La turista

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LA TURISTA

Commedia in due atti

di SAM SHEPAR

PERSONAGGI

SALEM

KENT

RAGAZZO

STREGONE

FIGLIO DOC

SONNY

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

(Al centro della scena due letti a una piazza con lenzuola e cuscini freschi di bucato, e la testata appoggiata alla pare­te di fondo. Tra i due letti vi è un tavolino giallo col telefono. La parete di fondo è tutta dipinta in giallo canarino acceso. Sulla parete di destra una porta dipinta in arancio con le parole "Cuarto de band" a caratteri rossi. Sulla parete di sinistra una porta dello stesso colore, con un cartello ap­peso per mezzo di una cordicella alla maniglia; sul cartello sta scritto in lettere rosse "No molestar por favor". Ai piedi di ogni letto, sul pavimento, una grande valigia tanto piena che si chiude a fatica. Dal centro del soffitto pende un gran­de ventilatore. Salem, in mutandine e reggiseno, è seduta sul letto di sinistra con le spalle appoggiate al cuscino rial­zato, rivolta quindi verso il pubblico, e legge "Life". Kent, suo marito, è seduto in mutande nella stessa posizione, sul letto di destra e legge "Time". Entrambi hanno la pelle for­temente arrossata. Si accendono le luci schermate di gial­lo, il ventilatore è in funzione, Salem e Kent leggono per un po' in silenzio. Continuano a leggere anche mentre parlano)

Salem                            - Quella donna di... dov'era pure? Puerto Juarez o qualcosa del genere. Quella spagnola ricchissima. Ricordi? Quella donna giovane con la madre che parlava cosi bene l'inglese. Ricchissima.

Kent                              - Cosa aveva detto?

Salem                            - Aveva detto che per le ustioni di secondo e terzo grado bisogna usare il bianco dell'uovo. Il dolore diminuisce subito. Cosa succede quando la pelle si brucia? Voglio dire, cosa succede in realtà?

Kent                              - L'epidermide cuoce letteralmente, frigge come un pezzo di carne su un fuoco di carbone. La struttura mole­colare del tessuto adiposo viene parzialmente distrutta dai raggi solari e perciò il sangue accorre in superficie per rime­diare ai danni che questa ha subito.

Salem                            - Quindi la pelle non diventa rossa per caso, ma è proprio il sangue che accorre in superficie.

Kent                              - Esatto.

Salem                            - Perciò i messicani non sono abbronzati dal sole, non è cosi? Hanno solo una pelle più scura, più spessa, con una struttura molecolare adiposa più fitta.

Kent                              - Penso che questo sia un problema di antropologia; alcuni dicono che i popoli di pelle scura sono nati cosi in­nanzitutto per ragioni di mimetismo, per essere protetti contro la morte, altri dicono che fu per essere protetti dal sole.

Salem                            - È più o meno la stessa cosa.

Kent                              - Infatti. Ma la teoria del sole sembra più plausibile. Veramente no, è più credibile l'altra, dato che le popolazioni dell'Islanda, che vivono in mezzo alle nevi, hanno pelli chia­re per confondersi con la neve. Penso quindi che si tratti di mimetismo, in quanto questo fenomeno serve a sfug­gire alla morte.

Salem                            - E gli esquimesi allora?

Kent                              - Gli esquimesi sono più gialli, non ti pare? Più si­mili ai mongoli. Gli esquimesi non sono veramente scuri.

Salem                            - Anche i messicani sono più simili ai mongoli che ai negri, eppure si dice comunemente che hanno la pelle scura.

Kent                              - È vero. (Kent salta in piedi e si dirige di corsa alla porta di destra, poi si ferma un momento)

Salem                            - Que pasq!

Kent                              - Mi sembrava che mi scappasse e poi si è fermata. Non capisco se va o viene.

Salem                            - Que turista. No!

Kent                              - Parla inglese, ti prego. (Si dirige di nuovo verso la porta, poi si ferma)

Salem                            - È dissenteria?

Kent                              - Non so. Va e viene.

Salem                            - (col tono di un'infermiera) Hai crampi alla pancia?

Kent                              - Un po'.

Salem                            - Nausea?

Kent                              - Un po'.

Salem                            - Movimento intestinale?

Kent                              - Un po'!

Salem                            - Està turista? (Kent si mette a correre verso la porta, poi si ferma)

Kent                              - Hai quasi l'aria contenta.

Salem                            - No. Yo es muy simpatico.

Kent                              - Abbiamo mangiato le stesse cose, quindi fra poco verrà anche a te.

Salem                            - Il mio metabolismo è molto alto. (Kent torna al suo letto, riprende la rivista e continua la lettura)

Kent                              - Cerchi un po' di relax. Spendi migliaia di ore e di dollari e di biglietti di aeroplano per trovare un posto per riposarti. Per sparire per un po'. E vai a finire cosi. Con la diarrea.

Salem                            - Sei venuto qui per sparire?

Kent                              - Proprio. E tu no? Per riposarti e sparire.

Salem                            - Cosa faresti se dovessi scomparire per davvero?

Kent                              - Niente. Non ci sarei più.

Salem                            - Te lo chiedo sul serio. È una domanda a cui bisogna rispondere.

Kent                              - Sai quanto ci vuole per potersi strappare le pel-licine?

Salem                            - Non prima che la pelle sia morta, questo te lo posso assicurare. Ora brucia. È segno che è viva e fa male. Dopo un po' si mette a fare prurito. Allora si sa che sta morendo. Poi smette di far prurito e sai che è morta. Allora puoi cominciare, a strapparti le pellicine. Non prima.

Kent                              - Puoi cominciare a strapparti le pellicine appena comincia a far prurito. Questo lo so. È quando fa prurito che ti gratti e cosi finisci con lo strapparti le pellicine.

Salem                            - Non si può cominciare prima che finisca il prurito.

Kent                              - Perché no? Si potrebbe cominciare anche quando brucia se si vuole. Si potrebbe cominciare anche prima che si metta a bruciare e avere un punto di vantaggio.

Salem                            - Questa sarebbe una bella ustione. Saresti male in arnese dopo, caro mio.

Kent                              - Poi cominci a strapparti le pellicine di nuovo.

Salem                            - Ci sono solo tre strati, sai. Non si va avanti fino all'infinito.

Kent                              - Naturalmente non hai mai sentito parlare di ustio­ni di quarto grado. Non se ne parla perché non è mai ac­caduto, ma un giorno capiterà e i medici resteranno per­plessi da un capo all'altro del paese, e nel loro linguaggio nascerà una nuova parola. Ustioni di quarto grado!

Salem                            - Che roba è? Ma che roba è? (Kent si alza in piedi sul letto e tiene una piccola conferenza)

Kent                              - L'ustione di quarto grado si verifica dopo che si è prodotto l'ultimo e più penoso processo. Il primo grado si è già verificato quando il primo strato di pelle si è staccato quasi spontaneamente. Automaticamente ondeggia fino a cade­re sul pavimento, intorno ai piedi, e si ammucchia intorno ai fianchi come tanti fogli di Kleenex. Il secondo grado è accom­pagnato da uno shock più forte e da un dolore più acuto. Si stacca come polvere e copre quello che era già a terra.

Salem                            - Ed ora il terzo!

Kent                              - Si, ma il terzo richiede più tempo. Comincia len­tamente e si diffonde su tutta la superficie, guadagnando terreno e poi rallentando. Mordendo a fondo e concedendo un po' di sollievo, finché lo spazio intatto diminuisce sem­pre più e il dolore diventa più pungente. Tutto brucia e tutto quello che tocchi scotta come ' il sole. Stai lontano da tutti. Stai come sospesa nell'aria lasciando uno spazio vuoto tutto attorno a tè. Il terreno è rovente. La brezza sembra acqua bollente. La luna è come il sole. Tu stessa di­venti come una fiamma e danzi a mezz'aria. In fondo è blu. Nel mezzo è gialla e tende al verde. In cima è gialla e tende all'arancio. L'aria danza insieme a te. La fiamma si innalza, si abbassa e scoppia in mille scintille. Il terreno si incendia e circonda l'aria. Le scintille attraversano l'aria e guizzano avanti e indietro scontrandosi con le fiamme e... (SÌ apre la porta di sinistra ed entra un ragazzo di pelle scura, ma non negro, coi piedi nudi e in mano una scatola con l'occorrente per pulire le scarpe. Sia Salem che Kent tendano un grido e tirano in su il lenzuolo per coprirsi in modo da lasciar fuori solo la testa. Il Ragazzo viene nel centro della scena, tra i due letti e resta a guardarli in faccia con la mano tesa) Basta!

Salem                            - Vaya!

Kent                              - Dagli del denaro.

Salem                            - Come si dice va' via?

Kent                              - Basta che tu gli dia del denaro.

Salem                            - Non posso, è nella valigia.

Kent                              - Prendilo, allora.

Salem                            - Come faccio?

Kent                              - Striscia sotto il lenzuolo.

Salem                            - Non puoi alzarti?

Kent                              - Salem, sei tu la più vicina al denaro.

Salem                            - E va bene. (Striscia sotto il lenzuolo fino ai piedi del letto e allunga la mano per raggiungere la valigia posata sul pavimento. Intanto Kent parla al Ragazzo che resta a guardarlo sempre con la mano tesa)

Kent                              - Te Io darà fra un attimo.

Ragazzo                        - Lustre?

Kent                              - Vedrai che ti accontenterà. Se non fossi cosi pove­ro, ti manderei fuori con un calcio nel sedere.

Ragazzo                        - Lustre?

Kent                              - E dai. Che siano le madri e i padri a insegnargli a sembrare più miserabili di quello che sono in realtà? (Salem è sempre sotto il lenzuolo che armeggia per aprire la valigia)

Salem                            - Qualche volta.

Kent                              - La cosa funziona. Tutto quello che devono fare è -stare li con gli occhi fissi. Uno sguardo nel vuoto è più ef­ficace di una smorfia di dolore.

Salem                            - L'unica cosa da fare è guardarli con la stessa espressione.

Kent                              - Se fossi cosi povero mi ucciderei. Non farei finta di essere più triste di quello che sono. Non potrei continuare a sopportarlo, in ogni posto che vado e ogni volta che mi alzo dal letto, sapendo che le cose non vanno né meglio né peggio di ieri. Sempre lo stesso. Povero e basta.

Ragazzo                        - Lustre?

Kent                              - Andare sempre avanti, diventare sempre più vec­chio e rimanere sempre cosi povero, anzi diventando forse più povero ancora. E sempre facendo finta di essere più povero di quello che sono.

Salem                            - Questa è la ragione per cui le madri certe volte danno via i figli ai turisti, perché sanno che in questo mo­do c'è almeno una possibilità che diventino ricchi.

Kent                              - Ma chi può volere un bambino povero?

Salem                            - Chi non può averne uno ricco.

Ragazzo                        - Lustre?

Kent                              - Cosa vuole?

Salem                            - Lucidare le scarpe.

Kent                              - No, niente lucido. Vattene. Basta!

Ragazzo                        - Lustre?

Kent                              - No! (Nasconde la testa sotto il lenzuolo. Il Ragazzo resta immobile)

Salem                            - Lascialo lucidare le scarpe.

Kent                              - No! Non riesco neanche a guardarlo. Ha le mani tutte sporche di grasso di porco, gli occhi rossi; gli puzza il fiato. Mandalo via.

Salem                            - Aah! (Apre la valigia e ne esce un mucchio di denaro. Fa segno al Ragazzo di avvicinarsi e prendere un po' di soldi. Di lei si vede solo la mano)

Salem                            - Aqui nino! Aqui! (Il Ragazzo continua a guarda­re dalla parte di Kent, che resta sotto le lenzuola)

Kent                              - Se ne è andato?

Salem                            - Chico. Aqui. Quiere dinero? Por favor. Aqui.

Kent                              - Cosa sta facendo?

Salem                            - Vuoi star zitto? Non si muoverà nemmeno. Non sa nemmeno che può prendere il denaro liberamente.

Kent                              - Cose da pazzi.

Salem                            - Nino por favor. Aqui. Es muy bueno. (Queste parole devono essere sullo stesso tono di un cacciatore inglese che durante un safari avverta qualcuno della presen­za di un leone. Nel frattempo si vede sempre la mano di Salem che sventola i soldi nella direzione del Ragazzo. Kent invece rimane sempre nascosto sotto le lenzuola)

Kent                              - Ormai non se ne andrà più. Probabilmente in tutta la sua vita non ha mai visto una casa cosi. È cresciuto in un villaggio, in una capanna. La madre l'ha allattato fino a quattro anni e mezzo e poi quando l'ha slattato ha ri­schiato di morire di dissenteria. Per tutta la vita non ha man­giato che riso e fagioli e dormito nella sporcizia e venduto bottiglie lerce di coca-cola alle automobili di passaggio. Non se ne andrà mai, qualsiasi cosa tu gli dia. Il ventaglio, per lui, è come il più bel condizionatore. I letti sono come due Rolls-Royce. Gli piace il suono della mia voce perché è in­solito per lui, lo culla e poi sa che sto parlando di lui, e gli piace proprio perché dove vive lui, nella giungla, nessuno parla di lui, perché è uguale a tutti gli altri. Sono tutti ugua­li, tutti tacciono, e dormono e camminano uno addosso al­l'altro come mandrie di cinghiali che si preparano a correre e a uccidersi l'un l'altro, a seconda del vento che tira, o dell'aria o del sole.

Salem                            - Cosa dobbiamo fare allora?

Kent                              - Arrivi al telefono?

Salem                            - Tu sei più vicino di me.

Kent                              - Bene. Forse il portiere ci dirà cosa bisogna fare. (Kent fa per allungare la mano verso il telefono. Il Ragazzo lo previene con un balzo, si impossessa del telefono poi viene al proscenio e lo posa per terra. Vi si siede accanto, posa la scatola con l'occorrente per le scarpe e sorride ri­volto verso il pubblico. Durante la scena che segue il Ragaz­zo fa le boccacce al pubblico, tira fuori la lingua e fa mara­meo con le dita)

Salem                            - (sempre nascosta sotto le lenzuola) Cosa è suc­cesso?

Kent                              - (è uscito da sotto le lenzuola) Questo piccolo furfante si è impadronito del telefono. (Salem ride) Ah, bene! (Kent salta giù dal letto e va verso il ragazzo che è sempre seduto nel centro del proscenio rivolto verso il pubblico)

Salem                            - (sempre sotto le lenzuola) Sei sceso dal letto, caro?

Kent                              - (al Ragazzo) Ora devi andartene. Questa non è casa tua. Ritorna da dove sei venuto. (Il Ragazzo si alza e sputa in faccia a Kent. Kent corre verso il letto e si pu­lisce il viso col lenzuolo. Il Ragazzo torna a sedersi e con­tinua a fare le boccacce al pubblico) Oh! Dio mio! Sputa­re! Sputarmi in faccia! Oh no! Oh mio Dio Gesù! Mi ha sputato in faccia.

Salem                            - Cosa c'è?

Kent                              - Ha sputato! Sputato! Mi ha sputato addosso. Oh mio Dio! (Si frega freneticamente col lenzuolo. Il Ragazzo sorride rivolto verso il pubblico. Salem striscia sotto le len­zuola verso la testata del letto e sporge la testa)

Salem                            - Cosa sta succedendo?

Kent                              - Oh, non posso sopportarlo! Piccolo delinquente! Oh Dio! Bisogna che faccia una doccia. Aah! Oh mio Dio! Che cosa malvagia ha fatto! (Corre verso la porta di destra ed esce di scena sbattendo la porta dietro di sé. Salem parla al Ragazzo restando a letto. Il Ragazzo non si gira nem­meno verso di lei, ma continua a fare le boccacce al pub­blico. Si sente Kent che si lamenta dietro la porta)

Salem                            - Quando avevo circa dieci anni, mi pare, ero appe­na tornata a casa da una gita in auto con la mia famiglia alla fiera della contea. Mio -padre, mia madre, le mie sorelle e i miei fratelli. Eravamo appena tornati a casa dopo un viag­gio di circa due ore ed era diventato buio da poco e nes­suno aveva parlato per tutto il viaggio. Mi ascolti? Era co­me se avessimo dormito tutti; mio padre percorse con la macchina il viale d'ingresso e si fermò. Ma anziché scen­dere subito dalla macchina, come facevamo di solito, re­stammo tutti seduti per un bel pezzo con lo sguardo perso nel vuoto e senza dire una parola. Io fui la prima a scende­re e ad avviarmi verso i gradini che conducevano al por­tico; sentivo i miei che mi seguivano. Mio padre, mia ma­dre, le mie sorelle e i miei fratelli. Sentii le quattro portiere della macchina sbattere una dopo l'altra come spari di un fucile. E proprio dietro di me potevo sentire i loro passi che mi seguivano su per le scale fino al portico. Tutto in silen­zio. In un certo senso ero io che li guidavo eppure avevo appena dieci anni. Salii le scale e fui sotto il portico. Ero stata la prima ad arrivarci e mi voltai a guardarli e loro guar­darono me, tutti insieme. Tutti ondeggiavano a causa dei gradini, sempre con gli occhi fissi su di me. Li vidi, cosi per un attimo, e poi sai cosa feci, bambino? Sputai sull'ul­timo gradino proprio un attimo prima che mio padre vi posasse il piede. E non appena egli mise il piede su quella piccola macchia di sputo che non conteneva niente di spor­co se non qualche resto di caramella o di merenda, la mia famiglia scoppiò in grida tali che tu non hai certo mai udito. E mio padre si tolse la cintura dei pantaloni che aveva ap­pena comprato alla fiera. Una cintura di pelle con una fibbia d'argento decorata con un'incisione. E mio padre fece un passo, sali sull'ultimo gradino e arrivò sotto il por­tico trascinando la cintura con la mano destra cosicché la fibbia batteva sul cemento. Poi alzò lentamente il braccio all'indietro cosi che la cintura si sollevò nell'aria seguendo il suo polso e ricadde cosi rapidamente che sentii soltanto il rumore secco che fece quando mi colpi i fianchi e le ginoc­chia facendomi cadere. Poi tacquero di nuovo e rimasero in attesa li sui gradini finché mio padre rimise a posto la cin­tura facendola scorrere nei passanti e agganciò la fibbia e si aggiustò i pantaloni sui fianchi. Poi tutti entrarono in casa uno dietro l'altro. Prima mio padre, poi mia madre, poi i miei fratelli e le mie sorelle. E io restai là, fatta su come una palla, con le ginocchia strette al mento, sfregandomi i fianchi con le mani. Ed ero contenta che mi avessero la­sciata li da sola. (Suona il telefono; il Ragazzo afferra il ricevitore e risponde)

Ragazzo                        - Pronto? Cosa? Come hai fatto a sapere che ero qua?

Salem                            - Chi è?

Kent                              - (da dietro la porta, gridando) Salem! Ho proprio la diarrea!

Ragazzo                        - (al telefono) Se ti ho detto che non fa nessuna differenza. Che differenza, poi? Sono in un albergo da qual­che parte. Perché non mi lasci in pace?

Salem                            - Tuo papà?

Ragazzo                        - E allora? Credi di farmi paura. Coca-cola calda? Fagioli rifritti? Grano putrefatto? E un'aringa alla sera?

Salem                            - Tua mamma?

Ragazzo                        - Ho l'aria condizionata e due Rolls-Royce. Fi­gurati, carino.

Salem                            - Fratelli e sorelle?

Kent                              - Salem!

Ragazzo                        - Più tardi, buon uomo. Dillo alla vecchia. Sono qui per i fatti miei. Adios. (Aggancia il telefono e resta in piedi. Si volta verso Salem)

Salem                            - Era tuo papà, vero? Voleva sapere dove sei? (Il Ragazzo va verso il letto di destra e ne tasta il materasso, poi si toglie i pantaloni e si infila sotto le lenzuola)

Kent                              - Salem! Non riuscirò più a togliermi di qua!

Salem                            - Ti sei messo in un bel pasticcio, ragazzo.

Ragazzo                        - Cosa ne sai tu di pasticci, mammina?

Salem                            - Mammina?

Ragazzo                        - Tu non sai cosa vuol dire vedere il tuo vil­laggio invaso dai rancher messicani alle due di notte; ti uccidono la famiglia e ti portano via i fratelli e le sorelle per farli lavorare nei campi dodici ore al giorno per una scodella di minestra. Che Dio abbia pietà di loro.

Salem                            - Sembra la trama di un film.

Ragazzo                        - Ho lavorato in un film una volta.

Salem                            - Ah si?

Ragazzo                        - Dovevo seguire dappertutto quel tizio con un ventaglio di palme mentre stava dietro a tutte le pollastrel­le del paese.

Salem                            - Era a cavallo?

Ragazzo                        - Come si fa a stargli dietro andando a cavallo?

Salem                            - Beh, poteva scendere ogni tanto.

Ragazzo                        - Vuoi dire che andava da un villaggio all'altro, mettendole incinte; poi viene il dottore e gli chiede chi è stato e loro dicono "Non so. Non mi ha detto come si chia­mava". E poi senti gridare lontano, "Ehi Silver, via!"?

Salem                            - Si, circa.

Ragazzo                        - No, quel tipo era molto freddo. Portava camicie di lino e stivali fatti a mano e uno di quei cappelli di Pa­nama a tese larghe e una- pistola dal calcio intarsiato di ma­dreperla. E nessuno gli dava noia perché non sapevano che tipo fosse, capisci. Come un giaguaro o un ghepardo. Sem­brano calmi e mansueti. Ti danno l'idea che puoi andargli vicino e accarezzargli il muso e il pelo morbido, però non ti arrischi a farlo perché c'è qualcosa in loro che non ti fa sentire tranquillo. Qualcosa che sta nascosto da qualche parte. Bene, quel tipo era cosi e si muoveva proprio come un giaguaro. Sai, molleggiato. Non parlava quasi mai e quan­do lo faceva era come un borbottio, un fare le fusa.

Kent                              - (sempre da dietro la porta) Salem! Va sempre peggio! È molle, mollissima!

Salem                            - E poi cosa fece?

Ragazzo                        - Chi?

Salem                            - Quel tipo con le camicie di lino.

Ragazzo                        - È quello che ti sto dicendo. Non aveva niente da fare. Stava seduto un po' qui e un po' là, col bicchiere in mano e gli altri si curavano di tutto, Non doveva preoc­cuparsi di perdere il posto. O di procurarsi da mangiare o da bere. E quando aveva voglia di andarsene, tagliava la corda. Ma il film andò a monte perché alla fine gli fecero per­dere quella sua calma olimpica.

Salem                            - In che modo?

Ragazzo                        - Che importa? Lo fecero e basta. Nella vita reale non l'avrebbe mai fatto. Voglio dire un tipo come quello non se la prende tanto se uno del paese lo sfotte per il suo cap­pello.

Salem                            - Ah, fu questo che accadde?

Ragazzo                        - Si. Quel pazzo gli andò incontro e gli disse che quel cappello lo faceva sembrare un clown o qualcosa del genere e quel bel tipo cadde in una trappola dove quelli del paese lo fecero a pezzi e lo mangiarono vivo. Cannibali­smo o qualcosa del genere.

Salem                            - E poi che accadde?

Ragazzo                        - Tutte le donne si suicidarono.

Salem                            - Davvero?

Ragazzo                        - Proprio. E io vorrei essere come lui, solo che non perderei la calma. Non per un cappello, in ogni modo. Il cappello è soltanto qualcosa che serve a riparare dal sole. Uno vale l'altro. Si può perdere la calma per qualcosa di più importante. Come quando uno ti sputa in faccia. (Kent entra dalla porta di destra ancora in mutande ma con un cappello di panama a larghe tese, stivali fatti a mano, ca­micia di lino e pistola attorno alla cintola. La sua pelle è pallidissima come se fosse truccata con la biacca. Attraversa il palcoscenico barcollando)

Kent                              - Ecco. Mi sento un altro uomo adesso. Penso che finalmente ho mandato quella vecchia ameba giù per il ces­so. (Va su e giù, facendo sbattere la pistola contro i fianchi)

Ragazzo                        - Ole!

Kent                              - Sissignore. Non c'è niente come una piccola dis­senteria da ameba per immunizzare un uomo verso il suo ambiente. Questo è il guaio degli Stati Uniti, vedi. Tutto è cosi pulito, bianco e immacolato che un uomo non ha nemmeno la possibilità di immunizzarsi. Allevano un branco di omuncoli col fegato bianco per il semplice fatto che non c'è un po' d'acqua sporca a rendere più forte la gente. Prima che tu te ne renda conto, non possono neanche fare un viaggio fuori del loro paese a causa del loro basso grado di resistenza. Una terra isolata di purificazione. Cosi la chia­merei. Ma ora cominciano a capirlo, te Io dico io. Ma le idee non sono niente se questo vecchio corpo non gli va dietro a fare la sua esperienza. E il corpo non è niente sen­za una piccola ameba.

Salem                            - Bravo! (Salem e il Ragazzo canticchiano "When Johnny Comes Marching Home" mentre Kent cammina su e giù ancor più solennemente, toglie la pistola dal fodero e la fa roteare sull'indice della destra)

Kent                              - Sissignore. È sempre andata cosi da quando l'uo­mo è sulla terra e cosi continuerà ad andare nonostante alcune idee balorde a proposito del comfort e del tempo li­bero. Nossignoreee! Le cose andranno cosi a remengo che gli stranieri non ci potranno nemmeno più venire perché c'è troppa pulizia. Coi loro sistemi si tireranno la zappa sui piedi. Nessuno può entrare e nessuno può uscire. Un paese isolato. Cosi Io chiamo.

Ragazzo                        - Bravo! Bravo! (Kent si eccita sempre di più mentre gli altri cantano a voce più alta, sul fondo)

Kent                              - Quel che ne segue è di crescere in una cultura che è come un circolo chiuso; nessuno esce e nessuno entra. Incesto! Sissignori! Il paese andrà alla malora. Prendete per esempio i vostri indiani. Guardate cosa gli è capitato per via dell'incesto. Sempre più piccoli! Una vita sempre più corta! Denti marci! Scarsa resistenza! La popolazione dimi­nuisce. La razza scompare. Estinzione! Distruzione! Cor­ruzione e rovina! Adesso vedo tutto chiaro! La Grande Società sta scendendo la china. (Salem e il Ragazzo smettono di cantare. Kent finge di soffiar via il fumo della pistola e torna a riporlo nel fodero, poi vede il Ragazzo nel suo letto e getta un grido) Cosa fa quello nel mio letto!? (Cade a terra svenuto. Salem dà un grido e balza giù dal letto, corre verso Kent, gli tocca il polso e gli dà qualche schiaffo sulle guancie, poi corre al telefono e fa un numero. Il Ragazzo resta seduto sul letto a guardarla)

Salem                            - È svenuto! Ha perso conoscenza! E tutto per la vostra sporca acqua. C'è un dottore in questa città?

Ragazzo                        - Non so. Non è questo che ha detto il Grande Orso quando ha visto Riccioli d'Oro? Cosa fa nel mio let­to, mammuccia?

Salem                            - (al telefono) Pronto? Potete mandarmi subito un medico? Oh, merda! Puede doctor quiere un... muy... (Al Ragazzo) Puoi dirglielo tu? Per favore. Digli che ho bi­sogno di un dottore. Digli che si tratta di dissenteria. Ti pre­go. Io non parlo molto bene.

Ragazzo                        - Perdone me no habla espanol.

Salem                            - Tante grazie. Pronto. Puede quiere un doctor de medicina pronto aqui! Comprende! No, no, no. Un doctor de medicina. Si! Pronto, por favor. Muchas gracias. No, no! Mi esposo es muy enfermo para la turista. Sabe? Bueno. Muchas gracias. (Appende il ricevitore e torna di corsa ver­so Kent, gli dà altri schiaffi sulla faccia e gli tasta il polso)

Ragazzo                        - (sempre seduto sul letto) Dicono che il bianco dell'uovo fa bene per gli avvelenamenti.

Salem                            - Chiudi il becco. Lui ha la mossa.

Ragazzo                        - Gli si spinge giù per la gola una mezza dozzina di bianchi d'uovo, cosi vomitano e buttano fuori tutto il veleno. È molto semplice. Lo si fa anche coi cani.

Salem                            - Bada, ragazzo, sta li buono e non azzardarti a di­re un'altra parola o chiamo il capo della polizia e ti faccio riportare dalla tua mammina e dal tuo paparino. Qui ci vuole un asciugamano bagnato. Un asciugamano bagnato nell'acqua fradda. (Traversa la stanza e va verso la porta di destra. Entra e si chiude la porta alle spalle)

Ragazzo                        - L'asciugamano bagnato resta al di fuori. Col veleno bisogna lavorare dal di dentro!

Salem                            - (da dietro la porta) Non è veleno! (Si sente un colpo forte sulla porta di sinistra) Deve essere il dottore! Ri­spondigli ti prego! Ti darò la mancia.

Ragazzo                        - Sono senza pantaloni!

Salem                            - (da dietro la porta) E mettiteli, per amor di Dio!

Ragazzo                        - Si, signora. Scusi, signora. (Salta giù dal letto e torna a mettersi i pantaloni. Intanto si sente un altro colpo alla porta di sinistra) Lei badi al padrone. Faccio prima che posso. Si, signore. Un attimo, per amor di Dio. Qui c'è un pandemonio col padrone malato e tutto il resto.

Salem                            - Spicciati!

Ragazzo                        - Si, signora. Subito, signora. (Va alla porta di sinistra e la apre. Compaiono uno stregone e suo figlio; tutti e due hanno la pelle molto scura. Il Figlio è esattamente identico al Ragazzo ed è vestito nello stesso modo. Lo Stre­gone porta i sandali, pantaloni corti neri, una camicia rosso acceso, una giacca corta nera con elaborati ricami floreali sulle maniche e sul dietro, una sciarpa rossa avvolta attorno alla testa a mo' di turbante e con dei nastrini che gli pen­dono fin sulla schiena. Ai polsi ha appeso due coppie di polli a testa in giù, legati per i piedi. In mano ha una lunga frusta di corda, e appeso alla cintura un lungo machete. Il Figlio ha in mano una borsa di tela di sacco piena di in­censo, petardi e candele e nell'altra una grande lattina di caffè piena di incenso acceso, legata con una lunga cinghia di pelle, che fa dondolare avanti e indietro in modo da far levare il fumo dell'incenso. Attraversano la scena. Per tutto il tempo dovrebbero comportarsi come se non avessero nulla a che fare con lo svolgimento del dramma e fossero li per caso) È arrivato il dottore, signora. Devo farlo entrare?

Salem                            - (da dietro la porta) Fallo andare da Kent e di­gli che vengo subito.

Ragazzo                        - (indicando Kent) Dottore, questo è Kent. Sta molto male per via di un avvelenamento e ha bisogno del suo aiuto.

Stregone                        - (accovacciandosi di fianco a Kent) Pason!

Ragazzo                        - Si.

Figlio                             - Pason!

Stregone                        - Pason! Oy!

Ragazzo                        - Si. (Lo Stregone si alza lentamente e fa cenno al Figlio di posare la borsa e la scatola dell'incenso, poi in­dica le due valigie per terra. Il Figlio va verso le valigie e le porta vicino a Kent, che rimane sempre immobile sul pavimento. Poi il Figlio apre le due valigie e ne rovescia il contenuto addosso a Kent; ne escono denaro e vari og­getti di vestiario ecc., i quali possono servire a chi viaggia. Intanto lo Stregone viene al centro della scena e posa i polli per terra; poi prende la lattina dell'incenso e la fa dondo­lare ripetutamente sopra i polli, facendosi intanto il segno della croce; poi va verso Kent e fa lo stesso con lui e poi lo batte ripetute volte sulla schiena con la corda. Ripete più volte gli stessi gesti andando dai polli verso Kent e poi di nuovo verso i polli, mentre il Figlio toglie dalla borsa un po' d'incenso che versa in alcune ciotole di metallo dispo­ste in cerchio attorno a Kent. Poi dà fuoco all'incenso con particolare cura, facendosi ogni volta il segno della croce. Poi va di nuovo alla borsa e ne toglie alcune candele, di­spone anche queste in cerchio attorno a Kent e le accende una per una come ha fatto con l'incenso; eseguito questo va alla borsa e ne estrae una fila di petardi e li accende ai piedi di Kent. Mentre i due compiono questi gesti, pronun­ciano ripetutamente in tono salmodiarne queste parole, al­ternandone l'ordine come vogliono: "Quetzal, Totzal, Cobal, Pason". Possono ripetere più volte la stessa parola oppure al­ternarle; il tutto deve sembrare compiuto secondo un rituale, come se l'avessero già fatto migliaia di volte. Ogni tanto get­teranno uno sguardo verso il pubblico, come meravigliandosi che sia li. Intanto il Ragazzo viene al proscenio e si rivolge direttamente al pubblico, come una guida che parli a dei turisti. Ogni tanto si sposta avanti o indietro. Salem rimane dietro la porta di sinistra) La gente di queste parti parla il più puro Maya che esista oggigiorno. La lingua ha subito cambia­menti lievissimi dai giorni della grande civiltà Maya prima della conquista. È anzi ancor più pura del Maya parlato dai Lacandoni primitivi, che vivono nello stato di Chapas. Molto più pura anche di quella parlata nello Yucatan, dove vi sono state molte infiltrazioni spagnole e miste. In poche pa­role è allo stato puro e molto difficile da imparare per uno straniero, benché molti ci abbiano provato.

Salem                            - (sempre dietro la porta) Digli di fare tutto quello che è necessario. Non preoccuparti per quello che c'è da spendere!

Ragazzo                        - Quest'uomo è il più rispettato di tutti, anzi questo lo dovrei dire della sua professione. Ma del resto non si può separare un uomo dalla sua professione, non è vero? In ogni modo, in ogni tribù vi sono diversi stregoni, che ereditano l'incarico dai loro padri. In altre parole, nessuno viene eletto stregone. Sarebbe impossibile perché vi sono talmente tante cose da imparare e l'unico modo per im­pararle è quello di stare sempre con uno stregone. Per que­sto il figlio maggiore di uno stregone, quello che vedete qui, erediterà la carica di suo padre. Egli ascolta attentamente e osserva da vicino tutto quello che fa suo padre e Io aiuta anche in alcuni particolari della cerimonia, come ve­dete. Un figlio molto in gamba.

Salem                            - Digli che anch'io sto male e forse avrò bisogno del suo aiuto!

Ragazzo                        - La gente del villaggio è molto superstiziosa e crede ancora che gli spiriti prendano possesso del corpo. Essi credono che gli spiriti cattivi debbano essere scacciati dal corpo in modo che questo possa guarire. Ecco perché vede­te lo stregone colpire l'uomo. È per scacciare gli spiriti cat­tivi. I petardi servono per spaventarli. Il fumo dell'incenso, o coppale, come lo chiamano qui, serve a far giungere le preghiere fino al dio. Essi credono che il fumo porti le preghiere in cielo. Le candele servono perché il dio guardi giù e veda la lucere capisca che qui c'è qualcuno che prega, poiché il dio guarda solo quando c'è qualcosa che attrae la sua attenzione.

Salem                            - Io credo di avere la stessa malattia.

Ragazzo                        - Benché in città vi siano diversi medici europei, la gente non va a farsi curare da loro. Chiamano invece lo stregone che va nelle loro case e prega per loro e li bat­te e poi va sulla cima della montagna dove si crede che ri­sieda il dio della salute. Là vi è un idolo di fronte al quale lo stregone prega più o meno come fa qui. Ma per favore, non crediate di andare sulla cima della montagna da soli, sen­za una guida, perché può essere molto pericoloso. L'anno scor­so un gruppo di studenti di un'università americana è an­dato lassù e ha tentato di portarsi via l'idolo per uno studio antropologico e per poco non sono rimasti tutti uccisi. Se c'è una guida, però, ci potete andare tranquillamente; potete trovarmi in qualsiasi momento davanti alla farmacia. Op­pure chiedete a qualcuno di Sebastian Smith.

Salem                            - Va peggio adesso. È molle, mollissima!

Ragazzo                        - Naturalmente, prima di Cristo, si usava sacri­ficare agli dei le fanciulle. Ma ora il governo l'ha dichiarato illegale e cosi al loro posto si usano i polli. Ecco a cosa servono i due polli. Generalmente si dà da bere a questi poveri polli un po' di liquore di canna per alleviare il do­lore, ma alcune volte non ci se ne preoccupa nemmeno. No­terete una vaga mescolanza di riti cattolici e riti pagani. Essa è diventata sempre più evidente nel corso di quest'ul­timo secolo, ma la gente si tiene rigorosamente fedele alle sue credenze primitive.

Salem                            - Chiedetegli se può venire qua appena ha finito di badare a Kent.

Ragazzo                        - Il matrimonio viene combinato dalle famiglie e i giovani sposi non hanno voce in capitolo. Le ragazze co­minciano a far figli a quattordici anni e ne fanno generalmen­te una quindicina prima di morire. La durata media della vita è di trentotto anni per le donne e di quarantadue per gli uomini. Le donne hanno gli stessi diritti alla proprietà degli uomini e ricevono dai mariti un salario per ogni figlio che mettono al mondo. Il figlio maggiore di ogni famiglia eredita sempre la proprietà dal padre. I riti della pubertà per i ragazzi sono molto rigorosi, e possono consistere nel­lo strappare l'unghia del pollice della mano destra oppure nel praticare tre piccole incisioni col rasoio all'estremità del pene. Quando le ferite del pene sono guarite, si ritiene che il ragazzo sia diventato uomo.

Salem                            - Digli di far presto! Va sempre peggio! (Nel frat­tempo il Figlio toglie tutti i vestiti di dosso a Kent, tranne le mutande, e ne fa un mucchio ordinato ai suoi piedi, men­tre lo Stregone estrae il machete e lo fa ondeggiare sopra ai polli. Fa dondolare anche la lattina del caffè e il tono del suo salmodiare si fa più intenso)

Ragazzo                        - In questo momento vengono tolti all'uomo i vestiti in preparazione del sacrificio. I polli verranno deca­pitati e i loro corpi verranno tenuti sospesi sull'uomo in modo che il sangue gli cada sulla schiena. Questo permetterà agli spiriti benigni di entrare nel suo corpo e di guarirlo. Gli abiti verranno bruciati perché si crede che gli spiriti maligni risiedano nei vestiti. Se qualcuno li inondasse passerebbe il resto dei suoi giorni in cattiva salute e morirebbe prima di due anni.

Salem                            - Non ce la faccio più!

Ragazzo                        - Dopo di che lo stregone pregherà sopra le te­ste dei polli e poi li porterà sulla cima della montagna, dove li butterà nel fuoco e farà altre preghiere. È venuto il mo­mento del sacrificio. Quelli di voi che non sono abituati a questo genere di cose possono chiudere gli occhi e li­mitarsi ad ascoltare, altrimenti basta che tengano presente che non si tratta di una fanciulla ma di uno stupido pollo. (Il Figlio va verso i polli e li distende col collo per terra. Lo Stregone ne taglia le teste con un solo colpo del suo ma­chete. Si sente Salem gridare net bagno)

Salem                            - Oh mio Dio! (Lo Stregone prende i polli e li tiene sospesi sopra Kent in modo che il loro sangue cada sulla sua schiena. Il Figlio canta chino sulle teste e si fa il segno della croce; anche lo Stregone continua a cantare. Salem entra dalla porta del bagno; è molto pallida adesso; si tiene le mani sulla pancia e gira di qua e di là per il palcoscenico; si vede che soffre molto)

Ragazzo                        - Oh, signora, la sua scottatura se ne è andata.

Salem                            - Sono pallida e malata e sto morendo dello stesso male di Kent. Cosa ne è di Kent? Come sta il mio Kent? Come sta il mio ragazzo?

Ragazzo                        - È morto.

Salem                            - No, non è morto. Anch'io non sono morta e ho la stessa cosa. La stessa maledetta cosa. 

Ragazzo                        - Siete morti tutti e due. (Il Figlio e lo Stregone continuano a salmodiare e restano dove sono a guardare Salem e il Ragazzo, ma senza prendere parte a quello che fanno. Salem continua a girare attorno e ad andare avanti e indietro tenendosi la pancia)

Salem                            - Non dirmelo. Vorrei essere morta ma non lo so­no. Non dirmi queste cose proprio adesso che ho bisogno di conforto e di consolazione. Che ho bisogno di mandar giù un sorso di alcool e una limonata calda. Come puoi parlarmi in questo modo? Ho i brividi. Il mio corpo brucia. Come farò a tornare a casa?

Ragazzo                        - Con l'aeroplano, il treno, il pullman o l'auto­mobile.

Salem                            - Non dirmi queste cose. Non c'è qualcuno che sap­pia cosa si deve fare? Chi c'è là?

Ragazzo                        - È il dottore. (Salem vaneggia sempre dì più e continua a premersi la pancia e la testa con le mani)

Salem                            - Vedo degli oggetti qui davanti agli occhi. Tremo tutta. Guarda come tremo. Cosa mi succede?! Gli occhi mi saltano fuori dalla testa.

Ragazzo                        - Potresti sdraiarti. Kent è sdraiato.

Salem                            - Kent finge. Finge di essere morto mentre sono io quella che ha bisogno di cure. Guardate me, adesso. Guarda­te almeno. Non continuate a guardare lui.

Ragazzo                        - Ti vedo.

Salem                            - Non è vero. Hai detto che sono morta quindi vuol dire che vedi un cadavere. Comincio ad aver paura, sai.

Ragazzo                        - Come mai?

Salem                            - Non capiresti. Guardami. Non sono nemmeno ve­stita. (Il Ragazzo le si avvicina, alza da terra un poncho messicano che era nella valigia insieme al resto e lo tende a Salem, che continua a camminare su e giù)

Ragazzo                        - Puoi metterti questo.

Salem                            - No, no. Ho bisogno di qualcos'altro: un bel golf di lana e un bel paio di pantaloni di cotone e un bel brac­cialetto e orecchini di giada e belle scarpe comode. E ho bisogno di farmi fare la messa in piega e la manicure, e che qualcuno mi porti fuori a cena.

Ragazzo                        - Su, mettiti questo, intanto, mammina, e non appena il paparino starà bene, andremo fuori a cena.

Salem                            - Va bene, va bene. Ma non chiamarmi cosi. (Si mette il poncho e continua a camminare; il Ragazzo intanto va vicino a Kent e gli tocca la testa. Lo Stregone e il Fi­glio continuano a salmodiare) Mi sento cosi sciocca.

Ragazzo                        - Non devi. Vedi come stai bella calda. Cosi si veste la gente di qui.

Salem                            - Non è per questo. Mi sento sciocca perché sto male e ho freddo e anche Kent sta male e non so bene cosa devo fare e a chi domandare cosa devo fare. Non parlo questa lingua e non sono di qui.

Ragazzo                        - Chiedi a me. Io me ne intendo.

Salem                            - Di cosa per esempio? Tu ormai sei immunizzato. Ma guarda me. Sono quasi nuda. (Mentre continuano a par­lare il Ragazzo comincia a mettersi addosso i vari indumenti che prima indossava Kent)

Ragazzo                        - Sempre meglio che avere addosso più roba di quello di cui si ha bisogno. Portati solo una borraccia e qual­che sandwich.

Salem                            - Portarli dove? Io resto qui. Sei tu che devi andar­tene. Abbiamo preso questa stanza, Kent e io. Siamo noi che siamo in vacanza, non tu.

Ragazzo                        - Bene. Spero che facciate un buon viaggio di ritorno.

Salem                            - Macché viaggio di ritorno! Siamo appena arrivati qui! Non vogliamo andare via adesso. Vedi che Kent è li morto e nello stesso momento mi dici che dovrei fare un buon viaggio di ritorno. Ti posso assicurare che non sarebbe certo un bel viaggio!

Ragazzo                        - Beh, allora spero che tu qui ti diverta.

Salem                            - Togliti quegli abiti. Esci da questa stanza prima che chiami la polizia.

Ragazzo                        - Qualcuno ha staccato il telefono.

Salem                            - Non me ne importa! Voglio che tu te ne vada.

Ragazzo                        - Ma avrai bisogno di me per farti capire. Per correre giù in farmacia a comprare quello di cui hai bisogno.

Salem                            - E di cosa posso avere bisogno?

Ragazzo                        - Avrai bisogno di garze sterili e di tubetti di pomata verde e diversi tipi di cataplasmi caldi e freddi. E avrai bisogno di impacchi freddi e di calmanti, di iodio, di stimolanti e di pastiglie di penicillina.

Salem                            - Non sono stata assalita da un toro. Sono stata attaccata dalla ameba e non so nemmeno come siano fatti questi animaletti. Probabilmente hanno una piccola testa bianca con gli occhi rossi e due gambe, ma so che non hanno una vita lunga.

Ragazzo                        - Ti seguiranno dappertutto.

Salem                            - Non cercare di spaventarmi, bambino. Ho girato il mondo. Tu non sai nemmeno cosa sia l'ameba. Puoi man­giare il chili che è stato per terra e non ti succede niente. Sono io che sono in pericolo, non tu. Quindi non stare a darmi consigli. Guarda come sei forte. Guardati. E adesso guarda me.

Ragazzo                        - Che aspetto ho?

Salem                            - Vieni qui, ragazzo, e sta' su dritto. Vieni qui vicino. Forza! Avanti! Vieni qui da me e fammi vedere che aspetto hai ora che sei cresciuto. (Il Ragazzo le va vicino, tutto vestito con gli abiti di Kent. Salem lo prende per mano e lo conduce al proscenio; lo conduce per mano avan­ti e indietro e si rivolge al pubblico come se si trovasse sulla piazza del mercato affollata di paesani. Sullo sfondo il salmodiare si fa sempre più forte) Mira! Mira! Mira! Guardate cosa c'è qui. Guardate cosa ho qui per voi! Per chiunque può pagare, Cuantos pesos por el nino! El nino es muy bravo, no! Si! È venuto qui da me fin dalle colline coi vestiti di suo padre e gli occhi di sua madre! Guardate le sue mani! Come sono forti! E com'è coraggioso! Suo pa­dre dice che ormai è grande abbastanza per lavorare da solo. Per lavorare per uno di voi! Per lavorare sodo e a lungo! Suo padre me l'ha ceduto per il prezzo di sei porci! E io ve lo dò per dodici. Doce paygar por el nino acqui. Avanti! Avanti! No? (Trascina per mano il Ragazzo, giù dal palcoscenico in mezzo al pubblico e passeggia su e giù per i corridoi mo­strandolo alla gente e gridando forte. Lo Stregone e il Fi­glio guardano Salem e il Ragazzo come fa il pubblico e anzi ne riflettono le reazioni, ma proseguono il loro salmo­diare. Kent è sempre svenuto) Cuantos pesos por el nino. Cuantos! Cuantos! Cosa volete di più? In questo momento della sua vita, per voi vale di più di tutti i ponchos che po­tete fare in tre mesi. Anzi in quattro! Porterà le vostre pecore all'ovile la sera! Le porterà fuori alla mattina! Caccerà via i cani e le cornacchie e vi taglierà il grano! Toccate i suoi fianchi e le sue coscie! Guardategli gli occhi e la bocca! Ed è anche onesto! Non oserà mai rubare, mentire, o ingan­nare! Sa anche cantare le canzoni della sua tribù e scolpire animali di legno nei momenti liberi! Parlerà solo quando gli rivolgete la parola e non vi riderà mai alle spalle! È abi­tuato a portare la legna e l'acqua per trenta miglia senza mai fermarsi a riposare! Cosa potete volere di più? Cosa potete chiedere di più? Potete sempre rivenderlo. E non ne rice­verete mai meno di sei porci! Ha la pelle in ordine, senza cicatrici! Probabilmente in condizioni migliori della vostra. Nei capelli non ha pidocchi né piattole! Ha tutti i denti. Cosa aspettate? Quanto date per lui? Cuantos! Cuantos! Non avrete mai più un'occasione simile! Quanto siete di­sposti a pagare per questo ragazzo? (Improvvisamente comin­cia a squillare il telefono. Salem e il Ragazzo interrompono immediatamente la loro scena e si voltano verso il palco­scenico; sono nel corridoio di centro in fondo alla platea. Lo Stregone e il Figlio smettono di salmodiare e guardano il telefono che suona; il Figlio si avvicina lentamente al tele­fono e risponde)

Figlio                             - Pronto. Cosa? (Mette una mano sul ricevitore e grida al Ragazzo) È per te! (Il Ragazzo percorre il corridoio per andare al telefono. Salem rimane dov'è)

Salem                            - Digli che stai partendo per un viaggio. Digli che vai negli Stati Uniti. Digli quello che può farli contenti! (Il Ragazzo prende il ricevitore e risponde. Il Figlio torna vicino allo Stregone e ricominciano a salmodiare sottovoce vicino al corpo di Kent, A questo punto le luci cominciano a smorzarsi a poco a poco; anche il ventilatore comincia a girare più lentamente)

Ragazzo                        - (al telefono) Bueno. Si. Si. Està bien. No. Volver a la casa. Si. Si. En està noche. No. No me gusto. Si. Està bien. No. Està mejor.

Salem                            - Cosa vogliono? Digli che vieni con me. (Comincia a percorrere lentamente il corridoio verso il palcoscenico)

Ragazzo                        - Estoy muy triste aqui. Si. Bueno. Tu tambien? Bueno. Hasta luego. Si. Buena noche, papa. Adios. (Appende il ricevitore e guarda Salem che si avvicina lentamente a lui lungo il corridoio. Lo Stregone e il Figlio continuano lui lungo il corridoio. Lo Stregone e il Figlio continuano a calare. Kent resta sempre per terra) Era mio padre.

Salem                            - Tuo padre è morto. Tu verrai con me. Abbiamo molte cose da fare.

Ragazzo                        - È la prima volta in vita sua che parla al telefono. Mi ha detto di cominciare ad avviarmi giù per la strada verso casa e lui mi verrà incontro e ci incontreremo a metà strada e ci abbracceremo.

Salem                            - Come potete incontrarvi al buio? Non potete nemmeno vedere la strada.

Ragazzo                        - Ci incontreremo quando fa giorno. La mia casa è lontana da qui. Ci incontreremo quando sorge il sole. Ci scorgeremo da molto lontano e ad ognuno di noi sembrerà di vedere un nano. Lui mi vedrà e io lo vedrò e diventeremo sempre più grandi man mano che ci avviciniamo.

Salem                            - Tu e tuo padre morirete nella vostra capanna. Potresti venire con me. Potrei insegnarti a guidare. Potremmo andare in tanti posti assieme.

Ragazzo                        - Poi ci racconteremo dove siamo stati e io gli canterò canzoni che non ha mai sentito.

Salem                            - Tuo padre è sordo! (Si avvicina ancor più al Ragazzo, mentre le luci vanno spegnendosi)

Ragazzo                        - Ci siederemo uno vicino all'altro e fumeremo sul bordo della strada, finché passerà un camion che va verso casa nostra. Mio padre mi darà un bacio d'addio e salirà sul retro del camion e se ne andrà, mentre io aspetterò un altro camion che vada per la strada opposta. Un camion az­zurro con il dietro coperto da un telone, che trasporta polli e capre, e una piccola immagine della Madonna sul cruscotto e fiori di plastica verde appesi allo specchietto retrovisore e decorazioni e frange dorate attorno ai finestrini e il volan­te e il pomo del freno ricoperti di nastro a righe, e un guida­tore ubriaco con una lunga barba nera, e la radio a tutto volume canterà canzoni spagnole, mentre noi entreremo nel­le acque del Golfo del Messico e lo attraverseremo fino al­l'altra riva.

Salem                            - Ma non ne uscirete mai vivi! (Le luci si spengono, il ventilatore si ferma e Salem raggiunge il Ragazzo)

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

                                                  

 (La scena ha esattamente la stessa struttura di quella del I at­to, tranne che questa volta suggerisce l'idea di una stanza d'albergo americana. I colori violenti sono scomparsi e sono sostituiti da diverse tonalità di marrone e di grigio. Le scrit­te sulle porte sono in inglese e cioè "Bathroom" e ltPlease do not disturb" in bianco e nero. Il telefono è in materia pla­stica. Il ventilatore non c'è più. Le valigie ai piedi dei letti sono pure in materiale plastico. Kent dorme sul letto di de­stra, appoggiato ai cuscini e con un termometro in bocca. Indossa un pigiama. Salem è nel bagno. Indossa abiti di tessuto sintetico di chiara marca americana. Si accendono le luci. Si sente picchiare rumorosamente alla porta di sinistra. Kent non si sveglia. Salem esce dal bagno e si avvia alla porta. La apre e sulla soglia compare Doc, impersonato dallo stesso attore che ha sostenuto la parte dello Stregone, insieme a suo figlio Sonny, lo stesso che ha impersonato il Ragazzo. Doc è vestito come un medico di campagna dei tempi della Guerra Civile, con stivali, soprabito a code, cravatta stretta, bretelle, una pistola nel fodero appeso sotto il braccio, cap­pello nero a larghe tese e una grande borsa nera coi suoi strumenti. Sonny è vestito esattamente come Doc ma senza borsa né pistola)

Salem                            - Oh bene. Finalmente. Entrate. Voi siete quelli mandati dalla clinica? (Entrano)

Doc                               - Si, signora. (Si toglie il cappello. Sonny lo imita)

Salem                            - Si è portato un aiuto? Non era necessario. Non è niente di grave.

Doc                               - No, signora. Questo è mio figlio, Sonny.

Salem                            - Come va?

Sonny                            - Bene.

 Doc                              -  Mi segue sempre. Impara il mestiere. Apprendistato, sa.

Salem                            - Bene, bene.

Doc                               - Diamo un'occhiata. (Si avvicina a Kent e si siede sul letto, gli tasta la fronte, esamina gli occhi, ecc., mentre continua a parlare. Kent sembra sempre addormentato. Salem e Sonny restano accanto al letto)

Salem                            - Non so cosa dirle più di quello che le ho detto per telefono.

Doc                               - In verità lei non mi ha detto proprio niente. Avrà forse parlato con la mia segretaria o qualcosa del genere. Non con me.

Salem                            - Ah.

Doc                               - Quindi mi dica qualcosa.

Salem                            - Cioè i sintomi?

Doc                               - Qualcosa. Bisogna avere un punto di partenza quando si cura una malattia. Altrimenti tanto varrebbe curare la salute.

Salem                            - Già. Va a momenti.

Doc                               - Momenti?

Salem                            - Si. Un momento una cosa, un momento un'altra. (Durante queste battute, Doc fa cenno a Sonny di aprire la borsa e porgergli i vari strumenti per auscultare il cuore, esaminare gli occhi, le orecchie, la bocca ecc. Mentre compie queste operazioni, Salem cammina avanti e indietro)

Doc                               - Per esempio.

Salem                            - Un po' dorme e un po' è sveglio.

Doc                               - Anch'io faccio cosi.

Sonny                            - Io pure.

Salem                            - No, no. Non come lui. Non è la stessa cosa. Per esempio, stiamo parlando di qualcosa. Uno parla, l'altro risponde e anche se non è un discorso particolarmente ap­passionante, chiacchieriamo. A un certo momento lui comin­cia ad andar via.

Doc                               - Cosa intendete dire?

Salem                            - Lei vede una persona, come me adesso. Io le par­lo, lei mi parla e a un certo punto mi succede qualcosa, mentre parlo, come se scomparissi.

Doc                               - Esce dalla stanza?

Salem                            - No, si addormenta. Come adesso. Dorme. Ma pri­ma che lei arrivasse stava parlando con me. Ora dorme.

Doc                               - Senta signora. A me occorrono dati precisi: raffred­dore, mal di schiena, irritazione della pelle, presenza di san­gue nelle urine, mossa di corpo. Cose cosi.

Salem                            - In questo caso non è cosi. Quello che ha è quello che lei vede. Sonno. Pensavo che fosse solo stanchezza, per questo siamo venuti qui; per riposarci e acquistare energie. Ma è ancora peggio. Lo vedo bene.

Doc                               - Come?

Salem                            - Dalla faccia che fa lei.

Sonny                            - (tutto d'un fiato) Non deve preoccuparsi signora. Pà fa sempre questa faccia quando cerca di scoprire cosa c'è che non va. Davvero. Sempre. E io lo so perché sono sempre con lui quando cerca di scoprire cosa c'è che non va, e lei no invece. Infatti è la prima volta che lei vede Pà al lavoro. Deve fidarsi di me e di lui e non di se stessa.

Salem                            - Conosco i medici. Sono pratica di dottori e so come cambiano espressione. Hanno diverse' espressioni e da queste si capisce come stanno le cose. E io so capire come stanno le cose dalla faccia che lui fa. Quindi non stare a rac­contarmi delle storie.

Doc                               - Bisognerà che lei mi dica qualcosa di più, signora, per arrivare a una conclusione.

Sonny                            - Più sappiamo, prima possiamo metterci all'opera.

Salem                            - Cosa intendi dire? Vuoi aiutare anche tu? Ma \u non sei un dottore.

Doc                               - Senta signora, basta tirare in lungo.

Salem                            - Mi sforzo di concentrarmi.

Sonny                            - Non si sforzi. Non può concentrarsi se si sforza.

Salem                            - Ragazzo! Dovresti fare il medico, Sonny, visto che hai tutte queste nozioni sulla punta delle dita.

Sonny                            - Faccio del mio meglio.

Doc                               - Sintomi, signora, sintomi.

Salem                            - Sintomi!

Sonny                            - Fatti che dimostrino esteriormente quello che può esserci all'interno.

Salem                            - Lo so, lo so. Sbadigliare. Un gran sbadigliare e poi un gran chiacchierare, poi ancora sbadigliare e chiacchierare e infine dormire, e poi svegliarsi e chiacchierare e sbadigliare e dormire di nuovo. Sempre daccapo cosi. (Doc si alza in piedi di scatto)

Doc                               - Ho capito! Ma è naturale!

Salem                            - Cosa?

Doc                               - Dobbiamo svegliarlo immediatamente. Subito, prima che sia troppo tardi. Aiutami. (Doc e Sonny tirano Kent fuori dal letto e lo tengono in piedi. Kent continua a dormire)

Salem                            - Che cos'è?

Doc                               - Suo marito, signora, soffre di quella che noi chiamia­mo encefalite letargica cronica, conosciuta anche come malat­tia Idei sonno e encefalite epidemica, malattia di von Econo­mo. Una malattia che compare periodicamente, specialmente in primavera, e in forma epidemica.

Sonny                            - Visto? Gliel'avevo detto. (Sonny e Doc danno alcuni schiaffi sulla faccia di Kent e cominciano a farlo mar­ciare su e giù per la stanza, mentre parlano con Salem. Kent a poco a poco si risveglia dal suo sonno con un'aria di in­tontito stupore. Doc va a prendere la sua borsa e lascia a Sonny il compito di farlo camminare. Toglie dalla borsa un foglio arrotolato e lo svolge: è una fotografia di Kent nudo, con tabelle e diagrammi illustranti l'encefalite. Lo appende alla parete di fondo, mentre continua a parlare. Con una bac­chetta indica diversi punti del foglio, mentre svolge una spe­cie di lezione,, come se fosse un vecchio professore d'univer­sità che non riesce a ricordare quello che deve dire)

Doc                               - È un'infezione da virus che agisce soprattutto sui centri nervosi principali, il cervello e il peduncolo cerebrale. Questi subiscono un processo di rigonfiamento idropico, emorragie ed infine la distruzione di quelle parti di tessuto che compongono sia le cellule che le fibre nervose. Questo processo può coinvolgere anche altre parti del cervello, il midollo spinale e perfino altri organi.

Salem                            - Oh, no!

Doc                               - La malattia ha inizio generalmente con un rialzo di temperatura e una sonnolenza o letargia progressiva che può evolvere lentamente verso uno stato di completa incoscienza. In taluni casi tuttavia il paziente, anziché essere insonnolito, passa dapprima attraverso uno stadio di irrequietezza, che può raggiungere un'eccitazione maniacale. Generalmente Io stato di sonnolenza aumenta gradualmente nel corso di una settimana o più; in concomitanza compaiono varie forme di paralisi, che si manifestano con l'abbassarsi delle palpebre, strabismo e debolezza di uno o due lati della faccia. Talvolta restano paralizzati anche i nervi che controllano i muscoli della gola, provocando alterazioni della voce e difficoltà nel-l'inghiottire. In alcuni casi la malattia colpisce il midollo spi­nale, provocando dolori acuti in una o più parti del corpo ed è frequentemente seguita da paralisi parziale. Non è infre­quente riscontrare infiammazioni anche negli altri organi; sot­to la pelle e nei muscoli si fanno evidenti tracce di emorra­gie, oppure il sangue può fare la sua comparsa nel vomito o nelle feci. Questi fenomeni perdurano generalmente per molti mesi; il paziente rimane stanco e sonnolento, mostra spesso ri­gidità dei muscoli, contrazioni grottesche del viso, andatura convulsa, tremori incomposti che compaiono ritmicamente, fe­nomeni che ricordano il quadro clinico della paralisi agitans conosciuta nell'encefalite epidemica come morbo di Parkinson. Altri casi mostrano una forte affinità coi sintomi della corea, e altri ancora con la malattia conosciuta sotto il nome di paralisi generale; e molti casi che si concludono con la guari­gione fisica lasciano però le facoltà mentali in condizioni di grave inefficienza.

Salem                            - Sapevo che stava male. Cosa faremo ora? Eravamo in viaggio per il Messico. Perché potesse riposarsi.

Sonny                            - Riposarsi?

Salem                            - Si. Voglio dire rimettersi in forze.

Doc                               - Non esiste una cura specifica per questa malattia, ma il paziente deve essere tenuto in movimento e, se pos­sibile, spinto a conversare. Più movimento fa, meglio è; per evitare che la malattia riesca fatale. Il solfato di benzedrina si rivela talvolta utile a questo stadio della malattia.

Salem                            - Lei ne ha?

Doc                               - Certo. Lei gli prenda il braccio, signora, insieme a Sonny, e lo faccia camminare su e giù mentre io prendo le pastiglie. Continuate a farlo muovere a tutti i costi. (Salem segue le istruzioni mentre Doc estrae dalla sua borsa un fla­cone di compresse. Kent sbadiglia)

Salem                            - Che razza di malattia si è preso! È terribile. E pensare che eravamo in viaggio per le vacanze. (Quando Kent parla, sembra che si trovi in un mondo del tutto estraneo a ciò che avviene sulla scena, anche quando si rivolge agli altri attori e anche quando le sue parole sembrano riferirsi a quanto accade)

Kent                              - Ah. Le tue mani fanno bene, ragazzo. Mani forti.

Salem                            - Parla!

Doc                               - Bene, bene. Continuate a farlo muovere.

Kent                              - Non si hanno le nocche cosi aguzze se si gioca a pallavolo o qualcosa del genere. A pallavolo si usa il palmo delle mani. Ma le nocche sono insanguinate. Ahi!

Salem                            - Cosa?

Doc                               - Non si preoccupi. Gli dia queste quando può, ma lo lasci parlare.

Salem                            - Cosa sono?

Doc                               - Benzedrina. Tenetelo sempre in movimento. (Porge le compresse a Salem, poi va verso il letto di sinistra, si to­glie la giacca e si sdraia sul letto con le mani intrecciate dietro la nuca, e sta a guardare. Kent cammina, Salem e Sonny lo reggono sotto le braccia)

Kent                              - Non preoccupatevi. Mi fa bene.

Salem                            - Non crede di dover fare qualcos'altro per lui, dot­tore. Cosa fa ora?

Sonny                            - Dovrebbe lasciar stare Pà, signora. Noi dobbiamo fare solo quello che ci dice.

Doc                               - Basta che lo leniate in movimento.

Salem                            - Ma cosa fa lei dunque?

Doc                               - Penso di farmi un pisolino. È stata lunga venire fin qua. (Chiude gli occhi e si mette a dormire, mentre Salem e Sonny continuano a far camminare Kent)

Salem                            - Bello. Sta li a far niente.

Sonny                            - Abbiamo fatto molta strada, signora.

Salem                            - Cosa me ne importa della strada che avete fatto. Certo che dovete far della strada quando andate da un ma­lato. È sempre stato cosi per i medici. Avanti e indietro. Dove c'è bisogno di loro, vanno. Devono anche impegnarsi a farlo il più presto possibile.

Kent                              - Come si fa a saperlo. Ci si trovano dentro fino al collo.

Salem                            - (a Doc) Ascolti, c'è speranza che alla fine guari­sca, o dobbiamo continuare cosi per sempre? Ehi!

Sonny                            - Ssst... Dorme, signora.

Salem                            - Come faremo a sapere quando sta meglio?

Sonny                            - Lo dirà Pà.

Salem                            - Ma se dorme.

Sonny                            - Si sveglia ogni mezz'ora, all'ora esatta, poi si ri­mette a dormire.

Salem                            - Come mai?

Sonny                            - Aveva l'abitudine di allevare i cuccioli. Bisogna dar loro da mangiare ogni mezz'ora almeno fino a che arriva­no a nove settimane.

Kent                              - Un medico non dovrebbe addormentarsi quando è sul lavoro.

Salem                            - È vero. Ma cos'è, un veterinario?

Sonny                            - Se è sul lavoro ed è troppo stanco per far bene il suo lavoro, dovrebbe addormentarsi e svegliarsi riposato per poter fare un buon lavoro.

Salem                            - Vuoi qualcosa di forte, Kent?

Kent                              - Non ancora. (Continuano a camminare insieme a Kent, mentre Doc dorme. Il loro modo di camminare dovreb­be cambiare, ora avanti, ora indietro, ora è Kent che li tra­scina, ora sono loro che trascinano Kent; devono percorrere tutto il palcoscenico e cambiare continuamente velocità e modo di camminare. In nessuna occasione però Salem e Sonny lasciano andare le braccia di Kent) Conosco quel tipo. Un tipo subdolo. Quel personaggio dei film dell'orrore che scompare quando non vuol farsi vedere e rispunta quan­do gli fa comodo.

Salem                            - Non so cosa dirgli.

Sonny                            - Si rilassi. Lasci parlare lui.

Kent                              - Quel tipo si presentò una volta alla nostra porta, mentre eravamo tutti in casa, ognuno al suo solito posto, a guardare un film dell'orrore... Il mostro è sempre un tipo simpatico. Avete notato? Sempre simpatico.

Salem                            - Kent, svegliati.

Sonny                            - Ssst... Lo lasci fare.

Salem                            - Ma stavamo andando nel Messico.

Kent                              - Allora batte alla porta e papà dice: "Avanti" e quel tipo entra con una valigetta. Proprio dentro casa. E la casa è nel mezzo della prateria, con niente intorno tranne la prateria e una grande fabbrica dove producono qualcosa che fuori non si vede mai. Tutto quello che si vede è il fumo che esce. E quello entra, e la mamma e i miei fratelli e le sorelle tutt'attorno che si lambiccano il cervello su cosa può esserci dentro e papà che muore dalla voglia di fumare. (Doc sbadiglia, poi si mette a russare rumorosamente)

Salem                            - Dottore, faccia qualcosa!

Kent                              - Ssst... E papà non ce la fa quasi più perché gli man­ca quello di cui ha bisogno. Cosi quel tipo della fabbrica si siede vicino a papà, che sta morendo, e gli dice: vedo che lei ha tutti questi bei figlioli e papà fa cenno di si con la te­sta. Poi il tipo del film dice: e vedo che stanno tutti per mo­rire e la mamma fa cenno di si con la testa. E il tipo dice: so che non avrete mai la possibiliià di vedere di dentro la no­stra fabbrica, di vedere esattamente cosa facciamo e loro scuo­tono la testa. Cosi adesso voglio darvi una possibilità, e apre la valigetta che è piena di pacchetti di sigarette di marche diverse. Il  papà sorride e si passa la lingua sulle labbra. I ragazzi fanno cerchio intorno, la mamma sviene. Il tipo di­ce: le farò una piccola offerta, caro amico.

Sonny                            - Pà!

Kent                              - Se cambiate tutti quegli stupidi nomi che avete dato ai vostri otto figli, da quelli che sono a quelli delle otto marche delle nostre sigarette, le organizzerò una piccola at­tività e cosi lei potrà fumare quanto vuole. Ma non continua­te a mettermi la benzedrina sotto il naso.

Salem                            - È per il tuo bene, Kent.

Sonny                            - Pà, credo ci sia bisogno di te.

Kent                              - Bravi, bene cosi. Non è nemmeno necessario che continuiate a tenermi. Gran cosa camminare.

Sonny                            - Non gli creda, signora. Dicono tutti cosi. E pro­prio quando dicono cosi, si sa di certo che l'ultima cosa al mondo da fare, è fare quello che dicono.

Salem                            - Ma forse è proprio questo che vuol dire. Kent? Staiw bene?

Sonny                            - Gli tenga stretto il braccio, signora. Faccia tutto il contrario di quello che dice. Mi creda. Me ne intendo.

Kent                              - Tu non sei un dottore.

Sonny                            - La settimana scorsa Pà ed io siamo stati alla fat­toria del Tuttle, un bel pezzo fuori Lansingville, per vedere la vecchia signora Tuttle; che i vicini ci avevano chiamato per dirci di darle un'occhiata, dato che la sera tardi faceva un sacco di baccano suonando, e loro si erano seccati. Cosi la settimana scorsa verso le tre del mattino siamo andati là pensando che se veramente faceva quello che dicevano che faceva, l'avremmo presa sul fatto e infatti è stato cosi. Stava proprio facendolo.

Salem                            - Senti, dobbiamo rimetterlo in salute cosi possiamo riprendere il nostro viaggio.

Sonny                            - Seduta là sotto il portico come se fosse giorno. Batteva i piedi e si dondolava al ritmo della canzone che suo­nava. Credo che fosse "Hang Toad's Got No Stock in My Mind". O qualcosa del genere.

Salem                            - Dottore!

Sonny                            - Cosi noi ci avviciniamo di soppiatto attraverso i cespugli e ci sediamo per un po' li nel buio ad ascoltare quella bella musica della signora Tuttle. (Doc si sveglia im­provvisamente e si mette a sedere sul letto; poi si alza di scatto e si mette la giacca; guarda l'orologio. Gli altri conti­nuano a camminare)

Doc                               - Cosa?

Sonny                            - Sto raccontando alla signora qui della vecchia signora Tuttle, Pà. (Doc si mette ad ascoltare con interesse e viene al proscenio)

Doc                               - Ah, si. È stata una nottata un po' strana. Una notte che ci si poteva immaginare che la vecchia signora Tuttle fosse l'unica persona al mondo di cui sì potesse parlare e noi due, mio figlio e io, eravamo come dei cespugli. Li solo per guardare. E crescere lentamente. Radicati in quel posto. La­sciando che le stagioni ci trasformassero. E la signora Tut­tle suonava per noi come suonava per quel mondo di arbusti, di piante e di insetti.

Kent                              - Cosi papà alla fine si mise nel commercio.

Doc                               - Silenzio! Fatelo star zitto! (Continuano a far cam­minare Kent mentre Doc viene al proscenio e continuando a camminare su e giù si rivolge al pubblico)

Salem                            - Dottore.

Doc                               - Proprio cosi. Il mio ragazzo e io, nascosti alla sua vista. Invisibili alla vecchia signora Tuttle. E a poco a poco ci siamo accorti di come quel suo dannato suonare ci pren­deva, ci incantava. La vecchia signora ci aveva quasi ipnotiz­zato per un po', finché il mio ragazzo si è risvegliato e ci ha fatto uscire da quell'incanto.

Salem                            - Dottore! Stia un po' attento al suo paziente.

Doc                               - Cosi ci siamo decisi a far qualcosa quando era già troppo tardi. E cosi siamo cascati proprio nella sua trappola e ci siamo avvicinati al portico come se niente fosse e...

Sonny                            - Non è andata proprio cosi, Pà.

Doc                               - Tu taci. Com'è andata non riguarda né me né te. Quello che voglio è farla finita e tornarmene a casa.

Kent                              - E piantarmi in asso.

Salem                            - Come può un medico piantarti in asso, Kent?

Doc                               - Andandomene, signora.

Salem                            - Chiamerò la clinica.

Doc                               - Provi!

Sonny                            - Pà ha tagliato i fili quando siamo entrati, signora.

Salem                            - Voi, cosa? Che indecenza.

Doc                               - (al pubblico) E cosi ci avviciniamo alla vecchia signora Tuttle che non si accorge nemmeno di noi. Come se non fossimo nemmeno là.

Kent                              - Vuol dire che mi addormenterò e non mi sveglierò mai.

Salem                            - Non essere sciocco. Continueremo a farti cammina­re per tutta la notte se è necessario.

Kent                              - E domani?

Salem                            - E domani andremo al Messico.

Doc                               - E più ci avviciniamo, più capiamo che per lei tro­varsi li o in un altro posto sarebbe stata la stessa cosa. Non poteva importarle meno.

Kent                              - Lasciatemi andare. Voglio provare a telefonare.

Doc                               - Non lasciatelo andare per nessuna ragione!

Kent                              - Voglio provare a telefonare! (Continuano a far cam­minare Kent)

Doc                               - (rivolto al pubblico) C'è una cosa che non ho mai potuto sopportare in tutti questi anni, andando su e giù a curare malattie e ferite e artriti.

Sonny                            - Che cosa, Pà?

Doc                               - L'assoluta ostinazione di tutti questi malati imbecilli e malconci a non volere quello che prescrivevo. Tu dici una cosa e loro fanno subito esattamente il contrario. Non appena giri le spalle vanno nella direzione sbagliata. Proprio a capo­fitto in quello da cui io cercavo di tirarli fuori.

Salem                            - Dottore! Sembra che stia bene adesso.

Sonny                            - Deve stare attenta ai suoi trucchi, signora. Lei de­ve far ,1'occhio al suo modo di comportarsi in maniera da di­stinguere quando va meglio e quando va peggio.

Doc                               - Sono arrivato a un punto, in tutto il mio girovagare, che ho avuto la sensazione che il dottore è la cosa di cui hanno meno bisogno. Meglio lasciare che quegli scemi se la cavino da soli.

Salem                            - Si muove e tutto. Parla e cammina. È quello che lei voleva. Non possiamo lasciarlo andare adesso? Dottore?!

Doc                               - Certo! Ma certo! Lasciatelo andare! (Tutti si fermano)

Salem                            - Kent? (Lasciano andare il braccio di Kent e fanno un passo indietro. Kent rimane fermo. Doc gli si av­vicina e gli solleva le palpebre,, poi si allontana)

Doc                               - Perfetto.

Salem                            - Allora? Sta bene adesso, non è vero?

Doc                               - Certo. Sano come un pesce. (Kent si precipita al te­lefono e solleva il ricevitore; cerca di comporre un numero ma non ci riesce. Come riappende il ricevitore, resta impietrito)

Kent                              - Hanno tagliato i fili. La corrente.

Salem                            - Kent. Possiamo partire domani se vuoi.

Sonny                            - Perché il Messico? Perché non il Canada, dove vi noterebbero di meno.

Salem                            - È giusto, Kent. In Messico sono tutti di pelle scura. Ci noterebbero immediatamente.

Doc                               - Specialmente con un cadavere.

Sonny                            - Un cadavere si nota dappertutto.

Salem                            - Cosa intendete dire?

Kent                              - Qui no. A Lansingville. Facciamoci portare qui un televisore. E un po' di panini.

Salem                            - No, è sciocco. Noi vogliamo andarcene, non re­stare qui dentro.

Doc                               - Io potrei fare una scappata una volta alla settimana.

Salem                            - Qui ci sono delle pastiglie, Kent. Prendi qualche pastiglia. Starai meglio. (Tende a Kent le pastiglie. Kent le prende in mano e resta impietrito) Ti porto un bicchiere d'acqua. (Va nel bagno. Doc e Sonny si avvicinano a Kent, che resta immobile)

Sonny                            - Se lei non vuole seguire le istruzioni di Pà, non uscirà mai da questo buco, pazzo che non è altro.

Doc                               - È vero. Ascolta il ragazzo.

Sonny                            - Sa quel che dice, Pà.

Doc                               - Non ho viaggiato da uno sporco paese all'altro, tirando via le croste da un'infezione che altrimenti avrebbe trasfor­mato un uomo in un cadavere, se non si fosse fatto uscire il marcio; non ho fatto tutto questo senza imparare qualcosa.

Sonny                            - Lo fanno anche con gli alberi, non impressionatevi.

Doc                               - Continua a muoverti, figliolo. È l'unico modo per uscirne. (Entra Salem con un bicchiere d'acqua e lo porge a Kent)

Salem                            - Tieni, Kent.

Doc                               - Vedi, tua moglie è proprio dietro di te, ragazzo. (Kent prende le pastiglie e una sorsata d'acqua; restituisce il bicchiere a Salem, poi resta fermo)

Kent                              - Bene. Grazie, Doc. Spero che faccia un buon viaggio di ritorno.

Doc                               - Oh, bene. Un buon viaggio? Ma certo. Ma non sarà poi tanto buono. Non migliore di quello che ho fatto venendo qua.

Kent                              - E quello com'è stato?

Doc                               - Cosi cosi.

Kent                              - Bene, spero che questo sia migliore. (Kent comincia ad andare attorno con scioltezza, osservando te pareti della stanza)

Sonny                            - Non può essere. È sempre lo stesso. Polvere, caldo. Ti stanchi e poi ti riposi sempre negli stessi posti lungo la strada, sotto gli stessi alberi.

Kent                              - E perché?

Doc                               - È li che ci sono le sorgenti, capisci. Bisogna che tu sia stanco proprio dove c'è l'acqua, cosi non passi oltre. Sennò perdi l'occasione.

Kent                              - Non vi portate una borraccia o qualcosa del genere?

Salem                            - Allora, Kent, possiamo partire domani, se ti senti bene.

Kent                              - Ma come farai a prenotare i posti? I fili sono ta­gliati. Anche quelli della corrente.

Sonny                            - È vero.

Doc                               - In ogni modo bisognerà che passiamo di qua ogni tanto per tenerti sotto controllo. Per essere sicuri che tu non faccia una ricaduta.

Kent                              - Una che?

Doc                               - Una ricaduta. Per essere sicuri che tutta questa fac­cenda non ricominci da capo.

Sonny                            - Vuoi la borsa, Pà?

Salem                            - Potrei andare fino all'angolo e chiamare dal telefono pubblico.

Doc                               - Vedi, ci potresti ricascare di nuovo, se non stai attento a quello che fai. Si tratta di un equilibrio molto delicato dei centri nervosi più importanti. Basta un piccolo scarto, e pàf! Devi tenere un polo in attività in modo da non risvegliare l'attività del polo opposto.

Sonny                            - Ha ragione.

Salem                            - Allora, vado a fare le prenotazioni, Kent?

Doc                               - Non ancora. Non è ancora in condizione di andare in giro di notte, al freddo, cosi com'è. Là fuori coi grilli.

Kent                              - Penso che resterò qua.

Salem                            - Bene, allora vado.

Doc                               - No. Dovrebbe restare qui anche lei, signora.

Kent                              - Ma perché?

Doc                               - Penso che avremo bisogno di qualcuno che prepari il tè di gelsomino col miele, e...

Kent                              - Può farlo Sonny.

Sonny                            - Ci vuole una donna.

Salem                            - Sentite: Kent sta bene, ormai, quindi perché voi due non ve ne andate e non mi lasciate sola con lui?

Sonny                            - Lei non è un medico.

Doc                               - Giusto. Suo marito dovrebbe prendersi un po' di ri­poso, adesso, e bere un pò di tè speciale. Solo un medico con una lunga esperienza...

Salem                            - Ma che esperienza è la sua, alla fine?

Sonny                            - Non parli a Pà in questo modo.

Salem                            - E cos'è questa storia di tagliare i fili?

Doc                               - Noi non vi abbiamo mai tagliato i fili, signora. (Kent si avvicina a Doc e Doc fa qualche passo indietro)

Kent                              - Mi pare che prima lei abbia detto che aveva tagliato i fili.

Doc                               - No, mai detto questo.

Kent                              - Avevo l'impressione che fossimo rimasti senza cor­rente. Tagliati fuori. Nessun mezzo per raggiungere l'esterno.

Doc                               - Provi, allora. Prenda il telefono e provi.

Kent                              - Prova, Salem. (Salem va al telefono e solleva il rice­vitore, mentre Kent incalza Doc qua e là per la scena. Sonny osserva)

Doc                               - Potete chiamare Berlino, se volete.

Kent                              - E perché dovremmo chiamare Berlino?

Salem                            - Nessun contatto. (Appende il ricevitore)

Doc                               - Questa è una vera sciocchezza. Sonny, prova tu.

Kent                              - Non muoverti, Sonny, o ti faccio fuori. (Sonny re­sta impietrito)

Doc                               - Fa quello che ti ho detto, figlio. Io ho una pistola. Lui no. Sono io l'unico armato. Avanti, dunque. Sistemiamo que­sta faccenda una volta per tutte.

Kent                              - Non fare un passo.

Doc                               - Ah, adesso ti dai un sacco di arie, fai il bullo. Sei su di giri adesso che sei guarito. Fai presto a dimenticarti di chi ti ha cavato dalle peste. Ricordi? Il tuo vecchio Doc ti ha tirato fuori da quello che per me era un suicidio. Né più né meno. (Sonny resta immobile)

Salem                            - Non dite cosi. Kent, andiamocene e basta.

Kent                              - Se fa una sola mossa, crepa,

Doc                               - Beh, adesso stai esagerando, caro signore. Dovresti es­sere un po' più in gamba per spararle cosi grosse. (Kent finge di estrarre dal fodero una pistola e la punta contro Doc, men­tre lo incalza sempre più velocemente per tutto il palcoscenico. Sonny resta immobile)

Kent                              - È accertato che i .'ili sono stati tagliati. L'ha consta­tato Salem.

Doc                               - Ora, Sonny, va' tu e prova, cosi poi possiamo andar­cene. Sonny! (Sonny resta immobile)

Salem                            - Kent, lasciagli provare il telefono, se vuole. Poi ce ne andremo.

Doc                               - Cosa fai con quel dito? Non vengo mica dall'Egitto, sai.

Salem                            - Bada, adesso chiamo la centralinista e vi faccio ve­dere. (Si avvia verso il telefono, ma quando Doc parla, resta anche lei come impietrita)

Doc                               - Non fare un passo. (Estrae la pistola dal fodero e la punta contro Kent. Ora è Doc che incalza Kent per tutto il palcoscenico. Kent tiene il dito puntato contro Doc. Salem e Sonny restano immobili al loro posto)

Kent                              - Perché mai al mondo, mi domando, perché mai al mondo un medico di una clinica rispettabile dovrebbe mettere fuori uso il telefono di un moribondo. Un uomo che lui dovreb­be curare. Un uomo che è pronto a pagargli due valigie di denaro in cambio della salute. Mi domando perché e arrivo a una sola risposta.

Doc                               - E quale sarebbe?

Kent                              - Che questo medico non è buono a niente. Che questo medico, in combutta col suo non meno infido figlio, ha intenzione di compiere su quest'uomo qualche strano esperi­mento che non vuole che trapeli all'esterno. Cosi, se questo esperimento non riesce, nessuno ne saprà niente e l'unico ad averci perso qualcosa sarà il moribondo che sarebbe morto in ogni caso. (Cambiano direzione: questa volta è Kent che avanza e Doc indietreggia)

Doc                               - Anch'io mi pongo una domanda. Mi domando per­ché questo moribondo, che non ha niente da perdere tranne la vita, accusa la sola e unica persona che potrebbe salvargliela di una cosa cosi sciocca come quella di tagliare i fili del te­lefono. Questo mi domando e arrivo a una sola risposta.

Kent                              - Si?

Doc                               - Che questo moribondo non è per niente moribondo. Che quest'uomo desidera una cosa sola, ardentemente. E con astuzia ne insinua l'idea in testa al dottore e il dottore la mette in atto. E il dottore compie l'esperimento con il fedele figlio al fianco e trasforma il moribondo in un prodigio di bellezza.

Kent                              - Come? (Doc avanza su Kent)

Doc                               - A poco a poco. Dai capelli in giù. Pezzo per pezzo. Mettendone accuratamente a nudo il cranio. Scavandone fuori quella materia collosa e soffiandovi dentro una fresca brezza estiva. AI posto dei capelli un campo d'erba con al­cuni ranuncoli che ricadono indietro.

Kent                              - E gli occhi?

Doc                               - Un soffice muschio umido li ricopre e immette in lun­ghe gallerie oscure a forma di spirale che portano in fondo dove sgorga la luce. Il naso è come un precipizio e sulla sua punta stanno appollaiate tutto il giorno le cornacchie e le cingallegre. Lo scalpello del dottore passa rapidamente so­pra la bocca. (Kent avanza contro Doc)

Kent                              - Oh, no. Le labbra sono nastri che penzolano dalla bocca e arrivano fino al mento. E sotto vi sono fitti denti ro­tondi coi bordi più affilati del diamante, cosicché di notte quando egli mangia mandano bagliori. Questi bagliori rag­giungono tutti gli esseri viventi che si trovino fino a venti miglia di distanza, cosicché possono restare al riparo finché viene il mattino-

Doc                               - Il mento...

Kent                              - Te l'ho detto. Il mento non si vede per via delle labbra. Penzolano. E cosi i capelli. Lunghi fogli di capelli neri che gli scendono oltre i fianchi e frusciano come la carta quando lui corre. (Doc avanza contro Kent)

Doc                               - Il dottore e il suo fedele figlio restano alzati tutta la notte a pensare alle spalle e alle braccia e al petto della bestia. (Sonny fa per avvicinarsi al telefono ma rimane im­pietrito quando Kent grida)

Kent                              - Fermati! O ti faccio a pezzi!

Doc                               - Alle tre del mattino si mettono al lavoro. Con movi­menti rapidi e pazienti intorno al torso. Le braccia gli pen­dono fin oltre i capelli e in fondo ondeggiano con grazia due belle mani femminee che sembra siano restate fino a questo momento al riparo di guanti di capretto.

Kent                              - Quando a un tratto solleva la testa e si libera dal­la striscia di cuoio che gli tiene legato l'esile petto.

Doc                               - No! (Kent avanza contro Doc)

Kent                              - Ma allora è troppo tardi. È venuto per lui il mo­mento di nascere e nulla può impedire questo evento. (Kent incalza Doc col dito puntato contro di lui; lo costringe a camminare per tutto il palcoscenico mentre gli altri restano impietriti al loro posto)

Doc                               - Non ancora! Restano da fare le gambe e i piedi!

Kent                              - Apre le braccia e la bocca e prova e assaggia ogni cosa. Sente i succhi scendere dal cervello attraverso il naso per finire nella bocca dove mandano sapore di miele. Si lec­ca le labbra. Butta via il lenzuolo. Rotola giù dal bordo del tavolo cromato che rulla sulle sue piccole ruote di gomma e si dirige verso il muro.

Doc                               - Non puoi cominciare prima che...

Kent                              - La caduta dal tavolo sul pavimento provoca il fluire di altri succhi. Egli sente lo scorrere del fluido che Io solleva da terra e lo fa stare in piedi.

Doc                               - Non può nemmeno camminare! È senza piedi! (Kent con le dita simula non più una rivoltella ma un col­tello e comincia a compiere rapidi balzi verso Doc che in­dietreggia a scatti)

Kent                              - Si accorge che il fluido gli scorre lungo le gambe, su fino alla vita. Si impossessa di lui e lo libera. Si ritira e torna all'assalto come un serpente. Con due passi attraver­sa la stanza e si appiattisce contro la parete. Scompare e di­venta lui stesso parete. Ricompare sulla parete di fronte. Si sdraia per terra e striscia lungo il pavimento. Sotto vi sono gabbie di topi, di conigli, di scimmie e di scoiattoli. Diventa topo, si trasforma in cobra e poi, è di nuovo sul pavimento. Poi sul soffitto.

Doc                               - Basta! (Doc fa fuoco con la pistola. Kent continua ad avanzare; i suoi gesti e i suoi movimenti si fanno strani e selvaggi, come quelli di una danza africana. Doc indie­treggia in ogni angolo della stanza, cercando di sfuggire, mentre Sonny e Salem restano impietriti)

Kent                              - Poi, saltando da un tetto all'altro coi suoi capelli di carta che ondeggiano all'indietro e le labbra che si incre­spano per il vento, assaporando il succo che gli sgorga dal naso e dalle orecchie. (Doc fa fuoco ancora) Ondeggia zig­zagando bruscamente attorno alle antenne della TV mentre le sue orecchie colgono il rumore dei cani che ansimano nel salire di corsa i gradini che portano alla cima del tetto. Li sente abbaiare e guaire e lancia un fischio. Fasci di luce bianca tagliano la notte inseguendo la sua pista. Nelle strade si odono le sirene. (Doc fa fuoco) Continua a saltare da uno spazio all'altro e da un tetto all'altro. E ad ogni salto che fa guarda giù nel vuoto tra il tetto che ha lasciato e quello sul quale sta per saltare. Guarda giù e vede un mondo in miniatura dove gli oggetti si muovono come cimici e pi­docchi. E poi guarda in su e vede luci in miniatura che si accendono e si spengono. (Kent salta giù dal palcoscenico e corre su per il corridoio della platea fino ad arrivare alle spalle del pubblico e da li parla. Doc resta sul palcoscenico e da li alterna le sue battute a quelle di Kent)

Doc                               - Adesso torna qui e smettila di correre intorno.

Kent                              - Il dottore è straziato dai desideri che gli attraver­sano il cervello mentre guida la folla isterica sulle tracce della bestia che una volta amava.

Doc                               - Non ho più intenzione di seguirti in qua e in là.

Kent                              - Ora deve essere distrutta. Se solo potesse raggiun­gere la bestia prima della folla. Costringerla in qualche modo in un posto tranquillo tra umidi massi levigati e par­lare con calma.

Doc                               - Ora ti vengo dritto addosso, ragazzo!

Kent                              - Forse anche accarezzare il suo lungo pelo e asciu­garle il mento. Trovare il modo di dirle che la folla si cal­merà se lei si calmerà per prima.

Doc                               - Avrei fatto meglio a lasciarti andare alla malora! Non c'è niente che mi faccia restar qui.

Kent                              - Il Dottore con un balzo si allontana dalla folla e si nasconde in un fitto cespuglio di sicomori. La folla resta confusa e spaventata non vedendo più il Dottore. Diventa furiosa e appicca il fuoco alla foresta.

Doc                               - Devi ammetterlo!

Kent                              - Doc riesce facilmente ad evitare le fiamme, poiché spesso a causa del suo lavoro è passato per questa parte della foresta.

Doc                               - Ho fatto tutto quello che potevo. Ho diagnosticato la malattia. Ho curato il male che ti faceva soffrire. Non posso fare di più. Cosa potrei fare?

Kent                              - Trova un piccolo ruscello al quale è solito bere quando passa da quelle parti e lentamente si immerge e scompare sott'acqua. Nuota con facilità e si lascia traspor­ tare dalla corrente. Passa in mezzo alle piante verdi e ai pesci rossi e solo di tanto in tanto sporge la testa per vedere dove si trova.

Doc                               - Devo tenere le distanze. Un medico deve tenere le distanze. Non posso continuare ad addormentarmi sul lavoro!

Kent                              - Il mostro ora può vedere tutto dal suo rifugio in alto. Vede il fiume che taglia la terra in due; una parte è in fiamme, l'altra serena e tranquilla. Ora è più calmo e si siede su un sasso a riprendere fiato.

Doc                               - Guarda cosa succederebbe se ciò accadesse! (Duran­te questa scena l'aspetto di Doc cambia; si ripetono in lui gli atteggiamenti che abbiamo visto in Kent nel primo atto: corre verso il bagno, ondeggia, sviene, ecc.)

Kent                              - Doc viene verso la riva col fiato grosso e si ag­grappa a lunghi ciuffi d'erba. Si tira su verso la terra asciutta e cammina a tentoni nella notte, nel timore che, se si ferma a riposare, la bestia sia persa per sempre. Ora la bestia è quasi contenta di essere cosi in alto. Più in alto di tutto fuor­ché del cielo, a guardare le fiamme dorate che si muovono su una riva del fiume consumandone l'oscurità. Doc comin­cia a sentirsi sperduto ora tra gli alberi, senza nessun essere vivente vicino, ma solo le foglie che stormiscono e mor­morano come se sentissero il fuoco che si avvicina. Deve trovare la bestia. Comincia a pensare: se fossi in lei come mi nasconderei e in che modo cercherei di fuggire? Da che parte andrei e cosa deciderei? La bestia è quasi contenta di non doversi muovere. Di star seduta in un posto su una bella pietra liscia e limitarsi a cambiare posizione e guardare ora in una direzione ora nell'altra.

Doc                               - Devo tener duro! È il mio compito! Tener duro e star sveglio e pronto! Voglio dire, che bene potrei fare a te o a chiunque altro se me ne andassi attorno malato come i miei pazienti? Nessuno. Ora lo puoi capire chiaramente. Ecco per­ché mi sforzo di tener duro.

Kent                              - Doc si china lentamente in avanti e scopre che si muove più rapidamente spingendosi con la testa. Cerca i posti più ombrosi, stando sempre controvento e aguzzando gli occhi per trovare un posto più alto.

Doc                               - Ecco perché sono sempre m forma.

Kent                              - Con dolcezza il mostro si stacca dagli occhi i lem­bi di muschio e lascia che si riempiano di vento. Le sue bel­le mani colpiscono la pietra liscia.

Doc                               - Guardate bene! I miei occhi sono limpidi! La pelle è morbida! I capelli sani, senza piattole né pidocchi! I mu­scoli pronti a scattare per qualsiasi evenienza! Ma guardate­mi! Guardate come mi so muovere se solo voglio! Dovresti credermi, ragazzo! Ti farò uscire! Lascia che ti mostri la strada! Ma dovrai venire con me! Io non posso venire con te! Ti farò vedere come. Passo per passo. Un piede davanti all'altro. Tieni le braccia morbide lungo il corpo. Parla li­beramente.

Kent                              - Accompagna con uno schiocco della lingua il cre­pitio che il fuoco produce quando raggiunge il fiume e si spegne. I piedi di Doc scivolano e cercano di aderire alla roccia e alla sabbia; le mani si aggrappano alle viti, ai ceppi e alle radici e a qualsiasi cosa sia in grado di sollevare verso la cima il suo corpo dolorante. La bestia si stira, sbadiglia e sorride. Solo una cosa gli manca: il viso di Doc qual era prima, quando guardava in giù e sorrideva coi suoi grandi occhi scuri e lo scalpello in mano. (Doc va verso Sonny e Salem e li scuote dal loro impietrito torpore, pur continuando a parlare con Kent. Lentamente li fa riprendere a muovere, indica Kent e li convince a cercare di riportarlo sul palco­scenico. Mentre Doc rimane sul palcoscenico e continua a parlare a Kent, essi scendono in platea e si avviano lungo il corridoio verso Kent. Salem e Sonny fischiettano "When Johnny Comes Marching Home" avvicinandosi a Kent)

Doc                               - Si signore, andrà tutto bene se continui la cura. Saremo imbattibili, noi due.

Kent                              - Doc sta quasi per dimenticare perché si sta ar­rampicando cosi in fretta e con tanta fatica quando ode delle grida venire dalla parte buia della foresta ai piedi della collina. Hanno attraversato il fiume e scoperto la sua traccia. Doc libera un macigno e lo fa rotolare giù per la china.

Doc                               - Ti procurerò uno di quei bei stalloni con la sella d'argento e il morso d'oro.

Kent                              - Le sue belle mani sanguinano a forza di aggrappar­si. Gli sembra quasi di non avere più i piedi.

Doc                               - E scarpe indiane fatte a mano. Ti insegnerò ad usare una trentasei e una quarantotto. Non devi stare a preoccuparti di niente, ragazzo! Entreremo in tutte le città come se fossero pozze d'acqua che aspettano uno stivale che venga a farle schizzare fuori dalla loro buca. Ci sarà sem­pre chi si prenderà cura di noi, io e te. Sempre! Aspetta e vedrai.

Kent                              - Avanza e si trascina a fatica verso la cima. Si in­sinua dentro e fuori tra bassi cespugli spinosi. Si appiat­tisce negli anfratti della roccia, mentre fischiano le pallottole e le torce lampeggiano vicino a lui. Anche con la bocca cerca di tirarsi in su, e i suoi denti di diamante accecano la folla col loro bagliore. Doc deve arrivare là per primo e riuscire a fuggire con la bestia.

Doc                               - Prendetelo! Afferratelo per le braccia! riportatelo qui! Non lasciatelo scappare!

Kent                              - Le braccia gli si strappano dalle spalle e dal petto e i succhi gli scorrono giù per i fianchi. Deve trovarlo e nascondersi in una caverna. I capelli gli si strappano e si disperdono volteggiando e sbattendo nell'aria come una ci­vetta di notte alla caccia di topi nel campo giù in basso, lontano. Deve incontrarlo da solo a solo per quest'ultima volta. Si tira su coi denti. Trascinando il corpo. Spingendosi e ricadendo pesantemente per terra. Rialzandosi e ricadendo. (Sonny e Salem fanno un balzo verso Kent che si aggrappa a una corda e si lascia dondolare sopra le loro teste. Atterra sulla rampa dietro a Doc e sì dirige di corsa verso la parete di fondo della scena che attraversa con un salto, lasciandovi un'apertura perfettamente corrispondente al contorno della sua figura. Le luci si spengono in resistenza mentre gli altri tre guardano immobili la parete)

                                              FINE