Maria Luisa Spaziani
La Vedova Goldoni
PERSONAGGI
LA VEDOVA GOLDONI
CUNEGONDE: prostituta illuminista
(Che cos'è l'orgasmo? Che cosa lo può scatenare? Un 'eccitazione da contatto
eterosessuale, o omosessuale, o autoreferenziale? O per sublimazione mistica?
Dopo lo scintillante dialogo-scontro fra una prostituta figlia della Rivoluzione
e una timorata casta vedova figlia del Concilio di Trento, sì scoprirà che un
altro, tipo di orgasmo esiste, benché né la scienza né la letteratura si siano mai
occupate
del fenomeno.)
(Parigi. La scena rappresenta un salotto borghese, più povero che modesto, con qualche statuetta o qualche targa superstite dei numerosi riconoscimenti avuti da Carlo Goldoni in vita. La vedova Goldoni ha una cuffia di pizzo nero sui capelli bianchi. La visitatrice ha una casacca a colori vistosi, un po' sbrindellata, e in capo il berretto frigio. Forti colpi alla porta.)
VEDOVA GOLDONI
Ma chi è, ma chi è? Un po' di educazione, via!
CUNEGONDE
Sono io, cittadina, la tua vicina Cunegonde che viene a chiederti due uova in prestito.
VEDOVA GOLDONI
Non sono una cittadina di qui, io. Sono la signora Maria Nicoletta Goldoni, italiana. Comunque, vi apro.
(entra Cunegonde)
Figuriamoci. Le galline le uova le fanno per le strade.
CUNEGONDE
Possibile che tu non sappia ancora che ti devi chiamare "cittadina"? Capisco che sei straniera, che sei provinciale, che trasudi borghesia da tutti i pori. Ma ficcatelo in testa una volta per tutte:Madame e mademoiselle non esistono più. Siamo tutte eguali, il principe e il fornaio sono allo stesso livello. Anche le donne sono finalmente tutte eguali, ricche e povere, maritate e zitelle.
VEDOVA
Questo lo dicono le zitelle. Voi, ad esempio, che cosa siete?
CUNEGONDE
Eh, che te ne frega? Ti dai delle arie perché al tuo defunto marito gli baciavano perfino la mano. Ma come ti sei ridotta, ora! Hai venduto quasi tutto: tappeti, gioiellini, statue e statuette, targhe e medaglie.
VEDOVA
Però siete voi che venite a chiedermi due uova. E poi non è un disonore essere poveri dopo una vita onorata.
CUNEGONDE
Guarda guarda! Hai venduto anche i ritratti degli antenati con cornici d'oro. E soprattutto hai perso la tua bella casa eh? La tua bella casa di cinque stanze con la biblioteca e quelle grandi finestre che davano su Notre-Dame. Sì, con la tisana del mattino tu e tuo marito avevate il privilegio di vedere la facciata di Notre-Dame, tutta rosa nella luce dell'alba, fra voli di
colombi. E adesso, aspetta e aspetta la pensione, eccoti relegata sul retro, dove le mansarde della casa di fronte ti tolgono anche la luce.
VEDOVA
Ah, questo a mio marito piaceva moltissimo, anzi, negli ultimi tempi. Diceva una cosa che tutti trovavano buffa, che sembrava un pretesto ma che invece era una profonda verità. Diceva che a occhi chiusi le cose si vedono meglio, non ci si limita alla loro buccia, al loro aspetto esteriore, ma ricreandole con la fantasia, pensate un po', diventano più vere, più vive, più nostre. Diceva che se Omero ci ha raccontato la più colorita storia di tutti i tempi, questo era dovuto al fatto che era cieco.
CUNEGONDE
Ma anche quand'era giovane ragionava così?
VEDOVA
No, a dire la verità. Ha cominciato a pensare a queste cose quando la sua vista stava diminuendo. Ah, sì, diceva anche che Beethoven doveva aver tratto non pochi vantaggi dalla sordità che gli permetteva meglio di sentire le musiche interiori. Insomma, pensava a occhi chiusi e dettava a occhi chiusi tutte le sue ultime commedie a me.
CUNEGONDE
Ehi, di lavorare a occhi chiusi io ne so qualcosa.
VEDOVA
A proposito, se siamo vicine dobbiamo fare conoscenza. Ditemi di voi. Ma prima di tutto spiegatemi un po' come mai avete deciso di darmi del tu.
CUNEGONDE
Non ti ho detto che siamo tutti eguali?
VEDOVA
Noi persone di rango, in Italia, e specialmente nella mia amata Genova, prima di darci del tu dobbiamo conoscerci bene da due o tre generazioni. Ma pazienza, fate come volete. E allora ditemi un po' che razza di lavoro è il vostro che si può fare anche a occhi chiusi.
CUNEGONDE
Io... faccio l'artista.
VEDOVA
Ah, brava! Guarda guarda, una donna! Allora ci intenderemo. Non ho visto che artisti nel corso della mia vita. Artisti del palcoscenico, per lo più, ma anche pittori, scultori, architetti. Il mio povero marito era un uomo di teatro...
CUNEGONDE
Ehi, che mi dici mai. Lo sanno perfino i sassi. E quell'altro italiano che veniva a trovarmi, quel vostro amico, ecco, sì, Vittorio, mi aveva raccontato una sua spassosissima storia di baruffe, una lite terribile di pescatori o pescivendoli che faceva ridere fino alle lacrime.
VEDOVA
Vittorio, chi?
CUNEGONDE
Alfiero, Alfieri, un nome così. Anche lui inventava storie per la scena, ma ti giuro che non erano affatto allegre. Pugnali, duelli, vendette, e mai un lieto fine. E scritte in versi, come se non bastasse. Tuo marito, lui sì che sapeva divertire la gente.
VEDOVA
Ma voi, che tipo di artista siete?
CUNEGONDE
Eh, di un genere un po' particolare. Ho cominciato quindici anni fa, prima della rivoluzione, a posare per i pittori e gli scultori. Li ispiravo. Avevo un corpo da mozzare il fiato. Poi, con l'aria che tirava, con tutto quel sangue che scorreva per le strade, proprio per l'arte non tirava più aria. Ma tutti si ricordavano del mio corpo favoloso e mi pagavano per guardarmi nuda, mi capisci, cittadina, anche senza dipingere o scolpire.
VEDOVA
Ma come, nuda? E vi spogliavate e vi lasciavate guardare?
CUNEGONDE
Beh, sì, che ci trovi di strano? Era una consolazione per i nostri uomini politici, per i nostri bravi operai, per i contadini che venivano a fare le proteste e le sommosse, a vedere la ghigliottina in azione, che si trovavano a Parigi per la prima volta e la sera cercavano di divertirsi un po'.
VEDOVA
Ma quelli, ditemi, stavano lì a guardarvi?
CUNEGONDE
Beh, insomma, più o meno. Mi passavano le mani sul corpo, cerca di capirmi, forse illudendosi di aver fatto una statua. Del resto l'undicesimo comandamento dovrebbe essere: da' il massimo di gioia al tuo prossimo.
VEDOVA
Eh, la cosa può portare lontano. E vedendovi così come dite, nessuno vi ha mai mancato di rispetto?
CUNEGONDE
Madonna mia, che troglodita! Ma dove vivi? E di dove diavolo vieni con questa mentalità?
VEDOVA
Beh, ho passato tutta la mia adolescenza nel convento delle Orsoline, poi ci sono rimasta fin quasi ai diciotto anni.
CUNEGONDE
Quanto tempo sprecato proprio a quell'età! Eppure non dovevi essere brutta.
VEDOVA
Ma che dite? Sono stati gli anni più belli, più puri, gli anni dei sogni. Nelle ore libere dalla preghiera mi occupavo del giardino, e pensate che per la mia ottima condotta io sola avevo il diritto di cogliere i gigli per l'altare di San Luigi.
CUNEGONDE
Senti, senti senti! E com'è che non ci sei rimasta in quel convento?
VEDOVA
Un imperativo assoluto è l'obbedienza a nostro padre, no? E quando mio padre mi ha comunicato che dovevo sposare un certo signor Carlo Goldoni ho avuto un forte dispiacere, forse anche un impeto di rabbia, Dio mi perdoni, ma c'era poco da fare. Avrei commesso un peccato mortale disobbedendo.
CUNEGONDE
E invece di fare salti di gioia, scommetto che hai pianto come una fontana dando l'addio ai gigli di San Luigi...
VEDOVA
Eh, sì. Lo strazio maggiore è stato quello di separarmi da Suor Zeffirina, un'anima ardente, meravigliosa, una vera e propria santa alla quale avrei voluto assomigliare, un giorno. In certe notti di gelo ci trovavamo nella cappella, per le preghiere delle tre del mattino, e piangevamo di tenerezza guardando l'angelo dell' Annunciazione.
CUNEGONDE
Proprio da crepare di allegria. Ma poi la vita matrimoniale ti è piaciuta, almeno? Come ti è andata la prima notte?
VEDOVA
Uh, avevamo un tale raffreddore, Carlo e io, che abbiamo fatto i suffumigi di camomilla e ci siamo addormentati.
CUNEGONDE
Ah, e la sera dopo?
VEDOVA
Ha cominciato a parlarmi dei suoi zii, dei cuginetti, degli studi, a raccontarmi tutte le idee che aveva in mente con quella sua passione del teatro...
CUNEGONDE
Ma non è questo che volevo sapere!
VEDOVA
E che cosa volevate sapere?
CUNEGONDE
Ti ho detto che io sono un'artista, un'artista del corpo, una follemente interessata a tutte le storie del corpo o dei corpi, meglio se allacciati insieme. Capisci? Non hai qualche ricordo piccante da raccontarmi?
VEDOVA
Eh, ho capito, siete una scostumata. Il corpo di mio marito io non l'ho mai visto, se è proprio questo che intendete, e tanto meno lui ha visto il mio, non gli è mai venuto in mente che io fossi una statua da accarezzare, saremmo sprofondati sotto terra per la vergogna soltanto all'idea. Voi parlate come se il peccato non esistesse.
CUNEGONDE
Eh, il peccato. Sacrosantissime balle. Abbiamo spazzato via i nobili dalla terra con tutte le loro assurde usanze, i fidanzamenti, i matrimoni, i battesimi con il pupo infiocchettato, i funerali con sei cavalli impennacchiati. Abbiamo tagliato dodicimila teste circa, e tu vieni a parlarmi di peccato. Sei molto vecchia, d'accordo, ma mi viene una gran voglia di dirti tutto quello che ti sei persa in vita tua. Che cosa vuol dire far l'amore, ad esempio.
VEDOVA
Vuole dirsi volersi bene, capirsi, aiutarsi e curarsi quando si è malati.
CUNEGONDE
Quanti figli hai avuto con questi sistemi?
VEDOVA
Nessuno.
CUNEGONDE
Eh, lo credo. E in quarant'anni di matrimonio non ti è mai venuta la voglia, così per curiosità, di vedere se magari un altro uomo funzionasse meglio?
VEDOVA
Ma che dite, mademoiselle? Comincio proprio a pensare che siete una scostumata, con rispetto parlando, e che farei meglio a non ascoltarvi più. Proprio qui, sotto il ritratto del mio povero Carlo: prendetevi quell'uovo, l'unico che ho, e andatevene.
CUNEGONDE
Allora non devo proprio dirti tutto quello che hai perso in vita tua.
VEDOVA
Ma voi non sapete tutto quello che avete perso voi, e che vita brillante ho avuto io. Intanto le tenerezze, le attenzioni, il rispetto di Carlo. E poi feste, onori, teatri e teatrini, personaggi e stati d'animo nuovi, baroni, signore, servette, avventure a non finire, tutto un fuoco d'artificio che nasceva dalla testa del mio Carlo, e poi pranzi e balli nei palazzi, allegre cene nelle locande di mezza Italia, e il famoso Carnevale di Roma, uh, quello! E poi gite e occasioni d'ogni genere: perfino nella Mongolfiera siamo saliti, qui a Parigi per un breve giro riservato agli ospiti d'onore quando Carlo dava lezioni d'italiano alle sorelle del povero re Luigi. E dove mettete le migliaia di persone che piangono e ridono per le parole che il commediografo s'inventa e che io vedevo nascere, e zecchini a palate che poi svanivano come nebbia al sole e il giorno dopo si doveva ricominciare. Sono stati quarant'anni di ininterrotta giovinezza.
CUNEGONDE
E di castità a non finire, sempre all'ombra dei gigli di San Luigi.
VEDOVA
Se ho capito bene, mademoiselle Cunegonde, voi restringete l'universo all'atto materiale.
CUNEGONDA (rìde)
E che cosa sarebbe l'atto materiale?
VEDOVA
Via, non fatemelo dire a chiare lettere. Avete capito, no?
CUNEGONDE
Proprio no.
VEDOVA
Ma se siete voi che mi costringete a parlare di queste cose.
CUNEG. (candida)
Che cos'è l'atto materiale?
VEDOVA
Insomma, è quel momento della notte, quando i due sposi dormono insieme, che lui tenta, che lui fa, insomma, quella cosa, cercando di avere dei figli.
CUNEGONDE
Ah, e come avviene
VEDOVA
Mademoiselle, anche se siete nubile dovreste saperlo. Io personalmente non potevo certo sottrarmi a questo tipo di abbracci, e tutto sommato, per obbedienza e simpatia per mio marito, non mi dispiacevano poi troppo. Il nostro era un matrimonio consacrato e tutto si giustificava. Ma per me era, come dire? come essere a teatro. Lui si commuoveva, mi diceva parole dolcissime, ripeteva sempre il mio nome, Nicoletta, Nicoletta..poi a poco a poco si affannava, si scatenava, e certe volte, Dio mi perdoni, mugolava come un animale. Un gran bel teatro, che nelle sue commedie naturalmente non ha mai messo. Ma io ero sempre una spettatrice, in quel letto come a teatro, e sinceramente speravo che la cosa finisse presto.
CUNEGONDE
Ora che sei tanto vecchia te lo posso dire: tutti sanno benissimo che il famoso atto materiale tuo marito lo faceva poi con una quantità di signore e servette che non erano certo spettatrici, che se la godevano un mondo e mugolavano come lui.
VEDOVA
Ah, questa storia l'ho già sentita. Non dico che non fosse vero. Ma prendete un po' Mirandolina, che si sa benissimo chi gliel'ha ispirata, tanto per dirne una. Beh, se proprio lo volete sapere, qualche notte Carlo mugolava nel sonno da solo, stringeva il cuscino e bofonchiava: "Mirandolina, Mirandolina..." Vedete? Non pensava a quella donna in carne e ossa, non la chiamava col suo nome come faceva con me. Pensava soltanto al suo personaggio. Perché tutta la vita di Carlo è stata pura finzione, pura carta stampata, pura fantasia da proiettarsi sulla scena. E non solo le donne, sapete? Quando gli hanno chiesto notizie del periodo in cui è stato console di Genova a Venezia e poi avvocato abbastanza famoso, lui non ha fatto il minimo accenno professionale e politico, se ne è proprio dimenticato, e non ha fatto altro che dire delle sue meravigliose esperienze a contatto con usurai, pescatori, bancarottieri, falsari e simili, tutti, tutti confluiti nelle sue commedie. Se ci capitava di vedere un'alba o un tramonto, un uccello screziato o un gobbo un po' buffo, due o tre giorni dopo li ritrovavo pari pari nei dialoghi che mi leggeva. A tavola sembrava goloso, arrivando a una locanda si informava subito cosa c'era da mangiare, com'era fatto questo o quel piatto e come si chiamava. Inutile dirvi che...
CUNEGONDE
Quel piatto saltava fuori nei dialoghi che ti leggeva il giorno dopo.
VEDOVA
Proprio così. Come avrei potuto essere gelosa di un uomo che aveva un'unica passione? A quello stadio d'incandescenza tutte le altre scompaiono. E poi, c'è l'obbligo giurato della fede coniugale.
CUNEGONDE
Molto, molto comodo. Per gli uomini naturalmente. Ora te lo dico io che cos'è la fede coniugale. La cosiddetta fede coniugale è una lunga e dolorosa ipocrisia anche nel migliore dei matrimoni. Il prete dovrebbe far giurare così gli sposi: Giuro di non evolvermi, di non annettere altri mondi alla mia fantasia, di uccidere in me ogni sensazione e ogni emozione nuova, di rinunciare a scoprire terre sconosciute, di cristallizarmi nel tuo nome, nel nome di un amore di cui posso aver dimenticato l'origine e il senso, di restare cinquant'anni inchiodata ai tuoi begli occhi come Prometeo alla sua rupe. Io rinuncio a rubare il fuoco e lo sostituisco e lo baratto con il calduccio rassicurante e sbadigliante del nostro coniugale e fedele fornello della cucina, finché morte non ci sciolga.
VEDOVA
Via, via! Non siete una scostumata, siete il diavolo in persona!
CUNEGONDE
Sentiamo, che cos'è allora la fede coniugale secondo te?
VEDOVA
Oh, la fiducia assoluta. Se avessi visto Carlo abbracciato a un'altra donna, e lui mi avesse detto che si trattava di un'illusione dei miei occhi, io avrei creduto a lui e non a quello che avevo visto.
CUNEGONDE
Cittadina, una sola domanda. Quante volte hai commesso l'atto materiale con tuo marito?
VEDOVA
Mademoiselle, facciamo un patto. Io ve lo dico e poi voi ve ne andate davvero.
CUNEGONDE
Sì, sì, ma toglietemi ancora questa curiosità. Quante volte?
VEDOVA
Eh, chi lo sa a tanta distanza di tempo. Forse un centinaio.
CUNEGONDE
In più di quarant'anni di matrimonio.
VEDOVA
Ah, anzi, ora che mi ricordo. Lo so benissimo: centosette.
CUNEGONDE
E come mai tanta precisione?
VEDOVA
Perché su raccomandazione di Suor Zeffirina, ogni volta che commettevo l'atto materiale dovevo, la mattina dopo, sottopormi al rito di purificazione.
CUNEGONDE Come, come?
VEDOVA
Sì, dal nostro parroco a Venezia o presso i tanti parroci dove la compagnia passava, il mattino dopo dovevo confessarmi a lungo, raccontare tutti i particolari a poi fare una serie di preghiere e digiuni, secondo i criteri di quei santi uomini sempre diversi. Soltanto il secondo giorno potevo fare la comunione, se ero stata assolta. L'ordinavano i signori prelati e teologi del Concilio di Trento. E ogni volta il parroco mi consegnava un "abitino".
CUNEGONDE
Come? Che cosa?
VEDOVA
Sì, una bustina di tela con un frammento dell'osso di un santo, da portare per un mese sul petto e poi conservare con devozione per tutta la vita. Ne ho appunto centosette.
CUNEGONDE
Mamma mia, mamma mia. Il Medioevo non è proprio finito. Come diavolo ti sei trovata a Parigi nel pieno della bufera, delle teste tagliate, degli usi e costumi rovesciati in nome di un mondo moderno e migliore per il trionfo della libertà?
VEDOVA
Questa storia della libertà io non l'ho proprio capita, a dire il vero, se tutti rimangono poveri come prima e tutti si raccomandano a tutti. 'La vera libertà sarebbe dal bisogno. E anche dal peccato, che molta gente considera inevitabile. Quanto ai costumi cambiati, lasciatemi dire che una grande maleducazione dilaga nei rapporti sociali e privati, nelle case e nelle strade, a quanto vedo. Che cosa ne abbia pensato il buon Dio di tutto quello sconquasso di rivoluzione non oso neppure pensarlo.
CUNEGONDE
Cara cittadina, per la simpatia che mi ispiri ti consiglierei di smetterla di parlare sempre di Dio, e soprattutto di cercare le chiese dove è possibile che qualche parroco superstite dica messa. Eleggiti qualche bel romanzo d'amore per scoprire tutto quello che hai perduto.
VEDOVA
Ma voi che parlate tanto, voi l'atto materiale l'avete mai fatto?
CUNEGONDE
Ah, ecco finalmente una buona domanda. Ma ti dirò che con tutti quei tuoi discorsi di gigli e di angeli, per incredibile che sia, provo qualche scrupolo. Ebbene sì, lo confesso, l'ho fatto.
VEDOVA
Oh, mademoiselle! E quante volte?
CUNEGONDE
Diciamo che faccio in un mese quello che tu hai fatto in quarant'anni.
VEDOVA
Oh! ma è spaventoso! E perché mai? Non oso pensare che sia per denaro, vero mademoiselle? Per denaro non varrebbe propio la pena di vendere l'anima al diavolo. Forse amate tanto un uomo, è con lui che avete commesso cosi tante volte l'atto materiale?
CUNEGONDE
(ride sguaiatamente) Eh, cittadina, se esistesse un uomo così lo porterebbero al museo!
O meglio allo zoo... o direttamente alla Morgue! Ah, mi fai morire!
VEDOVA
Allora si tratta di più uomini! E perché lo avete fatto o addirittura lo fate ancora?
CUNEGONDE
Qualche regalino non guasta, ogni tanto, vero. Ma credo che per me si tratti di un'autentica vocazione come quella dei tuoi preti. Insomma lo faccio per puro piacere, cara la mia cittadina amica degli angeli.
VEDOVA
Non vorrete mica dire che lo stesso piacere fisico che provano gli uomini, lo provate anche voi?
CUNEGONDE
Eh, sì, è proprio quello che volevo dire.
VEDOVA
Dio mi perdoni, spiegatemi un po' come è possibile questa cosa. Come può succedere?
CUNEGONDE
E difficile dirlo a parole, cara la mia cittadina-madame.
VEDOVA
Provateci.
CUNEGONDE
Ecco, per la strada vedi un volto che ti colpisce. Sotto quel volto c'è un collo giovane e bianco (il collo è importantissimo, è uno dei punti in cui la pelle è più delicata). Poi, sotto la camicia, se è estate, senti che dopo quel collo ci sono due spalle forti ma altrettanto morbide, due braccia muscolose, belle mani... e poi scendi, scendi... Il bello è che nel momento in cui tu guardi quell'uomo così, lui guarda te. Pensa le stesse cose, e tu ti senti i seni fiorire di colpo come due ninfee. Una corrente calda comincia a salirti dai talloni, lungo i polpacci, e sale, sale e ti avvolge le spalle come un mantello. Ma forse a questo punto non si è più nella strada, si è in un campo della periferia, in mezzo al grano che profuma, o in una camera di locanda. Sovente non sai nemmeno il nome di quell'uomo, non c'è bisogno di parole. E allora quella corrente calda si concentra in un punto del tuo corpo che è come un cuore. E bruci tutta, e non sai più dove la tua pelle finisca e cominci la sua, e hai la strana impressione di esser fosforescente, luminosa, e che tutto gridi in te anche se la tua bocca tace. Un urlo silenzioso.
(pausà)
VEDOVA
Ma, ma se è così, anch'io l'ho provato.
CUNEGONDE
Come? Fammi capire. Hai sempre sostenuto il contrario.
VEDOVA
Sì, l'ho provato tre volte in vita mia e ci penso sovente. Purtroppo il mio povero Carlo non c'entrava quasi, non c'entrava direttamente nel senso che dite voi.
CUNRGONDE
In parole povere, l'hai confessato, gliele hai fatte quelle corna che si meritava ampiamente.
VEDOVA
No, le cose sono andate un po' diversamente da quello che mi avete raccontato. Ma è una cosa che non ho mai detto a nessuno. Credo sia un po' un segreto fra me e Dio.
CUNEGONDE
Coraggio! Forse imparerò qualcosa di nuovo. Ti prego, cittadina, vi prego, madame. Del resto una cosa del genere l'avrai raccontata ai tuoi confessori.
VEDOVA
No, è l'unica eccezione, è l'unica omissione di cui sono colpevole nei riguardi dei tanti confessori della mia vita. Non so quale pudore mi ha sempre trattenuta, forse perché i confessori sono sempre e soltanto uomini, e non sono in grado di cogliere certe sfumature. Comunque a qualcuno dovevo pur dirle queste cose. E ormai chissà quanti mesi mi restano da vivere.
CUNEGONDE
Confessatevi, Madame, toglietevi questo peso.
VEDOVA
E stato al convento, nel mese di maggio, quando avevo quindici anni. Ero scesa in cappella da sola, alle sei del mattino, perché era il mese di Maria. Ero inginocchiata davanti alla statua dell'angelo Gabriele, quello dell'Annunciazione. Un raggio passò dalla vetrata e lo colpì dritto negli occhi che aveva di un intensissimo azzurro. C'era un forte profumo di gigli e di tuberose.
Un silenzio assoluto. E mi capitò proprio quello che dicevate voi: un flusso caldo che saliva dai talloni su per i polpacci e veniva ad avvolgermi tutta come un mantello. E quel secondo cuore che batteva forte qui dentro, e l'impressione di diventare un tizzone ardente, che lanciasse fiamme in tutte le direzioni...
CUNEGONDE
Bravissima! Così. È proprio vero che le vie del Signore sono infinite. Per fortuna suor Zeffirina per una volta dormiva.
VEDOVA
Era andata a un pellegrinaggio per chiedere una grazia...
CUNEGONDE
Ah! E la seconda volta?
VEDOVA
La seconda volta successe negli ultimissimi minuti del carnevale di Roma di molti anni fa. Voi non potete immaginare che meraviglia sia l'ultimo giorno del carnevale, migliaia di carrozze e carrozzelle e ciuchi che convergono al Corso dai quattro angoli di Roma quando ancora c'è nell'aria l'eccitazione gioiosa della corsa dei butteri sì, cavalli e cavallini selvaggi lanciati a folle velocità come una corrida. Quando le luci del tramonto si stanno spegnendo verso Montemario, cominciano ad accendersi migliaia di lumini a tutte le finestre, su tutti i campanili... e ogni persona mascherata porta il suo lumino, i suoi coriandoli e trombette, giochi e scherzi di varia natura. A Piazza del Popolo ci sono i fuochi artificiali, tutti gridano, ballano e anche si baciano fra sconosciuti. Beh, si avvicina la mezzanotte, un primo brivido percorre quelle migliaia di persone in festa. A mezzanotte in punto suona il primo rintocco della campana di Santa Maria del Popolo, che nella gente risuona come le trombe del giudizio. Tutte quelle migliaia di persone sui balconi e nelle strade spengono di colpo i moccoli e un silenzio spaventoso, sacrale, accompagna i dodici rintocchi. Nemmeno uno fiata più, tutti si tolgono la maschera e tutti s'inginocchiano facendo il segno della croce. Si entra nella Quaresima. Ed è in quel momento di stupore e paura che "la cosa" mi è successa, una violenza che m'aggrediva dall'esterno con indicibile peccaminoso terrore. Mi son sentita rovesciare all'indietro ed è Carlo che mi ha accolta fra le sue braccia impedendomi di crollare al suolo. Ero come trasfigurata.
CUNEGONDE
Che stupendo racconto, Madame, e che ironia della sorte! Il suo Carlo l'ha presa fra le braccia, ah ah, e l'ha creduto un banale svenimento. Che buffo! E la terza volta?
VEDOVA
La terza volta è stato ancora più misterioso, e non posso dire che il povero Carlo non c'entrasse, anzi. Ma lui dormiva mentre mi succedeva. Dormiva in una locanda di Faenza e io, che avevo dimenticato i nostri passaporti in teatro, verso mezzanotte dovetti ritornarci. Ah, il palcoscenico che avevo visto mille volte, in mille forme diverse, tutto scintillante di luci e di colori, pieno di costumi e di voci e di spirito, quel palcoscenico e quel teatro io li sentivo per la prima volta, li sentivo immersi nel silenzio, vuoti come una conchiglia, a luci spente. Ho visto il cuore segreto della morte restando viva, capite? Una morte che non è assenza ma la risonanza interna di tutte le cose prima colte soltanto in superficie. Il lucignolo che tenevo in mano proiettava pochi bagliori sui velluti, sui palchi, su un fondale dipinto di foreste tempestose. Mi parve di precipitare dall'alto di una torre altissima, quel vuoto mi prese, mi risucchiò. Una straordinaria energia mi investì, sembrava scaturire da me, ero nelle spire di un sortilegio che mi faceva girare la testa. Mi stringevano, sì, come essenze impalpabili tutte le Colombine e le Mirandoline e i pescatori e gli innamorati che Carlo aveva inventato o sognato, una folla immensa senza voce e senza occhi, un con centrato di tutte le favole e di tutte le sue possibili fantasie. E il flusso caldo salì e mi avviluppò là, dopo tanti anni, e un piacere immenso scaturì da quel mistero, da quel segreto che per me sola ora si manifestava. Capii l'anima del teatro, dell'amore. La pelle del mio ventre emetteva luce come un alabastro contro il fuoco. Ecco, se mai ho fatto l'amore con Carlo, se mai ho fatto l'amore, se mai l'ho fatto in modo da concepire un figlio, è stato là, sulla scena vuota di quel teatro vuoto.
CUNEGONDE
Sei riuscita a commuovermi, Madame. Forse, forse hai fatto l'amore meglio di me. E ti assicuro che non è poco.
FINE