La stanza delle donne

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La stanza delle donne

La stanza delle donne

atto unico

di

Gabriella Schina

Liberamente tratto da "Come se io non ci fossi" di Slavenka Drakulic

Personaggi

S. : detenuta del campo di concentramento e della stanza delle

donne.

K.T. : detenute del campo di concentramento

A. : la ragazza più giovane del campo e della stanza delle donne

E. : detenuta infermiera

M.Q.J.H. : detenute della stanza delle donne

N. :moglie del guardiano del campo

G. : amica d’infanzia di S.

Giovane soldato

Due soldati della stanza delle donne

***

S .insegnante, figlia di madre serba e padre musulmano, nella sua casa di Stoccolma, racconta, ripercorrendo i luoghi del suo dramma, gli orrori della prigionia durante la pulizia etnica della guerra in Bosnia (maggio 1992) fino al suo arrivo, da profuga, in Svezia.

Scena I

Stoccolma - nella sua casa

(S. si sveglia di soprassalto)

S

…Portatelo via…non può stare qui…uno sbaglio…portatelo via…adesso si chiarirà tutto…tutto…l'aveva messo sul letto…era spogliato per farmi vedere che era sano…non so…non potevo parlare, non ci riuscivo…tremavo…uno sbaglio, uno sbaglio.

Ho rinunciato.

All'ospedale…la psicologa voleva sapere quando avevo deciso di rinunciare al bambino…"'subito!…appena ho saputo di essere incinta. Io non posso tenerlo…ero in un campo di concentramento…". Non mi ha mai guardato in faccia…la testa sul foglio… mi ha chiesto se la decisione fosse definitiva…se avessi qualcuno disposto ad accoglierlo…(ironica) Parenti! 'C'è la guerra…la guerra '. Lei continuava a non alzare la testa…che senso aveva parlare…spiegarle anche che c'era la guerra, che ero una profuga…come poteva capirmi…

Le mie mani…(se le guarda)… morte, completamente morte, non le sentivo più…si sono atrofizzate quando sono salita sull'autobus di fronte alla scuola del villaggio. Lei non poteva capirmi…mi sono alzata per andare via: le ho detto " potrei cambiare nome?". Come potevo spiegarlo… un senso di colpa mi corrodeva dentro…la dottoressa si è tolta gli occhiali e mi ha guardato…"ma le pare che si possibile?"…Dio che vergogna!…

Scena II

Ospedale di Stoccolma.

S. sente un dolore acuto, il bambino sta per nascere. Sente una fitta, si piega , ma l’atteggiamento è sostenuto, come di chi è avvezza alla sofferenza ).

S:

Devo sopportare, sopportare ancora un po’. Cambierà, si poi cambierà tutto, sarà tutto finito.

(Si stende per partorire, le si avvicina G.).

Devo respirare, respirare…spingere forte.

G:

Spingi, spingi, adesso, adesso mia cara…ecco respira.

S:

(S. si percepisce sola, il dolore aumenta, aumenta con progressione, la scena si fa confusa dentro di lei, ritorna la scena dello stupro, la violenza; S. la rivive mentre partorisce, è disperata)

I distintivi, i distintivi…sulle maniche… aria, non c’è aria.

G:

Sta calma, tra poco è tutto finito.

S:

Si leva la cintura dei pantaloni…mi colpirà, mi colpirà…sono sicura che mi colpirà…(chiude gli occhi, febbrilmente in attesa che dei colpi. Solleva il braccio per difendersi.)

Non trovo i bottoni…le mie dita…non le controllo più…ho paura…ho paura…

G:

Respira forte.

S

Tra poco mi saranno addosso…il muro è gelido…sono circondata… contro la parete…mi salteranno addosso….

Mi salgono sul collo, mi toccano i capezzoli…scendono giù…sono soldati…dalla pancia ai fianchi….il mio cuore non ce la fa più…mi aggrediranno…mi portano al tavolo…mi legano…(S. si inarca come per sfuggire alle cinghie, i due eventi si sovrappongono)

G:

Stai calma…tra poco è tutto finito, tutto finito…

S:

…si leva la cintura…(tenta ancora di sfuggire poi si lascia andare come morta).

(Altre donne si fanno avanti, mute si dispongono vicino al letto – tavolo, sono le detenute della stanza delle donne, lei le rivede. S. segue con lo sguardo qualcosa nell’aria, forse un moscone)

Sono le mie gambe…sono sollevate…di chi è quella bocca…è aperta…gli occhi chiusi…(con lo sguardo cerca il moscone di prima).

Sono le mie gambe…no, non è lo stesso di prima, puzza, mi gira il viso verso il suo, grida.…questi scricchiolii…lui urla ancora, vuole che me lo ricordi…non sento più le mie gambe…

Come se io non ci fossi…come se non fossi più qui.

(…il corpo si inarca di nuovo ma per le doglie del parto)

G

Respira, respira…ci siamo quasi.

(G. si china su di lei, le accarezza il viso)

G:

E’ fatta

S

(S.finalmente si lascia andare e piange, ancora lì con le gambe aperte e tremanti. Riferendosi al bambino urla.)

Non voglio vederlo … via…via!

Scena III

Villaggio della Bosnia (Maggio 1992)

( S. è ancora nella sua abitazione, sa che i militari stanno entrando nelle case, cercano uomini, armi, oro, portano via le persone)

S

(cerca di ricordarsi dove ha messo l’oro. Lo cerca affannosamente)

Mi lasceranno in pace

…non verranno, che possono volere da me…giusto l’oro.

Perché non sono fuggita, avrei fatto ancora in tempo ad uscire, non sono entrati in tutta la scuola, sarei potuta passare dalla parte del cortile, attraverso la palestra. Avrei potuto prendere la bicicletta.(si fa tutto il percorso mentalmente) Avrei potuto andarmene prima, quando hanno cominciato a sparare a Sarajevo. Perché sono rimasta qui?

Si sente stringere la gola, si porta le mani al collo.

Di colpo la porta viene aperta con un calcio ed entra un giovane soldato. Ha l’aria di sapere che S. lo sta aspettando, lei è immobile e lo guarda,

lui quasi arrossisce)

Soldato (a voce alta per quanto lei non abbia chiesto niente)

Stiamo raccogliendo le persone di qui.

(Il ragazzo come per spaventarla, impacciato, solleva lentamente l’arma verso l'alto, poi ci ripensa e l’abbassa. E’ comunque soddisfatto che lei non si muova. S. accenna un sorriso)

S

Siediti vuoi un caffè?

Soldato

(Annuisce, poi ci ripensa, lui è un soldato non un normale ospite e decide di dimostrarglielo, si alza e tasta il fucile)

Preparatevi, voi partite. Si sbrighi, presto, si sbrighi, gli autobus aspettano.

(la voce diventa progressivamente più tagliente. S. si gira attorno, pensa a quello che deve portarsi dietro, è confusa, si sforza di stare calma, prende lo zaino azzurro di stoffa, mette dentro alcune cose; prende anche un vestito rosso e le scarpe italiane nuove, le cose più belle che possiede. E’ svuotata.)

Scena IV

Stoccolma nella sua casa

S

(Ironica)…gli offrii anche un caffè…

…eravamo ammassati nella palestra…la mia scuola…la sera prima avevo visto una scena alla televisione… un autobus pieno di bambini…le donne toccavano i finestrini…piangevano… succedeva da qualche altra parte… ad altri…

Si soffocava…seduti sulle panchine lungo le pareti, sul pavimento…l’aria era irrespirabile…alla porta un guardiano col fucile e due cartucciere sul petto nudo…altri in un angolo della palestra.

Il ragazzo che mi aveva portato lì è seduto su una cassetta di birra capovolta… mi fa segno di avvicinarmi. " Tu sei un’insegnante" dice " e quindi devi badare alle donne"… sgarbato… mi dà del tu…ci sono altri uomini. Non capisco…prende il fucile…lo agita come per spazzare via le cose…"così!", e dice "che salgano tutte sull’autobus, che nessuna si nasconda". L' ho ignorato.

Cominciavo ad inghiottire le parole… i pensieri: era già iniziato quel silenzio nel quale presto sarei affogata. Tutti sembravano in letargo…neanche una domanda; una ventina di uomini…vecchi, sono stati fatti uscire dalla palestra…fucilati…tutti!…Ho vomitato…"non aver paura…non aver paura"…mi ripeteva una donna…"siamo ancora vive…ancora vive…".

La notte era calata…arrivammo al campo…una strada sterrata, di fronte a un recinto di filo spinato. Urlano "scambio"... "scambio"… mi tranquillizzo…eravamo sollevate di essere arrivare alla fine del viaggio. "Finalmente possiamo stendere le gambe"… un vantaggio…era passato un giorno…Eravamo stati tutti ridotti al minimo…

…La paura… pensavo di non averla mai provata …nemmeno quando avevano portato via quel gruppo di uomini, nemmeno quando avevo sentito gli spari…il vuoto!…Non avevo sensazioni…come se non avessi sangue…

Campo di concentramento

Le donne sono sdraiate sul pavimento di cemento. Il caldo è soffocante.

S. si guarda attorno con una sensazione di estraniamento. E' come se non fosse totalmente presente, si sente spaccata in due, sta sdraiata).

S

Non mi è successo ancora niente, niente di terribile (inorridisce a questo pensiero…quasi a riassumerselo)… mi hanno strappato da casa…mia madre serba non conta…per loro sono solo musulmana come mio padre……sono arrivati dei soldati, ci hanno preso, ci hanno separato, hanno fucilato un gruppo di uomini, hanno ammassato noi donne sugli autobus, ci hanno chiuse in un campo di concentramento. Il villaggio è stato bruciato. No, mi è già successo tutto, o quasi.

I miei…forse avrebbero potuto fuggire…forse anche loro, come me, non hanno capito che quella era la guerra.

O forse sono vivi, sono ancora vivi.

(S. deve orinare, c’è solo un secchio dall’altra parte del deposito. Guarda le donne, dormono, passa tra i corpi, cerca di non pestare mani e piedi)

Sembrano tutte uguali.

(Sente una donna che singhiozza, S. si stende accanto a lei, le sussurra una canzone).

Scena V

Campo di concentramento

( S. ed E. si occupano dei malati. E. si china su una donna)

E

Ha la febbre alta. Bagnale la testa.

S

(rivolgendosi ad E.)

Ho visto tua figlia…era nella mia classe.

E

Non parla…non chiede niente, e per me questa è la cosa peggiore, si è completamente chiusa in se stessa. Ho paura, ho tanta paura per lei. (E. guarda S. terrorizzata, le stringe il braccio).

T

Mi sento soffocare, mi sento soffocare. Aiutatemi.

(S. si avvicina)

Ho il cuore debole, la pressione alta, sono stata operata un anno fa.

E

Hai le medicine?

T

Sono poche, finiranno presto.

E

( E. accanto ad S., accarezza la testa alla donna, cerca di calmarla, la donna si attacca avidamente a questi gesti)

Andavo a casa sua al villaggio, le facevo le fasciature e le iniezioni.

(i si rivolge ad S).

Avrebbero potuto mandare anche me a raccogliere le patate. Non ho bende, medicine, niente.

(S. pone sulla fronte della donna un impacco freddo, le fa bere molta acqua e le parla delicatamente)

S

Andrà meglio vedrai.

( E, prende una borsa consumata, da dottore)

E

(Guarda nella borsa)

Niente antibiotici, né qualcosa per il dolore. Tieni questo. (Le porge bende e sedativi)

S

E' la borsa del dottore… E lui? Dov’è ? (guardando la borsa) perché non è qui?

(E. apre la borsa, dentro ci sono uno stetoscopio, delle siringhe, forbici, bende. E. evita lo sguardo di S., con la mano le fa cenno di lasciar perdere. S. guarda la borsa e capisce che è di un dottore prigioniero nell’altro campo).

E.

Quelli là non li curano affatto, loro non hanno più bisogno del dottore.

S

Ci hanno dato delle vecchie coperte militari, questo vuol dire che dovremo rimanere fino all’inverno.

E

(cupa) I brutti segni continuano ad aumentare.

T

Gli ho chiesto di mio marito. Hanno detto che presto ci libereranno.

K

Se gli diamo oro, vestiti, denaro hanno detto che ci daranno informazioni.

T

Sono brave persone, sono stati costretti a fare le guardie a noi, dobbiamo aver fiducia, possiamo anche mandare qualche messaggio agli uomini all’altro campo . Sono gente come noi.

K

Ho saputo che stanno costruendo i bagni. (sollievo tra le donne)

E

Come immaginavo…staremo qui a lungo.

S

Che vuoi dire? ( E non risponde, S. la incalza) Ti prego parla.

E

E’ meglio che tu non chieda niente… non sappia niente. Là succedono cose terribili

S

Qui tutte raccontano storie orribili. Dicono che là, al campo di concentramento degli uomini, i prigionieri vengono torturati.

K

Si dice che li uccidano e poi li seppelliscano, pareggiando la terra con le ruspe.

T

La cuoca li ha visti scavare la terra, laggiù al bordo del bosco… non è una buona cosa.

K (che ha ascoltato)

Gli strappano gli occhi, gli spezzano le ossa…

S (sfinita, rivolgendosi ad E.)

E’ vero?

E

Si. Ho visto cadaveri sfigurati…è vero…gli strappano gli occhi, gli spezzano le ossa…

K

C’è una stanza, di là, dall’altra parte…ieri i hanno chiamato me ed altre per pulirla… completamente piena di sangue…sul pavimento, sulle pareti…abbiamo buttato l’acqua a terra, sulle pareti, ma niente…

S

Come niente?

K

Bisognerebbe usare cloro o acido muriatico.

S

Non è possibile. Avviene qualcosa accanto a te e tu non lo sai o non ci credi. O eviti… ti distruggerebbe. Bisogna sopravvivere.

(S. si isola, tira fuori lo zaino, è seduta a terra, come per confermare a se stessa che esiste, si dispone attorno le cose, tra le dita tiene il piccolo album di fotografie. Non lo apre, lo stringe a sé.)

S

Le fotografie…non posso…ancora no…non le posso guardare.

(ricompone le cose nello zaino. Guarda gli oggetti, le scarpe il vestito)

A che cosa possono servirmi?

(Percepisce che qualcosa manca, rovista nervosamente poi lo vuota di nuovo sulla coperta, vede che manca la scatola dell’oro, si sente la rabbia montare)

Mah…manca la scatola dell'oro…come è possibile? I guardiani!…no, non sarebbe stato necessario. (Guarda le donne)

No…loro no… Non può essere stata una di loro…allora mi hanno tradita…Perché? Perché?…non possiamo nemmeno contare l’una sull'altra…non si può più avere fiducia in niente… ci derubiamo tra noi… Fino a quando potrò ancora reggere…

Si mette lo zaino sotto la testa, diffidente stringe la coperta)

Non crederò più a nessuno…. sarò cauta…cauta… non aiuterò più nessuno. Da sola… sopravviverò da sola…

Scena VI

(Campo di concentramento

,

(Le donne stanno dormendo)

S(porgendo un quaderno ad E.)

Tieni. Dallo a tua figlia…disegna bene… sarà l’unica prova che non ho sognato, che sono stata veramente qui.

E

(Sottovoce) Si parla di tremila morti.

S

Non può essere.

E

E’ certo, ti dico che sono più di tremila. E alle donne fanno cose terribili. Nell’edificio della direzione c’è un posto chiamato "la stanza delle donne", pare che lì vengano tenute le ragazze più giovani e più belle. La notte vanno da loro i soldati dei dintorni.

K (terrorizzata dal rumore dei passi)

I soldati!

(Entrano due soldati)

Soldato

Silenzio.

(S si alza per guardare chi portino via. E. bruscamente l’afferra e la tira giù)

E

Sono venuti a prenderle.

T

Le avevano adocchiate già.

K

Di giorno le guardano mentre lavorano, mangiano, si riposano, e intanto scelgono…

E

Sanno esattamente quali vogliono.

Scena VII

Stoccolma nella sua casa

S

Sapevano esattamente quali prendere. La notte avevano camminato in mezzo ai corpi addormentati finché non avevano trovato proprio quelle due.

Non sono tornate…tra le donne il silenzio. Con l’oscurità scende l’ansia .

Abbiamo tutte le orecchie tese ai passi nel corridoio…alle grida dei soldati…La paura degli uomini di quello che possono farci.. Eravamo terrorizzate, non ce la facevamo più. Il silenzio era diventato insopportabile. Una di loro iniziò a raccontare ciò che fino allora era stato taciuto. La stanza era buia, ricordo i volti appena rischiarati dalla candela.

Campo di concentramento

T

A me è già successo quando ero al villaggio, quando sono venuti hanno portato via mio marito, mi hanno chiusa in camera da letto. Erano tanti… non ho sentito male, niente, proprio niente, come un pezzo di legno, non lo so quanto sia durato, né quanti fossero, andavano di corsa, fuori sparavano. Uno mi ha detto :"Sei stata tranquilla come un agnello" Forse per questo non mi hanno ammazzata, forse sarebbe stato meglio. Quando se ne sono andati ero seduta sul letto, mi sentivo morire. Le mani…le gambe…il cuore…era la morte. Se non ci fossero stati i bambini, avrei lasciato che mi uccidessero.

(K trema al racconto di T., S le tiene le mani, il tremore aumenta)

K.

Mia figlia la svergognarono sotto i miei occhi. Mi costrinsero a guardare. Io gli avevo offerto dei marchi tedeschi. Presero i marchi. Gli avevo offerto dell’oro, purché la lasciassero. Una giornata intera…poi l’hanno ammazzata.

E

Attraversavo il bosco per andare al villaggio vicino. Mi accorsi che in un fosso c’erano tre ragazze morte. Erano mie amiche, le conoscevo dai tempi della scuola. Erano nude. Gli avevano tagliato il seno. Le coprii con le foglie.

T

Eppure si sopravvive a tutto.

(S è irritata da questa considerazione, non la capisce, è una saggezza che non è in grado di intendere, si alza)

Scena VIII

Stoccolma nella sua casa

S

Come…come potevo accettarlo…capire?…. non volevo… non potevo.

Fu l’unica volta che le donne parlarono di stupro…non ne parlarono più.

Avevano paura che si potesse sapere nei loro villaggi…credevano ancora di poter tornare a casa.. Alcune di loro tacevano, distoglievano lo sguardo, tradite dalla vergogna…(adirata)Loro devono vergognarsi!

Una mattina entrano due soldati, si portano via tre ragazze.

Il guardiano dice che verranno portate in direzione per essere interrogate, ammicca al soldato, come se si trattasse di uno scherzo divertente…Camminavano una dietro l’altra…inciampavano come stordite. Una di loro non aveva neanche tredici anni, veniva dal villaggio vicino al mio, pochi giorni prima si era fatta male ad una mano. Ad un certo punto lei… si volta e mi saluta con la mano ferita. Il braccio le ricade lungo il fianco. Penso che non la rivedrò più. Sollevo la mano per salutarla…è già lontana. Un gesto inutile.

Scena IX

Campo di concentramento

(Un soldato appare sulla soglia, con tono minaccioso indica con il dito S. e le ordina di raggiungerlo. )

Soldato

Tu, tu qui!( E. prende la borsa da medico, si alza per andare)No tu, lei!

E (Rivolta al soldato gli si para davanti)

Forse ti sbagli, lei è la mia aiutante, ti avranno chiesto di me, non di lei, c’è uno sbaglio, sicuramente. (Il soldato in silenzio la spinge di lato, indicando minaccioso si rivolge ad S.)

Soldato

Tu!

(S si alza, si pulisce le mani contro la gonna, lentamente si trascina verso l’uscita, stordita).

Scena X

Stanza delle donne.

(Sul pavimento sono buttate delle coperte e dei materassi, una donna copre S. con cura, lei sta male, trema per la febbre, un'altra donna le solleva la testa e la appoggia al petto).

M

Bevi,…devi bere.( S. beve, poi la testa le ricade giù)

J

Sono due giorni che sta così.

M

E. le ha dato una medicina, per calmarla. Era preoccupata (mentre parla l'accarezza)… temeva per una emorragia interna.

J

E' già successo una volta…una ragazza è morta.

(S. lentamente riprende a muoversi, si guarda attorno.)

M

Sei nella stanza delle donne

S

(sfinita, riesce a parlare a stento)

…la conosceva, l'avevo sentito da lei…deve essere venuta spesso qui…per curarvi…perché non mi ha raccontato niente…( a se stessa) …forse sperava che io sarei riuscita a non finirci…

M

La porta è chiusa a chiave e la tiene la moglie del precedente custode del deposito, la conoscerai…ci porta del cibo. E' l'unica persona che vediamo oltre i soldati e i guardiani… E' buona, sai.

Quella porta aperta conduce al gabinetto, (con un certo orgoglio) abbiamo il bagno col lavandino e c'è anche del sapone.

Q

(con tono tagliente e ironico, rivolta ad S.)

Fatti dire perché siamo qui…diglielo tu, invece di parlare di gabinetto e sapone…siamo rinchiuse qui per i bisogni di quei maiali (indicando verso la porta). Diglielo….(ironica)il sapone…

M

(a fatica, con un senso di vergogna)

Si, i soldati, vengono quando vogliono…di solito di notte…a volte scelgono, a volte no. Io sai scrivo…scrivo le date in un piccolo taccuino e poi via via le cancello con una crocetta…per non impazzire.

S

(ripete a se stessa come se si trattasse di un segreto da custodire)

Sono viva, sono viva…io sono ancora viva.

Scena XI

Stoccolma nella sua casa

S

( Seduta sul letto, rivive un incubo ricorrente)

Tornano ogni notte…ogni notte…non mi lasciano più…sempre lo stesso sogno…cammino per la strada…eccolo lo riconosco…guarda una vetrina…sono sicura, è uno di loro…Ho con me il coltello…"guardami…guardami bene in faccia. Mi riconosci? Ora te lo caccerò nella pancia …(facendo il gesto di sferrare una coltellata .Poi la situazione cambia, è esterrefatta, incredula)…Ti stupisci…non mi riconosci…guardami…guardami…non puoi non riconoscermi …(disperata)…guardami!

…non mi lasciano più…e questo tumore nella pancia…devo dimenticare…(si guarda allo specchio).

Come è possibile che non ci sia un segno…E' meglio…mi potrò difendere…(si sente sporca, si guarda le mani…lo sporco sotto le unghie…la pelle) Non sarò mai più pulita.

Scena XII

Stanza delle donne

S

Cosa sta succedendo?…ascoltate…

M

…esistono solo i rumori nella notte, sdraiati finché è giorno, prova un po' a dormire…e non ti spogliare…qui è meglio coprirsi quanto è più possibile…e poi tu sei bella…

Q

Per quello che serve coprirsi…mettersi un abito…in un attimo lo riducono in stracci, brandelli.

( Si sentono dei passi nel corridoio, le donne si stringono tra loro)

M

(con la mano sulla bocca) I soldati…sono ubriachi…

Q

No, no, sono i passi della guardiana.

M

(Terrorizzata) No, sono loro.

A

Saranno i guardiani o i soldati?

(I passi si allontanano. Le donne tirano un sospiro di sollievo, la tensione si scioglie).

M

Che fortuna! Chissà forse si spara nei dintorni…forse ci lasceranno un po' in pace.

Q

…già, una fortuna…una pausa tra due orrori…

M

( Si avvicina ad S. e l'abbraccia) Profumi. Non avere paura di consumare il sapone, è di tutte…a volte capita di avere anche dello shampoo, biscotti e qualche pezzo di formaggio.

(Si sentono dei passi vicino alla porta)

S

I soldati?

M

No, la nostra guardiana. Riconosco le ciabatte.

(Entra N. con una pentola di minestra)

J

Di nuovo minestra di fagioli!? Ma l'abbiamo mangiata ieri .(Senza sorpresa, con una sorta di tristezza)

N

(N. fa un gesto d'indifferenza con la mano e un sorriso, allarga le braccia e si rivolge alle donne con impotenza)

Il camion non è arrivato, anch'io mangio fagioli, bambine.

M

(rivolgendosi ad S.)

Quando non arriva il camion significa che si mangia quello che c'è…

Q

(ironica)

…vecchie scatolette di fagioli, patate stantie, germogliate, cavoli…quelli non mancano mai.

M

A volte (indicando N.) va al villaggio…due ore di cammino e porta un pollo per sé e il marito e a noi prepara un brodo.

(Improvvisamente N. tira fuori da sotto la veste una pane di granoturco, tondo e giallo.)

E' ancora caldo. L'ho fatto io.

(J. le toglie il pane di mano e lo bacia; fa il giro della stanza e lo offre da annusare a tutte, lo ridà ad N. che lo spezza, le ragazze si siedono attorno, N. non mangia, le guarda allegra per quel pane portato e fatto da lei, mentre riordina le cose sussurra a bassa voce)

Abbandonate da Dio. Dal loro come da qualsiasi altro Dio.

(alzando la voce)

Mangiate bambine, il pane vi darà la forza di sopportare. Dovete essere forti. Tutti questi orrori passeranno. (Le donne sono gioiose, come se la guerra fosse finita)

Q

Non ce l'hai…

N

Il sapone e lo shampoo? Eccoli; ho anche qualche indumento…(tira fuori da una sacca delle scarpe ed una gonna)

S

(strappando di mano ad N. gli indumenti)

Di chi è questa roba.? Dov'è ora questa donna? Che cosa le è successo? E' morta? E' stata uccisa?

(Le donne tacciono imbarazzate. Nessuna risponde, due ragazze raccolgono gli oggetti, sono troppo preziosi; anche N. tace, poi con le ragazze attorno, comincia a predire il futuro leggendogli le mani)

N

Qui, venite qui…(rivolgendosi ad A., la più giovane)

Vedo una strada vedo una strada ampia, lontana, come se tu stessi volando. Si, si, lo vedo, hai le ali, stai volando. Questo è un buon segno, molto buono…

(A. sorride e cammina per la stanza con le braccia spalancate come le ali. Poi N. si rivolge a J.)…Tu sposerai un uomo ricco, (ad H.)… finirai gli studi ed avrai molti bambini, (ad M)… presto avrai buone notizie dai tuoi cari…una lettera (le ragazze sorridono, Q. incomincia a cantare una canzone, S. piange).

Scena XIII

Stoccolma, nella sua casa

S

Al deposito… con tutte… riuscivo a riposare; tornate dai campi cenavamo, parlavamo. Il giorno era lungo… c'era luce fino a tardi. Qualcuna aveva anche una candela. Lavavamo la biancheria, ci muovevamo liberamente nel cortile… "A letto!"…gridava il guardiano…entravamo nel deposito, ma non dormivamo subito… a volte parlavamo tutta la notte.

Nella stanza delle donne esisteva un limite preciso tra il giorno e la notte…di giorno dormivamo o sonnecchiavamo, di notte…la paura. Al crepuscolo tendevamo le orecchie…facevamo supposizioni…spiavamo il rumore delle automobili e dei camion quando ancora erano lontano. E le voci…i passi…tentavamo di indovinare quanti fossero…se erano già ubriachi…venivano quasi ogni notte…ogni notte… da una postazione dei dintorni, così dicevano, chissà se era vero… poi anche di giorno. Non era possibile fuggire, nascondersi…sempre lo stesso pensiero: "Toccherà a me?". Eravamo poche e a volte il turno di una durava più di un giorno….la porta si apriva di colpo, come se la maniglia non esistesse.

Scena XIV

Stanza delle donne

Q

E' indifferente quale di noi gli tocchi. In tutte c'è sempre lo stesso sangue sbagliato. Anche loro non sono più persone, ma non lo sanno… Non sanno che neanche loro possono fuggire più dalla guerra, che non possono nascondersi, che possono essere uccisi. Non lo sanno.

H

(Si scopre il seno, fa vedere le bruciature di sigarette ad S.)

Li ho pregati di non farmelo, ma loro si sono messi a ridere ancora di più. Più io piangevo, più loro ridevano, alla fine sono svenuta.

A te è andata bene con una sola bruciatura sul fianco.

S

L'ho colpito così forte da farlo cadere e questo l'ha inferocito.

(Le donne si avvicinano ascoltando il racconto terrorizzate).

M

Non avresti dovuto farlo, ora si vendicheranno con noi.

S

Ma l'ho fatto istintivamente, non ho riflettuto.

Q

Dovevi riflettere invece. Se vuoi mettere in pericolo la tua vita, fallo pure, è un tuo problema, ma non ci immischiare!

A (parla da sola)

Se almeno sapessi cosa le è successo; per me sarebbe più facile pensarla morta.

S

Di chi parla?

M

Di sua cugina . E' morta strangolata, ma non deve saperlo, è una bambina, ha solo tredici anni. Che senso ha raccontarle tutto quello che ha subito quella povera creatura.

(Rivolgendosi ad A.)

Non sappiamo cosa sia successo… forse è riuscita a fuggire.

A

No, no, che dici, non mi avrebbe mai lasciata.

S

Ma come è finita qui, è appena una bambina?

M

Non voleva essere separata da sua cugina ed è venuta anche lei.

Non aveva capito… Pensava che avrebbe aiutato le ragazze, che avrebbe lavato la biancheria. Ma i soldati l'hanno presa fin dalla prima sera. Si sono vendicati perché non era "come si deve", non era "abbastanza", come se qualcuno li avesse fregati, gli avesse rifilato quella miseria di ragazza.

Q

Continua a chiedere della cugina, ancora non ha imparato che ogni assenza, qui, nella "stanza delle donne", significa solo una cosa: la morte.

oscilla avanti e indietro e canta assente una filastrocca infantile, si stropiccia nervosamente le braccia e le spalle, come se avesse freddo, poi inizia a pettinarsi sempre con lo stesso movimento. M. si alza e le toglie delicatamente il pettine dalle mani).

M

… i soldati le hanno ucciso la madre davanti casa. Ha sentito il soldato che sparava. Sua madre è caduta con gli occhi aperti. Non ha smesso di fissarla….le palpebre immobili… i suoi occhi sono rimasti vivi a lungo ed è stato solo per questo che ha capito che doveva scappare. Si è girata e si è messa a correre…con tutta la forza che aveva… I soldati le hanno sparato alle spalle, ma l'hanno mancata. Lei era veloce ed il bosco non era lontano. …c'era già diversa gente del villaggio. Sono rimasti nascosti per alcuni giorni, ma poi li hanno presi. Li hanno trovati perché di notte tornavano al villaggio per cercare cibo…lei non sa cosa sia successo a suo fratello e a suo padre. Dovevano presentarsi in comune. Una mattina sono usciti… non li ha più rivisti.

J

Da quando non c'è più la cugina, non si calma neppure nel sonno.

A

(Rivolta ad S.)

Il mio cane…è rimasto legato nel cortile. Che ne pensi? Cosa può essergli successo?

S

Si è sicuramente liberato dalla catena e ora è libero nel bosco e dà la caccia alle lepri.

(A. si sdraia, sembra più tranquilla per la risposta; ,prende un libro, S. l'abbraccia. Un soldato entra nella stanza e indica A.)

Soldato

Vieni!

sussulta per la sorpresa, è terrorizzata, posa il libro che stava leggendo, getta un rapido sguardo interrogativo alle altre, tutte sono sorprese, si alza incerta come se stesse per cadere. Indossa un abito corto, estivo . Si raddrizza, confusa e impaurita, tira giù il bordo del vestito, va verso la porta, il soldato che l'ha chiamata per nome le porge la mano, sembra che lei lo riconosca).

M

(interrogativa)

E' vestito diversamente dagli altri…

Q

Un distintivo con una testa di tigre sulla spalla…stupidi…in Bosnia non ci sono tigri.

si rivolge alle ragazze gioiosamente)

A

E' un amico di mio fratello. Mi ha detto che è vivo. (si avvia verso il ragazzo)

S

Perché è venuto a prenderla, dove la porta? Come faceva a sapere che lei era qui?

manda un bacio alle ragazze ed esce. Nella stanza scende un silenzio assoluto, di terrore.)

M

(come a rassicurare le altre e se stessa)

…E' un amico di suo fratello.

Stoccolma - nella sua casa

S

Quando tornò…la sera successiva… non era più lei…sembrava … ma a tutte noi fu chiaro che non lo era più.

Aveva abbandonato quel corpo che stava lì…di fronte a noi. Come sua madre, con gli occhi vivi, anche se era morta.

Da quando il guardiano l'aveva riportata… non piangeva… non parlava… non emetteva più un suono, né muoveva gli occhi… sbatteva le palpebre, ma non ci guardava.

Una croce e quattro S cirilliche, come quattro ferri di cavallo…qui…sul seno… sulla fronte, sulle spalle… incisi col coltello…

Era sdraiata su un fianco. La guardiana portò una bacinella con dell'acqua calda, le altre la lavavano piangendo.

E morta dopo tre giorni…e quel ragazzo la conosceva davvero…un tempo era stato amico del fratello.

Scena XV

Stanza delle donne

(Sono presenti le donne più N. . S. prende una borsetta di plastica, lasciata lì da qualche ragazza, ci sono le cose per il trucco ed uno spazzolino da denti, lei lo guarda)

S

Quando qualcuno lascia dietro di sé uno spazzolino da denti, è segno certo che non gli servirà più.

(Inizia a truccarsi, si emoziona, vede riaffiorare il viso di un tempo).

Mi posso nascondere…mi posso trasformare (si gira verso le altre).

Guardatemi come sono bella !

(Si gira, allegra, su se stessa, si butta ansante sul materasso. J. Le sente la fronte).

J

Levati il trucco, sembri una puttana!

S

(Guardando J. In piedi sopra di sé)

Ma perché ti arrabbi? Del resto io sono una puttana! Noi tutte siamo puttane!

(J. tenta di pulirle il viso con un asciugamano bagnato)

Non capisci?! (gridando) Siamo tutte delle stupide puttane! (Piange. J. indietreggia, la guarda con orrore).

J

(Sussurrando)

E' impazzita, è impazzita.

S

(Riaggiustandosi il trucco)

Non capiscono, non capiscono niente.

N

Tu vuoi solo essere bella per i nostri ragazzi, vero tesoro?

S

(Annuisce, le accarezza la mano e ripete ad alta voce)

Essere bella per i ragazzi. Piacergli. Sorridere e dire: vieni abbracciami! (Improvvisamente si rabbuia). Far finta che si tratti di un divertimento del quale anch'io godo. Forse chissà si dimenticheranno che avevano il dovere di violentarmi.

Mi sono stancata di essere un pezzo di carne immagazzinato. Riuscite a capirlo? Di stare sdraiata. Di aspettare. Di ascoltare i passi, di indovinare quanti siano, con la paura nel petto, come un uccello impazzito…il mio corpo teso, pronto al massacro.

Non voglio fare niente di eroico, niente che vi possa danneggiare, solo qualcosa che mi faccia sentire un essere umano, che mi dia forza.

(Stoccolma - nella sua casa)

S

Volevo ritrovare la mia forza…volevo togliergli il modo di umiliarmi…l'ho spiegato alle ragazze. Recitare! Gli ho detto che se avessero finto di godere, se i soldati avessero potuto pensare di essere sedotti…allora…forse non sarebbero stati capaci di umiliarle. Non capivano…più semplicemente potevo dire che così sarebbe stato più facile rimanere in vita.

Scena XVI

Stanza delle donne

S

Stanno bruciando della carne…degli animali morti…

M

…soffocheremo tutte….è insopportabile.

(N. entra con un fazzoletto sul naso)

N

Perché vi agitate? Stanno solo bruciando la spazzatura.

(Fa entrare H. stordita dalle violenze dei soldati ed esce ).

S

Questo odore mi ricorda quello della pelle bruciata, lo stesso odore di quando appoggiai la coscia sulla pentola bollente.

(tutte le donne si coprono il naso)

H

(terrorizzata, le altre cercano di calmarla)

Ecco…ecco…è vero. E' proprio quello. E' fetore di carne umana. I soldati stanno bruciando i cadaveri dei prigionieri. Si, si, è così, mi ricordo, mi hanno violentato poi…mi hanno portato nel cortile dietro la direzione…mi hanno costretta a guardare…"Questi sono i tuoi contadini - mi hanno detto - ecco quello che facciamo di loro. Una pallottola in testa e poi nella spazzatura. Guarda, è così che finirete tutti voi".

Sono scappata… lei (indicando verso la direzione da cui è uscita N.) ha visto tutto dalla finestra, non ha detto niente, poi mi ha aiutato ad arrivare qui.

Q

(cupa, con odio)

E a noi ha detto che stavano bruciando la spazzatura.

S

Ma lei non ha colpa…voleva proteggerci.

H

(Si alza, dà una spinta ad S. e grida)

Ha colpa anche lei, eccome se è colpevole. Tutti loro sono colpevoli! E stata lì a guardare, l'ho vista, se n'è stata tranquilla a guardarli mentre bruciavano. Non ha detto niente! Non ha chiuso nemmeno la finestra!

S

Sarà anche colpevole, è vero che sono tutti colpevoli… ma non allo stesso modo. Che cosa potrebbe fare ? E' prigioniera anche lei qui.

H

Ne ho abbastanza di questa comprensione di tutto e di tutti, signora maestra. Io li metterei al muro e senza tanti discorsi li ammazzerei. E anche quelli che parlano così, anche quelli che li difendono. Stai con noi o con loro? I cadaveri dei nostri uomini bruciano nella spazzatura e tu mi vieni a raccontare che lei non ne ha colpa? Ne ho colpa io? Sono stata forse io mio ad ucciderli … a dargli fuoco?

Stoccolma - nella sua casa

S

…resistere all'assalto dell'odio…solo questo volevo…ho rinunciato a convincerle…non potevo pretendere di insegnare agli altri a distinguere le sfumature. Non volevo difendere nessuno, anch'io ero una prigioniera. La guardiana era impotente… forse piena di orrore…che poteva fare quella donna se i soldati ubriachi uccidevano i prigionieri davanti ai suoi occhi? … avrebbe potuto andarsene… uno se ne può sempre andare. Anche lei deve aver avuto una possibilità di scelta, ognuno ce l'ha.

Poteva essere buona o crudele , ha scelto di essere buona, di occuparsi davvero di noi, di darci pane, sapone…di consolarci... questa è stata la sua scelta.

Forse non è stata abbastanza forte per qualcos'altro, per qualcosa di migliore o di più giusto…un'altra scelta l'avrebbe pagata con la vita.

Devono pur esserci dei gradi di colpa…altrimenti saremmo tutti perduti.

Quando penso ai miei genitori…a mia sorella, potrei uccidere anch'io…perché dovrei comportarmi diversamente?…quando ti viene il dubbio di poter fare lo stesso… è già tardi...e loro, tutte, non sapevano difendersi dal male che sentivano dentro…

Cercavo un limite dove niente mi potesse più toccare…nemmeno la paura della morte…uno spazio interiore…una assenza di me…a volte mi riusciva…sentivo che potevo comprenderle ancora per poco.

Scena XVII

Stanza delle donne

(S. parla con le altre donne, il tono è confidenziale)

S

Ha belle mani. Le unghie sono tagliate con cura. L'ufficio pulito, le pareti bianche. Mi ha invitato a sedermi. "Prego accomodatevi, raccontatemi qualcosa di voi"…mi ha dato del voi…qui dentro…Mi ha chiesto come sono capitata qui.

Q

(sovrapponendosi al racconto di S.)

Come se non lo sapesse.

S

Gli ho chiesto se era sposato, se si sentiva solo.

M

Come ti ha adocchiata?

Q

Qualcuno avrà richiamato l'attenzione su di lei.

M

O è stato lui ad informarsi. Lei è l'unica donna istruita in tutto il campo.

S

Gli ho chiesto se era libero a cena. L'ho sedotto. L'ho reso uomo, semplicemente.

(Le ragazze discutono a bassa voce)

Q

E' il comandante del campo, te ne sei dimenticata?

H

Forse così possiamo ottenere qualcosa…

J

Ti prego…chiedigli di mio padre, è arrivato nel campo insieme a me, non ne so più niente.

M

…forse può liberare mia madre…(si perde nel ricordo) …sai portava ogni giorno sette, otto pagnotte a quei disgraziati del campo…lo faceva lei…un amico si alzava presto e veniva sotto la sua finestra…buttava piccoli sassolini contro i vetri…e allora lei muoveva un poco la tendina senza farsi vedere…era il segno che era ancora viva…poi…l'hanno presa…

Q

Chiedigli per quanto tempo ancora resteremo qui.

M

(toccando il braccio di S.)

Non ti dimenticare di mia madre.

(S. si prepara per andare dal capitano)

J

…prendi il mio vestito nero, ti starà bene.

S

Non, non so…ma si perché no. (Inizia a truccarsi e guarda il suo viso allo specchio)…Ha un bell'aspetto.

(le altre donne ridono)

Scena XVIII

Stoccolma - Nella sua casa

S

Nessuna aveva chiesto qualcosa per se stessa. Avevano rinunciato a loro stesse; eppure erano vive, ancora vive.

Ho cenato dal capitano. Quell'incontro nascondeva trappole troppo pericolose, dovevo cercare di non cedere ai ricordi: le patate dorate… il manzo profumato… come se l'avesse cucinato mia madre. Sono pericolosi i profumi, ti riportano di colpo al passato. E io dovevo concentrarmi sul capitano. Avevo dei vantaggi…certo… ero esclusa dalle visite notturne e mangiavo meglio.

Dovevo sopravvivere...il bene e male …che senso hanno in un campo di concentramento…torna utile? Allora è bene!…Male, è quello che non serve o danneggia qualcun altro.

Avrei dovuto odiarlo, ma non era così…riuscivo persino a credere di non essere nel campo. Le lenzuola profumavano di fresco. Un giorno lo chiamarono perché una donna aveva tentato la fuga…aveva quasi raggiunto il bordo del bosco. Le sparò lui stesso. Quando tornò da me - era infuriato. Una stupida prigioniera gli aveva guastato il sabato.

Stanza delle donne

(S. si sta preparando)

J

(a voce bassa)

Ti sei venduta per poco…

S

Forse non per così poco (Sempre a voce bassa. Le ragazze cominciano ad isolarla, la guardano)

E' assolutamente un caso che abbia scelto me. Voi che avreste fatto al mio posto? Non avete il diritto di giudicarmi.

Stoccolma - nella sua casa

S

Non ce la facevo più…cominciai a mentire, raccontavo che il capitano mi costringeva ad andare da lui, che mi minacciava…ora mi compiangevano. Ero consapevole delle mie colpe, della mia falsità. Non avrei saputo spiegare l’ accordo che c'era tra noi…tutti e due ci fornivamo un' illusione, quella di una normalità necessaria sia a lui che a me.

Non potevo parlare della guerra, lui me lo disse apertamente… né chiedere protezione per le altre… al massimo potevo proteggere me stessa. Pensavo alla mia amica infermiera ed a sua figlia, se avessi dovuto chiedere aiuto, lo avrei chiesto per loro.

Andavo al letto con un assassino e lo sapevo… avrei potuto ucciderlo… dormiva, la pistola era lì… a volte mi è sembrato di potercela fare. Non l'ho fatto…mi avrebbero ammazzato

Giorno dopo giorno avevo imparato a dimenticare dove mi trovavo… è stata la cosa più importante…non reagivo più… ero circondata dalla morte…ma non mi riguardava più…almeno fino a che non avesse toccato proprio me.

Non potevo impedire nulla e questo mi toglieva la forza; per me e le altre non era possibile altrimenti… insieme ai criminali chiudevamo il cerchio.

Non esisteva più nulla, bisognava solo sopravvivere…sopravvivere a qualsiasi costo.

Scena XIX

Stanza delle donne -

(le donne più N, senza S.)

M

…inizia a fare freddo.

N

Vi accendo la stufa. Ragazze, si parla di scambio di prigionieri.

Q

Chi te l'ha detto?

N

L'ho sentito da mio marito, vi giuro è vero.

J

Vecchia mia non ci illudere.

H

Ma forse è vero. Perché no?

M

(afferra H. per il braccio, come per bloccarla, per intimarle di non crederci troppo)

Meglio non pensarci

J

Dove ci manderanno?

H

In un altro campo.

J

Ma poi dove?

H

Chissà se potrò rincontrare mio marito, fino a ieri pensavo fosse morto. Ora sento che è vivo.

(entra S.)

Q

Chiedi al tuo capitano se è vero che ci sarà uno scambio di prigionieri.

S

Si, partiremo domani, saremo scambiate. Tutte.

(le donne sono colte da euforia)

M

Presto, bisogna far presto, speriamo che le cose non si complichino.

(Le donne preparano le poche cose che hanno. S. tira fuori il suo zaino, guarda gli oggetti che le sono rimasti; N. le dà un maglione di lana grezza.)

N

Tieni, ormai fa molto freddo.

(N. allontana S. dal gruppo per dirle qualcosa)

S

Cosa è successo?

N

Si tratta della tua amica infermiera…

(N. le fa segno di stare zitta e le indica un letto, S. si accorge di E., è morta. Soffoca un urlo con la mano. Le accarezza il viso, i capelli.)

Si è avvelenata.

S

Perché? Tu no. Ho sempre creduto nella tua forza…

(rivolgendosi ad N.) Veniva, veniva nella stanza delle donne…ci curava.

Ci teneva informate, aveva saputo delle forze internazionali, dell'assedio di Sarajevo, della fame, delle file per il pane e l'acqua, degli alberi bruciati per scaldarsi…ci legava al mondo esterno…Perché…non dovevi farlo…avevi resistito tutto questo tempo…sapevi dello scambio…l'avevo incontrata…era allegra perché andavamo via…(è disperata non si dà pace. N. le dà una lettera, S. la legge a voce alta, alla lettera sono acclusi una banconota e il quaderno di disegni della figlia)

…il quaderno della bambina

" Perdonami. Sono io che ti ho preso l'oro, a te, e alle altre. L'ho fatto per la piccola. Così pagavo i soldati perché la lasciassero in pace. Spero tu mi comprenda. Ma poi ho capito che tutti i miei sforzi per proteggerla erano stati inutili. Non ce la faccio più. Addio, la tua amica .

(S. guarda la banconota e il quaderno).

S

Perché non me l'ha detto? Glielo avrei dato. Quando le raccontai del furto aveva abbassato lo sguardo; allora avevo pensato all' indifferenza…come sono stata cieca…o forse chissà non glielo avrei dato. Nemmeno per un attimo mi era venuto in mente che un pericolo potesse minacciare la sua piccola….Cieca! Cieca sono stata! Ma è una bambina…una bambina!

N

Andiamo…tra poco devi andare.

S

Chi si occuperà della bambina? E' con le altre donne?

N

(scuote la testa, si fa il segno della croce più volte)

La piccola è morta. L'hanno violentata stanotte…

S

(fa cenno ad N. di stare zitta, non vuole sapere più niente)

Era una bambina…una bambina…

Scena XX

Stoccolma- nella sua casa

S

"Scambio"…che voleva dire?…significava la fine della guerra...o no? Che cosa ci aspettava ?… Nessuno parlava di pace.

…eravamo terrorizzate…salimmo sull'autobus… i guardiani gridavano, … eravamo diventate sorde.

E se ci lasciavano lì?…potevamo essere trattenute da qualcosa o da qualcuno, potevamo non riuscire a salire sull'autobus. Eravamo nel panico, ci spingevamo, qualcuna di noi cadde a terra. L'autista gridò e chiuse le porte. Una rimase agganciata allo sportello...non aveva mai fine…quella lotta non aveva mai fine….volevo piangere. Scorsi una di noi… mi salutò felice, il suo viso sorridente mi fece stare meglio… C'era anche il sole.

Nessuna di noi parlò… era la libertà, e sulla libertà che cosa si può dire?

Un ponte sulla Sava…ci lasciarono lì…più tardi ci sistemarono in una casa…in un villaggio abbandonato…avevamo il terrore che ci riportassero indietro…

Fu quella notte che una giovane donna partorì… mi chiamarono…l'aiutai… La madre della ragazza prese il bambino, si tolse quel fazzoletto nero e… lo portò via. Lo seppellirono in una piccola buca…. Non aveva fatto in tempo a respirare che già era morto…

Anche le donne erano diventate capaci di uccidere e questa era la vittoria della logica della guerra.

…La casa dove ci eravamo riparate era devastata, non c'era più niente…erano passati gli sciacalli…avevano portato via tutto…ancora si sentiva la loro presenza minacciosa…. mani umane…e quel bambino… ucciso da sua nonna…

… una ragione…una ragione…la guerra…era vero che la guerra toglie ogni possibilità di scelta?

…e poi…ancora un altro campo…Zagabria…profughi…aspettavamo tutti qualcosa, quella era la nostra vita…scacciati da qualche luogo e ancora da nessuna parte…non avevamo dove andare…al limite dei luoghi…in continua attesa di qualcosa…nel passaggio da un posto all'altro…quale era la mia casa…esistevamo solo di passaggio…la mia vita…era tutto quello che mi era rimasto.

Scena XXI

Zagabria - campo rifugiati

(le donne sono smarrite)

H

Campo di accoglienza…campo di transito…campo di lavoro…li abbiamo provati tutti…ma quanti ce ne saranno ancora? E ora dobbiamo dire dove vogliamo andare.

M

Da parenti oppure all'estero.

J

In un altro paese?

(si guardano confuse)

S

Io andrò in Svezia…è lontana abbastanza da tutto quello che mi circonda.

M

(porgendo una foto ad S.) E' mia nipote…non ho l'indirizzo…non so neanche in che città vive…so che è in Svezia…tieni…qui aveva dieci anni…ora ne ha venti. Trovala ti prego. (S. è indecisa, poi prende la foto).

Q

Ho una parente a Zagabria, non so se si ricorda di me…vogliono che riallacciamo col nostro passato…così, all'improvviso…come se non fosse successo niente…no, non mi ricordo il suo nome…né il viso non so come potrei fare a trovarla.

J

Dicono che ci penseranno loro.

(Abbraccia S.) Per ora stiamo insieme…noi ora siamo una specie di famiglia.

S

( Rivolgendosi alle ragazze) Ho girato per Zagabria… ci si prepara alle festività…qui è come se non fosse successo niente…ho paura di camminare tra la gente, mi sembra sempre di essere chiamata da qualcuno, di sentirmi urlare dietro: "Ferma"!

J

Oggi ho cambiato dei marchi…sono entrata in una pasticceria ed ho comprato delle baklave…ma non sono quelle vere. (ne porge una a S)

S

(meravigliata) Le baklave…avevo cinque anni…era domenica pomeriggio, passeggiavo per la città coi miei genitori…bevevo una limonata… mi comprarono una baklava…brillava dorata al sole…intorno c'era profumo di tiglio…"Bada a come mangi quella baklava e non sporcarti il vestito", mi disse la mamma, mia sorella allungò la mano dal passeggino per prenderla…(si porta una mano al petto per il dolore e piange) ….è un sogno…un brutto sogno…(rivolta a J.) …devi dimenticare tutto…tutto…ora sei libera…

J

Perché mi dici questo?

S

Presto non potremo parlare con nessuno della vita nel campo, anche le violenze, gli stupri non si potranno più nominare…come se non fossero avvenuti. Le donne ascolteranno con le bocche cucite, si dirà campi di concentramento, torture, fucilazioni…ma il dubbio rimarrà. Guarda anche qui… la gente si chiede "a questa cosa sarà capitato". Anche le donne tra loro lo fanno, si guardano con la stessa domanda negli occhi…ma non parlano…tacciono…una congiura…

(S. ha un improvviso malore, J. l'aiuta ad appoggiarsi)

J

Che hai?

S

Sono incinta.

J

(soffoca un grido con la mano)

Ma… ma questo non è un bambino…è…è una malattia…

S

Si, sarebbe meglio che nascesse morto. Che futuro può avere una creatura concepita così…in quell'orrore…per odio…meglio che non veda nemmeno la luce del giorno.

"Non è possibile…non è possibile!"urlai…quando seppi di essere incinta…urlavo che non era possibile…mi sentii male…non era cambiato niente con la mia uscita dal campo… il corpo, il mio corpo ancora non mi apparteneva…era di altri…era dei soldati…era della guerra…

Non c'era via d'uscita…mi sentivo come se mi avessero riportato nella stanza delle donne. Questa era la guerra…era entrata in me e loro stavano vincendo!

Quando tornò la dottoressa che mi aveva visitato, mi disse che non serviva a niente disperarmi, che ormai era troppo tardi per abortire, e che il bambino poteva essere dato in adozione. L'abbracciai, sentii sul suo corpo un profumo di fiori…come la mamma…per un attimo mi permisi di pensare a lei…alle sue spalle…ai suoi capelli scuri…all'odore delle sue mani quando mi accarezzava il viso….mia madre…(se ne va con il ricordo)…" Stava sola di là, come Dio sta sulla terra e sul mare. Prendeva il giorno nelle sue mani rosse. Ribattezzava oggetto per oggetto, assegnava alle cose il loro posto.Come farà, che adesso, sola fatica delle sue mani è stare incrociate sul petto".

J

Sai niente dei tuoi?

S

Ho incontrato una loro vicina di casa…a Sarajevo…hanno trovato i corpi...lungo il fiume. Certi nostri conoscenti li hanno seppelliti al cimitero… …mia sorella forse…può essere ancora viva…chissà…sono venuti a prenderli di mattina presto, forse quella notte lei era rimasta a casa dal suo ragazzo, o forse proprio la mamma e il papà le hanno detto di non rientrare perché portavano via le ragazze musulmane…

Stoccolma nella sua casa

…seppellirli, dovevo seppellirli dentro di me; congedarmi da loro prima di venire qui… non potevo portarmi dietro cadaveri insepolti…mi assaliva l' insicurezza, l'ansia…chiudevo gli occhi li vedevo stesi lungo il fiume… tenevo gli occhi aperti. Guardavo la parete sino a non sentire più nulla.

Nello zaino le cose erano sempre meno…l'abito rosso…l'album di fotografie…i trucchi…il dizionario svedese che mi ero comprata….

Sull'aereo per Stoccolma accanto a me c'era un uomo d'affari in abito grigio, accanto la moglie, sottile ordinata. Non volevo distinguermi da quelle persone… immerse in un mondo indifferente, in cui tutto funziona perfettamente. C'era la guerra?…ma quale guerra?

Scena XXII

Stoccolma casa della sua amica d'infanzia G.

S

Grazie di avermi portato a casa tua…un altro campo…

G

…non ci pensare più, tu non andrai in nessun altro campo…rimarrai qui. Sai, quando accolgo i gruppi di profughi ho sempre paura di vedere qualcuno che conosco…è tutto più difficile…si è cresciuti insieme…

(all'improvviso) Mia madre è serba. Finora non ne ero stato affatto consapevole. (abbassa lo sguardo)

S

Anche mia madre … era serba.

(silenzio da parte di tutte e due)

G

Domani andremo al ristorante e all'opera…vieni…ho tanta roba che non porto più …Provali.(G. le porge dei vestiti. S. si gira di lato e mette le mani sulla pancia; S. non sa se G. abbia capito che è incinta .Si spoglia lentamente, G. non si è accorta di niente)

Come sei magra, devi mangiare di più

S

Sono incinta.

(G. rimane immobile, non sa cosa dire ,capisce da dove viene quel bambino.).

Mi è un po' largo di vita, questo mi sarà proprio utile….Ho deciso di far adottare il bambino.

G

….ti aiuterò…lo capisco…l'ho già fatto con una donna che era stata internata in un albergo dalle parti di Sarajevo…le ho fatto da interprete con l'assistente sociale e la psicologa…ora è nel campo di Flau in attesa del parto…non preoccuparti qui non ti faranno storie.

(con vaga disapprovazione)

Se è così che hai deciso.

S

(delusa)

Tu non puoi capire.

G

Volevo solo dire che secondo me questo bambino non ha colpa di niente.

S

Parli come se il bambino esistesse già e stesse piangendo nell'altra stanza. Come è possibile che tu non mi veda. Perché parli della sua innocenza? E la mia? La mia innocenza? Sono forse colpevole io? Quale è la mia colpa?

G

Ma questo bambino…

S

(aggressiva)

Che ne sai tu…non puoi capire… non potrai mai capire…come fai a sapere quello che è meglio fare …lo so che il bambino non ha colpa, nessun bambino ha colpa….ma lui per me è un peso, capisci?…un peso che porto nella pancia … sono stata violentata (scandendo le ultime parole).

Scena XXIII

Stoccolma nella sua casa

S

Non vale la pena parlare…qui tutti sono tanto ragionevoli…mi aiutano…ma non possono capirmi…come posso spiegare che non c'è niente che mi regga assieme. Che non ho più un centro. Non sono sicura quando parlo di me…mi invade un senso di vergogna e di colpa che continua a corrodermi da dentro.

Mi hanno assegnato un appartamento alla periferia di Stoccolma, in un edificio nuovo. Tutto odora di vernice fresca e coppale. C'è una grande stanza con le finestre che danno sul bosco…è vuota e piena di luce. Questi odori mi danno la speranza che tutto andrà bene.

…ho visto in un negozio una comune sedia contadina…ci sono passata davanti più volte…non ho osato entrare e comprarla…mi ricorda quella che mia nonna a primavera portava fuori…davanti alla casa di campagna…puliva i fagioli o lavorava a maglia…forse dovrei arredare in modo che ogni oggetto mi ricordi una persona…no…comprerò tutti oggetti nuovi…tutto di abete chiaro…svedese….che c'entrava il bambino in questa casa tutta svedese….

In ospedale l'infermiera ha sbagliato ed il bambino è stato messo vicino a me… in una culla…non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Che ne sarà di lui? Mi ricorda qualcuno…il mento…il viso…prendo l'album delle fotografie…ne sfilo via una…mia sorella!…persino le mani sono simili…ci stavamo preparando per la passeggiata (ha in mano la foto)…la mamma me l' aveva messa in braccio. La carrozzina era già pronta…io avevo le scarpe nuove di vernice, lei un vestitino di maglia…sorride…non l'ho mai dimenticato quel sorriso. Non riuscirò mai ad accettare la loro morte…la loro scomparsa è…è un vuoto orlato di ghiaccio…quando emergono io…io li vedo…li vedo camminare, parlare, proprio qui, accanto a me. Sento che sono caldi, che respirano, anche se non posso più toccarli. Da qualche parte continuano ad esistere…vivi e morti nello stesso tempo…come me…viva e morta.

…Portatelo via…non può stare qui…si tratta di uno sbaglio…portatelo via…adesso…adesso si chiarirà tutto…tutto…

Lui è ancora lì, vicino a me…è scoperto, lo ricopro (ripercorre il gesto) e proprio questo gesto mi toglie il sonno… ho fatto qualcosa contro me stessa…"non lo toccare!" e invece l'ho toccato ed è questo…questo che non avrei dovuto fare…avevo paura di sentirlo accanto…non lo volevo…poi però ho allungato una mano e gli ho sfiorato la pelle…il suo piccolo palmo si è stretto forte attorno al mio dito…

…Un figlio della menzogna…figli della guerra destinati alla menzogna…sarà qualcun altro a dargli un nome, un cognome, una lingua, una patria…e se qualcuno di noi decide di tenersi il figlio, dovrà mentirgli…dovrà inventargli un padre…un passato, una famiglia…è più forte, più forte…un diritto ad un padre o alla verità?

…Ho posato una mano su di lui…"si muove" ….C' è una differenza tra le due menzogne…potrei dimostragli che l'odio si può trasformare in amore…e che tutto,…tutto dipende soltanto da noi…

Gli ho toccato il viso…i capelli…non smetteva…continuava a piangere…si agitava…'può svegliare le altre…avrà fame' - mi sono detta -…l'ho preso in braccio…mi sono sbottonata la camicia…si è attaccato al seno…ho sentito il suo corpo rilassarsi…

L'ho stretto forte a me …(.piange).

***