LA STANZA DI SONIA
- Incantati dalla luna d'agosto -
Un monologo
di
Matteo Tibiletti
Premi e riconoscimenti
·Vincitore del concorso nazionale di drammaturgia "Culture possibili" 2014
(Catania)
·Vincitore del concorso nazionale di drammaturgia "La riviera dei monologhi" 2015
(Bordighera)
·Finalista al concorso nazionale di drammaturgia "Teatro e disabilità" 2014
(Roma)
·Finalista al concorso premio letterario internazionale "Lago Gerundo" - Sez. Teatro - 2015
(Paullo)
Titolo |La stanza di Sonia - Incantati dalla luna d'agosto -
Autore | Matteo Tibiletti
Numero Siae| 213623
Email address | tibilettimatteo@gmail.com
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Sinossi
Libri, musica e ricordi: di questi frammenti si compone la stanza di Sonia che è rimasta stregata dall'incanto della luna in agosto. Lento è il fluire di pensieri che sgorgano, con fiera amarezza, e raccontano una vita fatta di rinunce e di dolore talvolta atroce. Il suo sorriso è ambiguo, eppure c'è; ha resistito a lungo, anche di fronte al ricordo di chi non è più con lei a condividere la feroce dolcezza della vita.
Qualora foste interessati alla messa in scena del testo, ciò che richiedo in qualità di autore è questo:
- Contattatemi tramite mail (tibilettimatteo@gmail.com) o per via telefonica (3462219045) avvisandomi delle vostre intenzioni.
- Inserite in locandina il mio nome e cognome in corrispondenza del titolo dell'opera.
- Dichiarate lo spettacolo all'ufficio Siae della vostra zona, per ogni replica prevista (il testo è depositato in comproprietà con Sonitus Edizioni).
Rimanendo a disposizione per eventuali ed ulteriori chiarimenti vi auguro, buon lavoro!
Matteo Tibiletti
LA STANZA DI SONIA
- Incantati dalla luna d'agosto -
Le luci si alzano lentamente su un volto di donna. Sonia, di circa trent'anni. Si intuisce sia seduta, ma non vediamo nulla del corpo di lei. La luce sul volto ne disegna un ovale perfetto..
Sonia:
Trac!
(silenzio)
Il ramo si è spezzato, la principessa è caduta, molle come un fico, dal suo bell'albero.
(silenzio)
"Sonia!, Sonia!" urlava mio nonno, dalla pelle di cartapesta, correndo come un matto dal bordo del recinto sul quale si era appollaiato pochi istanti prima.
(silenzio)
Edoardo, il ragazzo che mi accompagnava a fare il giretto del sabato a cavallo del mio pony preferito, si era distratto e aveva lasciato andare le briglie. Dinamite quel giorno non era granchè in forma, ricordo. Era nervoso. Strano. Di solito mi lasciava salire. Lasciava che mi mettessero in sella, senza nemmeno sbuffare. Mi portava a passeggio. Mi faceva volare, come piaceva dire a me, quando ne parlavo con la mamma, di ritorno dal maneggio. Era buono, Dinamite. Un aspetto dolce e tenero come pochi altri.
(silenzio)
Dinamite. Già. Lo chiamavano così perché non faceva altro che scorreggiare mentre trottava nel recinto, portando a spasso le bambine come me. Mi faceva ridere, Dinamite.
(silenzio)
Avrò avuto sette anni. Forse otto. Trac! Il ramo si è spezzato e la principessa non si è accorta d'esser caduta a terra, come fanno le foglie, quando è passata l'estate.
(silenzio e sospiro)
L'estate. L'estate in campagna. Nel cortile. A casa dai nonni. Mio nonno da quella volta con Dinamite non si è dato più pace, ma io so che non è stata colpa sua. Edoardo, il ragazzo che mollò le briglie, non so che fine abbia fatto. Forse lavora ancora lì. Chi lo sa che fine fa la gente, quando sparisce dal tuo campo visivo e dalla tua vita. Continua a vivere, o rimane immobile fino al tuo ritorno? Che strano pensare a certe cose!
(silenzio)
Povero nonno! Trovo che avrebbe dovuto sentirsi molto più in colpa per come si comportava con me, quando la nonna non c'era. Non che fosse un uomo disonesto, questo no. A me piaceva come giocava con me e le mie bambole. Ma è sempre stato un uomo molto schivo e silenzioso. Solo con me, pareva diventare un altro.
(Silenzio)
"Non dirlo alla nonna", diceva. Poi prendeva la mia Barbie e si inventava ogni volta una storia nuova. Mi guardava sempre con tanta dolcezza, quasi invidiasse quel mio modo di essere bambina. A volte penso che mio nonno sia nato nel corpo sbagliato. Credo abbia sempre desiderato il mio ... cioè, intendo dire, essere al mio posto. Ma come si fa a desiderare di essere al mio posto?
(silenzio e un sorriso)
L'estate in cui caddi sulla terra dura come un fico molle non andai dai nonni, non ci andai più. Mio padre disse che non mi avrebbe fatto bene rivedere Dinamite. Io piansi, piansi fino a svenire, ma nessuno mi diede retta, fino all'estate successiva, quando i nonni vennero a trovarmi, per vedere come stavo, se fossi migliorata. Mi dissero che Dinamite era morto, che si era ammalato e che non era stato forte come me.
(silenzio)
Quella volta però non piansi. Penso fosse la prima volta che mi si parlava di qualcuno che non c'era più. Semplicemente, senza dire nulla, mi ritirai nella mia stanza e mi misi a guardare fuori dalla finestra. Sorrisi. Ero sicura che in un modo o nell'altro Dinamite sarebbe tornato da me, o io sarei andata a trovare lui ... Ero giovane, molto giovane. Rimasi a guardare fuori dalla finestra per più di vent'anni. Ma di Dinamite non seppi nulla.
(silenzio)
Pazienza, forse non ha trovato ancora il tempo di venirmi a trovare. Forse è ancora chiuso nel recinto del maneggio dove la principessa lo ha salutato per l'ultima volta, tanti anni prima.
(Silenzio)
La nonna non ha mai perdonato il nonno per avermi... insomma per non essere stato attento a me quel giorno, o forse non ha mai perdonato il fatto che lui preferisse giocare con me, piuttosto che con lei. Lei non ha mai giocato con le mie bambole. Nè mai lo ha chiesto.
(Silenzio)
Il nonno ora non c'è più. La nonna non lo va mai a trovare. "Meglio perderlo che trovarlo uno così!", diceva, prima che morisse. Quando poi è morto ha pianto tanto, ma così tanto che temevo allagasse la casa con le sue lacrime. Diceva di non aver mai odiato e amato tanto una persona. Non lo diceva a me, ma la sentivo parlare al telefono con i parenti che chiamavano per farle le condoglianze. "E' sempre stato diverso", diceva ... "ma mai avrei pensato che avrebbe potuto arrivare a tanto". A cosa alludesse la nonna quando diceva certe cose, non l'ho mai capito. Rimane il fatto che anche quando morì il nonno, non piansi. Mi accorsi di essere strana ... diversa dagli altri. Non pensavo avrei mai potuto arrivare a tanto.
(silenzio)
Trac! Il ramo si spezza e la principessa risale a fatica sul suo trono.
(silenzio)
Non credo d'essere mai stata il tipo di persona adatta a questo genere di cose. Voglio dire: non è facile per me riuscire simpatica alle persone. Sto sempre da sola, mi piace star da sola. Forse agli altri questo fatto pesa! Non so, a dire il vero non ci ho mai pensato seriamente. Mia madre si preoccupa per me. E' un continuo rompimento di scatole. Dice che dovrei uscire, trovarmi un bravo ragazzo, uscire e divertirmi come tutte le mie amiche. Ma io sto bene qui. Sto bene in camera mia, con la mia musica, i miei libri. I miei ricordi. I miei ricordi sono importanti, forse più della mia musica e dei miei libri. I miei ricordi si muovono nella mia testa e si spostano. Dondolano a ritmo della mia musica. Seguono un percorso preciso. Non ho ancora capito quale sia, ma di una cosa sono certa. Non è un percorso casuale. I miei ricordi si muovono da destra a sinistra, lentamente, mi sfiorano le orecchie e gli occhi, quasi con una carezza, poi ... poi mi sussurrano all'orecchio che verranno tempi migliori. Ma io non ci credo più. Tante volte mi hanno mentito.
(silenzio)
Ora non ci credo più. La vita sa essere davvero cattiva con chi ha fiducia in lei.
(silenzio)
Mia madre dice sempre ... Ma io non la voglio ascoltare mia madre. Dice solo quello che papà le ha detto di dirmi. Mia madre non sa neanche di essere al mondo. Se non ci fosse qualcuno a suonare alla porta, passerebbe tutto il pomeriggio a guardare la tv. Dice di aspettare il postino. Chissà che diavolo si aspetta che le porti, il postino!
(silenzio)
Già. Lei aspetta.
(silenzio)
Anche io in fin dei conti aspetto, anche se non so esattamente cosa. Ma aspetto. Questo lo so per certo. Aspetto, chiusa nella mia stanza, con i miei ricordi, la mia musica e miei libri, che però ho già letto. Non ho voglia di comprarne altri. I libri ti deludono se non sono all'altezza di quelli che hai già letto. E' un rischio. E' un rischio leggere qualcosa che può intasare la tua libreria e la tua mente con parole inutili. Io non voglio libri che intasano, voglio libri che siano capaci di riempire. La differenza non è poi così sottile.
(silenzio)
Oggi è morta la mamma. O forse ieri, non lo so.
(silenzio)
Uno dei libri più importanti della mia vita cominciava così. A volte mi chiedo che cosa passasse per la testa di Camus quando ha scritto quel passaggio. Uno dei più importanti della letteratura del Novecento. Chissà se lo sapeva, se se lo immaginava che avrebbe suscitato tanto scalpore scrivendo quelle parole. Forse sì. Peccato non poterglielo chiedere. Anche a me se morisse mia madre, verrebbe da chiedermi se sia stato oggi o se non sia già successo ieri. Chi se ne frega di quando muoiono gli altri? L'importante è il momento in cui viviamo noi, no? Se noi non si vive, non si può neanche gustare il momento in cui sono vivi gli altri, giusto? E allora che senso ha stare ad ascoltare il battito di un cuore che non batte più? Il ricordarsi di quando ha smesso di battere e del perché? La cosa importante è che io sto qui, ascolto il mio e sento che c'è. Mi guardo attorno e chi mi sta attorno (cioè, perlopiù nessuno) è vivo.
(silenzio)
Ho letto da qualche parte che vivere è nutrirsi delle esperienze di altre persone. Spolpare gli altri delle proprie esperienze e farle nostre. Qualcuno mi ha detto anche che è un pensiero molto triste e... poco cristiano.
(silenzio)
Ma Cristo è morto sulla croce per far sì che noi imparassimo da lui, non è forse così? Non si è forse immolato affinchè noi prendessimo la sua vita e la facessimo nostra?
(silenzio)
Boh... forse di religione non ci ho mai capito molto... quello che vedo è che c'è sempre tanta confusione. Le persone si sentono in colpa, senza sapere perché. C'è sempre qualcuno che ci dice di chiedere perdono per i nostri peccati, anche quando dentro di noi sappiamo di non aver fatto nulla.
(silenzio)
"il peccato originale", dicono. Ma quale peccato originale?! Io non ho fatto niente e se l'ho fatto Dio o chi per lui sapeva già che lo avrei fatto... e allora? Sta a vedere che Dio è così sadico da lasciarmi commettere un peccato, solo per il gusto di punirmi l'attimo successivo.
(silenzio)
Io amo Adam.
(silenzio)
Sembra uno scherzo che l'uomo che ho scelto di amare si chiami come lo scemo che ha originato tutto il casino da cui derivano le nostre colpe, no?
(silenzio e un sorriso)
A dire il vero ho sempre trovato tutto molto eccitante.
(silenzio)
Lui è bello. Sul serio. Non bello come si usa dire di un fotomodello, no! Lui è un uomo. Un uomo vero! Ha un viso molto irregolare, gli zigomi sono alti e imponenti, il naso pronunciato e gli occhi sono scavati. E' sempre tanto stanco, ma porta in seno un'incredibile dolcezza. I suoi occhi sono neri come la pece e quando mi guarda senza dire nulla, sento il cuore che mi parte a razzo, va sulla luna, ritorna e poi riparte di nuovo senza lasciarmi detto quando tornerà!
(silenzio)
Quando lo guardo alla luce dei lampioni, il mio Adam mi sembra un fantasma.
(silenzio)
Un fantasma in completo grigio fumo
(ride)
Già. Una volta gli ho detto che il grigio non gli dona, allora lui mi ha promesso che per me si sarebbe vestito di nero.
(silenzio)
Ho risposto che forse allora sarebbe stato meglio grigio. Non lo avrebbero scambiato per un becchino, se non altro.
(silenzio)
Amo Adam. Amo il suo modo strano di respirare. E' allergico alla polvere, per questo motivo respira piano e spesso con affanno. Quando si addormenta, nelle rare volte in cui si ferma in camera mia per guardare un po' di Tv mentre la mamma è sul divano in salotto, il suo fiato si trasforma in un fischio. Un suono flebile e stridente che proviene dai suoi polmoni. Un sibilo lento e atono che gli si spegne sulle labbra.
(silenzio)
Adam non va d'accordo con mamma è papà. La mamma, che ha sempre detto di volermi trovare un bravo ragazzo, quando ha visto che la stavo accontentando, mi ha urlato: "Ma proprio con un negro di merda, ti dovevi mettere?".
(silenzio)
Le ho fatto notare che non avrebbe dovuto parlare così del mio ragazzo!
(silenzio)
E' stato proprio mentre le ho risposto così che ho sentito un brivido corrermi lungo la schiena. Sì, ero cresciuta. Avevo risposto a mia madre. Le avevo risposto a tono e ne ero soddisfatta.
(silenzio)
"Non permetterti mai più di intrometterti tra noi due!" ho aggiunto seccamente.
(silenzio)
Lei non ha più risposto. Il papà ha continuato a guardare la tv, seduto sul divano, con la sigaretta appoggiata tra le labbra. La mamma si è chiusa in camera a piangere. La sentivo singhiozzare e imprecare. Mi è venuto da sorridere: per un attimo, ho temuto di essere in errore, lasciandomi andare a quel sorriso... poi ho pensato a Cristo sulla croce... se avesse sempre ascoltato sua madre, non si sarebbe ritrovato a parlare di teologia con un ignorante come Ponzio Pilato! Avrebbe finito col fare davvero il falegname! E non avrebbe salvato il mondo dal peccato. O da quello che è, non l'ho capito ancora. Ho sorriso, allora. Ho rilassato tutti i muscoli del mio viso e ho sorriso con quanta bocca avevo in faccia! "Amo Adam!" ho continuato a canticchiare, appoggiata alla porta della camera da letto di mia madre che nel frattempo non la finiva di piangere ed aveva attaccato con il rosario! "Va a letto" mi ha detto il papà. "Lascia stare la mamma, è stanca". Quando papà parlava, io lo ascoltavo sempre. Il fatto è che non parlava quasi mai! E quando lo faceva era solo per dirmi cosa avrei dovuto fare. Sapevo che non gli piaceva Adam, perché quando lo avevo portato a casa la prima volta, lui non gli aveva nemmeno stretto la mano. Lo aveva guardato negli occhi e poi era uscito, proprio dalla porta dalla quale Adam stava entrando.
(silenzio)
"Mamma, dovresti ringraziarla, la Madonna, perché ho trovato un uomo che mi ama davvero, anzichè chiederle perdono per non essere stata una buona madre!"
(silenzio)
Sei stata un'ottima madre, mamma! L'ho sempre pensato!
(silenzio)
I miei ricordi tornano sempre a galla...come la mia musica e i miei libri! Ricordo quel giorno, al mare, quando guardando il sole mi dicesti che solo le creature belle dentro hanno il privilegio di essere baciate dal sole! Ma che quelle splendide anche fuori avrebbero avuto l'onore d'essere amate dalla luna.
(silenzio)
Rimasi in silenzio quella notte, affacciata al balcone. La luna fece capolino alle undici e un quarto, lo ricordo bene perché volli incollare quell'istante alla bacheca dei miei "momenti magici". Guardai l'orologio, poi le pareti della mia stanza, il poster di Snoopy che sonnecchiava sul tetto della sua cuccia mentre Woodstock ne vegliava il sonno e poi, con gli occhi arrivai lassù. La luna era enorme, come non l'avevo mai vista prima. Mi amò davvero la luna quella notte. Mi amò dopo che anche il sole mi aveva ammirato e baciato per tutto il pomeriggio. Mi sentii privilegiata. Posseduta da un sentimento che ancora fatico a distinguere. Non è cambiato nulla da allora. Ancora adesso sento la luna che mi guarda mentre mi guardo allo specchio. Quella luna d'agosto che non ha mai stentato ad eclissarsi.
(silenzio)
Papà dormiva quella sera. Avevate litigato. Io non avevo ascoltato. Volutamente. Mi ero messa le cuffie nelle orecchie. Alla radio passavano le canzoni dei "Wham!". Proprio mentre mi accorgevo di quella luna spettacolare, le mie labbra sussurravano "Careless whisper" e sorridevano appena, in una malinconia destinata ad addormentarsi di lì a poco, assieme a me.
(silenzio)
Quando fu mattino, mi accorsi che papà non c'era più: aveva fatto le valigie e, come diceva lui spesso, aveva tolto il disturbo. La mamma era seduta a tavola. Dalla porta a finestra filtrava una gran luce e nel guardare mia madre seduta, con lo sguardo perso nel vuoto, intenta a sorseggiare un po' di caffè da una tazzina, pensai a quanto fosse bella. A quanto l'avessi sempre invidiata. Indossava una vestaglia di cotone pesante. Rosa. Era sempre vestita di rosa. I piedi erano nudi, come sempre. Le unghie, perfettamente rosse e laccate, riflettevano la luce del primo mattino e mi infondevano una sensazione di strana normalità.
(silenzio)
Alzai però lo sguardo e notai che gli occhi di quella donna bellissima erano segnati di lacrime. Il mondo le era crollato addosso ed io, troppo intenta ad osservare la magia di un essere umano, non mi ero accorta di quanto, in quel momento, una donna fin troppo simile a me, avesse bisogno di qualcosa che aveva irrimediabilmente perso.
(silenzio)
Le lacrime avevano sciolto il trucco, il nero degli occhi ora colmava le occhiaie e le labbra erano tagliate dai tanti morsi che quei denti bianchissimi avevano prodotto in seno alla disperazione.
(silenzio)
Mi avvicinai, per quanto possibile, ma lei scostò la testa e lo sguardo, mi fece un cenno, come a dirmi che non mi avrebbe voluto lì. Io rimasi immobile. Continuai ad osservarla, ma non come si guarda una madre disperata, no! Mi incuriosiva il suo inarcare la schiena e le scapole. Si era fatta tutta in avanti. I suoi splendidi capelli ricci avevano cominciato a lambirle le guance.
(silenzio)
Dio, che bella, mia madre! Pensai. Anche nella disperazione di quel momento, qualsiasi uomo avrebbe potuto desiderarla e possederla. Averla per sè.
(silenzio)
Io lo avrei permesso. Sì, lo avrei permesso. Non che non amassi mio padre, ma, pensai: se è stato in grado di farla soffrire in questo modo, si merita d'essere tradito. Immaginai mia madre tra le braccia di un altro uomo. Un uomo di cui non riuscì a distinguere, nemmeno nella mia testa, la fisionomia ed i lineamenti.
(silenzio)
Mi imbarazzai nel sentire una certa eccitazione a quel pensiero.
(silenzio)
Tornai a pensare ad Adam. "Il negro" come lo definiva mia madre. Adam non era "negro"! Adam era nato in Brasile. Suo padre era un marinaio italiano, sua madre una prostituta. Brasiliana, ovviamente.
(silenzio)
Me ne aveva parlato senza vergogna. E la cosa mi aveva stupito. Pensai: non dev'essere bello avere una madre prostituta. Lui ogni volta mi ricordava che non importava cosa avesse fatto sua madre fino a quel momento, l'importante era che lo aveva fatto per lui.
(silenzio)
Ci ho messo un po' per capirlo, ma alla fine ci sono arrivata. Adam era molto amato. Sua madre era una prostituta, ma gli aveva voluto bene. Da subito. Era molto credente. Faceva la prostituta perché non aveva potuto studiare e perché ... era una donna molto dolce, come amava sottolineare lui. Adam mi ripeteva sempre di quante volte lei lo avesse portato a venerare la Madonna. Di quanto lei le fosse devota e di quanto la ringraziasse per quel che la vita le aveva donato.
(silenzio. Ride)
Una prostituta. Brasiliana. Abbandonata.
(silenzio)
Proprio vero che quando non hai niente da perdere, c'è solo da ringraziare il cielo che non ti sia andata peggio di come già ti è andata fino a quel momento!
(silenzio)
Adam ha cominciato a non stare bene l'estate scorsa. Ricordo di aver tanto insistito per portarlo al mare, nello stesso punto in cui la mamma mi aveva detto quel che mi aveva detto sulla luna e sul sole. Gli feci guardare in faccia il sole e lo feci amare dalla luna piena, mentre il mare ondeggiava lentamente all'orizzonte.
(silenzio)
Mi disse soltanto che si sentiva un po' stanco e che sarebbe andato a dormire. Appena in piedi però, le gambe gli cedettero. Si ritrovò in ginocchio. Mi guardò incredulo. Io lo guardai e non dissi nulla, aspettavo che mi dicesse cosa fare, lui mi diceva sempre cosa fare! Ma non disse nulla. Io neppure.
(silenzio)
Si rialzò. Con molta fatica.
(silenzio)
Lo guardai andare lentamente verso la nostra camera da letto.
(silenzio)
Lo so che non fu appropriato, ma non feci altro che pensare, mentre osservavo il suo lento avanzare, a quanto sarebbe stato bello fare l'amore in quel momento, come se fosse l'ultimo.
(silenzio)
Lo raggiunsi. Si era sdraiato, ma aveva gli occhi fissi nel vuoto. Era scosso. Conoscevo Adam abbastanza bene da sapere quando una cosa lo aveva spaventato!
(silenzio)
Mi guardò a lungo, in silenzio.
(silenzio)
Poi si mise a sedere sul letto, avvicinò la mia carrozzella, mi prese di peso e mi sdraiò sul letto.
(silenzio)
Le luci si alzano e mostrano finalmente il corpo di Sonia, seduto su di una carrozzella. Oltre alla testa, può muovere solo le braccia. La schiena è come inchiodata allo schienale.
Facemmo l'amore come mai prima di allora! Mi parve di volteggiare nel buio. Le sue mani mi avevano tutta per sè. Le sue braccia, così nervose e forti mi sollevavano appena dal lenzuolo prima di sdraiarmi nuovamente sul cuscino. Scostai lo sguardo, mentre con le labbra mi sfiorava il collo. Vidi la luna, ancora piena, in cielo. Sorrisi a lei, a me e a tutto quello che c'è di bello nella mia vita. Al mio ritorno con lo sguardo, Adam mi attendeva sorridente. "Ti amo, Sonia" sussurrò con il suo tipico accento e la sua voce calda che mi scaldava l'anima.
(silenzio)
Io amo Adam.
(silenzio)
Adam è morto di Aids un lunedì mattina, all'ospedale di São José do Rio Preto, il paese in cui era nato. Se ne era andato dicendo di voler salutare sua madre. Sarebbe tornato, mi aveva detto. Sarebbe tornato per sposarmi.
(silenzio)
Avevo anche comprato il vestito da sposa.
(silenzio)
Non ci siamo mai sposati, però.
(silenzio)
Quel negro!
(silenzio. Commozione.)
La mamma a modo suo aveva ragione, anche se non ha avuto molta più fortuna di me.
(silenzio)
Quando mio padre se n'è andato, dopo aver guardato in faccia la luna d'agosto ed esserne rimasto incantato...lei non ha cercato più di ricominciare da capo. Ha lasciato che il vento le soffiasse in faccia fino all'ultimo giorno, senza più muoversi. Come fosse divenuta una statua di sale. Assente. Triste e malinconica.
(silenzio)
Io non sono come te. Mamma. Io ho sempre voluto vivere. Amavo Adam. L'ho amato davvero e se n'è andato così, in un soffio di vento inatteso. Ma va bene. Sei tu, mamma, che non hai accettato che il papà se ne andasse. E il papà non era certo un negro!
(sorride. Silenzio.)
Quante volte con papà abbiamo riso, ti ricordi, mamma? Quanto tempo è passato dall'ultimo istante che ho di voi due insieme? Chissà? Eppure, i miei ricordi sono tutti chiusi qui!
(silenzio)
Oh, sì! ora ricordo! Al campeggio! Avrò avuto dieci, undici anni al massimo! C'era una gara e io, con un altro bambino, dovevo staccare dei morsi da una mela appesa ad un filo! Avevamo le mani legate! Io non ci riuscivo, caspita! Era difficile! Ogni volta che avvicinavo la bocca alla mela, quella si allontanava, per poi tornare di colpo sulle mie labbra.
(silenzio)
Ricordo che il papà, ad un certo punto, si avvicinò e, dopo aver appoggiato una mano sullo schienale della mia carrozzina, spinse con l'altra la mela sulla mia bocca! Io staccai un morso enorme! Tale che non riuscivo nemmeno a tenerlo in bocca! Il pubblicò applaudì e scoppiò a ridere. Anche il bambino che avevo di fronte rise tanto! La giuria, ricordo che si indignò e cominciò a mettere dei segnetti rossi sulla scheda di valutazione. Ma io ridevo! Ridevo come una matta. Mio padre allora mi prese in braccio e mi strinse, come credo non abbia fatto più! Mi disse che ero la sua bambina. Mi sollevò dalla carrozzina e mi fece volare. Lo faceva spesso quando ero giù di morale per tirarmi un po' su... ma in quel momento ero talmente felice che, quando lo fece, mi accorsi che stavo cominciando a piangere! Già, ero così felice che non riuscivo più a trattenere le lacrime! Sapete quando ci si chiede, perlopiù senza risposta, cosa sia la felicità? Be', per me, credo sia stato quel momento. Al campeggio. Tanti anni fa. Una musica da un altoparlante lontano. Le vacanze che stanno per finire e un bambino sconosciuto che ride, mentre mio padre mi solleva al cielo dicendomi che sono la sua bambina. C'è qualcosa di più bello? No, non credo ... o meglio non lo so. Non mi è più ricapitato.
(silenzio)
Ora che il papà non c'è più, penso spesso a quel giorno al mare. A quella gara di mele da masticare al volo. Non tornerà più nulla di quel momento, neanche il sorriso di quel bambino. Chissà, magari ora ha smesso di sorridere e non si ricorda di nulla.
(silenzio)
E' incredibile pensare a quanto contino per noi certi istanti e a quanto poco, magari, contino per altri. A quanto tutto quello che ci accade sia assolutamente soggettivo e casuale.
(silenzio)
Quando sono nata, ad aspettarmi c'erano solo mia madre e mio padre. Al mio primo compleanno, c'erano forse una decina di persone, tra amici di famiglia e parenti... Ora che di anni ne sono passati più di trenta, le persone che mi fanno gli auguri quando compio gli anni, non riesco più a contarle! ... eppure non credo che tutto vada perduto. Anche se queste sono farneticazioni inutili. Pensieri che girano attorno ad una stanza piena di libri, di musica e di pensieri.
(silenzio)
Capisci, mamma?
(silenzio)
Le luci ampliano il loro raggio d'azione. Accanto alla sedia a rotelle si illumina un letto, sul quale è deposto il corpo di una donna.
Ma cosa dico, so che tu mi hai sempre ascoltata, anche quando non eri d'accordo con me. Vero?
Si avvicina al corpo. Le bacia la fronte.
Mi avevano detto che quando passi la "frontiera" la temperatura del tuo amore si spegne. Sarà per questo che la tua pelle, ora, è più fredda del metallo delle panchine al parco, quando è inverno?
(silenzio)
Non so. Quante volte ho parlato da sola perché avevo paura di parlare di tutte queste cose con te. Chissà perché poi? Chissà perché ora riesco a parlare così liberamente di quel che sento.
(silenzio)
Qui fuori. Qui fuori c'è tanta gente. Non so quanta. Molte persone non so nemmeno chi siano. So soltanto che sono venute subito quando hanno saputo. Ti avrebbe fatto piacere, questo lo so.
(silenzio)
La gente ti ha sempre voluto bene. Anche Adam, sai, mamma? Anche lui te ne voleva. Anche se davanti a me parlavi male di lui.
(silenzio)
Le persone dal cuore buono, si riconoscono tra loro, credo.
(silenzio)
Forse hai pensato che mi avrebbe portato via per sempre.
(silenzio)
Hai visto mamma? Non lo ha fatto. Non ha fatto in tempo neanche lui.
(silenzio)
E alla fine sono rimasta sola e il postino ancora non è passato. Cosa volevi che ti portasse?
(silenzio)
Forse sarebbe stato sufficiente una buona notizia, vero?
(silenzio)
Sola, con tanta gente che non conosco, disposta a darmi conforto. Un conforto di cui non sento il bisogno.
(silenzio)
Come posso spiegare a questa gente che non è obbligatorio soffrire, quando si amano tanto i propri ricordi?
(silenzio)
Eh, mamma? Glielo spieghi tu? Come si fa a dire di essere felici quando qualcuno non c'è più?
(silenzio)
Siamo un mondo di egoisti e quando qualcuno manca, si pensa subito che mancherà a noi ... ma allora Cristo non ci ha insegnato nulla! Non è lui ad aver detto che il nostro destino è nella resurrezione? E' quello che mi dicevi anche tu, no?
(silenzio)
Io credo che tu sia già da qualche parte, chissà, magari a São José do Rio Preto ... e con te forse ci sono anche papà, Adam, il nonno, la nonna e... Dinamite! Già, magari siete tutti laggiù e mi state aspettando!
(silenzio)
Già, ma io non ho fretta! Nessuna fretta! Non c'è bisogno di avere fretta. Si dice sempre che la vita è breve, no? Io la voglio vivere, prima, poi vedere come va a finire! Proprio come per i miei libri, la mia musica ... e miei ricordi ... così come iniziano, prima o poi, finiscono.
(Silenzio)
Sonia prende un libro e legge a voce alta.
"Oggi la mamma è morta. O forse ieri. Non lo so."
Buio.