vi capisco. Avete ragione. Partirò da Parigi. M’allontanerò da Armando per un po’ di tempo. Sarà doloroso, ma voglio farlo, perché non abbiate nulla da rimproverarmi. E la gioia del ritorno farà dimenticare la pena della separazione. Gli permetterete di scrivermi qualche volta? Poi, quando sua sorella sarà maritata…

DUVAL

Grazie, Margherita, grazie; ma non è questo che vi chiedevo.

MARGHERITA

Non è questo? E che cosa potete chiedermi di più?

DUVAL

Ascoltatemi bene, figliola mia: quel che dobbiamo fare, facciamolo fino all’ultimo. Un’assenza temporanea non basta.

MARGHERITA

Volete che abbandoni Armando del tutto?

DUVAL

E’ necessario!

MARGHERITA

E’ impossibile!… voi dunque non sapete quanto ci amiamo? Voi non sapete che non ho amici, né parenti, né famiglia: e che lui, perdonandomi, mi ha giurato di essere tutto questo per me: e che ho racchiuso tutta la mia vita nella sua? Voi non sapete che ho una malattia che non mi lascia che pochi anni da vivere? Lasciare Armando? Tanto vale uccidermi subito.

DUVAL

Vediamo, vediamo, calmatevi, non esagerate. Siete giovane, siete bella, e prendete per malattia la stanchezza di una vita troppo agitata. Sono certo che non morirete prima di quell’età in cui si è  contenti di morire. Vi chiedo un sacrificio enorme, lo so, ma è fatale che lo accettiate. Ascoltatemi: voi conoscete Armando da tre mesi, e lo amate, è vero; ma vi pare che un amore così giovane abbia il diritto di spezzare tutto un avvenire? Ed è l’avvenire di mio figlio quello che voi spezzate rimanendo con lui! Siete sicura dell’eternità di questo amore? Non vi è mai accaduto d’ingannarvi? E se tutt’a un tratto – troppo tardi – vi doveste accorgere che non amate più Armando? Che ne amate un altro? Perdonatemi, Margherita, ma il passato mi dà il diritto di fare queste ipotesi.

MARGHERITA

No, non ho mai amato, non amerò mai come ora amo.

DUVAL

Eh via! Ma se non v’ingannate voi, può darsi che s’inganni lui. Alla sua età il cuore non può prendere un impegno definitivo. Non lo sapete che il core muta continuamente i propri affetti? E’ sempre lo stesso cuore: quello che prima ama i genitori sopra ogni altra cosa ala mondo, più tardi ama la sposa più dei genitori, da ultimo ama i figli più dei genitori, la moglie, le amanti. La natura è esigente, perché è prodiga. Dunque può darsi che v’inganniate, o l’uno o l’altra. Questa è la cosa probabile. Volete vedere ora le cose certe, reali?…..Mi ascoltate?…

MARGHERITA

Dio, se vi ascolto!

DUVAL

Voi siete disposta a sacrificare tutto a mio figlio. Ma se egli accettasse il vostro sacrificio, quale altro uguale potrebbe offrirvi in cambio? Prenderà i vostri anni più belli: più tardi, venuta la sazietà – che viene sempre – che cosa accadrà? O Armando agirà da uomo volgare, e vi abbandonerà, gettandovi in faccia il vostro passato, dicendo che fa come fanno tutti. O si comporterà da onest’uomo, e vi sposerà, o almeno vi terrà con sé. Questa unione, o questo matrimonio, che non avrà avuto né la castità del fondamento, né la famiglia per risultato, questa cosa, perdonabile forse al giovane, nessuno la perdonerebbe all’uomo maturo. Quale ambizione gli sarà permessa? Quale carriera gli sarà aperta? Quale consolazione avrò io da mio figlio, dopo aver dedicato vent’anni della mio vita alla sua felicità? La vostra unione non è il frutto di due simpatie pure, l’accostamento di due affetti innocenti: è la passione, in quanto essa ha di più terrestre ed umano, nata dal capriccio di due fantasie. Che ne rimarrà, quando entrambi sarete invecchiati?   Chi vi dice che con le prime rughe della vostra fronte non cadrà il velo dai suoi occhi, e che la sua illusione non svanirà  con la vostra giovinezza?

MARGHERITA

Dio, la vita!…

DUVAL
la vedere, la vostra doppia vecchiezza, doppiamente deserta, doppiamente isolata, doppiamente inutile? Quale ricordo rimarrà di voi? Che cosa avete fatto di bene? A voi e a mio figlio sono state segnate due strade del tutto opposte: il caso le ha riunite per un momento, ma la ragione le separa nettamente, per sempre. Nella vita che vi siete scelta, voi non potete prevedere quello che accadrà. Siete stata felice tre mesi; non contaminate questa felicità, che non può essere durevole. Conservatene il ricordo entro il vostro cuore. Quel ricordo servirà a darvi forza: non potette chiedergli di più… un giorno sarete orgogliosa di quello che avete fatto, e per tutta la vita ne conserverete la stima per voi stessa. Vi parla un uomo che conosce la vita: un padre vi supplica… via, Margherita, dimostratemi che amate veramente mio figlio. Un po’ di coraggio.

MARGHERITA

Dunque, qualunque cosa essa faccia, la creatura caduta non si rialzerà mai più. Dio forse le perdonerà, ma il mondo sarà inflessibile. E, in verità, con qual diritto vuoi prendere in seno alle famiglie un posto che la virtù sola deve occupare?… tu ami! Che importa? Bella ragione! Qualunque prova tu dia di quest’amore, non vi crederanno, ed è giusto. Che vieni a parlare d’amore e d’avvenire? Che vogliono dire queste parole nuove? Guarda alla vergogna del tuo passato. Qual uomo vorrebbe chiamarti suo moglie? Quale figlio vorrebbe chiamarti sua madre? Avete ragione, Signore. Tutto quello che voi mi dite ora, me lo sono detto paurosamente cento volte. Ma, poiché io sola lo dicevo a me stessa, non riuscivo ad ascoltarmi fino all’ultimo. Voi me lo ripetete: dunque è vero. Bisogna ubbidire. Voi parlate a nome di vostro figlio , di vostra figlia: è ancora bontà, da parte vostra, invocare questi nomi… ebbene, Signore, voi direte un giorno a quella fanciulla bella e pura, perché a lei voglio sacrificare la mia felicità; così le direte che esisteva una donna cui non era rimasto per vivere altro che una speranza, un pensiero, un sogno nel mondo: e che al sentire il suo nome questa donna ha rinunciato a tutto, s’è frantumato il cuore con le sue stesse mani, e ne è morta: perché ne morrò, Signore, e forse allora Dio mi perdonerà.

DUVAL

Povera donna!….

MARGHERITA

Voi avete compassione di me: forse piangete in cuor vostro; grazie per queste lacrime, che mi daranno tutta la forza che occorre. Voi chiedete ch’io mi separi da vostro figlio per la sua tranquillità, per il suo onore, per il suo avvenire… Che debbo fare? Comandate. Sono pronta.

DUVAL

Ditegli che non lo amate più.

MARGHERITA

Non mi crederà.

DUVAL

Dovrete partire.

MARGHERITA

Mi seguirà.

DUVAL

Allora…

MARGHERITA

Vediamo… credete voi che io ami Armando? Che lo ami di un amore disinteressato?

DUVAL

Sì, Margherita.

MARGHERITA

Ebbene, Signore, datemi un bacio come lo dareste a vostra figlia: e vi giuro che questo bacio, il solo veramente puro che io avrò ricevuto, mi farà trionfare del mio amore, e che entro una settimana Armando darà tornato a voi, forse infelice per qualche tempo, ma guarito per sempre: vi giuro anche che non saprà mai nulla di quanto è avvenuto tra voi e me.

DUVAL

(la abbraccia) Siete una nobile creatura, Margherita! Ma ho paura…

MARGHERITA

Non abbiate paura di nulla: egli mi odierà. (suona entra Nannina) Prega la signora Prudenzia di venir qua.

NANNINA

Sì, Signora.

MARGHERITA

Un’ ultima grazia…

DUVAL

Dite, dite.

MARGHERITA

Tra qualche ora Armando proverà una dei  più grandi dolori della sua vita passata e avvenire. Avrà dunque bisogno di un core che lo sorregga. Siate accanto a lui in quel momento. E ora separiamoci. Potrebbe sopraggiungere, e, se vi vedesse qui con me, tutto sarebbe perduto.

DUVAL

Ma che cosa intendete di fare?…

MARGHERITA

Se ve lo dicessi, Signore, sarebbe  vostro dovere impedirmelo.

DUVAL

E allora, che cosa posso fare per voi, in cambio di quello che voi fate per me?…

MARGHERITA

Potrete, quando sarò morta e Armando maledirà alla mia memoria, potrete confessargli che lo amavo e che ne ho data una prova grande… Sento venir gente; andate: certo, non ci vedremo mai più; siate felice.

                SCENA V
MARGHERITA e PRUDENZIA
MARGHERITA

(Fra se) Dio, datemi la forza!

PRUDENZIA

Mi volevate, cara?

MARGHERITA

Sì; voglio darvi un incarico.

PRUDENZIA

Quale?

MARGHERITA

Questa lettera….

PRUDENZIA

Per chi?

MARGHERITA

Ecco!… Silenzio! Andate via subito!

                SECNA VI

MARGHERITA e ARMANDO
MARGHERITA

Ed ora, una lettera anche per Armando. Che gli dirò? Impazzisco. O sogno? No, è impossibile che sia vero. Non avrò mai il coraggio… Non si può chiedere alla creatura umana più delle sue forze.

ARMANDO

Margherita, che fai?

MARGHERITA

(alzandosi e coprendo la lettera con le mani) Niente, caro…

ARMANDO

Perché tremi? Sei pallida! A chi scrivevi, Margherita? Dammi quella lettera.

MARGHERITA

Era per te, Armando: ma ti prego, in nome del cielo, di non volere che te la dia.

ARMANDO

Credevo che fosse finito il tempo dei segreti e dei misteri!…

MARGHERITA

Anche quello dei sospetti, mi sembra.

ARMANDO

Scusami: avevo già per mio conto qualche preoccupazione.

MARGHERITA

Perché?

ARMANDO

E’ arrivato mio padre!

MARGHERITA

L’hai visto?

ARMANDO

No, ma ha lasciato a casa mia una lettera molto severa. E’ venuto a sapere che sono qui con te. Immagino che in serata arriverà. Sarà una spiegazione lunga, perchè Dio sa che cosa gli avranno detto: ma ti vedrà, e quando t’avrà vista ti vorrà bene! E poi, che m’importa? E’ vero che dipendo da lui: ma, se occorre, mi metterò a lavorare.

MARGHERITA

(tra se) Quanto mi ama!

(forte) Ma non devi guastarti con tuo padre, caro. Dici che sta per arrivare? Allora è meglio che io non ci sia, perché non mi veda subito. Ma tornerò, verrò qua vicino a te: mi butterò ai suoi piedi, lo supplicherò tanto che non ci separerà.

ARMANDO

Perché tremi tanto nel dirmi così? Margherita? Qui è accaduto qualche cosa. Non è la notizia che ti ho data che ti sconvolge a questo modo… Ti reggi  appena… Qui c’è una disgrazia… La tua lettera…

MARGHERITA

In questa lettera c’è una cosa che non posso dirti a voce. Lo sai: certe cose non si possono dire; non si può nemmeno lasciare che le leggano davanti a noi. Questa lettera è una prova del mio affetto per te, Armando: te lo giuro, te lo giuro per il nostro amore, non domandarmi di più.

ARMANDO

Tienila, Margherita. So tutto. Prudenzia mi ha detto tutto, e per questo sono andato a Parigi. So il sacrificio che volevi farmi. Mentre tu ti occupavi della nostra felicità, anch’io me ne occupavo… tutto ora è accomodato… E questo era il segreto che tu non volevi confidarmi!… Cara, buona Margherita: come potrò mai esserti riconoscente di tanto amore?…

MARGHERITA

Ebbene: ora che sai tutto, lasciami partire.

ARMANDO

Partire?!

MARGHERITA

Almeno, allontanarmi. Non hai detto che tuo padre può arrivare da un momento all’altro?… Io sarò lì, a due passi da te, nel giardino, con Gustavo e la Micia: appena mi chiamerai, tornerò. Ti pare che potrei stare lontano da te?… Se tuo padre è adirato, lo calmerai. Poi, il nostro piano si compirà: non è vero? Vivremo insieme tutti e due, e ci ameremo come prima, e saremo felici sempre come siamo da tre mesi. Perché tu sei felice: no? Tu hai niente da rimproverarmi? Dimmelo: mi farà bene. E se invece qualche volta ti ho dato qualche dispiacere, perdonami: non era colpa mia, perché ti amo più di ogni cosa al mondo. E anche tu mi ami: non è vero? E qualunque prova d’amore dio t’avessi data, tu non mi avresti maledetta…

ARMANDO

Ma perché piangi?…

MARGHERITA

Avevo bisogno di piangere un po’. Ora, lo vedi, sono calma. Vado a raggiungere la Micia e Gustavo. Sono là, sempre per te, sempre pronta a raggiungerti… Guarda: sorrido… A tra poco, e per sempre.

SCENA VII

ARMANDO e NANNINA

ARMANDO

Quanto è cara! Come la spaventa il pensiero d’una separazione. (suona) Quanto mi vuol bene! Nannina: se viene un signore a chiedere di me, mio padre, lo farete entrar subito qui…

NANNINA

Va bene, signor Armando.

ARMANDO

Non c’è ragione ch’io stia in pensiero. Mio padre mi capirà. Il passato è morto. E che differenza tra Margherita e tutte le altre donne… Ho riveduto quella Olimpia, sempre colla testa alle feste e ai divertimenti: si capisce che quelle che non amano riempiano di rumore la solitudine del loro cuore. Dà un ballo tra qualche giorno: ha invitato me e Margherita!…come se Margherita ed io dovessimo mai rimettere piede tra quella gente! Come mi sembra lungo il tempo quando non c’è lei!… Che libro è? “Manon Lescaut”! No, no. Quando una donna ama, non fa come facevi tu, Manon! Come mai questo libro? (rientra Nannina con una lampada, esce. Armando apre a caso e legge) “Ti giuro, mio bel Cavaliere, che sei l’idolo del mio cuore, che non ci sei che tu al mondo che io possa amare come amo te: ma non vedi, povero caro amore mio, che nelle condizioni in cui siamo ridotti la fedeltà è una virtù sciocca? Credi che si possa essere molto appassionati, quando manca il pane? La fame potrebbe produrre qualche equivoco grottesco: tra pochi giorni esalerai l’ultimo respiro, credendo di sospirare di amore. Ti adoro, credimi, ma lascia che per qualche tempo diriga io le nostre faccende. Guai a coloro che cadranno nelle mie reti! Lavoro per far ricco e felice il mio bel Cavaliere. Mio fratello ti darà notizie della tua Manon, ti dirà che l’ha fatta piangere la necessità d’allontanarsi da te….” (respinge il libro e rimane a pensare) Ragionava bene, ma non amava, perché l’amore non sa ragionare… Quella lettura m’ha fatto male: è un libro falso! (suona) Le sette! Per questa sera mio padre non verrà più. (entra Nannina) Dite alla Signora che può tornare.

NANNINA

Non c’è la Signora, signor Armando.

ARMANDO

E dov’è?

NANNINA

E’ uscita sulla strada: ma ha detto di dire al Signore che sarebbe tornata subito.

ARMANDO

La signora Duvernoy è uscita con lei?

NANNINA

Era andata via poco prima.

ARMANDO

Sta bene…(Nannina esce) Ci scommetto che va a Parigi per quella vendita! Per fortuna Prudenzia, dopo quello che le ho detto, troverà modo d’impedirglielo!… C’è un’ombra in giardino: è lei, certo. Margherita! Margherita! Margherita! Nessuno… (esce chiamando)

Nannina! Nannina! (rientra e suona) Neanche Nannina risponde! Che storia è questa? Questo vuoto mi gela! Questo silenzio è cattivo… Perché l’ho lasciata uscire? Mi nascondeva qualche cosa. Piangeva! Che m’inganni? Lei ingannarmi! Pensava di sacrificarmi tutto… Che le sia accaduto qualche… Che sia caduta:… Ferita…. Morta?… No, no; voglio sapere!…

                SCENA VIII
ARMANDO e il COMMESSO

COMMESSO

Il signor Armando Duval?

ARMANDO

Sono io.

COMMESSO

Una lettera.

ARMANDO

Da dove viene?

COMMESSO

Da Parigi.

ARMANDO

Chi ve l’ha data?

COMMESSO

Una Signora.

ARMANDO

Come avete fatto ad arrivare fin qua?

COMMESSO

Il cancello del giardino er  aperto, non ho incontrato nessuno, ho visto luce qui, ho pensato…

ARMANDO

Sta bene: andate pure.

                SCENA IX

ARMANDO, GIORGIO DUVAL

ARMANDO

E’ di Margherita….. Perché sono tanto agitato?…. Certo, mi aspetta in qualche luogo… mi scrive di andare a raggiungerla (aprendo la lettera) Tremo… Come sono bambino!…

DUVAL

(è dentro s’è fermato dietro di lui)

ARMANDO

“Nel momento  in cui riceverete questa lettera, Armando…” (da un grido di collera, si volta vede il padre e si getta nelle sue braccia singhiozzando) Papà!… Papà!…

 


                SCENA I

GASTONE, ARTURO, IL DOTTORE,

PRUDENZIA, ANAIDE, SAINT-GAUDENS

E OLIMPIA

GASTONE

Puntate, Signori!

ARTURO

Quanto c’è di banco?

GASTONE

Duemila franchi.

ARTURO

Cinque franchi, a destra.

GASTONE

Metteva conto di domandare quanto c’era al banco!

ARTURO

Se preferisci, giuoco duecento franchi sulla parola.

GASTONE

No, no, no. Voi, Dottore, non giocate?

DOTTORE

Io no.

GASTONE

E che cosa state a fare laggiù?

DOTTORE

Discorro con le Signore: mi faccio conoscere un po’.

GASTONE

Ci guadagnate molto a esser conosciuto?

DOTTORE

E’ il mio solo guadagno.

GASTONE

Bel giuoco!… Passo  banco.

PRUDENZIA

Aspetta, punto io: dieci franchi.

GASTONE

Dove sono?

PRUDENZIA

Li ho in tasca.

GASTONE

Darei quindici franchi per vederli.

PRUDENZIA

Oh! Ho lasciato a casa il borsellino.

GASTONE

Ma come è ammaestrato bene quel borsellino! Tò, prendi questi venti franchi.

PRUDENZIA

Te li restituirò.

GASTONE

Non dirle così grosse! (da le carte) Nove.

PRUDENZIA

Vince sempre.

ARTURO

Ho perduto mille franchi.

ANAIDE

Dottore, dovreste curare Arturo: ha la malattia d’esagerare.

DOTTORE

E’ una malattia di crescenza: passa con l’età.

ANAIDE

Dice che ha perduto mille franchi: quand’è venuto, ne aveva in tasca quaranta.

ARTURO

E chi ve l’ha detto?

ANAIDE

Basta guardare un momento una tasca per capire quanto ci sta dentro.

ARTURO

E poi che significa? Significa che ne devo novecentosessanta.

ANAIDE

Non mi rallegro col vostro creditore.

ARTURO

Avete torto: io pago sempre i miei debiti, e voi lo sapete.

GASTONE

Aventi, Signori, avanti; puntate: non siamo mica qui per divertirci.

OLIMPIA

(entrando con Saint-Gaudens)  Non la finite ancora di giocare?

ARTURO

Mai.

OLIMPIA

Saint-Gaudens, datemi cento franchi; voglio fare due o tre puntate.

GASTONE

Olimpia, la vostra serata è impagabile.

ARTURO

Saint-Gaudens sa quanto costa.

OLIMPIA

No; lo sa sua moglie.

SAINT-GAUDENS

Questa è buona!… Oh, c’è il Dottore. (piano) Ho bisogno di voi. Mi pigliano ogni tanto dei giramenti di testa…

DOTTORE

Perbacco.

OLIMPIA

Che cosa vi ha domandato?

DOTTORE

Teme di aver qualche cosa al cervello.

OLIMPIA

Che vanitoso! Ho perduto, Saint-Gaudens: giocate voi per me, cercate di farmi vincere.

PRUDENZIA

Saint-Gaudens, mi prestate cinquant franchi? (S.G. esegue)

ANAIDE

Saint-Gaudens, andreste a prendermi un gelato?

SAINT-GAUDENS

Più tardi.

ANAIDE

Allora, raccontateci la storia della carrozza gialla.

SAINT-GAUDENS

Vado a prendere il gelato! (esce)

PRUDENZIA

Te la ricordi tu la storia della carrozza gialla?

GASTONE

Altro, se me la ricordo! Ce l’ha raccontata Olimpia quella sera da Margherita. A proposito, Margherita è tornata?

OLIMPIA

Sì: deve venire qua.

GASTONE

E Armando?

PRUDENZIA

Non è a Parigi… Non sapete quello che c’è stato?

GASTONE

No.

PRUDENZIA

Si sono lasciati.

ANAIDE

Già!…

PRUDENZIA

Sì: Margherita l’ha piantato.

GASTONE

Ma quando?

ANAIDE

Un mese fa… Ha fatto bene.

GASTONE

E perché?

ANAIDE

Bisogna sempre lasciare un uomo, prima che ci lasci lui.

ARTURO

Insomma, si giuoca o non si giuoca?

GASTONE

Sei seccante! Credi che debba consumarmi le dita a voltar carte, per i cinque franchi che punti? Tutti gli Arturi del mondo sono uguali. Per fortuna, tu sei l’ultimo degli Arturi.

SAINT-GAUDENS

Ecco il gelato, Anaide.

ANAIDE

Ci avete messo il suo tempo, poverino: alla vostra età, si capisce…

GASTONE

Il banco è saltato! Ma se uno mi dicesse: “Gastone, ti diamo cinquecento franchi, a patto che tu volti delle carte, per due ore”, io non accetterei. Ebbene: sono due ore che volto carte, per perdere duemila franchi. Bel mestiere!

SAINT-GAUDENS

E voi non giocate più?

GASTONE

No.

SAINT-GAUDENS

Andiamo a puntare sul giuoco di quelli là?

GASTONE

Non mi vanno. Li avete invitati voi?

SAINT-GAUDENS

Sono amici di Olimpia: li ha conosciuti all’estero.

GASTONE

Carini!

PRUDENZIA

Oh, Armando!

               

SCENA II

ARMANDO e detti

GASTONE

Si parlava di te, poco fa.

ARMANDO

E che cosa dicevate?

PRUDENZIA

Dicevamo che eravate a Tours, e che non sareste venuto.

ARMANDO

Come vedete, non era vero.

GASTONE

Quando siete arrivato?

ARMANDO

Un’ora fa.

PRUDENZIA

Caro Armando: che cosa  mi raccontate di nuovo?

ARMANDO

Niente: e voi?

PRUDENZIA

Avete visto Margherita?

ARMANDO

No.

PRUDENZIA

Deve venire.

ARMANDO

Sì? Allora la vedrò.

PRUDENZIA

Con che aria lo dite!

ARMANDO

E come debbo dirlo?

PRUDENZIA

Si vede che il cuore è guarito.

ARMANDO

Altrimenti non sarei qui.

PRUDENZIA

Dunque, non pensate più a lei?

ARMANDO

Adire che non ci penso più affatto, sarebbe una bugia: ma Margherita mi ha dato il benservito in un modo così brutto, che mi sono dato dell’idiota per averle voluto tanto bene: perché ne ero proprio innamorato pazzo.

PRUDENZIA

Anche lei vi voleva molto bene, e ve ne vuole ancora, ma ormai era tempo  che vi lasciasse… Stavano per venderle tutta la casa!

ARMANDO

E ora i debiti sono pagati?

PRUDENZIA

Tutti.

ARMANDO

Li ha pagati Varville?

PRUDENZIA

Sì.

ARMANDO

Allora, tutto va a maraviglia!…

PRUDENZIA

Ci sono degli uomini fatti apposta per questo. Così Varville ha avuto quel che voleva e le ha rifatto cavalli, gioielli, tutto il lusso di prima, insomma. Per fortunata, è fortunata!

ARMANDO

E s’è di nuovo stabilita a Parigi?

PRUDENZIA

Si capisce. Dopo che siete partito voi da Auteuil, non ha mai voluto tornarci. Sono andata io a ritirare tutte le cose sue: anzi, anche le vostre; appunto, ho qualche cosa da restituirvi; potete mandarla a prendere a casa mia. Non manca che un piccolo portafoglio con le vostre iniziali: Margherita ha voluto conservarlo, ma se ci tenete ve lo faccio restituire.

ARMANDO

(commosso) No, no…

PRUDENZIA

Del resto, non l’ho mai veduta fare come ora. Non dorme quasi più, corre di ballo in ballo, passa tutte le notti bianche. Qualche tempo fa, dopo una cena, è rimasta a letto tre giorni: appena il medico le ha permesso di uscire, ha ricominciato subito, a rischio di morire: se continua così, non durerà molto. Contate di andare a trovarla?

ARMANDO

No; cercherò anzi di evitare qualunque spiegazione. Il passato è morto, morto di colpo. Dio abbia l’anima sua, se aveva un’anima.

PRUDENZIA

Sono felice che siate tanto ragionevole.

ARMANDO

Vedo un amico; debbo parlargli: permettete?

                SCENA III

GUSTAVO  e detti

ARMANDO

Finalmente… Hai ricevuto la mia lettera?

GUSTAVO

Sì; eccomi qui.

ARMANDO

Ti sei domandato perché mai ti pregassi di venire a un ricevimento di questo genere, contro le tue abitudini?

GUSTAVO

Infatti…

ARMANDO

E’ un pezzo che non vedi Margherita?

GUSTAVO

Sì: da quando l’ho vista con te.

ARMANDO

Dunque non sai niente?

GUSTAVO

Niente. Raccontami.

ARMANDO

Credevi che Margherita mi volesse bene?

GUSTAVO

Lo credo ancora.

ARMANDO

(dandogli la lettera di Margherita) Leggi.

GUSTAVO

L’ha scritta Margherita?

ARMANDO

Lei.

GUSTAVO

Quando?

ARMANDO

Un mese fa.

GUSTAVO

Che cosa hai risposto a questa lettera?

ARMANDO

Che cosa volevi che rispondessi? Il colpo era così inaspettato, che ho creduto di diventar matto. Margherita, lei, ingannarmi! Me, che l’amavo tanto! Queste donne non hanno un’anima. Avevo bisogno di un affetto vero per aiutarmi a vivere dopo quello che era accaduto. Mi lasciavo condurre da mio padre, come una cosa inerte. Siamo arrivati a Tours. Credevo di potermici stabilire. Impossibile. Non dormivo più. Soffocavo. L’avevo amata troppo perché tutt’a un tratto potesse diventarmi indifferente. Bisognava, o che l’amassi, o che l’odiassi. Non reggevo più. Mi pareva di morire se non la rivedevo, se non la sentivo ripetermi lei stessa quello che mi aveva scritto. Sono venuto qui, perché so che ci deve venire. Quello che accadrà, non lo so: ma qualche cosa deve accadere, e può darsi che io abbia bisogno di un amico.

GUSTAVO

Conta su me, Armando; ma, in nome del cielo, rifletti; è una donna; fare del male a una donna è brutto.

ARMANDO

Ma ha un amante che me ne chiederà ragione. Se farò qualche cosa di brutto, saprò pagare di persona!

UN DOMESTICO

La signorina Gautier; il Barone di Varville.

ARMANDO

Eccoli.

                SCENA IV

VARVILLE, MARGHERITA e detti

OLIMPIA

A quest’ora?

VARVILLE

Siamo stati all’Opera.

PRUDENZIA

Come va?

MARGHERITA

Benissimo.

PRUDENZIA

C’è Armando

MARGHERITA

Armando?

PRUDENZIA

Sì.

MARGHERITA

Ho fatto  male a venire.

PRUDENZIA

Tutt’altro; bisognava bene, che un giorno v’incontraste: meglio prima che poi.

MARGHERITA

Vi ha parlato?

PRUDENZIA

Sì.

MARGHERITA

Di me?

PRUDENZIA

Naturalmente.

MARGHERITA 

 

E vi ha detto?

PRUDENZIA

Che non vi serba rancore, che avevate ragione.

MARGHERITA

Tanto meglio, se lo ponsa. Ma non è possibile: mi ha salutata troppo freddamente. E’ troppo pallido.

VARVILLE

Margherita, c’è Duval.

MARGHERITA

Lo so.

VARVILLE

Mi potete giurare che non sapevate di trovarlo qui?

MARGHERITA

Ve lo giuro.

VARVILLE

E mi promettete di non parlargli?

MARGHERITA

Ve lo prometto, ma se mi parla lui, non prometto di non rispondergli!.. Prudenzia, rimanete vicina a me.

DOTTORE
Buona  sera, Signora.

MARGHERITA

Oh, Dottore! Perché mi guardate?

DOTTORE

E’ il meglio che posso fare quando v’incontro.

MARGHERITA

Mi trovate cambiata?

DOTTORE

Curatevi, curatevi, ve ne prego. Domani verrò a trovaravi per sgridarvi ben bene.

MARGHERITA

Bravo, sgridatemi; ve ne sarò grata… Ve ne andate già?

DOTTORE

Tra poco; debbo visitare una malata: tutti i giorni alla stessa ora, da sei mesi.

MARGHERITA

Che fedeltà!   

GUSTAVO

Buona sera Margherita!

MARGHERITA

Oh, come sono contenta di vedervi, caro Gustavo!… C’è la Micia?

GUSTAVO

No.

MARGHERITA

Oh, è vero: la Micia non deve venire qui. Vogliatele bene, Gustavo: fa tanto bene sentirsi amati! (si asciuga gli occhi)

GUSTAVO

Che cosa avete?

 MARGHERITA

Sono tanto infelice!

GUSTAVO

Via, non piangete. Perché ci siete venuta?

MARGHERITA

Non sono io che comando. E poi, bisogna pure che mi stordisca.

GUSTAVO

Date retta a me. Andatevene subito.

MARGHERITA

Perché?

GUSTAVO

Perché non so quello che potrà accadere… Armando…

MARGHERITA

Mi odia, vero? Mi disprezza….

GUSTAVO

No, Armando vi ama: non vedete che ha la febbre addosso? Non è padrone di sé. Potrebbe nascere qualche incidente tra lui e Varville. Dite che state poco bene, e andatevene.

MARGHERITA

Un duello per causa mia, tra Armando e Varville! Avete ragione, bisogna che me ne vada.

VARVILLE

Dove andate?

MARGHERITA

Sto poco bene: vorrei andare a casa.

VARVILLE

Non è vero, Margherita: voi volete andarvene perché c’è Duval, e non s’interessa di voi; ma capirete che io non voglio e non posso uscire di qui perché c’è lui. Ci  siamo, restiamoci

OLIMPIA

Che cosa davano all’Opera?

VARVILLE

La “Favorita”.

ARMANDO

La storia di una donna che tradisce il suo amante.

PRUDENZIA

Storia vecchia.

ANAIDE

 E falsa: non ci sono donne che tradiscono i loro amanti.

ARMANDO

Ce ne sono; ve lo garantisco io.

ANAIDE

E dove?

ARMANDO

Dappertutto.

OLIMPIA

Ma c’è amante e amante.

ARMANDO

 Come c’è donna e donna.

GUSTAVO

Armando: tu fai un giuoco d’inferno!…

ARMANDO

E’ per vedere se è vero il proverbio che “chi è sfortunato in amore è fortunato al giuoco”.

GUSTAVO

Che razza di sfortuna devi avere in amore, a vedere come tu vinci.

ARMANDO

Conto di far fortuna questa sera: quando avrò messo insieme molto denaro, mi ritirerò in campagna.

OLIMPIA

Da solo?

ARMANDO

No: insieme a una persona che m’ha già fatto compagnia un’altra volta, e poi m’ha lasciato. Forse quando sarò più ricco… (tra se) Non risponde.

GUSTAVO

Finiscila, Armando! Vedi in che stato è? Disgraziata!…

ARMANDO

E’ una storia curiosa; voglio raccontarvela. All’ultimo c’entra, come “deus ex machina”, un certo tale, tipo delizioso…

VARVILLE

Signore!…

MARGHERITA

Se lo provocate, non mi rivedrete mai più.

ARMANDO

Dicevate, Barone?

VARVILLE

Siete tanto in fortuna, che sono tentato di tenervi testa; e apprezzo tanto l’uso che volete fare della vostra vincita, che ho fretta di vedervi vincere anche di più, e vi propongo una partita.

ARMANDO

E io l’accetto con entusiasmo.

VARVILLE

Sto per duemila franchi.

ARMANDO

Vada per duemila!… da che parte?

VARVILLE

Scegliete voi.

ARMANDO

Duemila franchi, a sinistra.

VARVILLE

Duemila, a destra.

GASTONE

Sì, dà: a destra, quattro; a sinistra, nove. Ha vinto, Armando.

VARVILLE

Quattromila, allora

ARMANDO

Vada per quattromila; ma state attento, Signore: il proverbio non dice soltanto “disgraziato in amore, fortunato al  giuoco”, dice anche “fortunato in amore, disgraziato al giuoco”…

GASTONE

Sei!… Otto!… Vince di nuovo Armando.

OLIMPIA

Ho capito. Il Barone pagherà la villeggiatura a Duval.

MARGHERITA

(a Olimpia) Dio!… Come andrà a finire?

OLIMPIA

Basta, Signori; a tavola: la cena è servita.

ARMANDO

Volete continuare, Barone?

VARVILLE

Non ora.

ARMANDO

Vi debbo la rivincita; ve la prometto, al giuoco che preferite.

VARVILLE

Non temete, Signora: profitterò del vostro buon volere.

OLIMPIA

Hai una bella vena!…

ARMANDO

Oh, quando vinco mi dai del ”tu”?…

VARVILLE

Venite, Margherita.

MARGHERITA

Tra poco; debbo dire una cosa a Prudenzia.

VARVILLE

Vi avverto che, se tra dieci minuti non sarete venuta, verrò a cercarvi qui.

MARGHERITA

Va bene.

                SCENA V

PRUDENZIA e MARGHERITA

MARGHERITA

Andate a cercare Armando; e, in nome di quel che ha di più sacro, pregatelo di venire qui un momento: bisogna che gli parli.

PRUDENZIA

E se rifiuta?

MARGHERITA

Non rifiuterà. Mi odia troppo per non cogliere l’occasione di dirmelo. Andate!

                SCENA VI

MARGHERITA

MARGHERITA

Bisogna che cerchi d’essere calma. Deve continuare a credere quello che gli avevo fatto credere. Avrò la forza di mantenere la promessa che ho fatta a suo padre? Dio! Fate che mi disprezzi, che mi odii, perché è il solo mezzo di impedire la sua rovina. Eccolo.

                SCENA VII

ARMANDO e MARGHERITA

ARMANDO

Mi avete fatto chiamare, Signora?

MARGHERITA

Sì, Armando. Debbo parlarvi.

ARMANDO

Vi ascolto. Avete intenzione di scolparvi?

MARGHERITA

No, Armando: anzi, vi supplicherò di non tornare sul passato.

ARMANDO

Avete ragione: vi farebbe troppa vergogna.

MARGHERITA

Non siate cattivo, Armando. State a sentirmi, senz’odio, senza collera, senza disprezzo. Datemi la mano, Armando.

ARMANDO

No, Signora! Se era questo che volevate dirmi…

MARGHERITA

Chi avrebbe mai creduto che un giorno avreste respinto la mano che vi tendevo? Ma non si tratta di questo. Armando: è necessario che ripartiate.

ARMANDO

Che io riparta?

MARGHERITA

Sì: che torniate da vostro padre, e subito.

ARMANDO

E perché?

MARGHERITA

Perché Varville vuol provocarvi, e io non voglio che accada una disgrazia  per causa mia. Voglio essere io sola a soffrire.

ARMANDO

Dunque mi consigliate di fuggire una provocazione! Mi consigliate di essere vigliacco. E’ vero che non potrebbe venirmi un consiglio diverso da una donna come voi.

MARGHERITA

Armando: vi giuro che da un mese ho sofferto tanto, che appena mi rimane la forza di dirvelo; sento il mio male crescere di giorno in giorno, sento che mi brucia. In nome del nostro amore di allora; in nome di tutto quello che soffrirò ancora, Armando; in nome di vostra madre e di vostra sorella, andate lontano da me, tornate da vostro padre, dimenticate perfino il mio nome, se vi riesce.

ARMANDO

Capisco, Signora: voi siete in pena per il vostro amante, che è la vostra fortuna. Con un colpo di pistola o di spada, posso mettervi sul lastrico. Davvero, sarebbe una disgrazia.

MARGHERITA

Potete essere ucciso voi: questa è la vera disgrazia!

ARMANDO

Che cosa v’importa  che io viva o muoia? Quando m’avete scritto “Armando, dimenticatemi, sono amante d’un altro”, ci avete pensato, allora, alla mia vita? Se non sono morto dopo quella lettera, è perché dovevo vendicarmi. Ah, credevate che la cosa finisse così? Che io mi lasciassi frantumare il cuore, senza prendermela né con voi né con il vostro complice? No, no. Per questo sono tornato a Parigi. Tra me e il Barone di Varville c’è una partita di sangue. Se anche doveste morirne voi pure, lo ucciderò: ve lo giuro.

MARGHERITA

Varville non ci ha nessuna colpa.

ARMANDO

Voi lo amate! Questo basta perché io lo odii.

MARGHERITA

Sapete benissimo che non amo quell’uomo, che non posso amarlo.

ARMANDO

E, allora , perché vi siete data a lui?

MARGHERITA

Non me lo domandate, Armando! Non posso dirvelo.

ARMANDO

Ve lo dirò io. Vi siete data a lui, perché siete una donna senza cuore e senza lealtà, perché il vostro amore è di chi se lo compera, perchè del vostro cuore ne avete fatta una mercanzia; perché quando vi siete trovata di faccia al sacrifizio che stavate per farmi, vi è mancato il coraggio, e i vostri istinti hanno ripreso il sopravvento: in conclusione, perché quell’uomo che vi consacrava la propria vita, per voi valeva meno dei cavalli della vostra carrozza e delle perle della vostra collana.

MARGHERITA

Ebbene, sì; ho fatto questo. Sì, sono una creatura infame e miserabile. Non ti amavo, ti ho ingannato. Ma più sono infame, tanto più devi dimenticarti di me, tanto meno devi esporre per me la tua vita e la vita di quelli che ti vogliono bene. Armando: te ne supplico in ginocchio; parti da Parigi; fuggi, fuggi senza voltarti.

ARMANDO

Sì, ma a un patto.

MARGHERITA

Qualunque sia, io lo accetto.

ARMANDO

Tu partirai con me.

MARGHERITA

(indietreggiando) Mai!

ARMANDO

Mai?!

MARGHERITA

Dio, Dio, datemi il coraggio

ARMANDO

Sentimi, Margherita: sono pazzo, ho la febbre, il sangue mi brucia, mi sento ribollire il cervello: un uomo in questo stato è capace di tutto, anche di un’infamia. Per un momento, ho creduto che fosse l’odio a spingermi verso te: era l’amore, un amore invincibile, straziante, pieno di rancore, inasprito dai rimorsi, dal disprezzo e dalla vergogna, perché, dopo quello che è accaduto, mi vergogno di amarti ancora. Ebbene: dimmi una parola di pentimento, dai la colpa al caso, alla fatalità, alla debolezza, e dimentico tutto. Che cosa vuoi che m’importi di quell’uomo? Lo odio soltanto se tu lo ami. Dimmi che mi ami ancora, e ti perdono, Margherita. Fuggiremo Parigi, cioè il passato; andremo in capo al mondo, se occorre, fin dove non vedremo più faccia d’uomo, e saremo soli nel mondo col nostro amore.

MARGHERITA

(esaurita) Darei la mia vita per un’ora sola della felicità che mi offri. Ma questa felicità è impossibile.

ARMANDO

Ancora!

MARGHERITA

Un abisso ci separa. Saremmo troppo infelici. Non possiamo più amarci. Parti. Dimenticami. E’ necessario: l’ho giurato.

ARMANDO

A chi?

MARGHERITA

A uno che aveva il diritto di chiedermi questo giuramento.

ARMANDO

A Varville?

MARGHERITA

Sì.

ARMANDO

(afferrandole il braccio) A Varville; lo ami? Dì che lo ami, e me ne vado.

MARGHERITA

Ebbene, sì; amo Varville.

ARMANDO

Venite tutti!

MARGHERITA

Che cosa fai?

ARMANDO

Vedete quella donna?

VOCI VARIE

Margherita! – La Gautier .

ARMANDO

Sì, Margherita, Margherita Gautier. Sapete che cosa ha fotto un giorno? Ha venduto tutto quello che possedeva per vivere con me, tanto mi amava. Bello: non è vero? E sapete che cosa ho fatto io? Sono stato un miserabile. Ho accettato il sacrifizio senza ricambiarlo. Ma sono a tempo ancora: mi pento, sono tornato per riparare. Siete tutti testimoni che non debbo più niente a quella donna.  (le getta una manciata di biglietti di banca)

MARGHERITA

(getta un grido e cade rovescia) Ah!…

VARVILLE

Vigliacco!

 


                SCENA I

MARGHERITA, GASTONE

GASTONE

Mi ero addormentato… Avrà avuto bisogno di qualche cosa? No: dorme… Le sette. E’ ancora buio. E’ meglio prima riaccendere il fuoco.

MARGHERITA

Nannina: da bere.

GASTONE

Pronti, Margherita.

MARGHERITA

Chi è?

GASTONE

Sono io… Gastone.

MARGHERITA

Come mai sei qui?

GASTONE

Prima bevi: c’è abbastanza zucchero?

MARGHERITA

Sì.

GASTONE

L’infermiere era proprio la mia  vocazione.

MARGHERITA

E Nannina dov’è?

GASTONE

A dormire. Quando sono venuto ieri sera alle undici, a sentire come stavi, la poveretta era morta di stanchezza: io invece ero freschissimo. Tu dormivi già. L’ho mandata a letto. Mi sono messo sul divano, vicino al fuoco, e sono stato benissimo tutta la notte. Mi faceva bene sentirti dormire: era come se dormissi io. Come ti senti stamattina?

MARGHERITA

Bene, caro Gastone: ma perché strapazzarti a questo modo?

GASTONE

Ho fatto tante notti bianche a ballare, posso farne qualcuna a vegliare un’ammalata!… E poi, dovevo parlarti.

MARGHERITA

Che cosa dovevi dirmi?

GASTONE

Tu hai qualche fastidio.

MARGHERITA

Che fastidio?

GASTONE

Sì: tu hai bisogno di quattrini. Ieri ho visto un usciere in sala. L’ho mandato via, pagando. Ma non basta. Qui occorre del denaro, e bisogna trovarlo. Io non ci arrivo: ho perduto molto al giuoco, e ho fatto una quantità di spesette per capodanno. (la abbraccia) E ti faccio un monte di auguri… Comunque, ecco cinquecento franchi: li metto in questo cassetto. Quando sarranno finiti, ne troveremo degli altri.

MARGHERITA

Quanto sei buono. E sei proprio tu quel ragazzaccio senza testa; tu, che non mi sei mai stato altro che amico; tu che mi vegli e mi curi.

GASTONE

Sempre così. Ora, sai qual è il mio programma?

MARGHERITA

Dì.

GASTONE

Il tempo è splendido. Hai dormito otto ore buone. Dormi ancora un po’. Dall’una alle tre ci sarà un bel sole: verrò a prenderti, ti coprirai bene, e andremo a fare una scarrozzata. E, allora, c’è una persona che questa notte starà benissimo. Sai chi è? Margherita! Intanto, vado a trovare mia madre. Sono quindici giorni che non la vedo: chi sa che accoglienza mi farà! Sto a colazione con lei, e all’una sono qui… Ti va?

MARGHERITA

Cercherò di esser in forze.

GASTONE

Ci sarai! Ci sarai!. Avanti Nannina: la Signora è sveglia.

                SCENA II

NANNINA e detti

 

MARGHERITA

Eri tanto stanca, povera Nannina?

NANNINA

Un poco, Signora.

MARGHERITA

Apri la finestra: fai un po’ di luce. Voglio alzarmi.

NANNINA

Viene il Dottore.

MARGHERITA

Com’è buono! La sua prima visita è sempre per me. Gastone: uscendo, lascia aperta la porta. Nannina, aiutami a vestirmi.

NANNINA

Ma, Signora…

MARGHERITA

Voglio vestirmi!

GASTONE

A tra poco.

MARGHERITA

A tra poco.

(si solleva, ricade: finalmente sorretta da Nannina, s’avvia verso il divano: il Dottore entra a tempo per aiutarla a sedere)

                SCENA III

IL DOTTORE e dette

MARGHERITA

Buon giorno, caro Dottore: come siete gentile, che pensate a me così presto! Nannina, vai a vedere se c’è posta.

DOTTORE

Datemi la mano. Come vi sentite?

MARGHERITA

Male, e meglio! Male di fisico, meglio di spirito! Ieri sera m’ha presa tanta paura di morire, che ho fatto chiamare un prete. Ero triste, disperata, avevo paura della morte. E’ venuto, è stato mezz’ora con me, e tutto – disperazione, paura, rimorsi – tutto s’è portato via: allora, mi sono addormentata e mi sveglio ora.

DOTTORE

Tutto bene, Signora: vi prometto che con la primavera sarete guarita perfettamente.

MARGHERITA

Grazie, Dottore: è il vostro dovere di parlarmi così. Quando Dio ha detto che la bugia era un peccato, ha fatto un’eccezione per i dottori, e ha permesso loro di mentire tante volte al giorno quanti malati visitano. (a Nannina) Che cos’hai in mano?

NANNINA

Sono dei regali, Signora.

MARGHERITA

E’ vero: oggi è capodanno!… Quante cose in un anno! Un anno fa, a quest’ora, eravamo ancora a tavola, contavamo. Davamo all’anno che nasceva lo stesso sorriso che avevamo dato all’anno che moriva. Caro Dottore, erano i tempi che si rideva ancora. Un anello, col biglietto di Saint-Gaudens. Com’è gentile!… Un braccialetto col biglietto del Conte di Giray: da Londra. Se mi vedesse in questo stato!… Oh, dei dolci! Via, gli uomini non sono smemorati come credevo!… Avete una nipotina, Dottore?

DOTTORE

Sì.

MARGHERITA

Portate a lei tutti questi dolci, alla piccola: io è un pezzo che non ne assaggio! C’era altro?

NANNINA

Una lettera.

MARGHERITA

E di chi? (la prende e l’apre) Porta quest’involto giù nella carrozza del Dottore. “Cara Margherita: sono venuta tante volte per vederti, ma non mi hanno mai fatta entrare. Tuttavia, non voglio  che tu manchi all’avvenimento più bello della mia vita. Sposo il primo gennaio: è il regalo di capodanno che mi fa Gustavo. Spero che vorrai assistere alla cerimonia, semplicissima: alle nove di mattina nella Cappella di Santa Teresa alla Maddalena… Ti abbraccio con tutta la forza di un cuore felice. – Micia”. Dunque ci sarà un po’ di felicità per tutti, tranne che per me… No, no; sono un’ingrata… Per piacere, Dottore, chiudete quella finestra; ho freddo: e datemi da scrivere.

(si prende il capo fra le mani il Dottore porta l’occorente per  scrivere, e si scosta)

NANNINA

(piano) Come va?

DOTTORE

(scotendo il  capo) Molto male.

MARGHERITA

(tra se) Credono che non li senta… (forte) Dottore, fatemi il piacere, quando ve n’andate, di lasciare questa lettera alla chiesa dove si sposa la Micia, e raccomandate che non gliela consegnino che  dopo la cerimonia. Eccola: grazie. Non dimenticatevene. E, se potete, tornate presto.

                SCENA IV

MARGHERITA e NANNINA

MARGHERITA

Metti un po’ d’ordine qui dentro. Hanno sonato.

NANNINA

E’ la signora Duvernoy: può entrare?

MARGHERITA

Venga, venga.

                SCENA V

PRUDENZIA e dette

PRUDENZIA

Cara Margherita, come va stamattina?

MARGHERITA

Meglio, Prudenzia: grazie.

PRUDENZIA

Mandate via, per un momento, Nannina: devo parlarvi da sola.

MARGHERITA

Nannina, vai a ordinare di là: ti chiamerò io….

PRUDENZIA

Debbo chiedervi un piacere, Margherita.

MARGHERITA

Dite.

PRUDENZIA

Siete in fondi?

MARGHERITA

Lo sapete che da qualche tempo sono un po’ ristretta… ma dite pure.

PRUDENZIA

Oggi è capodanno: debbo fare dei regali. Mi occorrerebbero assolutamente duecento franchi: potete prestarmeli sino alla fine del mese?

MARGHERITA

La fine del mese!

PRUDENZIA

Però, se vi dà noia:::

MARGHERITA

Mi serviva un po’ quel denaro che c’è là… Ma non importa! Aprite quel cassetto…

PRUDENZIA

Quale? Questo di mezzo?

MARGHERITA

Quanto c’è?


PRUDENZIA

Cinquecento franchi.

MARGHERITA

Prendete i duecento che vi servono.

PRUDENZIA

Ma il resto vi basterà?

MARGHERITA

Non ci pensate.

PRUDENZIA

Mi rendete un vero servizio.

MARGHERITA

Mi fa piacere, Prudenzia.

PRUDENZIA

Vi lascio; tornerò… Avete un buon aspetto.

MARGHERITA

Infatti, sto meglio.

PRUDENZIA

Ora verranno le belle giornate, e l’aria della campagna vi aiuterà a guarire più presto.

MARGHERITA

Già.

PRUDENZIA

E grazie di nuovo.

MARGHERITA

Rimandate di qua Nannina.

PRUDENZIA

Sì.

NANNINA

Voleva ancora del denaro?

MARGHERITA

Sì.

NANNINA

E l’ha avuto!…

MARGHERITA

Conta tanto poco il denaro, e ne aveva tanto bisogno, diceva! Ma anche a noi ce ne occorre: bisogna dare le mance. Prendi questo braccialetto. L’ho giusto ricevuto ora. Vai a venderlo, e torna presto.

NANNINA

Ma intanto…

MARGHERITA

Posso restar sola: non mi occorre niente. E poi tu non starai molto a tornare: la strada per andare dall’orefice la sai; l’hai fatta tante volte da tre mesi in qua.

                SCENA VI

MARGHERITA

MARGHERITA

(si toglie dal seno una lettera e legge)

“Signora. Ho saputo del duello di mio figlio con Varville; non però da mio figlio, perché è partito senza venire nemmeno a salutarmi. Vi confesso, Signora, che accusavo voi e del duello e della partenza. Grazie a Dio, Varville è fuori pericolo, e so tutto. Voi avete mantenuto il vostro giuramento oltre le vostre stesse forze, e tutti questi travagli hanno scosso la vostra saluti. Scrivo ad Armando: gli dico tutta la verità. E’ lontano, ma verrà a chiedervi perdono, non soltanto per sé, ma per me: sono stato costretto a farvi del male, e voglio ripararlo. Curatevi bene, e sperate: il vostro coraggio e la vostra abnegazione meritano un avvenire migliore. Lo avrete: ve ne do la mia parola. – Giorgio Duval. – 15 novembre”. L’ho avuta da sei settimane: la rileggo continuamente per darmi un po’ di coraggio. Ricevessi almeno una parola da Armando!… Oh, se potessi arrivare alla primavera… (si guarda allo specchio) Come sono cambiata! Eppure il Dottore m’ha promesso che m’avrebbe fatta guarire. Avrò pazienza. Ma poco fa, parlando con Nannina, ha detto: “molto male”; l’ho sentito. Molto male! C’è da sperare. Può voler dire ancora qualche mese di vita: e se intanto Armando arriva, sono salva. E’ capodanno: bisogna bene che speri. E poi, la mia mente è lucida. Se fossi davvero in pericolo, Gastone non sarebbe capace di ridere con me come faceva questa mattina. Il medico non mi lascerebbe. Che giornata allegra per le famiglie!… Oh, che bel pupo! Ride e salta, con le mani piene di giocattoli. Mi piacerebbe prenderlo in braccio.

               

SCENA VII

NANNINA, MARGHERITA e ARMANDO

NANNINA

Signora…

MARGHERITA

Che cosa c’è, Nannina?

NANNINA

La Signora sta meglio oggi, non è vero?

MARGHERITA

Sì; perché?

NANNINA

Mi promette d’essere calma?

MARGHERITA

Che cos’è stato?

NANNINA

Ho voluta avvertirla…. Una gioia troppo imprevista può far male.

MARGHERITA

Una gioia, dici?

NANNINA

Sì, Signora.

MARGHERITA

Armando! Hai visto Armando?… Armando viene qua?… (Nannina fa segno di sì e corre all’uscio) Armando!… (Armando compare, lei si getta al collo) No!… sei tu?… Non è possibile che Dio sia così buono verso di me!

                SCENA VIII

MARGHERITA e ARMANDO

ARMANDO

Sono io, Margherita: io, così pentito, così turbato, così colpevole, che non osavo passare la soglia dei quell’uscio. Se non avessi incontrato Nannina, sarei rimasto in strada a pregare e piangere… Margherita, non maledirmi! Mio padre, m’ha scritto tutto!… Ero lontano, tanto lontano da te: non sapevo dove andare per fuggire il mio amore e i miei rimorsi::: Sono partito come un pazzo; ho viaggiato giorno e notte, senza riposo, senza sosta, senza dormire, inseguito da presentimenti sinistri. Mi pareva di vedere da lontano la tua casa parata di nero. Ohm se non t’avessi trovata sarei morto, perché sarei stato io ad ucciderti… Non ho ancora visto mio padre, Margherita, dimmi che ci perdoni, a tutti e due. Che felicità, rivederti!

MARGHERITA

Perdonarti? La colpa era tutta mia! Ma non potevo fare diversamente. Volevo la tua felicità, anche a costo della mia… Ora tuo padre non ci separerà più: non è vero?… Non è più la tua Margherita d’una volta quella che ritrovi ora. Ma sono ancora giovane, e tornerò bella perché sono felice… Dimenticherai tutto… La nostra vita comincia da oggi.

ARMANDO

Non ti lascio più. Senti, Margherita. Noi ce n’andiamo subito da questa casa. Non torneremo mai più a Parigi. Mio padre ha capito chi sei. Ti vorrà bene come al buon genio di suo figlio. Mia sorella ha sposato. L’avvenire è nostro.

MARGHERITA

Parlami, parlami. Sento la mia anima tornare insieme con ognuna delle tue parole. La mia salute rinasce per la tua presenza. Lo dicevo questa  mattina, che una solo cosa poteva salvarmi. Non lo speravo più. Invece, eccoti qui… Non perdiamo tempo: la vita mi passa davanti, voglio afferrarla al volo… Lo sai? La Micia si sposa: sposa Gustavo oggi. Andremo a vederli. Ci porterà fortuna entrare in una chiesa, pregare Dio, e assistere alla felicità degli altri… Vedi che sorpresa mi aveva preparato la Provvidenza per la festa di Capodanno?… Ma dimmi, dimmi ancora che mi vuoi bene!…

ARMANDO

Sì, ti voglio bene, Margherita: tutta la mia vita è per te.

MARGHERITA

(Nannina rientra) Nannina, dammi l’occorrente per uscire.

ARMANDO

Cara Nannina, l’avete curate bene: ve ne ringrazio.

MARGHERITA

Tutti i giorni parlavamo di te, io e lei, perché nessun altro osava pronunciare il tuo nome. Era lei a consolarmi, a dirmi che ci saremmo riveduti! E diceva  giusto… Hai visto delle belle città, tu? Mi ci condurrai: non è vero?

ARMANDO

Che cos’hai, Margherita? Ti sei fatta pallida!

MARGHERITA

Niente, caro; niente. Capirai che la non rientra così bruscamente in un cuore devastato da tanto tempo, senza opprimerlo un poco.(siede e rovescia il capo indietro)

ARMANDO

Margherita, parlami! Te ne supplico, Margherita!

MARGHERITA

(torna in se)  Non aver paura, caro: sono smarrimenti d’un momento; lo sai che ci andavo soggetta. Guarda, sorrido: sono forte, sai? E’ lo stupore di vivere, che mi opprime.

ARMANDO

Tremi tutta!…

MARGHERITA

(gettando lo scialle, dopo aver tentato di camminare) Non posso!

(s’abbandona sul divano)

ARMANDO

Nannina, corri dal Dottore!

MARGHERITA

Sì, sì; digli che Armando è tornato, che voglio vivere, che bisogna che viva… (N. esce) ;a se non mi ha salvato il tuo ritorno, niente mi salverà… Prima o poi, la creatura umana deve morire di ciò che l’ha fatta vivere. Ho vissuto dell’amore, ne muoio.

ARMANDO

Taci, Margherita; tu vivrai: è necessario.

MARGHERITA

Siedi vicino a me, più vicino che puoi, Armando, e stammi bene a sentire. Poco fa ha avuto un momento di collera contro la morte. Me ne pento. Doveva venire, e io le voglio bene perché ha aspettato che tu ci fossi, prima di colpirmi… Se non era certa la mia morte, tuo padre non t’avrebbe scritto di tornare.

ARMANDO

No, no, Margherita; non parlarmi più a questo modo: mi fai impazzire. Non dir più che devi morire; dì che non ci credi, che non è possibile, che non vuoi!

MARGHERITA

Anche se non lo volessi, caro, dovrei cedere, poiché lo vuole Dio. Se fossi una brava fanciulla, se tutto in me fosse casto, forse piangerei di lasciare un mondo dove tu rimani, perché l’avvenire sarebbe pieno di promesse, e tutto il mio passato mi darebbe il diritto di contarci… Morta, tutto quanto ti rimarrà di me sarà puro: viva, ci sarebbero sempre state delle macchie sul mio amore. Credi a me: Dio fa bene tutto quello che fa….

ARMANDO

Mi sento impazzire.

MARGHERITA

Come?! Sono io che devo far coraggio a te?… Via, sii ubbidiente. Apri quel cassetto: c’è un medaglione… E’ il mio ritratto del tempo quand’ero bella. Lo avevo fatto fare per te; serbalo: più tardi ti aiuterà a ricordarmi… Ma se un giorno una bella fanciulla ti vuol bene, e la sposi, come deve accadere, come voglio che accada, e lei trova questo ritratto, dille che è di una amica, che, se Dio le permette di stare nell’angolo più scuro del cielo, prega tutti i giorni per lei e per te…

Ma se è gelosa del passato, come siamo spesso noi donne, e ti domanda il sacrifizio di questo ritratto, fallo, senza paura, senza rimorsi: sarà giusto, e te lo perdono fin d’ora. La donna che ama, soffre troppo quando non si sente amata… Hai capito, Armando mio? Hai capito bene?

                SCENA IX

Detti, NANNINA, MICIA ,

GUSTAVO e GASTONE

MICIA

Margherita cara: m’hai scritto che morivi, e ti trovo alzata e sorridente.

ARMANDO

Gustavo, non resisto più!…

MARGHERITA

Muoio, ma sono anche felice; e la mia felicità nasconde la mia morte. Dunque, eccovi marito e moglie!… Che cosa strana questa prima vita! E come sarà la seconda?…Voi sarete ancora più felici di prima, è vero?… Armando, la tua mano… Ti assicuro che morire non è una cosa tanto difficile… Ecco Gastone, che viene a prendermi… Sono contenta di vederti ancora, caro Gastone, la felicità è ingrata: m’ero dimenticata di te….  (ad Armando)E’ stato tanto buono con me… Oh! Che strano (si solleva)

ARMANDO

Che cosa?

MARGHERITA

Non soffro più. Mi pare che rientri la vita… sento un benessere, che non avevo mai provato… Ma vivrò ancora! Come mi sento bene!

GASTONE

Dorme…

ARMANDO

Margherita!… Margherita!… Margherita!…………..

Ma è morta!…………Dio!…. Dio!…. Che sarà di me?…

GUSTAVO

Come ti amava!… povera creatura!…

MICIA

Dormi in pace, Margherita!… Ti sarà molto perdonato, perché hai tanto amato…..