Qui di seguito il testo integrale del dramma
in un atto unico
- La Vacanza -
di Francesco Zaffuto © Copyright febbraio 2009 (edita a
cura dello stesso autore nel numero limitato di 199 copie - con deposito
Bibioteca Nazionale di Firenze 2165/09/ACC 26/03/09)
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LA VACANZA
Personaggi
Mario – il turista
Claudia – la turista
Il terrorista
La donna del terrorista
Il poliziotto
Ispettrice di polizia
Luigino – un ragazzo, figlio
dei due turisti
Atto unico
Quadro unico di scena, sala di un hotel, dove servono la prima colazione.
Elementi necessari: almeno tre tavoli con sedie, una grande finestra da dove si
vede solo una luce nebbiosa, una porta di sinistra e una porta di destra
Scena 1°
In apertura la coppia dei
turisti (Mario e Claudia) sta seduta al tavolo in primo piano; l’altra coppia
(dei terroristi) sta seduta al tavolo più lontano, al terzo tavolo vicino
all’uscita di sinistra non siede nessuno. Tutti i tavoli sono vuoti di ogni
arredo ed accessorio per la colazione.
Mario – Il servizio
in questo hotel è di una lentezza esasperante. Sarà già un quarto d’ora che
abbiamo ordinato il tè con i biscotti e non arriva un bel niente.
Claudia – Sei come
al solito esagerato. Non sono passati neanche cinque minuti.
Mario – Sarà!?
Forse è il clima che c’è in questa sala che mi innervosisce. Una specie di
clima di attesa. Come se dovesse accadere qualcosa. (Poi avvicinandosi alla sua donna, come sottovoce).
Guarda. Anche a quelli del tavolo giù in fondo non hanno portato niente. Ma
quelli non si curano certo del servizio. Stanno lì a confabulare tra di loro
ininterrottamente, nella loro lingua incomprensibile, con cura e sottovoce.
Come se volessero fare in modo che a noi non possa arrivare una sillaba dei
loro discorsi. Come se noi potessimo capirci qualcosa di quello che dicono.
Chissà perché sono così circospetti. Ogni tanto ci danno una sbirciatina,
facendo finta di niente.
Claudia - A parte
il fatto che lo stai facendo anche tu di dargli una sbirciatina facendo finta
di niente. Ma che te ne importa di come parlano? Saranno discreti; è un popolo
molto discreto questo.
Mario – Un popolo!?
Ma come fai a dirlo? In questa nazione ci saranno almeno una diecina di popoli,
tutti molto diversi tra loro. La fai breve tu.
Claudia – In ogni
caso sono orientali e gli orientali sono meno rumorosi di noi.
Mario – Ora cominci
con le tue generalizzazioni sugli orientali.
Claudia – Dai! (sorridendo) Quelli saranno
una coppia di innamorati e non intendono mostrarsi più di tanto.
Mario – Non lo
credo proprio. Non hanno per niente l’aria di due innamorati, da come parlano
concitatamente e con circospezione. Piuttosto saranno due spie internazionali o
due terroristi.
Claudia – Tu vedi spie
e terroristi dappertutto. A te l’oriente non si addice.
Mario – Sì, è vero,
l’oriente non mi si addice. C’è un clima che sento vagamente ostile nei
confronti di noi occidentali, specie in questo periodo. Mi sembra che ci
guardano con diffidenza; oppure, a volte, preferiscono non guardarci; oppure ci
guardano con un eccesso di attenzione.
Claudia –
Ovviamente tutto in negativo.
Mario – Avrei
preferito andare in Svezia per questa vacanza.
Claudia – Ci
risiamo con la Svezia. Credi che in quel paese freddo, di gente fredda, avresti
fatto migliori commenti?
Mario – Come al
solito sarei io il difficile.
Claudia – Certo,
come fai a dire che qui ci sia stato un clima ostile verso di noi? Ieri, hai
visto tu stesso come ci ha trattato quel Silan. Si chiamava così, mi pare. Quel
vecchietto per accompagnarci alla fermata dell’autobus è tornato indietro
insieme a noi per ben un chilometro a piedi. Hai visto bene come era contento
di farlo quando gli abbiamo detto che eravamo italiani.
Mario – Eehheh. (sorride) Si vede che gli
stanno sulle palle gli americani e gli inglesi e non sa che noi italiani siamo
molto più americani degli americani.
Claudia – Ma no.
Non dire così. Hai visto come era contento nel dire: “Due miei figli sono in
Italia. Parma, città di Parma”?
E quando noi gli abbiamo detto che eravamo di Bologna, lui subito: “Vicino
Parma, vicino ai miei figli”. Ci pensi come il mondo stia diventando così
piccolo e che i confini stanno diventando qualcosa di artificiale? I confini
diventeranno obsoleti. Gli uomini che si spostano sul globo e saranno per forza
di cose costretti a capirsi, a comprendersi. Riusciranno a sentirsi uguali.
Mario – Una cosa
esatta l’hai detta : “saranno costretti”. E questo significa che tutto sommato
non lo fanno volentieri, ma per necessità. Non certo per la volontà di aprirsi
agli altri. Non certo per una vocazione comune. Vengono da noi per lavoro e per
sopravvivere.
Claudia – E noi
turisti?
Mario – Noi veniamo
da loro per divertirci o per una spudorata curiosità. … e… forse ciò li
offende.
Claudia – E i
missionari? E tutti quelli che si dedicano al volontariato sociale?
Mario – Quelli,
peggio. Vengono da loro perché si credono nel giusto. Vengono ad insegnare cose
grandi e giuste. E forse con il loro sentirsi buoni risultano ancora di più
offensivi.
Claudia – Sei di un
cinismo esasperato. Io invece sono convinta che in tutto questo muoversi e in
tutto questo sperare ci stia dentro qualcosa di molto positivo. Anche se lo
scambio culturale è determinato da una necessita o da altri scopi, più o meno
condivisibili, è sempre un avvicinamento tra i popoli. L’inizio di un civiltà
migliore.
Mario – Sì. Ma c’è
chi trama contro questa nuova civiltà. La vede come un attacco alle proprie
tradizioni. Non ci vede niente di buono. Vuole reagire a questa omologazione.
Vuole affermare la propria diversità. Ed è disposto a lottarci contro, fino
alle conseguenze più estreme e più violente.
Claudia – Ma si
tratta di minoranze, di estreme minoranze.
Mario – Sì. Ma
quanto basta per rovinare il clima idilliaco che tu avevi tratteggiato. La
storia spesso è fatta da minoranze che sono disposte a tutto. E poi. E poi
questo tè non arriva (guarda
l’orologio al suo polso) .
Claudia - Di nuovo
nervoso, di nuovo a misurare il tempo. Va bene, va bene. La prossima vacanza
andremo in Svezia. Potrai trovare pace con le bionde svedesi (sorride). Ma non
hai visto le donne di qua, che splendidi occhi neri che hanno?
Mario – Gli occhi
sono certamente belli, ma per il resto ho potuto apprezzare ben poco.
Claudia – Dai, non
fare lo stupido! Sono tante le donne che abbiamo visto che vestono
all’occidentale. Anzi più di quanto io mi potessi aspettare. (Poi si avvicina come bisbigliando al suo
orecchio) Quella che sta al tavolo giù in fondo, che come dici tu
se ne sta a confabulare, non è certo velata.
Mario – Sììì. Ma se
la guardo ancora una volta posso destare equivoci. Il suo uomo può cominciare a
indisporsi e qui comporta un rischio notevole. Ma nonostante tutto sono tentato
di andare da loro e chiedere se anche loro hanno fatto un’ordinazione e se non
si meravigliano che ancora non arrivi nulla.
Claudia – Lascia
perdere non li disturbare
Mario – E invece
vado proprio.
Mario si alza e va verso il
tavolo della coppia e indirizza la parola verso l’uomo in uno stentato inglese
Mario – Excuse me,
have you ordered something? The service is very slow.
Il terrorista –
English?
Mario – No,
Italian.
Il
terrorista –
Ahh, well, Ittaliano. (con un
tono un po’ scocciato) We have ordered the tickets . The airline
tickets. O. K. , the service is very slow.
Mario – Sorry, scusa (fa ritorno al suo tavolo e si siede
dinanzi la moglie)
Claudia – Cosa c’è?
Sembri sconvolto.
Mario – Ha risposto
in inglese controvoglia e scocciato. Ha detto che hanno ordinato dei biglietti
aerei. Mi sembra alquanto strana questa risposta.
Claudia – (sorpresa) Ma anche noi stiamo
aspettando che, oltre il tè, ci portino i nostri biglietti aerei. E’ un curioso
particolare.
Mario – Un curioso
particolare che dimostra l’inefficienza dell’Agenzia a cui ci siamo rivolti.
Claudia – Ma non ti
sembra strano? Di solito in tutti i viaggi che abbiamo fatto, i biglietti di
ritorno ce li hanno forniti insieme a quelli di andata. Avremmo dovuti averli.
Mario – Avremmo
dovuto averli e forse li avevamo. Ma deve essere successo qualcosa che non
ricordo. Un diversivo…
Claudia – Che
genere di diversivo?
Mario – Non ricordo
bene. Ho la testa che mi pesa. E poi è questo tè che non arriva che mi
innervosisce. Quasi, quasi vado nelle cucine e vedere cosa succede.
Claudia – (agitatamente)
No, no, lascia stare. Pazienta ancora un attimo. Vedrai che arriverà.
Mario – Sì. Hai
ragione. Non ci facciamo conoscere come gli italiani litigiosi. Pazientiamo. Ma
sono nervoso lo stesso. Mi innervosisce il fatto che Luigino…
Claudia – Che
Luigino? Perché tiri fuori questa tua preoccupazione per Luigino. Anch’io sono
preoccupata, è naturale, ma non c’è motivo.
Mario – Dove sarà?
Claudia – (subito come
spaventata e poi indispettita verso il marito) Come dove sarà? Che
razza di domanda: è con la zia.
Mario – Lo spero.
Claudia – Come lo
speri. Non hai fiducia in mia sorella? Sai bene quanto ci sta attenta. Poi
Luigino si trova bene con lei a Parma.
Mario – A Parma? Ma
lui voleva venire con noi.
Claudia – E tu hai
detto che poteva essere rischioso e che era meglio di no.
Mario – E tu hai
detto che io ero esagerato.
Claudia – E io ho
detto: facciamo come dici tu.
Mario – Anch’io ho
detto: facciamo come dici tu. Ed ho aggiunto: in fin dei conti è una vacanza.
Ed ora ho la sensazione come se fosse partito insieme a noi.
Claudia – Ma cosa
dici? E’ folle.
Mario – Può darsi.
Claudia – E allora?
Mario - Allora,
niente. E’ con la zia.
Mario si alza e va a guardare
dai vetri della finestra, poi ritorna nuovamente a sedersi dinanzi a Claudia
Mario – Ma ti rendi
conto che c’è una nebbia fuori più forte di quella che siamo abituati a vedere
in Val Padana. Non si riesce neanche a vedere la strada di sotto. Neanche le
luci delle macchine. Il tè si sarà perso nella nebbia.
Claudia – Io non ho
più voglia del tè.
Mario – Anch’io non
ho più voglia. Ma quello che ci sta accadendo è strano.
Claudia – Non ti è
piaciuta questa vacanza?
Mario – E’ stata
terribile.
Claudia – Ma come
fai a dirlo. Se fino a ieri non ti stancavi di fotografare ogni angolo. Eri
entusiasta, avrai scattato duemila foto.
Mario – Sono gli
ultimi scatti che non ricordo, quasi non li avessi vissuti.
Claudia – C’è
qualcosa che non va…?
Mario – Non
capisco. (accenna un sorriso)
Mi pare necessario dirti in questo momento che… che ti amo.
Claudia – E questo
ti spaventa?
Mario – Sì. Mi pare
come se mi mancasse il tempo di dirtelo. Ecco, come se mi dovesse mancare il
tempo. E allora subito dico: Claudia, io ti amo.
Claudia – (sorridendo con aria
preoccupata) Cosa vuol dire?
Mario - Noi
siamo stati anche troppo fortunati. Abbiamo avuto un tempo per amarci.
Claudia – Troppo?
Mario – Sì, non a
tutti gli esseri umani è data questa fortuna.
Scena 2°
Entra in scena dalla porta di
sinistra l’ispettrice di polizia (non in divisa) e porta una cartella con se.
La donna della coppia all’angolo si è alzata di scatto e poi riseduta.
L’ispettrice si guarda intorno,
cammina per la stanza ignorando gli altri ospiti, poi si siede al tavolo vicino
la porta, apre la cartella, tira fuori dei fogli, comincia a scrivere in
fretta.
Mario – Ha un
comportamento strano quella donna che è appena entrata. Ci ha guardato come se
fossimo insignificanti, non ha fatto un gesto di saluto. E ora se ne sta là a
scrivere nevroticamente sui suoi fogli.
Claudia – (avvicinandosi come
all’orecchio del suo uomo) Sì, ma il comportamento più strano l’ha
avuto la nostra coppietta giù all’angolo. La donna appena l’ha vista entrare si
è alzata di scatto e poi si è riseduta facendo finta di niente. L’uomo continua
con aria fintamente disinvolta a coprirsi il viso con la sua mano. Penso che
darebbero qualsiasi cosa per tentare di andar via da questa stanza senza essere
visti.
Mario - Ma è ancora
più strana l’ultima arrivata. Non è rimasta minimamente sorpresa del loro
comportamento. Eppure li ha osservati a lungo. Forse stiamo esagerando. Sarà la
solita turista inglese, magari con la mania di fare la scrittrice di viaggio.
Claudia – Ma che
dici, inglese! Si vede benissimo che è una donna di queste parti.
Mario – La
osserverò meglio.
Scena 3°
La nuova arrivata posa penna e
fogli e si alza, va verso la porta vicina al suo tavolo. Entra il poliziotto
(in divisa).
Poliziotto - Sono
qua e il ragazzo è di là. Pensate ancora che sia necessario farlo entrare?
Ispettrice di polizia
– Sì, lo so che può essere un trauma. Ma abbiamo un obbligo di ricostruzione
dei fatti. Purtroppo è l’unico testimone, il procuratore ha insistito. Io avrei
volentieri evitato. Cercheremo di fare nel più breve tempo possibile. Poi lo
accompagnerai dallo psicologo che aspetta all’ingresso dell’hotel. Farò del mio
meglio, agente. Cercherò di fare del mio meglio, so cosa può significare per il
ragazzo.
Il poliziotto esce
Mario- Ma di cosa
hanno parlato? Deve essere successo qualcosa di grave in questa stanza. Ma, in
ogni caso, pare che non gli interessi niente di noi. Siamo come non presenti
per loro.
Claudia – Noi….
L’ispettrice di polizia – (si
avvicina di nuovo alla porta) Venite avanti.
Scena 4°
Entrano il poliziotto e il
ragazzo
Claudia – (si alza e grida
disperatamente a squarciagola) Luiginooooooooooo. (anche Mario e la coppia si alzano
sgomenti, ma quell’urlo pare non colpire minimamente l’ispettrice, il ragazzo e
il poliziotto. Mario trattiene per un braccio Claudia che stava provando a
corre incontro al figlio e subito ora l’abbraccia forte per trattenerla.
L’ispettrice di polizia –
(molto serenamente) Allora, Luigino, ce la fai? So che è difficile
per te, ma ti può essere di aiuto.
Luigino – Sì, ce la
farò.
L’ispettrice di polizia –
Tu dov’eri?
Luigino – (indicando un posto
della stanza) Ero là.
L’ispettrice di polizia
– E loro, i due terroristi armati, dov’erano?
Luigino – Erano là,
vicino la finestra (indica il
posto con la mano) Erano in due, un uomo e una donna ed avevano in
mano due grandi fucili.
L’ispettrice di polizia
– Due mitra?
Luigino – Sì, credo
di sì.
L’ispettrice di polizia
– L’uomo disse qualcosa?
Luigino – Sì. Disse
qualcosa nella sua lingua. Io non capii. Ma mia madre, deve avere capito
qualcosa, perché dopo quelle parole si buttò sopra di me come a proteggermi da
quello che volevano farmi.
L’ispettrice di polizia
– Hai temuto che volessero spararti?
Luigino – Non so se
volessero spararmi o volessero portarmi via con loro. Mia madre mi abbracciò
forte.
L’ispettrice di polizia
– E loro spararono a tua madre?
Luigino – Non sono
sicuro, penso di sì, sentii rumori di spari e vidi del sangue su di lei. In
quel momento stesso entrarono da questa porta le guardie vestite di nero, anche
loro sparavano e i due sparavano.
L’ispettrice di polizia
– E tuo padre?
Luigino – Urlava.
Lui non poteva fare niente, era lì in mezzo alla sala. Stava legato mani e
piedi alla sedia. I due l’avevano legato fin dal primo momento che erano
entrati. Dopo gli spari ho visto del sangue su di lui.
L’ispettrice di polizia
– Usciva dal petto?
Luigino – Sì.
L’ispettrice di polizia -
(abbraccia il ragazzo) Basta così. Può bastare così, Luigino. Ora
dovrai avere la forza di dimenticare. Vai pure. (lo accompagna verso la porta).
Il poliziotto esce insieme a
Luigino e poi rientra subito dopo.
Il poliziotto -
L’ho lasciato allo psicologo, era fuori della porta. Ispettore. Avete ordini
per me?
L’ispettrice di polizia –
Hai sentito anche tu. Ora la dinamica dei fatti è abbastanza chiara. I
terroristi manifestarono la volontà di pigliare il ragazzo e farsi scudo di lui
per uscire dall’hotel. La madre si butto a copertura del ragazzo e loro gli
spararono uccidendola. In quel momento stesso c’è stata l’entrata delle nostre
forze di polizia. Ci sta lo scontro a fuoco e purtroppo il signor Mario
Santieri viene colpito. Viene colpito dai terroristi e viene colpito dalle
nostre forze. Stava proprio nel mezzo. Era inevitabile. I terroristi sono stati
irrimediabilmente fatti fuori, d'altronde sparavano all’impazzata contro di
noi. Si è salvato solo il ragazzo perché coperto dal corpo della madre.
Purtroppo le cose sono andate così e quel ragazzo ha visto tutto. Chissà se
potrà dimenticare.
Il poliziotto – Io
non ci riuscirei.
L’ispettrice di polizia
– Finisco di scrivere il rapporto e sono da voi. Solo un minuto. Aspettatemi di
là.
Scena 5°
Claudia tenta ancora di
divincolarsi dalla stretta di Mario che la trattiene forte. L’ispettrice di
polizia ritorna a scrivere. La coppia dei terroristi sta schiacciata alla
parete della stanza. L’ispettrice di polizia finisce velocemente di scrivere.
Poi lentamente chiude la cartella, dà l’ultima occhiata in giro e poi esce
dalla porta da dove era entrata.
Claudia – Noi, noi
...?
Mario – E proprio
così Claudia. Siamo morti.
Claudia – Anche
loro? (indica i due che stanno
stretti alla parete).
Mario – Anche loro.
Claudia – Perché
non fai qualcosa? (grida)
Corriii. Vai dietro a Luigino. Devi vedere dove lo portano. Corri.
Mario – Ma come
vuoi che...?
Claudia – Aaaahhh…
Claudia si libera dalla stretta
di Mario e corre verso la porta da dove è uscito il figlio ed esce.
Si crea un pesante di silenzio.
Mario – (disperatamente)
Le mie gambe si sono come gelate e i mie piedi sono rimasti incollati al
pavimento di questa stanza. Lei corre dietro al figlio ed io resto a
interrogare una ragione che non ho. Non c’è più ragione se il cuore si è
fermato. Sono rimasto qua con i miei assassini schiacciati alla parete.
(poi quasi gridando)
Avete ancora delle pallottole avanzate per sparare a un morto?
Provate a spararmi ancora un’altra volta .
Voglio sentire se mi batte il cuore.
Si sente il respiro di Mario e
dei terroristi schiacciati alla parete
il tempo pare dilatarsi
Scena 6°
Claudia rientra in scena
dall’altra porta sulla destra.
Mario: (corre ad abbracciarla)
Sei…qui…! Sei tornata amore mio. Il tempo si è fermato, non so se è passato un
attimo o un giorno.
Claudia – C’è come
un lungo corridoio di nebbia. L’ho percorso tutto e riporta qua. Come un
cerchio. E’ questo il posto dove siamo costretti a stare. In questa stanza dove
è successo tutto, costretti a rimanere insieme a quei due.
(poi quasi implorando il suo
uomo) Mario, fa qualcosa. Avvicinati a loro. Toccali, picchiali,
uccidili! Ci hanno portato via da nostro figlio. Sono anime dannate, fai
qualcosa contro di loro. (Si
accascia su una sedia con le mani sul tavolo e copre i suoi occhi, come volesse
dormire).
Mario – (accarezzandola)
Calmati Claudia, calmati. Non sappiamo da quanto tempo siamo qui e da quanto
tempo ripetiamo questa scena. Mi sembra di averla già vissuta più volte e più
volte dimenticata.
Claudia – (nonostante stia con
il viso coperto e accasciato sul tavolo, parla con forza) Fa
qualcosa. Non sei legato alla sedia come in quel momento. Fallo!
Mario – Cosa posso
fare? Non sappiamo cosa ci sta accadendo. Per quale motivo siamo ancora in
questa stanza. Anche loro stanno là spaventati. Mi avvicinerò a loro. Proverò a
toccarli, vedere se sono veri o sono fantasmi come noi.
(Mario si avvicina alla coppia
schiacciata alla parete con la mano come per toccarli, ma sta distante un palmo
da loro, non osa sfiorarli)
Sentite le nostre parole?
E’ rimasto anche a voi questo strano respiro di corpi che non sono corpi?
Vi state chiedendo qualcosa?
E’ finita la vostra voglia di sparare?
Avete capito qualcosa di quello che ci sta accadendo?
Perché stiamo qui? Cosa siamo?
Il terrorista - Noi
non parliamo la vostra lingua.
Mario – Come dici?
Il terrorista –
Dico che non parliamo la stessa lingua e che non possiamo capirci.
Mario – Ma in
questo momento stai parlando come me e capisci quello che io sto dicendo. In
questo posto pare non ci siano più lingue. Rispondimi: capisci quello che sto
dicendo?
Il terrorista: Sì,
capisco. Eppure io non sto parlando la tua lingua. Sto parlando come…
Mario – Come facevi
da vivo. In questo angolo d’inferno pare che siamo costretti a capirci.
Claudia – (ancora
con rabbia) Non parlare con loro. Volevano uccidere nostro figlio. Hanno ucciso
noi.
Mario – (ritorna dalla sua donna
e l’accarezza amorevolmente) Calmati Claudia. C’è stata una
tremenda sparatoria. Nostro figlio è vivo. Noi non sappiamo cosa siamo. Io ti
tocco e mi pare ancora di sentire il tepore del tuo corpo, la stoffa dei tuoi
vestiti, il soffice dei tuoi capelli. Eppure non siamo, non esistiamo come
prima, e neanche questi esseri che ci stanno accanto hanno dei veri corpi.
(si porta verso il centro della
sala)
Pensavo che nulla potesse esistere dopo la morte, solo il vuoto, la lenta
disgregazione della materia. Da qualche parte i corpi che prima abitavamo sono
stati seppelliti e si stanno disgregando. Debbono essere passati diversi giorni
ormai da quel momento. Ora abitiamo questo strano corpo invisibile ai vivi e
vivo per noi morti; lei sente ancora dentro di se la ferocia dell’atto, io
barcollo tra paura e confusione, e i nostri assassini ci stanno vicini e
sbigottiti.
Claudia – (stancamente)
Volevano uccidere nostro figlio…
Mario – (ritorna verso la sua
donna) E’ vivo Claudia. Grazie a te è vivo.
Claudia – Ma, non
lo rivedremo mai più. Non lo vedremo crescere, i nostri occhi non si
illumineranno per il suo sorriso. Noi non siamo più per lui, noi non siamo e
fuori da quella porta c’è nebbia.
Mario – Non lo
sappiamo Claudia. Forse la nebbia potrà diradarsi. Forse riusciremo a vedere
nostro figlio da lontano. Non sappiamo quello che ci accadrà.
(Poi si stacca da Claudia e si
avvicina verso il terrorista)
Volevi uccidere nostro figlio?
Il terrorista –
Volevamo solo prenderlo con noi, in ostaggio, farci scudo di lui fino a
raggiungere il porto. Poi lo avremmo abbandonato e dal porto saremmo riusciti a
fuggire.
Mario – Ma quale
certezza potevate avere di ciò?
Il terrorista –
Nessuna. Quando abbiamo intrapreso questa azione abbiamo messo in conto di
morire.
Mario – Noi no. Noi
no. Siamo venuti qua solo per una vacanza. Sì… una vacanza.
Il terrorista –
Certo, una vacanza. Voi venite qua per divertirvi e ignorate tutti i nostri
problemi. Cercate il godimento del vostro corpo e della vostra mente. Restate
affascinati dai muri, dalle colonne, dai resti del passato e ignorate il nostro
presente. Ignorate chi siamo noi, le nostre pene, la nostra lotta, la nostra
fede.
Mario – Sì. Noi
siamo così. Assurdamente così. Ma questo è un motivo per ucciderci?
Claudia - (con tono disperato e stanco)
Non parlare così con loro. Volevano farsi scudo di nostro figlio al costo di
ucciderlo, hanno ucciso noi stessi. Come puoi parlare così con loro?
Mario – Ma ora
stanno qui con noi e parlano la nostra stessa lingua. Stiamo nello stesso
posto, nella stessa sala d’attesa. Non sappiamo cosa c’è qui attorno a noi. Non
sappiamo quanto resteremo qui. Non sappiamo se ci sarà un premio o una pena per
quello che abbiamo commesso o se ci sarà soltanto il rammarico per quello che
siamo stati o per quello che non siamo stati. Siamo qui, tutti ugualmente
morti.
Il terrorista – Non
è così. Noi siamo morti per una fede, mentre voi…
Mario – Mentre noi?
Dilla tutta la tua verità. Mentre noi? Quella madre che piange e si dispera, è
morta per riparare il corpo di suo figlio con il suo. Non ti pare onorevole ciò
che ha fatto? E se c’è Dio oltre questa stanza, non l’ospiterà accanto a sé,
non avrà cuore per quella donna che si dispera? Ci deve essere un motivo che ci
fa rimanere inchiodati insieme qua dentro?
Il terrorista – Non
è possibile. Non resteremo insieme.
Mario – E cosa
potrebbe mai accadere? Tu sapevi tutto quello che ti sarebbe accaduto dopo la
tua morte. Anche la mia donna che piange e si dispera, in vita pensava,
attraverso la sua fede, di conoscere qualcosa di questo posto. Ed io che non
credevo null’altro che nel nulla; ora resto, come voi, sbigottito per questa
attesa.
Il terrorista –
L’essere miscredenti non può essere un merito. La fede è un merito. La lotta
per il giusto è il sacrificarsi per questa lotta è un merito.
Mario – (rinvolgendosi alla
donna del terrorista) Anche tu la pensi come lui?
Il terrorista – (quasi
gridando) Lasciala stare. Non ti avvicinare a lei, non chiedere a
lei.
Mario – Perché, lei
non può rispondermi?
La donna del terrorista corre
alla finestra e la apre, si
affaccia. Si sente il rumore
come di una portiera di una macchina che si chiude.
La donna del terrorista –
Mi era sembrato di sentire un rumore, ma ora lo avete sentito anche voi. Fate
silenzio, vi prego.
Nel breve silenzio che
intercorre, si sente il rumore come di una macchina che si avvia e il suo
rombo. Poi di nuovo silenzio.
Mario – (con rassegnazione)
Deve essere stata la macchina della polizia. Ha portato via nostro figlio…
lontano.
Claudia: (grida)
Aaahhh
Il terrorista – (agitatamente)
Sta accadendo qualcosa. Dobbiamo correre, correre a vedere. (Poi rivolgendosi alla sua donna e quasi
gridando) Vieni, usciamo. Andiamo via da questo posto. Andiamo.
Il terrorista si avvicina alla
porta, ma la sua donna si muove dal davanzale della finestra solo per andarsi a
sedere stancamente a una sedia.
Il terrorista: (ancora con
agitatazione) Andiamo via. Andiamo via… Io vado a vedere.
Il terrorista esce da una delle
porte. Un breve silenzio avvolge la scena.
Scena 7°
Mario – (rivolgendosi alla
donna del terrorista ). Non lo hai seguito questa volta.
La donna del terrorista
– Non dovevo seguirlo neanche quel giorno. Lui stesso mi disse che non dovevo
fare la pazzia di seguirlo. Mi disse: “sei una donna, aspettami al ritorno a
casa”.
Mario – E tu?
La donna del terrorista
– Ed io gli dissi che avevo la sua stessa fede, e che potevo e dovevo seguirlo.
Gli dissi che anche le donne potevano votarsi al martirio. Gli dissi che non
era necessario che io restassi in casa. Non c’erano figli da accudire.
Claudia – (quasi gridando)
Ma io un figlio ce l’avevo e voi avete pensato di farvene scudo per i vostri
corpi!
La donna del terrorista
– Quello che grida la tua donna è vero. Ed è di questo che oggi soffro in questa
sala. Quando ho visto lei che si buttava sul suo corpo per proteggerlo, il mio
cuore si è come stretto. Ho pensato che anch’io avrei potuto proteggere i miei
due bambini con il mio corpo. Ma quel giorno quando ritornai dal mercato, vidi
la mia casa ridotta a cumulo di macerie, loro stavano sepolti là sotto. Uno dei
vostri falchi di fuoco aveva sganciato una bomba sopra la nostra casa. Mi sono
chiesta mille volte perché era potuto accadere una cosa così tremenda. In quel
quartiere pensavano che ci fossero dei terroristi ed hanno distrutto l’intero
quartiere, la mia casa e i miei figli. Quando ho visto la tua donna che copriva
suo figlio con il suo corpo, ho pensato a quel mio giorno…
Mario – Ed hai
sparato?
La donna del terrorista
– No, no. Ci fu quel fracasso alla porta, lo ricordi tu stesso, e io non potevo
capire ciò che stava accadendo. Vidi quegli uomini entrare. La mia arma era
puntata verso di lei e su lei fu il primo colpo. (si accascia disperata)
Mario – Ed io
credo al tuo dolore donna , così simile a quello di lei. Un dolore che è stato
capace di propagarsi e perpetuarsi.
Dovevamo in vita fare qualcosa per arginare il dolore. Quando colpiva gli altri
lo sentivamo lontano o non lo sentivamo affatto. Quando ci colpiva direttamente
avremmo travolto tutti con il nostro dolore. Dovevamo... porre un argine...
Mario, ripetendo le ultime
parole, vaga per la scena come un sonnambulo mentre le due donne stanno
accasciate.
Poi la donna del terrorista si
alza
La donna del terrorista
– Ma se io sono morta e sono morti i miei figli, da qualche parte dovrò pure
incontrarli. Occorre uscire da questa stanza. E lui perché non torna? Forse è
riuscito a liberarsi da questa attesa. Dovrei anch’io vincere la mia paura e
correre fuori da quella porta? Corrergli dietro, seguirlo anche questa volta.
Scena 8°
Entra il terrorista dalla parte
opposta da dove era uscito.
La donna del terrorista
– Sei tornato finalmente. Cosa c’è di là? Cosa c’è?
Il terrorista è come indeciso a
parlare e poi
Il terrorista – C’è
un lungo corridoio di nebbia che gira e ci riporta a quest’altra porta, ci fa
sempre rientrare di nuovo in questa stanza.
Claudia – Anch’io
l’ho attraversato, ma ci ho impiegato un tempo molto inferiore.
Il terrorista – Ma
io non volevo arrendermi. Quando ho visto che stavo per rientrare qui dentro,
sono tornato di nuovo indietro. E mi sono accorto che a un certo punto c’erano
dei gradini che scendevano e portavano a una grande sala, e scendendo quelle
scale si intravedevano delle strisce di luce. Ho cominciato a vagare dentro
quella sala. Ho visto che c’erano tante persone sedute, immobili. Stavano tutte
rivolte con gli occhi verso un punto. Ho cercato di seguire quel punto ed ho
visto che guardavano tutti verso questa nostra sala dell’ hotel.
Mario - Come in un
teatro?
Il terrorista – Sì,
come in un teatro. Tutti lì insieme a noi, tutti prigionieri della stessa
sorte. Pareva che…
Mario – Pareva che?
Il terrorista –
Pareva che volessero capire qualcosa della nostra sorte.
Mario – E tu ci hai
capito qualcosa di questa attesa e di questa stanza?
Il terrorista – Non
so quanto resteremo qui dentro, eppure ci deve essere un altro spazio ed
un’altra luce fuori da qui.
Dobbiamo restare qua tutto il tempo necessario per capire...
Claudia - Capirci…
anche noi che non ci siamo capiti sulla terra da vivi.
La donna del terrorista
– Chi eravamo e cosa cercavano i nostri cuori.
Mario va verso il centro della
sala, mentre la luce si attenua.
Mario – Ancora una
vacanza di attesa e poi forse... verrà leggera la seconda morte.
FINE