La spada di legno

Stampa questo copione


Commedia in tre atti

di Alfredo Vanni

Rappresentata la prima volta al Teatro Chiarella di Torino

il 22 maggio 1929 dalla  Compagnia  di  Annibale  Betrone

PERSONAGGI

Micheletto da Ponte

Giulio II

Assalonne

Odetto La Tonnerre

Fiaschino

Cecchin del Colle, capitano colonnese

Cencio, fante colonnese

Scacciadiavolo, fante colonnese

Ser Zuane

Maffio Bargello

Un Capitano della Guardia Pontificia

L'Ambasciatore Veneto

Un Segretario deiBrevi

Messer Giovanni

Fioretta

Zi' Teta

Madonna Isidora

Lisa

Beatrice

Una Vicina

Soldati delle milizie pontificie

Un birro

Un popolano

Un altro popolano

Un archibusiere tedesco

Un cavalleggere

Uno svizzero della Guardia

Un altro svizzero

Il primo atto a Roma, il 24 febbraio 1510.

Il secondo e terzo atto  all'assedio della Mirandola nel gennaio del 1511.

Per i brani musicali di questa commedia, scritti dal Maestro Pizzini,

rivolgersi alla Società Autori ed Editori Via Valadier, 37, Roma

GHERARDO CASINI EDITORE


ATTO PRIMO

La parte posteriore di una piccola casa romana del Cin­quecento, con osteria, spiazzo e pergolato.

Del pergolato non rimane che un sottile pilastrino di mattoni rossi verso destra. Attorciglia al pilastrino gli aridi sermenti una vite ancora addormentata nella crudezza del­l'inverno.

Al pianterreno della casetta, a destra, è un piccolo por­tone ad arco, coi battenti aperti, che mette nell'interno del­l'osteria; a sinistra sale una scala esterna, praticabile, fino a una porta da cui si entra al piano superiore. Sono visibili i primi due o tre scalini della scala, la quale è in muratura dal parapetto alla base del sottoscala e prolunga così al­quanto il fianco sinistro della casetta.

Due finestrelle al piano superiore. Sotto le due finestrelle, seguendo l'arco del portoncino, un pennello tinto di bruno ha tracciato in rozzi caratteri : « Osteria de Zi' Teta ». Lo stesso pennello ha dipinto sul muro, in alto, tra il portoncino e la porta del piano superiore, un sole giallo, con occhi, naso, bocca e certi raggi serpenteschi.

Una lanterna di ferro battuto è appesa al soffitto della stanza terrena, che ha il selciato sconnesso e verso la parete una botte sopra un trespolo.

Lo spiazzo, davanti all'osteria, è chiuso a destra da una siepe, che va sino in fondo, su la strada, e forma così un passaggio fino a un cancelletto di legno, che chi vien dalla strada sospinge facilmente.

A sinistra, in primo piano, un muricciolo ad altezza d'uomo divide lo spiazzo da un orto contiguo, da cui spunta un albero nudo di foglie. Poi il muricciolo volta a sinistra ad angolo recto, formando col fianco di una casupola incontro un viottolo che sì perde fra gli orti.

La casupola, che ha la sua facciata di fronte al lato sini­stro dell'osteria, forma con questa un vicolo stretto, che poi con altre casupole continua e volta e si perde nel fondo.

Tre rozze tavole con panche su lo spiazzo: una a sini­stra presso la siepe e l'altra, parallela, ma assai lontano, pres­so il muricciolo. Una terza tavola, nel mezzo, di fronte al pubblico.

Boccali e stoviglie di terra a fiorami.

Mentre si apre il sipario, si sente di là dalla siepe, a de­stra, una musica leggera di pifferi e tamburi, che rapida­mente si avvicina. Fiaschino. il ragazzo dell'osteria, ac­cenna un passa di danza attorno a una tavola su cui sita pas­sando lo strofinaccio. Poi, non potendo più resistere, si slan­cia alla siepe per guardare. Una Vicina sospinge il cancello, entra con un boccale vuoto in mano.

La Vicina - Fiaschino!

Fiaschino (sorpreso, fermandosi) - Ehi! Chi è?...

La Vicina - C'è zi' Teta?

Fiaschino  È in cucina.

La Vicina - Non è andata alla festa?

Fiaschino  Alla festa?... Avete voglia di ridere. Dall'alba passano bandiere, stendardi, gonfaloni, soldati, cavalli, cardinali... E noi, qui! (Salta sopra una tavola, guarda di là dalla siepe, sventola lo strofinaccio gridando) Ev­viva! Evviva! Evviva! (La Vicina ride. L'ostessa, una donna poco oltre i quaranta, appare su la soglia).

Zi' Teta  Che fai, là?... Scendi!

Fiaschino  Padrona! Passano picchieri e archibusieri di Casa Savelli! (Agita lo strofinaccio) Evviva l'eccellen­tissima Casa Savelli! Evviva l'eccellentissimo signor capitano!

Zi' Teta  Vuoi scendete?

Fiaschino  Venite a vedere! E laggiù, su Ponte Sant'An­gelo, quanta gente! Pennoncelli, alabarde, corazze che luccicano al sole... Colori d'ogni sorta... E tutti vanno a San Pietro. Eh là! Evviva! Evviva!...

Zi' Teta (pigliandolo per una gamba) - Scendi, balordo! (Fiaschino balza a terra) Va' in cucina. E quasi mezzo­giorno, e niente è preparato.

(Un colpo di cannone).

Fiaschino  Sentite?... Il Papa esce dal Vaticano.

Zi' Teta  In cucina, ti dico! Un momento... (Prende il boccale dalle mani della Vicina) Bianco?

LA Vicina - Sì: bianco. (Via Fiacchino col boccale. La Vi­cina) Fioretta è a San Pietro?

Zi' Teta  No. E' in camera.

La Vicina - Come? Non è andata con le amiche a San Pietro?

Zi' Teta (un po' impaziente) Le duole la testa.

LA VICINA - Capisco. Il chiasso dì stanotte nel vicolo.

Zi' Teta  Quale chiasso?

LA Vicina - Non avete udito la serenata di quei Guasconi?

Zi' Teta  Ah, già. La serenata.

La Vicina (ridendo) - Il Tedesco beve, lo Spagnolo ruba e il Guascone corre dietro alle donne. Prima, musica. Poi, sassate, bastonate, strepito d'arme, urla, bestemmie...

Zi' Teta  Siamo due donne sole. Si nasconde la testa sotto le coperte e tanto peggio a chi tocca.

LA Vicina - Il peggio tocca a noi. Spaventi di giorno e spaventi di notte

Zi' Teta  Comare: siete nata ieri?

La Vicina - No: ma da qualche anno sì respirava. Papa Giulio ha messo a dovere le fazioni, impiccato ì malvi­venti, dato pace alla città, lavoro a tutti. Ora però si ricomincia. Roma è piena di venturieri e di mercenari d'ogni paese.

Zi' Teta (alzando le spalle) - La guerra.        

La Vicina - O le guerre. Una tira l'altra. E ogni momento risse, mischie e duelli...

Zi' Teta  C'è stato il motto?

La Vicina - Stanotte? Credo dì no. Feriti però, sì, certo.

(Fiaschino   torna  col   boccale  pieno)  Sul muro della casa dello speziale, in basso, accanto alla porta, ci sono macchie di sangue.

Zi' Teta  Di sangue?  (A Fiaschino, che posa il boccale

e vuol correre) Dove vai?

La Vicina - Grandi così! E in terra, una pozza. Anzi, due

pozze!

Zi' Teta  Allora, un macello! (Imperiosa, a Fiaschino) Guai a te se ti muovi! (Alla Vicina) Accanto alla bottega dello speziale?

LA Vicina Quasi davanti. E, attorno, un cerchio di gente.

Zi' Teta  E il Bargello?

La Vicina - S'è l'è presa con lo speziale perché non ha ancora lavato il muro.

Zi' Teta  Davvero?

La Vicina - Ma sì:  figuratevi se il Bargello ha tempo di occuparsi  di   certe  faccende.  Venite,  venite  a  vedere.

(E via in fretta l'una dietro l'altra e cicalando, le due donne escono dal cancello. Fiaschino, appena visto il campo libero, corre alla siepe, si getta carponi, infila un buco, sparisce.)

(Un giovane sui ventiquattro anni, in panni di soldato guascone, cappello piumato, spada al fianco e mantello, sbuca cautamente dal viottolo a sinistra e si mette a cer­care qualcosa in terra. Poi alza il capo e manda un fischio leggero. La porta in cima alla scaletta si apre cautamen­te. Fioretta esce, si sporge alla piccola balaustrata).

Fioretta - Messer Odetto?... Voi!...

Odetto - Giù! Vieni giù!...

Fioretta - No!

Odetto - Vieni giù, ti dico!

Fioretta (scendendo) - A quest'ora? Che imprudenza! Che imprudenza!

Odetto - Ma no, colomba! Cerco la daghetta, la mia daghetta. che ho perduta stanotte in quella rissa indiavolata.

Fioretta (vedendo un livido su la guancia del Guascone) - Ma, messer Odetto, voi siete ferito!

Odetto - Niente. Un colpo di sasso alla guancia.

Fioretta (giungendo le mani) - Gesù! Madonna!... Quan­do stanotte vi ho visto fuggire...

Odetto - Colomba! Un Guascone non fugge mai! (Le pren­de le mani, la costringe a scendere gli ultimi due o tre scalini).

Fioretta  ...Quando stanotte vi ho visto sparire nell'oscu­rità del vicolo, ho avuto al cuore un tremito forte...

Odetto - Mia dama! Mio amore! Chérie! Cara! Cara!.... (Cerca di sospingerla dentro la porta dell' osteria).

Fioretta (difendendosi) No... La mamma...

Odetto (c.s.) È uscita... Vieni, vieni...

Fioretta (sciogliendosi con improvvisa violenza) - Ma no! Le mani a posto, cavaliere!

Odetto (contemplandola con un sorriso)  Selvaggia! (Le riprende una mano) Sì: tu dovresti chiamarti non Fio­retta, ma Selvaggia! (La trae per mano lentamente nel sottoscala verso il canto del vicolo) Sei bruna come la fanciulla amata da Raffaello! Più bella delle bionde di Francia e di Venezia! Hai gli occhi di velluto... le labbra di fuoco... Sei orgogliosa... Mordi e graffi... E per questo mi piaci, Fioretta, mi piaci tanto! (Stringendo i denti) Ti voglio bene, ti voglio tanto bene!

Fioretta (lusingata) - Anch'io vi voglio bene, messer Odetto!

Odetto (scotendole le mani) - Ma chiamami Odetto! Odet­to! Chi ama te, scherza con la morte. E io me ne rido della morte. Soltanto mi spiace di non aver potuto raggiungere con la punta della spada almeno uno di quei poltroni. E mi dispiace per il povero Jeannot...

Fioretta - È morto?

Odetto - Gli hanno rotto la testa. Il Cardinale è furente. Giura che se piglia uno di quei gaglioffi lo farà senz'altro impiccare.

Fioretta (con un sussulto) - No! Impiccare, no!

Odetto - Li conosci? Popolani, certo. E traditori. Uno di loro, tirando sassate, gridava:  - Messer La Tonnerre, queste sono mele degli orti romani, degli orti romani!

Fioretta (con ansia) - Sanno il vostro nome?

Odetto - Sanno ormai chi è il soldato guascone che viene ogni giorno a desinare qui.

Fioretta - Io non ho parlato! Vi giuro che non ho parlato!

Odetto - E che importa?  Sì: sono Odetto La Tonnerre,insegna di Guascogna!

Fioretta (spaventata) - Piano! Ma piano!...

Odetto Odetto La Tonnerre, gentiluomo del Cardinale Auch! Lo hanno anche scritto al Cardinale in una lettera piena di beffe e di minacce. E Sua Signoria vuole ch'io parta da Roma.

Fioretta (con angoscia) - Partire?

Odetto - Domani. O forse oggi stesso, dopo il ricevimento dei  legati veneziani a San Pietro. Porterò a Parigi la relazione della cerimonia.

Fioretta - Non ci vedremo più?

Odetto - A mezzogiorno. Ma sarà l'ultima volta.

Fioretta - Allora,... tutto è finito?

Odetto - No, colomba, no. Se tu vuoi, no.

Fioretta - E che cosa debbo fare, dite!... Che cosa debbo fare?

Odetto - Venire con me.

Fioretta - Dove?

Odetto - A Parigi.

Fioretta - A Parigi?

Odetto - Tornerò stanotte. Tu fuggirai. Andremo subito da madama Marcillac, a Porta del Popolo.

Fioretta - Elena Marcillac?... Una cortigiana?

Odetto - Una onesta cortigiana di Guascogna.

Voce di Assalonne (lontano, in fondo al vicolo) - Aeo!...

Fioretta - No, cavaliere. Voi sbagliate. Io non sono una delle vostre dame di Francia.

(Il robivecchi ebreo appare in fondo al vicolo. Età indefinibile, barba caprigna. '' scia­manno'' giallo in testa, gabbano stretto da una cinghia ai fianchi. Regge il sacco su la spalla sinistra; e con la mano destra a conchiglia su la bocca solleva il capo get-tando ogni tanto ìl suo melanconico richiamo verso le finestre).

Odetto - Non mi vuoi seguire?

Fioretta (decisa) - No.

Odetto - E dunque, da un anno, sarò venuto tutti ì giorni in una misera osteria, nei panni dì un povero soldato, per vedermi poi sfuggire, cosi, d'improvviso, la fanciulla che amo?

Assalonne  (in tono minore) - Aeo!...

Odetto (vicino, incalzante) - Non è vero che da un anno vivo qui a contatto di gente ignobile, carrettieri e soldati, per te, soltanto per te?...

Fioretta (un po' scossa) - È vero.

Odetto (c.s.) - Io farò di te la più ammirata, la più invi­diata delle nostre dame! In giostre e tornei porterò ì tuoi colori e griderò ìl tuo nome!... « Per madonna Fio­retta, chi accetta la sfida?.... chi accetta la sfida?...». E sceso da cavallo, piegherò il ginocchio davanti alla mia dama, così...

Assalonne  Aeo!...

Odetto (balzando in piedi) - Dannato giudeo!

Fioretta (sentendo aprire il cancello)  Viene gente!.. Andatevene! (Accenna a sinistra) Di là! Di là! Presto!

Odetto - A mezzogiorno!... Mia dama!... Mio amore!... (Fugge a sinistra di dove era venuto. Scontrandosi sul cantone con Assalonne, che viene dal vicolo. 0detto sol­leva minaccioso il pugno) Giudeo! Guai a te... se... (via).

Assalonne (Risolleva la testa, umile. Poi, a Fioretta che sta per scappare nell'osteria) - Roba vecchia... ferro usato... cocci rotti...

Zi' Teta (che rientra cicalando con la Vicina, vede Assalonne) E tu, giudeo, che fai da queste parti?... Che cerchi?...

Assalonne  Madonna, mi diceste...

La Vicina (interrompendo, intervenendo astiosa) - Vedete, comare? Per questa gente il mondo va sempre bene. Tur­chi o cristiani; diavoli o santi, basta che prestino a usura e succhino il sangue a chi ha bisogno... (Prende il boc­cale, va sotto il naso dell'ebreo) Papa Giulio è troppo buono! In gabbia dovrebbe tenervi! In gabbia!

Assalonne (sottomesso e con accento indefinibile) - Papa Giulio è un buon uomo. Quant'è vero Iddio, un buon uomo!...

La Vicina (andandosene evi suo boccale) - In gabbia! In gabbia!

Zi' Teta  Sei venuto per l'armatura? Ho preparato tutto. (Si avvia verso la porta).

Assalonne  Per l'armatura, no, monna Teta, La spada soltanto.

Zi' Teta  E l'armatura. (Entra, torna quasi subito por­tando un morione, una spada, una corazza) Vuoi vedere anche la picca?

Assalonne  No, no...

Zi' Teta (scaricando tutto sopra la tavola) - Ecco. Guarda. (Batte con le nocche sul morione) Acciaio di tempera. (Prende la corazza) A prova di botta. Senti. Guarda. Petto e schiena. Il petto a cesello, con l'arme colonnese. Guarda, guarda...

Assalonne  Ma io vi dissi la spada soltanto.  

Zi' Teta  E l'armatura. Che vuoi me ne faccia della corazza e del morione, senza la spada?

Assalonne  Quant'è vero Iddio, monna Teta...

Zi' Teta  Quant'è vero Iddio, regalo la spada o la butto nel pozzo. Razza senza coscienza! (Vedendo un Archibusiere tedesco che entra) Fiaschino!  Ehi!  Fiaschino!

Fiaschino (sbuca dalla siepe nel tempo che l'Archibusiere, già alticcio, cade pesantemente a sedere sopra una panca a destra) - Pronto! (Al soldato) Vossignoria comanda?

Assalonne  Monna Teta, ascoltate...

Zi' Teta (per riprendere la roba) - Il malan che Dio ti dia.

Assalonne  Monna Teta...

Zi' Teta  Al diavolo!

Fiaschino (servendo il tedesco) - L'eccellentissimo signor Archibusiere non è di guardia a San Pietro?

L'Archibusiere - Sua Santità non folere più archipusiere d'Allemagne... E allora, povere archipusiere, pere... pere... pere... (Beve).

Fiaschino  E bevi!

Assalonne  Monna Teta... quel soldato là... (abbassa la voce) e i suoi compagni, i Tedeschi, presto se ne an­dranno. E se ne andranno anche i Francesi. Il Papa si riaccosta ai Veneziani.

Zi' Teta  E che c'entra questo con la...

Assalonne  Tra qualche giorno le strade d'Italia saranno piene di mercenari senza paga, che tornano ai loro paesi. E allora, per un tozzo di pane, avete voglia a morioni, spade, corazze...

(Dal cancello, rapido e in sospetto, entra Micheletto. È sui trent'anni. Ha la tiorba sul dorso e da una borsa nera a tracolla gli escono foglietti di canzoni a stampa).

Zi' Teta  Oh! Micheletto! Vieni qui. Capiti a punto. (Lo osserva) Ma che cos'hai?

Micheletto - Io? Niente. Perché?... (Con disinvoltura un po' forzata) Guarda guarda: Abramo figlio d'Isacco e ni­pote di Geremia. Zi' Teta: quello mette nel sacco anche voi.

Zi' Teta  Me? (Ad Assalonne) Dunque: l'armatura e la spada. O tutto, o niente.

Micheletto - La spada? Quale spada? (La prende, la sguai­na) La lama che il magnifico Fabrizio Colonna donò a vostro fratello? Fu a Barletta. Sicuro. Lo zio Romolo me l'ha raccontato cento volte. (Pausa) E la vendete?

Zi' Teta  Figlio mio, in soffitta piglia la ruggine.

Micheletto (saggiando la lama) - Lama spagnola... di Saragozza... larga e forte come un mezzo spadone... Ma leggera... Che leggerezza!.... Una piuma!

Assalonne  L'elsa però è all'antica.

Micheletto - Volpe! E chi ti parla dell'elsa? Questa è a croce, lo vedo. Mentre ora vanno col fornimento lavo­rato. Ma la lama! E poi, guarda qui: un lupo. La marca dei Moro, che è un celebre spadaio di Saragozza. (Pun­tando contro l'ebreo) Acciaio che sfonda qualunque giaco. (Pausa) Peccato!  (Ad Assalonne) E quanto dai?

Assalonne (cauto, esitante) - Con l'armatura... Se si tratta di comprare anche l'armatura....

Zi' Teta  Tutto? Compri tutto?

Assalonne  Per far piacere a voi, madonna. Solo per far piacere a voi.

Micheletto - Lascia il piacere. Quanto?

Assalonne (dopo una lunga esitanza, mostra quattro dita).

Micheletto - Quattro?... quattro che?...

Assalonne  Mezzi ducati.

Micheletto - Ti beffi di noi? La spada soltanto vale, a buttarla via, dieci fiorini d'oro.

Zi' Teta (afferrando la roba) - Gabbamondo! Ladro!

Assalonne  Per tutti i Patriarchi, monna Teta....

Zi' Teta  Vattene!

Assalonne  Cinque. Facciamo cinque!...

Zi' Teta (sula soglia) - Una sacra memoria di famiglia?...

Assalonne  Sei...

Zi' Teta  Di corda! Per te!

Micheletto (sospingendo per le spalle Assalonne) - Hai sentito? Di corda. Va' a comprarla.

Assalonne (aggiustandosi il sacco m la spalla) - Tornerò.

Micheletto - Sì. Ma coi dieci fiorini d'oro. (E Assalonne se ne va pel vicolo ripetendo il suo grido e voltandosi a gettare una sorda imprecazione a Fiaschino che gli ha tirato una sassata).

Zi' Teta (tornando) - E andato via? (Dietro Assalonne) Impiccati!

Micheletto (ridendo) - Sarebbe una fortuna per me, che gli devo ventidue carlini!

Zi' Teta  Debiti anche con Assalonne? Non ti vergogni?

Micheletto - E perché? Il Re di Francia e il Papa non hanno banchieri ebrei? Io ho Assalonne.

Zi' Teta  Ma tu sei solo e libero... Guadagni.

Micheletto - Guadagno, guadagno... Quando il Bargello non ci mette le corna. E da un pezzo in qua prudono troppo le corna a Maffio Bargello! (Siede a sinistra pres­so una tavola e si mette ad aggiustare due corde rotte della tiorba).

Zi' Teta (gli si avvicina) - Ma che cos'hai?

Micheletto - Io?... Niente.

Zi' Teta  Scommetto che hai fatto rissa col Bargello

Micheletto - Rissa? Io? Ah, no. E poi, con uno che ha sempre ragione lui? Trenta uomini, tra birri e caporali. Picche, archibusi, spadoni a due mani, partigiane, nerbi... E nerbate.

Zi' Teta  Nerbate?

Micheletto - Così, per ridere. Figuratevi ch'ero mon­tato sopra una sedia in Banchi, al cantone della Zecca, e stavo accordando lo strumento, quand'eccoti Maffio con tutta la sbirreria. - Ehi! Scendi! - Perché?... - Scen­di! - Non faccio niente di male! - Scendi! - Un ur-tone... crach... cado giù... lo strumento va in terra... e mentre mi chino per raccoglierlo, uno Spagnolo... -Voto a Dios!... Presto! Presto!... - mi assesta una nerbata... Quello, se l'incontro a solo a solo di notte in un vicolo, voto a Dios, gli faccio un bucos ne la trippa....

Zi' Teta (con un gesto, accennando l'Archibusiere lontano) Sssst! (Poi, 'mescendo da bere con un boccale poco pri­ma servito da Fiaschino) Bevi. Ti passerà il dolore.

Micheletto - Credete? (Solleva, prima di bere, il bicchiere verso l'Archibusiere che da lungi gli sorride balorda­mente e mormora) Crepa.

L'Archibusiere - Graccie!

Micheletto (beve, si rimette ad aggiustare le corde della tiorba) - E sapete perché Maffio l'ha con me? (Pausa. In sordina) Perché c'è chi lo paga.

Zi' Teta (seduta di fronte a lui, stessa tavola) - Chi lo paga?

Micheletto - Chi non può mandar giù questa roba. (Bat­te su la borsa).

Zi' Teta  Veramente, figlio mio, hai la lingua come una picca: dove tocchi, segni.

Micheletto - Dico male di Sua Santità?

Zi' Teta  No. Ma degli altri.

Micheletto - Quali altri?... Ah, sì. Vedete quel cavallo steso a terra...

Zi' Teta (ha un gesto di fastidio).

Micheletto - ...quel povero cavallo pieno di piaghe e di scorticature? Muove appena appena la coda... E, guar­date: sopra, sotto, attorno, quante mosche, vespe, ta­fani, zanzare!... Succhia, succhia!... Hai voglia a muover la coda, povera bestia! Succhia! succhia! (Altro tono) Eccoli, gli altri.

Zi' Teta  E a te che importa? Che ci guadagni?

Micheletto (balza in piedi) - Che ci guadagno? (Piano, dietro l'Archibusiere, che dopo aver pagato esce tra­ballando) La peste a te e al tuo Imperatore!... (Forte) Che ci guadagno? Ma quando salto sopra una sedia in piazza e tutta la gente mi si raccoglie attorno, sono io il Re, l'Imperatore, il Papa! Anzi più del Papa, perché lui non lo vede il popolo suo (balza su la tavola) così, come lo vedo io, sotto gli occhi, con le bocche aperte e le facce che ridono! - Ohé, ragazzi! Che vi canto?... « Lo svizzero ubriaco »... «Giggi ha la tosse »... - No, no! « Il cavallo »! « Il cavallo »! (In sordina mezzo decla­mando a mezzo cantando) « È l'Italia quel cavallo - Pien di piaghe e di tafani... ».

Zi' Teta (vivamente) - Sssst!

Micheletto (c.s.)  « Ad ognun fatto vassallo - Da pa­droni che son cani... » .

Zi' Teta  Bastai Basta!...

Micheletto (saltando giù) - Non vi comprometto. E poi i foglietti sono già entrati in Vaticano.

Zi' Teta  Del « Cavallo »?

Micheletto - Già. E c'è qualche Cardinale che ci ride: Grimaldi e Cornaro, i Veneziani. E c'è qualche altro Cardinale che mastica male. (Sberrettandosi) Il reveren­dissimo ambasciatore del Re Cristianissimo.

Zi' Teta  Auch? Il Cardinale Auch?

Micheletto - Proprio lui. È lui che paga Maffio Bargello.

Zi' Teta  Sta attento. Auch ha le braccia lunghe...

Micheletto - Ma c'è chi le ha più lunghe di lui! E sa tutto e vede tutto! E ride piano piano, fra i peli della barba.

Zi' Teta (fissandolo) - Il Papa?

Micheletto - Giulietto nostro.

Zi' Teta  Baie!

Micheletto - Baie?.. (L'afferra pel braccio, e se la trae ac­canto) Perché, secondo voi, il Papa si fa crescere la barba?

Zi' Teta  Ma...

Micheletto - Per tagliarsela il giorno che avrà cacciato d'Italia i barbari.

Zi' Teta  Allora, anche tu credi...

Micheletto - Quello che credono e sperano tutti i valen­tuomini che ne sanno molto più di me. Voi non girate, voi non vedete, voi non sentite. Ma io, che raccolgo le voci di tutti, questa speranza la sento nell'aria, la respiro con l'aria. Siamo su le soglie dei tempi nuovi! - gridava ieri il predicatore a Sant'Agostino. - La luce sfolgora su questa nostra Italia! - Ha detto proprio così: nostra. E infatti, guardate Roma. Pittori, scultori, architetti, poe­ti, musici, cesellatori, venuti da ogni parte, chiamati da ogni parte, fanno a gara per renderla più bella. E Giulio II, che guarda tutto, sorveglia tutto, vede tutto! -Tu, Michelangelo, fammi la Sistina! Tu, Raffaello, pit­turami le Stanze! Tu, Bramante, rifammi San Pietro! - Che volontà! Che strapotente volontà! Capace di tirar giù dal Cielo Domeneddio in persona e dirgli: -Amico! Mi occorrono altri trent'anni di vita... - E bisogna augurarglieli, zi' Teta, e non trenta, ma qua­ranta, ma cento... (Vede Fioretta su la soglia) Oh, Fioretta!

(Fioretta, senza rispondere, si avvia a una tavola a sinistra, dove Fiaschino, che l'ha seguita, comincia ad ap­parecchiare).

Micheletto (con dolcezza) - Non si saluta... il parente povero?

Zi' Teta (con bonomia)  Fioretta stanotte ha dormito poco.

Micheletto  Ah! Ah! Forse lo scirocco.

(Fiaschino ride. Zi' Teta guarda l'uno, guarda l'altra, scuote la testa, alza le spalle, rientra in cucina).

Micheletto (movendo mi -passo verso Fioretta)  Dunque?

Fioretta (strappando con dispetto il tovagliolo di mano a Fiacchino)  Va'. Va', via. Va', va'.

Micheletto  Guardami, almeno. Ma no, non con quegli occhi. Così si guarda un nemico.

Fioretta (astiosa) - Sì! Un nemico.

Micheletto - Ma che dici? Nemico? Io? Di te!?

Fioretta - Tu vieni qui a bere, a ubriacarti, a far prepotenze...

Micheletto - Ubriacarmi?... Sì: qualche volta: in certe giornate nere. Ma prepotenze...

Fioretta - Tu t'immischi troppo nei fatti miei. Ah, sì: troppo, troppo! Tu approfitti di questa mezza parentela per mettere la tua persona...

Micheletto - ...a difesa di due donne sole, in un locale dove la canaglia non manca. Questo vuoi dire?

Fioretta (non risponde).

Micheletto - E finora ci son riuscito, perché si trattava di.... gentiluomini della mia condizione. Oggi però non mi sento più sicuro. È canaglia... d'altro genere.

Fioretta (che sta stropicciando un cucchiaio, ha un piccolo sorriso di sfida).

Micheletto - E il peggio è che tuti allontani, e io non ho piùla forza di trattenerti. Stammi a sentire...

Fioretta (c.s.) - Sento, sento.

Micheletto - Prima, non era così. Io venivo qui. allegro, contento... Mi mettevo a sedere, entravo in cucina, mi scaldavo al fuoco. Ero di casa. T'ho mai detto: - Fio­retta, ti voglio bene? - Mai. Le parole svenevoli non sono per me. E forse per questo fra noi c'è un malinteso, una corda che stona... Sì: io ti vorrei... ti vorrei dire tante cose, anzi una parola sola; ma tu mi guardi con l'occhio del basilisco; e allora... Fammi il piacere: lascia quel cucchiaio... E allora la parola mi si torce in bocca. Sì: la corda stona perché è troppo tesa... Pare che rida, sghignazzi, mentre.... (Con uno scoppio d'ira, strappan­dole il cucchiaio di mano) Ma lascia questo cucchiaio! È mezzora che lustri lustri! Mezz'ora che cerchi in questo specchio il viso, il visino di lui! (Getta su la tavola il cucchiaio).

Fioretta (con ira sorda)  Sempre i tuoi modi! Sempre lo scherno, la beffa sul tuo labbro! (Con rabbia) Ma chi sei, tu? Che vuoi, tu?

Micheletto  Chi sono? Uno che, su le piazze, qualche volta fa ridere. Ma qualche volta voglio divertirmi anch'io, ridere anch'io, sino a farmi crepare le budella. (Le si avvicina) Ti sono più molesto agli occhi d'un fumo di legna verde, lo so...Fa' la smorfia... Ghigna. Però stammi a sentire. (L'afferra pel braccio) Quello no, eh?

Fioretta  (irridente, tiene lo sguardo fisso davanti a sé).

Micheletto  Il guasconcino profumato e impennacchiato, no, eh? No!

Fioretta (si svincola con una mossa rabbiosa).

Micheletto (rimanendo a guardarla) Ma cos'hai nelle vene? Che ti ha messo tua madre nelle vene! Vino an­nacquato? O hai bevuto un filtro; che brucia il tuo cuo­re in gloria d'uno dei nostri peggiori nemici?

Fioretta (con un sorriso)  Lui!

Micheletto Lui, sì. Una spia!

Fioretta  Un onesto soldato.

Micheletto Una spia! Un nemico... come tutti i soldati di Re Luigi.

Fioretta  Se fino a ieri li portavate alle stelle!

Micheletto Alle stelle?... Qualche sciocco, sì, li adula. Ma non chi li vede scorrazzare da ormai diciotto anni, come padroni, questa disgraziata terra.

Fioretta  E gli Spagnoli, i Tedeschi, gli Svizzeri, non sono padroni?

Micheletto Le sette piaghe d'Egitto. Però non hanno...

Fioretta (ironica) - Che cosa?

Micheletto ...l'insoffribile insolenza dei Guasconi La mano sul fianco, il naso in aria... « Largo! Il mondo è mio!...» Ah, mille volte un'alabarda svizzera nel ventre o una lama sottile di Spagna nel cuore, a quel sorriso che è come uno schiaffo! (Le si accosta bonario) Non parlo per me, sai? Io non conto... Ma ci sono tanti gio­vani guerrieri della tua terra, forti, bravi... Ti piacciono i guerrieri con la durlindana al fianco e il cimiero in te­sta?... E sia. Ma sceglilo del tuo paese!...

Fioretta (movendosi verso la scala) - Non ti capisco.

Micheletto (seguendola)  Perché non vuoi capire, Fio­retta. Perché non vuoi capire. Apri gli occhi!

Fioretta (fermandosi)  E se non volessi aprirli?

Micheletto  Allora penserei io a svegliarti.

Fioretta  Come stanotte? Bada però che c'è chi tiene gli occhi aperti, bene aperti, su te.

Micheletto Il Guascone?

Fioretta (senza rispondere, irridente, sale piano piano).

Micheletto Il Cardinale?

Fioretta (idem).

Micheletto Il Bargello?... Ma tu vivi nel mondo dei so­gni, bella zitella! La cuccagna sta per finire. E guerra sarà!

Fioretta in alto, sorridente) - Davvero? Ma tu non la farai, la guerra!...

Micheletto (sorpreso) Io, no? E perché?

(Due Fanti italiani, in corto mantello  e spada, l'arme colonnese sul petto, sospingono il cancello, entrano).

Fioretta  La tua guerra è qui. Di giorno la tiorba, di notte gli agguati...

Micheletto (sobbalzando)  Fioretta!...

Fioretta  ...e sempre nel cuore la gelosia.

Micheletto Fioretta!...

Fioretta  Soldato, tu?... (Strimpella) Col cimiero, tu?... (Strimpella) Con la durlindana, tu? (Strimpella) Ah, ah, ah... (Si ritrae, richiude la porta).

(Micheletto. agitato, fre­mente, vorrebbe far la scala, seguirla. Si frena, si morde con furore una mano. I due fanti, che hanno assistito alla scena, scoppiano a ridere).

Micheletto (torvo, voltandosi) - Eccellentissimi figli di Marte, si può sapere il perché di tanta allegria?

Un Fante - Mio bel civettino...

Micheletto Civettino? Io?... Ma... (Spianando il viso) Cencio!  Tu!  Tu?   (Abbraccia il fante) Soldato?

Cencio - E tu, innamorato!... Micheletto innamorato?

Micheletto Lascia andare. Era per ridere. Dunque... Sol­dato? E da quando?

Cencio  Da tre anni. Prima col Baglione. Poi Orsini. Poi Colonna.

Micheletto Ma come mai? Come mai?

Cencio  La fame. Adesso è grascia. Ricordi Scacciadiavolo di Pallone?

Micheletto (stringendo la mano a Scacciadiavolo) - Ma sì. Ma sì. Di dove venite?

Cencio  Da Frascati, dalla Rocca di Frascati. Per ordine del magnifico messer Marcantonio, che leva gente per il Papa.

Micheletto Sua Eccellenza leva gente? Ah, bene, bene. (Chiamando) Fiaschino! (Si avvicina con i due amici alla tavola di mezzo, fronte al pubblico. Parla a Fia-schino. Fiaschino via). I Colonna levano gente?

Cencio  E anche il Duca d'Urbino.

Micheletto Per il Papa?

Cencio  Per suo zio, certo. Al palazzo dei Santi Apostoli ci hanno detto che sono tutti a San Pietro. (Siede).

Micheletto (sedendo)  In questo momento i sei legati della Serenissima sono su gli scalini di San Pietro in gi­nocchio davanti al Papa.

Fiaschino (posando boccale e bicchieri) - E il Papa tocca a ciascuno la testa con una bacchetta d'oro. Me l'ha detto il figlio dello speziale. Che festa! Che festa!

Scacciadiavolo Ma il popolo, il popolo di Roma sta zitto?... Non si muove?

Micheletto Perché? Che cosa dovrebbe fare, il popolo di Roma?

Scacciadiavolo Ma cacciarli via! Venezia è nemica!

Micheletto Se il Papa riceve gli ambasciatori e toglie l'interdetto, segno è che la pace è fatta. Ne sai più del Papa, tu?...

(Un ometto pacifico, entrato da qualche istan­te, si è seduto sopra una panca accanto e ascolta con attenzione).

Scacciadiavolo Ho fatto la guerra di Romagna e ti so dire che San Marco è prepotente.

Micheletto - E gli altri - il diavolo se li porti - Re, Im­peratore, Svizzeri, Repubblica e Principati, non sono prepotenti? E tutti vogliono la rovina di Venezia...  Perché? Perché?

L'ometto (con dolcezza) - Parché la xe bela, parché la xe forte, parché la xe rica.

Micheletto Mentre Papa Giulio vuol la pace con Ve­nezia... Perché? Perché?

L'ometto  Parché, se cade San Marco, addio San Pietro.

Micheletto (battendo la spalla di Scacciadiavolo) - Hai capito, bestione? Anche i Turchi si pianterebbero in Italia! Il vostro nome, messere?

L'ometto  Ser Zuane, ser Zuane da Padova.

Micheletto  Venuto coi legati della Repubblica?

Ser Zuane  Sior no. Mi son mercante nel commercio de la seda.

Micheletto E allora, ser Zuane, un bicchiere. Qua. con noi!

Ser Zuane (sollevando il bicchiere, prima di bere) - Ser Micheletto! Fra poco il popolo canterA la più bela de le vostre canzoni

Micheletto (con gioia) Credete?

Ser Zuane (sorridendo e declamando, col bicchiere alzato):

Sol Venezia, ch'è sì bella, Gran regina in mezzo al mare...

Micheletto E allora, ser Zuane, amici: alla salute di Venezia!

(La Tonnerre, entrato in fretta dal viottolo a sinistra, si sofferma).

Odetto (avanzandosi, togliendosi con gran gesto il cappello e quasi riprendendo l'ultima battuta) - Alla salute di tutti, dame e cavalieri! (Poi) Gran tempesta a San Pietro!

Micheletto Tempesta?...

Odetto - Il popolo ha fischiato gli ambasciatori.

Ser Zuane - Fisciato?

Odetto - Fischiato, cittadino della Serenissima. Fischiato!

Ser Zuane - Vossioria vienla de San Pietro?

Odetto - Da San Pietro, no. Dal Borgo. Ma anche di laggiù si vedeva un gran tumulto su la piazza. E fischi! Fischi!

Micheletto Il popolo ha...? Ma no... Un momento. (A madonna Isidora che entrata con le figliole si sta met­tendo a sedere a destra) Madonna Isidora, voi venite da San Pietro?

Madonna Isidora  Così non fosse! Guardate le nostre vesti!

Micheletto Tumulti?

Madonna Isidora  Un pandemonio. Spinte, urli, fischi,busse...

Micheletto - Contro gli ambasciatori?

Madonna Isidora  Ma contro Albanesi, Stradiotti, Gua­sconi e Cavalleggeri schierati su la piazza! Una tregenda, vi dico, un pandemonio. Gli Svizzeri si son gettati sul popolo...

Beatrice  ...che li ha respinti...

Lisa - Chi gridava abbasso, chi evviva...

Micheletto Ma... gli ambasciatori, dite, gli ambasciatori?

Madonna Isidora  Gli ambasciatori... erano...

Beatrice Mamma, se parli sempre tu! Gli ambasciatori, tutti vestiti di scarlatto, erano in ginocchio sui gradini di San Pietro. Davanti a loro, seduto in trono, era il Papa coi Cardinali.

Micheletto Ma il popolo?... Il popolo?... Che cosa ha fatto il popolo?...

Beatrice - Il popolo?... Guardava.

Micheletto Guardava?...

Lisa - Quando però il Papa ha dato ordine di aprire la porta di bronzo e ha fatto entrare gli ambasciatori...

Micheletto Ah! Li ha fatti entrare!?

Beatrice - Sicuro, nella chiesa, in San Pietro... Allora tutti si sono messi ad applaudire...

Micheletto   Tutti?...

Lisa - Tutti, no. C'era chi fischiava.

Micheletto Fischiava?

Beatrice - Per dispetto, e per rabbia...

Micheletto E allora?.. Allora?

Beatrice - Allora c'è stato chi s'è messo a cantare...

Lisa - La vostra canzone, ser Micheletto, la vostra canzone!

Micheletto Il « Cavallo »?

Beatrice - Sì...  Prima un gruppo di ragazzi arrampicati sopra una colonna; e poi...

Madonna Isidora  E poi il pandemonio. I soldati contro il popolo, il popolo contro i soldati...

Micheletto (con gioia) - Ser Zuane, cantavano! Canta­vano la mia canzone! Zi' Teta. cantavano il « Cavallo »! Tutti, tutti cantavano!... E noi, e noi, qui... Amici! Se c'è qualcuno che vuol fischiare, fischi. Noi cantiamo:

Odetto (avanzandosi) - Non però davanti a me, gaglioffo!

Micheletto (si volta, lo squadra).

Cencio (sorpreso, sollevandosi dalla panca) - Ehi? Messer voi?!...

Scacciadiavolo (idem) - Chi è? E che vuole?

Micheletto Chi è?! L'insegna Odetto La Tonnerre, gentiluomo del Cardinale Auch.

Lisa (sommessamente) - Mamma, andiamocene!

Odetto  Mi conosci?

Micheletto Se vi conosco!

Odetto  E allora, via!  Esci!

Micheletto Perché, cavaliere, volete guastarvi il pranzo? Guardate. La vostra minestra fuma su la tavola. E il vino! Vin greco, spillato per voi alla botticella di famiglia. E il pane, fresco, bruno, come le guance delle nostre ragazze...

Odetto  Insomma, vuoi che ti rompa la tiorba su le spalle?...

Micheletto (sorridendo)  Come a voi, stanotte, hanno rotto il liuto su la testa?

Odetto (balza indietro, la mano alla spada) - Marrano, tu confessi... (Grida delle donne. Cencio e Scacciadiavolo si alzano, portano anch'essi la mano alla spada).

Micheletto Cavaliere! Badate! Giuro che come stanotte vi ho strappato la daghetta di mano...

Odetto (snudando la spada) Tu?...

Micheletto ...così ora saprò strapparvi la spada e spez­zarla sul mio ginocchio..

Odetto  Tu?... Tu?...

Micheletto Voi avete buon gioco, cavaliere. Buon gioco. Perché per il plebeo che porta armi c'è il taglio della mano. (Gira dietro una tavola) E io non ho armi, guar­date, non ho armi. Come non ne avevo stanotte... quando coi sassi e coi bastoni abbiamo visto le vostre spalle. (Al­zando un boccale) Non vi accostate, messere, non vi ac­costate, o vi rompo il musino. Ma udite, udite ancora... Correte in Banchi... laggiù, dov'è Pasquino... Scostate la gente che si affolla attorno alta statua... e ride... Chinatevi su lo zoccolo... e leggete il cartello...

Odetto (fuori di sé)  Traditore ribaldo! Tu hai osato?... Ah, su la punta della spada porterò la tua satira infame al Cardinale!   (Lontani e confusi clamori)

Micheletto Fate presto. Perché tra poco l'autorità del

vostro Cardinale sarà a terra.

Odetto  Tra poco il tuo corpo penzolerà dalla forca! (Si slancia fuori)

Micheletto Va'! Corri! Il mio corpo su la forca! Ma il tuo cuore inchiodato lA, alle beffe, allo scherno!

Zi' Teta (con angoscia) - Micheletto! Che fai ancora qui?... Salvati! Scappa!

Micheletto E' vero. La mia vita è appesa a un filo, che diventerà corda se il Cardinale non lascia oggi stesso Roma. Ma queste sono grida di gioia. « San Marco! » Ser Zuane, gridano « San Marco! » (Corre alla siepe, guarda) E laggiù, braccia in aria... bandiere che sven­tolano...  (A due Popolani armati, che entrano) Amici, che accade? Perché queste armi? E perché gridano tanto, laggiù?

Primo Popolano - Il popolo forma la milizia...

Secondo Popolano - ...E porta in trionfo gli ambasciatori di Venezia.

Micheletto In trionfo?... Ma sì; anche le campane suo­nano... (Sorridente, l'orecchio teso al discorde scampanio lontano) San Celso... San Salvatore... l'Apollinare... la Pace... Tutte le campane di Roma!... Tutte le campane di Roma!...

(Dal vicolo, frettoloso e col sacco in spalla, Assalonne).

Assalonne (sommessamente) - Il Bargello sta circondando coi birri l'osteria!

Zi' Teta (atterrita) - II Bargello?...

Assalonne Dietro la casa, negli orti, nel vicolo... Birri dappertutto!

(Confusione, voci sommesse: il Bargello! Il Bargello!).

Micheletto - Dappertutto?...

Zi' Teta  L'avevo, detto io!... Santa Vergine! E adesso, dove ti nascondi?.. Dove scappi?...

Lisa - Mamma...andiamocene!...

Fiaschino (rientrando dal solito buco alla siepe)  Maffio è al cancello!

Micheletto Dove scappo? (Illuminato da un'idea) Al posto! Compari, al posto! (L'indice al labbro) E silenzio!

Zi' Teta  E tu?... E tu?...

Micheletto Io.. (Corre alla porta dall'osteria)

Zi' Teta (spaventatissima) - No! Dentro, no!... Micheletto!

Micheletto (su la soglia) - Sst!... (Sparisce).

(Zi' Teta, le-vando le braccia al cielo, lo segue. Gli altri, alle varie tavole, si affrettano a prendere pose indifferenti. Assalonne depone il suo sacco, si asciuga il sudore).

(Il Bargello entra lentamente, spavaldo e truce, battendosi il nerbo di bue su le gambe. Lo segue un Birro con due enormi baffi grigi, anch'esso fornito di nerbo di bue).

         

Il Bargello  Prosit! Salute!

I  Due Popolani (si toccano appena la berretta).
Cencio e Scacciadiavolo (tra ) denti) Prosit!

Ser Zuane (amabile) - Salute al sior Bargello. (Offrendo il bicchiere) Un gioseto?

Il Bargello   (rifiatando)   -   Grazie.   (Occhiata all'ingiro) Non era qui Micheletto?

Cencio (voltando appena la, testa)  Chi?

Il Bargello  Micheletto, Micheletto da Ponte.

Cencio (Non risponde. Si rimette a bere).

Primo Popolano - Poco fa era in Banchi.

Il Bargello  (bieco) Stamattina era in Banchi, E non « poco fa *.

Madonna Isidora (che sente su di sé l'occhio del Bargello) -Noi siamo arrivate, si può dire, proprio ora... Vostra Signoria domandi a tutti. Non ci siamo messe, si può dire, nemmeno a sedere.

Il Bargello (afferrando a volo il braccio di Fiaschino che passa con un boccale e bicchieri) - Zi' Teta, dov'è?

Fiaschino  Ohé! Chi rompe paga!

Il Bargello  Ti rompo la testa... se... (Zi' Teta appare su la soglia) Vecchia befana, covi l'uovo, là dentro? Micheletto dov'è?

Zi' Teta  Micheletto?

Il Bargello - Non far la balorda. Micheletto, sì. Micheletto! Vuoi che te lo scovi io? Indietro!

Zi' Teta  Messer Maffio..

Il Bargello  Indietro! Via! Togliti di mezzo!

Micheletto (appare su la soglia, morione in testa, co­razza, spada in pugno) Ehi! Come gridi, Bargello! Ec­comi qua! Non fuggo!

Il Birro - Voto a Dios, è lui!

Micheletto (minaccioso)  Lo spagnolo della nerbata?... Voto a Dios...

Il Bargello  Non fare il bravo, Micheletto. Quella spada ti sta bene come una picca in pugno a un canonico.

Micheletto La picca? C'è anche quella. E anche l'archibuso. Oggi il Papa vuole soldati. Io sto coi Colonna. Guarda!   (Accenna l'arme sul petto)

Il Bargello (blando) - Micheletto, vieni con noi.

Micheletto Con te? Ma in che mondo vivi, Bargello? Sono finiti i bei ducatoni che ti passava il Cardinale! E la mordacchia non me l'hai messa, no!

Il Bargello  Bada, Micheletto!

Micheletto Cambia bandiera, Maffio! Cercati un altro padrone. Senti come le campane suonano? E senti come il popolo grida?

Odetto (rientrato da un istante) - Grida di poltroni che le alabarde alemanne ridurranno presto all'obbedienza. Bargello! La mascherata non deve salvare costui. Chiama i tuoi uomini!

Cencio  Quel fante è con noi. Chi tocca quel fante, tocca Casa Colonna.

Ser Zuane (amabile, a Odetto) - Vedela, Lustrissimo? Oggi no tira bon vento per gli agenti del Cardinal Auch!

Odetto - E voi... chi siete?

Ser Zuane - Diavolo!... Un agente del signor mio reve­rendissimo, el Cardinal Grimani.

Odetto  Ebbene: dite al vostro Cardinale che la partita, chiusa oggi, la riapriremo domani.

Ser Zuane - Dasseno?

Odetto  Sul campo di battaglia.

Micheletto (saltando sulla tavola) - E allora, cavaliere arrivederci a domani. (Al Bargello che segue La Ton­nerre) Ehi! Maffio! Vieni qui! Senti!... (Balordamente il Bargello si avvicina) Canta con noi! (Il Bargello se ne va indispettito. Micheletto, scoppiando in una risata e brandendo la tiorba) Ragazzi! San Marco!

Tutti (raccogliendosi attorno alla tavola) - San Marco! San Marco!

Micheletto (cantando con forza):

È l'Italia quel cavallo.. (agli altri) Insieme, ragazzi!.. Insieme!...

Tutti (cantando):

Pien di piaghe e di tafani

Ad agnun fatto vassallo

Da padroni che son cani...

Sol Venezia...

Fine del primo atto


ATTO SECONDO

In una casa di contadini mezzo devastata dal fuoco e dal saccheggio, sul limite degli alloggiamenti delle milizie pontificie, in vista della Mirandola.

Ampia stanza a pianterreno - con volta, pilastri, sof­fitto a grossi travi bucato da qualche colpo di cannone -trasformata da Zi'Teta e Fioretta in osteria da campo.

In fondo, a sinistra, grande camino cinquecentesco, con stoviglie, alari e fuoco su cui arrostisce un capretto infil­zato a uno schidione, A destra, porta mezzo sgangherata ad arco e con rosta, che dà su gli alloggiamenti, ed è la comune. Un battente della porta è chiuso da un braccio di ferro confitto al muro, l'altro battente è mobile.

Nella parete destra della stanza s'apre in secondo piano un uscio che mette in una stanzaccia, dove ì soldati s'intrat­tengono a giocare e trincare. In primo piano è una botticella con zipolo e trespolo.

Alla parete sinistra della stanza, in primo piano, è l'aper­tura, senza battenti, della stalla, dove Assalonne tiene l'asino e la carretta di cibarie e mercerie. In secondo piano è l'uscio della camera dove dormono le due donne e a cui si sale per un paio di scalini.

In aria, appesi a bastoni, qualche prosciutto e qualche collana di salsicce.

Tavola grande, con panche, a sinistra. Tavola più pic­cola a destra, un po' di sbieco tra la comune e l'uscio della stanzaccia, quasi di fronte al pubblico.

È il tramonto. Il tempo schiarisce dopo una giornata di pioggia.

Dalla stalla, a quando a quando, il tintinnio d'una sonagliera.

Zi' Teta (al camino, mette legna e si asciuga gli occhi, che le lacrimano per il fumo)

Assalonne (Entra dalla stalla. Dalla cinghia ai fianchi gli pende una borsa di cuoio. Attacca sonagliera e frusta allo stipite, si toglie di testa lo sciamanno bagnato, lo scuote, si avvicina al fuoco).

Zi' Teta  Ha smesso di piovere?

Assalonne  Schiarisce.

Zi' Teta  Qua dentro, acqua come se fossimo in Piazza Navona. Guarda, lassù, che buchi!

Assalonne  Acqua, neve e cannonate.

Zi' Teta  Un giorno o l'altro viene giù il solaio, e addio. Faremo la morte del sorcio. (Rumori nella stanza a destra, dove i soldati gozzovigliano) Senti? Quelli non se la pigliano. Ieri un colpo di colubrina batte il cantone. Sassi, calcinacci, tegoli.. E quelli, fermi, a trincare e gio­care come niente fosse.

Assalonne (seduto, allungando le mani alla fiamma) - È il mestiere loro.

Zi' Teta  Un brutto mestiere. E il guaio è ch'io ci son capitata dentro fino al collo. Chi mi ha tentata, santo Id­dio, chi mi ha tentata?

Assalonne  Questi. (Batte su la borsa alla cintura).

Zi' Teta  Ti si secchi la lingua!... (Pausa) Hai chiuso la porta della stalla?  (Per muoversi).

Assalonne (prevenendola) - Non vi scomodate. Ho chiuso col catenaccio. E poi con la stanga.

Zi' Teta  E la botola della cantina?

Assalonne  Ci ho steso sopra uno strato di letame. E ci ho anche rotolato sopra una botte vuota. Però, monna Teta, non è prudente tenere tanto danaro in casa.

Zi' Teta  Credi"?

Assalonne  Sarà bene depositario in banco.

Zi' Teta (candidamente) - Eppure fa tanto piacere averlo sottomano, contarlo e ricontarlo!

Assalonne (diabolico) - Che musica, eh?

Zi' Teta  E che sogni! Stanotte mi pareva di passare per la Rotonda, in portantina, come una gran dama, E tutti mi facevano la riverenza... e tutti mi gridavano...

(Dalla comune, rapido, Fiaschino, vestito da bombardiere, pistola al fianco).

Fiaschino (tonante) - ...Ostessa! Un boccale!

Zi' Teta  Eh! Chi è?... Moccioso!...

Fiaschino Svelta! E grande!!! E come quello scarafaggio là! Non battezzato!

Zi' Teta  Hai denaro?

Fiaschino  La paga. E ancora vergine. Eccola. (La fa sonare in tasca).

Zi' Teta  Ma sentite come parla! Non si direbbe che abbia fatto  la  guerra contro  i Turchi?

Fiaschino  Affediddio! se non l'ho fatta, la farò. (Siede) Dunque?... (Vedendo che zi' Teta si accosta col boccale alla botticella) No, dii quello, no. Lassù piove. Dalla botte lo voglio, per Santo Jacopo di Compostella! (Assalonne toglie a zi' Teta di mano il boccale, esce a si­nistra. Zi' Teta, si accosta a Fiaschino) Senti, Fiaschino...

Fiaschino  Che c'è, monna Teta?

Zi' Teta  Perché non butti quell'arnese e non torni a servire all'osteria?

Fiaschino (alzandosi)  A un bombardiere di messer Mar­cantonio certe proposte? Mentre Sua Santità in persona è qui, tra la pioggia e la neve, a dirigere l'assedio della Mirandola? E mentre il nemico dal suo dannato Castello ci molesta giorno e notte? (Assalonne serve e torna a sedersi presso il fuoco. Baccano nella stanzaccia) Micheletto è di là?

Zi' Teta  Coi bravacci.

Fiaschino  Ohi, comare, se vi sentono...

Zi' Teta  Ormai tutti chiamano così la squadra di Micheletto. Quando la compagnia del capitano Cecchin del Colle va all'assalto, chi è in testa?... Micheletto coi suoi bravi. (Al camino) Oggi è giorno di paga. Questo catino è per loro. E guai a non servirli subito!

Fiaschino  Prepotenti?

Zi' Teta  Eh! Se non fosse Micheletto...

Voci di Soldati (dalla stanzaccia) Ehi! Ostessa!

Scacciadiavolo (affacciando la testa) Monna Teta! E il capretto?...

Zi' Teta  Vengo, vengo! Servo subito! Un momento! (Chiamando mentre si affanna attorno al capretto) Fioretta! Fioretta!

Fiaschino  E' di là anche lei?

Zi' Teta  Coi soldati?... Sei pazzo?... Fioretta! Fioretta!

Fioretta (su lo scalino dell'uscio della camera, a sinistra) Mamma...

Zi' Teta Resta un po' qui con Assalonne. Io vado di là, a servire.

Fiaschino (alzandosi) - Bella zitella, m'inchino a voi. (Traballa) Oh Dio, mi tremano le gambe!

Zi' Teta (col catino tra le mani) - E ne hai bevuto appena un bicchiere! Su, avanti!... Apri la porta, bombardiere. (Spariscono a, destra)

(Neppur s'è richiuso l'uscio, che Assalonne si alza in piedi rapido, guarda attorno con sospetto, interroga piano, timoroso, Fioretta).

Assalonne È ancora là? (Accenna la stalla).

Fioretta  Dentro il tino, in fondo. Si è fatto con la paglia un giaciglio.

Assalonne  E non temi che qualcuno?...

Fioretta  Chi vuoi che lo veda? Il tino è nell'angolo buio.

Assalonne  E quando conti di farlo fuggire?

Fioretta  Non so... (Torcendosi le mani) Assalonne! Assalonne!  Salvalo!

Assalonne  Io?... E come potrei io?... (Con un sussulto) No, no. io non so niente! Non voglio saper niente! C'è la forca, comprendi, e la tortura... Tu l'hai nascosto, gli hai dato asilo... Sbriga la faccenda da te. Io...

Fioretta  Vorresti denunziarlo? Ti leggo negli occhi! Ma è troppo tardi! Dovevi denunziarlo subito, ieri mattina, appena lo vedesti. Ti accuserò io!

Assalonne  No. Fioretta, no...

Fioretta  Non mi hai consigliato tu di nasconderlo fra le botti?

Assalonne  In un primo momento. Sfido!... La sorpresa, la paura..

Fioretta  E non hai ricevuto danaro da lui?

Assalonne  Denaro... no...

Fioretta No?

Assalonne  Un suo anello. In pegno. Il mio modesto commercio...

Fioretta  Eavrai anche altro denaro... quanto ne vorrai, se riuscirà a passare le granguardie e a tornare al Castello.

Assalonme - Bazzecole! Le porte del campo sono ben guardate e la consegna è severa.

Fioretta  Stanotte, alla porticciola delle gabbionate, verso la Mirandola, sarà Micheletto coi suoi...

Assalonne  E tu speri che Micheletto...

Fioretta  ... Sì.

Assalonne (incredulo)  Mah! Se lo dici tu... Allora, conti di farlo fuggire tra poche ore?...

Fioretta  Sì.

Assalonne  Bada però che io non so niente, non voglio sa­per niente... Donne! Stupide donne! Pazza, pazza, pazza!

Fioretta (trasognata)  Quando ieri mattina, all'alba, presso il pozzo, mi sentii chiamare piano: - Fioretta!...  Fio­retta!... - e mi vidi accanto quel giovane contadino, e riconobbi... riconobbi Odetto... mi sentii tramortire. Lo condussi tremando nella stalla...

Assalonne (le sì accosta) Ma,. sciocca femmina, credi che il Guascone sia venuto a mettersi nelle canne del lupo per vedere il tuo leggiadro visino?

Fioretta  È venuto perché tagliato fuori con altri compagni nella ritirata su Milano. Si è travestito, ha errato, affa­mato, lacero... E sapendo che io ero qui...

Assalonne (con ironia) Ah! (Poi) Tutt'oggi le artiglierie del Castello hanno tirato con una precisione strana. La tenda del Duca d'Urbino è stata colpita due volte. Una, quella del Colonna. Un colpo di sacro è piovuto qui accanto.

Fioretta  Tu menti... tu menti...  tu menti...

Assalonne È una fattura che hai addosso! Sei stregata. Sei stre...

(Lo scoppio d'una rissa nella stanzaccia, impre­cazioni, colpi. Le voci di Micheletto e di zi' Teta domi­nano le altre. Poi l'uscio si spalanca all'urto d'un corpo scaraventato sulla scena. È un Cavalleggere, alticcio, con la testa impiastricciata di sugo. Lo seguono Micheletto che sbraita, zi' Teta impaurita, Fiaschino, Cencio, Scacciadiavolo e altri).

Micheletto Ribaldo! Ribaldaccio!...

Zi' Teta  Per amor del cielo!...  Micheletto, no!  no!

Fioretta (slanciandosi)  Mamma! Mamma!

Micheletto Niente paura, Fioretta! Niente paura. Il Cavalleggere ha avuto una lezione!

Il Cavalleggere - Otre di vino!  Barile sfondato!

Micheletto (minaccioso)  Ancora?

Il Cavalleggere - Il capitano!...  Dov'è il tuo capitano?...

Micheletto Ma chiama il boia, piuttosto! Che ti strappi la lingua e ti mozzi le mani!

Cecchin del Colle (entrando, cacciandosi in mezzo)  Che c'è? Siamo alle solite? Risse? Mischie?... Baruffe?... E il nemico guarda dalle bertesche del Castello e ride!

Micheletto Vostra Eccellenza si degni...

Cecchn del Colle - Taci, sacripante! (Al Cavalleggere) E tu?

Il Cavalleggere - Mi ha rotto il catino in testa!

Micheletto Sfido! Era di coccio!

Cecchin del Colle Vuoi tacere? (A zi' Teta) E tu, spen­nacchiata cornacchia, se credi di far della tua osteria un bordello, t'insegnerò la strada del ritorno.

Zi' Teta  Eccellentissimo signor...

Cecchin del Colle  Basta! Se capitasse qui un giorno o l'altro Sua Santità, che sa e vede tutto, non darei un quat­trino di te e della tua stamberga.

Micheletto Io vorrei capitasse quando un soldataccio si permette di offendere una gentildonna romana.

Cecchin del Colle  Zitto, tu! E due. (Pausa) Perché? Che cosa è accaduto?

Micheletto È accaduto... Ma, già, se non posso parlare!... Insomma è accaduto che, mentre eravamo seduti a una tavola e il Cavalleggere si preparava a uscire, questa gentildonna si è vista pigliare per la guancia dal Caval­leggere. Allora io ho tolto il catino dalle mani della gen­tildonna e ne ho fatto un elmo per il Cavalleggere. Se poi il catino si è rotto...

Il Cavalleggere  E' ubriaco, capitano! E'. ubriaco! Guardatelo!

Micheletto Io?...

Cecchin del Colle (sospingendo il Cavalleggere) - Tu, vattene...

Il Cavalleggere (piagnucolando) - È sangue, capitano, è sangue!

Fiaschino (arcando di nettarlo alla meglio) - E' sugo di cipolla...

Cecchin del Colle  Conducetelo via.

(Via il Cavalleggere sorretto da Fiaschino. Il capitano si volge a Micheletto).

Costui è un Cavaleggere del Duca d'Urbino. Lo sai?

Micheletto E so pure che non capiterà mai più tra i fanti colonnesi del capitano Cecchin del Colle.

Cecchin del Colle  Bada che il boia non ti carezzi un giorno o l'altro la. schiena con la frusta. Sua Santità non vuole risse e discordie.

Micheletto Sì, monsignore.

Cecchin del colle  Non hai tu stanotte la guardia della porta piccola?

Micheletto Sì, monsignore.

Cecchin del colle  Bene. Prepara i tuoi uomini. (Esce).

Micheletto (ai compagni)  Voialtri, via. Alle tende. Io pago il conto. Ho fatto il danno e pago. (Escono i sol­dati. Micheletto si avvicina a zi' Teta) Raccogliete di là capretto e cipolle. Mangeremo tutto domani. Quanto al vino...

Zi' Teta  Figlio mio, questi spaventi...

Micheletto  Vi sentite male? Eh. per quattro urli! But­tatevi sul letto. Fioretta... (Con Fioretta accompagna zi' Teta all'uscio della camera) Io devo dire due parole ad Assalonne.

(Si assicura che l'uscio della camera sia ben chiuso, poi va alla comune e accosta i battenti. La sera comincia a calare. Un suono di tromba lontano, nel campo. Tornan­do verso Assalonne).

Micheletto Hai capito, Matusalemme? Fra due ore ho il cambio della guardia.

Assalonne  La guardia?

Micheletto Sì: la guardia, la guardia. Fra due ore do­vrò trovarmi con la squadra alla porta verso il Castello. Rendimi la lama.

Assalonne  Quale lama?

Micheletto Non mi guardare con quegli occhi di gufo impagliato. La lama che impegnai due giorni fa.

Assalonne  Ma per il pegno ti diedi otto ducati.

Micheletto (ridendo)  E una spada di legno! (Cava la spada che ha al fianco).

Assalonne  Tu avevi fretta e io adattai all'elsa una lista di rovere. Però ti dissi: - Dammi tempo e ti troverò un'altra spada.

Micheletto L'hai trovata?

Assalonne  Non accora. Nessuno muore e tutti tengono alla spada più che all'amante.

Micheletto Hanno ragione. Dammi la lama.

Assalonne  Ma quale lama?

Micheletto Quella che era unita a quest'elsa. La lama vera, d'acciaio. (Ringuaina).

Assalonne  Ma, mio buon Micheletto, io non l'ho più.

Micheletto Non l'hai più?

Assalonne Non me la desti in pegno per due giorni?

Micheletto Sì:  due giorni.

Assalonne  Io ho aspettato pazientemente la fine del se­condo giorno, che fu ieri. Tu non mi hai restituito il de­naro... e io...

Micheletto Venduta?... Hai venduto la lama?... A chi?... (Lo afferra pel polso).

Assalonne  ...Al capitano degli Svizzeri... Ahi!

Micheletto A Gaspard! Al capitano Gaspard! (Lascia con disgusto il braccio di Assalonne).

Assalonne(umile, lisciandosi il polso) - Era nel mio diritto.

Micheletto (con un ghigno) - Il tuo modesto commercio... L'elsa, no; ma la lama, la fine lama di Saragozza... E per averla mi hai girato attorno settimane e mesi... la covavi, te la mangiavi con gli occhi... E aspettavi, aspettavi... Fin­ché due giorni fa, perduto l'ultimo picciolo... tu... (Tace. A un tratto il suo riso si fa torvo) E quanto ti ha dato Gaspard de Silenen?

Assalonne  Quanto?...

Micheletto Della lama, sì! Parla! (Afferrandolo, scoten-dolo) Quanto?

Assalonne (in ginocchio) - Venti...

Micheletto No!

Assalonne  ...Venticinque... sì, per tutti i Patriarchi... venticinque...

Micheletto Che? Che?... Cosa?...

Assalonne  ...ducati... sì... ducati...

Micheletto (Lisciandolo) - Venticinque ducati?... Per la mia lama?... E tu me ne hai dati otto... Diciassette du­cati mi devi, giudeo, diciassette ducati!...

Assalonne  Io?...

Micheletto Tu! Tu! Fuori i ducati! (Strappandogli la borsa dalla cintura) Fuori i ducati!

Assalonne (con debole voce) Aiuto! Al ladro!

Micheletto Ohi! Non gracchiare. O ti mando a raggiun­gere i Patriarchi. (Fruga nella borsa) Ladro, io? E questo... (fa sonare il denaro nella borsa) non è sangue di noi po­veri soldati? Il tuo modesto commercio, eh, il tuo mode­sto commer... (Si arresta sorpreso, cava un anello dalla borsa) Per Giuda, che magnifico anello! Degno d'un re! Diamanti e zaffiri... (Provandolo) L'hai strappato al dito di qualche morto?

Assalonne (per riprendere l'anello)  Dammi...

Micheletto Eh, lasciami vedere.

Assalonne (trepido)  Ti renderò la lama...

Micheletto Preferisco l'anello.

Assalonne - Ti renderò il denaro!

Micheletto Voglio l'anello.

Assalonne  Ma l'anello vale di più, assai di più!...

Micheletto Metterò il resto. Ti darò il resto. La paga d'un mese... d'un anno... Ma l'anello sarà di Fioretta.

Assalonne  Ah! (Cessando di supplicare, illuminato da una contenuta gioia diabolica) Di Fioretta? Se lo darai a Fioretta... allora...

Micheletto Ma certo!

Assalonne  Idea degna d'un cuore generoso e veramente innamorato! Però, glielo darai?

Micheletto Se ti dico di si!... Anzi... (Si muove verso la camera).

Assalonne (vivamente) - No, non chiamarla. Aspetta. (Si muove verso la stalla).

Micheletto Dove vai?

Assalonne  Non voglio che mi trovi qui. (Sorriso) Tra innamorati, tu capisci...

Micheletto (accennando la comune) Di là.

Assalonne  Eh?...

Micheletto Non hai sentito quello che ho detto?... Sono di guardia. Ho bisogno di una spada. Bella o brutta, non importa. Ma che tagli e punga. Trovala.

Assalonne  Io?...

Micheletto Cercala. Rubala. Ingegnati. Va'.

Assalonne  Ma...

Micheletto O ti buco con questo pugnale...

(Via Assalonne atterrito. Micheletto si toglie l'anello, lo guarda inebriato. Poi si muove verso la camera, chiama): Fio­retta! Fioretta! (Ma un'idea ingenua gli traversa la men­te; e fa sparire l'anello in tasca proprio mentre Fioretta appare su lo scalino reggendo due lanterne accese. Micheletto, ricomponendosi) Ecco... Volevo proprio dirti che qui non ci si vede più... Dammi, dammi. Ti aiuto. (Prende una lanterna, monta sopra una panca, l'appen­de al soffitto, nel mezzo. Poi va all'uscio della stanzac­cia) Qui. chiudiamo. Così. (Mette la stanga. Poi prende l'altra lanterna e va per appenderla all'arco della comune. Ma ci ripensa) No. no. È troppo buona mira per le arti­glierie di madonna Francesca Trivulzio. Lasciamola qui. (La rimette su la tavola) E adesso... (Voltandosi, vede Fioretta che, portato il boccale quasi pieno di Fiaschino dalla tavola piccola alla tavola grande a sinistra, mette accanto al boccale due bicchieri puliti) Che fai?

Fioretta  Non bevi più?

Micheletto Ho bevuto già troppo. E poi perché due bicchieri?

Fioretta  Bevo con te.

Micheletto (sorpreso, felice) - Con me?...  Fioretta, im­pazzisci?...  O l'aria della Mirandola... (Posa il bicchiere) Sciocco! E' proprio la Mirandola. Tu bevi per mandar giù la paura di poco fa.

Fioretta  No,. Micheletto. Io bevo al tuo cuore buono e generoso.

Micheletto Perché ho messo a posto una canaglia? Ma, finché sarò in piedi, nessuno vi torcerà un capello. (Beve. Fioretta beve un sorso, Micheletto sorride, siede incontro a Fioretta già seduta alla tavola) E adesso, Fioretta: dammi la mano.

Fioretta  La mano?

Micheletto La mano, sì. Così. Chiudi gli occhi. Chiudi gli occhi, tidico. E ferma, eh?... Uno... due... tre! (Le infila al dito l'anello tolto ad Assalonne)

Fioretta (sollevandosi, reprimendo a stento la tremenda sorpresa) - Come... hai avuto questo anello? (Se lo toglie).

Micheletto Non ti piace?

Fioretta  Come... come l'hai avuto?...

Micheletto Credi l'abbia rubato? Me l'ha venduto Assalonne.

Fioretta  Venduto?

Micheletto Glie l'ho trovato nella scarsella. Un po' con le buone, un po' con le cattive, glie l'ho preso. Ma lo pagherò. Ti piace? E' tuo.

Fioretta (rimette al dito l'anello con ansia trepida, quasi con gioia).

Micheletto Ah, ah, sei contenta! Allora, ti piace?

Fioretta (con sincerità infrenabile) - Sì.

Micheletto  Sì? Hai detto sì? E con una voce... una voce nuova... (Si alza, sbalordito di felicita) Guarda; se in que­sto momento una palla di colubrina partita dai bastioni mi pigliasse in mezzo al petto, direi: - Madonna Francesca, vi ringrazio. (Torna alla tavola, pone un ginocchio su la panca, si curva di fronte alla fanciulla, le mormora) E allora, Fioretta... Ma volta il viso in là... Non mi guardare... Se mi guardi, addio coraggio... E allora, Fioretta... Fioretta... No, non mi guardare... no... (Più piano) Di­venta mia moglie! (Pausa, solleva il viso che aveva, ap­poggiato alla mano di lei protesa su la tavola) Ridi?

Fioretta (seria) - No, Non rido...

Micheletto Non ridi? (Si alza, balza in piedi, scuote la

testa) Eppure, non ho bevuto che quattro bicchieri... Tre

là, uno qua... Hai detto:   « non rido »!  (Si riavvicina

brusco, ansioso) Ma guai se ti burli di me, eh?... Guai

se ti burli di me... Mi sposeresti?

Fioretta (breve pausa) - Sì (Si alza).

Micheletto  Sì?... Quando?... Quando?..

Fioretta  Appena tornati a Roma.

Micheletto (con gioia) Appena tornati... (Con rammarico) Ma tornerò?

Fioretta  Torneremo tutti. (Gli sì accosta) E io ti rivedrò con la bocca piena di canzoni e il riso negli occhi...

Micheletto  E la tiorba a tracolla. Mi beffi! Lo vedi che mi beffi?

Fioretta  Ti beffavo allora. Ma adesso che ti vedo in que­sto mestiere di assassini...

Micheletto  Assassini?

Fioretta (nervosa)  Ma sì. Prede, sacco, incendi, uccisioni...

Micheletto  È la guerra.

Fioretta (c.s.)  E il sangue, è la morte, è quella prepotenza che tu a Roma non potevi soffrire.

Micheletto  Ma che prepotenza! Prepotente è il duca Alfonso, che non vuole restituire Ferrara al Papa. Prepo­tente è lo Chaumont che devasta coi suoi guasconi il Mi­lanese. Prepotente è la contessa Trivulzio...

Fioretta  Una povera vedova!

Micheletto  Chi?

Fioretta  La contessa.

Micheletto Brava! Ci tiene nelle trincee come talpe a battere i denti di fame e di freddo...

Fioretta  Di fame, no.

Micheletto (seguendola verso la tavola)  Aspetta un'altra settimana, e vedrai.

Fioretta (mescendo da bere)  E lei, la contessa, non soffre la fame?

Micheletto Me ne importa poco. (Beve) E poi, che ne sai, tu?

Fioretta  Lo so.

Micheletto Oh bella! Hai i tuoi informatori? (Salta a sedere su la tavola, beve il resto del bicchiere, guarda ri­dendo Fioretta) Forse madonna Francesca si degna con­fessarti le sue pene di stomaco a mezzo di qualche leggiadro paggio?

Fioretta (franca, decisa) - No. Di un umile suo servo.

Micheletto A te?... E come?...  (Scende giù dalla tavola).

Fioretta  Il contadino che abitava prima questa casa. L'ho visto stamani, pallido, smunto... Era riuscito a passare le guardie...

Micheletto Il campo brulica di spie. Anche ieri ne fu impiccata una. (Sussulto di Fioretta) Dov'è?

Fioretta  È scomparso... Non so...

Micheletto Ma bisognava avvertirmi subito! Com"è? Giovane?... Vecchio?... Bruno?... Biondo? Ma già: sì travestono e parlano veneziano... spagnolo... svizzero... (Pausa) Tornerà?...

Fioretta (esitante, guardandolo)  Forse...

Micheletto (con gioia)  Ah!

Fioretta (pavida)  Che vuoi fare... Micheletto?...

Micheletto Ma... pigliarlo, legarlo, consegnarlo al boia.

Fioretta (con un grido) - No, no! Tu non lo farai!

Micheletto E perché? Una spia!

Fioretta  Un servo fedele alla sua signora!

Micheletto Sta a vedere che se la contessa pigliasse me, servo fedele di Giulietto, mi regalerebbe un bicchier di vino!

Fioretta  Tu non lo farai!

Micheletto Ma perché?...

Fioretta  Perché, con lui consegneresti al boia anche me.

Micheletto Te?...

Fioretta  L'ho accolto in casa, gli ho dato da mangiare...

Micheletto Tu non sei obbligata a sapere chi era costui. Questa è una osteria dove capita chiunque. Parlerò an­ch'io. Difenderò te e tua madre. Ma costui... il servo della ribalda contessa... (Si ferma, pensa un attimo, si rischiara di una gioia crudele) E poi, perché consegnarlo al boia? Non hai detto che tornerà? È già notte. Io mi apposto... e, appena mette piede qui... (Porta la mano al pugnale).

Fioretta  Ah, vattene! Assassino!

Micheletto (sorpreso)  Io?

Fioretta  Mi fate orrore, mi fai orrore... E tu sei quel gio­vane dolce, buono, pieno di cuore, che a Roma pigliava sempre la difesa dei deboli?

Micheletto (amaramente)  Quel giovane buono, pieno di cuore, tu lo deridevi sempre. Non c'erano per te che i guerrieri con la durlindana al fianco e il cimiero in te­sta. Eccolo, il guerriero!...

Fioretta  E allora, va':  ammazza un debole...

Micheletto Non dico questo...

Fioretta  ...ma  non accostarti più a Fioretta.

Micheletto (seguendola bonario) - Vieni qui, Fioretta. Parliamo. Ragioniamo. Tu sai che... per te... È un contadino?

Fioretta  Sì.

Micheletto Ti ha detto almeno che cosa è venuto a fare?

Fioretta  A dissotterrare pochi scudi nascosti nell'orticello dietro la stalla.

Micheletto E li ha ritrovati?

Fioretta  ...Sì,

Micheletto È fortunato.

Fioretta  Piangeva. E piangendo mi raccontò gli orrori dell'assedio... la contessa muore di fame... I figlioli pic-colini... E allora...

Micheletto Allora?...

Fioretta  Ho messo dentro un canestro quanto avevo di meglio:  due galline... uova, pane, una caraffa di vino... Sarà la vita per quella povera donna e pei figlioli... due, tre giorni... Poi, Iddio provvederà.

Micheletto Resta a vedere come provvederà a fare arri­vare le galline alla contessa.

Fioretta  Il contadino porterà il canestro sotto il tabarro. È una notte senza luna...

Micheletto Ma se il tuo contadino non vorrà rompersi il collo cadendo in qualche trincea su le picche dei sol­dati, dovrà per forza passare davanti alle guardie. E alla porta verso la Mirandola sarò proprio io.

Fioretta (con gioia ansiosa) - Tu?... Allora... lo lascerai passare?...

Micheletto  Un servo della contessa? Se non sa la parola d'ordine, nemmeno san Pietro in persona faccio passare. (Ci ripensa) Oh, se poi vuole uscire da un'altra porta, padronissimo.

Fioretta  Ma lo uccideranno!

Micheletto Come due e due fa quattro.

Fioretta (torcendosi le mani)  E io non voglio quel sangue su la mia coscienza! Non lo voglio! Non lo voglio!

Micheletto Ma che sangue! Una corda al collo, e crac... Nemmeno una goccia!

Fioretta (trasportandosi)  Ah!  Tu scherzi! Tu ridi!... E dovrei unire la mia vita a quella d'un sanguinario?... D'un carnefice?...

Micheletto  (sbalordito, mettendosi a ridere)  -  Io?...  E che c'entro, io?

Fioretta  Sì, perché tu potresti salvarlo!   (Pausa) Pensa, Micheletto!...  Dio ricompensa le buone azioni.

Micheletto Se lo sa papa Giulio, te la dà lui la buona azione.

Fioretta  Non lo saprà nessuno. La notte è buia. Senti? Ricomincia a piovere.

Micheletto (tornando a sedere su la panca, perplesso, com­battuto) Perdio... quando una donna ci si mette... (Rialza la testa) E questo contadino... è fuori?

Fioretta  Nascosto chi sa dove. Per mia tranquillità... per non aver fastidi... coi soldati che vanno e vengono...  non potevo tenerlo qui.

Micheletto  E giusto. Però, se devo lasciarlo passare, bisognerà pure che lo veda.

Fioretta  E' proprio necessario? Verrà tutto intabarrato; e quando alla porta avrà detto la parola d'ordine...

Micheletto La parola d'ordine?... La sa?

Fioretta (di nuovo seduta di fronte a lui, dopo una pausa)  ...No.

Micheletto (pausa, la guarda) Capisco. Io dovrei dirla a te, il guaio è ch'io non la so.

Fioretta  Non la sai?

Micheletto Ora, no. Si passa lì per lì, la parola d'ordine, al cambio delle guardie. (A Fioretta, che si alza) Che hai?

Fioretta  ...Niente.

Micheletto (guardandola) - Allora... ci tieni proprio a questo contadino?...

Fioretta (torcendosi le mani) - Non voglio, non voglio quel sangue su la mia coscienza!

Micheletto (deciso) - E non l'avrai. (Si alza) Venga alla porta delle gabbionate a mezzanotte, lo l'aspetterò. Gli andrò incontro. Lui mi dirà una parola, una sola parola...

Fioretta  Una parola?...

Micheletto Tanto per riconoscerlo, per non sbagliare. E io gli darò libero passo. L'accompagnerò io stesso oltre il limite del campo.

Fioretta (con gioia mal celata)  A mezzanotte?

Micheletto A mezzanotte.

Fioretta  E la parola?

Micheletto « Salvezza ».

Fioretta (con uno slancio)  Tu sei buono, tu sei generoso, Micheletto!

Micheletto Ma no. Ti voglio bene. Sei contenta? (L'ac­compagna alla tavola) Niente musi. Niente malinconie... Niente sangue su la coscienza. Là, siedi. (La fa sedere, le siede incontro, con un ginocchio su la panca, proteso, quasi buttato su la tavola) Però, in cambio di questa sal­vezza che potrebbe mandarmi a far da battaglio al vento. ti chiedo un piccolo favore...

Fioretta (senza comprendere) Che cosa?...

Micheletto (carezzevole) - Me lo negherai?

Fioretta  Ma cosa?!...

Micheletto Un bacio. Fioretta, un bacio!...

Fioretta (sorpresa, urtata, si ritira).

Micheletto Rifiuti?... Io gioco la vita... e tu... (Prenden­dole i due polsi, traendola a sé) Un bacio... un bacio solo!

Fioretta (lo bacia).

Micheletto (anelante) - Su la bocca, Fioretta!... Un altro... un altro!... (A un tratto, tenendole inchiodati i polsi su la tavola, prorompendole in faccia una risata selvaggia) Quest'uomo!  Dov'è quest'uomo?...

Fioretta  Micheletto!...

Micheletto (c.s.) - Come si chiama?... Che viso ha?...

Fioretta  Lasciami...

Micheletto (c.s.)- Come è venuto fin qui?... Come ha potuto nascondersi?...

Fioretta  Micheletto!... Lasciami!...

Micheletto (lasciandola, balzando in piedi)  Voglio saperlo!... Voglio saperlo!...

Fioretta  Micheletto, no!... no!...

Micheletto Dove?... Dov'è?... (Chiamando) Zi' Teta!... Zi' Teta!... (A zi' Teta che appare sulla soglia della camera) Dov'è il contadino?

Zi' Teta  Quale contadino?

Micheletto Quello venuto dal Castello...

Zi' Teta Il Castello? Quale Castello?...

Micheletto La Mirandola. Non sapete niente, voi?

Zi' Teta Ma no... Se non ti spieghi...

Micheletto Un servo della contessa è venuto qui.

Zi' Teta  Qui?

Micheletto Sì, qui, qui. Non avete visto entrare nell'osteria o gironzare attorno...

Zi' Teta  Nessuno. Nessun contadino!

Micheletto Nessuno?

Zi' Teta  Ma nessuno. Soldati, nient'altro che soldati.

Micheletto Allora vuol dire che questo contadino, una volta entrato qui, non è più uscito.

Fioretta  Micheletto...

Micheletto E che è ancora nascosto qui, in casa!

Zi' Teta In casa?... In camera?...

Micheletto (con un ghigno) - No, in camera no. Là... (guarda l'uscio della stanzaccia) nemmeno... In un na­scondiglio più sicuro. (Si rimuove).

Zi' Teta (con un grido sommesso) - In cantina?... Un uomo in... Assalonne! Dov'è Assa...

Fioretta (con un grido)  Mamma!

Micheletto (scostandola bruscamente) -Eh! Basta con le ciance! (E si precipita nella stalla mentre dalla comune, circospetto, entra Assalonne con una spada inguainata fra le mani).

Fioretta (disperata)  Assalonne:... Micheletto è qui, qui dentro...

Assalonne (con un moto istintivo di fuga)  Nella stalla?... (Si sofferma anelante, pauroso, presso  la comune).

Zi' Teta (davanti ala stalla, senza ancora ben capire) - Ma chi c'è, là? Chi è questo...? (La Tonnerre balza in scena, vestito da contadino, senza cappello) Messer Odetto!

Micheletto (Rientra. Afferra la lanterna rimasta su la ta­vola, la solleva lentamente all'altezza del viso di Odetto) Dunque... anche i gentiluomini si camuffano qualche volta da plebei?...

Odetto (sdegnoso, squadrandolo)  Come i plebei qualche volta si camuffano da soldati.

Micheletto Sì: ma non da spie!

Odetto (con un sussulto)  Ah, bada!

Micheletto E che vuoi fare?... Che vuoi fare?... Tu sei giunto qui servendoti del cuore d'una sciocca ragazza. E tu morrai sulla forca, come un paltoniere qualunque.

Odetto (con un sorriso sdegnoso) - Tu credi?... Tu credi?..

(Con un gesto rapido strappa la spada dalle mani di Assalonne, la snuda. Assalonne, sgomento, sparisce).

Micheletto Una sfida?

Odetto (con uno scroscio di risa) - Con te? C'è una morte più bella, che tu, giullare, non potrai mai comprendere!... (Si slancia alla comune, spalanca, grida con altissima voce verso gli accampamenti bui) San Dionigi! Guascogna! Per madonna Francesca, chi accetta la sfida?... chi accetta la sfida?... (Sparisce).  

          (Un confuso clamore. Frastuono Allarmi. Voci: - Dagli! Piglialo! Ammazza!... - Silenzio. Poi Cecchin del Colle con  un pugno di soldati irrompe su la scena).

Cecchin del Colle - È uscito di qui!... Era nascosto qui!... (A zi' Teta) Tu, strega... mezzana...

Zi' Teta (con disperazione)  Io non so niente!... Vi giuro che non so niente!

Cecchin del Colle (a Fioretta) - E tu, sgualdrinella... (A Micheletto) E tu...

Micheletto (inebetito) - Era nascosto là... Mi è balzato davanti...

Cecchin del Colle (ai soldati) - Via!.. Portatele via!..

(I soldati si gettano brutalmente su le due donne, le affer­rano, le sospingono, le conducono via, nonostante zi' Teta continui a implorare: « Io non so niente!... Io non so niente! » ).

(Nella confusione, un Pellegrino è entrato ed è andato a sedersi alla piccola tavola a destra, fronte al pubblico. Ha un abito religioso, cappello da romeo, tondo, a larghe tese, bisaccia, e attorno al collo un rozzo sciarpone di lana, da cui emerge solo la bocca, fra ispidi peli bianchì. Il Pellegrino, seduto, ha assistito impassibile alla scena, e ora, andati via i soldati, cavato un pezzo di pane e un pezzo di cacio, guarda in silenzio Micheletto, caduto po­co lungi a sedere sopra una panca, con la testa fra le mani).

Micheletto (sollevando la testa, feroce)  Femmina da bor­dello! Mi ubriacava di baci come una cortigiana sapiente, perché facessi scappare il suo amante!... Puah! (Si passa con rabbia la manica su la bocca) E l'amante, dentro il suo tino, rideva di me!... (Si alza in piedi, porta la mano all'elsa con uno scoppio di furore) La spada!... La mia spada!...

Il Pellegrino - Dovevi immergerla nel petto della spia, la tua spada!

Micheletto (contempla torvo, in cagnesco, il Pellegrino, di cui si accorge soltanto ora)  Chi sei... tu? Che vuoi da me, pellegrino del malaugurio?

Assalonne (rientra circospetto dalla comune, sguscia dentro,livido di terrore).

Micheletto (gli si scaglia contro)  Dov'è la spada che mi hai promesso!... Dov'è?..

Assalonne (chiudendo la comune e battendo ì denti) - È... nel pugno del morto...

Micheletto Quale morto?

Assalonne  Il Guascone.

Micheletto (con gioia feroce) - È morto?... E' morto?

Assalonne  I soldati uscivano a frotte dalle tende... E lui, nel cerchio che lo stringeva... Il suo corpo è là nel fango... (si copre la faccia) trafitto da cento colpi...

Micheletto Se avessi avuto a lato la mia buona lama, l'avrei costretto a battersi, luiil gentiluomo, il cavaliere del Re Cristianissimo, contro un soldato di Giulio II. Gli avrei chiuso la strada, davanti a quella porta, gli avrei ricacciato in gola la sua millanteria, la sua Guascogna... E invece... invece lui è là. con la spada ancora nel pugno, da bravo; e io sono qua, ignobile buffone da piazza, con una spada di legno al fianco! (Le due mani adunche su Assalonne curvo) La spada, verme! Rendimi la spada!

Assalonne (schermendosi, tremante)  Aspetta che si plachi il tumulto... che i soldati rientrino sorto le tende. Nel buio ho potuto scampare per miracolo. Fioretta e zi' Teta...

Micheletto Dove sono?... Dove sono?...

Assalonne  Nelle tende degli Svizzeri... E ben guardate.

Micheletto (ricade a sedere, pigliandosi con disperazione la testa fra le mani).

Assalonne  E ora di chiudere...

Micheletto - Vattene...

Assalonne  È tardi...

Micheletto (balza in piedi)  Vattene! (Fissando con ango­scia la comune) C'è qualcuno che ride, là, dietro quella porta!...

Assalonne (alza le spalle, rientra nella stalla).

Il Pellegrino - Hai paura d'un morto?

Micheletto (cupo, feroce)  No: perché se lo vedessi apparire qui, davanti a me...

Il Pellegrino  Ma la tua spada è di legno. Perché l':hai venduta al giudeo?

Micheletto  Non l'ho venduta; Glie l'ho data in pegno per pochi ducati. Una lama di Spagna!

Il Pellegrino - Ma il soldato che vende le armi ha mozza la testa!

Micheletto (irritato) - Se ti dico che non glie l'ho ven­duta! Mi ha truffato, il cane! Mi ha fasciato l'elsa con un pezzo di legno, giurando di trovarmi subito un'altra spa­da. Ma se prima del cambio delle guardie... (Ripreso dal­l'ira si muove verso la stalla; ma a un tratto si ferma e fissa il Pellegrino) Di'... tu... non parlerai?...

Il Pellegrino (solenne) - Non parlerò.

Micheletto Chi sei?

Il Pellegrino  Un religioso. Vengo da Roma e vado in Castiglia.

Micheletto (avvicinandosi, cambiato in viso, dimentico di tutto) Vieni da Roma? Aspetta...  (Prende il boccale su la tavola, a sinistra, corre a riempirlo) Tu vieni da Roma? (Posa boccale e bicchieri su la tavola) Sono otto mesi, zi'frate, otto mesi che non vedo Roma! Io che in trent’anni di vita non l'avevo mai lasciata! (Gli siede incontro).

Il Pellegrino Ti lagni di servire Sua Santità?

Micheletto (mescendo) - Non dico questo. Sua Santità è un buon uomo. Vive al campo, tra il fango e la pioggia, sotto le palle, come un soldato qualunque (Beve).

Il Pellegrino - L'hai visto mai?

Micheletto  Il Papa? Come vedo te. Di qui a lì. (Ripreso dall'idea fissa) Zi' frate, quanto soffro, quanto soffro! (Con rabbia) Se non avessi lasciato Roma, Fioretta sareb­be adesso mia moglie. Mi son fatto soldato per lei, per lei!

Il Pellegrino Ah, non per la tua patria?

Micheletto  E chi ti parla di patria? L'amavo anche laggiù la patria, a Roma, quando andavo cantando per Vene­zia e rischiando tratti di corda e nerbate. (Beve).

Il Pellegrino - Tu sei Micheletto da Ponte?

Micheletto Mi conosci?

Il Pellegrino - A Roma ho sentito parlare di te.

Micheletto (con gioia) - Di me?... Dunque mi ricorda­no?... Bevi! No?... Allora bevo io. Alla salute di Ponte, di Banchi, di Monte Giordano, dì San Pietro e del Cam­pidoglio (Pausa) Di': corre sempre?

Il Pellegrino - Chi?

Micheletto Il Tevere. (S'incanta) Se ne va piano piano tra le rive piene d'erba, verso Ponte Sisto e la Magliana. Poi, quand'è il tramonto, si mette addosso una veste di cardinale, tutta rossa, e poi di vescovo, tutta violetta, e poi di tanti colori, come il mantello d'un povero soldato. Zi' frate, il cuore mi scoppia, mi scoppia!... Il soldato beve. Perché beve? Per dimenticare i figli che ha lasciato a casa, l'amante che gli mette le corna, il Papa che si scorda di passargli la paga. Il giudeo lo sa...  Un pegno oggi, un pegno domani.. Matusalemme, rendimi la spa­da! (Si alza, ma ricada a sedere, ebbro) La spada! Voglio la mia spada... (Nasconde il viso sul braccio piangendo) lo voglio la mia spada...

          (Il Pellegrino si solleva, gli guar­da l'elsa della spada. Poi, vedendo Assalonne che rientra dalla stalla, gli va incontro).

IL Pellegrino - Giudeo... quel soldato mi ha detto che tu presti su pegno...

Assalonne (lo guarda) È tardi. Devo chiudere.

Il Pellegrino- Un po'... soltanto un po' di denaro...

Assalonne  È tardi, è tardi...

Il Pellegrino (seguendolo)  Per mio fratello, ch'è infer­mo... per i suoi cinque figlioletti che soffrono la fame...

Assalonne (ironico) - Vuoi darmi la tua tonaca?... I tuoi calzari?...

Il Pellegrino - Un piccolo pugnale che mi lasciò in punto di morte un capitano d'Allemagna.

Assalonne (prendendo l'arma)  Ohi, ohi... Rubini e smeraldi...  (Pausa) - Quanto?

Il Pellegrino  Quello che tu credi.

Assalonne (prendendo il denaro dalla scarsella) - Cinque...

Il Pellegrino - Scudi d'argento?.. Ma,  giudeo, ascolta...

Assalonne - Devo chiudere, devo chiudere...

Il Pellegrino (mentre Assalonne gli conta il denaro) - Quattro?!...

Assalonne  Il mio modesto interesse, fino a domani, al tramonto, tengo il pugnale in pegno. (Per rientrare nella spalla)

Il Pellegrino (seguendolo)  E poi?.. E poi?..

Assalonne  Fino a domani al tramonto. (Via) Il Pellegrino (con ira) - E domani al tramonto, maledetto lupo... (lascia cadere gli scudi) ti schiaccerò la testa così... così... come le monete che turubi ai miei soldati!  (Si muove rapido per uscire).

Micheletto (sollevandosi, barcollante) - Zi' frate!... Non mi lasciare!... Zi' frate!... Zi' frate!...

(Il pellegrino esce rapido dalla comune. Micheletto, che ha tentato di se­guirlo, ricade a sedere, E nascondendo il viso su le braccia, prorompe in un pianto di ubriaco, puerile e dispe­rato).

Fine del secondo atto


ATTO TERZO

Una radura davanti alla tenda di Giulio II.

La. tenda è al riparo di una quercia gigantesca e occupa con la parte anteriore tutto l'angolo in fondo a sinistra. È chiusa da una pesante portiera, porta, in alto lo stemma dei Rovere sovrastato dalla rossa bandiera di guerra, e ha l'en­trata protetta da un breve baldacchino su due bastoni dorati e trasversali

Uno Svizzero della Guardia, alabarda in spalla e ca­sacca di montone, sopra la corazza, passeggia, su e giù, len­tamente, a sinistra

In fondo della radura è tutto chiuso da una gabbio­nata fermata da cestoni di vimini, pieni di terra, posti l'uno su l'altro.

Sopra la gabbionata emergono le cime delle tende nella distesa dell'accampamento ancora immerso nel grigiore di un'alba invernale e punteggiato qua e là dai fuochi delle gran guardie. Più lontano, a meno d'un mezzo miglio dal campo, nereggiano i bastioni della Mirandola, dominati dal Castello.

A destra della radura s'innalza la parte anteriore, con entrata praticabile, di un paio di tende pei familiari del Papa. Fra queste rende e le gabbionate è il passaggio che immette nella radura.

Nello spiazzo davanti alla tenda papale sono due o tre sgabelli attorno a un caldano pieno di tizzoni accesi.

La neve, che aveva imbiancato il passaggio invernale, si è sciolta. Tocchi candidi rimangono qua e là.

È un'alba rigida. Lembi di azzurro pallido cominciano ad apparire tra le nuvole spinte dal vento.

(Da sinistra un canto quasi liturgico, grave e solenne. E' la preghiera mattutina della Guardia Svizzera, il si-pario si apre lentamente, e appare un Capitano della Guardia Italiana seduto sopra uno sgabello accanto al fuoco. Un Segretario dei Brevi passeggia rapido a destra, freddoloso e nervoso, È in gabbano, berretta e capperuccia tirata sul viso. Il canto si estingue).

Il Capitano  Nottataccia, eh; ser Filomeno?

Il Segretario  Non me ne parlate...

Il Capitano  Ci farete l'abitudine.

Il Segretario  Sì: quando le febbri e l'umidità mi avranno portato via. (Si ferma) E adesso ci mancava la preghiera degli Svizzeri per mettermi pelle pelle questa malin­conia...  Ah, le dolci funzioni nelle chiese di Roma... i lumi, l'odor dell'incenso...

Il Capitano (ridendo)  E i soavi conversari nelle ornate sale di madonna Imperia o nella vigna di qualche ricco cardinale.

Il Segretario (dispettoso)  Fatemi il piacere, capitano, state zitto... state zitto!

Il Capitano  Un sorso, ser Filomeno? (Offre la fiasca che ha al fianco).

Il Segretario  Grazie. (Beve. Fa una smorfia. Suono lon­tano di campane, dalla Mirandola) Ah, il giorno, finalmente!

Il Capitano (voltandosi -verso il castello)  E forse il sole.

Il Segretario  Sì! Il sole! Un po' di sole! (Erompe a destra, gaia, alata una canzone italiana ripresa in coro dai soldati. E la canzone si riaccende, si estingue si di­legua nella vastità degli alloggiamenti) Sentite? Anche nel canto dei nostri soldati è un grido di speranza, una preghiera fervida: - Buon Dio, dacci il sole! Un po' di sole! Scaldaci i cuori e fa cadere le mura di quel ma­ledetto Castello come al suono delle trombe crollarono le mura di Gerico!

Il Capitano (ridendo, alzandosi) - Però, anche madonna Trivulzio innalza al cielo con le sue campane una pre­ghiera fervida. A chi darà ascolto, il buon Dio?

Il Segretario  Ma a noi, certo, a noi!

Il Capitano  Sono con le bandiere di Sua Santità da tre anni e ho veduto la sua volontà spianare ben altri ostacoli.

Il Segretario  E ha sessantasette anni!

Il Capitano  Gli anni contano per me e per voi. Non per lui.

Il Segretario  Tutto in furia, tutto a precipizio. E al più piccolo ostacolo, eccolo in rabbia, in furore. Stanotte dor­mivo tranquillamente...  cioè, tranquillamente... come si può dormire sotto una tenda esposta a tutti i venti, col freddo che vi gela... quand'eccoti uno scossone: - Pre­sto! Presto! Peatissimo Patre folere voi!...

Il Capitano (ride).

Il Segretario - Mi son vestito in fretta, ho seguito lo Svizzero. Sua Santità passeggiava su e giù, impaziente. Si trattava di una lettera a maestro Raffaello. Io vi do­mando se per una lettera, che si poteva benissimo scrivere anche oggi... o stamattina...

(Messer Giovanni, primo Cameriere del Papa, solleva la pesante portiera, entra).

Il Capitano  Oh, messer Giovanni! Sua Santità riposa?

Messer Giovanni  È sul letto.

Il Segretario  Allora potrei anch'io andare un momentino...

Messer Giovanni  Badate: è sul letto; ma non dorme. Ha sottocchio il disegno delle nuove fortificazioni trac­ciate da maestro Bramante. (Al Capitano) Il Capitano Cecchino del Colle non è venuto? Mandate un soldato a chiamarlo. Sua Santità vuole parlargli.

Il Capitano  Subito. (Esce).

Messer Giovanni (al Segretario)  Freddo, eh?

Il Segretario  Gelo.

Messer Giovanni  Oggi però avremo una giornata calda.

Il Segretario - Calda?

Messer Giovanni  Sapete che cosa ha risposto la contessa Trivulzio all'invito di Sua Eccellenza il Duca d'Urbino? « Preferisco morire con i miei figli sotto le rovine del Castello, piuttosto che arrendermi ».

Il Segretario  Ma è pazza!.. E Sua Santità?

Messer Giovanni  Non vi dico. Per poco non ha bastonato il messo. Ha convocato il Consiglio di guerra per sta-mani. Avremo una giornata calda, vi dico. E forse sta­sera la bellicosa castellana muterà linguaggio.

(Il Capitano rientra).

Il Segretario  Ma, almeno, una volta preso quel diabolico Castello, avremo un po' di riposo?

Messer Giovanni  No. Poi ci sarà Ferrara da prendere, col duca Alfonso.

Il Capitano  E poi Milano, su cui marceremo con gli Spagnoli.

Il Segretario  Anche Milano?

Messer Giovanni  Sicuro; e dove i Francesi, asserragliati, giurano di sterminarci.

Il Capitano  Ah, ah, ah! Sarà una gran bella battaglia!

Il Segretario  E la pace?... Quando la pace?!

Messer Giovanni  Mah! Domandatelo all'Ambasciatore della Serenissima. Eccolo.

L'Ambasciatore  Buon giorno, messeri.

Messer Giovanni  Buon giorno a Vostra Grazia. Già in piedi?

L'Ambasciatore   Da un'ora. Scusate, messer Giovanni, il Beatissimo Padre tarderà molto ad alzarsi?

Messer Giovanni  Non credo. È sul letto; ma vestito. E non dorme.

L'Ambasciatore  Potrei parlargli? Si tratta di affari... di una relazione un po'...

Messer Giovanni  Vado a vedere. (Entra nella tenda. Torna) Sua Santità si degna di ricevere l'Eccellentissimo Ambasciatore. (Solleva il cortinaggio, fa passare l!Am­basciatore, entra).

(Quasi nello stesso tempo viene in fretta da destra il capitano Cecchin del Colle).

Cecchin del Colle  Eccomi. Sono venuto a tutta briglia. Sua Santità vuole parlarmi?

Il Segretario  Sua Santità è con l'Ambasciatore della Se­renissima. Degnatevi, Capitano, aspettare un momento.

Cecchin del Colle (preoccupato)  Che vorrà dirmi il Beatissimo Padre? Questa chiamata mi preoccupa.

Il Capitano  Forse per l'affare di stanotte.

Cecchin del Colle  Il Guascone? Al diavolo lui e chi ce l'ha inviato tra i piedi. Buon per lui ch'e morto.

Il Capitano  E le due donne?

Cecchin del Colle (accenna a sinistra)  Son là. Sotto quella tenda, guardate dagli Svizzeri.

Il Segretario Pare ci sia di mezzo anche un caposquadra, un certo Micheletto...

Cecchin del Colle  Sì, uno sciocco, un balordo. Oh, quello... quello l'avrà a fare con me.

Messer Giovanni (entra e, tenendo sollevato il cortinaggio, annunzia) - Sua Santità!

(Lo Svizzero mette un ginoc­chio a terra. Lo stesso fanno i due Capitani e il Segre­tario. Giulio II entra rapido, continuando a parlare con l'Ambasciatore, che lo segue. Ha in testa un semplice caschetto di cuoio cotto; indosso, cotta di maglia con mezza corazza e cosciali. Un ampio mantello, foderato di pelo, con cappuccio che gli ricade su le spalle, lo av­volge. È sui 67 anni. Barba bianca, occhi irrequieti, come nel celebre quadro di Raffaello, ma col viso ema­ciato, martoriato dalle durezze della guerra. Anima di titano in un corpo frale, sorretto da una volontà indo­mita. Dà una brusca benedizione agli astanti, che si rialzano, e si avanza appoggiandosi alla lunga e forte spada che stringe nella destra per l'elsa, come un ba­stone.1

Giulio II  Ah! Dunque la Serenissima Signoria deplora le lungaggini della nostra guerra?... Ma pochi giorni or sono, mio nipote, il Duca d'Urbino, non ha preso Con-cordia? E noi non siamo qui, tra i pantani e la febbre, a stringere la Mirandola in un cerchio di ferro? E dove sono gli Eserciti della Serenissima?... Attorno a Brescia! Sempre sparpagliati e discordi! Sempre il bene perso­nale prima del bene comune! Vergogna!... Vergogna!... Questo scrivete, questo rispondete alla vostra Repubblica!

L'Ambasciatore  Beatissimo Padre...

Giulio II (battendo la punta della spada in terra) - Miran­dola è la chiave di Ferrara! E Ferrara è un feudo che deve tornare alla Chiesa, piaccia o non piaccia ad Alfonso d'Este, il quale, bisogna riconoscerlo, è l'unico degno fra tutta la canaglia che mi sta di contro.

L'Ambasciatore La Serenissima Signoria col suo mes­saggio non ha inteso d'esser meno che rispettosa verso la Santità del Beatissimo Padre, a cui rinnova le più vive felicitazioni per lo scampato pericolo di Bologna.

Giulio II (sorridendo)  Che tiro, eh? E quel soldataccio dello Chaumont che si vantava in mezzo alla sua accoz­zaglia di avventurieri di mettere lamano sacrilega su la spalla del Vicario di Cristo! E quel barbaro presuntuoso e millantatore del suo padrone, quel Luigi XII, sedi­cente Re Cristianissimo, che già credeva di tener prigio­niero Giulio II! Ah, povera Italia, calpestata da tale gente!

Messer Giovanni (si fa avanti con umiltà).

Giulio II  Che c'è? Che vuoi?

Messer Giovanni  Il medico ha supplicato anche stanotte il Beatissimo Padre...

Giulio II  ... di non arrabbiarsi. Farebbe meglio, il tuo me­dico, a guarire la gotta che tormenta il Beatissimo Pa­dre. (Si avvicina al fuoco. Subito messer Giovanni rientra, nella tenda e torna con una leggera, poltrona pieghe­vole, di metallo e con dorsale di cuoio, detta il * faldi­storio ». Il Segretario, che l'ha seguito, reca alcuni cu­scini. Entrambi dispongono i cuscini dietro le spalle e ai piedi del Pontefice seduto, Giulio il riprende il di­scorso con l'Ambasciatore, smovendo e aggiustando ogni tanto con impazienza i cuscini) Ma io mi trastullo con Luigi XII! Gli suscito nemici da ogni parte! Enrico Vili, Ferdinando, gli Svizzeri; anche i Turchi, se occorre! E lo scomunico, lui e i suoi seguaci; gli scaglio contro le fol­gori divine, se quelle umane non bastano. Ora ha riu­nito il concilio di Tours, ridicola assemblea di quattro fantocci, forse, chi sa, con la speranza di farmi un giorno deporre. Ah, ah! Ebbene; io riunirò a Roma, nel Va­ticano, un Concilio cento volte più grande, ribadirò, raf­forzerò la scomunica contro Luigi XII e i suoi masna­dieri. Anatema a te, ribelle figlio primogenito della Chiesa! Anatema ad Alfonso d'Este, a Massimiliano... a... (A messer Giovanni e al Segretario, smaniando) Ma via, via questi cuscini!...  (Riprende con l'Ambasciatore) Ho schiacciato le fazioni a Roma. Schiaccerò quel che rimane di tirannelli in Romagna e di Francesi e di Tedeschi in Italia.

L'AmbAsciatore (curvandosi, piano e con una punta di ironia)  E gli Spagnoli, Beatissimo Padre?

Giulio II (scaldandosi, picchiando la spada in terra) - Io vi dico che anche Napoli un giorno scoterà il suo giogo!

L'AmbAsciatore (quasi all'orecchio del Papa, accennando lo Svizzero che passeggia in fondo) - E i... quelli là?

Giulio II - Gli Svizzeri? Zotici e rozzi, come gli altri. Però, fedeli servitori. Mi gioverò di loro come mi son giovato degli altri: Spagnoli contro Alemanni. Ale­manni contro Francesi, finché li abbia ricacciati tutti di là dalle Alpi e dal mare, col ferro e col fuoco, finché la sicurezza d'Italia sia affidata al braccio dei suoi figli, finché Dio mi conceda tanta vita - non per me. lo giuro, non per me... - ma per vedere un'Italia unita, dominatrice e potente! (Si è alzato, agitato, ed è an-dato verso sinistra, dove sembra raccogliersi qualche istante nel suo grande sogno).

L'Ambasciatore (dopo un silenzio)- Dominatrice e già, Beatissimo Padre. Tutta l'umanità guarda l'Italia come una splendidissima luce. I barbari, attoniti, tendono le labbra avide verso questa fonte inesausta di bellezza.

Giulio II (il suo viso si addolcisce, la sua voce trema un poco)- In questo momento Michelangelo è già al la­voro su le impalcature della Sistina. Raffaello no: dorme ancora sul seno di qualche creatura bella come le sue pit­ture. Raffaello e Michelangelo! L'uno, la grazia facile, dato al martirio della sua arte, anima cupa e tormentosa. Eppure vedete, messere, io prediligo Michelangelo ben­ché sia un carattere tutt'altro che facile e s'irriti a ogni più piccola contrarietà. Michelangelo è... è... il genio terribile ecco!

L'Ambasciatore (sorridendo) -  Come Giulio II.

Giulio II (Aggrotta le sopracciglia, sorride. Poi è preso da un impeto di furore) - Ah, se lavorasse più in fretta! Lui, Raffaello, Bramante, tutti, se lavorassero più... più in fretta! C'è il Vaticano da rifare; San Pietro da rico­struire; strade da tracciare; palazzi, statue, quadri da creare dal nulla! Il tempo fugge e io sono vecchio, e non posso aspettare, non posso aspettare! (Si muove su e giù, si trova di fronte il Segretario, che investe) Voi! È partita la lettera?..

Il Segretario (sgomento) - Santità...

Giulio II (urlando)  È partita?...

Il Segretario (balbettando) - Un... un... un'ora fa...

Giulio II Ne scriveremo cento, mille, se ne occorre. (Vede Cecchin del Colle) E tu, capitano, che vuoi?

Cecchin del Colle - Vostra Santità mi ha fatto chiamare. Ero alle nuove trincee.

Giulio II  Ah, sì! Tu sei Cecchin del Colle. Avvicinati. Tu comandi una compagnia dei miei vassalli.

Cecchin del Colle - Sì, Santità.

Giulio II  Romani. Avvicinati, avvicinati. C'è fra costoro una squadra che chiamano « dei bravacci »... avvici­nati...  comandata da un caposquadra chiamato Micheletto...

Cecchin del Colle  Pessimo soldato, Santità...

Giulio II (brusco)  Eh?...  Che ne sai, tu?

Cecchin del Colle Vostra Santità non può ignorare quanto è accaduto  iersera...

Giulio II  Non lo ignoro. Tutt'altro. Non lo ignoro. E mi rallegro con te, capitano, che permetti alla spia di girare in pace fra le tue tende.

Cecchin del Colle - Io?... Santità...

Giulio II - Ma, già, tutto il campo è invaso da spie, fat­tucchiere, streghe, negromanti. Siamo nel tradimento e nella superstizione fino alla gola. Due giorni fa, il dia­volo in un lupo che ululava sul colle; ieri, segni caba­listici in alcune nuvole rosse, isoldati sono irrequieti... Be', dunque, parla. Ma bada di non ingannarmi.

Cecchin del Colle - Santità, c'è fra le mie tende una ca­supola, una trabacca, dove una donna, certa zi' Teta, vende vino...

Giulio II - Pessimo...

Cecchin del Colle - Eh?

Giulio II  Continua.

Cecchin del Colle - In quella casupola ha trovato asilo il Guascone. E poiché il caposquadra Micheletto frequentava assiduamente l'osteria...


234   

Giulio II (borbottando) - Ma forse non sapeva niente.

Cecchin del Colle Santità! È innamorato come un asino della figlia dell'ostessa!

Giulio II  Ragione di più. Non sapeva niente, il Guascone s'è servito del cuoricino di quella Fioretta per starsene nel mezzo degli alloggiamenti come in un comodo nido. La donna, capitano, sempre la donna!

Cecchin del Colle Santità, il Guascone, prima di saltar fuori dall'osteria gridando la sua pazza sfida, ha dovuto di necessità passare davanti al caposquadra Micheletto, che era solo nell'osteria. E dovere del caposquadra Micheletto era quello d'immergere la sua spada nel petto della spia, fino all'elsa. Non l'ha fatto. Perché non l'ha fatto?

Giulio II  Ma perché... (Si riprende) Già: perché non l'ha fatto?

Cecchin del Colle  Perché era ubriaco fradicio.

Giulio II (borbottando) Uh,quando il cuore scoppia, qualche bicchiere di vino...

Cecchin del colle - Parecchi bicchieri, Beatissimo Padre.

Giulio II  Parecchi.. Anche questo è vero.

Cecchin del Colle  Il caposquadra Micheletto, che sta­notte non ha potuto rimettere le guardie, tanto era ubriaco, ancora dorme, là, all'osteria, seduto sopra una panca, col capo su le braccia.

Giulio II  Sei proprio sicuro che dorma?

Cecchin del Colle  In attesa della frusta che lo risvegli. Frustato a sangue, Santità. A sangue!

Giulio II (alzandosi)  No, no: aspetta. Voglio interro-garlo io. Di questa faccenda, voglio occuparmi io. Li interrogherò tutti io: MicheSetto, le due donne... e quel... (Si arresta. Il suo viso diventa truce) Non abita all'osteria, con le due donne, un barattiere, un usuriere, certo Abramo... Geremia...

Cecchin del Colle  Assalonne...

Giulio II  Bravo: Assalonne. Si vede che lo conosci... Credo non ci sia capitano al campo che non lo conosca. Io vado a visitare le nuove trincee. Tu intanto mi condurrai qui il caposquadra e il giudeo. Ah! (Si ferma, pensa) A quel Micheletto lascerai la spada. Voglio che la conservi. Menali qui direttamente. Legati, non im­porta. Siamo intesi? Li prendi all'osteria e me li porti come si trovano, sotto buona scorta. Va'.

          (Via a destra Cecchin del Colle, Giulio II si volge a messer Giovanni) Tu penserai a farmi trovare qui le due donne, che sono in quella tenda. E adesso, signor Ambasciatore... (Al Se­gretario, che si muove) Dove vai, tu?

Il Segretario  Beatissimo Padre... a...  a chiamar la lettiga...

Giulio II  Ma che lettiga e che lettiga!... Il mio cavallo!... Presto! (Il Capitano della Guardia esce di corsa a destra) Signor Ambasciatore, non so perché, oggi mi sento allegro!

L'Ambasciatore- Ne godo, Beatissimo Padre, come di una mia fortuna.

Giulio II  Vedete? Il cielo è chiaro. Fra poco avremo -finalmente - il sole. E fra poco invieremo a madonna Francesca un messaggio... di fuoco. Ah, ah! (Torna il Capitano) Signor Ambasciatore, vogliamo andare?... Ca­pitano, dammi il tuo braccio.

(Ed esce con l'Ambasciatore, appoggiandosi al braccio del Capitano, il Segretario, rimasto solo, alza le braccia al cielo. Poi si avvi­cina alla poltrona e si mette a sprimacciare e ad asse­stare i cuscini. Da sinistra, la voce di zi' Teta).

Zi' Teta  Voglio parlargli!  Voglio dire le mie ragioni! Il      Papa è buono! Mi ascolterà.

 

        (Appare con Fioretta. Se­guono  messer Giovanni e uno Svizzero, che sospinge le due donne).

Lo Svizzero - Stare zitta!

Zi' Teta  Ma io non ho fatto niente di male, capite? Io non so niente! Ma niente! (Vede il Segretario che volta le spalle, si slancia) Ah! (Il Segretario si gira sorpreso) Signor Cardinale reverendissimo! Eccellenza!... Fatemi la grazia! Voglio parlare al Papa!

Lo Svizzero  Stare indietro, trista femmina!

Zi' Teta Giù le mani, « terteufel »!... Voglio parlargli, parlargli! Il Cielo mi faccia cadere la lingua se sapevo niente!

Messer Giovanni  Buona donna, Sua Santità sarà qui tra poco, calmatevi!

Zi' Teta (al Segretario)- Illustrissimo!... Eccellenza! Aiutateci voi!

Il Segretario  Ma...

Zi' Teta  Signor Cardinale reverendissimo...

Il Segretario  Ma la volete capire ch'io non sono cardi­nale? Sono soltanto Filomeno Boccamazzi, segretario dei Brevi.

Zi' Teta Filomeno?... Ser Filomeno Boccamazzi?... Ma sì: è lui! Fioretta... è lui!... Messer Boccamazzi, quello che veniva ogni domenica...

Il Segretario  Ma io non vi conosco, buona donna, non vi conosco!

Zi' Teta  Ser Filomeno! Ser Filomeno! Che ci faranno?... Dite, che ci faranno?... (Il Segretario si allontana; zi' Teta si volge a messer Giovanni, le mani giunte, suppli­cando) Messere, dite, che ci faranno?!...

Messer Giovanni  Se direte la verità, tutta la verità, eviterete la tortura.

Zi' Teta Ma certo che la dirò! E subito!

Messer Giovanni  E allora, v'impiccheranno soltanto.

Zi' Teta  No!... no!...

Messer Giovanni  A meno che, per un riguardo al vostro sesso, non vi facciano tagliare la testa. (Trasmette piano allo Svizzero l'ordine di non perdere d'occhio le due don­ne e rientra nella tenda. Zi' Teta è come fulminata. Fioretta le si stringe).

Fioretta  Mamma... Mammuccia cara, santa, adorata!... Perdonami!

Messer Giovanni (non risponde).

Fioretta  Guardami!... Stringimi a te!...  Stringimi forte, forte!...

Zi' Teta (a un tratto afferra Fioretta, la stringe)  Anche tu, figlia mia?!... Anche tu!...

Fioretta  Sì, anch'io, con te!... Sempre con te!... Così! Stringimi forte!

Zi' Teta (il viso sulla spalla della figlia, singhiozzando) Oh! Fioretta! È lo spirito maligno che ti ha voltato la mente, che ha messo nel tuo sangue il Guascone.

Fioretta  Taci, mammuccia, taci!

Zi' Teta  È sempre nel tuo cuore e nel tuo cervello come un vampiro...

Fioretta  Non più, non più... Da stanotte, da iersera, non più!... (Micheletto appare a destra, solo. Le due donne si sciolgono).

Zi' Teta  Micheletto!... Tu?...

Fioretta  Libero?...

Micheletto Libero, no. Ho la mia scorta, come un Duca. Quei soldati là. (Accenna a destra d.d.) Sono venuti a prendermi all'osteria. Cercavano anche Assalonne; ma è scappato dalla stalla. Ha fiutato odor di corda. Mi han­no condotto qui. (Si passa una mano sulla fronte) Ma il diavolo mi porti se so in che mondo mi trovo. For­se ho fatto un brutto sogno. Forse lo sto facendo ancora... (Guarda Fioretta che gli sta davanti, muta) Tutti quei bicchieri... C'era qualcosa qui... (si tocca il cuore) che non andava giù. E poi c'era quel morto dietro la porta...  che mi guardava e rideva. (Attonito) « Una morte più bella, che tu, giullare, non potrai mai comprenderei... ».

Fioretta  Micheletto!

Micheletto (c.s.) « Per madonna. Francesca, chi accetta la sfida?... Chi accetta la sfida?... » Sicuro: è morto per madonna Francesca.

Fioretta (con un munito) - Basta!...  Ma basta!...

Micheletto « San Dionigi! Guascogna!... »Spada in aria, capelli al vento. Avrei voluto anch'io morire per la mia patria e per la mia donna. In campo aperto, in una bella mischia. « San Marco! Roma!...». (Quasi all'orecchio di lei) Era una spia al servizio del suo Cardinale e del suo Re. Tu lo sapevi.

Fioretta  Non lo sapevo!

Micheletto  Te l'avevo detto anche a Roma. Ma una magia, un filtro ti accecava.

Fioretta  Ora il velo è caduto dagli ocelli. La mamma mi crede forte. Ma tutta stanotte sotto la tenda ho tremato. E tremo... tremo...

Micheletto Anche iersera tremavi, quando mi baciavi. Il sangue m'intorbida gli occhi se penso che su le tue lab­bra cariche di menzogne tante volte s'è posata la bocca...

Fioretta  Mai, Micheletto, mai! Né del Guascone, né de­gli altri.

Micheletto Ciance, baie, trappole!

Fioretta  Davanti alla morte non si mentisce. Preferivo la sua gentilezza alle tue maniere violente, alla tua risata che m'indispettiva, mi irritava... Non sapevi capirmi, tu, non sapevi comprendermi!

Micheletto (amaramente)  Lui t'ha compresa, E t'ha presa.

Fioretta  Ma no! Come devo dirtelo? Guardami! Fissami!

Micheletto Se gli hai dato perfino ricetto nell'osteria!

Fioretta  Dovevo consegnarlo al boia? (Micheletto tace) Dirlo a te? Far di te un complice? O un assassino?... Perché tu... con la tua gelosia... (Micheletto tace) E ora è morto... (Trema violentemente) E io ho paura!... Ho paura!...

Micheletto (guardandola)  Lo vedo. (Pausa) E se ti salvassi?

Fioretta (gli solleva gli occhi in viso con ansia).

Micheletto Se salvassi te e tua madre?

Fioretta  Come, Micheletto?!... Come!...

Micheletto - Prendendo su di me tutta la colpa. Chi era nell'osteria, quando il Guascone saltò fuori? Noi tre e il pellegrino. Il pellegrino chissà dov'è a quest'ora. Voi, due donne. Ed io, un soldato, che non uccise la spia... Perché?

Fioretta  Un traditore?... Tu?...

Micheletto Hai ragione; c'è di mezzo l'onore. Ma è una parola che vale la vita di due creature.

Fioretta  Preferisco la mia angoscia, la mia paura...

Micheletto (con velata dolcezza)  E io preferisco sapere che qualcuno penserà a me dopo morto. (Si riprende) E poi, tua madre!... Hai diritto di piegarle la testa sul ceppo?... (Accenna zi' Teta seduta su uno sgabello, ato­na, insensata) Guardala. È più di là, che di qua.

Fioretta  Salvala, Micheletto... Salvala!

Micheletto E te con lei.

Fioretta  Io ho peccato. Devo scontare. Vivi per lei. Torna a Roma con lei!

Micheletto Rido, vedi,. rido... per non piangere di alle­grezza, di gioia. Perché non darei questi momenti per una eternità in paradiso! (Le mette le mani sulle spalle, la fissa) E occorreva di essere davanti alla morte, in faccia alla morte, perché avessimo il coraggio di guardarci negli occhi, bene negli occhi, e di confessare che siamo, dopo tutto, due buoni amici e che ci vogliamo bene, non è vero, Fioretta... tanto, ma tanto...

(Tumulto che rapidamente si avvicina).

Fioretta (folle di terrore, stringendosi a Micheletto) Vengono!... Micheletto!... Salva, salva la mamma!

Zi' Teta (gli occhi dilatati, senza parlare, corre a cercare protezione presso Micheletto).

Micheletto (tenendo strette a sé le due donne) - Qui... qui... calme... e buone...

Fioretta (tremando) - Ho paura... Ho paura...

Micheletto (ridendo convulsamente) - «Per madonna Fioretta, chi accetta la sfida?... Chi accetta la sfida?... » Ah, ah!... Ora tocca a me. E pagherò... Calma, calma. Così, strette... strette a me...

(Il tumulto è vicino. Voci grida, imprecazioni, berci, abbaiamenti).

Le Voci - Uh! Uh! Uh!... Bu bu!... Baruccabbà! Baruccabbà!... Uh! Uh!... Bu bu!

(Una frotta di soldati irrompe, sospingendo Assalonne più morto che vivo).

Cecchin del Colle (dominando il tumulto)  Basta! .In­dietro! Nessuno lo tocchi!... O vi rompo questo nerbo su le spalle!

(Sospinto, Assalonne viene a, cadere quasi nel mezzo della scena, dove rimane ginocchioni, a testa bassa, I due Svizzeri e Cecchin del Colle respingono la soldatesca: ma il tumulto non accenna a finire, quand'ecco uno squillo dì tromba e voci imperiose).

Le Voci - Zitti! Zitti! Sua Santità!... Largo! Largo!

(Silenzio completo. Tutti si scostano, fanno ala. Giulio II en­tra al braccio dell'Ambasciatore, appoggiandosi alla spa­da, seguito dal Segretario e dal Capitano della Guardia).

Giulio II  Che c'è? Che c'è? Che cos'è questo tumulto? Che  cosa  vuole questa gente?... Via! Via!  

     (I soldati respinti si ritirano. A tratti, però, di dentro, lontano, si sente il loro brontolio minaccioso).

Cecchin bel Colle  Obbedendo alla Santità del Beatis-simo Padre, abbiamo scovato e condotto qui l'usuriere.

Giulio II  Ah, bene. bene. (Lascia il braccio dell'Amba­sciatore, si avvia al faldistorio) Gli parlerò volentieri. E il caposquadra?

Micheletto (si stacca con violenza dalle donne, si avanza, risoluto)  Santità! Io ero all'osteria... (La parola gli muore su le labbra).

Giulio II (continua a fissarlo, ironico).

Micheletto (Controscena. Le gambe gli sì piegano, cade in ginocchio, mormorando) Zi' frate!

Giulio II (Passa oltre. Siede nel faldistorio. A messer Giovanni)  E le due donne?

Messer Giovanni  Beatissimo Padre, sono qui.

Zi' Teta - Pietà, Santissimo Padre, pietà... Non ho fatto niente! Non sapevo niente! Io e quella povera figliuola... siamo innocenti, siamo innocenti! Dare asilo e pane a una spia, io, io?... Mio fratello è morto per Vostra San­tità nella guerra contro Perugia... Io sono zi' Teta. zi' Teta di Monte Giordano!... Chi non conosce l'osteria dì zi' Teta a Monte Giordano?... (Accennando il Segre­tario) Domandatelo a lui!

Il Segretario (indignato)  Ma... ma...

Zi' Teta  Sì, reverendissimo!... Eccellenza!... Voi venivate ogni domenica a giocare ai birilli...

Il Segretario (schivando, spaventato)  Ma chi vi conosce, buona donna, chi vi conosce?...

Zi' Teta - Filomeno... ser Filomeno Boccamazzi...

Giulio II (impaziente, battendo su la spada) - Basta! (Al Segretario) E tu, togliti di mezzo... birillo!... (A Cecchin del Colle) L'usuriere?  Dov'è l'usuriere?

Assalonne (E' sospinto. Si abbatte ai piedi di Giulio II. Sol­leva lentamente la testa, la riabbassa, mormora con voce sorda)  Lui!

Giulio II (piano, curvandosi) - Mi riconosci?

Assalonne Santità... Beatis...

Giulio II  Dove sono i tuoi ducati, i tuoi scudi d'oro, i tuoi zecchini, ch'io possa farli fondere e cacciarteli nella gola insaziabile?

Assalonne  Santità... io giuro... giuro su la mia tribù che non sapevo... non sapevo...

Giulio II  Ah, ah!... Ti credo, perché avresti avuto più prudenza. Dov'è il mio pugnale, verme, dov'è il mio pugnale?

Assalonne - Santità... Beatissimo Padre...  renderò tutto, tutto... Lo giuro sui miei avi...  su la testa dei miei figli...

Giulio II  Ah! Tu hai figli?...

Assalonne (con terrore enorme) - No... Santità... No! I miei figli... no... no..

Giulio II  Ebbene: anch'io ho i miei figli! Ogni soldato è mio figlio! Maledizione a chi deruba i miei soldati! (Si alza fremente) A chi li dissangua, a chi approfitta della loro ebbrezza di gioventù, di godimenti, di vita, per tosarli come pecore! (Va verso sinistra, dove passeg­gia fremente, aggrottando le sopracciglia. A un tratto un lieve sorriso balena fra l'ispida barba del vegliardo. Len­tamente, appoggiandosi alla spada, si avvicina a Micheletto, ch'è solo a destra verso il proscenio, lo scruta e mormora) È passata la sbornia?

Micheletto (tace).

Giulio II  Su! Adesso è il momento di stare allegro! Non vedi? Il giudeo è in trappola.

Micheletto (Vuol parlare. Non può),

Giulio II  Che c'è! Ti si è seccata la lingua? O credi ch'io non sappia scernere il buono dal cattivo? No: tu sei un bravo soldato. Ma ti ha rovinato una donna.

Micheletto No... ma no, Santità!...

Giulio II - Come, no? (Più piano ancora) Se me l'hai con­fessato iersera! « II cuore mi scoppia!... Zi' frate, conso­lami tu!... » E adesso zi' frate è qui per consolarti. «Giulietto» è « un buon uomo »! E ricorda le tue parole e le tue cortesie.

Micheletto (illuminato da una tenue speranza) - Santità!... Se fosse vero!... Se fosse vero!

Giulio II  Dubiti della parola di «Giulietto»?

Micheletto No, non per me, Santità?... Ma per quelle due povere donne imploro la grazia!

Giulio II  Povere? La madre s'è fatta ricca avvelenando i soldati e la figlia... ha avvelenato il tuo cuore.

Micheletto Pietà per lei. Santità, per lei!

Giulio II  Si può essere più balordi? Tu preghi per una ragazza che ti ha ingannato prima di sposarti.

Micheletto No, Santità! È pura! È pura! Me l'ha detto guardandomi in viso, bene in viso!...

Giulio II  Che balordo? Che balordo!

Micheletto Davanti alla, morte non sì mentisce. Noi ab­biamo davanti lo spettro della forca. (Disperato, seguen­do Giulio II che va su e giù) Santità!... Santità!... Quando andavo per le strade di Roma cantando contro lo stra­niero prepotente e rischiando tratti di corda e nerbate, non avevo paura, non avevo paura! Ero allegro, perché cantavo per il mio signore, per il mio Pontefice, per la gloria del mio Pontefice, che odiava i barbari, come me... come me... povero cantastorie! E mi son fatto soldato...

Giulio II  (brusco, fermandosi)   Per lei.

Micheletto  No.

Giulio II  Per lei!

Micheletto (negando, disperato)  No! No!  Ma no!...

Giulio II  Che bugiardo! (Si muove).

Micheletto (riprendendo il suo passo a fianco di Giulio II, convellendosi, torcendosi nello spasimo delle suppli­che)  Ma non li udivo forse, là, nelle osterie di Roma, mentre bevevano il nostro vino e molestavano le nostre donne, non li udivo vantarsi di tenere il piede sul collo d'uno popolo discorde e imbelle? E non dicevano che noi italiani sappiamo maneggiare penna, pennello e scalpello; ma che quadri e statue e palazzi son per loro, come le donne, perché a loro basta saper maneggiare soltanto la spada?

Giulio II  E la tua lingua era fradicia? E non sapevi rispondere?

Micheletto Anche il Bargello era dalla loro! E ambasciatori, legati, cardinali, spie...

Giulio II  È vero! È vero! Tutti falsi! Ignobili! Anche su me, attorno a me, una rete inestricabile di bassezze, di malvagità, di tradimenti! Qui però non c'è bargello, qui non ci sono cardinali, qui non c'è barba di straniero che comandi. Qui non c'è che Giulio II in mezzo ai suoi soldati! E tu, da domani, da oggi, riprenderai la tua tior­ba, e andrai fra le tende? e monterai su le panche...

Micheletto (anelante, illuminalo di speranza)  Sì...  sì...

Giulio II  ... e canterai a perdifiato le tue canzoni...

Micheletto Sì!... Sì!...

Giulio II  ... e mi scoterai questi poveri figlioli intirizziti dalla tristezza dell'inverno.

Micheletto Sì, sì Santità... Con tutta la forza, con tutta la voce... Ma quelle due povere creature...

Giulio II (senza badargli, movendosi)  Anzi, senti:  me ne  comporrai una contro lo Chaumont...  Sanguinosa! Sferzante!...

Micheletto Sì...

Giulio II  ...E i suoi sgherri racchiusi nel Castello di Mi­lano. E un'altra contro Massimiliano, che vuoi pigliare it titolo di Pontefice Massimo... Ridi!... Ma ridi!

Micheletto Sì... rido, Santità, rido!... Ma quelle due povere creature...

Giulio II  E una terza contro Re Luigi! Ma più forte! Carica la dose! Mettilo in ridicolo! Sbranalo! Annien­talo! Come lo annienterò lo! Scuotimi I soldati! fa' il miracolo!

Micheletto Santità...

Giulio II  E io t'avrò caro, ti coprirò d'oro, ti terrò con me...

Micheletto Lo giuro, Santità, lo giuro! Canterò come la cicala, fino a farmi scoppiare il ventre. Canterò stram­botti e canzoni, ne inventerò, farò ridere e piangere... Ma quelle due povere donne, Santità, quelle due...

Giulio II (fermandosi)  La ragazza?...

Micheletto E la madre, Santità, la madre... Creature battezzate...

Giulio II  Meno del vino che vendono. (Siede) Ebbene, fo loro grazia.

Micheletto (con gioia, precipitandosi ai piedi dì Giulio II) Santità! (Con forza) La mia vita, il mio sangue, la mia spada, per Giulio II, fino all'ultimo respiro!

Giulio II  Grazie. Li accetto. (Breve pausa. Il suo sguardo va all'elsa della spaia del soldato curvo. Un sorriso gli sfiora la faccia) Anzi, sarai tu che taglierai la testa all'usuriere.

Micheletto (sbalordito... sollevatosi)  Io?...

Giulio II (indicando Assalonne) - Olà! Costui! In ginocchio!  La testa sullo sgabello!

I Soldati (che sono rientrati e si sospingono, legano ad Assalonne le mani dietro il dorso, lo gettano in ginocchio, con la testa su lo sgabello).

Micheletto (con disgusto)  La scure nelle mie mani?... Ah, mai! Mai!

Giulio II  E chi ti parla di scure? Con la tua spada. (Controscena di Micheletto) Giustizia di soldato. L'usuriere pelava i soldati. Un soldato li vendica.

I Soldati (tumultuano).

Micheletto (cercando dì schermirsi)- Ma, Santità, le nostre spade sono per i nemici degni di voi... di noi... Per quei del Castello sono le nostre spade. E non per...

Giulio II  Esiti?

Micheletto Costui ha giurato di restituire il denaro... E' vecchio... La pena è forte... E poi, guardate: ègià morto, più che morto che...

Giulio II (ghignando e con intenzione) - Hai paura d'un morto?

Micheletto (richiamato alla scena dell'osteria) - Io?... D'uni morto? Ah, ah!... (Si attacca alla fiasca) La febbre mi stermini se... vivo o morto... (Si accosta ad Assalonne) Assalonne, fratello in Dio, ti chiedo perdonanza...

Assalonne  Pietà!... Pietà!...

Micheletto Giù la testa! Chiedila a Dio pietà! Lui solo, lui solo può farti la grazia!... E voi, soldati, compagni, guardate! Il mio braccio non trema! E con un colpo, un colpo solo... (Snuda la spada. Rimane un istante attonito a guardarla. Poi, tremando) Miracolo! Miracolo! La spada è diventata di legno!... 

(Controscena di Giulio II. Movimento in vario senso fra i soldati).

I  Soldati  (spingendosi avanti) - Miracolo!...  Miracolo!...

I due Capitani e I due Svizzeri (respingendo ì soldati) Indietro!...  Indietro!...  

          (I soldati vengono ricacciati di scena. Le loro voci in tumulto si odono ancora... poi si perdono per il campo).

Giulio II (si avvicina a Micheletto, gli prende la spada di mano, senza togliergli di dosso lo sguardo).

Il Segretario (tra pavido e sciocco) - Di legno?...
Giulio II (brusco)  Non è forse di legno?...

Il Segretario (si ritrae impaurito).

L'Ambasciatore  Purissimo legno!

Giulio II (dando la spada al Segretario) - Portala nella mia tenda.

Il Capitano della Guardia (rientrando in fretta) - Santità, la voce del miracolo corre per il campo i soldati!...

Giulio II  I soldati?!... Che cosa dicono i soldati?...

Il Capitano  Ne traggono buon augurio. E nel sole che sorge vedono segni di vittoria...

Giulio II  Di vittoria?

L'Ambasciatore (piano, quasi nell'orecchio di Giulio II) - Non crede Vostra Santità che il momento sia propizio...

Giulio II (scotendosi) - Ma sì! Certo!... (Al Capitano) Tu! Dal Duca d'Urbino! Presto! Si convochi il Consi... Ma no: basta con le lungaggini! Si avvertano i capitani... Si chiamino a raccolta le compagnie! Si facciano avan­zare le artiglierie! Il Bramante!... Dov'è il Bramante?... Presto! Oggi è giorno di vittoria! (Via il Capitano. Giulio II si accosta ad Assalonne) Alzati. Sei libero. (Lo Svizzero scioglie le mani ad Assalonne) Ma non ti ralle­grare. Le nozze di quei due, a Roma, dovrai pagarle tu. Ventimila ducati! (Si accosta a Micheletto, lo squadra, lo fissa a lungo... Si toglie la spada dal fianco, glie la dà, dicendogli piano) Bada di non far diventare di legno anche questa...

Micheletto (prendendo la spada, peritoso, pavido) - Santità...

Giulio II  E ringrazia l'ora, dolce - una delle poche della vita - che ho passato con te all'osteria. Ricordati, soldato... ricordati che con le spade di legno non si cacciano i barbari! (Agli altri con voce forte) Signori! Il sole splen­de su Mirandola!

(Risale in fretta, rientra nella tenda per cingere un'altra spada, lasciando Micheletto, trasognato, al proscenio. Di dentro, sordi rumori, cigolio di campani dì giumente ecc. che andranno gradatamente crescendo).

Micheletto (sollevando a due mani la spada inguainata con gesto quasi ieratico) Che il mio corpo giaccia senza fossa e senza una preghiera se non saprò adoprarla con­tro tutti i nemici della mia patria libera!

(Bacia la spada, la cinge in fretta. Nell'interno squilli di tromba, poi,. di nuovo, la canzone italiana di cui al principio del terzo atto, cantata dai soldati che sì ammassano per la batta­glia. In fondo luccicano, dietro le gabbionate, punte di picche e di alabarde... Micheletto, con voce altissima)

Zi' Teta! Fioretta!.. Se la scampo... se torno.. le nozze a Roma, eh?...

Zi' Teta  A Roma!

Fioretta  A Roma!

Giulio II (uscendo in fretta dalla tenda e avviandosi a destra)  A cavallo, signori!...  A cavallo!... (Esce seguito dai suoi).

Micheletto (con voce altissima)  Addio, zi' Teta!...  Ad­dio, Fioretta!... A Roma!...  A Roma!

(Esce correndo dietro Giulio II, mentre continua la canzone italiana e nel fondo ondeggiano su le gabbionate le punte delle picche e delle alabarde dei soldati che muovono all'assalto).

Fine della commedia


1 Per le prime battute, pronunziate da Giulio II e relative alla sua politica, cfr. il magnifico studio del de Gobineau sul  «Rinascimento ».