La signorina

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LA SIGNORINA

Commedia in tre atti

di JACQUES DEVAL

Versione italiana di Alessandro De Stefani

PERSONAGGI

AVVOCATO LUCIANO GALVOISIER

MAURIZIO GALVOISIER

VALENTINO

BOUTIN

EDOARDO

LA SIGNORINA

ALICE GALVOISIER

CRISTIANA GALVOISIER

ELENA

                                                    TERESA                  cameriere

GIULIETTA

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

A Parigi, ai nostri giorni. La scena rappre­senta uno studio da lavoro, modernissimo. E un vero studio, pieno di libri, di registratori, di classificatori. Due scrivanie: una grandissima, lussuosa, quasi pomposa, con un calamaio mo­numentale, ingombra di oggetti d'arte e di fascicoli in disordine. L'altra scrivania, abba­stanza grande, è più semplice : carica anch'essa di fascicoli, ma le carte sono in ordine: si ca­pisce subito che è la scrivania d'un segretario.

Due porte a due battenti, una a sinistra, l'altra a destra, sul davanti. Una grande fi­nestra, che non sarà mai aperta, coperta di belle cortine, d'una store di Venezia, giusto in faccia alla ribalta.

Quando il sipario si alza, sono le due del po­meriggio : brillante giornata d'autunno. Sul tavolino delle tazze vuote, una bottiglia di cognac stappata, indicano che il caffè è stato preso.

Alla scrivania maggiore l'avvocato Galvoisier si affanna a sfogliare un orario ed a prendere degli appunti. È un uomo di 45 anni, corpu­lento, eloquente, pieno di gesti, di grandi frasi, buon diavolo, un pochino vanitoso, molto in­gegno, non si è mai sentito invecchiare, ma porta con disinvoltura i suoi 45 anni. Nell'in­timità egli ha qualcuna delle manie degli av­vocati d'assise, ci tiene un po' a « sfogare » con i parenti e per i domestici, ma tutto ciò con bonarietà. Tutto sommato è un buon ragazzone di quasi cinquant'anni.

Alla scrivania minore la signora Alice Gal­voisier sta vergando, sospirando, una quantità di biglietti d'invito. Alice Galvoisier è stata una magnifica donna. Il suo tramonto è ancora pieno di grazia, e, se non dipendesse che da lei, essa sarebbe ancora piena di fascini a 90 anni, sia per i vestiti costosi, le calze più fini, le truccature più audacemente moderne. Essa conosce tutti i produits de beauté. È una deli­ziosa spensierata, nel buon senso della parola, poiché ha due figlioli di cui si preoccupa di continuo, ma dei quali non si occupa mai.

Alzatosi il sipario, Alice e Luciano conti­nuano a lavorare in silenzio.

Luciano                         - (con un pugno sulla tavola) E na­turalmente mi tocca cambiare un'altra volta a Teissonnières... E sai a che ora? Indovina!

Alice                             - Alle sei?

Luciano                         - Perché dici alle sei?

Alice                             - Non so. Mi dici: indovina...

Luciano                         - Alle cinque e sette della mattina! Niente altro! E mi tocca aspettare 35 minuti: davanti a una buvette chiusa ed una sala d'a­spetto che lo sarà altrettanto probabilmente...

Alice                             - Così non piglierai le pulci.

Luciano                         - Che vuol dire? Che c'entrano le pulci? Sono mai tornato con delle pulci, io?

Alice                             - Sei tornato con la scabbia.

Luciano                         - Non è la stessa cosa. E poi è stato durante la guerra... Le pulci non mi possono soffrire.

Alice                             - Question di pelle.

Luciano                         - Già: non può essere una diver­genza d'idee politiche! Non prenderò delle pulci, ma mi buscherò una bella polmonite...

Alice                             - Porta del caffè nel thermos.

Luciano                         - Ecco: è una idea. Ci penserai?

Alice                             - Certo che no: non ci penserò. Non preparo io la tua valigia. Dà gli ordini a Va­lentino.

Luciano                         - Già... Ecco... (S'immerge nell'o­rario) Sarò ad Albi alle 10 e 40. La visita al presidente del Tribunale, la visita al presidente dell'Ordine degli avvocati, sporco come un maiale...

Alice                             - Può darsi che sia magari pulito...

Luciano                         - Ah, lui forse. Ma sarò io sporco come un maiale. Non avrò nemmeno il tempo di lavarmi. Il dibattimento si apre a mezzo­giorno. Mi toccherà avere delle mani da spaz­zacamino.

Alice                             - La Giuria saprà apprezzare.

Luciano                         - Severamente!

Alice                             - E che ha fatto, il tuo cliente?

Luciano                         - Ha ucciso la sua cuoca.

Alice                             - Dovresti fare altrettanto anche tu. Elena diventa insopportabile.

Luciano                         - Ma prima l'aveva violata.

Alice                             - Non ti domando l'impossibile.

Luciano                         - Scherzi di altre età.

Alice                             - Diverse dalla tua. E torni?

Luciano                         - Dopo domani sera, per pranzo. E giovedì mattina ho una causa a Lille... ve­nerdì a Reims...

Alice                             - Non potresti, una volta, avere una causa a Parigi?

Luciano                         - Non ne ho il tempo. Non è colpa mia se la provincia mi vuole nel suo seno.

Alice                             - Bello quel seno! Se tu facessi al­meno del civile! Ma... penale!

Luciano                         - Non vedo bene la differenza, spe­cialmente chilometrica, tra le due cose...

Alice                             - Differenza del doppio. Un viaggio per difendere il cliente : un altro per andarlo ad assistere quando lo ghigliottinano.

Luciano                         - (furioso) Deliziosa!

Alice                             - Non è mia!

Luciano                         - Neanche mia! Chi credevi di spo­sare, tu? Un avvocato senza cause?

Alice                             - Non credevo almeno di sposare un avvocato di lungo corso.

Luciano                         - (colpito) Mi stupisce una cosa sola in tutto questo squisito discorso... Ed è che tu possa in via eccezionale privarti del tuo udi­torio favorito ed attento: i ragazzi e la servitù!

Alice                             - I ragazzi? ! Se tu credi che i ragazzi stiano ad ascoltare quando noi parliamo di noi!! In quanto ai domestici cambiano con una tale rapidità!

Luciano                         - Per colpa di chi?

Alice                             - (indignata) Come di chi? Mia forse?

Luciano                         - Diamine! I domestici non riman­gono in una casa senza autorità.

Alice                             - Io? Ma se non dico loro mai niente.

Luciano                         - No: ma non li vedi nemmeno. Dei bigliettini e del denaro nel libro della spesa. Ecco. Perché il denaro c'è. Verificare un conto è una faccenda complicata, ma pren­dere del denaro nel mio portafogli, metterlo nel libro della spesa... oh, questo è l'abbici dell'arte. Sai perché i domestici se ne vanno? Per umanità, per pudore... derubarti, deru­bare te, non dev'essere nemmeno più gustoso: deve dare l'impressione di picchiare un bam­bino!

Alice                             - E con questo? Ti ho avvertito quan­do ti ho sposato: io non sono una Cenerentola... Non posso sopportare le faccende domestiche...

Luciano                         - Né quelle economiche, lo so.

Alice                             - Sei tanto economo tu! Basta!

Luciano                         - Sai quanto si guadagna all'anno? 350.000 franchi! 350.000 franchi l'anno scorso.

Alice                             - (alzando le spalle) E con questo?

Luciano                         - E quant'ho in banca? 3800 fran­chi. Nemmeno 4000. Non un soldo di risparmio. Se io domani morissi...

Alice                             - Tu? Ci seppellirai tutti!

Luciano                         - Lo voglio credere, ma non è una certezza assoluta. E poi non c'è soltanto la morte. Se domani rimbambissi?

Alice                             - Bè, e con questo?

Luciano                         - Come, e con questo?

Alice                             - Intanto bisognerebbe che se n'accor­gessero: e non è facile. E poi lavorerei io... Maurizio lavorerebbe... Cristiana lavorerebbe... Potremmo sempre comperarti dei soldatini di piombo e dei libri di figure...

Luciano                         - Ed a che lavoreresti tu? Io fremo a domandarmelo.

Alice                             - Potrei aprire una sala da tè... Un istituto di bellezza... con Cristiana!

Luciano                         - (sogghignando) Ah, sì: parliamo di quella lì! Una pretenziosa senza cuore!

Alice                             - Ma sta zitto, che l'adori.

Luciano                         - Evidentemente l'adoro. Non sono un padre snaturato. L'adoro, ma la vedo. Con i suoi piccoli flirt, le surprises-parties, i suoi ve­stiti da cocotte...

Alice                             - Ha diciott'anni!

Luciano                         - Se trovi che questa sia una ra­gione per lasciarla in giro tutto il giorno...

Alice                             - Con la signorina.

Luciano                         - La signorina? Ma se l'hai messa alla porta.

Alice                             - L'ho messa alla porta appunto perché mi pareva troppo indulgente... e si lasciava menar per il naso da Cristiana...

Luciano                         - (sogghignando) Cosa di cui di­sgraziatamente ti sei accorta soltanto quando hai trovato la signorina che stava provandosi il tuo vestito blu...

Alice                             - Verde.

Luciano                         - (alzando le braccia al cielo) Ecco! Si parla sul serio, si discute dei figli, dell'av­venire... E tutto finisce sempre con un dis­senso di questo genere su delle futilità!

Alice                             - E siccome saranno venti anni tra poco che siamo sposati.

Luciano                         - Ventuno.

Alice                             - Venti.

Luciano                         - Maurizio ha vent'anni... E quello lì, a proposito! Ne sei orgogliosa, eh?

Alice                             - Maurizio è un ragazzo delizioso, pieno di qualità...

Luciano                         - (sogghignando) E di un'educazio­ne! Mangia come un maiale. Si veste come una libellula... e lavora come una lucertola. Mi prende tutto, e sigarette, e cravatte, e penne stilografiche... E quando il signorino compare, una delle due: o il pranzo è pronto o il signo­rino ha bisogno di denaro.

Alice                             - Maurizio ti ammira enormemente.

Luciano -                       - Che cosa vuol dire, che m'am­mira?

Alice                             - Trova che sei un uomo superiore, un avvocato straordinario...

Luciano                         - (lusingato) Te l'ha detto?

Alice                             - Evidentemente.

Luciano                         - Spesso?

Alice                             - Ma sì...

Luciano                         - Ma che cosa... che cosa ti dice con esattezza?

Alice                             - Che sei un uomo grande, il primo avvocato del secolo...

Luciano                         - È un buon figliuolo!

Alice                             - Siamo tutti dei buoni figliuoli!

Luciano                         - Sì, in fondo... è vero, siamo tutti della brava gente...

                                      - (Entra Elena, cameriera).

Elena                             - Che vestito vuol mettere la signora?

Alice                             - Aspettate, Elena... Che ho da fare oggi? (Consulta il proprio notes) Alle 3 e mez­zo, Printemps... 4, parrucchiere... 5, Claridge. Susanna... Metterò il vestito beige: deux pièce. E il petit gris.

Elena                             - Con la toque?

Alice                             - Sì: e preparate il vestito nero perle per le sette. Non pranzo qui.

Luciano                         - E dove pranzi?

Alice                             - Dai Massoubre. Eri invitato anche tu.

Luciano                         - Io sarò in treno! E i ragazzi?

Alice                             - Cristiana va al Vieux Colombier col piccolo Fuygard. E Maurizio m'ha chiesto di lasciargli la casa per poter ricevere.

Luciano                         - (sospirando) Armonia, armonia...

Alice                             - Va bene, Elena, grazie.

Elena                             - Il lavandaio viene alle quattro. La signora aveva detto che da questa settimana vo­leva verificare la biancheria personalmente...

Alice                             - Per forza! Riporta la metà di quel che gli si dà. Oggi non posso, ma la settimana ventura, senza fallo. Ricordamelo, Elena!

Elena                             - Sissignora... È venuto quello del gas, con la bolletta. Ora bisognerà passare a pagare.

Alice                             - Sempre in ritardo : è noioso!

Elena                             - La signora non aveva lasciato de­naro.

Alice                             - Va bene: manderò Valentino.

Elena                             - Benissimo, signora.

Alice                             - Aspettate: di quanto è la fattura?

Elena                             - 215, signora.

Alice                             - (prende tre biglietti da cento dalla bor­setta) Ecco trecento franchi. Metterete il resto sulla mia coiffeuse. Pensateci voi perché io non ci penserò più, certamente.

Elena                             - Sissignora. (Esce).

Alice ........................... - (sospirando) Ah, no! Tenere una casa, a questo modo, che baraonda! (Ricor­ dando d'improvviso qualcosa) Mio Dio! Un'altra cosa! (Chiama) Elena! Elena! (Elena ri­compare).

Elena                             - Signora?

Alice                             - Aspetto qualcuno da un minuto all'altro... La nuova signorina... Avvertite Va­lentino di avvertirmi appena sarà qui. E dite alla signorina Cristiana di non uscire senza avermi parlato, prima.

Elena                             - Bene, signora. (Elena esce).

Luciano                         - (sospirando) Chissà che altro spauracchio sarà!

Alice                             - Pare che sia molto come si deve... È rimasta cinque anni con la figlia Ambleton.

Luciano                         - E tu credi sul serio che Cristiana abbia ancora bisogno di una damigella?

Alice                             - Non è questione di credere o di non credere. Io ho avuto una damigella di com­pagnia fino al giorno del mio matrimonio: per Cristiana sarà lo stesso.

Luciano                         - (sospirando) E poi così, almeno, se c'è lei, ci sarà qualcuno in casa. Abbiamo dei mobili magnifici, dei quadri splendidi, una biblioteca scelta: sarebbe peccato che proprio nessuno ne approfittasse!

Alice                             - Che vuol dire?

Luciano                         - Eh? Ebbene che noi siamo quat­tro, dello stesso sangue, dello stesso nome, uniti da vent'anni, ma uniti dalla più stretta indif­ferenza, dalla più intima disattenzione... Ci sono quattro camere in questa casa, quattro appartamenti: io, te, Maurizio e Cristiana sia­mo legati dal fatto d'avere le porte sullo stesso pianerottolo, come degli inquilini d'una stessa casa...

Alice                             - (un po' commossa) Sei sciocco, Lu­ciano... Noi ci adoriamo tutti e quattro...

Luciano                         - Può darsi: ma abbiamo reso quest'adorazione troppo facile, a forza di non di­sturbarci mai, di non domandarci mai nulla...

Alice                             - Ma è l'undecimo comandamento, Luciano, quello di non seccare il prossimo.

ì ragazzi?

Luciano                         - E credi che basti, per

Alice                             - Stanno bene, sono felici: Cristiana è carina e farà un magnifico matrimonio. Mau­rizio sa cavarsela: riuscirà... Che chiedi loro di più?

Luciano                         - Io? Niente... Sì, dammi ancora un po' di cognac. Avresti dovuto dirmi di no. Sai che mi fa male.

Alice                             - Ma so che te lo saresti preso da solo...

Luciano                         - Ma avrei dovuto alzarmi!

Alice                             - Il cuore si spezza a quest'idea!

Luciano                         - (assaporando il liquore) Del resto hai ragione. Noi siamo felici e siamo della brava gente... La moglie perfetta, il marito mo­dello, i genitori esemplari, la famiglia bene­detta dal cielo... Non c'è che questa pessima abitudine di cui dovrei liberarmi...

Alice                             - Il cognac?

Luciano                         - No... Quella di volere, ogni 15 o 20 anni, andare in fondo alle cose. (La porta si apre. Alice si scosta leggermente da Luciano. Cristiana entra. È una ragazza di 18 anni, molto carina, molto decisa, un po' più distinta dei ge­nitori, ma questo dipende unicamente dalla sua gioventù. La scena precedente può far supporre che essa non sia forse eccessivamente ben edu­cata: certo non si veste né si trucca con mode­stia, ma questo le dà un tono prezioso di fre­schezza e di femminilità. Come tutte le fanciulle cerca di rendersi più donna calcando la pro­pria asprezza, la propria disinvoltura e la pro­pria ironia).

Cristiana                        - Sei stata tu, mamma, che mi hai fatto dire da Elena di non uscire?

Alice                             - Pare. Ed è per chiedermi questo che ti sei messa guanti e cappello?

Cristiana                        - Ma io esco, mamma!

Alice                             - Come esci?

Luciano                         - Uscirai se tua madre te lo per­metterà. Che modi son questi?

Cristiana                        - Ma te l'ho detto ieri sera, mam­ma, che sarei uscita subito dopo colazione, oggi.

Alice                             - L'hai detto a me?

Cristiana                        - Sì, ma tu stavi facendoti gli occhi per andare dagli Ouvrard e allora non mi hai dato ascolto.

Alice                             - Tieni per te le tue osservazioni. Mi facevo forse gli occhi ieri, ma non me li facevo alla tua età, io.

Cristiana                        - Perché io sono nata in un'epoca migliore, ecco tutto.

Alice                             - E te li fai anche male. Che cosa adoperi?

Cristiana                        - Celiana.

Alice                             - Di giorno? Povera infelice, sei paz­za. Prendi la Cenere di Chanel e vedrai la differenza.

Cristiana                        - Proverò.

Alice                             - Avrai almeno l'aria d'una signorina.

Cristiana                        - Va bene, mamma.

Alice                             - Puoi trovarne sulla mia coiffeuse: la scatoletta a destra... (Riprendendosi) E del resto ti ho proibito di truccarti. Fammi il pia­cere di lasciar stare la mia Cenere. Capito?

Cristiana                        - Ma io non avevo chiesto niente, mamma.

 Luciano                        - (battendo sulla tavola) E io ti domando: dove andavi?

Cristiana                        - Oh, senti, papà! Se bisogna ri­peterti mille volte le stesse cose. T'ho detto an­che poco fa a tavola che andavo ad accompa­gnare Monette Jouvrier alla stazione. Parte alle due: va al Touquet.

Luciano                         - E non può partire senza di te?

Cristiana                        - Gliel'ho promesso.

Alice                             - Andrai a prenderla quando tornerà: e per una volta almeno mi avrai obbedita!

Cristiana                        - Impossibile, mamma!

Alice                             - E perché?

Cristiana                        - Le devo ancora 200 franchi del poker di ieri.

Luciano                         - (sospirando) Giochi al poker ora!

Cristiana                        - (alzando le spalle) Me l'hai in­segnato tu!

Alice                             - Bravo! La educhi bene, tua figlia!

Luciano                         - (furioso) Gliel'ho insegnato, co­sì... come si può insegnare il gioco del lotto!

Alice                             - Fammi vedere la borsetta.

Cristiana                        - Io?

Alice                             - Già, tu!

Cristiana                        - Perché?

Alice                             - Niente... Voglio vedere se mi rac­conti delle storielle... Fa vedere la borsetta...

Cristiana                        - (dopo una lieve esitazione) Se ci tieni proprio... Non è cosa elegantissima...

Alice                             - Forse. Ma siccome scommetto che non hai neanche cento franchi...

Cristiana                        - Quanto scommetti?

Luciano                         - (paciere) Su, su! (Ad Alice) Io scommetto che li ha!

Alice                             - Un cappello?

Luciano                         - Un cappello.

Alice                             - E se perdo io?

Luciano                         - Mi darete un bacio tutt'e due.

Alice                             - Nota che anche se avesse i due­cento franchi, o di più, questo non provereb­be... (A Cristiana) Allora, questa borsetta? (Cristiana non dà la borsetta, ma la apre e ne toglie una busta aperta che tende alla madre).

Luciano                         - (ridendo) In busta! Non luogo a procedere! Mi darete un bacio tutt'e due, ed avrete un cappello tutt'e due.

Cristiana                        - - Posso andarmene? Sarò in ri­tardo.

Alice                             - (offesa) Chiedilo a tuo padre. Io rinuncio.

Luciano                         - Allora, debito d'onore, forza maggiore... Fila!

Cristiana                        - Grazie, papà... (E di colpo, senza nessuna causa, essa scoppia a piangere: una crisi improvvisa, assurda, incomprensibile).

Luciano                         - (stupito) Su, via... (Si alza: va da Cristiana) Che c'è? Cristiana! Diventi pazza! Che ti prende? Alice! Ci capisci qualcosa tu?

Cristiana                        - (si asciuga gli occhi rabbiosamente) Non è niente... Lasciatemi stare... È idiota!

Alice                             - (ancora un po' offesa, ma tenera) Che ti succede, Cristiana?

Cristiana                        - Ma niente, niente... (Si è com­pletamente ripresa). Mi avete tormentata, in­terrogata... Ecco fatto... (Sorride) È finita! Non vi preoccupate! E ci guadagno un cappello!

Luciano                         - Non sei malata, almeno?

Cristiana                        - Oh, papà!

Luciano                         - Non vorrai far questo a me?

Cristiana                        - (sforzandosi di scherzare) Pre­ferirei morire!

Luciano                         - Ed ora corri! Su, fila!

Alice                             - Ma torna subito, Cristiana. Ti dò mezz'ora.

Cristiana                        - Perché mezz'ora?

Alice                             - Perché aspetto la tua nuova signo­rina... Penso che t'interesserà!

Cristiana                        - (livida) Oh! T'avevo pur detto, mamma, che non avevo più bisogno d'istitu-trice! Non ho più 16 anni!

Alice                             - (secca) T'avverto, Cristiana, che tu ricominci una discussione senza scopo.

Luciano                         - (battendo un colpo sulla tavola) Sicuro! E basta commedie! Tu avrai un'istitutrice fino a che sarai maggiorenne o sposata!

Cristiana                        - (viso chiuso) Sta bene... Svesti la tua maestà... Mi terrò l'istitutrice...

Luciano                         - E sarai qui tra mezz'ora per rice­verla, insieme a tua madre.

Cristiana                        - (salutando con rispetto ironico) Udire significa obbedire.

Luciano                         - E non farai il viso da martire.

Cristiana                        - No, papà... (Va verso la porta) Posso?

Luciano                         - Stavo per pregartene.

Cristiana                        - (sulla soglia) L'adorerò, quel­la lì.

Luciano                         - (furioso) Adorala, se vuoi! (Cri­stiana è uscita, ha rinchiuso la porta senza ru­more. Luciano si passa la mano nei capelli). Mi pare di esser stato energico... (Con una fierezza ingenua) Mia figlia non è una creatura comoda!

Alice                             - T'immagini forse d'averla impres­sionata...?

Luciano                         - No. Ma ho fatto finta d'essere in collera: essa ha fatto finta d'aver paura. L'o­nore domestico è salvo.

 Alice                            - In ogni modo, non ha fatto finta di piangere. Che le è preso?

Luciano                         - (mettendo dei fascicoli nella pro­pria busta) Ma! Qualche flirt...

Alice                             - Non è così ingenua.

Luciano                         - Il suo cuoricino di donna comin­cia a mettere i denti. Non hai notato niente, tu?

Alice                             - Qui, no. Alla Baule, sì, ho creduto per un momento...

Luciano                         - Ruggero Bourdin?

Alice                             - No... Il piccolo Fahzim, l'egiziano... Un bel ragazzo, distinto... Una ricchezza favo­losa.

Luciano                         - (sorridendo) Ma allora, benissi­mo... Non li hai seccati, almeno?

Alice                             - Perché vuoi che io...? C'era la Si­gnorina per sorvegliarli... ed informarmi. Met­teva i miei vestiti, ma bisogna dire che m'in­formava bene.

Luciano                         - E allora com'è finita?

Alice                             - Niente. Fahzim è stato richiamato ad Alessandria.

Luciano                         - Davvero?

Alice                             - (scrivendo gli indirizzi) Forse tor­nerà... Inviti i Rousset?

Luciano                         - (chiudendo la busta) Diamine! (Si alza) Le due e mezzo! Ecco l'ora alla quale io parto per Albi, mio figlio entra a Long-champs, mia moglie va alla Caleries e mia figlia corre alle stazioni... Obbediamo alle forze cen­trifughe. (Valentino entra: è il cameriere e mag­giordomo dei Galvoisier. È una vecchia canaglia di 40 anni, tranquillo da due anni in casa Gal­voisier come un topo nel formaggio. È morbido come un pipistrello, logoro e lucido come una palanca vecchia. Il suo ossequio distante lusinga ed intimidisce i Galvoisier; la sua volgarità in­timida le cameriere che si succedono, come le cuoche, in casa Galvoisier, secondo i suoi ca­pricci e i suoi interessi).

Valentino                      - I signori hanno finito? Posso togliere il vassoio?

Luciano                         - Sì, Valentino. Io parto tra mezz'ora. Metterete la bottiglia del thermos piena di caffè bollente nella valigia.

Valentino                      - (che ha messo bicchieri e tazzine sul vassoio) Ma il thermos s'è rotto. Scen­derò a prenderne un altro.

Luciano                         - Ecco, eguale.

Valentino                      - Eguale. Che toga prende il si­gnore?

Luciano                         - Quella nuova. Non dimenticate il tocco.

Valentino                      - No, signore. (Ad Alice) La nuova istitutrice è giunta, signora. L'ho messa in salotto.

Alice                             - Bene. Che aria ha, Valentino?

Valentino                      - (riservato) La signora vedrà...

Alice                             - Ma insomma...

Valentino                      - L'aria di un'istitutrice.

Alice                             - È piccola? Grande? Magra? Vec­chia?

Valentino                      - Media.

Alice                             - Sta bene. Vado da lei.

Luciano                         - Ti lascio alle tue indagini... Vado a vestirmi. (Esce).

Valentino                      - La signora non si disturbi. La faccio passare qui.

Alice                             - Ecco... Fatela passare... (Si alza) Ditele che vengo subito. (Esce chiamando) Lu­ciano! Luciano! (Valentino esce portando il vas­soio e lascia la porta aperta. La scena rimane vuota un istante. Poi Valentino ricompare).

Valentino                      - Da questa parte... (La «Signo­rina » entra, timida. È una donna senza età, né bella né brutta, vestita semplicemente e meti­colosamente di scuro, adorna di tutti gli attri­buti della rispettabilità modesta: guanti di filo, una croce barocca come un fermaglio, una cate­nina da collo in similoro, un ombrello col ma­nico di galalite: il vestito è un po' consunto, il cappello ha conosciuto varie guarnizioni. Ha delle scarpe nere semplici e calze di seta nera).

Signorina                       - (passando davanti a Valentino) Scusate... (Si guarda attorno, seria e timida in­sieme).

Valentino                      - Sedete...

Signorina                       - Grazie... (Essa sceglie la pol­trona più piccola e siede sull'orlo).

Valentino                      - Ora la signora viene.

Signorina                       - Grazie... (Apre la borsetta, ne toglie una scatoletta e si mette in bocca una pa­stiglia di liquirizia).

Valentino                      - È Giovanna d'Arco che vi manda?

Signorina                       - (stupita) Come?

Valentino                      - Giovanna d'Arco, l'agenzia di collocamento.

Signorina                       - Ah, no, no...

Valentino                      - Non siete stata in altri posti?

Signorina                       - Sì...

Valentino                      - Avete delle informazioni sulla casa?

Signorina                       - Nessuna...

Valentino                      - Famiglia che cammina in ter­za... un po' fiera, un po' carnevale... Ma a punto quanto a stipendi...

Signorina                       - Credo...

Valentino                      - Il signore va. La signora è digeribile. Il giovanotto...

Signorina                       - Ah, c'è un giovanotto?

Valentino                      - Sì... Non ha inventato la pol­vere da sparo e neanche il bottone automatico, ma può andare... E poi a voi è Cristiana che interessa specialmente.

Signorina                       - Si chiama Cristiana?

Valentino                      - Già... Un figurino... Genere co­pertina di Vogue... Un po' vivace. Ve ne par­lerò meglio quando ci conosceremo di più...

Signorina                       - Non c'è fretta! (Si alza e va a guardare un quadro, voltandogli le spalle).

Valentino                      - (andando alla porta) Con ciò... vado a lucidare il thermos. (Esce).

                                      - (La Signorina rimasta sola si guarda attorno. Passa un dito sulla scrivania e guarda se c'è polvere. Prende un'altra pastiglia. Cava il faz­zoletto di tasca e si soffia come un uomo. Torna a sedere sull'orlo della poltrona e rimane im­mobile, l'ombrello sulle ginocchia, succhiando la liquirizia, gli occhi socchiusi. Alice entra di fretta. Si è messa un vestito da pomeriggio del quale sta allacciando gli ultimi bottoni. La Si­gnorina si alza e saluta con il capo).

Alice                             - Vogliate scusare. Stavo vestendomi.

Signorina                       - Sissignora.

Alice                             - Sedete, sedete... (La Signorina sie­de sulla propria poltrona. Alice va a sedere ac­canto alla scrivania di Luciano). Mio marito ha una causa ad Albi : parte ora. Per questo siamo un po' sottosopra. Del resto siamo sempre un po' sottosopra. (La Signorina ha un gesto di consenso silenzioso: Alice la esamina). Vedia­mo... Voi venite dai de Montferrat, vero? (Essa ha preso una nota che sta consultando).

Signorina                       - (un po' seccata) No, signora.

Alice                             - Oh, scusate! Già, mi sbaglio! Quella che era dai Montferrat ci è rimasta. Sì: è stata Denise che mi ha parlato di voi!

Signorina                       - (movendo affermativamente la te­sta) La signora Poussiègue.

Alice                             - Mi ha detto un gran bene di voi. Voi eravate dagli Ambleton.

Signorina                       - Sì, signora : ho lasciato gli Am­bleton due settimane fa.

Alice                             - Con vostro consenso, beninteso?

Signorina                       - Sissignora. Jacqueline s'è spo­sata il 2. La mia presenza non sarebbe più stata giusticabile.

Alice                             - (sorridendo) Già, già. Mi permet­tete di farvi qualche domanda? Voi mi fate un'eccellente impressione e Denise vi stima molto, ma si tratta di mia figlia...

Signorina                       - Capisco, signora...

Alice                             - Siete francese, vero?

Signorina                       - Sono nata a Rioni, il 15 set­tembre 1894.

Alice                             - Oh, guarda: abbiamo la stessa età! (Correggendosi) Insomma, sono nata lo stesso anno.

Signorina                       - (compita) Non significa...

Alice                             - Siete... sposata, vedova o nubile?

Signorina                       - Nubile.

Alice                             - Preferisco... E non è per motivi di salute che non vi siete sposata?

Signorina                       - No, signora... Non mi sono spo­sata perché non avevo dote... e perché non sono abbastanza bella per sposarmi senza dote.

Alice                             - (gaia) Non abbiate rimpianti!

Signorina                       - (piano) Non ho più rimpianti, signora.

Alice                             - Siete cattolica?

Signorina                       - Sì, signora. Mio zio è canonico al capitolo di Cahors.

Alice                             - Bravo! Cioè volevo dire: benissi­mo... Osservante?

Signorina                       - Non sono bigotta.

Alice                             - Ecco. Mia figlia va alla messa di mezzogiorno, tutte le domeniche. Meno quando fa bello. Quando fa bello va al Bois.

Signorina                       - Per queste cose mi attengo ai desideri della famiglia.

Alice                             - Benissimo. Non avrei voluto qual­cuno che passasse il tempo a parlare a Cristiana del buon Dio.

Signorina                       - Ci sono altri argomenti di con­versazione.

Alice                             - Siete... molti in famiglia?

Signorina                       - Otto.

Alice                             - Parecchi.

Signorina                       - In vent'anni, signora...

Alice                             - Avete cominciato giovanissima...

Signorina                       - Ho sempre dovuto guadagnarmi da vivere!

Alice                             - A Parigi?

Signorina                       - A Rioni, a Nancy, a Rouen e poi a Parigi.

Alice                             - Ottima successione. Che altro? Ah, si! Parlate le lingue?

Signorina                       - L'inglese. Non lo pronuncio sempre alla perfezione.

Alice                             - Cristiana lo pronuncia benissimo, ma lo parla assai male. Può darsi che così voi due...

Signorina                       - (aprendo la borsetta) Ho por­tato i miei certificati...

Alice                             - Oh! I certificati! Ne faccio anche io... Allora preferisco fidarmi della mia intui­zione... Voi mi siete molto simpatica...

Signorina                       - Grazie, signora...

Alice                             - Mia figlia, la vedrete. Non ve ne parlo. È la signorina del giorno d'oggi in tutto il suo orrore.

Signorina                       - Non troppo terribile.

Alice                             - Si dipinge, va a teatro, dà delle se­rate senza di noi, beve dei cocktails, fuma delle maryland, e con tutto ciò pura come un giglio.

Signorina                       - Saprò ritrovarmici.

Alice                             - Ho anche un figlio, di 20 anni. Sta preparando la laurea all'Università di Auteuil e a quella di Longchamps. Vi farà delle propo­ste sportive: rifiutatele.

Signorina                       - Non era nelle mie intenzioni accettare.

Alice                             - Neanche nelle mie : eppure mi ha fatto entrare nelle sue combinazioni di tripli e di quadrupli. Non sdegnerà di farsi prestare del denaro da voi.

Signorina                       - Si stancherà, signora.

Alice                             - Mio Dio, non vedo altro... No...

Signorina                       - Le condizioni?

Alice                             - Sì... Mille al mese, spesata di tutto, più tre vestiti all'anno. La vostra camera è ma­gnifica, adiacente a quella di mia figlia.

Signorina                       - Ben inteso prendo i miei pasti a tavola.

Alice                             - Naturalmente. Prima di noi o dopo di noi... Quando riceviamo, allora, in camera vostra. Se, da parte vostra, avete qualche do­manda...

Signorina                       - La signorina ha già avuto delle istitutrici?

Alice                             - Sì: l'ultima se n'è andata perché metteva dei vestiti che le andavano: i miei.

Signorina                       - Nessuna paura, signora. A me andrebbero bene. Ci sono vari domestici vero?

Alice                             - Tre.

Signorina                       - Vorrei poter contare su un mi­nimum di riguardi a questo proposito...

Alice                             - Darò le istruzioni necessarie; nes­suna paura. Se avete delle lagnanze da fare, non esitate. Licenziarli per questo o per altro...

Signorina                       - Io seguo un regime molto sem­plice. Legumi all'acqua, frutta cotta, niente carne...

Alice                             - Facilissimo...

Signorina                       - E una spremuta d'arancio tutte le mattine.

Alice                             - Piccolezze.

Signorina                       - È inteso che io non dò nessun anticipo alla signorina...

 

Alice                             - No. Essa ha il suo denaro per le minute spese. Ed essa paga tutto: tassì, mance, programmi, tutto.

Signorina                       - E la signorina non mi farà trop­po galoppare? Non ho più vent'anni.

Alice                             - Le dirò qualcosa io a questo pro­posito.

Signorina                       - Ecco! Ah, ci sono i giorni di libertà... Ho un fratello...

Alice                             - Una domenica ogni quindici giorni.

Signorina                       - Benissimo. Siamo d'accordo. È tutto.

Alice                             - Ah, no! non è tutto! Bisogna che siate libera subito! Ma subito!

Signorina                       - Lo sono.

Alice                             - Ora?

Signorina                       - Sissignora.

Alice                             - Andate a cercare le vostre valigie, allora.

Signorina                       - Venivo dalla stazione... Mi son permessa di lasciarle in portineria, per non dover tenere il tassì.

Alice                             - Ottimamente! (Suona).

Signorina                       - Avrei voluto vedere anche la si­gnorina Cristiana...

Alice                             - Deve rientrare da minuto all'altro... (Valentino entra). Valentino, la signorina è la nuova istitutrice della signorina Cristiana. (Va­go saluto di Valentino). I suoi bagagli sono in portineria. Andate a prenderli e portateli in camera sua. Dite ad Elena di preparare il letto e di mettere degli asciugamani.

Valentino                      - Sta bene, signora. (Esce).

Alice                             - Intanto vi presento mio marito. (Va verso la porta) È avvocato! È molto cortese, d'una convivenza facile... (Apre la porta e chia­ma) Luciano!

Luciano                         - (dalla sua camera, urlando) Non mi rompere gli stivali!

Alice                             - (sospirando) Che villanzone! (Ed esce precipitosamente per cercare Luciano).

                                      - (La Signorina, rimasta di nuovo sola, siede ancora sull'orlo della poltrona. Prende un'altra pasticca, poi - indice che rimarrà - si toglie i guanti, lentamente, li piega con cura e li mette nella borsetta. Luciano entra di fretta, seguito da Alice).

Luciano                         - Buongiorno, signorina. Parto per Albi, quindi ho fretta. Ma ho voluto salutarvi prima. (La Signorina fa un piccolo cenno di saluto). Noi vi affidiamo quel che abbiamo di più caro al mondo: la nostra piccola Cristiana.

Signorina                       - Credete che...

Luciano                         - (interrompendola) Lasciatemi finire... Voglio sperare che voi riparerete all'at­tenzione piena di lacune che noi possiamo avere per questa fanciulla. Mi diceva poco fa che era disposta ad amarvi molto. Sta quindi in voi prendere un'autorità salutare e vigilante. Ha raggiunta un'età nella quale non son più per­messi i peccatucci né le leggerezze. Voi dunque non la lascerete mai. Sorveglierete le sue let­ture, i suoi gusti, le sue relazioni. E non ab­biate nessuna paura di riferirci tutto quanto potrebbe aiutarci per avvertirci in tempo delle sue inclinazioni, i suoi sentimenti...

Signorina                       - Ci capiamo perfettamente...

Luciano                         - Spero che abbiate compreso al primo colpo d'occhio la casa nella quale siete entrata. (Deciso) È un mulino.

Alice                             - Luciano!

Luciano                         - (oratore) Silenzio. È un mulino, lo ripeto, ma un mulino di cristallo dove la gramigna non alberga. Voi venite dalla pro­vincia, vero?

Signorina                       - Io sono di Rioni.

Luciano                         - Ho difeso due volte a Riom... un infanticidio e un affare di falso... È una città austera, monacale, sarei per dire tagliata nel granito della più vecchia Francia...

Alice                             - Sono le tre e dieci, Luciano.

Luciano                         - (sobbalzando) Accid...! (Racco­glie a precipizio la borsa e sparisce senza ag­giunger verbo dalla porta di sinistra).

Alice                             - (sospirando) Valentino vi condurrà nella vostra camera. (Suona. Valentino entra. Porta con fierezza i bagagli della Signorina, due umili valigie rafforzate da corde, una cap­pelliera vetusta come si usavano sulle giardi­niere delle diligenze). Conducete la signorina in camera sua, Valentino.

                                      - (Quando la Signorina sta per uscire seguendo Valentino, Maurizio, il figlio, entra. Ragazzo di vent'anni, bel figliuolo, vestito alla moda, qual'è stabilita dalle leggi dei gigolos. Ha l'a­ria ce figlio di famiglia » il che lo salva da in­terpretazioni troppo equivoche).

Maurizio                        - (entrando) È arrivato, il nuovo fenomeno zoologico? (Giunta sulla soglia, la Signorina sobbalza).

Alice                             - (arrabbiata) Maurizio! (Solenne) Fa immediatamente le tue scuse alla Signorina!

Maurizio                        - (interdetto) Eh?

Signorina                       - (con dolcezza, senza scomporsi) La vostra signora madre vi chiede di volermi presentare le vostre scuse.

Maurizio                        - (con disinvoltura) Tra di noi, c'è di che. Tutte le mie scuse, Signorina...

Signorina                       - (con un breve cenno del capo) Grazie... (Esce senza voltarsi).

Maurizio                        - (entusiasta) È meravigliosa!

Alice                             - Se non ti fa niente, la tratterai come si deve!

Maurizio                        - Non ci pensare, fra tre giorni mi mangerà nella mano come una pecorella. Chi sarà meno allegra è Cricri... (Con un pic­colo fischio d'ammirazione) Ffpp! Dov'è Cri-cri?

Alice                             - È andata ad accompagnare alla sta­zione Monette Jouvrier.

Maurizio                        - (ridendo) Senza scherzi?

Alice                             - Perché, senza scherzi?

Maurizio                        - Perché è già andata ieri ad ac­compagnare Monette alla stazione.

Alice                             - (sorpresa) Ah?

Maurizio                        - (cupo) Non ti preoccupare, io so dov'è.

Alice                             - E... Si può sapere?

Maurizio                        - Con gioia. (Pieno di rancore) Non è il mio genere fare la spia, ma per una volta se lo merita, quella canaglia. Stamattina vedo che mette due biglietti da cento in una busta. Io avevo due vincitori sicuri per il Tremblay...

Alice                             - Quali? Be' non importa: continua.

Maurizio                        - Allora le dico: « Fifty, fifty... ». E siccome non voleva saperne, io, cretino, le dico le mie informazioni. Malgrado ciò non ha mollato i bigliettini.

Alice                             - Ha fatto bene.

Maurizio                        - Il che mi permette di vederla, in questo momento, come vedo la Torre Eiffel. Se l'è svignata dopo colazione per andare dal lift del Claridge a giocare i miei due outsider.

Alice                             - (rimane un attimo perplessa, poi) A proposito, siedi un momento lì... (Gli indica la scrivania dov'era seduta prima) E scrivimi quegl'indirizzi.

Maurizio                        - (protestando) Ah, no. Ho una lezione alle tre.

Alice                             - E io ho la tua settimana da darti. Avrei appunto bisogno di comperare invece due o tre paia di calze...

Maurizio                        - (sedendo controvoglia) Tra una sorella che vi ruba le informazioni ed una ma­dre che vi fa dei ricatti, è la fine degli studi seri.

Elena                             - (entrando da sinistra) Il tintore, si­gnora. Il kimono, signora, è completamente rovinato.

Alice                             - (sobbalzando) Benissimo! Vengo... (Elena esce).

Maurizio                        - (voltandosi) Lo vedi? C'è una giustizia...

Alice                             - Ma anche un'ortografia. Non lo di­menticare. (Esce, come sempre, di gran jretta).

                                      - (Maurizio comincia a scrivere, poi s'inter­rompe per accendere una sigaretta. Dalla porta di destra entra la Signorina. Si è tolta il cap­pello. Sembra ch'essa sia oramai da molto tem­po in questa casa dov'è appena entrata. Ha un libro in mano e il suo dito segna la pagina alla quale s'è fermata).

Maurizio                        - Posso fumare? Non vi disturba?

Signorina                       - Prego, fumate.

Maurizio                        - (offrendo) Una sigaretta?

Signorina                       - (rifiutando) Grazie. (Prende una liquirizia e la succhia).

Maurizio                        - Volete mammà? Torna subito.

Signorina                       - Grazie. (Siede. Apre il libro).

Maurizio                        - Siete ancora arrabbiata con me per... prima?

Signorina                       - (con dolcezza) No.

Maurizio                        - Perché io, sapete, non desidero di meglio che fare buona amicizia...

Signorina                       - Spero che le nostre relazioni saranno cortesi.

Maurizio                        - Non bisognerà confondermi con Cristiana: è tutto quel che vi domando.

Signorina                       - Spiegatevi.

Maurizio                        - Ecco qua... Voi siete gendarme, ma io non sono nella vostra giurisdizione. Man­giata la foglia?

Signorina                       - Spero che non darete a vostra sorella né cattivi esempi né cattivi consigli.

Maurizio                        - (ridendo) Ci facciamo dei piccoli favori. Io invito i suoi flirt, essa invita i miei.

Signorina                       - Trovate utile che vostra sorella abbia dei flirt?

Maurizio                        - No, ma se credete di poter nu­trire una leonessa con del prezzemolo...

Signorina                       - Una signorina non è una leo­nessa.

Maurizio                        - Mettete tre leonesse.

Signorina                       - E i flirt non sono prezzemolo.

Maurizio                        - Non avete mai flirtato voi, quand'eravate giovane?

Signorina                       - (seccamente) Mai. (Si rimette a leggere).

Maurizio                        - Sì... Voi non dovete essere quel che si dice una mattacchiona...

Signorina                       - (dolce, senz'alzare gli occhi dal li­bro) Infatti, non ho questa sensazione.

Maurizio                        - (animandosi) In ogni modo pre­ferisco Cricri con dodici flirt per mano che non languir d'amore per un piccolo mulatto...

Signorina                       - (deponendo il libro, e di colpo at­tenta) Vostra sorella è innamorata di uno straniero?

Maurizio                        - (alzando le spalle) Se credete che io voglia darvi delle informazioni perché andiate a raccontar tutto a mammà...

Signorina                       - (ferma) Vi prometto di tenere per me quanto mi direte.

Maurizio                        - Parola?

Signorina                       - Avete la mia parola.

Maurizio                        - Del resto non vai la pena di far tanti misteri. Partito com'era venuto. Il che non vieta che quest'estate ci sia stato un piccolo Egi­ziano che ha fatto appena in tempo a filare quando io stavo per mettergli un fiore a cinque petali sul viso.

Signorina                       - Questo signore avrebbe mancato di rispetto alla signorina vostra sorella?

Maurizio                        - (furioso) Mia sorella è un'oca. Era a bocca aperta... (Fa una faccia da scemo in estasi).

Signorina                       - Quel signore forse poteva avere dei sentimenti rispettabili...

Maurizio                        - (sorridendo) Mi par di vederli i sentimenti rispettabili che avrei io su una spiaggia d'Egitto... Ma non ve la prendete: l'A­rabo ha alzato le vele. E tenete ciò per voi : Cristiana mi caverebbe gli occhi.

Signorina                       - (tornando al proprio libro) Re­sta tra di noi. (Alice rientra di gran fretta).

Alice                             - Ah, siete qui? (A Maurizio) Sii fe­lice, godi: il mio kimono è andato... Natural­mente neanche un busta scritta... Va a parlare a tuo padre, su. Ha trovato la metà delle sue cravatte nel tuo armadio. Non vuole andarsene senza averti prima ringraziato... Su, va, corri! (Maurizio esce avvilito). E Cristiana! Non pos­so andarmene senza prima... (Va alla porta di sinistra e grida) Valentino! Il signore strilla per il thermos! Che vita, Signore, che vita! (Alla Signorina) Avete fatto la pace con mio figlio?

Signorina                       - (con semplicità) - Sì, signora.

Alice                             - (inquieta) Che vi diceva? Con lui, sapete...

Signorina                       - Mi ha parlato di sua sorella...

Alice                             - Ah, già... i cavalli, Tremblay...

Signorina                       - (piano) No, signora. Pare che la signorina Cristiana si fosse montata la testa per un Egiziano, alla Baule, quest'estate...

Alice                             - (alzando le spalle) Ridicolo!

Signorina                       - Siete al corrente?

Alice                             - Vagamente. Puerilità!

Signorina                       - (calma) Credo mio dovere se­gnalarvi tutto, anche le puerilità. Tocca ai ge­nitori, secondo me, distinguere in seguito...

Alice                             - (con forza) Avete mille volte ragio­ne e ve ne ringrazio. (Sospirando) Almeno con voi, starò tranquilla! Si sono occupati di voi? Avete tutto quanto vi occorre?

Signorina                       - Sì, signora. Ho soltanto chiesto una coperta di più. Io sono freddolosa...

Alice                             - (distratta) Siete freddolosa... e ave­te una bella calligrafia?

Signorina                       - (un po' stupita) Non c'è male, signora, sì...

Alice                             - (scattando) Allora, aspettando mia figlia, per amor di Dio, mettetevi lì e fate que­gli indirizzi... (Conduce la Signorina alla scri­vania) Quelli segnati con una croce sul notes... Io vado a vestirmi... (Torna sempre di corsa) Ah, ora che ci penso! Mia figlia sta per tor­nare: vi presenterò... Quando sarete con lei, tentate di sapere di dove viene. Intesi?

Signorina                       - Sissignora.

Alice                             - E ripetetemi tutto, sempre. Vedrò io di fingere d'aver saputo da un'altra fonte.

Signorina                       - (ferma) Non abbiate inquietu­dini, signora.

Alice                             - (prendendo il libro che la Signorina ha lasciato sulla poltrona) Siete voi che leg­gete Bousuet?

Signorina                       - Sissignora. (In questo momento la porta di destra si apre e Cristiana compare. Tra la Cristiana del principio dell'atto e que­sta c'è una differenza profonda assoluta, fisica e morale, e tuttavia questa differenza non si esprime che con delle sfumature di voce così lievi, con una cera appena più pallida che Ali­ce, con la sua storditaggine consueta, può non accorgersi di niente).

Alice                             - Ah, eccoti, tu!

Cristiana                        - Sì, mamma...

Alice                             - Che hai da essere ansimante così?

Cristiana                        - L'ascensore mi è sfuggito sotto il naso, ed io sono salita a piedi.

Alice                             - Hai dato i duecento franchi a Montette?

Cristiana                        - Sì, mamma. (Essa indica con lo sguardo la Signorina alla madre che l'ha già completamente dimenticata) Senti, mamma...

Alice                             - Ah, sì! (Presentando) Mia figlia... La tua nuova istitutrice!

Cristiana                        - (saluta senza tendere la mano) Signorina...

Signorina                       - (con semplicità) Buongiorno, signorina. (Le tende la mano).

Alice                             - Oh, chiamatela Cristiana! Con tutte queste «signorine» non ci si ritrova più! Be', ora vi conoscete.

Signorina                       - (sorridendo) Non troppo bene veramente...

Alice                             - Questa sera sarete amiche! Ed ora, Cristiana, finito, eh, di uscire sola? E ripren­derai i tuoi esercizi religiosi...

Cristiana                        - (stupita) Quali?

Alice                             - Ma, la messa ogni tanto... Presenterai la Signorina alle tue amiche...

Cristiana                        - (urtata) Sì, mamma, sì... come il solito...

Alice                             - Non ho che il tempo di ripettinarmi e di vestirmi... Sapete quel che dovete fare, voi due? Ecco: brave, brave... i miei indirizzi! (Alla signorina) Questo vi metterà in relazione con gli amici di casa. Tu le spiegherai man mano, Cricri... i seccatori, gli intimi... Verrò a darti un bacio prima di filare... Su, su! Al lavoro, tutt'e due! (Esce di corsa. Si sente la sua voce che si allontana) Elena! Elena! (Appena Alice è uscita, Cristiana si strappa il cappello di testa e lo getta su una poltrona).

Cristiana                        - (dura) Ecco... Lavoriamo.. (Tutt'e due si mettono alla scrivania di Alice la « Signorina » al posto di Alice).

Signorina                       - Volete dettarmi? Ho una calli grafia chiara regolare...

Cristiana                        - (nervosa) Io, no. Ecco: detterò...

Signorina                       - (che ha preso una busta) Ecco ci sono.

Cristiana                        - (dettando) Signori Ferroard.. 44 rue de Miromesnil, Vili. Signor Paolo Foulon e signora, 12 avenue di Mac Mahon XVII...

Signorina                       - (ripetendo) XVII...

Cristiana                        - (con una nervosità crescente) Avvocato Edgardo Fusibet... 123, rue de la Pompe, XVII... Presidente Frouin...

Signorina                       - C'era gente al treno?

Cristiana                        - (colpita) Sì... molta...

Signorina                       - L'importante è che abbiate po­tuto salutare la vostra amica.

Cristiana                        - (macchinalmente) Sì, sì, ho po­tuto... (Guarda la Signorina fissamente e poi come macchinalmente) restituirle i suoi 200 franchi.

Signorina                       - Ah, le dovevate 200 franchi?

Cristiana                        - (pensando ad altro) Sì... perduti al poker.

Signorina                       - Giocate al poker?

Cristiana                        - Un po'... sì...

 Signorina                      - (piano) E alle corse...

Cristiana                        - No. Perché alle corse?

Signorina                       - Non so giocare per giocare io preferirei le corse...

Cristiana                        - (altiera) È una confidenza?

Signorina                       - (dolce) Mio Dio, si chiacchie­rava...

Cristiana                        - (alzandosi bruscamente) Non perdete tempo, voi! Impossibile che non vi siate fatta pagar prima... (Siccome la Signorina vuole alzarsi, Cristiana, appoggiata alla scriva­nia, dominandola, la obbliga a rimaner seduta: la sua voce trema, non sa più contenersi) Spia! Spia! Ignobile spia! Allora, tutte le stesse, eh? Tutte? Non c'è da scegliere, non c'è varietà. O spie o ruffiane! Ruffiane o spie!

Signorina                       - Signorina...

Cristiana                        - Signorina voi! E poi basta, ba­sta, basta! Potete andar a dire ai miei genitori che non sono stata né alla stazione di Saint Lazare né a giocare alle corse. Le direte più semplicemente che... (S'interrompe di colpo, sta per soffocare. Per un istante rimane immobile, pallida e poi d'un tratto si abbatte sulla sedia ed è una crisi atroce di singhiozzi sordi balbet­tati, interminabili, strazianti... ha Signorina guarda le porte con inquietudine: non osa par­lare a Cristiana per paura di acuire la crisi. E si sente Cristiana balbettare quasi incompren-sibilmente con voce mutata, rauca) Voglio mo­rire... morire... morire... (Nuovi singhiozzi la soffocano, poi essa riprende) Sì... sì... voglio morire! (La Signorina s'è alzata, guarda la ra­gazza a lungo, con una specie di compassione dura ed ostile, poi prende una pasticca di liqui­rizia, la mette in bocca, si curva sulla giovane e le chiede).

Signorina                       - Su, dove siete stata?

Cristiana                        - (piangendo, la testa nascosta fra le braccia) Lasciatemi stare!

Signorina                       - (sedendo accanto a lei) Dovè siete stata? Di dove venite? Vostra madre crede che siate andata a giocare al Claridge... ai ca­valli. Lo credevo anch'io: ora non lo credo più. C'è dell'altro. Non siete stata al Claridge? (Cri­stiana il viso nascosto fa segno di no) E, natu­ralmente, non siete andata neanche alla stazione Saint Lazare? (Eguai gesto di Cristiana) Non piangete, rispondetemi. Siete sicura di non prendere troppo sul tragico, ora, un romanzetto fanciullesco che un giorno vi farà sorridere?

Cristiana                        - (alzando il viso in lagrime e con voce smarrita) Sorridere? (Con odio) Vecchia pazza!

Signorina                       - (incassa senza scomporsi) Dove siete stata? Chi avete visto? (Con voce dolce) Un giovanotto?

Cristiana                        - No...

Signorina                       - (con la stessa voce) Insomma... un uomo?

Cristiana                        - Lasciatemi stare!

Signorina                       - Neanche per sogno! Non è per me che v'interrogo, ma io sono qui...

Cristiana                        - (alzando le spalle) Da un'ora!

Signorina                       - (secca) Da un'ora io sono vostra governante per volere dei vostri genitori. E so quel che devo fare. Se non v'interrogo io: sa­ranno essi a farlo. Tocca a voi vedere se sia preferibile che li informi io di dove venite, od informarli voi direttamente. In questo caso, io mi limiterò a riferire la nostra conversazione...

Cristiana                        - Volete sapere...?

Signorina                       - Poco m'importa!

Cristiana                        - Anche a me! (Rialza il viso, fissa la Signorina con occhi smarriti, si asciuga il viso; poi con voce atona) Sono incinta... in­cinta... incinta... (E di nuovo cade sulla scri­vania, singhiozzando. Una pausa. La Signorina è rimasta silenziosa. Un'altra crisi squassa Cri­stiana) Oh! Morire! Morire!

Signorina                       - (calmissima) C'è sempre tempo a morire! (Tenta di rialzare la testa di Cri­stiana) Guardatemi!

Cristiana                        - (spaventata) No! Non voglio più guardare in faccia nessuno... neanche voi! Non avete capito dunque?

Signorina                       - Sì... (Essa obbliga Cristiana a rialzare la testa, le asciuga gli occhi, le rimette a posto i capelli) Riprendetevi. Non ci sono sol­tanto i vostri genitori. Un domestico può en­trare... (Cristiana si riprende, bene o male, do­minata dall'ascendente della Signorina) Siete andata a trovare un dottore, vero?

Cristiana                        - (a denti stretti, lo sguardo nel vuo­to) Si... (Con voce atona) Il figlio ha tre mesi...

Signorina                       - Tre mesi?

Cristiana                        - Lo sapevo. (Si alza. È calmissi­ma, con una risoluzione gelida) Mi ammazzerò questa notte. Nessuno ne saprà mai niente. Se parlate, sarà un'infamia inutile, perché mi am­mazzerò lo stesso. (Cupa ed un po' puerile) E là dove sarò, mi vendicherò!

Signorina                       - (come non avendo inteso) Il pa­dre chi è?

Cristiana                        - Un giovane, Fahzim. È ripartito per l'Egitto, poi per le Indie, con i suoi ge­nitori.

Signorina                       - Ve l'ha scritto?

Cristiana                        - No. È quel che ha detto a mio fratello, lasciando La Baule. (Con un sorriso amaro) A buon intenditor...

Signorina                       - Eravate... signorina?

Cristiana                        - (fa segno con la testa di sì).

Signorina                       - Amavate quel giovane?

Cristiana                        - No... (Piano) Era bello, molto bello... Si giocava tutte a chi riuscisse a con­quistarlo...

Signorina                       - Siete andata da lui?

Cristiana                        - No... (Piano) Una sera sulla spiaggia... (Con un rantolo di orrore e di di­sgusto) Ah! (Nasconde il viso tra le mani) Que­sta notte, questa notte mi ucciderò! (Come se la Signorina avesse parlato) Cosa?

Signorina                       - Non ho detto niente... Rifletto!

Cristiana                        - A cosa? (Cupa) Sono io che ac­comoderò tutto... Io sola.

Signorina                       - Si cercheranno i motivi, si tro­veranno. La vergogna sarà la stessa... molti­plicata dallo scandalo e dal lutto!

Cristiana                        - (curvandosi verso di lei e sillaban­do le parole) Niente potrà impedire, capite... Niente e nessuno al mondo. In ispecie voi. (La Signorina sembra non ascoltare, guarda Cri­stiana come ipnotizzata, con una strana e muta cupidigia, quasi con occhi di ladro) Non è il caso di guardarmi così... (E poiché la Signorina non abbassa gli occhi) con quegli occhi di gal­lina...

Signorina                       - (senza poter cessare di fissare Cri­stiana) Che cosa intendete dire per « occhio di gallina »?

Cristiana                        - Un occhio rotondo.

Signorina                       - Ah! (Tranquillamente) Allora, avevo capito. (Si sente la voce di Alice).

Alice                             - Elena! Elena!

Signorina                       - Vostra madre, Cristiana... (Pe­rentoria) Dettatemi...

Cristiana                        - (per la quale gli indirizzi da co­piare son ben lontani) Come?

Signorina                       - (seccamente) Dettatemi. (Pren­de la penna) Gli indirizzi... (Alice entra sempre di premura: è vestita per uscire).

Alice                             - (sulla porta) Me ne vado, Elena! Notate chi telefona!

Signorina                       - (guardando Cristiana e ripetendo come sotto dettatura) Presidente Frouin...

Cristiana                        - (macchinalmente, gli occhi sul car­net d'indirizzi) 18, quai Voltaire...

Alice                             - (allegramente) Allora, avete fatto amicizia?

Signorina                       - (serena) Un po', signora.

Alice                             - (tenera e ad un tempo frettolosa) Carina, vero?

Signorina                       - (con dolcezza) Andremo molto d'accordo, signora...

Alice                             - Cristiana! Hai ripreso il mio tubetto del rosso! Dove l'hai messo?

Cristiana                        - Nella mia borsetta con le perle, mamma.

Alice                             - Corri a prenderlo, su! (Cristiana ha un'esitazione; lasciare la madre e la Signorina insieme? Non sarà il tradimento? La delazione immediata?).

Alice                             - (spazientendosi) E allora? Dormi? (La Signorina guarda Cristiana e dolcemente con una voce che rassicura)

Signorina                       - Su, bambina, obbedite... (E per calmare del tutto l'angoscia e la diffidenza di Cristiana, aggiunge) Tornate subito o non fini­remo mai! (Cristiana esce).

Alice                             - (rapidamente) Allora, sapete dov'è stata?

Signorina                       - (calma) Sì.

Alice                             - Dove?

Signorina                       - (tranquillamente) Al Claridge, signora... A puntare su un cavallo.

Alice                             - L'avete sgridata?

Signorina                       - Sì, signora.

Alice                             - (ridendo) Perché questo oramai ri­guarda voi. (Correndo allo specchio) Come vi pare questo cappello?

Signorina                       - Delizioso, signora... Continuia­mo gli indirizzi, vero?

Alice                             - Diamine! (Apre la porta e grida) E allora, Cristiana? (Dalla porta aperta si sente Luciano gridare)

Luciano                         - Alice! Alice! Dove sei, santo cielo?

Alice                             - (gridando) Qui. Esco!

Luciano                         - (gridando di dentro) Anch'io! (Egli entra a precipizio, soprabito indosso, cap­pello in testa, valigetta in mano) Se non perdo il treno!

Alice                             - Il mio chèque!

Luciano                         - Ah, il tuo chèque! (Si fruga ra­pidamente).

Alice                             - (gridando) Cricri! Il mio rosso!

Luciano                         - (gridando) Cricri, lo chèque di mamma, sul mio comò! No! sulla mia toilette! (Urlando) Maurizio!

Maurizio                        - (di dentro) Eccomi, papà, ec­comi! (Entra di corsa) Che c'è?

Luciano                         - Prendi la mia busta. Mi accom­pagni alla stazione...

 Maurizio                       - (furente) Ma papà...

Luciano                         - (gridando) Non seccare! (Corre all'altra porta e grida) Valentino! Valentino! Le mie valigie: giù, presto!

Cristiana                        - (entrando) Devo averlo prestato a Georgette e non me l'ha reso!

Alice                             - (gridando) Sei una senza testa!

Luciano                         - (lanciandosi verso Cristiana) Arri­vederci, bellezza! (La bacia. Poi di corsa, alla Signorina) Sorvegliatela bene! Siate terribile! (S'imbatte verso la porta in Alice) Bè, allora, passi, sì o no?

Alice                             - (rivoltandosi) Passerò, se voglio, vil­lanzone! (Escono insieme urtandosi).

Luciano                         - (di fuori, gridando) Maurizio! Vuoi venire, tartaruga?

Maurizio                        - (accorrendo con la busta) Oh, no, due genitori simili! (Cristiana e la Signo­rina si ritrovano soli nella stanza, le porte spa­lancate. La Signorina s'avvicina a Cristiana, la conduce con dolcezza fino alla sedia che occu­pava).

Signorina                       - Sedete! (Cristiana cade a sedere come uno straccio. Luciano rientra di corsa. Non guarda né Cristiana né la Signorina. Si precipita alla scrivania e per trovare un docu­mento butta all'aria un sacco di carte che si sparpagliano per la scena).

Luciano                         - (il naso tra le carte, con leggerezza, senza nessuna volgarità d'intonazione) Cre­pa! Crepa! Crepa! (Rialza gli occhi, scorge le due donne, sorride) Scusate! (Trova il docu­mento che cercava, lo ficca in tasca del sopra­bito e si precipita fuori sbattendo la porta. Usci­to Luciano, Cristiana, ripresa dalla sua dispe­razione, scoppia di nuovo in singhiozzi, il viso tra le mani, schiantata. La Signorina le si av­vicina).

Signorina                       - (calmissima) Ora mi ascolterete.

Cristiana                        - (rialza la testa e in lagrime) Da­temi una sigaretta... e lasciatemi in pace!

Signorina                       - (secca) Questo non c'entra... (Prende di colpo la borsetta che era accanto a lei).

Cristiana                        - (con un grido) La mia borsetta! (La Signorina ha aperto la borsetta, ne cava rapidamente una piccola rivoltella, poi resti­tuisce la borsetta a Cristiana).

Signorina                       - (calmissima) Eccola! (E men­tre la Signorina mette la rivoltella nella propria borsa, il velario si chiude).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La stessa scena del primo atto. Son passati tre mesi. Le nove di mattina.

Quando il sipario si apre Luciano ed Alice sono agli stessi posti precisi che occupavano al principio del primo atto: Alice scrive degli in­dirizzi, Luciano, seduto alla propria scrivania, spoglia delle lettere accumulatesi durante la sua assenza. Alice è in deshabillé; Luciano in veste da camera.

Alice                             - Questa volta, invito gli Jussemin?

Luciano                         - Senti! Arrivo ora, lasciami respi­rare! Non hai niente altro da fare tu, nella vita, che degli inviti?

Alice                             - Non mi par possibile dare un pranzo ogni settimana e spedire gli inviti soltanto una volta al mese!

Luciano                         - Che ora è?

 Alice                            - Le nove... Vuoi una tazza di caffè?

Luciano                         - Non ho tempo. E poi ho preso una cioccolata in treno. (Frugando) Dov'è l'orario?

Alice                             - Ancora? ! Ma se arrivi ora!

Luciano                         - Da Nancy e parto per Lille! (Can-B ticchio) Si cambia linea...

Alice                             - Sei allegro stamane!

Luciano                         - Mia cara, un uomo che tra un'ora s'incontrerà col Presidente della Repubblica, e che è un buon francese, ha l'obbligo di non stare più in sé dalla gioia.

Alice                             - (amara) Avresti potuto condurmi con te, mi pare...

Luciano                         - Condurti? Dal Presidente della Repubblica! Figurarsi! Tu, i ragazzi e la servitù. « Signor Presidente della Repubblica, sono venuto con la mia famigliola per chiedervi la grazia di Tripain!».

Alice                             - Avrei voluto vedere una volta come la cosa si svolge.

Luciano                         - (prendendo l'orario e sfogliandolo) E in casa, che novità?

Alice                             - Ho licenziato la cameriera.

Luciano                         - Mi stupisci. E Valentino?

Alice                             - È in cantina ad imbottigliare il Vouvray.

Luciano                         - Benissimo.

Alice                             - No. Valentino è diventato impossi­bile. Ci ruba a man salva ed è ubriaco un gior­no su tre.

Luciano                         - Se speri di guarirlo di questo la­sciandogli per le mani il Vouvray! Fagli sentire che lo tieni d'occhio.

Alice                             - Perché si metta ad odiarmi?

Luciano                         - Oh, se vuoi anche essere amata, allora... E Maurizio?

Alice                             - A quello lì bisogna che parli tu!

Luciano                         - Che t'ha fatto?

Alice                             - S'è comperata un'automobile. A cre­dito.

Luciano                         - A credito? Quale credito?

Alice                             - Che ne so io? Ha firmato delle carte!

Luciano                         - (furioso) E non gli hai detto niente?

Alice                             - Sì. E sai che cosa ha avuto la sfac­ciataggine di rispondermi? Che io avevo fatto la stessa cosa.

Luciano                         - (inquieto) Come? La stessa cosa?

Alice                             - Non c'è rapporto. Ho sottoscritto ieri al trattamento facciale e muscolare dell'Ac­cademia Feminà. Ecco quel che il signorino in­tende dire!

Luciano                         - Hai sottoscritto a credito?

Alice                             - No. Si paga il primo mese in con­tanti e ci s'impegna di seguire il trattamento per un minimum di quattro mesi.

Luciano                         - E tu hai firmato?

Alice                             - Una sola carta... Una formalità...

Luciano                         - (furioso) Benissimo! E di quanto...?

Alice                             - Oh! Sciocchezze!

Luciano                         - Ma insomma...?

Alice                             - Venti...

Luciano                         - (la gola secca) Venti, cosa? Ven­timila?

Alice                             - Tutto compreso : senza sorprese pos­sibili,..

Luciano                         - E che altro vuoi? E il denaro? Dove andrai a prenderlo?

Alice                             - Me lo darai tu, mio caro. Prender­lo? Che ti credi? Che io faccia come Valentino?

Luciano                         - (la testa fra le mani) Che casa, che casa, che casa! (Urlando) E se io muoio?

Alice                             - (dolce) È previsto... Il trattamento e i versamenti sono sospesi d'autorità.

Luciano                         - È allegra!

Alice                             - (punta) In ogni modo, mio caro, ho deciso di fare un'economia. Non prenderò più un tassì.

Luciano                         - (sogghignando) Prenderai Yau-tobus?

Alice                             - No. Ma per punire Maurizio, gli ho detto che farò tutte le mie commissioni con la sua vettura.

Luciano                         - (alzando le spalle) Finisci i tuoi indirizzi, va... E Cristiana? La sua dignità non le permette di venirmi a dare un bacio quando torno da un viaggio?

Alice                             - Sta vestendosi, povera piccola.

Luciano                         - Sta bene almeno? (E cerca tra le proprie carte).

Alice                             - Sì... (Pensosa) Non hai la sensazione che Cricri stia cambiando enormemente?

Luciano                         - Per quel che la vedo io! Cam­biata in che?

Alice                             - Non so... Ma da quando c'è la si­gnorina, mi pare un'altra!

Luciano                         - (alzando le spalle) In pochi giorni!

Alice                             - Come, pochi giorni? La signorina è qui da due mesi e mezzo!

Luciano                         - (sbalordito) No?! È inaudito come passa il tempo! Due mesi e mezzo!

Alice                             - Io che vedo Cricri tutti i giorni...

Luciano                         - Dove v'incontrate?

Alice                             - Essa non si muove più di casa. Legge. S'occupa della casa. La sera va a letto prima di me. Quando esce è per andare al Bois, il pomeriggio, o per visitare i musei... con la signorina... Insomma comincia ad inquietarmi...

Luciano                         - Perché conduce una vita conforme alla sua età?

Alice                             - Non si vive più secondo l'età, ma secondo i tempi. Ho paura che la signorina esageri.

Luciano                         - In che senso?

Alice                             - Non so. Su una giovinetta, una donna d'una certa età che non sia sua madre, ha sempre un ascendente.

Luciano                         - Che ti piglia? Saresti gelosa?

Alice                             - No. Non ho la sensazione che Cricri ami a questo punto la signorina.

Luciano                         - E allora?

Alice                             - Non c'è bisogno di amare qualcuno per subirne l'ascendente.

Luciano                         - (stanco) Ma insomma che ha que­sta signorina? È bigotta?

Alice                             - Oh, no, no. Cristiana continua ad andare a messa una volta ogni due anni...

Luciano                         - (scattando) E allora cosa vieni a seccarmi con queste storie domestiche... Lascia che ciascuno faccia il suo mestiere e lasciami in pace! (Batte su un fascicolo) Ho da salvare la testa d'un uomo, io, stamattina... La testa d'un uomo da salvare e un treno da prendere... Scrivi i tuoi indirizzi...

Alice                             - Invito i Pontferrand?

Luciano                         - Ma sì. Non far grazia a nessu­no, tu!

Alice                             - Si trovano, imbecille! (Cristiana en­tra dalla porta di sinistra. È in kimono molto sciolto. Ha il viso un po' stanco. Il passo è ap­pena più fiacco: deve essere suggerito più che visibile. In apparenza essa è calma, padrona di se, ma un'ombra d'ansietà la segue, il che sa­rebbe per genitori che non fossero Luciano e Alice un soggetto d'inquietudine o almeno di domande. In ogni modo essa non è affatto di­venuta la « buona figliola pentita » dei romanzi per bene. La sua espressione si è indurita. La si sente ribelle contro la propria sorte e piena di spavento sotto una vernice di arida dissimula­zione. Fisicamente niente ancora tradisce il suo stato).

Cristiana                        - (baciando il padre) Buongiorno, papà...

Luciano                         - Buongiorno, Cricri... (Mentre Cristiana lo bacia, egli ha fatto per stringerla a sé, per prenderla per la vita: ma essa gli è sfuggita con leggerezza).

Cristiana ...................... - Hai fatto buon viaggio?

Luciano                         - Ottimo. Ti ho portato qualcosa...

Cristiana                        - (vago) Grazie, papà...

Luciano                         - Non mi domandi neanche che?

Cristiana                        - Sì, papà... Che?

Luciano                         - (offeso) No, no... Cercherai nella mia valigia... (Tuttavia un po' allarmato dalle parole di Alice, egli la guarda con attenzione).

Cristiana                        - (nervosa) Che ho?

Luciano                         - (un po' sconcertato) Ma niente... Ammiro mia figlia. Ne avrò il diritto, no?

Alice                             - (indicando una lettera che è sulla ta­vola) C'è una lettera dei Gimblet, Cricri. T'invitano a giocare al tennis, domenica nel po­meriggio, al Racing.

Cristiana                        - Mi seccano con il loro tennis.

Alice                             - Questo è nuovo!

Cristiana                        - (secca) Ma no, mamma! Dome­nica io vado al concerto Colonne con la signo­rina. Te l'avevo detto ieri.

Luciano                         - Ha ragione...

Alice                             - D'andare a chiudersi in un locale invece di prendere aria e di fare del moto?

Luciano                         - Di fare quel che vuole! (A Cri­stiana) Ecco come sono, io! (La guarda ancora) Tuttavia, Cricri, tua mamma ha ragione... Hai una cera che non mi va, ragazza mia...

Alice                             - Quel che dico io.

Luciano                         - Sei andata a letto tardi in questi ultimi tempi?

Cristiana                        - No...

Luciano                         - Mangi con appetito?

Cristiana                        - Sì, papà...

Alice                             - (mentre scrive indirizzi) Questo, sì...

Luciano                         - Non leggi troppo?

Cristiana                        - No, papà.

Luciano                         - Non hai... delle seccature?

Alice                             - (alzando le spalle) Che domande!

Cristiana                        - (tentando di ridere) È vero, papà, è una domanda buffa.

Luciano                         - (furioso) Mi date ai nervi, tutt'e due! Ho da fare fin sopra i capelli, m'informo della tua salute, ed ecco! (A Cristiana) Ti do­mando se tutto va bene: rispondimi: «Tutto va bene» e non parliamone più! (Cristiana tace come se la soluzione di parlare, di confessar tutto, le si presentasse alla mente. Luciano ad Alice) Vedi bene ch'essa ha qualche cosa.

Alice                             - (seccata) Ma che parli allora!

Luciano                         - Lasciala parlare... (A Cristiana) Racconta al tuo vecchio papà...

Alice                             - Ed io non conto niente, io?

Luciano                         - (con squisita compiacenza) Ed alla tua vecchia madre...

Alice                             - (sobbalzando) Villano!

Luciano                         - (a Cristiana) Su... Ti ascolto... I Raccontami il tuo piccolo dramma...

Cristiana                        - (con slancio) Senti, papà... Ed anche tu, mamma... (Squillo del telefono).

Luciano                         - (le braccia al cielo) Benissimo! | Che altro c'è? (Stacca ed ascolta) Sono io... (Ai\ due) Parlano da Nizza. Del resto, è vero, si sente il mare. Il guaio è che non si sente altro. Nessuno parla... Pronti! (Tenendo il ricevitore all'orecchio) T'ascolto, piccina... Pronti! Se vuoi parlare...

Cristiana                        - Più tardi, papà, quando avrai finito...

Alice                             - La cosa può durare un pezzo... Nell'attesa io continuo i miei indirizzi... (Si alza e va alla propria scrivania).

Cristiana                        - Ecco, mamma: continua i tuoi indirizzi.

Luciano                         - Pronti! Ma no, signorina. Silenzio completo! Io sono qui ad aspettare... (A Cri­stiana) Allora? (Cristiana non parla) Sei osti­nata, sai!

Cristiana                        - (quasi supplicando) Lascia quel telefono, papà...

Luciano                         - Neanche per sogno. Può essere una cosa importante. C'è una Corte d'Appello a Nizza... Pronti! Pronti!

Alice                             - I miei francobolli! Chi ha preso i miei francobolli? Ah, no: eccoli! (Voltandosi distrattamente verso Cristiana) E allora?

Cristiana                        - (li guarda tutti e due poi alza le spalle) Più tardi, mamma. Quando avrete più tempo, tutt'e due.

                                      - (Entra la Signorina. È vestita come al primo atto : senza cappello naturalmente).

Signorina                       - Siete qui, Cristiana? (Vede i genitori) Scusate... Buongiorno, signora... Buon­giorno, signore: buon viaggio?

Luciano                         - Non c'è male, grazie. State bene?

Signorina                       - (a Cristiana) Cristiana, badate: siete in ritardo...

Alice                             - Dove andate?

Signorina                       - (disinvolta) Conduco Cristiana al Museo Guiniet. Passeremo il tempo a copiare Hokusai.

Luciano                         - (stupito) Come? Ah! Se questo la diverte.

Signorina                       - Tra poco, vedrete, il suo inge­gno si svilupperà...

Luciano                         - Ah? Benissimo : va a vestirti, pic­cina, va!

Cristiana                        - (andando verso la porta) Sì, papà... (Va verso la porta e lì si trova quasi tra le braccia della Signorina. Ne Luciano, immerso nelle sue carte, né Alice, nei suoi indirizzi, ba­dano a lei. Essa balbetta a bassa voce alla Si­gnorina) Non ne posso più! Non ne posso più! Dite loro tutto ora!

Signorina                       - Va bene. (A bassa voce) Andate presto. (Cristiana esce. La Signorina rimane im­mobile vicino alla porta).

Luciano                         - (alzando la testa) E allora, si­gnorina?

Signorina                       - Signore?!

Luciano                         - Son due mesi e mezzo esatta­mente... Io ho la memoria delle date... Due mesi e mezzo che siete qui. Siete contenta della nostra piccola Cristiana?

Signorina                       - (con semplicità) Molto contenta.

Luciano                         - Com'è con voi?

Signorina                       - Come si deve...

Luciano                         - Non la sgridate troppo?

Signorina                       - Mai, signore.

Luciano                         - Ho la lieta sensazione che vi siete affezionata con lei, no?

Signorina                       - (riservata) Quanto merita, si­gnore.

Luciano                         - E... non la trovate un po' cam­biata da due mesi e mezzo?

Signorina                       - (impassibile) Cambiata? Come, signore?

Luciano                         - Non so... più seria, certamente... Ma anche più spenta...

Signorina                       - Oh no. Essa è sempre molto al­legra, di buon umore. Non si annoia mai.

Luciano                         - Non gioca più al tennis. Non balla più. Si occupa della casa, va a letto presto...

Signorina                       - Per suo desiderio, signore.

Luciano                         - (allegro) Insomma tutto va bene?

Signorina                       - Benissimo, signore.

Alice                             - (alzando la testa) Io mi domando cosa poteva avere da dirci...

Luciano                         - Se le avessi dato ascolto, non te lo domanderesti più.

Alice                             - Io? Ma sei stato tu col tuo telefono! (Alla Signorina) Voi siete al corrente?

Signorina                       - (molto tranquilla) Di niente, si­gnora...

Luciano                         - Qualche piccolo parto sentimen­tale, eh?

Signorina                       - Certamente no, signore.

Luciano                         - (gaio) Forse non siete neanche voi più informata di noi...

Signorina                       - (con dolcezza) Se qualcosa ci fosse, sarei informata...

Luciano                         - (ad Alice) Io la indovino, la sua storiella... Un piccolo intrigo da biblioteca rosa... (Alla Signorina, ridendo) No?

Signorina                       - Può darsi... Certo, signore. (La cameriera entra: è diversa da quella del primo atto e si deve notarlo).

Cameriera                      - La manicure della signora aspetta la signora in camera sua.

Alice                             - (alzandosi) Vengo. (Perentoria) Ve­stiti, Luciano.

Luciano                         - (alzandosi a sua volta) Hai ra­gione... (Alla Signorina, con importanza) Il Pre­sidente della Repubblica mi aspetta!

Alice                             - (uscendo) Che vuoi che glie ne im­porti?

Luciano                         - (seccato) Io le do delle informa­zioni... (Uscendo dietro Alice) Le notizie poli­tiche possono interessare chiunque... (Si sente sbattere una porta; poi la voce di Luciano che dice a Cristiana, di dentro) Sì, cara, è di là... Mi pare che il Presidente della Repubblica, dopo tutto... (Si sente sbattere un'altra porta. Cristiana entra. Ha indossato un tailleur molto ampio di linee. Appena entrata, chiude la porta).

Cristiana                        - Non avete detto niente, vero?

Signorina                       - Non ancora.

Cristiana                        - (andando verso di lei) Perché? Erano qui tutt'e due. E allora?

Signorina                       - (evasiva) Vostro padre non ri­parte che stanotte...

Cristiana                        - Ma non lo rivedremo che a pranzo, davanti ai domestici.

Signorina                       - Ritorna dopo domani.

Cristiana                        - Voglio che sappiano tutto oggi. Me l'avevate promesso.

Signorina                       - (con dolcezza) Calmatevi, Cri­stiana. Appena potrò, parlerò ai vostri genitori.

Cristiana                        - Son due mesi che promettete!

Signorina                       - (evasiva) Cerco un momento, un modo...

Cristiana                        - Che modo! Che modo! Voi men­tite! Perché mentite?

Signorina                       - (sempre evasiva) È una notizia terribile da dar loro...

Cristiana                        - Terribile per essi. Per me. Non per voi. Voi passate.

Signorina                       - Io vi ho molto aiutato, passando.

Cristiana                        - Aiutata? Quando? A non ucci­dermi quando ne avevo il coraggio? Sarei in pace, ora; tutto sarebbe finito...

Signorina                       - Per voi!

Cristiana                        - E per essi, no? Papà partirebbe per Lille, stasera come il solito. E mammà si troverebbe ancora così interessante... Soltanto, ora, sono io che non posso più. Non posso più nulla. Perché me l'avete impedito?

Signorina                       - Chiunque avrebbe fatto altret­tanto.

Cristiana                        - (amara) Ma via! Sì, i primi giorni, ho creduto che aveste compassione di me... che... Insomma che cosa non ho creduto? Ma ora vi conosco. Voi non amate niente, nes­suno. Mi avete impedito di uccidermi, mi avete impedito di parlare. Perché?

Signorina                       - Vi ho detto che vi avrei cavata d'impaccio. Con che diritto mi chiedete qualcos'altro?

Cristiana                        - (violenta) Volete cavarmi d'im­paccio, come dite?

Signorina                       - Sono decisa.

Cristiana                        - Lo volete proprio?

Signorina                       - Ma non parlando ai vostri ge­nitori.

Cristiana                        - No... (Col coraggio della dispe­razione) Avete del denaro?

Signorina                       - Ho qualcosa.

Cristiana                        - Ventimila franchi?

Signorina                       - Qualcosa più.

Cristiana                        - Prestatemi ventimila franchi. Scapperò di casa, andrò non so dove. Imparerò a lavorare, quando ci sarà il piccino, m'impie­gherò, vi rimborserò un po' alla volta...

Signorina                       - (scotendo il capo) Nessuno pre­sta del denaro senza garanzia...

Cristiana                        - Quando me ne sarò andata, di­rete tutto a papà: vi rimborserete.

Signorina                       - Vostro padre mi metterà alla porta. Non mi rimborserà niente.

Cristiana                        - Ritroverò Fahzim. Lo obbli­gherò a pagarvi.

Signorina                       - (alzando lievemente le spalle) Fahzim... Ci pensate ancora?

Cristiana                        - Non volete prestarmi questi ven­timila franchi?

Signorina                       - (chiusa) No. Non sono abba­stanza ricca.

Cristiana                        - Se io fossi sola al mondo e non avessi che ventimila franchi e se incontrassi una Cristiana Galvoisier io glie li darei.

Signorina                       - (guardandola negli occhi) Voi siete giovane e parlate di quel che non sapete...

Cristiana                        - Oh! Vi odio! Vi odio! Vi di­sprezzo! (La Signorina alza le spalle e prende una pasticca di liquirizia). Ma perché allora, perché rimanete qui? Perché vi appiccicate?

Signorina                       - (inghiottendo la sua liquirizia) Vi dirò... un giorno...

Cristiana                        - Un giorno! Aspettate, sempre! Aspettare! Ma che cosa?

Signorina                       - (con serena impassibilità) Ancora qualche giorno... Soltanto qualche giorno... (Appassionatamente) Perché vi dico che tro­verò...

Cristiana                        - (disperata) Ah, troverete?! (Si batte i fianchi rabbiosamente) E mio figlio, qui, aspetterà? (Va verso la Signorina) Aspetterò fino a sabato! Fino al ritorno di mio padre. Ma sabato, o sarete voi o sarò io... (Apre la porta bruscamente e si trova faccia a faccia con Valentino).

Cristiana                        - (balbettando) Che cosa... Che cosa fate lì, Valentino?

Valentino                      - (entrando e spiegandosi con un­tuosità) Stavo per bussare, signorina. Cerco il signorina Maurizio dappertutto. Il signore lo vuole.

Cristiana                        - Non è qui.

Valentino                      - Lo vedo, signorina: chiedo scusa. (Esce).

Cristiana                        - (alla Signorina, atterrita) Mi ha udita...

Signorina                       - (piano) Ma no, via...

Cristiana                        - (balbettando) Sì, sono sicura... (Le mani sugli occhi) Non ci mancava che que­sto! Che orrore! (Si sente di dentro Luciano chiamare « Maurizio »!).

Signorina                       - (rassicurandola) Vedete bene che stanno cercando Maurizio.

Luciano                         - (entrando, in maniche di camicia) Non hai visto Maurizio, Cricri?

Cristiana                        - (riprendendosi) No, papà.

Signorina                       - Vado a mettermi il cappello, Cristiana: siamo in ritardo.

Cristiana                        - Vengo, signorina. (La Signorina esce. Cristiana la segue, ma Luciano la ferma sulla soglia).

Luciano                         - Cricri!

Cristiana                        - Papà!

Luciano                         - (allegro) Stavolta sei andata a ve­dere nella mia valigia?

Cristiana                        - Non ancora, papà...

Luciano                         - (piccato) Non sei curiosa, oggi...

Cristiana                        - Non ho proprio il tempo, papà...

Luciano                         - Quel che dicevo io! (La guarda) Hai una brutta cera, sai!

Cristiana                        - Non è niente, papà. Un po' d'e­micrania.

Luciano                         - (disinvolto) Anch'io. È il tempo. Non moriremo per questo. (Si sente di dentro Alice gridare: a Luciano! Luciano! n).

Luciano                         - Ecco la pazza!

Alice                             - (entrando a precipizio) Luciano! Ah, sei qui! ? Ho avuto una paura! (Scuote in aria le dita per far seccare la vernice fresca delle unghie) Non te n'andare senza avermi la­sciato del denaro.

Luciano                         - Ancora? (Sospira) Mio dio... que­sta casa è un mulino, un manicomio o un ba­ratro?

Alice                             - Devo mille franchi a Valentino.

Luciano                         - Cricri, il mio portafogli: lì, sulla scrivania. No. Non a tua madre, a me!

Cristiana                        - Sì, papà! (Va verso la scrivania, ma quando sta per prenderlo, si ferma, tituba e si sente male: cade a sedere nella poltrona vi­cina alla scrivania).

Luciano                         - (spaventato) Cricri! Cricri! Che hai, Cricri? (Tenta di sollevarla per le spalle) Alice, aiutami!

Alice                             - (scuotendo le dita, corre alla porta) Signorina! Signorina!

Luciano                         - (accanto alla poltrona) Cricri! Cricri... (Ad Alice) Ti garantisco che è svenuta! (La Signorina entra: vede Cristiana svenuta).

Signorina                       - Oh! (Va verso Cristiana) Cri­stiana!

Luciano                         - (che ha versato dell'acqua fresca su un fazzoletto e inumidisce le tempie di Cri­stiana) Bisogna chiamare un dottore... (Ad Ali­ce) Telefona a Montserrat...

Alice                             - È a Fontainebleau.

Luciano                         - Digeon?

Alice                             - Un chirurgo? Sei pazzo!

Luciano                         - Brèguet?

Alice                             - È morto!

Luciano                         - (scattando) Allora non abbiamo un dottore?

Alice                             - (furiosa) Che vuol dire non abbiamo un dottore? Sembra che tu dica: non abbiamo un cavaturaccioli in casa?

Luciano                         - Tutte le famiglie hanno un dot­tore.

Alice                             - (battendo nelle mani di Cristiana sem­pre svenuta) Cricri! (A Luciano) Prendi la guida: trovi quanti dottori vuoi!

Luciano                         - Dio sa chi! (Si getta sul libro. La Signorina è rimasta silenziosamente pensierosa. D'improvviso prende la parola).

Signorina                       - Signore...

Luciano                         - Che c'è?

Signorina                       - È un piccolo svenimento, niente di grave... In attesa che possiate avere un dot­tore di vostra conoscenza... potrei chiamare mio fratello.

Luciano                         - È medico vostro fratello

Signorina                       - Sì...

Luciano                         - A Parigi?

Signorina                       - Oh, sì...

Luciano                         - Sapete il suo numero?

Signorina                       - Se permettete... lo chiamo io...

Luciano                         - Su! Avanti! Sbrigatevi! (Le cede il posto).

Signorina                       - Passy 60-68.

Alice                             - Siete sicura che sia un buon dottore?

Signorina                       - Oh, sì, signora... Non ha molti clienti perché lavora in ispecie in laboratorio... Ma è un buon medico. (Parla all'apparecchio) Sei tu, Giorgio? Sì, sono io. Senti, vieni su­bito... Immediatamente... 27, avenue Mac Mahon... Sì, prendi un tassì. Cosa urgente... Chiedi dell'avvocato Galvoisier... Ti spicci? Do­manda di me. Ti spiegherò. Vieni come sei : non importa. (Riappende) Ora viene.

Luciano                         - (curvo su Cristiana) Cricri... mia piccola Cricri...

Signorina                       - (con dolcezza) Non è niente: ve lo garantisco io... Molte giovinette a quest'età... Mio fratello sarà qui tra cinque minuti... Ve­drete, vi rassicurerà, ne sono certa...

Luciano                         - (sobbalzando) E il Presidente, santo cielo? (Alla Signorina) Credete che posso andare a finire di vestirmi?

Signorina                       - Certo, signore, certo... essa rinvenirà pacificamente tra un istante...

Luciano                         - (correndo verso la porta) Benis­simo!

Alice                             - (verso la porta) Egoista! (Si guarda le unghie) Santo Dio! (Corre verso la porta) Teresa! Teresa! Non lasciate andar via la ma­nicure!

Signorina                       - (rimasta sola, curvandosi su Cri­stiana) Cristiana! Cristiana! (Poco a poco Cristiana toma in se).

Signorina                       - Meno male...

Cristiana                        - (senza voce) Che è accaduto?

Signorina                       - Niente, piccina, niente... Vi sie­te sentita male: non è niente.

Cristiana                        - (rialzandosi titubante) Niente? (Spaventata) Ma papà? E mamma?

Signorina                       - Li ho rassicurati io...

Luciano                         - (sopraggiungendo di corsa, occupato con la sua cravatta) E allora, Cricri? Che so­no questi scherzi?

Cristiana                        - Sto meglio, papà. È passato.

Luciano                         - (volentieri rassicurato) Va bene. E non hai guardato naturalmente nella mia va­ligia... (Esce correndo com'è venuto. Uscendo s'imbatte nella cameriera).

Teresa                            - (che porta un piccolo vassoio) La signora manda dell'acqua di melissa e dello zuc­chero per la signorina.

Cristiana                        - Grazie, Teresa. Posate lì. Dite a mamma che ora sto benissimo.

Teresa                            - Bene, signorina. La signora è con la manicure. Ha detto che la si avverta non appena fosse giunto il dottore. (Esce).

Cristiana                        - (spaventata) Un dottore? Hanno chiamato un dottore? Ma non voglio! Non vo­glio! (Tragicamente atterrita) Rimandatelo via! Andate ad aspettarlo sul pianerottolo! Ditegli che tutto è finito, che non ho bisogno di lui! (Le prende le mani) Ve ne supplico! Farò tutto quel che volete! Andategli incontro! Mandatelo via! (Ansiosa) Chi è? Che dottore?

Signorina                       - (calmandola) Mio fratello...

Cristiana                        - (stupefatta) Vostro fratello?

Signorina                       - Sì...

Cristiana                        - Avete fatto ciò...?

Signorina                       - I vostri genitori stavano per te­lefonare a un dottore qualsiasi. Ho pensato che sarebbe stato meglio mio fratello!

Cristiana                        - (con un barlume di speranza) Sì... Potrete mandarlo indietro.

Signorina                       - (calma) No. Non lo rimanderò. Ma egli dirà quel che io voglio che dica...

Cristiana                        - (ansiosa) Come? Che può dire?

Signorina                       - Non abbiate paura... Ora so quel che bisogna fare... (Con il suo tono secco e dolce insieme) Vi avevo detto che vi avrei ca­vata d'impaccio. Ora, credo che ci arriveremo.

Cristiana                        - (stupita) Non capisco.

Signorina                       - Non mi chiedete niente. Obbe­dite. Andate in camera vostra. Riposatevi. Quando verrà, tornerete.

Cristiana                        - (ansiosa) Mi farà delle do­mande?

Signorina                       - Certo. Delle domande senza im­portanza. Andate a riposare. Lo voglio. Voglio che non abbiate più paura. Lo voglio.

Cristiana                        - (umilmente) Bene, signorina. (Va verso la porta, si ferma e timidamente manda con la punta delle dita un bacio alla Signorina).

Signorina                       - (scuotendo il capo) Come siete mutevole! (Cristiana esce).

Valentino                      - (entrando) C'è un signore che chiede di voi.

Signorina                       - (calma) Sì: lo aspettavo. Fatelo passare qui per favore. (Valentino esce e rien­tra subito dopo introducendo Boutin. È un pic­colo uomo, d'una quarantina d'anni, vestito mo­destamente. Ha l'aspetto timido ed impacciato di coloro che non sono riusciti ed il cui orgo­glio se ne va a poco a poco. Pochi avvenimenti gli sono stati favorevoli: qualsiasi inatteso lo riempie di preoccupazioni. Valentino esce).

Boutin                           - (ansioso) Che succede? Perché mi hai telefonato?

Signorina                       - (secca) Niente di grave. Non fare l'idiota. Stammi a sentire.

Boutin                           - (domato) Ti ascolto.

Signorina                       - Ecco perché t'ho fatto venire.,.

Boutin                           - (interrompendola) Sai che gira a 800 giri... sulla carta, beninteso.

Signorina                       - (secca) Me lo spiegherai altrove, un altro momento... Per ora, qui, tu sei il dot­tore Boutin.

Boutin                           - (spaventato) Io? Ma io sono in­gegnere.

Signorina                       - No. Tu sei il dottore Boutin.

Boutin                           - Dottore... in medicina?

Signorina                       - In medicina, sì...

Boutin                           - È uno scherzo?

Signorina                       - (impaziente) Vuoi ascoltarmi?

Boutin                           - Ti ascolto, ma mi fai paura, Ermanzia... mi fai paura...

Signorina                       - Rassicurati. Non arrischi niente. Vieni qui. (Boutin si avvicina) E non pensare al tuo motore. Cerca di capirmi, presto: la signo­rina della quale mi occupo io... ha commesso un errore.

Boutin                           - Quale errore?

Signorina                       - Tra quattro mesi sarà madre...

Boutin                           - (sobbalzando) Oh, che dramma!

Signorina                       - Non c'è dramma : i genitori non sanno niente.

Boutin                           - Finiranno per sapere.

Signorina                       - No, non occorre che sappiano: o almeno non ancora. Ora non farebbero che delle sciocchezze o dello scandalo o Dio sa che. Niente di ragionevole, certo. Sono due pazzi che non hanno mai riflettuto a niente. Non han­no tempo. Se sapessero ora, tutta la vita di que­sta povera piccina sarebbe rovinata, disonorata per sempre...

Boutin                           - (ironico) Quella povera piccina? (Stupito) Che ti succede? Hai del cuore, ora?

Signorina                       - Non ci pensare.

Boutin                           - Hai compassione di qualcuno, tu? (Sogghignando) Se fossi più ricco manderei un telegramma alla famiglia.

Signorina                       - (ferma) Intanto farai quel che ti dico.

Boutin                           - Sta a vedere.

Signorina                       - Lo voglio : tu sei mio fratello, il dottor Boutin.

Boutin                           - Ma questo non sta in piedi.

Signorina                       - (coti un risolino secco) Non li conosci! Tutto quel che fa comodo a loro sta in piedi. (Con forza) Tu sei mio fratello, il dot­tor Boutin. Cristiana ha avuto uno svenimento. Non avevano un dottore sotto mano, allora ti ho fatto chiamare.

Boutin                           - Io, mai. Non voglio vederla!

Signorina                       - Sta zitto. La vedrai. Le farai delle domande. Le misurerai il polso. E con­cluderai per una crisi d'anemia, molto seria. Non dire grave: chiamerebbero un altro me­dico. Seria, molto seria. Ordini un riposo im­mediato, in campagna... lontano da Parigi, per qualche tempo. Hai capito? Per vari mesi.

Boutin                           - Disgraziata, sei completamente pazza. (Scattando) Ma che ti prende di immi­schiare me a tutto ciò? Che c'entri poi tu? Fai il pacco della tua roba e pianta il posto.

Signorina                       - (secca) No.

Boutin                           - (sospettoso) Ti ha offerto del de­naro?

Signorina                       - Ha tentato di farsi dare da me ventimila franchi.

Boutin                           - Malgrado tutto è un'ingenua.

Signorina                       - Io non amo soltanto il denaro.

Boutin                           - (sogghignando) No. Ami anche i biglietti di banca. Sei avara come una talpa.

Signorina                       - Giorgio, se fai quel che ti chiedo io, ti presto 5000 franchi per il tuo motore...

Boutin                           - (colpito) 5000 franchi? Tu?

Signorina                       - (secca) Al 5 per cento.

Boutin                           - (vacillando) È poco generoso ten­tarmi (Supplicando) Dimmi almeno perché fai tutto ciò? (E poiché la Signorina rimane silen­ziosa, egli scatta) Avrai pure una ragione, in nome di Dio!

Signorina                       - (lentamente, come a se stessa) Vuoi che ti dica? (Sta per parlare, ma si morde le labbra, prende una pasticca di liquirizia) No, questo non ti riguarda. Non riguarda che me! (Seccamente) Pensa al tuo motore, tu. Vuoi questi 5000 franchi, sì o no?

Boutin                           - (supplicando) Ermanzia, io sono un povero diavolo, ho quarant'anni, ho inven­tato un motore, sto cercando 5000 franchi da dieci anni...

Signorina                       - Sono qui...

Boutin                           - (supplicando) Ma si scoprirà su­bito...

Signorina                       - (interrompendolo) Mi stanchi... (Va a una parete e suona. Valentino entra, que­sta volta dopo un intervallo normale).

Valentino                      - Signorina...?

Signorina                       - Avvertite il signore e la signora che il dottore li aspetta.

 Valentino                     - (stupito) Il dottore?

Boutin                           - (balbettando) Sì... Il dottore... (Valentino esce. Boutin geme).

Signorina                       - (offrendo la scatoletta) Succhia una liquirizia...

Boutin                           - E lui, il padrone, com'è?

Signorina                       - Cortese.

Boutin                           - Intendo dire, fisicamente...? For­te? Molto forte?

Signorina                       - Che vai a cercare?!

Boutin                           - Non ci sono soltanto i tribunali. Può anche rompermi il fil della schiena.

Signorina                       - Pensa al tuo motore.

Boutin                           - Ed avrò i miei 5000 franchi?

Signorina                       - Al 6 per cento, te l'ho detto.

Boutin                           - (indignato) Avevi detto al 5.

Signorina                       - (con una dolcezza livida) Ho avuto torto.

Boutin                           - (gemendo) Sei immonda! (Luciano ed Alice entrano, esuberanti e in tempo d'alle­gretto).

Luciano                         - Buongiorno, dottore. (Va verso di lui e gli tende la mano).

Boutin                           - Buongiorno.

Signorina                       - Avvocato. Il signor Galvoisier è avvocato... (Presentando) Mio fratello, il dot­tor Boutin... La signora Galvoisier... L'avvocato Galvoisier...

Boutin                           - Signora...

Alice                             - (stringendogli la mano con effusione) Siete stato così cortese a disturbarvi così...

Boutin                           - (balbettando) Ma è naturale, si­gnora, molto naturale...

Luciano                         - Vostra sorella vi ha di già spie­gato, senza dubbio, la nostra inquietudine, la nostra piccola inquietudine...

Boutin                           - Sì, sì...

Luciano                         - Già: caro dottore, la nostra pic­cola Cristiana...

                                      - (La porta di sinistra si apre e Cristiana entra, seguita dalla Signorina. Cristiana ha un viso chiuso ed inquieto. Tuttavia s'è un po' ripresa e si presta alle circostanze).

Alice                             - Eccola! (Va verso Cristiana) Entra, tesoro, vieni avanti. Non fare la tonta, su! Da un'ora gli stiamo parlando di te: il dottore ti conosce oramai a memoria. (Tornando alle pre­sentazioni formali) Mia figlia, dottore, il dot­tore...

Boutin                           - Boutin, signora, Boutin...

Cristiana                        - Buongiorno, dottore... (Si fa forza e va a porgere la mano al dottore).

Luciano                         - (ottimista) Come vedete, non è molto malata... In fondo è vergognoso avervi disturbato, dottore...

Boutin                           - Infatti confesso che... (Incontra lo sguardo della sorella) Tuttavia debbo dire che la vostra signorina figlia, senza presentare dei sintomi allarmanti, non mi sembra in uno stato di salute troppo florido...

Luciano                         - Sì, sì...

Boutin                           - Del resto non si sviene senza ra­gione... Avete appetito, signorina?

Signorina                       - (intervenendo) Non mangia niente...

Boutin                           - Ah, non mangia niente? (A Cri­stiana) E come dormite, signorina?

Cristiana                        - Malissimo, dottore.

Boutin                           - Ecco. Già, già... Dorme malissi­mo... (A Cristiana) Delle emicranie, ben inteso?

Cristiana                        - Sì, dottore, quasi sempre.

Alice                             - Avresti dovuto dirmelo, figlia mia.

Cristiana                        - Tu non sei medico, mamma.

Luciano                         - Lasciala stare, Alice... C'è il dot­tore...

Boutin                           - Caro avvocato, tutto è così chia­ro... La signorina vostra figlia attraversa una crisi d'anemia che io non definirei grave, ma seria... Ecco, seria... (Prendendo il coraggio a due mani, s'avvicina a Cristiana. Fa finta di guardarle le palpebre come la sorella le ha in­dicato) Vertigini, vero? E molta stanchezza al risveglio?

Cristiana                        - (assente) Sì, dottore...

Boutin                           - Scusate... (Prende i polsi di Cri­stiana e li misura) Grazie... (Grave) A questo punto non si può chiamare circolazione...

Signorina                       - (con dolcezza) Forse tu esageri, Giorgio...

Luciano                         - (severo) Signorina, vi prego.

Alice                             - Volete visitarla, dottore?

Boutin                           - (pronto) No, signora, no... (Più calmo) Sintomo più, sintomo meno... (Con cupo umorismo) Mia sorella deve avervi detto che nel quartiere dove esercito io, l'anemia è una ma­lattia generale... come la sotto alimentazione del resto... Molti borghesi rovinati... poveri dia­voli... ingegneri in miseria...

Luciano                         - (offeso) Scusate, ma mia figlia non è una povera diavola...

Boutin                           - (ubriacandosi dì parole) Certa­mente, no! L'anemia commette anch'essa degli errori. Io non ho che un consiglio da darvi, caro avvocato! Che la signorina vostra figlia prenda il primo treno per la campagna, la vera cam­pagna, che parta con due vestiti e senza cappello... che vi resti un certo tempo... al verde.. andando a letto alle otto, alzandosi alle sei... senza scrivere, né leggere, niente! (Pausa).

Alice                             - Senti, Cristiana?

Cristiana                        - (pensosa) Sì, mamma...

Luciano                         - Ora? È una cosa così urgente?

Boutin                           - (deciso) Sì, avvocato. Quando que-ste cose non sono più urgenti, vuol dire che   - ( sono diventate inutili.

Alice                             - Ma questa piccola...

Cristiana                        - (interrompendola) Lascia, mam­ma, il dottore ha ragione. Se bisogna farlo, io lo farò.

Luciano                         - Non vuoi che il dottore ritorni | tra qualche giorno quando avrò avuto il tempo di scovare...

Cristiana                        - (secca) Non voglio consulti... Non voglio altri dottori... Sono sicura che il dottor Boutin ha ragione..,

Boutin                           - Grazie, signorina.

Alice                             - (stupita) Vuoi andare ad annoiarti a morte, in un buco, per un mese?

Cristiana                        - (risoluta) Non mi annoierò, mamma. Non mi annoierò. Partirò stasera.

Alice                             - È pazza... Luciano?

Luciano                         - (con eloquenza) L'istinto della conservazione ha parlato: non sarò io a farlo tacere. Ringrazio il dottor Boutin. Cristiana partirà quando vorrà. Dove la si manda, dot­tore?

Boutin                           - Dove vuole. Quando una malata è così ragionevole, la si lascia scegliere. (Entra la cameriera).

Cameriera                      - Signora, la manicure vorrebbe andarsene...

Alice                             - (sussultando) Mio Dio! L'avevo di­menticata... Permettete, dottore?

Boutin                           - Prego, signora... (Alice esce di corsa).

Cristiana                        - (va verso il dottore) Grazie, dot­tore. (Lo guarda negli occhi) Non dimenticherò il servigio che mi avete reso.

Boutin                           - Dimentichiamolo invece.

Cristiana                        - Se permettete, io mi ritiro.

Boutin                           - Prego... Spero che mia sorella mi darà vostre notizie...

Cristiana                        - Ve lo prometto.

Boutin                           - (con dolcezza) E che saranno buo­ne... (Un po' commosso) Io avrò fatto tutto il mio possibile...

Cristiana                        - (stringendogli la mano) Grazie... (Va verso la porta) Venite, Signorina.

Signorina                       - Vengo. (A Boutin). Ti telefo­nerò.

Boutin                           - Sì... (Con la giusta preoccupazione dei propri affari) Non dimenticare... (Cristiana e la Signorina escono).

Luciano                         - Non resta più, anche a me, che ringraziarvi...

Boutin                           - Non c'è di che, avvocato, non c'è di che...

Luciano                         - (mette due biglietti di banca in una busta) ...ed a pregarvi di accettare... (Gli tende la busta).

Boutin                           - (sussultando) Ah, no!

Luciano                         - Prego, prego.

Boutin                           - No, davvero...

Luciano                         - (insistendo) Mio dovere...

Boutin                           - Niente, assolutamente niente! Un consiglio non è un consulto... Qualsiasi dottore onesto può dire che io non ho fatto un consulto.

Luciano                         - Non oso più insistere... (Con di­screzione) Consegnerò questa busta a vostra so­rella...

Boutin                           - (scattando) Ah, no! Peggio!

Luciano                         - (rinunciando) Siete intrattabile! (Lo riaccompagna verso la porta) È delizioso. (Come colpito da un'idea) Accidenti! Dimenti­cavo! Sapevo bene che volevo chiedervi qual­cosa!

Boutin                           - (ansioso) Su, su, voi state benis­simo!

Luciano                         - No, non è questo. Ma parlavate poco fa d'ingegneri tra i vostri clienti...

Boutin                           - (ansioso) Sì, sì...

Luciano                         - Ebbene, ecco... Figuratevi che mi è capitato tra capo e collo l'incartamento della liquidazione delle Officine Groumart... I miei clienti vorrebbero che prendessi un ingegnere consulente. (Bonario) Se voleste far guadagnare una presa di bigliettini da mille a uno dei vo­stri clienti... (Ridendo) Chissà che non possa aiutarlo a pagarvi i vostri onorari, no?

Boutin                           - (atterrito) Già... Ecco, sarebbe stata un'occasione...

Luciano                         - È ancora lì, pronta...

Boutin                           - (avvilito) No, no... Ora non più... Perché l'ingegnere al quale pensavo io... Oh, era una persona come si deve, veramente com­petente!

Luciano                         - Benissimo allora!

Boutin                           - Ma ora, ecco, non posso più rac-comandarvelo...

Luciano                         - (stupito) Che ha fatto?

Boutin                           - Oh, niente di... ma comunque qualcosa che non vi piacerebbe...

Luciano                         - Già, allora, evidentemente...

Boutin                           - (desolato) Soltanto, non ha for­tuna! No, non ha fortuna quello lì...

Luciano                         - (ridendo e dandogli un colpettino sulla spalla) Non ci pensate: ne troverò un altro.

Boutin                           - Ma quello lì andava così bene... Sarebbe andato così bene...

Luciano                         - (vicino alla porta, suona) Ho molta fretta. Scusate se non vi accompagno.

Boutin                           - (desolato) Vi scuso se non mi ac­compagnate! (Valentino entra).

Luciano                         - Accompagnate il dottore, Valen­tino... (Tende le mani a Boutin) E mille volte grazie...

Boutin                           - (assente) Di niente... Di niente...

Luciano                         - (ridendo) Pensate sempre al vo­stro ingegnere...?

Boutin                           - (andandosene) Gii è che... (sospi­ra) sarebbe andato così bene! (Esce balbettando ancora) Proprio bene! (È sparito con Valen­tino). (Luciano si precipita verso la porta di sinistra. S'imbatte in Alice che entra).

Alice                             - Se n'è andato?

Luciano                         - Che volevi da lui?

Alice                             - Invitarlo a pranzo per venerdì.

Luciano                         - Gli telefonerai... (Preso da una idea improvvisa) Ma tu non ci sarai venerdì. Tu partirai con Cristiana.

Alice                             - (freddamente) Sta bene. (Gelida) Chiuderemo casa.

Luciano                         - E dove dovrei mangiare: al ri­storante?

Alice                             - Ciascuno deve fare i propri sacri­fici, mio caro. Evidentemente Dio sa quel che i tuoi amici, i tuoi colleghi racconteranno: che sei rovinato, che noi divorziamo, insomma Dio sa che. Ma io chiudo casa. Non vado a seppel­lirmi in campagna perché i miei domestici in­tanto vendano le mie tovaglie ed i miei cuc­chiai, mentre mio marito organizza delle feste galanti su tutti gli angoli dei miei divani! (Si sente bussare discretamente alla porta di sini­stra e la Signorina entra, tenendosi con discre­zione sulla soglia).

Signorina                       - Io e Cristiana usciamo, signora. Essa vuol comperarsi una valigia ed una borsa da viaggio, dei libri...

Alice                             - Sta bene: andate...

Signorina                       - Mi sono permessa di suggerire a Cristiana un angolo che io conosco bene, tra Tolone e Hyères... a qualche chilometro dal mare. Una vera oasi...

Alice                             - Nel deserto, mi par di vederlo! Cri­stiana deve aver danzato dalla gioia!

Signorina                       - Ne è molto contenta... È molto felice, ora... Faremo un po' di pittura...

Alice                             - (debolmente) Ah, avevate l'inten­zione di accompagnarla?

Signorina                       - Oh, a me la campagna non fa paura, signora... (Sorridendo) Abbiamo l'inten­zione di imparare l'inglese insieme.

Alice                             - Non è il tempo che vi mancherà...

Signorina                       - Cristiana manderà sue notizie due volte la settimana... Ci penserò io...

Alice                             - (con calore) Tutto ciò va molto bene. Ed io vi sono riconoscentissima...

Luciano                         - Grazie! Troppo buona! Voglio però che Cristiana mandi sue notizie tutti i giorni e non due volte la settimana.

Signorina                       - (con dolcezza) Avrà tutto il tempo...

Luciano                         - E tu le risponderai ogni otto giorni... E poi l'inglese... l'inglese... perché l'inglese? (Deciso) Deve imparare l'italiano. (Con autorità) Inutile poi dirvi che conto anche su qualche notizia regolare da parte vostra...

Signorina                       - Era appunto questa la mia in­tenzione...

Luciano                         - (ad Alice, severamente) Hai qual­cosa da aggiungere?

Alice                             - (con dolcezza) No, amico mio, no.

Luciano                         - Neanch'io. (Alla Signorina) Quan­do contate partire? (In questo momento Cri­stiana è entrata silenziosamente dalla porta di sinistra. Ed è lei che risponde).

Cristiana                        - Questa sera, papà, se vuoi...

Luciano                         - (allegro) Ah, eccoti qua, tu! L'anemica, nevrastenica! Una Galvoisier! Va, non ti compiango!

Cristiana                        - (quasi allegra) Neanch'io.

Luciano                         - Una bella dozzina di buone set­timane a ruzzolare al sole, sotto i pini, col mare in fondo alla strada, a leggere dei buoni libri, ad imparare l'italiano          - lingua inventata per l'amore - andare a letto con le galline!

Alice                             - (sospirando) Essa non conosce la propria felicità.

Cristiana                        - Ma sì, mamma, sono felice.

Alice                             - (tace).

Luciano                         - E vuoi proprio partire stasera?

Cristiana                        - Sì, papà.

Luciano                         - Con la Signorina?

Cristiana                        - Ma sì, papà...

Luciano                         - Tua mamma verrà a trovarti, ogni tanto...

Cristiana                        - (con impercettibile ironia) Ne sono sicura, papà...

Luciano                         - Ed anch'io, se mi capita di di­fendere da quelle parti...

Cristiana                        - (c. s.) Certo, papà...

Luciano                         - (gioviale) Meno male! (Va verso di lei e fa per passarle un braccio attorno alla vita) Un bacio al tuo vecchio papà! (Ma Cristiana s'è sciolta nervosamente) Che ti prende?

Cristiana                        - Ma niente, papà! (Nervosa) Non mi piace che mi si tocchi!

Luciano                         - (s'allontana d'un passò un po' seccato e un po' afflitto) Scusa!

Cristiana                        - (con dolcezza) Lascia che tibaci io, su! (Va verso di lui e lo bacia senza toccargli altro che la guancia con le labbra),

Alice                             - E il tuo Presidente, Luciano...?

Luciano                         - (scattando) Accidenti! Lo dimen­ticavo! (Si precipita verso la porta di sinistra ed esce).

Alice                             - (correndogli dietro) Luciano! Luciano! (Esce anche lei e la si sente gridare dietro la porta) Lasciami dei soldi, Luciano! (la sua voce si perde. Cristiana e la Signorina re­stano un momento una di fronte all'altra, poi:)

Signorina                       - (con dolcezza) Usciamo, Cristiana?

Cristiana                        - (assente) Sì...

Signorina                       - Venite a mettere il cappello. Abbiamo molto da fare prima di sera...

Cristiana                        - Meglio così!

Signorina                       - Vedete che tutto è accomodato?

Cristiana                        - Vedo... (Guarda la Signorina) Quel che non vedo è...

Signorina                       - Stasera, in treno, mi chiederete tutto ciò... (Come sono vicino alla porta, la Signorina si fa in disparte e pone leggermente la mano sulla spalla di Cristiana) Passate... (Cristiana ha un sussulto. La Signorina ritira la mano, poi seccamente) Passate! (Quando la Signorina e Cristiana stanno per lasciare la sala, Valentino entra dall'altra parte: ha in mano le scarpe di Luciano. La cravatta è un po' di traverso: è lievemente spettinato, come colui che s'è lasciato andare ad accarezzare troppo da vicino la bottiglia).

Valentino                      - (con voce vaga) Allora cosa? Vi faccio scappare?

Cristiana                        - (impietrita, sulla soglia) Siete pazzo, Valentino?

Valentino                      - (felice) No, signorina, sto bene. Metto il Vouvray in letto... in bottiglie... meno le scarpe del signore che gli porto graziosamen­te... (Alza le scarpe all'altezza del naso).

Signorina                       - (secca) Andiamo, Cristiana. Quest'uomo è ubriaco!

Cristiana                        - (alzando le spalle) Andate a letto, Valentino; sarà meglio.

 (Cristiana e la Signorina escono).

Valentino                      - (bilioso e impacciato) A letto? A letto? Come parlano! Sappiamo quel che sappiamo! Oh madonnina! (È vicino alla pol­trona di Luciano: vi cade a sedere e mette da­vanti a sé, sulla scrivania le scarpe con un sor­riso ebete. In questo momento Alice entra. È vestita. per uscire. Vedendo Valentino assiso nello studio, ha un sobbalzo).

Alice                             - Ebbene, Valentino, amico mio, non fate complimenti...

Valentino                      - Finalmente una parola gentile.

Alice                             - (furente) In piedi, Valentino, e presto!

Valentino                      - Facile a dirsi!

Alice                             - (sbalordita) Oh! (Corre alla porta di sinistra e chiama) Luciano! Luciano! Vieni presto, Luciano!

Valentino                      - (alzandosi penosamente) Mi al­zo, mi alzo... Non sarà lui che mi aiuterà! (En­tra Luciano: è in tait e tuba, guanti bianchi).

Valentino                      - Mai visto così bello!

Alice                             - Luciano, quest'uomo ha di nuovo bevuto! Mettilo alla porta immediatamente!

Luciano                         - Su, filate, ragazzo! Fate fagotto! Fuori! Nella strada! E se indugiate un istante, chiamo una guardia... (Lo trascina verso la porta) Su! Ripasserete a farvi pagare quando sarete a stomaco vuoto!

Valentino                      - (dibattendosi) Un momento! Aspettate! Ho qualche cosa da dire! Sappiamo quel che sappiamo, noi!

Luciano                         - Ecco! Su, via! Un'altra volta!

Valentino                      - (impacciato) Un'altra volta? (Riflette da ubriaco) Sta bene! Un'altra volta! (E ripete con uno sguardo subdolo, come se i fumi del vino fossero scomparsi) Un'altra volta!

Luciano                         - (trascinandolo) Fuori! Fuori!

Valentino                      - (fermandosi sulla soglia) Ora non sono in istato di trattare un affare, ma ri­tornerò, sapete, ritornerò! (Luciano lo trascina fuori ed esce).

Alice                             - (sospirando) Che vita, mio Dio, che vita! (Suona. La cameriera entra) Togliete quel­la roba, Teresa! (Indica le scarpe sulla scrivania di Luciano).

Cameriera                      - Sissignora.

Alice                             - (guardandola) Che avete? Avete pianto?

Cameriera                      - Sissignora... È il mio amico. Vuol condurmi in Argentina con mia sorella...

Alice                             - (sbalordita) Per far che?

Cameriera                      - Ha detto che me lo spiegherà a bordo...

 Alice                            - (indignata) L'avrete mandato a quel paese, spero?

Cameriera                      - Oh, signora! È il mio amico...

Alice                             - E allora?

Cameriera                      - Allora partirò mercoledì, si­gnora.

Alice                             - (furente) Buon viaggio! (La came­riera esce).

Luciano                         - (entrando) È seduto sul pianerot­tolo. Io scendo con lui. (Ed esce precipitosa­mente).

Alice                             - (gridando) Che bruto! Ti accompa­gno! (Entrano la Signorina e Cristiana vestite per uscire. Alice si getta sulla figlia con un'im­provvisa e assurda tenerezza) Arrivederci amor mio, bellezza! A fra poco! Hai del denaro?

Cristiana                        - Sì, mamma.

Alice                             - (con effusione) Compera quello che vuoi! Tutto quello che vuoi! E fa attenzione at­traversando le strade!

Cristiana                        - Sì, mamma.

Alice                             - E su: tieniti diritta!

Cristiana                        - Sì, mamma.

Alice                             - (andando verso la porta dell'antica­mera, alla Signorina) Avete capito? Che si ten­ga diritta! (A Cristiana) Io mi tengo diritta, io : questo mi ringiovanisce di dieci anni! (Esce sbattendo la porta). (Pausa).

Signorina                       - (piano) Date loro il tempo di scendere. Farò poi salire l'ascensore.

Cristiana                        - Non ne ho bisogno.

Signorina                       - Perché stancarvi? Potreste sci­volare su un gradino...

Cristiana                        - Non ne ho bisogno! (Guarda la Signorina duramente, poi di colpo) Andate a svestirvi! Uscirò senza di voi!

Signorina                       - (con un grido) Mai!

Cristiana                        - Mai?

Signorina                       - (secca) Mai!

Cristiana                        - (getta il cappello attraverso la scena) Ebbene: non usciremo.

Signorina                       - (va lentamente a raccogliere il cap­pello e lo porge a Cristiana) Rimettete il vostro cappello e usciamo. Non è per il mio piacere. Io non ho niente da comperare.

Cristiana                        - (torna a gettar via il cappello) Io non so se usciremo : ma quel che so è che voi dovete spiegarvi...

Signorina                       - (rinculando leggermente davanti a Cristiana che le viene incontro, ma calma) Spiegare cosa?

Cristiana                        - Ve lo dirò io. (Guardandola occhi negli occhi) Quell'uomo che è venuto... vostro fratello... non è dottore, vero?

Signorina                     - (con dolcezza) No. Non è dot­tore.

Cristiana                      - E perché avete architettato la mia partenza, oggi?

Signorina                     - (tranquillamente) Perché questo vi salva.

Cristiana                      - Non è vero. Voglio la spiega­zione... la vera!

Signorina                     - E se no...?

Cristiana                      - Se no, com'è vero che c'è un Dio, non parto né stasera né domani, né mai! Resto! (Guarda la Signorina) Siete voi, ora, che mi fate paura! (La Signorina guarda anch'essa Cristiana a lungo. Siede; poi, di colpo, sotto­voce, balbetta).

Signorina                     - Venite qui... (Cristiana fa un passo) Più vicino... (La sua voce è diventata dolcissima. Cristiana, stupita, le si è avvicinata. La Signorina tende le mani timidamente verso Cristiana che crede a uno slancio sentimentale e tende anch'essa le proprie mani verso la Signo­rina. Poi, a bassa voce) No. Non le vostre mani! Lui! Lasciate che lo senta... Lui... (Balbetta ancora) Lui! (Mette le sue mani timide, quasi tremanti sui fianchi di Cristiana. Cristiana, stu­pita e commossa, la lascia fare, si lascia acca­rezzare pian piano i fianchi, il ventre. Final­mente la Signorina, sottovoce, gli occhi smar­riti) È la prima volta! La prima volta!

Cristiana                      - (imbarazzata, indietreggia legger­mente) Lasciatemi! (La guarda, poi molto commossa) Signorina! (S'inginocchia accanto alla, poltrona della Signorina) È questa... la spiegazione?

Signorina                     - (ansiosa) Alzatevi! Alzatevi! Vi può far male...

Cristiana                      - (si rialza un po' pesantemente, aiutata dalla Signorina) È questa la spiega­zione?

Signorina                     - (con voce sorda   - in un'estasi so­litaria - dove neanche Cristiana non conta più) Una volta... una sola volta... aver veduto... aver tenuto... essere stata qualche cosa nella vita di un piccino, aver aiutato un piccino... Vederlo nascere! Nascere! Stringerlo subito... Questa volta almeno, io sarò lì... Sarò la pri­ma... prima di voi... Io lo... Son due mesi che non penso ad altro.

Cristiana                      - (calmandola) Su, su... Avete pur una famiglia... delle sorelle... delle cu­gine...

Signorina                     - Nessuno! Un fratello : non è spo­sato! (Sogghignando) E io!

Cristiana                      - Perché non siete sposata?

Signorina                     - (con un grido) Che orrore! (Con voce sorda) Odio gli uomini, tutti gli uomini! Prima che un uomo mi toccasse, l'avrei stran­golato! (Smarrita) Ma non è giusto! Non è giusto!

Cristiana                      - Che cosa non è giusto?

Signorina                     - L'uomo! Per le donne come me, dovrebbe esserci un altro mezzo... Sono stata in. otto posti... Ed ogni volta mi si metteva alla porta quando essa si sposava... quando stava per venire il figlio... Quel giorno io non ser-i vivo più. Almeno stavolta, non mi si manda via!... (Con un piccolo riso stridulo) Non si sa! Non si può mandarmi via!... (Con calma improvvisa) Sì... Credo che stavolta tutto andrà bene...

Cristiana                      - E dopo? Dopo? Quando sarà venuto?

Signorina                     - Dio provvedere.

Cristiana                      - Si dice così.

Signorina                     - (illusa) Vedrete! Troverete!

Cristiana                      - (trasportata dall'esaltazione della Signorina) Sì, lo credo. So quel che farò dopo... Verrò un giorno a gettarmi ai piedi di papà e mamma... Non mi sentirò più macchia­ta... sporca come in questo momento! Se non mi vorranno più, prenderò delle lezioni, diven­terò infermiera o istitutrice... Nessuno sentirà più parlare di me...

Signorina                     - (riprendendosi) Laggiù avrete tutto il tempo di prendere delle decisioni... (Si alza) Mettete il cappello ora e andiamo...

Cristiana                      - (umilmente) Sì... (Si mette il cappello e presa da improvvisi rimorsi) Vi ho parlato male, poco fa, molto male...

Signorina                     - (ritornata quel ch'era sempre, con voce secca e dolce) Se fossi in voi non ci penserei più...

Cristiana                      - (con uno slancio) Signorina!

Signorina                     - Che c'è?

Cristiana                      - Vorrei... Lasciate che vi dia un bacio...

Signorina                     - (senza condividere in nulla l'emo­zione di Cristiana) Che puerilità!

                                      - (Cristiana viene verso di lei timidamente. Im Signorina tende appena la guancia. Cristiana vi depone un timido bacio).

Signorina                     - Prego, passate! (E quando Cri­stiana è passata, la Signorina, col dorso della mano, si pulisce la guancia).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La stessa scena, quattro mesi dopo, di sera. Tutti i lampadari sono accesi. Fiori nei vasi. In fondo alla scena una tavola a rotelle con li­quori, bicchieri, scatole di sigari e sigarette. Le tendine della finestra sono chiuse. Quando il sipario si alza, Edoardo, il nuovo cameriere dei Galvoìsier sta mettendo a posto, sulla tavola, le scatole dei sigari e delle sigarette. Alice entra di volata: è in abito da sera.

Alice                             - Che ora è, Edoardo?

Edoardo                        - (guardando il proprio orologio) Le sette e mezzo, signora.

Alice                             - Le ostriche sono giunte?

Edoardo                        - Sissignora.

Alice                             - I gelati anche?

Edoardo                        - Non ancora.

Alice                             - È spaventoso.

Edoardo                        - Oh, signora: ho visto dei gelati giungere proprio al formaggio. Non c'è da in­quietarsi. Giungono sempre.

Alice                             - Li assaggerete prima di servire : l'ul­tima volta erano salati come del gambone.

Edoardo                        - In tal caso la cuoca servirà delle frutta al maraschino.

Alice                             - Ecco. (Cercando) Che altro?

Edoardo                        - La signora desidera che annunci gli invitati?

Alice                             - No! Ah! I fiori per la camera della signorina Cristiana...

Edoardo                        - Il fiorista li ha portati, signora. Sono magnifici.

Alice                             - E dove sono?

Edoardo                        - In dispensa...

Alice                             - (suona due volte) Non è il loro po­sto. Essa sta per giungere e niente è in ordine! (Giulietta entra. È la nuova cameriera. Dovrà essere molto differente delle prime due perché il cambiamento possa essere subito notato).

Giulietta                        - La signora ha chiamato?

Alice                             - Vi avevo detto di portare i fiori nel­la camera della signorina appena fossero giunti. Che aspettate?

Giulietta                        - Preparavo i vasi, signora.

Alice                             - Le tendine sono state messe?

Giulietta                        - Sissignora.

Alice                             - Che effetto fanno?

Giulietta                        - Un sogno!

Alice                             - E il paralume?

Giulietta                        - Sissignora : tutto è pronto, meno i fiori.

Alice                             - Su, allora : sbrigatevi!

Luciano                         - (giunge correndo. È in pantaloni e gilet di frak ma con una giacca qualunque) Giulietta! Giulietta!

Giulietta                        - Sono qui.

Luciano                         - Ah! La camera della signorina Cristiana è pronta?

Giulietta                        - Quasi: vado a mettere i fiori.

Luciano                         - Su, presto, presto! (Guarda l'oro­logio) Sta entrando in stazione: le 7 e 29. (Giu­lietta esce).

Alice                             - Sta bene, Edoardo. Andate a finire in sala da pranzo. Avete sedie sufficienti?

Edoardo                        - Sissignora: ho preso tre sedie in anticamera.

Luciano                         - Va bene. Andate. Ah! Quando la signorina verrà... lo capirete perché essa suona due volte... andando ad aprire chiudete la por­ta della sala da pranzo, perché non dubiti di niente.

Edoardo                        - Sissignore. (Esce).

Luciano                         - (ansioso) Sei sicura che il vestito le andrà bene?

Alice                             - Ma sì: ho dato per modello il ve­stito blu della Baule.

Luciano                         - Come per « modello »? Hai fatto rifare lo stesso vestito?

Alice                             - Ma no: tu non capisci! Non ti occu­pare di queste cose!

Luciano                         - Guarda... (Cava di tasca un astuc­cio da braccialetto che apre e mostra ad Alice) Non c'è male, eh?

Alice                             - Ah! Ed è vero?

Luciano                         - (indignato) Per chi mi prendi?

Alice                             - (un po' amara) Avresti potuto pen­sare anche a me, andando a fare le provviste.

Luciano                         - Ci ho pensato: ma mi son trat­tenuto. (Ridendo) Non avevo l'intenzione di dare marito, a te... O se ho questa intenzione, è meglio che la tenga per me...

Alice                             - Hai l'intenzione di maritare Cristia­na? A chi?

Luciano                         - Non so. È un'intenzione perma­nente.

Alice                             - È meno faticosa che di andarla a trovare.

Luciano                         - Ah, scusa: io ci sono stato a tro­varla!

Alice                             - Una volta, in quattro mesi! E poi perché passavi lì vicino.

Luciano                         - Per trovare che era assente, per una gita, e dover ripartire senza averla vista. Capirai che non mi ha dato la voglia di rico­minciare. Ma sei straordinaria, tu! Ci sei stata, tu, a trovarla?

Alice                             - Scusa, scusa. Io sapevo prima che non avrei potuto andare. L'avevo avvertita.

Luciano                         - Già: le tue sedute all'Istituto.

Alice                             - Scherza, scherza. Intanto io ho se­dici anni...

Luciano                         - (sobbalzando) Eh?

Alice                             - Ignorante! Ho le arterie, i muscoli, la circolazione di una giovinetta di sedici anni!

Luciano                         - Dev'essere un bell'imbarazzo... Parliamo sul serio, su. Non sei un po' inquieta?

Alice                             - Perché? Per Cricri?

Luciano                         - Diamine! Ti pare naturale che le ultime tre lettere le abbia dettate alla Signo­rina?

Alice                             - Se si è fatta un taglio al dito.

Luciano                         - Un taglio al dito, un taglio al dito... È quello che dice lei. Forse per non spa­ventarci. Può essersi tagliata la mano.

Alice                             - O il braccio...

Luciano                         - Io sarò tranquillo quando l'avrò vista.

Alice                             - Dovevi andare a prenderla alla sta­zione.

Luciano                         - Già: in frak... La nostra sorpre­sina, qui, la divertirà molto di più.

Alice                             - Ah, la chiami una sorpresina...? Un vestito meraviglioso di Lanvin... Un braccialetto, la sua camera trasformata e un pranzi» di venti coperti...

Luciano                         - (ridendo) Avrà appena il tempo! di vestirsi... Che dice esattamente il telegramma?

Alice                             - (prendendo il telegramma sulla propria scrivania) «Sarò Parigi diciannove trenta»,! Non c'è altro.

Luciano                         - Poteva spendere tre soldi di più e aggiungere: «Tenerezze»...

Alice                             - Non è firmato. Probabilmente è la I Signorina che l'ha spedito.

Luciano                         - Se fosse stata la Signorina avreb­be messo « saremo Parigi » e non «sarò Pari­gi»... Un modo buffo di fare le cose. (Entra Maurizio da sinistra. È vestito da pomeriggio ed ha una faccia lugubre).

Luciano                         - Ah, eccoti qua, tu! Di dove vieni?

Maurizio                        - (lugubre) Dal Bois! Sono venuto a piedi...

Alice                             - Che idea!

Maurizio                        - Avevo voglia di camminare...

Luciano                         - Che è quella faccia da funerale?

Maurizio                        - Non ho una faccia da funerale...

Luciano                         - Hai l'aspetto d'un gatto malato.

Maurizio                        - Ho l'emicrania.

Alice                             - Va' a vestirti lo stesso.

Maurizio                        - Non pranzo...

Luciano                         - (secco) Va' a letto.

Maurizio                        - Vado in camera mia... (Si di­rige lentamente verso la porta).

Alice                             - (preoccupata, chiamandolo) Mau­rizio!

Maurizio                        - (fermandosi) Mamma? (Esce).

Alice                             - Insomma, che ti prende, Luciano? Non vedi che quel ragazzo non aspetta che d'es­sere interrogato?

Luciano                         - Già: credi che mi sia sfuggito?

Alice                             - Allora?

Luciano                         - Allora, il signorino ha commesso qualche nuova balordaggine specialmente pe­pata, e sarebbe stato felice che noi gli porges­simo il salvagente... Se tuo figlio vuol parlare, parlerà chiaramente, e da solo. Ho la sensazio­ne che non ci farà aspettar molto.

Alice                             - Che può avere contro Cristiana?

Luciano                         - Lui? Niente! Ma... (Scimiottandolo) Oh, com'è nauseato della vita! (Giulietta entra. Ha in mano dei gambi tagliati e delle carte trasparenti di fiorista).

Giulietta                        - Ho messo a posto i fiori, ma forse la signora farà meglio venire a vedere se sono di suo gusto.

Alice                             - Vengo, Giulietta! (Giulietta esce). Spero che nessuno verrà prima delle nove...

Luciano                         - Se hai messo le nove sugli in­viti... (Impaziente come un fanciullo) La sua camera ora! La sua camera! (Intenerito) Birba d'una figliola! Quanto le vogliamo bene! Ah, posso proprio dire che ho sentito la sua man­canza!

Alice                             - Anch'io l'ho sentita: non sei tu il solo ad avere del cuore!

Luciano                         - Che ti piglia? Tu sei una madre perfetta... ed io sono un padre... senza pari.

Alice                             - No... (Ridendo) Insomma siamo con­tenti di noi.

Luciano                         - (ridendo) - Io, raggiante.

Alice                             - Io avrò avuto almeno venticinque volte la voglia pazza di partire, di piantarti, per andare a passare otto giorni con lei...

Luciano                         - Sono sicuro che le hai scritto delle lettere commoventi...

Alice                             - Taci! Non sai i tè che mi ha fatto perdere...

Luciano                         - La settimana scorsa, a Monteli-mar, ho perduto il treno per andare a spedirle dei cioccolatini.

Alice                             - (ridendo) Ma! I figli prendono un tal posto!

                                      - (Si sente alla porta d'ingresso due scampanel­late, molto calme, spaziate quasi).

Luciano                         - Lei!

Alice                             - Non è la sua scampanellata!

Luciano                         - È quella della Signorina. (Egli si precipita verso la porta di destra e chiama) Edoardo! Edoardo!

Edoardo                        - (entrando) Ho sentito, signore.

Luciano                         - Fatela entrare qui... E ditele di aspettare cinque minuti qui, senza muoversi... Noi le prepariamo una sorpresa... Il tempo di togliersi il cappello, e noi siamo qui. (Alice esce di corsa da sinistra).

Edoardo                        - Sissignore... (Altre due scampa­nellate eguali alle altre due).

Luciano                         - Su, presto... (Egli corre verso la porta di sinistra ed Edoardo verso quella di de­stra. Luciano, sulla soglia) Edoardo, non par­lare del pranzo... È una sorpresa anche quella! (Ed esce di corsa).

                                      - (Rimasto solo, Edoardo ha una smorfia di compassione per le fantasie dei padroni e va ad aprire la porta. La scena rimane vuota un istante; poi Edoardo rientra e si fa in disparte: la Signorina entra. Ha in mano la valigia del primo atto. Il suo viso è più smorto, più impassibile che mai. Breve pausa, il che potrà far credere che la Signorina sia tornata sola, poi:)

Signorina                       - (che è rimasta accanto alla porta, verso l'interno) Cristiana!

Voce di Cristiana          - Eccomi. (Cristiana en­tra: ha un tailleur da viaggio, molto semplice. Sembra molto stanca, un po' debole. Non ha ancora una bella cera, si capisce - almeno per il pubblico che sa - una giovane madre alla fine delle sue fatiche. Ma si capisce anche che essa è padrona dei suoi nervi: sia finta o na­turale, essa manifesta la maggiore disinvoltura ed una gaiezza pacifica).

Cristiana                        - (ad Edoardo) Siete il nuovo ca­meriere?

Edoardo                        - Sissignorina.

Cristiana                        - Vi chiamate?

Edoardo                        - Edoardo, signorina.

Cristiana                        - Siete qui da molto tempo?

Edoardo                        - Tre mesi e venti giorni.

Cristiana                        - (ridendo) Una bella costanza! (Stupita) Che significa? Ho dato un'occhiata alla sala da pranzo... Che c'è? Un pranzo?

Edoardo                        - È un vero peccato che la signo­rina abbia guardato... Il pranzo doveva essere una sorpresa per la signorina...

Cristiana                        - (gaia) Allora, non ho visto nulla. I miei genitori non sono rientrati?

Edoardo                        - Oh, sì, signorina. E preparano al­tre sorprese alla signorina. Si raccomandano molto che la signorina li aspetti qui... senza muo­versi... (In confidenza) Stanno preparando una quantità di cose nella stanza della signorina...

Cristiana                        - (sorridendo) Sta bene: aspet­terò che vengano a cercarmi. Grazie, Edoardo.

Edoardo                        - Posso andare?

Cristiana                        - Potete... (Edoardo fa un pic­colo saluto muto ed esce da destra. Breve pausa).

Signorina                       - (piano) Sedete, Cristiana...

Cristiana                        - Non sono stanca...

Signorina                       - (alzando le spalle) Non siete stanca! Sedete...

Cristiana                        - (obbedendo) È così strano essere qui di nuovo... Mi sembra di tornare dall'altro mondo.

Signorina                       - Voi venite abbastanza da lon­tano...

Cristiana                        - (pensierosa) Sì... (Ansiosa) Si vede?

Signorina                       - No: vi siete truccata bene...

Cristiana                        - (con una smorfia) Non siete dif­ficile. Aspettate domani, quando avrò del pharaon... (Si guarda intorno ed ha un grande so­spiro di sollievo) Che stanno preparando? (Con un sorriso) Ecco quel che si dice avere dei ge­nitori complicati. (Si alza a metà) Ho voglia di andare a vedere.

Signorina                       - Lasciate che si divertano...

Cristiana                        - E questo pranzo! Sono invero­simili... (Fa una smorfia).

Signorina                       - (piano) Non va?

Cristiana                        - Sì... (Con molto pudore, a mez­za voce) Il seno mi tira un po'...

Signorina                       - (con una lieve durezza nella voce) Siete ben delicata...

Cristiana                        - (con un grido) Dio! (Fruga pre­cipitosamente nella borsetta e ne toglie una pic­cola busta che porge alla Signorina) Mettetela nella vostra borsetta. Me la darete dopo.

Signorina                       - Che è?

Cristiana                        - (un po' impacciata) La foto­grafia del piccino... Io lascio tutto in giro...

Signorina                       - Date qua... (Prende la fotogra­fia quasi come se riprendesse a Cristiana qual­cosa che le appartiene. Mette via, avidamente, la fotografia nella propria borsetta) Nessuno verrà a cercarla qui... Io non lascio niente in giro... (Pausa) Cristiana... Cristiana... tra due minuti voi rivedrete i vostri genitori e non sa­pete ancora quel che direte loro...

Cristiana                        - (di colpo violenta) Ma sì! Ma sì! Lo so! Dirò loro tutto... E subito... Nella mia camera, lì... Vuoterò il sacco...

Signorina                       - Siete pazza? Con tutti gli invi­tati che saranno qui tra poco?

Cristiana                        - Appunto! Gli invitati accomo­dano tutto... Non si può metterli alla porta... Papà e mamma avranno così qualche ora da­vanti a loro per sapere che cosa fare... Po­tranno pensarci... (Agitata) E poi no: neanche nella mia camera. Qui appena entrano. Sarà la prima cosa che dirò loro. Intanto, ci sarete voi... Questo mi darà coraggio... Voi direte loro quan­to ho sofferto... come tutto ciò è stato brutto, atroce, miserabile...

Signorina                       - (con un segreto fervore) Io non ho visto niente di brutto, di atroce...

Cristiana                        - Ah, no? Neanche quei due gior­ni a Hyères? Quella stanza che sapeva d'acido fenico; quell'orribile donna coi guanti di gom­ma... (Con una smorfia di nausea) Ah! Dimen­ticare! Dimenticare tutto ciò... (In questo mo­mento la cameriera entra di corsa, da destra e attraversa la scena. Ha in mano uno scatolone che è stato evidentemente portato ora).

Cameriera                      - (passando) La signora fa dire alla signorina di non impazientirsi. (Indicando la scatola) Ora tutto sarà pronto.

Cristiana                        - Che c'è in quella scatola?

Cameriera                      - Non so, signorina : ma cert4 qualcosa per lei. (Esce).

Signorina                       - Che direte esattamente a vostra madre?

Cristiana                        - Tutto... dalla Baule fino ad oggi…

Signorina                       - E per domani? Per dopo?

Cristiana                        - Quel che ho deciso... Domani sera, dopo domani al più tardi, riparto, torno I laggiù... (Con amarezza) È mio dovere, no?

Signorina                       - (con riserva) È curato bene...

Cristiana                        - È mio dovere egualmente... E poi la mia vita è spezzata, no? Allora, che io sia laggiù o altrove...

Signorina                       - (alzando le spalle) Avete diciannove anni... La vostra vita non è affatto spez­zata...

Cristiana                        - Non dite sciocchezze!

Signorina                       - (scuotendo il capo) Vi occorrerà molto coraggio per dire tutto...

Cristiana                        - (fermamente) Vedrete... (Stor­dita) E vedrete che mammà mi avrà scelto un vestito blu con la cera che ho! (La porta si apre. Entra Maurizio. Ha una cera lugubre come al principio detratto e bada appena a Cristiana).

Maurizio                        - (a Cristiana) Ah, sei tu?

Cristiana                        - Meno male! Non ti sorprendi troppo, tu...

Maurizio                        - Che vuoi che mi sorprenda? Non mi hai mai scritto una volta...

Cristiana                        - No. Ma ho risposto puntual­mente a tutte le lettere che non mi hai scrit­to tu.

Maurizio                        - Avevo altro da pensare... (Guar­da un momento la Signorina, poi con uno slan­cio improvviso di simpatia che suona falso) Buongiorno, Signorina!

Signorina                       - (fredda) Buongiorno, signor Maurizio.

Maurizio                        - (va alla biblioteca e ne toglie un libriccino legato in cuoio) La campagna vi ha fatto bene. Avete una cera magnifica.

Signorina                       - Grazie...

Maurizio                        - E poi giungete a proposito... (Pausa). Non mi chiedete perché giungete a proposito?

Signorina                       - (riservata) Me lo direte voi.

Maurizio                        - (con falsa esuberanza) Certo che ve lo dirò! Voi giungete a proposito perché io vi faccia guadagnare cinquantamila franchi.

Cristiana                        - Ed io?

Maurizio                        - (con disprezzo) Tu non hai un soldo. Allora cedi il posto. (Alla Signorina, con faticosa disinvoltura) Cinquantamila franchi in quindici giorni... Ho avuto l'informazione sta­sera... Un grosso fabbricante di platino... (Pic­colo sogghigno di Cristiana) Non ci lascerà par­lare, quella pettegola... Ecco: voi mi affidate quindicimila franchi stasera o domattina...

Signorina                       - (fredda) Vi sbagliate. Io sono una povera donna.

Maurizio                        - Ma avete pur quindicimila fran­chi! In ispecie quando vi avrò spiegato... (Nuo­vo sogghigno di Cristiana).

Signorina                       - (piano) Siate seria, Cristiana. Vedete bene che vostro fratello parla sul serio.

Maurizio                        - Lo credo io che parlo sul serio!

Signorina                       - (prendendo il libro dalle mani di Maurizio) Ed anche le vostre lettere... (Guar­da il titolo) Codice Penale! Studiate fino a tar­di, oggi, signor Maurizio.

Maurizio                        - (la voce arida) Quando mi pren­de, io sapete sono un lavoratore di quelli! (Da uomo d'affari) Per la vostra faccenda, bisogne­rebbe che avessi i fondi prima di mezzogiorno... mettiamo mezzogiorno e mezzo...

Signorina                       - (gelida) Avreste torto d'insi­stere. Vi sono molto riconoscente di aver pensato a me; ma io sono povera e non ho quindicimila franchi.

Maurizio                        - (perdendo la calma) Se occorres­sero... Se fossero assolutamente necessari... per salvare qualcuno...

Signorina                       - Ciò non mi farebbe nascere quindicimila franchi nel cavo della mano.

Maurizio                        - (cupo) Per salvare qualcuno... dalla prigione?

Signorina                       - (rendendogli il Codice Penale) Avevo capito benissimo.

Cristiana                        - (stupita, ma senza un'eccessiva sen­sibilità) Sul serio, Maurizio?

Maurizio                        - Sono andato un po' in là, ma con quindicimila franchi, riprendo tutto ed an­che più...

Cristiana                        - E senza i quindicimila franchi?

Maurizio                        - (con un gesto vago) Primo de­litto... Legge Beranger... (Si volge supplican­do verso la Signorina) Voi siete di casa, non la­scerete che mi citino...

Signorina                       - Bisogna lasciar stare i poveri, signor Maurizio.

Cristiana                        - Ma, e papà, Maurizio? E mammà?

Maurizio                        - Oh, tu! Che diavolo vai cercan­do?! (Con confusione) È stato papà che s'è af­fannato a spiegarmi come si faceva per non es­sere acciuffati.

Cristiana                        - Ti ha spiegato male.

 Maurizio                       - No: ho capito male io... (Con un sospiro) Insomma, vado a ristudiare la co­sa... Potrò forse cavarmela lo stesso... (Si di­rige verso la porta. Si ferma) Se la cosa t'inte­ressa, Simona Belliseau sposa Roberto dopo do­mani.

Cristiana                        - No? È pazza!

Maurizio                        - E Margherita ha piantato il pic­colo Touffeler!

Cristiana                        - Questa è buffa!

Maurizio                        - Se si vuole!

Cristiana                        - (ricordando la propria situazione) Sì... E poi, per quel che importa a me, ora... (Si riprende) E il bel Giorgio? È sempre con le sue attrici?

Maurizio                        - L'ho visto ier l'altro. Mi ha chie­sto quando tu saresti tornata.

Cristiana                        - (felice) Davvero?

Maurizio                        - Se te lo dico... Ed anche Pa­trizio...

Cristiana                        - Ah! Sono carini allora!

Maurizio                        - Patrizio voleva fare il concorso d'eleganza con te, domenica!

Cristiana                        - (ridendo) Con me? Si attacca alle signorine, ora, Patrizio? (Di colpo la pa­rola « signorina » la richiama alla crudeltà delle circostanze). Non dire alla banda che sono tor­nata. Riparto domani sera!

Maurizio                        - (alzando le spalle) La banda? Ho altri diavoli per capello! (Alla Signorina) Se per caso cambiaste idea...

Signorina                       - (secca) Non ho mai visto una somma simile di faccia, signor Maurizio, e nean­che di profilo...

Maurizio                        - (uscendo) Io l'ho vista... (Lu­gubre) ma di schiena... (Esce).

Cristiana                        - (alla Signorina) Credete che an­drà in prigione?

Signorina                       - (evasiva) Avrei voluto avere i quindicimila franchi.

Cristiana                        - (scattando) E io non ne posso più, non ne posso più! (Si alza). (La Signorina s'è alzata per andarsene. In questo momento si sentono le voci di Alice e di Luciano che si av­vicinano di dentro).

Signorina                       - Eccoli...

Cristiana                        - Meglio così! (La porta si apre. Alice e Luciano entrano: essa in abito da sera e lui in frak. Ma sempre con la giacca d'un altro vestito. Alice entra per prima: guarda ap­pena Cristiana e si slancia verso di lei con volu­bilità).

Alice                             - Cricri! Amor mio! Mio tesoro! (Senza guardarla esclama) Che cera hai! Guarda che bellezza, Luciano! Un sole, ecco, un sole! E sei anche dimagrita, fortunata te! Ba­ciami! Bacia tuo padre!

Luciano                         - (più serio) Vediamo questo mu­sino... Non ci si capisce molto... Se è il treno che t'ha messo tutto questo nero intorno agli occhi, non ne deve restar molto alla locomo­tiva.

Alice                             - Lasciala stare. Si trucca: fa benis­simo! E ci torna magnifica! (Alla Signorina che è rimasta immobile nel suo angolo) Buongiorno, Signorina...

Signorina                       - (sobriamente) Buongiorno, si­gnora...

Luciano                         - Buongiorno, Signorina... Avete fatto buon viaggio?

Alice                             - (a Luciano, spingendo Cristiana) Ma guardala! È un fiore!

Luciano                         - Un fiore! Ah, quante conquiste farai!

Alice                             - Non dirle delle sciocchezze!

Luciano                         - Quali sciocchezze? Io voglio che faccia delle conquiste! (Esaltato) Voglio che sia la signorina più chic di tutte le amiche sue! Ma... Intanto vedrai, in camera tua! Ti abbia­mo fatta aspettare, ma ho idea che ne valesse la pena!

Alice                             - Non le dici le cose in ordine... In­tanto vieni a vedere la sala da pranzo...

Cristiana                        - L'ho vista...

Luciano                         - (un po' sconcertato) Ah!

Alice                             - Non importa! Diciotto coperti, Cri-cri! E tranne tuo padre, nessun seccatore! Cri-cri! Tutti i nostri flirt... Lulù Picourt, Adriano Margolies, Je Debief...

Cristiana                        - (suo malgrado) Tony?

Alice                             - No: Tony è sposato. È a Como, in mezzo a un lago... Chi altro? Tutte le tue a-miche...

Luciano                         - I flirt miei.

Alice                             - E alle undici... (Ridendo di gioia) Il jazz, Cricri! Ho fatto venire un jazz... Ti ri­farai dei tuoi quattro mesi, povero angelo!

Cristiana                        - Senti, mamma...

Alice                             - (scatenata) Niente! Devi sentire tu!

Luciano                         - (impetuoso) Vieni a vedere la tua camera!

Cristiana                        - No.

Luciano                         - (tuonando) Vieni a vedere la tua camera! Se un vestito di Lanvin non ti fa pro­prio schifo...

Cristiana                        - (con uno slancio) Non sarà, blu, almeno?

Alice                             - Si chiama « Cerca che troverai »!

 

Luciano                         - È d'un gusto! Vieni a vedere la tua camera! Se un braccialetto di Cartier non ti ripugna...

Cristiana                        - (stordita) Ma papà... che pazzie hai fatto?

Alice                             - (offesa) Il vestito l'ho scelto io...

Cristiana                        - Oh, mamma! (La bacia).

Luciano                         - (porgendole il braccio) No... Io... (La prende tra le braccia) Prima che tu vada in camera tua, meglio dirti che c'è una sorpresa che non avrai...

Cristiana                        - Non importa...

Luciano                         - Sai : la macchina della tua amica, Lilì Pannier, che ti faceva tanta voglia...

Cristiana                        - (con respiro soffocato) Sì...?

Luciano                         - Ebbene non ti farà più voglia.

Cristiana                        - No?

Luciano                         - Perché tu l'hai eguale. Ma non dell'anno scorso: la tua è di quest'anno.

Cristiana                        - (soffocata) Oh! (Scoppiando di gioia) Papà! Papà! Non è vero? È proprio vero? (Bacia Luciano).

Luciano                         - (trionfante) Chiedi a tua madre.

Alice                             - È magnifica. Non passerai inosser­vata...

Cristiana                        - (baciando Alice) Oh, mamma... Mammà! (A Luciano) Di che colore?

Luciano                         - Nera e beigel

Alice                             - Eh bene, ti si vizia, sì o no? (Alla Signorina) Spero che almeno sarete stata con­tenta di lei, Signorina, durante questi quattro mesi? (Brevissima pausa).

Signorina                       - Sì, signora...

Luciano                         - (a Cristiana) Povera piccola! Non devi esserti divertita tutti i giorni?

Cristiana                        - (di colpo cupa) No, papà...

Luciano                         - Su, su, non ci si pensa più... Ora­mai ti sei ripresa : sei magnifica, splendida! Non hai vent'anni! La vita è per te: il mondo è tuo! (E come Cristiana resta pensosa, perduta nei propri ricordi, egli la scuote, la squassa) Vuoi ridere? (Cristiana sorride) Vuoi ridere, sì o no? (Le fa il solletico. Cristiana ride nervosamente) Ancora, ancora! (Cristiana scoppia a ridere) Ancora! (Questa volta finalmente Cristiana ha una gran voglia di ridere, perdutamente, senza fine, fino a perdere il respiro) Meno male! E la tua camera, la vuoi vedere?

Cristiana                        - (strangolata dalle risa) Ma sì, vediamo... (Luciano la trascina).

Alice                             - (seguendoli) Aspettatemi! (Alla Si­gnorina, passando) È una buona ragazza...

Signorina                       - (con serenità) Sissignora, è così gaia...

Alice                             - (ridendo) Mettetevi nei suoi panni!

Cristiana                        - (sulla soglia, dibattendosi tra le braccia del padre che le fa degli scherzi e con­tinua a farle il solletico, ridendo) Papà! Ma andiamo, papà! Vieni, mamma! (Escono tutti e tre ridendo: si sente ancora un momento il riso di Cristiana che si allontana. La Signorina cava di tasca la sua eterna scatoletta e si mette una pasticca di liquirizia in bocca. Il suo viso non esprime stupore per la scena che si è svol­ta: non esprime più nulla. Tuttavia vi si può leggere una specie di sorda gioia, un senso di vittoria ottenuta senza aver combattuto ed anche un'intensa riflessione, come se si trattasse per lei di decidere di cose importanti, per un prossimo avvenire. Si curva verso la propria va­ligia per prenderla e portarla in camera pro­pria. Mentre è curva la porta di destra si apre ed appare Valentino, il cameriere che è stato licenziato alla fine del secondo atto: entra. È vestito da maggiordomo e porta un vassoio con bicchieri per liquore. Vedendo la Signorina de­pone il vassoio e si avanza verso di lei).

Valentino                      - La Signorina non si disturbi.

Signorina                       - (colpita) Valentino!

Valentino                      - (deferente) Porterò io la vali­gia della Signorina... In camera sua, penso?

Signorina                       - Lasciate stare la mia valigia... (Lo guarda stupita) Non credevo che foste an­cora qui...

Valentino                      - Non ci sono, Signorina. Ci passo...

Signorina                       - Non capisco.

Valentino                      - Quando il signore ha avuto la bontà di licenziarmi, ha spinto la delicatezza fino a darmi un certificato d'una sobrietà cosi limpida...

Signorina                       - E voi non siete per la sobrietà?

Valentino                      - Vedo che la Signorina ha buona memoria. E allora state bene?

Signorina                       - (glaciale) Troppo buono. Benis­simo.

Valentino                      - E la signorina Cristiana?

Signorina                       - (c. s.) Benissimo. È tutto?

Valentino                      - (dolciastro) Oh, no! E il pic­cino?

Signorina                       - (con un sobbalzo) Che dite?

Valentino                      - Dico: e il piccino? Il bebé... Non è venuto con voi?

Signorina                       - Siete pazzo, Valentino?

Valentino                      - (placido) Mettiamo che io sia pazzo! Del resto non è a voi che chiederò que­ste notizie! (Finge di uscire).

Signorina                       - Valentino!

 Valentino                     - Se mi mettete in ritardo, mi fa­rete sgridare!

Signorina                       - Non m'importa! Mi spiegherete subito...

Valentino                      - Se questo può farvi piacere... (Cava di tasca una lettera) Conoscete?

Signorina                       - Una lettera della signorina?

Valentino                      - Signor Ehmmet Fahzim... Avenue d'Angleterre, Cairo.

Signorina                       - (atterrita) Avete rubata quella lettera?

Valentino                      - Vi pare? Ho l'aria d'un ladro, io? È ritornata qui, la sera stessa nella quale io sono stato licenziato... (Le mostra la busta di lontano) Vedete: partito senza lasciare indi­rizzo... Rimandata al mittente... Sono stato scacciato con tanta rapidità, che m'è rimasta in tasca...

Signorina                       - Datemi quella lettera.

Valentino                      - (ritirando le mani) Che idee!

Signorina                       - Preferite restituirla alla signo­rina?

Valentino                      - O a chiunque altro... Io non ho preferenze... Con quattro parole amichevoli, io son subito persuaso...

Signorina                       - In altri termini, quella lettera è da vendere?

Valentino                      - Conoscete qualcosa voi che non sia da vendere?

Signorina                       - Gli anni di prigione : si danno per niente.

Valentino                      - (ridendo) Buffona, va! (Serio) Fareste meglio a mandarmi la signorina...

Signorina                       - (secca) Quanto volete?

Valentino                      - Che vi può interessare?

Signorina                       - Farò io la vostra commissione alla signorina.

Valentino                      - (riflettendo, poi) Trentamila... Mi pare regalata.

Signorina                       - Trentamila franchi?

Valentino                      - E ci perdo... Andate presto, prima che io cambi idea. (Pausa).

Signorina                       - (la gola secca, ma decisa) Venti-cinquemila.

Valentino                      - Ma no. Perché non quindici­mila allora? È ridicolo venticinquemila.

Signorina                       - Venticinquemila subito, in bi­glietti di banca.

Valentino                      - (medita, poi) Su... Siete for­tunata che sono agli inizi... Sia! Andate a cer­carli. Ma sbrigatevi.

Signorina                       - (perentoria) Voltatevi.

Valentino                      - (intervenendo) Chi, io?

Signorina                       - Voltatevi un minuto!

Valentino                      - Per far che?

Signorina                       - Mi cade la sottana...

Valentino                      - Oh! (Si volta. Sogghignando) E vi giuro che non guardo... (La Signorina, di spalle al pubblico, rialza la sottana: essa ha, come le donne di campagna, una tasca di grossa tela, sotto la sottana. Ne cava un fascio di bi­glietti di banca e lascia ricadere la sottana).

Signorina                       - Potete voltarvi.

Valentino                      - (si volta e vede i biglietti nelle mani della Signorina) Oh, come fodera di sottana, è bella! Roba vostra?

Signorina                       - No: vostra. (Tende i biglietti e l'altra mano, vuota) La lettera?

Valentino                      - Ah, no. Un minuto... Che signi­fica questo trucco? Che, prendete voi il seguito?

Signorina                       - Eh?

Valentino                      - Insomma andrete voi a far can­tare la signorina?

Signorina                       - (gelida) Voi perdete la testa. La signorina non ha venticinquemila franchi. Glieli anticipo io.

Valentino                      - (poco convinto) Come volete... Date qua: il resto riguarda la vostra coscienza... (Scambiano silenziosamente biglietti e lettera).

Valentino                      - (contemplando il pacchetto) È ridicolo... Ma mi fa un certo effetto...

Signorina                       - Di rubare venticinquemila fran­chi?

Valentino                      - Non bisogna giudicarmi. È la prima volta. E, come vedete, sono contento, naturalmente, ma mi fa un certo effetto...

Signorina                       - (con un filo di speranza) Siete in tempo per restituirmi...

Valentino                      - Oh, in quanto a questo, sarò sempre in tempo... (Mette in tasca i biglietti ed esce. Quando Valentino è uscito, la Signo­rina prende la lettera, la guarda, poi lentamente la straccia in mille pezzi. Mette i pezzi nella tasca sotto la sottana. Rassicurata, prende una pasticca di liquirizia. E poiché si sentono dietro la porta le voci della madre e di Cristiana che si avvicinano, essa riprende il suo viso chiuso e duro che indica come malgrado taluni suoi gesti che potrebbero ingannare, essa è selvaggiamente chiusa in se stessa e non ha lasciato sorgere nessun legame di cuore tra lei e la famiglia che essa «serve». La porta si apre: Alice e Cri­stiana entrano. Alice spinge davanti a se Cri­stiana in combinaison).

Alice ........................... - (volubile) Guarda, ostinata! To', guarda! Vedrai! Ma anche col naso sopra, dirai il contrario, tu! (Cerca sulle carte della tavola) Avete preso Vogue, Signorina?

Signorina                       - Io non ho preso niente.

Alice                             - (che ha trovato Vogue) Ah! Eccolo! (Prende Cristiana per un braccio e le mostra una pagina aperta di Vogue) Guarda, guarda! La cintura fa sciarpa e tu la lasci cadere di fianco, per didietro... Il décolté ti nasconde un seno e mostra l'altro...

Cristiana                        - (ridendo) Avrò l'aria guercia.

Alice                             - (alla Signorina gaiamente) Non so quel che le avete insegnato ma non certo a ve­stirsi! Non sa nemmeno più mettersi un vestito da sera.

Signorina                       - (impassibile) Credo che ciò tor­nerà presto.

Alice                             - E ora, su! Fila, a vestirti!

Cristiana                        - (andandosene) Sbrigati. Mi chiu­derai gli automatici... (Passando davanti alla Signorina, si ferma) Oh! Non avete visto? Il gioiello! (Le mostra il polso dove brilla il brac­cialetto che Luciano le ha dato).

Signorina                       - (con serenità) È molto bello!

Cristiana                        - (raggiante) Cartier!

Alice                             - (battendo il piede) Cricri!

Cristiana                        - (ridendo) Sì, mamma. (Scappa ridendo).

Alice                             - (guardandola uscire e cominciando a ritagliare una pagina di Vogue) Che diavolo! Voi non lo dite, ma deve avervene fatte vedere, durante questi quattro mesi? !

Signorina                       - Mio Dio, signora, laggiù era al­tra cosa...

Alice                             - (seria) A proposito, vi devo una quantità di denaro...

Signorina                       - No, signora. I duemila franchi che m'avete mandati mercoledì facevano giusto il mio mese ed il viaggiò...

Alice                             - So che mio marito ha l'intenzione di darvi una piccola indennità per questi quattro mesi di... insomma... di esilio...

Signorina                       - Inutile, signora... (Con una pas­sione sorda) Sono stata molto felice...

Alice                             - (ritagliando sempre) Non avete la necessità di dirlo a mio marito. .

Signorina                       - (con semplicità) Oh, signora, comunque io non potrei accettare una genero­sità di questo genere, dal momento che debbo rinunciare al mio servizio...

Alice                             - (stupita) Signorina! Che diavolo dite?

Signorina                       - Oh, signora, esprimo un'inten­zione lungamente meditata e ben ferma...

Alice                             - Che mi contraria moltissimo!

Signorina                       - Vi ringrazio, signora...

Alice                             - Ma insomma, che c'è? C'è stato qualcosa tra Cristiana e voi?

Signorina                       - Oh, signora! Per carità!

Alice                             - Che so io? Non potete tuttavia es­sere stanca dopo un riposo di quattro mesi, un riposo totale...

Signorina                       - (con dolcezza) Se la signora po­tesse sapere quanto io abbia apprezzato ogni giorno di questi quattro mesi...

Alice                             - Allora... io non capisco più... (Vi­vamente) Forse credete che i vostri servigi sia­no mal ricompensati? Si può discutere...

Signorina                       - No, signora, sono stata soddi­sfattissima del mio stipendio...

Alice                             - E allora? Io vi voglio bene. Mio marito vi stima infinitamente... E volete cam­biare forse per capitare peggio?

Signorina                       - Non cambio, signora. Smetto...

Alice                             - (perplessa) Voi non avete spiega­zioni da darmi, evidentemente... Ma confes­so che la vostra attitudine mi stupisce molto e mi dà anche della pena... (Breve pausa).

Signorina                       - (con dolcezza) Io mi spiegherei volentieri, signora, ma...

Alice                             - Ma cosa?... Su!

Signorina                       - Oh, io non ho vergogna: tutta­via è un po' comico...

Alice                             - Ebbene, rideremo... Fa così bene ridere!

Signorina                       - Sì... ecco, signora... Io ho un figlio...

Alice                             - (sbalordita) Cosa?

Signorina                       - Un figlio piccolo...

Alice                             - Ma... non siete sposata...

Signorina                       - No, signora.

Alice                             - (sospirando) No? E avete un figlio? Non dirò che questo aggiunge un titolo alle vo­stre referenze... ma in fondo non mi riguarda... E poi vostro figlio deve avere l'età di poter uscire solo, penso. Dov'è? In collegio? Al reg­gimento?

Signorina                       - Oh, no, signora... Non mi avete capita. È un figlio piccolo, piccolo... Un bebé...

Alice                             - (stupefatta) Alla vostra età?

Signorina                       - Avevo detto alla signora che era un po' comico...

Alice                             - Ma no, ma no... Soltanto, vero? (Soffoca un'enorme voglia di ridere) Vi chiedo scusa: è idiota! (Ride di cuore, suo malgrado) È nervoso, non ci badate! (Irritata di ridere e ridendo tuttavia) Oh, che sciocca sono!

Signorina                       - Non è niente, signora... Capisco benissimo...

Alice                             - (calmandosi a poco a poco) Ma no, non capite... Non è soltanto la vostra età... ma è... non so... la vostra aria... la vostra... (Es­sa disegna con la mano una vaga silhouette in aria) Dovete esserne rimasta stupita anche voi! (Con un ultimo sospiro di riso) Mio Dio! Mio Dio! (Si riprende) Ma insomma, che età ha que­sto piccino?

Signorina                       - Qualche mese...

Alice                             - Qualche mese? Ma allora... quando siete venuta qui?

Signorina                       - La cosa era appena accaduta...

Alice                             - Incredibile! (Di colpo austera) In ogni modo, avreste potuto avvertirmi.

Signorina                       - (secca) Era la mia vita privata!

Alice                             - E allora perché me lo dite ora?

Signorina                       - Perché, signora, credevo di po­ter rimanere a servizio...

Alice                             - E dov'è questo piccino?

Signorina                       - (vaga) In campagna...

Alice                             - Con una balia?

Signorina                       - Sì, signorina, con una balia... Ho creduto di poter lasciarlo a balia e conti­nuare...

Alice                             - (ironica) E non potete?

Signorina                       - Ecco, signora, proprio così... Non posso... (Ritrovando la propria voce e i suoi modi di provinciale-contadina selvaggia) Quel piccino, per il quale ho fatto tanto, che ho tenuto tra le mie mani, che ho cullato, che mi ha sorriso... che è mio... mio!

Alice                             - E di suo padre...

Signorina                       - (selvaggia) No. Mio, signora! (Con uno sguardo verso la camera di Cristiana) È soltanto mio, ora... E mi chiama, e mi tende le sue manine... con la sua voce d'uccellino... (Con cupa estasi) Ho un figlio! Ho un figlio mio! (D'improvviso due grosse lacrime le ca­dono dagli occhi: essa stende le mani sulle gi­nocchia e mormora con voce tremante) Il buon Dio mi ha dato un figlio!

Alice                             - (commossa) Su, su, non lasciatevi andare così! A me me ne ha dato due e non mi esalto per questo.

Signorina                       - Due... son meno di uno.

Alice                             - (ridendo) Lo si dice in seguito... (La guarda, poi) Capisco: tutto quel che potrei dirvi, non vi tratterebbe...

Signorina                       - Oh, no, signora!

Alice                             - (rinunciando) Allora? (Presa da un'idea) Ma insomma come vivrete? Non do­vete essere molto ricca?

Signorina                       - No. Non sono ricca... (Con un grosso sospiro e stringendo a se la propria sot­tana) E mi è già costato caro... Ma non rimpiango niente! No, non rimpiango niente... (Ri­dendo di felicità) Oh, no!

Alice                             - (sorridendo) Ed io che vi prendevo per una vecchia zitella!

Signorina                       - (con un grido) Che orrore! (Gli occhi perduti, in estasi) No... Ho un bambino...

Alice                             - Come lo alleverete?

Signorina                       - In qualche piccolo angolo... in campagna... Ho una bella calligrafia, farò delle copie per il notaio, per il sindaco, per il curato, per chiunque vorrà... Andrò a giornata... (Illu­minata) Non ho paura, oh, no! (Trasalendo) Dite!

Alice                             - Che?

Signorina                       - A che età dicono mamma?

Alice                             - (ridendo) Oh, sapete, se è un ma­schio lo dirà più tardi...

Signorina                       - (ingenuamente, fiera) È un ma­schio, signora...

Alice                             - E si chiama?

Signorina                       - Andrea, signora...

Alice                             - (riflette) Ha già una carrozzella, il vostro Andrea?

Signorina                       - L'avrà.

Alice                             - (cortese) Volete permettermi di of­frirgliela?

Signorina                       - (ha un lieve sussulto, poi con dol­cezza) Vi ringrazio... Ma preferirei darglie­la io...

Alice                             - (un po' risentita) Non insisto... Qualcuno che, forse, insisterà più di me per trattenervi sarà Cristiana... Le avete detto...?

Signorina                       - No, signora...

Alice                             - Sarebbe meglio... Mia figlia è abba­stanza grande e può oramai essere informata di tutto.

Signorina                       - Le parlerò, signora... (In questo momento la porta di sinistra si apre e Cristiana entra. Ha il suo bel vestito nuovo ed è splendente di gioventù e di bellezza. Ed essa ne è perfettamente consapevole. Il suo viso è raggiante di gioia... e di oblìo).

Cristiana                        - (entrando come un mannequin, sbatte la sottana con le mani per darle una bel­la piega) Stava meglio sul letto, no?

Alice                             - - Non darti delle arie. Quando avevo la tua età ero molto più bella, io...

Cristiana                        - (ridendo) Ma, mamma, tu di­mentichi una cosa...

Alice                             - Cioè?

Cristiana                        - (baciandola) Che hai la mia età.

Alice                             - (baciandola, poi respingendola) Che orrore! Che hai bevuto? Del porto?

 

Cristiana                        - (ridendo) Con papà... È stato papà a vestirmi... Eccone un altro che ha la nostra età...

Alice                             - (con riserva) Sì e no... (Cambiando tono) Una notizia, Cristiana! La Signorina ci lascia.

Cristiana                        - (trasalendo) Non è vero.

Alice                             - Eh, sì! (Alla Signorina) Posso dirle il perché? (La Signorina fa un cenno di con­senso. E di colpo il volto di Cristiana si con­trae d'angoscia).

Cristiana                        - (a mezza voce) Perché?

Alice                             - Perché, mia cara, la Signorina ave­va dei segreti... Figurati che non è «signorina» ma «signora»... e che ha un bebé... (Pausa).

Cristiana                        - (con semplicità, dominandosi) Ah?...

Alice                             - (sorridendo) Meno male, tu sei se­ria, tu... Io ho riso come una stupida, quando essa m'ha detto... (Ma Cristiana non ascolta nemmeno la madre. Rimane immobile, gli oc­chi fissi) Mamma... (Un dramma rapido ed im­menso si svolge nel suo cuore di vent'anni: è il momento di confessar tutto o di tacere per sem­pre. Finalmente essa dice) Bisogna lasciane an­dare la Signorina...

Alice                             - (ridendo) Se è così che mi aiuti...

Signorina                       - (con dolcezza) Cristiana sa che la mia decisione è la migliore...

Cristiana                        - (con un soffio) Non ho detto questo... (D'improvviso con veemenza) Va' a finire di vestirti, mamma...

Alice                             - (stupita) Come finire di vestirmi?

Cristiana                        - (nervosa, con volubilità) Se cre­di di essere truccata bene... Sei truccata come per andare alle corse... Quando i lampadari sa­ranno accesi avrai l'aria d'un limone...

Alice                             - (allibita) Credi?

Cristiana                        - (sempre più nervosa) Diamine! Il Rachel, alla luce elettrica... E i tuoi occhi. Rifà tutto e mi ringrazierai...

Alice                             - (inquieta sul proprio maquillage) Mi fai paura... (Andando verso la porta) Al­lora del rosa...?

Cristiana                        - Sì, mamma... del rosa, del ro­sa... (Alice esce di corsa. Cristiana rimane im­mobile, gli occhi fissi, i denti stretti. La Signo­rina le si avvicina con dolcezza).

Signorina                       - (a bassa voce, lentamente) Vi prometto che sarà felice, Cristiana. Non lo la­scerò più né un giorno né un'ora... Lo curerò bene... E nessuno, assolutamente nessuno, sa­prà nulla! Neanche lui, mai! Ve lo giuro! (A poco a poco le lagrime spuntano negli occhi di Cristiana. Essa cade a sedere sulla sedia alla quale si appoggiava mentre la Signorina conti­nua) Subito, il primo giorno, quando mi avete parlato... Ho sentito che non era a voi, ma a me che il caso mandava quel bambino... Per questo sono rimasta... ho fatto quello che ho fatto... per lui... soltanto per lui... Non mi do­vete nulla...

Cristiana                        - (si drizza d'un colpo) Lo so. (Non piange più. Il suo viso s'è rinchiuso; la voce è secca, brusca) Andatevene! No. Non dirò niente! Io ho diciannove anni! Sono bella! Sono giovane! Amo la vita! Voglio vivere! Vivere! Ho diciannove anni, io! Diciannove anni! E sono una fanciulla! Capite? (Violenta) Capite?

Signorina                       - (con dolcezza) Calmatevi, cara. Vedete, la vita è buona!

Cristiana                        - No. Non è buona! Ma è bella! Le automobili, i vestiti, i gioielli, i complimen­ti! Il Bois... (Ho un piccolo rantolo sensuale) Ah! (Va allo specchio, e le mani alle tempie, si guarda a lungo. La porta di destra si apre e Maurizio entra).

Maurizio                        - (cantando) Oh, Marjolaine! In cielo gli angeli sono a mille a mille!

Cristiana                        - (riprendendosi) Oh bella! Can­ti, ora?

Maurizio                        - Sfido che canto! Sai chi ho in­contrato mentre scendevo?

Cristiana                        - No.

Maurizio                        - Valentino, il cameriere che papà ha licenziato quattro mesi fa.

Cristiana                        - E che faceva qui?

Maurizio                        - Fa dei servizi straordinari. Ve­niva a servire qui stasera. (Va fischiettando a rimettere a posto il Codice Penale) Ma non si è sentito bene... allora filava. È stato un asso!

Cristiana                        - Perché un asso?

Maurizio                        - Hai mai trovato un servo al quale tu dici : « Non avreste ventimila franchet­ti da prestarmi? » e che ti risponde: «Con pia­cere, signor Maurizio »?

Cristiana                        - (stupita) Ti ha prestato?

Maurizio                        - Non proprio prestati... Mi ha venduto ventimila franchi per altri quaranta­mila pagabili a tre mesi... (Con uno sguardo verso la Signorina) Non tutti sono spilorci qui.

Signorina                       - Ho lasciato due o tre cosette in camera mia... Vado a cercarle, Cristiana. Posso lasciare la valigia qui? (Esce).

Maurizio                        - (che l'ha guardata uscire) Come? Se ne va la tua arpìa?

Cristiana                        - (pallida) Sì. Se ne va.

Maurizio                        - (soddisfatto) Buon viaggio! Non  le correrò dietro... (Guarda Cristiana) Nèspole, che vestito! Non faccio per dire ma hai una bella fortuna d'essere mia sorella! (La guarda ancora e tra lo scherzo e l'ammirazione) Senza scherzi... le tue spalle e quelle curve!

Cristiana                        - (con un grido) Oh, non mi seccare, di'! (E bruscamente scoppia in singhiozzi. Si abbatte in una poltrona, la testa tra le mani).

Maurizio                        - Be', Cricri? Che ti prende? (Tenta di rialzarle la testa) Ma come? Bei modi! Continua, bimba, continua! Sarai bella per pranzo. Sembrerai un gelato squagliato.

Cristiana                        - (rialzando la testa, ricacciando in­dietro le lagrime, asciugandosi gli occhi, ed al­zando poi le spalle) Lascia stare, va'! Sarò più fresca di te!

Maurizio                        - Cipria? (Le porge una scatoletta piatta d'oro) L'ho presa a Luciana.

Cristiana                        - (prendendo la scatola) Grazie. (S'incipria) Che è, l'amor tuo, ora, Luciana?

Maurizio                        - (fatuo) Una delle tante...

Cristiana                        - (guardando la scatoletta) Non c'è male. Me la tengo.

Maurizio                        - Ah, no! (Si getta su di lei. Si accapigliano ridendo. Squilla il telefono. Essi continuano ad azzuffarsi senza badare).

Cristiana                        - Lascia o ti mordo!

Maurizio                        - Prova, prova; ti mangio!

                                      - (E siccome il telefono continua a suonare, si sente di dentro la voce di Alice che si avvicina).

Voce di Alice                - È per me! Per me! (Entra di corsa, seguita da Luciano, finalmente in frak).

Luciano                         - (spingendo Alice per passare per primo) Ti dico che è per me! (Si disputano il microfono).

Alice                             - (ai giovani) Cricri! Maurizio! Basta!

Luciano                         - (gridando al telefono che finalmente è riuscito a conquistare) Pronti! Pronti! (Esasperato) Interrotto! Naturalmente! (Riap­pende. Entra la Signorina con un pacchetto).

Signorina                       - (con dolcezza) Allora, arriveder­ci, signora... Arrivederci, signore...

Luciano                         - (stupito) Se ne va?

Alice                             - (distratta) Sì... sì... ti spiegherò... (Alla Signorina) Non c'era bisogno di partire stasera: la camera era pronta...

Signorina                       - Sì, signora, ma c'era un treno stasera...

Alice                             - Sarete spezzata...

Signorina                       - No, signora... (Prende la vali­gia. Va verso Cristiana) Arrivederci, Cristiana...

Cristiana                        - (con un soffio) Arrivederci, Si­gnorina... (Di nuovo il telefono ed ancora Lu­ciano ed Alice si precipitano sul ricevitore. Que­sta volta è Alice che lo conquista).

Alice                             - Pronti! (Agli altri) È Giorgio...

Luciano                         - Che Giorgio?

Alice                             - Non so... Un Giorgio qualunque... (All’apparecchio) Ma come... Certo! Conducete chi volete... Cristiana? Sì, è tornata. Sì... Su­perba! Volete parlarle? Un istante... (Passa il microfono a Cristiana e piano) Tenta di sapere comunque chi è...

Cristiana                        - (prende il microfono) Pronti... pronti... (Pausa) Oh? No! No! (Molto mon­dana) Mi stavo riposando nel Mezzogiorno... Papà è sempre lo stesso... Mamma anche... Sì... (Gli altri tre tentano di ascoltare all' apparec­chio e aggrediscono Cristiana dei loro « Chi è? » «Chi è?». Cristiana fa segno che non sa. Frat­tanto la Signorina, senza che nessuno se n'ac­corga, si è diretta pian piano verso la porta con la valigia. Apre la porta senza che nessuno badi a lei, se ne va).

Cristiana                        - (all'apparecchio) Non so an­cora... Alla Baule, probabilmente... Papà e mamma adorano la Baule...

Maurizio                        - (voltandosi) Oh, guarda! Se n'è andata, l'altra... (Cristiana sussulta, si volta verso la porta rimasta aperta, ha una contra­zione del viso, ma... tutto è finito).

Cristiana                        - Non interrompete... No, no... Sto ascoltando... Ah, lo conoscete? No, non ne so niente... (E come qualcuno che ascolta una notizia vagamente spiacevole) No... Non è pos­sibile? Mi racconterete tutto stasera...

Alice                             - Ma chi era insomma?

Cristiana                        - (indifferente) Un Giorgio! Ne conosco dodici! Allora! (Va davanti allo spec­chio, si ripettina con calma, arida, impassibile) Sapete la notizia? Fahzim... Ricordate, Fan­zini? Ha avuto un accidente d'automobile, la settimana scorsa sulla strada di Keruan... S'è ammazzato sul colpo... (Lascia lo specchio, va verso il padre e con la sua voce più dolce) Sii buono, papà... Dammi una sigaretta...

Luciano                         - (solenne) No, figlia mia! (De­ciso) Non credo di essere un padre tirannico ma, in mia presenza, fumerai solo quando sarai maggiorenne.

FINE