La via fiorita

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3V

LA VIA FIORITA

Commedia in quattro atti

di VALENTINO KATAJEV

Traduzione dal russo di M. Rakowska

PERSONAGGI

LAUTSKAJA

MASCIA, sua figlia

SAVJALOV, marito di Mascia – conferenziere

IL DOTTORE

TANJA, della Lega della Gioventù comunista

GENJA GUSSJEV, della Lega della Gioventù comunista

LA MADRE DI TANJA

LA NONNA DI TANJA

L’AMICA DI TANJA

POLJA, cameriera dei Savialov

IL FATTORINO

VERA GASGOLDER

IL MARITO DI VERA GASGOLDER

IL PAZIENTE, personaggio muto

L’azione si svolge a Mosca nei nostri tempi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Una stanza nell’appartamento di Savjalov.

(Mascia sta stirando la biancheria del marito; per un forte mal di capo ha la fronte fasciata con un asciugamano)

Lautskaja                      - (entra) Ecco! Guarda un po’ che cosa ho portato! Due carote, un pezzetto di cavolo, un po’ di burro, una fetta di carne, un vasetto di ricotta da due e cinquanta, tre cipolle ed ho speso trenta rubli.

 Mascia                          - Tu mi fai morire!

Lautskaja                      - Ho notato tutto fino all'ultimo copeco.

Mascia                           - E' una rovina!

Lautskaja                      - E allora vai tu al mercato. Tanto io non ne posso più. Al diavolo ogni cosa! Io non mi muovo più!

Mascia                           - (toccando un lembo della manica lacerato) Che cosa è questo?

Lautskaja                      - Me l'hanno rotto mentre salivo nel tram. Quando finirà questa vita? Polja, portate la roba in cu­cina. Hanno dato da mangiare a Mitka?

Polja                              - Certo.

Lautskaja                      - Perché, allora, miagola?

Polja                              - Fa capricci. Miagola perché è un gattaccio viziato.

Mascia                           - Ah, gli faccio vedere io come si fanno i capricci! Via di qua, grosso idiota! Va a pigliare i pas­seri! Fannullone!

Polja                              - Eccolo tutto mortificato, con la coda fra le gambe. (Ride).

Mascia                           - Sst... sst...

Lautskaja                      - Dorme?

Mascia                           - No, si è già alzato. Lavora.

Lautskaja                      - E' tornato tardi stanotte? Non l'ho sen­tito rientrare.

Mascia                           - Verso le tre. Non ho guardato l'orologio. Forse potevano essere anche le tre e mezzo.

 Polia                             - Le quattro e mezzo! (Getta rumorosamente la legna in terra).

Mascia                           -  Piano! Sei pazza?

Lautskaja                      - Io non la capisco una vita simile.

Mascia                           - Mamma!

Lautskaja                      - Niente, niente; starò zitta. Gli hanno servito la colazione?

Polja                              - Ma sì! (Esce).

Lautskaja                      - Capisco che queste cose non mi riguar­dano. E' tuo marito e non mio. Però... questi continui romanzetti con altre donne...

Mascia                           - Mamma!

Lautskaja                      - Si fa vedere dappertutto attaccato a una sottana. E se ne vanta. Non pensa affatto all'opinione pubblica. Eppure è propagandista del Partito. La gente vi segna a dito.

Mascia                           - Tronchiamo questo discorso, mamma, ti prego. Vedi bene che ho un forte mal di capo.

Lautskaja                      - Che famiglia la vostra! E ogni anno di male in peggio.

Mascia                           - Taci!

Lautskaja                      - Sto zitta, non parlo più. Ieri l'hanno visto al pattinaggio con un'altra.

Mascia                           - Benissimo! Se gli piace pattinare! Che male c'è?

Lautskaja                      - Dico forse chefa male? Pattini pure. Non fino alle cinque del mattino, però! E' propagandista del pattinaggio!

Mascia                           - Perché mi dici tutto questo?

Lautskaja                      - E chi, dunque, te lo dirà, se non tua madre?

Mascia                           - Non voglio ascoltarti.

Lautskaja                      - Tu lo hai viziato, ed ora chiudi le orecchie.

Mascia                           - Basta, ti supplico! Sembri una vecchia riven-dugliola di provincia, non una donna intellettuale. In quale secolo viviamo? Devo tenerlo a catena, secondo te? Bisogna capirlo... bisogna rispettare le sue opinioni sulla vita, sulla famiglia... (Si sente suonar il campanello).

Lautskaja                      - E' riuscito a convincere anche te.

Mascia                           - E' un uomo vivo, gaio, libero, felice: un uomo nuovo.

Lautskaja                      - Sarà un uomo nuovo, ma non è un marito!

Mascia                           - Non importa. Lo amo. E ti prego di non immischiarti in cose che non ti riguardano.

Lautskaja                      - Credi forse che io non gli voglia bene? Se non mi foste cari tutti e due, non avrei motivo di preoccuparmi. (Entra Polja) Chi era?

Polja                              - La posta.

Mascia                           - (esaminando le lettere) Per lui, per lui, per lui. Questa sarà di una ragazza. Ancora per lui, per lui.

Lautskaja                      - Niente per noi?

Mascia                           -  Per ora niente. Per lui, per lui.

Polja                              - Tutte quante per lui.

Mascia                           - Ah, ecco la sollecitazione per pagar l'affitto di casa e il conto della luce. Questo è per noi. Dio, che mal di capo!

Savjalov                        - (entrando) Chi è venuto? Ah, c'è la posta. (Prende le lettere) E dunque come va? Come ti senti? Ti fa sempre male la testolina? Lascia che ti dia un bacettinino. Buongiorno!

Mascia                           - Che hai?

Savjalov                        - Eh?

Mascia                           - Sei pazzo?

Savjalov                        - Perché?

Mascia                           - Ma se ci siamo già visti stamattina

Savjalov                        - Possibile?

Mascia                           - Come sei attento a quel che fai!

Savjalov                        - Ti ho già dato il buon giorno?

Mascia                           - Certo.

Savjalov                        - E anche il bacettinino?

Mascia                           - Figurati!

Savjalov                        - (ride) Fantastico!

Lautskaja                      - Vorrei sapere se con gli estranei siete distratto come coi congiunti.

Savjalov                        - (apre le lettere) Non vi capisco.

Lautskaja                      - Eppure, non è difficile capire.

Savjalov                        -  Non faccio nessuna differenza tra i cosidetti « estranei » ed i cosidetti « congiunti ».

Lautskaja                      - Ma i congiunti sono le persone più care.

Savjalov                        - Ah! E gli estranei coloro che non ci sono cari?! E' straordinario! Un assioma? Perché dovrei voler bene ai congiunti e non agli estranei? Non vedo nessuna differenza fra gli uni e gli altri. Tutti mi sono ugual­mente cari.

Lautskaja                      - E' una vostra nuova idea?

Savjalov                        - E' lo stato d'animo naturale di un uomo dell'avvenire.

Lautskaja                      - Voler bene a tutti vuol dire non voler bene a nessuno o piuttosto, voler bene soltanto a se stesso.

Mascia                           - Mamma!

Savjalov                        -  In regime capitalistico, sì, ma in regime comunista proprio il contrario!

Lautskaja                      -  Che sciocchezze!

Savjalov                        - Perché?

Lautskaja                      - Perché per trattare tutti allo stesso modo, bisognerebbe che tutti fossero eguali.

Savjalov                        - Nella società dell'avvenire appunto, tutti saranno uguali.

Lautskaja                      - « Tutti eguali... » eh? Che bellezza quella vostra società dell'avvenire! Diciamo: allora si decreta che nascano tutti biondi e tutti della stessa statura, egual­mente con un porro sul naso o ghiotti di cotolette di porco con carote; tutti egualmente intelligenti, ecc. ecc. Ma io, non vorrei di certo vivere in una simile società! Preferirei impiccarmi!

Savjalov                        - Voi capite il comunismo in modo molto volgare. Il segreto è che nel comunismo dell'avvenire tutti saranno messi in uguali condizioni di lavoro. Ognuno darà secondo le proprie attitudini e riceverà secondo le proprie necessità. Ma leggete Carlo Marx!

Lautskaja                      - II vostro Carlo Marx dice abbastanza chiaro, che le forme della società comunista dell'avvenire sono sconosciute.

Savjalov                        - Certo! A Carlo Marx erano sconosciute. Ma il processo storico si va sviluppando. Io, per esempio, la vedo già. Avremo una società organizzata in modo per­fetto. Gli uomini saranno veramente liberi. Sarà loro tutto permesso.

Lautskaja                      - Proprio tutto?

Savjalov                        - Ad eccezione di una cosa. Sarà proibito opprimere gli altri. L'umanità crescerà vigoreggiando come una folta foresta. No, una foresta folta non è una definizione felice. In una folta foresta gli alberi più robusti opprimono i deboli. Privi di sole e di aria, i deboli periscono all'ombra dei forti. No, no, al contrario. Una foresta rada, ben piantata e ben divisa, dove ogni albero ha diritto di aver la sua parte di aria, di terra, di sole e di pioggia. Gli uomini non intrecceranno le loro radici, come gli alberi in una folta boscaglia, e non esisterà la lotta; ogni uomo crescerà e si svilupperà a modo suo, secondo le forze dei suoi sentimenti, delle sue attitudini, capacità e possibilità.

Mascia                           - E in pratica?

Savjalov                        - E' molto semplice: la tecnica più perfe­zionata e come risultato di essa, le città giardino, ]e città rurali, i palazzi albergo, in cui ogni individuo avrà diritto ad una bella camera, col bagno, col sole artificiale e con apparecchi ozonizzatori.

Lautskaja                      - Scusate, e quando si tratterà di una famiglia? Dovrà abitare tutta in una sola camera... con relativo apparecchio... zozzonizzatore? La moglie? I figli? E... anche la suocera? Che disastro!

Savjalov                        - Non esisterà più la famiglia.

Lautskaja                      - Non avremo più famiglia? Che cosa avremo al suo posto, scusate, come si moltiplicherà allora il genere umano?

Savjalov                        - Per moltiplicarsi non occorre affatto la famiglia.

Lautskaja                      - E l'amore?!

Savjalov                        - La famiglia è la tomba dell'amore. Che cosa è dopo tutto l'amore? Un sentimento libero, che non si sottomette a nessuna limitazione. Mettete all'amore i limiti dell'abitudine, e l'amore è morto.

Lautskaja                      - Che dice quest'uomo?

Mascia                           - Dio che mal di capo!

Lautskaja                      - Dunque, il marito e la moglie...

Savjalov                        -  Non vi saranno né mariti, né mogli...

Lautskaja                      - Che cosa vi sarà, invece?

Savjalov                        - Vi saranno semplicemente uomini e donne, attratti gli Uni alle altre in libere unioni.

Lautskaja                      - E ognuno abiterà nella propria stanza.

Savjalov                        - Sì.

Lautskaja                      - Il marito al « Metropol » e la moglie al « Grand Hotel ».

Savjalov                        - Perché no?

Lautskaja                      - Ma i figli? Spero che i figli non saranno aboliti?

Savjalov                        - No, i figli non saranno aboliti.

Lautskaja                      - Meno male! Una cosa almeno non sarà abolita! Ma i figli legano i genitori.

Savjalov                        - Abbiamo già i figli di Stato. Libero amore, liberi figli in libero Stato! Domani tutta la produzione prolifera apparterrà alla grande famiglia comunista.

Lautskaja                      - C'è da aver paura.

Savjalov                        - Così nomini e donne, non avendo più nessun legame fra loro, saranno completamente padroni dei loro sentimenti. E all'amore saranno completamente tolti tutti gli ingredienti estranei.

Lautskaja                      - Gli « ingredienti estranei » sarebbero i figli, la famiglia! E i sentimenti dove li mettete? Per esempio il sentimento della gelosia?

Savjalov                        - Non ci sarà gelosia.

Lautskaja                      - (al dottore che entra) Dottore, avete sen­tito? Dice che non ci sarà più gelosia!

Il Dottore                      - Buon giorno. Dove non ci sarà gelosia?

Lautskaja                      - Nella società comunista dell'avvenire.

Il Dottore                      - ... magari.

Mascia                           - Che cosa è questo?

Il Dottore                      - Me l'hanno rotto mentre salivo nel tram. Di che si tratta? Di una discussione filosofica?

Savjalov                        - Bisogna ripetere delle verità elementari.

Mascia                           - Ammettiamo che sia come tu dici. E se uno dei congiunti cessa di amare l'altro?

Savjalov                        - Se ne va.

Mascia                           - Ma se l'altro continua ad amarlo, se ne va lo stesso?

Savjalov                        - Secondo: se gli piace di andarsene se ne va, altrimenti resta.

Mascia                           - Se ne va... così... semplicemente?

Savjalov                        - Eh già!

Mascia                           - Ma se l'altro ne soffre?

Savjalov                        - Che farci, cara mia! Il vecchio meccanismo di vita sociale è troppo complicato: i figli, l'apparta­mento, le tessere alimentari, i libretti, lo stato di fami­glia e non so che diavolo ancora! Invece, allora tutto sarà facile e semplicissimo. L'individuo mette nella valigia un paio di camicie e due paia di mutande e dice: «Arrive­derci, mia cara: sono stufo di stare con te, parto per le isole del Pacifico ». A proposito, dov'è la mia valigia.

Mascia                           - Mamma, dov'è la sua valigia?

Il Dottore                      - Andate già alle isole del Pacifico?

Savjalov                        - Non ancora.

Lautskaja                      - La valigia è sotto il vostro letto.

Il Dottore                      - Scusatemi... Ma se tutti ragionassero come voi, un bel giorno tutti gli impiegati afferrerebbero le valigie e scapperebbero nelle isole del Pacifico.

Savjalov                        - ... Non ho mai detto tutti. Ogni individuo ha un .proprio modo di lottare. Ognuno segue la sua strada, caro dottore. Lasciamo lavorare l'operaio, inse­gnare il maestro, seminare il contadino e il medico curare i malati. E' il loro modo di lottare, è, per così dire, una forma di lotta inferiore. Direi che seguono la loro strada. Ma esistono individui che superano il loro ambiente, la loro classe; sono uomini di alto intelletto, di vasti oriz­zonti, di pensieri nuovi e arditi. Costoro seguiranno una strada diversa: la strada fiorita.

Il Dottore                      -  Converrete, però, che tutto questo è per lo meno prematuro!

Savjalov                        - Niente affatto. Questa appunto è la vera Insurrezione, la vera lottai, la vera rivoluzione dello spirito!

Il Dottore                      - Il superuomo... Nietzsche... « Ubermensch!... ».

Savjalov                        - Che cosa avete detto? Nietzsche? « Ubermensch »!? Sì, sì, proprio così; molto bene! (Si toglie di tasca un taccuino e annota) «Superuomo», « Nietzsche »... Grazie! Si, sì, l'«uomo libero » l'«ubermensch », marcia fiero e audace sulla strada fiorita, la via luminosa, il grande destino!

Mascia                           - A proposito della strada fiorita. A che ora chiude il pattinaggio?

Savjalov                        - Alle undici. Perché?

Mascla                           - Tu sei tornato molto più tardi.

Savjalov                        - Ho passeggiato con una compagna.

Mascia                           - Sino alle cinque del mattino?

Savjalov                        - Ho fatto poi una lunga passeggiata. Mi piace oltremodo vagare di notte per Mosca: tutto è si­lenzio, deserto, pulizia, luce. (Apre una lettera e la legge) Non capisco. E’ divertente! (A Mascia) Guarda un po'. (Le porge la lettera).

Il Dottore                      - Una lettera di donna?

Mascia                           - Sarà una lettera di quella...

Savjalov                        - Non capisco.

Mascia                           - Le lettere degli altri non m'interessano.

Savjalov                        - E' buffa! Mascia! Leggila!

Mascia                           - (leggendo) «Savjalov. Voi mi piacete. Ho ascoltato alla radio la vostra conferenza sull'uomo dell'avvenire. Condivido perfettamente le vostre opinioni. Voi negate la famiglia, anch'io la nego. L'amore deve essere libero. E' un fatto. Voi siete un uomo nuovo. Anch'io sono una donna nuova. Dicono che non sono brutta. Anche voi non lo siete certo. Venite a trovarmi. Mio marito non è geloso. Allora... Vera Gasgolder ».

Savjalov                        - Che stile audace!

Lautskaja                      - Sarà qualche avventuriera!

Mascia                           - Prendi questa sudiceria. Chi è? Quella?

Savjalov                        - Chi, quella?

Mascia                           - Beh, quella tua, la nuova... insomma, quella della « Lega della gioventù ».

Savjalov                        - No, che stai dicendo! Niente di simile. Tanja è un essere delizioso. Una vera ragazza proletaria. Giovane, bella, sana, forte, lavoratrice. Sai, non ha che diciannove anni, ed è già a capo di non so che reparto della sua fabbrica. Una vera donna nuova.

Mascia                           - Non ne dubito! E tu ne sei innamorato?

Savjalov                        - ET una domanda indiscreta.

Mascia                           -  Dovresti «posarla., dal momento che è una donna nuova di quelle che piacciono a te, tanto più se è giovane e bella. Ricordati però che tutte queste ragazze nuove amano cambiare mariti. E' il loro più grande piacere. Dottore, volete del caffè? Polja, portate il caffè-latte al dottore.

Savjalov                        - Non ti vergogni dir del male di una fan­ciulla, senza la minima ragione? Sono sicuro, invece, che ti piacerebbe molto «e la conoscessi.

Mascia                           - Non lo desidero affatto.

Savjalov                        - Vuoi che te la conduca qui?

Mascia                           - Non mancherebbe che questo! Puoi divertirti con le tue ragazze proletarie dove vuoi, ma ti proi­bisco di portarle in casa mia.

Savjalov                        - Come sarebbe a dire «Casa mia»?

Mascia                           - Proprio così « Casa mia »! La padrona qui sonò io. Prendete del pane, dottore, sono sicura che non avete fatto colazione stamane.

Il Dottore                      - Veramente...

Savjalov                        - Quel che tu dici è semplicemente assurdo.

Mascia                           - Può darsi. Si sa bene che sono un'idiota. Per fortuna, non viviamo ancora nell'avvenire; per il momento esiste ancora, grazie a Dio, la famiglia, esistono i mariti, le mogli e i figli, esistono la gelosia e tutto il resto che tu chiami « ingredienti estranei »! Ma lasciamo questo discorso. Dottore, perché non prendete un po' di burro? Ve lo spalmo sul pane, eh?

Il Dottore                      - Vi confesso...

Savjalov                        - Ah! Qui mi sento soffocare!

Mascia                           - (porgendo al marito i conti) Ecco, per favore!

Savjalov                        - Che cosa è? La sollecitazione per pagare l'affitto e il conto della luce? Va bene!

Mascia                           - Che «osa « va bene »?

Savjalov                        - Ho detto « va bene ».

Mascia                           - Bisogna pagare.

Savjalov                        - Non c'è più danaro in casa?

Mascia                           - Non c'è.

Savjalov                        - Vuol dire che aspetteranno.

Mascia                           - Non aspetteranno affatto.

Savjalov                        - Sii tranquilla! Non succederà nulla!

Mascia                           - Vedrai: taglieranno i fili della luce e l'am­ministratore della casa ci farà gli atti.

Savjalov                        - Macché! Come è possibile che in uno Stato proletario sia privato di casa e di luce un lavoratore intel­lettuale, soltanto perché non ha pagato?

Mascia                           - Ti avverto, però, che non intendo rimanere senza luce, né essere buttata fuori di casa. E poi non ho più un soldo. Bisogna sempre ricordartelo cento volte. Sono stufa io!

Savjalov                        - Lo vedete, dottore! La vita, qui, è me­schina, oscura, angusta! Vi giuro che soffoco in questa atmosfera. E quell'imbecille si sfoga a suonare il piano. (Dal piano superiore giungono le note del valzer «Giu­lietta » eseguito molto mediocremente). In queste condi­zioni, com'è possibile occuparmi di lavoro intellettuale? Mi manca lo spazio. Mi manca il respiro. Hai capito? Mi sento oppresso qui. Voi capite, dottore, quanto sia terri­bile scrivere dell'avvenire, del luminoso avvenire, e sen­ tirsi affondare in questa miseria! L'affitto... il gas...! E' una tortura!

Mascia                           - Vanja, per carità!

Savjalov                        - Lasciatemi stare! Vado a finire il mio libro. (Sé ne va. Anche Lautskaja esce).

Mascia                           - Dio, che mal di capo.

Il Dottore                      - Non ve la prendete troppo a cuore, Mascia. Vi dispiace se vi chiamo semplicemente «Mascià »?

Mascia                           - No, caro dottore, nutro per voi la più tenera amicizia.

Il Dottore                      - Questo mi fa molto piacere. E come vi sentite?

Mascia                           - Sempre lo stesso: ho mal di capo, e mi sento molto debole. Volete farmi una ricetta?

Il Dottore                      - Ma se le farmacie da 20 anni non hanno più medicine!

Mascia                           - Dottore, non potreste farmi una di quelle iniezioni?

Il Dottore                      - Quali, Mascia?

Mascia                           - Per l'appetito.

Il Dottore                      - Ancora non avete appetito?

Mascia                           - Non molto.

Il Dottore                      - Ringraziate Dio! Di questi tempi sarebbe un disturbo di più.

Mascia                           - Vi assicuro che un'iniezione mi calmerebbe.

Il Dottore                      - Allora, ve la faccio. (Tira fuori l'astuccio con la siringa).

Mascia                           - Non qui, andiamo in camera mia.

Il Dottore                      - Benissimo. (Si dirige verso la camera di Mascia. Squilla il telefono).

Mascia                           - (prendendo il cornetto) Pronto. Subito. (Picchia alla porta della camera del marito) Vanja, li chiamano al telefono.

Savjalov                        - (appare sull'uscio) Domanda chi è.

Mascia                           - (parlando al telefono) Chi lo vuole?... Ah! (Al marito) E' Vera Gasgolder.

Savjalov                        - Mandala al diavolo!

Mascia                           - (nel cornetto) E' molto occupato adesso: tornate a chiamarlo fra una mezz'ora. (Appende il cor­netto) Facciamo la pace, Vanja.

Savjalov                        - Eravamo in collera?

Mascia                           - Sicuro; mi hai sgridato or ora terribilmente.

Savjalov                        - E' possibile?

Mascia                           - Altro che!

Savjalov                        - Fantastico! Allora vieni qui, che ti do un bacettinino.

Mascia                           - Tu sei un mostro, eppure ti amo. (Si baciano ingenuamente sulle labbra, come dei bambini. Squilla il telefono) Pronto... subito. (Al marito) Ancora per te.

Savjalov                        - Chi è ?

Mascia                           - (nel cornetto) Chi lo desidera? Ah! (Al marito) E' l'ufficio delle conferenze. Parlerai?

Savjalov                        - Certo, certo! (Prende il cornetto) Pronto. (Mascia se ne va)- Benissimo. Avete una matita sotto­mano? Scrivete, allora: Il compagno conferenziere Ivan Vassiljevic Savjalov terrà una conferenza sul tema: «L'uomo dell'avvenire». La tesi: «Le leggi etiche del passato. Decadenza della morale cristiana. Il pregiudizio del bene e del male. Le idee di Fourier ». (Entra Polja).

Polja                              - Ivan Vassiljevic, chiedono di voi.

Savjalov                        - Subito. (Al telefono) ...« Il superuomo di Nietzsche ». (A Polja) Chi è?

Polja                              - Una ragazza. (Esce).

Savjalov                        - (nel cornetto) Un momento. (Entra Tanja).

Tanja                             - E' permesso?

Savjalov                        - Tanja! (Nel cornetto) Scusate, ho una visita d'affari. Vi telefonerò fra una mezz'ora. (Appende il cornetto). Cos'è, questo?

Tanja                             - Me l'hanno rotto mentre salivo in tram.

Savjalov                        - (l'abbraccia) Vieni...

Tanja                             - Lasciami. (Si libera). E se entrasse tua moglie?

Savjalov                        - Entri pure.

Tanja                             - Non dire sciocchezze.

Savjalov                        - Non dico mai sciocchezze, cara! (L'abbrac­cia ancora).

Tanja                             - Lasciami, per favore. Ecco i tuoi libri in perfettissimo stato. Avete due camere sole, questa e quell'altra?

Savjalov                        - No, ne abbiamo anche un'altra... tre in tutto. Questa è, per così dire, la sala da pranzo.

Tanja                             - E' un po' buio qui. E anche freddo: o mi sembra.

Savjalov                        - No; hai ragione, fa freddo. In complesso è una abitazione che fa schifo.

Tanja                             - Sai: mi sposo. Davvero. Proprio sul serio!

Savjalov                        - Sul serio?

Tanja                             - Tanto tu non mi ami. Hai tua moglie. Lui, invece, mi vuole un gran bene. Si chiama Genja Gussiev.

Savjalov                        - Ma io ti amo. Sciocchina! Hai capito? Ti amo!

Tanja                             - Per amor di Dio! Ormai, è così... Arrivederci.

Savjalov                        - No, non ti lascio andare. Dobbiamo par­lare. Non è possibile separarci in questo modo. Vieni in camera mia.

Tanja                             - E' il tuo studio?

Savjalov                        - Sì, è il mio studio.

Tanja                             - Tu ci lavori?

Savjalov                        - Sì, sì, ci lavoro. Entra.

Tanja                             - Per un momento solo. (Lascia cadere il  berrettino senza accorgersene).

Savjalov                        - Un solo momento, non di più. (Escono).

Il Dottore                      - (entrando con Mascia) Vi fa male?

Mascia                           - Non troppo.

Il Dottore                      - Benissimo. E ora vi saluto, Mascia.

Mascia                           - Tornate a pranzo da noi?

Il Dottore                      - Vi ricordo un proverbio: « Sarei felice di andare in paradiso, ma i peccati non me lo permet­tono ».

Mascia                           - Quanto tempo è che vi conosco? Cinque anni? E' da cinque anni che vi sento sospirare. Che cosa vi manca?

Il Dottore                      - Tante cose, Mascia! Anzitutto, mi manca una camera più o meno decente: non è certo piacevole vivere in una stanza di passaggio. Poi, che altro mi man­ca? Niente.

Mascia                           - Secondo me, dovreste prendere moglie.

It, Dottore                     - Perché?

Mascia                           - Un medico dev'essere sposato. Un medico scapolo manca di serietà. Poi, guardate un po' come siete conciato. Sembrate non so chi, ma certo non un medico.

Il Dottore                      - Ma se tutte le belle ragazze sono già prese...

Mascia                           - Che fine conoscitore della bellezza fem­minile! . .

Il Dottore                      - Non ne ho forse l'aria?

Mascia                       - Sì, sì, l'avete. Un vero conoscitore. Ditemi un po': secondo voi, io, per esempio, sono una donna interessante? .

Il Dottore                      - Senza dubbio. Un cuore eccellente, buo­nissimi polmoni, reni da fare invidia. Lo stomaco un po' debole, ma la colpa è esclusivamente del fumo. Cessate di fumare, Mascia, ve ne supplico.

Mascia                           - Ma verrete a pranzo da noi?

Il Dottore                      - Devo ancora visitare un bambino ma­lato.

Mascia                           - Ne avete tutto il tempo. Ci metteremo a ta­vola fra una mezz'ora, non prima. Vi assicuro, agite su di me come il valerianato.

Il Dottore                      - Se è così... che cosa avete oggi a pranzo?

Lautskaja                      - (entrando) Che cosa si può avere a pranzo? Minestra d'orzo, polpette e frutta cotta.

Mascia                           - Eh, dottore? La minestra d'orzo!

Il Dottore                      - Vi confesso... Però, ad una condizione: non fumate più, eh? Se dovessi poi tardare, non mi aspettate.

Mascia                           - Niente affatto; vi aspetteremo.

Lautskaja                      - Apparecchio anche per voi.

Mascia                           - (nota il berrettino di Tanja) Di chi è questo berretto?

Lautskaja                      - Non lo so.

Mascia                           - C'è qualcuno di la?

Lautskaja                      - I fornelletti a petrolio fanno un tale ru­more in cucina, che non si sente il campanello.

Mascla                           - (forte, a Polja) Polja, di ehi è questo ber­retto?

Polja                              - (entrando) Non lo so.

Mascia                           - Non è venuto nessuno a cercare Ivan Vassiljevic?

Polja                              - E' venuta una ragazza.

Lautskaja                      - Ti avevo avvertita.

Mascia                           - Mamma!

Lautskaja                      -  Sta zitta!

Mascia                           - Polja, andate in cucina. (Si avvicina alla porta della camera del marito e picchia).

Il Dottore                      - Beh, io ritorno fra una mezz'ora. (Se ne va. Mascia picchia un'altra volta).

Savjalov                        - (appare sulla soglia) E' pronto il pranzo?

Mascia                           - Che significa questo? (Pausa).

Savjalov                        - Non... ti capisco. (Pausa).

Mascia                           - Ti ho pregato... (Savjalov alza le spalle. Pausa) Ti rendi conto di quello che fai?

Savjalov                        - Non ti capisco assolutamente.

Mascia i                         - Te lo proibisco... Hai capito?

Savjalov                        - Parla piano!...

Mascia                           - Sono in casa mia.

Savjalov                        - Ma che ci trovi di così terribile? Una compagna è venuta a trovare un compagno.

Mascia                           - No, è l'amante che è venuta a trovare un uomo ammogliato.

Tanja                             - (entrando) Ivan Vassiljevic, avete visto il mio berrettino?

Savjalov                        - Permettete che vi presenti: è Tanja, la più bella ragazza dell'Unione Sovietica.

Tanja                             -  Buon giorno. (Nessuno risponde al suo sa­luto, nessuno le tende la mano).

Lautskaja                      - Ivan Vassiljevic...

Mascia                           - Mamma, esci di qua! (Lautskaja esce rumo­rosamente).

Savjalov                        - Ecco il tuo berrettino. Perché hai tanta fretta? Rimani un po' con noi. (Pausa).

Tanja                             - Con permesso. Me ne vado. (Pausa).

Mascia                           - Non avete vergogna?

Tanja                             - Che cosa ho fatto di male?

Mascia                           - Via subito di qua! E non osate mai più rimettere piede in questa casa! Avete capito? Come voi, agiscono le sgualdrine.

Tanja                             - Che roba! (Si slancia fuori).

Savjalov                        - Tanja... Tanja... (Le corre dietro).

Mascia                           - (sola) Che disgusto! (Pausa. A Savjalov che rientra) Bada, che una cosa simile non si ripeta mai più!

Savjalov                        - (si avvicina al cassettone).

Mascia                           - Capito? (Savjalov tira fuori la biancheria) Hai sentito quello che ti ho detto? (Savjalov tira fuori le calze) Sei diventato sordo? (Savjalov tira fuori un asciugamano) Che cosa fai?

Savjalov                        - (entra in camera sua portando seco la bian­cheria).

Mascia                           - Vanja!

Savjalov                        - (chiudendo la porta) Non si può entrare.

Mascia                           - ET pazzo. (Savjalov rientra con la valigia) Io ti domando: che cosa significa questo contegno? (Sa­vjalov indossa il soprabito) Beh, facciamo la pace.

Savjalov                        - No... Una compagna è venuta a trovare un compagno...

Mascia                           -  Che intendi fare?

Savjalov                        - Mi sento soffocare, qui.

Mascia                           - Te ne vai?

Savjalov                        - Sì.

Mascia                           - Dove vai? (Pausa) Ti proibisco di tacere, hai capito? Ti domando dove vai. Scusami, Vanja. Vedi bene come soffro e come mi vergogno. Che cosa vuoi? Vuoi che corra da lei e le chieda perdono... in ginoc­chio?... Non ho altro nella vita che te.

Savjalov                        - E fai male.

Mascia                           - Mi sono sempre sacrificata per te.

Savjalov                        - Questo, poi, non te l'ho mai imposto.

Mascia                           - Non andartene. Ti supplico, rimani! (Savja­lov tace) So dove vai. Sì, lo so.

Savjalov                        - Non lo nascondo affatto.

Mascia                           - (gli si getta al collo) Non te ne andrai! Non te ne andrai!

Savjalov                        - Lasciami! Addio!

Mascia                           - In qualunque momento, tu dovessi tornare... Anche fra cento anni... Ti aspetterò, Vanja... Mi hai sen­tito? Ti aspetterò... qui, in questa casa... (Savjalov se ne va. Entra Lautskaja) Mamma, come soffro!

Lautskaja                      - Che posso farci io? (Esce).

Il Dottore                      - (entrando) Il bambino ha una semplice tonsillite, e i genitori... (Accorgendosi che Mascia piange) Mascia, non è permesso piangere.

Mascia                           - Ah, quanto sto male! O Dio, come mi sento male!

Il Dottore                      - E' il fumo, sempre il fumo. Vi sup­plico, Mascia cessate di fumare!

Mascia                           - Ma no, non è questo, non è questo! (Sin­ghiozza. Squilla il campanello del telefono. Mascia, trat­tenendo il pianto, fa un cenno al dottore).

Il Dottore                      - (prende il cornetto) Pronto... Va bene. (A Mascia) Vera Gasgolder domanda di Ivan Vassiljevic.

Mascia                           - Date a me. (Prende il cornetto) Pronto? Ivan Vassiljevic non abita più qui. (Appende il cornetto, abbraccia il dottore e singhiozza). Quanto sto male! Se sapeste quanto sto male! Voi dite il fumo! Egli se ne è andato, capite, egli «e né è andato! (// dottore le acca­rezza ì capelli mentre essa piange).

Lautskaja                      - (entrando con le soprascarpe in mano, spa­ventata) Ma pensate! Si è dimenticato di portar via le soprascarpe.

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

 (L'appartamento di Tanja. Nell’angolo è seduto il fat­torino. Parla con la nonna di Tanja).

Il Fattorino                    - Prima sono andato in via Bronnaja, e la sua signora mi ha mandato qui. « Mio marito - ha detto - da due settimane non abita più con noi»,

La Nonna                      - Oggi sono proprio quindici giorni che abita qui.

Il Fattorino                    - Che storia!

La Nonna                      - Una vera storia!

Il Fattorino                    - Vuol dire che d'ora in poi dovrò por­tare i pacchi qui?

La Nonna                      - Sarà come Dio vuole.

Il Fattorino                    - E voi, scusate, chi siete?

La Nonna                      - Non vedi? Sono la nonna. (Esce. Subito entra Tanja, orna la camera di fiori e canta).

Savjalov                        - (entrando, al fattorino) Ecco qui. Queste sono le bozze corrette; bisogna portarle direttamente in ti­pografia. Questa è la ricevuta. Dite che ho avuto il denaro, e che tutto è in regola. Non appena sarà pronto il primo esemplare, che me lo mandi subito.

Il Fattorino                    - A questo indirizzo?

Savjalov                        - Sì. (Si accorge del suo baule) Il mio baule? Da dove viene?

Tanja                             - L'hanno mandato da casa vostra.

Savjalov                        - Molto gentile da parte loro.

Il Fattorino                    - Veramente prima sono andato in via Bronnaja, evostra moglie mi ha mandato qui. «Mio ma­rito, ha detto, da due settimane non abita più con noi ».

Savjalov                        - Sì, sì. Va bene. Potete andare. Arrivederci.

Il Fattorino                    - Arrivederci. Perché, pensate, prima sono andato direttamente in via Bronnaja. Tutta una storia... (Se ne va).

Savjalov                        - Ha ragione: è tutta una storia. Non è ve­nuta l'auto a prendermi?

Tanja                             - No. (Indica i fiori) E’ bello così?

Savjalov                        - Magnifico!

Tanja                             - Ti burli di me?

Savjalov                        - Sciocchina! Tutto, qui, è veramente mera­viglioso. I fiori! Il sole! La primavera! Tu, giovane di una giovinezza che commuove! Che eleganza!

Tanja                             - Ti piace?

Savjalov                        - Così semplice, a buon mercato e insieme così carino.

Tanja                             - Non è affatto semplice. L'ho comprato per te, per piacerti.

Savjalov                        - Tu sei bella con tutti i vestiti, ma con questo più che mai.

Tanja                             - Sono contentissima.

Savjalov                        - E' molto importante, che una donna sia ben vestita! Nell'avvenire, gli abiti saranno belli, co­modi, di colori vivaci. Allora le città sfolgoreranno, sa­ranno piene di animazione. Io vedo già:... (Guarda per la finestra) Sesto piano! Che meraviglia! Nella società comnnÌ6ta dell'avvenire non vi saranno abitazioni più basse del sesto piano. Coi giardini sui tetti. Ti piace­rebbe, Tanja, avere un giardino sul tetto? Si capisce, con un ascensore. Senza Pa6cen«ore è una cosa terribile. E qui se ne sente molto la mancanza.

Tanja                             - (con aria colpevole) Hanno promesso di met­terlo.

Savjalov                        - Ah! l'hanno promesso! Che vista incan­tevole! Gli uomini sembrano puntini, non si sente alcun rumore. Tutto è luce, pulizia, spazio! Guarda quella bicicletta che scintilla coi suoi raggi e sembra una stella.

Tanja                             - E' molto bella.

Savjalov                        - Invece, in via Bronnaja a quest'ora avranno accesa la luce da un pezzo. Come ho potuto vivere in un buco simile?

Tanja                             - Non senti un po' di nostalgia?

Savjalov                        - Di chi?

Tanja                             - Di... lei.

Savjalov                        - Sciocchina!

Tanja                             - Non mi sento affatto in collera con lei. Anzi, la capisco benissimo. Avrei fatto lo stesso anch'io al suo posto.

Savjalov                        - Lo «tesso?

Tanja                             - Sai che per poco non morii di vergogna?

Savjalov                        - Quella è gente di un altro mondo.

Tanja                             - Vania... volevo domandarti... hai ricevuto il denaro, oggi?

Savjalov                        - Sì. Perché?

Tanja                             - Niente. Così, una semplice domanda. (Silen­zio) Vanja, ti trovi bene con me?

Savjalov                        - Sicuro... E l'auto che non arriva. Giungerò in ritardo per la conferenza. Scusa, cara... (Esce).

La Nonna                      - (entrando) Ho visto Genja attraversare il cortile.

Tanja                             - Viene qui? Va', digli che non sono in casa. Nonna, non lasciarlo entrare! (Squilla il campanello).

La Nonna                      - Hai combinato dei bei pasticci! Hai fatto girar la testa al ragazzo. Aspetta un po', ora tornerà la mamma!

Genja                            - (entrando) Si può? L'uscio è aperto.

Tanja                             - Buongiorno, Genja! E questo, che cos'è?

Genja                            - Me l'hanno lacerato mentre salivo in tram. Mascalzoni! Non è più possibile andare in tram. Mi compro una bicicletta. Nella cooperativa si può acqui­starla per settecento o ottocento rubli. Una bella bici­cletta. Ho già quattrocentocinquanta rubli sul libretto di risparmio. In luglio potrò compratimi la bicicletta. Andrò in Crimea pedalando. Ci arriverò dovessi scop­piare! Buongiorno, Tanja, i miei rispetti, nonna! Tanja, perché sei scomparsa? Senti: ora le nostre faccende sono a buon punto. Uno di questi giorni devo avere una ca­mera nel sesto fabbricato. Davvero! Una camera indi­pendente con cucina e una piccola anticamera. Una spe­cie di appartamentino. Ho già preso un po' di mobilio a rate. Giuro! Ora devi decidere tu. (L'abbracciai.

Tanja                             - (liberandosi) Ma...

Genja                            - Che cosa?

Tanja                             - Niente.

Genja                            - Che c'è? (Pausa) Vedo cambiamenti. (Guar­da intorno) Fiori. Sarà tornata la mamma dai lavori cam­pestri, eh?

Tanja                             - No.

Genja                            - E la branda della nonna?

La Nonna                      - Ho traslocato.

Genja                            - (indicando la porta della camera dove è entrato Savjalov) E li?

La Nonna                      - Li abitano loro.

Tanja                             - Tu, Genja, non devi avertene a male. Io vivo con un uomo.

Genja                            - E' uno scherzo?

Tanja                             - Parola d'onore,

Genja                            - Nonna!

La Nonna                      - In queste faccende, io non c'entro.

Tanja                             - Perché mi guardi in quello strano modo? Mi fai arrossire. Dì qualche cosa. Non dirai che è colpa mia! Allora, dammi uno schiaffo. Che devo fare? Vuoi che ti dia un bacio? Non essere in collera con me.

Genja                            - E' dunque vero?

Tanja                             - Ma sì.

Genja                            - Ed io?

Tanja                             - Senti, Genja... in qualche modo farai... Ci sono tante ragazze al mondo.

Genja                            - Benissimo. Ti ringrazio. Per me, fate pure. A volte capitano dispiaceri nella vita.

Savjalov                        - (entrando) E' arrivata l'auto.

Tanja                             - Vi conoscete?

Savjalov                        - Savjalov.

Tanja                             - Questo è Genja.

Genja                            - Genja Gussjev.

Savjalov                        - Ah! Genja Gussjev! Tanto piacere. Tanja mi ha molto parlato di voi. .

Genja                            - (con aria offesa) Che cosa ha potuto dirvi di me?

Savjalov                        - A quanto pare, avete l'intenzione di fare un viaggio in Crimea in bicicletta. E' una buona idea: un giovane in bicicletta sulla bianca strada maestra lungo il mare... il comunismo è il paese dei ciclisti. Scusate, ho fretta.

Tanja                             - Non mi conduci con le?

Savjalov                        - Che cosa ci verresti a fare? Puoi ascol­tarmi alla radio.

Tanja                             - Vanja, un momento.

Savjalov                        - Che c'è?

Tanja                             - Volevo domandarti...

Savjalov                        - Gii-; cosa?

Tanja                             - Tu... hai già ricevuti i soldi?

 Sajalov                         - Ma se me l'hai già domandato. Sì. Perché?

Tanja                             - No, niente! Va bene. Più lardi... Quando tor­nerai.

Savjalov                        - Ed ora, compagni, arrivederci! (A Genja) Dunque in Crimea! In bicicletta! Auguri! Auguri! (Se ne va).

Genja                            - Eh sì... Tutto è chiaro. Sento che questa non è più aria per me.

Tanja                             - Non torturarti, non torturarti...

Genja                            - Però me l'avevi promesso...

Tanja                             - Sì, è vero... ma poi... Non ne parliamo più.» Lasciamo stare.

Genja                            - Io ci avevo tanto contato. (Entra la madre di Tanja con un cestino e una brocca. Porta stivali ai piedi e giunge direttamente dalla stazione).

La Madre                      - Un disastro, questo sesto piano! Sono lotta sudata. Buongiorno! Oh, Tanja!

Tanja                             - Mamma, e questo che cos'è?

La Madre                      - Me l'hanno rotto mentre salivo nel tram. Ecco, magari qualcun altro no, ma Genja è sempre al suo posto. Buongiorno, figliuolo. Ebbene, avete fatto le pubblicazioni?

Genja                            - Domandatelo a lei.

 La Madre                     - Che cosa è successo?

Tanja                             - Niente di speciale. Semplicemente mi sono unita ad un uomo, vivo con lui e basta.

La Nonna                      - Sono quindici giorni che è venuto a vi­vere con noi. Dorme nella camera di Tanja.

La Madre                      - Ah! Una bella sorpresa! Chi è?

Tanja                             - Un bell'uomo. Lo ricorderai. Un giorno venne a prendermi per andare al pattinaggio. Si chiama Sa­vjalov.

La Madre                      - Il conferenziere? Ci mancava soltanto il conferenziere!

Genja                            - E' sposato.

Tanja                             - Zitto!

La Madre                      - E ha scelto per compagna una sciocchina come te! (A Genja) E tu, sciagurato ciclista, te la sei lasciata portar via sotto il naso? Non avrai mica inten­zione di suicidarti, ora? Se mai posso offrirti un veleno: questo cetriolo.

Genja                            - Come sono andati i lavori della semina?

La Madre                      - Sono finiti o quasi. In venti giorni, ho dormito soltanto una notte come si deve, cioè spogliata. Sono stanca morta, ho le gambe gonfie come un elefante. (Si toglie gli stivali).

Tanja                             - (mette a posto la radio) Tss... La Madre   - Che c'è?

Tanja                             - Ascoltate, ascoltate!

La voce di Savjalov      - (dalla radio) ... è proibito di opprimere gli altri... Gli uomini si riprodurranno libera­mente. L'umanità crescerà e vigoreggerà come una fore­sta ben piantata. Gli apparecchi ozonizzatori...

La Madre                      - Che cosa?

Tanja                             - E' lui, Savjalov. Zitti.

La voce di Savjalov      - Il sole artificiale…. la libertà di spostamento.

La Madre                      - Non ho ben capito, questa libertà di spostamento.

Tanja                             - Ma tenete chiusa la bocca!

La voce di  Savjalov     - Esistono però individui che hanno superato il loro ambiente, la loro classe, nomini di alto intelletto, uomini dal pensiero nuovo e ardito. Essi seguono un'altra strada: la strada fiorita. Liberato dalle convenzionalità, l'uomo dell'avvenire, l'« ùber-mensch », il superuomo, avanza fiero e audace sulla strada fiorita. (Fine del discorso. Applausi, ovazioni. Ta­nja applaude anch'essa calorosamente).

La Madre                      - Non c'è che dire, ha lo scilinguagnolo sciolto.

L'Amica                        - (entrando di corsa) Tania, uno scandalo!.,,

La Madre                      - Potresti dire buongiorno.

L'Amica                        - Buongiorno, zia Dunja! Ben arrivata! Buon­giorno Genja! Le mie congratulazioni per il vostro ma­trimonio.

Genja                            - Va' al diavolo!

L'Amica                        - Cosa è successo?

Genja                            - Domandalo a lei.

Tanja                             - Santo Dio! E' semplice: mi sono unita con un altro uomo. Possibile che debba ripeterlo a tutti?

L'Amica                        - Ah! Davvero?... Non mi aspettavo... e Genja?

Genja                            -  Non posso più sentirne parlare! (Si avvia di corsa).

La Nonna                      - Sei impazzito! Per poco non mi hai but­tato in terra! Figlio d'un cane! Dove corri?

Genja                            - Lo so io.

Tanja                             - Non fare l'idiota!

Genja                            - Sul serio! Una delle due: o riesco, o…..(Se ne va).

Tanja                             - Genja!

L'Amica                        - Chiacchiere!

Tanja                             - E se dovesse rompersi il collo?

La Madre                      - Niente paura, non gli succederà nulla. Io, intanto, muoio di sete.

La Nonna                      - L'acqua nel samovar bolle già. Vieni. Ora, con le vostre innovazioni, in casa beviamo il tè in cucina. (Se ne vanno).

 L'Amica                       - Che succede?

Tanja                             - Che cosa?

L'Amica                        - Sono io che ti domando « che cosa » ? Che t'immagini? Sai che severità c'è adesso. Mandano via per un giorno solo. E tu da quanti giorni manchi?

Tanja                             - Hanno chiesto di me?

L'Amica                        - (ironicamente) No, nessuno se n'è accorto! Guarda che ti daranno una pedata e ti metteranno fuori.

Tanja                             - Io ho tre giorni di permesso per ragioni legittime. Sono stata molto occupata. Ora ho un marito, una famiglia.

L'Amica                        - Hai finito?

Tanja                             - Sì. (Pausa).

L'Amica                        - Che «osa sono queste voci che corrono su te?

Tanja                             - Dove?

L'Amica                        - In fabbrica. Tutto lo stabilimento mor­mora. Che cosa sono quei quattrocentotrentacinque rubli che ti sei mangiati?

Tanja                             - Non li ho mangiati.

L'Amica                        - Tu hai raccolto i soldi per acquisti in comune. Li hai consegnati alla cassa?

Tanja                             - Non ancora. Ma ch'è successo?

L’Amica                        - Ah, Tanja. Le compagne protestano. Negli altri stabilimenti hanno già distribuiti i manufatti, e da noi, invece, non ancora. Perché? Sono andati ad indagare di qua, di là, da tutte le parti. Così, si è visto che i soldi sono stati raccolti, ma non sono stati consegnati alla cassa della Cooperativa. Chi li ha raccolti? Tanja Réscikova. E' incredibile! Ecco.

Tanja                             - Consegnerò i soldi.

L’Amica                        - I compagni vogliono denunziare la cosa all'Ufficio centrale della Gioventù comunista.

Tanja                             - Che hai detto?

L’Amica                        - Quel che hai sentito.

Tanja                             - Quando?

L’Amica                        - Domani.

Tanja                             - Domani? Li consegnerò senz'altro domani. Vanja ha ricevuto i soldi appunto oggi. Me li farò dare da lui e correrò a versarli.

L’Amica                        - Devi farlo assolutamente.

Tanja                             - Assolutamente. Domattina presto.

L’Amica                        - E' uno scandalo!

Tanja                             - Guarda, però, neanche una parola a mia madre.

L’Amica                        - Lo so, lo so. (Tanja si avvicina alla finestra e guarda)..

Tanja                             - E' Vanja! Ecco l'auto!

L’Amica                        - Com'è giunto?

Tanja                             - In macchina.

L’Amica                        - E' un autista?

Tanja                             - No, è un professore.

L’Amica                        - Corbezzoli! (L'abbraccia e la bacia) Un professore? Allora ti lascio.

Tanja                             - Fai pure.

L’Amica                        - Bada, dunque. (Se ne va. Una lunga pausa). Entra Savjalov).

Tanja                             - Vanja...

Savjalov                        - Immagina la sala del radio-teatro nereg­giante di folla. In maggioranza giovani e ragazze... Che accoglienza calorosa! Tutti quanti gridano; oh l'urlo ir­refrenabile della folla! Applaudono, gettano biglietti. II secolo d'oro! Atene! (Nota il disordine) Che è successo?

Tanja                             - E' tornata mia madre dai lavori campestri.

Savjalov                        - Ah! Molto interessante.

Tanja                             - E' in cucina che beve il tè con la nonna. E' tanto stanca, poveretta. Vanja, scusami, volevo dirti...

Savjalov                        - E gli stivali? Di chi sono?

Tanja                             - Di mia madre. Là, doveva camminare sem­pre nel fango...

Savjalov                        - Già. Che cosa dicevo, quando mi hai inter­rotto? Sì. I biglietti! Ne ho piene le tasche! Guarda. Per esempio: « Voi dite che nella società comunista dell'avvenire l'orario di lavoro non supererà le due o tre ore. Che cosa faremo nelle ore straordinarie? Contabile Michalov ».

Tanja                             - E questo?

Savjalov                        - Sciocchezze!

Tanja                             - Fammelo vedere!

 Savjalov                       - Ecco.

Tanja                             - (legge) « Savjalov, voi mi fuggite. Badai però, che sono insistente. Non esistono ostacoli per m Voi mi piacete. Se la montagna non va da Maometti Maometto andrà alla montagna. Vera Gasgolder ».

Savjalov                        - Quella non mi lascia respirare.

Tanja                             - E' bella?

Savjalov                        - Non ne ho la minima idea. Magari san un brutto ceffo da fare spavento.

Tanja                             - Stupida!

Savjalov                        - Tanja, sei deliziosa! Sai chi sei? Sei L primo giorno della creazione.

Tanja                             - Perché?

Savjalov                        - Perché certo non sei l'ultimo. Questa Vera Gasgolder comincia a inquietarmi sul serio. Son sicuro-di vederla, un bel giorno, qui in persona a chiedermi di diventare immediatamente il suo amante.

Tanja                             - La butto dalle scale!

Savjalov                        - Io non ti riconosco. Comunista! Proleta­ria! Donna dell'avvenire! Ma che stai dicendo: «La butto dalle scale! ». Te l'ho detto più di una volta che la gelosia è il sentimento più volgare che si possa im­maginare. Tanja, non ti vergogni?

Tanja                             - Sì, mi vergogno, ma che posso farci? Voglio che tu sia soltanto mio! Mio!

Savjalov                        - Mio, mia! Tuo, tua! Parola d'onore, sem­bra buffo, ma in certi momenti tu e Mascia vi somigliate come due gocce d'acqua, e questo è terribile!

Tanja                             - Perché allora, mi hai sposata?

Savjalov                        - «Sposata»? Ta-a-a-nja!

Tanja                             -  Non abbiamo fatto registrare la nostra unio­ne. Ma che differenza c'è? Sono lo stesso tua moglie e tu sei Io stesso mio marito.

Savjalov                        -  Che parole!... «Marito»... «Moglie»... Come sei ancora... poco nuova, Tanja!

Tanja                             - Sarò nuova. Sarò come piacerà a te ch'io sia. Soltanto... Ho tanto bisogno di essere amata.

Savjalov                        - Va bene, ti amo. Sei contenta? Vuoi che ti dia un bacettinino? (La bacia) Abbiamo fatto la pace?

Tanja                             - Sì, caro.

Savjalov                        -  Benissimo, ora posso comunicarti una bella notizia. Domani partiamo per la Crimea. Sarà un viaggio incantevole.

Tanja                             - Domani?

Savjalov                        - Sì, domani. Te la immagini la primavera in Crimea? Un sole abbagliante, il cielo senza una nu­voletta, il mare azzurro, i gabbiani, i mandorli in fiore. Ogni albero sembra un mazzo roseo. Eh, Tanja!

Tanja                             - Partire domani? E la fabbrica?

Savjalov                        - Mi fai ridere e... Non siamo più i servi della gleba! In che secolo viviamo?

Tanja                             - Bisogna domandare a te in che secolo e in che paese viviamo! Sembri caduto dalla luna.

Savjalov                        - Il socialismo è anzitutto libertà e soprat­tutto libertà di spostamento. Può forse un uomo dell'av­venire restare eternamente nello stesso luogo, come una scimmia legata al palo? Sarebbe un assurdo! No, oggi qua, domani là. L'inverno in Africa. L'estate in Svezia. La primavera in Giappone, nelle isole del Pacifico.

Tanja                             - Mettiti il termometro: devi avere la febbre!

Savjalov                        - Dunque, no?

Tanja                             - No!

Savjalov                        - Va bene, non ne parliamo più. Questi sti­valoni puzzano e appestano tutto l'appartamento. Mi fan­no venire il mal di capo. (S'odono suonare segnali mi­litari sulla tromba) Chi è quell'imbecille che continua a suonare la tromba?

Tanja                             - E' un allievo dell'Istituto 'musicale comunista.

Savjalov                        - Un ragazzo di grandi attitudini musicali...

Tanja                             - Vanja, imi occorre danaro.

Savjalov                        - Danaro? Perché?

Tanja                             - Non domandarmelo, ti prego di non doman­darmelo.

Savjalov                        - Già... eppure mi piacerebbe sapere perché ti occorre.

Tanja                             - Oh, Dio... per... tante cose! Mi vergogno di domandartelo. Quando non ne avevi non te li ho chiesti. Ora, invece, mi occorre, assolutamente. Capisci? Assolu­tamente.

Savjalov                        - Tu mi spaventi. E? successo forse qualche cosa di...

Tanja                             - No, no. Non devi inquietarti. Nulla di simile. Ho semplicemente bisogno di denaro. Quattrocentotren-tacinque rubli, per le spese di casa. Non ti rincresce di darmeli?

Savjalov                        - Quattrocentotrentacinque rubli per la spesa della casa. Va bene; fra un paio di giorni te li darò.

Tanja                             - Mi occorrono assolutamente oggi...

Savjalov                        -  Assolutamente oggi per le spese di casa?

Tanja                             - Ti dirò: non per le «pese. Ho talmente ver­gogna... Se tu sapessi!

Savjalov                        - Da stamani continui a parlarmi di soldi. Va bene, ho udito e ne sono abbastanza annoiato. Sempre lo stesso: «mio», «tuo», «soldi», «mio», «tuo», « soldi ». E quell'imbecille che continua a suonare la tromba. E' fantastico! Tutto mi ricorda qui la mia vec­chia casa! (Entrano la nonna e la madre). La Nonna - Eccolo, il nostro eroe.

La Madre                      - E' proprio vero. Io cominciavo a credere che vi burlaste di me.

Tanja                             - Questo è Ivan Vassiljevic...

La Madre                      - Vedo, vedo. So già tutto. Beh, queste son cose che riguardano soltanto Tanja; non è più una bam­bina. Caro compagno! Tanto piacere, e così via. Una sola cosa mi meraviglia: come vi siete lasciato prendere? Con che cosa ha potuto attirarvi? Una sciocchina qua­lunque. E dunque... che posso dirvi?... Dal momento che è così, siate il benvenuto nella nostra famiglia. Ora sono, per modo di dire, qualche cosa come la vostra suo­cera... Dio, che parola stupida! (Abbraccia Savjalov). In­somma, come dice Gogol, nel Revisore: «Che Dio vi be­nedica, ma non è colpa mia ». Ma voi siete nel Partito?

Savjalov                        - Propagandista.

La Madre                      - Io arrivo ora dai lavori di semina e sono conciata in questo modo spaventoso. Facevo marce di trenta chilometri al giorno. Ho le gambe gonfie come quelle di un elefante. Dovete, quindi, scusarmi, caro suo­cero, no, genero: non so più come si dice.

Savjalov                        - Venite, dunque, direttamente dalla cam­pagna? E' molto interessante. Come funzionano le fatto­rie sovietiche? Che cosa si dice delle città rurali? La città rurale! Che meravigliosa idea! Aria purissima, al­beri, sole, fiori, latte appena munto! La campagna in città e la città in campagna. Ecco in sintesi il comunismo!

La Madre                      - Quel che è giusto è giusto. Ma nella no­stra regione non siamo ancora a questo punto. Il nostro compito odierno è seminare, seminare, seminare. E non alla meglio, ma con tutte le regole.

Savjalov                        - E siete riusciti, a questo?

La Madre                      - Nella nostra regione il terreno è stato se­minato nella proporzione del novantotto per cento.

Savjalov                        - Ah!

La Madre                      - Ho ascoltato la tua conferenza. Sai par­lare, sei un buon oratore. E quel che hai detto mi è piaciuto.

Savjalov                        - Sì?

La Madre                      - Sì! ma non nei dettagli!

Savjalov                        - Ah... sarei curioso di sapere.

La Madre                      - Non del tutto: l'u-o-mo, dell'avvenire! Parole grandi. Secondo te, l'uomo del presente è una cosa, e l'uomo dell'avvenire un'altra. Invece, l'uomo dell'avvenire è per noi una cosa assolutamente reale. Capisci?

Savjalov                        - Non del tutto... Non vedo molto chiaro che cosa intendete dire.

La Madre                      - Voglio dire che noialtri, non solo ragio­niamo dell'avvenire ma lo creiamo, con le nostre mani. Ognuno aiuta a crearlo e anche voi dovete crearlo.

Savjalov                        - Scusate! Ed io, forse, non faccio niente? Che strano ragionamento è il vostro! La mia opera è nelle mie parole.

La Madre                      - Giusto. E appunto tu devi, con la tua parola d'oratore, aiutare la conquista di quel grande avvenire.

Savjalov                        - Sì, ma il mio compito è di dare un'idea in generale... »

La Madre                      - Ecco, qui è il guaio. La città rurale è una cosa stupenda. Ma, caro mio, bisogna costruirla. Co-strui-re! E che cosa fa, invece, il popolo? In campagna, passo accanto ad una casetta e sento ad un tratto odore di caffè abbrustolito. Il caffè in un paesetto sperduto! Orbene, i mascalzoni abbrustolivano il grano della semina e lo mangiavano; hai capito? Figli di cani!

Savjalov                        - Devo, scusarmi, sono molto stanco. Dopo la tensione nervosa della conferenza sopraggiunge la rea­zione... Devo rimanere un po' solo. Torneremo, spero, su questo argomento interessante e vibrante. Faccio le mie scuse.

Tanja                             - Vanja...

Savjalov                        - Mia cara, lasciami un po' riposare, e che nessuno entri in camera mia. (Se ne va).

La Madre                      - I conferenzieri sono tutti così delicati?

La Nonna                      - (canticchia una canzone comunista).

Tanja                             - Tss...

La Nonna                      - Sto zitta, sto zitta!

La Madre                      - Ritiriamoci in cucina, già che abbiamo la libertà di spostamento. (Se ne va).

La Nonna                      - Si può vivere anche con un conferenziere, purché non sia un ubriacone.

Tanja                             - Nonna, hai denaro? So che metti da parte qualche cosa della tua pensione.

La Nonna                      - Ecco la capra al cavolo e bela: « m-e-e »! Guardala, guardala! Ha scialacquato il suo stipendio, e ora ricorre alla nonna. La furbacchiona, sa che in fondo al baule della nonna c’è qualche copeko! Va bene! Quanto ti occorre?

Tanja                             - Quattrocento-trenta-cinque rubli.

La Nonna                      - Che hai detto? Non ho ben capito!

Tanja                             - Quattro-cento-trentacinque rubli.

La Nonna                      - Che stai dicendo! Ma se in vita mia non l'ho mai vista nemmeno una somma come questa. Ti giuro sulla croce che tutti i miei risparmi non superano i dodici rubli. Proprio dodici rubli che ho messo da parte dalla pensione, e sei rubli mi deve ancora Potapovna. Che cosa è successo?

Tanja                             - Ho speso i denari della raccolta dei manu­fatti!

La Madre                      - (entrando) Eccomi qui. L'oca è sistemata. Ma che fai?

Tanja                             - Mamma... (Scoppia in pianto) Sono perduta.

La Madre                      - Che cosa è successo?

La Nonna                      - Non sai questa pazza cosa ha fatto? Ha sperperato il danaro pubblico. Quattrocentotrentacinque rubli. Se non li versa domattina tutto è finito per lei!

La Madre                      - Tu?!

Tanja                             - Non capisco io stessa come sia avvenuto. L'ho fatto senza volere. Parola d'onore! Proprio senza volerlo. Perché non dici niente? Mamma! Dì qualche cosa. Dammi uno schiaffo, mamma, ma aiutami!

La Madre                      - Tu hai sperperato il denaro pubblico?!

Tanja                             - Mammina...

La Madre                      - Tu? Ladra?

Tanja                             - Soltanto quattrocento-trentacinque rubli!

La Madre                      - Soltanto... Con questa leggerezza tratti il danaro dei lavoratori? Anche se fossero cinque copechi... « soltanto » cinque copechi... Il sangue del popolo! Hai capito?

Tanja                             - E' la fine! E' la fine!

La Madre                      - E' giusto che ti buttino fuori dalla Lega della Gioventù comunista, e ti diano dieci anni di pri­gione. Io non ho un centesimo! Si potrebbe forse vendere il paletot... Ma non vale nulla.

Tanja                             - Parlerò un'altra volta... a Vanja.

La Madre                      - Te lo proibisco assolutamente! Forse tro­verò qualche cosa dai vicini... da compagni...

La Nonna                      - Macché! Macché! Tutti quanti sono al verde da prima della guerra del '14. Se venissero a chie­dere in prestito soldi da noi... una somma come quella... Oh, signore! Che disgrazia! Che tremenda disgrazia!

La Madre                      - (a Tanja) Rimani qui. (La madre se ne va. Entra Savjalov).

Savjalov                        - Orbene, Tanja? Perché sei così triste? Perché hai gli occhi rossi? Che c'è? Che cosa è successo? Lacrime? Scusami, sei davvero poco ragionevole e cominci a diventare noiosa.

Tanja                             - Mi sento impazzire.

La Nonna                      - Ivan Vassiljevic! Caro! Abbi compassione della ragazza. Tu hai il portafoglio gonfio; oggi è il tuo giorno di paga. Dalle i soldi che le occorrono. Non diven­terai più povero per questo!

Tanja                             - Nonna!

Savjalov                        - (scostandosi) Che cosa è questo? Ma puzza di vodka. Scusate... Siete semplicemente ubriaca!

La Nonna                      - Ubriaca io? Sono un po' brilla, ecco.

Savjalov                        - Scusate!...

La Nonna                      - Ti prego per la nostra figliuola. Dovrà essere processata, andare in prigione, la nostra bambina! Hai capito? in prigione! (Si mette davanti a lui in ginoc­chio) Non rifiutarti. Dalle i soldi necessari!

Savjalov                        - Io non capisco... Che cosa succede?

La Nonna                      - Ha sperperato il denaro pubblico, quattro-cento-trenta-cinique rubli. (A Tanja) Pregalo, sciocchina, te li darà, pregalo!

Savjalov                        - Che cosa? E' proprio vero?

Tanja                             - E' vero. Io stessa non capisco come ho potuto farlo. 11 mio danaro e l'altro erano insieme... Tu capisci... I fiori... tante cose... Non c'era un lenzuolo intero in casa... Mi vergognavo di te.

Savjalov                        - Il danaro pubblico?

Tanja                             - Quando tu non ne avevi, non ti ho chiesto nulla. Non volevo altro che rendere piacevole e comoda, la tua permanenza qui... così come sarà la vita nell'av­venire... Ora, invece, tu hai denaro...

Savjalov                        - Ah! ecosi! Sono io il colpevole? Che cosa è questo, un ricatto!? Che porcheria! Che fango! Mi sento soffocare qui. L'aria, 'è avvelenata di alcool e... dal puzzo di stivali. E7 l'aria soffocante del vecchio mondo! Io non ci posso respirare, soffoco addirittura.

Tanja                             - Vanja!

Savjalov                        - Lasciatemi. (Se ne va).

La Madre                      - (entra, senza dir nulla).

Tanja                             - (si volge rapidamente verso di lei von un filo di speranza) Allora? (Pausa).

La Madre                      - (fa un gesto disperato con la mano e me ne va, Pausa).

La Nonna                      - (segue la madre con passo stanco, asciugan­dosi il naso con la punta dello scialle).

Tanja                             - (è rimasta sola. Essa corre dietro a loro. Poi si ferma, si dirige verso la porta di Savjalov. Si ferma. Fa per bussare. Lascia cadere le braccia. Rimane ferma. Pausa. Si volta, va verso il letto. Si sdraia. Si alza. Si sdraia ancora. Tocca con la mano stesa il baule della madre. Si alza. Lo apre. Ne trae fuori una rivoltella. La esamina attentamente. Va in punta di piedi a chiudere la porta del corridoio. Prende un foglio di carta e cerca la matita. Non la trova; gualcisce il foglio. Avvicina la rivol­tella al cuore; l'abbassa. Mette la canna dell'arma in bocca, ma poi la ritira e l’asciuga accuratamente con la manica. Fa girare il tamburo. Si ritira in un angolo, mette ancora la canna dell’arma in bocca. Chiude gli occhi. Pausa).

Genja                            - (entrando di corsa) Tanja!

Tanja                             - (spaventata) Ah!

Genja                            - ...Butta via subito quell'arma! Dammela! (Un momento di lotta silenziosa. Egli riesce a togliere di forza l'arma) Idiota!

Tanja                             - (piano) Non gridare! Rendimela!

Genja                            - (parlando piano) Sei impazzita?!

Tanja                             - Perché?

Genja                            - Perché? Perché tutto è stato scoperto. (Trae di tasca il libretto di risparmio) Ecco il libretto. Ci sono quattrocentocinquanta rubli. La cassa è aperta fino a mez­zanotte. Fa presto!

Tanja                             - Grazie. Lascia che ti baci.

Genja                            - Ora fa presto! (Pausa) E lui?

Tanja                             - Andiamo! (Pausa) E la bicicletta?

Genja                            - Andrò in Crimea a piedi. (Se ne vanno).

Savjalov                        - (entrando) E’ qualche cosa di mostruoso!

Vera                              - (entra senza bussare. E? molto affascinante e ve­stita all'ultima moda).

Savjalov                        - Che cosa desiderate?

Vera                              - Poiché Maometto non va- alla montagna, la montagna è venuta a Maometto. (Gli tende la mano) Vera Gasgolder. (Savjalov la guarda a lungo. Ella sorride. Egli volge intorno uno sguardo furtivo, poi chiude la porta a chiave. Essa sì getta nelle sue braccia. Un lungo bacio).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

(Una camera nell’appartamento di Vera Gasgolder. Un disordine elegante. Una valigia aperta. Fiori. Telefono. E' sera).

Vera                              - (parla al telefono) Per favore, il portiere, del «Metropol». Grazie. E' il portiere? Parla Vera Feodo-rovna Gasgolder. Vi ricordate? Vengo al vostro ristorante ogni sabato. Sì; sì, sabato scorso portavo una pelliccia di lontra e un berrettino bianco. Ero col mio primo marito, l'ingegnere Voskobojnikov... No, no! Vi sbagliate. Il signor Grudinski è il mio secondo marito. Da tempo non ho più nulla in comune con lui. Volevo domandarvi se avete un'auto libera per gli impiegati sovietici. Per me, sempre? Molto gentile. Allora mandatemi una «Lin­coln », fra una mezz'ora, all'indirizzo Viale Novinski 15, appartamento 6. Parto per un paio di settimane, vado in Crimea. Grazie, grazie. (Attacca il cornetto, mette la sua roba nella valigia, guarda l'orologio, si affretta, canta sottovoce. Squilla il telefono) Pronto! E' Senta? Ah, buonasera, cara Senta! Figurati, fra una mezz'ora parto per la Crimea... Con Savjalov... Cosa vuoi! E' successo... Mio marito? Egli non sa ancora nulla. E' al teatro. Gli lascerò un biglietto... Credi forse che non mi faccia pena! Sono invece proprio addolorata per lui. Ma non posso farci nulla. E' il mio cuore che parla e non ho abbastanza forza per lottare... Hai ragione: sono pazza. Non capisco più nulla... è un uomo nuovo fino al midollo delle ossa. Tu dici il quarto; sì, ma questa volta è l'ultimo; ci uniamo per sempre. In Crimea, con la vettura interna­zionale, poi al Caucaso. Te l'immagini?... Che cosa? II fonografo? Certo, certo! Si capisce!... con dodici dischi. (Fa andare il fonografo e avvicina ad esso il cornetto del telefono) Beh, che ne dici? Sono negri che cantano. Ecco, ecco! Ti piace? (Squilla il campanello della porta d'in­gresso). E' lui. Arrivederci. Ti scriverò. Ti bacio. Ti abbraccio. Addio! Addio! (Appende il cornetto. Il fono­grafo continua a suonare).

Savjalov                        - (entra con una valigetta. Ha in mano un grande mazzo di mimose).

Vera                              - Le mimose! Che bellezza!

Savjalov                        - Sono per te.

Vera                              - Per me? Oh, come sei gentile! Ti ringrazio. I biglietti?

Savjalov                        - Li ho presi.

Vera                              - Per la vettura internazionale?

Savjalov                        - Certo.

Vera                              - Di prima classe?

Savjalov                        - Sicuro.

Vera                              - Fammeli vedere.

Savjalov                        - Eccoli.

Vera                              - Tutto bene. Ecco il supplemento per il'rapido, Ecco quello per il vagone letto. Tutto è in regola. Sei molto gentile.

Savjalov                        - Non saremo in ritardo?

Vera                              - Abbiamo quaranta minuti di tempo. Ho fatto venire l'auto. Questo è tutto il tuo bagaglio?

Savjalov                        - Biancheria di ricambio, lo spazzolino per i denti, un asciugamano. Di che cosa ancora può aver bisogno un uomo nuovo?

Vera                              - Sei delizioso! Sei gaio, libero, nuovo! E' appunto per questo che ti adoro. E tu mi ami? Savjalov.  Finora sono stato cieco.

Vera                              - E adesso?

Savjalov                        - Ti ho cercata per tutta la vita. Mi eri necessaria come l'aria.

Vera                              - Parla, parla ancora.

Savjalov                        - Che cosa potrei dirti? Credo che la natura ci abbia proprio fatti l'uno per l'altro. Le mie parole sembrano forse banali; ma io non ho paura di essere banale quando si tratta della verità.

Vera                              - E' vero, nulla di più banale che temere' di essere banale. (Lo abbraccia) Sei mio?

Savjalov                        - Tutto.

Vera                              - Per sempre?

Savjalov                        - Per sempre. (Scambiano un bacio).

Vera                              - Pardon. Il disco sta per terminare. (Si avvicina rapidamente al fonografo e lo ferma. Durante le scene seguenti si avvicina di tanto in tanto al fonografo, lo lascia andare e poi lo ferma sempre a tempo). A proposito, prendo il fonografo con me. Tu non potresti?

Savjalov                        - Anzi! Fiori e musica...

Vera                              - L'amore e la libertà.

Savjalov                        - Come nell'avvenire!

Vera                              - Come nell'avvenire. (Un bacio).

Savjalov                        - Ah! Ho dimenticato la cosa più importante! E' uscito « L'uomo dell'avvenire ». (Trae un libro di tasca).

Vera                              - Che dici mai? Che gioia!

Savjalov                        - Il primo esemplare è per te.

Vera                              - Per me! Mio caro, mio amore! Che bel regalo. Per tutto il giorno durante il viaggio lo leggeremo ab­bracciati nel nostro scompartimento.

Savjalov                        - A proposito, non è ora d'andare?

Vera                              - Abbiamo un altro quarto d'ora di tempo. Ve­nendo non hai visto, al portone, una «Lincoln»?

Savjalov                        - No.

Vera                              - Strano! Mancherebbe che adesso tornasse dal teatro mio marito.

Savjalov                        - Tuo marito? E' vero, tu hai un marito! Spero ch'egli sia al corrente di tutto.

Vera                              - Sì, lo sa. Veramente, no, non lo sa. ancora, ma non importa. Non devi inquietarti. Egli non ha la menta­lità di un piccolo borghese.

Savjalov                        - Sarebbe stato meglio, però, se l'avessi av­vertito. Così non è corretto.

Vera                              - Non importa. Gli lascio un bigliettino, o meglio ancora gli telefonerò dalla stazione, o gli man­deremo una cartolina da una stazione qualunque. (Si ode la tromba dell'automobile). Ecco la macchina. E' per noi (Squilla un campanello).

Savjalov                        - Hanno suonato.

Vera                              - Davvero? Sarà una bella sorpresa! (Si avvicina alla porta e tende l'orecchio) E' lui. Sta togliendosi il soprabito.

Savjalov                        - Spero... spero che non dovremo recitare una volgare commedia.

Vera                              - No, ripeto: egli non ha la mentalità di un piccolo borghese.

Savjalov                        - Non di meno, bisogna andar diritto allo scopo... (Qualcuno bussa leggermente alla porta).

Il Marito                        - (entrando) E' permesso?

Vera                              - Vieni, vieni! Non sono sola. Ho una visita. Non vi conoscete? Ivan Vassiljevic Savjalov.

Savjalov                        - Savjalov.

Il Marito                        - Gasgolder, Dimitri Alessandrovic.

Savjalov                        - Tanto piacere.

Il Mabito                       - Non disturbo?

Vera                              - Niente affatto. Non sarai rimasto fino alla fine dello spettacolo!

Il Marito                        - Sì, fino alla fine. Lo spettacolo era assai breve.

Vera                              - Sei tutto bagnato.

Il Marito                        - Nevica ancora! E che neve! Neve mista a pioggia! Ecco la primavera a Mosca.

Savjalov                        - Sì, un tempo orribile; ed è freddo per giunta.

Il Marito                        - Non fa proprio freddo. Ma l'aria è così tagliente.

Vera                              - Togliti le scarpe.

Il Marito                        - No, non c'è bisogno; ho i piedi comple­tamente asciutti. Per fortuna, uscendo di casa misi le soprascarpe. Sono molto contento che vi sia venuta l'idea di farci una visita. Vera mi ha tanto parlato di voi.

Vera                              - Credo che Ivan Vassiljevic sia abbastanza conosciuto anche senza la mia presentazione.

Il Marito                        - Certo, certo! Ho letto, ho sentito parlare di lui, lo conosco. Sono, per così dire, un suo fervente ammiratore. Accomodatevi per favore. Lietissimo di rice­vervi in casa mia.

Savjalov                        - Vi ringrazio, il piacere è tutto mio. (Pausa).

Il Marito                        - Cara, se tu ci preparassi un po' di te, eh? Che ne pensate Ivan Vassiljevic?

Savjalov                        - Del tè? Magari. Ma sarebbe un disturbo per la signora.

Il Marito                        - Nessun disturbo. Abbiamo una teiera elet­trica. S'innesta il cordone alla presa di corrente e dopo otto minuti l'acqua bolle. E' comodissimo. Nevvero, cara?

Vera                              - Lo preparo subito. (Mette la teiera. Pausa. Si ode lo squillo insistente della tromba dell'automobile. Vera e Savjalov si scambiano uno sguardo. Savjalov guarda furtivamente Porologio).

Il Marito                        - (trasognato) Ah, amici miei, mi sono proprio goduto il « Hamsun » al Teatro Artistico.

Savjalov                        - Che cosa avete visto?

 Il Marito                       - « Alle soglie del regno ».

Savjalov                        - Un bellissimo lavoro.

Il Marito                        - E' un bellissimo teatro. E' la quarta volta che vedo questo dramma. Che artisti! Come recitano. Proprio divinamente! Il solo Kacialov vale un tesoro. Me Io ricordo ancora prima della rivoluzione. Che voce, che figura! Poi quella semplicità! E non solo Kacjalov, ma anche gli altri. Che insieme! Si dimentica assoluta­mente di essere in teatro. Sembra vita reale.

Vera                              - (con voce scolorita). Dimitri Alessandrovic adora il teatro.

Il Marito                        - Qualche cosa di sorprendente! Quelle tendine del primo atto, quel sole, che delizia! Il vento le agita e il sole le illumina. Un sole vero. E la caraffa? Una vera caraffa, con acqua altrettanto vera. Il sole vi batte, formando come una stella sulla tovaglia. Che finezza, che arte! Proprio come nella vita. Una stella formata dal sole sulla tovaglia. E all'ultimo atto, quando Kacjalov mangia quel piatto di prosciutto. Come lo mangia! E' geniale! Dove lo avranno trovato poi il prosciutto!

Savjalov                        - Sì, geniale.

Il Marito                        - Amici miei, io mi riposo al Teatro Arti­stico. E' l'unico angoletto sulla terra dove l'anima si riposa, nel vero senso della parola. Non vi pare?

Savjalov                        - Certamente.

Il Marito                        - Quando esco dal Teatro Artistico, mi sento invaso da un senso di pace. Infatti, come si sta bene qui! Tre intellettuali sono seduti in una stanza ben calda e parlano di arte, di «Hamsun », di Kacjalov. Qui, tutto è pace; si ode bollire l'acqua nella teiera, si sente il tic-tac dell'orologio... mentre fuori imperversa la tormenta, cade una neve acquosa e fa buio! (La tromba dell'automobile insiste. Pausa. Savjalov, nervoso guarda l’orologio).

Vera                              - Dimitri, devo dirti una cosa. So che ne sof­frirai. Anch'io soffro e sto male. Ma sono sicura che tu mi capirai e mi perdonerai. Io amo Ivan Vassiljevic e voglio sposarlo.

Il Marito                        - Come?!

Savjalov                        - Dimitri Alessandrovic! Non abbiamo la mentalità dei piccoli borghesi noi. Sarebbe indegno di persone intellettuali fingere o mentire. Io amo Vera...?

Vera                              - Feodorovna.

Savjalov                        - Vera Feodorovna.

Vera                              - Partiamo per la Crimea. (Pausa).

Il Marito                        - Quando?

Vera                              - Subito.

Il Marito                        - Scherzate!

Vera                              - E' la verità. Scusa, Dimitri, ma è più forte di me. Perdona e dimentica. Arriveremo in ritardo per il treno. Voglio che ci separiamo da amici. Addio!

Il Marito                        - E' dunque così? L'avevo presentito... (Gli si stringe la gola parlando) Scusatemi. Scusate questo pianto fuori luogo. Ma passerà subito... subito... Non è nulla! Passerà! Ecco... ecco... è passato... Ivan Vassiljevic...

Vera                              - Sì, sì, datevi la mano. Voglio che vi separiate da amici. Stringetevi subito la mano, se no, comincio a piangere come una bambina. Non ne posso più. I miei nervi si spezzano.

Savjalov                        - Dimitri Alessandrovic! Non abbiamo la mentalità dei piccoli borghesi noi. (Gli tende la mano. Una lunghissima stretta).

Il Marito                        -  Ivan Vassiljevic, voi mi togliete quel che ho di più caro al mondo. Vi supplico di amarla, di pro­teggerla! Dio voglia che vi ami come io l'amo e l'amerò sempre. Ecco tutto... E ora? Ora, vuol dire che rimango solo un'altra volta. Solo coi miei libri, miei buoni amici fedeli. Solo coi miei pensieri. (Ha un singulto).

Vera                              - Dimitri, ti supplico fatti forza! Tu mi agiti. Separiamoci da amici. (Savjalov prende i bagagli).

Il Marito                        - Addio, Vera. Conserva buona memoria di me. Perdonami se c'è stato qualche cosa tra noi... ora permetti che ti serva per l'ultima volta. (Le tiene la pelliccia) Potevo pensare, quando ti ho regalato questa bella pelliccia, che non sarebbe passato un anno, che tu... (Singhiozza).

Savjalov                        - Dimitri Alessandrovic. Non occorre la pel­liccia. Vera, toglitela. Non la voglio. Tu sei venuta da Dimitri Alessandrovic senza pelliccia, e senza pelliccia devi andartene.

Vera                              - Lo credi?

Savjalov                        - Insisto.

Vera                              - (togliendosi la pelliccia) Sì?

Il Marito                        - Vera! Per carità! Ti prenderai una pol­monite. Non è possibile con questo tempo...

Savjalov                        - In Crimea fa caldo. E fino alla stazione andiamo in macchina chiusa.

Il Marito                        - E se in Crimea facesse freddo?

Savjalov                        - Allora comprerò per Vera Feodorovna un'altra pelliccia a Sebastopoli.

Il Marito                        - Potreste anche non trovarne a Sebastopoli. Vi supplico, prendete questa.

Savjalov                        - Non è possibile, non consentirò mai.

Il Marito                        - Vera ti supplico.

Vera                              - Savjalov, perché non volete consentire?

Savjalov                        - No, no! Assolutamente! Una pelliccia ha un valore commerciale. Io voglio che tu mi segua con la coscienza netta e che tu non debba nulla a Dimitri Ales­sandrovic. Non voglio che un oggetto di valore si metta tra noi due. Una preoccupazione d'interessi può trasfor­mare un uomo libero in schiavo.

Vera                              - Sì, ma sai che fa freddo davvero?

Il Marito                        - Vi supplico!

Savjalov                        - Dal momento che insistete in questo modo posso acquistarla!

Il Marito                        - Ivan Vassiljevic, voi ani offendete!

Savjalov                        - No, no! Ripeto: una pelliccia ha un certo valore commerciale; quindi permettete... (Trae dal porta­foglio un pacco di biglietti di banca, li conta, poi li porge al marito) Permettete...

Il Marito                        - (prendendo meccanicamente il denaro) Parola d'onore, Ivan Vassiljevic... Voi mi offendete... Vi assicuro!

Vera                              - Ivan Vassiljevic ha ragione. Questa pelliccia, in realtà appartiene a te. Tu l'hai comprata. Non sei un riccone. (Indossa la pelliccia) Neanche io voglio esserti obbligata. Le tue insistenze diventano poco delicate.

Il Marito                        - (sottomesso) Va bene. (Conta in fretta il danaro) Va bene. (La tromba dell'automobile).

Vera                              - Addio.

Savjalov                        - Addio.

 Il Marito                       - Scusate... che somma m'avete dato?

Savjalov                        - Quattrocentocinquanta rubli.

Il Marito                        - Per una pelliccia simile quattrocentocin­quanta rubli? L'anno scorso l'ho pagata ottocentoqua-ranta.

Vera                              - Ottocentosessanta.

II. Marito                      - Vedete, ottocentosessanta.

Savjalov                        - L'anno scorso...

Il Marito                        - Sì, ma non dovete dimenticare che l'anno scorso tutto era più a buon mercato.

Savjalov                        - Che cosa era più a buon mercato?

Il Marito                        - Oh, Dio! Ogni cosa. Ogni oggetto di prima necessità.

Savjalov                        - Anzitutto, una pelliccia non è un oggetto di prima necessità.

Vera                              - Questo, poi, è discutibile.

Savjalov                        - E in secondo luogo, sento dire per la prima volta che l'anno scorso tutto era più a buon mercato. Al contrario invece.

Il Marito                        - Ivan Vassiljevic! Tutti sanno che la vita diventa ogni anno più cara. E non solo in Russia, ma anche all'estero, in tutto il mondo.

Savjalov                        - E' curioso! Nominatemi, per favore un solo oggetto che l'anno scorso si vendeva più a buon mercato.

Il Marito                        - I fiammiferi, per esempio. L'anno scorso i fiammiferi costavano tre copechi la scatola, e ora costano cinque.

Savjalov                        - Vorrei sapere dove comprate i fiammiferi, per pagarli cinque copechi la scatola.

Il Marito                        - Ma dappertutto, da ogni ragazzo che li vende in istrada.

Savjalov                        - Per carità! Chi vi obbliga a comperare i fiammiferi a prezzi esosi, quando alla Cooperativa i fiam­miferi costano trenta copechi dieci scatole, vale a dire tre copechi la scatola?

Vera                              - Signori miei, io non capisco di che cosa discu­tete; parlavate di pellicce, ora parlate di fiammiferi. E' strano davvero! Arriveremo in ritardo.

Savjalov                        - Aspetta. E' lo stesso: la pelliccia è una merce e i fiammiferi sono anch'essi una merce. Bisogna leggere Marx. Dunque, abbiamo stabilito, che i prezzi non sono saliti.

Il Marito                        - Certo che sono saliti.

Savjalov                        - Anche se fosse così, la cosa non cambia. La pelliccia non vale di più.

Il Marito                        - Non vale? Se vi dico che l'anno scorso, comprandola d'occasione, l'ho pagata ottocentosessanta rubli! D'occasione!!

Savjalov                        - Ma un anno fa!

Il Marito                        - Come volete.

Vera                              - Non capisco. Allora?...

Savjalov                        - Aspetta: non immischiartene. Inoltre, Di­mitri Alessandrovic, or ora, se non sbaglio, mi avete offerta la pelliccia, così per...

Il Marito                        - Or ora ve l'ho offerta « così per... », ma ora non l'offro più. Adesso ho capito. Essa ha un certo valore commerciale, ed io non voglio perderci. Voglio riprendere la somma che ho pagato, cioè ottocentosessanta rubli, non un copeco di meno.

Savjalov                        - Come volete.

Vera                              - Tuttavia...

Il Marito                        - Vera, non impicciarti, per carità! Vi avverto però, Ivan Vassiljevic che per questa somma non acquisterete in nessun luogo una pelliccia simile.

Savjalov                        - Avete semplicemente un'idea esagerata della vostra pelliccia.

Il Marito                        - Niente affatto! E' una bellissima pelliccia.

Savjalov                        - Può anche darsi che sia stata bella un anno fa, ma ora, scusatemi, è un semplice « paletò» fuori moda, e anche abbastanza sciupato.

Vera                              - Siete pazzo! Un «paletò »? Se questa pelliccia è fuori moda, non so che cosa sia di moda per voi. Dov'è sciupata poi?

Il Marito                        - Di fatti, sarebbe molto interessante sapere dov'è sciupata. (Si mette gli occhiali).

Vera                              - Sì, dove, dove?

Savjalov                        - Ecco qui, e qui, e qui ancora.

Il Marito                        - lo non vedo. Dove?

Savjalov                        - Non vedete perché siete cieco e perché fa buio qui. Avvicinatevi, invece, alla lampada. (Si avvicina alla lampada) Ecco, qui e qui. Ora vedete?

Vera                              -  Non vi sapevo così diligente osservatore.

Savjalov                        - Osservatore o no, quattrocentocinquanta rubli è il massimo prezzo.

Il Marito                        - Ma niente affatto!

Vera                              - Ma niente affatto!

Savjalov                        - Allora come volete.

Vera                              - Quattrocentocinquanta rubli?! Ma sapete che adesso un paio di scarpine decenti costano quattrocento rubli. (Tira fuori un paio di scarpine) Vedete queste scarpine?

Il Marito                        - Le ho acquistate ieri per quattrocentoventi rubli e non intendo...

Savjalov                        - Le scarpine? Benissimo, le prendo! (Prende ostentatamente la scatola delle scarpe sotto il braccio).

Il Marito                        - E la pelliccia?

Savjalov                        - Non la prendo perché è cara, perché non vale la somma che chiedete. Tutto il bavero è tarlato e la parte interna delle maniche anche.

Il Marito                        - Come, dove?

Vera                              - (a Savjalov che afferra la pelliccia) Non la tirate! Giù le mani! La lasciate, sì o no?

Il Marito                        - Ivan Vassiljevic... siete un villano!

Savjalov                        - Un villano sarete voi!

Vera                              - Maniaco! Pazzo! Imbecille! Via di qua subito! Via di qua!

Savjalov                        - Abbasso le mani per favore, abbasso le mani!

Il Marito                        - Mia cara, non esageriamo!

Vera                              - Ah, ah, ah! (Grida di un attacco isterico. Pausa).

Savjalov                        - Dove sono capitato! Dove sono capitato! Mi sento soffocare qui!... Via!

Il Marito                        - Via, via!

Vera                              - Non vi tratteniamo! Prendete la vostra por­cheria. (Gli getta il libro) Imbrattacarte!

Savjalov                        - (raccoglie con gesto dignitoso il libro dal pavimento e prende la scatola con le scarpine) Queste le ho pagate! (Saluta).

Il Marito                        - Via, via!...

Vera                              - Tenetevi i vostri ortaggi! (Gii getta i fiori).

Savjalov                        - Piccoli borghesi! (Se ne va).

Vera                              - Disprezzare una pelliccia simile! Che te ne pare? Non riesco a tornare calma! Un vero affarista. (Fa andare il fonografo, poi lo ferma. Pausa). E pensare che ho appartenuto a quell'uomo!

Il Marito                        - Non ci badare, cara! E' stato un brutto sogno.

Fine del terzo atto

ATTO QUARTO

(L'ambiente del primo atto, ma più pulito, più soleg­giato, più elegante. Forse dono stati eseguiti piccoli mi­glioramenti. E' mattina. Non c'è nessuno in scena).

Il Dottore                      - (in camice bianco, appare sulla soglia della stanza, che una volta era quella di Savjalov  e lascia uscire un paziente) Soprattutto cessate di fumare. Il cin­quanta per cento delle malattie odierne provengono dal fumare. I miei rispetti. (Il paziente se ne va. Il dottore attraversa la scena, dirigendosi verso la porta che dà nella stanza di passaggio). Prego, a chi tocca... (Guarda dentro la stanza) Non c'è più nessuno? (Entra Polja vestita da cameriera elegante).

Polja                              - Non c'è nessuno.

Il Dottore                      - Benissimo.

Polja                              - ... Volevo pregarvi di...

Il Dottore                      - Di che si tratta?

Polja                              - Non vorrei che rideste di me.

Il Dottore                      - Avanti!

Polja                              - Ditemi che non riderete.

Il Dottore                      - Non riderò.

Polja                              - Mi vergogno.

Il Dottore                      - Allora, fila, e lasciami in pace.

Polja                              - ... Toglietemi le lentiggini.

Il Dottore                      - Eh?

Polja                              - Toglietemi le lentiggini.

Il Dottore                      - E perché mai?

Polja                              - Comincio a frequentare i corsi serali.

Il Dottore                      - Credi che le lentiggini ti impediscano di studiare?

Polja                              - Ci sono anche dei ragazzi.

Il Dottore                      - Ah,ho capito! Vuoi piacere agli uomini.

Polja                              - Già.

Il Dottore                      - …. Che sciocca! Capisci che le lentiggini sono quel che hai di più bello? Guarda come le hai: grasse, belle, magnifiche, su tutto il muso. Se avessi le tue lentiggini! Nessuna donna mi sarebbe sfuggita.

Polja                              - Paolo Nikolajevic... toglietemi le lentiggini.

Il Dottore                      - Ma come si fa?

Polja                              - Ma se siete medico!

Il Dottore                      - Credi forse che un medico sia Dio?

Polja                              - Prescrivetemi qualche unguento.

Il Dottore                      - Non esistono unguenti contro le lentig­gini.

Polja                              -  Forse una polverina?

Il Dottore                      - Neanche polverine.

Polja                              - Sono certa che m'ingannate. Toglietemi le lentiggini. Vi sarò riconoscente per tutta la vita.

Il Dottore                      - Ti ripeto che non c'è rimedio. A meno che non te le tagli. E' vero che avrai la faccia tutta bu­cherellata.

Polja :                            - La faccia bucherellata?

Il Dottore                      - Sì, tanti piccoli forellini! Sarai molto bella. Nulla abbellisce le ragazze come i buchi sulla faccia. Vieni qua.

Polja                              - Ahi!

Il Dottore                      - Dóve sono le forbici? (Si avvicina a Polja).

Polja                              - (strilla e fugge, il dottore la rincorre).

Il Dottore                      - Ferma. (Afferra Polja e grida) Mascia, portami un momento le forbici, Mascia!

Mascia                           - (udendo rumore, Mascia entra precipitosamente, vestita con eleganza) Che c'è? Cos'è questo putiferio?

Il Dottore                      - Tienla forte! Le taglio le lentiggini!

Mascia                           - Perché torturi la bambina?

Il Dottore                      - « Bambina »? Si prepara già ai roman­zetti coi giovanotti. Capisci? (A Polja) Dunque, devo tagliare?

Polja                              - No!

Il Dottore                      - Ah! Ora non vuoi?

Mascia                           - Davvero, Paolo, ti comporti come un mo­nello.

Il Dottore                      - Ma se lo sono! No, veramente, sono un giovane di media età e di aspetto piacente.

Mascia                           - (ride)

Il Dottore                      - Ed ora, Polja, dal momento che sei molto esperta in questo genere di cose, rispondi: Chi è più bello, io o Ivan Vassiljevic.

Polja                              - Voi siete più... adatto.

Il Dottore                      - Vedi, la piccola ha buon gusto. (Polja ride e corre via).

Mascia                           - Stai bene con me?

Il Dottore                      - Straordinariamente bene. E tu?

Mascia                           - La vita con te è così facile. Non immagi­navo nemmeno che tu fossi tanto buono e bravo. Ti amo addirittura.

Il Dottore                      - E Savjalov?

Mascia                           - Quando se ne andò, mi parve che la vita fosse finita. Gli avevo dedicato i miei migliori anni. I primi tempi, per esempio, non avevamo bagno in casa. Io lo lavavo con le mie stesse mani in cucina. Egli si metteva in un grande catino, ed io lo strofinavo col sa­pone e con uno straccio bagnato, come se fosse una porta. Parola d'onore. Eravamo molto poveri. (Canta) «Ma per la donna non v'è più passato, essa non l'ama più; le è sconosciuto ». E poi, non è mica da compatire; ha spo­sato una ragazza giovane e bella. E' una ragazza deli­ziosa! Ebbi torto di offenderla. Che bella giornata, oggi! Non trovi che il nostro appartamento è divenuto molto elegante?

Il Dottore                      - Qualche piccolo ritocco e il sole che batte sulla finestra...

Mascia                           -  Guarda: il sole illumina la caraffa e proietta una stella sulla tovaglia. E le primule... Chi ha portato le primule? "

Il Dottore                      - lo...

Mascia                           - Quanto sei caro! A proposito, Paolo, ho messo in ordine tutti i tuoi preparati. Li ho numerati e disposti in un cassettino con la loro etichetta. Che me­raviglia è quel tuo microscopio! Domani voglio provare a fare da me qualche analisi di poca importanza. Ma tu non devi aiutarmi. Voglio fare tutto da me. E' incante­vole! (Squilla il campanello).

Il Dottore                      - Ecco un seccatore! (Entra Polja, seguita dal fattorino).

Polja                              - Il fattorino per Ivan Vassiljevic. Io gli ho detto: non abita più da noi; e lui insiste.

Il Fattorino                    - E' un plico urgente per il compagno Savjalov. Occorre la firma.

Mascia                           - Vi ho già detto un'altra volta che il compa­gno Savjalov non abita più qui. Abita in via di Lenin­grado, n. 75, appartamento 90.

Il Fattorino                    - Invece, in via di Leningrado 75 mi hanno detto che non abita più lì, e imi hanno mandato in viale Novinski al 15, appartamento 6, da una certa compagna Gasgolder.

Mascia                           - Non ci capisco niente!

Il Fattorino                    - Allora, dalla via di Leningrado, sono andato direttamente in viale Novinski. Ma là, un com­pagno abbastanza severo mi ha spiegato che il compagno Savjalov non ha mai abitato con loro e non ci abiterà mai; e mi ha detto di tornare all'altro indirizzo. Ma come potevo andarci, se là mi avevano spiegato abba­stanza chiaramente ch'egli non abitava più in via Lenin­grado? Che è accaduto?, penso. Allora, penso, sarà senz'altro tornato in via Bronnaja.

Il Dottore                      - Sarà certamente un malinteso ; il compa­gno Savjalov non abita qui.

Il Fattorino                    - Pare anche a me, che non ci abiti. Una bella storia! Il plico, poi, è urgente! Dove potrei trovarlo? Che noia! Beh, provo a passare ancora in via di Leningrado, e se non riesco a saper nulla di positivo, tornerò in viale Novinski. Se non lo trovo neanche là. vorrà dire... (Se ne va).

Mascia                           - Tu ci capisci qualche cosa?

Il Dottore                      - lo dico che può accadere cosa curiosis­sima. (Si mette a leggere il giornale).

Mascia                           - (si china sopra la sua spalla e legge a sua volta) Ah, guarda, guarda. Oggi ha luogo la grande parata primaverile delle squadre di educazione fisica. Ho notato, da stamani presto, una folla straordinaria nelle strade, canti e musiche, ed anche squadriglie di aeroplani, che facevano evoluzioni.

Il Dottore                      - E' la squadriglia francese.

Mascia                           - Che faccia simpatica! Chi è?

Il Dottore                      - « Eugenio Gussiev, che ha eseguito una discesa col paracadute dall'altezza di seimilaottocento metri e l'ha fatto funzionare a soli cento metri da terra. Il volo senza paracadute è durato circa tre minuti».

Mascia                           - (con spavento e meraviglia)  Ah!

Il Dottore                      - E' stato premiato con diploma d'onore p col dono di un'automobile.

Mascia                           - Una faccia straordinariamente simpatica! Così semplice; buono e così giovane! Le ragazze adorano uomini come lui. Quel che mi piace, poi, è che abbia avuto in premio una automobile. Una bellissima idea!

Il Dottore                      - Dopo un simile volo, non sarebbe stato giusto far camminare il giovane a piedi.

Mascia                           - Mi par di vederlo precipitare per tre minuti con la testa in giù. Attraverso le nuvole, col vento che gli sibila intorno. (Conta lentamente) Uno, due, tre, quat­tro, cinque, sei... ed egli continua a precipitare... C'è pro­prio da impazzire! Dio! In che giovane mondo viviamo! (Squilla il campanello).

Il Dottore                      - Un altro seccatore! (Entra Polja molto confusa).

Polja                              - E' venuto... (Sorride senza motivo apparente).

Savjalov                        - (entra, stanco per la notte insonne, con un mazzo di mimose in mano e la scatola delle scarpe sotto il braccio) Non mi aspettavi?

Mascia                           - Io... sono un po' sorpresa.

Savjalov                        - Le mimose.

Mascia                           - Sì...

Savjalov                        - Sono per te.

Mascia                           - Per me? Ti ringrazio. Polja, mettili in acqua.

Savjalov                        - Dottore... scusate, non mi era accorto di voi. Buongiorno.

Il Dottore                      - I miei rispetti!

Savjalov                        - Non puoi immaginarti quanta nostalgia di lo ho avuto. Ma guarda come tutto è diventato .più bello, qui. Dov'è Isabella Petrovna?

Mascia                           - La mamma è impiegata all'Ufficio Centrale del Turismo.

Savjalov                        - E' impiegata? Guadagna! Vuol dire che, dal lato economico, tutto va meglio in casa nostra?

Mascia                           - Sì. Più o meno.

Savjalov                        - Mascia... Dobbiamo parlare.

Il Dottore                      - Forse, volete dire... (Fa per alzarsi).

Mascia                           - No, no, prego!

Savjalov                        - (vede il gatto) Ah, Mitka! Buongiorno, Mitka! Buongiorno. (Per associazione d'idee soffia sul dorso del gatto) Questa sì che è una pelliccia! Mi vuoi graffiare? Eccoti, sul muso! Va' via, imbecille! (Getta il gatto fuori dalla porta) Ho dimenticato il più importante! Puoi congratularti con me. E' uscito « L'uomo dell'avve­nire ». Ecco. Il primo esemplare è per te. (Porge il libro a Mascia) Dunque, tutto ritorna come prima? (L'ab­braccia).

Il Dottore                      - Forse volete...

Savjalov                        - Non fa nulla. Voi siete di casa. Di voi non dobbiamo aver soggezione. E' vero, Mascia? Il dottore non ci disturba. Lascia che ti dia un bacettinino.

Il Dottore                      - Hm... (Con un suono di voce impreciso ma abbastanza minaccioso).

Savjalov                        - Dio; come ti sei fatta selvatica! Sciocchina! Già! Scusate! Ho dimenticato il più importante. Ho un regalo per te! (Va a prendere le scarpine) Sono scarpine molto belle, non è vero? Dottore, vi piacciono? Vedi come sono diventato premuroso?

Lautskaja                      - (entra, vestita con eleganza in abito di ma­glia. Usa l'occhialetto) Sono mezza morta: questi Ame­ricani mi hanno veramente stancata. Polja, presto, una tazza di caffè! Amici miei! Non capisco. Una giornata così bella, così meravigliosa, e voi rimanete chiusi in casa! E' proprio un peccato! (Nota Savjalov. Guarda con l'occhialetto). Guarda, guarda! Che buon vento vi ha portato qui?

Savjalov                        - Buongiorno, Isabella Petrovna!

Lautskaja                      - Caro! Come sono contenta di rivedervi! Vi hanno almeno offerto il caffè? Polja! Porta il caffè a Ivan Vassiljevic.

Savjalov                        - Grazie! (Suona il telefono).

Lautskaja                      - O Dio! Sarà ancora per me. Un vero disastro! (Si avvicina, con la tazza in mano, al telefono) Hallo!... Sì, sì! (Parla al telefono in inglese, poi passa al tedesco e infine al francese. Si accomiata. Appende il cornetto). Non c'è scampo. Fra una mezz'ora bisogna accompagnare gli Americani alla Mostra. La sera, poi, devo andare coi Francesi al teatro. Non potete immagi­narvi come sono stufa.

Savjalov                        - Si vede che conoscete a perfezione le lin­gue straniere: non lo sapevo.

Mascia                           - La mamma ha frequentato la « Berlitz ».

Lautskaja                      - Ma raccontateci di voi.

Savjalov                        - Veramente non ho niente da raccontare; sono stanco e basta. Non ho dormito un momento in tutta la notte. Un giorno vi racconterò tutta la mia epopea. Tutta la mia odissea. Scusate, vado in camera mia. Dottore, spero che verrete a pranzo da noi, così ci rivedremo ancora. Mascia, passa da me un momentino. (Si avvicina alla porta di quella che era stata la sua camera).

Il Dottore                      - Tuttavia...

Mascia                           - Vanja!

Savjalov                        - (con aria affettuosa) Sì, piccina mia! (Apro la porta) Ah! Che cos'è questo?

Mascia                           - Paolo Nikolajevic ha qui ora il suo gabi­netto di medico.

Savjalov                        - Come, Paolo Nikolajevic?

Mascia                           - Egli vive in quella stanza e vi riceve gli ammalati.

Savjalov                        - Provvisoriamente?

Mascia                           - No, per sempre.

Savjalov                        - Per sempre? Ma è la mia camera!

Mascia                           - Quando tu sei andato via, l'abbiamo offerta a Paolo Nikolajevic.

Savjalov                        - Scusate... è... mi pare, molto strano!

Mascia                           - Mi rincresce davvero, ma... Paolo Nikolajevic è iscritto regolarmente come residente qui.

Savjalov                        - Scusate... e io? Non capisco bene! Che cosa accade qui? Me assente, entra nel mio appartamento una persona estranea, s'impadronisce della mia camera e, profittando della delicata posizione della mia famiglia, si fa iscrivere sfacciatamente come domiciliato qui, nella mia stanza.

Mascia                           - La « mia » casa, la « mia » camera, la « mia » famiglia. Mia, mia, mia! E il comunismo? Anzitutto, la casa non è tua, ma è proprietà pubblica. La camera non è tua, ma di colui che vi abita effettivamente. La famiglia è un pregiudizio e una istituzione superata, che deve es­sere rinnegata. Insomma, perché non ci siano malintesi, ti comunico che ho sposato Paolo Nikolajevic.

Savjalov                        - Che cosa? Quando?

Mascia                           - Non importa quando. Uno di questi giorni.

Savjalov                        - Come hai osato?

Mascia                           - Non ti amo più.

Savjalov                        - Ah, tu non mi ami più? Ami lui, adesso? Guarda che te lo proibisco! Hai capito? Pro-i-bisco! E' un'infamia. (Le torce la mano).

Mascia                           - Sei pazzo! Ahi! Mi fai male. Lasciami! Paolo, digli che non mi maltratti.

Il Dottore                      - Ivan Vassiljevic, potreste romperle i tendini, e ne risulterebbe una cosa molto seria.

Savjalov                        - Ah, i tendini... Vi ringrazio. E io, dove volete ch'io vada adesso? Dove trovo un rifugio, adesso? Dietro una siepe? In un portone?

Lactskaja                       - Calmatevi, Ivan Vassiljevic. Penseremo anche per voi.

Mascia                           - Sai, compagno propagandista, intanto potre­sti accomodarti qui nella stanza di passaggio, dove abi­tava prima Paolo Nikolajevie. Veramente, non vi sono finestre: ma tu hai l'abitudine di lavorare piuttosto di sera.

Lautskaja                      - Non importa poi molto che sia di pas­saggio. Nevvero? Non vi passerà nessuno oltre le persone di casa.

Savjalov                        - Nessuno; oltre le persone di casa! Vi rin­grazio. Siete molto gentili! Non voglio che nessuno passi per la mia stanza, specialmente le persone di casa. Mi pare che mi offrite di abitare in una stanza di sgombero.

Il Dottore                      - Una stanza di sgombero! Vi assicuro che la cameretta non è affatto disprezzabile, per uno scapolo.

Savjalov                        - Ah! Sì? Per uno scapolo! Allora vi di­chiaro nel modo più concreto e formale che la gente per bene non agisce così. Voi siete un ladro!

Il Dottore                      - Che avete detto?

Savjalov                        - Siete un ladro! Mi avete rubata mia mo­glie; mi avete rubato la mia camera; mi avete rubato l'onore! Forse mi avete rubato anche la tessera del pane!

Lautskaja                      - Ivan Vassiljevic! Uomo dell'avvenire!

Savjalov                        - Mascia, hai sentito? Ti proibisco di amare questo veterinario! Non ne hai il diritto! E' una vigliac­cheria, indegna! Io... ti ucciderò! Hai capito?

Mascia                           - Vanja! Va-a-n-j-a! Ma se tu «tesso... L'amore dev'essere libero!

Savjalov                        - Non in casa mia, però! Non in casa mia! (A Lautskaja) E voi? La madre!... Voi avete permesso che una simile infamia avvenisse sotto ai vostri occhi?!

Lautskaja                      - Due persone libere si amano...

Savjalov                        - Ruffiana!

Lautskaja                      - Non credo alle mie orecchie! Le idee di Fourier, l'« Uebermensch », le città giardino, le città rurali, il sole artificiale, gli apparecchi ozonizzatori!

Savjalov                        - M'infischio degli apparecchi ozonizzatori!

Lautskaja                      - Compagno, ma il socialismo... La futura società comunista...

Savjalov                        - M'infischio del vostro comunismo! Fatemi il piacere di liberarmi la mia stanza. Non vi andrà liscia. Io sporgerò querela, vi trascinerò davanti al tribunale!! (Afferra il cornetto del telefono) Datemi al più presto un commissario: uno qualunque!... Pronto? Mi hanno offeso e derubato. Mi hanno rubato anche... le tessere del pane!

Il Fattorino                    - (entrando)  Compagno Savjalov?! Sia ringraziato Dio! Ho corso dietro a voi per tutta la città. (Consegna una lettera).

Savjalov                        - Date qua. (Apre la lettera e legge).

Il Fattorino                    - Perché da qua sono andato di nuovo in via Leningrado e 'à; mi hanno risposto ancora che il compagno Savjalov non vi abita più.

Il Dottore                      Potete andare.

Il Fattorino                    - Allora sono tornato di nuovo in Viale Novinski...

Il Dottore                      -  Andate, andate!

Il Fattorino                    - Tutta una storia, vi dico! (Se ne va)

Savjalov                        - (legge la lettera) Non ci capisco niente: « Poiché la direzione della Casa editrice ha deciso di non mettere in vendita il vostro libro, sebbene sia già pubblicato »... Cosa?... «a causa delle proteste della collet­tività sovietica.» » « degli articoli apparsi nel numero odierno della "Pravda " »... « recarsi per annullare il contratto ». (Appare Tanja sulla soglia) Tanja! tu! Sapevo che saresti venuta! Sei venuta per prendermi con te? Mi hai perdonato...

Tanja                             - Ivan Vassiljevic, ti abbiamo portata la tot; roba. (Dietro alle spalle di Tanja appare la nonna di lei e Genja Gussiev, con un grande baule di Savjalov).

 La Nonna                     - Abbiamo percorso mezza città, prima di rintracciarti. Si capisce, in automobile. Ora abbiamo un'automobile nostra. Genja, a forza di salti, si è guada­gnato un'automobile. Avete letto stamane nei giornali; perché Genja Gussjev è lui, qui presente. Così andiamo ora nella nostra automobile.

Geìvja                           - Ohi! vecchietta! Chiudi il rubinetto... Ecco la vostra roba. Non occorre ricevuta.

Savjalov                        -  Tanja, perdonami.

Tanja                             - Ivan Vassiljevic, non importa. E' superfluo!

Genja                            - (prendendo Tanja a braccetto) Andiamo, eh?

Mascia                           - Vanja, ti assicuro che la camera non è im­possibile. (Esce con il dottore. Entra Polja a riordinare la stanza).

Savjalov                        - Quanti anni hai, Polja?

Polja                              - Diciassette!

Savjalov                        - Vieni... Vieni un momento di là!

           

FINE