La vita vera

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Un breve copione per ragazzi sulla necessità di recuperare i valori veri che la modernità e la tecnologia tendono a disarmare.

(Ester Annetta

Via del Casale Giuliani 46

00141 Roma

Cell.339 3034840

Posizione SIAE n. 212341 - Sez. D.O.R. Autori)

LA VITA VERA

ATTO UNICO

Scena prima

(Nota: il palco potrà dividersi in due parti, ciascuna rappresentante la scena di un diverso quadro, e dunque saranno illuminate alternativamente.)

Primo quadro:

E’ sera. Gabriele, 13 anni, è in pigiama nella sua cameretta seduto alla scrivania davanti allo schermo del suo pc. La stanza è in penombra; bagliori li luci e colori proiettate dal monitor rimbalzano sulle pareti, alternandosi come in una danza. Il ragazzo batte velocemente sulla tastiera; lo sguardo fisso, come ipnotizzato.

La porta della stanza si schiude e cautamente si affaccia qualcuno.

NONNO – Posso entrare? Volevo darti la buonanotte…

GABRIELE (senza neppure voltarsi) – Entra pure nonno.

NONNO – Ma ancora davanti a quel computer? Mi sembra che tu non faccia altro tutto il giorno! E quando non è quello sono i videogiochi o il telefonino!

GABRIELE – Oh nonno, tu non puoi capire, sei vecchio! Con Facebook e gli altri social network posso parlare con tantissime persone anche contemporaneamente, sapere dove sono e cosa fanno, vedere le loro foto; posso perfino comunicare con i miei cantanti preferiti attraverso i loro siti! Anche con i videogiochi, sai? Posso collegarmi con qualcuno e giocare allo stesso gioco pur rimanendo ognuno a casa sua: basta una cuffia con un microfono.

NONNO – Facebook, social network, collegamenti... Sarà pure progresso, ma è spaventoso!

GABRIELE – Dici così solo perché non capisci e non sai usarli! Avvicinati, ti faccio vedere come si fa.

Il nonno va a sedersi accanto a Gabriele che riprende velocemente a battere sulla tastiera mentre sullo schermo si susseguono schermate ed immagini.  

GABRIELE – Ecco, vedi qui? Questo è l’elenco dei miei amici: sono 1.027! Se clicco su queste finestrelle con la foto posso vedere il profilo di ciascuno di loro, quello che fanno, cosa scrivono, le foto dei posti dove sono stati, tutto insomma! E non importa che si trovino nella mia stessa città: si può fare anche con persone che vivono dall’altra parte del mondo!

NONNO – 1.027 amici? Gabriele, come si fa ad essere “amico” di così tante persone? Puoi dire di conoscerle davvero? Cosa sai di loro che non sia ciò che scrivono e che vogliono farti credere? Li hai mai visti piangere o sorridere? Gli hai mai dato una pacca sulla spalla? Li hai mai abbracciati? Cos’è per te l’amicizia?

GABRIELE – Ma come? Non capisci quanto sia figo trovare chissà dove persone che hanno i tuoi stessi gusti e i tuoi stessi interessi? Mantenere i contatti con chi hai conosciuto al mare o a un concerto? Sfidare qualcuno che nemmeno sai chi è ma che in quell’istante è collegato al tuo stesso gioco? E’ una sensazione bellissima, come essere in più posti contemporaneamente!

Ma tu sei troppo antico per capire!

NONNO – L’amicizia è un’altra cosa, Gabriele, non è una finzione né un artificio né un effetto speciale. Sarò pure antico, ma forse è proprio questo che mi rende ancora capace di distinguere i valori veri, quelli che la vostra generazione purtroppo sta perdendo di vista. Ma ti ricordi di Matteo, il bambino che abita al piano di sotto con cui fino a qualche anno fa giocavi ogni pomeriggio dopo i compiti? O Fabrizio, il tuo compagno di banco delle elementari da cui non ti saresti staccato mai? Vi guardavo giocare in cortile ed era come tornare indietro nel tempo alla mia infanzia: partite di pallone infinite, fino a che si faceva buio, con i compagni di scuola o i ragazzini del quartiere; corse in bici, ginocchia sbucciate curate velocemente con saliva ed una strofinata per non interrompere il gioco; trovate ingegnose e invenzioni fantastiche, come quella volta che costruimmo una trappola per grilli! Quello era il germe dell’amicizia: un legame che con molti di quei ragazzi di allora non si è mai interrotto, che ci ha visti crescere, confidarci i nostri segreti e le nostre preoccupazioni, consolarci per le nostre prime delusioni d’amore, fino a trasformarsi da adulti in una complicità che ci consente di ritrovarci ancora oggi come se il tempo non fosse mai passato, anche se non ci vediamo per mesi interi!

Dove sono ora Matteo, Fabrizio e tutti gli altri?

Tu “parli” con “amici” che forse nemmeno sai come siano fatti in carne ed ossa e non pensi che ti basterebbe scendere una rampa di scale, bussare ad una porta e trovare qualcuno con cui parlare davvero, muovendo le labbra e non le dita, e guardandolo negli occhi.

E’ molto triste tutto questo, e mi spaventa, perché temo che la vostra e quelle future siano generazioni di persone finte, ma soprattutto sole. Pensaci Gabriele; parlane anche con i tuoi compagni di scuola e gli insegnanti. Loro, anzi, potrebbero aiutarvi a sviluppare questo argomento.

E per favore, ora spegni quel computer e vai a dormire.

Buonanotte.

Il nonno esce dalla stanza con un’andatura stanca, sembra quasi curvo. Gabriele rimane qualche istante come assorto. Poi spegne il pc e va a letto.

Buio.

Scena seconda

Secondo quadro:

Lentamente si illumina un’altra scena: uno spazio vuoto, nuvole di nebbia, sagome di persone sparse. Dal fondo entra Gabriele.

GABRIELE (guardandosi intorno spaesato) – Dove mi trovo? Chi sarà mai tutta questa gente?

(Avvicinandosi ad una delle sagome) Ehi, ma tu sei Federico, il ragazzo di Milano che ha il blog sui tatuaggi! Sono proprio contento di conoscerti finalmente! Come stai? (Gli tende la mano, ma la figura rimane immobile. Gabriele resta perplesso ma viene subito distratto da un’altra figura che è accanto).

E tu sei Giorgio, il campione di “Assassin’s Creed” che ancora non sono riuscito a battere: lasciatelo dire, sei davvero un mostro! (fa il gesto del “batti il cinque”, ma la sua mano rimane sospesa in aria senza che l’altro offra la sua. Ancora una volta Gabriele si mostra deluso; ma il suo sguardo s’illumina nel vedere la figura alla sua destra).

No, non riesco a crederci: Fedez, il mio rapper preferito, il mio idolo!

(Si lancia entusiasta nella sua direzione per abbracciarlo, ma la figura si rivela essere una sagoma di cartone, leggera, senza spessore, che al suo tocco si accartoccia e cade. Gabriele ha quasi un sobbalzo; guarda la sagoma a terra, poi si avvicina alle altre accanto. Le tocca appena con un dito e ad una ad una tutte cadono allo stesso modo. Rimane infine una sola figura, distante, sul lato opposto a Gabriele. Si muove, cammina lentamente nella sua direzione. Anche Gabriele si avvicina, finché si ritrovano al centro, l’uno di fronte all’altra).

GABRIELE – Matteo sei tu?

MATTEO – Sono io.

GABRIELE – Ma dove siamo? Cosa sta succedendo?

MATTEO – Siamo in un sogno, nel sogno che tu stai facendo mentre dormi.

Le persone che hai visto e che ti sembravano reali sono tutti quegli amici che popolano il tuo social network. Sono immagini, maschere, idoli di cartone che – come ti sei accorto – crollano al solo contatto con ciò che è vero: il tuo esistere, la tua realtà, la tua presa di coscienza.

Noi ragazzi dovremmo forse essere più attenti e più cauti; imparare a distinguere ciò che davvero sia importante da ciò che è solo una finzione, la realtà dall’apparenza. Cibarci, si, di conoscenze e sapere, ma convogliarle verso l’utilità piuttosto che diventarne schiavi, gestirli anziché dipenderne, e soprattutto non cedere alla vanità della competizione: essere liberi di pensare e di sentire invece che omologarci,  e avere il coraggio e la consapevolezza delle nostre scelte. E’ un lavoro importante, che serve a renderci persone e non schemi, sagome vuote; e che ci fa riscoprire l’importanza di valori concreti, come l’amicizia.

GABRIELE – Credo di cominciare a capire. Siamo forse troppo distratti noi ragazzi, troppo superficiali e troppo male abituati ad avere tutto a portata di mano, così che manchiamo della capacità di comprendere l’importanza del sacrificio, del merito e della conquista. E chiusi nei nostri mondi artificiali, costruiti secondo i nostri modelli, quelli che ci piacciono e ci soddisfano e che siamo in grado di manipolare e riprogrammare come vogliamo, ci sfugge il senso della vita vera, del sentimento, dell’umanità. Siamo degli stupidi presuntuosi.    

MATTEO – Esatto, ci sei arrivato!

GABRIELE – Si. Ma come ci si salva da tutto questo?

MATTEO – Non è difficile. Occorre solo una coscienza comune, una identica consapevolezza di noi tutti giovani di questa generazione, uomini e donne di domani, così da poter essere d’esempio a chi verrà dopo. Insomma, quello che ha tentato di fare il nonno con te! E non servono grandi progetti né grandi imprese, basta iniziare dal nostro piccolo mondo: la scuola, i compagni di calcio o di rugby, la famiglia.

GABRIELE – Posso chiederti un’ultima cosa?

MATTEO – Chiedi pure.

GABRIELE – Tu non sei una di queste sagome… Sei vero?

MATTEO - Esiste un modo per scoprirlo: non devi fare altro che aprire le braccia e venirmi incontro.

Gabriele l’abbraccia e Matteo ricambia la stretta. Senza svanire.

Buio.

Scena terza

Primo quadro:

La luce si riaccende sulla stanza di Gabriele. E’ giorno e il ragazzo, nel suo letto, si sveglia di soprassalto. Nello stesso istante il nonno fa capolino dalla porta.  

NONNO – Non immaginavo di trovarti già sveglio. Bene, almeno per oggi mi hai risparmiato l’ingrato compito di tirarti giù dal letto! Ti aspetto in cucina, la colazione è pronta. (Fa fa per andare).

GABRIELE – Nonno aspetta, devo dirti una cosa importante.

Il nonno si volta a guardarlo, in attesa.

Ho pensato molto a quello che ci siamo detti ieri sera e ho capito che noi ragazzi  che,  grazie a queste nuove tecnologie, siamo convinti di avere e di potere tutto come se fossimo padroni del mondo, abbiamo in realtà delle grandi mancanze che nessuna macchina, neanche la più sofisticata, sarà mai in grado di colmare.

I mondi virtuali sono mutevoli ed incostanti; gli strumenti si evolvono velocemente e di continuo, le conoscenze si moltiplicano e si superano. Ma guai a lasciarci sopraffare da tanta modernità, a farcene dominare. Gli uomini avranno ancora motivo di esistere fintanto che non si confonderanno con le macchine che loro stessi creano. E questo sarà possibile solo se riusciremo a conservare le emozioni ed i sentimenti.

NONNO – Sono davvero felice che tu abbia compreso, ma ancor più che ti sia fermato a riflettere sui miei pensieri accorgendoti che non sono poi così “antichi”! (sorride)

GABRIELE – E sai cosa farò oggi a scuola? Chiederò alla professoressa di lettere di lasciarci fare in classe un piccolo dibattito su questi argomenti, per confrontarci. Ed io racconterò di quello che ci siamo detti noi due e….di un sogno che ho fatto...

NONNO – Bravo, ragazzo! Sono orgoglioso di te.

Fa una piccola pausa; poi, sorridendo, aggiunge:

Che strana coincidenza che tu abbia il nome di un Nunzio…

Gabriele sembra non capire, però si lancia di scatto fuori dal letto correndo verso il nonno. L’abbraccia a lungo, dicendo solo:

– Grazie.

 

Buio.