La tela del ragno

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L’AFFARE KUBINSKY

LA TELA DEL RAGNO

(Spider’s web)

di Agatha Christie

(traduzione di Luciana Crepax)

Giallo in tre atti

Personaggi (in ordine di apparizione):

Sir ROWLAND DELAHAYE

HUGO BIRCH

JEREMY WARRENDER

CLARISSA HAILSHAM-BROWN

PIPPA HAILSHAM-BROWN

La signora PEAKE

ELGIN

OLIVER COSTELLO

HENRY HAILSHAM-BROWN

Ispettore di Polizia LORD

Agente di Polizia JONES

Epoca : anni cinquanta

Scena:

Il salotto di Villa dei Frassini, nel Kent, dove abitano i coniugi Hailsham-Brown. Una sera di Marzo. La stanza è elegante e comoda. A destra, verso il proscenio, una portafinestra si apre sul giardino. A sinistra, una porta a due battenti dà nell’anticamera dove si intravede il primo tratto di una scala. Un’altra porta a sinistra, dà accesso alla biblioteca, dove, a sinistra, un uscio di apre sull’anticamera e, a destra, una finestra dà sul giardino. Anche in salotto, a destra, una finestra dà sul giardino. Al centro, mascherato da una serie di ripiani, c’è un pannello che si apre con un pulsante, nascosto in una libreria incassata nel muro. Dietro il pannello, c’è uno stanzino con una porta sul fondo, che dà in biblioteca. Il salotto è arredato con mobili antichi. A sinistra, c’è una console con telefono e un’altra console è al centro, sotto la libreria. A destra, rivolto verso la finestra che dà sul giardino, un bello scrittoio antico con un cassetto segreto. Sempre a destra, un divano con due tavolini ai lati e, davanti, una lunga panca. A sinistra, un seggiolone di legno e una poltrona. Tra la poltrona ed il seggiolone, un tavolino basso. Un tavolo da gioco pieghevole e quattro sedie completano l’arredamento. Il salotto è illuminato da alcune lampade incassate nel cornicione del soffitto e da quattro appliques.


ATTO PRIMO

(Quando si alza il sipario, la console di sinistra è ad angolo retto rispetto al muro. Sopra c’è un vassoio con tre bicchieri di porto contrassegnati dai numeri uno, due e tre. Accanto ai bicchieri, un foglio e una matita. Sir Rowland Delahaye è seduto sul bracciolo del seggiolone. E’ un bell’uomo, dall’aria aristocratica, sulla cinquantina, dotato di un notevole fascino. Ha gli occhi bendati e sta centellinando il porto del bicchiere numero due. Hugo Birch è in piedi vicino a lui. E’ sui sessant’anni e ha un’aria piuttosto irascibile. Ha in mano il bicchiere numero tre.)

SIR ROWLAND (assaggiando il vino) – Direi… sì… ne sono certo. Questo è il Dow del quarantadue.

HUGO (togliendogli il bicchiere di mano) – Dow del quarantadue. (Gli porge un altro bicchiere, rimette il primo sulla console e prende nota del giudizio di sir Rowland. Sir Rowland beve un sorso, poi un altro e annuisce).

SIR ROWLAND – Oh, questo è vino! (Ne beve un altro sorso) Cockburn, del ventisette! (Ridà il bicchiere a Hugo che lo posa sulla console e scrive) Sprecare una bottiglia di Cockburn del ventisette per un esperimento del genere è un sacrilegio. (Si alza, si toglie la benda e l’appoggia sullo schienale del seggiolone).

HUGO (rileggendo l’appunto) – Dunque, per te questo è un Cockburn del ventisette, il numero due è un Dow del quarantadue e il numero uno un falso Rich Ruby. Orrore! Non capisco perché Clarissa lo tenga in casa! Tocca a me. (Da la benda a sir Rowland perché gliela metta e si leva gli occhiali).

SIR ROWLAND (annodandogli la benda) – Forse l’adopera per cucinare la lepre in salmì o per insaporire qualche minestra. Ecco, Hugo, devi fare tre giri su te stesso, come quando si gioca a mosca cieca. (Lo fa girare).

HUGO – Basta, fermati!

SIR ROWLAND – Sei pronto?

HUGO (cercando a tastoni il seggiolone) – Sì. (Sir Rowland l’aiuta a sedersi e si avvicina alla console).

SIR ROWLAND – Adesso altero l’ordine dei bicchieri. (Esegue).

HUGO – E’ inutile, amico, non mi lascio influenzare dal tuo giudizio. Io riconosco il Porto come tu nemmeno ti sogni.

(Jeremy Warrender entra a passo svelto da una porta finestra. E’ giovane ed elegante e indossa un impermeabile. Respira affannosamente, come se avesse corso)

SIR ROWLAND – La prudenza non è mai troppa. (Prende il bicchiere numero tre).

JEREMY (ancora ansimante) – Che cosa fate, il gioco dei bussolotti con i bicchieri? (Si toglie l’impermeabile e la giacca).

HUGO – E’ entrato un cane?

SIR ROWLAND – No, è solo il nostro amico Warrender.

HUGO – Sembra un cane che insegue un coniglio.

JEREMY – Sono andato di corsa fino al cancello per tre volte, con l’impermeabile addosso. Ci ho messo sei minuti e dieci secondi. Il ministro transloveno ne ha impiegati quattro e cinquantatre. (Si lascia cadere sul divano) Io però non ci credo: solo un campione ci riuscirebbe, con o senza impermeabile.

SIR ROWLAND – Chi sarebbe questo ministro transloveno?

JEREMY – Non lo so, un amico di Clarissa.

HUGO – Non badi a quello che dice Clarissa.

SIR ROWLAND – Lei non conosce la sua ospite, Warrender. Ha una fantasia scatenata.

JEREMY – Vuol dire che si è inventata tutto?

SIR ROWLAND (porgendo il bicchiere numero tre a Hugo) – Non mi meraviglierei.

JEREMY – Le dirò il fatto suo. Sono morto!

(Jeremy va ad appoggiare l’impermeabile sul corrimano della scala e rientra)

HUGO – La smetta di sbuffare come un tricheco! Devo concentrarmi, ho puntato cinque sterline.

(Sir Rowland prende il bicchiere numero uno)

JEREMY – E’ una scommessa?

HUGO – Sì, bisogna riconoscere tre tipi di Porto: un Cockburn del ventisette, un Dow del quarantadue e la specialità del droghiere del paese. Silenzio, prego, il momento è solenne. (Beve un sorso dal bicchiere numero tre senza mostrare particolare reazioni) Mmmm… ah!

SIR ROWLAND – E allora?

HUGO – Calma, Roly, non voglio compromettermi con un giudizio affrettato. Dammi l’altro bicchiere. (Sir Rowland gli porge il bicchiere numero uno, beve un sorso) Di questi due sono sicuro. (Da a sir Rowland il bicchiere numero tre) Il primo è il Dow, il secondo il Cockburn. (Rende a sir Rowland anche il bicchiere numero uno, che lo posa sulla console).

SIR ROWLAND (scrivendo) – Il numero tre è il Dow… l’uno è il Cockburn…

HUGO – A questo punto sarebbe inutile assaggiare il terzo, ma è meglio essere scrupolosi.

SIR ROWLAND (porgendogli il bicchiere numero due) – Ecco.

HUGO (beve un sorso) – Puah! Questo non è vino, è fango! (Restituisce il bicchiere e si pulisce le labbra). Mi ci vorrà un’ora per levarmi questo saporaccio di bocca. Su, toglimi la benda, Roly (Sir Rowland assaggia a sua volta il vino).

JEREMY – Faccio io. (Libera Hugo dalla benda).

SIR ROWLAND – Allora, Hugo, secondo te il numero due è la specialità del droghiere. Errore! E’ il Dow del quaranta due, non ho dubbi.

HUGO (intascando la benda) – Roly, il tuo palato non è più quello di una volta.

JEREMY – Lasciate provare anche a me. (Beve un sorso da ogni bicchiere) Mi sembra che abbiamo tutti lo stesso sapore.

HUGO – Sempre così, voi giovani… il gin vi ha fatto perdere il gusto del bere.

(Clarissa Halsham-Brown entra dalla porta della biblioteca)

CLARISSA – Come va? Avete dato il vostro verdetto?

SIR ROWLAND – Siamo pronti, Clarissa.

HUGO – Il numero uno è il Cockburn, il due è il Porto del droghiere e il tre è il Dow. Giusto?

SIR ROWLAND – Sbagliato! Il numero uno è il Porto del droghiere, il due è il Dow e il tre è il Cockburn. Ho ragione, Clarissa?

CLARISSA (dà un bacio prima a Hugo poi a sir Rowland) – Adesso, angeli miei, riportate il vassoio in sala da pranzo. La caraffa è sulla credenza. (Prende un cioccolatino da una scatola).

SIR ROWLAND – La caraffa? Una sola?

CLARISSA (sedendosi sul divano) – Una sola. E’ tutto lo stesso Porto. (Jeremy ride, Hugo scatta in piedi).

SIR ROWLAND – Disonesta! Ci hai imbrigliati!

CLARISSA – Pioveva, non potevate giocare a golf e io ho cercato di farvi divertire lo stesso. Non ci sono riuscita?

SIR ROWLAND – Dovresti vergognarti di prendere in giro chi è più vecchio e più saggio di te. (Va verso la porta dell’anticamera).

HUGO (lo segue, ridendo) – Chi diceva che avrebbe riconosciuto un Cockburn del ventisette dovunque e comunque?

SIR ROWLAND – Lasciamo perdere, e beviamone ancora un po’. (Sir Rowland e Hugo escono chiacchierando. Hugo richiude la porta).

JEREMY – E ora, Clarissa, parliamo un po’ del ministro transloveno.

CLARISSA – Che cosa vuoi sapere?

JEREMY – E’ davvero andato e tornato tre volte da qui al cancello in quattro minuti e cinquantatre secondi? E con l’impermeabile?

CLARISSA – Vedi… il ministro è un caro ometto, ma ha passato la sessantina e sospetto che da anni non acceleri più nemmeno il passo.

JEREMY – Allora ti sei inventata tutto! Perché?

CLARISSA – Ti lamentavi che non fai abbastanza moto…

JEREMY – Clarissa, non ti capita mai di dire la verità?

CLARISSA – Qualche volta. Ma allora nessuno mi crede. E’ molto strano. Forse per dire le bugie bisogna mettersi d’impegno e così sì e è più convincenti. (Si avvicina alla porta finestra).

JEREMY – Mi scoppiano le arterie! Dovevi pensarci, prima di sottopormi a questa prova.

CLARISSA (ride) – Il cielo si sta schiarendo. Com’è profumato il giardino sotto la pioggia… (Fiutando l’aria) Mmmm… narcisi…

JEREMY – Ti piace davvero vivere in campagna?

CLARISSA – Molto.

JERMY (avvicinandosi a lei) – Ma devi annoiarti a morte! E’ assurdo che tu stia qui. Dovresti essere a Londra, a divertirti.

CLARISSA – Tra feste e night club?

JEREMY – Potresti avere un salotto alla moda.

CLARISSA – Come in un romanzo edoardiano! No, Jeremy, tra l’altro i ricevimenti diplomatici sono una barba tremenda.

JEREMY – Ma qui sei sprecata. (Cerca di prenderle una mano).

CLARISSA (ritraendo la mano) – Io?

JEREMY – Sì. E poi c’è Henry.

CLARISSA – Henry?

JEREMY – Perché l’hai sposato? Non riesco a capirlo: è molto più vecchio di te e ha una figlia che va già a scuola. E’ un bravissimo uomo, d’accordo, ma è un formalista, un bacchettone e va in giro che sembra un gufo bollito… Per giunta non ha il minimo senso dell’umorismo. (Una pausa. Clarissa guarda Jeremy e sorride). Tu penserai che non dovrei parlarti così.

CLARISSA (sedendosi sull’orlo della panca davanti al divano) – Coraggio, dimmi tutto quello che pensi.

JEREMY (sedendosi accanto a lei. Vivamente) – Allora ti sei accorta anche tu di aver fatto uno sbaglio.

CLARISSA (tranquilla) – Ma io non ho fatto uno sbaglio! (Stuzzicandolo) Stai facendomi delle proposte immorali, Jeremy?

JEREMY – Certo.

CLARISSA – Che bellezza! Continua! (Gli da una leggera gomitata).

JEREMY (si alza in piedi) – Ti amo.

CLARISSA (allegramente) – Mi fa piacere.

JEREMY – Ma è la risposta sbagliata! Dovevi dire:”Mi dispiace… tanto” con la voce bassa, piena di comprensione.

CLARISSA – Ma a me non dispiace affatto, ne sono felicissima! Mi piace essere amata! (Jeremy torna a sedersi vicino a lei, ma distoglie il viso, contrariato). Faresti qualunque cosa per me?

JEREMY (voltandosi vivamente verso di lei) – Qualunque cosa!

CLARISSA – Davvero? Se, per ipotesi, ammazzassi qualcuno, mi aiuteresti a… No, basta. (Si alza e si allontana di qualche passo).

JEREMY (voltandosi a guardarla) – Perché? Continua.

CLARISSA – Non hai appena detto che devo annoiarmi a morte, in campagna?

JEREMY – Sì.

CLARISSA – Forse è così, o sarebbe così se non avessi un passatempo.

JEREMY – E sarebbe…

CLARISSA – Vedi, Jeremy, io ho sempre avuto una vita tranquilla e felice. Non mi è mai successo niente di straordinario. Allora ho inventato un giochetto che si chiama “se per ipotesi…”.

JEREMY – E sarebbe?

CLARISSA – Mi dico: se, per ipotesi, una mattina appena alzata trovassi un cadavere in biblioteca, che farei? Oppure: se, per ipotesi, un giorno si presentasse qui una signora a dirmi che Henry è bigamo perché l’ha sposata segretamente a Costantinopoli, che cosa le risponderei? O ancora: se, per ipotesi, dovessi scegliere: o tradire il mio paese o vedere Henry fucilato sotto i miei occhi… (Sorride improvvisamente a Jeremy) O addirittura… se, per ipotesi, fuggissi con Jeremy, che succederebbe dopo? (Va a sedersi sul seggiolone).

JEREMY (andando a inginocchiarsi al suo fianco) – Sono lusingato. Che succederebbe? (Le prende la mano).

CLARISSA (ritirando la mano) – Vuoi che te lo racconti? L’ultima volta, nel gioco, eravamo sulla Costa Azzurra, a Juan les Pins. Henry ci aveva scoperti e aveva una pistola in mano.

JEREMY – Mi uccideva?

CLARISSA – Diceva (in tono drammatico) “Clarissa, se non torni a me, mi suicido!”

JEREMY – Bello, ma poco verosimile, trattandosi di Henry. Tu che cosa gli rispondevi?

CLARISSA (sorridendo) – Ho giocato a rispondergli in tutti e due i modi.

JEREMY – Mi hai convinto: sono sicuro che non ti annoi.

(Pippa Hailsham-Brown entra nell’anticamera. E’ una ragazzina di dodici anni, alta e magra, indossa la divisa di una scuola ed ha in mano una cartella)

PIPPA – Salve, Clarissa.

(Jeremy va a sedersi sulla spalliera del divano)

CLARISSA – Oh, Pippa! Sei in ritardo.

PIPPA – Ho fatto lezione di musica. (Posa il berretto e la cartella sulla poltrona) Non c’è niente da mangiare? Ho una fame?

CLARISSA (alzandosi) – Non ti eri portate le ciambelle da mangiare in autobus?

PIPPA – Le ho mangiate, ma ormai è più di mezz’ora. Non c’è un po’ di torta, o qualcos’altro, per tirare fino all’ora di cena?

CLARISSA (ridendo) – Andiamo a vedere cosa riusciamo a trovare. (Clarissa e Pippa escono dalla porta dell’anticamera).

PIPPA (nell’uscire) – C’è ancora un po’ di torta di ciliegie?

CLARISSA (fuori scena) – No, l’hai spazzata tutta ieri.

(Jeremy si alza, si avvicina alla scrivania e apre e richiude un paio di cassetti)

SIGNORINA PEAKE (fuori scena, gridando) – Ehi, cosa fa?

(Jeremy sussulta e chiude in fretta il cassetto. La luce del giorno comincia a declinare: è quasi sera. La signorina Peake entra da una porta finestra, soffermandosi sulla soglia. E’ un’allegrona alta e robusta, sui quarant’anni. Porta un tailleur di tweed e un paio di stivali di gomma)

SIGNORINA PEAKE – C’è la signorina Hailsham-Brown?

JEREMY – E’ andata in cucina con Pippa, che aveva fame.

SIGNORINA PEAKE – I bambini non dovrebbero mangiare tra un pasto e l’altro.

JEREMY – Non vuole entrare, signorina Peake?

SIGNORINA PEAKE – No, ho gli stivaloni. (Ride) Porterei in casa mezzo giardino. Volevo chiedere che verdura serve per domani a colazione.

JEREMY – Veramente, io…

SIGNORINA PEAKE – Niente paura, torno dopo. (Mentre sta per andarsene, si volta) Oh, signor Warrender, stia attendo a quello scrittoio!

JEREMY – Sì, certo.

SIGNORINA PEAKE – E’ un bel pezzo d’antiquariato, non deve strapazzare i cassetti a quel modo.

JEREMY – Mi dispiace, stavo solo cercando un foglietto per prendere un appunto.

SIGNORINA PEAKE – Guardi nello scomparto centrale… Ecco, quello lì. (Jeremy va allo scrittoio, apre lo scomparto e prende un foglio) Strano, la gente non vede mai quello che ha sotto il naso.

(La signorina Peake, con una gran risata, esce dalla porta finestra. Jeremy ride con lei, ma appena è uscita torna serio. Pippa entra dall’anticamera, mangiando una ciambella)

PIPPA – Che buona! (Chiude la porta dell’anticamera).

JEREMY – Come stai, Pippa? E’ andata bene la scuola?

PIPPA – Uno strazio. (Posa la ciambella sulla console di sinistra) Ci siamo sbarbate con la storia. (Aprendo la cartella) Va matta per la storia, la signorina Wilkinson, e per giunta è una gran pappamolla: non sa tenere la disciplina. (Prende un libro dalla cartella).

JEREMY – Qual’è la tua materia preferita?

PIPPA – La biologia. E’ fantastica. (Jeremy si siede sul divano). Ieri abbiamo sezionato la zampa di una rana. (Si avvicina a Jeremy e gli pianta il libro sotto gli occhi). Guarda che cosa ho trovato su una bancarella? (Va a sedersi sul seggiolone). E’ rarissimo, ne sono certa: avrà più di cent’anni.

JEREMY – Che cos’è?

PIPPA – Una specie di ricettario. (Apre il libro) Una meraviglia!

JEREMY – Di che cosa parla?

PIPPA (sfoglia il libro affascinata) – Come?

JEREMY – Vedo che ti interessa molto.

PIPPA – Eh? (Tra sé) Accipicchia!

JEREMY – Hai speso bene i tuoi soldi. (Prende un giornale dalla panca).

PIPPA – Lo sai tu che differenza c’è tra una candela di sego e una di cera?

JEREMY – Una candela di sego è peggio d’una di cera, questo è certo, ma sarebbe meglio non mangiare né l’una né l’altra.

PIPPA (divertita) – Sembra il gioco delle venti domande: “Si può mangiare?” (Ride, getta il libro sulla poltrona e va a prendere un mazzo di carte dalla libreria). Lo sai fare il solitario del diavolo?

JEREMY (senza smettere di leggere) – Mmmm…

PIPPA – Non ha voglia, vero, di fare una partita a “strappacamicia”?

JEREMY – No. (Rimette il giornale sulla panca, poi va a sedersi sullo scrittoio e scrive un indirizzo su una busta).

PIPPA – Me l’immaginavo. Come vorrei che venisse una bella giornata di sole, tanto per cambiare. (Si inginocchia sul pavimento, dispone le carte per terra e si mette a fare il solitario). A che serve abitare in campagna se il tempo è brutto?

JEREMY – Ti piace abitare in campagna?

PIPPA – Sì, molto più che a Londra. Questa casa, poi, è magnifica, c’è il tennis e tante altre cose… Persino una segreta.

JEREMY – Una segreta?

PIPPA – Sì.

JEREMY – Non ci credo, nelle case di quest’epoca non ce ne sono.

PIPPA – Bè, io la chiamo ugualmente segreta. Adesso te la faccio vedere. (Si alza, si avvicina alla libreria a muro, toglie un volume e preme un pulsante all’interno).

(Il pannello tra la libreria e la finestra si apre rivelando uno stanzino abbastanza grande, con una porta sul fondo cha dà in biblioteca)

JEREMY (andando a vedere) – Ma guarda! (Entra nello stanzino, apre la porta sul fondo, dà un’occhiata in biblioteca e richiude) Hai ragione. (Torna in salotto).

PIPPA – E’ una vera segreta, bisogna sapere che c’è altrimenti non si vede. (Preme il pulsante, il pannello si chiude) Io mi diverto ad aprire e chiudere. Sarebbe il posto ideale per nascondere un cadavere.

JEREMY – Già, sembra fatto apposta.

(Pippa torna a fare il solitario. Entra Clarissa dall’anticamera)

JEREMY (a Clarissa) – L’amazzone è venuta a cercarti…

CLARISSA – La signorina Peake? Oh, che noia! (Prende la ciambella lasciata da Pippa, le dà un morso e si avvicina alla bambina).

PIPPA (alzandosi) – Ehi! E’ mia!

CLARISSA – Golosa! (Le ridà la ciambella. Pippa rimette la ciambella sulla console e torna a fare il solitario).

JEREMY – Prima mi ha chiamato urlando come se fossi in cima ad una montagna, poi mi ha accusato di distruggere quello scrittoio.

CLARISSA – E’ una vera peste, ma fa praticamente parte dell’arredamento. (A Pippa) Metti il dieci nero sul fante rosso. (A Jeremy) E’ una bravissima giardiniera.

JEREMY – Lo so. (Si avvicina a Clarissa e le passa un braccio sulle spalle) L’ho vista stamattina dalla finestra della mia camera che scavava una buca enorme, come se dovesse seppellire qualcuno.

CLARISSA – Già, sembra una trincea.

JEREMY (a Pippa) – Il tre rosso sul quattro nero.

(Pippa gli dà un’occhiataccia. Sir Rowland e Hugo entrano dalla biblioteca. Sir Rowland guarda Jeremy che si allontana in fretta da Clarissa)

SIR ROWLAND – Finalmente il cielo si è schiarito, ma è troppo tardi per giocare a golf. Ci saranno ancora si e no venti muniti di luce. (Indicando una carta col piede, a Pippa) Mettila lì. (Si avvicina alla porta finestra) Però possiamo fare una passeggiata e cenare al circolo del golf.

HUGO – Vado a mettermi il soprabito. (Passando dietro a Pippa le indica una carta. Pippa, furibonda, si china sul solitario per nasconderlo. A Jeremy) Viene anche lei?

JEREMY (avviandosi verso l’anticamera) – Vado a prendere la giacca.

(Hugo e Jeremy escono insieme lasciando aperta la porta dell’anticamera. Jeremy sale le scale e incrocia Elgin che sta scendendo)

CLARISSA (a sir Rowland) – Non ti dispiace, vero, cenare al golf?

SIR ROWLAND – Neanche per sogno. E’ un’ottima idea, visto che i domestici sono in libertà.

(Elgin, un cameriere di mezza età, entra dall’anticamera)

ELGIN – La cena è pronta nella stanza del suo studio, signorina Pippa.

PIPPA (si alza di scatto) – Meno male! Muoio di fame! (Si slancia verso l’anticamera).

CLARISSA – Aspetta, Pippa, metti via le carte…

PIPPA – Uffa! (Torna indietro, rifà il mazzo, ma l’asso di picche resta sotto il divano).

ELGIN – Mi scusi, signora.

CLARISSA – Sì, Elgin?

ELGIN – C’è stata una discussione poco piacevole, a proposito della verdura.

CLARISSA – Una discussione? Davvero? Con la signorina Peake?

ELGIN – La signorina Peake ha un carattere molto difficile. Va continuamente in cucina, fa delle osservazioni e a mia moglie, la critica… In tutte le case dove abbiamo lavorato, io e la signora Elgin, abbiamo sempre avuto rapporti molto soddisfacenti con l’orto.

CLARISSA – Mi dispiace. Ci penserò io.

ELGIN – Grazie, signora. (Esce dalla porta dell’anticamera e richiude).

CLARISSA (andando a sedersi sul seggiolone) Che noiosi! E in che modo strano parlano! Che cosa significa “avere rapporti molto soddisfacenti con l’orto?” Mi sembra pagano, quasi un po’ indecente!

SIR ROWLAND – Secondo me, non sono tanto male i due Elgin. Dove li hai trovati?

CLARISSA – In un’agenzia.

SIR ROWLAND – Speriamo che non sia quella che conosco io. Ti mandano certi pasticcioni!

PIPPA – Pasticcioni o pasticcieri?

SIR ROWLAND – Pasticcioni, se non peggio.

CLARISSA – Su, Pippa, fa presto.

PIPPA (prende il mazzo di carte e si alza) – Come sarebbe bello se non si dovesse sempre rimettere tutto a posto. (Si avvia verso la porta dell’anticamera).

CLARISSA (prendendo la ciambella dalla console) – Ecco, portati via la tua ciambella… (Pippa fa per uscire) e i libri di scuola… (Pippa corre a prendere la cartella sulla poltrona e fa di nuovo per uscire) e il berretto! (Pippa rimette la ciambella sulla console di sinistra, afferra il berretto e corre alla porta dell’anticamera) Tieni. (Clarissa prende la ciambella, si avvicina a Pippa e gliela mette in bocca, le piante il berretto in testa e la spinge in anticamera) E chiudi la porta!

(Pippa esce e richiude la porta. La luce, fuori, continua ad affievolirsi. Sir Rowland ride, anche Clarissa ride e prende una sigaretta da una scatola)

SIR ROWLAND – E’ trasformata! Sei stata molto brava, Clarissa.

CLARISSA (sedendosi sul divano) – Credo che ormai mi voglia bene e abbia fiducia in me. Mi piace avere una figliastra.

SIR ROWLAND (accendendo la sigaretta a Clarissa) – E’ di nuovo una bambina normale, felice.

CLARISSA – Ora vive in campagna e va in una buona scuola, dove ha molti amici. Sì, credo che sia felice e, come hai detto tu, normale.

SIR ROWLAND – Povera piccola, com’era ridotta! Vorrei torcere il collo a Miranda.

CLARISSA – Pippa aveva terrore di sua madre.

SIR ROWLAND (sedendosi vicino a Clarissa, sul divano) – Una brutta storia.

CLARISSA – Ogni volta che penso a Mirando divento furiosa. Quanto ha fatto soffrire Henry e la bambina! Ma come si fa a comportarsi così?

SIR ROWLAND – La droga altera il carattere.

CLARISSA – Non doveva drogarsi! Non doveva nemmeno cominciare!

SIR ROWLAND – In parte è colpa di Costello, credo che sia nel giro della droga.

CLARISSA – E’ un uomo ripugnante. Per me è il simbolo del male.

SIR ROWLAND – Si sono poi sposati?

CLARISSA – Sì, circa un mese fa.

SIR ROWLAND – Se non altro, Henry si è liberato di Mirando. E’ simpatico, Henry, (con forza) molto simpatico.

CLARISSA (dolcemente) – Credi che ci sia bisogno di ricordarmelo?

SIR ROWLAND – Parla poco, è riservato, ma è una persona positiva in tutti i sensi. (Una pausa) Senti, quel giovanotto… Jeremy Comesichiama… Chi è? Che ne sai di lui?

CLARISSA (sorridendo) – So che è divertente.

SIR ROWLAND – Divertente! Oggi non ci si preoccupa d’altro. Non fare sciocchezze, Clarissa, mi raccomando.

CLARISSA – Non innamorarti di Jeremy Warrender, Clarissa, mi raccomando. E’ questo che intendi?

SIR ROWLAND – Sì. Sarebbe una tremenda sciocchezza, Clarissa cara, io ti ho vista crescere, sei molto importante per me… Se avessi qualche guaio, ti confideresti col tuo vecchio tutore?

CLARISSA – Certo, Roly. (Lo bacia) E non preoccuparti per Jeremy.

(La signorina Peake entra dalla porta finestra. Ai piedi ha solo le calze e tiene in mano un cavolfiore)

SIGNORINA PEAKE – Scusi se mi presento così, signora Brown-Hailsham, ma mi sono levata gli stivali per non sporcare il pavimento. Volevo mostrarle questo cavolfiore (Pianta il cavolfiore sotto il naso di Clarissa con aria bellicosa).

CLARISSA – E’… è molto bello.

SIGNORINA PEAKE (a sir Rowland) – Lo guardi bene.

SIR ROWLAND (esaminando il cavolfiore) – E’ perfetto. (Lo prende in mano).

SIGNORINA PEAKE – Certo che è perfetto! Guardi, signora, che io non voglio sparlare dei suoi domestici, anche se ci sarebbe parecchio da dire, ma ieri ho portato in cucina un cavolfiore identico a questo e la cuoca l’ha rifiutato! Mi ha detto:”signorina Peake, se lei non riesce a coltivare niente di meglio, nel suo orto, cambi mestiere.” L’avrei uccisa! (Clarissa fa per parlare). Non voglio crearle fastidi, signora, ma in cucina a farmi insultare io non ci vado più. (Sir Rowland solleva il cavolfiore come un trofeo). Metterò la verdura davanti alla porta e la signora Elgin, la sera mi lascerà un elenco di quello che serve. (Squilla il telefono). Vado io. (Alza il ricevitore) Pronto… Sì… (Strofina il piano della console con una cocca del grembiule). Villa dei Frassini… Vuole la signora Brown?… Sì, è qui. (Porge il ricevitore a Clarissa).

(Clarissa si alza, spegne la sigaretta e va al telefono)

CLARISSA – Pronto, sono la signora Hailsham… Pronto… pronto!… Strano, hanno riattaccato.

(La signorina Peake, con un gesto brusco, appoggia la console di sinistra contro il muro)

SIGNORINA PEAKE – Mi scusi, signora, ma il signor Sellon voleva che la console stesse contro il muro. (Clarissa l’aiuta a sistemare la console). Grazie. E stia attenta che non rimangano i cerchi dei bicchieri sui mobili. (Clarissa guarda preoccupata la console). Arrivederci, signora Brown-Hailsham, anzi Hailsham-Brown (Fa una gran risata) Bè, è poi la stessa cosa, no?

SIR ROWLAND – No. (Lentamente, scandendo le parole). Se dico “viavai” non è come se dicessi “vai via”.

(La signorina Peake ride ancora rumorosamente. Hugo entra dall’anticamera)

SIGNORINA PEAKE (a Hugo) – Oggi sto collezionando rimproveri. (Gli batte una mano sulla spalla). Bè, buonanotte, riprendo il mio cavolo e me ne vado! (Sir Rowland ridà il cavolfiore alla signorina Peake). “Viavai e vai via”. Carino, me lo voglio ricordare. (Esce, ridendo, dalla porta finestra).

HUGO – Che donna terribile! Che cosa ne pensa Henry?

CLARISSA – Cerca di sopportarla.

HUGO – Non è facile, con quella risatina da scolaretta in vacanza.

SIR ROWLAND – Un tipico esempio di sviluppo ritardato.

CLARISSA – E’ irritante, d’accordo, ma è un ottima giardiniera ed era già qui quando siamo venuti in questa casa. D’altronde l’affitto era talmente basso…

SIR ROWLAND – Davvero? Non l’avrei detto.

CLARISSA – Un autentico affare. Abbiamo letto l’inserzione, siamo venuti a vedere la casa e quando abbiamo sentito il prezzo l’abbiamo fissata subito per sei mesi.

SIR ROWLAND – Chi è il proprietario?

CLARISSA – Un certo signor Sellon. Adesso è morto. Aveva un negozio di antiquariato a Maidstone.

HUGO – Sì, mi ricordo, Sellon e Brown. Una volta mi hanno venduto un bello specchio Chippendale. Sellon andava in negozio tutti i giorni, ma abitava qui e credo che qualche volta ci portasse i clienti.

CLARISSA – L’affitto della casa è basso ma c’è anche qualche aspetto negativo: ieri, per esempio, mi si è presentato un tale, con una macchina sportiva e un vestito a quadretti che era un pugno in un occhio, e voleva a tutti i costi comprare quello scrittoio. Non riuscivo più a liberarmene. Gli ho detto che non era nostro e non potevamo venderglielo, ma lui non mi credeva e continuava ad alzare il prezzo. E’ arrivato a cinquecento sterline!

SIR ROWLAND (sorpreso) – Cinquecento sterline! (Si alza e si avvicina allo scrittoio). Neanche alla mostra dell’antiquariato.

PIPPA (entrando dalla porta dell’anticamera) – Ho ancora fame.

CLARISSA – Non è possibile.

PIPPA – Invece sì. Non mi bastano una tazza di latte, un po’ di biscotti al cioccolato e una banana.

SIR ROWLAND – E’ un bello scrittoio, senza dubbio, ma non è quello che si dice un pezzo da collezione.

HUGO – Forse c’è un cassetto segreto con una collana di brillanti.

PIPPA – Bè, il cassetto c’è.

CLARISSA – Come?

PIPPA – Ho comprato un libro su una bancarella che spiega tutto sui cassetti segreti dei mobili antichi. Ho cercato per tutta la casa, ma ho trovato solo questo. (Si alza) Adesso ve lo faccio vedere. (Va allo scrittoio, solleva una piccola ribalta laterale e tira fuori un cassetto). Guardate, basta sfilare questo cassetto e sotto c’è una specie di ripostiglio segreto.

HUGO – Non è poi tanto segreto.

PIPPA – Ma non è tutto: qui c’è una molla che fa saltar fuori un cassettino più piccolo. (Preme la molla e fa uscire il cassettino) Ecco fatto. (Hugo prende il cassettino e tira fuori un foglietto)

HUGO – Hei, che c’è qua dentro? (Leggendo) “Asino chi legge”!

(Pippa scoppia in una risata irrefrenabile)

SIR ROWLAND – Ma dico io!

(Ridono tutti. Sir Rowland scuote affettuosamente Pippa, che finge di prenderlo a pugni).

PIPPA (posando il cassettino sulla scrivania) – Ce l’ho messo io quel foglietto!

SIR ROWLAND – Brutta maleducata!

PIPPA – Dentro però avevo trovato una busta con un autografo della regina Vittoria. Adesso ve lo mostro. (Si precipita verso la libreria).

(Clarissa si alza, va allo scrittoio, rimette a posto i due cassetti e abbassa la ribalta. Pippa apre una scatola di conchiglie che stava sullo scaffale più basso della libreria, sfila tre fogli da una vecchia busta e li fa vedere agli altri)

SIR ROWLAND – Fai collezione di autografi, Pippa?

PIPPA – Nei ritagli di tempo… (Dà un autografo a Hugo, che lo guarda e lo passa a Sir Rowland) Una mia compagna di scuola invece colleziona francobolli… suo fratello, poi, ne ha di fantastici. Quest’autunno era sicuro di averne trovato uno uguale a quello che c’era su un giornale… (Dà un altro autografo a Hugo, che lo guarda e lo passa a sir Rowland) Un francobollo svedese o qualcosa di simile, che valeva centinaia di sterline. (Dà a Hugo l’ultimo autografo e la busta a Hugo, che li guarda e passa tutto a sir Rowland) Era felice come una Pasqua e non voleva venderlo, ma gli hanno detto che non era quello che credeva lui. Però era un bel francobollo lo stesso, perché glielo hanno pagato cinque sterline. (Sir Rowland ridà due autografi a Hugo, che li passa a Pippa). Cinque sterline non sono poche, eh? (Hugo mormora qualche parola di assenso. Pippa studia perplesso gli autografi) Quanto varrà un autografo della regina Vittoria?

SIR ROWLAND (osservando la busta) – Da cinque a dieci sterline, almeno credo.

PIPPA – Qui ci sono anche quelli di Ruskin e di Robert Browning.

SIR ROWLAND (passando l’ultimo autografo e la busta a Hugo) – Non credo che valgano molto meno né l’uno né l’altro. (Hugo ridà il foglio e la busta a Pippa).

PIPPA – Mi piacerebbe avere gli autografi di qualche cantante. Quelli dei personaggi storici sanno di muffa. (Rimette la busta con gli autografi nella scatola, poi si avvia verso l’anticamera) Clarissa, posso guardare se in credenza ci sono dei biscotti al cioccolato?

CLARISSA – Sì, guarda pure.

HUGO – Ci conviene andare. (Segue Pippa verso l’anticamera e dalla soglia dell’anticamera, chiama) Jeremy! Jeremy!

JEREMY (fuori scena) – Sto arrivando! (Jeremy scende le scale. Ha in mano una mazza da golf).

CLARISSA – Henry dovrebbe arrivare tra poco. (Jeremy entra)

HUGO (avviandosi verso la porta finestra) Usciamo di qui, è più vicino. Buonanotte, Clarissa, grazie per l’ospitalità.

JEREMY (seguendo Hugo) – Buonanotte, Clarissa. (Jeremy e Hugo escono. Clarissa risponde con un cenno al loro saluto).

SIR ROWLAND (si avvicina a Clarissa e le passa un braccio attorno alle spalle) – A domani. Credo che io e Warrender non torneremo prima di mezzanotte. (Si avvia con la ragazza verso la porta finestra).

CLARISSA – Che bella serata. Ti accompagno fino al cancello.

(Clarissa e sir Rowland escono. Elgin entra dall’anticamera portando un vassoio con bottiglie e bicchieri che depone  sulla console centrale. Suona il campanello di ingresso. Elgin torna in anticamera lasciando la porta aperta)

ELGIN (fuori scena) – Buonasera, signore.

OLIVER (fuori scena) – Devo parlare con la signora Brown.

ELGIN (c.s.) – Sì, signore. (Si sente richiudere la porta d’ingresso). Il suo nome?

OLIVER (c.s.) – Costello.

ELGIN (c.s.) – Da questa parte, prego.

(Elgin entra dall’anticamera e si ferma per lasciare passare il visitatore. Costello è un giovane bruno, bello, in maniera vistosa, come un attore, e ha un’espressione francamente sgradevole)

ELGIN – Attenda, per favore. La signora è in casa, vado a cercarla. (Fa qualche passo, poi si volta) Il signor Costello, vero?

OLIVER – Sì, Oliver Costello.

ELGIN – Bene, signore.

(Elgin esce e chiude la porta. Oliver si guarda attorno, va ad origliare alla porta dell’anticamera e a quella della biblioteca, poi si avvicina allo scrittoio e guarda nei cassetti. D’un tratto, sente un rumore e torna velocemente al centro della stanza. Clarissa entra dalla porta finestra. Oliver si volta, sorpreso)

CLARISSA (soffermandosi sulla soglia, sbalordita) – Tu?

OLIVER – Clarissa! Che cosa fai qui?

CLARISSA – Che strana domanda. E’ casa mia!

OLIVER – Questa è casa tua?

CLARISSA – Non fingere di non saperlo.

OLIVER (sgradevolmente confidenziale) – Bella palazzina… non era di quel vecchio, come si chiama, quell’antiquario… Mi aveva portato qui per mostrarmi delle poltrone Luigi VXI. (Tira fuori il porta sigarette). Fumi?

CLARISSA – No, grazie. E’ meglio che tu te ne vada, Oliver. Mio marito sarà qui tra poco e non credo che abbia piacere di vederti.

OLIVER (con aria divertita e arrogante) – Ma io voglio vedere lui. Sono venuto apposta per proporgli una sistemazione che dovrebbe convenire a tutti…

CLARISSA – Una sistemazione?

OLIVER – Sì, per Pippa. Miranda è dispostissima a lasciare che Pippa passi una parte delle vacanze estive con Henry e magari anche una settimana a Natale, me per il resto…

CLARISSA (interrompendolo bruscamente) – Che cosa vuoi dire? La casa di Pippa è questa.

OLIVER – Clarissa, tesoro, tu certamente sai che il tribunale ha affidato a Miranda la custodia della bambina. (Prendendo una bottiglia dalla console al centro) Posso? (Si versa un whisky) Non c’è stato ricorso in appello.

CLARISSA – Henry ha permesso a Miranda di intentare la causa di divorzio contro di lui con l’intesa che Pippa andasse a vivere col padre. Altrimenti Henry avrebbe chiesto il divorzio per colpa di Miranda, come suo diritto.

OLIVER – Tu non conosci Miranda… Cambia idea continuamente.

CLARISSA (voltandogli le spalle) – E adesso vorrebbe la bambina con sé? Non ci credo.

OLIVER (malignamente) – Ma tu non sei sua madre, Clarissa… Non ti dispiace, vero, se ti parlo così? Dopotutto, ora che ho sposato Miranda, siamo quasi parenti. (Beve il suo whisky d’un sorso e depone il bicchiere). Ti assicuro che Miranda arde di amore materno.

CLARISSA (voltandosi a guardarlo) – Non ci credo.

OLIVER – Come vuoi. Tanto non esiste un accordo scritto.

CLARISSA – Non avrete Pippa. Aveva i nervi a pezzi, povera piccola. Ora sta meglio, va a scuola, è contenta e voglio che continui ad esserlo.

OLIVER – E’ inutile lottare, Clarissa, la legge è dalla nostra parte.

CLARISSA (andando verso di lui) – Che cosa c’è dietro tutto questo? Che cosa volete veramente? Ma che stupida sono! Ora capisco: è un ricatto! (Elgin entra improvvisamente dall’anticamera).

ELGIN – La cercavo, signora. Possiamo andare?

CLARISSA – Sì, andate pure, Elgin.

ELGIN – Il nostro tassì è già arrivato. La cena è pronta in sala da pranzo. Vuole che chiuda le finestre, signora? (Dà un’occhiata a Oliver).

CLARISSA – No, ci penso io.

ELGIN – Grazie. Buonanotte, signora.

CLARISSA – Buonanotte, Elgin. (Il domestico esce).

OLIVER – Ricatto! Che brutta parola, Clarissa! Ho forse parlato di denaro?

CLARISSA – Ancora no, ma è quello che vuoi.

OLIVER – Certo, io e Miranda non siamo ricchi e, come sai, Miranda ha sempre avuto le mani bucate… Probabilmente pensa che Henry potrebbe aumentarle l’assegno. Non sono i mezzi che gli mancano.

CLARISSA – Ascoltami bene, non so che cosa pensi Henry ma so quello che penso io: prova a portare Pippa via di qui e te lo impedirò con qualunque mezzo. Mi batterò con le unghie e con i denti. (Oliver ridacchia). Mirando è drogata. Non mi sarebbe difficile ottenere un certificato medico. E magari potrei consigliare alla Squadra Narcotici di Scotland Yard di tenere d’occhio anche te.

OLIVER (alzando la testa di scatto) – Henry non approverà i tuoi metodi.

CLARISSA – Pazienza, è alla bambina che bisogna pensare. E io non voglio che si spaventi o che subisca prepotenze.

(Pippa entra dall’anticamera).

PIPPA – Clarissa, lo sapevi che c’erano solo due biscotti al cioccolato nella scatola? (Vede Oliver e si ferma di colpo, terrorizzata).

OLIVER – Come và, Pippa? (Pippa indietreggia) Come sei cresciuta! (Si alza e le si avvicina. Pippa indietreggia ancora). Sono venuto a decidere la tua sistemazione. La mamma non vede l’ora di riaverti con sé. Adesso siamo sposati e…

PIPPA (correndo da Clarissa) – Non voglio andarci, Clarissa. Non voglio!

CLARISSA (passandole un braccio intorno alle spalle) – Non preoccuparti, Pippa, la tua casa è qui, con tuo padre e con me. Non ti lasceremo andar via.

OLIVER (avvicinandosi alla bambina) – Ti assicuro, Pippa…

CLARISSA – Fuori di qui! Subito! (Oliver, per prendere in giro Clarissa, finge di avere paura di lei e arretra). E non tornare mai più, hai sentito?

(La signorina Peake entra da una porta finestra. Ha in mano un forcone).

SIGNORINA PEAKE – Oh, signora Hailsham-Brown, io…

CLARISSA – Per piacere, mostri l’uscita al signor Costello.

(Oliver guarda la signorina Peake che brandisce minacciosamente il forcone).

OLIVER – Signorina… Peake?

SIGNORINA PEAKE (brusca) – Piacere di conoscerla. Sono la giardiniera.

OLIVER – Ah! Tempo fa ero venuto qui per comperare un mobile antico.

SIGNORINA PEAKE – Già, dal signor Sellon. Ma oggi non può riceverla. E’ morto.

OLIVER – Non sono venuto per vedere lui, ma per vedere (calcando la voce) la signora Brown.

SIGNORINA PEAKE – Bene. Adesso l’ha vista.

OLIVER – Arrivederci, Clarissa. Mi farò vivo.

SIGNORINA PEAKE (uscendo dalla porta finestra) – Da questa parte, signor Costello. Prende l’autobus o è venuto in macchina?

OLIVER (seguendola) – In macchina. L’ho lasciata vicino alla scuderie (La signorina Peake e Oliver escono dalla porta finestra).

PIPPA – Vedrai, mi porterà via!

CLARISSA – No.

PIPPA – Lo odio! L’ho sempre odiato!

CLARISSA – Pippa!

PIPPA – Non voglio tornare dalla mamma! Preferisco morire, preferisco morire! Io l’ucciderò, Oliver!

CLARISSA – Pippa!

PIPPA (sempre più agitata) – Mi ucciderò io! Mi taglierò le vene e perderò tanto sangue che morirò.

CLARISSA (scuotendola per le spalle) – Su, calmati. Va tutto bene. Ci sono qui io.

PIPPA – Non voglio tornare dalla mamma! Odio Oliver! E’ cattivo, è cattivo, cattivo!

CLARISSA – Sì, cara, lo so.

PIPPA (speranzosa) – Forse il fulmine lo colpirà.

CLARISSA – Forse sì. Adesso mettiti tranquilla, Pippa, va tutto bene. (Le toglie il fazzoletto di tasca) Tieni, soffiati il naso.

(Pippa prende il fazzoletto, si soffia il naso, poi tampona le lacrime che ha lasciato sull’abito di Clarissa).

CLARISSA (ridendo) – Adesso vai a fare il bagno. (Prende la bambina per le spalle e l’avvia verso la porta dell’anticamera). Lavati bene, eh! Hai il collo nero.

PIPPA (chetandosi) – Ce l’ho sempre così. (Va verso l’anticamera. Poi, d’un tratto, si volta e torna di corsa da Clarissa. Parlando in fretta, affannata) Non lascerai che mi portino via, vero?

CLARISSA (con fermezza) – No! Dovranno passare sul mio cadavere. Anzi, sul cadavere di Oliver. Va bene così? (Pippa annuisce. La bacia sulla fronte) Adesso corri a fare il bagno).

(Pippa abbraccia Clarissa e se ne va. Clarissa accende le luci del soffitto, chiude la porta finestra e va a sedersi sul divano. Si sente aprire e richiudere la porta d’ingresso. Entra Henry Hailsham-Brown. E’ un bell’uomo sui quarant’anni, dal viso poco espressivo. Porta gli occhiali di tartaruga e ha in mano una borsa di pelle)

HENRY – Ciao, cara. (Accende le appliques e posa la borsa sul seggiolone).

CLARISSA – Oh, Henry, sei arrivato! Hai visto che brutta giornata?

HENRY (avvicinandosi al divano) – Bruttissima. (Dà un bacio a Clarissa).

CLARISSA – Vuoi qualcosa da bere?

HENRY – No, non ora. (Va a chiudere le tende della porta finestra) Chi c’è in casa?

CLARISSA (sorpresa) – Nessuno. Gli Elgin hanno la serata libera. Solita cena monastica del giovedì: prosciutto e mousse al cioccolato. Il caffè però sarà buonissimo perché lo faccio io.

HENRY – Mmmm…

CLARISSA (colpita dal suo atteggiamento) – Henry, è successo qualcosa?

HENRY – In un certo senso, sì.

CLARISSA – Qualcosa di male? Miranda?…

HENRY – No, niente di male. Anzi, al contrario!

CLARISSA (con affettuosa ironia) – Dall’impenetrabile maschera del funzionario del Ministero degli Esteri, trapela un’ombra di umana eccitazione…

HENRY – In effetti… sì, è piuttosto eccitante… C’è un po’ di nebbia, a Londra.

CLARISSA – E ti pare eccitante?

HENRY – No, non la nebbia.

CLARISSA – E allora?

(Henry si guarda attorno, poi va a sedersi sul divano, accanto alla moglie).

HENRY – Non dovrai dir niente a nessuno, Clarissa.

CLARISSA (ansiosa) – Sì?

HENRY – E’ un segreto per tutti, ma non per te. Anzi, è necessario che tu sappia.

CLARISSA – E dimmi, allora!

(Henry si guarda di nuovo attorno, poi si volta verso la moglie).

HENRY – Guai se trapela qualcosa… Kalendorff verrà domani a Londra per una conferenza.

CLARISSA (serafica) – Lo sapevo.

HENRY – Lo sapevi?

CLARISSA – L’ho letto sul giornale, domenica scorsa.

HENRY – Non riesco a capire perché tu legga certi giornalacci. Comunque, nessuno poteva sapere della visita di Kalendorff perché è un segreto di Stato.

CLARISSA – Segreto di Stato… Figuriamoci! Vi fate delle belle illusioni, voi personaggi importanti!…

HENRY (alzandosi e facendo qualche passo per la stanza, preoccupato) – Oh, Dio! Deve esserci stata una fuga di notizie!

CLARISSA – Dovevate prevederlo. C’è sempre una fuga di notizie.

HENRY – L’annuncio ufficiale è stato dato solo stasera. L’aereo di Kalendorff è atteso a Heathrow alle otto e mezzo. Invece… (Si appoggia al braccio del divano e guarda Clarissa, incerto) Clarissa, posso contare sulla tua discrezione?

CLARISSA (tira giù i piedi dal divano e si mette a sedere) Sono molto più discreta dei giornali della domenica.

HENRY – La conferenza è fissata per domani, ma serbe molto importante che prima sir John e Kalendorff avessero una conversazione privata. Naturalmente i giornalisti sono tutti a Heathrow, e dal momento in cui l’aeroplano atterra i movimenti di Kalendorff saranno di dominio pubblico… Ma la nebbia gioca a nostro favore.

CLARISSA – Và avanti, sono eccitatissima.

HENRY – Il pilota giudicherà imprudente scendere a Heathrow e dirotterà su…

CLARISSA (interrompendolo) – Su Blindey Heath, a venticinque chilometri da qui.

HENRY – Brava! Tu capisci tutto al volo. Dunque, stasera io andrò all’aeroporto a prendere Kalendorff e verrò qui con lui. Sir John arriverà direttamente da Londra in automobile. Parleremo per una ventina di minuti, saranno più che sufficienti. Poi Kalendorff tornerà a Londra con sir John. (Ha un attimo di esitazione, fa qualche passo per la stanza, poi, con improvvisa spontaneità) Vedi, Clarissa, può essere molto importante per la mia carriera. Se mi fanno partecipare a questo incontro vuol dire che hanno un’enorme fiducia in me.

CLARISSA – Bè, è ben riposta! (Correndo ad abbracciarlo) Henry, caro, è meraviglioso!

HENRY – A proposito, Kalendorff sarà per tutti “il signor Jones”.

CLARISSA – Il signor Jones?

HENRY – E’ sempre un’imprudenza chiamare le persone col loro nome.

CLARISSA – Sì, ma… “il signor Jones”? Non potevano trovare qualcosa di meglio? E io come devo comportarmi? Devo ritirarmi nell’harem o portarvi da bere, mormorare un saluto e poi dileguarmi con discrezione?

HENRY (leggermente inquieto) – Cerca di prendere le cose sul serio, cara.

CLARISSA – Henry, non posso essere seria e anche divertirmi un po’

HENRY (riflettendo) – Forse sarebbe meglio che non ti facessi vedere.

CLARISSA – Va bene. Vorranno cenare?

HENRY – Per carità, una cena è impensabile.

CLARISSA – Delle tartine al prosciutto allora… (Sedendosi sul bracciolo del divano) Avvolte in un tovagliolo per tenerle morbide. E un bel termos di caffè. Mi sembra una buona idea. Io mi porterò la mousse al cioccolato in camera da letto per consolarmi di essere stata esclusa dalla riunione.

HENRY (con aria di disapprovazione) – Ti prego, Clarissa.

CLARISSA (buttandogli le braccia al collo) – Caro, credimi, sono serissima. Andrà tutto bene: ci penso io. (Lo bacia).

HENRY – Dov’è Roly?

CLARISSA – E’ andato a cena al golf con Hugo e Jeremy. Poi giocheranno a bridge; non torneranno prima di mezzanotte.

HENRY – Elgin e sua moglie sono usciti?

CLARISSA – Sai che vanno sempre al cinema, il giovedì. Non saranno a casa prima delle undici.

HENRY – Allora è tutto a posto. Sir John e il signor…

CLARISSA – Jones…

HENRY – Esatto… a quell’ora se ne saranno già andati. Salgo a rinfrescarmi un momento, prima di andare all’aeroporto.

CLARISSA – Io preparo le tartine. (Clarissa esce dalla porta dell’anticamera. Henry prende la sua borsa).

HENRY (chiamando) – Clarissa, ricordati le luci! (Va verso la porta dell’anticamera e spegne le lampade sul soffitto). Qui la corrente elettrica la produciamo noi, non siamo a Londra. (Spegne le appliques).

(Henry esce in anticamera chiudendosi la porta alle spalle. La scena è buia, solo il chiaro di luna filtra debolmente dalla finestra dietro lo scrittoio. Oliver entra furtivamente dalla porta finestra, lasciando aperte le tende così che la luna illumina meglio la scena. Oliver fa scorrere con cautela il raggio di una pila per la stanza, poi va ad accendere la lampada dello scrittoio. Alza la ribalta laterale che maschera il cassetto segreto, crede di sentire un rumore, spegne la lampada e resta immobile per un momento. Poi riaccende, apre il cassetto segreto e ne toglie un foglio di carta. Il pannello girevole della libreria si apre lentamente. Senza guardare il foglio, Oliver richiude il cassetto, poi, udendo qualcosa, si volta di scatto e spegne la lampada dello scrittoio.)

OLIVER – Che cosa…

(Qualcuno, nascosto dietro il pannello gli dà una bastonata in testa. Oliver si accascia a terra. Il pannello si richiude. Nel momento in cui Oliver viene colpito, si sente, fuori scena, la voce di Clarissa.)

CLARISSA (fuori scena, chiamando) – Henry! (Una pausa) Henry, vuoi una tartina prima di uscire?

(Oliver si affloscia dietro il divano. Una pausa. Henry entra dall’anticamera accende le appliques, si avvicina al divano e si pulisce gli occhiali)

HENRY (chiamando) – Clarissa! (Si rimette gli occhiali, prende qualche sigaretta dalla scatola sul tavolino e si riempie il portasigarette).

CLARISSA (fuori scena) – Sono qui. Vuoi una tartina prima di uscire?

HENRY (a voce alta) – No, è meglio che mi muova subito.

CLARISSA (f.s.) – Ma arriverai troppo presto! Bastano venti minuti da qui all’aeroporto. (Clarissa entra senza fare rumore dall’anticamera).

HENRY (continuando a parlare a voce molto alta, mentre Clarissa è già alle sue spalle) – Potrei bucare una gomma, oppure… (Si volta e vede la moglie. Con voce normale) Ah, sei qui, cara. Stavo dicendo che potrei avere un guasto alla macchina.

CLARISSA – Tesoro, non ti agitare.

HENRY – E Pippa? Non piomberà in salotto all’improvviso e…

CLARISSA – No, resterò io con lei, faremo una festicciola per conto nostro. Prepareremo la colazione per domattina e ci divideremo la mousse al cioccolato.

HENRY – Come sei buona con Pippa! E’ una delle cose di cui ti sono più grato. Io non so esprimermi come vorrei, ma… (un po’ confusamente) dopo tanta sofferenza e tanto squallore, ora è tutto così diverso. Tu… (La bacia).

CLARISSA – Non dimenticare il signor Jones. (Lo accompagna alla porta dell’anticamera). Mettiti il soprabito, Henry, l’aria è fresca. (I due coniugi escono in anticamera).

CLARISSA (fuori scena) – Mettiti anche i guanti.

HENRY (f.s.) – Sì, cara.

CLARISSA (f.s.) – Sii prudente in macchina, mi raccomando.

HENRY (f.s.) – Sì, Clarissa.

CLARISSA (f.s.) – Arrivederci.

HENRY (f.s.) – Arrivederci.

(Si sente richiudere la porta d’ingresso. Clarissa rientra dall’anticamera con un piatto di tartine avvolte in un tovagliolo e lo depone sulla console di sinistra. Poi, ricordando le raccomandazioni della signorina Peake, riprende velocemente il piatto, cerca di cancellare il segno lasciato sul mobile, non ci riesce e lo nasconde con il vaso dei fiori. Va a posare il piatto sulla panca davanti al divano e sprimaccia con cura i cuscini. Canticchiando tra sé, si avvicina alla console centrale, prende il libro di Pippa e lo posa su uno scaffale della libreria.)

CLARISSA (canticchiando) – “Quando vai col naso in aria…” (Si avvicina allo scrittoio) “quel che trovi non lo sai”… (Mentre sta per pronunciare l’ultima parola, lancia un grido e per poco non inciampa nel corpo di Costello. Si china a guardarlo) Oliver! (Si rialza in fretta, sta per rincorrere Henry, ma si rende conto che se n’è andato. Torna a guardare Oliver poi va al telefono e comincia a comporre un numero. Poi ci ripensa e depone il ricevitore. Fa qualche passo per la stanza, si ferma a riflettere e guarda il pannello. Mossa da un pensiero improvviso, va dietro il divano, torna a guardare il pannello e poi, con riluttanza, afferra il cadavere e comincia a trascinarlo. Il pannello si apre leggermente. Pippa entra dallo stanzino. E’ in pigiama e in vestaglia)

PIPPA – Clarissa!

CLARISSA (cercando di mettersi tra la bambina e il cadavere) – Pippa, non guardare, non guardare! (La spinge via).

PIPPA (con voce strozzata) – Clarissa, io non volevo… Ti giuro, non volevo!

CLARISSA (afferrandola per le spalle, sconvolta) – Pippa! Sei… sei stata tu?

PIPPA – E’ morto, vero? E’ proprio morto! (Fuori di sé) Non volevo ucciderlo, non volevo! (Singhiozzando disperatamente) Non volevo!

CLARISSA – Stà calma, ora, non ti agitare. Vieni a sederti qui. (La guida verso il seggiolone e la fa sedere).

PIPPA – Non volevo ucciderlo!

CLARISSA (le si inginocchia vicino) – Certo che non volevi. Senti, Pippa… (La bambina piange sempre più forte). Pippa, ascoltami. E’ tutto a posto. Devi dimenticare, non pensarci più, hai capito?

PIPPA – Sì, ma io…

CLARISSA – E fidati di me. Andrà tutto bene. Tu però devi essere calma e forte e fare esattamente quello che ti dico. (Pippa, singhiozzando, volta la testa dall’altra parte). Pippa, mi senti? Farai quello che ti dico? (Attirandola a sé). Lo farai?

PIPPA – Sì, sì. (Posa la testa sul petto di Clarissa).

CLARISSA – Così va bene. (L’aiuta ad alzarsi dalla poltrona). Adesso voglio che salga in camera tua e vada a letto.

PIPPA – Vieni con me.

CLARISSA (guidandola verso la porta dell’anticamera) – Sì, sì, verrò presto, al più presto possibile e ti darò una pastiglietta bianca, piccola piccola. Così farai un bel sonno e domattina tutto ti sembrerà diverso. (Si ferma e guarda il cadavere). Forse non c’è da preoccuparsi.

PIPPA – Ma è morto, vero? E’ morto!

CLARISSA (evasivamente) – No, forse non è morto. Vedremo. Adesso vai, Pippa, da brava. (Pippa esce singhiozzando e sale le scale. Clarissa torna al centro della scena). Se per ipotesi… trovassi un cadavere in salotto, che cosa dovrei fare? Che cosa devo fare?

SIPARIO

FINE PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

PRIMA SCENA

(Sempre in salotto, un quarto d’ora dopo. Ora la poltrona è spostata a sinistra e il seggiolone è appoggiato al muro, vicino alla porta dell’anticamera. Anche il tavolino che stava tra le due poltrone adesso è contro il muro. Quasi al centro del locale, è stato montato un tavolo da gioco pieghevole. Intorno ci sono le quattro sedie, sopra le carte e quattro blocchetti per segnare i punti. Quando si alza il sipario, le luci sono accese. Il pannello è chiuso e le tende  della portafinestra sono tirate. Il cadavere è ancora dietro il divano. Clarissa, in piedi vicino al tavolo da gioco, scrive affannosamente su un blocchetto.)

CLARISSA (mormorando) – Tre picche, quattro cuori, quattro senza, passo. (Per ogni dichiarazione indica i posti vuoti dei singoli giocatori) Cinque quadri, passo, sei picche… contre… e qui, secondo me, loro vanno sotto. Vediamo: il contrato surcontra, due mani, cinquecento punti… o li lascio vincere? No.

(Sir Rowland, Jeremy e Hugo entrano dal giardino. Hugo si attarda un momento a chiudere la porta finestra. Clarissa posa il blocchetto e la matita sul tavolo da gioco e corre incontro a sir Rowland)

CLARISSA – Grazie a Dio siete arrivati!

SIR ROWLAND – Cos’è successo?

CLARISSA – Carissimi, dovete aiutarmi.

JEREMY (allegro) – Mi pare che si tratti di un problema di bridge.

HUGO – No, no, qui siamo in pieno dramma! Che cos’hai combinato, signora bella?

CLARISSA (stringendosi al braccio di sir Rowland) – E’ una cosa grave, gravissima! Mi aiuterete, vero?

SIR ROWLAND – Certo che ti aiuteremo, Clarissa. Ma che cosa è stato?

HUGO – Sì, sentiamo.

JEREMY (tutt’altro che preoccupato) – Che cosa ci nascondi, Clarissa? Hai trovato un cadavere?

CLARISSA – Appunto, ho trovato un cadavere.

HUGO – Cosa vorrebbe dire “ho trovato un cadavere”?

CLARISSA – E’ come ha detto Jeremy. Sono entrata qui e l’ho trovato.

HUGO (guardandosi intorno) – Ma di che vai parlando?

CLARISSA – Ti ripeto che è una cosa seria. (Seccamente) E’ lì, andate a vederlo. E’ dietro il divano.

(Hugo gira dietro il divano. Jeremy si sporge a guardare dalla spalliera e dà un fischio)

JEREMY – Ha ragione lei. (Hugo e sir Rowland fissano il cadavere).

SIR ROWLAND – Ma è Oliver Costello!

CLARISSA – Sì. (Jeremy chiude in fretta le tende e si avvicina a Hugo).

SIR ROWLAND – Che faceva qui?

CLARISSA – E’ venuto a parlarmi di Pippa poco dopo che eravate usciti.

SIR ROWLAND – E perché voleva parlarti di Pippa?

CLARISSA – Ha minacciato di portarla via. Ma questo non conta, adesso. Dobbiamo fare in fretta, c’è poco tempo.

SIR ROWLAND – Un momento. Cerchiamo di chiarire la situazione. Che cosa è successo dopo che Costello ha minacciato di portare via la bambina?

CLARISSA – Gli ho detto che non gliel’ avrei mai permesso e lui se ne è andato.

SIR ROWLAND – Ma poi è tornato.

CLARISSA – Evidentemente sì.

SIR ROWLAND – Come? Quando?

CLARISSA – Non lo so. Io sono entrata in salotto, come ti dicevo, e l’ho trovato… così.

SIR ROWLAND (torna ad osservare il cadavere) – Vedo. Bè, è proprio morto. L’hanno colpito alla testa con qualcosa di pesante e di tagliente. Bene, non è piacevole, ma non c’è altro da fare. (Avviandosi al telefono) Avvertiamo la polizia.

CLARISSA – No!

SIR ROWLAND (sollevando il ricevitore) – Avresti dovuto chiamarla subito, Clarissa. Ma non credo che faranno storie.

(Clarissa corre vicino a sir Rowland, gli toglie il ricevitore di mano e lo rimette a posto)

CLARISSA – No, Roly, fermati.

SIR ROWLAND – Ma, cara figliola…

CLARISSA – Se avessi voluto chiamare la polizia l’avrei già fatto. So benissimo che è obbligatorio, avevo perfino cominciato a fare il numero. Invece ho telefonato a voi tre e vi ho detto di venire qui. (Rivolta a Jeremy e Hugo) E voi non mi avete ancora domandato perché.

SIR ROWLAND – Lascia fare a noi. Telefoniamo e…

CLARISSA (a sir Rowland) – Non hai capito, Roly. Tu avevi promesso di aiutarmi, se mai mi fossi trovata nei guai. E adesso il momento è venuto! Dovete aiutarmi tutti!

JEREMY (spostandosi in modo che la ragazza non veda il cadavere) – Cosa vuoi che facciamo, Clarissa?

CLARISSA – Fate sparire il morto!

SIR ROWLAND – Non dire sciocchezze. C’è stato un delitto.

CLARISSA – Appunto! C’è stato un delitto e non voglio che trovino il cadavere in casa mia.

HUGO – Figliola cara, non sai quel che ti dici. Hai letto troppi gialli di Agatha Christie. Nella vita reale non si gioca coi cadaveri.

CLARISSA – Bè, tanto l’ho già mosso. L’ho voltato per vedere se era morto. Poi ho tentato di trascinarlo nello stanzino, ma da sola non ce la facevo, così vi ho telefonato. E mentre vi aspettavo, ho studiato un piano.

JEREMY – E il tavolo da gioco rientra nel piano?

CLARISSA (prendendo il blocchetto per segnare i punti) – Sì. Sarà il nostro alibi.

HUGO – Ma cosa diavolo…

CLARISSA – Ho inventato tutte le mani, come se avessimo giocato due mani e mezzo, e qui ho segnato i punti. Voi tre dovete trascriverli sugli altri blocchetti con la vostra calligrafia.

SIR ROWLAND – Clarissa, tu sei pazza.

CLARISSA – Ho pensato a tutto. Il cadavere deve sparire. (Guarda Jeremy) Dovrete trasportarlo in due, un morto è scomodissimo da muovere: l’ho già imparato a mie spese…

HUGO – E dove dovremmo portarlo, secondo te?

CLARISSA – Il posto più adatto è il bosco di Marsden. E’ solo a tre chilometri da qui. Vicino al cancello principale, sulla sinistra, c’è una stradina dove non passa mai nessuno. (Rivolta a sir Rowland) Seguitela fino al bosco, poi lasciate la macchina sul ciglio della strada e tornate a piedi.

JEREMY – Cioè dobbiamo scaricare il cadavere e…

CLARISSA – No. Costello aveva parcheggiato la sua macchina davanti alle scuderie. Dovete usare quella e lasciarcelo dentro. Semplice, no? Se per caso vi vedessero tornare a piedi non importa: è buio e nessuno vi riconoscerà. E poi avete l’alibi: abbiamo giocato insieme a bridge. (Rimette il blocchetto sul tavolo. Gli altri la guardano, allibiti).

HUGO – Io… io (agita le mani in aria).

CLARISSA – Vi metterete i guanti, naturalmente, per non lasciare impronte digitali. Li ho già preparati. (Fa spostare Jeremy, che è accanto al divano, prende tre paia di guanti da sotto un cuscino e li dispone, uno accanto all’altro, su un bracciolo).

SIR ROWLAND – Clarissa, la tua vocazione per il crimine mi lascia senza parole.

JEREMY (con ammirazione) – Ha pensato proprio a tutto.

HUGO – Sì, ma comunque è un’assurdità.

CLARISSA – Presto! Dovere far presto! Alle nove sarà qui Henry con il signor Jones.

SIR ROWLAND – Il signor Jones? Chi è il signor Jones?

CLARISSA (passandosi una mano sulla fronte) – Dio quante cosa bisogna spiegare quando c’è di mezzo un delitto! Io credevo che bastasse chiedervi aiuto… Invece qui stiamo perdendo tempo! Hugo, Hugo caro…

HUGO – Clarissa, la scena è perfetta e la recitazione pure, ma un morto è un morto e manovrarlo con tanta leggerezza può avere gravi conseguenze. Non si possono spupazzare i cadaveri nel cuore della notte come se niente fosse.

CLARISSA – Jeremy?

JEREMY (allegramente) – Io ci sto. Cadavere più, cadavere meno…

SIR ROWLAND (severo) – Silenzio, giovanotto. Clarissa, lasciati guidare da me. Devi pensare anche a Henry.

CLARISSA – Ma è proprio a Henry che sto pensando! Questa è una sera cruciale per lui. E’ andato a… a ricevere una persona importantissima e deve portarla qui. Ma è un segreto.

SIR ROWLAND (dubbioso) – Il signor Jones?

CLARISSA – Il nome è idiota, d’accordo, ma lo chiamano così. Non posso dirvi di più, ho promesso di non parlare. Però voglio farvi capire che non sono un’incosciente e non sto recitando, come crede Hugo. Io mi preoccupo per la carriera di mio marito. Riflettete un momento: arriva un ospite di riguardo e trova la polizia che indaga sulla morte di un tale che ha appena sposato la moglie di Henry!

SIR ROWLAND – Signore Iddio! (Sospettoso). Clarissa, sei sicura di non stare inventando niente?

CLARISSA – Nessuno mi crede mai, quando dico la verità.

SIR ROWLAND – Scusa, ma la situazione è più complicata di quanto pensassi.

CLARISSA – Lo vedi? Dobbiamo portar via subito Oliver.

JEREMY – Dove hai detto che si trova l’automobile?

CLARISSA – Vicino alle scuderie.

JEREMY – E i domestici sono usciti?

CLARISSA – Sì.

JEREMY (prendendo un paio di guanti) – Bene. Devo portare l’automobile al cadavere o il cadavere all’automobile?

SIR ROWLAND – Un momento, non precipitiamo le cose. (Jeremy rimette a posto i guanti).

CLARISSA (a sir Rowland) – Ma bisogna far presto!

SIR ROWLAND – Clarissa, non sono sicuro che il tuo piano sia il più indovinato. Se potessimo rimandare la scoperta del cadavere a domattina, la serata di Henry non sarebbe compromessa e tutto diventerebbe più semplice. Basterebbe portarlo in un’altra stanza…

CLARISSA (a sir Rowland) – Sei tu che devo convincere, vero? Jeremy è già pronto e Hugo metterà il muso, brontolerà, scuoterà la testa, ma lo farà. Sei tu… (Va ad aprire la porta della biblioteca. Rivolta a Hugo a Jeremy) Vi dispiace andare di là un momento? Vorrei parlare con Roly in privato. (Sir Rowland si siede al tavolo da gioco).

HUGO (a sir Rowland mentre si avvia verso la biblioteca) – Non lasciarti convincere a fare colpi di testa, Roly.

JEREMY (seguendolo) – Buona fortuna, Clarissa. (Hugo e Jeremy entrano in biblioteca. Clarissa chiude la porta).

CLARISSA – Ecco. (Si siede vicino a sir Rowland).

SIR ROWLAND – Bambina cara, io ti voglio bene e te ne vorrò sempre. Ma in questo caso la mia risposta è no.

CLARISSA (seria, con impeto) – Il cadavere deve sparire da questa casa. Se lo troveranno nel bosco di Mardsen potrò tranquillamente dire alla polizia che Oliver è passato di qui e anche precisa l’ora in cui se n’è andato. La signorina Peake l’ha accompagnato al cancello e, a conti fatti, è stata una bella fortuna… A nessuno passerà per la mente che sia tornato indietro. Ma se resta qui cominceranno a interrogare tutti e… (con fermezza) E Pippa non è in grado di sopportarlo.

SIR ROWLAND (perplesso) – Pippa?

CLARISSA – Non potrebbe resistere, finirebbe per confessare.

SIR ROWLAND – Pippa! Mio Dio!

CLARISSA – Era terrorizzata quando è venuto Oliver. Le ho assicurato che non gli avrei permesso di portarla via, ma forse non mi ha creduta. Sai quello che ha passato, com’era ridotta… Poverina… Mi ha detto e ripetuto che non voleva ucciderlo ed è vero, ne sono certa. E’ stato il panico. Ha preso quel bastone e ha colpito Oliver alla cieca.

SIR ROWLAND – Quale bastone?

CLARISSA – Quello che era nel portaombrelli. Adesso è nello stanzino. L’ho lasciato lì, non l’ho toccato.

SIR ROWLAND (vivamente) – Dov’è Pippa?

CLARISSA – A letto. Le ho dato un sedativo e non dovrebbe svegliarsi per tutta la notte. Domattina la porterò a Londra: la mia vecchia bambinaia avrà cura di lei.

(Sir Rowland si alza, va a guardare il cadavere, poi torna da Clarissa e le dà un bacio).

SIR ROWLAND – Hai vinto, Clarissa, ti chiedo scusa. Pippa non può e non deve affrontare la situazione. Chiama gli altri. (Si avvicina alla porta finestra, guarda fuori, poi richiude le tende).

CLARISSA (chiamando, dalla porta della biblioteca) – Hugo, Jeremy! (Hugo e Jeremy rientrano).

HUGO (a Clarissa) – Il tuo domestico non è molto solerte… Aveva lasciato aperta la finestra della biblioteca, l’ho chiusa io adesso. (A sir Rowland) Allora?

SIR ROWLAND – Mi sono convinto.

JEREMY (a Clarissa) – Brava.

SIR ROWLAND – Non c’è tempo da perdere. I guanti! (Infila un paio di guanti. Hugo e Jeremy fanno altrettanto. Avvicinandosi al pannello). Come si apre?

JEREMY – Così, me l’ha insegnato Pippa. (Preme il pulsante e il pannello gira. Sir Rowland guarda nello stanzino e prende un grosso bastone dal pomo di legno).

SIR ROWLAND – Per pesante è pesante, e calato con forza sulla testa… Però non avrei detto…

HUGO – Che cosa?

SIR ROWLAND – Niente, ma avevo pensato ad un arnese più affilato, a qualcosa di metallo…

HUGO – Un’ascia?

JEREMY – A me sembra abbastanza micidiale, una testa può romperla.

SIR ROWLAND – Evidentemente sì. Hugo, per piacere, vai in cucina e brucialo nella stufa. (Dà il bastone a Hugo). Warrender, noi due caricheremo il cadavere in automobile. (Si china sul morto per sollevarlo e Jeremy fa altrettanto. In quella, suona il campanello d’ingresso. Jeremy e sir Rowland si rialzano di scatto). Che c’è?

CLARISSA (smarrita) – Hanno suonato alla porta. (Tutti restano immobili). Chi può essere? E’ troppo presto per Henry. Forse è sir John.

SIR ROWLAND – Chi, il ministro degli Esteri?

CLARISSA – Sì.

SIR ROWLAND – Ah! Bisogna fare qualcosa… (Il campanello suona di nuovo). Clarissa, vai ad aprire. Cerca di prender tempo, noi intanto sistemiamo tutto. (Clarissa va in anticamera) Mettiamolo lì dentro. Dopo, quando tutti saranno in riunione, lo porteremo fuori passando dalla biblioteca.

JEREMY – Buona idea. (Jeremy e sir Rowland sollevano il cadavere).

HUGO – Occorre aiuto?

JEREMY – Grazie, ce la facciamo.

(Jeremy e sir Rowland trasportano il cadavere nello stanzino. Hugo raccoglie la torcia elettrica di Costello. Sir Rowland esce dallo stanzino e preme il pulsante. Jeremy scivola fuori mentre Hugo, passando sotto il suo braccio, si infila nello stanzino con la torcia ed il bastone. Il pannello si chiude).

SIR ROWLAND (guardando se gli sono rimaste macchie di sangue sulla giacca) – I guanti! (Si toglie i guanti e li ficca sotto un cuscino del divano. Jeremy fa altrettanto). Il bridge. (Va a sedersi al tavolo da gioco. Jeremy corre a sedersi anche lui, scopre la mano del “morto” e prende le sue carte). Vieni Hugo.

(Hugo bussa dall’interno dello stanzino. Jeremy e sir Rowland si accorgono che non è con loro. Jeremy si alza, preme il pulsante e apre il pannello. Anche sir Rowland si avvicina al pannello. Hugo emerge dallo stanzino).

SIR ROWLAND – Vieni Hugo.

JEREMY (chiudendo il pannello) – Su, svelto, Hugo.

(Sir Rowland prende i guanti di Hugo e li ficca sotto un cuscino. Tutti e tre corrono a sedersi al tavolo da gioco e prendono in mano le carte. Clarissa, l’ispettore Lord e l’agente Jones entrano dall’anticamera).

CLARISSA (sbalordita) – Zio Roly, c’è la polizia! (Resta in piedi dietro la sedia di sir Rowland. L’agente Jones si ferma vicino alla porta).

ISPETTORE (facendosi avanti) – Mi dispiace importunarvi, signori, ma ci hanno informati che qui c’è stato un delitto.

HUGO – Come?

SIR ROWLAND – Un delitto!

JEREMY - Ma no!

CLARISSA – Incredibile!

ISPETTORE – Abbiamo ricevuto una telefonata. (A Hugo). Buonasera, signor Birch.

HUGO (bofonchiando) – Ehm… buonasera, Lord.

SIR ROWLAND – Le hanno fatto un brutto scherzo, ispettore.

CLARISSA – Abbiamo giocato a bridge tutta la sera. (Gli altri annuiscono). Ma che cosa le hanno detto? Chi sarebbe stato ucciso?

ISPETTORE – Non hanno fatto nomi. La persona che ha telefonato a detto solo di correre subito, che alla Villa dei Frassini avevano ucciso un uomo. E ha riattaccato prima che potessi fare domande.

CLARISSA (con aria virtuosa) – Che vergogna, fare certi scherzi! (Hugo mormora qualche parola di disapprovazione).

ISPETTORE – Lei non immagina, signora,quanti squinternati ci sono a questo mondo. (Hugo si schiarisce la gola e va a sedersi sul bracciolo del divano). Dunque, a quanto mi dite, qui stasera non è successo niente di particolare. Forse è bene che parli anche con il signor Hailsham-Brown.

CLARISSA – Non c’è. Tornerà molto tardi, stasera.

ISPETTORE – Capisco. Chi c’è in casa?

CLARISSA (indicando gli altri man mano che li nomina) – Sir Rowland Delahaye, il signor Warrender e la mia figliastra, una bambina. Sta dormendo.

ISPETTORE – E i domestici?

CLARISSA – E’ la loro serata libera. Sono andati al cinema, a Maidstone.

ISPETTORE – Ah. (Elgin entra dalla porta dell’anticamera).

ELGIN (guardando l’ispettore) – Occorre qualcosa, signora?

CLARISSA (trasalendo lievemente) – Credevo che foste al cinema. (L’ispettore le lancia un’occhiata penetrante).

ELGIN – Siamo venuti via subito, signora. Mia moglie stava poco bene. (Abbassando la voce) Ehm… disturbi gastrici. (Il suo sguardo passa dall’ispettore all’agente). C’è qualcosa che non va?

ISPETTORE – Lei come si chiama?

ELGIN – Elgin. Sono sicuro… spero che non sia successo niente.

ISPETTORE – Ci hanno telefonato che qui c’era stato un omicidio.

ELGIN – Un omicidio?

ISPETTORE – Lei ne sa qualcosa?

ELGIN – Io? Nulla. Assolutamente nulla.

ISPETTORE – Non è stato lei a telefonare?

ELGIN – Certo che no!

ISPETTORE – Rientrando, è passato dalla porta di dietro, immagino.

ELGIN – Sissignore.

ISPETTORE – Ha notato niente di particolare?

ELGIN – Bè, c’era un’automobile vicino alle scuderie. Mi è parso strano.

ISPETTORE – Perché?

ELGIN – Perché di solito nessuno parcheggia lì.

ISPETTORE – Dentro c’era qualcuno?

ELGIN – No. Credo proprio di no.

ISPETTORE (all’agente) – Vai a dare un’occhiata, Jones.

CLARISSA (sorpresa) – Jones!

ISPETTORE – Signora?

CLARISSA (sorridendo) – Niente, niente… Solo l’agente non ha un aspetto molto gallese mentre il cognome…

(L’ispettore fa cenno a Elgin e all’agente che possono andare. Elgin e Jones passano in anticamera e chiudono la porta. Jeremy si siede sul divano e comincia a mangiare le tartine che Clarissa aveva lasciato sulla panca. L’ispettore posa il cappello e i guanti sul seggiolone e si avvicina al tavolo da gioco)

ISPETTORE – A quanto pare, qualcuno è venuto qui, stasera, anche se voi non l’avete visto. Aspettavate visite?

CLARISSA – Oh no, no… Non aspettavamo nessuno. Dovevamo giocare a bridge ed eravamo già in quattro.

ISPETTORE – Anche io sono un appassionato di bridge.

CLARISSA – Davvero? Segue il metodo Blackwood?

ISPETTORE – No, mi lascio guidare dall’intuito. Lei non abita qui da molto tempo; vero signora Hailsham-Brown?

CLARISSA – No, da un mese e mezzo circa.

ISPETTORE – E non ha mai notato niente di strano?

SIR ROWLAND – Che cosa intende, esattamente, per strano, ispettore?

ISPETTORE – E’ una lunga storia: questa casa apparteneva al signor Sellon, l’antiquario. E’ morto sei mesi fa.

CLARISSA - Improvvisamente, mi pare.

ISPETTORE – Infatti. E’ caduto dalle scale e ha battuto la testa. Il verdetto è stato: morte per cause accidentali. Forse era vero e forse no.

CLARISSA – Potrebbero averlo spinto?

ISPETTORE – Sì, oppure gli hanno dato una botta in testa e poi l’hanno sistemato in fondo alle scale, come se fosse caduto. (Hugo si alza e va a sedersi al tavolo da gioco. Gli altri restano immobili, agghiacciati).

CLARISSA – Ed è successo qui… in questa casa?

ISPETTORE – No, al negozio. Non abbiamo prove, naturalmente, ma c ‘era qualche punto oscuro nella vita del signor Sellon.

SIR ROWLAND – In che senso?

ISPETTORE – Due o tre volte abbiamo dovuto chiamarlo per chiedergli, diciamo, qualche chiarimento. Un’altra volta quelli della Squadra Narcotici sono venuti a fare due chiacchiere con lui… Ma si trattava solo di sospetti.

SIR ROWLAND – Cioè, ufficialmente si trattava solo di sospetti?

ISPETTORE – Esatto, sir Rowland, ufficialmente.

SIR ROWLAND – Mentre ufficiosamente…

ISPETTORE – Non sono autorizzato a parlarne. (Rivolto a Jeremy) Comunque, c’è un particolare curioso: abbiamo trovato una lettera, non finita, in cui il signor Sellon accennava ad una rarità, qualcosa di prezioso e assolutamente autentico, che era disposto a cedere per quattordicimila sterline.

SIR ROWLAND – Una bella cifra! Che cosa sarà stato? Un gioiello? Di solito “autentico” si dice dei quadri. (Jeremy continua a mangiare le tartine).

ISPETTORE – Nel negozio non c’era niente che potesse valere tanto, la società di assicurazioni l’ha confermato. (Rivolto a Jeremy) La socia del signor Sellon, che ha un negozio per conto suo a Londra, ci ha scritto che non era in grado di aiutarci.

SIR ROWLAND – Quindi forse hanno ucciso il signor Sellon per rubargli questo oggetto misterioso.

ISPETTORE (a sir Rowland) – Sempre che il ladro sia riuscito a trovarlo.

SIR ROWLAND – E perché non dovrebbe esserci riuscito?

ISPETTORE – Perché da allora, per due volte, qualcuno ha scassinato la porta del negozio e ha frugato dappertutto.

CLARISSA – Come mai ci racconta tutto questo, ispettore?

ISPETTORE – Perché mi è venuto il sospetto che il signor Sellon abbia nascosto il suo tesoro qui e non nel negozio di Maidstone. Ecco perché le ho chiesto se non ha notato niente di strano da quando abita in questa casa.

CLARISSA – Oggi qualcuno ha telefonato, ha chiesto di me e quando sono andata rispondere ha riattaccato. Ma non è poi tanto strano. Può capitare. (A Jeremy) Ah sì, l’altro giorno è venuto un tale con la giacca a quadretti, che pareva un allibratore. Voleva comprare quello scrittoio.

ISPETTORE (avvicinandosi al mobile) – Questo?

CLARISSA – Sì. Gli ho detto che non potevamo venderlo perché non era nostro, ma non mi ha creduto. E mi ha offerto una grossa cifra, molto più di quello che vale.

ISPETTORE – Interessante. (Osserva lo scrittoio) Spesso questi aggeggi hanno un cassetto segreto.

CLARISSA – Infatti. Anche qui ce n’è uno. Ma non ci abbiamo trovato niente di speciale, solo dei vecchi autografi.

(L’agente Jones arriva dall’anticamera e si sofferma sulla soglia. Ha in mano un libretto di circolazione e un paio di guanti).

ISPETTORE – Sì, Jones?

AGENTE – Ho perquisito la macchina, ispettore. I guanti erano al posto di guida. Il libretto nella tasca della portiera. (Porge il libretto all’ispettore. Clarissa e Jeremy si scambiano un sorriso, udendo l’accento gallese di Jones).

ISPETTORE (esaminando il libretto) – Oliver Costello, anni ventisette… Morgan Mansions, Chelsea. (Bruscamente) Questo Oliver Costello è venuto qui, oggi? (Clarissa e sir Rowland si guardano).

CLARISSA – Sì, è venuto alle… mi lasci pensare… alle sei e mezzo.

ISPETTORE – E’ un suo amico?

CLARISSA – No, non precisamente un amico. L’ho visto un paio di volte. (Fingendosi a disagio) E’ un po’ imbarazzante… (Guarda sir Rowland perché continui lui).

SIR ROWLAND – Le spiegherò io come stanno le cose, ispettore. La prima signora Hailsham-Brown ha divorziato circa un anno fa e, di recente, si è risposata con Oliver Costello.

ISPETTORE – Ho capito. E come mai Costello è venuto qui oggi? L’aveva avvertita?

CLARISSA (disinvolta) – Oh no. Vede, quando Miranda se n’è andata, ha portato via due o tre cose che non erano sue, Oliver si è trovato a passare da queste parti ed è venuto a restituirle.

ISPETTORE – Che genere di cose?

CLARISSA (con un sorriso) – Sciocchezze. (Mostra all’ispettore il portasigarette sul tavolino a sinistra del divano) Questo, ad esempio. Era della mamma di mio marito e ha più che altro un valore affettivo.

ISPETTORE – Per quanto tempo si è intrattenuto il signor Costello?

CLARISSA (rimettendo il portasigarette sul tavolino) – Poco, una decina di minuti. Aveva fretta.

ISPETTORE – E avete avuto un colloquio amichevole?

CLARISSA – Oh sì. Era stato molto gentile a riportarci quelle piccole cose…

ISPETTORE – Le ha detto dove stava andando?

CLARISSA – No, è uscito da quella porta finestra e tanti saluti. Comunque, la mia giardiniera, la signorina Peake, si è offerta di accompagnarlo…

ISPETTORE – C’è una giardiniera? Abita qui?

CLARISSA – Sì, nella casetta in fondo al parco.

ISPETTORE – Parlerò anche con lei. Jones!

CLARISSA – La chiamo io, abbiamo una linea interna. (Va al telefono e alza il ricevitore).

ISPETTORE – Grazie.

CLARISSA – Le pare. (Preme un bottone dell’apparecchio). Non credo che sia già andata a letto. (Sorride all’ispettore).

(L’ispettore sembra intimidito. Jeremy sorride e prende un’altra tartina)

CLARISSA (al telefono) – Buonasera, signorina Peake… Sì, sono io. Le dispiacerebbe venire qui un momento? E’ per una cosa molto importante… Ah sì, va bene, va bene, grazie. (Riattacca) Stava lavandosi i capelli, ma si veste e viene subito.

ISPETTORE – Grazie. Forse a lei Costello ha detto dove andava.

CLARISSA – Già, forse gliel’ha detto.

ISPETTORE – Il problema è: perché ha lasciato qui la macchina? E lui, dov’è? (Clarissa istintivamente lancia un’occhiata al pannello della libreria. Jeremy con aria candida si appoggia allo schienale del divano e accavalla le gambe). Probabilmente la signora Peake è stata l’ultima persona a vedere Costello. Lei, signora, ha richiuso la portafinestra dopo che era uscito?

CLARISSA – No.

ISPETTORE – Ah!

CLARISSA – Almeno non credo.

ISPETTORE – Quindi può essere rientrato da quella parte. Signora Hailsham-Brown, col suo permesso vorrei perquisire la casa.

CLARISSA (sorridendo) – Ma certo, ispettore. Questa camera l’ha già vista: non c’è nascosto nessuno. (Scostando le tende per un attimo) Guardi! (Va ad aprire la porta della biblioteca) Qui c’è la biblioteca, vuole visitarla?

ISPETTORE – Grazie. (Entra in biblioteca con l’agente e gli indica la porta che va dalla biblioteca in anticamera) Jones, guarda dove dà quella porta.

AGENTE – Sissignore.

SIR ROWLAND (si avvicina velocemente al pannello, sottovoce cercando di spiegarsi a gesti) – Che cosa c’è dall’altra parte?

CLARISSA – Scaffali pieni di libri. (Sir Rowland annuisce e va verso il divano).

AGENTE (fuori scena) – Dà sull’anticamera, ispettore. (L’ispettore e l’agente rientrano).

ISPETTORE – Bene. (Si accorge che sir Rowland si è spostato). Ora perquisiremo il resto della casa. (Si avvia verso l’anticamera).

CLARISSA – Vengo con lei, ispettore, non le dispiace. Non vorrei che la bambina si spaventasse. Anche se è difficile che si svegli. Dormono così sodo a quell’età! Lei ha bambini?

ISPETTORE – Un maschio e una femmina. (Esce e comincia a salire le scale).

CLARISSA – Che fortuna! (Rivolta all’agente) Signor Jones! (L’agente esce in anticamera, Clarissa lo segue e mentre chiude la porta smette improvvisamente di sorridere. Jeremy si asciuga la fronte).

JEREMY – E adesso? (Prende un’altra tartina).

SIR ROWLAND – Non sono tranquillo. Le cose si complicano.

HUGO – Non ci resta che dire la verità prima che sia troppo tardi.

JEREMY – Ma non possiamo! Sarebbe ingiusto verso Clarissa.

HUGO – E’ peggio andare avanti così! Come faremo a portare via il cadavere se la polizia sequestra l’automobile?

JEREMY – Useremo la mia.

HUGO (avvicinandosi a sir Rowland) – No, non ci sto, non ci sto! Perdiana, sono il giudice di pace di questo distretto! Roly, tu che hai la testa sul collo, che ne dici?

SIR ROWLAND – Io ormai mi sono impegnato.

HUGO – Non ti capisco.

SIR ROWLAND – Allora fidati di me. Siamo in un brutto guaio, ma se teniamo duro possiamo ancora cavarcela. Se la polizia si convincerà che Costello non è qui, andrà a cercarlo da un’altra parte. Aveva milla ragioni per lasciare la macchina davanti alle scuderie e andarsene a piedi. Perché sospettare di noi? Siamo cittadino rispettabili: Hugo è giudice di pace, Henry lavora al Ministero degli Esteri…

HUGO – E tu hai alle spalle anni d’irreprensibile e luminosa carriera. Coraggio, affrontiamo la situazione.

JEREMY (alzandosi) – Non potremmo portarlo via subito?

SIR ROWLAND – Non c’è tempo. Torneranno da un momento all’altro. Meglio lasciarlo dov’è.

JEREMY – Clarissa è straordinaria, non fa una piega. L’ispettore, ormai, le mangia in mano. (Suona il campanello d’ingresso).

SIR ROWLAND – Sarà la signorina Peake. Vada ad aprire, per favore, Warrender. (Jeremy va in anticamera. Hugo accenna a sir Rowland di avvicinarsi).

HUGO – Roly, che storia è questa? Che cosa ti ha detto Clarissa?

JEREMY (fuori scena) – Buonasera, signorina Peake. (Sir Rowland sta per parlare ma, udendo la voce della signorina Peake, fa un gesto che significa “non ora”).

SIGNORINA PEAKE (fuori scena) – Buonaser, signor Warrender. (Si sente richiudere la porta d’ingresso).

JEREMY (fuori scena) – Venga in salotto.

(Jeremy e la signorina Peake entrano dall’anticamera. La signorina Peake si è visibilmente vestita in fretta e ha un asciugamano intorno alla testa)

SIGNORINA PEAKE – Che succede? La signora Brown-Hailsham era misteriosa al telefono… C’è qualcosa che non va?

SIR ROWLAND (con molta gentilezza) – Mi dispiace che l’abbiano fatta correre qui in questo modo, signorina Peake. Si accomodi, prego.

SIGNORINA PEAKE (mettendosi a sedere) – Grazie.

SIR ROWLAND – Dunque, abbiamo la polizia in casa e …

SIGNORINA PEAKE – La polizia? Ci sono stati i ladri?

SIR ROWLAND – No, questo no, ma… (Clarissa, l’ispettore e l’agente rientrano dall’anticamera).

CLARISSA – Ispettore, la signorina Peake.

ISPETTORE – Buonasera, signorina.

SIGNORINA PEAKE – Buonasera, ispettore. Stavo appunto chiedendo a sir Rowland se c’è stato un furto.

ISPETTORE – Siamo qui perché abbiamo ricevuto una strana telefonata. Forse lei ci può aiutare. (Sir Rowland siede sulla spalliera del divano).

SIGNORINA PEAKE (con una risata squillante) – Siamo in pieno mistero!

ISPETTORE – Si tratta del signor Costello, Oliver Costello, di ventisette anni, abitante a Morgan Mansions, Chelsea.

SIGNORINA PEAKE – Mai sentito nominare.

ISPETTORE – Stasera è venuto a trovare la signora Hailsham-Brown e, se non erro, lei signorina, l’ha accompagnato al cancello.

SIGNORINA PEAKE – Ah, ora capisco. La signora non mi aveva detta come si chiamava. Che cosa vuol sapere?

ISPETTORE – Dovrebbe dirmi cosa è successo di preciso quando ha visto Costello l’ultima volta.

SIGNORINA PEAKE – Dunque… siamo usciti dalla portafinestra e io gli ho indicato la scorciatoia per la fermata dell’autobus, ma lui mi ha detto che aveva lasciato la macchina alle scuderie.

ISPETTORE – Uno strano posto per lasciare l’automobile.

SIGNORINA PEAKE (dando una manata sul braccio dell’ispettore) – Giusto! L’ho pensato anch’io! Non era più logico fermarsi davanti alla porta? Ce n’è di gente stramba.

ISPETTORE – E poi?

SIGNORINA PEAKE – Se n’è andato. Avrà preso la macchina e sarà tornato a casa.

ISPETTORE – Ma lei non l’ha visto prendere l’automobile?

SIGNORINA PEAKE – No, stavo mettendo via gli attrezzi.

ISPETTORE – In seguito l’ha più visto?

SIGNORINA PEAKE – No, perché?

ISPETTORE – Perché l’automobile è ancora lì. Alle sette e quarantanove, una telefonata anonima ci ha avvertiti che alla Villa dei Frassini avevano ucciso un uomo.

SIGNORINA PEAKE – Avevano ucciso un uomo? In questa casa? Ma è ridicolo!

ISPETTORE – E’ quello che pensano tutti qui. (Guarda sir Rowland).

SIGNORINA PEAKE – So che ci sono in giro dei maniaci che aggrediscono le donne… ma se lei dice che hanno ucciso un uomo…

ISPETTORE – Non ha sentito un’automobile, stasera?

SIGNORINA PEAKE – Solo quella del signor Hailsham-Brown.

ISPETTORE – Il signor Hailsham-Brown? Non doveva tornare molto tardi? (Si volta a guardare Clarissa).

CLARISSA – E’ venuto a casa un momento ed è andato via subito.

ISPETTORE – Ah sì? A che ora è arrivato, esattamente?

CLARISSA – Vediamo… circa…

SIGNORINA PEAKE – Un quarto d’ora prima che smettessi di lavorare. Perché vede, ispettore, io faccio sempre un mucchio di straordinari. Non bado al contratto, io! (Batte un pugno sul tavolo). Il lavoro innanzitutto! Sì, quando è arrivato il signor Hailsham-Brown erano le sette e un quarto, minuto più minuto meno.

ISPETTORE – Dunque, poco dopo che se n’era andato il signor Costello. (Il suo atteggiamento cambia impercettibilmente) Uno usciva e uno entrava.

SIGNORINA PEAKE – Forse Costello è tornato indietro per parlare con il signor Hailsham-Brown.

CLARISSA – Oliver non è tornato indietro.

SIGNORINA PEAKE – Ma non può esserne certa, signora. Forse è entrato dalla portafinestra e lei non se n’è accorta. Dio benedetto, non mi direte che ha ucciso il signor Hailsham-Brown!

CLARISSA – Ma no, signorina, non ha ucciso Henry.

ISPETTORE – Dov’è andato suo marito?

CLARISSA – Non ne ho idea.

ISPETTORE – Di solito non le dice dove va?

CLARISSA – Non glielo chiedo mai. Le mogli che fanno troppe domande sono noiose.

(D’un tratto la signorina Peake lancia uno strillo)

SIGNORINA PEAKE – Che stupida che sono! Se l’automobile di Costello è ancora lì, è lui che hanno assassinato. (Scoppia a ridere).

SIR ROWLAND – Signorina Peake, non c’è motivo di credere che abbiano assassinato nessuno. Secondo l’ispettore si tratta di uno scherzo di cattivo gusto.

SIGNORINA PEAKE – E l’auto? E’ quella che mi insospettisce. L’ha cercato il cadavere, ispettore?

SIR ROWLAND – L’ispettore ha già perquisito la casa.

SIGNORINA PEAKE (battendo una mano sulla spalla dell’ispettore) – Sono sicura che Elgin e sua moglie c’entrano qualcosa. Non mi sono mai piaciuti quei due. Anche adesso, mente venivo qui, ho notato che hanno la luce accesa in camera da letto. Basterebbe questo. E’ la loro serata libera e di solito fino alle undici non tornano. Ha perquisito anche il loro appartamento? (L’ispettore apre la bocca per rispondere e la signorina gli batte di nuovo la mano sulla spalla). Senta un po’, mettiamo che Elgin sia un delinquente… Costello lo riconosce. E allora che fa? Torna indietro per avvertire la signora Hailsham-Brown. E Elgin lo uccide. Poi deve nascondere il cadavere alla svelta, in attesa di toglierlo di mezzo più tardi. Domanda: dove lo nasconde? (Indica la portafinestra) Dietro una tenda o…

CLARISSA – Via, signorina Peake, non c’è nessun cadavere dietro le tende e Elgin non ha ammazzato nessuno. Non diciamo sciocchezze.

SIGNORINA PEAKE (avvicinandosi a Clarissa) – Lei è troppo fiduciosa, signora. Quando avrà la mia età si renderà conto che la gente non è mai quello che sembra. (Scoppia a ridere e si rivolge all’ispettore) Torniamo a noi: dove nasconde un cadavere un tipo come Elgin? C’è quella specie di armadio a muro tra questa stanza e la biblioteca… Ma l’avrete già cercato lì, immagino.

SIR ROWLAND – Signorina Peake, l’ispettore ha cercato dappertutto, sia qui sia in biblioteca.

ISPETTORE – Che cosa intende per quella specie di armadio a muro? (Gli altri restano visibilmente scossi, ma cercano di contenersi).

SIGNORINA PEAKE – E’ un posto magnifico per giocare a nascondino, ma bisogna sapere che c’è, altrimenti nessuno lo trova. Adesso glielo faccio vedere. (Va verso il pannello e l’ispettore la segue).

CLARISSA – No. (L’ispettore e la signorina Peake si voltano a guardarla). Non c’è niente l’ha dentro. Lo so perché ci sono passata proprio ora per andare in biblioteca. (Le manca la voce).

SIGNORINA PEAKE (delusa) – Bè, allora…

ISPETTORE (alla signorina Peake) – Me lo mostri ugualmente, voglio vederlo.

SIGNORINA PEAKE – Una volta c’era una porta, compagna di quella lì. (Premendo il pulsante) Per aprire basta schiacciare questo bottone ed ecco fatto. (Il pannello si apre. Il cadavere crolla in avanti. La signorina Peake lancia un grido).

ISPETTORE (guardando Clarissa) – Dunque stasera qui un omicidio c’è stato.

(La signorina Peake continua a gridare mentre si spengono le luci e cala il sipario)

SECONDA SCENA

(In salotto, dieci minuti dopo. All’alzarsi del sipario, il cadavere è a terra, nello stanzino. Il pannello è aperto. Clarissa è stesa sul divano. Sir Rowland seduto vicino a lei, ha in mano un bicchiere di cognac e ogni tanto gliene fa bere un sorso. L’ispettore sta parlando al telefono. L’agente è in piedi, davanti alla console centrale)

ISPETTORE (al telefono) – Sì, sì… Come? Un pirata della strada? Dove?… Ah, capisco. Bè, mandateli appena potete. Certo, voglio il fotografo, il tecnico delle impronte… tutta la squadra insomma. Mi raccomando. Sì. (Depone il ricevitore e si avvicina all’agente) Tutto in una volta! Non capita niente per settimane e adesso il medico legale è dovuto correre sulla strada di Londra per un brutto incidente! Ci porterà un bel ritardo. Bè, nel frattempo, cerchiamo di andare avanti da soli finchè si può. Prima di rimuovere il cadavere aspettiamo che facciano qualche fotografia. Non servirà a molto perché non è stato ucciso lì, ce l’hanno portato dopo. (Si china a guardare il tappeto) L’hanno trascinato, si vedono ancora i segni dei talloni. (Si china dietro il divano, l’agente guarda in terra, dove indica l’ispettore. Sir Rowland si sporge dalla spalliera del divano, poi si volta verso Clarissa).

SIR ROWLAND – Come ti senti?

CLARISSA – Meglio. (L’ispettore e l’agente si rialzano).

ISPETTORE (all’agente) – Accostiamo la libreria, meglio evitare altre crisi di nervi.

AGENTE – Subito. (Chiude il pannello nascondendo il cadavere nello stanzino).

SIR ROWLAND (si alza, depone il bicchiere e si avvicina all’ispettore) – La signora Hailsham-Brown è molto scossa, dovrebbe andare in camera sua e mettersi a letto.

ISPETTORE (gentile, ma sulle sue) – Certo, tra poco. Prima devo farle qualche domanda.

SIR ROWLAND – Non è in grado di essere interrogata.

CLARISSA (debolmente) – No, sto bene. Davvero.

SIR ROWLAND (affettuoso e severo) – Non essere troppo coraggiosa, Clarissa.

CLARISSA – Caro zio Roly! (All’ispettore) E’ sempre tanto buono con me!

ISPETTORE – Lo vedo.

CLARISSA – Mi domandi pure tutto quello che vuole, ispettore… anche se temo di non poterla aiutare, perché non so assolutamente nulla. (Sir Rowland sospira, scuote la testa e si allontana di qualche passo).

ISPETTORE – Cercheremo di fare presto, signora. (A sir Rowland) Vuole aspettare con gli altri in biblioteca?

SIR ROWLAND – Non è meglio che resti qui?

ISPETTORE (con fermezza) – La chiamerò se sarà necessario.

(L’ispettore chiude la porta della biblioteca, poi fa segno all’agente di sedersi accanto alla console centrale. Clarissa toglie i piedi dal divano e si mette a sedere. L’agente si siede alla console e trae di tasca un taccuino e una matita)

ISPETTORE (avvicinandosi a Clarissa) – E’ pronta, signora? (Prende il porta sigarette dal tavolo accanto al divano, lo apre e guarda le sigarette).

CLARISSA – Caro zio Roly, è così protettivo! (Vedendo l’ispettore con il porta sigarette e gli rivolge un sorriso seducente). Non sarà un terzo grado, vero?

ISPETTORE – No, affatto, solo qualche domanda. (All’agente) Sei pronto, Jones? (Si siede davanti a Clarissa).

AGENTE – Sì, sono pronto ispettore.

ISPETTORE – Dunque, signora, lei non sapeva che c’era un cadavere nascosto in quello stanzino? (Durante le battute successive l’agente annoterà le domande e le risposte).

CLARISSA (sgranando gli occhi) – Io? Santo cielo, no! (Rabbrividisce) E’ orribile! Orribile!

ISPETTORE – Perché, mentre perquisivamo la stanza non ci ha mostrato lo stanzino?

CLARISSA – Non mi è passato per la mente. Non l’usiamo mai e non ci ho pensato.

ISPETTORE – Ma non ha detto che era passata di lì per andare in biblioteca?

CLARISSA (in fretta) – Oh no, ha capito male. (Indicando la porta della biblioteca) Volevo dire che ero passata da quella parte.

ISPETTORE (arcigno) – Già, ho capito male. Lei non sa né quando né perché Costello è tornato indietro.

CLARISSA – Non riesco proprio a immaginarlo.

ISPETTORE – Resta il fatto che è tornato.

CLARISSA – Eh sì, certo.

ISPETTORE – Una ragione l’avrà avuta.

CLARISSA – E’ probabile.

ISPETTORE – Forse voleva parlare anche con suo marito.

CLARISSA (in fretta) – No, sono sicura di no. Non sono mai andati d’accordo, lui ed Henry.

ISPETTORE – Oh! Avevano litigato?

CLARISSA (a precipizio) – No, non avevano litigato, ma Henry pensava che era un tipo fasullo, pieno di arie… (Sorride) Sa come sono gli uomini.

ISPETTORE – Costello non era tornato indietro per parlare con lei?

CLARISSA – Con me? No, sono sicura di no.

ISPETTORE – Forse voleva vedere qualcun altro.

CLARISSA – E chi? Non c’è nessun altro, qui.

ISPETTORE (si alza e rimette a posto la sedia) – Costello viene qui a restituire gli oggetti che l’ex signora Hailsham-Brown aveva portato via per sbaglio. Dice “buon giorno” e se ne va. (Si avvicina alla porta finestra) presumibilmente passando da qui… Poi viene ucciso… e trascinato in quello stanzino… Tutto nello spazio di venti minuti. E nessuno sente niente.

CLARISSA – Lo so, è incredibile. Ma vero.

ISPETTORE – Lei è sicura di non aver sentito niente?

CLARISSA – Sicurissima. Ed è strano.

ISPETTORE – Troppo stano. (Clarissa si alza e va di fretta verso la biblioteca). No, passi di qui. (Apre la porta dell’anticamera).

CLARISSA (fermandosi davanti alla porta della biblioteca) – Non posso stare con gli altri?

ISPETTORE – Più tardi. (Clarissa esce, riluttante. L’ispettore chiude la porta dell’anticamera, poi si avvicina all’agente) Dov’è quella donna, la signorina Peake?

AGENTE (alzandosi) – Nella camera degli ospiti, sul letto. Ho fatto una fatica tremenda a calmarla: rideva, piangeva… un terremoto.

ISPETTORE – La signora Hailsham-Brown può parlare con lei, ma con gli altri no! Evitiamo che si mettano d’accordo sulle risposte. Hai chiuso la porta tra la biblioteca e l’anticamera?

AGENTE – Sì, ispettore, ecco la chiave.

ISPETTORE – Bene, li faremo entrare uno alla volta. Prima però, voglio dire due parole a Elgin.

AGENTE – Il cameriere?

ISPETTORE – Sì, fallo entrare. Secondo me sa qualcosa.

AGENTE – Lo chiamo subito. (Va alla porta) Elgin, venga per favore.

(Quando la porta si apre, Elgin è vicino alle scale e comincia a salire, con aria colpevole. Sentendosi chiamare si ferma, torna indietro ed entra in salotto. L’agente chiude la porta e va di nuovo a sedersi vicino alla console)

ISPETTORE (indicando una sedia) – Si accomodi, Elgin. (Elgin si siede). Dunque stasera lei è uscito con sua moglie per andare al cinema, ma poi siete tornati indietro. Come mai?

ELGIN – Gliel’ho detto, ispettore: mia moglie stava poco bene.

ISPETTORE – Oggi ha aperto lei la porta al signor Costello?

ELGIN – Sissignore.

ISPETTORE – Perché non ci ha detto subito che l’automobile vicina alle scuderie era del signor Costello?

ELGIN – Non lo sapevo. Qui è venuto a piedi.

ISPETTORE – Strano, eh?

ELGIN – Bè, sì. Avrà avuto le sue ragioni.

ISPETTORE – Cosa vorrebbe dire “avrà avuto le sue ragioni”?

ELGIN (con aria saputa) – Niente, ispettore, niente.

ISPETTORE (bruscamente) – L’aveva mai visto prima, il signor Costello?

ELGIN – Mai, ispettore.

ISPETTORE (con intenzione) – Non è stato per causa sua che siete tornato indietro stasera?

ELGIN – No, vede mia moglie…

ISPETTORE – Basta, non voglio sentire altro di sua moglie. Da quanto tempo lavora per la signora Hailsham-Brown?

ELGIN – Un mese e mezzo.

ISPETTORE – E prima?

ELGIN (imbarazzato) – Prima mi sono preso un periodo di riposo.

ISPETTORE – Un periodo di riposo? Si rende conto che dovremo controllare le sue referenze?

ELGIN (fa per alzarsi) – Veramente… (Torna a sedersi) Voglio essere sincero, ispettore. Non che abbia niente da nascondere… solo che… ecco, avevo strappato per sbaglio la mia lettere di referenze e… e siccome non mi ricordavo bene che cosa c’era scritto…

ISPETTORE (con aggressiva giovialità) – S’è né scritta un’altra, con le sue mani. E’ così?

ELGIN – Non volevo fare niente di male. Devo pur lavorare.

ISPETTORE (interrompendolo) – Per  il momento le sue referenze falsificate non mi interessano. Mi dica piuttosto cos’è successo stasera e che cosa sa del signor Costello.

ELGIN – Non l’avevo mai visto prima. (Dà un’occhiata alla porta dell’anticamera) Però forse so perché era venuto qui.

ISPETTORE – Perché?

ELGIN – Ricatto. Voleva ricattarla.

ISPETTORE  -Ricattare chi? La signora Hailsham-Brown?

ELGIN (con zelo) – Sì. Sono entrato a chiedere se c’era ancora bisogno di me e ho sentito…

ISPETTORE – Che cosa, precisamente?

ELGIN (in tono drammatico) – Ho sentito la signora che diceva: “E’ un ricatto e non intendo subirlo”.

ISPETTORE (dubbioso) – Mmm… e non ha sentito altro?

ELGIN – No, appena sono entrato hanno smesso di parlare. E dopo hanno ripreso a bassa voce.

ISPETTORE – Ho capito.

ELGIN (alzandosi) – Non sia troppo severo con me, ispettore. Sapesse quante disgrazie ho avuto!

ISPETTORE – Vada pure.

ELGIN – Sì signore. Grazie signore. (Esce di fretta).

ISPETTORE (avvicinandosi all’agente) – Ricatto…

AGENTE (compunto) – E pensare che la signora Hailsham-Brown sembrava tanto una brava persona.

ISPETTORE (secco) – Adesso voglio parlare con il signor Birch.

AGENTE (dopo che è andato ad aprire la porta della biblioteca) – Il signor Birch, prego.

(Hugo entra. Ha un atteggiamento risoluto e quasi provocatorio. L’agente chiude la porta e torna a sedersi)

ISPETTORE (amabilmente) – Venga, sognor Birch. (Gli indica la sedia vicino al tavolo da gioco). Si accomodi. (Hugo si siede). Gran brutto affare, eh? Lei che cos’ha da dirmi?

HUGO (sbattendo sul tavolo la busta degli occhiali con aria di sfida) – Niente.

ISPETTORE – Niente?

HUGO – Che cosa vuole che le dica? Una donna mai vista apre un armadio mai visto e salta fuori un cadavere mai visto. Sono senza fiato, non riesco a capacitarmi. Non mi chieda niente perché non so niente.

ISPETTORE – E’ questa la sua deposizione, signor Birch? Lei non sa niente?

HUGO – Esatto. Non l’ho ucciso io quel giovanotto. Non l’avevo mai visto.

ISPETTORE – Non ne aveva mai neanche sentito parlare?

HUGO – Sì, avevo sentito dire che era un poco di buono.

ISPETTORE – In che senso?

HUGO – Di quelli che piacciono alle donne e danno sui nervi agli uomini.

ISPETTORE – Non sa perché e tornato indietro, stasera?

HUGO – Non ne ho la più vaga idea.

ISPETTORE – Non è che ci fosse un legame tra lui e l’attuale signora Hailsham-Brown?

HUGO (indignato) – Clarissa? Dio del cielo, no! Clarissa è una brava ragazza! Piena di buon senso! Un uomo così non l’avrebbe neanche guardato in faccia.

ISPETTORE – Dunque lei non può aiutarci.

HUGO – Mi dispiace, no.

ISPETTORE – Grazie, signor Birch.

HUGO (un po’ stranito) – Come?

ISPETTORE – Basta così. Grazie, signor Birch. (Si avvicina allo scrittoio e prende una copia del “Chi è”. Ugo si alza, riprende la sua busta degli occhiali e fa per tornare in biblioteca, ma l’agente gli sbarra la strada).

AGENTE (indicando la porta dell’anticamera) – Da questa parte, signor Birch. (Hugo esce. L’agente richiude la porta. L’ispettore posa il libro sul tavolo da gioco). E’ una miniera di notizie, il signor Birch! Però, a pensarci bene, non deve essere piacevole per un giudice di pace essere coinvolto in un delitto. (L’ispettore si siede al tavolo da gioco e sfoglia il libro).

ISPETTORE – Vediamo… (leggendo) “Delahaye, sir Rowland Edward Mark, membro del Consiglio della Corona, insignito dell’Ordine della Regina Vittoria…”

AGENTE – Che cos’è quel libro? (Guardando da sopra le spalle dell’ispettore) Ah, il “Chi é”.

ISPETTORE (leggendo) – “Ha frequentato Eton… il Trinità College…” Oh! “Addetto al Ministero degli Esteri… Secondo segretario a Madrid… Ministro Plenipotenziario…”

AGENTE – Perbacco!

ISPETTORE (guardando sorpreso l’agente) – “… Ministero degli Esteri a Costantinopoli… meriti speciali…” Ci sono anche dei club: Bloodles e Whites.

AGENTE – Devo chiamarlo?

ISPETTORE – No, lo tengo per ultimo. Prima parlerò con il giovane, Warrender.

AGENTE (apre la porta della biblioteca) – Il signor Warrender, per favore. (Jeremy entra, fa il possibile per sembrare a suo agio, ma riuscendoci solo a metà. L’agente richiude la porta e torna a sedersi).

ISPETTORE – Prego, si accomodi. (Jeremy si siede). Lei si chiama?

JEREMY – Jeremy Warrender.

ISPETTORE – Indirizzo?

JEREMY – Broad Street 340 e Grosveonr Square 34. Indirizzo di campagna: Hepplestone, Wiltshire.

ISPETTORE – Vive di rendita?

JEREMY – No, sono segretario privato di sir Lazarus Stein. Gli indirizzi che le ho dato sono i suoi.

ISPETTORE – Da quanto tempo lavora per lui?

JEREMY – Da circa un anno.

ISPETTORE – Conosceva il signor Costello?

JEREMY – L’ho sentito nominare stasera per la prima volta.

ISPETTORE – Non l’ha visto quando è venuto a parlare con la signora Hailsham-Brown?

JEREMY – No, ero andato al circolo del golf con gli altri. I domestici avevano la serata libera e il signor Birch ci aveva invitati a cena.

ISPETTORE – Aveva invitato anche la signora Hailsham-Brown?

JEREMY – No. (L’ispettore inarca le sopracciglia). (In fretta) Naturalmente Clarissa poteva venire, se voleva.

ISPETTORE – Era stata invitata e ha rifiutato?

JEREMY (cominciando ad allarmarsi) – No, ma… insomma il signor Hailsham-Brown è sempre stanco, la sera, e Clarissa ha detto che avrebbero mangiato qui qualcosa di freddo, come fanno sempre il giovedì.

ISPETTORE – Dunque, la signora Hailsham-Brown pensava che suo marito cenasse in casa. Non sapeva che sarebbe uscito di nuovo, appena rientrato.

JEREMY (ormai decisamente agitato) – Io… bè… ecco… veramente non lo so. No… mi sembra che abbia detto che suo marito doveva uscire.

ISPETTORE (alzandosi e avvicinandosi a Jeremy) – Strano che la signora Hailsham-Brown sia rimasta a casa da sola. Invece di venire a cena al golf.

JEREMY – Bè, ecco… vede… (In fretta) C’era la bambina, Pippa. Clarissa non voleva lasciarla sola in casa.

ISPETTORE (con intenzione) – O forse aveva deciso di ricevere una visita per conto proprio.

JEREMY (scattando in piedi, con impeto) – Questa è una insinuazione offensiva!

ISPETTORE – Eppure Costello è venuto qui per vedere qualcuno. I domestici erano usciti, la signorina Peake era nella casetta in fondo al giardino. Non restava che la signora Hailsham-Brown.

JEREMY – Io posso dire soltanto… (Distogliendo lo sguardo). Lo domandi a lei.

ISPETTORE – Gliel’ho domandato.

JEREMY – E che cosa ha risposto?

ISPETTORE (con semplicità) – Quello che mi ha detto lei, signor Warrender.

JEREMY – Ha visto?

ISPETTORE – Ora mi spieghi perché siete tornati tutti qui subito dopo cena. L’avevate deciso prima?

JEREMY – Sì… cioè no.

ISPETTORE – Sì o no, signor Warrender^

JEREMY – E’ andata così: quando siamo arrivati al golf, Rowland e Hugo sono andati subito in sala da pranzo, io li ho raggiunti un po’ più tardi. La sera c’è sempre un buffet freddo… Mi sono allenato un po’ finchè non è venuto buio, poi quando ci siamo ritrovati, qualcuno ha parlato di bridge e io ho detto:”Perché non torniamo da Clarissa a fare la partita?” E così abbiamo fatto.

ISPETTORE – Allora è stata sua l’idea, signor Warrender?

JEREMY – Non ricordo, forse è stato Hugo Birch a parlarne per primo.

ISPETTORE – E siete tornati qui… a che ora?

JEREMY – Non lo so dio preciso. A occhio, abbiamo lasciato il circolo verso le otto.

ISPETTORE – Quanto ci vuole per arrivare qui, a piedi? Cinque minuti?

JEREMY – Pressappoco. Il campo da golf confina col giardino.

ISPETTORE – E poi avete giocato a bridge.

JEREMY – Infatti.

ISPETTORE – Io devo essere arrivato circa venti minuti dopo. (Si avvicina al tavolo da gioco). Come avete fatto a giocare due partite e a cominciare una terza? Non c’era il tempo. (Mostra a Jeremy il blocchetto di Clarissa).

JEREMY – Che cosa? Oh no, no. La prima partita l’abbiamo giocata ieri.

ISPETTORE (indicando gli altri blocchetti) – I punti li ha segnati un giocatore solo.

JEREMY – Sì, siamo tutti pigri e abbiamo lasciato fare a Clarissa.

ISPETTORE – Conosceva l’esistenza del passaggio segreto tra il salotto e la biblioteca?

JEREMY – Quello dov’è stato trovato il cadavere?

ISPETTORE – Sì, quello.

JEREMY – No, no… Si figuri! E’ ben mascherato, vero? Assolutamente invisibile?

(Nel sedersi su un bracciolo del divano l’ispettore scivola leggermente all’indietro e , spostano un cuscino, scopre i guanti).

ISPETTORE – Dunque non poteva sapere che là dentro c’era un cadavere.

JEREMY (distogliendo lo sguardo) – Quando l’ho visto sono rimasto di sale, come si dice. Pareva la scena madre di un drammone dell’ottocento. Non credevo ai miei occhi.

ISPETTORE (esibendo il paio di guanti, con un gesto da prestigiatore) – Sono suoi questi guanti, signor Warrender?

JEREMY – No… cioè sì.

ISPETTORE – Li portava quando è tornato dal golf?

JEREMY – Sì, faceva freschino, stasera.

ISPETTORE (alzandosi e avvicinandosi a Jeremy) – Credo che si sbagli. All’interno di questi guanti ci sono le iniziali del signor Hailsham-Brown.

JEREMY – Ne ho un paio identico.

(L’ispettore torna a sedersi sul bracciolo del divano, sposta un cuscino e tira fuori un altro paio di guanti)

ISPETTORE – Forse questi?

JEREMY – Ah, non mi prenderà in castagna per la seconda volta! (Ride) I guanti si somigliano tutti.

ISPETTORE (mostrandogli il terzo paio di guanti) – Tre paia di guanti… (Li osserva attentamente) E tutti con le iniziali del signor Hailsham-Brown. E’ perlomeno curioso.

JEREMY – Bè, la casa è sua. Perché non dovrebbero esserci in giro i suoi guanti?

ISPETTORE – Giusto. Ma è interessante che li abbia scambiati per i suoi. Tanto più che i suoi le spuntano dalla tasca della giacca. (Jeremy infila una mano nella tasca destra). No, nell’altra.

JEREMY (prendendo i guanti dalla tasca sinistra) – Ah, sì. Eccoli!

ISPETTORE – Non somigliano molto a questi.

JEREMY – Infatti, sono i guanti da golf.

ISPETTORE – Grazie, signor Warrender. E’ tutto per il momento.

JEREMY (turbato) – Ispettore, non deve pensare…

ISPETTORE – Che cosa non devo pensare?

JEREMY – Niente.

(Va verso la porta della biblioteca, l’agente lo ferma. Jeremy indica all’ispettore la porta dell’anticamera. L’ispettore annuisce. Jeremy passa in anticamera e chiude la porta. L’ispettore lascia i guanti sul divano, si siede al tavolo da gioco e riapre il “Chi è”)

ISPETTORE – Eccolo qua. (Leggendo) “Stein, sir Lazarus, presidente della società petrolifera angloarabica e della Gulf Petroleum. Club… Svaghi abituali: filatelia, golf, pesca. Indirizzo, Broad Street 340, Grosvenor Square 34”.

(Mentre l’ispettore legge, l’agente va al tavolino accanto al divano e tempera la matita nel portacenere. Nel chinarsi a raccogliere un truciolo, trova la carta da gioco dimenticata da Pippa, la prende e la depone sul tavolo, davanti all’ispettore)

ISPETTORE – E questa da dove viene?

AGENTE – L’ho trovata sotto il divano.

ISPETTORE (prendendo la carta) – L’asso di picche. Una carta molto interessante… Ehi, un momento! (La volta) E’ rossa… viene dallo stesso mazzo. (Prende il mazzo di carte e lo sparpaglia sul tavolo. L’agente l’auita a dividere le carte secondo il seme). Bene, bene, manca l’asso di picche… (Alzandosi) Un particolare degno di nota, eh Jones? (Si infila la carta in tasca e torna al divano).

AGENTE (ricomponendo il mazzo) – Altro che, signor ispettore.

ISPETTORE – E adesso parliamo con sir Rowland Delahaye. (Dispone sul tavolo da gioco i guanti, paio per paio).

AGENTE (apre la porta della biblioteca) – Sir Rowland Delahaye. (Sir Rowland entra).

ISPETTORE – Venga, sir Rowland. (Gli indica una sedia vicina al tavolo da gioco). Si accomodi, prego. (Sir Rowland si avvicina al tavolo, vede i guanti, ha un attimo di esitazione, poi si siede). Lei è sir Rowland Delahaye? Il suo indirizzo?

SIR ROWLAND – Long Paddok, Littlewich Green, Linconshire. (Indicando il “Chi è”) Non l’ha trovato sul libro?

ISPETTORE – Ora, se vuol essere gentile, gradirei il suo resoconto della serata, a partire da quando è uscito di qui, poco prima delle sette.

SIR ROWLAND – Era piovuto per tutto il giorno, poi, d’un tratto c’è stata una schiarita. Dovevamo cenare al golf perché i domestici avevano la serata libera, e ci siamo andati a piedi. Mentre finivamo di mangiare ci ha telefonato la signora Hailsham-Brown: suo marito era uscito per un impegno inatteso e lei avrebbe fatto volentieri una partita a bridge. Siamo tornati qui e stavamo giocando da una ventina di minuti quando è arrivato lei. E il resto lo sa.

ISPETTORE – Secondo il signor Warrender, non è andata precisamente così.

SIR ROWLAND – Davvero? Che cosa ha detto Warrender?

ISPETTORE – A sentir lui l’idea di venire qui a giocare a bridge l’ha avuta uno si voi, forse il signor Birch.

SIR ROWLAND (con noncuranza) – Vede, ispettore, Warrendere è venuto in sala da pranzo dopo di noi. Nessuno gli ha detto che la signora Hailsham-Brown aveva telefonato. (Sir Rowland e l’ispettore si fissano in silenzio). Lei mi insegna, ispettore, che difficilmente due persone raccontano la stessa cosa allo stesso modo. Se poi a dare la stessa versione fossero in tre ci sarebbe da pensare male… molto male.

ISPETTORE – Vorrei discutere il caso con lei, sir Rowland, se non le dispiace.

SIR ROWLAND – Troppo gentile, ispettore.

ISPETTORE – Il morto, OlivercCostello, era venuto qui con uno scopo preciso. Lei è d’accordo su questo?

SIR ROWLAND – Era venuto a restituire qualcosa che la signora Miranda Hailsham-Brown aveva portato via per sbaglio.

ISPETTORE – Può averlo detto come scusa, anche se non ne sono affatto certo… Il motivo però era un altro.

SIR ROWLAND – Può darsi, non so.

ISPETTORE – Forse, voleva vedere qualcuno in particolare, lei, il signor Warrender o il signor Birch.

SIR ROWLAND – Per vedere Birch, poteva andare a casa sua, non aveva bisogno di venire qui.

ISPETTORE – E’ vero. Quindi, restano quattro persone: lei, Warrender, la signora Hailsham-Brown e suo marito. Lei conosceva bene Costello?

SIR ROWLAND – No, l’avevo visto due o tre volte.

ISPETTORE – Dove?

SIR ROWLAND – Due volte a casa degli Hailsham-Brown, a Londra, più di un anno fa, e una volta, mi pare, al ristorante.

ISPETTORE – Ma non aveva motivo di ucciderlo.

SIR ROWLAND (con un sorriso) – E’ un’accusa?

ISPETTORE – No, sir Rowland, tento di procedere per esclusione. E non credo che lei volesse trucidarlo. Così, mi restano tre persone…

SIR ROWLAND – Sembra la storia dei dieci piccoli indiani.

ISPETTORE (sorridendo) – Passiamo al signor Warrender. Lo conosce bene?

SIR ROWLAND – L’ho visto qui per la prima volta due giorni fa. Mi sembra un giovane gentile, colto e ben educato. Non so niente di lui, ma come assassino non lo vedo.

ISPETTORE – Le chiederò un’altra cosa…

SIR ROWLAND (prevenendolo) – E cioè se conosco bene il signor Hailsham-Brown e sua moglie. Quanto a lui, benissimo, è un mio vecchio amico. E di Clarissa so tutto quello che c’è da sapere: sono il suo tutore e mi è infinitamente grata.

ISPETTORE – Questa risposta, sotto un certo aspetto, mi chiarisce molte cose.

SIR ROWLAND – Davvero?

ISPETTORE – Perché avete cambiato programma all’improvviso, questa sera? Perché siete tornati tutti qui a fingere di giocare a bridge?

SIR ROWLAND (bruscamente) – Fingere?

ISPETTORE (si toglie di tasca l’asso di picche e glielo mostra) – Questa carta era all’altro capo della stanza, sotto il divano. Com’è possibile giocare due partite e cominciarne una terza con un mazzo di cinquantun carte, senza l’asso di picche?

SIR ROWLAND – Già. E’ un po’ difficile crederlo.

ISPETTORE (incalzante) – Anche questi guanti del signor Hailsham-Brown richiederebbero una spiegazione.

SIR ROWLAND (dopo una breve pausa) – Temo, ispettore, che da me non avrà nessuna risposta.

ISPETTORE – Capisco. Lei fa del suo meglio per proteggere una certa signora. Ma è inutile. Verrò comunque a sapere la verità.

SIR ROWLAND – Ne dubito.

ISPETTORE (avvicinandosi al pannello) – La signora Hailsham-Brown sapeva che il cadavere era là dentro. Forse ce l’aveva messo lei, forse le avevate dato una mano voialtri… Comunque, lo sapeva. Secondo me, Oliver Costello l’aveva minacciata per farsi dare dei soldi.

SIR ROWLAND – Minacciata? E di che?

ISPETTORE – Lo scopriremo. La signora Hailsham-Brown è giovane, bella, vivace. Costello, si dice, piaceva alle donne. La signora è sposata da poco…

SIR ROWLAND – Basta così! Le devo chiarire alcune cose. Potrà controllare facilmente quanto le dico. Il primo matrimonio del signor Hailsham-Brown è stato molto infelice. Sua moglie era una bella donna, ma squilibrata, nevrotica e, col passare del tempo, era peggiorata al punto che la bambina aveva dovuto essere ricoverata in una casa di cura. Una situazione penosa. Si è parlato anche di droga. Non si è mai scoperto chi gliela procurasse, ma è probabile che fosse Oliver Costello. Lei se n’era infatuata e, a un certo punto, sono fuggiti insieme. Henry le ha permesso di chiedere il divorzio per sua colpa: è un uomo cavalleresco, all’antica. Ora si è risposato, ha trovato la felicità e la pace e le assicuro, ispettore, che non ci sono oscuri segreti nella vita di Clarissa. Costello non aveva argomenti per minacciarla. (Si alza e rimette a posto la sedia). Lei, ispettore, pensa che Costello sia venuto qui a cercare qualcuno. E se invece fosse venuto a cercare qualcosa?

ISPETTORE – Cioè?

SIR ROWLAND – Poco fa, parlando del signor Sellon, lei ha detto che era stato interrogato dalla Squadra Narcotici. E se ci fosse un rapporto tra quell’episodio e la situazione attuale? Droga… Sellon… la casa dei Sellon. Costello era già stato qui. Per vedere dei pezzi di antiquariato, pare. Supponiamo che oggi cercasse qualcosa… in quello scrittoio, ad esempio. Come ricorderà, uno strano visitatore ha offerto alla signora Hailsham-Brown di comprarlo per una somma esorbitante. Supponiamo che Costello volesse vederlo da vicino. Perquisirlo, magari… Supponiamo che qualcuno l’abbia seguito fin qui e l’abbia ucciso…

ISPETTORE – Quante supposizioni!

SIR ROWLAND – Io direi che è un’unica ipotesi ragionevole.

ISPETTORE – E questo qualcuno avrebbe nascosto il cadavere nello stanzino?

SIR ROWLAND – Esatto.

ISPETTORE – Ma doveva sapere che lo stanzino esisteva!

SIR ROWLAND – Forse conosceva la casa da quando ci abitava Sellon.

ISPETTORE (con una certa impazienza) – Sì, sì… tutto bene, sir Rowland. Ma resta sempre un punto da chiarire.

SIR ROWLAND – Cioè?

ISPETTORE – La signora Hailsham-Brown voleva impedirci di guardare nello stanzino, perché sapeva che c’era il cadavere di Costello. Lo sapeva. Non cerchi di convincermi del contrario.

SIR ROWLAND (dopo una pausa) – Ispettore, io posso parlare con la signora?

ISPETTORE – Solo in mia presenza.

SIR ROWLAND – Va bene.

ISPETTORE – Jones! (L’agente si alza e va in anticamera)

SIR ROWLAND – Siamo nelle sue mani, ispettore. E vorrei pregarla di essere indulgente, nei limiti del possibile. (L’agente rientra e tiene la porta aperta).

AGENTE – Prego, signora Hailsham-Brown. (Clarissa entra. Sir Rowland le si avvicina e le parla molto gravemente).

SIR ROWLAND – Clarissa, ti prego… Dì la verità all’ispettore.

CLARISSA (incerta) – La verità?

SIR ROWLAND (con forza) – La verità. Non c’è altro da fare.

(Sir Rowland guarda Clarissa per un attimo, poi va in anticamera. L’agente chiude la porta e torna al suo posto)

ISPETTORE (indicando il divano a Clarissa) – Si accomodi, signora. (Clarissa sorride all’ispettore, ma è molto turbata. Si avvicina lentamente al divano, si siede ed esita un momento prima di parlare).

CLARISSA – Mi dispiace… mi dispiace moltissimo di averle detto tutte quelle bugie. Non volevo. (Contrita) Ma a volte ci si lascia prendere la mano… Sa come succede…

ISPETTORE – No. Veramente non lo so. E ora, mi esponga i fatti per favore.

CLARISSA – Bè… è semplice. (Contando sulle dita) Oliver è andato via. Henry è tornato ed è subito ripartito in automobile. Io ho portato in salotto le tartine.

ISPETTORE – Le tartine?

CLARISSA – Sì. Vede, mio marito, più tardi, deve ricevere il rappresentante di un paese straniero.

ISPETTORE – Oh, e chi sarebbe?

CLARISSA – Il signor Jones.

ISPETTORE (con un’occhiata all’agente) – Jones?

CLARISSA – Avevo pensato che potessero mangiare le tartine in salotto mentre io mangiavo la mousse in camera della bambina.

ISPETTORE – La mousse in camera… Sì, sì, ho capito.

CLARISSA – Ho messo lì il piatto (indica la panca) e ho cominciato a fare un po’ d’ordine. Stavo andando a rimettere un libro nello scaffale quando… gli sono quasi caduta addosso.

ISPETTORE – Al cadavere.

CLARISSA – Sì. Era dietro il divano. L’ho guardato e ho visto che era Oliver Costello ed era decisamente morto. Non sapevo che cosa fare… Alla fine ho telefonato al golf e ho chiesto a Sir Rowland, al signor Birch e a Jeremy Warrender di venire qui.

ISPETTORE (gelido) – E non le è passato per la mente di chiamare la polizia?

CLARISSA – Ci ho pensato, ma poi… non l’ho chiamata.

ISPETTORE – Già. E perché?

CLARISSA – Mi è sembrato imbarazzante per mio marito. Lai non conosce nessuno al Ministero degli Esteri? E’ gente schiva, che non ama farsi notare. E deve riconoscere che un omicidio in casa fa un certo chiasso.

ISPETTORE – Senza dubbio.

CLARISSA (con calore) – Come sono contenta che mi capisca! (Le sue parole diventano meno convincenti via via che si rende conto di non riuscire a fare breccia) Insomma, gli avevo tastato il polso ed era proprio morto. Quindi non potevo fare più niente per lui… A questo punto, morto per morto, tanto valeva portarlo nel bosco di Marsden, invece che di tenermelo in salotto.

ISPETTORE (con fermezza) – Signora Hailsham-Brown, ha mai sentito dire che quando c’è anche un vago sospetto di omicidio, un cadavere va lasciato dov’è?

CLARISSA – Sì, l’ho letto nei romanzi gialli, ma questo non è un romanzo. (L’ispettore alza gli occhi al cielo) La realtà è diversa.

ISPETTORE – Si rende conto della gravità delle cose che dice?

CLARISSA – Certo, ma adesso le spiego… Alla fine come dicevo, ho telefonato al golf e i miei amici sono venuti.

ISPETTORE – E li ha convinti a nascondere il cadavere nello stanzino?

CLARISSA – No, questo è successo dopo. In principio, io avevo proposto di caricare Oliver nella sua automobile e lasciarlo nel bosco.

ISPETTORE (sbalordito) – E loro hanno accettato?

CLARISSA – Sì. (Gli sorride).

ISPETTORE – Francamente, signora, non credo una parola di quello che ha detto. Non credo che tre persone rispettabili acconsentano ad ostacolare il corso della giustizia per futili motivi.

CLARISSA (quasi a se stessa) – Lo sapevo che non mi avrebbe creduta se avessi detto la verità. (All’ispettore) Secondo lei, come è andata?

ISPETTORE – Secondo me, una sole ragione potrebbe averli indotti ad acconsentire.

CLARISSA – Vuol dire se… (si interrompe).

ISPETTORE – Se avessero pensato… o saputo per certo, che lei aveva ucciso Costello.

CLARISSA – Ma perché mai avrei dovuto ucciderlo? Ah, me l’immaginavo che lei avrebbe reagito così! Ecco perché…

ISPETTORE – Perché? (Una pausa. Clarissa riflette, poi cambia tono e da questo momento le sue parole si fanno convincenti).

CLARISSA (come se avesse deciso di confessare) – E va bene, adesso le racconto tutto.

ISPETTORE – E’ meglio, mi creda.

CLARISSA – Sì, le dirò la verità.

ISPETTORE – Non conviene mai mentire alla polizia, signora.

CLARISSA – E’ vero. (Sospira) Povera me, credevo di essere stata così furba!

ISPETTORE – E’ un grave errore cercare di fare i furbi. Allora, cosa è successo questa sera?

CLARISSA – Tutto è cominciato come le ho detto. Ho salutato Oliver e lui se n’è andato, insieme alla signorina Peake. Non immaginavo che sarebbe ritornato e non capisco ancora perché l’abbia fatto. Dopo, è venuto a casa mio marito spiegando che doveva uscire di nuovo immediatamente. Se n’è andato, in automobile, io ho chiuso la porta con  chiave e chiavistello… E d’un tratto ho provato una grande agitazione.

ISPETTORE – Perché?

CLARISSA (recitando con grande partecipazione) – Mah… Non sono nervosa, di natura, ma ho cominciato a pensare che per la prima volta ero in casa da sola, di notte.

ISPETTORE – E allora?

CLARISSA – Ho cercato di convincermi che non dovevo avere paura. Mi sono detta: “Non fare la stupida! Hai il telefono, no? Puoi sempre chiamare aiuto! E poi, i ladri non vengono a quest’ora, vengono nel cuore della notte”. Inutile. Mi pareva di sentire dei passi in camera da letto, il cigolio di una porta che si apriva… Così ho pensato di fare qualcosa per distrarmi.

ISPETTORE – Sì?

CLARISSA – Sono andata in cucina e ho preparato le tartine per mio marito e il signor Jones. Le ho messe su un vassoio, avvolte in un tovagliolo per conservarle morbide e, mentre attraversavo l’anticamera per portarle qui (in tono drammatico) mi sono accorta che in casa c’era veramente qualcuno.

ISPETTORE – Dove?

CLARISSA – In questa stanza. Ho capito subito che stavolta non me l’immaginavo. Ho sentito aprire e chiudere dei cassetti e mi è venuto in mente che la portafinestra non era chiusa e che qualcuno poteva essere entrato dal giardino.

ISPETTORE – Continui…

CLARISSA – Non sapevo che fare. Ero paralizzata dal terrore. Poi ho pensato: “E se mi sbagliassi? E se fosse Henry che torna a prendere qualcosa, o sir Rowland, o uno degli altri?… Bella figura farei, se telefonassi alla polizia”. Però mi sono premunita.

ISPETTORE – In che modo?

CLARISSA – Ho preso un grosso bastone dal portaombrelli e sono andata in biblioteca. Non ho acceso la luce. Senza fare rumore, sono scivolata nello stanzino. Pensavo di aprire adagio adagio uno spiraglio e spiare chi c’era in salotto. (Indica il pannello) Bisogna saperlo che là dietro c’è una nicchia, altrimenti nessuno se lo sognerebbe mai.

ISPETTORE – Infatti.

CLARISSA – Mentre aprivo, mi è scivolata la mano. La porta si è aperta di colpo e ha sbattuto contro una sedia. Chino sullo scrittoio, c’era un uomo. Si è raddrizzato di scatto. Aveva in mano un oggetto lucido, nero… Mi è parsa una pistola. Ero sicura che mi avrebbe uccisa. L’ho colpito col bastone, più forte che ho potuto, e lui è caduto a terra. (Si appoggia al tavolo, col viso tra le mani, sfinita) Potrei… potrei avere un goccio di brandy, per favore?

ISPETTORE – Ma certo, subito, Jones!. (L’agente si alza, versa il brandy e Clarissa, sempre col viso nascosto allunga una mano alla cieca. Prende il bicchiere, beve, tossisce e ridà il bicchiere all’ispettore. L’ispettore lo passa all’agente) Se la sente di continuare, signora?

CLARISSA – Sì, grazie… (Volgendosi all’ispettore) L’uomo era a terra. Immobile. Ho acceso la luce e ho visto che era Oliver Costello. Morto. E’ stato atroce. Non riuscivo a capire… Che cosa faceva in casa mia? Perché frugava nello scrittoio? Mi sembrava un incubo. Ero terrorizzata. Ho telefonato al golf: volevo il mio tutore. Sono venuti tutti. Li ho pregati di aiutarmi, di nascondere il morto da qualche parte.

ISPETTORE – Ma perché?

CLARISSA (distogliendo il viso) – Per viltà. Perché nessuno sapesse, per non affrontare un processo. E anche per non nuocere alla carriera di mio marito. (Guarda l’ispettore) Se fosse stato un ladro, avrei affrontato la situazione… Ma Costello lo conoscevo, aveva sposato la prima moglie di Henry… Ho pensato che nessuno mi avrebbe creduta.

ISPETTORE – Sì, per tutte queste ragioni… e anche perché poco prima, quell’uomo aveva cercato di ricattarla.

CLARISSA (con estrema sicurezza) – Ricattarmi? Ma che sciocchezza! Non c’è niente nella mia vita che si presti ad un ricatto!

ISPETTORE – Eppure Elgin, il suo domestico, ha sentito che ne parlavate.

CLARISSA – Impossibile, se l’è inventato.

ISPETTORE – Insomma, signora, lei vorrebbe sostenere che durante il vostro colloquio non è stata pronunciata la parola “ricatto”?

CLARISSA – Glielo giuro. Sono certa che… Oh, ma sì, è vero! Ha ragione Elgin!

ISPETTORE – Adesso ricorda?

CLARISSA – Certo, ma non è niente! Oliver stava dicendo che gli affitti delle case arredate sono spaventosi e io gli ho raccontato che noi, qui, paghiamo una cifra irrisoria, quattro ghinee la settimana. Allora lui mi ha chiesto: “Che sistema usate? Il ricatto?”. E io mi sono messa a ridere e gli ho risposto: “Certo, il ricatto!” Uno scherzo… Non me ne ricordavo nemmeno.

ISPETTORE – Mi dispiace, signora, ma non ci credo.

CLARISSA – A che cosa non crede?

ISPETTORE – Che paghiate quattro ghinee la settimana per questa casa.

CLARISSA – Lei è proprio malfidente, ispettore! Non crede mai a quello che le dico. Ma questo, almeno, posso provarglielo. (Va allo scrittoio, apre un cassetto e fruga tra le carte). Eccolo qui… non è questo… Ah, ci siamo! L’ho trovato! (Mostra un documento all’ispettore) Guardi, è il contratto di locazione con uno studio legale che rappresenta gli esecutori testamentari: quattro ghinee la settimana.

ISPETTORE (colpito) – Per dinci! E’ incredibile, veramente incredibile!

CLARISSA (civettuola) – Non le pare che dovrebbe chiedermi scusa, ispettore?

ISPETTORE (con gentilezza) – Le chiedo scusa davvero signora, ma le ripeto che è incredibile.

CLARISSA – Perché?

ISPETTORE – Ora le spiego… (Clarissa rimette il documento nel cassetto) Tempo fa, una signora è venuta qui col marito, per visitare la casa, e ha perso una spilla di grande valore. E’ passata da noi, per darcene la descrizione, e, discorrendo del più e del meno, abbiamo finito col parlare dell’affitto. E mi ha detto che le avevano chiesto diciotto ghinee alla settimana, una cifra assurda per una villa di campagna, lontano dall’abitato.

CLARISSA – Bè, sì… è veramente sbalorditivo. (Sorride) Capisco perché non mi credeva. Ma ora, forse crederà anche alle altre cose che le ho detto.

ISPETTORE – Non ho dubbi sulla versione finale, signora, noi sappiamo riconoscere la verità. Ero sicuro che solo una ragione molto grave poteva indurre tre degne persone a occultare un cadavere… in modo così puerile per giunta.

CLARISSA – La colpa è mia, ispettore: lei non sa quanto mi sono data da fare per convincerli!

ISPETTORE (consapevole del fascino di Clarissa) – Non ne dubito. Ma c’è ancora una cosa che non capisco: chi a telefonato alla polizia?

CLARISSA – Oh, perbacco, è vero! Me n’ero dimenticata!

ISPETTORE – Certo non lei, e nemmeno uno dei suoi tre amici.

CLARISSA (tra sé) – Elgin, la signorina Peake…

ISPETTORE – La signorina Peake no, perché non sapeva che c’era il cadavere nello stanzino…

CLARISSA – Chissà…

ISPETTORE – Ma se quando l’ha visto ha avuto una crisi di nervi!

CLARISSA – Chiunque può fingere una crisi di nervi. (Clarissa si rende conto di quello che ha detto. L’ispettore ci arriva con qualche secondo di ritardo. Clarissa gli sorride).

ISPETTORE – Comunque abita nella casetta in fondo al giardino.

CLARISSA – Potrebbe essere venuta qui in qualsiasi momento: ha le chiavi.

ISPETTORE – E’ più probabile che sia stato Elgin a telefonare.

CLARISSA (avvicinandosi all’ispettore) – Ispettore, non mi manderà in prigione, vero? Lo zio Rowland dice di no…

ISPETTORE (severo) – E’ stato un bene che si sia decisa a dire la verità, signora. La confessione, anche se tardiva, gioca a suo favore. Le consiglio di mettersi in contatto al più presto con un avvocato. Nel frattempo, farò battere a macchina la sua deposizione, poi gliela farò leggere e lei, se crede, la firmerà.

SIR ROWLAND (entrando dall’anticamera) – Non resistevo più a stare di là. Tutto bene ispettore? Ha capito la situazione?

CLARISSA (avvicinandosi a sir Rowland e prendendogli una mano) – Roly, caro, adesso l’agente Jones batterà a macchina la mia deposizione ed io la firmerò. Ho detto tutto (Sottolineando le parole) Ho spiegato all’ispettore che ho scambiato Oliver per un ladro e l’ho colpito in testa con un bastone. (Sir Rowland la guarda allarmato. Lei gli mette una mano sulla bocca e prosegue). Sa che vi ho telefonato c che ho dovuto supplicarvi in tutti i modi per farmi aiutare, finchè avete ceduto. Ho sbagliato, lo so, ma ero sconvolta e mi pareva meglio per tutti: per me, per Henry e anche per Mirando far ritrovare il corpo di Oliver nel bosco di Marsden.

SIR ROWLAND (esterrefatto) – Clarissa, che cosa dici?

ISPETTORE (con aria compiaciuta) – La signora Hailsham-Brown ci ha dato una descrizione molto esauriente di quanto è avvenuto.

SIR ROWLAND (asciutto) – Pare di sì.

CLARISSA – Non c’era altro da fare, l’ho capito parlando con l’ispettore.

ISPETTORE – D’ora in poi sarà tutto più semplice. Signora, non le chiedo di entrare nello stanzino finchè c’è ancora il cadavere, ma vorrei che mi indicasse con esattezza dove si trovava Costello quando lei l’ha sorpreso.

CLARISSA – Ecco… era lì… No qui, in piedi… (Va a mettersi davanti allo scrittoio. L’ispettore fa un cenno all’agente, che si alza).

ISPETTORE – Capisco… Jones! Allora, la porta si è spalancata di colpo… (L’agente preme il pulsante e il pannello si apre. Nello stanzino, vuoto, c’è solo un foglietto). Lei, signora, è uscita… poi… (Si volta verso lo stanzino e sbarra gli occhi) Oh, accidenti! E dov’è il cadavere?

AGENTE (raccogliendo il foglietto) – “Asino chi legge”.

L’ispettore strappa il foglietto di mano all’agente. Si sente una scampanellata mentre cala il

SIPARIO

FINE SECONDO ATTO


ATTO TERZO

(Sempre in salotto, qualche minuto dopo. Quando si alza il sipario, il pannello è chiuso. Sir Rowland, in piedi vicino alla porta, guarda verso l’anticamera. Clarissa è accanto a lui, in ascolto. Arrivano le voci da fuori.)

ISPETTORE – Dottore, mi creda, qui c’era un morto.

DOTTORE – Sì, ma adesso non c’è più e io ho fatto tutta la strada per niente.

ISPETTORE – Eppure, dottore, le assicuro…

AGENTE – L’ispettore ha ragione, dottore, il morto c’era.

HUGO – E’ il colmo. Perdere un cadavere!

JEREMY – Non capisco perché non abbiano messo qualcuno di guardia.

DOTTORE – Bè, non mi faccia perdere altro tempo… Ma non è finita qui, ispettore Lord. Ne riparleremo!

ISPETTORE (mogio) – Buonanotte, dottore. (Si sente richiedere la porta d’ingresso). E allora, Elgin?

ELGIN – Io non so niente, le assicuro, ispettore.

(Clarissa, con una risatina soffocata, va a sedersi sul bracciolo del divano. Sir Rowland chiude la porta dell’anticamera).

SIR ROWLAND – I rinforzi sono arrivati in un brutto momento. Il medico legale era furente quando non ha trovato il cadavere.

CLARISSA (ridendo) – Ma chi l’ha nascosto? Gli spiriti? E se fosse stato Jeremy?

SIR ROWLAND – Impossibile, non hanno permesso a nessuno di tornare in biblioteca e dall’anticamera non ci si poteva arrivare, la porta era chiusa a chiave. Il colmo è stato il biglietto di Pippa: “Asino chi legge”. (Clarissa ride). Però è la prova che Costello aveva aperto il cassetto segreto. (Cambiando tono) Clarissa, perché non hai detto la verità all’ispettore?

CLARISSA – Gliel’ho detta, salvo la faccenda di Pippa, ma lui non mi ha creduta!

SIR ROWLAND – E dopo perché, in nome del cielo, l’hai imbottito di scempiaggini?

CLARISSA – Perché mi sembrava che a quelle potesse credere. (Trionfante) E infatti ci ha creduto!

SIR ROWLAND – Sei in un bel pasticcio… Omicidio colposo!

CLARISSA – No, legittima difesa. (Jeremy e Hugo entrano dall’anticamera).

HUGO (brontolando) – Qui ci trattano coi piedi!… E per giunta adesso hanno perduto il cadavere.

JEREMY (chiude la porta, si avvicina alla panca e prende una tartina. Allegro) – Piuttosto divertente, no?

CLARISSA – Un mistero dopo l’altro. Ad esempio: chi ha telefonato alla polizia dicendo che qui c’era stato un delitto?

JEREMY – Elgin.

HUGO – La Peake.

CLARISSA – Ma perché?

(La signorina Peake entra dall’anticamera e si guarda in giro con aria cospiratrice)

SIGNORINA PEAKE – Via libera? (Chiude la porta) Niente poliziotti? Ce n’è in cielo in terra e in ogni luogo.

SIR ROWLAND – Stanno perquisendo la casa ed il giardino.

SIGNORINA PEAKE – Cosa cercano?

SIR ROWLAND – Il cadavere. E’ scomparso.

SIGNORINA PEAKE (ridendo) – Questa si che è bella!

HUGO – A me sembra un incubo.

SIGNORINA PEAKE – Come nei film, vero, signora Brown-Hailsham?

SIR ROWLAND – Si sente meglio adesso, signorina Peake?

SIGNORINA PEAKE – Oh, sì, sto benone. Sono forte io. Mi aveva solo fatto un po’ impressione trovare quel cadavere dietro la porta. Sa com’è…

CLARISSA – Mi domandavo… Lei non sapeva che era lì, vero?

SIGNIRINA PEAKE – Chi, io?

CLARISSA – Sì, lei.

HUGO – Ma non ha senso! Perché portare via il morto? Ormai l’avevamo visto tutti.

SIGNORINA PEAKE – Qui sbaglia, signor Birch. C’è la legge dell’habeas corpus: per essere accusati di omicidio ci vuole un cadavere e se il cadavere non si trova… (Si avvicina a Clarissa) Coraggio, signora Brown-Hailsham, non si preoccupi, andrà tutto bene.

CLARISSA – Dice a me? Ma allora…

SIGNORINA PEAKE – Ho tenuto le orecchie aperte, stasera. Non ho perso il mio tempo a dormire, nella camera degli ospiti. A me Elgin non è mai piaciuto e sua moglie ancora meno… gentaglia che ascolta dietro le porte e corre a raccontare alla polizia storie di ricatti…

CLARISSA – Lei ha sentito?

SIGNORINA PEAKE – L’ho sempre detto, io: mai fidarsi dell’altro sesso. (Sbuffando) Gli uomini! Non li sopporto! (Si siede vicino a Clarissa sul divano) Se non si trova il cadavere, cara signora, non possono accusarla di un bel niente. Dico io, se quel mascalzone la ricattava lei ha fatto benissimo: una botta in testa e tanti saluti!

CLARISSA (debolmente) – Ma io…

SIGNORINA PEAKE – Ho sentito che cosa ha detto all’ispettore. Se non era per quello spione di Elgin, la sua storia poteva anche stare in piedi.

CLARISSA – Quale storia?

SIGNIRINA PEAKE – Quella che lei ha preso Costello per un ladro. E’ il ricatto che complica tutto. Io ci ho pensato su e o capito che c’era una sola cosa da fare: sbarazzarsi del morto e lasciare che la polizia si mangiasse il fegato per cercarlo. (Si guarda intorno compiaciuta) Proprio un bel lavoretto, non faccio per vantarmi.

JEREMY (con ammirazione) – Vuol dire che… è stata lei? (Tutti guardano la signorina Peake)

SIGNORINA PEAKE – Siamo tra amici, no? Sì, l’ho nascosto io il cadavere. (Si batte una mano sulla tasca) E qui c’è la chiave. Ho le chiavi di tutta la casa.

CLARISSA – Ma… dove l’ha messo?

SIGNORINA PEAKE (in tono da cospiratrice) – Nella camera degli ospiti, sul letto a colonne. L’ho infilato di traverso sotto il capezzale. Poi ho rifatto il letto e mi ci sono infilata sopra. (Sir Rowland sbalordito si affloscia su una poltrona).

CLARISSA – Ma come ha fatto a trasportarlo da sola fin lassù? E’ impossibile.

SIGNORINA PEAKE (con energia) – Lei non ci crederà, me lo sono caricato in spalla, come i pompieri.

SIR ROWLAND – E se avesse incontrato qualcuno per le scale?

SIGNORINA PEAKE – Non potevo incontrare nessuno. La polizia era qui con la signora e voi tre eravate in sala da pranzo. Così ho afferrato il cadavere e sono uscita in anticamera, poi ho chiuso a chiave la porta della biblioteca… e via per le scale, col mio dolce peso!

SIR ROWLAND – Santi numi!

CLARISSA (si alza) – Ma non può restare in quel letto per sempre!

SIGNORINA PEAKE – Per sempre no, ma per ventiquattrore sì. A quel punto la polizia avrà finito di girare per la casa e il giardino e andrà a cercarlo più lontano. Ora che ci penso, stamattina ho scavato una bella buca per seminarci i convolvoli… Lo seppelliremo lì e ci metteremo una doppia fila di convolvoli tutt’intorno.

SIR ROWLAND – Signorina Peake, oramai le inumazioni non sono più affidate all’iniziativa privata.

SIGNORINA PEAKE (ridendo di cuore) – Ah, gli uomini! (Agita un dito ammonitore sotto il naso di sir Rowland) Tutti paurosi e pignoli. Noi donne abbiamo molto più buon senso. Quando occorre, un piccolo delitto non ci spaventa. Vero, signora?

HUGO – Ma non l’ha ucciso lei, se lo levi dalla testa!

SIGNORINA PEAKE (gioviale) – E se non l’ha ucciso lei, chi è stato?

(Pippa entra sbadigliando dall’anticamera. Cammina ciondoloni come se dormisse in piedi. Ha in mano una ciotolina di mousse al cioccolato e un cucchiaio. Tutti si voltano a guardarla)

CLARISSA (sgomenta) – Pippa, che fai qui?

PIPPA (tra uno sbadiglio e l’altro) – Mi sono alzata. (Sir Rowland le si avvicina. Clarissa la guida verso il divano. Sbadiglia) Ho una fame che muoio. (A Clarissa con aria di rimprovero) Avevi detto che venivi a portarmi la mousse. (Clarissa le toglie di mano la ciotola e la posa sulla panca. Poi si siede sul divano accanto alla bambina).

CLARISSA – Credevo che dormissi.

PIPPA (con un enorme sbadiglio) – Dormivo… Poi mi è sembrato che un poliziotto entrasse in camera e mi guardasse. Stavo facendo un sogno orribile… (Rabbrividisce) e mi sono svegliata… o quasi. Poi mi è venuta fame e sono scesa… Oltretutto forse era vero.

SIR ROWLAND (sedendosi sul divano accanto a lei) – Che cosa era vero?

PIPPA (tremando) – Quello che ho sognato di Oliver.

SIR ROWLAND – Che cosa hai sognato. Pippa? Su, dimmelo. (Pippa prende dalla tasca della vestaglia una figurina di cera rozzamente modellata).

PIPPA – Ieri sera ho sciolto un po’ di cera e ho fatto questa statuina. Poi ho arroventato uno spillo e gliel’ho piantato nel cuore.

JEREMY – Dio santissimo! (Si alza e gira per la stanza cercando il libro di Pippa. La signorina Peake si avvicina al divano).

PIPPA – Ho detto tutte le parole giuste, ma non ho potuto fare proprio tutto quello che spiegava il libro. (Jeremy trova il volumetto nella libreria).

CLARISSA – Quale libro? Non capisco.

JEREMY – Questo. (Porge il libro a Clarissa) L’ha comprato oggi su una bancarella. Ha detto che era una specie di ricettario.

PIPPA (scoppiando improvvisamente a ridere) – E tu hai creduto che parlasse di roba da mangiare?

CLARISSA (leggendo il titolo) – “Cento infallibili formule magiche” (Apre il libro) “Come curare le verruche, come conquistare l’amore, come annientare un nemico…” Oh, Pippa, è questo che hai fatto?

PIPPA – Sì. (Clarissa dà il libro a Jeremy. Pippa guarda la figura di cera) Non somiglia molto a Oliver e non sono riuscita neanche a procurarmi un ciuffo dei suoi capelli… Però ho fatto il possibile perché gli somigliasse… E poi… poi ho sognato… o almeno credo… di scendere in salotto e di vederlo lì… (Indica lo spazio dietro il divano)… Sembrava tutto vero. (Sir Rowland depone la figurina di cera sulla panca). Era morto, a l’avevo ucciso io! (Si guarda attorno) E’ vero? (Scossa da un tremito) L’ho ucciso?

CLARISSA (passandole un braccio intorno alle spalle) – No, Pippa, no.

PIPPA – Ma era lì!

SIR ROWLAND – Sì, Pippa, ma non l’hai ucciso tu. Quando hai infilato quello spillo nella figurina di cera è stata la tua paura che hai ucciso, il tuo odio per lui. Adesso odio e paura non ci sono più. Non è vero, forse?

PIPPA – Sì, è vero. Però io l’ho visto. (Getta una rapida occhiata dietro il divano) Sono scesa in salotto e lui era lì, morto. (Posa la testa sul petto di sir Rowland). L’ho visto.

SIR ROWLAND – L’hai visto, ma non è colpa tua, se è morto. Ascoltami bene, Pippa: è morto perché qualcuno l’ha colpito alla testa con un bastone. Non sei stata tu, vero?

PIPPA – Oh, no! (Sir Rowland guarda Clarissa). Ma non era un bastone… (rivolta a Clarissa) Vuoi dire una mazza da golf come quella di Jeremy? (Sir Rowland trasale lievemente).

JEREMY – No, non una mazza da golf, Pippa, quel grosso bastone che stava nel portaombrelli.

PIPPA – Quello del signor Sellon? La signorina Peake dice che viene dal Sudafrica e che gli zulù lo usano come arma. (Jeremy annuisce) Oh, no, non avrei mai fatto una cosa simile! Zio Roly, non volevo ucciderlo davvero!

CLARISSA (con tranquillo buon senso) – Certo che non volevi, Pippa. (Jeremy va a sedersi al tavolo da gioco). Adesso mangia la tua mousse al cioccolato e non pensarci più. (Prende la ciotola e la porge alla bambina. Pippa rifiuta la ciotola e Clarissa la rimette sulla panca).

SIGNORINA PEAKE – Non ho capito un corno. (A Jeremy) Che libro è quello? (Sir Rowland e Clarissa fanno sdraiare Pippa sul divano e le restano vicini. Clarissa le tiene una mano e sir Rowland le accarezza i capelli).

JEREMY (leggendo) – “Come attirare la peste sul bestiame del vicino”. Le interessa, signorina Peake? Con un leggero ritocco potrebbe appestare qualche rosaio.

SIGNORINA PEAKE – Non capisco più di che sta parlando.

JEREMY – Di magia nera.

SIGNORINA PEAKE – Grazie al cielo non sono superstiziosa.

HUGO – Povero me! Non mi raccapezzo…

SIGNORINA PEAKE (battendogli una mano sulla spalla) – Neanche io. Vado a sbirciare che cosa fanno i nostri amici in divisa. (La signorina Peake esce ridendo dalla porta dell’anticamera).

SIR ROWLAND – E adesso, a che punto siamo?

CLARISSA – Dovevo capirlo subito che Pippa non poteva… Non sapevo che aveva comprato quel libro. Mi ha detto di averlo ucciso lei e io, come una stupida, ci ho creduto.

HUGO (alzandosi) – Tu hai creduto che Pippa…

CLARISSA – Sì, Hugo.

HUGO – Questo spiega tutto. Oh, signore!

JEREMY – E’ meglio avvertire la polizia.

SIR ROWLAND – Non saprei… Clarissa ha già raccontato tre storie diverse.

CLARISSA – Aspettate, mi è venuta un’idea. Hugo, come si chiamava il negozio del signor Sellon?

HUGO – Era un negozio di antiquariato.

CLARISSA (con impazienza) – Sì, lo so, ma come si chiamava?

HUGO – Cosa vorrebbe dire “come si chiamava”?

CLARISSA – Hugo, non complicare le cose. L’hai detto tu poco fa. Voglio che lo ripeta, ma non voglio suggerire. (Hugo, Jeremy e sir Rowland si guardano con aria interrogativa).

HUGO – Roly, riesci a capire dove vuole arrivare questa ragazza?

SIR ROWLAND – No. Riprova, Clarissa. (Pippa si addormenta).

CLARISSA – Voglio sapere il nome del negozio.

HUGO – Non aveva nome. I negozi di antiquariato non si chiamano “Magnolia” o “Mon Repos” come i villini…

CLARISSA – Santi del Paradiso, datemi la pazienza! Che cosa c’era scritto sulla porta?

HUGO – Niente! Cosa doveva esserci? Solo “Sellon e Brown”.

CLARISSA – Finalmente! Mi pareva che l’avessi già detto, ma non ne ero sicura. Sellon e Brown. Io mi chiamo Hailsham-Brown e ho affittato questa casa ad un prezzo irrisorio. A quelli venuti prima di me avevano chiesto una cifra tale che erano scappati via a gambe levate. Avete capito, o no?

HUGO – No.

JEREMY – Non ancora…

SIR ROWLAND – Vagamente.

CLARISSA – Il signor Sellon aveva un socio, anzi una socia, che abita a Londra. Oggi qualcuno ha telefonato qui e ha chiesto di parlare con la signora Brown. Non con la signora Hailsham-Brown, solo Brown.

SIR ROWLAND – Comincio a capire…

HUGO – Io no.

CLARISSA (a Hugo) - … E’ la differenza che passa tra viavai e vai via…

HUGO – Non stai delirando, vero, Clarissa?

CLARISSA – Qualcuno ha ucciso Oliver. Non siete stati voi tre, non siamo stati ne io ne Henry e, grazie al cielo, nemmeno Pippa. Allora chi è stato?

SIR ROWLAND – E’ quello che ho detto all’ispettore. L’assassino non va cercato tra noi: è qualcuno che veniva da fuori e aveva seguito Oliver fin qui.

CLARISSA – D’accordo, ma perché? Quando oggi ti ho accompagnato al cancello, sono rientrata per la porta finestra. Oliver era in piedi, vicino allo scrittoio ed è stato molto sorpreso di vedermi. Mi ha detto: “Clarissa! Che fai qui?” In quel momento ho pensato che volesse offendermi, ma forse mi sono sbagliata, forse era veramente sorpreso di vedermi, perché credeva che in questa casa vivesse un’altra signora Brown, la socia dell’antiquario!

SIR ROWLAND – Ma Miranda non sa che tu ed Henry abitate qui?

CLARISSA – Miranda comunica con Henry solo attraverso l’avvocato. Credete a me, Oliver non si aspettava di vedermi. Si è ripreso subito, però, e ha inventato che voleva parlarmi di Pippa. Poi ha finto di andarsene, ma è tornato indietro perché… (La signorina Peake entra dall’anticamera).

SIGNORINA PEAKE – La caccia continua. Hanno guardato perfino sotto i letti. Ora sono in giardino. (Ride).

CLARISSA – Signorina, lei ricorda che cosa ha detto Costello prima di andarsene?

SIGNORINA PEAKE – No, non ne ho idea.

CLARISSA – Non le ha detto che era venuto qui “per vedere la signora Brown”?

SIGNORINA PEAKE – Sì, mi pare di sì. Perché?

CLARISSA – Ma non era venuta a trovare me.

SIGNORINA PEAKE – E chi era venuto a trovare, allora? (Ride).

CLARISSA – Lei. Perché lei è la signora Brown, vero?

(La signorina Peake, colta si sorpresa, per un momento non sa come comportarsi. Quando si decide a parlare è cambiata: tutta la sua giovialità è scomparsa).

SIGNORINA PEAKE – Brava, lei è molto intelligente. Sono proprio la signora Brown.

CLARISSA – La socia dell’antiquario Sellon. Lei ha ereditato anche questa casa, insieme al negozio. E ha cercato un inquilino che si chiamasse come lei, ma alla fine ha dovuto accontentarsi di una Hailsham-Brown. Ha spinto alla ribalta me ed è rimasta tra le quinte a guardare. Ma perché? E’ il motivo che mi sfugge.

SIGNORINA PEAKE – Charles Sellon è stato assassinato. Era venuto in possesso di qualcosa di grande valore. Non so come, e non so neppure di che si trattasse. Sellon non aveva molti scrupoli.

SIR ROWLAND – Così ci hanno detto.

SIGNORINA PEAKE – Per rubargli questo tesoro, qualcuno l’ha ucciso. Ma è rimasto a mani vuote. Probabilmente perché non era nel negozio, ma qui, in questa casa. E io ho pensato che prima o poi l’assassino sarebbe venuto a dare un’occhiata. Volevo stare all’erta, senza farmi notare, e così ho cercato una falsa signora Brown. (Jeremy indietreggia verso il pannello).

SIR ROWLAND – E non si è preoccupata del rischio che correva la signora Hailsham-Brown?

SIGNORINA PEAKE – Non l’ho mai persa di vista, no? Al punto da darle fastidio, qualche volta. L’altro giorno, quando è venuto un tale ad offrirle un prezzo spropositato per quello scrittoio, ero sicura di essere sulla strada giusta. Eppure non c’è niente di valore là dentro, ci giurerei.

SIR ROWLAND – Ha guardato nel cassetto segreto?

SIGNORINA PEAKE – Esiste un cassetto segreto?

CLARISSA (la ferma) – Adesso è vuoto. L’aveva scoperto Pippa, ma c’era solo qualche vecchio autografo.

SIR ROWLAND – Vorrei rivederli quegli autografi, Clarissa.

CLARISSA – Pippa dove hai messe… (Si avvicina al divano). Oh, si è addormentata.

SIGNORINA PEAKE (guardando la bambina) – Come dorme! Troppe emozioni. Adesso la prendo su e la porto a letto.

SIR ROWLAND (fermandola) – No!

SIGNORINA PEAKE – E’ leggera… peserà sempre meno del cadavere di Costello.

SIR ROWLAND – Non importa. E’ più al sicuro qui.

CLARISSA – Al sicuro? (Si volta improvvisamente verso la signorina Peake. Tutti guardano la giardiniera).

SIGNORINA PEAKE (indietreggiando di un passo e guardandosi in giro) – Al sicuro?

SIR ROWLAND – Infatti. Quella bambina, poco fa, ha detto una cosa molto importante. (Va a sedersi al tavolo da gioco. Tutti ora guardano lui).

(Una pausa)

HUGO – Che cosa ha detto?

SIR ROWLAND – Se ci ripensate, lo capirete da soli. (Prende il “Chi è” e lo sfoglia).

HUGO (scuotendo il capo) – Non ci arrivo.

JEREMY – Che cosa ha detto?

CLARISSA – Tante cose… Ha parlato del poliziotto, del sogno… Ha detto che era scesa ancora mezzo addormentata…

HUGO – Non essere così misterioso, Roly.

SIR ROWLAND (alzando gli occhi dal libro, assorto) – Come? Ah, sì, gli autografi, dove sono?

HUGO – Pippa li ha messi dentro quella scatola di conchiglie.

JEREMY (avvicinandosi alla libreria) – Qui? (Jeremy apre la scatola e tira fuori la busta. Aspetta un attimo, col fiato sospeso, poi ci guarda dentro. Sir Rowland chiude il “Chi è”). Sì, sono qui. (Sfila gli autografi dalla busta, li da a sir Rowland e si fa scivolare la busta in tasca).

SIR ROWLAND – (esaminando gli autografi con il monocolo) – La regina Vittoria, pace all’anima sua. L’inchiostro color seppia, scolorito… (Tutti si avvicinano al tavolo da gioco). John Ruskin, sì, questo è autentico, direi. Robert Browning… eh no, qui la carta dovrebbe essere più vecchia…

CLARISSA (eccitata) – Roly, che vuoi dire?

SIR ROWLAND – Durante la guerra ero nel controspionaggio e ho avuto a che fare con gli inchiostri simpatici e cose del genere. Vedi, volendo nascondere un messaggio o un appunto, può essere una buona idea scriverlo con un inchiostro invisibile e mascherarlo con un falso autografo. Poi si mescola l’autografo falso con qualche autografo vero e nessuno si accorge di niente.

SIGNORINA PEAKE – Che cosa può aver scritto Charles Sellon che valga quattordicimila sterline?

SIR ROWLAND – Niente, cara signora. Potrebbe essere semplicemente una questione di prudenza.

SIGNORINA PEAKE – Non capisco.

SIR ROWLAND – Probabilmente Costello era un trafficante di droga e, a quanto dice l’ispettore, Sellon era stato interrogato un paio di volte dalla Squadra Narcotici. C’è un nesso, non le pare? A meno che io stia lavorando di fantasia… (Guarda il foglio che ha in mano) Non credo che Sellon sia ricorso a una tecnica sofisticata… Al massima, avrà usato del succo di limone o una soluzione di cloruro di bario. Basta che scaldiamo leggermente il foglietto e ci leviamo la curiosità. Semmai, in seguito possiamo provare coi vapori di iodio. Ci vorrebbe una fonte di calore. (Alzandosi) Volete fare l’esperimento?

CLARISSA – C’è una stufetta elettrica, in biblioteca. (Hugo fa per alzarsi) Jeremy, vai a prenderla tu? (Jeremy va in biblioteca).

SIGNORINA PEAKE (avvicinandosi al pannello) – E’ ridicolo, semplicemente ridicolo.

CLARISSA – Secondo me, è un’ottima idea (Jeremy torna dalla biblioteca con una stufetta elettrica). L’hai trovata?

JEREMY – Eccola. Dov’è la presa?

CLARISSA – E’ lì. (Indica una presa accanto alla porta della biblioteca. Jeremy infila la spina. Sir Rowland si avvicina con l’autografo di Robert Browning. Jeremy si inginocchia accanto alla stufetta. La signorina Peake si mette al suo fianco).

SIR ROWLAND – Non facciamoci illusioni, è solo una mia idea… Sellon, però, avrà avuto le sue ragioni per nascondere questi pezzetti di carta.

JEREMY – Da quale cominciamo?

CLARISSA – Da quello della regina Vittoria.

JEREMY – Io punto su Ruskin: sei a uno.

SIR ROWLAND – Io do Robert Browning vincente. (Avvicina il foglietto alla stufa).

HUGO – Un poeta decisamente oscuro. Non ho mai capito una parola di quello che ha scritto.

SIR ROWLAND – Appunto: pieno di significati reconditi… (Tutti allungano il collo per guardare il foglietto).

CLARISSA – Che delusione, non succede niente!

SIR ROWLAND – Aspetta… mi pare che… Sì!

JEREMY – E’ vero, si comincia a vedere qualcosa.

CLARISSA – Ecco! Lasciatemi guardare.

HUGO (facendosi largo tra Clarissa e Jeremy) – Si sposti, giovanotto.

SIR ROWLAND – Fermi, non muovetemi la mano… Sì… ci sono delle parole. (Si alza) Ci siamo!

SIGNORINA PEAKE – Che cosa c’è scritto? (Sir Rowland è in piedi al centro della stanza. Gli altri gli si affollano intorno).

SIR ROWLAND – E’ un elenco di sei nomi, con gli indirizzi. Spacciatori di droga, direi. C’è anche Oliver Costello.

CLARISSA – Oliver! Ecco perché è venuto qui e qualcuno l’ha seguito e… Zio Roly, dobbiamo dirlo all’ispettore! Vieni anche tu, Hugo.

(Clarissa corre verso la porta dell’anticamera, seguita da Hugo. Sir Rowland prende gli altri autografi. Jeremy stacca la stufetta e la riporta in biblioteca. La signorina Peake si avvia verso l’anticamera, poi si volta a guardare Pippa)

HUGO (nell’uscire) – Mai sentito niente di più strano. (Clarissa e Hugo se ne vanno).

SIR ROWLAND (soffermandosi sulla soglia dell’anticamera) – Lei non viene, signorina Peake?

SIGNORINA PEAKE – Non credo che abbiate bisogno di me.

SIR ROWLAND – E come no? Lei era la socia di Sellon.

SIGNORINA PEAKE – Non ho mai avuto niente a che fare con la droga. Io mi occupavo esclusivamente di antiquariato. Tutti gli acquisti per il negozio di Londra li facevo io.

SIR ROWLAND – Capisco.

(Sir Rowland esce. La signorina Peake guarda ancora Pippa per un attimo, poi spegne le appliques ed esce a sua volta. Jeremy entra dalla biblioteca. Da un’occhiata alla bambina, poi si avvicina alla poltrona, prende il cuscino e, senza rumore, scivola dietro il divano. Pippa si agita nel sonno. Jeremy resta per un attimo immobile, poi si piazza dietro alla testa di Pippa e lentamente le cala il cuscino sul viso. Clarissa entra dall’anticamera)

CLARISSA – Oh, sei qui, Jeremy? (Chiude la porta. Udendo il cigolio della porta, Jeremy posa il cuscino sui piedi di Pippa).

JEREMY – Mi sono ricordati di quello che ha detto sir Rowland e ho pensato che era meglio non lasciare sola la bambina. Mi è sembrato che avesse i piedi freddi e glieli stavo coprendo.

CLARISSA (avvicinandosi alla panca) – Tutta questa confusione mi ha fatto venire una gran fame. (Guarda il piatto delle tartine. Delusa) Oh, Jeremy, le hai mangiate tutte!

JEREMY – Mi spiace, avevo fame anch’io.

CLARISSA – Come mai? Tu hai cenato, io no.

JEREMY – Nemmeno io ho cenato. Mi sono allenato a fare dei colpi d’approccio e sono arrivato in sala da pranzo quando tu avevi già telefonato.

CLARISSA (con noncuranza) – Ah, ho capito. (Si sporge dalla spalliera del divano per sistemare il cuscino sui piedi di Pippa. Improvvisamente alza la testa. Con voce profondamente turbata) Ho capito… tu…

JEREMY – Che c’è, Clarissa?

CLARISSA (quasi a se stessa) – Tu!

JEREMY – Io?

CLARISSA – Che facevi con questo cuscino, quando sono entrata?

JEREMY – Coprivo i piedi di Pippa perché erano freddi.

CLARISSA – Davvero? Volevi coprirle i piedi o volevi premerle il cuscino sulla bocca?

JEREMY – Clarissa!

CLARISSA – Ho detto che nessuno di noi poteva uccidere Costello… Invece no, qualcuno c’era… Tu! Tu eri solo sul campo da golf, e sei tornato qui. Avevi lasciato aperta la finestra della biblioteca e sei passato di lì, ancora con la mazza da golf in mano. Ecco che cosa intendeva Pippa quando ha detto: “Una mazza da golf come quella di Jeremy”. Pippa ti ha visto!

JEREMY – Clarissa, questa è pura follia!

CLARISSA – No! Tu hai ucciso Oliver, poi sei tornato al golf e hai telefonato alla polizia. Volevi che sospettassero di Henry… o di me.

JEREMY – Stai dicendo una sciocchezza dopo l’altra.

CLARISSA – E’ la verità! So che è la verità! Ma perché? E’ questo che non capisco… Perché l’hai fatto?

(Jeremy si toglie di tasca la busta, si avvicina a Clarissa e gliela mostra senza lasciargliela prendere)

JEREMY – Per questa.

CLARISSA – E’ la busta degli autografi.

JEREMY – Ma sopra c’è un francobollo… Di quelli che in gergo filatelico si chiamano “varietà di stampa”. Un’autentica rarità. Ha un colore diverso dagli altri esemplari della serie. L’anno scorso uno svedese ne ha venduto uno per quattordicimilatrecento sterline.

CLARISSA – Allora è per questo…

JEREMY – Sellon aveva scritto al mio principale proponendogli l’acquisto. Io ho aperto la lettera e sono andato subito a trovarlo.

CLARISSA – E l’hai ucciso.

JEREMY – Sì.

CLARISSA – Ma non hai trovato il francobollo.

JEREMY – Nel negozio non c’era, così ho capito che doveva essere qui. (Si avvicina a Clarissa, che indietreggia verso il divano). Ma stasera ho pensato che Costello fosse arrivato prima di me.

CLARISSA – E hai ucciso anche lui. (Jeremy annuisce) E ora volevi uccidere Pippa?

JEREMY – Perché no?

CLARISSA – Non riesco a crederci.

JEREMY – Clarissa mia, quattordicimila sterline sono tante.

CLARISSA – Perché mi dici queste cose? T’illudi che non avverta la polizia?

JEREMY – Non ti crederanno mai.

CLARISSA – Certo che mi crederanno.

JEREMY – Comunque, non potrai avvertire nessuno. (Avanzando verso di lei) Dopo Sellon  eCostello credi che abbia paura di uccidere anche te? (L’afferra alla gola).

(Clarissa lancia un grido. Sir Rowland piomba dentro dall’anticamera e accende le appliques. L’agente arriva dalla portafinestra e l’ispettore dalla biblioteca)

ISPETTORE (immobilizzando Jeremy) – Grazie, Warrender, è la prova che ci occorreva. Mi dia quella busta. (Clarissa si appoggia al divano portandosi le mani alla gola).

JEREMY (consegnando la busta all’ispettore) – Ah, una trappola, molto intelligente.

ISPETTORE – Jeremy Warrender, la dichiaro in arresto per l’omicidio di Oliver Costello. Qualunque cosa dirà, da questo momento, sarà messa a verbale e potrà essere usata contro di lei.

JEREMY – Risparmi il fiato, ispettore. Abbiamo giocato d’azzardo e lei ha vinto.

ISPETTORE (all’agente) – Portalo via. (L’agente prende Jeremy per un braccio).

JEREMY – Ha dimenticato le manette, agente Jones? (L’agente Jones gli torce il braccio dietro la schiena e lo spinge verso la portafinestra).

SIR ROWLAND (avvicinandosi a Clarissa) – Stai bene, cara?

CLARISSA – Sì, sì, sto bene.

SIR ROWLAND – Avrei voluti evitarti questa esperienza.

CLARISSA – Tu lo sapevi che era stato Jeremy, vero?

ISPETTORE (a sir Rowland) – Come ha capito che si trattava di un francobollo?

SIR ROWLAND (avvicinandosi all’ispettore e togliendogli la busta di mano) – Ho fiutato qualcosa quando Pippa mi ha dato la busta. Poi ho letto sul “Chi è” che sir Lazarus Stein colleziona francobolli e il mio sospetto si è rafforzato. E quando, poco fa, Warrender ha avuto la faccia tosta di intascare la busta sotto il mio naso, non avuto più dubbi. (Ridà la busta all’ispettore) Attento a non perderla, ispettore, perché quel francobollo vale molto e non solo come prova.

ISPETTORE – Ma comunque è una prova, e servirà a dare il fatto suo ad un criminale particolarmente odioso. (Avvicinandosi verso l’anticamera)… Però non abbiamo ancora trovato il cadavere.

CLARISSA – Provi a cercarlo nella camera degli ospiti.

ISPETTORE (a Clarissa in tono di rimprovero) – Signora Hailsham-Borwn, le pare il caso…

CLARISSA – Ma perché nessuno mi crede mai? Vada a vedere, ispettore. E’ nella camera degli ospiti, di traverso sotto il capezzale. L’ha nascosto la signorina Peake per farmi una gentilezza.

ISPETTORE – Per farle che? (S’interrompe. Sulla soglia dell’anticamera si volta) Lei, signora, non si è resa molto utile con tutte quelle bugie. Forse credeva che suo marito fosse colpevole e ha cercato di proteggerlo, ma ha fatto male, signora, molto male. (Esce).

CLARISSA – Ecco, è finita. (Si avvicina al divano) Pippa!

SIR ROWLAND – E’ meglio portarla a letto. Ormai non corre più pericolo.

CLARISSA (scuotendo la bambina dolcemente per un braccio) – Su Pippa, coraggio. Uno, due, tre… a letto! (Pippa si alza tutta intontita).

PIPPA (borbottando) – Ho fame.

CLARISSA (spingendola verso l’anticamera) – Lo so, lo so, adesso vediamo che cosa c’è di buono in cucina.

SIR ROWLAND – Buonanotte, Pippa.

PIPPA – Buonanotte. (Clarissa e Pippa escono. Sir Rowland si siede al tavolo da gioco e rimette i due mazzi di carte nelle scatole).

HUGO (fuori scena) – Vuoi che ti aiuti, Clarissa?

CLARISSA (fuori scena) – No, grazie, faccio da me. (Hugo entra).

HUGO (avvicinandosi a sir Rowland) – Gesummaria! Chi l’avrebbe mai detto? Pareva un giovane così a modo: aveva frequentato una buona scuola, conosceva le persone giuste… (La signorina Peake entra dall’anticamera).

SIGNORINA PEAKE – Volevo avvertirla, sir Rowland, che vado via con l’ispettore. Vogliono una deposizione. Sono piuttosto seccati dal mio giochetto di prestigio col cadavere. Mi sa che mi prenderò una bella risciacquata. (Esce ridendo).

HUGO – Scusami, Roly, non ho capito bene: la signorina Peake era la signora Sellon? O il signor Sellon era il signor Brown? O il contrario? (L’ispettore entra dall’anticamera).

ISPETTORE – Stiamo rimuovendo il cadavere, sir Rowland. (Prende berretto e guanti).

SIR ROWLAND – Sì, ispettore.

ISPETTORE – Vorrebbe consigliare alla signora Hailsham-Brown, da parte mia, di non raccontare più storielle stravaganti alla polizia? Un giorno o l’altro potrebbe pentirsene.

SIR ROWLAND – A un certo punto la verità gliel’aveva detta, ispettore, ma lei non le ha creduto.

ISPETTORE – D’accordo. Ma ammetterà che non era facile.

SIR ROWLAND (sorridendo) – Lo ammetto.

ISPETTORE (in tono confidenziale) – Lei ha fatto carte false per difenderla, ma non la biasimo: è una signora eccezionalmente simpatica. Buonanotte, sir Rowland.

SIR ROWLAND – Buonanotte, ispettore.

ISPETTORE – Buonanotte, signor Birch.

HUGO – E’ stato veramente in gamba, ispettore! (Gli stringe la mano sorridendo).

ISPETTORE – Grazie, signor Birch.

(L’ispettore s’illumina, soddisfatto, poi guarda sir Rowland e il suo sorriso si spegne. Sir Rowland abbassa gli occhi divertito. L’ispettore se ne va. Hugo sbadiglia)

HUGO – Bè, io vado a letto. Che serata!

SIR ROWLAND (riordinando il tavolo da gioco) – Eh, sì, come giustamente dici: che serata! Buonanotte.

HUGO – Buonanotte.

(Hugo esce. Sir Rowland finisce di riordinare il tavolo, prende il “Chi è” e va a rimetterlo nello scaffale. Clarissa entra dall’anticamera)

CLARISSA (avvicinandosi a sir Rowland e posandogli le mani sulle spalle) – Caro il mio Roly, sei stato molto bravo!

SIR ROWLAND – E tu sei stata molto fortunata a non incapricciarti di quel giovanotto.

CLARISSA – Io potrei incapricciarmi solo di te.

SIR ROWLAND – Su, su, non prendermi in giro. (Henry entra dalla porta finestra).

CLARISSA (sorpresa) – Henry!

HENRY – Come va, Roly? Credevo che fossi al golf.

SIR ROWLAND – No, sono tornato un po’ prima. Abbiamo avuto una serata molto intensa.

HENRY (guardando il tavolo da gioco) – Bridge?

SIR ROWLAND – Bridge e… altre cose. Buonanotte. (Clarissa getta un bacio a sir Rowland che la ricambia e se ne va).

CLARISSA (a Henry con ansia) – Dov’è Kalen… Il signor Jones?

HENRY (posa la borsa sul divano. Ha un’aria stanca e delusa) – Non è venuto.

CLARISSA – Ma come…

HENRY – E’ arrivato solo una specie di aiutante di campo che non c’entra niente. (Clarissa aiuta il marito a togliersi il soprabito) E lui che cosa ha fatto? Appena è scesa dall’aereo è girato sui tacchi ed è ripartito.

CLARISSA – Perché?

HENRY – Pare che avesse dei sospetti, va a sapere quali.

CLARISSA (prendendo il cappello di Henry) – E sir John, dov’è andato a finire?

HENRY – Questo è il peggio. Vedrai che arriverà da un momento all’altro. (Guarda l’orologio) Gli ho telefonato dall’aeroporto, ma era già partito. Insomma, ho fatto fiasco su tutta la linea. (Si lascia cadere sul divano. Squilla il telefono).

CLARISSA (va a rispondere) – Forse è la polizia. (Alza il ricevitore).

HENRY – La polizia?

CLARISSA (al telefono) – Sì, qui Villa dei Frassini… Lo chiamo subito. (A Henry) E’ per te, caro. L’aeroporto di Bindley Heath.

(Henry si alza e corre al telefono, ma a metà strada si ferma e prosegue con dignitosa lentezza)

HENRY (al telefono) – Pronto? (Clarissa va in anticamera a portare il soprabito e il cappello del marito, ma rientra subito). Sì, sono io… Come?… Dieci minuti dopo? Devo?… Sì… Sì, sì… No… No, no… Avete già?… Ho capito… Sì, va bene. (Riattacca e grida) Clarissa! (Si volta e vede la moglie a un passo) Oh, sei qui! Me n’ero andato da dieci minuti quando è arrivato l’aereo con Kalendorff.

CLARISSA – Vuoi dire col signor Jones.

HENRY – Sì, hai ragione cara, non si è mai abbastanza prudenti. Il primo aereo serviva come misura di sicurezza. Và a capire che cosa passa per la testa a certa gente. Bè, in ogni modo, adesso lo mandano qui con una scorta della RAF. Arriverà tra un quarto d’ora. E’ tutto in ordine? Porta via quei mazzi di carte, per favore.

(Clarissa depone velocemente la carte e i blocchetti sulla consolle centrale. Henry prende dalla panca il piatto delle tartine e la ciotola della mousse)

HENRY – Che cos’è questa roba?

CLARISSA (togliendogli di mano piatto e ciotola) – Pippa ha mangiato qui. Adesso porto via tutto e prepare delle altre tartine.

HENRY – No, aspetta… le sedie. (Con un lieve tono di rimprovero) Non dovevi mettere tutto in ordine? (Piega le gambe del tavolo da gioco. Clarissa posa il piatto e la ciotola sulla panca e sistema una sedia). Cos’hai fatto tutta la sera? (Porta il tavolo da gioco in biblioteca).

CLARISSA (spingendo la poltrona per metterla a posto) – Sapessi che serata emozionante, Henry! Appena te n’eri andato, sono entrata qui col vassoio delle tartine e sblam! Ho inciampato in un cadavere! Era proprio là, dietro il divano.

HENRY (interrompendola) – Sì, cara, sì. Tu sai inventare delle storie stupende, ma adesso non è il momento. (Clarissa e Henry rimettono a posto il seggiolone e le sedie che erano intorno al tavolo da gioco).

CLARISSA – Henry, ma è vero! E non è che l’inizio. E venuta la polizia e sono saltate fuori un’infinità di cose: la droga, la signorina Peake che invece è la signora Brown, un assassino che poi è Jeremy e voleva rubare un francobollo da quattordicimila sterline…

HENRY (con indulgenza, senza ascoltare) – Un vero sabba delle streghe! (Sistema il tavolino, tra la poltrona e il seggiolone e ne spazza via le briciole col fazzoletto).

CLARISSA – Ma è vero, Henry! Non ho abbastanza fantasia per immaginare tutto quello che è successo! (Henry infila la sua borsa dietro un cuscino del divano e sprimaccia gli altri). E’ incredibile! Ho sempre avuto una vita tranquilla, quasi monotona e stasera mi è successo tutto! Delitti, polizia, droga, inchiostro simpatico, messaggi segreti… per poco non mi arrestano per omicidio colposo e sono stata a un pelo dal venire assassinata.

HENRY – Clarissa, perché non prepari il caffè e questa bella filastrocca me la racconti domani?

CLARISSA – Ma non ti rendi conto, Henry? Per poco non mi hanno uccisa!

HENRY (guardando l’orologio) – Il signor Jones e sir John saranno qui a momenti.

CLARISSA – Quello che ho passato stasera mi ricorda una poesia di Walter Scott.

HENRY (guardandosi in giro per la stanza) – Eh? Cosa?

CLARISSA – Mia zia me l’aveva fatta imparare a memoria: “Che fitta ragnatela di menzogne. Si ordisce meditando i primi inganni…” (Henry, come se si accorgesse in quel momento di Clarissa, l’abbraccia).

HENRY – Sei un ragno adorabile!

CLARISSA (posandogli le mani sulle spalle) – Lo sai che cosa fanno le mogli dei ragni? Li mangiano!

HENRY (appassionatamente) – Sarò io a mangiare te! (Suona il campanello d’ingresso)

CLARISSA (staccandosi dal marito) – Sir Jones!

HENRY (contemporaneamente) – Il signor John!

CLARISSA (sospingendo Henry verso l’anticamera) Vai ad aprire. (Henry si abbottona la giacca e si raddrizza il nodo della cravatta) Metto il caffè e le tartine in anticamera, così puoi prenderli quando vuoi. Signori! Ha inizio l’incontro al vertice! (Si bacia una mano e la posa sulle labbra di Henry) Buona fortuna, amore.

HENRY – Buona fortuna. (Si incammina. Poi, voltandosi di scatto) Volevo dire… grazie! (Henry va in anticamera, lasciando la porta aperta. Clarissa prende il piatto e la ciotola. Fuori scena) Buona sera, sir Jones.

(Clarissa sta per andare verso l’anticamera, si ferma, esita, poi si avvicina alla libreria e preme il pulsante. Il pannello si apre. Si sente richiudere la porta d’ingresso)

CLARISSA (in tono drammatico) – Esce Clarissa. Misteriosamente.

E scompare nel vano dietro il pannello mentre cala il

SIPARIO

FINE DELLA COMMEDIA