LA VEDOVA COMPIACENTE
Monologo
di ALDO NICOLAJ
PERSONAGGI
ERSILIA
Commedia formattata da
(sui 50 anni, gioviale e sportiva, entra consultando dei giornali)
Un altro che se n’è andato. Il terzo nel giro di un anno. Di morte violenta anche lui. Il primo è stato Pablito Vascao Lesa, promettente e simpatico centrattacco, dal corpo statuario: alla sua fuori serie inspiegabilmente erano stati messi fuori uso i freni e si è schiantata contro un muro. Morto sul colpo a venticinque anni. Poi è capitato al bellissimo Robertino Macciocchi, di un anno più grande, fulminato da una bevanda avvelenata offertagli da una fan sconosciuta, mentre assetato ed accaldato usciva da un allenamento. Ora è toccato a Manuelito Garcia, che ad appena ventitre anni era arrivato all’apice della popolarità. È stato investito da un misterioso pirata della strada mentre attraversava la strada dopo che aveva parcheggiato la sua macchina. Tre campioni morti sul colpo e all’improvviso. E senza soffrire, per loro fortuna. Come centrattacco, Manuelito era anche più quotato degli altri due perché era una vera colonna del calcio, cannoniere con fiocchi e controfiocchi, come ne nascono sì e no uno ogni cento anni… Scatto… fantasia… velocità… il giuoco se lo inventava. I tifosi che impazzivano per lui non si rassegnano e la sua improvvisa scomparsa ha provocato anche un paio di suicidi. In televisione non si parla che di lui, i giornali gli dedicano colonne, articoloni, fotografie, pubblicano ricordi e memoriali, ne scrive persino il parroco del suo paesino sulle Ande dov’era nato… raccontando che già al fonte battesimale scalciava come volesse battere un rigore… Il calcio l’aveva nel sangue, come fosse nato da un pallone. Chissà per quanti giorni si continuerà a parlare di lui, rievocandone il fascino… la forza fisica… il talento sportivo… la bellezza… Come fosse morto un eroe… E dire che se avesse campato settanta… ottant’anni, della sua morte non avrebbe parlato nessuno. I grandi atleti e sportivi fanno notizia finché sono sulla cresta dell’onda, poi, passato il loro momento, vengono completamente dimenticati. Così va il mondo. Non voglio dire che sia un vantaggio morire giovani, ma per lo meno ha un altro valore andarsene nel cordoglio generale, con la gente che piange commossa dimostrandoti così la sua simpatia, partecipando col cuore al lutto… È stupido dimenticare personaggi importanti soltanto perché invece che nel fior degli anni muoiono di vecchiaia. L’atleta che muore in giovane età per lo meno ha gli onori che si merita. Se penso che la società che aveva ingaggiato Manuelito Garcia lo aveva pagato miliardi e miliardi… Le varie squadre se se lo contendevano, i giornali non parlavano che di lui, il suo nome appariva ovunque. Lo invitavano tutti, artisti, politici, grossi industriali. Come accendevi la TV su non importa che canale, potevi essere sicuro che dopo un minuto zompava lui per essere intervistato, per parlare delle prossime partite, per fare pubblicità a scarpe, deodoranti, preservativi… Certo che deve averne guadagnati, di soldi… La società che lo aveva ingaggiato ha saputo sfruttare bene la sua immagine ma chi le rimborserà i miliardi che ha speso ora che è morto in pieno campionato? L’assicurazione? Sicuramente, perché le grandi società sanno come tutelare i loro interessi, non si lascerebbero fregare nemmeno da un’epidemia che portasse via di colpo tutti gli elementi di una squadra. In qualsiasi evenienza, sanno come correre ai ripari. Scommetto che la morte di un centrattacco nei loro libroni è messa in preventivo. Manuelito, in quanto trovatello, non ha eredi, secondo il prelato che presiede il brefotrofio in cui è stato allevato, non si è mai saputo nulla dei suoi genitori. La ragazza a cui era legato non è sicuramente incinta, perché faceva pubblicità con lui ad un anticoncezionale, perciò non eredita… Poveretta, piangerà tutte le sue lacrime, poi troverà un altro con cui andare a letto per dimenticare disgrazia e delusione… Il più colpito è il pubblico, per il quale Manuelito era un idolo, una carta vincente, credevano bastasse la sua presenza in campo perché il pallone finisse nella rete avversaria… Ma questa popolarità fino a quanto sarebbe durata? Anche per lui, come per tutti, sarebbe cominciata la parabola discendente, visto che il massimo di gloria l’aveva raggiunto. Certo, un periodo breve. Troppo breve. Che peccato! Trovare un altro come lui non sarà facile… Forse sbaglio, perché non è che capisca molto di calcio, non sono un’esperta, riesco sì e no a seguire una partita, non mi considero nemmeno una vera sportiva. Però, allo stadio, da quando sono vedova, non manco mai, non mi perdo una partita. Vedere tutti quei ragazzoni che corrono avanti e indietro per dare calci a un pallone, mi mette allegria, mi aumenta l’adrenalina, mi concilia con la vita. E non è che faccia il tifo per una squadra, per carità, per me una vale l’altra, non tengo per nessuna, per me sono tutte uguali, non guardo nemmeno il colore delle magliette. Sto lì soltanto perché mi diverte… mi fa passare il tempo in allegria… Guardo i giocatori e cerco di scoprire il più bravo. La gente mi dice “ma se non tifi per una squadra, che gusto provi?”. Un gusto lo proverò, altrimenti non andrei allo stadio, nessuno mi obbliga a farlo!?! Per una partita, rinuncio persino al piacere di andare a portare due fiori sulla tomba del mio povero marito, perché lo stadio mi attira di più… Ma so di non dargli un dispiacere, perché conosce le mie intenzioni ed era tifoso anche lui… A modo suo. Non aveva una squadra del cuore, perché la cambiava di continuo, secondo il giocatore che l’appassionava. Ma allo stadio ci andava sempre, colla pioggia o col sole… non si perdeva una partita neanche con la febbre a quaranta… Ed infatti ce l’aveva altissima l’ultima volta, tanto è vero che me lo hanno riportato dallo stadio in barella e non si è più ripreso, poveretto. Gli abbiamo fatto il funerale proprio la vigilia della conclusione del campionato. Chissà come gli sarà dispiaciuto senza nemmeno sapere a chi era toccato lo scudetto… Finché era vivo lui, io allo stadio non andavo. Non mi voleva. “Non è uno sport per donne”mi diceva. Era una scusa, perché vedeva anche lui gli stadi pieni di donne. Ma lui ci voleva andare da solo. Neanche la compagnia degli amici voleva perché preferiva non si sapesse che non tifava per una squadra, ma solo per il giocatore che in quel momento l’appassionava. Lo seguiva in tutte le partite, fino a quando ne scopriva un altro che gli piaceva di più ed allora faceva il tifo per il suo nuovo idolo fino a quando non ne trovava un altro che gli piaceva di più… Non aveva segreti per me, mi raccontava tutto ed anche se i suoi giocatori preferiti non li ho mai conosciuti, attraverso le sue parole apprezzavo le loro qualità. Quando lui è mancato ho trovato cassetti pieni di fotografie… Terzini, mezz’ala, portieri, ma soprattutto centravanti, lui aveva un debole per i cannonieri. Era un istintivo, un sentimentale il mio povero Stefano martire. Così lo aveva chiamato sua madre perché aveva letto quel nome sul calendario, ed aveva creduto fosse un nome doppio come Giannantonio o Pierfrancesco… Questo per dire che nemmeno il mio Stefano martire capiva molto di calcio. Andava allo stadio solo per poter ammirare da vicino il giocatore che in quel momento era nel suo cuore. Ed era così esclusivista che proprio per questo voleva andare alla partita da solo. Forse aveva paura che mi innamorassi anch’io di un calciatore. Evidentemente non conosceva i miei gusti. I giocatori saranno belli, muscolosi, con pelle liscia, bicipiti e pettorali perfetti, ma a me l’uomo troppo ben fatto non è mai piaciuto. Il mio tipo è sempre stato l’uomo tozzo, con le gambe storte un po’ corte ed il corpo peloso, tracagnotto proprio com’era lui, il mio Stefano martire. Perché un corpo ben fatto va bene per gli occhi, ma in un letto sono altre le cose che contano. E la bellezza del maschio è sempre inversamente proporzionale alla sua effettiva virilità… Salvo eccezioni, naturalmente. Le ragazze che non hanno ancora molta esperienza, corrono allo stadio per il piacere degli occhi… s’infatuano per i giocatori più belli, vorrebbero toccarli, vederli nudi sotto la doccia, portar via uno slip da tenere per ricordo, sotto il cuscino. Non farei mai una cosa del genere. Cosa dovrei farmene dello slip di un giocatore? È vederli vivere nel loro spazio, muoversi in un campo da gioco che mi piace. E questo l’ho scoperto solo dopo che ho chiuso gli occhi al mio povero Stefano martire ed ho voluto cercare di capire cosa potesse provare lui andando alla partita. Così, invece che vestirmi a lutto, mi sono abbonata allo stadio e non me sono affatto pentita. Manuelito Garcia, tanto per fare un esempio, l’ho visto sparare tre goal nella rete avversaria proprio domenica scorsa… Tutti i giocatori in campo sono prestanti, ma lui è diverso, una specie di dio, sono sicura che, se avesse fatto in tempo a conoscerlo, il mio Stefano martire avrebbe perso la testa per lui. Ed ora per lo meno mi resta il ricordo di quel povero ragazzo… Mah, bisogna rassegnarsi. Muore giovane chi al cielo è caro, dicevano gli antichi… E forse avevano ragione. Chissà nell’aldilà, che è pieno di gente d’età, come sarà stato festeggiato il suo arrivo Perché vedere che arriva lì un atleta con addosso tutta la sua bellezza e la sua smagliante giovinezza deve far piacere a vecchi sdentati, rugosi e catarrosi, non capita spesso un avvenimento come questo… In fondo, Manuelito Garcia, deve considerarsi fortunato. Perché , rimpianto come un eroe tra i vivi, sarà stato festeggiato come eroe anche tra i morti… Stefano martire, quando se lo sarà visto davanti, avrà perso la testa. Lo spero proprio, perché qualche soddisfazione se la merita anche lui, povero uomo. La passione che ho per il calcio, la devo a lui ed andando alle partite è in fondo un omaggio che gli faccio. Quando era vivo non approvavo questa sua passione e gliela ostacolavo in tutti i modi. Non riuscivo a capire il piacere che potesse provare ad andare a vedere un ragazzo che dava calci ad un pallone. Abbiamo fatto liti terribili ma finiva sempre che alla fine, sbattendo la porta, se ne andava alla partita ed io restavo a maledire tutti quei calciatori che avevano la colpa di portarmi via mio marito. Perché io ho voluto molto bene a Stefano martire, dopo anni di matrimonio ero innamorata di lui come quando mi ha portata all’altare ed ero gelosa dei cannonieri e dei centravanti ai quali andava tutta la sua ammirazione… Ma la mia era stupida gelosia, perché Stefano Martire per questi ragazzi ha avuto soltanto una platonica passione. Andava allo stadio per vederli, applaudirli, collezionava le loro magliette e le loro fotografie, ma tutto finiva lì. Il tradimento era soltanto di testa, perché l’amore fisico lui lo ha sempre e solo riservato me… L’ho capito dopo che lui se n’è andato ed ho letto i pensieri che scriveva, nel suo diario. Tutti quei calciatori li ha amati solo idealmente, se mi ha tradita l’ha fatto soltanto col pensiero, ecco perché mi è venuta l’idea di andare anch’io allo stadio, per rendermi conto di quanto aveva provato lui frequentandolo, magari trovando il modo di riparare ai miei torti. E così, vedendo una partita dopo l’altra, ho capito cosa dovevo fare ed ho preso le mie decisioni. O per lo meno ho cercato di fare le scelte che avrebbe fatto lui, il mio povero Stefano martire. E gli ho mandato i tre che più mi avevano colpito, i più belli ed i più bravi, riuscendo persino a fargli arrivare Manuelito Garcia, un fuoriclasse, che ha avuto i necrologi migliori, Direi che da morto ha avuto più ancora che da vivo. Come gli altri due suoi compagni, ha chiuso in bellezza, nel momento del suo maggior splendore… Se fossero passati anche pochi anni, tutti e tre sarebbero stati dimenticati, il loro nome non avrebbe più detto niente a nessuno, i giornali e le televisioni non si sarebbero più scomodati a parlare di loro. Invece, così se ne sono andati tutti e tre giovani e belli, nel momento giusto, con necrologi, foto, articoli, commemorati come antichi eroi. E lassù il mio Stefano martire… dopo Pablito Vascao Lesa e Robertino Macciocchi ha avuto la sorpresa di vedersi arrivare anche Manuelito Garcia. Stamattina, al cimitero, mentre sistemavo i fiori sulla sua tomba, alzando gli occhi mi pare di aver visto nel ritratto smaltato sulla sua lapide un sorriso di gratitudine e di gioia. Ho capito che ha apprezzato il mio omaggio e che avevo accontentato in pieno i suoi desideri ed i suoi gusti. Chissà con che occhi avranno guardato il mio Stefano martire gli altri vecchi, certo lo invidieranno, ma dal momento che tra i morti non ci sono segreti, tutti avranno capito che sono stata io, la sua vedova… che sfidando rischi e pericoli, ho voluto esaudire i suoi desideri… Prima gli ho fatto arrivare Pablito Vascao Lesa, poi Robertino Macciocchi ed ora anche Manuelito Garcia perché , pace all’anima sua, abbia da morto quello che da vivo non è stato in grado di avere… Per me non è stato semplice ho fatto quanto ho potuto: non so nemmeno se in futuro mi saranno ancora date altre possibilità. Ma io lo spero e ci metterò tutta la mia buona volontà. E, poi, andiamo, bisogna avere fiducia e mai mettere limiti alla divina provvidenza…
FINE