La stazione

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Gianluca Rovagna

LA STAZIONE

Commedia in dodici scene

(Atto unico da dividere secondo le scelte di regia in due)

Personaggi:

Jurij Ruskchenko – caporalmaggiore: soldato della resistenza ucraina. Basso, tarchiato, aria contadina, male in arnese, divisa raffazzonata.

Jaroslaw Panas – sergente: soldato polacco, magro, stessa età di Jurij, baffetti. Divisa ordinata ma non sempre abbottonata.

Janek Czekaj: soldato ucraino, giovane

Alexandra Dudek: ucraina.

Maggiore Iwaszkiewicz: basso, volgare, grasso. Sgradevole.

Un soldato polacco (che può essere interpretato dall’attore che fa Iwaszkiewicz, con un trucco diverso)

Varie voci fuori campo

Ambientazione:

Il palco avrà sul fondo un’immagine di cielo stellato e di montagne in lontananza. Delle luci dovranno simulare i fuochi di scontri a fuoco lontani o vicini. Uno steccato a metà palco corre lungo quasi tutta la lunghezza del palco. Sulla sinistra una costruzione in legno che funge da garitta, stazione e centro telescrivente e telefono.

Il palco è diviso idealmente in due: il lato sinistro è il lato polacco, da cui arrivano i treni da ovest o da nord e il lato destro, lato ucraino, da cui arrivano i treni dal sud.

Siamo in una immaginaria regione tra l’Ucraina e la Polonia, durante una guerra in cui la Polonia e la Russia, indipendentemente l’una dall’altra, hanno invaso l’Ucraina. L’esercito irregolare di resistenza ucraina, combatte entrambi: i polacchi a ovest e i russi a est.

Ci troviamo in una piccola stazione sulla linea del confine, chiamato il Margine. Ne vediamo uno steccato e una piccola garitta. In lontananza luci delle esplosioni.

In scena due persone, Jurij, soldato ucraino e Jaroslaw, polacco. Entrambi seduti, uno a destra e uno a sinistra del palco.

I^SCENA.

JAR – Ruskchenko, che ti succede? –

JUR – Quello che succede e a te Jaroslaw! Sono tre giorni che di qui non passano treni. Né per uno, né per l’altro. Ancora non ho deciso se sia un buon segno o meno. –

JAR -  Sia quel che sia. Già tre giorni? Sono già passati tre giorni? Era il treno di Lodz o quello che andava a Lodz? –

JUR – Era mio. Era il treno che porta i viveri da Kiev all’interno, al fronte russo e da lì riparte per… non lo so! –

JAR – Che abbiamo fatto in questi tre giorni? –

JUR – Dunque… non ha piovuto. –

JAR – No. Ricordo che non ha piovuto. –

JUR – Un giorno c’è stata nebbia… -

JAR – Sì. Il giorno dopo la tua spedizione di cibo al fronte. –

JUR -  Giusto. Quindi, se c’è stata nebbia, siamo rimasti dentro a osservare il semaforo nel caso fosse arrivato qualche treno per il sud. –

JAR – Sì. È vero. Io sono rimasto tutto il giorno lì dentro ad attendere. Mentre tu hai… tu che hai fatto? –

JUR – Ho fatto il mio dovere. Sono rimasto qui. Seduto e in piedi. Tutto il giorno. Un po’ seduto e un po’ in piedi. Ad attendere ordini. La telescrivente ha dato due scariche. Una al mattino e una alle tre di pomeriggio. Nessuna di quelle era però un messaggio dal quartiere generale. –

JAR – Sì. Anche a me lo fa; a forza di bombardamenti, esplosioni, scoppi, sulla linea si generano per forza delle scariche. A volte arrivano delle successioni intere di segnali, che formano delle vere e proprie lettere. Rimango sempre nel dubbio che si trattino di messaggi dal nostro quartier generale, ma che la linea ha trasmesso a pezzi; errati. –

JUR – E tu come fai a sapere se si tratta di messaggi veri? –

JAR – Attendo. Se si tratta di messaggi reali e non arriva risposta, dal quartier generale lo rimandano. –

JUR – E se si tratta di convogli in arrivo? –

JAR – Via telegrafo? Mi chiedi se arrivano dei treni via telegrafo? Hai avanzato della vodka dall’ultima volta? (sorride per la battuta fatta) –

JUR – No. Intendo messaggi che annunciano l’arrivo di un treno. Metti che sta arrivando un  tuo treno e nel medesimo tempo, i binari sono occupati da un mio treno in arrivo. –

JAR – Agiamo sugli scambi come sempre. Come dovremmo fare secondo gli ordini che ci sono stati impartiti. Te lo ricordi il mio maggiore Iwaszkiewicz? Quel tipo basso, grasso come una salsiccia unta al forno?  –

JUR – Lo so che dobbiamo agire sugli scambi, ma metti che arrivino in contemporanea. Che facciamo? Dovremmo fermare uno dei due. –

JAR – Bravo! E questo significa fucilazione per quello dei due che ha rallentato la corsa del proprio convoglio. Sei impazzito, Jurij? –

JUR – Non sono impazzito! Che cosa dovremmo fare? Farli scontrare? Sarebbe una strage! –

JAR – Peggio, sarebbe la perdita di tutti i carichi contenuti: cibo, armi, munizioni… –

JUR – Tu pensi solo alle merci? E alle persone? –

JAR – Jurij, io penso a noi due. Ti faccio notare che noi due siamo in guerra. Io e te ci dobbiamo combattere, uccidere a vicenda. Te lo sei dimenticato che la stazione del Margine è considerata territorio polacco per il mio esercito e ucraino per il tuo? Io e te, qui siamo una eccezione, anzi un’incognita, non dovremmo esistere. –

JUR – Sì, ma… -

JAR – Niente ma. Si continua a fare come si è sempre fatto. Poiché finora ci è andata bene e dobbiamo sperare che tutto continui; così! –

JUR – Sì. La cosa però non mi piace lo stesso, lo sai. –

JAR – Non devi preoccuparti. Prima o poi uno dei due verrà sostituito, e chi ci sarà al suo posto, si accorgerà del disguido e allora anche qui ci sarà da sparare. –

JUR – Spero che sostituiscano me. Da tanto non sparo, che non credo nemmeno più la mia pistola funzioni ancora. –

JAR – Io ho un fucile. Funzionante. L’ho provato tempo fa su una famiglia di ratti. Il mio problema è un altro. –

JUR – Cioè? –

JAR – Tu hai mai sparato a qualcuno? –

JUR – Sì. In passato l’ho fatto. Ho partecipato a una carica, rimanendo alle spalle della cavalleria. Avevo un fucile a ripetizione e, prima che il fumo e la polvere dei cavalli si diradasse, scaricavo una ventina di colpi. Poi abbassavo la testa e aspettavo. –

JAR – Che gli altri rispondessero al fuoco. –

JUR – No. Non rispondevano mai al fuoco. Non mi sembra. Non lo ricordo comunque. No. Mi davano un ordine: “Alzatevi e fuoco!”. Io ubbidivo. –

JAR – Io sono sempre stato  nelle retrovie. A fare l’attendente del mio generale di brigata. Un giorno mi chiamano e mi dicono: “Soldato Panas, la sua brigata è richiamata  per il fronte.” “Bene” dico io, “Lei ha mai sparato?” “Nossignore!” “Abbiamo un problema. Non abbiamo abbastanza armi per tutti i battaglioni, quindi i soldati che sanno  sparare andranno al fronte e chi non sa sparare verrà riciclato in altre mansioni.” “Bene signore!” rispondo io. “Prenda questa pistola e vada ad esercitarsi”, e sono andato. Alla sera di quel giorno, lo stesso giorno, mi diedero un fucile che non avevo mai visto prima e una lettera con i gradi di sotto-ufficiale. Il mattino dopo mi hanno detto di salire in treno e il mio tenente mi ha scaricato qui. –

JUR – Con un fucile mai visto, graduato, senza sapere che fare. –

JAR – Esatto. –

JUR – Se avevate scarsità di armi perché hanno dato a te un fucile che non avresti dovuto usare? E poi perché sei diventato sergente? –

JAR – Funziona come fu a Stalingrado per i russi. Due soldati che sanno sparare, un fucile solo. I gradi perché secondo un regolamento interno, tutti i fanti devono sparare. Se non spari, ti devono dare il grado. E come segno del grado, devi avere un’arma.–

JUR – Gente come voi ci ha invaso! –

JAR – Non ti lamentare! Ci hanno invaso tutti per quasi seicento anni! –

JUR – E ora, come mai siete qui? –

JAR – Non ci è stato comunicato. (con sicurezza ostentata) Il soldato polacco esegue senza fare domande! –

JUR – Lo capisco. Ma perché siamo stati invasi? –

JAR – Ti ripeto che non ne ho idea. Stavo mangiando cena a casa mia, quando un tizio dell’esercito viene e mi comunica di presentarmi, con una lettera che mi consegnava in quel momento, alla caserma di Lodz. Io ero di Cracovia. La busta non doveva essere aperta che dall’ufficiale di brigata. A Cracovia, in quei giorni, nessuno sapeva della guerra e dell’invasione. I giornali lo hanno comunicato che io ero già sul vostro territorio. –

JUR – Come sarebbe? Siamo stati invasi e non sappiamo perché?! Voi ci avete invaso e non sapete perché! I russi ci hanno invaso, combattiamo due eserciti diversi, non sappiamo nemmeno se i russi sono vostri alleati o no! –

JAR – Nell’esercito polacco non si fanno domande. Non si  compie mai meno di ciò che ti è stato detto o assegnato. E nemmeno di più. Si compie l’esatto. –

Inizia a suonare un campanello.

JUR – Sta arrivando un treno. –

Jaroslaw corre nella garitta.

JAR – Sta arrivando da sud. Roba vostra. –

Jurij va oltre le barriere, dove ci sono le rotaie.

JUR – Non lo vedo ancora. Dici che più in giù c’è nebbia? –

JAR – Come? –

JUR – Ti ho chiesto se secondo te, più a sud, verso la foresta, c’è nebbia. –

JAR – Nebbia? Sì, c’è nebbia. In questa stagione ve n’è sempre. Viene su dal fiume e si ferma dove trova un ostacolo. –

JUR – Se non fosse per la foresta, arriverebbe fino a qui. Non vedremmo nulla. Quanto ci impiega ad arrivare? –

JAR – Calmati, ora lo vedrai. –

JUR – Qualcosa sta arrivando. Lo sento. –

Si volta in direzione opposta

JUR -  Eccolo che arriva. Non viene da sud. È polacco. È tuo! –

Jurij e Jaroslaw si danno il cambio correndo dentro la garitta. Jaroslaw si precipita fuori. Vede il treno in lontananza, saluta quindi esce di scena.

 JAR – (fuori campo) Salve… sergente Panas… mi dia i documenti, grazie…. Vagoni 3 e 4 derrate alimentari per il fronte di Zitomir, 5 e 6 armi, 7 soldati della guarnigione, battaglione 10° e 13° diretti in Romania.. Romania? Soldato, abbiamo aperto un fronte in Romania?... non lo sai? Non hai ricevuto ordini in proposito? Da dove provenite? Non hai ricevuto ordini in merito al dichiarare la provenienza del tuo convoglio, capisco… dove eravamo rimasti… Vagoni da 11 a 14 documenti riservati. Quindi altre carrozze di viveri. Dunque… Il sergente Jaroslaw Panas dichiara di aver controllato il contenuto del treno e di averlo trovato conforme a quanto esposto in questo documento… ovviamente non posso aprire nessuno di questi scomparti, vero soldato?... lo immaginavo! Bene, firmo e occupati di staccare l’ultimo vagone, quello che mi devi lasciare. –

Jaroslaw rientra in scena.

JAR – Jurij, puoi uscire! Campo libero. Ora andiamo a vedere che cosa ci ha lasciato il luminoso esercito dell’aquila bifronte in regalo. –

JUR – Jaro, stavo pensando a poco fa: hai detto che il treno doveva arrivare da sud, e invece è arrivato da ovest. Come è possibile? –

JAR – Non me lo spiego, in realtà. Toh, controlla tu stesso il messaggio arrivato dalla telescrivente (gli passa un foglio) –

JUR – Non ha senso. Perché dovrebbero darci un messaggio sbagliato? È senza firma… può essere che abbiano sbagliato dal vostro quartiere generale. O che abbiate conquistato delle piazze a sud, oltre il fiume? Che si siano accorti del nostro accordo e ci vogliano trarre in inganno… Jaroslaw, il treno! È ripartito?  –

JAR – Non preoccuparti! Io non ho spiegazione in merito. Il soldato che era sul treno mi ha detto, anzi, l’ho letto sui documenti di viaggio, che due battaglioni di nostri soldati son diretti in Romania. Credo che, se ancora non l’abbiamo invasa, poco ci manca. Intendo, stanno tentando di entrare in Romania, quindi avremo strappato della terra ai russi, a sud. –

JUR – Dai, andiamo ad aprire il vagone. –

Escono entrambi.

Squilla il telefono dentro la garitta. Dopo due o tre squilli smette e i due soldati rientrano spuntando un foglio.

JAR – Armi e munizioni per me, carne in scatola, sale e zucchero… -

JUR – Due casse di frutta e due di verdura. Non pensano mai di spedirti delle uova? –

JAR – Perché? –

JUR – Nei nostri carichi c’è sempre. –

JAR – Sapranno che mi arrivano da te e quindi risparmiano. –

JUR – Non lo dire nemmeno per scherzo! –

JAR – Dai Jurij. Mi mandano quello che riescono a mandare. Se si apre un altro fronte di guerra, quaggiù arriva quello che avanza. –

JUR – Non c’è molto rispetto per i sotto-ufficiali nell’esercito di Polonia? –

JAR – Vedi, noi siamo nella situazione di mezzo. Non rischiamo la vita e non riceviamo privilegi. Dobbiamo solo far risparmiare il ministro della guerra. –

JUR – Beh, allora è così ovunque. –

JAR – Ti devo qualcosa che ti ho preso dal tuo ultimo viaggio? –

JUR – No. Non credo. Piuttosto tu, c’è quel quintale di tabacco in magazzino che dobbiamo farci fuori. -

JAR – Di quello tutta la regione è piena. Di sicuro non vi abbiamo invaso per quello. Lo avete ancora tutto, e te lo stanno mandando tutto qui, al Margine, per smistarlo a tutta la Resistenza. –

JUR – Non siamo zone da violinisti ebrei come voi. –

JAR – La butti sul patriottico? Non rispondo a provocazioni di chi è solo il “granaio d’Europa” –

Squilla il telefono della garitta.

JAR – Oh no. E ora chi va a rispondere al telefono? –

JUR – L’ultima telefonata era per me. Vai tu? -

Jaroslaw va in garitta. Parla fingendo che la linea sia disturbata.

JUR – Finora ci sono sempre cascati con la storia della linea telefonica disturbata. –

JAR – Pronto!... Pronto!... Non vi sentiamo!... Presidio ferroviario del Margine.. Sì, son Ruskchenko (gli fa cenno di avvicinarsi, quindi gli passa il telefono) –

JUR – Caporalmaggiore Ruskchenko, vi sento con difficoltà…. Ditemi,… parlate con lentezza…. Non vi capisco….sì, in data di domani….trasporto speciale… attendo vostri ordini via telescrivente… non capisco… non comprendo…(mette giù il telefono) –

JAR – Ottima mossa, amico mio. Se è urgente, manderanno un messaggio su telescrivente. Di che si tratta? –

JUR – Non lo so. In arrivo un carico speciale. –

JAR – Sarebbe a dire? –

JUR – Non ne ho la più pallida idea. Sarà una conseguenza del vostro nuovo fronte a sud, credo. –

Suona il campanello che annuncia l’arrivo di un treno. I due soldati si avvicinano alle rotaie per avvistare la direzione del treno.

JAR -  Prima era un treno mio. Ora dovrebbe essere tuo. –

JUR – Vuoi dire che arriveranno due treni in due giorni? –

JAR – Arriva il messaggio, vado a prendertelo! –

Arriva il treno da sud. Jurij esce per recuperare il carico.

JUR(fuori campo) – Caporalmaggiore Ruskchenko, buonasera… treno merci con cinque vagoni blindati… contenuto sconosciuto, di cui ho verificato il contenuto. –

Il treno riparte. Jurij rientra in scena.

JUR – Jaroslaw, credi che qualcuno verrà mai a contestare quello che stiamo facendo? –

JAR – Che cosa intendi? –

JUR – Voglio dire, di ogni carico che  arriva, noi dobbiamo dire che verifichiamo il contenuto dei vagoni –

JAR – Esatto! –

JUR – Ma né io né te possiamo aprire mai i vagoni e verificarlo realmente. –

JAR – Esatto! –

JUR – Se qualcuno avesse svuotato i cinque vagoni del mio treno prima che fosse arrivato qui, io ho appena dichiarato che i vagoni contenevano un qualcosa. –

JAR – Che cosa trasportava quel treno? –

JUR – Toh, controlla tu stesso – (gli passa un foglio)

JAR – “Contenuto sconosciuto”. Interessante! E non solo. Il tuo contenuto sconosciuto valeva anche molto. –

JUR – Non avevo mai notato ci fosse, a fondo pagina, il valore del carico. –

JAR – Io dico che non è mai stato presente sui tuoi fogli. –

JUR – Aspetta. Vado a vedere. –

Esce. Ne rientra con una risma di fogli.

JUR – No. Hai ragione tu. Non è mai stato indicato il valore del trasporto. –

JAR – (ne prende una copia e legge) Sì. In alcuni casi è presente. Ogni volta che  hai un carico di “contenuto sconosciuto”, in questi casi ne viene detto il valore. –

JUR – Chissà che diavolo significa. –

JAR – A proposito, il messaggio dalla telescrivente  è arrivato, ma non è comprensibile. Però, stavolta il disturbo sulla linea è vero. –

JUR – Provo a chiedere il re-invio del messaggio. –

Entra nella garitta.

JAR – Ti hanno lasciato qualcosa per noi, a fondo treno? –

JUR – (dalla garitta) No. Nulla stavolta. –

JAR – Peccato. Speravo in quei vostri cetrioli sotto-aceto. È molto che non me li fornite più –

JUR – Allora, il fatto che l’Ucraina sia l’orto d’Europa non ti dispiace? –

JAR – Te l’eri presa? Sei permaloso amico mio! –

JUR – Credo di conoscere qualcun altro di permaloso, qui nei dintorni. –

JAR – Non so a chi ti riferisca! –

Luci di bombardamenti sulla sinistra del palco.

JAR – Ci sono altri spari e granate verso nord. Chissà quanto sono lontani. Dì un po’, Jurij –

Jurij esce.

JUR – Dimmi. –

JAR – Siamo qui da mesi a dividerci il lavoro e non ho mai pensato di chiederti della tua famiglia. Sei sposato? –

JUR – Certo che sono sposato. Marija. –

JAR – Come mia moglie. Anche lei si chiama Miriam. –

JUR – E poi ho due figlie: Anne e Liza. –

JAR – (inquieto) Anche le mie due figlie si chiamano Anna e Lisbetha. –

JUR – (anche lui guarda inquieto l’altro) 5 e 8 anni. –

JAR – Anna di cinque e Lisbetha di otto. –

Attimo di gelo. Jurij mette una mano in tasca, tira fuori il portafoglio e ne estrae una foto. La mostra a Jaroslaw che la osserva dopo un attimo in cui i due hanno continuato a osservarsi negli occhi.

JUR – L’abbiamo scattata un anno fa, in gita a Odessa. –

JAR – Tutte e tre biondo-castano. Stesso colore di occhi tra madre e figlia maggiore. Lei assomiglia da matti a mia moglie. Noi, però, non siamo mai stati a Odessa. –

Gli riconsegna la foto, che Jurij prende con atteggiamento fermo e la rimette nel portafoglio.

JAR – Devi controllare se il tuo messaggio ha ricevuto risposta. –

JUR – (esce da una trance, un po’ mortificato) Sì, devo andare a vedere. (Entra nella garitta e ne esce con un  foglio). Niente da fare. Il messaggio non può essere ritrasmesso. Avranno paura che voi lo possiate captare. –

JAR – Manda un messaggio dicendo loro che non sarebbe il primo a  essere captato da noi! –

JUR – Dobbiamo organizzarci per la cena. Tu che cosa puoi offrire? –

JAR – Ho ancora una cassa di cavoli e dell’olio italiano. Poi del formaggio quasi rancido e non ricordo altro. –

JUR – L’ultimo carico? –

JAR – Vuoi già attaccare la carne in scatola? –

JUR – Visto che c’è… che cosa dovremmo farne? –

JAR – Non vorrei che me la chiedessero per il fronte meridionale. –

JUR – Va bene, ma visto che quello è il vagone per il sostentamento dei soldati polacchi al Margine, trovo logico che il soldato polacco al Margine lo consumi. –

JAR – (dubbioso) Hai ragione ma… ma sì. C’è anche della carne in scatola da mangiare. Tu che offri? –

JUR – Uova e gallette. –

JAR – Soltanto? Il cambio non è equo. –

JUR – Questo è niente. Pensa a quanto dovrai spendere per mantenermi, quando ti daranno l’ordine di arrestarmi. –

JAR – Ti cederei ai russi in uno scambio di prigionieri. –

BUIO.

II^  SCENA.

Il giorno dopo

Jurij entra dalla quinta di destra.

JUR – Buongiorno sergente. –

Esce Jaroslaw

JAR – Buongiorno a lei caporalmaggiore! Birra fresca? –

JUR – No grazie. Troppo umido stamane! –

JAR – Sempre abbastanza umido da queste parti. Non ci sono abituato, io. Sono uno di città. –

JUR – Io invece sono un contadino. Però devo dire che dalle mie parti il clima è migliore. Qui mi sveglio sempre con gli abiti bagnati addosso. –

JAR – Gran giorno oggi: il “trasporto speciale”! –

JUR – Ieri notte mi sono svegliato, a un certo punto, per chiedermi di che si tratta. Proprio non riesco a comprendere che cosa possa essere. –

JAR – Suppongo si tratti di armi. Nei tuoi carichi ce n’è raramente, quindi è possibile che un vostro convoglio speciale trasporti armi. –

JUR – Sì. In effetti è la medesima conclusione cui sono arrivato io: armi o spostamento di truppe. –

JAR – Da sud verso nord… aggirate il nostro esercito o tentate di sfondare il fronte russo a monte del fiume. –

JUR – Vedremo. Almeno sapessimo l’ora a cui arriva il treno! –

JAR – Quello sarebbe utile saperlo! –

Campana che annuncia l’arrivo del treno.

JAR – Ai posti di combattimento! –

Jaroslaw entra nella garitta mentre Jurij si avvicina ai binari.

JAR – (leggendo) Treno… merci… proveniente da… Lviv? Binario libero. Jurij! Non è vostro! È polacco! Vieni via! –

I due si scambiano di posto. Quindi il treno arriva. Jaroslaw esce dalla quinta di sinistra.

JAR – Sergente Jaroslaw Panas. Presidio del Margine. –

VOCE FUORI CAMPO – Sergente Panas! Ecco i suoi ordini. Non abbiamo tempo da perdere. –

JAR – Che cosa? Dovrei fornirvi tutto questo? Perché voi la carichiate sull’ultimo vagone? Io non ho tutto questo, quaggiù! –

V.C.F. – Sergente, non vi è richiesto di perdere tempo ma di rifornire. –

JAR – Capitano, vi ripeto che non possiedo questo materiale. Armi, munizioni, divise e provviste. Questo, con tutto il rispetto, non è un magazzino militare. –

V.C.F. – Soldato, telefonate al quartier generale. Avvisate che procediamo, in loco, alla fucilazione del sergente Jaroslaw Panas per sabotaggio! –

Jurij, nella garitta, fa suonare la campana.

JAR – Capitano, perdonatemi, devo rientrare un attimo in stazione –

Rientra in scena.

JUR – Dammi la lista! (osserva l’elenco) Qualcosa di questo lo abbiamo. Ascolta, fai spostare il loro vagone. Nel nostro vagone dispensa abbiamo fucili, proiettili, due o tre divise, lo colleghiamo al convoglio. Ti fai firmare il foglio di carico dal tuo graduato laggiù e li spedisci. –

JAR – Cosa? Quella è roba ucraina! –

JUR – Che cosa ti importa?  Credi che qualcuno se ne accorgerà giù in Romania? –

JAR – Non avremo niente da mangiare! –

JUR – A quello penseremo dopo, quando arriva il mio treno. Forse qualche cosa lo scaricano. -

JAR – Va bene. Non abbiamo altra scelta! –

JUR – Avanti, fai spostare il vagone, vai. Voglio i binari liberi al più presto. –

Jaroslaw esce a sinistra.

JAR – (da fuori) Capitano, mi sono ricordato di qualche divisa che un treno ha abbandonato qui un mese fa. Se fa arretrare il suo convoglio, possiamo fare lo scambio dei vagoni. –

V.F.C. – Lo sapevo! Sapevo che a voi, femminucce del nord, basta paventare la fucilazione e vi mettete subito a piagnucolare pietà. Non valete la pallottola che vi bucherà la fronte un giorno o l’altro. –

Jaroslaw rientra

JUR – Ci è andato giù pesante! –

JAR – Sporchi nazionalisti. Non posso sopportarli! Fino a ieri, burocrati a leccare i piedi in qualche ufficio statale, e oggi si sentono invasi di potere divino. –

JUR – Che vuoi farci? È così ovunque! –

JAR – Voi almeno combattete perché siete stati invasi.  –

JUR – Perché? Credi che non ci siano dei nazionalisti tra noi? Quando ci saremo liberati di voi, credi che non usciranno fuori i proclami alla rivoluzione culturale? Al grande Paese? Alla nazione schiava che ora deve dominare come un faro di luce e di cultura, tutta l’Europa centrale? –

JAR – Uhm, però! Non mi hai mai rivelato questa tua vena sciovinista! –

JUR – Non sono parole mie! Sono di un mio commilitone che ho conosciuto quando combattevo in trincea. E nemmeno erano sue parole. Le aveva imparate in un libro che aveva letto in quei giorni, l’unico che avesse letto, a mio modesto parere, e l’unico che leggerà, e che, diceva lui, gli aveva cambiato la vita. –

JAR – Interessante! –

Il treno riparte.

JUR – Dammi retta. Ci saranno sempre quelli che, a un certo punto della loro vita, imparano una frase a memoria e decidono di mollare tutto, e sulla spinta di quei versi, prendono un fucile e fanno la loro rivoluzione personale. –

JAR – In Polonia è pieno di personaggi così. –

JUR – Che poi trovano sempre altri tizi che li seguono. E sempre, quando c’è una guerra tra i piedi. Quindi, o prima o dopo la guerra, escono fuori e rivoluzione! Più morti per la rivoluzione che per la guerra. –

JAR – Jurij, io sono qui perché mi ci hanno obbligato, ma tu perché ci sei? –

JUR – Perché amo la mia gente. Non ho nulla contro polacchi o russi, ma ora dovevo fare questo: riprendermi il mio Paese. –

JAR – Per quello che vale, mi dispiace di averti invaso. –

JUR – Lo so. Anche a me dispiace dover essere costretto a spararti, un giorno. –

Campanello.

JUR . Ci siamo. Al lavoro, Ruskchenko. –

Jaroslaw fuori e Jurij sui binari.

JAR – Qua non è arrivato nessun telegrafo! –

JUR – Non importa. Vedo le luci. Sta arrivando. –

Dopo un attimo Jurij esce.

JUR – (da fuori) Caporalmaggiore Jurij Ruskchenko, signore. –

VOCE FUORI CAMPO – Buonasera caporalmaggiore. Siamo venuti a ritirare quanto le è stato richiesto di fornirci. –

JUR – Questo è un problema, signore. Il messaggio non è giunto comprensibile, in data di ieri, a causa di problemi sulla linea. Alla mia richiesta di ripetere il messaggio, il quartiere generale ha negato l’autorizzazione al re-invio. In parole povere, signore, non ho idea di che cosa fare per voi.

 V.F.C. – Vuole farmi credere che lei non ha pronto quello che le è stato richiesto? –

JUR – Esatto signore! –

V.F.C. – Caporalmaggiore, lei si rende conto della gravità delle sue parole? –

JUR – Come le ho detto, vorrei aiutarla ma… -

V.F.C. – Non c’è ma che tenga, imbecille. Crede che io mi sia fatto due giorni di viaggio per le sue spiegazioni? Ma cosa credete, voi minchioni del fronte? Che noi andiamo in giro per questa pianura di merda per divertirci? Noi lavoriamo per voi, non dormiamo notti intere per voi, mentre voi ve ne state qui a guardare salire e scendere sole e luna. Minchioni!! –

JUR – Me ne rendo conto, signore.. –

V.F.C. – No! Mi vuole anche prendere per i fondelli? Lei si rende conto di cosa? Lei non si può rendere conto di nulla! Sa quanto mi costa questo scherzo? –

JUR – Nossignore! –

V.F.C. – Appunto, soldati di merda! Sono felice che quelli come lei vengano uccisi. Spero che il suo turno arrivi presto! –

JUR – Signore, se io venissi ucciso, perderemmo una posizione importante per le telecomunicazioni. –

V.F.C. – Sicuro! Perché voi pensate che le guerre si facciano con le persone, con le armi, con le comunicazioni! La guerra la fanno i generali, contrattando il vostro destino giorno per giorno. Ruoli che io e lei non vedremo mai! Almeno lei!  -

Il treno riparte. Jurij rietra.

JAR – Ho sentito tutto. Simpatici anche i vostri tenenti. –

JUR – Sai, è la prima volta che qualcuno mi tratta in maniera così violenta. –

JAR – Non te la prendere! Non diceva sul serio quando parlava di vederti morto. –

JUR – Tu credi? A me sembrava sincero. –

JAR – Deve farlo. Lo pagano per questo. Che lavoro pensi che faccia quello lì? E poi ascoltami: ti prometto che, se venissimo invasi da qualche polacco, ti difenderei. –

JUR – (ironico) Sicuro! Vuoi farmi credere che, se il tuo esercito dovesse arrivare qui, tu sergente polacco, spareresti ai tuoi? –

JAR – Sì. Credo che lo farei. Andiamo Jurij, come puoi pensare che, dopo un anno qui con te, ti sparerei addosso o ti farei arrestare? –

JUR – Jaroslaw, perché è la guerra! Siamo pagati per questo. Dobbiamo uccidere e ucciderci! Uno vince e l’altro perde. Domani, un domani intendo, ci sarà solo una sedia e uno solo di noi dovrà occuparla. –

JAR – In quel caso, non saremo né io né te. La occuperà un terzo. E poi di sedia ce n’è già una sola: vorrei farti notare che io sto quasi sempre in piedi. –

JUR – Per la patria non mi uccidi ma per tenere le chiappe al caldo sì. –

JAR – Chiappe al caldo? Sei tu quello che viene dalla campagna. Io sono abituato al divano. Ho bisogno di stare comodo. –

JUR – Vieni, ti offro una birra. –

JAR – Che sforzo! Paghi tu? –

JUR – Sì. Così sono  ancora più sicuro che non mi sparerai. –

JAR – A proposito. Il tuo trasporto speciale? –

JUR -  Non lo so. Il tenente simpatico se n’è andato senza spiegare nulla ma solo imprecando. –

JAR – Come li scelgono da voi gli ufficiali? –

JUR – Semplice. Bisogna avere uno zio pope o la tessera del partito giusta. E tieni conto che, prima della guerra, in Ucraina, c’era solo un partito che contasse. –

JAR – Andiamo a bere. Questi discorsi mi mettono sempre sete. –

Buio.

III SCENA

Notte

Al buio vediamo arrivare da sud (destra del palco) un soldato ucraino, Janek. Appena arrivato si pulisce i piedi, controlla l’ora e si guarda intorno per cercare di orientarsi. Quindi va verso i binari. La luce aumenta.

Da sinistra arriva in scena Jaroslaw, lo vede di spalle e si blocca. Janek si volta e si ferma in posizione di difesa. Entrambi sono disarmati.

JAR – Tu chi diavolo sei? –

JAN – Chi diavolo sei tu? Sei un polacco? –

JAR – Jurij! Jurij! Jurij svegliati! Esci fuori. –

Da destra entra Jurij. Si ferma a osservare la scena, stupito e quindi si rivolge a Janek.

JUR – Soldato! Sono il caporalmaggiore Jurij Ruskchenko. Qual è il tuo nome? –

JAN – Mi chiamo Janek Czekai, 12ma brigata 3° battaglione. –

JUR – Sei armato? –

JAN – Signorsì. –

JUR – Dammi la tua pistola. –

Janek prende la pistola nella fondina e velocemente la punta verso Jaroslaw.

JUR – Fermati! Ti ordino di non sparare! –

Janek non abbassa l’arma.

JUR – Soldato Czekai! Ti ordino di abbassare immediatamente l’arma e di consegnarmela. Esegui immediatamente! È un ordine, ti dico. –

Janek è disorientato, ma dopo un attimo abbassa la pistola e la passa a Jurij attraverso la ringhiera.

JUR – Ora è tutto a posto. Jaroslaw sei fuori pericolo. –

JAN – Signore, che sta facendo? È un polacco! –

JUR – Sì. Lo so che è polacco. Lo sa anche lui se questo serve a farti star meglio. –

JAN – Dobbiamo ucciderlo! –

JUR – No. Qui non si uccide proprio nessuno. Ora il polacco ci dà la sedia e tu ti calmi un attimo. Sei stanco del viaggio. –

Jaroslaw va a prendere la sedia per portarla al centro e Janek lo aggredisce. Jaroslaw si divincola e lo spinge via. Qui Jurij lo blocca.

JUR – Non un movimento, soldato! Qui tu fai quello ti ordino io, chiaro? –

Janek annuisce.

JAN -  Signore, io pretendo delle spiegazioni. –

JUR – Mi sembra giusto. Questi è il sergente Panas, dell’esercito di occupazione polacca. Io e lui siamo arrivati qui circa un anno fa. Questa stazione era stata conquistata prima dalla resistenza e poi dai polacchi, ma i polacchi avevano dimenticato di comunicarci la loro presenza, così come qualche nostro commilitone distratto aveva dimenticato di comunicarci la sua diserzione. –

JAR – Era terra di nessuno, quindi. –

JAN – Stai zitto, verme! –

Jurij schiaffeggia Janek.

JUR – Soldato, chi ti ha dato il diritto di rivolgerti così a un superiore? –

JAN – Signore, si tratta di un polacco. –

JUR – E allora? Tu sei ucraino, io sono ucraino, lui polacco. Di là sono russi, laggiù rumeni, poi cechi, tedeschi, francesi.. che cosa hanno di diverso da te? Anzi, il nome Czekai non mi sembra proprio un nome ucraino. Se non sbaglio, si tratta di un nome del nord, direi quasi che è… -

JAR – Polacco! Polacco a tutti gli effetti. –

JAN – Mio nonno era polacco, ma mio padre e mia madre erano ucraini. Ucraini in tutto. Io sono figlio di ucraini! –

JUR – Va bene, va bene! Non ti scaldare! Siamo tutti slavi, così ci capiamo. Dunque, dove ero rimasto.. –

JAR – Questa stazione incrocia esattamente la strada ferrata Lviv – Kiev e la ex-ferrovia russa che va a sud. Serviva a entrambi gli eserciti. Io e il caporal-maggiore siamo arrivati assieme e dovevamo decidere chi dei due l’avrebbe presa. Potevamo spararci addosso e vedere chi finiva l’altro. –

JAN – E perché non lo avete fatto? –

JUR – Perché nessuno dei due iniziò a sparare. Così prendemmo un accordo. Avremmo diviso la stazione, facendo credere ai nostri rispettivi eserciti che ognuno aveva pieno possesso della stazione del Margine. Io dirigo gli spostamenti dei treni della Resistenza ucraina e lui i treni dell’esercito occupante. –

JAR – Tutto qui! –

JAN – Signore, non è possibile! Come potete far passare dei treni ucraini e dei treni polacchi sulle medesime rotaie? –

JUR – Oh, è possibile! Ti assicuro che è possibile. –

JAR – Funziona da un anno e tutto va a gonfie vele! –

JAN – Signore, ma così il nemico polacco può avere accesso alle nostre informazioni, e passarle ai suoi amici. –

JUR – E io ho accesso alle loro. –

JAR – Hai mai passato qualche informazione ai tuoi, Jurij? –

JUR – Volevo rivelare loro che l’esercito polacco non vi passa le uova nel rancio, ma mi sembrava francamente sleale. –

JAR – Io invece ho detto ai miei che ho qui una tonnellata di tabacco, ma non sanno che farsene. –

JAN – Signore, con tutto il rispetto: o siete pazzo o siete una spia! –

JAR – Il pivello ora offende te! –

JUR – Non sono nessuno dei due. Sono solo un soldato che ha evitato delle stragi e che ha lavorato per il futuro. –

JAN – Evitato delle stragi? Lavorato per il futuro? Lei è una spia. Una sporca spia foraggiata dagli invasori polacchi. –

JUR – Io non sono stato pagato proprio da nessuno, chiaro!? Quel che ho fatto, anzi, che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto per la nostra coscienza. Se proprio vuoi saperlo allora, anche il sergente Panas ha agito come me, quindi lui è una spia al nostro servizio: il contro-spionaggio è pari! Abbiamo usato l’intelligenza, cosa che i graduati a Lviv e Kiev non sempre usano. Che se la facciano loro la guerra, noi qui evitiamo le perdite. –

JAN -  Siamo in guerra, caporale. E le guerre vogliono il loro debito di sangue! –

JUR -  Non il nostro, soldato. –

JAN – I polacchi ci hanno invaso, ci hanno sparato addosso e ucciso. Non si fanno molti scrupoli loro, nel massacrare civili. Se lo è dimenticato questo? –

JUR – Non l’ho dimenticato, e non mi piace ma qua avrei solo ucciso un uomo, niente di più. –

JAN – Era suo dovere! È mio dovere uccidere i polacchi invasori! –

JUR – Fino a che sarai qui, sei sollevato da questa missione. –

JAN – Lo vedremo, signore. –

Janek si gira di spalle e fa per entrare nella garitta. Jurij gli punta la pistola alla schiena.

JAR – Non conviene muoversi, ragazzo. –

JUR – Non ti conviene, te lo assicuro! –

JAN – Signore, io non credo che sparerà. –

JUR – Non hai che da fare un passo e lo saprai subito. Se succede qualcosa, posso sempre dire che è stato il sergente Panas a sparare. –

Jaroslaw si inquieta.

JUR – Jaroslaw, vai a strappare la telescrivente! –

JAR – Sei sicuro? Non potremmo più ricevere messaggi. –

JUR – Tanto non è più funzionante da giorni. Non riceviamo più che scariche elettriche. –

JAR – Se si accorgono che non riceviamo, verranno qui a sostituirla. Ci scopriranno. –

JUR – Il problema è sulla linea, innanzitutto. Dovranno cercare il guasto e poi verranno qui. Ci impiegheranno tempo, e il fronte si allontana sempre più da noi. –

Jaroslaw entra nella garitta e stacca la telescrivente.

JUR – Soldato, alza gli occhi e guarda le luci in quella direzione, di fronte a te. Sai che cosa sono? –

JAN – Le luci delle esplosioni. Combattimenti. –

JUR – Sai a che distanza sono? –

JAN – Direi a qualche chilometro in linea d’aria. –

JUR – Sono più di venti. Con due fiumi in mezzo a dividerci. Là. Là c’è la guerra! Là si perde la vita. Qui noi siamo solo dei passacarte. Qui stiamo in mezzo al fango a smistare treni, mentre quei venti chilometri si allontanano ogni giorno di più. Capisci che cosa intendo? –

JAN – Signorsì. Ha senso quello che dice. Ma quello è il fronte russo. Lei dimentica gli scontri coi polacchi, a nord . –

Jaroslaw rientra.

JAR – A nord? In effetti, due notti fa ho visto delle luci più vicine ma pensavo fosse una scaramuccia con partigiani locali. Vuoi dire che si trattava del mio esercito contro le forze ucraine? –

JAN – Signorsì. –

JAR – Noi pensavamo che l’esercito polacco si stesse spostando a sud, in Romania. –

JAN – Nossignore. Da sud stanno risalendo i tedeschi. –

JUR – Quali tedeschi? –

JAN – Non lo sapete? Potete abbassare le armi signore? –

Jurij esegue e abbassa la pistola.

JAN – Grazie. La Romania ha chiesto l’intervento tedesco perché la Russia l’ha invasa. –

JAR – Non sapevamo nulla di tutto ciò. –

JAN – Veramente? –

JUR – Ti assicuro di no! Qui non ci danno comunicazioni precise da circa un anno. –

JAN – Non posso crederci. Neanche noi al fronte ne sapevamo nulla fino a poco tempo fa. Ma io credevo che qui dietro.. –

JAR – No, ti assicuro di no. Ora però vai avanti.. –

JAN – Sì. Dicevo.. la Russia ha aggredito la Romania, la Germania è intervenuta ma lo ha fatto sul confine con l’Ucraina e da lì stanno risalendo al nord. –

JAR – Aspetta, che stai dicendo? La Romania è a sud, la Russia è a sud come fronte di guerra, perché i tedeschi risalgono? –

JAN –  Veramente non ne ho idea, signore. –

JUR – Ma soprattutto, perché i polacchi vanno a sud? –

JAN – Nemmeno questo so, signore. –

JUR – Ma che razza  di inferno è? Ci sono tre eserciti che combattono qui. –

JAN – Quattro signore! Lei dimentica che noi dobbiamo combattere contro polacchi e russi. –

JAR – Mentre contro i tedeschi? –

JAN – Non lo so. Sono stato mandato qui prima che arrivassero delle disposizioni in merito a come trattare l’esercito tedesco. Se come amici o come nemici. –

JUR – Quindi la Germania combatte, ma non sappiamo contro chi? –

JAN – Credo che sia così, signore. –

JAR – Scusate, ma se qui arrivano dei soldati tedeschi? –

JAN – Propongo di darla come prigioniero, signore. –

JAR – Simpatico il bambino! –

JUR – Va bene. Dimmi una cosa, soldato. Perché ti hanno mandato qui? Quali sono i tuoi ordini? –

JAN – Non ho ricevuto nessun ordine, signore. Mi hanno semplicemente assegnato qui. –

JUR – Senza ordini? Senza disposizioni? Non ti hanno neppure detto se sei qui per sostituire me? –

JAN – No signore. –

JAR – Bene. Prima eravamo in due con un letto solo e una sedia sola. Ora siamo in tre con un letto e una sedia. –

JAN – Il nostro quartier generale non sapeva che qui c’era stata una invasione di polacchi. Mi avrebbero assegnato a una squadra, allo scopo di far finire questo scempio. –

JAR – Jurij, non è detto che non lo facciano già! –

JUR – È un rischio che abbiamo sempre corso, in fondo.  Siamo pronti ad affrontarlo. Lui (indicando Janek), a piedi, non può scappare. Comunicare non possiamo, quindi non c’è nulla da temere. L’esercito di resistenza ucraina sta combattendo ovunque tranne che qua. I polacchi si stanno spostando a sud; se russi o tedeschi arrivano qui, direi che sono nemici comuni a entrambi. –

JAR – Sì. Sembra difficile che possa arrivare qualcuno. Allora, lui, perché è qui? –

JUR – Credo che la spiegazione possibile, l’unica possibile, non sia incoraggiante! –

JAR – Cioè? –

JUR – Errore! Il giovane Janek è qui perché era in esubero da qualche  parte, e lo hanno sbattuto qui. Tanto lui avrebbe obbedito senza controbattere. –

JAN – Signore, personalmente trovo scandaloso che lei possa parlare così del suo esercito, della sua patria, della sua nazione, di.. –

JUR – (a Jaroslaw) Visto? Che ti dicevo? –

JAR – Se hai ragione tu, il fervore gli passerà presto. –

JUR – Sì. Ci conto. –

JAR – Birra di benvenuto? –

JUR – Ehì, soldato, birra di benvenuto? –

JAN – Birra polacca? –

JAR – (ironico) No. Assolutamente! Qui beviamo solo birra delle steppe centrali o di esportazione tedesca. Vai. Vai pure! La teniamo nel mio settore per comodità, ma non ti offrirei mai birra polacca! –

I tre escono di scena, Janek in testa.

Buio.

IV^ SCENA.

Un mese dopo.

Le luci delle esplosioni sono spostate verso destra, a significare che il fronte si è spostato a sud.

Jurij e Jaroslaw sono seduti. Giocano con delle monetine.

Janek con una scopa in mano, sulle rotaie, pulisce.

JUR – Ho fatto male a distruggere la telescrivente. Qualche messaggio avrebbe potuto arrivare. –

JAR – Jurij, è da un mese che te lo voglio dire. Io questo l’ho sempre pensato. Forse, in questo mese, qualche informazione sulla guerra,  l’avremmo avuta. Fra l’altro, la telescrivente sono stato io a strapparla dal muro, tu lo hai solo pensato. Potresti fare ricadere la colpa su di me. –

JUR – Già. Anche io ci ho pensato. È stata una buona mossa la mia. –

JAR – Ancora una volta, nella storia, il povero polacco è stato  preso per il naso. –

JUR – Ehì, questa è la vecchia scuola sovietica! (vede Janek) Soldato, smettila, che cosa stai pulendo? –

JAN – Signore, è nostro compito tenere la linea in ordine e  funzionante. Potrebbe arrivare un treno da un momento all’altro. –

JUR – È un mese che non arrivano treni. Il fronte si allontana. –

JAR – Digli  che sta pulendo la strada per i treni polacchi, vedrai che smette subito. –

JUR – Tu, quante volte riesci a far uscire testa con una moneta? –

JAR – Ho un record basso, ma in osteria, nel mio quartiere,  c’è uno che ha fatto uscire 33 volte testa di fila. –

JUR – Trentatrè testa di seguito? –

JAR – Sì. Io ero presente. –

JUR – Ma è impossibile! La moneta era truccata. –

JAR – No. Ti dico di no: l’ho controllata. –

JUR – Non è possibile, ti dico. –

Inizia a suonare la campana del treno. Janek corre in proscenio agitatissimo, gli altri si alzano continuando a discutere del loro gioco della moneta.

JAN – Sta arrivando un treno, sta arrivando un treno!! (agitato) Ai posti di combattimento! –

Inizia a correre a destra e a manca, cerca un fucile, si risistema la divisa.

JAR – Stai calmo! (gli tira la moneta che ha in mano) Si tratta solo di un treno, mica della Madonna di Czestochowa! –

Jaroslaw si sposta sui binari.

JAN – Ma signore! (rivolto a Jurij, tranquillo)–

JUR – Niente ma. Me ne occupo io. –

JAN – Caporalmaggiore, loro sanno che io sono qui. Si aspettano di vedermi. –

JUR – Non lo sanno! Ti proibisco di muoverti da là dentro! –

Indica la garitta.

JAN – Signore, mi rifiuto! –

JAR – (dai binari) È vostro. Viene da sud! –

JUR – (a Jaroslaw) Prendi una pistola e tienilo fermo nell’angolo. –

Il treno arriva. Jurij esce passando dai binari, Jaroslaw entra.

JUR – (fuori campo) Caporalmaggiore Ruskchenko… Prendo in consegna il vagone blindato n. 5… controllo e verifico, senza poter aprire, il contenuto dei vagoni da 1 a 4, abiti civili, da 6 a 8 derrate alimentari. Firmato Ruskchenko. Soldato, che notizie mi porti dal fronte? –

Il treno riparte. Jurij rientra.

JAR – Allora? Tutto liscio? –

JUR – Tutto a posto, come sempre, io credo. –

JAR – Notizie dal fronte ucraino? –

JUR – Ha girato i tacchi e se ne è andato. –

JAR – Noi polacchi siamo più educati. –

JUR – Ma se all’ultimo treno volevano fucilarti! –

JAR – Però erano stati educati, mi avevano avvertito. –

JUR – Che educazione! Hai ragione. –

JAN – Signore, non andiamo ad aprire il vagone? –

JUR – Non possiamo! Non ci compete. –

JAN – Come sarebbe a dire che non ci compete. Ci lasciano qui un vagone e non possiamo usarlo? –

JUR – Quel vagone non è per noi. Dobbiamo solo conservarlo qui fino a che qualcuno ce lo richiede. Poi non abbiamo nulla per aprirlo, quindi…. –

Janek guarda verso il  vagone.

JAR – Che cosa hai da essere così agitato? Che cosa pensi di trovarci in quel vagone? –

JAN – Armi e munizioni. –

JAR – E che cosa te ne faresti qui? Spareresti ai piccioni? –

JUR – Lascialo perdere, Jaro. Lui è ancora nella fase in cui il soldato si vede con l’arma in mano. Cerca ancora di morire in maniera onorevole. –

JAR – Senti, ascolta un polacco: ogni tanto fatti qualche domanda. Ogni gesto che compi può essere o non essere una guerra personale: pensa se ti interessa che lo sia. –

JAN – Un soldato deve solo ubbidire. Nell’esercito la libertà personale del singolo crea solo confusione e la confusione è la migliore arma che diamo al nemico. –

JUR – Bene. L’ordine è che non  devi toccare il vagone n. 5. –

JAR – Speriamo che  arrivi presto un nostro convoglio, stiamo finendo le scorte. –

JUR – Sono stufo di mangiare sempre la stessa roba. Mi sta venendo lo scorbuto. –

JAR – (a Janek) Czekaj, se arrivassero provviste polacche, ti rifiuteresti di mangiare? –

JAN – Come se non sapessi che da un mese in qua mi fate mangiare e bere polacco. –

JAR – Dai Janek, (pausa per vedere come reagisce al fatto che per la prima volta lo chiama per nome) non puoi avercela tanto con noi polacchi. In fondo sei mezzo polacco anche tu. –

JAN – Invece sì, signore. Posso. Ascoltate una cosa, entrambi. Sì, io spero davvero di morire in guerra, perché io non ho più una casa a cui tornare, io! Me le hanno bruciate, casa e famiglia, i polacchi! Chiaro? –

Janek esce. Dopo un attimo di silenzio.

JAR – Che vuoi dirgli? Che la guerra è anche questo? Mi ha fatto star male sentirglielo dire, e pure il fatto di essere polacco, mi ha fatto star male. –

JUR – Già, ma non dirglielo. Sarebbe peggio. –

JAR – Come fai a dirgli di non crederci? Di non combattere. Come fai a dirgli di non farla diventare una guerra personale? Lui ci crede, anzi, ci deve credere. –

JUR – Non mi piace, questa guerra. Anche se qui non la vediamo, anche se non la vedo da mesi. Questa guerra non mi piace. –

JAR – Jurij, hai mai paura? –

JUR – Ogni mattina. Mi alzo ogni mattina pensando di avere solo poche ore. In questo sono quello che loro vogliono. –

Suona la campana che annuncia l’arrivo del treno.

JUR – Dai, questo è tuo. –

JAR – Cerca il soldato, che non faccia qualche sciocchezza. È il suo primo treno polacco. –

Jurij esce e Jaroslaw va sui binari. Dopo un attimo arriva il treno da ovest. Jaroslaw esce.

JAR (fuori campo) – Sergente Panas, ai vostri ordini… un carico da agganciare al convoglio? Signore non credo sia mai arrivato qui nulla del genere.. non ho mai ricevuto indicazioni in merito… Non ne ho idea.. Non credo di saperlo.. Signore, non possiedo nulla che io vi possa dare… Quel vagone.. Signore, non so che cosa contenga, ma credo che sia vuoto… Attaccarlo lo stesso? Signore, non ne comprendo il motivo…. Mi permetto di dissentire.. –

Jaroslaw entra in scena. Jurij entra anche lui da una quinta.

JAR – Siamo nei guai! Vogliono attaccare il tuo vagone al treno. –

JUR – Un vagone a caso? E che se ne fanno? –

JAR – Non lo so! Avrebbe dovuto esserci un treno polacco che avrebbe dovuto lasciare un carico per loro, ma questo vagone non è mai arrivato. –

JUR – E si prendono il vagone ucraino? Senza neppure sapere che cosa contiene? –

JAN – (da fuori scena) Sissignore… procediamo subito con l’aggancio. –

Jurij e Jaroslaw vengono colti dal panico.

JAR – Che diavolo sta facendo? –

JUR – Non ne ho idea! Lo giuro, era dietro di me, lì nascosto. –

JAR – Farà qualche sciocchezza! Qualche eroismo. –

JUR – Che sia riuscito ad aprire il vagone e dentro ci sia dell’esplosivo? Farà una strage. –

JAR – Vado a vedere. Magari riesco a fermarlo. –

Esce. Jurij entra nella garitta e inizia a cercare qualcosa ed esce.

JUR – Le pistole ci sono tutte. I fucili sono nella nostra zona, non può averli presi. –

JAR – (Fuori scena) Benissimo signore, certo… Mi dia pure, le pongo la firma in calce… una lettera! Benissimo. –

Il treno riparte. I due soldati rientrano, uno provato per il pericolo corso, Janek tronfio per essere riuscito nella sua impresa. Viene subito aggredito da Jurij.

JUR – Che cosa diavolo hai combinato? –

JAN – Caporale, si calmi! Non ho fatto nulla, se non tirare fuori dai guai il cane polacco. –

Jaroslaw annuisce.

JUR – Hai aiutato Jaroslaw? Non ti credo! E per quale motivo? –

JAN – Ero là dietro, sbirciavo il treno e ho visto che stavano scendendo dei soldati. Ho temuto che iniziassero a girare per la stazione, e così sono uscito e li ho convinti a lavorare intorno al vagone. –

JUR – Perché lo avresti fatto? Tu odi i polacchi! –

JAN – E continuo a odiarli. Signore, col suo permesso mi allontano. –

Jurij annuisce e Janek esce.

JAR – Bisogna ammettere che ci ha salvato. Finora non erano mai scesi dal treno in transito. Forse volevano solo agganciare il vagone senza avvertirci di nulla, però… chi può sapere come sarebbe andata a finire. –

JUR – Io non lo capisco, quel ragazzo. Di sicuro è confuso da questo mese qui. –

JAR – Già. Comunque, se qui iniziano gli scontri, io un occhio a lui lo do: non si sa mai. –

JUR – Ti hanno lasciato niente? –

JAR – Solo questa lettera, credo che possiamo aprirla. –

JUR – Speravo in qualcosa di commestibile. Quanto tempo è che non mangiamo delle salsicce? –

JAR – Non lo so, quaranta giorni almeno. Avremo visite. –

JUR – Visite di chi? –

JAR – Maggiore Iwaszkiewicz. Verrà a fare una visita alle truppe. –

JUR – Che, nel tuo caso, saresti tu solo. –

JAR – Esatto! –

JUR – E come mai? –

JAR – Non lo dice. È uno di quelli che non hanno  dei motivi per muoversi. Prendono e arrivano. –

Suona la campana. Arriva un treno.

JUR – Stavolta è mio? –

JAR – Penso di sì. Comunque, per ogni evenienza, andiamo entrambi ad avvistare. –

Si muovono sui binari.

JUR – Affermativo, sergente. Treno resistente. -

Jaroslaw corre via. Jurij esce e lo sentiamo fuori campo.

JUR – Caporalmaggiore Ruskchenko, agli ordini signore… -

V.F.C. – Caporale, eccole gli ordini in busta chiusa . –

JUR – Quartier generale, esercito di liberazione ucraina, addì 24. A tutte le sedi distaccate dal fronte, viene richiesta di approvvigionare le truppe con dieci quintali di derrate alimentari semplici e n. 8 armi da fuoco funzionanti. –

V.F.C. – Caporale, a che punto siete  con la raccolta? –

JUR – Signore, ho letto solo ora l’ordine del quartier generale. –

V.F.C. – Caporale, l’ordine è stato deciso dal quartier generale ben una settimana fa, quindi sono già sette giorni che attendiamo il vostro contributo. –

JUR – Signore, sono a conoscenza dell’ordine da meno di un minuto! –

V.F.C. – Ecchissenefrega! Siete comunque indietro di una settimana! Fra tre giorni dovrete caricare il vagone vuoto. –

JUR – Tre giorni? È una follia! Come posso trovare tutto questo materiale in soli tre giorni? –

V.F.C. – Pensate che la cosa mi riguardi? Voglio solo ricordarvi che in ogni momento si può liberare un posto in trincea o al pascolo delle capre. Ma non vi è dato scegliere. –

JUR – Sissignore! –

Il treno riparte. Jurij rientra e incontra Jaroslaw.

JUR – Pazzesco! Amico mio, tra tre giorni farò le valigie! –

JAR – Ti hanno trasferito? –

JUR -  Non proprio, ma ho tre giorni per questa missione impossibile e poi mi manderanno in trincea. –

JAR (leggendo la lettera) Beh, per le armi si fa come al solito, dovrebbero esserne rimaste da qualche convoglio. Dieci quintali di derrate alimentari, che cosa sarebbero? –

JUR – Cibo. Di qualsiasi tipo, grano, zucchero, farina… -

JAR – Per dieci quintali? -

Rientra Janek.

JAR – Non credo che ne sia neanche mai passato di qua, una tale quantità. –

JAN – Che succede? –

JAR – Succede che il vostro esercito ha sbroccato. –

JAN – Calmi con le parole! Non sono ancora dalla vostra parte. –

JAR – Guarda qui! –

Jaroslaw dà a Janek la lettera.

JAN – Un bel po’ di roba da trovare. Quando verranno a ritirarla? –

JUR – Fra tre giorni. –

JAN – Tre giorni?! E dove le troviamo queste armi? –

JAR – Quelle non son un problema. Abbiamo ancora una decina di fucili polacchi funzionanti in quel vagone sul binario morto. Sono i quintali di cibo che non sappiamo dove trovare. –

JAN – Volete dar loro dei fucili polacchi? –

JUR – Sono uguali ai nostri. Non c’è nessuna differenza. Lo abbiamo già fatto in passato. Ma le derrate alimentari? Ogni vagone che arriva ne contiene al massimo un quintale. Se anche aggiungessimo quello che spetta a noi, ci occorrerebbero dieci treni. E in tre giorni non arriveranno mai. –

JAR – Non c’è soluzione. –

JAN – Siamo in guerra, la soluzione c’è. –

JAR – Sarebbe a dire? –

JAN – Gli espropri partigiani. Si va nelle case qui intorno e si preleva quello che ci occorre. –

JUR – Vuoi andare dai contadini e rapinarli? –

JAN – Non è una rapina! Possiamo fare una ricevuta che vale loro come pagamento. Li acquistiamo. –

JUR – Janek, siamo partigiani in un protettorato  polacco. Le nostre ricevute non valgono nemmeno per (rimane in sospeso) –

JAN – Può acquistarli lui! (indicando Jaroslaw) –

JAR – Con che soldi? –

JAN – Insomma, dobbiamo provarci. Quelli sparano! –

JUR – Quelli chi? –

JAN – I nostri ufficiali! –

JUR – Se non sparano, ci mandano in trincea a farci ammazzare dai russi. –

JAR – O dai tedeschi. –

JAN – È l’unica soluzione. Signore, se non ricevo ordini in senso opposto, farò il giro delle case qui a valle per cercare di acquistare qualcosa. –

JUR – Se te lo vietassi, mi ubbidiresti? Ho capito. Ascolta, hai l’ordine di non usare violenza per nessun motivo, chiaro? Se ci sarà coercizione da parte tua, avrai mancato di rispetto alla tua divisa e disonorato il tuo esercito. Mi sono spiegato? –

JAN – Signorsì. – (esce per prepararsi alla missione)

JAR – Jurij, io sono stanco! Sono abbastanza stanco di questa situazione. –

JUR – Che cosa vuoi dire? –

JAR – Siamo qui, entrambi, sotterrati dai nostri rispettivi eserciti, senza informazioni di alcun tipo. Ogni volta che ho cercato di farmi un’idea della situazione, di come le cose stanno evolvendo in questa invasione, subito accade qualcosa che rimette tutto in discussione. –

JUR – Riceviamo ordini che dobbiamo eseguire ancor prima che gli ordini stessi ci vengano recapitati. –

JAR – Assurdo. Completamente assurdo. –

JUR – Veniamo minacciati di morte dai nostri stessi compagni. Io ci sono stato al fronte. Lì muori, ma non hai tempo di vedere chi è a ucciderti, non hai tempo di rendertene conto. –

JAR – Qui, ti obbligano a pensare che stai per  morire. Qua, conti i giorni. Quelli passati, e quelli ad attendere. –

JUR – Tre. Tre giorni nel mio futuro, e poi… -

Il suono della campana che annuncia il treno lo interrompe.

JAR – Che diavolo? Quarto trasporto della giornata? –

JUR – Questo a chi apparterrà? -

Corrono entrambi sui binari, ognuno guarda nella propria direzione. La campana continua a suonare.

JAR – C’è nebbia nella tua direzione? –

JUR – No. Tutto chiaro. Da te? –

JAR – Da nord nessun ostacolo. Ma ancora non lo vedo. –

JUR – Nemmeno io. –

I due continuano a osservare. Dopo qualche tempo la campana smette.

JUR – Jaro, che significa secondo te? –

JAR – Non ne ho idea. Un’interferenza della linea, un falso allarme. Che sia un treno russo o tedesco? –

JUR – Ci mancherebbe solo più questo. –

JAR – Nel caso, io parlo entrambe le lingue. –

JUR – Sei anche capace di dire: ci servono dieci quintali di grano? –

JAR – Sì. All’occasione lo so dire. –

JUR – Però mi  sa che non servirebbe. –

JAR – A proposito di alimentari, c’è rimasto qualcosa? –

JUR -  A me nulla. –

JAR – Io posso andare a controllare ma non ricordo di avere avanzato qualcosa di commestibile. –

JUR – Bene! Primo giorno di digiuno. Speriamo che domani arrivi un qualcosa. –

Buio.


II ATTO

V^ scena

Il giorno dopo.

Jaroslaw è seduto in scena. Jurij nella garitta.

JUR – Niente! Non si può riparare. Maledetto il giorno che abbiamo strappato l’apparecchiatura. Non c’è più segnale di linea. –

JAR – Dai Jurij, non perderci tempo! Tanto, ricordi benissimo anche tu che funzionava male. –

Jurij esce dalla garitta.

JUR – Già. Ma se funzionasse potremmo richiedere di mandarci delle provviste. –

JAR – Sì. Però dubito fortemente che ce li avrebbero mandate. –

JUR – Tentare non nuoce. Che non mi senta Janek, ma non mi dispiacerebbe che la sua missione andasse a buon fine. –

JAR – Sono d’accordo. Comunque entro domani sapremo come è andata. –

Suona la campana. Arriva un treno. Di nuovo, entrambi, si precipitano  sui binari, a osservare nelle due direzioni.

JAR – Cielo pulito, sole… se stavolta i treni arrivano veramente li vediamo di certo. –

JUR – Io però non vedo ancora arrivare nulla! –

JAR – Nemmeno io. Temo che sia un altro falso allarme. –

JUR – No. Non può essere. Deve arrivare qualcosa! –

Dopo un momento di attesa, la campana smette.

Da una quinta, arriva Alexandra, soldatessa ucraina, anch’essa male in arnese, con un grosso zaino sulle spalle e una telescrivente sotto braccio. I due non la vedono.

ALE – C’è nessuno qui? –

JUR – Neanche oggi nulla. Non si mangia. –

JAR – (accorgendosi di Alexandra) Jurij, guarda. (la indica poi si abbassa per tentare di nascondersi.) -

Jurij si precipita in proscenio per non farla voltare.

JUR – Soldato, eccomi. –

ALE -  Signore, soldato semplice Alexandra Dudek. Telegrafista. –

JUR – Caporalmaggiore Ruskchenko, di stanza al Margine. Finalmente si sono accorti di noi, cioè di me, al quartier generale. –

ALE – Ecco qui signore, un apparecchio nuovo. –

JUR – Perfetto. Il nostro, però, temo sia principalmente un problema di linea. Non di apparecchiatura scrivente. –

ALE – Non importa. Noi vi forniamo una macchina nuova a prescindere. Se c’è un problema di linea, occorre un tecnico delle linee. –

JUR – Quindi, soldato, lei se ne va? –

ALE – Penso di sì, signore. –

JUR – Capisco. Vorrei offrirle qualcosa per rifocillarsi del lungo viaggio, ma da due giorni non arrivano provviste. E posso darle solo dell’acqua. –

ALE – Non importa, signore. Dell’acqua andrà benissimo. Intanto le preparo il foglio di carico. –

JUR – Foglio di carico? Intende dire che devo pagarle un macchinario che non utilizzo? –

ALE . Sissnore. Questa cifra vi verrà decurtata dallo stipendio annuo, o se preferite verrà riscossa a guerra finita. –

JUR – Quindi, a guerra finita, questa telescrivente potrei portarmela a casa. Se finisco la guerra qui, si intende… -

ALE – Ovvio signore, ma.. dubito che ne possiate fare un qualche uso in un prossimo futuro. È già un modello molto vecchio, per di più usato. –

JUR – Addirittura usato? –

ALE – Sì. Arriva da una caserma di Ternopol. –

JUR – Avete preso una scrivente rotta a Ternopol e la vendete a me come funzionante? –

ALE – Con tutto il rispetto, signore, siamo in guerra e si fa quel che si può. –

JUR – Una magra consolazione! Intanto la pago.(le dà una tazza di acqua) –

ALE (bevendo) – Non se ne faccia un cruccio, signore. Siete la postazione di difesa più economica del nostro esercito. Il prossimo mese chiuderà Lviv 3 perché ha un costo troppo alto. –

JUR – Si trattava di quell’avamposto di tre soldati, no? –

ALE – Esatto signore. Tre soldati erano troppi per un avamposto così. Il costo era effettivamente troppo alto (si ricarica lo zaino sulle spalle). Bene signore, è ora che io riparta. Le arriverà il tecnico specializzato al più presto. Ecco il foglio di carico. Mi sembra di capire che pagherà alla fine del conflitto? –

JUR – Sì. Lo comunichi al quartier generale. –

Si salutano e Alexandra se ne va.

Jaroslaw si rialza da dove era nascosto e viene in proscenio.

JAR – Ho sentito tutto. Ora abbiamo una bellissima telescrivente nuova già usata. Bel modello! Se non altro è più nuova della nostra. –

JUR – Pazzesco! Sempre più irreale! Non so neppure che cosa aspettarmi ancora. –

JAR – Jurij, amico mio! Penso che la cosa migliore da fare, sia cercare di staccarsi ancora un po’. Di più, intendo. La guerra è lontana, noi non la vediamo da mesi, e dobbiamo staccarci anche da quello che subiamo. –

JUR – Certo. Per te è facile parlare. Domani non verrai sbattuto al fronte o al pascolo! –

JAR – Jurij, che dici? Sono tuo amico lo sai! Non c’è niente che lasci pensare che io non venga sbattuto al fronte presto o tardi! E poi ricordati che mi hanno già minacciato di fucilazione, un mese fa. –

JUR – Scusami. Hai ragione! Bisogna che io impari a staccarmi da tutto. Veramente da tutto ciò che accade qui intorno. Anche se mi mandassero al fronte.. in fondo sono pagato per questo. Devo sconfiggere i polacchi usurpatori e i russi invasori. Io combatto per riprendermi la mia terra! –

JAR – Uhm! Vorrei che Janek fosse qui a sentirti! –

Suona la campana.

JAR – Questa volta c’è! Tre falsi allarmi di fila, non possono essere. E sento pure che è mio!! –

Jaroslaw va a vedere.

JAR – Eccolo lì! È proprio mio. –

Jurij si nasconde nella garitta.

JAR – Avanti, luminoso regno dell’aquila bifronte! Vieni a sfamare tuo figlio. –

Esce e parla da fuori campo.

JAR (f.c.) – Sergente Panas, agli ordini!.. ecco la lista.. come? Come sarebbe a dire che dovrei fornirvi questa roba?... Io non possiedo un cannone da 14 mm, non l’ho mai neppure visto … il nostro cannone che era puntato sui russi è stato conquistato dagli ucraini.. Bene! Cioè, volevo dire.. No, comunque qui non possiedo armi da artiglieria… mi scusi, prima che ve ne andiate… Io non mangio da giorni, non avreste il solito vagone di commestibili da lasciare?... No? Nulla!... Va bene. –

Rientra in scena, si volta per il saluto militare e prima che il treno riparta, gli lanciano ai piedi un pacchetto. Quindi riparte.

Jaroslaw raccoglie il pacco da terra, lo apre e nel mentre si avvicina a Jurij, a centro palco.

JAR –  Tieni, una lettera del quartier generale polacco arrotolata su pane e burro. –

JUR – Meglio di niente. Le state prendendo dai russi, eh? –

JAR – Così pare. C’è chi, forse, sta peggio di noi. –

JUR – Che dice la lettera? –

JAR – Nonostante la perdita del cannone da 14, il nostro maggiore Iwaszkiewicz non rinuncia alla sua visita. Sarà qui domani sera, in arrivo da Ternopol. –

JUR – Che è nostra! –

JAR – Cosa? –

JUR – Ternopol.. è nostra! –

JAR – Era vostra, magari. La telescrivente arriva da lì. Perché a Ternopol non serviva più. –

JUR – Beh, uno a uno. Perdete un cannone ma ci prendete una città importante. –

JAR – La guerra è diventata un gioco. –

JUR – Vieni, stasera cena a lume di candela con pane, burro, e acqua piovana.

Escono.

Buio.

VI^ SCENA

Il giorno dopo.

JAR – Jurij,  ti confesso di essere nervoso. –

JUR – Per l’arrivo del tuo maggiore Iwaz-qualcosa? –

JAR – Iwazwkiewicz! Sì. Non so che cosa attendermi da questa visita. Non so se mi faccia più paura l’eventualità di un trasferimento al fronte o rimanere qui a sentire le decisioni che prenderanno. –

JUR – Non so neppure io che preferire, e nemmeno che cosa aspettarmi. Scusami, il mio destino è legato al giovane Janek, per cui non sono in grado di ragionarvi sopra. –

JAR – Entro domani, io e te chiudiamo bottega. Per quello che mi riguarda, farò poca strada, le esplosioni da nord si avvicinano. –

JUR – Quelli sono gli scontri tra polacchi e … chi? –

JAR – Chi se lo ricorda! Non mi ricordo nemmeno più chi abita a nord di noi. Quali stati ci siano. –

JUR – E da quella parte? (indica verso sud) –

JAR – Anche da lì si stanno avvicinando. A sud e a est lo so, tutti gli stati d’Europa vengono da lì: russi, tedeschi, ucraini, rumeni, bielorussi, tartari, persiani, uzbeki… -

JUR – Quello è il mio fronte, temo. –

Suona la campana che indica l’arrivo del treno.

JUR – Ci siamo. Vado a nascondermi. Buona fortuna! – (esce)

Arriva il treno e subito dopo esce un drappello di quattro persone con in testa il Maggiore Iwaszkiewicz. Divisa d’ordinanza polacca, abbottonata sbagliata, sporca. Lui è scuro in volto, piegato in avanti dalle preoccupazioni. Nel plotone, un soldato tiene in mano la bandiera.

MAG – Ho pestato una merda! –

Si pulisce la suola con la mano e la attacca alla divisa.

JAR – Strano signore! Qui intorno non ci sono animali. –

MAG – L’ho fatta io, in treno. Però ‘sto stronzo di treno sussultava e non ho centrato il buco. –

JAR – Sergente Jaroslaw Panas, di stanza al Margine. Ai vostri ordini.-

MAG – Maggiore Deanna Iwaszkiewicz. Lieto. –

Fa il saluto militare e gli porge la mano sporca di merda per stringerla.

MAG – Ha la mano screpolata! Che schifo! –

Entrambi si puliscono le mani sulla divisa.

MAG – Allora mi dica come vanno le cose in questo buco di culo! E veda di non mentire, perché io mi accorgo quando qualche lebbroso figlio di una testa di cazzo mi vuole mettere un braccio nel culo. E visto che le notizie mi arrivano, so che è un inculato e le faccio subito notare che sono sceso dal treno della latrina per metterle il mio uccello duro in faccia. –

JAR – Bene signore, dunque… -

MAG – Che cazzo sta dicendo? Bene un cazzo! Lei è una persona inaffidabile! Per colpa sua finisco a mangiare la merda dei russi con il buco del culo all’aria (tira su il catarro, sputa e si pulisce con la manica del  soldato accanto). Devo andare dal dentista a Varsavia, non riesco più a vomitare. Avanti, professore, dimmi che vuoi? Che cazzo vuoi?!! –

JAR – Signore, io non… -

MAG – Qua mi fanno andare con una mano davanti e una didietro. Perché lei sta qui a fare i pompini ai cadaveri mentre io mi prendo le inculate a sangue dai signori che stanno a Varsavia. Perché quelle sono tutte teste di cazzo, eh. Sa che cazzo vogliono da me e da voi? (scoreggia) Perché io sono qui, che devo fare i numeri, ma ho solo delle grandi teste di cazzo a cui posso chiedere. E voi, rotti in culo, io non mi faccio mettere all’angolo per voi. Che io non mi prendo i bagni di sangue perché siete delle grandi teste di cazzo, voi! (al soldato di fianco) Dammi qua che devo pisciare. Che schifo! –

Prende la bandiera, si mette di spalle e ci piscia sopra. Poi, quando ha finito la raccoglie e ci si soffia il naso dentro.

MAG – Che schifo! –

Prende una serie di fogli stropicciati dalla tasca, e ogni volta un rumore, una parolaccia, uno sputo. L’ultimo lo legge ad alta voce.

MAG – Figli di una cagna schifa, puttana schifosa, troia! Questo è troppo. Qua ordinano di tirare una testata al muro, tutti i giorni di prima mattina come segno di tenacia ed esempio alle truppe. No!! Questo è veramente troppo. Io non lo so, fate come volete, voi che siete professori qui nelle retrovie. Oh, così come l’ho comprata ve la vendo. Sappiate che questo ci chiedono i grandi capi su a puttanacazzo sono! Voi fate come volete, io ve l’ho detto. –

JAR – Signore, io mi prenderei…. –

MAG – (al soldato di fianco) Manda una telefonata agli altri direttori che hanno preso lo stesso ordine per chiedere che cosa fanno gli altri. –

Il soldato si avvia verso la garitta.

JAR - (rivolto al soldato) Non si può, soldato, abbiamo le linee interrotte da un mese. –

MAG – Puttana di una polacca troia! Come si fa a lavorare in questo modo. Mai una cosa che funzioni, sempre da rincorrere gli altri e poi quello che fai non va mai bene. Che cazzo! Non siamo mica in guerra! –

Mentre parla, il maggiore si avvicina alla parete della garitta. Quando è a un passo da essa, prende la rincorsa e gli tira una sonora testata. Poi cade a terra, frastornato.

JAR – Maggiore, ma che cosa ha fatto? Si sente bene? –

MAG – Porca di quella schifa. Che marcioni di ordini danno! Voi fate come volete, io non so se domani mattina lo faccio. –

SOLDATO – Maggiore, domani siamo a sud, a Moldova, lì ci sono dei muri più fragili, mattoni in argilla e calce sopra. –

Mentre sono tutti di spalle, intorno al maggiore, che hanno aiutato a rialzarsi, arriva Alexandra.

ALE – E.. voi chi siete? –

MAG – Chi è questa sparapompini? –

JAR - (corre da Alexandra per non farla intervenire) Maggiore, le presento il soldato… Cyrill! Mi fa da attendente da qualche giorno, visto che sapevano del suo arrivo. –

MAG -  Perché non è in divisa? –

JAR – Per confondersi nel villaggio! Qui non tutti sono contenti della nostra presenza, e allora… (sottovoce a Alexandra) Non dire nulla e ci salviamo. –

MAG – Fa la troia in paese? –

JAR – Nossignore, va in giro, sente come è il clima, le ultime notizie dal fronte. –

MAG – Perché? Non sprechi abbastanza soldi? Dobbiamo spendere per mandarla in giro a chiedere se piove o fa sole?! Non potevi portarti un termometro da casa, oh stronzo? –

JAR – Non intendevo in quel senso…. –

MAG – Meglio che me ne vado, altrimenti finisce che divento schifoso e volgare! Puttana di una porca troia! –

Si gira e si pulisce il naso nella bandiera, poi se ne va senza salutare, con il plotone che lo segue. Jaroslaw e Alexandra, invece si mettono sull’attenti e salutano militarmente.

Il treno riparte.

ALE – Chi diavolo sei tu? –

Fa per mettere mano alla pistola ma Jurij esce e la ferma.

JUR – Soldato, fermati! Ti posso spiegare tutto. Il sergente Jaroslaw Panas dell’esercito polacco, mi ha dato una mano in passato. E io ho fatto lo stesso con lui. Ci siamo oramai divisi la stazione. Di qui passano i treni di entrambi gli eserciti e noi abbiamo instaurato questo regime di collaborazione. –

ALE – Non credo di capire, signore. –

JAR – Io ho salvato la vita a lui, lui ha salvato la mia e siamo pari. Facciamo lo stesso lavoro qui, per due eserciti contrapposti, ma non ci combattiamo. –

ALE – Chi è stato il primo a salvare la vita all’altro? –

JUR -  Francamente, non lo ricordo. Che differenza fa? –

ALE – Che il primo a cui è stata salvata la vita, ora può uccidere l’altro. –

JAR – Non è vero. Chi l’ha detto? Si può decidere per l’inverso. –

JUR – Non si decide per nessuna versione. Anche perché tu, soldato, sei stata poc’anzi salvata dal sergente Panas. Quindi tu, sei quella in debito dei tre. –

ALE – Sissignore! Questo lo so. Era per voi, perché finiste questa situazione di stallo. –

JUR – Non ci interessa finirla. Da nessuna delle due parti. –

JAR – Concordo in tutto. Anche nella parte in cui ti ho salvato la vita, così, nel futuro te lo tieni a mente. –

JUR – (a Alexandra) Tu piuttosto, che ci fai qui? –

ALE – Ero arrivata a Ternopol, ho chiesto un tecnico delle linee ma non ne erano presenti. Così hanno nominato me tecnico e posso intervenire. –

JUR – Tu sei tecnico delle linee? –

ALE – Ora sì. Mi hanno dato il  manuale e il diploma. Quindi, da due giorni lo sono. –

JAR – Si fa carriera così velocemente da voi? –

JUR – Anche in Polonia, direi! Li prendete direttamente dalla nobiltà più fine, i vostri ufficiali? –

JAR – No! Da noi gli ufficiali fanno l’accademia. Imparano lì a farsi schizzare i nervi. –

JUR -  Per colpa del tuo amico avremo bisogno di un carpentiere. La testata che ha tirato ha spostato le assi a fianco. –

JAR – Davvero? –

JUR – Soldato Dudek, mentre eri lì ti hanno dato anche un diploma di falegname? –

ALE – No signore! Quello no. –

JAR – Che si dice nel centro abitato? Notizie dal fronte? –

ALE – No. Mi dispiace. –

JAR – Senti soldato, non è che  non hai notizie perché temi, in realtà, di fornire informazioni al nemico? Guarda che qui, da un anno, le cose sono trasparenti. C’è uno scambio completo di informazioni. –

ALE – Non si preoccupi, signore. Lo avevo capito. No, non ho proprio informazioni dal fronte. –

JUR – Magari, però puoi dirci qualcosa che non sappiamo, lo stesso. Ad esempio, a nord, chi combatte? –

ALE – Noi contro i polacchi e i polacchi contro i russi. –

JAR – A sud? –

ALE – Lì ci sono i tedeschi che vogliono riunificate Romania e Moldova, e vogliono entrare nel Paese da nord, e lì i polacchi si oppongono per l’indipendenza della Romania. –

JAR – I russi? –

ALE – Sono a est. Cercano di strappare terre ucraine ai polacchi, dopo aver invaso la Romania. –

JUR – E noi? –

ALE – Combattiamo tutti. Anche se non ci sono ancora decisioni per quanto riguarda i tedeschi. –

JUR – Nel dubbio si spara? –

ALE – Precisamente signore. –

JAR – Per caso, nei tuoi giri hai incontrato un tuo camerata che trasportava sacchi di farina o qualcosa di simile? –

ALE – No. Non mi sembra. Posso chiedere di chi si tratta? –

JUR – Il soldato Janek Czekaj, di stanza qui senza un ordine specifico. Entro domani dobbiamo trovare dieci quintali di derrate alimentari e delle armi. In caso contrario, o il fronte o fucilazione immediata. –

JAR – Veramente hanno parlato di pascolare le capre… -

JUR – Nulla vieta loro di fucilarmi sul posto! –

JAR – È vero, ma nulla vieta loro di farti sparare dal fronte nemico. –

ALE – Quindi, signore, se ho capito bene, siamo in quattro a vivere in questa stazione? E senza nulla da mangiare? –

JUR – Almeno fino al prossimo treno. –

ALE – Per dormire? Dove si va a dormire? –

JUR – Non abbiamo un posto dove dormire in quattro. Anzi, abbiamo un solo letto per tutti. Io, direi che tu dormi nel settore polacco, perché lì c’è il letto, no? E noi dormiamo insieme nel settore ucraino. –

ALE – Signore, le faccio notare che sono un soldato e non voglio favoritismi. Anche perché sono l’unica a non avere gradi. –

JAR – Io sarei d’accordo con il caporale Ruskchenko, ma se tu credi di non volerlo, lascio decidere a te. –

ALE – Vorrei fare una domanda, piuttosto. Voi siete qui da più di un anno, vero? –

JUR – Sono quasi un anno e sei mesi. –

ALE – Per il sesso come vi siete organizzati? –

JAR – Cosa intendi? Non penserai mica.. che io e lui… Non facciamo, semplicemente. –

ALE – Beh, allora stasera mi occuperò io di voi. Così sarete più rilassati. –

JUR – Vuoi dire che tu ha intenzione di venire a letto con tutti e due? –

ALE – Signorsì signore. Tecnicamente occorre definirlo un “semplice rapporto sessuale completo”. Rientra nei miei doveri di donna soldato. –

JAR – Fare sesso con i colleghi? –

ALE – Esatto, signore. Trattasi di un “semplice rapporto sessuale”, che ha la mera utilità di alleviare la tensione, ai colleghi soldato uomini. –

JAR – Iniziativa apprezzabile, nel vostro esercito. –

ALE – In questo caso, mi dirigo nella camera del lato polacco, così staremo più comodi. Col vostro permesso signore. –

Jurij fa un gesto d’assenso e Alexandra esce dal lato polacco.

JAR – Tu che intenzioni hai, Jurij? –

JUR – Non lo so. Non ho mai sentito il bisogno di sesso fino a che non  ne ha parlato lei. –

JAR – Però ora, una certa voglia ti è venuta? –

JUR – Lo ammetto, mi è venuta! Sono più di due anni che non vedo una donna, io. –

JAR – Anche per me, è lo stesso. –

JUR – Però, penso anche a mia moglie. Andare con un’altra donna, anche se una volta sola, è tradirla. –

JAR – Beh, sì! Certo! Se non avessi moglie e figlie, deciderei in maniera più libera. D’altra parte, però, si tratterebbe solo di un rapporto meccanico, senza sentimento o passione. Jurij, non so che cosa penserai di me, ma..  io vado a letto con lei. Giudicami male, se vuoi! -

JUR – No. Jaroslaw,ok. Io non ho il diritto di giudicare nessuno. Men che meno te. –

JAR – Beh, grazie allora! –

Jaroslaw esce dal lato polacco. Jurij rimane in scena a gironzolare, cercando qualcosa da fare. Guarda spesso l’orologio.

JUR – Cinque minuti… mi sembra che siano passati,… avrà finito… avrà finito di fare. –

Jurij esce di corsa dal lato polacco.

BUIO.

VII^ SCENA.

Il giorno dopo.

Al buio arriva Janek.

JAN – Ehì, c’è nessuno? Caporale! Caporale Ruskchenko! Sergente! –

Dal lato ucraino entra Jaroslaw.

JAR – Janek! Grazie a Dio, sei arrivato. Hai buone notizie? –

JAN – Sissignore! Direi quasi ottime. –

JAR – Bene, vado a chiamare i tuoi compagni. –

Esce dal lato polacco.

JAN – Tuoi compagni? Chi c’è oltre al caporale? –

Entrano tutti e tre.

JUR – Oh Janek, non sai che piacere vederti. –

JAN – Signore! - Saluto militare.

JUR – Soldato Czekaj, ho il piacere di presentarle il soldato Alexandra Dudek, il tecnico che ci è stato mandato per le riparazioni alle telecomunicazioni. –

JAN – Salve! –

ALE – Ciao! –

JUR – Avanti, dimmi, che cosa hai trovato? –

JAN – Sì. Dunque signore. In questi giorni ho visitato ben cinque fattorie e sono riuscito ad acquistare presso tre di esse. Ho acquistato, avena, farina e un intero carro di frutta. In totale abbiamo superato abbondantemente i dieci quintali. Ho bisogno di una mano per caricare il vagone vuoto. –

JAR – Nessun problema, mi metto subito al lavoro – Esce

JUR – Janek, mi hai salvato la vita! Ma… come li hai pagati? –

JAN – Pagavo con i buoni della resistenza. Come le ho detto, tre cascine su cinque li hanno accettati. –

JUR – Bene! Molto bene! –

ALE – Signore, se tutto è stato risolto, io mi metterei al lavoro sulle linee. –

Alexandra entra nella garitta.

JAN – Signore, c’è ancora una cosa che devo aggiungere. –

JUR – Di che si tratta? –

Entra Jaroslaw.

JAR – Jurij, Janek, ho bisogno di una mano a spostare una vacca dai binari. Deve aver sconfinato fino a qui. –

JAN – Non è necessario. È nostra. (a Jurij)IÈ questo che dovevo ancora dirvi. –

JUR – Ti sei comprato una mucca? –

JAN – Signore, si trattava di una bestia un po’ vecchia, non rendeva più al fattore. È pur sempre carne per noi anche se sarà un po’ dura. –

JAR – Come idea non è male, ma chi di noi sa macellare una mucca? (silenzio di tutti) Me lo aspettavo! –

JUR – Vabbè, a questo problema possiamo ovviare. Janek, prendi una pistola e uccidila. Vai nel retro del vagone, hai tutto lo spazio che vuoi. –

JAN – Io signore? Non può farlo il polacco? –

JAR – Quando ci sono dei lavori schifosi, di colpo, ti ricordi che sono polacco. Io non sono un.. non ho mai preso un arma in mano, io! –

JAN – Nel vostro esercito non sapete sparare e vi fanno sotto-ufficiali? Siamo stati invasi dal peggior esercito d’Europa! –

JAR – Fallo tu, allora! Perché non le spari? –

JAN – Perché non ho mai sparato a nessuno! –

JUR – Siamo in tre! –

JAR – Possiamo chiederlo al soldato Dudek, stanotte mi sembrava abbastanza disinvolta. –

JUR – Vuoi chiederlo a una donna? –

JAR – È un soldato. Magari si è esercitata sulle armi. –

Entra Alexandra.

ALE – Signore, dentro è tutto stato ri-collegato. Ora devo cercare il guasto sulle linee. (si avvia verso i binari) Signori, c’è una mucca sulle rotaie. Ed è legata! Chi ce l’ha messa? –

JUR – Dovrebbe essere la nostra cena, per qualche giorno. Solo che occorre ucciderla. –

ALE – Va bene. E allora? –

JUR – (imbarazzato) È una situazione un po’ particolare, perché qui nessuno di noi ha il coraggio di ammazzarla. –

ALE – Siete soldati e avete degli scrupoli ad ammazzare una vacca? È comunque un animale, non un essere umano. –

JAR – Sì. È corretto. Solo che nessuno di noi, finora ha mai dovuto sparare. Resta il fatto che quando si ha poca dimestichezza con le armi… -

ALE – Se mi posso permettere, signore, uccidere è abbastanza facile. La prima volta che ammazzi ti fa impressione, poi passa. –

JAN – Tu hai già ucciso? –

ALE – Il primo fu un giovane russo. Si era attardato ad attraversare la strada, a Kiev, e io, da dietro una barricata, lo presi in pieno. Poi qualche altro russo, polacchi pochi. (In silenzio, gli altri la guardano stupiti.) Signore, posso procedere alla soppressione? –

JUR – (imbambolato) Eh? Ah, sì. Di là, nel settore ucraino, dietro al vagone. Lo abbiamo trasformato in una ghiacciaia. Dudek, suppongo tu sappia anche macellare! –

ALE – Temo di no, signore. Non credo nemmeno che i nostri coltelli siano adatti. –

JUR – Va bene. Quello che riesci a fare andrà bene. –

Alexandra saluta ed esce.

JAR – Certo che, con dei fanti così, è naturale che il vostro esercito non lo si sconfigga mai. –

JAN – Sembrava parlasse di sesso… qualche russo, qualche polacco… -

JUR – Stanotte non sembrava così…militaresca. –

JAN – Ehi, che significa stanotte? Lo avete già accennato poco fa. –

JUR – Te lo spieghiamo dopo, ora occupiamoci di preparare il vagone dono per il quartier generale. –

Squilla la campana. In arrivo un treno.

JAR – Appena in tempo, corriamo. –

Janek e Jaroslaw escono. Jurij va verso i binari ed esce. Quando arriva il treno, lo sentiamo parlare da fuori campo.

JUR – Caporalmaggiore Ruskchenko, ai vostri ordini. –

V.F.C. – Caporalmaggiore, buonasera! Lieto sono di vederla. Ancora bando i convenevoli. Che cosa mi deve! –

JUR – Come richiesto dal quartier generale, sono dieci quintali di derrate alimentari semplici e n. 8 armi da fuoco funzionanti. I miei uomini stanno spostando il vagone in coda al vostro convoglio. –

V.F.C. – Caporale, lei ha intenzione di coglionarmi? –

JUR – Signore no! Assolutamente. Questi sono gli ordini assegnati. –

V.F.C. – Questi erano gli ordini assegnatele ben tre giorni addietro. Lei non era preparato a eseguire l’ordine, e già avrebbe meritato la morte immediata, ma noi siamo vergognosamente virtuosi e magnanimi. Dopo tre giorni lei mi fornisce il semplice assegnato? Lei, stronzo, mi concede, coglione, il semplice, cacasotto, assegnato, di merda? Pretendo che raddoppi il carico o la uccido seduta stante con una baionetta. –

JUR – Signore, è già stato difficile trovare quanto il quartier generale mi richiese… -

V.F.C. – Lei vuole farmi ridere? O sta cercando la morte in questo buco dimenticato da tutti? Quando entro nelle altre stazioni, nelle altre caserme, io vengo inondato di cibo, armi e divise per il fronte senza che nemmeno io  richieda loro qualcosa. –

JUR – Signore sono mortificato, ma qua non c’è nulla che io possa fornirle in più. –

V.F.C. – Ruskchenko, amico mio, lei, in questo anno, si è classificato tra i migliori cinque sotto-ufficiali del nostro esercito e ora mi delude così? Se lei sapesse quanto mi fa soffrire venire da lei a richiedere come un mendicante, con la mano tesa. Come chi non ha gratitudine per lei? Quanto mi costa toglierle la vita così su due piedi? E poi mentire a sua moglie e sua figlia, sulla sua ingrata fine. E rimanere lì, mentre loro mi pregheranno di mentire, perché saranno così deluse dallo scarso amore che lei ha dimostrato, in vita, per loro? E tutto, perché lei non ha adempiuto a ciò che mi aspettavo da lei? –

JUR – Signore, io qui ho la responsabilità dei miei uomini. Essi non mangiano da ben due giorni e mezzo. Come posso dire loro di continuare a digiunare? –

V.F.C. – Caporalmaggiore, chissenefrega! Non è un mio problema! Io mi voglio occupare solo di felini e automezzi. Non devo mica essere io a dirle che qui intorno le fattorie sono piene di prodotti e beni che abbiamo l’obbligo di prenderci e che essi sono lieti di darci? Che restituiremo quando avremo vinto la guerra. –

JUR – E se non vincessimo noi la guerra? –

V.F.C. – Perché chi la può vincere? Lei non crede alla nostra vittoria? È come se lei non credesse alla mamma! E se anche non la vincessimo noi, pensa che in quel caso avremo da pensare a rimborsare i debiti di guerra ai contadini? –

JUR – Francamente no, ma non sento l’obbligo di requisire beni alle fattorie circostanti. –

V.F.C. – Caporalmaggiore, preferisce deludere dei contadini sconosciuti o sua moglie e le sue figlie? –

JUR – Signore, possediamo ancora una mucca. Ma è tutto ciò che abbiamo, signore. –

V.F.C. – Vorrà dire che ci accontenteremo, caporalmaggiore Ruskchenko. –

Il treno riparte. Jurij rientra e dopo rientrano Jaroslaw e Janek.

JAR – I nostri problemi non sono finiti. Anzi, direi che sono peggiorati. –

JUR – Non ci resta che sperare in un treno polacco. Non ne arrivano da due giorni di treni contenenti generi alimentari. – (si siede.)

JAR – Non mi va di fare l’uccello del malaugurio ma ho la sensazione che non ne arriveranno a breve. –

JAN – Alle cascine vicine non possiamo chiedere nulla. Sono stato ovunque e tutto quello che potevo comprare, l’ho acquistato. Potremmo fare degli espropri forzati. –

JUR – No! Non se ne parla nemmeno, per quello che mi riguarda. –

JAR – Sono d’accordo. –

Alexandra entra.

ALE – Penso di aver capito dove si trova il guasto alle linee. Dopo aver visto che si portavano via la mia cena, per placare la rabbia avrei deciso di rimettermi subito al lavoro. Con il vostro permesso, andrei. Tra poco sarà di nuovo possibile comunicare. –

JUR – Sì. Credo che sia quello che dovremmo fare tutti, rimetterci al lavoro. –

Alexandra esce.

JAR – Tra poco tenterò di mettermi in contatto con qualcuno della mia parte, se le linee si riprendono. – Entra nella garitta.

JAN – Signore, lei che cosa pensa di fare? –

Jurij lo guarda, quindi si alza ed esce.

BUIO.

VIII^ SCENA.

Il mattino seguente.

Jaroslaw in scena. Entra Janek.

JAN – Buongiorno signore! Ha dormito bene? –

JAR – Non ho dormito molto e non bene. La fame mi rende nervoso; così, appena riattivate le comunicazioni, ho passato buona parte della notte a cercare di comunicare con qualche altra caserma o addirittura con Varsavia. –

JAN – Risultato? –

JAR – Poco! Molto poco! Ho captato solo delle comunicazioni telegrafiche dalla Romania e da Kiev, durante le battaglie. Per adesso, nulla di utile. –

JAN – Il caporalmaggiore e il soldato Dudek? –

JAR – Non so. Penso abbiano dormito assieme nel settore polacco. –

JAN – Signore, ancora nessuno mi ha spiegato che cosa è successo qui due notti fa. –

JAR – Molto semplice. Dimmi, da quanto tempo non vedi una donna? –

JAN – Sergente, non mi verrà mica a dire che… -

JAR – C’è una donna che ti aspetta a casa? –

Jurij entra di corsa.

JUR – Ehi, Venite! Alexandra si sente male!  –

Escono e rientrano subito con Alexandra. Lei arriva barcollando, confusa, si appoggia a loro e loro l’aiutano a sedersi. Ha un grosso dolore al braccio sinistro o alla mano sinistra.

JAR – Tu hai la febbre. Tremi e… -

Jaroslaw le tocca la mano e lei urla di dolore.

JAR – Ti sei tagliata la mano. Quando è successo? –

ALE – Ieri. Mentre tentavo di macellare la vacca. –

JAR – Questo taglio si è infettato. Qua non abbiamo nulla per medicarti, temo. –

JUR – No. Il primo soccorso se lo sono portati via i tuoi in un carico, mesi fa. –

JAR – Janek, portala dentro. Falla sdraiare. Noi intanto cerchiamo di contattare un qualche centro medico per sapere il da farsi. –

Janek prende Alexandra sottobraccio e la conduce in casa. Jaroslaw entra nella garitta e inizia a telefonare. Da ora in poi Jurij e Jaroslaw si scambiano di posto fuori e dentro la garitta.

JUR – Per fortuna, ha fatto in tempo a riparare le linee. –

JAR – Pronto?... pronto!.. sono il sergente Jaroslaw Panas dalla stazione del Margine… abbiamo un soldato ferito, probabile setticemia!... come? No. Lo supponiamo solo… va bene, telefono al centro medico di Ternopol… -

JUR – Provo io a chiamare qualcuno (si scambiano al telefono). Stazione del Margine, caporalmaggiore Ruskchenko… ho un soldato ferito, in preda alla febbre, richiedo intervento medico urgente… ferita da taglio…. Devo telefonare al presidio medico centrale. –

Altro scambio tra i due.

JAR – Centro medico di Ternopol? Qui il sergente Panas dalla stazione del Margine. Richiedo intervento medico per un soldato feritosi con un coltello e ora in sospetta infezione. …Cosa?... Devo compilare un modello che mi telegraferete.. Deve compilarlo il soldato di suo pugno?... Signore, il soldato è ferito, non è in grado di muoversi, ha la febbre alta… Pronto? Pronto! (a Jurij mentre si scambiano)IDevo attendere questo modulo. –

JUR – Presidio medico? Buongiorno! Stazione ferroviaria del Margine, le richiedo un intervento medico per un soldato feritosi alla mano con un coltello e… un attimo, signore (prende il foglio arrivato via telegrafo e lo sporge a Jaroslaw)… Sì, le dicevo, il soldato è ferito e c’è probabile l’infezione…. No! Non sono medico. Le ho detto che si tratta probabilmente di infezione… devo prima chiedere il permesso... il permesso di intervenire al sergente… Chi? Al sergente di divisione. Va bene! –

JAR – Va bene! Ho finito di scrivere. Lo spedisco subito e ti lascio via libera. –

Si scambiano per la trasmissione e ritornano ai posti di prima..

JUR – Caporalmaggiore Ruskchenko.. devo parlare con il sergente. Di divisione. Deve autorizzarmi un intervento medico urgente dal Presidio medico centrale… Devo richiamare al pomeriggio? Al lunedì mattina non c’è nessuno che possa autorizzare? Ma il mio soldato sta male, molto male! Non ho assolutamente tempo da perdere…(rivolto a Jaroslaw) Mi ha detto che siamo in guerra, che è normale che le persone muoiano. Non qui, pero! Cazzo! –

Suona il telefono. Janek entra.

JAR – È per me. La risposta al telegrafo. –

JAN – (a Jurij) Signore, il soldato Alexandra sta male, ha perso conoscenza. –

JAR – Esatto. Sì. Si tratta di una donna. Non potete intervenire per colpa del feto? Il soldato non è incinta, è ferita, ha una infezione causata da ferita da arma da taglio… Prima dobbiamo accertarci che non sia incinta e poi vi chiamiamo?... E come ci accertiamo se è incinta o no? Ah… Capito…. Ma così ci vorranno giorni, lei potrebbe morire… (a Jurij). Devo chiamare la clinica ostetrica per aver un loro nulla-osta. –

JUR – Lascia far a me, provo in un altro ufficio… Pronto!? Pronto, Caporalmaggiore Ruskchenko. Ho un soldato con ferita da taglio e in setticemia. Che cosa devo fare?… signorina, non può dirmi che la cosa non la riguarda!...... Non ho alcuna intenzione di chiamare la Germania Ovest! Io voglio un medico qui. Al più presto! –

JAR – Signori, mi serve un vostro nulla osta per intervenire su una ragazza soldato, feritasi alla mano e ora senza conoscenza a causa della setticemia… No! Le assicuro che non può essere incinta… Non ha le ovaie! Se le è fatte asportare per affrontare meglio il nemico…..Che cosa? Non posso trasportarla a Kiev! Dovete venire voi qui! –

Janek esce e va da Alexandra.

JUR – Inutile non so più che fare! Qui tutti scaricano la responsabilità delle cose ad altri. –

 Dopo un attimo Janek entra con un involto

JAN – Signori, ho bisogno di voi. Uno deve gettare questo (dà l’involto a Jaroslaw), e lei mi procuri dell’acqua calda con del sale o del disinfettante. –

JUR – Che diavolo è successo? Che cosa c’è lì dentro? –

JAN – Signore. Ho amputato il dito infettato al soldato Dudek. –

JAR – E hai fatto tutto da solo? –

JAN – Signore, non si poteva aspettare oltre. Era necessario intervenire e così ho operato. Penso di aver eseguito un taglio netto e di poter chiudere la ferita in maniera pulita. –

JUR – Un bel azzardo. Ma credo che tu abbia fatto l’unica cosa giusta da fare. –

JAR – Bene. Attendiamo nei prossimi giorni che la situazione migliori. –

Esce a gettare il pacco. Quando rientra, suona la campana che annuncia l’arrivo di un treno.

JUR – Già. Oggi è un giorno come un altro. – (esce a prendere una bacinella)

JAR – Vado io. Vedo del fumo da nord. –

Esce dai binari. Jurij rientra.

JUR – Quelle nuvole si ispessiscono! La guerra si avvicina. Era quello che volevi, no? –

JAN – Signore, è difficile dire che cosa voglio. Ha ragione lei: ucraini e polacchi sono uguali. O almeno qua lo sono. Questo però aumenta il mio senso di confusione su questa guerra. –

JUR – Ogni giorno di più aumenta la confusione. Meno treni, fronte che si sposta verso di noi e non ce lo aspettiamo. Niente da mangiare. –

JAN – Chi ne potrebbe soffrire di più è il soldato Dudek. Cercare di guarire senza poter mangiare nulla. – prende la bacinella e fa per uscire.

JUR – Hai un occhio di riguardo per lei, eh? –

JAN – Signore, è pur sempre una donna. Personalmente non ne incontro da molto tempo. – Esce.

Jaroslaw rientra con uno zaino.

JAR – Ragazzi, rallegratevi. Vi ho portato da mangiare! –

Aprono lo zaino e ne estraggono pezzi di pane, barattoli e iniziano a mangiare.

JUR – Beneamata Polonia! Sono contento che ci abbiate invaso. –

JAR – Ho anche delle buste di ordini ma li leggerò dopo. Come sta la ragazza? –

JUR. – Penso bene. Janek la sta curando. –

JAR – Ne sono felice. –

JUR – Leggi la tua lettera di ordini, non ho voglia di trovarmi delle sorprese a stomaco quasi pieno. –

Jaroslaw prende tre buste sigillate.

JAR – Da quale vuoi iniziare a leggere? –

JUR – Che differenze ci sono? Una a caso! –

Jaroslaw ne apre una. Legge e  quindi molla tutto e apre frettolosamente la seconda.

JAR – Non è possibile! No! Non è vero! –

Entra Janek.

JUR – Come sta la ragazza? –

JAN – Sta dormendo. La febbre non è scesa ma l’ho lasciata tranquilla. Sono riuscito a ricucire in maniera abbastanza netta. Signore, che le prende? Che notizie ci sono? –

JAR – Amici miei, questa non la indovinerete mai: è finita la guerra tra i nostri due Paesi. Sono entrambe alleate contro la Russia e la Germania, che sono in guerra tra loro su questo territorio. Noi, però non siamo più nemici. –

Si abbracciano tutti e tre.

JUR – È la più bella notizia che abbia ricevuto da quando questa guerra è iniziata. –

JAR – Già. Finalmente non dovremmo più nasconderci io e te. –

JUR – E potremo iniziare a collaborare. –

JAN - (a Jaroslaw) Sergente, sono felice che le cose abbiano preso questa piega. Ammetto che ero combattuto su come avrei potuto agire nel futuro. –

JAR – Non preoccuparti! Non pensiamoci più ora. –

Si abbracciano tutti e tre per festeggiare.

JUR – Tieni, Janek. Porta questo barattolo ad Alexandra. Così ne vedi le condizioni. –

JAN – Signorsì. –

Prende la scatola ed esce.

JAR – Jurij, manda un telegrafo per sapere i tuoi nuovi ordini. –

JUR – Giusto! Ora dobbiamo comunicare la presenza di tutti noi. –

Rientra Janek. Jurij va nella garitta.

JAN – Le ho lasciato da mangiare. –

JUR – (da dentro la garitta) Jaroslaw, tieni. C’è un messaggio dal vostro quartier generale. –

Jaroslaw va a prendere il foglio, lo legge.

JAR – Signori, con la nuova alleanza, le assurdità continuano. La clinica ostetrica polacca chiede le condizioni del nostro soldato. Prima se ne sono fregati e ora chiedono se è sopravvissuta. –

JAN - (prendendo un altro foglio da Jurij, nella garitta) Questo è niente, sergente! Senta qui: ”Non avendo più ricevuto vostre  notizie in merito al soldato ferito, diamo la cosa per risolta. Speriamo in positivo. Attendiamo vostre notizie al più presto e ci complimentiamo per l’ottima riuscita dell’intervento.” Capito? Non ci sentono e danno per scontato che non sia morta. O per lo meno così si placano la coscienza, loro se ne sono interessati! –

JUR – Messaggio spedito. Attendiamo la loro risposta. –

JAR – Allora compagni di lotta, ce ne andiamo a dormire? Da domani abbiamo una nuova guerra. –

JAN – Io vi lascio, rimango qui fuori ancora un po’! Voglio osservare il fuoco delle esplosioni, per cercare di comprendere qualcosa di più. –

JUR – Buonanotte. Ehi Jaroslaw, ora sei il più alto in grado: comandi tu! –

Escono Jurij e Jaroslaw.

Dopo un attimo di silenzio, da una porta entra Alexandra. Stanca, sfatta, una mano bendata.

JAN – Alexandra, non dovevi alzarti. Sei ancora debole. –

ALE – Oh no! Va molto meglio. Non ho più la febbre. Ho anche mangiato la razione del barattolo. Penso di doverti la vita, soldato Czekai. –

JAN – Non scherzare! Tu avresti fatto lo stesso. –

ALE – Sì. Ciò non toglie che sono viva grazie a te. –

Lo prende e lo bacia.

ALE – Vieni, stanotte non ho voglia di dormire da sola. Fa freddo, qui fuori. –

Lo prende per mano e lo porta via.

BUIO.

IX  SCENA

Qualche tempo dopo.

Al buio, illuminati solo dai fuochi delle esplosioni. Jurij nella garitta, al telefono mentre tutti gli altri sono accovacciati a terra, che si riparano dalle esplosioni.

JUR – Niente… Non ci sono comunicazioni. Jaroslaw, tu che sei più alto in grado, che dici di fare? –

JAR – Ho il grado ma non ho mai combattuto. Ditemi voi che fare! – Jurij esce dalla garitta.

JUR – Fino a che sparano da lontano non possiamo fare nulla. Solo sperare che rimangano a valle. –

JAN – Signore, se volete posso scendere più in basso per controllare la situazione da vicino. –

JUR – Non se ne parla. Non voglio perdere degli uomini inutilmente. Che cosa vorresti fare, senza armi? –

JAN – Rimarrei a guardare solo la situazione sul campo. –

JUR – Niente da fare. –

Poco alla volta gli spari e le esplosioni si placano.

JAR – Possiamo rialzarci, credo! –

Alexandra va sui binari a controllare la situazione.

ALE – Giù a valle non si vede nulla.. troppa nebbia e troppo fumo. –

Arriva Janek alle sue spalle, osserva anche lui.

JAN – Non si riesce neppure a capire come siano disposti i fronti. I russi potrebbero anche essere qui sotto di noi, per quel che ne sappiamo. –

ALE – Dio non voglia! Signore, ancora nessuna comunicazione? –

JUR – No. L’ultima è quella in cui mi dicevano che, in caso il soldato Dudek fosse ancora vivo, era assegnato qui in via temporanea. –

ALE – Una settimana fa, quindi. –

Suona la campana. Arriva un treno.

JAR – Oh mio Dio! Un treno in arrivo a battaglia appena interrotta. Che cosa può essere? –

ALE – Lasciate signore. Ce ne occupiamo noi. Janek, tu guarda a sud e io a nord. (si avvicina ai binari)–

JAR – Lascia perdere, Jurij. Può darsi che io abbia maggior fortuna con le basi polacche. –

Entra nella garitta per comunicare.

JUR – Dobbiamo cercare di capire come sono disposti gli eserciti. Non siamo pronti ad affrontare un attacco qui, dobbiamo avere il tempo di allontanarci. –

ALE – Signore, vedo una luce arrivare da nord. Però non capisco di che si tratta. Non sembra un treno, è uno di quei carrelli per spostarsi sulle rotaie. Con due soldati polacchi sopra. –

(esce dalla scena, sui binari)

ALE - (fuori campo) Buongiorno ragazzi, sono Dudek. Avete scelto un momento critico per arrivare. Qui sotto ci sono degli scontri. –

V.F.C. – Lo sappiamo! Abbiamo atteso dietro il ponte per tutto il giorno e siamo ripartiti poco fa, sperando di riuscire a passare. Pensate che ci saranno problemi? –

ALE – Ne sappiamo quanto voi, della battaglia. Di qua non siamo riusciti neppure a vedere le forze che si stanno scontrando. Non abbiamo alcun riparo da offrirvi ma non vi consiglio di continuare. –

V.F.C. – Ti ringraziamo ma dobbiamo assolutamente arrivare oltre il fiume, per cui continueremmo anche se dovessimo incontrare i russi sui binari. –

ALE – Dove dovete andare? –

V.F.C. – Abbiamo una cassa di documenti che deve arrivare a Kiev, via staffetta. Ne vanno delle sorti della guerra. –

ALE – Buona fortuna allora! –

V.F.C. – Grazie. In bocca al lupo a voi! –

Alexandra rientra.

ALE – Caporale, si trattava di una coppia di soldati polacchi che trasportavano dei documenti. Forse è il caso di segnalare a Kiev che sono arrivati fino a qui. –

JUR – Sì! È una buona idea. Lo farò subito. – (entra nella garitta)

JAR - (uscendo dalla garitta) La faccenda è più critica di quanto sembri in realtà. Il nostro esercito unito sta subendo una doppia offensiva: tedeschi a sud, come avevamo immaginato, e i russi a nord, si stanno dividendo in due tronconi. Uno in Polonia, l’altro sta scendendo attraverso le nostre linee per congiungersi ai tedeschi. –

JAN – Quindi quelli sotto di noi sono tedeschi? –

JAR – Presumo di sì. –

JUR - (uscendo) Ottima idea, la tua, Dudek. Appena ho mandato il mio messaggio, è arrivata la loro richiesta di informarli su dove si trovava la staffetta. –

ALE – La ringrazio, signore. –

JUR – In più è arrivato un altro messaggio sulla telescrivente. Ci avverte di un grosso carico militare su rotaia, un treno insomma, a più vagoni, che dobbiamo monitorare lungo il viaggio in Polonia. –

JAR – Io mi accontento che arrivi oltre il ponte Frideryck. –

JUR – Anch’io. È tutto ciò che possiamo fare, visto che se si ferma o rallenta in salita, non abbiamo modo di difenderlo. –

JAR – Quando è previsto che arrivi? –

JUR – Domani. Se i tedeschi non sparano, ci dedichiamo alla cena? –

ALE – Vado a  preparare l’acqua per la minestra. Janek mi dai una mano con le patate? –

Janek annuisce ed escono. Jaroslaw e Jurij entrano nella garitta.

BUIO.

Un occhio di bue illumina Janek ed Alexandra. In un angolo pelano delle patate.

JAN – Alexandra, ti capita mai di avere paura? –

ALE – (ci riflette) Non credo. No! Non direi che si tratta di paura. È insicurezza. Non ho paura di che cosa potrà capitarmi. Sono un soldato ed è scritto che io possa morire. Se non accade bene. Ma mi lascia… impreparata il fatto di non sapere che cosa fare. Non so chi sono i miei nemici, cosa fare se loro arrivano qua. E tu? –

JAN – Oh… per me è lo stesso. (Alexandra capisce che lui ha paura ma si vergogna). Uguale! Solo… ho fatto questa guerra con l’intenzione di vendicarmi di chi aveva ucciso i miei genitori e riprendermi la mia vita di prima. Ma qui ho scoperto che i polacchi sono diventati nostri alleati. –

ALE – Janek, dopo la guerra, la tua vita non sarà più quella di prima, non lo sarà più per nessuno. Potrà esserlo per i nostri figli. Non per noi… ah, io ti ho interrotto, scusami! –

JAN – Mentre ero qui ho scoperto che i polacchi erano diventati nostri alleati e che i miei furono uccisi per errore, dal fuoco amico. Io indosso la divisa che ha ammazzato mia madre. -

Alexandra lo bacia sulla guancia per consolarlo.

JAN – Prima hai detto, la vita sarà quella di prima per i nostri figli… no, lascia perdere. –

ALE – Ehilà, che succede soldato Czekai? Ti vergogni a parlare con me?–

JAN – No. È che… penso spesso alla notte in cui abbiamo dormito assieme. Ecco… volevo chiederti…. Se i tedeschi ci attaccassero… e noi quattro riuscissimo a sopravvivere… vorrei che io e te decidessimo assieme dove andare e ci andassimo assieme! –

ALE – Janek, se quella sera è successo quello che è successo è perché io sono stata istruita a farlo. Perché tu con la tua decisione mi hai salvato la vita. Chiaro? –

JAN – Sì. Certo. –

ALE – Però credo di sì! Se usciremo vivi dall’attacco tedesco, ce ne andremo assieme. La guerra la finiamo assieme. –

BUIO.

X SCENA.

Il giorno dopo.

Jurij e Janek sono sui binari che attendono. Jaroslaw e Alexandra in proscenio seduti a terra.

JAR – Ancora nulla? Nessuna luce? Nessun rumore in arrivo? –

JUR – Nulla. Niente ancora. Per fortuna oggi non hanno ancora sparato. –

JAN – Non vorrei che i tedeschi stessero aspettando, come noi, il treno. –

JAR – In fondo, se lo sappiamo noi, potrebbero averlo saputo anche loro. –

ALE – Il loro servizio segreto è il migliore del mondo. –

JAR – Meglio anche dei russi? Impossibile! Voi dimenticate che cosa è stato il KGB. –

JUR – In compenso, Polonia e Ucraina… qui facciamo fatica a scoprire le cose che tutti dovremmo sapere. –

JAR – Non abbiamo fatto bene le squadre quando abbiamo iniziato a giocare alla guerra. –

Silenzio.

JAN – Questa attesa è irritante. Più passa il tempo  e più si rimane a porsi delle domande. –

JAR – Comunicazioni non ne arrivano! –

JUR – Movimenti di truppe che risalgono la valle, nemmeno! –

ALE – Con il vostro permesso, vorrei andare a fare un censimento delle armi che abbiamo in dotazione. –

JUR – Vai pure, Dudek. Sono quattro pistole, quattro fucili mitragliatori… -

JAR – Sei bombe a mano… -

JAN – Otto scatole di munizioni per il fucile. –

JUR – Due scure da taglialegna. –

JAR – Una decina di coltelli e baionette. – (intanto Alexandra esce a destra)

JAN – Tre mazze da ferroviere. –

JAR – Dite che questa volta, il treno ci lascerà qualche vettovagliamento? –

JUR – Si tratta di un trasporto militare. Ne dubito, ma possiamo sperarlo. –

Il suono della campana interrompe Jurij.

JAN – Eccolo. Ci siamo! Lo vedo passare laggiù in mezzo alla foresta bruciata. –

Jurij si volta e guarda nella direzione di Janek, verso sud.

JUR – È passato molto veloce. Brutto segno! –

JAR - (avvicinandosi) Significa che temono un attacco dei tedeschi. –

Iniziano a sentirsi delle esplosioni lontane.

JAN – Eccolo! C’è stata un’esplosione! –

JUR – Non è un attacco! Non sono spari! Hanno minato le rotaie! –

JAR – Non possiamo stare qui ad aspettare! Jurij, Janek, dobbiamo scendere a valle! –

I tre si guardano e  corrono via da una delle quinte di destra. Seguono alcune esplosioni, sempre soffocate. Dopo un po’ di silenzio, tornano tutti. Due di loro trasportano una grossa cassa, molto pesante. Gli altri seguono con i fucili  in mano.

JUR – Uff….. almeno questa è salva!!! –

JAR – Vieni, Czekai, torniamo indietro a perlustrare la strada. I tedeschi potrebbero averci visto. –

I due escono.

ALE – Però… per non aver mai fatto la guerra, il Sergente è deciso. Se la cava. –

JUR – Ammettilo! Pensavi che questi tre brocchi si sarebbero sparati addosso! –

ALE – Signore! Non ero così diffidente, ma vi tenevo d’occhio tutti. Spero che non ci abbiano seguito, salendo non ho visto nessuno venirci dietro. –

JUR – Penso che i crucchi fossero  più interessati a far deragliare il treno che al suo contenuto. –

ALE – Col treno distrutto e i binari divelti, la stazione del Margine diventa inutile. –

JUR – Non è detto! Quella a valle era la vecchia  linea polacca; con lo spostamento della stazione quassù non veniva più utilizzata che per  i treni diretti, ma in tempo di guerra non ne passano mai. Poi, coi tedeschi a valle, nessun treno potrebbe passare. –

ALE – Chissà se la staffetta di due giorni fa ce l’ha fatta a passare. –

JUR – Credo di sì. Non potevano essere già organizzati: la battaglia era appena conclusa. –

Rientrano Janek e Jaroslaw.

JAN – Signore, la strada che sale dal luogo dell’incidente è pulita. Non ci hanno seguito. –

JAR – Missione compiuta. Baule recuperato. –

ALE – Ehì! Io questa  cassa la conosco! A proposito della staffetta della sera scorsa. Questa era la cassa che trasportavano, quella dei documenti importantissimi per Kiev!

JUR – Ne sei sicura? –

ALE – Certo signore. Perché stava tornando indietro? –

JAR – Perché gli ucraini non la volevano. Credo! –

JAN – E perché non la volevano? –

JAR – Se la cassa non è stata toccata da nessuno e dopo due giorni torna indietro è perché contiene qualcosa che non fa comodo. –

JUR – Abbastanza plausibile! Perché una staffetta di soldati rischia la vita, passando attraverso le linee nemiche per trasportare dei documenti che dopo due giorni fanno il viaggio di ritorno? Perché non vogliono che il contenuto dei documenti rimanga a Kiev. –

JAR – Noi non potremmo aprirla! Non siamo autorizzati, però… guardate… nell’esplosione del convoglio la serratura è andata. –

JUR – Vogliamo essere ligi agli ordini oppure.. –

JAR – (alzando un braccio) Io voto per oppure! –

Anche Janek e Alexandra annuiscono.

JUR – Bene, decisione unanime. –

Jurij apre la cassa e inizia a tirare fuori dei faldoni. Si siede sulla cassa e sfoglia i faldoni. Dopo un po’ anche Alex li sfoglia.

JUR – Sono documenti contabili. Questo è recente. Si ferma alle transazioni della settimana scorsa. –

JAR – Tu ci capisci qualcosa? –

JUR – Sì. Un po’. Dovrebbero essere delle vendite, degli scambi.. ecco!.. qua! C’è la sigla del XR-14 –

JAN – È il nostro cannone a mortaio. –

JUR – Che l’Ucraina ha ceduto alla Polonia il 14 del mese. –

ALE – Il 14 ha detto? Ecco qua signore, il documento di vendita alla base di Poznan , XR-14! –

JUR – (parlando del faldone che ha in mano) Questo parte dalla data dell’armistizio con la Polonia. –

Ne raccoglie un altro.

JUR – Questi però sono anche di un anno fa… e sono… sono sempre delle vendite di armi ucraine a… qui c’è scritto Varsavia! E qui… divise di guerra, colore verde, Varsavia. –

ALE – Qui signore, sono documenti di trasporto di armi con in calce il timbro di ricezione: Poznan, 1 settembre. –

JAN – Aspettate.. state dicendo che abbiamo venduto delle armi alla Polonia un anno fa? Anche prima? –

JUR – E queste armi, i polacchi le usavano contro di noi! Noi abbiamo venduto le armi che vengono usate contro di noi. –

Guardano Jaroslaw.

JAR – Io non ne sapevo niente! Vi giuro che nessun soldato polacco conosce la provenienza delle armi o delle divise che usa. –

JUR – Dammi la tua pistola. –

Jaroslaw gli porge la pistola e Jurij la osserva.

JUR – Uguale alla nostra. Quella che avevo in trincea. Solo che ne hanno fuso la provenienza. Qui! –

JAR – Ecco perché nessuno si è mai accorto che il contenuto dei vagoni era un po’ ucraino e un po’ polacco. Perché comunque lo sarebbe stato. –

JUR – Ci facevamo ammazzare dalle armi che producevamo noi e che vendevamo a loro. Ma che razza di serpente può ideare una cosa simile? –

ALE – Non posso pensarci! Mi viene il capogiro se ci penso! Ci siamo arricchiti con le armi che ci sparavano addosso! –

JUR – Ecco perché nessuno dei due Paesi vuole tenersi questa roba in casa! Io… non voglio nemmeno saperne di più. –

Apre la cassa e vi getta dentro il faldone, quindi esce.

ALE – Janek, dammi una mano a spostare questa cassa, per favore! –

Escono.

Jaroslaw rimane solo, in centro, una grossa esplosione alle spalle. Jaroslaw si volta e va a guardare.

JAR – Ricominciano! E questa volta sono proprio qui sotto. –

Rientra Jurij.

JUR – Che è successo? –

JAR – I russi hanno sparato. Un colpo di cannone proprio qui sotto. –

Rientrano Alexandra e Janek.

ALE – Signore! Tutto bene? –

JUR – Sì. I russi hanno ricominciato, ma stavolta sono vicini. -

Altra esplosione.

JAN – La collina ha preso fuoco, qui sul versante sud. –

JAR – Da qui, da nord arriva qualcosa, sulle rotaie. –

JUR – Un treno? Arriva un treno mentre combattono? –

JAR – C’è solo il locomotore. –

Esce a sinistra. Dopo un attimo rientra seguito dal maggiore Iwaszkiewicz.

MAG – Che schifo! Razze di puttane! –

JAR – Maggiore Iwaszkiewicz, buona sera! –

MAG - (risponde con un rutto) –

Prende un foglio dalla giacca e lo legge. Continua a bofonchiare. Alza una gamba e scoreggia. Si grulla e si gratta le palle con la mano nei pantaloni. Si gira, va verso il fondo, dove combattono e parla rivolto al vuoto.

JAN – Ma con chi parla? –

JAR -  (alza le spalle) Non ne ho idea. Non c’è nessuno. –

MAG – Dobbiamo fare un discorso di documenti. Ragionare sulle casse, perché…. ‘sti stronzi, da Varsavia… rotti in culo! Capito, no! –

JAR – Maggiore, le assicuro di no! –

MAG – Adesso, non perché c’è una guerra!! cambiano le alleanze, allora, adesso possiamo pensare di non fare più nulla! –

JAR – Maggiore, è ovvio che… -

MAG – Okeei! Ah, okkei! Allora adesso non è che possiamo parlare, ci chiedono di portare a casa il prodotto e lo facciamo!  Non è che lo fanno solo loro. Vediamo di capirci! Dobbiamo essere chiari! –

JUR – Chiaro, maggiore, ma di che si tratta? –

MAG - (chiede a Jaroslaw, riferendosi a Jurij). Ma questo da dove viene? Da un altro esercito? Comunque, mancano delle casse. Perché io comincio ad essere un po’ stufo di questa situazione! –

JUR – Una cassa di documenti è qui fuori, signore! –

MAG – La cassa è qui fuori! Ma ora, chi cazzo ti ha detto di toccarla? –

JUR – Maggiore, pensavamo che a nasconderla facessimo una cosa giusta. –

MAG – Non ho capito. Fate tutti che cazzo volete! –

Alexandra e Janek riportano la cassa in scena. Iwaszkiewicz si avvicina e la apre.

MAG – Oohh Allora, vediamo un po’, eh?! –

Si apre i pantaloni e ci piscia dentro.

JUR – Ma... -

Jaroslaw lo ferma e non lo fa parlare.

MAG – Ecco, –

JUR – Vabbè, ma che schifo. –

MAG – Che schifo lo dico io. È la seconda volta che vengo qui e ancora non vi hanno bombardato e nemmeno attaccato. Allora, se volete che faccia tutto io,  da solo, me lo dite, perché io di andare in giro a prendermi le inculate da solo, non ci stò. Vorrei che veniste anche voi, qualche volta, a qualche riunione di commissari, a prendervi le palate di merda, come faccio io. Però io, il mio lavoro, lo faccio.  –

Si apre il soprabito, ha una cintura di candelotti esplosivi, gli altri corrono via e Iwaszkiewicz si fa esplodere.

BUIO.

XI^ SCENA

Sono al buio, qualche giorno dopo. Solo una luce che illumina Jurij seduto a terra e Jaroslaw nella penombra, con un pezzo di legno in mano.

JAR – Ha fatto un bel botto il maggiore! –

JUR – Ha compiuto il suo dovere. Doveva far sparire i documenti compromettenti, i testimoni e il luogo del misfatto. –

JAR – Tolti noi quattro, non c’è rimasto più niente. Là, non distinguo i pezzi della telescrivente dalle medaglie di Iwaszkiewicz. Ce n’è dappertutto. –

JUR – Dici che torneranno? –

JAR – Chi?

JUR - I giovani. –

JAR – Sicuro. Perché non dovrebbero? Sono solo andati incontro alle truppe alleate, cercano aiuto e tornano qui. –

JUR – Non so. Dopo l’esplosione non abbiamo più nulla. Non c’è più la stazione, treni non ne passano più, anche il fronte si è spostato subito dopo l’esplosione di Iwaszkiewicz. Siamo rimasti solo noi due. Per la prima volta nella mia vita mi sento dimenticato. –

JAR – Dimenticato da chi? Che cosa cambia per noi? –

JUR – Jaroslaw, sai che cosa mi manca veramente qui? Al mio paese, per Natale, nevica sempre. Sono quarant’anni che il Natale, a casa mia, c’è la neve. Non è mai mancata. Tutti i negozi vengono addobbati, tutti. Nella piazza del S. Stefano c’è un albero enorme, con radici profonde, che ogni anno viene addobbato con luci e palline rosse, e stelle. In cima all’albero c’è una punta blu e oro. Io abito vicino a un barbiere e a un pasticciere, e la sera di Natale, il pasticciere apre e la gente entra a mangiare tutto quello che c’è dentro. Perché non rimanga nulla da buttare via, da sprecare. Mentre  il barbiere tira fuori una vecchia slitta, arrugginita, con i pattini, con cui suo padre, il padre del barbiere, viaggiava d’inverno. Lui prende questa slitta e la carica di legno d’abete, poi gira per il paese; chiunque esce e ne prende un ciocco da bruciare: e tutti, nessuno escluso, tutti escono a prendere un pezzo di legno secco da gettare nel fuoco. Alcuni scambiano delle parole, altri ringraziano, qualcuno augura buon Natale, molti in silenzio; ma li senti tutti, li conosci tutti, li vedi sorridere, tutti, vedi che in quel momento nulla, niente al mondo li scalfisce. Loro, il loro pezzo di legno. Il postino ha una sciarpa bianca e rossa, e si ubriaca; i bambini salgono al castello e stanno lì a parlare, o a fare cosa non so, ma guardano in basso, tutto il mio paese. A me non mancano mia moglie e le mie figlie, non mi manca casa mia, il mio lavoro, gli amici; non mi manca la mia vita, non ci sono nemmeno affezionato. Non gli odori, le stagioni, l’essere stato giovane, l’invecchiare. Io vorrei tornare solo per la finta slitta di Santa Claus che passa sopra il campanile. E lo so che è tutta una illusione, che è tutto finto, che non appartiene alla mia vita, ma quell’illusione è tutto ciò che ho e mi rimane. Se non dovessi più avere ciò, Jaro, non sarei… credo non riuscirei ad esser più nulla –

JAR – Jurij, sai che cosa penso? Io e te siamo solo dei Sancho Panza. Nella vita ci sono gli eroi, alti, belli, intelligenti, affascinanti, che la gente ama perché sono degli eroi e salvano tutti. Poi ci sono i Don Chisciotte, quelli che si innamorano di un’idea e la seguono ciecamente, e il loro scopo è quello di perdere. La gente li ammira perché sono degli idealisti, e quando sono morti, li amano, e ne tessono le lodi, perché oramai sono morti e sono innocui. Poi ci siamo noi, i Sancho Panza, insignificanti, silenziosi, a cui nessuno bada mai. Il nostro scopo è quello di difendere eroi e Don Chisciotte perché non si  facciano male quando sbattono contro muri o mulini a vento. Noi tessiamo le loro lodi, a favore di quelli che sono rimasti, perché si innamorino di loro. Noi sappiamo che sono solo dei perdenti, eroi e Don Chisciotte, dei falliti che non hanno ottenuto nulla, che quando hanno vinto qualcosa,non  possono accettarlo. Subito essi lo hanno gettato via perché non possono accettare di aver raggiunto qualcosa. Noi siamo quelli che cambiano le cose, che fanno le rivoluzioni, e poi la gente sta lì a chiedersi come sia successo. Noi lo sappiamo come è successo. Se i nostri e i loro figli staranno meglio, un giorno, è solo merito nostro. Colpa nostra. Se i fiumi scorrono ancora e le montagne salgono ancora verso il cielo, lo sappiamo noi come fanno. Se questa guerra finisce o meno, noi lo sappiamo già da tempo. –

Jaroslaw dà una pacca sulle spalle a Jurij. Si alzano in piedi ed escono.

In alternativa: un attore entra in scena a raccontare:

la guerra finì un anno dopo. L’Ucraina tornò libera mentre i polacchi si riposizionarono a nord. Russia e Germania pagarono un miliardo di euro l’uno per danni di guerra alla Polonia, la quale pagò mezzo miliardo di danni all’Ucraina. Quest’ultimo spese due miliardi di euro per ricostruire il proprio Paese, acquistando in Germania e Russia.

Il maggiore Iwaszkiewicz fu insignito di otto medaglie d’oro al valore militare di guerra; onorificenze tra cui l’elefante d’oro, il Toson d’oro e la Croce del Santo Sepolcro. Due anni dopo la Chiesa di Polonia lo dichiarò venerabile, e nella piazza principale di Lodz è in corso di costruzione una statua dedicata all’eroe di guerra. Sono state apposte, in tutta la Polonia, cinquantuno targhe con la scritta “Ha dormito e mangiato qui.”. È in corso di pubblicazione la sua quinta biografia ufficiale.

Di Alexandra e Janek non si ebbero più notizie. Furono dichiarati dispersi sul fronte russo, come tutti i soldati di cui non si ebbero più notizie. Janek e Jurij, quella sera stessa fuggirono, e la stessa sera della loro fuga furono catturati dall’esercito russo e imprigionati in due località distanti tra loro. Alla fine del conflitto furono rilasciati, tornarono ai loro rispettivi villaggi e città. Non sentirono mai il bisogno di cercarsi.

Alba, 10/11/2010 – 10/12/2010.

Gianluca Rovagna

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