La voce del silenzio

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LA VOCE DEL SILENZIO

LA VOCE DEL SILENZIO

di

Vincenzo Biscardi

Lo spettacolo aggiunge all’opera di Pirandello “La morsa” un cappello introduttivo, esterno ad essa, che presenta il tema del “detto non detto”. Tale monologo sarà recitato dallo stesso attore che interpreterà in seguito la cameriera nel testo originale; questa, che nell’opera originale è personaggio passivo ed esterno alle vicende, porrà al pubblico, tramite un’introduzione fatta di parole dette per immagini, varie situazioni e sensazioni di “detto e non detto” che sfoceranno, insieme a lei, nel testo di Pirandello. 
In seguito il testo verrà mostrato integralmente, ma al suo interno esploderanno dei momenti dove il “detto non detto” uscirà fuori dai personaggi attraverso realtà “parallele” per invadere la scena, la platea e il pubblico!


PERSONAGGI
SARA: Viaggiatrice che parla per immagini.
ANNA: Cameriera della famiglia di Andrea.
GIULIA: Moglie di Andrea
ANTONIO: Amico di Andrea
ANDREA: Marito di Giulia


In scena si trovano una struttura coperta (che funge da sedia, divano, rialzo, ecc.) e un tavolino in vetro coperto da un telo leggero con sopra una bottiglia e tre bicchieri. Sul fondo ci sono due grandi quadri e per terra, sparse qua e la, alcune fotografie.
Tutta la scena è come sospesa per aria e non da indicazioni precise sul tempo e il luogo dei fatti che si svolgeranno, si intuisce soltanto che essa rappresenta un interno, un probabile soggiorno.
All’apertura del sipario verrà illuminata soltanto la struttura coperta, per non dare da subito l’idea dell’interno, e sulla quale c’è la viaggiatrice che guarda delle foto.
Il tutto è accompagnato dalla musica dolce di un carillon.

In scena, si sente la dolce e pur sempre angosciante musica di un carillon.
Sara, illuminata dalla luce di alcune candele, entra in scena con passo lemme, leggero, quasi danzante e allo stesso tempo freddo e assente.
Sistema, come se fosse un rito, le foto che trova sul suo percorso, accendendo altre candele sparse sul palco e canticchia la melodia del carillon che intanto ha smesso di suonare.
Smette di cantare, sta un po’ in silenzio. Sorridente, sospira serena. Si gode il momento di pace e, come presa dai ricordi, inizia a divenire seria.

Sara: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7…
Lunedì, martedì, mercoledì, giov…
Dove vai?
1, 2, 3… 

Inizia a canticchiare una conta

Chiudo gli occhi e penso che
4, 5, 6… A volare proverei
7, 8, 9, 10… Non bisogna esser capaci
1, 2, 3…
Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, domenica…
E’ passato vero? Il tempo dico… E’ passato? O oggi è ancora oggi?
O oggi è ancora ieri?
Sì perché del domani mi è difficile parlare…
Ma di ieri…
Potrei farlo per ore, per giorni… Per anni! Sì, per anni.
1, 2, 3, Chiudo gli occhi…
Non è semplice essere testimoni di ieri, quando questi è troppo grande per la mente e troppo forte per il cuore…
Eppure vedo e sento le vite degli altri fino a saziarmene, anzi vado ben oltre la sazietà.
Non è una mia scelta sia ben chiaro… e’ il mio destino. Così come c’è l’uomo, la mamma, l’impiegato, l’auto, la politica… Così ci sono io.
Io che vedo, ma non son vista, sento e non son sentita… Soffro, senza essere amata.
Questo è il mio destino… Beh, non nascondo che a volte invidio l’impiegato o addirittura l’auto che guida per tornare a casa.
Ma è il mio destino se non vi dispiace!
Sì! Come voi avete il vostro… Nell’incontrarvi, avvicinarvi, sentirvi, odiarvi… Così, senza sapere bene il perché e spesso anche il come non è molto chiaro… Proprio come me.
Conosco quegli sguardi, credetemi…
Conosco le paure, i desideri, i timori di fare e subire scelte … Conosco quegli sguardi come conosco quelle parole dette così… Per dire.
Per riempire, per scappare, per difendersi, per non stare in silenzio.
Le conosco… 
Anche se non le dite… Le conosco… Le sento!
Perché si sente ciò che siete anche se non parlate
Perché si sente bene ciò che dice il silenzio quando a riempirlo è un altro silenzio. E lo so per certo.
Mi pare fosse ieri… (E forse è stato ieri veramente!)
Che iniziai ad essere satura di emozioni di altri, cominciai a subirne il peso…
Non volevo!
Non volevo più sentire certe frasi… Certe parole… 
Ero esausta!
E così mi volsi al silenzio…
Ed iniziai ad ascoltare tutto! Ascoltai le pause, gli sguardi, le paure, le pulsioni… Tutto! Tutto!
Capii di aver trovato ciò che mi mancava! Sì perché non potendo dire e fare mi sentivo in debito nel ascoltare parole di altri. E il silenzio… Quello stesso silenzio che io vivevo giorno per giorno, mi rendeva serena ora… Mi permetteva di non sentirmi…

Si interrompe e inizia a guardare le foto

Improvvisamente guardai le persone, le cose della vita… Così senza giudicarle, come se fossero un quadro, una foto!
E le parole… Quelle parole… Ero felice che non fossero parte della mia vita.
Tanto da cercare questo ovunque!
Tanto da scoprire che tra molte parole chiare c’è sempre un coinvolgente silenzio che dice molto di più!

Sistema le foto e riprende a cantare la precedente melodia mentre si sofferma su una di esse

1, 2, 3… Chiudo gli occhi e penso che
4, 5, 6… A volare proverei
7, 8, 9, 10… Non bisogna esser capaci

Fissa la foto a lungo e comincia a raccontare ciò che ha visto.
Inizia da questo momento la descrizione di eventi fatta per immagini tratta da “La furia della caducità” di Enzensberger.

Si era immaginata tutto molto diverso.
Stava quasi per sposare un fornaio, una volta.
Prima ha letto Hesse, poi Handke.
Adesso risolve i cruciverba a letto, sempre più spesso.
Gli uomini non li sopporta proprio.
Quando pensa alla Cambogia si sente male.
Il suo ultimo amico, il professore, voleva essere sempre picchiato.
In realtà avrebbe voluto dipingere, oppure emigrare… Borse di studio, preamboli e una valigia zeppa di appunti.
Ogni tanto la nonna le manda dei soldi.
Timidi passi di danza in bagno, piccole smorfie, latte di cetrioli davanti allo specchio, per ore.
“Beh, di fame non morirò!” dice.
E quando piange dimostra diciannove anni.

Confusione. Annunci in giapponese. Monete nel pugno umido.
Sempre occupato. Poi lasci suonare di nuovo, a lungo. Dappertutto valige. Esasperato faccio il numero. Finalmente dici pronto svogliata. Un bambino picchia sogghignando contro la porta. Devo vederti assolutamente. Check-in B2. Sì, appena atterrato. Perché? Due giorni. Un momento: sei sola? Voci nel fondo, mormorii. Bugiarda chi c’è con te? In bagno ho detto: sono in bagno. Quale Bob? Martedì. Ma te l’ho già detto. Sei proprio strano. Come? Introdurre altri gettoni! Un mucchio di monete inghiottite furiosamente. Ti scongiuro. Sei noioso. Non è questo il punto. Perché tieni la mano davanti al microfono? Macché, è la radio! La cornetta appiccicosa. Sto cercando di crederti. Si prega introdurre altre… La parola troncata in bocca.

Frenare o accelerare, la tua morale o la mia, chi si ritiene nel giusto è già condannato.
Tutto sbagliato, probabilmente anche questa frase.
A volte si vorrebbe chiudere gli occhi, come da bambini, tapparsi le orecchie e decidere di non dire più niente.

Dapprima era solo un tremito impercettibile della pelle
“Come credi”
la dove la carne è più oscura.
“Che hai?” Niente.
Sogni lattiginosi di amplessi, ma il mattino dopo l’altro sembra diverso.
Incomprensioni taglienti “Quella volta a Roma… Questo non l’ho mai detto”
Pausa
Il cuore batte a precipizio, una specie di odio, strano.
“Non è questo il punto”
Ripetizioni. Tutto è travisato.
Inodore e nitida come una foto-tessera, questa persona sconosciuta con la tazza del tè sul tavolo, lo sguardo fisso.
Lentamente tutta la stanza si riempie di colpa, fino al soffitto.
Il divorzio.
In un ristorante deserto, tempo rallentato, briciole di pane, si parla di soldi, ridendo. Il dolce sa di metallo.
Ragionevolezza squillante. 
“Non è poi niente di grave”.
Poi, di notte, la voglia di vendetta, la lotta silenziosa, anonima, come due ossuti avvocati.
Lo sfinimento.
Un nuovo tabaccaio. Un nuovo indirizzo.
Ombre che impallidiscono.
Terribilmente sollevati.
Questi sono i documenti. Questo è il mazzo delle chiavi…
Questa è la cicatrice.

Ciò che rende la voce tanto fiacca così sottile e così stridula
è la paura di dire qualcosa di sbagliato
oppure sempre le stesse cose
oppure dire quello che dicono tutti
oppure qualcosa di banale
oppure di disarmante
oppure qualcosa che potrebbe essere frainteso
oppure che piace alla gente sbagliata
oppure qualcosa di stupido
oppure qualcosa di già detto
oppure di vecchio…
Non ne hai abbastanza di dire sempre il falso solo per paura della paura di dire qualcosa di sbagliato?

Ricordi?
Ti amavo
ricordi ti chiedo
hai sentito?
La certezza le parole dette senza peso i sorrisi fatti per raccontarsi nascondersi scappare proteggersi
ricordi?
Tanti nell’aria gli umori
la luce sempre diversa
noi sempre gli stessi
in tanti momenti
gli stessi in tante paure
gli stessi in tante parole
senza tempo
ho inseguito parole che non ho mai detto
hai sentito?
Ricordi?
Chi eri?
Chi sei diventato ad un tratto
quando la luce
sempre la stessa
in quei momenti
sempre gli stessi
colorava noi
così diversi
ora
da noi
da ieri
tra noi
con gli altri
senza il coraggio di parlare ho detto tutto ciò che era il mio amore
senza il coraggio di capire ho ascoltato il tuo
ma non ricordo
non ricordo più.
Nel recitare l’ultimo sprazzo di vita Sara si reca verso il fondo.
Inizierà a citare le prime battute della morsa (come se questa fosse un nuovo racconto) scomparendo nel buio, mentre da dietro il pannello si vedranno le ombre dei due personaggi del dialogo in questione.

Già qui?
No, ti prego!
Non sei solo? Dov’è Andrea?

Da dietro il pannello Giulia e Antonio iniziano a sovrapporre la voce di Sara

Antonio: Sono tornato prima: stanotte.
Giulia: Perché?
Antonio: Con una scusa!
Giulia: Non me ne hai detto nulla. Potevi avvisarmi.

Antonio esce dietro il pannello seguito da Giulia

Giulia: Che cosa è successo?
Antonio: Che cosa? Temo che Andrea sospetti di noi!!!
Giulia: Andrea??? E come lo sai? Ti sei tradito?
Antonio: No, tutti e due semmai!
Giulia: Qui?
Antonio: Si. Mentre scendeva… Andrea era davanti a me con la valigia, ti ricordi? Tu facevi luce dalla porta e io nel passare… Come si è sciocchi talvolta!
Giulia: Ci ha visti?
Antonio: Mi è parso che si sia voltato.
Giulia: Dio, dio… E sei venuto a dirmelo… Così?
Antonio: E tu? Non ti sei accorta di nulla?
Giulia: Io no, di nulla! Ma dov’è Andrea?
Antonio: Ti ricordi se mi ero già messo a scendere, quando lui ti chiamò?
Giulia: E mi salutò! Fu dunque nello svoltare dal pianerottolo?
Antonio: Ma no, prima, prima.
Giulia: Ma se ci avesse visti…
Antonio: Intravisti semmai. 
Giulia: E ti ha lasciato venir prima? Possibile? Sei ben sicuro che non sia partito?
Antonio: Sicurissimo, di questo sicurissimo. E prima delle undici non c’è altra corsa dalla città.

Guarda l’orologio

Antonio: Sta per venire. Intanto in questa incertezza… sospesi così in un abisso… Capisci?
Giulia: Zitto, per carità zitto! Calma. Dimmi tutto. Che ha fatto? Voglio sapere tutto!
Antonio: Che vuoi che ti dica? In questo stato, anche le parole più aliene ti paiono allusioni: ogni sguardo un accenno, ogni tono di voce un…
Giulia: Calma… Calma…
Antonio: Sì, calma… Trovala!

Silenzio

Antonio: Qua, ti ricordi? Prima di partire, discutevamo sulla maledetta faccenda da sbrigare in città. Lui s’accalorava…
Giulia: Sì, ebbene?
Antonio: Appena in strada, Andrea non parlò più, andava dritto a capo chino, lo guardai, era turbato, le ciglia aggrottate… “S’è accorto!” pensai. Tremavo. Ma ad un tratto, con aria semplice e naturale mi fa: “Triste vero? Viaggiare di sera, lasciare la casa…”
Giulia: Così?
Antonio: Sì. E gli sembrava triste anche per chi resta. Poi una frase… (sudai freddo) “Licenziarsi a lume di candela, su una scala…”
Giulia: Ah! E questo… Come lo disse?
Antonio: Con la stessa voce: naturalmente! io non so… Lo faceva apposta! Mi parlò dei bambini che aveva lasciato a letto addormentati; ma non con quella amorosità semplice che rassicura… E di te!
Giulia: Di me???
Antonio: Sì, ma mi guardava.
Giulia: E che disse?
Antonio: Che tu ami tanto i tuoi bambini.
Giulia: Nient’altro?
Antonio: In treno, ripigliò il discorso, sulla lite da trattare. Mi domandò dell’avvocato Gorri, se lo conoscevo. Ah, volle sapere tra l’altro, se era sposato (rideva). Questo per esempio non centrava… O forse ero io che…
Giulia: ZITTO!

Entra la cameriera

Anna: Scusi signora, non debbo andare a riprendere i bambini?
Giulia: Sì… Ma aspetta ancora…
Anna: Non ritorna oggi il Signore? Le vetture sono già partite per la stazione.
Antonio: Sono le undici, a momenti.
Giulia: Ah si? Di Già?

Rivolgendosi ad Anna

Giulia: Aspetta ancora un po’… Te lo dirò io.
Anna: Sissignora. Intanto finisco d’apparecchiare.

Anna esce

Antonio: Tra poco sarà qui.
Giulia: E non sai dirmi nulla… Non hai saputo accertarti di nulla?
Antonio: Sì, che sa fingere bene se veramente ha il sospetto!
Giulia: Lui? Lui, così violento?
Antonio: Eppure! Possibile che la mia diffidenza m’abbia reso insensato fin a tal punto? Più volte, vedi, attraverso le sue parole mi è parso di leggere qualcosa. Invece un momento dopo mi dicevo rinfrancandomi: “E’ la paura!”. L’ho studiato, spiato in tutti i momenti: Come mi guardava, come mi parlava… Sai che non è solito di parlar molto… Eppure, in questi tre giorni, avessi inteso! Spesso però si chiudeva a lungo in un silenzio inquieto, ma ne usciva ogni volta ripigliando il discorso sul suo affare… “Che sia in pensiero per questo?” mi domandavo, “O per ben altro?”. Una volta mi parve che non avesse voluto persino stringermi la mano… Bada, si accorse che gliela porgevo! Si finse distratto; Ma fatti due passi mi richiamò. “S’è pentito!” Pensai subito. E infatti disse: “Oh, scusa… Dimenticavo di salutarti… Fa lo stesso!”. Poi mi parlò altre volte di te, della casa, ma senza alcuna intenzione apparente; così… Mi pareva tuttavia che evitasse di guardarmi in faccia. Spesso ripeteva qualche frase tre, quattro volte, senza senso comune… Come se pensasse ad altro… E mentre parlava di cose aliene, ad un tratto trovava modo d’entrare bruscamente a riparlarmi di te o dei bambini, e mi chiedeva pareri, mi poneva questioni… Ad arte? Sperava di sorprendermi? Chi sa! Rideva; ma con una gaiezza brutta negli occhi…
Giulia: E tu?
Antonio: Stavo sempre in guardia!
Giulia: Si sarà accorto della tua diffidenza!
Antonio: Se sospettava di già!
Giulia: Si sarà dato conferma, nel sospetto. Poi, null’altro?
Antonio: Sì… La prima notte, all’albergo (ha voluto prendere una sola stanza a due letti), eravamo coricati da un pezzo e si accorse che non dormivo, cioè… Non è che s’accorse: eravamo al buio! Lo suppose. E bada, io non mi muovevo, figurati, lì di notte… nella stessa camera con lui e col sospetto che sapesse! Tenevo gli occhi sbarrati nel buio, in attesa, chissà… Per difendermi! Ad un tratto, nel silenzio, sento proferire queste precise parole: “Tu non dormi!”
Giulia: E tu?
Antonio: Nulla. Non risposi. Finsi di dormire. Ma poco dopo egli ripeté: “Tu non dormi!”. Io allora lo chiamai: “Hai parlato?” gli domandai. E lui: ”Si, volevo sapere se dormissi”. Ma non interrogava dicendo “Tu non dormi”, proferiva la frase con la certezza che io non dormissi… Che io non potevo dormire, capisci? O almeno mi è parso così.
Giulia: Nient’altro?
Antonio: Nient’altro… Non ho chiuso occhio due notti!
Giulia: Tutte queste finzioni… Lui! Se ci avesse visti…
Antonio: Eppure si è voltato, scendendo…
Giulia: Ma non si sarà accorto di nulla! Possibile?
Antonio: Nel dubbio…
Giulia: Anche nel dubbio, tu non lo conosci! Dominarsi così, lui, da non lasciar trapelar nulla. Ma che ne sai tu? Nulla! Ammettendo pure che ci abbia visti, mentre tu passavi e ti chinavi verso di me… Se fosse nato in lui il minimo sospetto… Che tu mi avessi baciata …Sarebbe risalito… Oh si! …Pensa come saremmo rimasti! No, senti: non è possibile! Hai avuto paura, nient’altro! Andrea non ha ragione di sospettare di noi. Mi hai trattata sempre familiarmente davanti a lui.
Antonio: Si, ma il sospetto può nascere da un momento all’altro. Allora, capisci? Mille altri fatti avvertiti appena, non tenuti in alcun conto, si colorano improvvisamente, ogni accenno indeterminato diventa una prova, e il dubbio, certezza: ecco il mio timore.
Giulia: Bisogna esser cauti…
Antonio: Ora? Te l’ho sempre detto!
Giulia: Mi rinfacci adesso?
Antonio: Non rinfaccio nulla. Non te l’ho detto mille volte? Bada… E tu…
Giulia: Si… Si…
Antonio: Non so che gusto ci sia, lasciarsi scoprire così… Per nulla… Per un’imprudenza da nulla… Come tre sere fa… Sei stata tu… 
Giulia: Sempre io, si… 
Antonio: Se non fosse stato per te… 
Giulia: Si… La paura.
Antonio: Ma ti pare che ci sia da stare allegri? Tu specialmente! La paura! Credi che non pensi anche a te? La paura… Se pensi questo… Ci fidavamo troppo, ecco! E adesso tutte le nostre imprudenze, tutte le nostre pazzie mi saltano agli occhi, e mi domando come ha fatto a non sospettare di nulla finora! E come no? Amarci qui… Sotto i suoi occhi… Approfittando di ogni minima occasione, anche se lui si allontanava solamente un po’; ma pur sempre presente, qui, coi gesti, con gli occhi… Pazzi!
Giulia: Mi rimproveri adesso? È naturale. Ho ingannato un uomo che si fidava di me più che di se stesso… Sì, la colpa è mia, infatti, principalmente mia… 
Antonio: Non ho voluto dir questo
Giulia: Ma sì, ma sì, lo so io! E guarda, puoi anche aggiungere che con lui ero fuggita da casa mia, e che lo spinsi io, quasi, a fuggire, io, perché l’amavo, e poi l’ho tradito con te! È giusto che ora tu mi condanni, giustissimo!
Ma io, senti, io ero fuggita con lui perché l’amavo, non per trovare qua tutta questa quiete… Tutta questa agiatezza in una nuova casa. Avevo la mia; non sarei andata via con lui… Ma lui, si sa, doveva scusarsi davanti agli altri della leggerezza commessa, lui: uomo serio, posato… Eh già! La follia era fatta, rimediarvi adesso! Riparare e subito! Come? Col darsi tutto al lavoro, col rifarmi una casa ricca, piena d'ozio... Così, ha lavorato come un facchino; non ha pensato che a lavorare, sempre, non desiderando altro da me che la lode per la sua operosità, per la sua onestà... e la mia gratitudine anche! Già, perché sarei potuta capitar peggio. Era un uomo onesto, lui, mi avrebbe rifatta ricca, lui, come prima, più di prima... A me, questo, a me che ogni sera lo aspettavo impaziente, felice del suo ritorno. Tornava a casa stanco, affranto, contento della sua giornata di lavoro, già in pensiero delle fatiche del domani... Ebbene, alla fine, mi sono stancata anch'io di dover quasi trascinare quest'uomo ad amarmi per forza, a rispondere per forza al mio amore... La stima, la fiducia, l'amicizia del marito paiono insulti alla natura in certi momenti... E tu te ne sei approfittato, tu che ora mi rinfacci l'amore e il tradimento, ora che il pericolo è venuto, e hai paura, lo vedo, hai paura! Ma che perdi tu? Nulla! Mentre io...
Antonio: Consigli a me la calma... Ma se ho paura... è per te... per i tuoi figli.
Giulia: Tu non nominarli!
Antonio: Adesso piangi, me ne vado...
Giulia: Ma sì! Ora non hai più nulla da fare qui.
Antonio: Sei ingiusta! Ti ho amata, come tu mi hai amato lo sai! Ti ho consigliato prudenza... Ho fatto male? Più per te che per me. Sì, perché io, nel caso, non perderei nulla l'hai detto tu.
Non ti ho mai rimproverato, né rinfacciato niente: non ne ho il diritto...
Su, su... rimettiti... Andrea non saprà nulla... tu lo credi... e sarà così... Anche a me ora par difficile che si sia potuto dominare fino a tanto. Non si sarà accorto di nulla... E così... Su, su... nulla è finito... E noi potremo...
Giulia: No, no, non è più possibile! Come vorresti più ormai... No, è meglio finirla.
Antonio: Come credi.
Giulia: Ecco il tuo amore.
Antonio: Vuoi farmi impazzire?
Giulia: No, è meglio veramente finirla, e da ora; qualunque cosa stia per accadere… E sarebbe anche meglio, che lui sapesse ogni cosa.
Antonio: Sei pazza?
Giulia: Meglio, meglio, sì! Che vita è più la mia? Te l'immagini? Non ho più diritto d'amar nessuno, io! Neanche i miei figli! Se mi chino a dar loro un bacio, mi pare che l'ombra della mia colpa macchi le loro fronti immacolate! No... no... Mi torrebbe di mezzo? Lo farei io, se non lo facesse lui.
Antonio: Adesso non ragioni più!
Giulia: Davvero! L'ho sempre detto. E’ troppo... è troppo... Non mi resta più nulla, ormai!
Và, và, adesso: che lui non ti trovi qua.
Antonio: Debbo andare e lasciarti così? Non è meglio che io...?
Giulia: No, qua non deve trovarti. Torna però, quando lui verrà. È necessario… E calmo, indifferente, non così.... Parlami, davanti a lui, rivolgiti spesso a me. Io ti asseconderò.
Antonio: Sì, sì.
Giulia: Presto. E se mai…
Antonio: Se mai?
Giulia: Nulla! Tanto…
Antonio: Che cosa?
Giulia: Nulla, nulla… Ti dico Addio.
Antonio: Giulia…
Giulia: Va via!
Antonio: A tra poco!

Antonio esce. Giulia vaga per la stanza per un po’, guarda fuori, si siede, Passerà molto tempo nella sua ansia. Si versa da bere come per farsi forza.

Giulia: Avrebbe risalito la scala… Con una scusa!

Vaga ancora per un po’, sospira e suona la campanella per chiamare Anna.
Entra Anna

Anna: Ha suonato
Giulia: Sì, bisogna che tutto sia pronto, mi raccomando, Anna.
Anna: E’ tutto pronto signora.
Giulia: La tavola?
Anna: Apparecchiata!
Giulia: La camera del signore?
Anna: In ordine… Tutto!
Giulia: Bene! Allora senti, va pure a prendere i bambini!
Anna: Subito!

Anna fa per uscire

Giulia: Anna!
Anna: Comanda altro?
Giulia: Lasciali stare ancora. Ci andrai quando mio marito sarà arrivato.
Anna: Faccia conto che è qui. Vuole che scenda ad aspettarlo?
Giulia: No, non ancora.
Anna: Sono così contenti i bambini, che oggi ritorni il babbo. Ha promesso di portar loro dei regali… Stamani litigavano andando dalla nonna: “Papà vuole più bene a me” diceva Carluccio, “Sì, e a me ne vuole di più la mamma” rispondeva Ninetto…
Giulia: Caro!
Anna: Spiccica appena le parole!
Giulia: Ma sì, va a prenderli!

Entra improvvisamente Andrea

Andrea: Sono dalla mamma?

Pausa. Sale una leggera tensione che rompe il tenero momento creatosi mentre Giulia parlava dei propri figli

Giulia: Si
Andrea: Lasciali stare dai. Voglio disfare prima la valigia. Così troveranno i regalucci.
Giulia: Come vuoi.

Giulia da uno sguardo ad Anna che va via.

Giulia: T’aspettavo.
Andrea: Sono così stanco... Mi è venuto pure mal di capo.
Giulia: Avrai tenuto aperti gli sportelli in vettura?
Andrea: No, no, tutto chiuso. Ma... il rumore... non ho potuto riposare.
Giulia: Eravate in molti?
Andrea: Sì, in molti.
Giulia: E Il mio guanciale di piume?
Andrea: Non è’ in valigia? Guarda bene! Vuoi dire che l’ho lasciato in treno? Mi spiace! Tu? Tutto bene? E i bambini?
Giulia: Bene tutti.
Andrea: E... M'aspettavi, hai detto, te l'ha detto Serra?
Giulia: Sì, è passato di qui poco fa. Tu non m'hai scritto neppure una volta.
Andrea: È vero, ma per tre giorni... Serra è tornato ieri sera...
Giulia: Me l'ha detto; verrà a trovarti.
Andrea: Ah, verrà? Hai fatto proprio bene a mandare i bambini dalla mamma. Lei ci tiene. E tu non sei stata da lei?
Giulia: No, sai che ci vado solo con te. (cambiando discorso) Il tuo affare?
Andrea: Ma come, Serra non te n'ha parlato?
Giulia: Sì, mi ha accennato qualcosa... Ma si è trattenuto così poco...
Andrea: Beh, l'affare pare bene avviato... Però il nostro caro signor Antonio mi ha piantato in asso, là... Oh... sai! l'avvocato Gorri mi ha parlato di lui, facendone un mondo di elogi! Sì, sì. Ha ingegno, ha ingegno, quel tipo lì... Ha condotto l'affare come meglio non si poteva... E se riesce tutto come dico io, come dovrebbe, del resto... Sai che penso? Detto fatto, liquiderei qua ogni cosa, guarda! Senza pensarci due volte... Niente più grattacapi, niente più lavoro! Fagotto, e via! In città! Andremo a stabilirci in città. Che ne dici?
Giulia In città?
Andrea: Toh, guarda! le dispiace...
Giulia: No.
Andrea: Si! In città, in città! Voglio anch'io far la vita del signore, adesso! Godermela!
Giulia: Come mai hai preso questa decisione?
Andrea: Decisione ancora no... Se mi riesce... Senti, oh! Qua non rimarrò di certo. Sono stufo, dopo tutto quello che mi hanno fatto! E poi, va' là, anche per te.
Giulia: Oh, per me lo sai che dovunque...
Andrea: Eh via adesso! Avresti qualche distrazione che la campagna non può darti... Fosse anche solo per l'aria, il rumore. Ne hai bisogno anche tu. Poi, qua, c'è mia madre...
Giulia: Non sarà per questo, spero, che vuoi andar via.
Andrea: No, non dico che sia per questo.
Giulia: Sai bene, che è lei che non ha per me...
Andrea: Lo so, lo so, e sarebbe infatti anche questa una ragione. Ma ce ne sono altre. Sai, in città ho incontrato due volte i tuoi fratelli...
Giulia: Che hanno fatto?
Andrea: Niente. Ma come al solito hanno fatto le viste di non conoscermi... Eh, già! È inutile! non la mandano giù! Ma che superbia! Anche la rabbia, adesso. Sì, perché ora io non sono più lo spiantato di una volta, capisci? Così, è mancata loro la soddisfazione di vederti afflitta, pentita d'aver lasciato la loro casa per venire con me... Non la mandano giù! E io, guarda, vado a stabilirmi in città, per loro! Anche Serra se ne verrebbe volentieri, credo... Che fa qui?
Giulia: I suoi affari...
Andrea: Sì. I grandi affari sì trattano in città... Qua non c'è nessuno; una mandria di bestie, andando via noi! Oh, a proposito: bisognerà pensare anche a ricompensarlo. Favori glien'ho fatti, parecchi, ma questo non conta.
Giulia: Per lui forse conteranno.
Andrea: Nient'affatto! Gli affari sono affari, i favori non c'entrano! Lo merita, del resto. Se sapessi che ragioni ha saputo trovare a sostegno delle mie pretese: giuste, per altro! A momenti qua mi negano anche il merito d'aver fatto del bene al paese! Non dico di averlo arricchito e me ne potrei vantare ma il merito, se non altro, d'averlo liberato dalla peste, dalla malaria... Neppure questo?
Giulia: A volte la gente non capisce.
Andrea: Eh già! Quando si tratta di essere grati a qualcuno, non si capisce mai. Mi avevano ceduto una palude, tu lo sai, com'era quando siamo venuti qua. Non produceva che un po' di càrice acerba, che finanche le pecore rifiutavano. Vi rischio su tutta la mia sostanza, cioè la tua, a essiccarla, a concimarla, a bonificarla; la rendo il campo più ubertoso della contrada, e va bene! Scade il contratto d'affitto e non solo m'oppugnano le pretese sui benefizi; ma anche l'onore d'aver fatto risorgere il comune... «Vi siete arricchito!» Grazie! Chi s'è cimentato? Per giunta, guarda, dovevamo impoverirci per loro... Eh via! Poi, il danaro era tuo.
Giulia: Che vai a pensare adesso?
Andrea: No, era tuo. E se mi son fatto ricco, il merito è tuo.
Giulia: Io però non ho lavorato.
Andrea: Ho lavorato io, questo sì, e coraggio ne ho avuto. Passando, in treno, guardavo. Ammiravano tutti adesso l'opera mia. Allora mi davan del matto. Una palude! Sì, per voi. Per me, la California! Era stata la mia idea fissa fin da quando ero ragazzo. E pensare che prima qua si moriva come le mosche di malaria. C'era giusto il vecchio Mantegna, con noi, in vettura, lo conosci? Gli sono morte due figlie. Lo raccontava, piangendo. Anche la moglie gli morì di malaria.
Giulia: Non stava più con lui.
Andrea: Eh sfido! Volevi che stessero ancora insieme, dopo che... Ma lui la piangeva più delle figlie. E tutti noi, naturalmente, ridevamo. Si è mezzo rimbecillito, ormai, poveretto! In paese lo canzonano per questo. Sai che lo bastonarono?
Giulia: Davvero?
Andrea: Eh sì! Ma non ora... L'amante della moglie lo bastonò. Ce lo raccontava lui stesso, in treno, tutto per filo e per segno, tranquillamente. Immagina le nostre risate. «E mettetevi un po' nei panni miei!» diceva. Poi si è rivolto al signor Sportini (c'era anche lui! Quello del dazio, sai?) «Ah signor Francesco lei solo qua mi può compatire!» Sai quel che successe? 

Inizia un battito di cuore accompagnato da una lieve musica angosciante

Per fortuna, c'era con noi un giovanotto di questi, sai, ultima moda... pieno di mondo... Non mi ascolti?

Il battito scompare e la musica aumenta.

Giulia: Cosa? Si certo, io… Basta!

Si ode il rimbombare della frase “non mi ascolti” nella testa di Giulia, che intanto lentamente si scioglie sotto il rabbioso e agitato vibrare di Andrea.

Certo che non ti ascolto! Come pretendi che posa farlo? Pensi che sia semplice per me ora? E credi che lo sia stato prima? Mi stai facendo male Andrea! Ma ricordi? Chi eri? Chi sei diventato ad un tratto, quando la luce, sempre la stessa, in quei momenti, sempre gli stessi, colorava noi così diversi ora… Senza il coraggio di parlare ho detto tutto ciò che era il mio amore ma non ricordo… Non ricordo più. 

La musica smette e ricomincia il battito. I due si ricompongono riprendendo il testo da…

Andrea: Sai quel che successe? Per fortuna, c'era con noi un giovanotto di questi, sai, ultima moda... pieno di mondo... Non mi ascolti?
Giulia: Sì volevo domandarti...
Andrea: Cosa, Di andar di là? Sì, sì, adesso andiamo. Dunque senti: questo giovanotto prende la parola: «Sorprendere?», dice. «Ma è roba preistorica... Che gusto c'è? Il signore qua si è fatto bastonare. Il solito viaggio improvviso... la solita corsa sbagliata... Sono mezzucci da mariti vecchi che vogliono dare a vedere d'aver perduto l'orario della ferrovia, mentre han perduto la testa... Non c'è psicologia! Mi spiego: avete il sospetto, e volete la prova? Ma che bisogno c'è del fatto? E per di più ridicolo. Disturbare due persone, che se ne stanno insieme così felicemente ... » Spiritoso, non ti pare? «Se io avessi moglie» diceva «E sospettassi di lei» (aveva l'aria di canzonar Mantegna) «io farei le viste di non accorgermi affatto di nulla. Non cercherei prove, non la disturberei prematuramente. Farei in modo, e qui sta l'abilità, che lei, tutta lei, divenisse, davanti a me, una prova vivente, la più lampante, fino al momento opportuno.» È interessante... «Venuto questo momento, mi rivolgerei a mia moglie, la inviterei a sedere, e poi, come se nulla fosse, così a discorso, le racconterei con bella maniera una storiella di questi amori... E che s'aggirasse intorno alla colpa di lei, stringendola in cerchi sottili, sempre più sottili... finché, a un certo punto, là, le si mette sotto il naso uno specchietto a mano, e le si domanda con bel garbo: “Mia cara, perché impallidite cosi?”.» Ah, ah, ah... è graziosissimo!... «Vedete bene, vedete bene che so tutto ... »
Giulia: Sciocchezze!
Andrea: Ti ho annoiata, dì la verità? Non t'interessa?
Giulia: Che vuoi che mi interessi del Mantegna?
Andrea: E allora Serra ...

Giulia si volge appena, pallidissima, a guardarlo di su la spalla

Andrea: Sì, gli dirò: senti, caro, con te, non so veramente come regolarmi... Senza cerimonie... siamo amici... dunque, dimmi quel che debbo darti e te lo darò. Come ti pare?
Giulia: Fa' come credi.
Andrea: Soltanto, sai? Ho paura, che dicendogli così...
Giulia: Che rifiuti?
Andrea: Eh, la coscienza, mia cara, ha strani pudori! Avendomi rubato l'onore, rifiuterà il danaro.
Giulia: Che dici?
Andrea Non è la verità?
Giulia: Sei pazzo?
Andrea: Non è vero? Guarda! Lo nega.
Giulia: Sei pazzo?
Andrea: Pazzo? Ah, non è vero?
Giulia: Come puoi dirlo? Chi ti dà il diritto d'insultarmi così?
Andrea Io ti insulto? Ma se tremi!
Giulia: Non è vero! Che prove...
Andrea: Prove! Diritto! Sono uno sciocco? Un pazzo? Ma se ho veduto: io, io, capisci? Io, con questi occhi, mi sono accorto...
Giulia: Non è vero! Sei pazzo.
Andrea: Ho veduto, ti dico, con questi occhi, e hai il coraggio di negare? Spudorata! Se hai tremato, alle mie parole... come lui... come lui... là... tre giorni l'ho torturato! E’ scappato alla fine... Non ne ha potuto più ...

Va verso il tavolino e mostra con rabbia il bicchiere dove ha bevuto Antonio 

È venuto a dirtelo, è vero? è venuto a dirtelo? Io, l'ho lasciato venir prima! Perché non sei andata via con lui? Nega, negalo ancora, se puoi!
Giulia: Andrea... Andrea...
Andrea: Non neghi più, lo vedi?
Giulia: Per pietà!
Andrea: Pietà?
Giulia: Uccidimi! fa' di me quel che vuoi...
Andrea Lo meriteresti, infame! Lo meriteresti! sì, sì... non so chi mi trattenga... Ma no, guarda, non voglio sporcarmi le mani... per i miei figli! Non voglio sporcarmele! Non hai pensato a loro? Neanche a loro! Vile! Vile! Và via, via! Fuori dalla mia casa! Vattene subito! via!
Giulia: Dove vuoi che vada?
Andrea: Lo domandi a me? Dal tuo amante! Hai tradito anche i tuoi fratelli, per venire con me, per fuggire con me... con me! Se ora ti chiudono la porta in faccia, fanno bene... Va' dal tuo amante... Ti darò tutto, tutto... Ci andrai col tuo danaro! Credi che voglia tenermelo il tuo danaro? Mi insozzerebbe le mani, ora! Comincerò daccapo, per i miei figli! Va' via!
Giulia: Andrea non parlarmi così, uccidimi piuttosto! Ti chiedo perdono, per loro; ti prometto che non ardirò più di guardarti in faccia... Per loro...
Andrea: No.
Giulia: Lasciami in casa per loro...
Andrea: Va via!
Giulia: Te ne scongiuro...
Andrea: No! Non li vedrai più.
Giulia: Fa di me quel che vuoi...
Andrea: No!
Giulia: Ma sono pur miei!
Andrea: Ci pensi ora? Ora?
Giulia: Sono stata pazza...
Andrea: Anch'io!
Giulia: Sono stata pazza; la mia colpa non ha scusa, lo so! Io non accuso che me... Ma fu un momento di pazzia, credimi. Ti amavo, sì! Mi sono sentita trascurata da te... Non accuso nessuno, me soltanto... Lo so, lo so... Ma ero fuggita con te... Vedi che ti amavo?
Andrea: Per tradirmi! Di che fui il primo che ti venne davanti: avresti fatto lo stesso con chiunque.
Giulia: No! Io non voglio scusarmi...
Andrea: Va via dunque!
Giulia: Aspetta! Non so più che dire... Sono colpevole verso di te, verso i miei figli... sì... è vero... ma se per te non posso fare più nulla, lasciami almeno espiare per i miei figli la colpa che ho verso di loro... A questo non puoi negarti... Non puoi strapparmi a loro...
Andrea: Ah, io ti strappo? Vuoi che mi confonda a raccogliere le tue parole? Non li vedrai più!
Giulia: No! Andrea! te lo chiedo per l'ultima volta, te ne scongiuro, guarda... 

Gli s'inginocchia davanti

Andrea: No! ti ho detto no! Basta! Non voglio più sentirti, non voglio più vederti. I figli sono miei unicamente, e restano con me... Tu, via!
Giulia: E allora, piuttosto... uccidimi!

Andrea come se non riuscisse più a trattenersi la stringe quasi come se fosse una resa, un momento di debolezza, ma poi porta le mani al collo di lei e fa per strangolarla. Giulia si accascia per terra morta. Andrea si guarda le mani con rabbia e disperazione, spaventato da se stesso.
Lentamente emette un suono che diviene un grido trattenuto e che sfocia infine in uno svuotamento d’aria e di ansia. In seguito, mentre Giulia si rialza, Andrea a fatica riprende il testo da…

Andrea: Di che fui il primo che ti venne davanti: avresti fatto lo stesso con chiunque. Va via dunque. Vuoi che mi confonda a raccogliere le tue parole? Non li vedrai più!
Giulia: No! Andrea! te lo chiedo per l'ultima volta, te ne scongiuro, guarda... 

Gli s'inginocchia davanti

Andrea: No! ti ho detto no! Basta! Non voglio più sentirti, non voglio più vederti. I figli sono miei unicamente, e restano con me... Tu, via!
Giulia: E allora, piuttosto... uccidimi!

Nella stessa maniera di prima Andrea la stringe… Ma poi allenta la presa e si discosta.

Andrea: Ucciditi.

Giulia rimane come schiacciata da una condanna; lentamente reclina il capo, gli occhi le si riempiono di lagrime, quindi scoppia in singhiozzi
Andrea si volge un po' a guardarla, poi si rimette a guardar fuori senza muoversi

Giulia: Andrea...

Andrea si volge nuovamente a guardarla, Giulia scoppia di nuovo in pianto

Andrea: Scene!
Giulia: Se non debbo più vederli... Almeno per un'ultima volta... ora... Te ne supplico! te ne supplico!
Andrea: No, no, ti ho detto no!
Giulia: Un'ultima volta... il tempo di dar loro un bacio... di stringermeli tra le braccia...
Andrea: No!
Giulia: Sei crudele! Ebbene... e allora... promettimi almeno che... quando verranno... Mai dirai loro male di me... promettimelo! Non sappiano mai nulla ... E quando...
Andrea: Vieni... vieni... qua... qua...
Giulia: Perché? …Ah! Sono loro!
Andrea: No, no... guarda... guarda ... là... lo vedi?
Giulia: Andrea! Andrea! Per pietà!
Andrea: Va di là! Per chi temi? Di là! Di là! Temi per lui? Aspettalo di là... è come te!

Mentre Andrea dice le ultime battute parte la musica finale e Giulia, tra disperazione e spavento, se ne va.
Andrea si accorge di essere solo e, smarrito, va a sedersi…
Si odono i pensieri di Giulia che intanto, in ombra, si sta per impiccare alle spalle di Andrea. 
Entra nel frattempo Antonio che, vedendo Andrea in quell'atteggiamento, si tratterrà esitante sulla soglia timoroso.

Andrea: Tu… Tu l'hai uccisa!

Buio, tela.

FINE