La tettonica dei sentimenti

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LA TETTONICA


Una pièce di Eric-Emmanuel Schmitt

Traduzione di Giulia Serafini

Personaggi:

RICHARD

DIANE

SIGNORA POMMERAY

RODICA

ANCA

1

A CASA DI LEI

L'uomo tiene la donna stretta a sé. In piedi, si scambiano un bacio lungo e sostenuto.

Poi l'uomo stacca le labbra.

RICHARD  - Tornerò.

Da qualche atteggiamento, s'indovina che la donna è più abbandonata alla stretta dell'uomo; vibra di una tale passione che desidererebbe che il loro abbraccio durasse di più.

Dopo averlo trattenuto un istante, acconsente, con un sorriso, alla sua partenza.

DIANE        - Va'.

RICHARD  - Cinque minuti?

DIANE        - Cinque minuti.

RICHARD  - Sopravvivrai a questi cinque minuti?

DIANE        - Forse.

RICHARD  - Giuramelo.

DIANE        - No. E' un rischio che corri. E tu, sopravvivrai?

RICHARD  - Ci proverò. Io te lo giuro.

Si allontana, elegante, indifferente, pieno di una sicurezza propria degli uomini che piacciono e che sono amati.

Da un altro lato entra la signora Pommeray, la madre di Diane, che ha appena il tempo di vedere Richard lasciare il salone.

SIGNORA POMMERAY - Dove va?

DIANE        - A prendere i giornali.

SIGNORA POMMERAY - Ah! Un'altra separazione?

DIANE        - Di cinque minuti.

SIGNORA POMMERAY - Che tragedia! Cercherò di aiutarti a superare questa prova. (Ridono tutte e due) Respira lentamente, rilassati, pensa che raggiungerà l'edicola senza attraversare la strada, quindi senza rischiare di farsi investire, ricordati che ci sono ben poche possibilità di subire un attentato terroristico in un quartiere residenziale e che, in questi ultimi tempi, gli aerei non si schiantano più tanto spesso su Parigi. Tutto bene?

Diane annuisce maliziosamente, mentre la signora Pommeray continua a buffoneggiare assumendo improvvisamente un'espressione tragica.

SIGNORA POMMERAY - Restano le volpi! Già! Non ci si riflette abbastanza, ma è possibilissimo che una volpe arrabbiata esca da un giardino e gli morda il polpaccio sinistro! O quello destro!

DIANE        - (Stando al gioco, con umorismo) Sì, hai ragione, non ci si riflette abbastanza.

SIGNORA POMMERAY - In quel caso, tornerà ferito, con lo sguardo vitreo...

DIANE        - .. .La bava alla bocca...

SIGNORA POMMERAY - .. .febbricitante...

DIANE        - ...infetto...

SIGNORA POMMERAY - .. .contagioso...

DIANE        - .. .in fin di vita... Ma mi bacerà, io sarò condannata a mia volta, e moriremo insieme, dopo qualche giorno, stretti nella nostra tomba in un abbraccio eterno. Quindi, va tutto bene.

SIGNORA POMMERAY - Hai ragione, va tutto bene! Io romperò perfino il mio salvadanaio da pensionata per portarvi i crisantemi. (Ride) Ah, Diane, non avrei mai immaginato di rivedere mia figlia così felice. E' da farsi la pipì sotto dalla felicità.

DIANE        - (Rimproverandola) Mamma...

SIGNORA POMMERAY - Ma sì. Tu che eri così seria, così presa dai tuoi studi, dai tuoi concorsi, dalla tua carriera, tu che non avevi avuto fortuna col tuo primo matrimonio...

DIANE        - Mamma, per favore: è inutile che mi racconti la mia vita.

SIGNORA POMMERAY - Ma io adoro raccontare la tua vita, anzi, non faccio altro quando non ci sei, rimbambisco tutti con la tua storia.

DIANE        - Io sono qui, perciò trattieniti.

SIGNORA POMMERAY - (Battendo le mani) Insomma, tutto è male quel che finisce bene. Mia figlia che non sembrava fatta per l'amore, assapora finalmente il grande amore.

DIANE        - (Dubbiosa sua malgrado) Oh, il grande amore...

SIGNORA POMMERAY - Sì! Un uomo che lotta da anni e anni per attirare la tua attenzione, che ti fa la corte come si assedia una città fortificata, che ti ama più di quanto lo ami tu, e da molto prima che tu lo amassi, scusami, ma io questo lo chiamo ilgrande amore!

DIANE        - (Turbata) Mi ama più di quanto lo amo io? Lo credi davvero?

SIGNORA POMMERAY - Sì.

DIANE        - Cosa te lo fa pensare?

SIGNORA POMMERAY - Tu hai fatto di tutto per scoraggiarlo. Non solo, l'hai respinto, l'hai preso in giro, l'hai umiliato giudicando ridicoli i suoi sentimenti per due anni, e ancora, quando finalmente hai lasciato che si avvicinasse a te, gli hai spiegato che la tua carriera sarebbe venuta sempre prima di un uomo, che il tuo primo matrimonio aveva rappresentato il periodo più noioso della tua vita, e gli hai imposto di non vivere mai insieme. Se ha resistito, è perché ti ama smisuratamente. Ha resistito contro di te e nonostante te. Mai un uomo si è dato tanto da fare per conquistare una donna. Del resto, tu non sei una donna: sei una vittoria.

DIANE        - Allora perché non mi sposa?

SIGNORA POMMERAY - (Sbalordita) Come! Ma perché tu non vuoi!

DIANE        - E allora?

SIGNORA POMMERAY - Sono allucinata! Rifiuti le sue proposte di matrimonio e poi gli rimproveri di non sposarti!

DIANE        - Ho sempre fatto così e questo non l'ha mai fermato. Perché stavolta si attiene al mio rifiuto?

SIGNORA POMMERAY - Ho partorito un mostro!

Pausa. La signora Pommeray si rende conto che Diane sembra davvero preoccupata.

SIGNORA POMMERAY - Non ti ha più chiesto di sposarlo?

DIANE        - Non in questi ultimi mesi.

SIGNORA POMMERAY - Se lo facesse, tu lo sposeresti?

Pausa.

DIANE        - Non lo so.

SIGNORA POMMERAY - Che mascalzona!

DIANE        - No, mamma, sono preoccupata. Ho paura. Non si comporta più come prima. A volte sbadiglia quando leggiamo fianco a fianco. Non arriva più di corsa quando siamo stati lontani per qualche ora, con quell'aria da bambino triste che è appena scampato ad una catastrofe. Se mi stringe ancora tra le braccia, come ha fatto poco fa, non mi stritola più contro di sé. E poi, non ha più quella foga, quei gesti folli che esprimevano la sua impazienza, quei gesti che spesso mi facevano male. (Con sgomento) Mamma, non mi fa più male.

SIGNORA POMMERAY - Si è affinato. Non dimenticare che è solo un uomo.

DIANE        - Sopporta meglio che i suoi viaggi d'affari ci tengano lontani l'uno dall'altra per diversi giorni; una volta, lo faceva diventare folle d'angoscia tanto aveva paura di non ritrovarmi.

SIGNORA POMMERAY - Significa che ha fiducia in voi.

DIANE        - (Molto sincera) Non si può essere innamorati e avere fiducia.

SIGNORA POMMERAY - Sì!

DIANE        - No!

SIGNORA POMMERAY - E' il tuo parere, non il suo.

DIANE        - Che ne sai?

SIGNORA POMMERAY - E tu? (Con dolcezza) Chiediglielo.

DIANE        - No. Temo di aver già capito.

SIGNORA POMMERAY - Le donne riescono a capire solo quello che c'è di femminile in un uomo; e gli uomini riescono a capire solo quello che c'è di maschile in una donna: in altre parole, nessun sesso capisce mai l'altro. Interpretando il suo comportamento, sei certa di sbagliarti.

DIANE        - L'uomo e la donna rimangono degli estranei l'uno per l'altra?

SIGNORA POMMERAY - Naturalmente, è per questo che la cosa funziona da così tanto tempo.

DIANE        - (Con un poco di rabbia) E' proprio per questo che non funziona.

SIGNORA POMMERAY - (Con decisa autorità) Chiediglielo.

DIANE        - Mai! Prima di tutto, sarebbe come accusarlo. E poi, sarebbe come confessare le mie inquietudini.

SIGNORA POMMERAY - Chiedi.

DIANE        - No. Ho troppa paura della sua risposta. Non la sopporterei.

SIGNORA POMMERAY - Diane, smettila di rispondere al suo posto. Chiediglielo! Ma come fa una donna... Non apertamente... Sii sottile... Parlagli come si trattasse di te: "Richard, non hai notato che sbadiglio quando leggiamo fianco a fianco, che non arrivo più di corsa, come prima, quando siamo stati lontani qualche ora, che, se ti stringo tra le braccia, non ti faccio più male, eccetera eccetera." Vedrai cosa risponderà.

Diane sembra tentata dalla proposta di sua madre. Tuttavia, trema ancora di paura.

DIANE        - Lo amo così tanto. Mai mi sono affezionata ad un uomo come a lui, mamma.

SIGNORA POMMERAY - Lo so, cara. Ragione di più per non restare con questi brutti dubbi che t'infettano l'immaginazione.

DIANE        - Tu credi?

SIGNORA POMMERAY - Ascoltami: puoi avere solo una bella sorpresa.

DIANE        - Non sopravvivrei ad una delusione.

In quel momento, Richard torna, con i giornali sotto il braccio. Le due donne si danno un contegno normale.

SIGNORA POMMERAY - Ah, ecco Richard con i giornali! Sempre giornali! Ancora giornali !

RICHARD  - Sì, lo so, è una droga.

SIGNORA POMMERAY - Esatto! Non riesce mai a farne a meno e ogni giorno ricomincia: tipico di un malato. Sono sicura che non sa neanche più perché li legge. E poi, le fanno ancora effetto? C'è un giorno migliore di un altro?

RICHARD - Il lunedì, perché ne sono stato privato la domenica.

SIGNORA POMMERAY - Vede: la dipendenza totale. Mio povero ragazzo, la compatisco.

RICHARD - Ingrata, io che la rifornisco generosamente di parole crociate!

SIGNORA POMMERAY - Lo sanno tutti che i giornali sono stati inventati solo per procurare parole crociate. Altrimenti, che utilità avrebbero? Notizie che cambiano ogni giorno, notizie che scadono dopo solo un giorno: lo trova serio, lei?

RICHARD - Ma tutto cambia ogni giorno, è lei che non lo accetta.

SIGNORA POMMERAY - Frottole, non intraprendo una discussione sui massimi sistemi con lei: non è all'altezza. A tra poco.

RICHARD - A tra poco, mamma bella.

Lei ride, felice del rapporto che ha con Richard, poi esce.

Richard seleziona qualche giornale e lo tende a Diane.

RICHARD - Ecco i tuoi.

DIANE        - Grazie.

Si sistemano per leggere. Richard s'immerge immediatamente nel suo quotidiano mentre Diane resta col naso in aria.

DIANE        - Sei serio, Richard, quando dici che "tutto cambia ogni giorno"?

RICHARD - Non sono mai serio con tua madre. Come?

DIANE        - "Tutto cambia ogni giorno", ha detto così. Lo pensi davvero?

RICHARD - Senza dubbio.

DIANE        - Vorrei che non fosse vero.

Trascura di reagire perché ha iniziato la lettura di un articolo. Improvvisamente, realizza quello ha appena detto. Si volta verso di lei, si accorge che ha un'espressione stranamente preoccupata.

RICHARD - Che succede?

DIANE        - Richard, è da tanto tempo che ho voglia di farti una confidenza. Ma temo di darti un dispiacere.

RICHARD - Tu, darmi un dispiacere? Sarebbe la prima volta.

DIANE        - Perché no?

Silenzio.

RICHARD - Di che stai parlando?

DIANE        - No, scusami. Pensandoci bene, è meglio che taccia...

RICHARD - Mi nascondi qualcosa? Hai un segreto? Diane, il primo dei nostri accordi è stato questo: dirci tutto.

Diane si copre gli occhi con le mani, china la testa in avanti e cambia voce.

DIANE        - Hai notato che sono cambiata?

Lui la fissa.

Pausa.

Lei ha un fremito.

DIANE        - Dunque l'hai notato.

RICHARD - Di che parli?

DIANE        - Sì, l'hai notato. Hai notato che, a volte, sbadiglio quando leggiamo fianco a fianco. Che non arrivo più di corsa, come prima, quando siamo stati lontani qualche ora. Che non ti faccio più male quando ti stringo tra le braccia. Che sopporto meglio i tuoi viaggi d'affari che ci tengono lontani l'uno dall'altra.

Lui la osserva con attenzione e gravità. Di colpo, lei corre il rischio e continua.

DIANE        - All'inizio, ti chiedevo di restare solo con me, a casa tua e a casa mia, come reclusi; poi abbiamo iniziato ad uscire una sera a settimana, poi una sera su due, e adesso, la maggior parte delle volte, preferisco che ceniamo fuori, con degli amici. A volte, quando ci troviamo soli, leggo due righe e mi addormento. L'hai notato?

Intenso silenzio tra loro.

DIANE        - Non insisto più perché passiamo tutte le notti insieme. Un principio di raffreddore, un piatto duro da digerire, un po' di lavoro, una punta di fatica per giustificarmi se ti chiedo di tornare a dormire a casa tua.

Lei si ferma. Lui, diventato pallidissimo, ancora non reagisce.

DIANE        - Ti sei reso conto che non ho più la stessa allegria? Non ho appetito, bevo e mangio solo per dovere, non riesco a dormire. Perché ho voglia di stare da sola così spesso? La notte mi chiedo: è lui? Sono io? E' cambiato? No. E' meno dolce? No. Allora sono io che cambio. Che succede?

Sfinita, tesissima, non andrà oltre.

DIANE        - Certo, sono solo sintomi. Ma sintomi di cosa?

Richard si alza, le si avvicina, le prende la mano, se la porta alla bocca e la bacia a lungo. Poi, sconvolto, cade ai suoi piedi.

RICHARD - Io ti adoro.

DIANE        - Come?

RICHARD - io ti adoro, Diane, ti amo più di ogni altra cosa.

Lei arrossisce per l'emozione di fronte a questa dichiarazione.

DIANE        - Cosa? Dopo quello che ti ho appena detto?

RICHARD - Tu sei una donna fuori dal comune.

DIANE        - Come?

RICHARD - (Con le lacrime agli occhi) Al di sopra delle altre.

DIANE        - Prego?

RICHARD - Io non ti merito. In fondo, è quello che ho sempre pensato. *

Turbata da questo slancio, Diane non sa come reagire.

Pausa.

RICHARD  - Sì. Hai ragione.

DIANE        - Io?

RICHARD  - Hai ragione tu.

DIANE        - Ma come potrei aver ragione? Non ho detto niente.

RICHARD  - Sì. Tu hai osato. Tu hai avuto il coraggio che io non avrei avuto. Tu osi dire quello che io non dico, quello che ti nascondo, quello che mi nascondo.

DIANE        - (Impallidendo) Cosa?

Lui si siede vicinissimo a lei. Diane comincia a temere quello che sentirà.

RICHARD  - Come mi sembri grande, e piccolo io... Sei stata tu a parlare per prima ma la tua storia è la mia, parola per parola, Diane. Sì, anch'io, mio malgrado, contro di me, sento che il mio sentimento s'indebolisce.

Sconvolta, Diane chiude le palpebre. I brividi le percorrono il corpo. Volta la testa lontano da Richard. Vorrebbe non vedere più, non sentire più ma è troppo tardi: lui è lanciato.

RICHARD  - Hai ragione tu: non siamo più come prima. L'amore si attenua. Con tutto il cuore, con tutta l'anima, vorrei che non fosse così, ma la mia volontà non può nulla. Tutta la mia buona volontà...

Le lacrime riempiono gli occhi di Diane.

DIANE        - Allora è vero?

RICHARD  - Niente di più vero.

Pausa.

DIANE        - Allora?

Richard fa un sospiro.

RICHARD  - Adesso tocca a me essere coraggioso quanto te... (Prende fiato,si alza e dichiara:) Smettiamo di fingere: lasciamoci.

Diana è sconvolta ma riesce a controllarsi.

DIANE        - Sono d'accordo.

RICHARD  - E' più onesto.

DIANE        - (Annuendo) E' più onesto.

Alzandosi, lei vacilla.

DIANE        - Non ti dispiace se per oggi non ne parliamo più? Se evitiamo di pranzare insieme? Ho bisogno di riflettere.

RICHARD  - No, certo. (Pausa) E' meglio.

DIANE        - Sì, è meglio.

Lei fa per allontanarsi, ma lui la trattiene e sorride a piena bocca.

RICHARD  - Diventeremo grandi amici.

DIANE        - (Stanca) Certo.

RICHARD  - I più grandi amici del mondo.

DIANE        - Come minimo.

Lui la bacia sulla fronte.

Offesa, lei, in un secondo, cambia totalmente atteggiamento: nel suo corpo rabbia, nei suoi occhi odio, nei suoi pugni chiusi la voglia di colpire. Ma ha il tempo di ricomporsi prima che lui noti qualcosa.

RICHARD  - Amici?

DIANE        -Amici!

Lei esce.

Rimasto solo, Richard, sebbene commosso, sembra anche sollevato. In quel momento, arriva la signora Pommeray che si rende conto che lui sta prendendo i suoi giornali per portarli via con sé.

SIGNORA POMMERAY - Come? Non resta per pranzo? Se ne va?

RICHARD  - Sì. (Pausa) Diane le spiegherà.

La signora Pommeray scuote la testa, come avesse già capito.

SIGNORA POMMERAY - A presto?

RICHARD  - A presto.

Fa per uscire, ma lei lo ferma.

SIGNORA POMMERAY - Richard, sto per immischiarmi in ciò che non mi riguarda - il che, del resto, è perfettamente nelle mie abitudini - ma dal momento che voglio bene a tutti e due e che conosco bene mia figlia, le darò un consiglio: le proponga di sposarla?

RICHARD  - Come?

SIGNORA POMMERAY - So che ha subito un rifiuto parecchi mesi fa. Tuttavia, sono sicura che se glielo riproponesse adesso, lei accetterebbe.

Richard, imbarazzato, non sa cosa rispondere.

SIGNORA POMMERAY - In effetti, non sogna altro.

Richard si precipita sulla signora Pommeray, la bacia sulle guance e se la svigna un po' bruscamente.

RICHARD  - Arrivederci, mamma bella.

SIGNORA POMMERAY - Arrivederci, Richard.

Lui scompare con eccessiva vivacità.

2

CAFFÈ

In un caffè fumoso in cui gracchia una radio da cui escono le canzoni del momento, Diane e una donna matura sono sedute allo stesso tavolo.

Davanti a loro, sul marmo, sono poggiati i fascicoli di Diane, il suo registratore, così come le tazze vuote ed il cestino dei croissant, avanzi di alimenti consumati durante l'incontro.

L'intervista ha termine e Diane finisce di annotare qualche parola.

RODICA     - Ecco. Lei ho detto tutto quello che sapevo.

DIANE        - Grazie. Grazie infinite, signora Nicolescu. Grazie a lei, ho avuto accesso a delle informazioni fondamentali. Le sono grata per la sua franchezza.

Diane sistema gli appunti nei fascicoli.

Rodica Nicolescu, una cinquantina d'anni, il corpo e il viso sciupati, stretta in abiti troppo sexy e troppo appariscenti per lei, distende le gambe, si stira, sospira ma conserva un'aria scettica.

RODICA     - Crede che questo potrà servire a qualcosa?

DIANE        - Non solo ne sono certa, ma glielo prometto. Una volta che avrò redatto il mio rapporto, il parlamento farà tutto il possibile perché le vostre condizioni di vita possano essere migliori.

RODICA     - Non riesco a crederci. Lei è una donna rispettabile, una deputata, ha un mestiere, delle responsabilità, e s'interessa a noi! Perché?

DIANE        - Quando ho finito i miei studi, quasi l'unica donna in mezzo a tanti uomini, mi sono ripromessa, se avessi fatto politica, di avere come priorità quella di lavorare sulla condizione femminile.

RODICA     - La condizione femminile, d'accordo? Ma le prostitute?

DIANE        - Se sono trattate così male, è proprio perché sono donne, no?

RODICA     - In un certo senso, sì. Ma non ha qualcuno in famiglia, qualcuno che...

DIANE        - (Sorridendo) No.

RODICA     - Una sorella... una madre...

DIANE        - (Divertita) No, niente affatto. Anzi, mia madre di sicuro sarebbe sconvolta se le dicessi che ho accettato - che dico? Preteso - questa missione!

RODICA     - Lei ha un gran cuore.

DIANE        - Affatto: faccio il mio mestiere. Crede che un medico rifiuterebbe di curare un malato con la scusa che l'uso che fa del suo corpo non gli piace?

RODICA     - E' successo.

DIANE        - No, non un buon medico, un umanista, un uomo che crede nella medicina. Stessa cosa per la politica. Anche se si ha orrore della prostituzione, non si può continuare ad agire come se non esistesse.

RODICA     - Ah, allora lo vede che non le piace!

DIANE        - Cosa?

RODICA     - La prostituzione.

DIANE        - E' ovvio che non mi piace. A lei sì?

RODICA     - (Scuotendo la testa) Oh, beh, è la mia vita, perciò è ovvio che non mi piace!

DIANE        - Signora Nicolescu, non sono qui né per prendere il suo posto, non per dare un giudizio su di lei o sugli uomini che vengono a trovarla. Anche se il mondo non mi piace, lo prendo per quello che è, il mondo, e mi rimbocco le maniche. Non credo che si possa cambiare l'essere umano, e ancora meno che si debba. Anzi: diffido di quei politici che hanno quest'ambizione, finirebbero per diventare tutti dittatori. Né lei né io riformeremo l'umanità, signora Nicolescu, mai, anche se lo desideriamo con tutte le forze! Ma possiamo migliorare le leggi, aggiustarle, modernizzarle, renderle meno ipocrite. Redigo questo rapporto solo per assicurarmi che i suoi diritti, il suo lavoro, la sua salute, la sua dignità non siano più calpestati.

RODICA     - Allora perfetto! Se il lavoro non le fa paura, è capitata nel posto giusto!

In quel momento, entra nel caffè una bellissima ragazza, fine, distinta, dallo sguardo triste.

C'è qualcosa di raro, di irreale nella lentezza della sua entrata, nella grazia della sua andatura, nella dolce gravità della sua espressione: somiglia ad un'apparizione.

Diane non può fare a meno di contemplarla.

DIANE        - Chi è?

RODICA     - Oh, quella è una povera ragazza! Una povera, povera ragazza. Un vero pasticcio ambulante.

DIANE        - Raramente ho visto una donna così bella.

RODICA     - E' una tragedia essere bella così. Brutta, non le sarebbe successo niente.

DIANE        - E così triste...

RODICA     - Non dovrei dirglielo, ma è la mia piccola protetta. Faccio di tutto perché resista. Pensi! Una ragazzina delle nostre parti, laggiù, in Romania, che non pensa ad altro che alla poesia, al teatro, ai romanzi, alla letteratura, una ragazzina che sa recitarle Verlaine e Baudelaire a memoria, trovarsi così, a vent'anni, sul marciapiede. Perché ne sa parecchio di poesia, Anca. Sì, sì: versi, prose, alessandrini, sonetti e compagnia bella! Dividiamo la stessa stanza. Aspetti, vado a chiederglielo. Anca, per favore, vieni qui con noi. Anca, Anca, vieni!

Anca obbedisce. In lei, tutto ormai è obbedienza e rassegnazione. Si sente che una molla - quella del desiderio - si è spezzata.

RODICA     - Ti presento la signora Pommeray, che è deputata e sta scrivendo un rapporto su di noi affinché i politici cerchino di sistemare un po' la nostra situazione. Saluta.

ANCA         - (Senza espressione) Buongiorno signora.

DIANE        - Buongiorno.

Diane tenta, invano, di captare lo sguardo di Anca.

RODICA     - Le stavo dicendo che tu sai delle poesie francesi. Un sacco di poesie a memoria. Che le avevi imparate laggiù, in Romania.

Anca annuisce debolmente.

RODICA     - Vuoi farglielo vedere?

Anca guarda Diane negli occhi.

ANCA         - Sono stanca.

RODICA     - Dai, non fare quella brutta faccia. Falle vedere. Falle capire che in Romania ci sono persone come te.

ANCA         - Io non vivo più in Romania.

RODICA     - Insomma, mi hai capito! Farà un buon effetto, per una volta, che una ragazza come noi dimostri che può avere una cultura. Servirà alla causa.

Anca si volta verso Diane.

ANCA         - Sono molto stanca, deve credermi, signora.

Diane è commossa dalla tristezza della ragazza.

DIANE        - Le credo.

RODICA     - Che brutta faccia che fai! (A Diane) La deve scusare, signora. Studiava letteratura francese a Bucarest quando degli uomini le hanno proposto un
posto da ragazza alla pari in Francia; le hanno fatto credere che nel frattempo, poteva anche iscriversi all'università, conoscere Parigi, le librerie, le biblioteche, i teatri... Ovviamente, una volta arrivata qui, l'anno violentata, riempita di botte, poi le hanno sequestrato i documenti e l'hanno messa sul marciapiede. Un classico, insomma!

DIANE        - (Sconvolta) E' vero, Anca?

Per tutta risposta, Anca abbassa la testa.

DIANE        - Perché non ha sporto denuncia?

Anca volta la testa. Rodica non può fare a meno di intervenire per chiarire le idee a Diane.

RODICA     - Come faceva a sporgere denuncia se non aveva più i documenti? Se è una clandestina? Se per lavoro fa la prostituta? Quando si sa che, se la rete lo viene a sapere, quelli mettono in pratica la loro minaccia.

DIANE        - Minaccia?

RODICA     - Portare la sua sorellina in Francia e mettere anche lei sul marciapiede. Un classico anche questo!

Sentendo questo, Anca fa un gesto che esprime la sua angoscia, poi riesce a controllarsi e sembra di nuovo assente.

Diane prende la situazione molto a cuore.

DIANE        - E' mostruoso. Io... io... farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarvi, credetemi. Il mio rapporto sarà eloquente, e lo porterò avanti passo dopo passo, di commissione in commissione, nei corridoi della Camera, finché non porterà a delle riforme, ad un miglioramento, a qualcosa... Le mie parole non sono parole vuote né promesse elettorali, credetemi.

RODICA     - Io le credo, signora. Grazie.

DIANE        - (Voltandosi verso la ragazza) Sono molto dispiaciuta per lei, Anca.

Anca sembra non averla neanche sentita. Diane non insiste e si alza per andarsene. Non appena fatti tre passi, Anca la ferma.

ANCA         - Aspetti. Le recito una poesia.

RODICA     - (Irritata) Ormai è inutile, Anca! E poi è troppo tardi, adesso!

Diane fa segno a Rodica di tacere, si rimette a sedere, sorride ad Anca le mormora, con molta umanità:

DIANE        - Sarei felice di sentirla.

ANCA         - Dei versi di Baudelaire. Li ho imparati da quando sono qui.

Anca alza la testa, offre il suo bel viso perfetto alla luce e comincia a recitare.

ANCA         - "Se la vedrete, curiosamente agghindata,

Intrufolarsi all'angolo di una strada perduta,

E la testa e gli occhi bassi - da colomba ferita –

Trascinando nei rigagnoli i piedi nudi, intirizzita,

Signori, non proferite bestemmia o sconceria

Sul viso imbellettato di quella povera impura

Che una sera d'inverno Madonna Carestia

Ha costretto ad alzare le sottane nella lordura.

Quella zingara, sapete, è il mio tutto, la mia ricchezza,

La mia perla, il mio gioiello, la mia regina, la mia bellezza,

Colei che mi ha cullato sul suo grembo vincitore,

E che tra le sue mani ha riscaldato il mio cuore."

Radiosa, pura come una Madonna, termina la poesia con le lacrime agli occhi. Rodica e Diane la contemplano, entrambe emozionate.

3

A CASA DI LEI

Brandendo una bottiglia di champagne, Richard piomba nel salone di Diane e afferra con destrezza due calici.

RICHARD  - Champagne !

DIANE        - (Da fuori) Champagne? Perché?

RICHARD  - Prima di andare al ristorante, dobbiamo festeggiare.

DIANE        - (Da fuori) Festeggiare cosa?

RICHARD  - La nostra lucidità.

Diane compare, superba.

Con uno sguardo che sembra apprezzare la sua entrata, Richard le tende un bicchiere. Lei lo prende con eleganza.

RICHARD  - Sotterriamo con qualche bollicina la perdita del fragile sentimento che ci univa.

DIANE        - Alle illusioni perdute!

Brindano.

Dopo aver bevuto un sorso, Diane aggrotta le sopracciglia.

DIANE        - Ci hai pensato? Come vivremmo se uno dei due avesse smesso di amare mentre l'altro continuava...

RICHARD  - (Ridendo) Oh sì...

DIANE        - Immagina se il tuo amore fosse durato più a lungo del mio...

RICHARD  - Che orrore !

DIANE        - O il contrario...

RICHARD  - (Ridendo ancora di più) Una tragedia!

DIANE        - Una tragedia... (Pausa) A proposito, chi dei due ha smesso di amare per primo?

Richard riflette per qualche secondo poi, improvvisamente, come tuffandosi, dice:

RICHARD  - Temo di essere stato io.

DIANE        - Ah sì, e come fai a dirlo?

RICHARD  - Non vedevo nessun segno di raffreddamento da parte tua mentre li costatavo in me. Anzi, era da parecchi mesi che mi sentivo in colpa.

DIANE        - Quanti?

RICHARD  - (Esitando prima di rispondere) L'autunno scorso.

DIANE        - (Sconvolta) Quasi un anno, quindi? (Riprendendo il controllo di sé) Ma in colpa per cosa?

RICHARD  - In colpa per aver passato anni a suggerirti di amarmi, per averti convinta, per aver vinto la partita, e all'improvviso, quando arriva la felicità, quando finalmente siamo all'unisono, per aver sentito l'amore attenuarsi in me.

DIANE        - Forse mi amavi solo a condizione che io non ti amassi?

RICHARD  - No, non sono mai stato così felice come nei nostri anni di amore condiviso, questo te lo giuro.

DIANE        - Allora forse preferisci combattere invece di amare? Non sei così anche negli affari? Spietato nel conquistare i mercati, schiacciando la concorrenza, ansioso di vittorie, conquistatore, lavoratore, ma approfitti così poco del tuo denaro, apprezzi più il successo della ricchezza. Se fosse lo stesso in amore? Se ti piacesse solo conquistare?

RICHARD  - Sarebbe odioso...

DIANE        - Forse sei odioso tu? Forse non dovresti piacerti tanto quanto ti piaci?

Scioccato, la guarda con stupore. Lei scoppia a ridere per spezzare l'imbarazzo.

DIANE        - Scherzo! Saresti davvero un mostro se i miei sentimenti per te fossero rimasti gli stessi, ma dato che si sono evoluti insieme ai tuoi, la cosa non è grave. Sarebbe stato triste solo se io non fossi cambiata, solo se io avessi continuato ad amarti...

RICHARD  - E’ vero. (Sospira di soddisfazione) D'ora in poi tutto sarà semplice.

DIANE        - Ti sento sollevato.

RICHARD  - Sì.

DIANE        - Sollevato per essere guarito dall'amore?

RICHARD  - Sì.

DIANE        - (Con tristezza) Dunque era una malattia?

RICHARD  - (Ridendo) No, sollevato dalla mia menzogna. D'ora in poi potremo intrattenere rapporti sani. (Energico) Mi hai ridato la stima. La stima per me stesso. Stima per te. Stima per noi. Continueremo a vederci e ad abbandonarci nella fiducia ad una vera amicizia.

Alla parola "amicizia", Diane non può fare a meno di avere uno spasmo. Ma Richard non lo nota. Continua, lirico:

RICHARD  - Potremo raccontarci tutto. Tutto! Tu mi dirai delle tue nuove conquiste e io delle mie.

DIANE        - Conti di farne tante?

RICHARD  - Ne dubito, perché mi hai reso difficile su questo piano.

DIANE        - Grazie.

RICHARD  - Se mi succede, mi aiuterai coi tuoi consigli. E io ti prodigherò i miei se credi di averne bisogno. Chissà cosa può succedere?

DIANE        - Eh già! Chissà?

RICHARD  - La passione va e viene ma i sentimenti restano. Come la stima che ho per te, l'amicizia, l'affetto... Chissà? Potrei anche rinnamorarmi di te.

DIANE        - Ah sì? E se risuccedesse?

RICHARD  - Sarei l'uomo più felice della terra.

Credendo di aver detto una cosa lusinghiera, ha duramente ferito Diane. Si china interessato verso di lei.

RICHARD  - E tu?

DIANE        - Io, cosa?

RICHARD  - Se ritornassero? I tuoi sentimenti per me?

DIANE        - Ah... (Sicura di sé) Penso che non torneranno.

RICHARD  - (Scosso) Perché?

DIANE        - Sarai stato l'unica febbre, l'unica passione della mia esistenza. Visto che sono stata restia a cedere, non mi abbandonerò mai più.

RICHARD  - Andiamo, scherzi! Non amerai più?

DIANE        - No.

RICHARD  - Né me né un altro?

DIANE        - Come ho amato te. No. Più nessuno. Mai.

Pausa. Toccato, Richard vorrebbe dire qualcosa ma non gli vengono le parole. Diane lo guarda e crede che trascuri la forza di quello che ha appena detto.

DIANE        - A che serve, del resto, dal momento che, qualsiasi cosa facciamo, un giorno scompare. (Con forzato buonumore) Champagne?

RICHARD  - (Con la stessa forzata allegria) Champagne!

Premuroso, riempie i due calici.

RICHARD  - Sei unica, Diane, davvero unica. E lo siamo entrambi grazie a te. Ci siamo risparmiati tutte le meschinità e le bassezza che rovinano la vita degli altri.

Brindano.

RICHARD  - (Ingenuo) Non mi sei mai sembrata così bella e così intelligente come stasera.

DIANE        - (Frenandolo) Shh! Troppe dichiarazioni d'amore no... si sa come va a finire.

RICHARD  - Hai ragione.

Lui ride.

In quel momento, entra la signora Pommeray.

RICHARD  - Buonasera, mamma bella.

SIGNORA POMMERAY - Cosa? (Rendendosi conto di non sentire) Aspetti, Richard, accendo le mie orecchie elettriche.

Preoccupata, Diane si avvicina rapidamente a Richard e gli ordina a voce bassa:

DIANE        - Per favore, non una parola con mamma, non le ho ancora detto niente.

RICHARD  - D'accordo.

Sorridono alla vecchia signora.

SIGNORA POMMERAY - Ecco: la sento.

RICHARD  - Dicevo: buonasera, mamma bella. Come sta?

SIGNORA POMMERAY - E' una bella domanda, ma risponderò solo in presenza del mio avvocato.

RICHARD  - E la salute?

SIGNORA POMMERAY - La salute non è il mio forte. Anche se, da quel tempo, ho già fatto morire parecchi medici.

RICHARD  - Sa che le voglio tanto bene, mamma bella.

SIGNORA POMMERAY - E' un uomo talmente bello che le credo. Stasera voi due uscite, ovviamente?

RICHARD  - Sì. (Si avvicina e le dà un bacio) Buonanotte. Vado a prendere la macchina che è parcheggiata un po' distante, Diane, e ti aspetto davanti a casa!

Si allontana con vivacità ma, voltandosi, lancia un grido di dolore.

DIANE        - (Spontaneamente preoccupata) La schiena?

RICHARD  - Sì. Sempre questa maledetta schiena...

SIGNORA POMMERAY - Bisogna che sì faccia visitare, Richard. Se vuole, le darò dei
recapiti di medici: alla mia età, si hanno solo quelli sulla rubrica del telefono.

DIANE        - (Nervosa) Ma ha fatto degli esami, mamma. Non ha niente.

RICHARD  - Niente. A parte il dolore, non ho niente.

SIGNORA POMMERAY - Non c'è problema, ho anche dei recapiti di psicanalisti. Li colleziono per le mie amiche del bridge.

RICHARD  - (Portandosi le mani ai reni) Ecco, va meglio... passa sempre in fretta... (Con un gran sorriso) Buonasera alla mamma più bella di tutte le mamme belle.

La madre arrossisce, poi, uscito Richard, si volta verso sua figlia.

SIGNORA POMMERAY - Mia piccola Diane, non so cosa gli hai fatto ma non vedevo Richard così allegro da mesi.

DIANE        - (Triste) Neanch'io.

SIGNORA POMMERAY - E tu che l'altro giorno dubitavi dei suoi sentimenti! Pazzerella che sei! Adesso sarai rassicurata, spero?

Diane annuisce.

DIANE        - Ciao, mamma, vattene a letto.

SIGNORA POMMERAY - Vado, vado. (Dapprima obbedisce, poi si volta) Scusa l'indiscrezione, ma... ti ha chiesto di sposarlo?

DIANE        - No.

SIGNORA POMMERAY - Beh, non vorrei rovinare la suspence, ma devo dire che non mi stupirebbe se lo facesse presto.

DIANE        - (Con dolore) Io non credo.

SIGNORA POMMERAY - Sciocchezze... Dove ti porta a cena stasera?

DIANE        - Al Roseto.

SIGNORA POMMERAY - Al Roseto? Che ti dicevo: il ristorante ideale per una proposta di matrimonio.

DIANE        - Mamma, stacca l'apparecchio e va’ a dormire.

SIGNORA POMMERAY - Vedrai, figlia mia, vedrai. Tua madre non è così rimbambita come credi tu. La vita riserva delle sorprese. D'accordo, d'accordo. Mi stacco gli apparecchi, va' ! E me ne vado a letto...

La signora Pommeray scoppia a ridere come una ragazzina, e si allontana danzando su un "buona serata" allegro che intona canticchiando.

Rimasta sola, Diane non nasconde più la sua pena. Il suo viso lascia trasparire il dolore. Si direbbe che stia per piangere... quando all'improvviso si mette a gridare. A lungo, inesorabilmente, lancia un grido da animale ferito.

4

MANSARDA

Diane fa entrare le due rumene, Rodica e Anca, in un appartamento ammobiliato di cui possiede le chiavi.

Indica le stanze con un gesto della mano.

DIANE        - Ecco, sarebbe qui.

ANCA         - (Meravigliata) E' magnifico.

DIANE        - Magnifico? No. E' semplicemente un piccolo appartamento molto luminoso sotto i tetti di Parigi.

ANCA         - (Rincarando la dose) E' magnifico.

DIANE        - Sono parecchi anni che lo affitto degli studenti. Se riusciamo a trovare un accordo, allora potrei metterlo a vostra disposizione. (Mostra un fascicolo che tiene stretto al petto) Quanto ai vostri documenti, il mio gabinetto ha fatto molti progressi: ecco già dei visti provvisori in attesa che i fogli definitivi vi siano trasmessi dal mio segretario. Entro dieci giorni, dovrebbe essere tutto fatto.

Anca e Rodica prendono il fascicolo e contemplano i fogli.

ANCA         - Ah, signora, non saprei mai trovare le parole per...

DIANE        - Ma no, ma no... vi lascio dare un occhiata, il tempo di sistemare una questione con il guardiano. Vedete se vi piace.

Diane esce, lasciando le due donne nell'appartamento. Le due reagiscono in maniera totalmente diversa: Anca nuota nella felicità mentre Rodica sembra imbronciata, preoccupata.

ANCA         - (Felice) Tu ci credi, Rodica, ci credi?

RODICA     - (Dura) No.

ANCA         - (Scossa) Cosa? Non sono reali, questi documenti?

RODICA     - Sì.

ANCA         - E quest'appartamento?

RODICA     - La questione è sapere quanto ci verrà a costare, tutto questo?

ANCA         Ma ha detto che ce lo prestava per niente finché non avremmo trovato un vero lavoro.

RODICA     - e' proprio quello che dico: quanto? Quanto ci costerà? Che c'è sotto?

ANCA         - Oh, tu non ti fidi mai di nessuno!

RODICA     - La vita mi ha sempre dimostrato che facevo bene ad essere diffidente: non ho ancora mai conosciuto Babbo Natale.

ANCA         - Ma lei è una persona generosa. Insomma, una deputata che si batte perché le donne non siano più trattate come trattano noi, che impegna il suo nome e la sua reputazione per scrivere un rapporto parlamentare, ne hai conosciute molte di persone così?

RODICA     - No, appunto...

ANCA         - Sei incorreggibile.

RODICA     - Mi sta bene quello che intraprende ufficialmente, quanto a quello non dubito della sua sincerità. Ma poi, perché dovrebbe fare di più? La politica, d'accordo. La carità, no! Inutile! Perché fa una cosa che non è obbligata a fare? Coi suoi soldi? Un appartamento che le rende... E perché noi? Tu e io! Perché tu e io? Puttane nella miseria, ne avrà incontrate centinaia durante la sua inchiesta, allora perché queste invece di quelle... Non lo fa per i tuoi begli occhi.

ANCA         - Meglio: finora ho detestato tutto quello che hanno fatto per i miei begli occhi.

RODICA     - Anca, tutto ha un prezzo! Niente è gratis nella vita.

ANCA         - Appunto, ce lo dirà lei.

RODICA     - Sì, è proprio questo che mi spaventa.

ANCA         - Ad ogni modo, so che è onesta.

RODICA     - Ah sì, e dove sta scritto?

ANCA         - Rodica, stai esagerando! La signora Pommeray ci aiuta ad uscire dall'inferno e a rifarci una vita. Se c'è un prezzo da pagare, io lo pago volentieri, questo te l'assicuro. Anche il doppio.

RODICA     - Anch'io. Spero semplicemente di averne i mezzi.

ANCA         - Credi ci sia qualcosa di peggio di quello che già facciamo?

Rodica alza le spalle. Diane torna.

DIANE        - Allora, vi piace il posto?

ANCA         - Infinitamente, signora. Infinitamente.

Si precipita verso Diane, le prende le mani e le bacia di nuovo con riconoscenza.

DIANE        - E a lei, signora Nicolescu?

RODICA     - Vedremo...

ANCA         - Non osa dirglielo, ma lo adora.

Diane allora guarda Anca e le dice con franchezza:

DIANE        - Adesso, Anca, non le mentirò: c'è un prezzo da pagare per tutto questo.

RODICA     - Ah!

ANCA         - Naturalmente! Quali sono le sue condizioni?

DIANE        - Le mie condizioni? No. Ho solo un gran favore da chiederle. Un grandissimo favore.

ANCA         - Per uscire da dove sono, sono pronta a lavorare ventiquattro ore al giorno portandole una riconoscenza eterna.

Diane si prende il tempo di sedersi, riflette, poi comincia con tono molto pacato.

DIANE        - Ecco: si tratta di rendere felice un uomo.

Le due donne sono sorprese.

DIANE        - Vorrei che un uomo s'innamori di Anca. E che vivano insieme una storia d'amore.

ANCA         - Ma...

RODICA     - Perché?

DIANE        - Io amo quest'uomo.

RODICA     - Ci capisco ancora meno.

ANCA         - Le assicuro, signora Pommeray, che neanch'io capisco quello che...

DIANE        - Non ne dubito. Prima di tutto, giuratemi di tenere segreto quello che sto per dirvi. Non importa quello che deciderete poi, giuratemi di essere discrete.

ANCA         - Glielo giuro.

Diane si volta verso Rodica, che, ancora diffidente, non ha reagito.

DIANE        - E lei?

RODICA     - (Di malagrazia) Lo giuro.

Rassicurata, Diane può continuare.

DIANE        - Qualche settimana fa, Richard, il mio compagno, lamentava dei dolori alla schiena. Gli hanno fatto fare degli accertamenti. Ufficialmente, questa indagine non ha avuto esito; ufficiosamente, ha rivelato un cancro allo stadio avanzato. Un cancro così esteso che sarebbe perfino inutile prodigarsi in trattamenti che avrebbero il solo risultato di stancare di più il malato. Richard non ne sa niente, crede di soffrire solo di dolori passeggeri e non sospetta neanche quello che lo aspetta. Secondo il medico, non gli resta più di qualche mese di vita. Meno di un anno.

Le due donne cominciano a capire e a provare compassione per la storia che Diane gli sta raccontando.

DIANE        - Qualche giorno dopo che i medici mi hanno svelato questo segreto, Richard mi annuncia che mi lascia.

ANCA         - No!

DIANE        - Sì.

RODICA     - Che stupidaggine!

DIANE        - Che avreste fatto al posto mio? Gli avreste gridato "No, no, non lasciarmi, presto morirai e senza di me resterai solo"? Sono stata zitta.

Le due donne annuiscono. Sotto la forza dell'emozione, il corpo di Diane trema.

DIANE        - Ho perfino trovato il coraggio di promettergli che saremmo rimasti amici. (Con una specie di rabbia) L'amicizia! Come se avessi voglia di avere un'amicizia con l'uomo che ho amato più appassionatamente. (Riesce a controllarsi) E che ancora amo.

Disorientata, volta il viso verso le due donne.

RODICA     - L'ha lasciata per un'altra donna.

DIANE        - No.

RODICA     - Allora perché?

DIANE        - La stanchezza... il logorio...

ANCA         - L'ha fatto perché è malato! Può riconquistarlo.

DIANE        - (Con fermezza) No. Non dopo quello che mi ha detto.

Le due donne capiscono che l'orgoglio di Diane è stato così colpito che non devono insistere.

DIANE        - E' qui che entra in scena lei! Anca, lei ha uno di quei visi che non si dimenticano, un viso che suscita immediatamente interesse, emozione. Quando l'ho vista entrare in quel caffè, ho avuto l'intuizione - sbagliata forse - che Richard l'avrebbe amata.

Anca è commossa.

DIANE        - Ecco. Vorrei regalargli un po' di felicità. L'impressione della felicità. L'illusione della felicità.

Si avvicina ad Anca.

DIANE        - Questo è il favore che la supplico di accordarmi: anche se non prova niente per lui - ma secondo me, lo apprezzerà -, qualsiasi cosa pensi, Anca, io le chiedo di tentare l'esperimento, di incontrarlo, e, se si accorge di piacergli, di recitare la commedia dell'amore. Se funzionasse, renderà più belli i suoi ultimi istanti. Così non morirà solo, senza una donna accanto. Per favore. Accetti. La prego, Anca: accetti.

ANCA         - (Titubante) Sarebbe fondamentale che non venisse a sapere chi sono.

DIANE        - No. Mai. Dovrebbe nasconderglielo. Dovrebbe far scomparire tutti i segni del suo mestiere, e farsi passare per quello che realmente è: una giovane studentessa rumena appassionata di letteratura francese. Lui non dovrebbe avere alcun sospetto. (Dolce) In fondo, è solo per qualche mese... E si tratta di mentire per una buona causa... Non vuole provarci?

ANCA         - Certo, signora, accetto con piacere.

DIANE        - Oh grazie! Grazie!

Stringe Anca tra le braccia.

RODICA     - E io? Che faccio io, in questa faccenda?

DIANE        - Propongo che lei sia la madre di Anca.

RODICA     - (Sorpresa) Sua madre!

DIANE        - Sì. Una madre tranquilla, premurosa, preoccupata del benessere di sua figlia, che metterà un freno agli ardori di Richard se vuole andare troppo in là, troppo in fretta con Anca. Metterà un po' di rispettabilità in tutta questa storia.

RODICA     - Rispettabilità... Questa è nuova.

ANCA         - Oh, ti prego, Rodica, accetta. E' una bella storia. E c'è forse un modo più bello per riscattarci?

RODICA     - Riscattarci? Riscattarci da cosa? Io sono una vittima, non una criminale.

ANCA         - (Correggendosi) Per uscirne. Oh, per favore, Rodica...

DIANE        - Per favore.

RODICA     - Accetto.

DIANE        - Grazie.

ANCA         - Faremo di tutto perché funzioni, signora Pommeray. Di tutto, davvero, quanto a questo, può contare su di noi.

DIANE        - Allora mettiamoci d'accordo. In cambio di questo favore, il mio segretario vi porterà ogni lunedì una busta che coprirà le vostre spese correnti. Nel frattempo, io compilerò per voi i documenti ufficiali che vi permetteranno di ottenere degli aiuti e di accedere alle cure mediche. Quanto a questo, penso a tutto io. Quando saremo pronte, il più presto possibile, organizzerò l'incontro con Richard. Che il mio progetto fallisca o riesca, voi avrete lasciato la vostra precedente condizione e avrete acquisito il diritto dì essere libere. Comunque vada, ci guadagnate.

RODICA     - E' vero.

DIANE        - Ma in cambio di questo, esigo che non frequentiate più i posti in cui potreste essere riconosciute, che cambiate il vostro guardaroba, che non riceviate nessuno, neanche le vostre vicine, e che Anca si iscriva all'università per proseguire i suoi studi. D'accordo?

ANCA         - D'accordo.

RODICA     - Sta bene.

Diane, allora, estrae una lettera dalla tasca e la porge ad Anca.

DIANE        - Tenga, dato che l'avevamo previsto, ho preso delle precauzioni per la sua sorellina. Ecco la sua prima lettera per lei, imbucata dal pensionato delle ragazze, dove sarà al sicuro, fuori dalla portata della rete. Gli uomini che la minacciano non dovrebbero trovarla.

Anca stringe la busta al petto.

ANCA         - Oh, grazie! Grazie! Ci riusciremo, sa, ci riusciremo.

DIANE        - Lo spero.

Si alza ma la sua voce si spezza per l'emozione.

DIANE        - Vorrei che Richard se ne vada nella tomba senza conoscere il nostro segreto. Giuratemi che non gli direte mai chi siete, né quello che vi ho chiesto. Mai. Giuratemelo.

ANCA         - Glielo giuro.

RODICA     - Lo giuro.


5

A CASA DI LEI

Agli angoli opposti della scena, la signora Pommeray e Richard leggono i giornali.

Richard sembra nervoso, pensieroso. La signora Pommeray rompe il silenzio.

SIGNORA POMMERAY - Richard, mi venga in soccorso: mi sono bloccata su una definizione delle parole crociate!

RICHARD  - Mi dica.

SIGNORA POMMERAY - "Mette le ali", otto lettere?

RICHARD  - Uccello?

SIGNORA POMMERAY - No.

RICHARD  - Alcolico?

SIGNORA POMMERAY - Neanche.

RICHARD  - Speranza.

SIGNORA POMMERAY - Giusto! Confesso che è quel genere di parola cui non penso spontaneamente, soprattutto alla mia età.

RICHARD  - (Sincero, lasciando trasparire la sua inquietudine) Come sta Diane, in questo momento?

SIGNORA POMMERAY - Ma mio caro, questo bisogna chiederlo a lei! E' con lei che divide la vita, il letto, i suoi pensieri... Io Diane l'ho solo messa al mondo per crescerla. Io sono sua madre, ossia la persona che la conosce meno al mondo.

RICHARD  - Come può dire questo?

SIGNORA POMMERAY - Richard, non vorrà mica dirmi che i suoi genitori la conoscono? No. Che si è confidato con loro? No. Sono le persone che hanno i ricordi più vecchi che la riguardano, che senza dubbio hanno vissuto la maggior quantità di ore con lei in un'animalesca prossimità, ma non saprebbe assicurarmi che la conoscono. Sì? Lei cosa direbbe?

RICHARD  - Direi che mi amano.

SIGNORA POMMERAY - Appunto! Amare, non è conoscere.

RICHARD  - E' vero.

SIGNORA POMMERAY - Amare è preferire. Tutto il contrario della conoscenza, piuttosto l'inizio della cecità. Se ogni padre ed ogni madre preferiscono i loro figli a quelli degli altri, raramente è perché hanno studiato il mercato. (Ridendo) E poi, è interessante conoscere qualcuno?

RICHARD  - Frequentarlo basta?

SIGNORA POMMERAY - Senza una parte di mistero, di oscurità, d'inafferrabile, ci si stuferebbe, no? Ho conosciuto un chirurgo che sosteneva che se tutti gli uomini facessero il suo mestiere, non ci sarebbero più crimini passionali.

Richard scoppia a ridere.

In quel momento, Diane entra e sembra sorpresa dalla presenza di Richard.

DIANE        - Richard? Non pensavo di trovarti qui.

RICHARD  - Ma Diane, avevamo un appuntamento.

DIANE        - Impossibile, ho un altro appuntamento.

RICHARD  - Scusami?

DIANE        - Scusami, dev'esserci stato un malinteso, perché due amiche devono venire qui a prendere il tè.

RICHARD  - (Contrariato) Diane, avevamo deciso di andare al cinema insieme.

DIANE        - Dici?

RICHARD  - Sì. E ho bisogno di parlarti.

DIANE        - Parlarmi?

RICHARD  - Sì. Te l'ho anche ripetuto ieri sera al telefono. Come hai fatto a dimenticarlo?

DIANE        - Scusami, Richard, devo aver confuso le date.

SIGNORA POMMERAY - Beh, quando le tue amiche suoneranno, dovremo solo trattenere il fiato, non fare alcun rumore aspettando che si stufino e se ne vadano.

DIANE        - Mamma!

RICHARD  - Resteranno molto?

DIANE        - No, certo. E' solo una visita di cortesia.

RICHARD  - Allora resto. Chi sono?

DIANE        - In effetti, ne conosco solo una, la madre, che avevo incontrato                                    durante un viaggio ufficiale in Romania, parecchi anni fa. Avendo saputo che si era trasferita a Parigi con la figlia, per ospitalità, l'ho invitata per un tè. Rischia di essere terribilmente noioso.

RICHARD  - Lo spero. Così l'incontro durerà ancora meno.

SIGNORA POMMERAY - Ho conosciuto un rumeno da giovane. Sì, bellissimo, scuro scuro, con gli occhi chiari, strani, striati, tra il verde mandorla e il grigio ostrica. Suonava la chitarra magnificamente. Del resto, aveva delle dita stupende.

DIANE        - Mi manca.

SIGNORA POMMERAY - Si vede che non l'hai conosciuto.

DIANE        - No. E non lo conoscerò. Quindi...

SIGNORA POMMERAY - Non liberartene così in fretta: avrebbe potuto essere tuo padre...

DIANE        - Avevo capito, grazie. Ma non è mio padre, giusto?

SIGNORA POMMERAY - (Con un sospiro di rimpianto) No...

Si sente suonare.

DIANE        - Eccole.

SIGNORA POMMERAY - Io torno in camera mia mentre tu ricevi le tue amiche rumene.

                     Che ne dici?

DIANE        - Sia.

RICHARD  - Io resto con te così ce ne sbarazziamo più in fretta. D'accordo?

DIANE        - D'accordo.

Diane esce per andare ad accogliere le sue ospiti,

SIGNORA POMMERAY - Non so cos'ha mia figlia contro quel giovanotto che avrebbe potuto essere  suo padre: era assolutamente presentabile, gliel’assicuro. Un ottimo partito. Denti perfetti. Eccellente ballerino. Un vitino di vespa. scelte con gusto. Panciotti in seta ricamata. E parlava almeno sei lingue.

Mentre lei si giustifica, Richard le porge il braccio per condurla in camera sua.

SIGNORA POMMERAY - Forse bisognava rimproverargli solo una cosa: portava troppi anelli. Uno ogni dito. Ma la sera li poggiava sul comodino. Come tutti...

Sono spariti.

Diane torna con Anca e Rodica,

Le due donne sono vestite in modo rispettabile, il che invecchia Rodica dandole un'aria da tardona ma rende Anca ancora più irresistibile.

DIANE        - (A voce alta) Prego, accomodatevi, è davvero un piacere vedervi.

RODICA     - E' così gentile da parte sua, signora Pommeray.

DIANE        - Ma no, è un piacere.

RODICA     - Sì! Non frequentiamo molta gente da quando ci siamo trasferiti a Parigi.

Richard compare.

RICHARD  - Buonasera.

Le due rumene rabbrividiscono, come pudibonde imbarazzate dalla presenza di un uomo. Si alzano, confuse.

RODICA     - Ma allora la disturbiamo, era in famiglia...

ANCA         - Ce ne andiamo...

RODICA     - Non vogliamo importunarla...

Richard interrompe le sue proteste e squadra Anca.

RICHARD  - Niente affatto. Esigo delle presentazioni come si deve.

DIANE        - Richard, ti presento Rodica Nicolescu e sua figlia...  (Voltandosi verso Anca) Scusi, qual è il suo nome?

ANCA         - Anca

Richard, molto galante, offre alle due donne un baciamano impeccabile.

DIANE        - Richard Darcy è un amico intimo.

RICHARD  - Amico intimo? E' la prima volta che mi onori di questo titolo.

DIANE        - Amico intimo, non è proprio quello che si dice quando non c'è                                    intimità tra due persone?

Richard rimane un po' sorpreso da questa osservazione.

DIANE        - (Alle due donne) Tutto questo per dirvi che non mi disturbate affatto, che non mi avete sorpreso "in famiglia" dato che Richard non è né marito né il mio fidanzato.

Richard abbassa gli occhi, un po' a disagio per questo preambolo.

RICHARD  - (Ad Anca) E' di passaggio a Parigi?

ANCA         - No. Ci siamo appena trasferite. Io studio letteratura alla Sorbona.

RICHARD  - Su cosa sta lavorando?

ANCA         - Musset.

RICHARD  - Musset? E' buffo...

ANCA         - Perché?

RICHARD  - Un autore vecchiotto, Musset.

ANCA         - Un autore è vecchio solo quando non parla più alla gioventù.

RICHARD  - Ah sì? Che può avere in comune coi giovani d'oggi, che sono                                   così tristi, così disincantati, che non credono più in niente?

ANCA         - Ci stimola, ci incoraggia. Perché lui era come noi.

RICHARD  - Davvero? Dicendovi cosa, per esempio?

Lei arrossisce.

ANCA         - No, non voglio importunarla.

RICHARD  - Ma non m'importuna affatto.

ANCA         - E non vorrei esprimere meno bene di lui quello che scrive.

Rodica la incoraggia.

RODICA     - Ma sì, Anca, parlaci di Musset.

ANCA         - Mamma, è ridicolo.

DIANE        - Per niente, saremmo felici di sentirla, Anca, perché, sa, senza di lei Musset non è nient'altro che il nome di una piazza o di un viale.

RICHARD  - Sì, per favore.

ANCA         - "Tutti gli uomini sono mentitori, incostanti, falsi, pettegoli, ipocriti, orgogliosi e vigliacchi, spregevoli e sensuali; tutte le donne sono perfide, artificiose, vanitose, curiose, depravate; il mondo non è altro che un fogna senza fondo in cui le foche più informi strisciano e si contorcono su montagne di melma; ma c'è al mondo una cosa santa e sublime, l'unione tra due di questi esseri così imperfetti e spaventosi. Si è spesso traditi in amore, spesso feriti e spesso infelici: ma si ama, e quando si è sull'orlo della tomba, ci si volta per guardare indietro, e ci si dice: - ho sofferto spesso, a volte ho sbagliato, ma ho amato. Sono io che ho vissuto, e non un essere fittizio creato dal mio orgoglio e dalla mia noia. Ho amato."

Richard mangia Anca con gli occhi, in modo così imbarazzante che lei finisce per abbassare gli occhi.

Constatando questo, Diane e Rodica si scambiano una strizzata d'occhi complice.

Richard si alza e sente subito un forte dolore ai reni. Le tre donne lo notano, capiscono che soffre ma non osano intervenire.

Lui si appoggia al muro e riprende le forze come se niente fosse.

RICHARD  - E lei, Anca, questo testo la incoraggia?...

ANCA         - Sì.

RICHARD  - A fare cosa?

ANCA         - Ad amare...

RICHARD  - (Molto assorto) Ad amare...

6

MANSARDA

Nel suo nuovo appartamento, Rodica ha in mano due pacchetti e li tende a Richard che è in piedi davanti a lei, in soprabito, coi guanti in mano.

RODICA     - Non possiamo accettare.

RICHARD  - Insomma, signora Nicolescu!

RODICA     - Non possiamo.

RICHARD  - Non li avete neanche aperti.

RODICA     - Mi pento di aver accettato i primi. Ma siccome di trattava di libri e Anca ama tanto la letteratura, non ho avuto il coraggio. Ma da quando è passato a regali più costosi, non ci tengo neanche a sapere cosa compra.

RICHARD  - Così mi mortifica.

RODICA     - Anche lei.

RICHARD  - Io?

RODICA     - Sta mettendo il naso nella nostra miseria.

RICHARD  - Signora Nicolescu, io non vi faccio dei regali per farvi sentire che io sono ricco e voi siete povere ma per portare un po' di gioia nella vostra vita.

RODICA     - I regali sono una moneta come le altre. Non posso fare a meno di pensare che sta cercando di ottenere qualcosa attraverso di loro.

RICHARD  - E cosa?

RODICA     - Piacere a mia figlia.

Pausa.

RICHARD  - E' vero. Vorrei piacerle.

RODICA     - Perché?

RICHARD  - Perché mi ha commosso.

RODICA     - Si riprenda i regali.

RICHARD  - Posso vedere Anca?

RODICA     - No.

RICHARD  - Signora Nicolescu, lei esagera! Anca è maggiorenne... Il suo comportamento sembra vecchio di un secolo.

RODICA     - Ah sì? Se nel nostro secolo, le madri vendono le proprie figlie al miglior offerente, allora io non sono di questo secolo. Io preservo con lei, per lei,                                    quello che Anca ha di più prezioso: la sua virtù.

RICHARD  - E' una parola vecchia, virtù.

RODICA     - Non per una ragazza. (Con severità) Sono d'accordo con lei, signor Darcy, la nostra povertà ci rende di un altro secolo perché tiene in gran conto un dettaglio che oggi non ha più importanza: la verginità di una ragazza. Se vuole divertirsi e trovare delle ragazze facili, non scenda, resti nella sua classe.

RICHARD  - Mi impedisce di vedere Anca?

RODICA     - Sì.

RICHARD  - Anca è d'accordo con lei?

RODICA     - Non le ho chiesto il suo parere.

RICHARD  - Lei non vuole vedermi?

RODICA     - No. Dirlo sarebbe mentire. Al contrario, anzi, lei adorerebbe rivederla. Sono io che mi oppongo.

RICHARD  - Andiamo, signora Nicolescu...

RODICA     - Si guardi, signor Darcy: lei è bello, è ricco, è affascinante.

RICHARD  - (Con un sorriso) Quindi infrequentabile?

RODICA     - Quindi irresistibile. E io voglio che mia figlia le resista.

RICHARD  - Tornerò. Insisterò.

RODICA     - Come vuole.

Richard si volta prima di andarsene.

RICHARD  - Una sigaretta.

RODICA     - (Senza riflettere) Con piacere... (Riprendendosi) No grazie, non                            fumo.

RICHARD  - No?

RODICA     - Non più.

RICHARD  - Ah sì?

RODICA     - Ho smesso.

RICHARD  - Le capita di cambiare idea... Quindi posso mantenere la speranza?

Rodica borbotta qualcosa di indistinto.

RICHARD  - Arrivederci, signora Nicolescu.

Se ne va.

Quando è certa che se ne sia andato, Anca compare e si avvicina, con gli occhi che le brillano, a Rodica.

ANCA         - Era deluso?

RODICA     - Molto.

ANCA         - Meglio così. (Pausa) Non sei stata troppo dura. Non l'hai neanche scoraggiato del tutto. Tornerà, almeno?

RODICA     - Credo di sì.

ANCA         - Meglio.

Rodica osserva con severità il viso di Anca.

RODICA     - Anca, non ti innamorare.

ANCA         - (Con fierezza) E quello che mi è stato chiesto, no?


7

A CASA DI LEI

Richard e Diane, ognuno nel proprio mondo, leggono fianco a fianco. Improvvisamente, Richard sospira.

Imitandolo, Diane sospira a sua volta ma, come un sottotitolo, pronuncia le parole che chiariscono questo sospiro.

DIANE        - Ah, Anca...

RICHARD  - Non prendermi in giro.

DIANE        - Si, fammi scherzare un po’: sei cosi buffo.

RICHARD  - (Con spontaneità) Anca... Quant'e bella! Che angelo... Non ho mai sentito una cosa simile in vita mia.

Diane lo guarda con durezza, mal sopportando questa frase che, evidentemente, la fa soffrire. Tuttavia, riesce a controllare l'emozione.

DIANE        - Io lo trovo assolutamente folle.

Lui si alza e si massaggia la schiena.

DIANE        - II solito mal di schiena?

RICHARD  - Sì. No. Insomma, dipende dai giorni.

Diane sorride in maniera comprensiva. Richard cambia argomento scherzando.

RICHARD  - Siamo ingiusti con questo povero corpo: lo notiamo solo negli istanti in cui si inceppa, e quando sente dolore, ce la prendiamo con lui.

Diane annuisce, pensierosa.

Richard gira su se stesso e torna ai pensieri che lo assillano.

RICHARD  - Quell'arpia di sua madre ormai rifiuta tutti i miei regali e mi chiude la porta in faccia.

DIANE        - Normale. E' orgogliosa.

RICHARD  - Orgoglio mal riposto.

DIANE        - (Ambigua) E qual e il posto giusto dell'orgoglio? Ci sono dei posti adatti? (Pausa) Quindi non vedi più Anca?

RICHARD  - Sì.

DIANE        - Ah sì?

RICHARD  - Di nascosto. Mi raggiunge al parco. Camminiamo insieme.

DIANE        - (Un po' canzonatoria) Che carino...

RICHARD  - Sento che lei mi ama. O che sarebbe pronta ad amarmi. E' solo che...

DIANE        - E’ solo che non si va oltre alla passeggiata.

RICHARD  - E lo scambio di poesie. (Con tono annoiato) Musset, Verlaine, Baudelaire... Non ne posso più! (Battendo il piede) Che devo fare?

DIANE        - Se ho capito bene, mi chiedi dei consigli?

RICHARD  - Insomma, Diane, sei amica mia, sì o no?

DIANE        - Sì. Il mio consiglio? Lascia perdere.

RICHARD  - Perché? Non vuoi che io sia felice?

DIANE        - Io sono anche amica di Anca e di Rodica. E' per loro che rifiuto.

RICHARD  - Come, scusa?

DIANE        - (Forzando la mano) Non voglio che Anca si imbarchi in una storia con te. O paura per lei, perché ti conosco troppo bene. L'amore ti corrompe, Richard, potresti fare grandi cose in nome dell'amore e invece ne fai solo di avvilenti.

Richard si mette di fronte a Diane e la contempla perplesso.

RICHARD  - Astinenza, è questo il tuo consiglio?

DIANE        - Astinenza, questo è il mio consiglio!

RICHARD  - Attenzione, Diane, ti stai incamminando verso il convento: ami troppo la virtù in questo periodo. Non dimenticare che sei ancora giovane, ancora bella, e che disponi ancora di parecchi anni per fare migliaia di sciocchezze. Mi preoccupi. Questo sarebbe 1'effetto della nostra rottura?

DIANE        - Chissà?

RICHARD  - Oppure, è una gara tra noi due? Dopo la nostra separazione, chi è meglio dell’altro?

DIANE        - Ho paura di avere la risposta.

Lui scoppia a ridere.

RICHARD  - Sei tu, naturalmente?

Lei risponde con estrema serietà:

DIANE        - No, tu.

RICHARD  - Io?

DIANE        - Sì. Tu. Le tue voglie hanno qualcosa di semplice, d'infantile, di egoista; in una parola, sono molto sane. Non c'e niente di perverso ne di tortuoso in te. Tu ricerchi solo quello che ti da piacere.

RICHARD  - Mentre tu, invece...

DIANE        - Io? Nessuno sa di cosa sono capace.

Lui la guarda, leggermente impressionato. Poi scuote la testa ridendo.

RICHARD  - Che attrice! Ci ho quasi creduto...

Lei ride a sua volta.

DIANE        - Ma va'?

RICHARD  - Siamo seri adesso, e torniamo ad Anca. Che devo fare?

DIANE        - Dimenticala. Dimenticatele tutte e due. Non puoi avere accesso a donne come quelle. La povertà e l'infelicità le hanno poste su un picco di virtù dove tu non puoi più raggiungerle. Non ti riceveranno, non riuscirai ad avvicinarti, non potrai sedurle, non ne verrai mai a capo.

RICHARD  - Sì.

DIANE        - Non pensarci neanche, Richard.

RICHARD  - Sì! Ci riuscirò. Penso di piacerle. L'avrò!

DIANE        - Neanche per sogno!

RICHARD  - Tu non mi conosci.

DIANE        - Sì che ti conosco...

Diane scoppia a ridere, poi si riprende.

DIANE        - Ci sbatterai il muso.

RICHARD  - Perché?

DIANE        - Quel genere di ragazza si sposa. Punto e basta.

RICHARD  - Mi sembri molto sicura di te.

DIANE        - Anche tu.

RICHARD  - Sposarsi! Sposarsi! Non la sposerò, comunque!


8

MANSARDA

Rodica e Anca sono in piedi, come due scolare, di fronte a Diane che legge dei documenti.

RODICA     - Stavolta, non si può più rifiutare.

Senza rispondere, Diane continua ad esaminare le carte.

ANCA         - Non c'e più nessuna ragione per trattenersi ancora.

Arrivata all'ultimo paragrafo, Diane gli restituisce i fogli.

DIANE        - E' no!

ANCA         - Cosa!

RODICA     - Insomma, signora Pommeray, ci offre una casa a testa. Una al sud per me. Una per Anca a Parigi. Due case! Insomma, ha in mano gli atti notarili, e tutto chiarissimo, non ci sono sotterfugi.

DIANE        - E' no! Rifiutate.

RODICA     - Non si può.

ANCA         - No, non si può.

RODICA     - (Protestando) Non ci hanno mai proposto così tanto per così poco. Io non posso rifiutare.

ANCA         - E io non ne ho voglia.

DIANE        - E' no!

RODICA     - Per noi e abbastanza.

DIANE        - Non per me.

ANCA         - Ma cosi lo ucciderà. Lui ha bisogno di vedermi. Ha bisogno di amarmi. Non ha più molto tempo davanti a se. Non capisco cosa cerca. Cosa ci ha supplicato di fare? Di dargli qualche mese di felicità prima che il cancro se lo porti via. Questi mesi, voglio regalarglieli al più presto.

DIANE        - E' troppo presto.

ANCA         - Ma andiamo! E' malato.

DIANE        - Voglio che si impegni ancora di più.

ANCA         - Non c'e tempo da perdere.

DIANE        - Calmatevi. Ce n'e molto di tempo da perdere se andate troppo in fretta. Oggi vi offre una casa ciascuna se gli dite di sì. Immaginate cosa vi proporrà domani se rifiutate ancora.

RODICA     - Niente.

DIANE        - Sì. Il matrimonio.

Le due donne rimangono interdette.

DIANE        - Richard possiede un'immensa fortuna e non ha eredi diretti. Se Anca lo sposasse, sarebbe presto proprietaria di parecchi milioni.

ANCA         - (Sincera) Ma io non voglio!

DIANE        - Non sia sciocca! Preferisce che siano dei nipoti acquisiti o addirittura lo Stato a prendersi quei soldi. Anzi, se passerà le ultime settimane della sua vita a recitare la parte di sua amante ed infermiera, tanto vale essere remunerata per questo, no?

RODICA     - Ha ragione lei, Anca. Il compito sarà lo stesso ma il beneficio più importante. Ma signora Pommeray, lei ci crede davvero? Voglio dire: non e troppo rischioso?

DIANE        - Sposarlo?

RODICA     - Aspettare ancora... Rifiutare...

DIANE        - E' l’unica maniera di riuscirci.

Anca si torce le mani.

ANCA         - Lei e troppo ambiziosa per noi, signora Pommeray, io mi accontenterò di molto meno. I regali che mi porta Richard mi bastano e avanzano e adesso ho fretta di restituirgli un po' d'amore e un po' d'attenzione. Lasciamo perdere quest'idea del matrimonio.

DIANE        - Lei deve obbedirmi.

ANCA         - No.

DIANE        - Anca, lei è qui solo per la mia buona volontà e ha giurato di obbedirmi. Se non lo fa, gli dirò tutto.

ANCA         - No!

DIANE        - Gli dirò tutto.

ANCA         - E' odioso.

DIANE        - Gli rispedisca queste carte. Scriva la risposta che le detterò e la spedisca davanti ai miei occhi.

Le due donne abbassano la testa: cederanno.


9

DUE TELEFONI NELLA NOTTE

Due riflettori isolano due telefoni nel buio: quello di Diane e quello di Richard. Richard, in soprabito, con una valigia in mano, ha un'aria tetra e una respirazione faticosa.

Al contrario, nel suo angolo, Diane sembra perfettamente a suo agio.

RICHARD  - Me ne vado. Lascio la Francia.

DIANE        - Dove vai?

RICHARD  - Ho comprato un biglietto per la fine del mondo.

DIANE        - Posso chiederti perché?

RICHARD  - Preferisco non rispondere.

DIANE        - Ah... e a causa sua... di Anca?

RICHARD  - Si. Ma non mi va di parlarne.

DIANE        - E dove sarebbe, la fine del mondo?

RICHARD  - II deserto dell'hoggar. Nel Niger.

DIANE        - Non credi che sia un po' troppo lontano per un semplice raffreddamento sentimentale?

RICHARD  - Io ti informo, non commento.

DIANE        - Bene.

RICHARD  - Arrivederci, Diane.

DIANE        - Arrivederci, Richard. Abbi cura di te. Abbi molta cura di te. E chiamami quando torni: verro a prenderti all'aeroporto.

RICHARD  - Non è il caso.

DIANE        - Sì, invece. Ci tengo. Promesso?

RICHARD  - Promesso.


10

A CASA DI LEI

Sta facendo buio nell'appartamento di Diane. Luce smorzata.

Rispondendo al suono del campanello, Diane fa entrare Rodica ma non sembra molto felice di vederla e la accoglie indietreggiando, un po' brusca.

DIANE        - Detesto questo genere d'iniziativa. Sa che preferisco che non venga qui. Gliel’ho gia detto.

RODICA     - Anca mi ha costretto a venire, minaccia di buttarsi dalla finestra se non avrà notizie di Richard.

DIANE        - Beh, non doveva cedere ai ricatti di Anca.

RODICA     - Vorrei vedere lei... Sono tre settimane che non fa altro che piangere, da quando lei ci ha costretto a...

DIANE        - E allora? Un giorno, mi ringrazierete.

RODICA     - Per quanto mi riguarda, io già la ringrazio, dal momento che preferisco soffiare il naso ad Anca ogni giorno ed ogni notte piuttosto che fare quello che facevo prima. (Cambiando tono) Dov'e Richard?

DIANE        - Gliel'ho gia detto. In Africa.

RODICA     - Ma quando torna?

DIANE        - Stasera.

RODICA     - Lei come lo sa?

DIANE        - Mi ha appena chiamato dall’aeroporto. Passerà qui. Non ho il tempo di riceverla.

RODICA     - Qui, in un appartamento del genere, così grande, deve pur esserci un'uscita di servizio, no?

DIANE        - Sì, perché?

RODICA     - Se suona, scomparirò. Perciò, ha il tempo di ricevermi.

Senza aspettare risposta, Rodica si siede su una poltrona e accavalla le gambe, decisa a restare.

RODICA     - Adesso basta con le moine.

DIANE        - Cosa vuole?

RODICA     - Voglio sapere che sta succedendo. (Fissa Diane con durezza) Chi è lei?

DIANE        - Io non sono nient'altro che quello che faccio.

RODICA     - Ecco, appunto, cosa fa?

DIANE        - Salvo le donne dalla prostituzione e rendo più bella la vita di un uomo che sta per morire.

RODICA     - Non riesco a crederle.

DIANE        - Troppo idealista per lei?

RODICA     - Io credo solo al vizio, al calcolo, all'interesse, ai piccoli piaceri, al male che fa del bene. In tutta la mia vita, non ho mai visto nient'altro. Conosco solo la bruttezza.

DIANE        - E la bellezza di Anca?

RODICA     - Anche quella è bruttezza. Per Anca, quella bellezza è stata la sua disgrazia, la sua maledizione.

DIANE        - La compatisco, Rodica.

RODICA     - Non sopporto di essere compatita.

DIANE        - La compatisco anche per questo.

Rodica, furiosa, le si avvicina e la afferra per il braccio.

RODICA     - La smetta di mentire: perché lo fa? Salvarci dalla prostituzione! Presentarci Richard! Scaldarlo, raffreddarlo! Aspettare! Perché?

DIANE        - Rodica, lei e talmente abituata a subire che non crede alle buone intenzioni delle persone.

RODICA     - Non alle sue, no. (Pausa) Le dirò cos'e lei: lei e cattiva.

Diane le scoppia a ridere in faccia. Rodica continua con serenità.

RODICA     - Lei non vuole aiutarci ma servirsi di noi. Non vuole rendere felice Richard ma fargli del male. Vuole che soffra. Enormemente. A lungo. Ancora più di lei.

DIANE        - (Spavaldamente) E perché?

RODICA     - Perché ha smesso di amarla.

DIANE        - Semplicistico, no?

RODICA     - Quando una donna si regge in piedi solo perché sostenuta dall'amore, e quest’amore le viene improvvisamente tolto, se non vuole cadere, deve rimpiazzare quel sentimento con un altro sentimento altrettanto forte: l’odio. Lei si sta vendicando.

Diane alza le spalle, ma come toccata o interessata, non la smentisce.

RODICA     - E fa bene. E' bello, l’odio, perché e caldo, e solido, e sicuro. A differenza dell'amore, non si dubita nell'odio. Mai. Io non conosco nulla di più confortante, di più fedele dell'odio. L'unico sentimento che non tradisce.

Diane volta la testa.

RODICA     - Sì, sì. Ci si guadagna nel cambio, nel passare dall'amore all’odio. Come la capisco. Sa cosa? Se ho ragione io, mi diventa molto più simpatica.

DIANE        - Ah sì?

RODICA     - Una donna che desidera vendicarsi di un uomo... qualunque femmina lo capisce. Io l'aiuterò. Attraverso di lei, mi vendicherò di quelli che non ho avuto il tempo di punire.

Diane sorride debolmente, come se lottasse contro la nausea. Rodica le scuote il braccio.

RODICA     - Adesso, mi dica il resto della verità. Non sta per morire?

DIANE        - Sì.

RODICA     - No! Io ho l'occhio per vedere le malattie. Attorno ad ogni persona, vedo una luce, come un'aureola: se l'aura e piena, quella persona gode di buona salute; se l'aura e lacerata, morirà.

DIANE        - Molto interessante. Dovrebbe aprire uno studio. Ci sono abbastanza gonzi da farla diventare ricca.

RODICA     - Richard non è malato! Non sta per morire!

Diane si allontana di qualche passo e osserva Rodica con interesse.

DIANE        - Mi dica, Rodica: non si sarà mica innamorata?

RODICA     - Prego?

DIANE        - Innamorata di Richard? Sembra aggrapparsi così tanto al fatto che non morirà. Si direbbe che la ferisca personalmente evocare la sua fine...

Rodica si scaglia su Diane come una furia. Diane le tiene testa con un sorriso enigmatico. In quel momento, si sente il campanello.

DIANE        - E' lui. Sparisca.

Rodica esita, poi obbedisce. Diane le indica l'uscita di servizio.

DIANE        - Da quella parte.

RODICA     - Non dirà niente?

DIANE        - E non faccia rumore. Svelta.

Rodica scompare.

Diane si rimette in sesto, poi va ad aprire a Richard.

Lui entra, cupo, il viso scavato, gli occhi fissi.

DIANE        - Non hai una buona cera.

Lui si butta su una poltrona.

RICHARD  - Che demonio, quella donna!

DIANE        - Anca.

RICHARD  - No, sua madre. E' lei che manovra e intrallazza nell'ombra! Vuole che strisci davanti a sua figlia.

DIANE        - Beh, temo fortemente che otterrai quella ragazza solo a delle condizioni che, fino ad ora, non sono state di tuo gusto.

RICHARD  - Non posso strapparmi questa passione dal cuore; e non posso strapparmi il cuore.

DIANE        - Che farai?

RICHARD  - Mi prendono delle voglie di buttarmi sotto un treno, poi di correre finché ho la terra sotto i piedi. Un momento dopo, la forza mi abbandona. Resto come annientato, la testa mi si ingarbuglia, divento stupido e non so come andare avanti. (Pausa) Meglio sposarsi che soffrire. Mi sposo.

DIANE        - Attenzione, la faccenda e seria e richiede riflessione.

RICHARD  - C'e un'unica riflessione che valga la pena fare: non posso essere più infelice di così.

DIANE        - Potresti sbagliarti.

RICHARD  - No. Sono venuto a chiederti questo. Incontra la figlia, incontra la madre. Sonda i loro cuori e parlagli delle mie intenzioni.

DIANE        - Cosa? Devo fare questo al posto tuo?

RICHARD  - Non mi riceveranno.

DIANE        - Perché dovrei farlo? No, sbrigatela da solo, non mi piace il ruolo che mi dài.

RICHARD  - Diane, se tu mi abbandoni, sono perduto. Se non lo fai per me, fallo per loro. Risparmiagli tutte le follie di cui sono capace. Altrimenti, andrò laggiù, forzerò la loro porta, entrerò contro la loro volontà e nello stato di violenza in cui sono, cosa potrei... (Con emozione) Ti supplico, Diane, in nome della nostra amicizia.

DIANE        - D'accordo.

Si precipita su di lei e le bacia le mani con impeto.

DIANE        - (Imbarazzata) Beh, non sono buona, io? Trovami un'altra donna che farebbe altrettanto!

RICHARD  - Grazie. Sei la mia unica vera amica. Quando lo farai?

DIANE        - Domani stesso.

RICHARD  - Domani?

DIANE        - Domattina.

RICHARD  - Grazie, Diane, grazie. Mi salvi la vita. Vado a dormire un po’. O almeno ci provo, stavolta.

La abbraccia ed esce. Diane resta pensierosa.

Dopo qualche secondo, la signora Pommeray entra maneggiando le pile della sua protesi auricolare.

SIGNORA POMMERAY - Ah, sei sola? Mi era sembrato di sentire delle voci.

Delusa, dà una piccola botta al suo apparecchio.

SIGNORA POMMERAY - Il mio medico sostiene che sto diventando sorda, e invece è tutto il contrario: sento voci che nessun altro sente.

Diane non reagisce.

SIGNORA POMMERAY - In fondo, Tiresia, il grande indovino, era come me nell'antichità: un veggente cieco. Credi che dovrei mettere una targa sul pianerottolo: Madame Tiresia, ascoltatrice del silenzio, cantatrice di voci estinte, sondatrice di anime disperse"? Potrei arrotondare le mie entrate...

Si rende conto che sua figlia, immersa nei suoi pensieri, non reagisce.

SIGNORA POMMERAY - Tu non sei sorda, pero non ascolti. (Agitando le mani) Cucù, sono io, la fata Campanellino!

Non ottenendo reazioni, batte le mani. Diane sembra allora svegliarsi, ma conserva un'espressione grave.

SIGNORA POMMERAY - Hai una faccia strana. Hai l'aria triste.

DIANE        - Sì. Ho appena perso tutto il rispetto che mi restava per l'amore.


11

MANSARDA

Rodica e Anca vanno nervosamente avanti e indietro per l'appartamento. Non potendone più dall'impazienza, le due donne piombano addosso a Diane che arriva a casa loro.

ANCA         - E' tornato?

DIANE        - Sì.

ANCA         - In buona salute?

DIANE        - No, non ha una bella cera.

ANCA         - Ah, Dio mio...

DIANE        - Anzi, l'ho trovato molto stanco. Molto... Il male progredisce...

Insiste in direzione di Rodica che abbassa la testa, a disagio.

ANCA         - Mi ha dimenticata?

DIANE        - Ci ha provato. (Pausa) Non ci è riuscito.

Si avvicina ad un impianto stereo e inserisce un disco.

DIANE        - Mi ha affidato una missione presso di lei.

Accende la musica: si sente una marcia nuziale.

Si volta con un gran sorriso e le braccia aperte verso Anca.

DIANE        - Vuole sposarla, Anca.

Anca lancia un grido di gioia poi viene a gettarsi tra le braccia di Diane che abbraccia con riconoscenza.

Dopo una pausa di esitazione, Rodica si avvicina e mormora, piena di vergogna, a Diane.

RODICA     - Mi scusi. Mi sono sbagliata. Su tutta la linea. Come al solito. E' la storia della mia vita, questa: gli errori.

                     Diane le sorride e prende anche lei tra le sue braccia. Poi Anca si mette a ballare per l’appartamento, facendo ridere le altre due donne.


12

A CASA DI LEI

La musica della marcia nuziale continua.

La signora Pommeray si avvicina curiosa agli altoparlanti, crede di fraintendere, maneggia la sua protesi acustica, poi si rende conto di aver sentito bene quello che sente.

Diane allora la raggiunge.

SIGNORA POMMERAY -    Non mi sbaglio: ascolti la marcia nuziale?

DIANE        - Sì. E' la musica più comica che io conosca.

SIGNORA POMMERAY - Non è che ti confondi con la musica militare?

DIANE        - No.

SIGNORA POMMERAY - Tu sai che questi accordi, figlia mia, sono quelli che suona l'organo quando il signore vestito da pinguino e la signora mascherata da meringa si incontrano davanti all'altare dove il parroco li unirà in matrimonio?

DIANE        - Sì.

SIGNORA POMMERAY - Ah! E lo trovi divertente?

DIANE        - Sì, e ironico quel piccolo ritornello allegro prima di ogni catastrofe...

La signora Pommeray alza le spalle.

SIGNORA POMMERAY - Ne deduco che hai di nuovo rifiutato la proposta di matrimonio di Richard, giusto?

DIANE        - Deduci bene.

SIGNORA POMMERAY - Povera figlia mia... Insomma... Ci sarebbe troppo da dire... preferisco tacere...

DIANE        - Va' a dormire, mamma.

SIGNORA POMMERAY - Hai chiesto a Richard di smettere di darti appuntamento a casa sua? Io non lo vedo più in questi ultimi tempi, ma proprio più. Siete troppo egoisti voi due. Mi manca.

DIANE        - Sì, gli ho comunicato il tuo reclamo. Ti chiede di scusarlo.

SIGNORA POMMERAY - (Sbalordita) Mi chiede di scusarlo? (Sospira) Mi chiede di scusarlo... Ah, non invecchiare, figlia mia, e soprattutto non fare come me: non invecchiare.

Esce.

Diane mette la musica nuziale ancora più forte.

Fa per sedersi quando il telefono suona.

DIANE        - Pronto? Ah, Richard. Sì. Va tutto bene? Meraviglioso. No, non insistere. Lo so, Richard, lo so che tu ed Anca desiderereste che oggi io fossi lì ma, gliel'ho spiegato: non mi sento in grado di affrontare lo sguardo di certe persone. Sì. Quelle che credono che avrei voluto essere al suo posto. Sì... Non ridere. Alcuni lo pensano. Certo, tu sai che non e cosi perché ho sempre rifiutato le tue proposte... ma alcuni immaginano che fossi tu a rifiutare... non ho voglia che quel genere di sguardo, non importa se di pietà o d'ironia, si poggi su di me. Tutto qui. Tanti auguri a voi due. Vi auguro tutta la felicita del mondo. Si. Bacia Anca da parte mia. Si, da parte mia, cioè sulle guance. D'accordo? A presto.

Dopo aver riattaccato, mette la musica più forte e si versa un bicchiere di champagne.

                     Improvvisamente, è colta da un folle attacco di ilarità.


13

A CASA DI LUI

Le dieci del mattino.

Richard, ravviandosi i capelli, in vestaglia, fa entrare Diane nel suo salotto. Non si aspettava minimamente questa visita che lo coglie alla sprovvista.

RICHARD  - Ma... ma... Diane... sono... sono un po' sorpreso...

DIANE        - Ti disturbo?

RICHARD  - (Ridendo) E' la mattina della mia notte di nozze!

DIANE        - Certo.

RICHARD  - Che succede?

DIANE        - Ma proprio questo. Sono venuta a chiederti com'e andata la tua notte di nozze.

RICHARD  - Ma... ma... (Ridendo) Sei venuta per questo?

DIANE        - Sì.

RICHARD  - Solo per questo?

DIANE        - Sì.

RICHARD  - (Sbalordito) Sei incredibile... (Rispondendo alla domanda) Ma bene, benissimo. Magnificamente, anzi.

DIANE        - Com'e stata Anca?

RICHARD  - Diane!...

DIANE        - Molto timida? Molto innamorata? Molto sensuale? Molto riservata?

RICHARD  - (Scoppiando a ridere per mascherare l’imbarazzo) Un po' di tutte queste cose. (Riprendendosi) Scusami, la tua curiosità mi sorprende un po'.

DIANE        - (Brutale) Ha sanguinato?

RICHARD  - (Sconvolto) Come?

DIANE        - Mi hai sentito benissimo, Richard, ti ho chiesto se ha sanguinato.

RICHARD  - Ma... (Imbarazzato) .. .sì, naturalmente.

Beve un bicchiere d'acqua per riprendersi da questo strano interrogatorio.

DIANE        - Alla fine, meglio così.

RICHARD  - Diane, tu stai impazzendo.

DIANE        - No, verifico che Anca, in ogni circostanza, si comporti in maniera professionale.

RICHARD  - Che stai dicendo?

DIANE        - Posso constatare che si dimostra astuta in ogni circostanza. In fin dei conti, meglio così.

RICHARD  - Diane, non sei più divertente.

DIANE        - Non ne dubito. Sono qui per questo, appunto.

RICHARD  - Di che stai parlando?

DIANE        - Parlo del vecchio mestiere di tua moglie.

Estrae dalla borsa un raccoglitore e glielo porge.

DIANE        - Vorrei che leggessi questo.

RICHARD  - Che cos'e?

DIANE        - Un dossier. Compilato da qualcuno del mio gabinetto. Che dimostra chiaramente che prima di conoscerti, Anca si prostituiva.

RICHARD  - Prego?

DIANE        - Leggi.

RICHARD  - No. Non posso crederti.

DIANE        - Le prove sono tutte li riunite. Ci sono le foto. Era stata arrestata diverse volte per adescamento. Anche diverse multe. Una professionista.

RICHARD  - No, no!

Apre il fascicolo, tremante, sconvolto.

RICHARD  - lo... io non riesco a crederci.

DIANE        - (Correggendosi) Non vorresti crederci. Però quelli sono documenti ufficiali. Me li hanno consegnati stamattina. Troppo tardi.

Lui guarda i fogli poi, improvvisamente, si lascia cadere in ginocchio, poi sul pavimento, gemendo.

RICHARD  - Che cos'ho fatto? Dio mio, che cos'ho fatto?

Diane lo guarda con soddisfazione.

RICHARD  - Come ho fatto a non accorgermene? Ad andare cosi lontano? A crederci...

DIANE        - La cecità.

RICHARD  - E' il più grande errore di tutta la mia vita.

DIANE        - (Duramente) Io non credo.

Lui la guarda, smarrito, senza capire.

DIANE        - Il più grande errore è stato abbandonare me.

RICHARD  - Hai ragione... senza quello, non sarebbe successo niente.

DIANE        - Esatto: non sarebbe successo niente. (Si alza e lo squadra con disprezzo) Se tu non mi avessi abbandonata, io non sarei stata costretta ad andare a cercare questa passeggiatrice sui marciapiedi, a metterla in un appartamento e a farti credere a tutta quella storia della studentessa povera, controllata dalla sua povera madre rovinata. Una patetica farsa!

Estrae un secondo dossier dalla borsa.

DIANE        - Tieni, il dossier di Rodica. Fa la puttana anche lei. Ed è la madre di Anca come io sono quella del Papa.

Richard, balbettando, non capisce più niente... Incapace di controllarsi, Diane da libera sfogo alla collera che le ribolliva dentro da mesi.

DIANE        - Un giorno mi hai annunciato che non mi amavi più. Figurati, io lo sospettavo, o piuttosto lo temevo. Tuttavia, per salvare la faccia, ho fatto finta di
essere fredda quanto te. Sollevato, mi hai subito promesso la tua amicizia. La tua
amicizia! Io non volevo la tua amicizia! Era il tuo amore, o niente. Quindi ho deciso di vendicarmi. (Con rabbia) Sono stata io. Sono stata io ad organizzare tutta questa messinscena, in cui, devo dire, tu sei cascato con tutte le scarpe. Avrei potuto nascondertelo ma la mia voluttà, il mio diletto, è dirtelo.

RICHARD  - Ma perché... perché...

DIANE        - E' molto semplice, perché ti odio.

I due tacciono.

DIANE        - (Con lentezza) Non mi piace il mio odio. Mi odio ad odiarti ma non posso fame a meno. Perciò, ho preso provvedimenti...

Lui abbassa la testa, vinto, sbalordito, e rimane prostrato al suolo.

RICHARD  - (Con voce candida) Diane, tu sei... cattiva?

DIANE        - Chi mi ha reso cattiva?

Si dirige verso l'uscita, poi si ferma sulla soglia.

DIANE        - Benvenuto nel regno degl'ingannati, Richard. Ti stavo aspettando, tutta sola nell’ombra, da mesi. Sono felice di darti il benvenuto. Spero che soffrirai quanto me, se non di più.

Scompare.

Richard resta come inebetito.

Qualche secondo più tardi, Anca arriva, in vestaglia, lieve, tosa, innamorata.

ANCA         - Richard... sei già in piedi...

Lui non risponde. Lei si avvicina.

ANCA         - Amore, con chi stavi parlando?

Vuole rannicchiarsi contro di lui, ma quando arriva a distanza sufficiente, lui si alza, si volta e la schiaffeggia. Lei cade a terra.

RICHARD  - Fuori! Fuori, subito!

ANCA         - Ma... ma...

RICHARD  - Ti dò un'ora per mettere insieme la tua roba e andartene di qui.

Fa qualche passo disordinato nella stanza.

RICHARD  - No, sono io che me ne vado. Domani riceverai i documenti per il divorzio. Addio...

Esce.

ANCA         - Richard! Richard!

Lei non ha capito nulla di questa violenza ma vede, a terra, i dossier portati da Diane.

Lancia un grido di sconforto e di mette a piangere, disperata.

ANCA         - No!


14

A CASA DI LEI

Diane, seduta su un divano, ascolta un po' di musica. Sua madre entra, nervosa, nello stato di qualcuno che cammina in tondo da molto tempo.

SIGNORA POMMERAY - Non ho più parole crociate.

Diane le tende alcuni giornali che aveva messo da parte.

 

DIANE        - Tieni, ci avevo pensato.

La signora Pommeray li prende poi, furiosa, li getta lontano.

SIGNORA POMMERAY - Sono stufa delle parole crociate.

Diane nota allora l'estrema instabilità di sua madre.

DIANE        - Mamma, che succede?

SIGNORA POMMERAY - Perché Richard non viene più?

DIANE        - Te l'ho gia detto cento volte: si trova in Africa da due mesi.

SIGNORA POMMERAY - Stai mentendo.

DIANE        - Mamma!

SIGNORA POMMERAY - Stai mentendo! Se fosse partito per un viaggio, sarebbe venuto a dirmelo.

DIANE        - Mi ha chiesto di dirtelo. Ti ho gia detto cento volte anche questo.

SIGNORA POMMERAY - Stai mentendo!

DIANE        - Mamma!

SIGNORA POMMERAY - Stai mentendo!

DIANE        - (Colpita) Mamma, ti proibisco di parlarmi così.

SIGNORA POMMERAY - Sento che e successo qualcosa a Richard. Qualcosa che mi stai nascondendo. Dimmi la verità, Diane, la verità.

DIANE        - In fondo, hai ragione. (Pausa) Ci siamo lasciati.

SIGNORA POMMERAY - Lasciati? Che gli hai fatto? Che gli hai detto?

DIANE        - Mamma... è stato lui, non io.

SIGNORA POMMERAY - Tz, tz, se se n'e andato e perché tu l’hai allontanato. Ti conosco, povera figlia mia, sei incapace di tenerti un uomo, troppo fiera, troppo orgogliosa. Senti, per te sarebbe stato meglio se fossi stata brutta, almeno avresti avuto una buona scusa per farli scappare.

DIANE        - Piantala di rimproverarmi i miei rapporti con gli uomini! Gli uomini! Gli uomini! Ci sono altre cose nella vita!

SIGNORA POMMERAY - Ah, lo vedi, è colpa tua, lo ammetti tu stessa!

DIANE        - Sì, non ho voglia di fare moine davanti agli uomini, di sbattere le ciglia, di andargli a prendere le pantofole, di mandar giù le loro menzogne, di sottostare ai loro capricci. Grazie al mio mestiere, mi sono dedicata a compiti più importanti. E credo, con certe decisioni! che ho preso o che sono riuscita a far prendere, di aver reso felici centinaia di uomini e di donne!

SIGNORA POMMERAY - Centinaia, non c'e dubbio. Migliaia, forse di più, sicuramente, non ne dubito neanche per un secondo, perché sei un personaggio politico importante. Ma tua madre? Diane, tua madre? L'hai resa felice?

DIANE        - (Con le lacrime agli occhi) Mamma...

SIGNORA POMMERAY - E io? Sì, io, hai pensato a me anche solo per un istante separandoti da Richard?

DIANE        - Insomma, mamma...

SIGNORA POMMERAY - Gli volevo bene, io, a Richard. Era la mia ultima cotta. Oh, non ti toglievo niente, ne approfittavo, nient'altro. Senza un uomo, senza un bell'uomo nelle vicinanze, io avvizzisco, perdo il gusto, non ho più voglia di vivere. Quando è arrivato Richard, ho smesso di aver voglia di morire. E' stupido. Ma è così. Io non sono una donna di cervello, come te, un'intellettuale; sono solo una creaturina femminile, con idee troppo convenzionali, le piume e il cervello di un uccello. Senza un uomo, deperisco. Ed ecco che tu mi togli Richard!

DIANE        - Mamma, sei un mostro! Non potevo mica tenere Richard per te.

SIGNORA POMMERAY - Hai ragione: non potevi mica tenere Richard per me. Ma quello che mi rende triste, e che non ho avuto peso neanche per un istante nella sua decisione, perché lasciandoti, lasciava anche me, senza che sentisse la mancanza dei miei scherzi, dei miei dispetti, dei miei sorrisi. Grazie, figlia mia, grazie davvero: mi hai appena confermato quello che non osavo pensare: non sono altro che una vecchia befana priva di interesse che non diverte più nessuno. A partire da questo momento, ho cent'anni! E resterò da sola per sempre! Buon compleanno!

DIANE        - Mamma... io sono qui. E ti voglio bene...

SIGNORA POMMERAY - (Senza ascoltare) Avrei tanto voluto partorire un maschio. Con un sesso, dei testicoli e dei grandi piedi. Dal mio ventre! Allora si che mi sarei meravigliata: e invece sei arrivata tu. Che pena! Certo, tu sei un po' un maschio mancato, ma un maschio mancato significa quello che significa: "maschio mancato", e cioè non un maschio, quindi completamente mancato. Eh gia, tu hai delle caratteristiche di un maschio: il gusto dello studio, la combattività, il senso della lotta, l'ambizione professionale, l'autonomia, l'aridità di cuore... I difetti! Solo i difetti. Non le qualità.

DIANE        - Mamma, ti rendi conto di quello che stai dicendo?

SIGNORA POMMERAY - Sta' zitta! Tu rimani una ragazza! Una femmina! E non mi porti né fidanzati, né amanti, né generi. E neanche nipoti. Inutile! Completamente inutile!

Esce, lasciando Diane prostrata.


15

A CASA DI LUI

Richard, col cappotto sulle spalle, si appresta ad uscire dal suo appartamento. Nel momento in cui apre la porta, trova Rodica che lo aspetta sul pianerottolo. Si ferma di scatto quando la vede.

RICHARD  - Come osa presentarsi qui?

RODICA     - Lei mi detesta: ha proprio ragione. Anch'io, se mi avessero fatto quello che hanno appena fatto a lei, darei fuoco a Parigi.

RICHARD  - Addio.

Quando lui tenta di chiudere la porta, lei mette il piede contro il battente.

RODICA     - Ho qualcosa da dirle. E' importante.

RICHARD  - Fuori.

RODICA     - Per favore. E' ancora più importante per lei che per me.

RICHARD  - Fuori.

RODICA     - In nome di Dio, cerchi di capire che se sono venuta a farmi insultare da lei, è perché ho una buona ragione, non sono masochista.

RICHARD  - Quando si fa il suo mestiere...

RODICA     - D'accordo, sono una puttana, d'accordo, le ho mentito dal primo giorno, ma c'e un motivo: mi è stato chiesto.

RICHARD  - E' inutile, ne sono al corrente, addio.

Lei si butta addosso alla porta, la spinge ed entra di forza a casa di Richard.

RODICA     - (Con violenza) Lei ha il cancro, sì o no?

RICHARD  - Come, scusi?

RODICA     - Lei ha il cancro?

RICHARD  - Certo che no!

RODICA     - Ha fatto una tac e subito tutta una serie di esami qualche mese fa?

RICHARD  - No.

RODICA     - No? E non ha mal di schiena?

RICHARD  - No. Cioè, sì. Da sempre. Va e viene. Una scoliosi che risale all'infanzia. Niente di nuovo.

RODICA     - Stia a sentire, Anca ha accettato di prendere parte a questa commedia soltanto perché la signora Pommeray ci aveva fatto credere che le restavano solo pochi mesi da vivere.

RICHARD  - Cosa?

RODICA     - La signora Pommeray aveva affidato ad Anca la missione di regalarle qualche settimana di felicità prima di morire. E Anca l'ha fatto con tanto impegno che si è perfino innamorata di lei.

RICHARD  - Questo che cosa cambia? Rimane una bugiarda.

RODICA     - Ma era costretta a mentirle. E poi, non aveva importanza dal momento che lei doveva morire.

RICHARD  - Morire, io?

RODICA     - La signora Pommeray ci aveva convinto. Anche se non ci sentivamo meno sporche per questo.

RICHARD  - Perché Anca non me l'ha detto?

RODICA     - Perché ha giurato di tacere. E perché crede che lei sia in fin di vita. Preferisce che pensi male di lei piuttosto che parlare con lei del suo cancro, piuttosto che rivelarle che e malato.

RICHARD  - Ma io non sono malato!

RODICA     - Davvero?

RICHARD  - Ma certo!

RODICA     - Come fa Anca a saperlo?

RICHARD  - Anca?

E' improvvisamente sconvolto.


16

CAFFE’

Anca e Richard si sono incontrati al tavolo di un caffè. Si scrutano con inquietudine.

RICHARD  - Che fine hai fatto?

ANCA         - Lavoro in una panetteria.

Pausa.

Lei osa appena guardarlo.

ANCA         - E tu? Te n'eri andato...

RICHARD  - Sì. Sono appena tornato da un viaggio. L'Africa.

ANCA         - L'Africa? Ancora l'Africa. Non ti ha stancato tanto?

RICHARD  - No. Mi ha riposato.

ANCA         - Ti senti bene?

RICHARD  - Fisicamente?

ANCA         - Sì?

RICHARD  - Sì.

Anca sembra registrare l'informazione con cura.

ANCA         - E la schiena?

RICHARD - Anca, mi chiedi come sto come farebbe un'infermiera. Mi credi malato?

ANCA         - Scusami. No, affatto.

Richard la guarda, quasi riconoscente della cura con cui lei ha mentito.

RICHARD  - Sai perché ho voluto rivederti?

ANCA         - (Rabbrividendo) No.

RICHARD  - Perché non ho mai ascoltato le tue spiegazioni.

Anca si scompone.

RICHARD  - E ho pensato, laggiù, in Africa, che non si può lasciare qualcuno che ti ha ingannato senza sentire il suo punto di vista, sapere come di giustifica ai
suoi occhi, no? Perché immagino che, ogni mattina, davanti allo specchio, tu non ti senta in colpa.

ANCA         - Sì.

RICHARD  - Non mi dire.

ANCA         - Sì.

RICHARD  - L'essere umano è fatto in modo tale che non si reputa mai responsabile del male; scarica la colpa sugli altri; oppure, trova delle attenuanti.

ANCA         - Non io.

RICHARD  - Anca, mi piacerebbe sapere come ti racconti la nostra storia.

Lei lo guarda con inquietudine e bluffa.

ANCA         - Come te!

RICHARD  - (Con dolcezza) Mi stai mentendo.

Anca abbassa la testa, come vinta, senza smentirlo.

RICHARD  - Secondo te, mi hai ingannato?

ANCA         - Io sono stata sincera. Sempre. Anche se dovevo fingere, mi sono davvero innamorata di te. E volevo che tu fossi felice, Richard, con tutto il cuore. C'erano perfino momenti in cui dimenticavo quello che ero stata. (Si volta verso di lui) Non ne avevo il diritto, lo so. E il mio torto è stato nascondertelo. Ma al di fuori di questo, ero sincera. Oh, se potessi credermi...

RICHARD  - Quindi e così che ti racconti la nostra storia?

ANCA         - Sì.

RICHARD  - Ed è tutto?

ANCA         - E' tutto.

RICHARD  - Eppure, non sospettavi che un giorno la verità sarebbe venuta fuori? (Lei tace) No?

ANCA         - Te 1'avrei nascosta il più a lungo possibile.

RICHARD  - Fino alla mia morte?

ANCA         - (Correggendolo, angosciata) Fino alla mia morte!

Lui la guarda. Lei volta il viso. Lui sorride.

RICHARD  - Anca, ho due cose da dirti.

Anca abbassa lo sguardo.

RICHARD  - La prima cosa è che ho saputo il segreto riguardo al mio... stato di salute.

Anca sembra nel panico.

ANCA         - Cosa? Lo sai?

Lui annuisce.

ANCA         - E come l’hai saputo? Perché stai male? Soffri?

E' spontaneamente preoccupata.

ANCA         - Non stai bene?

Lui è commosso da tanta sollecitudine.

RICHARD  - Rodica me l'ha confessato.

ANCA         - Che idiota! Ma no! E' impossibile! Non può farlo!

RICHARD  - Ho appena fatto tutta una serie di esami per verificare di essere in buona salute. Ecco le analisi. Come vedi, non ho il cancro.

Anca sbatte le palpebre.

ANCA         - Ma... ma c'e proprio tutto? Voglio dire... non potrebbero nasconderti qualcosa?

RICHARD  - Ecco la diagnosi firmata dal più grande professore di Parigi che certifica che non c'e traccia di cancro o di metastasi in me.

Anca prende il foglio, lo legge, e, quasi suo malgrado, lo bacia e lo stringe al petto.

Richard e colpito da questo gesto spontaneo.

RICHARD  - Anca, tu... mi ami?

Anca si rende conto di aver lasciato trasparire i suoi sentimenti e, abbassando gli occhi, annuisce, come si trattasse di una confessione piena di vergogna.

                     Lui si avvicina. La fa alzare. La prende tra le braccia. Il corpo di lei trema. Si baciano.


17

CAFFE’

Lo stesso caffè, qualche settimana dopo.

Diane, seduta ad un tavolo, beve qualcosa e guarda l'orologio.

Richard entra e la raggiunge.

DIANE        - (Sarcastica) Che puntualità!

RICHARD  - Non avevo scelta. Non sono sicuro che mi avresti aspettato.

DIANE        - In effetti.

RICHARD  - Grazie per aver accettato questo appuntamento.

DIANE        - Ancora mi chiedo perché ho detto di sì...

RICHARD  - La curiosità?

Lei lo squadra senza gentilezza.

DIANE        - Mio povero Richard...

Invece di offenderlo, questo tono lo fa ridere. Pausa.

RICHARD  - Hai saputo?

DIANE        - Che vivi di nuovo con tua moglie? Come posso non saperlo? Ne parla tutta Parigi. E' molto divertente, del resto.

RICHARD  - Ah sì?

DIANE        - Fa ridere il fatto che tu sia caduto cosi in basso.

RICHARD  - Era prevedibile. Dopo di te, si cade per forza dall'alto.

Si scambiano un sorriso acido.

RICHARD  - Tutta Parigi sa anche quale ruolo hai avuto tu in questa storia?

DIANE        - (A disagio) Si saprà solo se tu lo dirai.

RICHARD  - Sta' tranquilla. Mi basta che sappiano che ho sposato una ex puttana; è inutile che sappiano che prima frequentavo un mostro.

DIANE        - (Con un sorriso spavaldo) Pensi che ti crederebbero?

RICHARD  - Vuoi provare?

Lei lo guarda con durezza. Lui sorride, quasi leggero.

RICHARD  - Ho intenzione di limitarmi a questo.

DIANE        - A cosa devo tanta premura?

RICHARD - Come sta tua madre?

DIANE        - Benissimo. Ma che c'entra?

RICHARD - E' la risposta.

DIANE        - La risposta a cosa?

RICHARD - Alla tua domanda: a cosa devo tanta premura? Io rispondo: come sta tua madre?

DIANE        - Mi risparmi a causa sua?

RICHARD - Esatto.

DIANE        - Sarebbe felice di saperlo.

RICHARD - Però tu non glielo dirai.

Pausa.

DIANE        - Che ci facciamo qui?

RICHARD  - Ho bisogno di confessarti un dettaglio.

DIANE        - Un dettaglio?

RICHARD  - Un dettaglio.

DIANE        - Beh?

RICHARD  - Ti ricordi quel giorno in cui mi hai annunciato che qualcosa era cambiato tra noi, in cui mi hai detto che non avevi più tanto bisogno di me, che non mi aspettavi più con tanta impazienza, che sbadigliavi, che preferivi dormire sola?

DIANE        - Ovviamente.

RICHARD  - Forse ti è rimasto in mente che io ho taciuto per un bel po'?

DIANE        - E allora?

RICHARD  - Non ti sei mai chiesta perché? (Pausa) Tacevo perché non avevo notato niente di simile. Né in te, né in me. Un raffreddamento? Ma dove? Per me era la primavera, l’estate, tutto andava per il meglio tra noi. Ed ecco che tu, di fronte a me, facevi a pezzi il nostro rapporto, la nostra felicità, quello che credevo il nostro grande amore... Meticolosamente, ostinatamente, senza fermarti, strappavi tutto, deformavi tutto, uccidevi tutto. Per poco non svenivo. Allora, per non cadere, ho mentito.

DIANE        - Cosa?

RICHARD  - Ho mentito, Diane, ho fatto lo spavaldo. Ho finto che, anch'io, come te, mi ero raffreddato. Non era vero.

DIANE        - Ma sì che era vero!

RICHARD  - No.

DIANE        - Sì!

RICHARD  - No.

DIANE        - E perché avresti mentito?

RICHARD  - Per fierezza. Per orgoglio.

DIANE        - (Con sofferenza) No...

RICHARD  - E non è tutto, Diane. Qualche settimana dopo, ero tornato a casa tua per tentare di rimediare, per convincerti che dovevamo andarcene in vacanza, riprendere la nostra vita insieme, ricominciare, passare sopra a quel piccolo momento di freddezza che ogni coppia può attraversare: quel giorno, mi hai evitato arrivando in ritardo, non mi hai lasciato parlare e mi hai presentato Anca.

DIANE        - (Soffrendo ancora di più) No...

RICHARD  - Presentato? Che dico? Mi hai buttato tra le sue braccia. Detto questo, lei mi è piaciuta, mi è piaciuta subito.

DIANE        - (Rendendosi conto di quello che ha fatto) Oh no!...

RICHARD  - Poi, quando tornavo a trovarti, non so come andassero le nostre discussioni, ma ne uscivo sempre con la testa sottosopra, con la voglia ancora più grande di conquistarla...

DIANE        - Mentre io ti spingevo verso di lei, tu... tu... mi amavi ancora?

RICHARD  - Sì, Diane.

DIANE        - E adesso?

RICHARD  - Adesso la amo, e lei ama me. E il nostro amore è semplice.

Diane, livida, dice con voce morente:

DIANE        - Che cos'ho fatto, Dio mio, che cos'ho fatto?

Si volta verso Richard e lo afferra.

DIANE        - Richard, ti prego. Adesso che sappiamo tutto questo, torniamo indietro.

RICHARD  - Troppo tardi. Tra esseri umani, non si può spingere il bottone "rigiocare".

DIANE        - Sì! Perché adesso conosciamo la realtà.

RICHARD  - No. E' questa la realtà: quello che non si può cambiare.

Si alza.

Maldestra, lei si precipita verso di lui e lo afferra.

DIANE        - Richard, e se mi abbassassi a...

RICHARD  - Sì?

DIANE        - .. .a chiederti... di tornare?

RICHARD  - Abbassarti?

Si volta e le prende le mani.

RICHARD  - Abbassarti? Non capisci che era questo che non andava nel nostra rapporto?

DIANE        - L'orgoglio, non è vero? Sono troppo orgogliosa.

RICHARD  - (Con dolcezza) E' contagioso, l'orgoglio. Se uno lo mostra, l'altro lo prende immediatamente.

DIANE        - E' colpa mia.

RICHARD  - Ancora il tuo orgoglio. (Pausa) E' colpa nostra.

La riaccompagna alla sedia e la aiuta a sedersi.

RICHARD  - Addio, Diane. Bacia tua madre per me.

Diane abbassa la testa, sconfitta, come una marionetta a fili poggiata su uno scaffale.

Lui si allontana.

DIANE        - Richard, ti rendi conto che dopo tutto questo, non mi resta altro... che morire?

Richard esita, cerca qualcosa da rispondere, non lo trova e lascia lentamente il caffè.

Diane rimane prostrata, senza vita.


18

CAMERA ARDENTE

Anticamera di una camera ardente.

Alcune sedie sistemate qua e là.

All'interno della stanza adiacente - lo si indovina - un corpo riposa in una bara. Dalla porta sfuggono effluvi d'incenso, una dolce musica d'organo e si possono intravedere i fiori bianchi delle numerose corone.

Da lontano, fuori, le campane di una chiesa suonano pesantemente per celebrare un funerale.

Rodica arriva, vestita di nero, goffa, a disagio. Non osando entrare da sola nella camera ardente, preferisce restare sulla soglia, e si agita nervosamente. Improvvisamente, fa a qualcuno un gesto che significa "L’ho trovata, è qui!"

In quel momento entra Richard. Il suo viso porta i segni di un vero e profondo dolore.

Vedendo la sua espressione, Rodica non puo fare a meno di precipitarsi verso di lui per prendergli le mani con impeto.

Richard la lascia fare, come se tra loro ci fosse una vera intimità. Lei gli dà una pacca sulla spalla lanciando sguardi furtivi attorno a sé.

RODICA     - Ho uno di quei magoni!

Richard sorride con dolcezza. Col mento, Rodica indica la stanza adiacente.

RODICA     - E' là. Vuole vederla?

RICHARD  - Non ho il coraggio.

Comprensiva, Rodica annuisce.

RICHARD  - Non ancora.

RODICA     - Spero che se ne sia andata senza soffrire.

RICHARD  - (Con violenza) Tutte queste stupidaggini che si dicono ai funerali... "Se n'e andata senza soffrire..." Meglio così! Pero se n'è andata! Questo forse impedisce a noi di soffrire? Oppure, se avesse sofferto morendo, noi soffriremmo di più?

Rodica, impressionata, non trova niente da rispondere. In quell'istante, Anca arriva, un po' affannata.

ANCA         - Non riuscivo a parcheggiare la macchina. Sono in ritardo?

RICHARD  - Spero proprio che sarai sempre in ritardo, mia cara, con la morte.

Si baciano.

Uscendo dalla cappella, appare allora Diane, livida, col viso addolorato, il contegno un po' rigido a forza di controllarsi. Lenta, silenziosa, come un gran cigno nero, è impressionante quanto commovente.

Quando vede Richard e le due rumene, si ferma per un momento.

Richard tenta di dire qualcosa ma poi rinuncia.

I due si contemplano.

Finalmente, Richard prende l'iniziativa e si china verso Anca e Rodica.

RICHARD  - Andate nella camera ardente, io vi raggiungo.

ANCA         - Ma... io la conoscevo appena...

RODICA     - Io sono venuta solo per accompagnarvi, lei e Anca... io...

RICHARD  - (Con dolcezza) Andate. Vi prego.

Rodica e Anca capiscono che devono lasciare Richard da solo con Diane. Furtivamente, si allontanano e vanno a rendere omaggio alla bara nella cappella.

Rimasti soli, Richard e Diane cominciano a scrutarsi senza muoversi.

RICHARD  - Come stai?

DIANE        - Bene.

RICHARD  - Davvero?

DIANE        - Davvero. Mamma mi manca ma finirò per abituarmici.

Sembra sincera e Richard lo nota.

RICHARD  - Mi dispiace tanto per tua madre.

Lei lo guarda sorridendo. Credendosi incoraggiato, continua a parlare.

RICHARD  - Volevo molto bene a tua madre...

DIANE        - Tu l’hai resa felice, mia madre. Ti adorava. In questi ultimi anni - ne sono convinta - le sembrava di vivere con te, pensava che venissi a casa per lei, che ti vestissi per lei... E comunque, lei si vestiva per te! C'e da dire che era così civetta, cosi affascinante, cosi desiderosa di piacere... Tutto quello che io non sono.

Si interrompe, pensierosa, addolorata.

RICHARD  - Adesso, dimmi la verità: come ti senti?

DIANE        - Bene. Come mai.

Sembra di nuovo sincera.

Richard fa una smorfia esprimendo il suo dubbio. Lei non può fare a meno di notarlo e di sorriderne.

DIANE        - Tu e tua moglie vi augurereste che fossi infelice?

RICHARD  - Andiamo...

DIANE        - Naturalmente.

RICHARD  - No...

DIANE        - Si, invece! Il mostro ha fatto tanto male, adesso la pagherà. Chi non ha quest'idea infantile che esista una giustizia? Una giustizia tessuta nella trama del mondo che, un giorno o l'altro, stringe le sue fila, punisce gli scellerati e ricompensa i buoni.

Lei ride. Richard la guarda con inquietudine.

DIANE        - Ma la vita è sorda, cieca, muta, se ne frega dei nostri meriti o dei nostri vizi! Va per la sua strada, corre, va avanti... Chi e buono? Chi e cattivo? Non esistono i buoni e i cattivi, ci sono solo cattive azioni e buone azioni. E nel mezzo, degli umani che si agitano.

RICHARD  - (Tentando di calmarla) Andiamo, Diane...

DIANE        - Ho voluto punirti per avermi lasciata e mi sono vendicata! Risultato? Tu sei felice. Anca e felice. E anch'io. Uno crede di stare per recitare una tragedia ed ecco che si ritrova in una commedia. Gli eventi ci sfuggono, le conseguenze si insinuano, noi perdiamo terreno, il tempo ha insaponato i mercati...

Pausa. Sfinita, si siede. Lui si avvicina, compassionevole. Lei lo rassicura.

DIANE        - lo sto bene, Richard. Finalmente sto bene.

Si appoggia allo schienale della sedia e sul suo viso compare una grande pace. Richard la guarda, sbalordito, senza capire.

DIANE        - Sai, il giorno che ho corso il rischio di distruggere la nostra storia, quando facevo finta di attribuirmi un raffreddamento che avevo creduto di constatare in te, forse quel giorno, mio malgrado, senza rendermene conto, sono stata più sincera di quanto non credessi...

RICHARD  - Come?

DIANE        - Senza saperlo, dicevo la verità. La verità, e cioè che non ti amavo...

RICHARD  - Tu?

DIANE        - Sì. Non ti amavo. Oppure ti amavo male. In realtà, ero soprattutto in competizione con te. (Pausa) Ho sempre agito come un uomo, Richard, forse perché non volevo diventare una donna bambina come mia madre, forse perché mi era mancato un padre, forse perché, nella mia carriera, competevo con degli uomini. Ma gli uomini, non li si deve amare come li si combatte. Si, ho riportato molte vittorie professionali, ma a scapito della mia vita amorosa... (Con dolore) Anca tu la ami come non hai mai amato nessuno, hai guadagnato una donna, una moglie, una persona vera... E perché? Perché non si arriva all'amore senza passare per l'umiliazione. Io vi ho umiliato, lei, te. Per colpa mia, siete scesi al livello più basso della vergogna, ognuno ha dovuto arrampicarsi davanti all'altro, ed e allora che avete scoperto di non poter fare a meno l’uno dell'altro... E quindi vi siete autorizzati ad amarvi.

Lei sospira con un sorriso dolce.

DIANE        - Io ero una malata, inadatta ai sentimenti perché non ci capivo niente, dei sentimenti. L'unica persona che sono riuscita ad amare è stata mamma. Una donna bambina, una donna uccello, tutto il contrario di quello che apprezzo, eppure non ho mai smesso di amarla, anche quando era ingiusta con me, anche quando mi rinfacciava di non essere un maschio. (Con le lacrime agli occhi) Il mio unico amore, mia madre, il mio unico vero amore... un amore incondizionato...

Vinto dall'emozione, Richard le posa la mano sulla spalla. Lei lascia andare la testa sul palmo della sua mano.

DIANE        - Vorrei provare con te.

RICHARD  - Come?

DIANE        - Darti quel genere d'amore. Un amore incondizionato.

RICHARD  - (Contrariato) Diane, te l'ho già spiegato, non si torna indietro.

DIANE        - Non parlo di questo.

RICHARD  - (Come prima) E non lascerò Anca.

DIANE        - Non sto parlando di questo. Ti dico solo che voglio continuare ad amarti. O piuttosto, cominciare ad amarti.

RICHARD  - Ma questo che significa per te?

DIANE        - Voglio che tu sia felice.

Pausa.

Richard e talmente sconcertato che non sa cosa rispondere.

DIANE        - Sei felice con Anca?

RICHARD  - Sì.

DIANE        - Allora io sono felice.

Toccato, Richard si siede accanto a lei. Si guardano a lungo con affetto.

DIANE        - La tettonica dei sentimenti.

RICHARD  - Come, scusa?

DIANE        - La tettonica dei sentimenti. Ti ricordi, ne avevamo parlato un giorno. I sentimenti si spostano come le placche che formano la terra. Quando si muovono, i continenti provocano attriti, maremoti, eruzioni, tsunami, terremoti... E' quello che abbiamo appena vissuto. Per orgoglio, per precipitazione, io ho urtato le placche e provocato una catastrofe.

RICHARD  - (Prendendole la mano) Ecco, adesso c'e bonaccia.

DIANE        - No, Richard, le placche galleggiano e si spostano in superficie, ma il motore delle collisioni rimane sotto: il fuoco che sale dalle profondità, il surriscaldamento radioattivo in costante fusione. Anche se mi rifiutassi di provare emozioni, sentimenti, non smetterei di averne. Finche avrò un cuore... Non osa continuare.

In quel momento, compare Anca, inquieta. La giovane donna si mostra sorpresa vedendo Richard e Diane cosi vicini l'uno all'altra, in un atteggiamento amichevole.

ANCA         - Richard? Va tutto bene?

RICHARD  - Va tutto bene.

ANCA         - ...vieni?

Anca sembra molto inquieta.

Diane guarda Richard in modo rassicurante, facendogli intendere che capisce che deve raggiungere sua moglie.

DIANE        - Vai.

Si sorridono.

RICHARD  - Ti voglio bene, Diane.

DIANE        - Anch'io, Richard.

RICHARD  - Finalmente?

DIANE        - Finalmente...