La Vigilia, Natale e Capodanno

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La Vigilia, Natale e Capodanno

di Vincenzo Rosario PERRELLA ESPOSITO

(detto Ezio)

25/08/2009

Personaggi:   12

Eduardo Aversano                                                                                                           

Teresa Aversano                                                          

Asia Aversano                                                            

Mimmo De Luca                                                       

Barbara De Luca                                                         

Fortunato Colmazzo                                                                                                                      

Rick Ione                                                                    

l’amministr. Cav. Ferdinando Leone                         

Raffaella Leone                                                          

Gerry                                                                                                                                         

Flavio Merutto                                                     

Stella Cometa

Napoli, casa del portiere di condominio del parco Sole. Eduardo è un uomo candido, ingenuo, quasi incapace di svolgere la propria mansione di portierato. Un giorno riceve la visita sgradita di suo nipote Rick, stanco di abitare nella fredda Londra e voglioso di rivivere il Natale napoletano. Ma c’è di più: proprio a causa della sua ingenuità, Eduardo si imbatte nell’amministratore di condominio cavalier Ferdinando Leone, un tipo poco raccomandabile, dalla spiccata furbizia. Decide di usare casa di Eduardo per nascondere, tra le tante, una delle sue amanti, spacciandola per cugina del portiere, approfittando anche del caos che regna nelle festività natalizie, tanto odiato dalla moglie di Eduardo, Teresa. La moglie di Ferdinando, Raffaella, cercherà allora di scoprire il sotterfugio. La storia si svolge nei tre giorni della Vigilia di Natale, il giorno di Natale e Capodanno. Come sempre, non mancano gli autoinvitati che, per evitare di dover organizzare le feste in casa propria, si recano in casa dei parenti per trascorrere i cenoni e non rimetterci nulla  economicamente o nel dover eseguire i rituali preparativi.

Numero posizione SIAE 233047

Per contatti Ezio Perrella 3485514070 ezioperrella@libero.it

     


            Napoli, casa Aversano: salone di una casa a pian terreno, nel parco “Sole”. A centro stanza c’è il tavolo (con vassoio di frutta) e quattro sedie. A destra ci sono: una sedia a dondolo e un mobile. Sullo sfondo, l’albero di Natale. A destra, una porta conduce alla stanzetta con bagno di servizio, e alla stanza da letto con bagno grande. A sinistra c’è la porta di ingresso e l’appendiabiti; al centro, vi è un’entrata ad arco che dà alla cucina.

ATTO PRIMO

La Vigilia di Natale

1. [Eduardo Aversano, Gerry e poi Teresa]

                  Eduardo è seduto al tavolo a scrivere la lettera a Babbo Natale! Infine la legge.

Eduardo: “Caro Babbo Natale, sono Eduardo Aversano, il portiere del parco “Sole”. Lo so,

                  ti faccio ridere, perché alla mia età ti scrivo ancora. Caro mio, qua la vita costa, i

                  soldi sono pochi e oggi è la Vigilia di Natale. Aiutami a mettere sotto l’albero un

                  regalo per mia moglie Teresa e per mia figlia Asia E al cenone, stasera, fammi

                  trovare il capitone per me. Tuo Eduardo. P.S.: Un bacio alle renne”!

                  Dalla porta d’ingresso (a sinistra) entra e vi si ferma Gerry.

Gerry:      (Ha gli occhi del pazzo) Salute ‘a cumpagnia! 

Eduardo: (Spaventato) Chi è? (Accortosi di chi è si calma) Ah, è Gerry ‘o pazzo...!

Gerry:      In giro se dice ch’’o munno è ‘nfame. Ma nun è ‘o vero, pecché è peggio ancora.

Eduardo: (Incomincia a impressionarsi e si alza in piedi) Ehm... ‘o vero?

Gerry:      E tu te pienze ch’accussì ottiene ‘e ccose? Screvénno ‘a lettera a Babbo Natale?

Eduardo: No, quando mai? (Strappa la lettera e se la mette in tasca) Addò sta, ‘sta lettera?

Gerry:      (Va minaccioso da lui) Ma dimme ‘na cosa: pecché me staje venenno appriesso?

Eduardo: (Girando attorno al tavolo) No, veramente sì tu che viene appriesso a me!

                  Gerry raggiunge e ferma Eduardo (impaurito) e punta il dito minacciosamente.

Gerry:      Addò vaje? Nun te ne fujì! Tu e chille comm’a te, state ‘nguajanno ‘o munno!

                  Promettimi che non sparerai mai più le bombe col tuo carrarmato!

Eduardo: Ma io nun ‘o tengo ‘o carrarmato!

Gerry:      Ho detto promettimi...!

Eduardo: E vabbuò, nun ‘e sparo cchiù, ‘e bbombe!

Gerry:      E il carrarmato?

Eduardo: ‘O dongo in rottamazione!

Gerry:      Ecco, bravo. E adesso risolvi quest’indovinello: “’A vulésseme tutte quante,  

                  pecché ce fa sta’ ‘ngrazia ‘e Dio. ‘O guaje è che nisciuno ‘a trova!”. Che cos’è?  

                  E va via. Così Eduardo si sposta verso il centro, calmandosi. 

Eduardo: “’Na cosa ch’’a vulésseme tutte quante… ma nisciuno ‘a trova”! E che sarrà?

                  Dalla cucina (porta al centro) entra Teresa, moglie di Eduardo, e gli va vicino.

Teresa:    (Ha un grembiule. E’ contrariata) Eduà, ma se po’ ssapé che fine he’ fatto?

Eduardo: Teré, sto’ ccà ffora pe’ vedé chi trase e chi aésce d’’o parco.

Teresa:     Oggi è la Vigilia. Mentre io preparo il cenone, tu devi lavare i broccoli!

Eduardo: Teré, ma io tengo che ffa’ ccà ffora. Il mio dovere di portiere è di vigilare!

Teresa:     Sì? E comme? Screvénno ‘a lettera a Babbo Natale?! Ma comme, all’età toja?

Eduardo: E addò sta? L’aggia avuta straccià pé mezza ‘e Gerry ‘o pazzo.

Teresa:      Ma chi è ‘stu Gerry ‘o pazzo? Ogni tanto, esce ‘nmiezo. Ma chi l’ha visto maje?

Eduardo:   E se capisce che tu nun ‘o saje. Tu sei una portiera distratta! Si fosse pe’ te, ccà

                   ddinto, traséssene pure Michele ‘o pazzo, Pascale ‘o pazzo e Vicienzo ‘o pazzo!

Teresa:      ‘E ssaje tutte quante tu! So’ tutte amicie tuoje! Jà, mò viene dinto e damme ‘na

                   mana. E facìmme ambresso, che oggi è la Vigilia, e aggia fernì pure ‘e priparà.

Eduardo:   Mò aggio capito che vuleva dicere Gerry ‘o pazzo: ‘na cosa ch’’a vulésseme                

                   tutte  quante, ma nisciuno ‘a trova. E’ ‘a pace!  

                   E così i due escono in cucina (al centro).

2. [Asia e Fortunato Colmazzo. Poi Teresa]

                    Dall’ingresso a sinistra, entra Asia con due buste di vestiti e scarpe, seguita da

                    Fortunato (ha un tic nervoso: muove le spalle, pare che balli la Break Dance!).

Fortunato: Asia, ma tu devi credermi. Io, per colpa tua, non mangio più e non vivo più.

Asia:           Sì? E faje male! (Posa le buste sul tavolo)

Fortunato: Ma perché non ti piaccio? Perché? (Va per sedersi al tavolo ma finisce a terra)

Asia:           Ecco perché non mi piaci: Furtunà, si’ ‘n’imbranato!

Fortunato: (Si rialza) Ma io so’ sulo caruto ‘nterra. Che fa? E ora guarda cosa ti ho portato.   

                    Dalla tasca di dietro del pantalone estrae una piccola custodia da bijoutteria)

                    Ecco qua: unaspilla con la forma del tuo nome, tutta in cristallo! Tieni, è tua.  

                    Gliela consegna. Asia la apre, ma non sembra contenta e gliela restituisce.

Asia:           Io veco sulo ‘nu poco ‘e vetro tutto scassato.

Fortunato: (Controlla) Uh, mannaggia a me! (Fa il tic) L’aggio scassata! Che peccato!

Asia:           Furtunà, ma ‘a vuo’ fernì ‘e te movere sempe? Tu me faje avutà ll’uocchie! E si

                    vuo’ fa’ ‘na cosa bona, puòrteme ‘nu sicondo ‘sti bborze.

Fortunato: E va bene. (Le alza ma… sono pesanti) Ma che ce sta ccà ddinto, ‘o cchiùmmo?

Asia:           Ci sono tre vestiti, tre paia di scarpe e tre borse per il veglione di Capodanno!

Fortunato: ‘A faccia! E te miette tutta ‘sta rrobba, chella sera?

Asia:           Ma no, cretino. Fra queste cose, sceglierò che cosa mettermi per il veglione.

Fortunato: E vabbuò, però muvìmmece, che pésene, ‘sti bborze! Dove dobbiamo arrivare?

Asia:           (Indica a destra) Là dentro, nella mia leggendaria stanzetta.

Fortunato: (Non ne può più) E gghiamme, jamme...!

                    Escono a destra. Dal centro, entra Teresa con tovaglia e tovaglioli natalizi.

Teresa:       (Entra nervosa) Si dint’a ‘sta casa nun me veco tutto cos’io, amme voglia ‘e fa’

                    ‘a Vigilia ‘e Natale senza magnà. (Apparecchia) E pe’ forza, tengo a ‘nu marito

                    imbranato e ‘na figlia che ffa sulo ‘o shopping! Chi sa mò addò stà?

                    Riecco Asia e Fortunato (con una mano dietro i pantaloni). Teresa li nota.

Asia:           Viene, viene, Furtunà...

Teresa:       Ah, tu staje ccà? Te si’ degnata ‘e turnà ‘a casa?

Asia:           Cià, mammà. Sì, mò so’ turnata.

Teresa:       E che te si’ accattata?

Asia:           Niente.

Teresa:       E comm’è? Tu ce he’ miso tutto ‘stu tiempo, e ppo’ nun te si’ accattata niente?

Asia:           Mammà, ma oggi la roba non si compra più, si chiede in prestito!

Teresa:       Ma chi te capisce, a te?!... Senti, ma vedo che c’è qualcuno vicino a te.

Asia:           Ah, già, a proposito, mammà, ti presento un amico.

Fortunato: Dottor Fortunato Colmazzo. (Le stringe la mano e l’altra si copre il sedere)

Teresa:       Piacere. (Nota il suo atteggiamento strano) Scusa, ma che tieni là dietro?

Fortunato: (Imbarazzato) Ehm... niente... io mi metto sempre così. E’ portamento!

Asia:           Ma è maleducazione. Fortunato, togli subito la mano da là dietro.

Fortunato: Asia, nun pozzo.

Asia:           E pecché?

Fortunato: E pecché, pe’ purtà ‘e bborze toje, s’è stracciato ‘o cazone!

Teresa:       Uh, comme me dispiace. Asia, piglie ago e cuttone e dance duje punte.

Asia:           Ma no, mammà, adesso lui se ne va a casa sua e se lo cambia.

Fortunato: Me n’aggia ì? E vabbuò. Cià, ammore mio! Bonasera, signò.

                    E se ne esce, sempre con la mano dietro i pantaloni, camminando piano.

Teresa:       Asia, ma comme sì acida. Hé cacciato a ‘stu tizio, accussì, freddamente! Chillo

                    t’ha chiammato pure “ammore mio”. Secondo me, tene cocche penziero pe’ te!

Asia:           Chi? Lui? No, ma quando mai!

Teresa:       E tene pure ‘a faccia ‘e ‘na brava perzona. Ma che mestiere fa?

Asia:           E’ medico generico. E pure chirurgo. Però è fidanzato. Anzi… è sposato.

Teresa:       E’ chirurgo però è spusato? E vabbuò, nun fa niente. Nun era destino! E allora

                    io vaco ‘int’’a cucina a ffernì ‘e priparà. Uhé, viene pure tu e damme ‘na mana.

Asia:           Sì, vengo subito. Intanto avviati tu.

Teresa:       E allora me sa ca nun viene cchiù! Aggio capito, vaco io sola. ‘E che pacienza!

                    E torna in cucina imprecando.

Asia:           Sì, mammà sta fresca! Me vo’ fa mettere cu’ chillu ‘mbranato ‘e Furtunato! Ma

                    io miro molto, molto più in alto!

                    Sospira, poi esce a destra sognante.

3. [Eduardo, Gerry e Rick Ione. Poi Teresa e Asia]

                  Dalla cucina (porta centrale) entra Eduardo. Parla a Teresa (che è in cucina).

Eduardo: Teré, io vaco a ffa’ ‘a spesa p’’o cenone. He’ capito? Sì, e quanno te risponne,              

                  chella! (Prende il giubbotto dall’appendiabiti e canticchia) “Bianco Natal…!”.

                  E mentre sta per uscire (canticchiando), si trova Gerry di faccia che lo ferma.

Gerry:      ‘O vvuo’ capì ch’’o munno fa paura? Ma ch’aiésce a ffa’, addò vaje?

Eduardo: A ffa’ ‘a spesa p’’o cenone!

Gerry:      Nun è ‘o vero. Io saccio tutta ‘a verità. Promettimi che non lo farai più.

Eduardo: Ma che cosa? Tu nun he’ ditto ancora niente!

Gerry:      Eduà, io ti ho scoperto: tu compri le armi batteriologiche! 

Eduardo: Ma qual’armi batteriologiche? Io aggia accattà ‘o capitone e ll’aulìve!

Gerry:      Non mentire. A te t’aggia controllà. Vabbuò? Pù...! (Gli sputa in un occhio)

Eduardo: (Asciugandosi l’occhio col braccio) Te puòzzene accidere!

Gerry:      E mò, si ‘a saje, rispunne. La montagna disse a Maometto: “Si nun viene tu

                  addù me, vengh’io addù te!”. Però si io vengo addù te, ma tu nun me vuo’, io

                  chi songo? Pensaci bene. Cià, Eduà.

                  E va via lasciando Eduardo dubbioso.

Eduardo: E chi sarrà? (Poi esulta) ‘O vi’ lloco: un ospite indesiderato. Sì, ma che c’entra?

                  E arriva Rick (vestito casual). Va da Eduardo e posa la valigia a terra.  

Rick:        (E’ un tipo molto maleducato) Cià, ‘o zio, comme staje?

Eduardo: (Si spaventa) Chi è? (Lo nota e fa una facciaccia) Oddio, si’ tu, Rick?

Rick:        Ma che d’è, t’he’ miso appaura? Ma fatte vedé. ‘O zio, comme te si’ fatto brutto!

Eduardo: Puozz’ittà ‘o sango! Che ce faje ccà? E chella valiggia a che te serve?

Rick:        Caro zio, io son venuto da te a passare le feste di Natale. Resto fino al 2 gennaio!

Eduardo: (Sorpreso) Che? E dove ti faccio dormire?

Rick:        E che ce vo’? Facciamo come sempre: io dormo nel letto della stanzetta di Asia.

Eduardo: E Asia addò dorme?

Rick:        ‘Int’’o divano d’’a cucina! Ma t’aggia dicere tutto cos’io?  

Eduardo: (Ma quant’’o schifo a chisto!).

Rick:        Ora io vado a salutare la zia. Dove sta? 

Eduardo: In cucina. Aspié, e ‘a valiggia?

Rick:        Puortammélla tu! Cià, ce vedìmme aroppo!

                 E se ne va in cucina (porta al centro).

Eduardo: Mò ce mancava sulo ‘o figlio ‘e mia sorella. Ma dico io, tu sei andata a vivere in

                  Inghilterra? E tiénete pure a figlieto! No, m’’o manna ccà. Chisto è pure scemo,

                  antipatico, scustumato e idiota. E si chiama Rick Ione! Mamma ‘e Pumpei!  

                  Prende la valigia, va a destra. Dalla cucina al centro, entra Teresa, sconcertata.

Teresa:     Marò, e che ce fa Rick ‘a casa nosta? Diu mio, aiùtece tu! Marò, voglio espatrià!

                  Gironzola nervosa. Dalla stanzetta (a destra) entra Asia, anche lei sconcertata.

Asia:         Maronna mia! Che disastro!

                  Teresa e Asia si notano, e le due si avvicinano l’una all’altra. 

Teresa:     Uhé, Asia, nun te puo’ maje immagginà chello che t’aggia dicere.

Asia:         E tu nun te puo’ maje immagginà chello che t’aggia dicere io a te.

Teresa:     No, no, Asia. Tu nun haje proprio idea...

Asia:         Ma io te voglio dicere ch’è venuto Rick!

Teresa:     E io te voglio dicere ‘a stessa cosa!

Le due:     Oh, no! (E si vanno a sedere su due sedie al tavolo)

Teresa:     Siente, ma tu l’he’ visto?

Asia:         No, però me l’ha ditto papà. E tu?

Teresa:     Invece io l’aggio visto proprio. Stevo priparànno ‘o vassoio cu’ ‘o cavolo e ‘e

                  ppapaccelle! Bell’e buono, m’aggio ‘ntiso doje mane fredde ‘ncoppa all’uocchie

                  e ‘na vocia scema che diceva: “Indovina chi è!”. Asia, era proprio isso!

Asia:         Mammà, ma chillo mò se piglia ‘a stanzetta e ll’armadio mio!

Teresa:     E figlia mia, io ch’aggia fa’? Pigliatélla cu’ pàteto! Ma si l’acchiappo….!

                  Da destra torna Eduardo (imprecando idealmente verso Rick).

Eduardo: Chillu deficiente. Chillu cretino. Chill’imbecille. (Siede sulla sedia a dondolo) 

Teresa:     Ah, ‘o vi’ lloco. Disgraziato, he’ fatto venì a nipòtete a passà ‘e ffeste ccà!

Eduardo: Io? Ma stisse fora cu’ ‘a capa? E stat’isso che ce ha fatto ‘na ‘mpruvvisata!

Asia:         Papà, ma tu t’he’ scurdato ‘e tutt’’e vvote ch’è venuto?

Teresa:     E già. Quello è famoso a Londra e in tutto il Regno Unito, perché la famiglia  

                  reale, ogni tanto… ‘o fa chiammà pe’ ffa’ succedere cocche scandalo!

Eduardo: E tanto, in Italia nun ce sta ‘a monarchia! A proposito, ma mò addò sta?

Teresa:     ‘Int’’a cucina. Se sta appriparànno ‘o tè.

Asia:         (Stizzita) No, ma chello è ‘o mmio. Uffà, manco è venuto, e già ha miso mano!

Eduardo: Tranquille, domani telefono a Londra. I genitori verranno a riprenderselo.

Teresa:     Bravo ‘o fesso, accussì vénene a passà pure loro ‘e ffeste ccà!

Eduardo: E allora basta, non ci scomponiamo. Oggi è la Vigilia di Natale. Io vado a fare  

                  la spesa, mentre tu, Teré, cucina e butta 200 grammi di spaghetti per noi tre.

Teresa:     Ah, sì? E nipòtete nun magna?

Eduardo:     Ah, già! E allora dujciento gramme so’ poche. Jéttene dujciento e diece, va’!

Teresa:        Diece gramme ‘e cchiù?

Eduardo:     Teré, jéttene quante ne vuo’ tu! A proposito, quanta capitùne aggia accattà?

Asia:            No, papà, a me nun m’’o piglià, pecché ‘o capitone me fa schifo!

Teresa:        Veramente, manch’io ‘o voglio. Accàttene uno sulo pe’ te e pé Rick.

Eduardo:     Perfetto. Allora, Teré, muòvete a priparà. Oggi è festa e nun è successo niente.

                     Ate capito? (Si alza) E speramme che quanno torno, isso se n’è gghiuto!  

                     E se ne va con una mano sulla fronte. Teresa si alza in piedi.

Teresa:        E vabbuò, Asia, io t’aspetto ‘int’’a cucina. Damme ‘na mana a cucenà.

Asia:            No, mammà, ora non posso. Devo andare a farmi prestare il vestito per il

                     veglione dalla mia amica Stella. Perciò, a più tardi, ciao!

                     Lascia i tovaglioli sul tavolo ed esce di casa (a sinistra). Teresa è perplessa.

Teresa:        Ecco qua, m’aggia vedé tutto cose io sola! Pàrene mill’anne che passa Natale!

                     Va in cucina, al centro.  

   

4. [Rick e Fortunato. Poi Flavio Merutto]

 

                    Da sinistra entra Fortunato, con pantaloni nuovi e una ventiquattrore in mano.

Fortunato: Portiere! E addò è gghiuto? ‘Int’’a guardiola nun ce sta. (Fa il suo tic) Ma che

                    miseria, ‘stu tic nervuso comm’è antipatico! (Lo calma) E allora, ce sta o no,

                    chisto? (Chiama) Portiere!  

                    Dalla cucina (al centro) torna Rick incuriosito.

Rick:           Chi è? 

Fortunato: Scusa, non c’è don Eduardo, il portiere? (E fa di nuovo il suo tic)

Rick:          (Resta sorpreso, poi lo imita) Ah, aggio capito: tu e isso ata abballà!

Fortunato: (Ferma il suo tic) Ma quale abballà e abballà? Non vedi la mia ventiquattrore?

Rick:           Ah, si’ ‘nu rappresentante? E che vinne? Scupette e scupettine?

Fortunato: Ma che scupette e scupettine? Io sono un medico: dottor Fortunato Colmazzo.

Rick:           Rick Ione!

Fortunato: A me?

Rick:           No, sono io.

Fortunato: E sso’ fatte d’’e tuoje! Io invece so’ normale. Vabbuò? (Fa il suo tic)

Rick:           Mò te miette a abballà ‘n’ata vota?!

Fortunato: Ma chi sta abballanno? Inzomma, ce sta o nun ce sta don Eduardo, ‘o purtiere?

Rick:           Che ne saccio? Me pare ca nun ce sta. ‘Eva ì a ffa’ ‘a spesa.

Fortunato: E tanto ce vo’, Florinda?!

Rick:           Uhé, ma che Florinda? Io so’ Rick Ione!

Fortunato: E ‘a chi ‘o vvuo’? (E fa il suo tic)

Rick:          Ma tu abbàlle sempe? Va’ a abballà ‘int’’a discoteca!

Fortunato: Uff!

                    Lo manda a quel paese con un gesto e poi va via, lasciando Rick interdetto.

Rick:           Ma vide tu, pe’ mezza d’’o nomme e ‘o cugnomme mio, che guaje aggia passà!

                    Va a destra. Poco dopo, torna, quatto quatto, Fortunato. 

Fortunato: Ma chi era, chillo? Mah! E vabbé, col padre di Asia parlerò domani. E così, lei   

                    sarà mia. (Apre la ventiuattrore e prende una confezione con tre rose) Ora vado

                    nella sua stanza e mi comporto da uomo: le dò un bacio sulle labbra!

                    Esce a destra. In casa entra Flavio, in abito scuro. Ha un peluche in mano. Flavio:        Che bello! Ieri ho battuto la testa e ad un tratto ho capito che amo perdutamente

                    Asia. Adesso entro nella sua stanzetta e glielo dico… con un bacio sulle labbra!

                    Va pure lui a destra, felice. Ma poco dopo i due tornano sputando per ribrezzo.

I due:          Bleacht… chi schifo…. Chi schifo!

                    Torna pure Rick con una scopa in mano, sputando per ribrezzo. Spaventa i due.

Rick:          (Gridando) Uhé, ma chi è che m’ha vasato ‘nmocca?! 

Fortunato: (Spaventato) Marò, ma ‘a do’ cacchio è asciuto chisto?!

Flavio:        (Spaventato) E chi l’ha visto ‘int’’o scuro?!

Rick:           Banzaiii...!

Flavio:        Furtunà, fujìmmencenne!

                    Rick li rincorre attorno al tavolo, e dopo un giro, lascia che i due scappino via.

Rick:           M’hanne vasato ‘nmocca. A me! Ma che razza ‘e ggente trase ccà ddinto?!

                    Torna via a destra. Poco dopo torna Flavio (ha ancora il peluche in mano).

Flavio:        Ma chi è chillo? Pecché steva ‘int’’a stanzetta ‘e Asia? Sarrà ‘nu femmeniello!

                    (Schifato) E io l’aggio pure vasato! Forse steva aspettanno a Furtunato e m’ha

                    scagnato p’isso. ‘Nu mumento, ma allora Furtunato è…! Non me l’aspettavo.   

                    L’importante è ca songh’ommo io! E voglio solo Asia. Forse sta in cucina.

                    Va al centro. Intanto torna Fortunato (sempre coi fiori in mano). E’ schifato.

Fortunato: Ma chillo era ‘o femmeniello ‘e primma! E ce steva pure Flavio Merutto, detto

                    ‘o capitone. E che ce faceva cu’ ‘o femmeniello? Ma allora pure isso è…! Azz!

                    Torna Flavio con una foglia di insalata fra i capelli e una in bocca. 

                    Ah, tu staje ancora ccà? E che d’è chella rrobba verde? Te staje mimetizzànno?

Flavio:        (Si leva la foglia di bocca) Ma che mimetizzànno? Io so’ trasùto ‘int’’a cucina.  

                    Ce steva ‘a mamma ‘e Asia, però nun m’ha ‘ntiso ‘e trasì. E così, appena l’ho   

                    salutata… essa s’è spaventata e m’ha menato ‘na zuppiera ‘e ‘nzalata ‘nfaccia!

Fortunato: Sì, ma tu cosa c’entri in questa casa? Mi vuoi rubare il mio angelo?

Flavio:        (Ah, forse sta parlanno d’’o femmeniello ‘e primma!). Ehm… no, tranquillo,

                    t’’o può tené, all’angelo tuojo! Io sono venuto qui per vedere il mio, di angelo!

Fortunato: (Ma allora aggio capito buono: chisto è venuto p’’o femmeniello ‘e primma!).

                    Embé, e me lo dicevi subito. Allora sai che faccio? Vi lascio soli! Contenti voi!

                    Odora i suoi fiori, prende la ventiquattrore e esce di casa. Flavio è stupito.

Flavio:        E che fa, se ne va? Nun va cchiù add’’o femmeniello? Forse l’ho imbarazzato.

                    Vabbé, tornerò di nuovo e questo peluche, con tutto il mio amore, sarà di Asia! 

                    Va via. Torna Rick con un pacco.

Rick:           Ecco il regalo di Natale per i miei zietti e Asia. Un animaletto tranquillo: un

                    pitone. Non lo lascio sotto l’albero di Natale, se no mi muore. Allora sai che si

                    fa? Lo porto direttamente a zia Teresa. Sai appena lo vede com’è contenta!

                    E esce in cucina (al centro) convinto di aver fatto cosa buona.

5. [Eduardo, Asia, Rick, l’amministratore Cavalier Ferdinando Leone e Raffaella]

  

                    Dall’ingresso (sinistra) torna Eduardo con due buste (una un po’ turbolenta).

Eduardo:    E comme se move ‘stu capitone ‘int’a ‘sta busta! Ho fatto proprio una bella

                    spesa! Certo, aggio spiso coccosa ‘e cchiù. Ma che fa? Oggi tutto è permesso?

                    Va in cucina (al centro). Dall’ingresso entra pure Asia. Pare arrabbiata.

Asia:           Niente, Stella ha detto che non ce l’ha il vestito per me. Tutte scuse. Quella sta

                      facendo ostruzionismo, perché pure lei vuole a Flavio! Ma tanto, vincerò io!

                      E entra il Ferdinando. E’ in abito scuro. Quando parla... sputacchia!

Ferdinando: Portiere!

Asia:             Oddio, chi è? (Si volta e lo nota) Ah, siete voi, cavaliere?

Ferdinando: Sì, sono io: l’amministratore, cavalier Ferdinando Leone. (Va da lei) E papà?

Asia:             (Oh, no, chisto, quanno parla, sputa!). Ehm… Cavalié, alto là! Volete a papà?   

                       E io ve lo chiamo subito. Però voi allontanatev... no, cioè, accomodatevi.

Ferdinando: E va bene. (Va a sedersi sulla sedia a dondolo, posa la ventiquattrore a terra)

Asia:              Ecco, bravo, sedetevi laggiù. Ora vado a cercare papà. Con permesso!

                       Dalla cucina escono Eduardo e Rick di corsa, gridando, e spaventano i due.

Eduardo:      Disgraziato, ma che he’ cumbinato?

Rick:             Io? Niente. 

Asia:              Papà, Rick, ma che è successo?

Rick:             Niente, vi ho portato un bel regalino: un serpente. L’ho fatto vedere alla zia.

Eduardo:      E io invece aggio purtato ‘o capitone ch’aggio accattato. E mò, ‘int’’a cucina,

                       se stanne appiccecanno ‘o serpente e ‘o capitone!

Asia:              E avete lasciato a mamma lei da sola là dentro?

Rick:              E certo, nuje nun ce n’amme fujute pe’ colpa d’’o capitone e d’’o serpente...!

Eduardo:       Ce n’amme fujùte pecché mammeta ce vo’ piglià cu’ ‘a cucchiarella!

Asia:              Vabbé, adesso Rick viene con me in cucina e aiutiamo a mammà.

Rick:             A chi?! Nun te prioccupà, chella, ‘a zia, essa sola, s’’a sta cavànno bona!

Asia:              Non discutere! Va bene? E a te, papà, a proposito, è venuto l’amministratore. 

Eduardo:      Ah, e se n’è gghiuto? Menu male! Chillo, quanno parla, te ‘nfonne sanu sano!

Asia:              Ehm... no, non se n’è andato ancora. Voltati: sta seduto sulla sedia a dondolo.

Eduardo:      ‘O vero? (Si volta, fa finta di niente) Ehm… uhé, bonasera, Ferdinà!

Rick:              Uahm, ‘o zio, faje sulo figure ‘e niente!

Asia:              Stattu zitto! Ehm... io e Rick andiamo in cucina. Con permesso. Vieni, Rick.

                       Prende sottobraccio Rick (che sbuffa) e vanno in cucina (al centro).

Ferdinando: (Si alza e gli si avvicina) E allora, Eduardo, che cosa dicevi di me?  

Eduardo:      (Imbarazzato) No, niente, io scherzavo...! Insomma, Ferdinà... m’he’ ‘a scusà!

Ferdinando: (Ruffiano) Ma figurati, caro Eduardo Aversano. Noi siamo grandi amici.  

Eduardo:      Ecco. E allora mò ne approfitto per farti notare un caso strano: da alcuni mesi,

                       il mio stipendio diminuisce di 10 €uro ogni mese. ‘A che dipende ‘stu fatto?

Ferdinando: E lo so Eduà, ma qua la vita è cara, così ho dovuto diminuire un po’ le spese. 

Eduardo:      Sì, però, guarde ‘o caso, hé diminuito sulo ‘a spesa mia!

Ferdinando: E mica è finita qua? Io, da febbraio, ti licenzio proprio!

Eduardo:      (Ironico) E te truove a ffa’, piglie ‘na pistola e spàreme direttamente! Vabbé?

Ferdinando: Ma no, calmati. Caro amico, io voglio aiutarti. E sai in che modo? Proporrò ai

                      condòmini un aumento di stipendio mensile di 150 €uro. Però tu devi aiutarmi.

Eduardo:      ‘O vì? ‘O ssapévo che ce steva ‘a magagna sotto! E vabbuò, jà, ch’aggia fa’?

Ferdinando: Ora ti spiego. Però non posso gridare, e allora dobbiamo parlare molto vicini.

Eduardo:      Che? No, non posso, perché... ehm… ho il raffreddore e posso mischiartelo.

Ferdinando: E che fa, io mi sono fatto il vaccino!

Eduardo:      (Rassegnato) E vabbuò. Però m’aggia ì a piglià primma ‘na cosa ‘int’’a stanza

                      ‘e lietto. Tu però nun te mòvere ‘a ccà. Anze, assiéttete! Io vengo subito.

                      Va nell’altra porta a destra. Ferdinando, stupito, si siede al tavolo.

Ferdinando: E… pecché se n’è gghiuto? Speràmme ca se move, chisto. Io tengo che ffa’.  

                      Eduardo torna con indosso un impermeabile per la pioggia e un cappuccio.

Eduardo:      Ecco qua, un impermeabile per la pioggia e un cappuccio! (Accosta una sedia

                      alla destra di quella di Ferdinando e si siede) Va’, mò può parlà!

Ferdinando: Ma comme t’he’ vestuto? Io nun me trovo a parlà cu’ te accussì cumbinato!

Eduardo:      E me trov’io! Vabbuò? In casa, io mi vesto così. Picciò, accummience a parlà.

Ferdinando: E dunque, Eduà, come sai, io son sposato con mia moglie Raffaella. Ma il mio

                       guaio è che io amo troppo le donne. E che ci posso fare? Sono fatto così.

Eduardo:      Ferdinà, ma tu tenìsse ll’amante?

Ferdinando: Bravo! Si chiama Stella Cometa. E come la stella cometa, è atterrata nel mio

                       cuore! E quando Raffaella e la cameriara partono, la porto pure a casa mia. 

Eduardo:      ‘O vero? E io nun l’aggio maje vista, a ‘sta Stella Cometa.

Ferdinando: E già, e io po’ me facevo vedé ‘a te. Eduà, e che sso’ ffesso, io?

Eduardo:      Scusa, e tua moglie? Nun ha maje sospettato ‘e niente?

Ferdinando: Purtroppo sì. Qualcuno le ha fatto una soffiata. E così ora entri in scena tu.

Eduardo:      Aspié, e io che c’azzecco? Mica l’aggio sciusciata io, a mugliereta?

Ferdinando: Ma no, fammi finire. Stasera mia moglie parte per Londra fino al 2 gennaio. Il

                       giuaio è che io, alla mia amante, non ho potuto avvisarla che Raffaella non è

                       ancora partita. E così, Eduardo, tu la devi ospitare a mangiare qua da te.

Eduardo:      (Sorpreso) Che cosa? Ma chi ‘a sape a chesta? No, liéveme ‘a miezo, a me!

Ferdinando: E dai, Eduardo. Io ti rimborso tutti i soldi per le spese delle feste. Che ne dici?

Eduardo:      E a Teresa che ce dico? Chi è ‘sta tizia? Pecché sta a magnà ccà addù nuje?

Ferdinando: Dille che è una tua cugina di Caserta. Non la vedi da tanto, sta sola a casa e tu

                       la ospiti qui da te. E dille pure che il tuo stipendio come per magia aumenterà.

Eduardo:      (Si convince) Accetto.

                       Per la felicità, Ferdinando si avvicina al viso di Eduardo… sputacchiandogli.

Ferdinando: Bravo! Io lo dico sempre che tu sei grandissimo, bravissimo e gentilissimo!  

                       Nota Eduardo prendere un tovagliolo natalizio dal tavolo e si asciuga il viso.

                       Ma che d’è, Eduà, te si’ commosso?

Eduardo:      (Piagnucola quasi) Sì, Ferdinà, pecché tu, quanno parle… faje commuovere! Ferdinando: Eduà, a proposito, quando Stella viene, dille che torno subito e intrattienila. Io    

                       intanto conduco la mia signora all’aeroporto, poi torno qua e mangio con voi.         

Eduardo:      Che? Pure tu magne ccà? E a ‘stu punto, aggia ì a ffa’ ‘n’ata vota ‘a spesa!

Ferdinando: (Si alza in piedi) Allora siamo d’accordo. Noi non ci siamo mai visti.

Eduardo:      Ma fosse ‘o Dio! No, cioè… ti saluto, carissimo Ferdinando.

                      Si stringono la mano e Ferdinando esce via. Eduardo è dubbioso.

                      E mò? Che le dico a Teresa? Chi è ‘sta Stella Cometa? (Apre la porta a destra

                      di camera da letto e vi lascia cappuccio e impermeabile) Però Ferdinando ha

                      ditto ch’’o stipendio mio aumenta. Sarrà ‘o vero o no? Boh!

                      Esce di casa, dubbioso.

6. [Asia, Rick, Teresa, Barbara, Mimmo e Stella Cometa]

                     Dalla cucina (al centro) entrano Asia e Rick (stremati).

Rick:            Mamma mia bella... ‘e che battaglia ch’amme fatto! (Si siede al tavolo)

Asia:            Appunto. (Siede anche lei al tavolo) Ma dico io, è un regalo da portare a casa

                     della gente? Un serpente! Ma nun putìve purtà ‘o zucchero e café!

Rick:           E secondo te, io venévo ‘a ll’Inghilterra cu’ ‘nu poco ‘e zucchero e café? Però

                 alla fine ce l’abbiamo fatta: il serpente è tornato nella sua gabbia.

Asia:        Già. ‘O guajo è che però è sparito ‘o capitone! E mò chi ‘o sente a papà?!

Rick:        E glielo ricompro io. Ora vado a prendere i soldi nella mia stanzetta!

                 Si alza e va nella stanzetta (a destra).

Asia:        Siente a chillo: “Nella mia stanzetta”! Ma chi ce l’ha data?

                 Dalla cucina, al centro, entra Teresa. Nota Asia e le va vicino.

Teresa:    Inzomma, a te nun te piace proprio ‘e trasì ‘int’’a cucina a me da’ ‘na mana!

Asia:        Ma io sto’ distrutta. Aggio fatto ‘a lotta cu’ ‘nu serpente e ‘nu capitone!

Teresa:    E io, allora, ch’’essa dicere? Aggia lottà cu’ te, cu’ pàteto e mò pure cu’ Rick!

Asia:        (Si alza in piedi) E va bene. Andiamo in cucina. Sono pronta per il sacrificio!

                 E torna Rick con giubbotto indosso. Va verso Asia e Teresa.

Rick:        Asia, senti, devo dirti una cosa: ho visto due buste sul mio letto. Ma erano tue?

Asia:        Sì, erano mi... (Dubbiosa) Un momento, che significa “erano tue”?

Rick:        E niente, quelle davano fastidio. Allora dal mio balcone, quaggiù, ho visto un bel

                 bidone dei rifiuti. Così ho afferrato le buste, ho preso la mira e... canestro!

Asia:        (Sconvolta) Che? He’ ittato ‘e vestite p’’o veglione ‘int’’a munnezza? Oddio!

                 E corre subito fuori casa, di corsa.  

Teresa:    Néh, Rick, ma tu staje ascénno?

Rick:        Sì, aggia accattà ‘o capitone p’’o zio. Ma non ti preoccupare, io torno presto!

Teresa:    (Rassegnata) Sì, eh?! E vabbé. Nun ce sta niente ‘a fa’! Maje ‘na nutizia bona!

                 Esce in cucina al centro, rimuginando.

Rick:        Come mi ama, mia zia!

                 Torna Asia con le sue buste in mano.

Asia:        (Molto seccata) Fa sulo guaje, chillo! Siente comme fétene ‘e vestite mie!

Rick:        Uhé, Asia, ma che d’è ‘stu fieto?

Asia:        E che ha da essere? Tu mi hai rovinato i vestiti. Senti come puzzano...!

Rick:       (Prende le buste) Famme vedé a me. Mò t’’e llavo io, ‘sti duje straccie!

                 Apre le buste, e così si vedono i due che cominciano a scacciare... le vespe!

Asia:        Le vespeeee! Chiudi quella busta, che ci sono le vespe!

Rick:        Forse so’ trasute quanno l’aggio ittate ‘int’’a mmunnezza! Mamma ‘e ll’Arco!

                 Lui lancia le buste in stanza a destra, chiude la porta, i due corrono fuori casa.

                 Dal centro torna Teresa con tovaglioli. Va al tavolo, lamentandosi.

Teresa:    Quanno vene Natale, aggio ‘na botta ‘nfronte, pecché nisciuno m’aiuta! (Nota

                 una vespa sul tavolo) ‘Na vespa? E comm’é trasuta? (La uccide con una

                 pantofola) Tié! E ora vediamo un po’: aggia apparicchià pe’ me, Eduardo, Asia e

                 Rick. Totale, 5 posti.  

                 Posa i tovaglioli sul tavolo. In casa entrano Mimmo (ha un panettone) e Barbara.

I due:       Auguriiii!

Teresa:    (Stupita) Uhé, Barbara, Mimmo. Auguri a voi. E come mai da queste parti?

Barbara: E comme, te si’ scurdata? Vuje ce avìte invitato ‘o cenone ‘a casa vosta!

Teresa:    ‘O vero? Ma si’ sicura? Io nun m’arricordo proprio.

Mimmo:  E comme. Guarde ccà, io v’aggio purtato pure ‘o panettone!

Teresa:    Ah, e vabbé, a me mi fa piacere, voi siete parenti. E il Natale si passa in famiglia!

                 (Mò aggia mannà a Eduardo a accattà ata rrobba!). Ma accomodatevi.

Barbara: No, io nun m’assetto, pecché t’aggia aiutà a priparà. Cosa debbo fare?

Teresa:    Ah, grazie. Ce vuléva propio chi me deva ‘na mana!

Barbara: Allora facìmme accussì, io metto ‘o mesale e ‘e tovagliole ‘ncoppa ‘o tavule.

Teresa:    No, ma ‘o mesale e ‘e tovagliole già l’aggio mise io.

Barbara: Ah, e allora nun aggià fa’ niente cchiù!

                 Così i due si siedono al tavolo (Mimmo posa il panettone a terra).

Teresa:    (So’ trasùte ati duje aiutante, ‘a chella porta! Peggio ‘e Eduardo e Asia!). Io però   

                 aggia fernì ‘e cucenà. Mimmo, vieni con me in cucina e porta quel panettone.

Mimmo:  No, e io già l’aggio purtato d’’a casa fin’e ccà!

Teresa:    (Eh, chillo ha purtato chillu peso!).

Barbara: (Si alza in piedi) Aspié, Teré, mò t’aiuto io.

Teresa:    (Si illude) M’aiùte a cucenà?

Barbara: No, te porto ‘o panettone fin’e ddint’’a cucina! (Prende il panettone)

Teresa:    (Delusa) E vabbuò, puòrte ‘o panettone! Viene cu’ me. (Sospira) Che bel Natale!

                 Le due vanno in cucina. Mimmo, rimasto solo, si annoia.

Mimmo:  E vabbé! (Vi si siede) Vabbé, vabbé!  

                 Da sinistra entra Gerry ‘o pazzo (non notato). Vede Mimmo e va da lui.

Gerry:     (Fa una risata diabolica) Ahahahahah!

Mimmo:  (Si spaventa, salta in piedi) Mamma bella! Gerry ‘o pazzo? E che vvuo’ ‘a ccà?

Gerry:     Tu rovini l’ecosistema a causa della tua macchina inquinante. Non è così? 

Mimmo:  No, io nun tengo ‘a machina pecché nun tengo ‘a patente. Però tengo ‘a bicicletta.

Gerry:     E allora tu sei un consumista: compri vestiti e scarpe ma poi butti via tutto.

Mimmo:  Nun è ‘o vero. Lo vedi questo pantalone? Lo tengo da 10 anni. E tengo ‘a stessa

                 mutanda ‘a vint’anne! E porto ‘o stesso paro ‘e cazettini ‘a quanno jevo ‘a scola!

Gerry:     E allora, mentre la gente muore di fame, tu fai sfoggio di monili d’oro.

Mimmo:  (Mostra un bracciale) Non è vero. Lo vedi questo bracciale d’oro? Non è d’oro!

Gerry:     (Seccato) Ua’, ma faje schifo proprio: e nun tiene ‘a patente, e nun t’accatte ‘na

                 mutanda ‘a vint’anne, e nun te cagne ‘e cazetini, e tiene ‘o braciale fàvezo…! Ma

                 che campe a ffa’? (Va verso sinistra, ripetendo) Che campe a ffa’? Io non lo so!

                 Esce via di casa. Mimmo resta perplesso. Torna a sedersi senza dire nulla. Poi…

Mimmo:  ‘Stu Gerry ‘o pazzo è proprio pazzo e te fa’ ascì pazzo. Cose ‘e pazze!

                 Sbadiglia, poi pian piano si assopisce. Da sinistra entra Stella Cometa: è agitata.

Stella:      Ma dov’è Ferdinando? A casa sua non c’è. Chi sa se sua moglie è partita? Io devo

                 stare attenta a non farmi scorpire. Quello mi ha detto: “Per qualsiasi cosa, vai dal

                 portiere. Lui già sa tutto!”. (Nota Mimmo) ‘O vì lloco, ha da essere isso! Scusi…!

                 Gli si avvicina e lui si sveglia. Lei gli parla freneticamente tirandolo per mano.  

                 Signore, vi prego, aiutatemi. E insomma, vi volete alzare? E volete fare qualcosa? 

Mimmo:  (Si alza, spazientito) Oh, e statte qujeta. Ma chi si’? ‘A sora ‘e Gerry ‘o pazzo?

Stella:      Signore, mi dovete nascondere, vi prego. Io sono Stella Cometa.

Mimmo:  E ‘a do’ sì scesa, ‘a coppa all’albero ‘e Natale?!

Stella:      No, io cerco il portiere. Non facciamo nomi, però io devo aspettare che lei va via,  

                 se no non posso incontrare lui. Mi capite? Io sono la sua amante!

Mimmo:  (Sorpreso) No! La sua amante? Cioè, ma tu sei proprio l’amante di lui, lui?

Stella:      Sì, sono io. Scusate un secondo. (Va vicino all’uscita a sinistra e guarda di fuori)

Mimmo:  (Stupito) (Ma allora Eduardo… tene l’amante! E Teresa nun l’ha scuprì, pecché 

                 io aggia magnà ccà addù isso!). Ma mò addò sta chesta? Uhé, a te, viene ccà!

Stella:      (Torna da lui) Dite, dite… Aspettate, ma come vi chiamate?     

Mimmo:  Mimmo. Senti, mò ti nascondo in quella stanzetta, così aspettiamo che viene lui.

Stella:      No, ma io vi ho detto che non posso incontrare lui, se prima non va via lei!

Mimmo:  Siente, e allora haje voglia ‘e aspettà. Chella sta cucenanno p’’o cenone!

Stella:      Che cosa? Sta cucinando? Ma non doveva partire per l’Inghilterra?

Mimmo:  Ma qual’Inghilterra? Io aggia magnà addù essa. Aggio purtato pure ‘o panettone!

                 E mò jamme, ca si te vede essa, te fa addiventà overamente ‘na stella cometa!

                 La tira via a destra.

7. [Detti, poi Eduardo, Rick, Ferdinando]

                  In casa torna Eduardo con due buste (una un po’ turbolenta).

Eduardo: Ecco qua, spesa compiuta! (Guarda la sua busta) E che ce ténene ‘sti capitune!

                  Ma in casa entra Gerry e si avvicina a Eduardo.

Gerry:      Eduà!

Eduardo: (Si spaventa) Ch’è stato?... Ah, sì ‘n’ata vota tu?

Gerry:      Ah, he’ accattato ‘e capitùne? Ho capito, vuoi sfamare i tuoi peccati di gola!

Eduardo: Ma inzomma, cu’ tanta gente che ce sta in giro, tu he’ venì a sfottere sulo a me?

Gerry:      Ma io te vulévo dicere: poco fa aggio visto ‘o cainato tuojo, è trasuto ccà ddinto.

Eduardo: Mimmo? E che ce fa, ccà?

Gerry:      E’ venuto a magnà addù te!

Eduardo: (Stufo) E te pareva! Addò ce sta ‘a magnà, ce sta Mimmo! E mò addò è gghiuto?

Gerry:      (Indica a destra) Steva trasénno ‘int’a chella stanza cu’ ‘na figliola bona assaje!

Eduardo: Néh, ma tu me stisse sfuttenno?

Gerry:      Ah, sì? E va’… va’ a vedé. Làsseme ‘e bborze e va’ a vedé! Va’, va’. E vvuo’ ì?

Eduardo: E mò vaco. Tienammélle ‘nu mumento. (Gli consegna le buste, s’avvia a destra)

Gerry:      (Ma lui scappa via con le buste. Uscendo gli dice) Eduà, auguri e Buon Natale!...

                  Esce via.

Eduardo: Uh, ‘stu figlio ‘e… (Va per rincorrerlo, poi rinuncia) Mò aggia ì a ffa’ ‘n’ata

                  vota ‘a spesa. Ma addò cacchio sta Mimmo? Forse ‘int’’a stanza ‘e lietto?

                 Va a destra. Dal centro, riecco Barbara e Teresa: ha sei sottopiatti in mano.

Barbara: Teré, fa’ ambresso, miette ‘sti sottopiatte ‘ncoppa ‘a tavule!

Teresa:    Sì, però tu m’’a putìsse pure da’ ‘na mana! (Posa i sottopiatti sul tavolo)

Barbara: E mò t’aiuto. (Prende il sottopiatto solo per lei, si siede) Ecco qua! Contenta?

Teresa:    (Ironica) Grazie, si nun ce stive tu, comme facévo io sola?! 

Barbara: Teré, io me vulésse ì a lavà ‘nu poco ‘e mmane ‘int’’a stanzetta ‘e Asia.

Teresa:    Va’, va’. (Ironica) Tu, po’, te l’hé spurcate troppo assaje pé m’aiutà a me!  

                 Barbara si alza... e da destra nota uscire Mimmo e Stella. 

Stella:      Avete ragione voi, signor Mimmo, forse è meglio che me ne vada.

Mimmo:  E sì, e pure alla svelta. T’’essa scuprì ‘a mugliera?

Barbara: (S’impressiona, va da lui, lo richiama) Oh, Mimmo, ma che staje facenno?

                 Mimmo e Stella si spaventano e per un attimo si abbracciano per lo spavento.

Teresa:    (Guarda anche lei) E chi è ‘sta signurina?

Mimmo:  (Spaventato) Mannaggia a te. T’he’ fatta scuprì! Chella llà è ‘a mugliera soja.

Stella:      (Non capisce) Scusate, ma la moglie di chi?

Mimmo:  La moglie del tuo amante Eduardo!

Teresa:    (Accorre a passo deciso) Che? Facìteme sentì ‘n’ata vota! Ll’amante ‘e chi?

Stella:      Un momento, ma ci deve essere un malinteso.

Mimmo:  Uhé, stattu zitta, che già he’ fatto ‘o guajo! Tu parle ‘nu poco troppo, picceré!

                 Da destra torna Eduardo con le buste (chiuse) lasciate da Rick poco prima.

Eduardo:       Néh, ma ‘e chi so’ ‘sti bborze?

Teresa:          (Nota Eduardo) Ah, tu staje ccà? Disgraziato, famme sentì ‘na cosa.

Eduardo:      (Si avvicina) Che vvuò, Teré? Ch’aggio fatto?

Teresa:          Guarde ‘nu poco chi ce sta.

Eduardo:      Uhé, Mimmo, tu stive ccà? Che se dice, tutto a posto?

Mimmo:        Nun c’è male, Eduà!

Teresa:          Eduà, ma tu nun hé guardà a Mimmo, he’ guardà ‘a signurina vicino a isso.

Eduardo:      Azz’oh, è proprio bona! Ma chi è?

Teresa:          Nun te dice niente ‘a parola “amante”?

Eduardo:      Ah, Mimmo, ma chesta è ll’amanta toja? Complimenti!

Barbara:       (Impressionata) Che? Mimmo, disgraziato, te si’ fatto ll’amante?

Mimmo:        Io? Ma si chella è ll’amante ‘e Eduardo!

Eduardo:      ‘A mia? Fosse ‘o Dio! Vide buono che chella è ‘a toja!

Teresa:          Ma inzomma, se po’ ssapé ‘e chi caspita è amante chesta?

                       In casa, da sinistra, entra Ferdinando che interrompe quel frastuono.

Ferdinando: Buonasera a tutti e auguri!

Stella:           (Avvicinandoglisi) Oh, finalmente ti sei fatto vivo, Ferdinando. Ma dov’eri?

                       Gli altri restano sorpresi, lui fa finta di non conoscerla e le fa dei segni.

Ferdinando: Ma io non la conosco, signorina. Mi dispiace. Ci siamo mai visti prima?

Stella:            Giesù, primma me fa aspettà tre ore e ppò fa apposta che nun me cunosce!

Ferdinando: Ah, ora ricordo! Sì, sì, sì: lei è la cugina di Caserta del portiere! Non è così?

Stella:            Chi? Io sarei la cugina del signor Mimmo?

Eduardo:      Uhé, ma ‘o purtiere songh’io!

Teresa:          Ma inzomma, se po’ ssapé chi è chesta?

                       E dall’ingresso (a sinistra) entra Raffaella.

Raffaella:      E mò v’’o ddich’io: ‘sta bella guagliona è l’amante ‘e mio marito.

Stella:           (Preoccupata) Ferdinando, tua moglie! E mò come si fa?

Ferdinando: Stattu zitta! (Tremando) Ehm... Raffaella, ma tu non avevi preso l’aereo?

Raffaella:     Ma che? Io ho preso un taxi e sono tornata qua! E ho scoperto la tua amante.

Ferdinando: Ma ti sbagli. Lei è la cugina di Caserta del mio amico Eduardo.

Raffaella:     E fernìscele ‘e fa’ ‘a cummedia. Io l’aggio vista ccà ffora, a chella jatta morta!

Ferdinando: Ma no, devi credermi. Eduardo, discolpami.

Teresa:         E’ ‘o vero, Eduà? Chella è tua cuggina?

Eduardo:      Boh!... No, cioè, sì, sì. Tu non la conosci, Teré. Lei si chiama Stella Cadente!

Ferdinando: Ma no, Stella Cometa.

Raffaella:     (Sospettosa) Ah, e tu comme ‘o ssaje? Ma nun hé ditto che nun ‘a cunusce?

Ferdinando: (Imbarazzato) Ehm… infatti. Ma il suo nome me lo disse una volta Eduardo.

Teresa:         E’o vero, Eduà?

Eduardo:      Ehm… sì, gliel’ho detto io, però non mi ricordo perché. A proposito, Stella,

                      prima, quando sei entrata qui dentro con Mimmo, hai lasciato queste buste?

Raffaella:     Voglio vedere io. Se lì dentro ci sono abiti da donna, pago una cena a tutti.             

                      Gliele consegna. Lei le apre, poi le lancia in aria, fugge via di casa gridando.

Teresa:         Ma ch’è stato?

Eduardo:     Boh! Mò veco. (Guarda nelle buste) Marò, ce stanne ‘e vvespe! Fujitevénne!

                      Lancia via le buste, e tutti scappano in tutte le direzioni.

FINE ATTO PRIMO

ATTO SECONDO

Natale

1. [Rick, Teresa, Barbara e Raffaella]

                  Rick, Teresa, Barbara e Raffaella mostrano i regali natalizi.

Teresa:     Guardate, signora, sotto l’albero ho trovato un bellissimo libro di romanzi. Solo

                  che ha un piccolo difetto: è scritto in cinese!

Raffaella: E che altri regali avete ricevuto?

Teresa:     Una maglia color marrone, un profumo al crisantemo e un serpente scappato via.

Barbara:  Io invece ho ricevuto tre profumi: tutti maschili! Ma site scieme? Io sono donna. 

Rick:         Io invece ho ricevuto un cavatappi del Napoli, un pigiama verde… e una Ferrari!

Raffaella: Veramente? E dove sta? In garage?

Rick:         (Dalla tasca estrae un modellino) ‘A vi’ ccanno!

Raffaella: Io, invece, un collier da 10.000 Euro, una casa al mare e un viaggio a Londra!

Barbara:  (Scambia uno sguardo schifato con gli altri) Giochiamo a Tombola, ch’è meglio!

                  Si siedono tutti al tavolo. Si scelgono le cartelle mentre Barbara detta le regole.

                  Allora, tre cartelle 50 centesimi. Il cartellone 1 Euro. Mettete i soldi sul tavolo.

Teresa:     Io voglio ‘o cartellone e ‘o panariello. Barbara, prestami 1 Euro.

Barbara:  Va bene.

Rick:         Ehm… e a me no?

Barbara:  Vabbuò, te li do io. Qua ci sta la quota mia, di Rick e di Teresa. Vai, Teresa, tira.

Teresa:     Chesta è ‘a mana e chisto è ‘o… panaro! (Scuote il paniere ed estrae) ‘O primmo

                  nummero è: trentaquatte (34), “’a capa”! (Poi estrae) Nuànta (90), “’a paura”!

Raffaella: Ambo!

Rick:         (‘A vi’ lloco ‘a vi’, accumminciàmme!).

Barbara:   Signò, ate vinciuto vinticinche centesimi! (Li prende dal tavolo) Tenìte.

Raffaella: (Soddisfatta) Mettìte ccà, mettìte! (Li riscuote)

Teresa:     Néh, io continuo! (Scuote il paniere: estrae) Cinquantacinche (55) “’a musica”!

Raffaella: Terno!

Rick:         (Ma che miseria, ‘e ttene tutte quante, chesta?!).

Barbara:   Signò, ate vinciuto cinquanta centesimi! (Li prende) Tenìte.

Raffaella: (Soddisfatta) Mettìte ccà, mettìte! (Li riscuote)

Teresa:      Jamme annanzo! (Scuote il paniere, estrae) Sittantòtto (78), “’a malafemmena”!

Raffaella: Mamma mia, quaterna!

Rick:         (Eh, ha fatto ‘a quaterna cu’ ‘o nummero suojo!).

Barbara:   (Infastidita) Signò, ate vinciuto sittantacinche centesimi!

Raffaella: (Soddisfatta) Mettìte ccà, mettìte! (Se li prende avidamente)

Teresa:      Signò, che furtuna. Ho chiamato solo quattro numeri e già ate fatto ‘a quanterna!

Raffaella: Ma non lo so, io non vinco mai! Invece, stasera mi sento fortunata!

Teresa:     Si dice sempre così! E va bene, io vado avanti. (Scuote il paniere ed estrae)

                  Vintinove (29), “’o pato d’’e ccriature”!

Raffaella: Cinquina!

Rick:         (E te pareva ch’’a signora nun ‘o teneva, ‘o vintinove?!).

Raffaella: E quant’aggio vinciuto?

Barbara:   ‘N’Euro, signò. A vuje picciò ve piace ‘e jucà ‘a Tombola! (Le consegna i soldi)

Teresa:      Vabbuò comunque mò che s’ha da fa’?

Barbara:   ‘A Tombola.

Raffaella: E forza, jamme annanzo. Un poco di entusiasmo! Tutti possiamo ancora vincere.

Rick:         E allora, ‘a zia, sbatte ‘nu poco ‘stu panariello. Il nostro obiettivo è la Tombola!

Teresa:     E vabbuò, jamme. (Scuote forte il paniere ed estrae) Cinche (5): “’a mana”!

Raffaella: Cielo, ce l’ho!

Rick:         E io invece, cielo, non ce l’ho!

Teresa:     (Scuote ed estrae) Quatte (4): “’o puorco”! (Scuote ed estrae) Sittantuno (71):            

                  “l’ommo ‘e... niente”! (Scuote ed estrae) Sidice (16): “’o popò”!

Raffaella: Cielo, ce l’ho! Anzi, ne tengo addirittura tre!

Rick:         (Tene tre popò, chesta? Allora, picciò vence sempe!).

Teresa:     (Da adesso si sente solo lei. Scuote ed estrae) Trentadoje (32): “’o capitone”...

                   Trentuno (31): “’o padrone ‘e casa”. Tridice (13): “Sant’Antonio”... Quarantatre      

                  (43): “Maradona”... Uno (1): “l’Italia”... Sittantasette (77): “’e diavulille”!

Raffaella: (Sembra una pazza) Tombola! Ho fatto Tombola! E’ tutta mia... tutta mia!

Barbara:  (Irritata) Eh, signò, e ch’ate passato? State facenno ‘stu ppoco pe’ tre Euro?

Raffaella: Mettìte ccà, mettìte! (Se li prende) Sentite, ne vulìmme fa’ ‘n’ata?

Gli altri:   Nooo, pe’ carità!

Teresa:     Io aggia ì a lavà ‘e piatte. Sta ‘na cucina ‘nmiezo maje vista.

Raffaella: Ah, e allora mò vi aiuto io.

Teresa:     No, ma nun è ‘o caso. Però se proprio insistete…! Viene pure tu, Barbara?

Barbara:  Comme no. Io vengo a vvedé a te comme lave ‘e piatte!

Teresa:     Ah, me pareva strano! E vabbé, andiamo. 

                  Le tre si alzano e vanno in cucina (al centro). Rick resta solo.

Rick:         Non c’è niente da fare: i soldi vanno sempre da chi già li tiene! Cose ‘e pazze! E

                  intanto, Asia non mi rivolge la parola da ieri. Tutto per colpa di quei vestiti. Ma

                  mò c’’e llavo io, chilli duje straccie fetiente. Parola di Rick Ione!

                  Si alza e se ne va nella stanzetta (a destra).

2. [Eduardo, Mimmo e Gerry]

                  Dall’ingresso entrano Eduardo (col mal di pancia e un panettone) e Mimmo.

Mimmo:   Eduà, oltre al panettone mio, quali altri regali hai ricevuto per Natale?

Eduardo: Due pantofole nuove, però una s’è perza. Poi un tagliaunghie e un pettine. E tu?

Mimmo:   Uno scacciamosche, due mutande e tre calzini. A proposito, ma ‘o capitone l’he’

                  truvato cchiù?

Eduardo: Ma che? Chi sa addò sta? (Sofferente) Marò, che malo ‘e panza che tengo!

Mimmo:   Però me dispiace che staje accussì. Io t’’eva purtato pure ‘o panettone.

Eduardo: Sì, grazie. (Lo osserva) Ma… ma chisto è ‘o panettone che m’he’ purtato aiére.

Mimmo:   (Imbarazzato) Ehm... no, ma chille ‘e panettùne so’ tutte quante eguale!

Eduardo: Ma comme, te l’he’ pigliato e me l’he’ purtato ‘n’ata vota? (Lo posa sul tavolo)

Mimmo:   Scusami, Eduà. Non mi dire niente. Ma vieni, sediamoci un poco. T’aggia parlà.

Eduardo: Pe’ carità, e chi se po’ assetta. Parliamo in piedi, è più saggio!

Mimmo:   E allora sarò breve. Dunque, Eduà, stasera io e Barbara partiamo. Andiamo in

                  Terra Santa. Però niente paura, torniamo il 1° gennaio mattina. 

Eduardo: Tu te vaje a ffa’ ‘nu viaggio? E cu’ quali sorde?

Mimmo:   No, quello è un regalo del comune di Napoli per farcene uscire dalle case! 

Eduardo: In che senso? Fatte capì.

Mimmo:  Dunque,tutto è cominciato ieri: io e Barbara dovevamo andare a cena dai signori

                 Russo, quelli che abitano sotto da noi. Io già ero pronto col panettone in mano...

Eduardo: ‘O panettone? Ma nun è ch’era chisto? (Lo indica sul tavolo)

Mimmo:  No, però somigliava! E così, io e Barbara, mentre stavamo uscendo dalla porta...

                 se n’è sciso ‘o pavimento, e simme jute a ffernì abbascio add’’a famiglia Russo!

Eduardo: Eh, ate sparagnato ‘e piglià ‘a ‘scenzore!

Mimmo:  Sì, ma tu he’ ‘a dicere, menu male ca me truvàvo ‘o panettone ‘nmana. O si no

                 comme ce appresentàveme addù lloro, cu’ ‘e mmane appese?

Eduardo: (Ironico) No, pareva brutto! Embé, e comme va’ se n’è sciso ‘o pavimento?

Mimmo:  E che ne saccio? So soltanto che mò m’aggia truvà perlomeno ‘na casa in affitto.

                 Però, nel frattempo, Eduà... tu mi dovresti ospitare con mia moglie qua a casa tua.

Eduardo: (Sorpreso) Che? E addò ve metto? Io già tengo a Rick. Nuje stamme stritte.

Mimmo:  Eduà, pe’ pietà, aiùteme. Io contribuisco pe’ tutto cose. E allora, sì?

Eduardo: (Si convince) E vabbuò. Che t’aggia dicere? Stàteve ccà.

Mimmo:  (Felice) Grazie Eduà, grazie tante, chesto m’’o rricordo pe’ tutta ‘a vita!

                 Gli cinge un braccio al collo e lo sbatacchia. Eduardo già sofferente non resiste.

Eduardo: Vabbuò, Mimmo, ma nun da’ retta! (Si alza in piedi) 

Mimmo:  No, no, aggia da’ retta! (Si alza e riprende a sbatacchiarlo)

Eduardo: E basta! Aggio capito. Ve ne venìte a durmì ccà. Mò però famm’ì ‘int’’o bagno.

Mimmo:  Eduà, resisti, trattieni...! Nun ha da vencere ‘o malo ‘e panza... he’ ‘a vencere tu!

Eduardo: Mimmo, stattu zitto! Ha vinciuto ‘o malo ‘e panza!

                 Corre a gambe strette nel bagno della stanza da letto a destra.

Mimmo:  Eduà, non tieni resistenza! (Guarda verso la porta a destra) A proposito, chi sa si

                 Rick se n’è gghiuto? (Va a sbirciare) Si se ne va, io vaco a durmì ‘o posto suojo.

                 Dall’ingresso (a sinistra), entra Gerry in silenzio e gli si avvicina da dietro.

Gerry:     (Grida) Si’ ‘nu maniaco!

Mimmo:  (Si spaventa) Chi è? (Si volta) Gerry ‘o pazzo? Puozze passà ciente guaje!

Gerry:     Dice ‘a verità, tu staje spianno a ‘na femmena annùda. E’ accussì?

Mimmo:  Ma quala femmena annùda? Chella è ‘a stanza ‘e mia nipote!

Gerry:     Ah, staje spianno a tua nipote! Si ‘o ssapésse ‘o pato...!

Mimmo:  Ma no, lloco ddinto, nun ce sta cchiù mia nipote. Ce sta mio nipote Rick Ione!

Gerry:     Azz, allora staje spianno a tuo nipote?

Mimmo:  Néh, ma tu nun tiene niente ‘a fa’?

Gerry:     E mò me ne vaco. Però, si ‘a saje, rispùnne: “Tu cammine ‘nmiezo ‘a via

                 guardànnete attuorno, sperànno ca isso nun te vene a arrubbà. Ma isso, chi è?”.

Mimmo:  (Dubbioso) Ah, e chi è, mò? (Poi sa la risposta) ‘O marjuolo!

Gerry:      Bravo, he’ andivinato! Però aggio vinciuto io!

                 Va verso il tavolo, prende il panettone e fugge via di casa.

Mimmo:  Uhé, disgraziato, chillo è ll’unico panettone che ttengo! Viene ccà!

                 E gli corre dietro.

3. [Eduardo, Asia e Rick. Poi Barbara, Teresa e Raffaella. Flavio e Fortunato, Mimmo]

                 Poco dopo, torna Eduardo ancora sofferente.

Eduardo: Ah, Marò, tengo ‘e capitune ‘int’’a panza! Chi sa Rick addò ha accattato chillu

                 capitone? Faceva proprio schifo. A proposito, m’aggio scurdato ‘e tirà ‘a catena.

                 Torna in bagno. Dall’ingresso (sinistra) entra Flavio con un peluche.

Flavio:      Stavolta ne sono certo: Asia sarà mia. Ma prima, devo conoscere i suoi genitori. 

                  Se me li addolcisco, il gioco è fatto. Oh, Asia: che bel suono ha il tuo nome.

                  Runore di sciacquone. Dal bagno esce Eduardo. Flavio sente un odoraccio.

                  Mamma mia, ma che ce sta lloco ddinto, ‘a fognatura?

Eduardo: (Sorpreso) No, ce sta ‘o bagno mio. (Va da lui) ‘Nu mumento, ma tu chi si’?

Flavio:      Non ve lo posso dire. Lo dirò solo ai genitori di Asia.

Eduardo: E io songo ‘o pato!

Flavio:      Ah, piacere. Voi siete il padre. Allora vi debbo parlare. Possiamo accomodarci?

Eduardo: (Sofferente) No, a me l’allarme rosso ancora nun m’è cessato! Parliamo in piedi.

Flavio:      Molto bene. Allora piacere, io mi chiamo Flavio.

Eduardo: Solo Flavio? Il cognome non lo tieni?

Flavio:      Merutto.

Eduardo: Eh?

Flavio:      Merutto.

Eduardo: Uhé, scustumato! Uno te fa ‘na domanda, e tu ‘o rispunne: “M’he’ rutto”?

Flavio:      Ma no, io non dicevo “m’he’ rutto”, dicevo Merutto…

Eduardo: E m’he’ rutto tu a me! He’ capito? Iésce subito ‘a ‘int’’a casa mia. Scredenzato!

Flavio:      No, ma lasciatemi spiegare: io, di cognome, mi chiamo Merutto. Avete capito?

Eduardo: Ah, ecco. E che vaje truvanno ‘a me?

Flavio:      Lo vedete questo peluche? E’ per Asia. Io mi sono innamorato di lei.

Eduardo: E te n’aiésce sulo cu’ ‘nu peluche?

Flavio:      E che ll’’eva purtà, ‘na Rolls Royce?

Eduardo: E certo! A proposito, nun m’he’ ditto ‘a cosa cchiù importante: tu che lavoro fai?

Flavio:      Ho una gioielleria a Via Duomo. E caro signor Aversano… so’ ddulure ‘e panza!

Eduardo: (Toccandosi il ventre) Eh, a chi ‘o ddice?!

Flavio:      Pecché, tenìte pure vuje ‘na gioielleria?

Eduardo: No, però tengo ‘o malo ‘e panza!

Flavio:      E allora, signor Aversano, cercate di convincere voi ad Asia a mettersi con me?

Eduardo: No, a me liéveme ‘a miezo. Io, al massimo, darò solo il parere negativo finale!

Flavio:      E grazie tante! E su, signor Aversano.

Eduardo: Basta, Flavio, m’he’ rutto!

Flavio:      Appunto, io mi chiamo Flavio Merutto.

Eduardo: No, tu m’he’ rutto overamente! Vai da Asia e diglielo direttamente tu.

Flavio:      Allora appena vedo Asia, le regalo un peluche. Anzi, esagero: le dedico pure una

                  poesia! Anzi, esagero: la bacio sulle labbra! Anzi, esagero... 

Eduardo: Uhé, uhé, e mò nun esaggerà troppo, però! Fermàmmece ‘o peluche!

Flavio:      Scusate, mi sono lasciato trasportare. Bene, allora piacere di aver parlato con

                  voi. Arrivederci. Alla prossima.

                  I due si stringono la mano, poi Flavio va via.

Eduardo: ‘E che tipo! E vabbé, mò famme truvà chillu fetente ‘e capitone! (Cerca a terra)

                  Esce al centro. Dall’ingresso (a sinistra) entra Asia con due buste in mano.

Asia:         Ecco qua: un altro vestito, un paio di scarpe e una borsa per il veglione. Ora li   

                  porto in cucina, dietro al divano dove dormo di notte. Là dietro, nessuno li

                  troverà. Mi ha prestato tutto Stella Cometa. Devo proprio invitarla a cena da noi.

                   Asia va in cucina (al centro). Da destra torna Rick, dubbioso.

Rick:         M’è venuto ‘nu dubbio: ma quali sono le cose che si lavano in lavatrice a 90°?

                  (Realizza) Sai che ti dico? Adesso lavo tutto a 90°! Tanto, che può succedere?

                   Torna a destra. Dal centro tornano Barbara, Teresa e Raffaella.

Teresa:      (Contrariata) Signò, ma vuje nun sapìte fa’ proprio niente?

Raffaella:  A me, i servizi, me li fa la cameriera.

Teresa:      E se vede: vuje m’ate lavato quatte piatte e me n’ate scassate tre!

Raffaella:  E va bene, scusatemi. Vuol dire che per la Befana vi regalo un servizio di piatti

                    nuovi. E adesso saliamo sopra da me, così vi faccio vedere la mia casa.

Barbara:    Aspettate, io m’aggia accuncià ‘nu poco ‘e capille e m’aggia mettere ‘o smalto!

Teresa:       Barbaré, ma tu nun he’ ‘a ì ‘o tiatro!

Barbara:    E si ‘ncuntramme a coccheduno ‘nmiezo ‘e scale?

Teresa:       Embé? Guarde a me: io vengo cu’ ‘o mandesino ‘ncuollo e ‘e scarpune ‘o pede.

Barbara:    E vabbuò. Signò, scusate, per curiosità: ma è molto grande casa vostra?

Raffaella:  Signò, modestamente, quanno vedite ‘a casa mia, ‘a vosta v’’a scurdate proprio!

Barbara:    E io, modestamente, me l’aggio scurdata già!

Teresa:       Va bene, signora Raffaella, avviatevi sopra. Io e mia sorella veniamo subito.

Raffaella:  Sì, signora. Vado ad aprire tutte le finestre e tutti i balconi della mia casa!

                    Esce sculettando. Appena uscita Raffaella, Teresa le rifà il verso, imitandola.

Teresa:       “Vado ad aprire tutte le finestre e tutti i balconi della mia casa!”… Ma ddò sta

                    ‘e casa chesta, ‘a Reggia ‘e Caserta?!

Barbara:    Teré, almeno essa ‘a tene ‘a casa, invece io no.

Teresa:       E nun te prioccupà, ne parlamme quanno tuorne d’’a Terra Santa. Mò però,

                    add’’a signora Raffaella, nun dicere niente ‘e ‘stu fatto. He’ capito?

Barbara:    No, e chi parle? Io voglio vedé sulo che casa tene, chella! Jamme, Teré.

                    E vanno via confabulando. Poco dopo torna Rick da destra, tutto soddisfatto.

Rick:           ‘O vi’ lloco, aggio fernuto! Tutti i vestiti di Asia, le scarpe e le borse: tutto in

                    lavatrice a 90° gradi! Olé! Mò voglio vedé che dice, Asia.

                    Torna Asia dalla cucina.

Asia:           Ecco fatto. Ho nascosto tutto dietro al divano. Mò voglio vedé chi ‘o ttrova!

Rick:           (Nota Asia) Uhé, Asia, che se dice? Te si’ calmata ‘nu poco, o no?

Asia:           Ah, tu staje ancora ccà? Vuo’ sapé si me so’ calmata? ‘A risposta è: no!

Rick:           E allora mò te dongo ‘nu schiaffone morale! Vieni con me. Voglio stupirti.

Asia:           (Preoccupata) Ah, e ch’è succieso, mò? Pecché aggia venì appriesso a te?

Rick:           E muòvete! Nun fa’ domande inutile. Mò te faccio vedé io chi è Rick!

Asia:           E vabbuò, jamme a vedé che he’ fatto.

                    Vanno nella stanzetta a destra. Da lì, poco dopo, si sente Asia richiamare Rick.

                    “Ah, e chisto fosse ‘o schiaffone morale che m’’iva da’?”…

                    Poi tornano di corsa e si fermano a centro stanza. Asia inveisce contro di lui.

                    Ma mò t’’o dongo io, ‘nu schiaffone! Però t’’o dongo overamente!

Rick:           Ma pecché? Ch’è stato, mò?

Asia:           Ch’è stato? Tu he’ ‘nguajato tutta ‘a rrobba mia. Povere scarpe e povere borse!

Rick:           E nun fa’ tutto ‘stu burdello. E ppo’, chella rrobba che tiene tu, fa pure schifo!

Asia:           E allora mò piglio ‘a mmunnezza ‘a ccà ffora e ‘o mmetto ‘int’’a rrobba toja.

Rick:           No, lieve ‘e mmane ‘a coppa ‘a rrobba mia. He’ capì? Uhé…!

                    Asia esce di casa (a sinistra) seguìta da Rick che cerca di dissuaderla. Dal

                    centro torna Eduardo che sta ancora cercando il capitone in terra.

Eduardo:   ‘Stu capitone ‘nfame! Ma addò cacchio si’ gghiuto? Qua, micio, micio!

                    Esce a destra. Intanto, dall’ingresso (sinistra) entra Fortunato.

Fortunato: Bene, adesso faccio una scorrettezza: voglio avvisare i genitori di Asia che in 

                    giro c’è un ladro, detto “’o capitone”! Ovviamente parlo di Flavio! Accussì ‘o

                    faccio passà pe’ marjuolo! E se lo metto in cattiva luce, Asia sarà tutta mia!

                    Torna Eduardo, guardando per terra. Fortunato lo nota.

                    E che d’è, chisto? Che sta facenno? Scusate, signore, state cercando qualcosa? 

Eduardo:   No, niente, una cosa. (Poi realizza) Ma vuje chi site?

Fortunato: Io sono l’amico di Asia, dottor Fortunato Colmazzo!

Eduardo:   Eh, biato a vuje che site duttore, furtunato e cu ‘o mazzo!

Fortunato: Eh, fosse ‘o Dio! Ma in verità, io sono solo un umile medico generico.

Eduardo:   (Sofferente) ‘O vero? Duttò, e allora me servite. Io tengo ‘nu malo ‘a panza…!

Fortunato: Dopo, dopo. Adesso lasciatemi fare: io sto cercando... “’o capitone”!

Eduardo:   (Interessato) Pure vuje?

Fortunato: (Sorpreso) Ah, ma pecché, ‘o state cercanno pure vuje?

Eduardo:   Uff! E accomme ‘o trovo, l’aggia da’ ‘nu zuoccolo ‘e mia moglie ‘ncapa!

Fortunato: E quello torna sicuramente qua. Però noi ci organizziamo: quando voi lo

                    trovate, chiamatemi sul cellulare. Dovete sapere che c’è una taglia su di lui.

Eduardo:   Ma chillo è ‘o mio. Steva ‘int’’a casa mia! E allora ‘a taglia m’attòcca a me!

Fortunato: E vabbuò. E adesso vi voglio dire il suo nome.

Eduardo:   (Sorpreso) Ma pecché, ‘stu capitone tene pure ‘o nomme?

Fortunato: E certo. Si chiama Flavio. E io so tutto di lui, perfino il suo Codice Fiscale!

Eduardo:   ‘Nu capitone cu’ ‘o Codice Fiscale?

Fortunato: Sì, e tene pure ‘o cellulare e ‘a patente! Si ‘o vedìte, state attiento. Per carità! E

                    ora vado a casa a prendere la mia borsa, così curiamo il vostro mal di pancia.

Eduardo:   Grazie, grazie. Molto gentile!

                    Stringe la mano ad Eduardo ed esce via di corsa, esultante. Eduardo è stupito.

                    Ma che razza ‘e capitune venne ‘o pisciavinnele ccà ffora? Ténene pure ‘a

                    patente e ‘o Codice Fiscale! Mah!

                    Dall’ingresso (sinistra) torna Mimmo, trasandato e col panettone in mano.

Mimmo:     Eccomi qua, ce l’ho fatta... (E va a sedersi stremato al tavolo)

Eduardo:   (Si avvicina) Ma che d’è, Mimmo? Che he’ cumbinato? 

Mimmo:     Eduà, aggio salvato ‘o panettone tuojo! S’’o vuleva arrubbà Gerry ‘o pazzo!

Eduardo:   Ma no, Mimmo. E tu, ogni vvota che viene ccà, me puorte ‘nu panettone?

Mimmo:     E che fa? Eduà, per te, questo e altro! (Glielo cede) Tié! Auguri per 100 anni!

Eduardo:   Grazie. (Lo guarda bene) Aspié, ma ‘stu panettone... è chillo ‘e primma!

Mimmo:     No, ma che ddice? Nun po’ essere proprio.

Eduardo:   Invece è isso. Io, aiére, accedétte ‘na mosca ccà ‘ncoppa. ‘A vi’, ce sta ancora!

Mimmo:     E allora nun te porto niente cchiù. Tu nun appriézze ‘e regale ca uno te fa.

Eduardo:   E allora saje che te dico? ‘Stu panettone, jammele a apprezzà ‘int’’a cucina!

Mimmo:     E sì, magnammancìllo! Mò te faccio avvedé comm’è speciale. Lo taglio io!

                    I due se ne vanno in cucina (al centro) confabulando.

4. [Teresa e Barbara. Poi Rick, Ferdinando, Mimmo e Eduardo]

                    Dall’ingresso tornano Teresa e Barbara (ha una lampadina grande in mano).

Barbara:    (E’ meravigliata) Mamma mia, Teré, guarde ccà che splendore! (La esibisce)

Teresa:       Ma che d’è ‘sta lampadina che tiene ‘nmana?

Barbara:    (Fiera) Me l’ha regalata ‘a signora Raffaella. Niente di meno, è del ‘700!

Teresa:       Ma pe’ favore, ‘a signora Raffaella t’ha fatta fessa!

Barbara:       E già, chesto l’aggio penzato pur’io. Pecché, secondo me, a uocchio e croce,

                       ‘sta lampadina nun è d’’o Setteciento... ma d’’o Seiciento! 

Teresa:          (Ironica) No, secondo me, chesta l’ausàva l’uomo primitivo ‘int’’e ccaverne!  

                       Ma te pare a te, ch’’o Seiciento e ‘o Setteciento, già esistévene ‘e llampadine?

Barbara:       (Realizza) Uh, non ci ho pensato. Chella ‘mbrugliessa! (La nasconde la

                       lampadina) E va bene. A proposito, Teré, ce stanne doje farfalle al salmone?

Teresa:          Sì, ce stanne chilli llà che so’ rimaste ‘e oggie! Ma pecché?

Barbara:       Perché tra poco qui vengono pure mio figlio Luca e la fidanzata. Si’ cuntenta?

Teresa:          Pure? (Quasi commossa) Sì, so’ felice! Quase quase me metto a chiagnere!

Barbara:       Vabbuò, Teré. Jamme a cucinà, primma che vene Luca cu’ ‘a fidanzata.

                       Barbara si avvia al centro. Teresa si morde una mano, rabbiosamente.

Teresa:          L’aggio ditto e ‘o ripeto: pare mill’anne che pàssene ‘sti feste ‘e Natale!

                       Esce al centro. Da sinistra torna Rick, ubriaco, con una birra in mano.

Rick:              Ah, che bello! Sono andato al Bar e ho bevuto tre birre! E chesta è ‘a quarta!

                       E allora sai che faccio? Me la vado a succhiare sul divanetto in cucina!

                       E va in cucina (al centro) barcollando. Dall’ingresso entra Ferdinando.

Ferdinando: (Con aria circospetta) Portiere! Portiere! Ma che d’è, nun ce sta? Ah, e mò

                       comme faccio? Io aggia parlà ‘nu mumento cu’ isso. E mò aspetto che torna.

                       Va sulla sedia a dondolo. Dalla cucina riecco Eduardo (sofferente) e Mimmo.

Mimmo:        Eduà, siente che bell’idea m’è venuta: quann’io e Barbara turnàmme d’’a

                       Terra Santa, ce addurmìmme dint’’a stanza ‘e lietto toja.

Eduardo:      (Ironico) No, ma nuje ce ne jamme proprio, accussì te piglie tutta ‘a casa tu!

Ferdinando: (Li nota, si alza e gli si avvicina) Ah, Eduardo, finalmente sei tornato.

Eduardo:      (Imabarazzato) Ah, ehm... bonasera, Ferdinà. (Mimmo, mò nun parlà cchiù!).

Mimmo:       (Vabbuò, ne parlamme aroppo).

Eduardo:      Ehm... uhé, Ferdinà, tutto a posto? Viene, assiéttete e parlamme ‘nu poco.

Ferdinando: Sì, grazie. (Si siede al tavolo)

Eduardo:      Però aspetta un momento, vengo subito.

Mimmo:       Eduà, addò vaje?

Eduardo:      Vado a prendere un capo d’abbigliamento nell’armadio! Mò vene a chiovere!

                      E va via (nell’altra porta a destra). Mimmo resta per un po’ interdetto.

Ferdinando: Signor Mimmo, c’è qualcosa che non va?

Mimmo:       No, tutto bene. Eduardo ha detto che torna subito. E voi che mi dite di bello?

                      Mimmo gli siede accanto (ignaro del destino “bagnato” che lo aspetta).

Ferdinando: Tutto bene. Pensate, che stamattina mi sono alzato di buon mattino e...

                      Ma si interrompe, perché Mimmo scatta in piedi asciugandosi il viso.

Mimmo:       (Mò aggio capito qualu capo ‘e abbigliamento s’è gghiuto a piglià Eduardo!).

Ferdinando: Signor Mimmo, ma è successo qualcosa? Perché non vi sedete?

Mimmo:       Ehm... non posso. Fra poco devo partire in pellegrinaggio.

Ferdinando: Capisco. (Si alza) Aspettate un momento. Prima che ve ne andate, vorrei fare

                      un regalino a voi e a vostro cognato. Vi prego, accettatelo, se no mi offendo!

Mimmo:       Un regalino? Sentite, nun me dicite che me vulìte regalà ‘nu panettone!

Ferdinando: Ma no, sulo ‘e scieme regàlene ‘e panettùne! Invece, voi andate nella mia

                      cantina. C’è del vino eccezionale che faccio io. Prendetene quanto volete!

Mimmo:       (Ne approfitta) Accetto l’offerta, cavalié! Mi prendo tutto il vino che voglio.

Ferdinando: (Prende le chiavi dalla tasca) La chiave è questa grande. Tanti auguri!

Mimmo:       Grazie, cavalié, siete un gentiluomo! Auguri di buone feste!

                      Gli tira via le chiavi, gli stringe la mano e va fuori casa. Ferdinando esulta.

Ferdinando: Bene, se n’è andato. Adesso non mi resta che parlare col portiere.

                      Si siede al tavolo. Torna Eduardo con l’impermeabile addosso e il cappuccio.

Eduardo:      Eccomi qua. (Si siede al tavolo) Vai, ora puoi parlare tranquillamente.

Ferdinando: Eduà, ogni vvota che t’aggia parlà, te miette ‘stu coso ‘ncuollo. Ma pecché?

Eduardo:      Eh, mi protegge dagli agenti esterni! A proposito, ma mio cognato dove sta?

Ferdinando: Torna subito. Ma non pensare a lui. Vuoi sapere com’è andata a finire la storia

                       con Stella Cometa? 

Eduardo:      Scummetto che he’ abbuscato ‘a mugliereta!

Ferdinando: Ma che? Stranamente, invece, s’è stata zitta, normale e tranquilla!

Eduardo:      ‘O vero? E tu ce saje fa’, Ferdinà. Tu sei un esperto! Non sei un neofiéto!

Ferdinando: Si dice neofita. Comunque sono certo che Raffaella trama qualcosa.

Eduardo:      Sì, ma io che c’entro?

Ferdinando: Vado al dunque, e tu sai che quando io vado al dunque, parlo di donne! E cioè

                       di un’amante! (Si avvicina un po’) Eduà... io apprezzo molto tua moglie!

Eduardo:      (Si pulisce il viso, sorpreso) Cioè? Vuo’ a mia moglie comme amante?

Ferdinando: Ma no, che staje dicenno?

Eduardo:      No, no, nun te prioccupà. Sì, ‘a vuo’, mia moglie è libera!

Ferdinando: Ma no, io dicevo che apprezzo tua moglie, perché è più comprensiva e dolce.

Eduardo:      E tu che sai? Lei, qualche anno fa, era una donna piacente. Mò però tene ‘a

                       cellulosa ‘ncoppa ‘e ccosce!

Ferdinando: Ma che ttene, ‘e ccosce ‘e carta, mugliereta? Si dice cellulite.

Eduardo:      Appunto! Però Ferdinà, mò spiégheme ‘na cosa: che ce azzecca Teresa? 

Ferdinando: E te lo spiego subito: io lo so quanto è brava tua moglie, perciò penso che non

                       si rifiuterebbe mai di ospitare qualche giorno qua a casa tua Stella.

Eduardo:      Che? (Ironico) Ma sì, venitavénne tutt’’o munno ‘a casa mia, ca ce sta spazio!

Ferdinando: Ma dai, che ti costa? A proposito, il 2 gennaio arriverà una bella sorpresa qui  

                       a casa tua: un arredamento nuovo nuovo. E’ un mio omaggio. Che ne dici?

Eduardo:      (Si alza, dalla tasca prende un metro per sarti) Tié, avvì a piglià ‘e mmesure!

Ferdinando: (Si alza) Ma no, fra pochi giorni ti mando un mio perito. Tu intanto parla con

                       Teresa. Io torno più tardi per sapere la risposta. Va bene? Cià, Eduà, e grazie.

                       Si alza e se ne va. Eduardo scatta in piedi perché ha un forte mal di pancia.    

Eduardo:      Marò, m’è aumentato ‘o malo ‘e panza! Gabinetto mio, eccomi a te!

                       Cammina verso destra (l’altra porta) a gambe strette... ed esce.

5. [Fortunato e Teresa. Poi Flavio e Barbara. Infine Rick]

                       Dall’ingresso (a sinistra) entra Amedeo (con la sua ventiquattrore in mano).

Fortunato:    E’ permesso? Portiere! E comm’è, nun ce sta cchiù? E ‘o malo ‘e panza?

                       Dalla cucina (al centro) torna Teresa, arrabbiata e preoccupata.

Teresa:          E’ proprio ‘nu guajo chillu Rick... (Nota Fortunato) Uh, buongiorno, duttò!

Fortunato:    Oh, buongiorno, signora. (E fa il suo solito tic)

Teresa:          Sentite, mò nun è proprio ‘o mumento ‘e abballà!

Fortunato:    (Ferma il tic) Signò, ma chi sta abballanno? Io sto’ ccà pe’ vostro marito.

Teresa:          Vabbuò, aroppo penzate a isso. Mò ce sta mio nipote Rick che nun se fira. Si

                       è ubriacato. Sta dentro alla cucina. Mia sorella sta con lui.

Fortunato:    (Rassegnato) E va bene, vediamo il paziente.

Teresa:       Venite, però vedite addò mettite ‘e piede. Cammenate ‘ncoppa ‘e pponte!

Fortunato: (Eh, m’ha pigliato p’’o ballerino!). Va bene, signora, fatemi strada.

                    E vanno al centro. Dall’ingresso, sinistra, entrano Stella ed Asia.

Asia:           Vieni, cara Stella. Questa è casa mia. Va bene che tu già la conosci.

Stella:         Grazie. E come vanno i miei vestiti? Li hai provati?

Asia:           No, stanno in cucina. Adesso li vado a prendere e me li provo.

Stella:         (Timorosa) Però fai presto, io non posso stare qui. E’ pericolos… cioè, è tardi!

Asia:           Tranquilla. Faccio subito. Ma accomodati. Posso offrirti qualcosa da bere?

Stella:         Solo un bicchiere d’acqua, grazie. (E va a sedersi sulla sedia a dondolo)

Asia:           E allora vado e torno.

                    Si avvia al centro, ma si trova di faccia Teresa, Fortunato e Rick e si ferma.

Teresa:       Dottò, come sta il moribondo, qua.

Rick:          Oh, ma qualu moribondo?

Fortunato: (A Rick) Senti, Finocchio... cioè, Rick Ione, vatti a sedere.

Rick:           Mò ‘o mengo ‘na scarpa ‘nfaccia, a chisto!

                    Rick si siede al tavolo, Fortunato posa la ventiquattrore sul tavolo e la apre.

Asia:           Mammà, che gli è successo a Rick?

Teresa:       Si è ubriacato. Accussì s’è gghiuto a sdraià ‘ncoppa ‘o divanetto ‘int’’a cucina.

Asia:           (Dubbiosa) ‘Int’’a cucina? Ahia! Ehm... e poi che ha fatto più?

Teresa:       Niente, gli è caduta una bottiglia aperta di birra che teneva in mano!

Asia:           A terra?

Teresa:       No, dentro una busta che stava dietro al divanetto.

Asia:           (Sconvolta) Il vestito! Le scarpe! La borsa. Stavano in quella busta.

Stella:         (Balza in piedi dalla sedia a dondolo) Oddio mio!

                    Le due, di corsa, vanno in cucina. Teresa, stupìta, si avvicina a Fortunato.

Teresa:       (Ma chella nun è Stella Cometa? E che ce fa ccà? Boh!). Ehm... duttò, e allora

                    che ddice ‘stu passagua... no, volevo dire, mio nipote?!

Fortunato: ‘Nu mumento, signò, io ancora l’aggia visità. Che gghiate, ‘e pressa? (Fa il tic)

Teresa:       Duttò, pe’ piacere, abballate aroppo, ja’!

Fortunato: Signò, facìteme faticà in pace. (Si avvicina a Rick e gli guarda sotto gli occhi)

Teresa:       Sentite, vi volevo fare una domanda: ma ci sono speranze che lui sopravvive?

Fortunato: Pe’ ‘nu poco ‘e birra? (E controlla il polso)

Teresa:       (Delusa) Ah, ma allora ce la farà? E pazienza! 

Fortunato: (Fa il suo tic, poi seguita la visita) Rick, apri la bocca, fammi vedere la lingua.

Rick:           Ma quanno fernesce ‘sta visita? M’aggio sfastriato proprio! (Apre la bocca)

Fortunato: (Fa qualche tic, poi sentenzia) Signò, è solo una sbronza. Deve riposare.

Rick:           Duttò, siente, tenìsse ‘nu bicchiere ‘e Vodka? Ua’, e comm’è buona!

Fortunato: M’he’ pigliato p’’o barista? Signora, portatelo in bagno, sciacquategli la faccia.

Teresa:       A chi? S’’a lava isso sulo. Rick, va’ ‘int’’o bagno ‘e Asia! Mò t’aiuto a t’aizà.

                    Lo aiuta ad alzarsi, e quasi quasi vanno tutti e due a terra.

Rick:          ‘A zia, tu me faje cadé.

Teresa:       Puozze passà ‘nu guajo! Va’ ‘int’’o bagno, va’! Po’ essere che ce rimane!

Rick:           (Va a destra cantando) “Evviva er vino de li castelli che questa zozza società”!

                    Rick esce barcollando a destra nella porta della stanzetta di Asia.

Fortunato: Signora, adesso possiamo parlare di Asia?.

Teresa:       No, mò amma cercà a mio marito. Vediamo se sta nel nostro bagno. Seguitemi.

                    Fortunato, rassegnato, segue Teresa. Escono a destra.

6. [Mimmo, Gerry, Stella, Asia, Fortunato, Teresa, Eduardo, Flavio, Rick]

                    Dall’ingresso torna Mimmo con un borsone. Va al centro e lo posa a terra.

Mimmo:     M’aggio pigliato quase tutt’’e bbutteglie d’’o cavaliere! ‘O riesto m’’o ppiglio

                    aroppo. Mò però l’aggia ì a nasconnere, o si no arruvìno a surpresa a Eduardo!

                    Alza il borsone, ma non ce la fa. Entra Gerry, si avvicina e lo spaventa.

Gerry:        (Grida) Che staje facenno?

Mimmo:     (Molla la presa e si volta) T’hanna sparà, mò me facìve scassà ‘e bbutteglie!

Gerry:        Ah, aggio capito: lloco ddinto ce stanne ‘e bbutteglie Molotov!

Mimmo:     Nun alluccà, stattu zitto. Ccà ddinto ce stanne sulo cierti bbutteglie ‘e vino! 

Gerry:        Ma qua’ bbutteglie ‘e vino? ‘O ssaccio io che ce sta: quello è gas Nervino!

Mimmo:     No, chille me stanne venenno a me, i “nervini”! Aspié, mò te faccio vedé...

                    Apre il borsone, estrae una bottiglia e gliela dà. Gerry la osserva bene e dice:

Gerry:        ‘O vi’? Chisto è vino. E che ddice a ffa’ che no?! M’’a vuo’ da’ ‘na butteglia?

Mimmo:     Pigliatélla, abbasta che nun allucche. ‘O vi’, oggie si’ gghiuto buono pure tu!

Gerry:        Grazie. E mò, si ‘a saje, rispùnne: “Nun lassà maje coccosa ‘int’a ‘nu posto

                    sperduto, o si no vene coccheduno, ‘a trova e s’’a piglia!”. Che cos’è? Pensaci!

                    E se ne va con la sua bottiglia in mano, custodita gelosamente. Mimmo riflette.

Mimmo:     Ma che ne saccio? Mò aggia penzà a nasconnere ‘o vino. Già, ma addò? Ecco

                    qua: areto ‘a porta d’’a stanzetta di Asia! Sicuramente è ‘nu posto sicuro. E già!

                    Porta il borsone a destra. Dalla cucina (al centro), ritornano Stella e Asia. 

Asia:           (Desolata) Mannaggia, Rick t’ha ‘nguajato tutto cose! Stella, scusami.

Stella:         E che ffa, Asia? ‘E vestite se pòrtene ‘a lavanderia. E ppo’ io ne tengo assaje.

Asia:           Senti, Stella, ho una curiosità da soddisfare: ma davvero sei cugina di papà?

Stella:         Ehm… sì, ma di quinto-sesto grado. Però non chiedermi altro su questa cosa.

Asia:           No, per carità. Chiunque tu sia, io ho grande stima di te.

Stella:         Vieni, andiamo. Adesso ti racconto qualcosa in più del mio lavoro. Dunque…

                    Escono di casa. Dalla stanzetta (a destra) torna Mimmo con un borsone vuoto.

Mimmo:     Ecco qua, ho nascosto le bottiglie dietro la porta e ci ho messo un cartello che 

                    dice: “Non toccare, pericolo di morte”. Mò me vaco a piglià ati butteglie. Ma sì.

                    Prepara il borsone. Da destra torna Fortunato. E’ tutto stordito!

Fortunato: Mamma mia bella! Ma che ce sta ‘int’a chillu bagno? ‘A discarica comunale? 

Mimmo:     (Si volta e lo nota riprendere fiato. Gli va vicino) Scusate, tutto a posto?

Fortunato: (Si spaventa) Mamma d’’o Carmene! E… e… chi siete voi?

Mimmo:     Io songo ‘nu sacco ‘e cose, tra cui ‘o cainato ‘e Teresa e ‘o zio ‘e Asia!

Fortunato: ‘O zio ‘e Asia? Scusate, signor zio di Asia, tanto piacere di conoscervi.

Mimmo:     Fortunato.

Fortunato: Ah, vi chiamate Fortunato?

Mimmo:     No, io stevo dicenno: fortunato di conoscerti. Però me chiamme Mimmo. E tu?

Fortunato: Io sono disperato!

Mimmo:     Ah, te chiamme Disperato?

Fortunato: No, mi chiamo Fortunato. Però sono disperato. Statemi a sentire, per piacere.   

Mimmo:     E parle, jà. Però muòvete ch’aggia ì a svuotà ‘na cantina!

Fortunato: Sì, dunque, il fatto è che mi sono innamorato di vostra nipote Asia. Però lei, a

                    me, non mi pensa proprio. Diteglielo voi, per favore. Datele il mio messaggio!

Mimmo:     E che m’he’ pigliato, p’’o messaggero?!

Fortunato: Per favore, io poi vi faccio un bel regalo: un panettone!

Mimmo:    (Arrabbiato) Guagliò, ma piglie ‘a via d’’a porta e vatténne!

Fortunato: E vabbé, allora vorrà dire che vengo a lavare tutti i giorni la vostra casa!

Mimmo:     ‘A casa mia? Néh, ma tu me vulìsse sfottere?

Fortunato: E allora vengo a lavarvi tutti i giorni la macchina. Almeno chesta, ‘a tenìte? 

Mimmo:     Sì, ‘a machina ‘a tengo. E allora se po’ ffa’. Ti darò degli ottimi suggerimenti.

                    Però mò nun pozzo parlà. Tengo che ffa’. Ripassa più tardi.

Fortunato: Va bene.

Mimmo:     (Prende il borsone) Io vado in missione! Tornerò vincitore! Arrivederci.

                    Esce via di casa. Fortunato è soddisfatto.

Fortunato: Bene, m’aggio fatto pure ‘o zio ‘e Asia!

                    Da destra, tornano Eduardo e Teresa, storditi!

Teresa:       Mamma bella... e nuje nun putìmme trasì maje cchiù ‘int’a chillu bagno! 

Eduardo:   Duttò, vuje state ccà? M’’ita scusà si ‘o bagno mio è ‘nu poco impraticabile!

Fortunato: ‘Nu poco? Si passa l’ufficio igiene, v’’o chiude!

Teresa:       Duttò, mio marito sta d’aiére cu’ ‘sti male ‘e panza. Che sarrà?

Fortunato: E’ probabile che ieri abbia mangiato qualcosa che gli ha fatto male.

Eduardo:   E se capisce, duttò. A Natale, tutto cose fa male.

Teresa:       Però Eduà, tu t’he’ accumminciato a lamentà aroppo mangiato ‘o capitone.

Eduardo:   E già, è ‘o vero. Sentite, duttò, ma nun è che chillu capitone era scaduto?

Fortunato: (Ironico) E vuje ate liggiuto ‘a scadenza ‘ncoppa ‘o capitone?

Teresa:       Uh, Eduà, ‘e che scieme simme state! Nuje nun l’amme liggiuta!

Eduardo:   Mannaggia ‘a miseria!

Fortunato: Ma che dicite? Ma pecché, esiste ‘o capitone cu’ ‘a scadenza? Al massimo,

                    poteva essere avariato, o forse malato. Ma dove l’avete comprato?

Teresa:       L’ha comprato Rick e l’ha pure cucinato per fare una sorpresa a mio marito. 

Eduardo:   ‘O vero? Me vuléva fa’ ‘na surpresa? Teré, chillo m’ha avvelenato!

Fortunato: Va bene, tagliamo la testa al capiton… cioè, al toro. (Si fruga nelle tasche della

                    giacca) Ora vi scrivo una ricetta. Se solo riuscissi a trovare la mia penna!

Teresa:       E non vi preoccupate, dottò, adesso ve la dò io. Prego, seguitemi.

                    I due si avviano a destra, Teresa apre la porta della stanzetta, ma tornano

                    indietro, spaventati.

I due:         Mamma mia!

Eduardo:   Néh, ma ch’è stato? Avìte visto ‘nu fantasma?

Teresa:       No, peggio!

                    E dalla stanzetta esce Rick con una bottiglia di vino. E’ ubriaco e canticchia.

Rick:          “E’ meglio er vino de li castelli che questa zozza società…”!

Eduardo:   Néh, ma che staje facenno, Rick?

Rick:          (Brillo) ‘O zio, ‘a zia, aggio truvato ‘na bborza chiena ‘e bbutteglie ‘e vino areto

                   ‘a porta d’’a stanzetta! E me l’aggio vìppeta sana sana!

Eduardo:   Che?

Rick:          A proposito, ‘o zio, “in vino veritas”! Chello che t’he’ magnato aiére, nun era ‘o

                   capitone. Era ‘o serpente che t’aggio purtato io! E ‘stu serpente era pure malato!

Eduardo:   Uh, Marò!

                   Eduardo sviene tra le braccia di Teresa e Fortunato. Rick balla e canticchia.

FINE ATTO SECONDO

ATTO TERZO

Capodanno

1. [Eduardo e Gerry. Poi Teresa e Asia. Infine Mimmo e Barbara]

                  Seduto al tavolo, Eduardo scrive a Babbo Natale. Alla fine legge a mezza voce.

Eduardo: “Caro Babbo Natale, buon anno nuovo a te e famiglia! Ora ti racconto che cosa

                  sta succedendo in casa mia: il mio amico Ferdinando mi ha fatto a nascondere in

                  casa mia la sua amante. Insomma, sto peccando. Eppure, qui da me è scoppiato il

                  benessere: è arrivata una cucina nuova e una stanza da letto. E pure due gabinetti

                  d’oro, uno per bagno, con sopra la foto della faccia mia e di mia moglie. Peccato

                  che non tengo più il mal di pancia! Teresa, poi, ha ricevuto una pelliccia di cin...

                  cin... Scusa, ma non so come si scrive cincillà! Mi domando: ma che cacchio sta

                  succedenno? Non è che tu e Ferdinando siete la stessa persona? Baci. Eduardo.”!  

                  Mette la lettera in una busta gialla. In silenzio, entra Gerry e gli si avvicina.

Gerry:      Eduà!

Eduardo: (Salta in piedi) Ch’è stato? (Si nasconde la lettera dietro) Ma tu staje sempe ccà?

Gerry :     Che staje annascunnenno lloco de reto? Confessa!

Eduardo: No, niente... (Mostra la busta con la lattera) E’ sulo ‘a lettera ‘e ll’avvocato.

Gerry:      Ma pecché, Babbo Natale è avvocato?

Eduardo: Siente, ja’, che vvuo’, Gerry?

Gerry:      Eduà, tu spuorche l’aria cu’ ll’onde magnetiche d’’o telefonino tuojo.

Eduardo: Ma chi ‘o tene, ‘o telefonino? Io nun l’aggio maje tenuto in vita mia!

                  E invece si sente qualche squillo di telefonino dalla tasca del suo pantalone.

Gerry:      Ah, nun ‘o tiene? E che te sta sunanno, ‘int’’o cazone?

Eduardo: E sapìsse invece che me stanne avutànno, ‘int’’o cazone!

Gerry:      Eduà, qua dentro succedono cose strane, ma non sono pulite. Attiento, nun te fa’

                  accattà ‘a nisciuno, sulo ‘a chi te sape. E mò, si ‘a saje, rispùnne: “A volte, chi sa   

                  perché, ce sta ‘na cosa ca si ‘a dice, fa male assaje!”. Che d’è? Piénzece buono.  

                  E se ne va. Eduardo riflette un po’, poi arriva alla soluzione e si felicita.

Eduardo: E’ “’a verità”. L’aggio fregato! (Realizza) Però me pare che quanno chisto dice

                  ‘n’indovinello, è comme si me vulésse dicere coccosa, comme si me lassàsse ‘nu

                  messaggio. Ma perché? (Si guarda la lettera in mano) Cara mia, oggi sei salva!

                  Dalla cucina (al centro) entra Teresa (con vestito elegante) e gli si avvicina.

Teresa:     (Nota la lettera e grida) Ah, he’ scritto ‘n’ata vota ‘a lettera a Babbo Natale?

Eduardo: (E dallo spavento la strappa) Quala lettera? Addò sta?... Teré, ma tu viene sempe

                  zittu zitta areto ‘e spalle? (La osserva bene) Oh, e che d’è, comme staje elegante!

Teresa:     Eh, beh, oggi è Capodanno! A proposito, cosa vuoi mangiare? Spaghetti con le

                  vongole o con gli scampi? E per secondo, aragosta o bistecca ai ferri?

Eduardo: Ma sì, cucina tutto cose ‘nzieme! Hai visto quanta bella roba ci sta in frigorifero?

Teresa:     Sì, però è strano. Da dove arriva tutta quella roba? E ‘a pelliccia ‘e cincillà? Cu’

                  quali sorde l’he’ accattate? Ma l’amministratore nun t’ha diminuito ‘o stipendio?

Eduardo: ‘O stipendio? Mi sono scordato di dirtelo: Ferdinando me l’ha aumentato. E poi,

                  la cucina e i gabinetti, ce li ha regalati lui. E’ un regalo natalizio. Hai capito?

Teresa:     Vabbuò! Allora aspettàmme a Barbara e a Mimmo che tòrnene d’’a Terra Santa.

Eduardo: A proposito, ma nun évena sta’ ggià ccà?

                  Si avvicina all’uscita (a sinistra), guarda di fuori.

Teresa:      Boh! (Li nota e torna da Eduardo) Eduà, stanne ccà ffora. Però li vedo strani! Eduardo:  Ma pecché, che ténene?

                   Entrano Mimmo coi capelli e barba bianchi (e un panettone in mano) e Barbara

                   in posa mistica, con uno scialle sui capelli raccolti. Hanno i loro abiti abituali.

Mimmo:    (Entra cantando) Allelujah... A-allelujah... Allelujah...!

Eduardo:  (Sorpreso) Teré, ma chiste nun so’ Mimmo e Barbara. Chiste so’ Mosé e Sefora!

Teresa:      (Stupita) E invece so’ proprio Mimmo e Barbara. E che l’è succieso a ‘sti duje?

Eduardo:  Mimmo, ma tu me ricunusce a me? Songo Eduardo.

Mimmo:    Eduardo? C’eri anche tu quando siamo saliti sul Monte Sinai?

Eduardo:  Mò capisco: ‘sti duje so’ sagliùte ‘ncoppa ‘o Monte Sinai e so’ scise accussì.

Teresa:      (Preoccupata) Uh, mamma mia! Barbara, so’ Teresa, t’arricuorde ‘e me?

Barbara:   Teré, e comme, nun m’arricordo? Però vatti a confessare e non peccare più!

Mimmo:    Ah, a proposito... (Mostra il panettone) Eduà, ti ho portato un panettone!

Eduardo:  Oh, chisto è cagnato sulo esteticamente, però ‘a capa è sempe ‘a stessa!

Teresa:      Vabbuò, mò sistimàteve ‘nu poco, che fra diece minute ce mettimme a tavola.

Mimmo:    Io vaco ‘int’’o bagno, m’aggia lavà ‘nu poco. (Posa il panettone sul tavolo)

Eduardo:  Mò vengo cu’ te, t’accumpagno.

                   I due escono a destra (l’altra porta), Mimmo cantando e Eduardo vi si accoda:

                   “Allelujah... A-allelujah… Allelujah…”!

Barbara:   (Dopo l’uscita dei due) Teré, ‘e guagliune so’ gghiute ‘o veglione?

Teresa:      Sì, so’ turnate ‘e sette stammatina. Stella e Rick stanno dormendo nella stanzetta

                   di Asia. Invece, chella povera figlia mia, s’è sacrificata ‘nmiezo a me e ‘o pato!

Barbara:   E mio figlio Luca?

Teresa:      Se n’è gghiuto ‘a casa d’’a ‘nnammurata. Meno male... per lui! Vabbuò, mò

                   vaco a ffernì ‘e priparà. Tu nun è che me vulìsse da’ ‘na mana?

Barbara:   E certo, ti aiuto: mò vaco a arapì ‘a fenesta d’’a stanzetta ‘e Asia e ti ho aiutata!

                   E va via a destra nella stanzetta di Asia. Teresa la osserva interdetta.

Teresa:      Ave raggione Eduardo: ‘sti duje so’ cagnate... però sulo esteticamente!

                   E va in cucina (al centro).

2. [Flavio e Fortunato. Infine Asia e Rick]

                    In casa da sinistra entra Fortunato con una chitarra in mano.

Fortunato: Lo zio di Asia ha detto che lei ama moltissimo le canzoni romantiche! Sulo ca

                    io nun saccio sunà. Ma per lei, eseguirò un pezzo storico: l’Inno di Mameli!

                    Va in un angolo della stanza, prende un foglio dalla tasca e ripete il mente la

                    canzone, mimandola con la mano. E arriva pure Flavio con una chitarra.

Flavio:        Il padre di Asia ha detto che lei ama moltissimo le canzoni romantiche! Sulo ca

                    io nun ‘a capisco proprio, ‘sta chitarra: ma a che sérvene ‘sti ccorde? Mah!             

                    Comunque le dedicherò una canzone struggente: Il Nabucco!

                    Va dalla parte opposta a Fortunato, prende un foglio dalla tasca, ripete fra sé

                    e sé la canzone, la mima con la mano. Da destra entra Asia, non notata.

Asia:           Ah, dopo una bella lavata di faccia, finalmente... (Alta voce) ...Me so’ scetata!

                    I due la notano, posano i fogli, vanno uno alla destra e l’altro alla sinistra di

                    lei. Si inginocchiano, strimpellano le chitarre, cantano ognuno la sua canzone.

Fortunato: (Canta) “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta…” (e continua...)

Flavio:        (Canta) “Va’ pensiero sull’ali dorate...” (e continua con un...) “la la la...”!  

Asia:           (Li guarda imbarazzata, poi si stufa e li ferma) Oh, ma che state facenno?

Fortunato: (Si rialza) Asia, ti sto dedicando una serenata!

Flavio:        (Si rialza) Non è vero, sono io che la sto dedicando a te!

                    E da destra torna pure Rick. Entra protestando.

Rick:           Néh, ma che d’è tutto ‘stu burdello, ccà ddinto? Se sente fino e dint’’o bagno!

Fortunato: Ma che vvuo’, tu? Qualu burdello? Io sto facendo la serenata a Asia.

Flavio:        Furtunà, vatténne, ca ce stongo primm’io!

Fortunato: Ma pecché, pe’ caso he’ pigliato ‘o nummero?!

Flavio:        E tu tiene ‘a prenotazione?!

Rick:           Oh, e basta, calmàteve ‘nu poco. Ccà ce fa male ‘a capa.

Fortunato: Ma te ne vuo’ ì, o no? Io devo fare i complimenti a Asia.

Flavio:        No, glieli faccio io: oh, Asia, comm’ire bella stanotte cu’ chillu vestito scullato! Fortunato: E cu’ chelli belli scarpe cu’ chillu piezzo ‘e tacco, parìve àveta tre metre!

Flavio:        (A lui) Embé, ‘a vide ‘sta chitarra? Nun ‘a saccio sunà, però t’’a da’ ‘ncapa!

Fortunato: A me? E io t’’a faccio magnà! Anzi, no, ti sfido a duello.

Flavio:        E io so’ d’accordo. Jamme ccà ffora, dint’’o parco, annanzo a tutt’’e ggente!

Asia:           No, ma che vvulìte fa’? Mica ve vulìte accidere?

Rick:          Asia, e che te ne ‘mporta, a te? Si s’accìdene, t’’e llieve a tutt’e dduje ‘a tuorno!

Fortunato: Embé, Asia, mò te faccio vedé! (Bacia la mano ad Asia)

Flavio:        No, mò te faccio vedé io! (Le bacia pure lui la mano) Jamme, Furtunà...!

                    I due escono (nel mentre, Flavio prende un’arancia dal vassoio sul tavolo).

Asia:           Uh, Marò, nun ve vattìte, a me me fa impressione ‘o sango! Rick, fa’ coccosa.

Rick:          Senti, ma secondo te chi vince: Flavio oppure Fortunato?

Asia:           Ma vide ‘e te mòvere! Jàmmele a fermà!

                    Lo tira per il braccio ed escono.

3. [Eduardo, poi Mimmo e Gerry]

                   Dalla stanza da letto a destra, torna Eduardo con una busta turbolenta in mano.  

Eduardo:  (Felice) E vai, aggio acchiappato ‘o capitone! Steva sotto ‘o litto mio. Allora mò

                  vaco a telefonà a Furtunato, accussì me faccio pavà ‘a taglia! Chi sa ‘e quant’è?

                  Va a destra, ma si imbatte in Mimmo che esce da lì e spaventa Eduardo.  

                  Oddio! Mimmo, si’ tu? Cu’ ‘sta barba e ‘sti capille janche, me pare ‘nu vampiro!

Mimmo:   Addirittura? A proposito, ma che ce stive facénno sotto ‘o lietto tuojo, poco fa?

Eduardo:  (Imbarazzato) Ehm... no, niente, aggio truvato… aggio truvato… ‘o capitone!

Mimmo:   ‘O capitone? Stive truvànno ‘o capitone sotto ‘o lietto?

Eduardo:  No, vulévo dicere ‘e cazettine!

Mimmo:   ‘E cazettine d’’o capitone?

Eduardo:  No, ‘e cazettine ‘int’’e scarpune!

Mimmo:   Ma pecché, ‘e capitùne ténene ‘e cazettine e ‘e scarpune?

Eduardo:  Ma tu me faje ‘mbruglià! Io stevo cercanno sulo cierti cazettine ch’aggia lavà.

Mimmo:   E ‘o capitone?

Eduardo:  Ma nun ce sta! Vabbuò? E mò famm’ì a pusà ‘sta busta ‘into all’armadio mio.

Mimmo:   E che ce sta lloco ddinto?

Eduardo:  ‘O capitone. No, cioè… ‘e cazettine! Mimmo, fatte ‘nu poco ‘e fatte tuoje! Oh!

                  Eduardo esce a destra. Mimmo si siede al tavolo. Pare perplesso.

Mimmo:   Mah! (Nota un quotidiano sul tavolo) Famme leggere ‘nu poco ‘o giurnale, va’.

                 Da destra torna Eduardo. Pare soddisfatto.

Eduardo: Ecco qua, occultamento di capitone riuscito. E… (Nota Mimmo e va da lui)

Mimmo:  (Legge e parla da solo) Azz! Da non credere! Pazzesco! Assurdo! Incredibile!

Eduardo: (Si siede al tavolo) Néh, ma che nutizia staje liggenno? Cocche terremoto?

Mimmo:  No, le previsioni del tempo! Oggi nevicate fino ai 1100 “Hecto-Pascal”!

Eduardo: Ettore e Pascale? E chi so’?

Mimmo:  E che ne saccio? Sarrànne chille che hanne fatte ‘e pprevisione ccà ‘ncoppa!

Eduardo: Ah, ecco. E vabbuò. Fine delle previsioni del tempo!

                 E poi il silenzio. Entra in casa Gerry: va dietro Mimmo e gli guarda i capelli.

Gerry:     E che he’ fatto cu’ ‘sti capille?

                 I due si spaventano e, gridando, spaventano pure Gerry. Così i tre fuggono in

                 parti diverse. Poi, calmatisi, tornano al centro.   

Mimmo:  Gerry ‘o pazzo? Ma tu staje sempe ccà? Eduà, ittàmme a chisto ‘a parte ‘e fora!

Gerry:     (Siede al tavolo) E pecché? Nun vulìmme fa’ quatte chiacchiere? V’aggia parlà.

Eduardo: (Lo ascolta con circospezione) E che ce he’ ‘a dicere?

Gerry:     Sentite, Eduardo e Mimmo, io ve cerco scusa pe’ tutt’’e vvote che v’aggio

                 digniuto ‘e male parole e v’aggio fatto appaurà.

Eduardo: Oh, finalmente è arrivato ‘o pentimento! E chesto è tutto?

Gerry:     No, ce sta ‘o riesto: nun data retta a chi ve regala coccosa, pecché nun è che v’’o

                 rregala, v’’o ffa’ pavà aroppo. Ccà nisciuno fa niente pe’ niente. E mò v’aggia

                 salutà. Io non verrò mai più qua. Però non chiedetemi perché. Mò nun putìte capì.

Eduardo: E chesto c’’iva dicere? Io me penzavo che tu ce vulìve fa’ ‘na cazziata!

Mimmo:  (Scherza) E sì, pecché io, ‘na vota, aggio appicciato Roma cu’ ‘nu cerino! (Ride)

Eduardo: (Scherza anche lui) E io invece aggio ittato ‘a bomba ‘e Hiroshima! (Se la ride)

Gerry:     (Si alza arrabbiato) Ah, sì? Site state vuje? E io ‘o ssapevo. Ma che brutta gente!

                 Vuje site ‘a mmunnezza ‘e ll’umanità! E allora: pù a te e pù a te!

                 Gli sputa in faccia e s’avvia a sinistra blaterando.

                 Cose ‘e pazze! Ma chiste so’ scieme cu’ ‘o core!  

                 E sce via. I due si alzano in piedi e si puliscono.

Eduardo: Facéveme meglio a ce sta’ zitte!

Mimmo:   Appunto! A proposito, Eduà, se sta truvanno buono cu’ vuje tua cuggina Stella?

Eduardo: E secondo te...?! Magna, veve, dorme e nun fa niente!

Mimmo:   Sì, ma io ancora nun aggio capito comme t’è cuggina, chella. M’’o vvuo’ dicere?

Eduardo: Beh... veramente... cioè… (Rassegnato) Mimmo, ‘o saje mantené ‘nu segreto? 

Mimmo:   E se capisce, Eduà. Tu lo sai, io po’ ce ‘o ddico sulo a mugliérema e a mio figlio!

Eduardo: No, sò troppi ggente! L’he’ sapé sulo tu. He’ capito?

Mimmo:   E vabbuò, nun te prioccupà.

Eduardo: E allora jamme ‘int’’a stanza ‘e lietto.

                 E vanno nella porta a destra confabulando.  

4. [Asia, Rick e Flavio. Poi Stella e Barbara]

 

                 Dall’ingresso (a sinistra) tornano Asia e Rick. Asia è arrabbiata coi lui.

Asia:        Rick, ma tu fusse scemo? Ti metti a fare il tifo per quei due che si picchiavano?

Rick:        No, ma io...

Asia:        Silenzio! Sto’ parlanno io! Pe’ colpa toja, ‘int’a ‘sta casa, s’è perza ‘a pace. He’

                 sconvolto pure a me e ‘a vita mia. E stanotte, dormi tu in cucina. Io mi riprendo  

                 la mia stanzetta. E fin’e ddimane che te ne vaje, nun te voglio cchiù sentì! Intesi?

Rick:        Sì, ma mò ‘a pozzo dicere ‘na parola?

Asia:        Concessa!

Rick:        Visto che domani parto, stanotte pozzo durmì ‘int’’o lietto tuojo cu’ Stella?

Asia:        Ma cammina!

                 Esce in camera da letto a destra.

Rick:        Comme s’è fatta ‘nzìpida, chesta! Nun m’’a ricurdàvo accussì!

                 Esce di casa. Dalla stanzetta (destra) riecco Barbara (sconvolta) e Stella.

Stella:      Ah, finalmente l’aggio ditto a coccheduno. Nun ce ‘a facevo cchiù.

Barbara: Marò, che brutta cosa m’he’ ditto, figlia mia. Ma allora è ‘o vero, tu si’ l’amante

                 d’’o cavaliere. Mò che ce ‘o ddico a Teresa e ‘a signora Raffaella, siente!

Stella:      Signò, v’aggio ditto che nun ata dicere niente a nisciuno. Lo sapete solo voi.

Barbara: E io te ringrazio, ma tu he’ cumbinato proprio ‘nu bellu pasticcio. ‘O ssaje o no?

Stella:      E già. Mi sono messa con un uomo sposato che tradisce la moglie… e che per

                 giunta tradisce pure me. ‘E ch’affare!     

Barbara: Siente, tu me putìsse essere figlia, e picciò te voglio da’ ‘nu cunziglio: va’ add’’a

                 signora Raffaella e dince tutta ‘a verità. Accussì chella, primma spara ‘o marito e

                 ppo’ te spara pure a te. E vissero tutti felici e contenti!

Stella:      E sì, farò proprio così. Ma prima devo dire la verità pure alla signora Teresa.

Barbara: E tanto, si nun ce ‘o ddice tu, ce ‘o ddich’io! Tu che te pienze? Andiamo da lei.  

                 Vanno in cucina (centro).

5. [Mimmo ed Eduardo. Poi Fortunato]

 

                   Da destra (stanza da letto) riecco Mimmo e Eduardo.

Eduardo:   Allora, he’ capito tutto cose, Mimmo?

Mimmo:    Ah, mò capisco ‘a do’ so’ asciute ‘e duje gabinette d’oro. E sono pure belli: cu’

                   ‘e ffacce voste ‘a coppa! Te fanne venì proprio ‘o genio ‘e te ce assettà ‘ncoppa! 

Eduardo:   E vabbuò, mò però stattu zitto, nun parlà cchiù.

Mimmo:    No, e chi parle? Però, pe’ me, he’ sbagliato, pecché Stella nun t’è parente.

Eduardo:   T’aggio ditto stattu zitto!

Mimmo:     Sì, io me stongo zitto, però tu t’he’ fatto accattà d’’o cavaliere.

Eduardo:   Néh, ma l’he’ capito che nun he’ ‘a parlà cchiù?

Mimmo:     Sì, sì, aggio capito. Però tu...

Eduardo:   (Spazientito) E mò basta! E quanta vote t’aggia dicere che t’he’ sta’ zitto?!

Mimmo:     E vabbuò, sì, me stongo zitto. Allora io me ne vaco ‘int’’a cucina.

Eduardo:   E va’, va’. A proposito, si vide a Teresa, nun parlà proprio. T’arraccummanno.

Mimmo:     Nun te prioccupà. Però, Eduà, te putìve sta’ attiento...

Eduardo:   (Spazientito) Vatténne!

                    E Mimmo subito se ne va in cucina (al centro). Eduardo fa considerazioni.

                    Chi ‘o ssape si aggio fatto buono a parlà cu’ chisto! Tene ‘na vocca aperta...!

                    Dall’ingresso (a sinistra), frettoloso, arriva Fortunato, incerottato. E’ felice.

Fortunato: Signor Eduardo, signor Eduardo, io stongo ccà…

Eduardo:   Uhé, Furtunà, si’ venuto? Allora he’ capito? Aggio truvato ‘o capitone.

Fortunato: (Impaziente) E addò sta? Jàtele a piglià, facìte ambresso, muvìteve, sbrigateve...

Eduardo:   E aspiette ‘nu mumento. ‘O tengo ‘into all’armadio mio, ‘int’a ‘na busta!

Fortunato: (Sorpreso) Sta ‘int’a ‘na busta? E comme c’è caputo?

Eduardo:   E tu staje ‘nmana all’arte! Aspié, mò ‘o vaco a piglià e t’’o faccio vedé.

                   Eduardo va nella stanza da letto (l’altra porta a destra). Fortunato è trepidante.

Fortunato: Finalmente Flavio detto “’o capitone” è fregato, e così ho eliminato l’ultimo

                   ostacolo tra me e Asia! Non vedo l’ora che torna don Eduardo e me lo porta!

                   Eduardo torna con la solita busta turbolenta (quella col capitone vero dentro!).

Eduardo:   Eccolo qua: il capitone! (Apre la busta, lo mostra) Ha fernuto ‘e fa’ ‘o latitante!

Fortunato: (Deluso) E chisto fosse ‘o capitone?

Eduardo:   E allora che d’è, ‘na lacerta? Guarde, ch’’o pisciavinnele nun ne teneva cchiù!

Fortunato: Ma io parlavo di un altro capitone: un uomo, un ladro, un tale Flavio Merutto.

Eduardo:   (Stupito) Che? Flavio Merutto è ‘nu marjuolo? E se fa chiammà “’o capitone”?

Fortunato: Sì, e perciò fate attenzione a non dargli vostra figlia Asia. Vi raccomando.

Eduardo:   Pe’ carità, e chi ce ‘a da? Io nun ce ‘a dongo a nisciuno!

Fortunato: E no, aspettate. Non prendete decisioni affrettate! Ci sono pur sempre io.

Eduardo:   Pure? Ma quanta gente sta appriesso a mia figlia?

Fortunato: Personalmente, mi ha stregato!A proposito, posso regalarle un animaletto? 

Eduardo:   Un cagnolino?

Fortunato: No, un pitone!

Eduardo:   (Si arrabbia) ‘N’atu pitone? Ma mò te ciacco (Gli lancia la busta col capitone)

Fortunato: Ahia! Ma siete violento. (Simula) Mi avete ferito. Il braccio, la gamba. Soffro! 

Eduardo:   (Pentito) ‘O vero? Scusami. Ora vado a prendere un poco di spirito nel mobile. 

                    Va al mobile dietro loro, mentre Fortunato si avvia silenzioso a destra (in

                    camera da letto). Eduardo ha preso l’alcol e torna da Fortunato. 

                    Ecco lo spiri… to! E che è? Se n’è gghiuto? Mah! (Nota a terra la busta da lui  

                    lanciata) Chisto è ‘o capitone. E che me ne faccio? Nun m’’o magno,  pecché

                    mò ‘e capitune me fanne schifo! Allora sai che ti dico? Gli dono la libertà!

                    Prende la busta ed esce di casa.

 

6. [Barbara, Teresa e Stella e Raffaella]

                  Dalla cucina (al centro) tornano Barbara, Stella e Teresa (molto amareggiata).

Teresa:     ‘O vi’? Dicev’io che me pareva strano. Ma comme putìve essere ‘a cuggina ‘e

                  mio marito? Io nun t’’eva maje vista primma.

Stella:       E allora vi chiedo scusa.

Barbara:  E vabbuò, Teré, perduònele, nun ‘a vattere!

Teresa:     Ma chi ‘a vo’ fa’ niente? Mica è ll’amante ‘e mio marito? Lui l’ha conservata  

                  solo al cavaliere! E mò aggio capito pure comme amme avuto cierta rrobba...!

Barbara:  E allora nun ‘o vattere a Eduardo.

Teresa:     Proprio mò che ha fatto ‘na cosa bona? Ci ha fatto avere la cucina nuova, la

                  stanza da letto, una pelliccia e due gabinetti… cu’ ‘e ffacce noste ‘a coppa!

Barbara:  E allora speramme ch’’a signora Raffaella nun se n’accorge ‘e niente. Chella è

                  tutta scema! E chi ce va cchiù ‘a casa soja?

                  Ma intanto arriva proprio Raffaella. Al vederla, le altre restano stupite.

Raffaella: E allora chella scema d’’a signora Raffaella vene addù vuje!

Barbara:  (Preoccupata) Dio mio, Teré! ‘A scema m’ha ‘ntiso!

Teresa:     Ehm… stattu zitta!

Raffaella: Bene, e così Stella vi ha detto la verità. Finalmente! E secondo voi, mi bevevo la

                  storia della cugina di don Eduardo?

Barbara:  Uhé, Stella, fujiténne, o si no chesta t’accide.

Teresa:     Marò, Barbara, ma te vuò sta’ zitta ‘nu mumento?

Raffaella: Sai, Stella, io non ce l’ho con te. Ma con Ferdinando, sì. Perciò, tu testimonierai

                  davanti al giudice riguardo i suoi tradimenti. E ieri lui mi ha pure picchiata!

Barbara:   (A Teresa) Azz, curnuta e mazziata!

Teresa:     Sssst! Stattu zitta! Lascia parlare Stella.

Stella:       Signora Raffaella, Ferdinando fa bene a tradirvi. Voi girate il mondo a divertirvi  

                  lo lasciate solo. Così lui cerca in un’altra donna le cose che invece voi gli negate.

Raffaella: Signora Teresa, e voi non dite niente? Vostro marito ha tenuto qui in casa vostra

                  un’estranea con l’inganno. O devo pensare che vi faceva comodo? In fondo, mio

                  marito vi ha regalato tante cose, perfino i gabinetti d’oro con le vostre foto sopra.

Teresa:     Signò, pigliatavìlle ‘n’ata vota, accussì ‘ncoppa ce azzeccate ‘a fotografia vosta e

                  chella ‘e vostro marito!

Raffaella: Scusate, ma qua pare che sono io ad avere torto. Ma non dovrei aver ragione?

Barbara:  Signò, ‘a raggione ‘a vonno ‘e fessi!

Raffaella: E allora io so’ fessa?

Barbara:  No, io volevo dire…

Teresa:     Barbaré, tu parle troppo! Tu he’ ‘a dicere sulo ‘o stritto necessario. He’ capì?

Raffaella: E’ ‘o vero, signora Teresa, ‘a sora vosta è troppo scustumata.

Teresa:     ‘O vero? E ‘o ddicite proprio vuje che site trasuta d’’a porta senza salutà?!

Raffaella: E già. Chiedo scusa. E in quanto a mio marito, ora vado da lui, lo perdono e

                  facciamo pace. Però tu, Stella, non ci dovrai venire mai più in questo parco.

Teresa:     E no, e qua vi sbagliate. Io stongo dint’’a casa mia e pozzo ospità a chi voglio io.  

Raffaella: Veramente, se questa è ancora casa vostra, è ancora da vedersi. Arrivederci.

                  Volta le spalle ed esce col volto pieno di superbia.

Barbara:  Chi sa che vo’ cumbinà, chesta?

Teresa:     Boh! Comunque nuje stamme in regola e nisciuno ce po’ ffa’ niente.

Stella:       Signora Teresa, signora Barbara, a questo punto io vado a farmi la valigia.

Teresa:     Aspié, e pecché te ne vaje? A me mi fa piacere tenerti ospite qua.

Barbara:  E ppo’ tu si’ ‘a cuggina ‘e Eduardo!

Teresa:     Ne dicìsse una bbona, tu! So’ tre ore che stamme dicenno che nun è ‘o vero!

Stella:       Sentite, io vi ringrazio, però devo tornare al mio lavoro e alla mia tesi di laurea.

Teresa:     Barbara, dove stanno i vestiti di Stella?

Barbara:  L’aggio misa fora ‘o barcone. Purtroppo non c’era spazio negli armadi.

Stella:       Va bene lo stesso, non c’è problema. Allora mi aiutate a fare la valigia?

Barbara:  E pecché t’amma aiutà?

Teresa:     Ma che domande sceme che ffaje! Jamme dinto e basta.

                  E le tre escono a destra.

7. [Eduardo, Mimmo e Ferdinando. Poi Barbara e Teresa]

                   Dalla cucina (al centro) torna Mimmo preoccupato.

Mimmo:    Uh, Marò, ma addò sta Eduardo? Ce aggia dicere chello ch’aggio scuperto.

                   Dall’ingresso (sinistra) entra Eduardo.

Eduardo:  Aggio liberato ‘o capitone e chillo se n’è fujuto add’’o vicino ‘e casa. E mò?

Mimmo:    Uhé, Eduà, t’aggia dicere ‘na cosa: Stella Cometa ha cantato!

Eduardo:  ‘O vero? E tene ‘na bella voce?

Mimmo:       No, nel senso che ha detto tutto a Barbara, a Teresa e alla signora Raffaella.

Eduardo:     (Preoccupato) Ahia! E chella, mò, Teresa vo’ sapé ‘a verità. E io che ce dico?

Mimmo:       E io te ll’aggio ditto pure, Eduà: nun te fa’ accattà d’’o cavaliere!

Eduardo:     ‘N’ata vota? Aggio ditto che t’he’ sta’ zitto, soprattutto si vide a Ferdinando!

                      Eduardo allarga le braccia rassegnato. In quel momento arriva Ferdinando.

Ferdinando: E’ permesso? Auguri di buon anno nuovo.

Eduardo:      (Un po’ preoccupato) Ah, ehm... Ferdinà. Auguri pure a te. Viene, trase.

                      Ferdinando entra, nota Mimmo (invecchiato), non lo riconosce e si presenta.

Ferdinando: Salve! Piacere, cavalier Ferdinando Leone. Voi siete il padre di Eduardo?

Mimmo:       Ma no, io songo ‘o cognato suojo, Mimmo!

Ferdinando: Veramente? E che avete fatto ai capelli?

Mimmo:       Pure vuje, mò? Niente, me piàcene accussì, vabbuò?!

Ferdinando: E va bene, scusate. A proposito, com’era il vino che vi ho regalato? Buono?

Mimmo:       Boh! Cavalié, purtroppo è succieso ‘n’incidente. ‘O vino c’è rimasto ‘ncanna!

Ferdinando: Ho capito. Allora eccovi le chiavi... (Le prende dalla tasca e gliele consegna)

Mimmo:       Cavalié, aggia dicere ‘a verità? V’hanna fa’ ‘na statua d’oro!

                      Ed esce di casa, entusiasta.

Ferdinando: Finalmente se n’è andato. Allora, Eduà, mò m’he’ ‘a sta’ a sentì duje minute.

Eduardo:      Aspiette ‘nu sicondo. Devo andare nella stanza da letto a prendermi una cosa!

                      E corre a destra.

Ferdinando: Aggio capito, mò se va a piglià ‘o solito impermeabile. Ma pecché? Pecché?

                      Ma poco dopo Eduardo torna sconvolto.

Eduardo:      Oh, no... l’impermeabile e ‘o cappuccio nun ce stanne cchiù! Io ll’’eva lassate

                      ‘int’all’armadio viecchio. E mò l’aggio ittato! E mò comme faccio?

Ferdinando: Eduà, he’ fatto, sì o no? 

Eduardo:      (Si avvicina timoroso) E va bene, parla. Però devi evitare tutte le parole con la

                       “t”, la “f”, la “p” e la “s”! Sono le più pericolose!                   

Ferdinando: E comme se fa? Io nun riesco a parlà accussì!

Eduardo:      E allora nun te voglio sentì.

Ferdinando: E vabbuò, amménte parlo cu’ te, guardo a ‘n’ata parte. E mò stamme a sentì.

                      Mentre Ferdinando parla, Eduardo scansa gli sputi a destra e a sinistra. 

                      Allora stamme a sentì, Eduà. Pe’ colpa ‘e mia moglie, sto’ ‘nguajato. E nun

                      pozzo ì annanzo accussì. E... (Lo nota muoversi) Néh, ma che staje facenno?

Eduardo:      Ehm... faccio ‘nu poco ‘e ginnastica!

Ferdinando: Ma stattu fermo. Ch’educazione è chesta? Io stongo parlanno. Dunque, non so

                      come cominciare. Eduà, vedi, il mondo è tanto grande, eppure così piccolo!

                      piccolo! E quindi… Eduà, ho cambiato amante. L’ho conosciuta al veglione.

Eduardo:      Che? E Stella?

Ferdinando: Ha scoperto la mia nuova amante al veglione. Così mi ha lasciato per sempre. Eduardo:      (Contento) ‘O vero? Ma allora mò se ne va?

Ferdinando: Sì, Edua. Però, da oggi, al posto suo... ospiterai la mia nuova amante!

Eduardo:      (Serioso) Che? No, basta, io nun voglio ospità cchiù a nisciuno. He’ capì?

Ferdinando: Ma dai, cosa ti costa? Io ti ho fatto tutti quei regali...! E te ne farò ancora.

Eduardo:      (Si alza e gironzola) No, basta. Ferdinà, io nun me faccio accattà ‘a nisciuno.

                       Sulo ‘a chi me cunosce. ‘Stu cunziglio me l’ha dato poco fa Gerry ‘o pazzo!

Ferdinando: (Si alza pure lui ) Gerry ‘o pazzo? Ma… Eduà, chillo è muorto ‘n’anno fa!

Eduardo:      E’ muorto? Ma allora, io e Mimmo… amme parlato… cu’ ‘o spirito suojo!

                      Torna Mimmo con un altro borsone di bottiglie di vino. Lo posa a terra. 

Mimmo:       Eccomi qua. Cavalié, m’aggio pigliato quinnice butteglie.

Ferdinando: Bravo, avete fatto bene. Lo vedi, Eduà? Tuo cognato è più ragionevole di te.

                      Ti raccomando, non fare scherzi. Fai quello che ti ho chiesto. Arrivederci.

                      E se ne esce di casa.  

Mimmo:       Eduà, spartìmmece ‘stu malloppo!

Eduardo:      No, nun voglio niente. Il cavaliere non mi comprerà mai più coi suoi regali.

Mimmo:       Eduà, tu primma te faje arrubbà d’’e marjuole e ppo’ miette ‘a porta ‘e fierro!

Eduardo:     Embé, ‘a quanno si’ gghiuto ‘a Terra Santa, io nun te capisco cchiù!

Mimmo:       ‘Stu pruverbio me l’ha ‘mparato chillu pazzo ‘e Gerry ‘o pazzo! 

Eduardo:     (Timoroso) Uhé, nun parlà malamente ‘e isso, pe’ carità. Chillo te sente.

Mimmo:       Ma pecché, sta ccà?

Eduardo:     No, non ci sta più. Gerry ‘o pazzo è muorto ‘n’anno fa. L’ha ditto Ferdinando.

Mimmo:       E si è muorto ‘n’anno fa, allora chi è chillo ch’amme visto ccà ddinto?

Eduardo:     Era lui sottoforma di spirito... diciamo, di alcool!

Mimmo:       Ma nun me sfruculià! E poi secondo te, uno spirito può dire gli indovinelli? 

Eduardo:     Quelli non erano indovinelli, ma avvertimenti prima che accadevano i fatti. E

                      nun l’he’ ‘ntiso, primma? Ha ditto che nun ce vene cchiù ‘a casa mia, pecché  

                      l’è succiesa ‘na cosa che nuje nun putìmme capì ancora: è gghiuto ‘nParaviso!

Mimmo:       (Impressionato) Eduà, jamme a piglià mommò chillu vino...!

                      Corrono in cucina, spaventati. Da destra ecco Fortunato, Teresa e Barbara.

Teresa:         Prego, venite, dottore.

Barbara:      E allora ate capito, duttò? Addò me ne vaco io? ‘A casa mia se ne sta cadenno!

Fortunato:   (Fa il solito tic) Veramente?

Barbara:      Biato a vvuje ca tenite genio ‘e abballà! A me m’abbàllene sulo ‘e ccerevélle!

Fortunato:   (Ferma il tic) Signò, ma chi sta abballanno? E ora ascoltate: oltre casa mia, io      

                      ne ho un’altra di tre stanze, ristrutturata, con balcone che dà sul parco a fianco.

Barbara:      E io lo dico sempre: ave ‘o ppane chi nun tene ‘e diente! ‘E pure vuje, duttò. 

Fortunato:   Un momento, ma io, questa casa, ce l’ho vuota. E la voglio affittare a voi.

Barbara:      (Felice) Uh, Teré, he’ ‘ntiso?

Teresa:         E pe’ forza, io sto’ ccà vicino a te! E me fa assaje piacere pe’ te e pe’ Mimmo.

Barbara:      Dottò, come posso ringraziarvi? Io mi metto a disposizione anima e corpo!

Fortunato:   Signò, aggiate pacienza, ma facìteme ‘o piacere!

Barbara:      Allora ve faccio spusà cu’ mia nipote Asia. Le faccio fa’ ‘stu sacrificio!

Fortunato:   Ma pecché, è ‘nu sacrificio a se pusà a me?

Barbara:      No, io volevo dire...

Teresa:         Embé, Barbara, mò piglio ‘sta lengua ‘e t’’a straccio!  

Barbara:      A proposito, duttò, quann’’a pozzo venì a vedé, ‘a casa? Anche adesso?

Fortunato:   Ma certo.   

Barbara:      Teré, viene pure tu. Io nun ce vaco sola sola cu’ ‘n’ommo scunusciuto!

Fortunato:   (Eh, m’ha pigliato p’’o maniaco, chesta!). Signora Teresa, venite pure vuje.

                      I tre escono: Fortunato esce facendo i suoi tic.

Scena Ultima. [Tutti tranne Flavio, Raffaella e Asia]

                     Dalla destra (l’altra porta) escono Asia e Stella (con una valigia Trolley).

Asia:            E allora, Stella, hai proprio deciso di andartene?

Stella:            Sì, Asia. Ormai sapete tutta la verità. Mi sentirei in imbarazzo a rimanere qui.

Asia:              Che ti debbo dire? Almeno però passa a trovarci quando vuoi.

Stella:            Non ti preoccupare, il tuo cellulare lo tengo. Bene, allora ti saluto.

Asia:              Ciao Stella, abbi cura di te.

Stella:            (Posa il trolley a terra) E tu fai altrettanto. Allora, alla prossima.

                       Si baciano sulle guance, poi Asia esce al centro, commossa. Stella pare triste.

                       Beh! Come mi dispiace di lasciare questa casa. E soprattutto, questa famiglia.

                       Rincasa Rick. E’ brillo. Nota Stella.

Rick:              E che d’è, Stella? Te ne ne vaje?

Stella:            Sì, Rick. Ormai il mio tempo qui è finito. Come tutte le cose belle, del resto.

Rick:              E perché? Noi, questa notte, potevamo dormire insieme nel letto di Asia!

Stella:            E invece dormi da solo! (Si china a controllare il trolley in posa sexy)

Rick:             (Le guarda il sedere) Guarde lloco che peccato! Adesso ti porti pure a lui?!  

Stella:            (Si rialza) Allora, stammi bene. (Si volta a sinistra, tira il trolley, sculettando)

Rick:              Ciao, tesoro! (La segue fino all’uscita, guardandole il sedere)

                       Stella esce di casa. Rick torna a centro stanza, immalinconito.

                       Se ne vanno sempre i migliori! E famme priparà ‘a valiggia, va’.

                       Rick va a destra. Dal centro Mimmo e Eduardo insieme portano il borsone.

Eduardo:       Comme pesa ‘stu borsone. Fermàmmece ‘nu minuto, nun ce ‘a faccio cchiù.

                       Posano un po’ il borsone a terra e riprendono fiato.

Mimmo:        Però me dispiace, tutto ‘stu bene ‘e Dio ce ‘o damme ‘n’ata vota ‘o cavaliere.

Eduardo:      Mimmo, ‘stu vino nun è buono. E’ spuorco. Dinto, ce stanne ‘e peccate!

Mimmo:        (Schifato) ‘O vero? Chi schifo, io me l’aggio pure vevùto! E allora, andiamo.

                       Alzano il borsone e si avviano a sinistra, ma dall’ingresso arriva Ferdinando.

Ferdinando: Portiere!

Mimmo:       (Si spaventa e lascia il borsone) Mamma bella! 

Eduardo:      (Non ce la fa a sostenere il borsone e gli cade sui piedi e grida) Aaaaaah!

Mimmo:       Uh, t’he’ fatto male?

Eduardo:      (Dolorante, ironico) No, me stongo addiverténno comm’a ‘nu pazzo!

Ferdinando: Ma… quel borsone lo riconosco. Dentro c’è il mio vino. E non lo volete più?

Mimmo:       No, pecché ce stanne ‘e peccate ‘a ‘into!

Ferdinando: Non vi capisco. In ogni caso, ora vorrei parlarvi un secondo.

Mimmo:       Aspettate, cavalié, io e Eduardo veniamo subito! Mò m’aggio ‘mparato pur’io!

                      Corrono nella stanza da letto (a destra). Ferdinando li guarda sorpresi.

Ferdinando: Mò se ne va pure chisto, appena me vede?! E forza, io ho fretta. (Squilla il suo

                      cellulare) E chi è mò? Pronto! Non mi scocciate! (Lo spegne) Jamme bello!

                      I due tornano (Mimmo è davanti) con un impermeabile e un cappuccio a testa.

Mimmo:       Ecco fatto! Adesso siamo pronti ad affrontare la tempesta!

Ferdinando: Ma che d’è? V’ate mise tutt’e dduje l’impermeabbile e ‘o cappuccio?

Mimmo:       (Si tocca l’occhio) Marò, Eduà, m’ha cugliuto! Me n’ha fatta una a effetto!

Eduardo:      ‘O vero? Aspié, cagnamme posto! (Così fa) E allora, Ferdinà, mò puo’ parlà.

Ferdinando: Molto bene. Eduardo, dal 1° febbraio, non sarai più il portiere di questo parco.

Eduardo:      Sono licenziato? E devo lasciare pure questa casa?

Ferdinando: E certo, questa è la casa del portiere. E ora manda via da qui i tuoi cognati.

Mimmo:        Ua’, ‘e che ciorte: ‘int’’a ‘na semmana, m’hanne cacciato già ‘a doje case!

Eduardo:      E pecché aggia caccià a Mimmo e Barbara? Devo ospitare solo le tue amanti?

Ferdinando: Non sono affari tuoi. Io mi tengo le mie amanti e a mia moglie sta bene.

Mimmo:       E se capisce. ‘A signora tene cchiù corne che capille!

Eduardo:      Statti zitto! E mò comme ce ‘o ddico a Teresa che ce n’amma ì ‘a ccà?

                      Dall’ingresso (a sinistra) torna proprio Teresa.

Teresa:         E io già ‘o ssaccio, Eduà. Saccio tutto cose. Aggio ‘ntiso... e aggio capito.

Ferdinando: Meglio così. Almeno non riceverete nessun trauma.

Teresa:         E che ce ne ‘mporta a nuje? Io ora sto tornando dal parco a fianco, dove c’è la

                      nuova casa di Mimmo e Barbara. Gliela fitterà il dottor Fortunato Colmazzo.

Mimmo:       (Felice) Che? ‘Na casa nova? Io? Grande! E comm’è, Teré? E’ bella, è bella?

Teresa:         Assai! E’ nova nova e tene pure ‘na bella veduta ‘e Napule e ‘o doppio bagno!

Eduardo:     (Amareggiato) Biato a te, Mimmo. Mò me sa che m’he’ ospità tu a me.

Teresa:         E invece no. Nel parco a fianco serve un purtiere. Il dottor Colmazzo ha fatto

                      il tuo nome a tutte le persone. E loro, che già ti conoscono, ti aspettano.   

Eduardo:      (Stupito) Uh, Giesù! (Felice) E allora amma festeggià! Alééé! Ferdinà e allora

                      t’’a può piglià ‘sta casa, tanto, nun me serve cchiù! Ma fin’e ‘o primmo ‘e

                      febbraio, chesta è ancora casa mia! Perciò, sentiti questo coro…!

Gli altri:       (Rivolti verso Ferdinando) Fuori, fuori, fuori...!

                      E così, Ferdinando esce senza aggiungere altro.

Teresa:         Che bello, è cominciato proprio bene, il nuovo anno! Com’era quel proverbio?

Eduardo:      “Anno nuovo, vita nuova”.

Teresa:          Appunto! A proposito, Eduà, lo sai che mi piace tanto quel dottor Colmazzo?

                       Ho scoperto pure che è singolo! Nun è ch’Asia se vulésse fidanzà cu’ isso?

Eduardo:       E ‘o vvuo’ sapé ‘a me? Dincello a essa.

Teresa:          Embé, chella figlia mia nun capisce niente! ‘O buono nun l’apprezza!

Eduardo:      Ah, a proposito, uhé, Mimmo, grazie per l’impermeabile.

Mimmo:        He’ visto? Menu male ca ne tenevo uno ‘e cchiù! Eh, io so’ furbo!

                       Si tolgono gli impermeabili e i cappucci e li posano sul divanetto. Intanto

                       dalla stanzetta (a destra) esce Rick (con la valigia).

Rick:              Cari zii, io parto. Ebbene sì: torno in Inghilterra... a fare la solita routine!

Mimmo:         He’ capito, Eduà? Ha ditto che torna a ffa’ ‘o solito ruttino!

Eduardo:       E ‘o va a ffa’ in Inghilterra! In casa mia, ruttini non se ne fanno!

Teresa:           Rick, ma allora te ne vaje?... E ffa’ ambresso, tu ‘issa perdere ll’aereo?!

Rick:              No, c’è tempo. Sentite, zii, non siate tristi. Io torno a trovarvi un’altra volta.

Eduardo:       Sì, però, primma ‘e venì, fancéllo sapé... (Accussì nun ce facìmme truvà!).

Teresa:           Aspetta, Rick, ma noi fra poco cambiamo casa. Il nuovo indirizzo è...

Eduardo:       No, stattu zitta! Ma che dici? Quale nuovo indirizzo? La nostra casa è questa.

Teresa:           (Capisce al volo) Ah, giusto. (Nun ha da sapé addò ce ne jamme ‘e casa!).

Rick:              Scuse, ‘a zi’, che stive dicenno?

Teresa:           No, niente. Su, usciamo, tra poco qua fuori passa il pullmann per l’aeroporto.

Rick:               Zio Eduà, zia Teresa, se vi dispiace che parto... io resto qua un altro mese!

Ed&Ter:        A chi...?

                        Gli si mettono sottobraccio e lo portano fuori. Lasciano a terra la valigia.

Mimmo:         Uhé, nun ve scurdate ‘a valiggia! (La prende)

                        Corre fuori casa per raggiungere Eduardo, Teresa e Rick.

FINE DELLA COMMEDIA